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FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

IL TEATRO IMMAGINARIOBERLIOZ LEGGE

SHAKESPEARE GOETHE E NERVAL

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Émile Signol (1804-1892). Hector Berlioz durante il soggiorno a Roma, circa 1830. Olio su tela. (Roma,Académie de France).

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IL TEATRO IMMAGINARIOBERLIOZ LEGGE

SHAKESPEARE GOETHE E NERVALscelta dei testi recitati a cura di

ROLANDO DAMIANI e OLGA VISENTINI

musica di

HECTOR BERLIOZ

PALAFENICE AL TRONCHETTOMercoledì 21 marzo 2001, ore 20.00, turno AGiovedì 22 marzo 2001, ore 20.00, turno DVenerdì 23 marzo 2001, ore 20.00, turno ESabato 24 marzo 2001, ore 15.30, turno C

Domenica 25 marzo 2001, ore 15.30, turno B

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

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Edizioni dell’Ufficio Stampadel TEATRO LA FENICE

Responsabile Cristiano Chiarot

Coordinamento musicologico e redazionaleCarlida Steffan

Hanno collaboratoPierangelo Conte, Maria Giovanna Miggiani,

Giorgio Tommasi

Ricerca iconograficaMaria Teresa Muraro

CopertinaTapiro

Pubblicità AP srl TorinoVeNet Venezia

In copertinaHECTOR BERLIOZ

(dipinto del 1830)

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SOMMARIO

7LA LOCANDINA

110IL TEATRO IMMAGINARIO DI BERLIOZ IN BREVE

13TESTI POETICI E STRUTTURA

39ROLANDO DAMIANI

BERLIOZ INTERPRETE DI GOETHE E DI SHAKESPEARE

51OLGA VISENTINI

MUSICA E TEATRO IN BERLIOZ

69ROBERTO ELLERO

FANNY ARDANT: PROFILO DI UN’ATTRICE

73HECTOR BERLIOZ

a cura di MIRKO SCHIPILLITI

89BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

a cura di GILDO SALERNO

97BIOGRAFIE

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Honoré Daumier (1808-1879). Dramma. Olio su tela. (Monaco, Neue Pinakothek).

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LA LOCANDINA

IL TEATRO IMMAGINARIOBERLIOZ LEGGE

SHAKESPEARE GOETHE E NERVALscelta dei testi recitati a cura di

ROLANDO DAMIANI e OLGA VISENTINI

musica di

HECTOR BERLIOZ

LLee RRooii LLeeaarrgrande ouverture per orchestra op. 4 (1831)

HHuuiitt ssccèènneess ddee FFaauussttper soli, coro e orchestra op. 1 (1829)

testo di JOHANN WOLFGANG VON GOETHE nella traduzione di GÉRARD DE NERVALprima esecuzione italiana

personaggi ed interpreti principaliMarguerite MAJELLA CULLAGH

Méphistophélès HARALD QUAADENBrander ANDREW SCHROEDERPaysan GABRIELLA COSTA

contralto MARIA JOSÉ MONTIELbasso ROBERT GIERLACH

LLaa mmoorrtt dd’’OOpphhéélliieeballade imitée de Shakespeare per coro femminile e orchestra op. 18 n. 2 (1848)

testo di ERNEST LEGOUVÉ

MMaarrcchhee ffuunnèèbbrree ppoouurr llaa ddeerrnniièèrree ssccèènnee dd’’HHaammlleettper coro all’unisono e grande orchestra op. 18 n. 3 (1848)

testo da WILLIAM SHAKESPEARE

maestro concertatore e direttore

JEFFREY TATEvoce recitante

FANNY ARDANTcoordinamento scenico

BEPI MORASSI

ORCHESTRA E CORO DEL TEATRO LA FENICEdirettore del Coro GIOVANNI ANDREOLI

maestro del Coro ALBERTO MALAZZI

in lingua francese, con sopratitoli in italiano

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direttore musicale di palcoscenico SILVANO ZABEOdirettore di palcoscenico LORENZO ZANONI

responsabile allestimenti scenici MASSIMO CHECCHETTOmaestri di sala STEFANO GIBELLATO, ROBERTA FERRARI

capo macchinista VALTER MARCANZINcapo elettricista VILMO FURIANcapo attrezzista ROBERTO FIORIcapo sarta MARIA TRAMAROLLO

responsabile della falegnameria ADAMO PADOVAN

La Fondazione Teatro Le Fenice di Venezia ringrazia Angelo Tumminelli per aver reso possibile la partecipazione della signora Fanny Ardant

alle rappresentazioni del Teatro immaginario di Berlioz.

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Fanny Ardant a Venezia, marzo 2001 (Foto di Michele Crosera).

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Con il genere dell’opera Hector Berlioz eb-be un rapporto piuttosto tormentato: da unlato nessuno dei titoli da egli specificamen-te composti per il palcoscenico – Benvenu-to Cellini (1837), La damnation de Faust(1846), Les Troyens (1858), Béatrice et Bé-nedict (1862) – ottenne, vivente Berlioz,uno stabile e duraturo successo; d’altraparte è innegabile che essenzialmente tea-trale sia stata la sua immaginazione, cosìcome che eminentemente al teatro appar-tengano gli autori ed i capolavori letteraridai quali prese le mosse la sua poetica.Esemplari in tal senso sono i brani inseritinello spettacolo programmato dalla Fenice:a William Shakespeare si rifanno l’ouver-ture per orchestra Le Roi Lear op. 4 (del1831) insieme alla ballata per coro femmi-nile e orchestra La mort d’Ophélie op. 18 n.2 e alla Marche funèbre pour la dernièrescène d’Hamlet op. 18 n. 3 (due lavori, ispi-rati all’Amleto, datati intorno al 1848). AWolfgang Goethe rimanda invece l’op. 1:Huit scènes de Faust (del 1828-29) per soli,coro e orchestra, composte sulla celebretraduzione in francese del Faust approntatanel 1827 da Gérard de Nerval.La passione di Berlioz per Shakespeare –che, insieme a Goethe, fu tra i numi tutela-ri del romanticismo europeo – prese lemosse nel 1827, in seguito alle rappresen-tazioni d’una compagnia inglese all’Odéondi Parigi che non poche conseguenze ebbe-ro persino sulla sua vicenda biografica(sposò l’attrice Harriet Smithson dopoaverla vista recitare nella parte di Ofelia,innamorandosi più verosimilmente delpersonaggio che della donna…). Shake-speare ispirò a Berlioz una serie di titolicomposti dai tardi anni ’20, che recano, die-

tro la parvenza di lavori sinfonici o lirici,un’originalissima qualifica drammatica:l’interiorizzazione, profondamente roman-tica, della realtà, capovolge l’«esteriorità»visibile (materiale) del teatro in una sortadi palcoscenico immaginario, entro il qualela fantasticheria poetico-musicale «insce-na», con un lessico ed un discorso musica-le di stampo evocativo, immagini e sugge-stioni ritagliate dal testo teatrale di riferi-mento.Questa interiorizzazione è teatrale nei suoicontenuti, ma, nello stesso tempo, antitea-trale nella forma, poiché non necessitad’alcun palcoscenico se non di quello, im-maginario, della mente e soprattutto per-ché rifiuta il principio dell’assolutezza deldramma posta ab origine dalla tradizionedel teatro occidentale (l’opera come oggetto«assoluto», autosufficiente, isolato da tuttociò che – autore, pubblico, ecc. – ne sta al difuori) tematizzando apertamente la figuradell’artefice (Berlioz stesso) del quale vieneposto al centro della «rappresentazione»l’immaginario personale: la scelta dei sog-getti (e, ancor più, il modo in cui vengonotrattati) rinvia infatti direttamente al vissu-to di Berlioz, alle sue visioni, al desideriod’autoidentificazione, in un immaginario«teatro» mentale del quale per via metafori-ca la sua stessa figura biografica – con isuoi vagheggiamenti, le sue idiosincrasie, isuoi fantasmi – si presenta come referente.L’ascendente soggettivo si manifesta inquanto «deforma» l’oggettività dei dati as-sunti, generando «rappresentazioni» chenon mirano a riprodurre il dramma di pa-rola assunto a modello nella sua interezza,bensì solo negli episodi che maggiormentehanno colpito la fantasia di Berlioz, in un

IL TEATRO IMMAGINARIO DI BERLIOZ IN BREVE

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processo selettivo che può tralasciare gliepisodi più importanti o ingigantire quelliminori.È opportuno rimarcare come questa «rap-presentazione» sia teatralmente ardua:problematica quando non, come provoca-toriamente recita il titolo del nostro spetta-colo, impossibile. In una fantasticheria mu-sicale extrascenica la presenza dell’io auto-riale può manifestarsi attraverso tecniche estrategie comunicative d’evidente stampodrammaturgico (temi ricorrenti, strumentisolisti, testi programmatici), oppure puòessere semplicemente sottintesa ma risul-tare comunque imprescindibile per la de-crittazione d’un senso alla cui ricerca leanomale scelte compositive di Berlioz –anomale in quanto motivate da questa pe-culiare drammaturgia – invitano irresisti-bilmente. Fra le tante possibilità per mani-festare la presenza dell’io autoriale rinve-nibili nell’opus berlioziano, una menzionea parte va a Le retour à la vie op. 14bis(1832), che presenta una voce recitante laquale collega in un melologo i diversi branivia via presentati. Alla medesima tecnica faricorso, nel presente spettacolo, RolandoDamiani, per rendere scenicamente «possi-bile» un Berlioz che fantastica sui temi pre-diletti dei suoi prediletti autori: entro unacornice così ideata acquista flagranza sce-nica la prospettiva soggettiva e «fantastica»dalla quale considerare il tema dell’uomodi fronte al dolore e alla morte (Re Lear eAmleto), così come la prospettiva del va-gheggiamento ideale, che affronta il temadell’«eterno femminino» (una chiave di let-tura che dalla Margherita del Faust siestende alla rilettura romantica della figurad’Ofelia) e il tema della creatività artistica,

intesa (nel caso del Faust) come attività chesquarcia l’angustia del quotidiano aprendoa dimensioni sovrumane e metafisiche.

(GIANNI RUFFIN)

Harriet Smithson futura moglie di Hector Berlioz,nel ruolo di Ofelia. Stampa coeva.

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Johann Heinrich Füssli (1741-1825). Edgar, fingendosi folle, avanza sulla landa verso re Lear sorretto daKent e dal matto,1772. Atto III, scena 4 di Re Lear di Shakespeare. Disegno a penna e inchiostro di seppia.

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LE ROI LEAR[testo da WILLIAM SHAKESPEARE]

[LEAR]Vents, soufflez à crever vos joues, vents, faites

[rage!Et vous, tornades et cataractes, jaillissezJusqu’à noyer nos clochers et leurs coqs!

Feux sulfureux, plus prompts que la pensée,Avant-courriers de la foudre qui fend leschênes,Brûlez ma tête blanche! Et toi, et toi,Ô tonnerre, ébranleur de tout ce qui est,Aplatis de ton choc l’énorme sphère du monde,Brise les moules de la Nature, détruis d’un coupLes germes qui produisent cet homme ingrat.Gronde, ventre du Ciel!Crache ton feu! Que les pluies se débondent!Ni vent, ni pluies, ni tonnerre, ni foudres,Ne sont mes filles, que je sache. Ô éléments,Je ne puis vous taxer d’ingratitude,Ne vous ayant jamais donné de royaumes,Jamais dit mes enfants… Vous ne me devezrien,Pas la moindre allégeance. Déchargez doncVotre horrible plaisir! Je suis là, votre esclave,Un vieil homme sans force, infirme, méprisé[…]

[LE FOU]Il faut protéger sa têteAvant d’abriter sa queue,Sinon poux et autres bêtesFeront du marié un gueux.Qui respecte moins son âme,Qu’il ne chérit son orteil,Pour peu qu’un soulier l’entame,Il a perdu le sommeil.

TESTI POETICI E STRUTTURA*

RE LEAR[testo da WILLIAM SHAKESPEARE]

[LEAR]Venti, soffiate fino a farvi scoppiare le gote,

[infuriate!E voi, uragani e cateratte, sgorgateFino a sommergere i nostri campanili e i loro

[galletti!Fuochi sulfurei, più veloci del pensiero,Forieri delle folgori che fendono le querce,Strinate il mio capo canuto! E tu, Tuono che fai tremare ogni cosa, Appiattisci d’un colpo la spessa sfera del mondo,Spezza le matrici della natura e disperdiI germi che rendono l’uomo ingrato! […]Romba, ventre del cielo!Vomita fuoco! Rovescia pioggia!Né vento, né pioggia, né tuono, né folgoriSono le mie figlie, che io sappia. O elementi,Non posso tacciarvi d’ingratitudine:Mai vi ho donato un regno,Mai vi ho chiamati figli… Non mi dovete nulla,Nessuna fedeltà. Dunque sfogateIl piacer vostro orribile; eccomi, son vostro schiavo,Povero vecchio, infermo, debole e disprezzato[…]

[IL MATTO]La testa va protettaPrima di mettere al riparo la borsa,Altrimenti pidocchi e altre bestieFaranno dello sposo un pezzente.Chi ama il dito del piede Quanto dovrebbe amare il suo cuore,Sarà afflitto da un calloE perderà il sonno dal dolore. […]

[CORDELIA]

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[CORDÉLIA]Hélas, c’est lui! nous venons de l’apercevoir,Aussi fou que la mer houleuse. Il chantait, à

[tue-tête,Il était couronné d’âcre fumeterre,De sanves et de ciguës, d’orties, de fleurs de

[coucou,Et d’ivraie et de toutes ces herbes vainesQui poussent dans le blé qui nous nourrit.Que peut la sciencePour rétablir ses facultés ravies?O dieux cléments! Réparez cette immensebrècheDe sa nature trop malmenée. RétablissezLes perceptions déjointées, discordantesDe ce père victime de l’enfant.O mon père chéri! Que la guérisonAttache son remède à mes lèvres! Que ce baiser

Répare la brutalité de mes deux sœurs,Et le tort qu’elles firent à ta vénérable personne.N’eussiez-vous même été leur père, ces

[flocons blancsRéclamaient déjà leur pitié. Était–ce là un visage

A exposer aux coups des vents belliqueux?Et qui dût affronter le sourd fracas du tonnerre,Aux flèches qui épouvantent, dans l’attaqueAgile et redoutable de l’éclairRapide, zigzagant? Qui dût, pauvre égaré,Monter la garde avec ce frêle heaume? Une

[nuit pareille,Le chien d’un ennemi, m’eût–il même mordue,L’eût passée à mon feu. Et toi, tu fus contraint,

[pauvre père,De prendre gîte avec des porcs, des vagabondsSur trois brins de paille moisie. Hélas, hélas!Quelle merveille que ta vie, ton intelligence,

N’aient pas sombré d’un coup! Il se réveille.Approchez, s’il vous plaît. Plus fort, lesmusiciens!

[traduzione di YVES BONNEFOIX]

[[OOuuvveerrttuurree dduu RRooii LLeeaarr oopp.. 44]]

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Ahimè, è lui! Poco fa l’hanno incontrato,Folle come il mare in burrasca. Cantava a

[squarciagola,Incoronato di fumaria acre,Di acetosella, ortiche, lappole, cicuta,

E di loglio e di tutte le erbe inutiliChe crescono tra le spighe che ci nutrono. […]Ma che può la scienzaPer ridargli il senno che ha smarrito? […]O dèi clementi! Sanate la ferita immensaAperta nella sua natura maltrattata, riportateAll’armonia i sensi discordantiDi questo padre ritornato bimbo! […]Mio caro padre! Che la guarigioneAttacchi la medicina alle mie labbra! Possa

[questo bacioRiparare i brutali danni che le mie sorelleHanno inferto alla tua persona veneranda! […]Anche se non fossi stato il padre loro, i tuoi

[capelli bianchiAvrebbero dovuto infondere pietà. Era questo

[un voltoDa esporre alla furia dei venti scatenati,Al fragore cupo del tuono e al rapido attaccoDel fulmine che guizza agile e tremendo?

Povero sperduto, che hai dovuto montar la [guardia con quest’elmo sottile!

Una simile notte, il cane del mio nemicoL’avrebbe passata accanto al fuoco, anche se

[m’avesse morso.E tu, povero padre mio, fosti costrettoA trovar riparo accanto a maiali e a vagabondiSu poca paglia ammuffita. Ahimè, ahimè!C’è da stupirsi che tu non abbia perso in un sol

[colpoLa vita e la ragione. Ecco, si sveglia.Avvicinatevi, vi prego. Più forte, suonatori!

[[OOuuvveerrttuurree dduu RRooii LLeeaarr oopp.. 44]]

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Johann Heinrich Füssli. Re Lear al suo risveglio trova Cordelia accanto a sé,1784. Atto IV, scena 7 di ReLear di Shakespeare. Incisione a mezzatinta di John Raphael Smith (1782-1812).

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Alexandre-Évariste Fragonard (1780-1850). Scena ispirata dal Faust di Goethe, circa 1830.

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HUIT SCÈNES DE FAUST[testo di GÉRARD DE NERVAL

da WOLFGANG GOETHE]

[FAUST]Quels murmures sourds, quels sons éclatantsarrachent puissamment la coupe à mes lèvresaltérées? Le bourdonnement des cloches annon-ce–t–il déjà la première heure de la fête de Pâ-ques? Les chœurs divins entonnent–ils leschants de consolation, qui, partis de la nuit dutombeau, et répétés par les lèvres des anges, fu-rent le premier gage d’une alliance nouvelle?Pourquoi, chants du ciel, chants puissants etdoux, me cherchez–vous dans la poussière? Re-tentissez pour ceux que vous touchez encore.J’écoute bien la nouvelle que vous apportez;mais la foi me manque pour y croire: le miracleest l’enfant le plus chéri de la foi. Pour moi, jen’ose aspirer à cette sphère où retentit l’annoncede la bonne nouvelle; et cependant, par ceschants dont mon enfance fut bercée, je me sensrappelé dans la vie. Autrefois le baiser de l’a-mour céleste descendaît sur moi, pendant le si-lence solennel du dimanche; alors le son gravedes cloches me berçait de doux pressentiments,et une prière était la jouissance la plus ardentede mon cœur; des désirs aussi incompréhensi-bles que purs m’entraînaient vers les forêts et lesprairies, et dans un torrent de larmes délicieu-ses, tout un monde inconnu se révélait à moi.Ces chants précédaient les jeux aimables de lajeunesse et les plaisirs de la fête du printemps: lesouvenir, tout plein de sentiments d’enfance,m’arrête au dernier pas que j’allais hasarder.Oh! retentissez encore, doux cantiques du ciel!mes larmes coulent, la terre m’a reconquis!

[[NN.. 11 CChhaannttss ddee llaa FFêêttee ddee PPââqquueess]]

CHŒUR D’ANGES

Christ vient de ressusciter!

CHŒUR DE DISCIPLES

Quittant du tombeauLe séjour funeste,Au parvis célesteIl monte plus beau.Vers les gloires immortelles

OTTO SCENE DAL FAUST[testo di GÉRARD DE NERVAL

da WOLFGANG GOETHE]

[FAUST]Quali profondi sussurri, quali suoni squillantistrappano a forza la coppa dalle mie labbra alte-rate? Il mormorio delle campane annuncia forsegià la prima ora della festa di Pasqua? I cori divi-ni intonano già i canti di consolazione che risuo-narono per la prima volta nella notte del sepol-cro e, ripetuti dalle labbra degli angeli, furono ilprimo pegno di una nuova alleanza? Perché, o canti del cielo, canti dolci e potenti, ve-nite a cercarmi nella polvere? Risonate per colo-ro che potete ancora commuovere. Odo bene ilmessaggio che portate, ma mi manca la fede percrederci: il miracolo è il figlio prediletto della fe-de. Quanto a me, non oso aspirare alla sfera incui riecheggia l’annuncio della buona novella; etuttavia mi sento richiamato alla vita da questicanti che cullarono la mia infanzia. Un tempo,durante il solenne silenzio domenicale, il baciodell’amore celeste scendeva su di me; allora ilsuono profondo delle campane mi illudeva condolci presentimenti e la preghiera costituiva ilgodimento più intenso per il mio cuore; desideritanto puri quanto incomprensibili mi spingeva-no a vagare per boschi e prati e tutto un mondoancora ignoto mi si schiudeva in un fiume di de-liziose lacrime. Quei canti precedevano i giochilieti della giovinezza e i piaceri della festa dellaprimavera: e questo ricordo, così carico di sen-sazioni della fanciullezza, mi ferma sulla sogliastessa del passo estremo che stavo per osare. Oh,risuonate ancora, dolci cantici celesti! Mi sgor-gano le lacrime, la terra mi ha riconquistato!

[[NN.. 11 CCaannttii ddeellllaa ffeessttaa ddii PPaassqquuaa]]

CORO DI ANGELI

Cristo è risorto!

CORO DI DISCEPOLI

Lasciando del sepolcroLa cupa dimora,Ascende trasfiguratoAlla corte celeste.Mentre si slancia a grandi passi

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Tandis qu’il s’élance à grands pas, Ses disciples fidèlesLanguissent ici-bas.Hélas! C’est ici qu’il nous laisseSous les traits brûlants du malheur.O divin Maître! ton bonheurEst cause de notre tristesse.O divin Maître! tu nous laissesSous les traits brûlants du malheur.

CHŒUR D’ANGES

Christ vient de ressusciter!

CHŒUR DE DISCIPLES

Quittant du tombeauLe séjour funeste,Au parvis célesteIl monte plus beau.Vers les gloires immortellesTandis qu’il s’élance à grands pas, Ses disciples fidèlesLanguissent ici-bas.

CHŒUR D’ANGES

Vous qu’inspire son amour,Montez au céleste séjour,Où sa voix vous appelle!Des disciples troupe fidèle,C’est vers lui qu’il faut monter.Vous, que sa parole touche,Vous, qu’inspire son amour,Vous, prophètes dont la boucheLe célèbre nuit et jourMontez au céleste séjour.

[FAUST]Les torrents et les ruisseaux ont rompu leur pri-son de glace au sourire doux et vivifiant du prin-temps; une heureuse espérance verdit dans lavallée; le vieil hiver, qui s’affaiblit de jour enjour, se retire peu à peu vers les montagnesescarpées. Dans sa fuite, il lance sur le gazon desprairies quelques regards glacés mais impuis-sants; le soleil ne souffre plus rien de blanc en saprésence, partout règnent l’illusion, la vie; touts’anime sous ses rayons de couleurs nouvelles.Cependant prendrait–il en passant pour desfleurs cette multitude de gens endimanchés dontla campagne est couverte? Détournons–nousdonc de ces collines pour retourner à la ville. Parcette porte obscure et profonde se presse une

Verso la gloria immortale, I suoi fedeli discepoliLanguono quaggiù.Ahimè! Qui ci abbandonaSotto i dardi brucianti della sventura.O divino Maestro! la tua felicitàÈ causa della nostra tristezza.O divino Maestro! tu ci lasciSotto i dardi brucianti della sventura.

CORO DI ANGELI

Cristo è risorto!

CORO DI DISCEPOLI

Lasciando del sepolcroLa cupa dimora,Ascende trasfiguratoAlla corte celeste.Mentre si slancia a grandi passiVerso la gloria immortale, I Suoi fedeli discepoliLanguono quaggiù.

CORO DI ANGELI

Voi che siete ispirati dal Suo amore,Salite alla dimora celeste,Dove vi chiama la Sua voce!Schiera fedele dei discepoli,È a Lui che dovete ascendere.Voi che siete toccati dalla Sua parola,Voi che siete ispirati dal Suo amore,Voi, profeti la cui boccaCelebra notte e giorno la Sua gloriaSalite alla dimora celeste.

[FAUST]Il dolce sorriso vivificante della primavera haliberato ruscelli e torrenti dalla loro prigione dighiaccio; una lieta speranza rinverdisce lavalle; il vecchio inverno, che s’indebolisce ognigiorno di più, si ritira a poco a poco verso lemontagne scoscese. Nella sua fuga, lancia sulladistesa dei prati sguardi gelidi ma impotenti; ilsole non tollera più alcun biancore in suapresenza e ovunque regnano l’illusione e lavita; sotto i suoi raggi, tutto si anima di nuovicolori. Eppure, che prenda per fiori questamoltitudine di gente vestita a festa che sciamaper la campagna? Distogliamoci dunque daqueste colline per tornare alla città. Per questaporta oscura e profonda si accalca una folla

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foule toute bariolée: chacun aujourd’hui semontre avec plaisir au soleil: c’est bien la résur-rection du Seigneur qu’ils fêtent, car eux–mê-mes sont ressuscités. Échappés aux sombres ap-partements de leurs maisons basses, aux liensde leurs occupations journalières, aux toits etaux plafonds qui les pressent, à la malpropretéde leurs étroites rues, à la nuit mystérieuse deleurs églises, les voilà rendus tous à la lumière.Voyez donc, voyez comme la foule se précipitedans les jardins et dans les champs! que de bar-ques joyeuses sillonnent le fleuve en long et enlarge!… et cette dernière qui s’écarte des autres,chargée jusqu’aux bords. Les sentiers les pluslointains de la montagne brillent aussi de l’éclatdes habits. J’entends déjà le bruit du village; c’e-st vraiment là le paradis du peuple; grands et pe-tits sautent gaiement: ici je me sens homme, icij’ose l’être.

[[NN.. 22 PPaayyssaannss ssoouuss lleess TTiilllleeuullss]]

CHŒUR DE PAYSANS

Les bergers quittent leurs troupeaux;Pour la fête ils se rendent beaux:Rubans et fleurs sont leur parure;Sous les tilleuls les voilà tousDansant, sautant comme des fous.Ha! ha! ha! ha!Landerira!Suivez donc la mesure!

La danse en cercle se pressait,Quand un berger, qui s’élançait,Heurte du bras une fillette;Elle se retourne aussitôt,Disant: «Ce garçon est bien sot!»Ha! ha! ha! ha!Landerira!Soyez moins malhonnête!

Ils passaient tous comme l’éclair,Et les robes volaient en l’air;Mais bientôt on fut moins agile Le rouge leur montait au front,Et l’un sur l’autre, dans le rond,Ha! ha! ha! ha!Landerira!Tous tombaient à la file!

eterogenea; tutti oggi si espongono con piacereal sole; festeggiano la risurrezione del Signore,poiché sono risorti anche loro. Sfuggiti alle buiestanze delle loro casupole, ai vincoli delle lorooccupazioni quotidiane, ai tetti e ai soffitti che liopprimono, alla sporcizia dei loro vicoli, allanotte misteriosa delle loro chiese, eccoli tuttirestituiti alla luce. Guardate dunque, guardatecome la folla si precipita nei campi e neigiardini! Quante allegre imbarcazioni solcano ilfiume in lungo e in largo!… e quest’ultima chesi allontana dalle altre, carica fino all’orlo.Anche i sentieri più remoti della montagnabrillano dei colori vivaci degli abiti. Odo già ilbrusio del villaggio; laggiù è veramente ilparadiso del popolo, grandi e piccini saltanoallegramente; qui mi sento uomo, qui osoesserlo.

[[NN.. 22 CCoonnttaaddiinnii ssoottttoo ii ttiiggllii]]

CORO DEI CONTADINI

I pastori lasciano le loro greggiE si fan belli per la festaAdornandosi di nastri e fiori;Eccoli tutti là, sotto i tigli,Che danzano e saltano come matti.Ah! Ah! Ah! Ah.Tralalalà!Seguite il tempo!

La danza in cerchio va stringendosiQuando un pastore, nello slancio,Urta col braccio una fanciulla,Che subito si volta esclamando:“Che sciocco quel ragazzo!”Ah! Ah! Ah! Ah.Tralalalà!Siate meno maldestro!

Tutti passavano veloci come il lampoE gli abiti vorticosi svolazzavano;Ma ben presto divennero meno agili,E col volto in fiammeSi presero per mano, uno dopo l’altro,Ah! Ah! Ah! Ah!Tralalalà!E continuarono a girare in tondo.

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“Ne me touchez donc pas ainsi!”“Paix! ma femme n’est point ici,Profitons de la circonstance!”Dehors il l’emmène soudainEt tout pourtant allait son train.Ha! ha! ha! ha!Landerira!La musique et la dance!

[MÉPHISTOPHÉLÈS]Ton esprit, mon ami, va gagner davantage danscette heure seulement que dans l’uniformitéd’une année entière. Ce que te chantent lesesprits subtils, les belles images qu’ils appor-tent, ne sont pas une vaine magie. Ton odoratse délectera, ainsi que ton palais, et ton cœursera transporté.Il dort: c’est bien, jeunes esprits de l’air! vous l’a-vez fidèlement enchanté! c’est un concert que jevous redois. Tu n’es pas encore homme à bientenir le diable! Fascinez-le par de doux presti-ges, plongez–le dans une mer d’illusions. Ce-pendant, pour détruire le charme de ce seuil, j’aibesoin de la dent d’un rat… Je n’aurai pas long-temps à conjurer, en voici un qui trotte par là etqui m’entendra bien vite.Le seigneur des rats et des souris, des mouches,des grenouilles, des punaises, des poux, t’ordon-ne de venir ici, et de ronger ce seuil comme s’ilétait frotté d’huile.Ah! te voilà déjà! Allons, vite, à l’ouvrage!De vains préparatifs ne sont point nécessaires,nous voici rassemblés, commencez!

[[NN.. 33 CCoonncceerrtt ddeess SSyyllpphheess]]

SEXTUOR

Disparaissez,Arceaux noirs et poudreux,Et que l’azur des cieuxUn instant nous visite!Déjà ces murs sombresOnt semblé s’agiterEt vers les cieux monterComme de vaines ombres.Riants tableaux, venez leur succéder!De sites ravissantsLa campagne se couvre,Et notre œil y découvreDes fleurs, des bois, des champs

“Non toccatemi così!”“Niente paura, mia moglie non è qui,Approfittiamo della situazione!”Da parte la trasse repentinoE tutto andò come doveva andare..Ah! Ah! Ah! Ah!Tralalalà!La musica e la danza!

[MEFISTOFELE]La tua mente, caro amico, guadagnerà di più inquest’ora sola che nella monotonia di un interoanno. Ciò che ti canteranno i tenui spiriti, le bel-le immagini che ti mostreranno, non sono unvano incantamento: anche il tuo olfatto ne trarràpiacere, come pure il tuo palato, e il tuo cuore nesarà rapito.Dorme; benissimo, giovani spiriti dell’aria! Loavete incantato a dovere! Di questo concerto viresto debitore. Non sei ancora uomo da resistereal diavolo! Ammaliatelo con dolci sortilegi, im-mergetelo in un mare di illusioni. Tuttavia, perdistruggere l’incanto di questa soglia mi serve ildente di un topo… non dovrò scongiurare a lun-go, eccone uno che trotterella laggiù e che m’in-tenderà immediatamente.Il signore dei ratti e dei topi, delle mosche, dellerane, delle cimici e dei pidocchi ti ordina di ve-nire qui e di rodere questa soglia come se fosseunta d’olio.Ah, eccoti qui! Avanti, presto, all’opera!Non sono necessari inutili preparativi; eccociqui riuniti, cominciate!

[[NN.. 33 CCoonncceerrttoo ddeeii SSiillffii]]

SESTETTO

Sparite,Volte buie e polverose,E che l’azzurro del cieloPer un attimo ci renda visita!Già questi cupi muriSembrano agitarsiE salire al cieloCome ombre vane.Scene ridenti, prendetene il posto!La campagna si riempieDi luoghi incantevoliE lo sguardo vi scopreForeste, fiori e campi

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Et d’épaisses feuilléesOù de tendres amantsPromènent leurs pensées.Mais plus loin sont couvertsLes longs rameaux des treillesDe bourgeons, pampres verts,Et de grappes vermeilles;Sous de vastes pressoirsElles roulent ensuite,Et le vin à flots noirs,Bientôt s’en précipite.Le lac étend ses flotsA l’entour des montagnesDans les vertes campagnes,Il serpente en ruisseaux.Partout, l’oiseau timide,Cherchant l’ombre et le frais,S’enfuit d’un vol rapideAu milieu des maraisVers la retraite obscureDe ces nombreux îlots,Dont la tendre verdureS’agite sur les flots.Là, de chants d’allégresseLa rive retentit;D’autres chœurs, là, sans cesseLa danse nous ravit.Les uns gaiement s’avancentAutour des côteaux verts,De plus hardis s’élancentAu sein des flots amers:Tous, pour goûter la vieTous cherchent dans les cieuxUne étoile chérieQui s’alluma pour eux.

[MÉPHISTOPHÉLÈS]Étendons ce manteau, il nous portera à traversles airs: pour une course aussi hardìe, tu neprends pas un lourd paquet avec toi; un peu d’airinflammable que je vais préparer nous enlèverabientôt de terre, et si nous sommes légers, celaira vite. Je te félicite du nouveau genre de vieque tu viens d’embrasser.Je dois avant tout t’introduìre dans une sociétéjoyeuse, afin que tu voies comme on peut aisé-ment mener la vie! Chaque jour est ici pour lepeuple une fête nouvelle; avec peu d’esprit etbeaucoup de laisser–aller, chacun d’eux tournedans son cercle étroit de plaisirs, comme un jeu-ne chat jouant avec sa queue; tant qu’ils ne se

E boschetti frondosiOve teneri amantiSi scambiano pensieri.Più in là vi sono lunghi filariDi viti cariche di germogli,Verdi pampiniE grappoli vermigli;Sotto immensi torchiTra poco finirannoE il vino in fiotti scuriSe ne riverserà.Il lago circonda con le sue acque i montiE serpeggia in ruscelliNelle verdi campagne.Ovunque, uccelli timidiCercando l’ombra e il fresco,S’innalzano rapidi in voloIn mezzo alle paludiVerso i tanti isolotti,Misteriosi rifugiDi verde ricoperti,Ove lunghi ramiOscillano mollemente sui flutti.Là le rive risuonanoDi allegri canti;Là altri cori e danzeCi attraggono irresistibili:Gli uni lieti si avanzanoPer i verdi pendii;I più arditi si slancianoNelle gelide acque.E per gustar meglio la vitaOgnun cerca nei cieliUna stella dilettaChe brilli solo per lui.

[MEFISTOFELE]Stendiamo questo mantello, ci trasporterà perl’aria. Per un viaggio così ardito, non portare conte bagagli pesanti; un poco di aria infiammabile,che ora preparerò, ci solleverà in breve tempoda terra e se siamo leggeri andremo veloci. Micongratulo con te per il nuovo genere di vita chehai deciso di intraprendere.Prima di tutto devo farti entrare in un’allegracompagnia, perché tu veda come si può viverein modo piacevole. Qui per il popolo ogni giornoè festa; con poco spirito e molta noncuranza,ognuno di loro si aggira nel circolo ristretto deisuoi piaceri, come un gattino che gioca con lasua coda, sicché basta che non si lamentino di

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plaignent pas d’un mal de tête, et que l’hôte veutbien leur faire crédit, ils sont contents et sanssoucis.Si je ne me trompe, nous entendîmes en entrantun chœur de voix exercées. Et certes, les chantsdoivent sous ces voûtes résonner admirable-ment.

[[NN.. 44 EEccoott ddee jjooyyeeuuxx CCoommppaaggnnoonnss]]

BRANDER

Certain rat, dans une cuisine,Etabli comme un vrai frater,S’y traitait si bien que sa mineEût fait envie au gros Luther.Mais un beau jour le pauvre diable,Empoisonné, sauta dehors.Aussi triste, aussi misérable Que s’il eût eu l’amour au corps!

CHŒUR

Que s’il eût eu l’amour au corps!

BRANDER

Il courait devant et derrière;Il grattait, reniflait, mordait,Parcourait la maison entière;La rage à ses maux ajoutait.Au point qu’à l’aspect du délireQui consumait ses vains effortsLes mauvais plaisants pouvaient dire: Ce rat a bien l’amour au corps!

CHŒUR

Ce rat a bien l’amour au corps!

BRANDER

Dans le fourneau le pauvre sireCrut pourtant se cacher très bien;Mais il se trompait, et le pireC’est qu’on l’y fit rôtir enfin.La servante, méchante fille,De son malheur rit bien alors.Ah, disait-elle, comme il grille! Il a vraiment l’amour au corps!

CHŒUR

Il a vraiment l’amour au corps!

[MÉPHISTOPHÉLÈS]Maître, puisqu’une fois tu te rapproches de

avere mal di testa e che l’oste faccia loro credito,perché siano contenti e spensierati.Se non sbaglio, entrando abbiamo udito un corodi voci ben esercitate; e di certo, sotto queste vol-te, i canti devono risuonare stupendamente.

[[NN.. 44 FFeessttaa ddeeggllii aalllleeggrrii ccoommppaarrii]]

BRANDER

C’era una volta un ratto in una cucina,Ben sistemato proprio come un frate;Si trattava così bene che aveva una cerada far invidia al grasso Lutero.Ma un bel giorno il povero diavoloAvvelenato, saltò fuoriDalla sua tana, triste ed infeliceCome se fosse stato innamorato!

CORO

Come se fosse stato innamorato!

BRANDER

Correva avanti e indietro,E grattando, annusando e rosicandoPercorreva su e giù tutta la casa.La rabbia i suoi mali peggiorava, Tanto che alla vista del delirioChe consumava i suoi sforzi vaniI maligni avrebbero ben potuto dire:“Quel ratto è davvero innamorato!”

CORO

Quel ratto è davvero innamorato!

BRANDER

Alla fine il povero animaleCredette di aver trovato un nascondiglioNel forno: si sbagliava, ahimè,E il peggio fu che finì arrostito.La perfida fantescaRise crudele della sua triste sorteE diceva: “Guarda come brucia!Si vede che davvero arde d’amore!”

CORO

Si vede che davvero arde d’amore!

[MEFISTOFELE]Signore, poiché per una volta ti avvicini a noi,poiché vuoi sapere come vanno le cose quaggiù

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nous, puisque tu veux connaître comment leschoses vont en bas, et que d’ordinaire tu te plaisà mon entretien, je viens vers toi dans cettefoule. Pardonne si je m’exprime avec moins desolennité: je crains bien de me faire huer par lacompagnie; mais le pathos dans ma bouche teferait rire assurément, si depuis longtemps tun’en avais perdu l’habitude. Je n’ai rien à diredu soleil et des sphères, mais je vois seulementcombien les hommes se tourmentent. Le petitdieu du monde est encore de la même trempeet bizarre comme au premier jour. Il vivrait, jepense, plus convenablement, si tu ne lui avaisfrappé le cerveau d’un rayon de la célestelumière. Il a nommé cela raison, et ne l’emploiequ’à se gouverner plus bêtement que les bêtes.Il ressemble (si ta Seigneurie le permet) à cescigales aux longues jambes, qui s’en vontsautant et voletant dans l’herbe, en chantantleur vieille chanson. Et s’il restait toujours dansl’herbe! mais non, il faut qu’il aille encoredonner du nez contre tous les tas de fumier.

[[NN.. 55 CChhaannssoonn ddee MMéépphhiissttoopphhééllèèss]]

MÉPHISTOPHÉLÈS

Une puce gentilleChez un prince logeait.Comme sa propre fille, Le brave homme l’aimait.Et, l’histoire l’assure,Par son tailleur, un jour,Lui fit prendre mesurePour un habit de cour.L’insecte plein de joie,Dès qu’il se vit paréD’or, de velours, de soie,Et de croix décoré,Fit venir de provinceSes frères et ses sœursQui, par ordre du prince,Devinrent grands seigneurs.

Mais ce qui fut bien pireC’est que les gens de cour,Sans en oser rien direSe grattaient tout le jour:Cruelle politique!Ah! plaignons leur destin.Et dès qu’une nous pique,

e di solito ti compiaci della mia compagnia, ven-go verso di te in questa folla. Perdonami se miesprimo con poca solennità: tutta la compagniami deriderà con urla di scherno, temo, ma ilpathos sulle mie labbra ti farebbe sicuramenteridere, se tu non ne avessi perso da tempo l’abi-tudine. Non ho niente da dire sul sole e sulle sfe-re, ma vedo solo quanto gli uomini si tormenti-no. Il piccolo dio del Mondo è sempre della stes-sa tempra ed è bizzarro come il primo giorno.Credo che vivrebbe più decentemente se tu nongli avessi colpito il cervello con un raggio di lu-ce celeste; l’ha chiamata ragione e se ne servesoltanto per comportarsi più stupidamente dellebestie. Somiglia (se Vostra Signoria me lo conce-de) a una di quelle cicale dalle lunghe zampeche se ne vanno saltando e svolazzando tra l’er-ba, cantando sempre la stessa canzone. E se ri-manessero ferme nell’erba? Macché, devono perforza andare a mettere il naso in tutti i letamai.

[[NN.. 55 CCaannzzoonnee ddii MMeeffiissttooffeellee]]

MEFISTOFELE

Cera una volta una pulce assai gentileChe avea dimora presso un principeE il brav’uomo l’amavaProprio come una figlia,Tanto che un dì, si narra,Il suo sarto chiamòPerché cucisse per leiUn abito di corte.L’insetto, tutto felice,Quando si vide vestitoD’oro , seta e vellutoE di un ordine insignitoFece venir dalla campagnaI suoi fratelli e sorelle,Che per ordine del principeDivennero gran signori.

Ma il peggio fu che poiI cortigiani tuttiSenza osare dir nullaTutto il dì si grattavano.Politica crudele!Ah! compatiamo la loro sorteE quando ci pizzica una pulce,Schiacciamola immantinente!

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Eugène Delacroix (1798-1863). Mefistofele e Faust in viaggio verso il Sabba. Litografia per il Faust diGoethe, 1827.

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Écrasons-la soudain!CHŒUR DE BUVEURS

Bravo! ha! ha! bravo! bravissimo!Écrasons-la, oui, écrasons-la soudain!

[MARGUERITE]Je ne suis ni demoiselle ni jolie, et je puis allerà ma maison sans la conduite de personne.

Je donnerai bien quelque chose pour savoirquel est le seigneur de ce matin: il a, certes, leregard noble, et sort de bonne maison, commeun peut le lire sur son front… Il n’eût pas sanscela été si hardi.Que l’air ici est épais et étouffant! Il ne fait pascependant si chaud dehors. Quant à moi, je suistoute je ne sais comment. – Je souhaiterais quema mère ne revînt pas à la maison. Un frissonme court par tout le corps… Ah! je m’effrayefollement.…Jeunes filles, à quoi sert la beauté?… Si l’onvous loue, c’est presque par pitié. Tout sepresse après l’or; de l’or tout depend. Ah!pauvres que nous sommes!

[[NN.. 66 LLee RRooii ddee TThhuulléé]]

MARGUERITE

(Elle se met à chanter en se déshabillant)Autrefois un roi de ThuléQui jusqu’au tombeau fut fidèle,Reçut, à la mort de sa belle,Une coupe d’or ciselé.Comme elle ne le quittait guère,Dans les festins les plus joyeux,Toujours une larme légèreA sa vue humectait ses yeux.Ce prince, à la fin de sa vie,Lègue ses villes et son or,Excepté la coupe chérieQu’à la main il conserve encore.Il fait, à sa table royale,Asseoir ses barons et ses pairs,Au milieu de l’antique salleD’un château que baignaient les mers.Le buveur se lève et s’avanceAuprès d’un vieux balcon doré,Il boit, et soudain sa main lanceDans les flots le vase sacré.Le vase tombe; l’eau bouillonne,

CORO DI BEVITORI

Bravo! ah! ah! bravo! bravissimo!Schiacciamola, sì, schiacciamola immantinente!

[MARGHERITA]Non sono damigella né bella, e non ho bisognodi essere accompagnata da nessuno per

[tornarmene a casa.Pagherei proprio per sapere chi era il signore distamattina; ha sicuramente lo sguardo nobile edev’essere di buona famiglia, glielo si legge infronte… Altrimenti non sarebbe stato cosìardito.Com’è pesante e soffocante l’aria, qui! Eppurefuori non fa tanto caldo. Quanto a me, non soche cosa mi sento; vorrei che mia madretornasse a casa. Un brivido mi corre per tutto ilcorpo… Ah! Che sciocca sono a spaventarmicosì!…Fanciulle, a che serve la beltà?… Se vi si loda,è quasi per pietà. Tutto all’oro tende, tuttodall’or dipende. Ah, poveri noi!

[[NN.. 66 IIll RRee ddii TTuullee]]MARGUERITE

MARGHERITA

(Inizia a cantare mentre si sveste )C’era una volta un re di TuleChe fu fedele fino alla morte;Morendo, la sua bella gli donòUna coppa d’oro cesellato.Dalla coppa non si separava maiNemmeno nei più allegri festiniE sempre una lacrima lieveAl guardarla sgorgava dai suoi occhi.Quel principe, giunto alla fine dei suoi giorni,Dispone delle sue ricchezze e del suo regno,Ma non della coppa sua dilettaChe tiene ancora in mano.Fa sedere alla sua tavola regaleI suoi baroni e i suoi pari,Nel centro dell’antica salaDi un castello lambito dal mare.Per bere si alza e si avvicinaA un antico balcone dorato;Beve e improvvisamente la sua mano scagliaNei flutti la sacra coppa.La coppa sprofonda, le acque ribollono,Poi subito si calmano.

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Eugène Delacroix. Margherita al filatoio. Litografia per il Faust di Goethe.

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Puis se calme aussitôt après.Le vieillard pâlit et frissonne:Il ne boira plus désormais.(profond soupir)

[MARGUERITE]Le repos m’a fuie!… hélas! la paix de mon cœurmalade, je ne la trouve plus, et plus jamais!Partout où je ne le vois pas, c’est la tombe! Lemonde entier se voile de deuil!Ma pauvre tête se brise, mon pauvre esprits’anéantit!Le repos m’a fuie!… hélas! la paix de mon cœurmalade, je ne la trouve plus, et plus jamais!Je suis tout le jour à la fenêtre, ou devant la mai-son, pour l’apercevoir de plus loin, ou pour volerà sa rencontre!Sa démarche fière, son port majestueux, le sou-rire de sa bouche, le pouvoir de ses yeux.Et le charme de sa parole, et le serrement de samain! et puis, ah! son baiser!Le repos m’a fuie!… hélas! la paix de mon cœurmalade, je ne la trouve plus, et plus jamais!Mon cœur se serre à son approche! ah! que nepuis–je le saisir et le retenir pour toujours!

Et l’embrasser à mon envie! et finir mes jourssous ses baisers!

[[NN.. 77 RRoommaannccee ddee MMaarrgguueerriittee]]

MARGUERITE

Un amoureuse flammeConsume mes beaux jours.Ah! la paix de mon âmeA donc fui pour toujours!Son départ, son absenceSont pour moi le cercueil,Et, loin de sa présence,Tout me paraît en deuil.Alors ma pauvre têteSe dérange bientôt;Mon faible cœur s’arrête,puis se glace aussitôt.Sa marche que j’admire,Son port si gracieux,Sa bouche au doux sourire,Le charme de ses yeux.Sa voix enchanteresseDont il sait m’embrasser,

Il vecchio impallidisce e un brivido lo scuote:D’ora in avanti non berrà mai più.(profondo sospiro)

[MARGHERITA]Ho perduto il sonno!… ahimè! Il mio cuore do-lente non trova pace, né più la troverà!Se non lo vedo, ogni luogo è per me una tomba!Il mondo intero si veste a lutto!La mia povera testa si spezza, la mia anima è an-nichilita!Ho perduto il sonno!… ahimè! Il mio cuore do-lente non trova pace, né più la troverà!Passo tutto il giorno alla finestra o davanti a ca-sa, per poterlo scorgere da lontano o volargli in-contro!Il suo passo fiero, il portamento maestoso, il sor-riso della sua bocca, il fascino dei suoi occhi!E l’incanto delle sue parole, e la stretta della suamano! E poi, ah! i suoi baci!Ho perduto il sonno!… ahimè! Il mio cuore do-lente non trova pace, né più la troverà!Mi si stringe il cuore quando egli si avvicina! Ah,potessi ghermirlo e tenerlo avvinto a me persempre!E baciarlo perdutamente! E finire i miei giornisotto i suoi baci!

[[NN.. 77 RRoommaannzzaa ddii MMaarrgghheerriittaa]]

MARGHERITA

La fiamma ardente dell’amoreConsuma i mei giorni più belli.Ah! La pace è fuggitaPer sempre dalla mia anima!La sua partenza, la sua assenzaSono per me una tombaE lontano dalla sua presenzaTutto in lutto mi pare.Allora la mia povera testaSubito si smarrisce,Il mio debole cuore s’arrestaE di ghiaccio si fa.Il suo passo che ammiro,Il portamento sì fiero,La bocca dal dolce sorriso,L’incanto dei suoi occhi,La voce ammalianteChe arder mi faLa carezza della sua mano,

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Ahimè! e i suoi baciConsumano i miei giorniIn un fuoco d’amore!Ah! la pace della mia animaÈ dunque fuggita per sempre!Me ne sto alla finestraO fuori, tutto il giorno,Per vederlo arrivareO affrettarne il ritorno.Il mio cuore batte più forteQuanto lo sente venire;Oh, potessi trattenerloCon la forza del mio amore!O carezza ardente!Come vorrei un giornoEsalare l’anima miaNell’ardore dei suoi baci!

CORO DI SOLDATI

(Passando sotto le finestre della casa diMargherita)(in lontananza)Ragazze e cittàFanno le difficili,Ma poi tutte si arrendono.Città circondateDi mura e bastioni,Ragazze smorfioseDallo sguardo malizioso,Una vittoria certaSu di voi m’attende.Più grande la fatica,Maggiore sarà il premio.Allo squillo delle trombeI coraggiosi soldatiSi slanciano al combattimentoOppure ai piaceri.

[MEFISTOFELE]Un piacere soprannaturale! Giacere la notte suimonti umidi di rugiada, abbracciare estatica-mente la terra e il cielo, gonfiarsi di una sorta didivinità, penetrare con la forza del pensiero finoalle viscere della terra, rivivere nel proprio pettotutti i sei giorni della creazione, e poi dissolversivoluttuosamente nell’immenso tutto, spogliarsicompletamente di ogni umana qualità e finirequesta sublime contemplazione… (con un ge-sto) non oso dire come…Non è lecito nominare davanti a orecchie casteciò di cui i casti cuori non possono fare a meno;

De sa main la caresse,Hélas! et son baiser,D’une amoureuse flamme,Consument mes beaux jours!Ah! la paix de mon âmeA donc fui pour toujours!Je suis à ma fenêtre,Ou dehors, tout le jour:C’est pour le voir paraîtreOu hâter son retour.Mon cœur bat et se presseDès qu’il le sent venir.Au gré de ma tendressePuis-je le retenir!O caresse de flamme!Que je voudrais un jourVoir s’exhaler mon âmeDans ses baisers d’amour!

CHŒUR DE SOLDATE

(Passant sous les fenêtres de la Maison deMarguerite)(lointain)Fillettes et villesFont les difficiles;Bientôt tout se rend.Villes entouréesDe murs et remparts,Fillettes sucréesAux malins regards,Victoire certainePrès de vous m’attend.Si grande est la peine,Le prix est plus grand.Au son des trompettesLes braves soldatsS’élancent aux fêtesOu bien aux combats.

[MÉPHISTOPHÉLÈS]Un plaisir surnaturel! S’étendre la nuit sur lesmontagnes humides de rosée, embrasser avecextase la terre et le ciel, s’enfler d’une sorte dedivinité, pénétrer avec transport par la penséejusqu’à la moelle de la terre, repasser en sonsein tous les six jours de la création, bientôt s’é-pandre avec délices dans le grand tout, dépouil-ler entièrement tout ce qu’on a d’humain, et finircette haute contemplation… (avec un geste). Jen’ose dire comment…On n’ose nommer devant de chastes oreilles ce

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insomma, divertitevi pure a mentire a voi stessidi tanto in tanto. La cosa non deve però duraretroppo a lungo: ben presto sarai di nuovo travol-to e, se ciò persistesse, ripiomberesti nella follia,nell’angoscia e nella disperazione. Ma ora basta!La tua amata è laggiù e per lei tutto è pena e do-lore; non le esci dalla mente e la passione supe-ra ormai le sue forze. Poco tempo fa la furia deltuo amore traboccava come un ruscello rigonfiodi acque allo sciogliento delle nevi; l’hai versatanel suo cuore, e ora il tuo ruscello è in secca. Misembra che invece di regnare nelle foreste, ilgrand’uomo farebbe meglio a ricompensarequella povera fanciulla ingannata nel suo amo-re. Nella sua infelicità il tempo le sembra lun-ghissimo; sta tutto il giorno alla finestra e guar-da le nuvole passare sopra le antiche mura dellacittà. Se fossi un uccellino! canta tutto il giorno eper metà della notte. Ora è allegra, ora, più spes-so, triste; un’altra volta piange molto, poi sem-bra che si calmi, e sempre ama.

Godere di un altro piacere ancora non dovrebbedispiacervi, mi pare. Ora che il cielo brilla tem-pestato di stelle, ascolterete un vero capolavoro;le canterò una canzone morale, per sedurlacompletamente.

[[NN.. 88 SSeerreennaattaa ddii MMeeffiissttooffeellee]]

MEFISTOFELE

Davanti alla casaDi colui che t’adora,Lisetta, piccina,Che fai dall’aurora?Se il piacere ti chiama,Nella camera del soldatoVergine entrerai,Ma non più vergine ne uscirai.Ti apre le braccia,E tu ti ci butti.Ahimè, buona notte!Ma al momento fataleFa’ molta resistenza,Se prima non ti offreUna vera nuziale.

dont les cœurs chastes ne peuvent se passer; etbref, je vous souhaite bien du plaisir à vousmentir à vous–même de temps à autre. Il ne fautcependant pas que cela dure trop longtemps, tuserais bientôt entraîné encore, et, si cela persi-stait, replongé dans la folie, l’angoisse et le cha-grin. Mais c’est assez! ta bien–aimée est là–bas,et pour elle tout est plein de pleine et de trouble;tu ne lui sors pas de l’esprit, et sa passion dépas-se déjà sa force. Naguère ta rage d’amour se dé-bordait comme un ruisseau qui s’enfle de neigesfondues; tu la lui as versée dans le cœur, etmaintenant ton ruisseau est à sec. Il me semblequ’au lieu de régner dans les forêts, il serait bonque le grand homme récompensât la pauvre jeu-ne fille trompée de son amour.Le temps lui pa-raît d’une malheureuse longueur; elle se tienttoujours à la fenêtre, et regarde les nuages pas-ser sur la vieille muraille de la ville. Si j’étais pe-tit oiseau! voilà ce qu’elle chante tout le jour et lamoitié de la nuit. Une fois, elle est gaie, plus sou-vent triste; une autre fois, elle pleure beacoup,puis semble devenir plus tranquille, et toujoursaime.Vous ne perdiez rien, ça me semble, à jouir en-core d’un autre plaisir. Maintenant que le cielbrille tout plein d’étoiles, vous allez entendre unvrai chef–d’œuvre; je lui chante une chansonmorale, pour la séduìre tout à fait.

[[NN.. 88 SSéérréénnaaddee ddee MMéépphhììssoopphhééllèèss]]

MÉPHISTOPHÉLÈS

Devant la maisonDe celui qui t’adore,Petite Louison,Que fais-tu dès l’aurore?Au signal du plaisir,Dans la chambre du drilleTu peux bien entrer fille,Mais non fille en sortir:Il te tend les bras,Vers lui tu cours bien vite;bonne nuit, hélas!Près du moment fatalFais grande résistaceS’il ne t’offre d’avanceUn anneau conjugal.

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Johann Heinrich Füssli. La morte di Ofelia, 1770-78. Atto IV, scena 7 dell’Amleto di Shakespeare. Disegnoacquarellato.

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LA MORT D’OPHÉLIE[testo da WILLIAM SHAKESPEARE]

He is dead and gone, ladyHe is dead and gone;At his head a grass–green turf,At his heels a stone.

White his shroud as the mountain snow,Larded with sweet flowers;Which bewept to the grave did not goWith true–love showers.

J’espère que tout ira bien. Il faut avoir de lapatience; mais je ne puis m’empêcher de pleu-rer, en pensant qu’ils l’ont mis dans une froideterre.

Good night, ladies; good night, sweet ladies;good night, good night.

Il y a en travers d’un ruisseau un saule qui mireses feuilles argentées dans le cristal du courant.C’est là qu’elle est venue, portant de fantasquesguirlandes de renoncules, d’orties, demarguerites et de ces longues fleurs pourpresque les bergers hardis nomment librement,mais que nos vierges chastes appellent desdoigts morts. Là, tandis qu’elle grimpait poursuspendre sa sauvage couronne aux rameauxinclinés, une branche envieuse s’est cassée, ettous ses trophées champêtres sont, commeelles, tombés dans le ruisseau en pleurs. Sesvêtements se sont étalés et l’ont soutenue unmoment, nouvelle sirène, pendant qu’ellechantait des bribes de vieilles chansons,comme insensible à sa propre détresse, oucomme une créature naturellement forméepour cet élément. Mais cela n’a pu durerlongtemps: ses vêtements, alourdis par ce qu’ilsavaient bu, arrachèrent à son chant mélodieuxl’infortunée pour la mener à une mortfangeuse.

Good night, ladies; good night, sweet ladies;good night, good night.

[traduzione di FRANÇOIS-VICTOR HUGO]

LA MORTE D’OFELIA[testo da WILLIAM SHAKESPEARE]

È morto e sepolto, signora,È morto e sepolto;Al suo capo una verde zolla d’erba,Ai suoi piedi una pietra.

Bianco come la neve sui monti il suo sudario,Pieno di dolci fiori;Che alla tomba andò senza esser piantoCon lacrime di vero amore.

Spero che tutto andrà bene. Bisogna avere pazien-za; ma non posso impedirmi di piangere, quandopenso che l’hanno messo nella fredda terra.

Buona notte, signore; buona notte, dolcisignore; buona notte, buona notte.

Di traverso sul ruscello cresce un salice, cheriflette le sue foglie argentee nella correntecristallina. È là che è giunta Ofelia, portandofantastiche ghirlande di ranuncoli, ortiche,margherite e di quei lunghi fiori purpurei aiquali i pastori sfrontati danno un nome piùrozzo, ma che le nostre caste vergini chiamanodita dei morti. Là, mentre si arrampicava perappendere la sua corona selvatica ai ramiinclinati, un ramoscello invidioso si è spezzato,e tutti i suoi trofei campestri sono precipitatiinsieme a lei nel ruscello piangente. Le suevesti si sono allargate e per un poco l’hannosostenuta, simile a una sirena, mentre cantavabrani di antiche canzoni, come se fosse statainconsapevole del pericolo che la minacciavaoppure creata naturalmente per quell’elemento.Ma non poteva durare molto; le vesti,appesantite da tutta l’acqua assorbita, hannostrappato l’infelice al suo canto melodioso pertrascinarla a una fangosa morte.

Buona notte, signore; buona notte, dolcisignore; buona notte, buona notte.

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[[LLaa mmoorrtt dd’’OOpphhééllììee oopp.. 1188 nn.. 22]]testo di ERNEST LEGOUVÉ, da SHAKESPEARE]

Auprès d’un torrent Ophéliecueillait, tout en suivant le bord,dans sa douce et tendre folie,des pervenches, des boutons d’or,des iris aux couleurs d’opale,et de ces fleurs d’un rose pâlequ’on appelle des doigts de mort.

Puis élevant sur ses mains blanchesles riants trésor du matin,elle les suspendait aux branches,aux branches d’un saule voisin;mais trop faible le rameau plie,se brise, et la pauvre Ophélietombe, sa guirlande à la main.

Quelques instants sa robe enfléela tint encore sur le courantet, comme une voile gonflée,elle flottait toujours chantant,chantant quelque vieille balladechantant ainsi qu’une naïade,née au milieu de ce torrent.

Mais cette étrange mélodiepassa, rapide comme un son.Par les flots la robe alourdiebientôt dans l’abîme profondentraîna la pauvre insensée,laissant à peine commencéesa mélodieuse chanson.

[[LLaa mmoorrtt dd’’OOpphhééllììee oopp.. 1188 nn.. 22]]testo di ERNEST LEGOUVÉ, da SHAKESPEARE]

Presso un torrente Ofeliacoglieva, seguendo la riva,nella sua dolce e tenera follia,pervinche, botton d’oro,iris color dell’opale,e quei fiori rosa pallidoche chiamano dita dei morti.

Poi, alzando con le bianche mani i tesori ridenti del mattino,li appendeva ai rami,ai rami di un salice vicino;ma il ramo troppo debole si piega,si spezza, e la povera Ofeliacade, con la ghirlanda ancora in mano.

Per qualche istante la gonna gonfia d’acquala sostenne ancora sulla correntee, come una gonfia vela,galleggiava sempre cantando,cantando qualche vecchia ballata,cantando come una naiade,nata in mezzo a quel torrente.

Ma quella strana melodiafinì velocemente come un suono.La veste dai flutti appesantita presto giù nel profondo abissotrascinò la povera folle,lasciando appena incominciatala sua canzone melodiosa.

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Eugène Delacroix. La morte di Ophelia, 1843. Olio su tela. (Parigi, Museo del Louvre).

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LA MARCHE FUNÈBRE

Je meurs, Horatio… Reine malheureuse,adieu!… Vous qui pâlissez et tremblez devantcette catastrophe, muets auditeurs de ce drame,si j’en avais le temps (mais la mort, ce cruelexempt, est inexorable), oh! je pourrais vous di-re… Mais résignons–nous… Horatio, je meurs;tu vis, toi! justifie–moi, explique ma cause àceux qui l’ignorent.Si tu es un homme, donne–moi cette coupe; lâ-che–la;… par le ciel, je l’aurai! Ô cher Horatio,quel nom terni, si les choses restent ainsi incon-nues, je laisserai derrière moi! Si jamais tu m’asporté dans ton cœur, retarde quelque temps en-core la félicité céleste, et exhale ton souffle péni-ble dans ce monde impitoyable, pour racontermon historie.Oh! je meurs, Horatio; le poison puissanttriomphe de ma vie; je ne pourrai vivre assezpour savoir les nouvelles d’Angleterre; mais jeprédis l’élection de Fortinbras; il a ma voix mou-rante; raconte–lui, avec plus ou moins de dé-tails, ce qui a provoqué… Le reste est silence.Un noble cœur qui se brise. Bonne nuit, douxprince! que des essaims d’anges te bercent deleurs chants!…Que quatre capitaines portent Hamlet, commeun soldat, sur l’estrade; car, sûrement, à l’épreu-ve, il se fût montré un grand roi! Sur son passa-ge, que la musique et les rites des armes parlenthautement pour lui.

[traduzione di FRANÇOIS-VICTOR HUGO]

[[MMaarrcchhee ffuunnèèbbrree ppoouurr llaa ddeerrnniièèrree dd’’HHaammlleett oopp.. 1188 nn.. 33]]

MARCIA FUNEBRE

Muoio, Orazio… Sventurata regina, addio! Voiche impallidite e tremate davanti a questa cata-strofe, muti spettatori di questo dramma, se neavessi il tempo (ma la morte, questo sergentecrudele, è inesorabile), oh! potrei dirvi… ma la-sciamo stare. Orazio, io muoio; tu che vivi, di-scolpami, spiega la mia causa a chi non la cono-sce. Se sei un uomo, dammi quella coppa; lasciala…per il cielo, l’avrò! Orazio caro, che nome offu-scato lascerò dietro di me, se i fatti restano sco-nosciuti! Se mai mi hai portato nel tuo cuore, ri-tarda ancora un poco la felicità celeste ed esala iltuo respiro doloroso in questo mondo senzapietà, per raccontare la mia storia.

Oh! Muoio, Orazio; il potente veleno trionfa sul-la mia vita; non potrò vivere abbastanza per sa-pere le notizie dall’Inghilterra, ma predico l’ele-zione di Fortebraccio; questi ha la mia voce mo-rente; raccontagli, con più o meno particolari,che cosa ha provocato… Il resto è silenzio.Un nobile cuore che si spezza. Buona notte, dol-ce principe! Che schiere di angeli ti cullino colloro canto!Che quattro capitani portino Amleto, come unsoldato, sul palco, giacché, se fosse stato messoalla prova, si sarebbe dimostrato di sicuro ungrande re! E per la sua morte, la musica e i ritidelle armi parlino ben alto per lui.

[[MMaarrcchhee ffuunnèèbbrree ppoouurr llaa ddeerrnniièèrree dd’’HHaammlleett oopp.. 1188 nn.. 33]]

[traduzione di ARIANNA GHILARDOTTI]

* I testi recitati da Fanny Ardant sono evidenziati in

corsivo, in tondo i testi intonati da Hector Berlioz.

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Eugène Delacroix. Amleto e Orazio al cimitero, 1839. Olio su tavola. (Parigi, Museo del Louvre).

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John Taylor. Ritratto di William Shakespeare, circa 1610. Olio su tela. (Londra, National Portrait GalleryCollection).

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Johann Joseph Schmeller (1796-1841). Ritratto di Goethe nel suo studio a Weimar, 1829-31.

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Gustav Courbet, ritratto ad olio di Hector Berlioz, 1850. (Parigi, Museo del Louvre).

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L’idea fissa della musica a programma, ri-cavata da Jean-François Le Sueur, fu il mo-vente sincretistico e teatrale di ogni compo-sizione di Hector Berlioz, al punto che«non se ne conosce una che prescinda daun testo letterario», come constatò già Fe-dele d’Amico.1 Nella storia della musica oanche, se si vuole, delle arti comparate, sipuò parlare, conseguentemente, di un «ca-so» particolarissimo, esposto per la sua di-scordante natura a opposte reazioni di con-senso o di rifiuto. I letterati e gli artisti d’o-gni genere, come ricordava Stephen Heller,si sentirono facilmente attirati verso Ber-lioz «non tanto per le sue opere musicali insé, quanto per la poesia e il carattere pitto-resco dei temi da lui trattati».2 Spesso icompositori furono invece severi, pur con-dividendo in fondo, sino alle gelide annota-zioni di Stravinskij e di Boulez in proposito,quanto dichiarato da Saint-Saëns: «Un ge-nio, semplicemente, che scriveva male,maltrattava le voci, si permetteva talvoltastrane incartades; e tuttavia è un verticedell’arte musicale». «Un genio senza talento», avrebbe tuttaviaprecisato Franz Grillparzer, in un giudiziolimitativo, che fu citato da Eugenio Monta-le in una recensione dei Troyens, andati inscena alla Scala nel maggio 1960. Ricordia-mo qualche riga di una pagina poco notadel nostro poeta, critico musicale quasi per«terzo mestiere»:

Ora se si pensa che la definizione di Grill-parzer – egli osserva – potrebbe valere an-che per un Musorgskij, è chiaro che per ac-cettarla dobbiamo intenderla in modo nuo-vo. Ciò che contraddisse il genio di Berlioznon fu la mancanza di talento (inteso come

abilità, capacità di indorare la pillola) ma lanatura letteraria, intellettualistica del suotalento… Questo straordinario orchestrato-re, che sbalordì e offese i suoi contempora-nei (“la sua orchestra – scrisse l’esecrabilePaul Scudo [contemporaneo di Berlioz] –n’est qu’un amas de curiosités sonores”),faceva in definitiva poco credito alla musi-ca, cercando sempre di appoggiarla a qual-cosa d’altro.

Montale riteneva comunque I Troiani«un’opera tutta da ascoltarsi e da meditarsi»e concludeva con un’annotazione perfetta,rilevando che «il classicismo di Berlioz nonha nulla di arcaico».3 L’ex-allievo nel cantodel baritono Ernesto Sivori restava legato astoriche prevenzioni, sintetizzabili nellabattuta di Debussy sul «musicista preferitoda coloro che non conoscono molto bene lamusica», ma finiva, con un paradosso puresedimentato, per raccomandare l’ascoltoattento di opere e pièces, dove non c’era sol-tanto le «fracas symphonique», patito daChopin, ma anche un soffio di poesia, di cuiun testo letterario costituiva l’occasione (in-tesa proprio in un senso moderno, caro aMontale). Wagner, scrivendo a Listz l’8 settembre1852, aveva chiarito preliminarmente i ter-mini della questione:

Se vi è un “musicista” che si serve del “poe-ta”, questi è precisamente Berlioz, ma persua sfortuna egli conforma sempre il poetaalla sua fantasia musicale e a suo piaci-mento adatta ora Shakespeare, ora Goethe.Egli ha bisogno del poeta perché costui loinvada interamente, lo colmi di entusia-smo, lo pungoli, diventi per lui quello che

ROLANDO DAMIANI

BERLIOZ INTERPRETE DI GOETHE E DISHAKESPEARE

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l’uomo è per la donna.4

Forse non c’è un ragionamento di Berliozche possa rientrare nei confini di una poe-tica definita. I suoi giudizi, che sono spessocontraddittori anche verso autori prediletti,e i suoi stessi entusiasmi letterari, intonatiall’estetica del genio (Shakespeare, Goetheo lo stesso Virgilio) corrispondono perfetta-mente al quadro diagnostico tracciato, inambito musicologico, da Mario Bortolotto,con la sua mano magistrale. Nel saggio Tu-nisie française, raccolto in Consacrazionedella casa, Bortolotto rammenta a un certopunto le «eleganti metafore» di Heine su«un usignolo colossale, una Filomela dellagrandezza di un’aquila, quale esistette, aquanto si dice, nei primordi del mondo»,ma anche le sue riserve sulla «melodia» esulla meccanica sentimentale delle opere, ene conclude:

Le opere non erano né classiche né roman-tiche. Con l’opera cui aveva pensato dasempre, [Les Troyens, s’intende] rifacendo-si al divino Virgilio, amore d’infanzia, que-sto compositore francese, sprovvisto pro-prio di alcune virtù essenziali della stirpe(la chiarezza, la purezza di stile, il gustoimpeccabile, la presenza vigile dell’intelli-genza critica e leggermente dissolvitrice, lacompiacenza mondana), dichiarava, alla fi-ne di un’esistenza sconvolta e arruffata se-condo il figurino byroniano imperante,quella vocazione, almeno, all’ordine classi-co che svelava già la sua armonia non sto-ricamente progressiva, ma […] o inerte epedestre, o citata, o infine in tutto visiona-ria.5

«Shakespearismi stonati» non mancano pe-raltro nell’atto africano dei Troyens, in-fluenzato dal Mercante di Venezia e da al-tre cose.6

L’envoûtement shakespeariano precede dicirca un anno quello per il Faust, che saràquasi immediatamente ispiratore delle Huitscènes. Tra l’11 e il 15 settembre 1827 ilgiovane Berlioz, scolaro del Conservatorioappena reduce dall’insuccesso al concorsodel Prix de Rome (con la cantata La mort

d’Orphée dichiarata ineseguibile), assisteall’Odéon alle recite di Amleto e di Romeo eGiulietta, con i tagli e gli adattamenti ope-rati qualche generazione prima da DavidGarrick, memorabile interprete del teatroelisabettiano e autore in proprio. Tra gli at-tori della compagnia inglese di CharlesKemble, spicca nelle parti di Ofelia e diGiulietta l’attrice Harriet Smithson, divaacclamata non solo dal pubblico ma dapoeti e scrittori come Stendhal. Si parla ingiornali e riviste di «nouveauté», come se ilvate inglese si accordasse con le teorie ro-mantiche che di lì a poco, al momento del-la battaglia per l’Hernani di Hugo, sarebbe-ro state sbandierate contro i difensori delclassicismo. «L’apparizione di Shakespeare», concomi-tante a quella di Harriet destinata a diven-tare cinque anni dopo sua moglie, produssesu Berlioz, attardato per genealogia cultu-rale in un classicismo di indole settecente-sca, un effetto di autoriconoscimento dellapropria vocazione artistica. Così la rievocònelle Memorie:

Shakespeare, piombando all’improvviso sudi me, mi fulminò. Il suo lampo, aprendomiil cielo dell’arte con un sublime frastuono,[un sublime «fracas symphonique»? – cichiediamo noi tra parentesi] me ne illu-minò le profondità più remote. Riconobbila vera grandezza, la vera bellezza, l’auten-tica verità drammatica… Io vidi… compre-si… sentii… che ero vivo e che bisognavaalzarsi e camminare.7

I progetti più grandiosi gli si rivelarono inquel momento possibili, ma prima un altroevento interiore, analogo a quello suscitatoda Shakespeare, doveva prodursi nel suoanimo in seguito alla lettura del Faust nellaversione di Gérard de Nerval. La traduzio-ne in versi e in prosa del ventenne Nerval(in seguito autore delle Chimères e diAurélia – uno dei racconti magici e supre-mi dell’Ottocento – e teorico della cercadella femme imaginaire o «donna che nonsi trova», per usare un’espressione leopar-diana, in cui Berlioz, sulle tracce innanzi-tutto di Estelle Duboeuf Fornier, si doveva

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Gérard de Nerval in una foto di Félix Nadar e Adrien Tournachon. (Parigi, Bibliothèque Nationale de France).

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impegnare per tutta la vita)8 apparve nel1828, proprio quando il Faust, come si os-servava nella Préface, «va être représentéincessamment sur tous les théâtres de Pa-ris». 9

Le Memorie berlioziane, relative al mede-simo 1828, registrano una lettura appassio-nante e, in un certo senso, alla moda. Si di-ce all’inizio del capitolo XXVI:

Debbo ancora segnalare uno degli avveni-menti più rimarchevoli della mia vita: lastrana e profonda impressione che ricevet-ti quando lessi per la prima volta il Faust diGoethe, tradotto in francese da Gérard deNerval. Il meraviglioso libro mi affascinòsin dal primo istante; non lo abbandonaipiù; lo leggevo senza sosta, a tavola, a tea-tro, per la strada, ovunque.10

Mentre per l’accesso a Shakespeare eramodesto il tramite fornito dalla versione diPierre Le Tourneur (solerte divulgatorenella Francia settecentesca di letteraturainglese, compresi Ossian e Young), Nervaloffriva un testo da par suo, sul quale peral-tro sarebbe ritornato in successive edizioni.Un apprezzamento adeguato è reperibilenei Colloqui redatti da Eckermann, in data3 gennaio 1830, allorché Goethe dichiara dinon voler più leggere il Faust in tedesco,preferendo il francese di Nerval, dove ritro-vava «freschezza e vivacità».11

L’ispirazione goethiana fruttò d’impeto, ol-tre alle Huit scènes de Faust, il disegno diuna sinfonia descrittiva del poema, chesarà infine trasferito nella Symphonie fan-tastique, trionfale «atto di nascita del kit-sch» in musica, secondo la tagliente defini-zione di Bortolotto.12 Shakespeare entrò nelrepertorio berloziano poco tempo dopo: trail settembre e l’ottobre 1830 viene compo-sta la Fantasie dramatique sur La Tempête,eseguita all’Opéra il 7 novembre. E da unacircostanza passionale scaturirà l’anno se-guente l’Ouverture del re Lear.Berlioz intanto era giunto a Roma, ospite(insieme a Felix Mendelssohn, il suo con-trario, secondo Einstein, nella concezionedi una musica «pura» opposta a quella «aprogramma») di Villa Medici, sede dell’Ac-

cademia di Francia. Lì è colto dalla notiziache la pianista Camille Moke, sua fidanzatadi ripiego nella momentanea irrealizzabi-lità dell’amore per Harriet, sta per sposarsi.Parte all’istante con l’intenzione di uccide-re, ma a Nizza la sua agitazione si placanelle note dell’ouverture, alla cui creazioneubbidisce. Qualcosa di festoso, al riguardo,restò nelle Memorie:

Ed eccomi respirare l’aria tiepida e profu-mata di Nizza a pieni polmoni; ecco la vitae la gioia che mi vengono incontro a volod’uccello, e la musica che mi abbraccia, el’avvenire che mi sorride; e rimango a Niz-za un mese intero a gironzolare per gliaranceti, a tuffarmi nel mare, a dormiresulle brughiere delle montagne di Villa-franca, a vedere, dall’alto di questo radiosoosservatorio, le navi venire, passare e spa-rire silenziosamente. Vivo completamentesolo, scrivo l’ouverture di Re Lear, canto,credo in Dio.

Di un qualche interesse per i metodi com-positivi di Berlioz, esenti dalla pratica delpianoforte (che egli non suonava, come sisa), è il dialogo riportato nei Mémoires conun ufficiale della polizia piemontese, che losospetta di tramare a Nizza con possibilicospiratori. Ecco la sequenza delle battute:

«Cosa fate voi qui, signore?».«Mi ristabilisco da una crudele malattia;compongo, sogno, ringrazio Iddio d’averfatto un sole così bello, un mare così bello,delle montagne così verdeggianti».«Non siete pittore?».«No, signore». [risponde il Delacroix dellamusica, come fu sommariamente definito]«Tuttavia vi si vede sempre e ovunque conun album in mano a disegnare: non sareteoccupato a rilevare delle piante?».«Sì, rilevo la pianta di un’ouverture del ReLear, o meglio l’ho già rilevata questa pian-ta, perché tanto il disegno che la strumen-tazione son fatti; credo anche che l’attaccosia formidabile».«Come, l’attacco? Chi è questo re Lear?».«Ahimè, signore, è un vecchio buon re d’In-ghilterra… il quale, a dire di Shakespeare,

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Eugène Delacroix, Mefistofele e Faust. Litografia. Illustrazione per il Faust di Goethe, 1827.

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visse circa mille e ottocento anni fa, ed eb-be la debolezza di dividere il suo regno tradue figlie scellerate ch’egli aveva e che lomisero alla porta una volta ch’egli non eb-be più nulla da donare a loro. Voi vedeteche vi son pochi re…».«Non parliamo del re!… Cosa intendete conla parola strumentazione?».«E’ un termine musicale».«Sempre questo pretesto! [e qui la voce delpoliziotto mima inconsciamente quella diun critico futuro] So benissimo, signor mio,che non si compone musica a questo modo,senza pianoforte, solamente con un albume una matita, e camminando in silenzio perle spiagge! Quindi vogliate dirmi dove ave-te intenzione di andare, vi si restituirà il vo-stro passaporto; non potete restare qui piùa lungo».«E allora tornerò a Roma, componendo an-cora senza pianoforte, con il vostro per-messo».13

Nel rigoglio della maturità artistica di Ber-lioz fioriranno, come è noto, la sinfoniaRoméo et Juliette, la cui prima avvennesotto la sua direzione il 24 novembre 1839al Conservatorio parigino, e La damnationde Faust, eseguita il 6 dicembre 1846 conesito infelice; ma il trasporto anche emoti-vo soprattutto per Shakespeare gli rimaseperennemente nel cuore, come testimoniaanche l’opera Béatrice et Bénédict (la cuipremière fu a Baden Baden il 9 agosto1862), dove pure – constata freddamenteBortolotto – «ancora in dialogo con Shake-speare, il compositore non riconosce le suepossibilità, né le sue chances: né trova nel-la musica consonanze alle escogitazioniteatrali».14

Poeticissima invece all’ascolto è la resa diBerlioz quando maneggia l’immaginazioneshakespeariana in frammenti lirici, in pureoccasioni, come la ballade (su testo dell’a-mico Legouvé, ispirato alle parole della re-gina nel dramma) La mort d’Ophélie, ri-scritta per coro e orchestra, dopo una pri-ma versione per canto e pianoforte, duran-te il soggiorno londinese nel 1848, e Lamarche funèbre pour la dernière scèned’Hamlet, composta nel 1844. Qui egli pen-

sa e sente (come peraltro per il re Lear, oper il Faust goethiano) nell’assolutezza diun mito romantico, che ha reso personale etrasformato quasi, come diceva Mauronper gli autori dell’età «nevrotica» o «freneti-ca», in proprie metafore ossessive, rinveni-bili di continuo nella sua Correspondance enei Mémoires.Alla luce di tali simboli, incarnati in perso-naggi e attori della Romantik, le carte auto-biografiche rivelano un teatro meno imma-ginario che realistico. Si confondono i pianitra la veglia e il sogno, come nel Nervalestremo: l’adorata Ofelia e la divina Giu-lietta, che offrirono sulla scena «la rivela-zione dell’infinito nell’amore e nel dolore»(così si dice nelle Memorie) divengono,nella parte di Harriet, una moglie pretesa,poi tradita, e infine costretta ad accogliere,a distanza di anni, nel proprio sepolcro laspoglia dell’amante sposata «per dovere»dall’ex-marito in seconde nozze. E Berliozstesso, inseguendo per tutta la vita la sua«Stella», indossa o sveste, nei ritmi altale-nanti dell’ispirazione, i panni esaltanti mascomodi di un Amleto o di un Faust. In tanto biografico «fracas», in cui le ideesembrano ridursi al pretestuoso «occasio-nalismo» che Carl Schmitt ha imputato airomantici, sarebbe sin troppo facile ripete-re, dal versante della letteratura mescolataalla vita ovvero della sensibilità formata dapur imponenti letture (come più o meno sidice nel nostro Zibaldone) quanto senten-ziava Boulez in termini musicologici: «Dupoint de vue harmonique, il y a chez Ber-lioz des maladresses à faire hurler».15

Emotività esasperata o, se si vuole, intui-zionismo della sensibilità – che possonocerto provocare delle «maladresses» – sonocondizioni preliminari e pressoché costan-ti nel rapporto perlomeno letterario di Ber-lioz con la drammaturgia shakespeariana.La scena primaria, peraltro, di questa vi-cenda anche psicologica avvenne, come sisa, durante le recite all’Odèon della compa-gnia inglese in cui militava Harriet, che in-cantava gli spettatori con i gesti e le intona-zioni della voce, poiché della lingua quasinessuno capiva una parola in sala.Per Berlioz si trattava di un’acquisizione

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Eugène Delacroix. Mefistofele avvicina Margherita. Litografia, 1828.

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istintiva, persino popolaresca nel ridurre isofisticati meccanismi del teatro elisabet-tiano in cifre di personaggi in un certo sen-so divistici, ma, come sempre, la filologia,gli studi severi o la buona volontà applicatanon bastano ad aprire i cieli della poesia. Equelle emozioni inclassificabili gli perdu-reranno nel cuore. A San Pietroburgo, dopol’esecuzione del Romeo e Giulietta, eccoloaccasciarsi su una sedia di un camerino delGran Teatro e piangere a dirotto «come unaragazzina isterica» (lui stesso confessa). Esi immagina «un borghese della rue Saint-Denis o un direttore dell’Opéra testimoni diuna crisi simile». Aggiunge nei Mémoires:

Cercate di indovinare che cosa potrebberomai comprendere, nel vedere un similetemporale d’estate che si scatena nel cuoredi un artista, con tutto il flusso dei torrentid’acqua e il bagliore delle scariche elettri-che che vengono a scuotere il suo animo alriemergere dei ricordi ormai vaghi dellagioventù, quelli dei primi amori, del cieloazzurro dell’Italia, che fioriscono ora anco-ra una volta riscaldati dagli ardenti raggidel genio di Shakespeare, all’apparizionedella Giulietta sempre sognata, sempre cer-cata, e mai trovata, alla rivelazione dell’in-finito che è nell’amore e nel dolore, e final-mente alla gioia d’aver risvegliato nel mon-do melodico una qualche eco lontana dellevoci di quel cielo della poesia... 16

Alla letteratura esemplare di Shakespeare,Goethe o Virgilio egli non chiedeva in fon-do, per le sue invenzioni musicali, che al-cune «idées-forces» (per così dire). Nel casodi Goethe, «il grande poeta di tutti i nobilientusiasmi» (come lo chiamava), nonprovò il minimo imbarazzo maneggiando apiacer suo il Faust. La trasfigurazione an-che biografica di Goethe gli si era peraltroappannata dopo la visita a Weimar del1843, durante la quale era stato soprattuttocolpito dalla «povera mansarda» in cui ave-va abitato Schiller, senza che l’amico po-tente se ne preoccupasse granché. E gli eraanzi sfuggita una dura lamentazione:

Ah! non mi piace sapere che Goethe abbia

potuto sopportare tutto ciò. Lui ch’era ric-co, ministro di Stato… non poteva mutar lasorte del suo amico poeta?… o quest’illu-stre amicizia non aveva niente di vero?…temo ch’essa non sia stata sincera che daparte di Schiller! Goethe amava troppo sestesso; prediligeva troppo il suo dannato fi-glio Mefistofele; ha vissuto troppo a lungo,aveva troppo paura della morte.

E seguivano le invocazioni a Schiller, e la tea-trale genuflessione sul pavimento della «casaoscura», sotto «un tetto miserabile e nero»,mentre la voce ne ripeteva il nome «soffrendo,ammirando, amando, adorando».17

Quando venne il tempo della Damnationde Faust, durante la tournée in Austria eUngheria dell’autunno-inverno tra il ’45 e il’46, Berlioz si riaccostò a Goethe in una di-sposizione non tanto dissimile da quellache poteva avere un Verdi mirando allafunzionalità in chiave musicale di una tra-ma letteraria adibita a libretto. Leggiamonele confidenze nei Mémoires:

Fu durante questo viaggio… che cominciaila composizione della mia leggenda sulFaust, della quale ruminavo il piano dalungo tempo. A partire dal momento in cuimi decisi a iniziarla, dovetti risolvere discriverne io stesso quasi tutto il libretto: iframmenti della traduzione di Nerval, cheavevo già messo in musica vent’anni pri-ma, e che contavo di ritoccare e far entrarenella mia nuova partitura, più altre due otre scene scritte dietro mie indicazioni daAlmire Gandonnière… non formavano intotale che la sesta parte dell’opera. Così,mentre viaggiavo nella mia vecchia dili-genza tedesca, mi misi all’opera per com-porre i versi destinati alla mia musica. Co-minciai con l’invocazione di Faust alla na-tura, cercando di evitare di tradurre o an-che solo di imitare il capolavoro, ma sem-plicemente ispirandomi ad esso per estrar-ne la sostanza musicale che vi è contenu-ta.18

I versi del Faust berloziano nascevano inconcomitanza con le idee musicali, entroepisodi scelti o inventati liberamente ri-

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Eugène Delacroix. Faust nel suo studio. Litografia, 1828.

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spetto all’originale, come fu nel caso dellamarcia sul tema ungherese di Rakoczy, in-trodotta nella partitura per le ovazioni cheaveva suscitato a Pesth sin dalla sua prima.Berlioz anzi si compiace di aver «piazzato ilsuo eroe all’inizio dell’azione in Ungheria,facendolo assistere al passaggio dell’arma-ta ungherese attraverso la pianura doveegli porta a spasso i suoi sogni». E rispondequasi sprezzante a un critico tedesco, chegli rimproverava la licenza:

Non vedo perché mai me ne sarei dovutoastenere, e per nessuna ragione al mondoavrei esitato a portarlo [Faust] in qualsiasialtro luogo, se ne fosse derivato un qualchevantaggio alla mia partitura.19

Se le qualità dominanti della musica di Ber-lioz sono, per sua definizione, «l’espressio-ne appassionata, l’ardore interiore, lo slan-cio ritmico e l’imprevisto”,20 (benché «lerotture i salti del suo imprevu – obiettasseTheodor Adorno – scaturiscano da un finevoluto»)21 esse si possono in gran parte ri-trovare nella sua lettura dei poeti innalzatiagli altari del pantheon letterario in cuicrede, tra i quali il maggiore – se non il «diopadre» come egli tende a dichiarare con en-fasi – è rappresentato da Shakespeare. Ri-spetto a lui persino Virgilio, basilare capo-saldo della sua formazione inizialmenteavulsa dagli studi musicali, non è che undio minore. Al pari di Estelle, Shakespeare è un polo at-trattivo che dà un orientamento a Berlioznel suo percorso creativo. Lo afferma espli-citamente:

L’altro amore mi apparve con Shakespeare,in età virile, nel roseto ardente d’un Sinai,nel mezzo delle nuvole, dei tuoni e dei lam-pi d’una poesia per me nuova [e confusa-mente intesa – rileviamo tra parentesi –nell’ambito di una nouveauté romantica].Mi atterrò, caddi prostrato, e il mio cuore etutto il mio essere furono invasi da unapassione crudele, accanita, nella quale siconfondevano, rafforzandosi l’un l’altro,l’amore per la grande artista [Harriet, inter-prete dei personaggi di Ofelia e di Giulietta]

e l’amore per la grande arte.22

E nel nome di Shakespeare si chiude ideal-mente la vita creativa e reale di Berlioz, se-gnata da una progressiva ipocondria. È luiil nume invocato, quasi con fede religiosa,sul finire delle Memorie, chiuse da invetti-ve contro i Guildenstern, i Rosencrantz, gliIago e gli Osrick, che infestano l’umanità:

Shakespeare! Shakespeare! dov’è? dovesei? Mi sembra che egli solo tra gli esseriintelligenti possa comprendermi e debbaaverci compreso entrambi; egli solo puòaver pietà di noi, poveri artisti che si ama-no, e si straziano l’uno a causa dell’altro.Shakespeare! Shakespeare! Tu devi esserestato umano; se ancora esisti, devi acco-gliere i miserabili! Sei tu il nostro padre, tusei nei cieli, se dei cieli esistono. Dio è stu-pido e atroce nella sua infinita indifferenza,tu solo sei il dio buono per le anime degliartisti; accoglici nel tuo seno, padre, ab-bracciaci! De profundis ad te clamo. Lamorte, il nulla, che cos’è? L’immortalità delgenio!… What?… O fool! fool! fool! […]Shakespeare! Shakespeare! Sento risalire lamarea, affondo nel dolore, ti cerco anco-ra… Father! Father! Where are you?.23

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NOTE

1 FEDELE D’AMICO, Prefazione a HECTOR BERLIOZ, L’Eu-ropa musicale da Gluck a Wagner, a cura di Fedeled’Amico, Torino, Einaudi 1950, p. 15: «L’unità di misu-ra più comune del suo gusto appare senza dubbio fon-data sul concetto di musica a programma, concettoch’egli desunse da Le Sueur e applicò senza eccezioniin tutte le sue composizioni; tra le quali, caso forse uni-co, non una se ne conosce che prescinda da un testoletterario: e un testo direttamente aggredito, violentato,deformato secondo una prassi ignota ai classici, e aglistessi romantici; i quali tuttora si mantenevano in buo-na armonia con i luoghi comuni del sentimento. Quel-la che egli chiama “espressione”, e che imperiosamen-te esige nelle musiche altrui, è infatti nient’altro che lacorrispondenza della musica a un testo. E i suoi amorifondamentali, i poli fissi del suo gusto di critico (Gluck,Spontini, Beethoven, Weber), li giustifica in sede criti-ca solo su questa falsariga: verifica della capacità di se-guire con la musica le vicende d’un dramma, e di un“programma” (sottinteso o almeno supposto, come sa-rebbe il caso di Beethoven)».2 Citato da OLGA VISENTINI, Introduzione a H. BERLIOZ,Memorie, Pordenone, Edizioni Studio Tesi 1989, p. 36.Nella sua vasta analisi, guidata da un’acuta percezioneper gli intrinseci valori musicali, la Visentini riesaminaogni pregiudizio storiografico intorno a Berlioz. Osser-va alle pp. 158-159: «La presenza di una ispirazionepoetica e descrittiva ha agito per lungo tempo nella cri-tica come un cliché sul quale basare un insindacabilegiudizio negativo sulla musica di Berlioz, e lo dimo-strano gli approcci più generici all’opera di questo mu-sicista. Si è data come una verità ammessa senza piùnecessità di dimostrazione che la presenza di elementiextra-musicali renda imperfetta l’opera sinfonica». 3 EUGENIO MONTALE, “I Troiani” di Berlioz, in Il secon-do mestiere. Arte, musica, società, a cura di G. Zampa,Milano, Mondadori, pp. 733-736.4 Citato da O. VISENTINI, in H. BERLIOZ, Memorie, p. 36.5 MARIO BORTOLOTTO, Consacrazione della casa, Mila-no, Adelphi 1982, p. 318.6 Ivi, p. 321.7 H. BERLIOZ, Memorie, ediz. cit., pp. 335-336.8 Estelle, chiamata «Stella», fu l’amore della fanciullez-za e ancora della tarda età, cui Berlioz si sentì roman-ticamente consacrato in vita. L’incontro senile conEstelle rappresenta un vertice nell’autobiografismodelle Memorie e configura una sorta di romanzo senti-mentale.9 WOLFGANG VON GOETHE, Faust et le second Faust, tra-duits par Gérard de Nerval, Paris, Garnier 1925, p. 1.10 H. BERLIOZ, Memorie, cit., p. 37411 La pagina di Eckermann fu riportata da Nerval nel-la «Préface de la quatrième edition» della sua traduzio-ne. Si veda Faust, ediz. cit., p. 24.12 M. BORTOLOTTO, Dopo una battaglia. Origini francesidel Novecento musicale, Milano, Adelphi 1992, p. 78.13 H. BERLIOZ, Memorie, cit., p. 416.14 M. BORTOLOTTO, Consacrazione della casa, cit., p. 332.15 Citato da M. BORTOLOTTO, ivi, p. 309.16 H. BERLIOZ, Memorie, cit., p. 790.17 Ivi, pp. 585-586. 18 Ivi, p. 763.

19 Ivi, p. 764.20 Ivi, p. 844.21 TH. W. ADORNO, Teoria estetica, a cura di E. De An-gelis, Torino, Einaudi, 1975, p. 304.22 H. BERLIOZ, Memorie, cit., p. 828.23 Ivi, p. 825.

Harriet Smithson nel ruolo della protagonista inRomeo e Giulietta di Shakespaere. Litografia, 1827.

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Foto di Hector Berlioz riprodotta nel periodico «Musica e Musicisti». Milano, 1903. (Archivio Storico Ricordi).

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Shakespeare et Goethe! Les muets confi-dents de mes tourments, les explicateurs dema vie(Hector Berlioz a Humbert Ferrand, 16 set-tembre 1828)

L’idea di accostare un’immagine alla musi-ca è così semplicistica che talvolta, leggen-do la critica berlioziana, si sente come de-scrivere le opere di Hector Berlioz metta inpena il purista: quest’idea fu talmente criti-cata come limitativa dal romanticismo te-desco, che idolatrava la musica come artesuprema proprio per il suo distacco dallarealtà, per l’infinito del suo orizzonte e perla sua non significanza così pregna di si-gnificati, che è entrato nel DNA del musico-logo perfetto il rigetto di qualsiasi descritti-vismo realistico, tanto da farlo soffrire, e aragion veduta, di fronte a chi veda nelle ter-zine dell’op. 27 n. 2 i riflessi di quel chiarodi luna che fu imposto da Rellstab a titolo«indegno» di una sonata beethoveniana. Ècolto, il musicologo in questione, da quellastessa reazione di raccapriccio che ebbeChopin quando, dopo una terribile crisi ditisi che lo aveva colpito, solo, nella casa diMajorca, durante un pomeriggio in cui erascoppiato uno spaventoso diluvio, recupe-rate le forze grazie alle cure di GeorgeSand, che lo aveva trovato in uno stato divero e proprio delirio, si accostò al pia-noforte e suonò per lei le note di un branoche aveva composto in quelle tremende oredi incubo: «Vedi, sono le gocce della pioggiache battevano sul tetto», lo consolò mater-namente la scrittrice. Nulla avrebbe potutoirritarlo di più. Neanche nel delirio, cosìspesso accostato alla genialità nell’immagi-nazione di romantici furiosi alla Berlioz –

che a Chopin, così come a Mendelssohn,davano un certo fastidio – si poteva perde-re la composta consapevolezza del classici-smo. Lo aveva insegnato a tutti, e primo fratutti, Goethe.La musica di Berlioz porta in sè questa col-pa: l’essere volutamente e assolutamentesempre legata a immagini, parole, senti-menti, vera e propria autobiografia trasferi-ta sul pentagramma; e il non essere maistata, neanche per un solo caso ecceziona-le, pura. Musica sospetta, musica da lette-rati, per dirla con Debussy. Berlioz avevaderivato da una sua idea di Beethoven (inparticolare quello della sesta sinfonia, lacui musica, come dice Beethoven stesso,era «piuttosto espressione dei sentimentiche pittura»), sommata alla tradizione fran-cese, l’irresistibile tentazione di voleresprimere a tutti i costi qualcosa, vuoi conun programma (si pensi alla Fantastique),un testo, una descrizione posta in partitura.La tradizione francese non concepiva mu-sica che non fosse descrittiva: si pensi aStendhal, che rimpiangeva la mancanza diun bel teatro con una scena fatta di cieli enuvole per arricchire le sinfonie, «insignifi-canti» a parer suo, di Haydn e Mozart. EJean François Le Sueur, il maestro di Ber-lioz – pura scuola rivoluzionaria passatasotto l’ala protettiva di Napoleone e accoltapoi nel mortifero abbraccio della controri-voluzione bigotta e piagnona di Luigi XVIIIe Carlo X – era l’ideologo della musique-pantomime, che si esprimeva tra le altrecose con l’idea che lo stesso cantante, du-rante un brano, dovesse accompagnare conuna sorta di recitazione pantomimica lamusica eseguita, sì da aiutare gli ascoltato-ri nella comprensione delle intenzioni del

OLGA VISENTINI

MUSICA E TEATRO IN BERLIOZ

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musicista. Sul ceppo della tradizione dell’o-pera francese, Berlioz, che amava smisura-tamente Gluck e Spontini, che sognava mu-sica che trasmettesse i più nobili sentimen-ti, aveva assorbito all’inizio degli anni Ven-ti il romanticismo di Weber e nella secondametà di quegli stessi anni la modernità diBeethoven, fondendo il tutto con un ana-cronismo. Aveva così dato il via alla musi-ca a programma: la Fantastique, che nascenel 1829 con la forza rivoluzionaria di unanovità assoluta e che apparve come unacreatura dalle confuse origini, scosse an-che i puristi tedeschi. «Guide simili hannosempre qualcosa di poco dignitoso e diciarlatanesco», diceva Schumann a propo-sito del programma della Fantastique. Am-mirato per la musica, ma spazientito per lacontaminazione delle parole, aggiungeva:«Il tedesco, delicato di spirito, indifferente aqualunque personalità, non vuol essereguidato così grossolanamente nei suoi pen-sieri; già si offese a proposito della SinfoniaPastorale, perché Beethoven non si fidò dilasciargliene indovinare il carattere senzail suo aiuto […] Ma Berlioz ha scritto per isuoi francesi, ai quali si può imporre benpoco con un’eterea discrezione. Me li im-magino durante l’audizione, seguire colprogramma alla mano ed applaudire il lorocompatriota, che ha indovinato tutto cosìbene; della musica in sè poco importa lo-ro».«Genre instrumental expressif» definisceBerlioz quello stile della sua musica deri-vato dall’esempio di Weber e di Beethoven,e profondamente segnato dalla sua forma-zione teatrale, dai modelli di Gluck, Sponti-ni, e dagli insegnamenti di Le Sueur: la suaconcezione di espressività è ancorata a unavisione sostanzialmente drammaturgicadella musica, cioè a quella idea di espressi-vità che è sottintesa alla musica teatrale,sicché il medesimo universo espressivodello stile operistico si trasferisce con Ber-lioz all’espressività della musica strumen-tale, senza che vi siano differenziazioni disorta su quel che l’una o l’altra dovrebberoesprimere, sul loro fine semantico: non acaso la Fantastique è definita da Berlioz«dramma strumentale». Comunque, in Ber-

lioz, per «espressione» si intende espressio-ne di passioni e sentimenti diretta allo sco-po di suscitare passioni e sentimenti.Berlioz aveva trasferito nella musica gliideali dei letterati del primo romanticismo– quelli che maturarono negli anni Venti evissero in prima persona la rivoluzione delluglio 1830, quelli cresciuti con l’Emile, leConfessions, la Nouvelle Héloïse di Rous-seau e avvolti poi dalle sontuose parole del-lo Chateaubriand di René e Atala, che pas-sò loro la più letteraria malinconia, la piùelettrizzante ebbrezza, il più sublime so-gno, le più esotiche atmosfere, insomma ilpiù meraviglioso mal du siècle. Berlioz siera dedicato alla musica, convinto che at-traverso di essa avrebbe potuto esprimeretutte le sensazione che in lui destavano lapoesia e i romanzi letti appassionatamente.Nell’Olimpo degli dei che ispirarono la suamusica, negli anni venti, fece entrare unoalla volta tutti gli idoli cui rimarrà fedeleper tutta la vita: Virgilio lo portò con sè dal-l’infanzia, e gli detterà la sua grande opera,Les Troyens. Scoprì poi la musica di Gluck(la prima opera cui assistette, a vent’anni,fu l’Iphigénie en Tauride, poi quella diSpontini, e quella di Weber. Scoprì in segui-to la poesia di Thomas Moore e poi il Byrondi Child Harold. Ma fu nella seconda metàdegli anni Venti che gli apparve la trinitàcomposta da Shakespeare, Beethoven eGoethe.La scoperta di Shakespeare avvenne nel1827: essa ci è accuratamente narrata neiMémoires. Con quale spirito il pubblicofrancese di allora, composto da tutti i rap-presentanti della Jeune France, da VictorHugo a Théophile Gautier, fosse preparatoad avvicinarsi a Shakespeare lo si può capi-re dai termini con i quali già nel 1776 Le-tourneur aveva annunciato la sua traduzio-ne dei drammi shakespeariani, descriven-do un lettore ideale che somiglia tanto al-l’uomo solitario che dalla cima di un mon-te guarda l’infinito dipinto da Friedrich, di-venuto oramai emblema un po’ abusato de-stinato a suggerire l’atmosfera del primoromanticismo:

Non è soltanto all’interno di una città che

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bisogna leggere Shakespeare. Colui chevorrà conoscerlo deve errare per le campa-gne […], salire sulla cima dei massi roccio-si e delle montagne; che di lì porti il suosguardo sul vasto mare, e che lo fissi sulpaesaggio aereo e romantico delle nuvole,allora sentirà quale fu il genio di Shake-speare, questo genio che dipinge ogni cosa,che anima ogni cosa.

I drammi di Shakespeare erano stati rap-presentati a Parigi più volte nel corso delprimo ventennio del XIX secolo, spesso, perrenderli più accettabili al gusto francese,sotto forma di stravolgenti adattamenti, co-me quello che aveva visto come protagoni-sta François Joseph Talma, il grande tragi-co del periodo rivoluzionario e dell’imperoche nel 1804 aveva recitato il ruolo di Am-leto in un adattamento di Ducis. Il pubbli-co, ancora abituato alle classiche tre unità,rideva a quell’epoca delle stramberieshakespeariane, e fu proprio Talma a im-pressionarlo per la prima volta con la suarecitazione. Nel 1822 era venuta dall’In-ghilterra una troupe che aveva recitato alThéâtre de la Porte Saint-Martin Shake-speare in lingua originale: il successo fuancora una volta assai scarso, per non direostile (oltre a fischiare, il pubblico scagliòcontro i poveri attori delle mele, tanto dafar sospendere le recite); tuttavia quellerappresentazioni erano servite a Stendhalper definire e difendere una concezione diromanticisme, come lo chiamava italianiz-zando il termine, come arte in cui l’artistaparla un linguaggio che piace ai suoi con-temporanei di contro al classicismo dovel’artista parla invece quello che piaceva «ailoro bisnonni». Quel che si doveva imitarein Shakespeare era «la maniera di studiareil tempo nel quale viviamo, e l’arte di dareai nostri contemporanei precisamente ilgenere di tragedia di cui essi hanno biso-gno, ma che non hanno l’audacia di recla-mare, terrorizzati come sono dalla reputa-zione del grande Racine»: quando la troupeinglese diretta da Charles Kemble – dellaquale faceva parte Harriet Smithson, la fairOphelia che diverrà moglie di Berlioz, ar-rivò a Parigi nel 1827, al Teatro dell’Odéon,

i tempi erano maturi, il culto di Shakespea-re si era diffuso dalla eletta schiera di colo-ro che lo avevano compreso già nel 1822, equesta volta l’omaggio si trasformò in untrionfo. Il pubblico francese – composto deipiù insigni rappresentanti della JeuneFrance che di lì a poco avrebbero scatenatola rivoluzione contro l’ancien régime in let-teratura con il Cromwell di Victor Hugo epoi quella contro l’ancien régime in politicaper le strade di Parigi con le barricate delluglio 1830 – accolse Shakespeare come unprofeta; nella sua poesia non vide il dram-maturgo elisabettiano, ma il cantore dellavoluttà e della morte, un moderno, contem-poraneo di Byron e di Moore, una sorta didio ai cui spettacoli ci si recava come a unatto di culto e verso il quale si affermavauna fede. La Smithson, nonostante i difettidi pronuncia, che i francesi non intesero,ottenne un enorme successo personale, el’immagine di Ofelia, Giulietta, Cordelia siconfusero con lei. Provocando l’immanca-bile colpo di fulmine nell’animo dei suoisensibili spettatori, tra i quali era Berlioz,Harriet, in quello storico 11 settembre, sci-volò sulla scena dell’Odéon nelle vesti del-l’impazzita Ofelia in modo del tutto ina-spettato rispetto all’enfasi declamatoriadella recitazione dell’epoca, peraltro resagià più naturale da Talma, che aveva ab-bandonato la stentorea eloquenza degli at-tori che lo avevano preceduto e che avevainsegnato la grande suggestione della pan-tomima. Talma aveva impressionato Ma-dame de Stael proprio per la forza espressi-va dei suoi occhi, nei quali, ci racconta lascrittrice, il pubblico «vedeva» lo spettro delpadre di Amleto. Facendo di difetto virtù, laSmithson, che aveva una declamazione as-sai poco sonora, intonò con un filo di voce(«ha le inflessioni di voce di un morente»racconta Delécleuze, che assistette alla rap-presentazione al fianco di Nodier) le notedella canzone, spezzandole realisticamentein una sorta di singhiozzo, in una pantomi-ma così sottile nella descrizione dei senti-menti che conducono alla follia che non v’ècronaca dell’epoca che non le abbia elevatoun monumento: «Good night ladies, goodnight, sweet ladies, good night, good night».

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William Shakespeare. Incisione.

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Pochissimi capivano l’inglese (Berlioz nonlo padroneggerà mai neanche dopo anni dimatrimonio con la Smithson): Dumas, neisuoi Mémoires, riferisce che si afferrava ilsenso del discorso dall’inflessione e dall’in-tonazione della voce degli attori. Di fatto sitrattava di una sorta di linguaggio incanta-torio, dietro la cui musica si intendeva esat-tamente quel che ci si aspettava di intende-re e si voleva a tutti i costi intendere; ma, aqual punto della recita, addirittura, gli spet-tatori non sentivano più nulla, come rac-conta un testimone, Charles Jarrin, tranneun lamento, che penetrava nel cuore di tut-ti provocando i turbamenti, le estasi, lecommozioni di cui le cronache abbondano,e che pareva provenire dall’al di là, produ-cendo quell’effetto, corroborato dalla per-sonalissima recitazione della Smithson,che Chateaubriand ben aveva intuito moltotempo prima quando, a proposito di questascena della pazzia di Ofelia, aveva senten-ziato che a quel punto il «romantico» veni-va a sostituirsi al «tragico», sicché la rap-presentazione finiva col coinvolgere vio-lentemente, più che l’anima dello spettato-re, i suoi sensi.Dopo aver vestito i panni di Ofelia, il 15 set-tembre la Smithson si ripresentò al suopubblico entuasiasta in quelli di Giulietta:Berlioz andò ad esporsi «all’ardente sole,alle notti profumate dell’Italia, allo spetta-colo di questo amore lesto come il pensiero,bruciante come la lava, imperioso, irresi-stibile, immenso, puro e bello…». Confon-dendo arte e vita, fu colto dalla sindrome diRomeo, descritta già nel 1807 da madamede Stael in Corinne ou de l’Italie, e si bruciòd’amore per la Smithson: sarà lei la prota-gonista della Symphonie fantastique, ladonna fatale che tale rimase fino a che Ber-lioz non riuscì a sposarla all’inizio degli an-ni Trenta, mentre la sua stella di attriceoramai stava tramontando.Per Stendhal la Smithson divenne un sim-bolo, la musa alla quale tutti dovevano es-sere debitori dell’ispirazione. Altri versaro-no fiumi d’inchiostro a dipingere con tutti icolori di una fluorescenza di aggettivi en-comiastici la visione, l’incantesimo, la pas-sione suscitata dalla Smithson e dagli spet-

tacoli dell’Odéon:

Fu allora che intesi una voce… oh! Che vi-brò nel profondo del mio cuore, il mio interoessere trasalì… questa voce diceva dei versimelodiosi come mai ne avevo intesi… delleparole d’amore ch’io mai avevo creduto lab-bra umane potessero pronunciare… la miaanima intera passò nei miei occhi e nellemie orecchie… restai in silenzio ed immobi-le, come la statua della meraviglia, guardai,ascoltai, si recitava Romeo.

A parlare è un’ammiratrice di Shakespearein Kean ou Désordre et Génie di AlexandreDumas. «Riconobbi la vera grandezza, lavera bellezza, la vera verità drammatica…Io vidi… compresi… sentii ch’ero vivo eche bisognava alzarsi e camminare», diceBerlioz nei suoi Mémoires, e aggiunge:«Romeo mi aveva fatto conoscere l’amore,Otello la gelosia, Amleto la disperazione…questa tripla iniziazione completò il mioessere», sono parole messe sulla bocca del-la shakespeariana di Dumas, ma sia adatta-no perfettamente a quel che accadde nell’a-nimo di Berlioz

Ouverture du Roi Lear

Andante non troppo lento ma maestoso èl’indicazione posta in principio della parti-tura del Roi Lear. Viole, violoncelli, con-trabbassi, la voce profonda degli archi, in-tonano un vero e proprio recitativo, glossa-to dai corni, punteggiato dai flauti, e rie-cheggiato dai violini con sordine in pianis-simo. A questo primo tema ne segue un al-tro, di carattere esattamente opposto: quan-to il primo era virile, ruvido e solenne, que-sto è femminile, remissivo, discreto. Locantano gli oboi (dolce assai) su un gentilepizzicato degli archi.Impossibile non scorgere in questo esordioLear e Cordelia, come accadde al re di Han-nover che l’ascoltò nel 1853. Era cieco, Gior-gio V, e talmente appassionato di musica che,quando Berlioz organizzò il proprio concertoa Hannover, ogni mattina si faceva portare adascoltare le prove, «per meglio penetrare il

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senso intimo delle opere e familiarizzarsi conla novità dei procedimenti»:

È magnifico, Berlioz, magnifico! La vostraorchestra parla, non avete bisogno di paro-le. Ho seguito tutte le scene, l’entrata del renel suo consiglio, la tempesta sulla bru-ghiera, la spaventosa scena della prigione,e i pianti di Cordelia! Oh, questa Cordelia!Come l’avete dipinta! Com’è timida e tene-ra! È straziante, e così bello!

Berlioz riportò nei suoi Mémoires questaannotazione del re di Hannover: essa ri-specchiava perfettamente la realtà di ciòche egli intendeva esprimere con la musi-ca. Giorgio V era un ascoltatore perfetto:non si era soffermato su particolari di reali-smo spicciolo, che avrebbero infastiditoBerlioz, ma aveva intuito il senso generaledella sintesi musicale cui il compositoreaveva sottoposto il dramma shakespearia-no comprimendolo nello spazio esiguo diun’ouverture.Oltre alle osservazioni di Giorgio V, abbia-mo dallo stesso Berlioz degli spunti benprecisi, che confermano le sue intenzioniespressive. Si tratta di un commento al pas-saggio dei timpani che accompagna la se-conda esposizione del primo tema nellaprima parte dell’ouverture:

Afferma Berlioz in una lettera del 2 ottobre1858:

Era in uso presso la Corte di Francia, anco-ra nel 1830 sotto Carlo X, annunciare l’en-trata del Re nei suoi appartamenti (dopo lamessa domenicale) al suono di un enormetamburo che batteva un bizzarro ritmo incinque tempi, una tradizione risalente alleepoche più lontane. Di qui m’è venuta l’i-dea d’accompagnare con un effetto di tim-pani l’entrata di Lear nel suo consiglio, perla scena della divisione dei suoi stati. Non

avevo intenzione di indicare la sua folliache verso la metà dell’allegro, quando ibassi riprendono il tema dell’introduzionenel mezzo della tempesta.

Questa tradizione gli era apparsa «degnadella barbarie musicale del Medio Evo chela vide nascere» quando la descrisse neiMémoires a proposito delle funzioni reli-giose della cappella reale nella quale lavo-rava il suo maestro Le Sueur. Forse proprioper questo carattere di grossolanità barba-rica gli era venuto in mente di utilizzarlaper un re come Lear, che, gli sembrava diricordare dalla sua lettura della tragedia,«visse, al dire di Shakespeare, circa milleot-tocento anni fa».Berlioz racconta di avere composto l’ouver-ture del Roi Lear tutta d’un fiato, a Nizza,durante il viaggio che da Roma, dove eraappena giunto per il Prix de Rome vinto nel1830, avrebbe dovuto portarlo indietro a Pa-rigi per vendicarsi dell’ignobile trattamentosubito da quella che credeva destinata a es-sere sua moglie, la pianista Camille Moke,soprannominata anch’ella molto shake-spearianamente lo «spiritello Ariel», giàamante di Ferdinand Hiller, caduta tra lebraccia di Berlioz, e di lì sveltamente sgu-sciata per accomodarsi in quelle ben piùconfortevoli, dal punto di vista della carrie-ra e della sicurezza economica, di Pleyel, fa-moso costruttore di pianoforti. Raggiuntodalla notizia, trasmessagli bruscamentedalla madre di Camille, di essere stato defe-nestrato da casa Moke a favore di Pleyel,Berlioz ebbe l’idea di mettere in atto un pia-no la cui ispirazione ancora una volta avevaun’origine tutta letteraria: come un brigan-te laziale o campano – uno dei «lazzaroni»che così di frequente incontriamo nelle pa-gine dei Mémoires dedicate al viaggio inItalia, destinati a essere descritti dalla musi-ca nell’Orgie des Brigands dell’Harold enItalie composto nel 1834, e tanto di moda al-l’epoca, nelle arti figurative, ma anche nellepagine del romanzo francese (si pensi aquelli che popolano il Comte de Monte-Cri-sto di Alexandre Dumas) – Berlioz ripartìverso la Francia deciso a travestirsi da don-na per cogliere di sorpresa i traditori in ca-

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Johann Heinrich Füssli. Re Lear ripudia Cordelia, 1792. Atto I, scena 1 di Re Lear di Shakespeare.Incisione a mezzatinta di Richard Earlom (1742?-1822).

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Friedrich August Moritz Retzsch (1779-1857), Margherita e Faust nel giardino. Incisione.

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sa Moke, farsi riconoscere, e tirare una pi-stolettata alla madre e alla figlia, e, visto chec’era anche al povero Pleyel, e infine suici-darsi. Il piano si sgretolò nel corso del viag-gio: a Firenze lo fermò un mal di gola. Du-rante la convalescenza passeggiò lungol’Arno leggendo per la prima volta il ReLear («Ho lanciato grida di ammirazionedavanti quest’opera di genio, credevo dicrepare d’entusiasmo, mi rotolavo, nell’er-ba in verità, ma mi rotolavo in modo con-vulso per placare i miei trasporti»). VisitòFirenze, e fu colto da lugubre attrazione,perfettamente in atmosfera con gli eventi,per una «sposina morta in mezzo al giorno»,che seguì in cimitero facendosi aprire la ba-ra dai becchini in cambio di una mancia perpoter toccarle la mano, e che lo faceva pen-sare alla diafana Ofelia. Ma il sangue anco-ra gli si stava «evaporando in rabbia»: si fe-ce confezionare da una modista la parruccache doveva servire al travestimento, e cheservì solo a destare i sospetti della poliziasabauda quando arrivò a Genova e, persa laprima parrucca, fu costretto a farsene con-fezionare un’altra. La polizia pensò si trat-tasse d’un carbonaro, e, anziché lasciarlopassare per Torino, lo deviò verso Nizza,dove poi lo sottopose a un interrogatorio. Aogni lega che percorreva verso la patriasentiva che il coraggio di portare fino infondo il bel piano veniva meno, soffocato aintermittenza da una crescente ebbrezza divitalità. Arrivato infine a Nizza, dopo giornidi rabbia e digiuno, sentì i morsi della fame:segno evidente che l’istinto di conservazio-ne aveva avuto la meglio. Prima di ripren-dere il cammino per Villa Medici a Roma,trascorse un mese da solo a Nizza, tra gliaranceti, il mare e la brughiera di Villafran-ca, e lì sfogò tutta la vitalità repressa com-ponendo l’ouverture del Lear.

Huit scènes du Faust

Il Faust di Goethe arrivò a Berlioz tramite latraduzione della prima parte fatta da Gé-rard de Nerval, una libera traduzione, che sifaceva libero adattamento quando il pensie-ro del poeta francese divergeva da quellodel tedesco, e che fu criticata da alcuni

(George Sand ad esempio) per l’incertezzamorale del suo epilogo, che tutti lessero(Berlioz compreso come dimostrerà Ladamnation de Faust) come assoluzione del-l’anima di Margherita e condanna di quelladi Faust. Tanto più che, ad accentuare que-sta impressione, stava la traduzione dellaballata Lenore di Bürger, dal carattere in-tensamente preromantico, che Nerval ac-cluse al testo di Goethe. Nel corso di quellostesso 1828 che vide la comparsa della tra-duzione di Nerval (perfezionata progressi-vamente negli anni successivi) i pariginipoterono assistere a un adattamento deldramma di Goethe di Antony Béraud, JeanToussaints Merle e Charles Nodier, con lemusiche di Piccini («un orrendo melodram-ma», a parere di Berlioz, con il quale si eraprofanato il Faust), che ottenne un enormesuccesso al Teatro della Porte Saint-Martinsoprattutto grazie al folgorante Méphi-stophélès di Frédérick Lemaître e alla Mar-guerite di Marie Dorval. Quello stesso annoDelacroix portò a termine le sue diciassettelitografie dalle fosche e intense tinte roman-tiche destinate a illustrare un’altra tradu-zione (uscita già nel 1823). L’immediatezzacon la quale la lettura di Berlioz si trasfor-ma in musica è folgorante: tra il settembredi quell’anno e il gennaio del 1829 composele otto scene, le fece stampare chiedendo unprestito, e ad aprile le inviò a Goethe, il qua-le le passò al suo consigliere musicale Zel-ter, che ne suggerì l’immediata cestinazionecon la seguente sentenza capitale: non visono che «degli starnuti, delle scatarrate,delle vomitate. È un’escrescenza, residuo diun aborto che deriva da un orribile incesto».Berlioz naturalmente non ottenne risposta.Il pubblico francese dell’epoca – di cui Ber-lioz, come si è visto a proposito della rece-zione di Shakespeare nel 1827, è un perfet-to termometro – era attirato soprattutto daalcuni caratteri della leggenda faustiana,marginali e coloristici rispetto al significatogenerale che essa assume in Goethe, mache ritroviamo già nella scelta delle sceneche il compositore musicò, e che intendevacome dei «riflessi melodici» della sua per-sonale lettura del Faust: incominciò infatticon la chanson gothique di Marguerite, Le

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roi de Thulée, ma poi, oltre alle scene cora-li, predilisse quelle in cui compariva Mefi-stofele. È il carattere gotico dunque, e l’a-spetto diabolico, quel che conquista innan-zitutto l’entusiasmo della Jeune France.Tanto forte fu l’impressione del «meravi-glioso libro» di Goethe, che da esso non so-lo nacquero le otto scene, ma prese vita an-che la cellula germinale della fantastique,che in origine voleva essere una «sinfoniadescrittiva sul Faust».Non vi è, nelle Huit scènes, alcuna inten-zione unitaria, nel senso che esse non sipropongono come un’opera coesa nellaquale è riassunto il Faust. Berlioz prese leparti dell’opera appena letta che più si pre-stavano ad essere musicate, e ne fece unasorta di momenti musicali tratti da Goethe,delle riflessioni sulla sua personale lettura,come già detto. Si tratta quindi di un’operasul genere di quel che più tardi sarà il me-lologo Lélio, senza alcuna intenzione diunità drammaturgica tra un pezzo e l’altro(basti pensare, tra le altre cose, che mancail protagonista, Faust), ma che non haneanche una volontà di coesione impressadalla musica: basti osservare l’eterogeneitàdell’orchestrazione tra brano e brano (siparte con un’intera orchestra nel primobrano per finire con una sola chitarra nel-l’ultimo).Berlioz racconta che il giudizio favorevoledi un critico tedesco lo aveva illuso sul va-lore dell’opera giovanile, ma che più tardi,resosi conto delle imperfezioni ch’essaconteneva, aveva bruciato tutti gli esem-plari a stampa che era riuscito a rintraccia-re. Infatti, come detto, Berlioz, grazie a unprestito riuscì a stampare l’opera: assai piùavvertito e previdente di quel che si potreb-be pensare, dedicò l’opera al conte Sosthè-ne de La Rochefoucault, ministro della cul-tura, perfetto rappresentante della culturaanodina di Carlo X, e assai potente: unostraordinario appoggio per l’esordientemusicista.Fortunatamente le scene sopravvisseroall’autodafé che impose loro Berlioz: infattiesse rappresentano la prima opera ch’egliabbia scritto che dimostra una sostanzialesvolta stilistica rispetto alle composizioni

precedenti, appartenenti all’apprendistatoberlioziano, una svolta nella quale sono an-nunciate anche le novità che rappresenteràla Fantastique. Stupisce la straordinaria in-venzione melodica dei brani, e lo stessoBerlioz li ritenne tanto meritevoli di atten-zione da riprenderli con pochissime modi-fiche (tranne il Concert des Sylphes) quasiventi anni dopo nella Damnation de Faust.Ernest Newman considera questa opera diBerlioz «la più impressionante Opus 1 cheil mondo della musica conosca»: opus 1,dunque, perché è la prima stampata di Ber-lioz, ma anche opus 1 dal punto di vista del-la maturità stilistica, e da quello dell’enor-me distacco che la separa dalle opere chel’hanno preceduta.Che Berlioz intendesse le scene come inter-calate alla lettura dell’opera di Goethe lodimostra la citazione di qualche battutatratta dal Faust che sta in cima a ogni bra-no, accanto alla quale compare sempre unafrase tratta per la prima scena da Moore,uno dei poeti prediletti di Berlioz negli anniventi, e per le rimanenti scene da Shake-speare, quasi a riassumere l’atmosfera cheBerlioz intende descrivere, e la simbiosi trai suoi poeti prediletti, che si illuminano l’u-no con l’altro. Così nel primo brano, Chantde la fête de Pâque, sono riprese le paroledel monologo di Faust, quando sta per por-tare alla bocca la coppa avvelenata: «Eccoun liquore che devo piamente bere; l’hopreparata, l’ho scelta; sarà la mia ultimabevanda, e la consacro con tutta la mia ani-ma come libazione solenne all’aurora di ungiorno più bello…». Faust è interrotto, co-me avviene nel Faust, dal suono delle cam-pane, qui suggerite dai pizzicati di violini eviole, e dal «Christ vient de ressusciter»cantato dal doppio coro di voci angeliche,su un moderato religioso: si tratta di un in-ciso melodico che, ascendendo verso l’alto,esalta la gloria di Cristo resuscitato. Le vo-ci maschili divise in quattro parti descrivo-no l’umile tristezza dei discepoli di Gesù,abbandonati sulla terra. Compare così unasingolare, dal punto di vista del misterodella Resurrezione, opposizione di atmo-sfera tra l’esultanza dell’annuncio e il dolo-re di chi è stato abbandonato. In testa alla

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partitura, accanto alla citazione dal dram-ma, vi è quella di una poesia di Moore, chespiega l’intenzione di descrivere il contra-sto di opposti sentimenti, la gioia che gene-ra dolore:

In tumult will I plunge, delight that stings Hatred that loves, chagrin that healing

[brings.One fatal remembrance , one sorrow that

[throwsIts bleak shade alike o’er our joys and our

[woes

[Mi immergerò nel tumulto, felicità che [porta dolore

Odio che ama, tristezza che curaUn fatale ricordo, un dispiacere che getta la sua pallida ombra sulle nostre gioie e

[i nostri desideri]

Il secondo brano, Paysans sous les Tilleuls,un altro coro di soprani, tenori e bassi, suun danzante 6/8, presenta un’atmosfera dalcarattere volutamente un po’ ruspante(«Gaité franche et naïve» indica Berlioz), adipingere le danze primaverili dei contadi-ni, descritti dalla citazione in capo al branodi una frase di Wagner al dottor Faust: «Si-gnor dottore, è onorevole e vantaggiosopasseggiare con voi, ma non vorrei confon-dermi con quella gente, perché son nemicodi tutto ciò che è grossolano. I loro violini,le loro grida, i loro chiassosi divertimenti, liodio a morte. Urlano come dei posseduti, echiamano questo gioia e danza». Precisauna citazione dal Romeo e Giulietta, trattadalla quinta scena del primo atto, lì dove ilvecchio e grossolano Capuleti invita le da-me alle danze: «Chi tra voi tutte rifiuteràora di danzare? Colei che farà la smorfiosa,giurerei che ha le corna!». Il terzo brano è il Concert de Sylphes: que-sto fu l’unico brano delle Huit scènes cheBerlioz riuscì a eseguire, nel 1829. La ver-sione accolta nella Damnation è assai piùcomplessa di quella dell’op. 1. Il pezzo si si-tua dopo la citazione di Mephisto: «Non so-no necessari degli inutili preparativi: ecco-ci qua riuniti, cominciate». Il testo è quellorecitato dagli Spiriti nel dramma goethiano,

ma quel che più si prestava a stimolare l’at-tenzione di Berlioz è l’idea di una musicaper addormentare. Aveva ereditato dallatradizione musicale francese il gusto per lescene del sonno e del sogno (si pensi all’Ar-mide di Lully, ma anche al sogno di Ossianin Ossian ou les Bardes di Le Sueur, e a unaquantità di sogni della musica francese),gusto che l’onirismo romantico non feceche accentuare. Una frase di Mercutio dalRomeo e Giulietta descrive il clima diafanodel balletto delle silfidi, musicalmenteespresso anche dalla trasparente strumen-tazione, nella quale compare una celesta:«Io parlo di sogni, questi figli di un cervelloin delirio, che può generare solo l’allucina-zione, privi di sostanza quanto l’aria, e piùvariabili che il vento». Questa frase è trattadalla quarta scena del primo atto, e tutta latirata di Mercutio in questa scena dedicataalla fata Mab dovette girare nella testa diBerlioz per anni tanto musicale essa glisembrava, e alla fine ebbe una veste splen-dida nel Roméo et Juliette, un intero movi-mento in prestissimo con gli archi divisidedicato a dipingere le aeree evoluzionidella Reine Mab, regina dei sogni. Ma, pri-ma ancora, Berlioz aveva ritenuto che leparole di Mercutio potessero servire ancheper dipingere la leggerezza degli spiriti checullano il sonno di Faust.Delle due canzoni che seguono la primarientra perfettamente nel genere dellachanson à boire. Furono accolte entrambenella Damnation, nella scena sesta dellaseconda parte, che si svolge nella cava diAuerbach con il coro degli allegri bevitori:esse sono assai diverse per carattere, una,chiassosa e volgare (deve esprimere una«gioia grossolana e disordinata»), è intona-ta dall’ubriaco Brander (è la canzone deltopo che per sfuggire al gatto si rifugia inun forno e finisce arrostito), l’altra, sarca-stica (deve esprimere una «amara presa ingiro») è affidata a Méphistophélès (è la can-zone della pulce che, alloggiata presso unprincipe, invita presso di sè tutta la fami-glia, costringendo a grattarsi l’intera corte).Il motivo degli archi in staccato, seguito dalpizzicato piano, restituisce l’impressionedel salto della pulce protagonista della can-

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zone. «Attenzione, una canzone confezio-nata in modo nuovissimo! E ripetete bene ilritornello con me»! è la frase di Branderprima della canzone del topo riportata inpartitura. La citazione shakespeariana chesegue, molto previdibilmente, è trattadall’Amleto, al momento dell’uccisione daparte di Amleto di Polonio celato dietro latappezzeria: «Cosa c’è ora? un topo? Morto,un ducato che è morto». La canzone diMéphistophélès si situa invece dopo il dia-logo tra Mefistofele e i compagni della cavadi Auerbach, Frosch e Siebel:

FROSCH

Dateci una canzone!

MÉPHISTOPHÉLÈS

Quante ne volete!

SIEBEL

Ma qualcosa di nuovo!

MÉPHISTOPHÉLÈS

Torniamo ora dalla Spagna, è il bel paesedel vino e delle canzoni.

La citazione shakespeariana è sempre trat-ta dall’Amleto: è la risposta di Amleto (labattuta originaria è tagliata da Berlioz) aOfelia che gli chiede cosa significhi la pan-tomima teatrale della compagnia di attoriche si esibiscono a Elsinore e che fingonoun re, una regina e un terzo personaggioche uccide il re addormentato con un vele-no versato nell’orecchio. «È un’insidia te-nebrosa; significa crimine».La sesta scena è la canzone del Roi deThulé, la ballata dell’amore fedele fino allamorte.il primo brano che Berlioz mise im-petuosamente in musica dopo aver letto ildramma di Goethe. «Canzone gotica», ladefinisce il compositore, dal «carattere am-pio e ingenuo». Questa ingenuità del carat-tere è restituita, nel gusto di Berlioz, dal tri-tono, la quarta eccedente, che già anni pri-ma egli citava come tipico delle melodiesemplici e popolari, come il ranz de vaches.La canzone deve dare l’effetto di una neniaripetuta a memoria, ossessiva nella suapiattezza di tono: «Nell’esecuzione di que-

sta ballata – scrive Berlioz – la cantantenon deve cercare di variare l’espressionedel suo canto seguendo le differenti sfuma-ture della poesia; deve tentare, al contrario,di renderla più uniforme possibile; è evi-dente che non v’è nulla che occupi meno ipensieri di Margherita in questo momentoche le infelicità del Roi de Thulé; è una vec-chia storia, ch’ella ha imparato dall’infan-zia, e che canticchia distrattamente». Lafrase tratta da Goethe è quella di Gretchenprima della canzone: «un brivido mi scuotetutto il corpo… Ah! Sono una donna timo-rosa alla follia». La citazione shakepearia-na è ancora una volta tratta dall’Amleto.Sono le parole di Ofelia impazzita per lamorte del padre Polonio: «È morto ed è an-dato via, alla sua testa l’erbosa terra, ai suoipiedi una pietra».È sempre Marguerite che canta nella setti-ma scena: si tratta di una romanza dal «sen-timento malinconico e appassionato», quel-la che già aveva reso immortale Schubert.Una sola citazione questa volta, da Roméoet Juliette: «Ahimè, quanto lunghe sembra-no le ore tristi». La scena si conclude con ilcoro dei soldati, e Berlioz precisa in una no-ta che, benché le due scene siano lontanenel dramma di Goethe, egli le ha unite pen-sando che il contrasto di carattere tra i duebrani avrebbe potuto «aumentare l’effetto edell’uno e dell’altro». Anche nella Damna-tion li mantenne vicini, ripetendo il coro,già eseguito in precedenza, come un effettoin lontananza: l’intenzione era quella dispostare la scena di Marguerite, che origi-nariamente si riferiva alle pene d’amoredella protagonista, al momento in cui ella èstata sedotta, per cui non è l’arcolaio il temache affascina Berlioz, come era accaduto in-vece in Schubert, ma la descrizione del cli-ma desolato e oppressivo che avvolge Mar-guerite, restituito anche dall’eloquente la-mentosa melodia del corno inglese, mentreil coro si impone come l’emergere del ricor-do del tempo oramai trascorso, quando lafanciulla era stata corteggiata dall’amante.L’ultima scena è affidatata a Méphi-stophélès, accompagnato da una chitarra(l’unico strumento, insieme al flauto, cheBerlioz sapesse suonare), imitata nella

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Damnation dagli arpeggi di un’intera or-chestra d’archi: una serenata notturna alla«Petite Louison», cantata con tono «sfronta-to», per far cedere tutte le resistenze dellapovera innocente, che il diavolo intona do-po aver detto al dottor Faust: «Ora che ilcielo brilla tutto pieno di stelle, sentirete unvero capolavoro: le canterò una canzonemorale, per sedurla con maggior sicurez-za». A completare il significato metaforicodella mefistofelica serenata, la frase shake-speariana di Amleto: «È un dannato fanta-sma». Le Huit scènes si concludono in par-titura con una frase di Valentin, il soldatofratello di Marguerite che durante la suaronda scopre Faust e Mefistofele sotto le fi-nestre della fanciulla: «Chi cerchi di alletta-re tu lì? Per tutti i diavoli! maledetto acca-lappiatore di ratti!... Innanzitutto al diavololo strumento! E al diavolo subito dopo ilcantante!».

La mort d’Ophélie

Ne La mort d’Ophélie Berlioz mette in mu-sica le parole di Gertrude quando, nel IV at-to dell’Amleto, descrive la morte di Ofeliaimpazzita che con le sue corone di fiori (trai quali quelli rosa pallido che vengonochiamati «dita dei morti») è inghiottita daiflutti del ruscello con i quali essa si confon-de, continuando a intonare le sue lamento-se melodie finché gli abiti rigonfi d’acquanon la trascinano nel fondo. Come altredonne di Shakespeare, la poesia di Ofeliaha stimolato anche Heine, amico di Berlioz:

Allora anche lei dovette smarrire la ragio-ne. Ma la sua pazzia non è così fosca, incu-bata e opprimente come quella di Amleto:Ofelia avvolge per così dire placidamente ilsuo capo malato in canzoni graziose… Lasua voce dolce si scioglie del tutto in canti,e fiori e ancora fiori s’intrecciano in ognisuo pensiero. Ella canta, e intesse ghirlan-de, se ne adorna la fronte e sorride col suosorriso radioso, povera ragazza….

La ballata di Ofelia venne musicata per vo-ce e pianoforte nel 1842, e solo più tardi fu

orchestrata per coro femminile a due voci eorchestra. Talora essa viene eseguita inuna versione intermedia tra le due, per vo-ce sola e orchestra. La traduzione in versidi Shakespeare era di Ernest Legouvé. Ber-lioz fu invitato nel 1844 dai direttori del-l’Odéon a scrivere delle musiche per unarappresentazione dell’Amleto, e stabilì dicomporre un trittico di cui avrebbe dovutofar parte una Scène de la comédie (proba-bilmente Berlioz intendeva musicare lapantomima degli attori ospiti di Amleto nelIII atto), La mort d’Ophélie e la Marchefunèbre pour la dernière scène d’Hamlet.Non se ne fece nulla e le ultime due com-posizioni, insieme alla Méditation religeu-se op. 56B, da Thomas Moore, entrarono afar parte nel 1852 di un ciclo intitolato Tri-stia (da Ovidio). La fair Ophelia, HarrietSmithson, giaceva allora oramai paralizza-ta nella casa di Berlioz a Mont-Martre. Ber-lioz seguiva il suo doppio ménage, tra l’as-sistenza della moglie malata e le crisi di ge-losia dell’amante Marie Recio. Nel 1854 laSmithson morirà, e per un attimo ritorneràagli onori della cronaca che ricorderà l’ef-fetto magico della recitazione dell’attrice al-l’epoca delle rappresentazioni shakespea-riane del 1827, citando la frase pronunciatadalla fool Ophelia mentre raccoglie i fiori,prima di dileguarsi nell’acqua del ruscello:«Gettate dei fiori, gettate dei fiori».Il Berlioz delle melodie, noto soprattuttoper Les nuits d’été, è particolarmente sotti-le nell’espressione dei sentimenti, mai pe-sante nell’orchestrazione, e molto attento atrovare effetti particolari, d’orchestrazione,di ritmo, o di armonia, per sottolineare il te-sto: qui le strofe in cui è diviso il raccontorisultano fuse in un flusso continuo in cuinon v’è il ricorso all’elemento di unità for-male derivato dalla riapparizione dellastessa musica per ogni strofa, ma si trattainvece di un continuo divenire che rispec-chia per molti aspetti l’ininterrotto rigene-rarsi e lo scorrere dell’acqua del ruscello,suggerito anche dal ritmo di barcarola,mentre il ritornello, con le appoggiaturesuoi «ah» e la discesa della voce di un’otta-va e mezza, restituisce il senso di angosciadell’approssimarsi della catastrofe e del-

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John Everett Millais (1829-1896). Ophelia, 1852. Olio. (Londra, National Gallery Collection).

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l’inconsapevole scivolare della fair Ophelianelle acque che la porteranno via con sè..

Marche funèbre pour la dernière scèned’Hamlet

Quest’opera, come detto, venne compostanel 1844 per l’Odéon, e entrò poi a far partedel ciclo Tristia, pubblicato nel 1852. Rara-mente eseguita, rappresenta uno dei capo-lavori strumentali di Berlioz, che dimostrauna straordinaria maestria nella padronan-za dell’orchestra indirizzata a esprimerepassioni e sentimenti, e a colpire le cordepiù sensibili dell’ascoltatore attraverso de-gli effetti particolarissimi. Si tratta anche diuna delle opere più rappresentative dalpunto di vista del modo con il quale Berlioztratta la forma. Il brano infatti appare comeun unico grande crescendo intervallato dalunghe pause: si tratta di un procedimentoillustrativo tipico di Berlioz, che non si basasull’architettura rigorosa della forma, mapiuttosto sull’elaborazione di elementi de-corativi, un procedere in sostanza narrati-vo, nel quale la forma di dissolve come ne-ve al sole.In questo caso la forma base sulla quale ècostruito il brano è quella della sonata. Vi èun primo tema tragicamente solenne in Laminore:

Segue alla battuta 26 un secondo tema alrelativo maggiore:

Il breve sviluppo che segue si muove in uncontinuo divenire tonale, da Si maggiore aMi bemolle minore, Re minore, Do diesisminore, Do minore, da cui poi con una se-rie di modulazioni di transizione si arrivaalla ripresa, che, iniziata in La minore, con-clude in La maggiore. Dopo un pausa di si-lenzio intervallata da brevi ascese cromati-che dei violini primi alternati ai secondi in

evoluzione tonale, segue una coda che ri-conduce la tonalità d’impianto e che sichiude perdendo su di una discesa croma-tica che porta al culmine il senso disconforto e di grande immenso dolore de-stato dall’intero brano.I due temi si succedono l’uno all’altro, e al-la fine compaiono nella coda vaghissimereminiscenze del tema iniziale, uno svilup-po degli incisi cromatici uditi all’inizio, cheservono alla perorazione finale.Questo è il ritmo lancinante della marcia:

Attraverso la sua desolata persistenza sicrea una sorta di stato ipnotico. Esso variasensibilmente nel corso del brano e si ri-presenta diversificato nella ripresa affidatoa violoncelli e contrabbassi. Nella parte fi-nale della ripresa si hanno contempora-neamente tre entità ritmiche. La prima èquella del secondo tema:

La seconda quella scandita dai tromboni:

La terza quella delle terzine affidate a violon-celli e contrabbassi, cui si aggiungono primale viole e poi i violini primi e secondi:

Questo ritmo di terzine dà un senso di cre-scendo che conduce direttamente all’esplo-sione finale.L’orchestrazione è perfettamente calibratasu di un’atmosfera lugubre: le percussioni,oltre a due timpani, prevedono 6 tamburi,cinelli, grancassa e tam-tam, situati dietrola scena, parecchio distanti dall’orchestra,insieme a un coro femminile cui è affidatoun inarticolato lamento, un «Ah!», su cui si

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apre il brano. Il lamento emerge sconsola-to, sulle sfumature p e pp – mentre il tam-buro continua a scandire il ritmo dellamarcia funebre sottolineato all’inizio diogni battuta da un colpo di grancassa – finoal f, ff, e poi fff quando il brano raggiunge ipunti culminanti, e l’atmosfera tocca ilmassimo d’intensità al tutti, quando alle al-tre percussioni si aggiunge anche il tam-tam, e che viene sottolineato dallo scoppiodi una carica d’artiglieria («a peal of ordo-nance» previsto da Shakespeare) prima delsilenzio di morte.Così, entro lo svolgimento temporale dellasuccessione delle diverse sezioni attraver-so l’accumulo delle quale è costruito il bra-no, accade che la forma perda del tutto diincisività, mentre il brano ne acquistaun’altra, attraverso il procedimento narra-tivo impiegato da Berlioz che, caricatocom’è di crescente tensione, cattura l’ascol-tatore.

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Costume di Mefistofele per la Damnation de Faust,1846 di Hector Berlioz. (Parigi, Bibliothèque del’Opéra).

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Joseph Schmeller (1791-1841). Ritratto di Goethe, 1814.

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Fanny Ardant e Jean-Louis Trintignant in una scena del film Finalmente domenica! (Vivementdimanche!), 1983. Regia di François Truffaut.

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Nel mondo del cinema ci sono belle donnee brave attrici. Non sempre le due qualitàcoincidono, raramente brillano insieme. Labellezza (concetto peraltro soggetto a para-metri di giudizio mutevoli nel tempo) puòpersino rivelarsi un limite se costringe allostereotipo, alla serialità del «tipo», alla for-zosa carenza di versatilità, mentre la bra-vura, dal canto suo, avverte il peso insoste-nibile della bellezza quando ogni altra ca-pacità, ogni altra tecnica, ogni altra risorsarischiano la subalternità, il frustrante mi-sunderstanding. Bellezza e bravura insie-me devono poi guardarsi dal divismo, chemagnifica ed esaspera, esalta e deprime,sazia e divora, ingranaggio cardine dellaproduzione cinematografica e dunque, nelbene e nel male, dell’economia capitalisti-ca, come ha ben spiegato Edgar Morin inun celebre saggio di quasi mezzo secolo fa.Ciò premesso, occorre dire che se ogni re-gola ammette le eccezioni, Fanny Ardant èl’eccezione: bella di una bellezza elegante,austera, non esaustiva, mai prevaricante ebrava di una bravura per l’appunto versati-le, suadente, pienamente espressiva, in unagamma piuttosto variegata di ruoli e perso-naggi. Né diva né antidiva, infine, e piutto-sto consapevole artefice dei propri ruoli edel proprio destino filmico. Ha scritto AnnaMaria Mori: «È sottile, una volta si dicevacome un giunco: si muove, dentro alla suamagrezza estrema, senza rigidità, senzaangoli acuti, con leggerezza assoluta, senzacompiacimenti ma senza neanche disagio.Vive e parla, in mezzo al suo ambiente,quello del cinema, abbastanza chiassosoper definizione, sempre come fosse sotto-voce. Come se le fosse rimasta attaccata ad-dosso la buona educazione impartita da

scuole private di alta qualità in cui alle si-gnorine di buona famiglia, come lei, si rac-comandava, tra l’altro, “piano, non alzarela voce”. Non ostenta la volgarità della si-curezza. Ma non fa della sua eventuale ti-midezza un motivo di protagonismo allarovescia. E forse, più che timida per natura,è riservata per scelta d’orgoglio. E così par-la volentieri, parole che tutti cercano da leie con lei, perché hanno dentro pensieri, let-ture, cose vere. Ma usa le parole e il riso, alquale si lascia andare volentieri, spesso an-che per nascondersi, più che per racconta-re: niente dei suoi amori, poco delle sue trebambine avute da tre uomini differenti,niente del suo lungo, bellissimo amore conil Truffaut che l’ha raccontata come “signo-ra della porta accanto”…» (La Repubblica,22 dicembre 1987).Nata a Samur, Fanny Ardant compie studiuniversitari prima di approdare al teatro,nel 1974. Di due anni dopo è il suo esordioal cinema (Marie-poupée, 1976), seguito daquello televisivo, nella serie Le mutant(1978). È soltanto nel 1981, tuttavia, che-Fanny Ardant giunge al primo vero succes-so di pubblico, diretta da François Truffautnel film La femme d’à côté (La signora del-la porta accanto), al fianco del già famosoGérard Depardieu. Se nella vita privata conil navigato regista, homme à femmes del ci-nema francese, qui al suo ventesimo lavo-ro, è subito amore, occorre aggiungere cheanche la temperatura del film è di quelleelevate, la storia febbricitante di una rela-zione matura che torna ad infiammare lepassioni di due ex amanti otto anni dopo laloro prima volta, entrambi nel frattempo,altrove, «felicemente sposati» ma non cosìtanto felici da rinunciare ad un nuovo rap-

ROBERTO ELLERO

FANNY ARDANT: PROFILO DI UN’ATTRICE

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porto, ad una nuova pericolosissima liai-son. Ancora per la regia di Truffaut, pocoprima che il regista scompaia prematura-mente (1984), Fanny Ardant sarà Barbara,la segretaria detective, in Vivement diman-che! (Finalmente domenica!, 1983), piccolosplendido capolavoro alla Hitchcock. È lei,la Ardant, adorabile in ogni istante del film,a credere contro ogni evidenza nell’inno-cenza del principale (Jean-Louis Trinti-gnant), incastrato nell’omicidio della mo-glie e del suo amante. A credergli e a sal-varlo, naturalmente… Ha scritto Truffautdi lei: «Ero stato sedotto dalla sua grandebocca, i suoi grandi occhi neri, il suo viso atriangolo, ma ho subito riconosciuto e ap-prezzato in Fanny Ardant le qualità chechiedo quasi sempre alle protagoniste deimiei film: vitalità, coraggio, entusiasmo, in-tensità, ma anche, sull’altro piatto della bi-lancia: il gusto del segreto, un lato scontro-so, un sospetto di ritrosia e, soprattutto,qualcosa di vibrante». (Unifrance Film Ma-gazine, dicembre 1981; ora in FrançoisTruffaut, Il piacere degli occhi, MarsilioEditori, Venezia, 1988). E lei, a propositodei due film girati con il marito regista: «Èvero che ho fatto con Truffaut i miei filmpiù belli sull’amore: perché lui non era ce-rebrale, perché sapeva descrivere l’amoresolo con piccoli particolari, come in lettera-tura ha fatto Kundera, perché non era reto-rico…» (ancora ad Anna Maria Mori, in LaRepubblica, 17 febbraio 1995). Il primo in-contro di Depardieu, infine: «QuandoFanny mi ha guardato negli occhi per salu-tarmi, mi ha spaventato e vedo chiaramen-te cosa gireremo: un film sull’amore chefarà paura» (in Truffaut, Il piacere degli oc-chi, op. cit.).Scomparso Truffaut, la carriera cinemato-grafica di Fanny Ardant si sviluppa nel se-gno di altri significativi autori del cinemafrancese ed europeo, mai più con lo stessotrasporto passionale, probabilmente, macon non minore partecipe e competente in-tensità. Di assoluto rilievo è la collabora-zione con un altro maestro della Nouvellevague, l’algido e razionale Alain Resnais,con il quale gira La vie est un roman (La vi-ta è un romanzo, 1983), L’amour à mort

(1984) e Mélo (Melò, 1986), trittico di ecce-zionale portata intorno ai temi dell’amoreromantico. E poi l’André Delvaux di Ben-venuta (1983), per la prima volta in coppiacon Vittorio Gassman, da un romanzo diSuzanne Lilar, il Michel Deville de Le pal-toquet (1986), il Costa-Gavras di Conseil defamille (Consiglio di famiglia, 1986), laMargarethe von Trotta di Paura e amore(1988), su fino ai più recenti Le colonelChabert (Il colonnello Chabert, 1994) diYves Angelo, da Balzac, Al di là delle nuvo-le (Par-delà les nuages, 1995) di Michelan-gelo Antonioni e Wim Wenders, Ridicule(1996) di Patrice Leconte. E senza dimenti-care che anche quando la regia balbetta ol’impegno va facendosi troppo gravoso,quasi improbo, lei riesce a conferire allesue apparizioni una fascinosa dignità, con-vincente Duchessa di Guermantes – adesempio – nell’altrimenti infelice traduzio-ne cinematografica del proustiano Unamour de Swann (1984) ad opera di VolkerSchlöndorff. Nella ricca ma non debordante filmografiadell’attrice (una cinquantina di film in unquarto di secolo, con una discreta disponi-bile curiosità per i nuovi talenti registici euna costante solidale attenzione per il cine-ma al femminile), c’è spazio anche per il ci-nema italiano, incarnato soprattutto da Et-tore Scola, maestro riconosciuto della com-media nazionale nella più autorevole dellesue accezioni. Con Scola e nuovamente alfianco di Gassman, Fanny Ardant è Adria-na nella saga novecentesca de La famiglia(1986), dove un secolo di storia patria scor-re fra gli interni borghesi di un apparta-mento romano, e Flora nel successivo Lacena (1998), dove l’attrice interpreta l’ospi-tale e sorridente padrona di casa del risto-rante da Arturo, al Portico. Entrambi i filmemblematizzano al meglio l’ultima produ-zione di Scola, quella ricerca della storianel quotidiano che abbisogna di spazi chiu-si e avvolgenti sia che si tratti di dar contodi uno sviluppo sincronico (La famiglia),sia che occorra lavorare sulla dimensionediacronica (La cena), chiedendo agli attoriuno sforzo di attenzione e di concertazioneatto ad imprimere al racconto la necessaria

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doppia valenza, fenomenica e metaforica.E se nessuno, in tanti anni di cinema e difilm, è mai riuscito a recitare male con Sco-la, occorre aggiungere che anche FannyArdant è al meglio nei ruoli assegnati, cu-riosamente speculari e dunque rovesciati:rappresenta l’amore che Carlo (Gassman)non seppe cogliere a tempo debito, permancanza di coraggio, nella Famiglia e sof-fre lei stessa in silenzio per l’amore chenon va cogliendo nella Cena, quasi che l’a-more stesso sia soggetto ad una sorta dieterno rinvio, di continua interdizione. L’a-mour fou, tanto caro all’amato Truffaut, ècertamente soltanto un ricordo. Sarebbe infine far torto alla complessità at-toriale di Fanny Ardant, alla sua grazia ac-cattivante e tuttavia capace della dovutaperfidia quando il soggetto ne reclama l’esi-genza (la si ricordi anche volentieri malefi-ca nei panni della cattolicissima Mary ofScotland nel recente Elizabeth, 1998, diShekhar Kapoor), omettere od oscurare inquesta sede il suo grande amore per il tea-tro, luogo – con il cinema – di un proficuo eripetuto pendolarismo, come accade di fre-quente in Francia, Gran Bretagna, StatiUniti e soltanto raramente purtroppo quida noi. «Io nasco – troviamo scritto in unasua intervista – attrice teatrale. E non homai voluto abbandonarlo, il teatro, perchélì c’è più possibilità di scegliere, non si èvincolati dalle esigenze della produzione,dalla mancanza di ruoli, come nel cinema»(Leonetta Bentivoglio, La Repubblica, 8maggio 1993). La libertà, dunque. O meglioquell’istinto innato all’essere liberi che, perriprendere il ragionamento di Morin sul di-vismo, l’ha indotta a rifiutare ogni forma didivismo, relegando in secondo piano anchela bellezza, la propria bellezza. In un titolominore del 1990, Aventure de Catherine C.(L’ultima luna) di Pierre Beuchot, uscitoanche in Italia senza troppa fortuna, è lei lasofferta eroina che dice: «La bellezza è unamiseria che mi porto addosso». Meno enfa-ticamente, in un’intervista, alla domandache cosa sia la bellezza, sbotta, sia pure conla sua consueta nonchalance: «Questa mat-tina ero disperata, perché di fronte alla miafinestra hanno tagliato un albero. L’hanno

fatto sicuramente per igiene, per efficienza.Ma a me tutto questo non basta, non inte-ressa, perché niente sarà mai più bello diun albero: all’efficienza io preferisco le co-se belle che non servono a niente». Capitoperché Fanny Ardant piace tanto agli intel-lettuali e non sarà mai soltanto una diva?

Fanny Ardant e François Truffaut durante leriprese de La signora della porta accanto, 1981.

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Hector Berlioz in un ritratto a 16 anni.

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La mia vita è un romanzo che m’interessaassai.

Il mio stile è assai ardito, ma non ha la ben-ché minima tendenza a stravolgere uno so-lo degli elementi costitutivi dell’arte. Alcontrario, cerca di accrescere il numero diessi. […] Le qualità dominanti della miamusica sono l’espressione passionale, l’ar-dore interiore, la foga ritmica e l’imprevi-sto.

Solo la musica parla insieme all’immagina-zione, allo spirito, al cuore e ai sensi, e dal-la reazione dei sensi sullo spirito e sul cuo-re, e viceversa, nascono dei fenomeni cuisono sensibili gli esseri dotati d’una naturasuperiore, fenomeni che gli altri (i barbari)non proveranno mai. […] Quale delle duepotenze può sollevare l’uomo alle più su-blimi altezze, l’amore o la musica?…È ungrande problema. Eppure mi pare che sidovrebbe dir questo: l’amore non può dareun’idea della musica, la musica può darneuna dell’amore…Perché separare l’unadall’altro? Sono le due ali dell’anima.

HECTOR BERLIOZ1

11880033Louis-Hector Berlioz nasce in Francia l’11dicembre2 a La-Côte-Saint-André, a 48 kmda Grenoble, nel dipartimento di Isére nelDelfinato, primogenito di Marie-Antoniet-te-Joséphine Marmion (1784-1838) e diLouis Joseph Berlioz (1776-1848), medico3

originario della Savoia. Avrà due sorelle,Marguerite-Anne-Louise detta Nanci(1806-1850), Adèle (1814-1860), e il fratelloProsper (1820-1839). Alla prima infanzia

risale l’incontro con la musica:

Nel momento stesso in cui ricevevo l’ostiaconsacrata, un coro di voci verginali cheintonava un inno all’eucarestia mi colmòd’un turbamento alla volta mistico e appas-sionato. […] Fu questa la mia prima im-pressione musicale.

11880099Viene iscritto a un seminario della sua cit-tadina. Con la chiusura dell’istituto nel1811, sarà il padre a impartirgli le primenozioni di lingue e letteratura (si appassio-na a La Fontaine, Florian e Virgilio), musi-ca (insegnandogli a suonare il flageolet4),storia e geografia:

Questa curiosità di conoscere le contradelontane, soprattutto quelle dell’altro emi-sfero, venne ulteriormente stimolata dall’a-vidità con cui leggevo tutto quel che riusci-vo a trovare nella biblioteca di mio padreche riguardasse viaggi antichi o moderni.

11881177Inizia a prendere regolarmente lezioni diflauto da Imbert, violinista e clarinettista diLione, invitato a La-Côte per istruire gliabitanti. Un’infatuazione giovanile è il pri-mo legame autobiografico alle sue pulsioniartistiche: i sentimenti per Estelle Duboeufvengono associati alla lettura di Estelle etNemorin di Florian.5 Viene impressionatoda due brani di Orfeo di Gluck scoperti inun’antologia per canto e chitarra.

11881188Trovato in casa il trattato di armonia di Ra-meau (rivisto da d’Alambert), studia anche

HECTOR BERLIOZa cura di MIRKO SCHIPILLITI

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quello di Catel, i quartetti di Pleyel, e si de-dica alle prime composizioni: un Potpourriconcertante di melodie italiane per flauto,corno e quartetto d’archi, e 2 quintetti perflauto e quartetto d’archi,6 ma nessun edito-re accetta di pubblicarli.

11881199Studia chitarra con l’alsaziano Dorant, tra-scrive romanze francesi per voce e chitar-ra, qualcuna composta autonomamente.7

Insieme al flauto sarà l’unico strumentoche Berlioz saprà suonare. Al pianofortesarà in grado di eseguire solo elementariaccordi:

Mio padre non aveva voluto ch’io intra-prendessi lo studio del pianoforte. Se nonfosse per questo, sarei probabilmente di-ventato un pianista spaventoso come qua-rantamila altri. […] Non posso che renderegrazie al caso che mi ha messo nella neces-sità di giungere a comporre silenziosamen-te e liberamente, salvandomi così dalla ti-rannia delle abitudini delle dita.

La romanza Le dépit de la bergère è la suaprima composizione edita.8

11882211In marzo consegue il baccellierato a Gre-noble, e in ottobre, secondo le volontà pa-terne, si iscrive alla Facoltà di Medicina diParigi, assai combattuto per le forti aspira-zioni musicali che lo coinvolgevano:

Lasciare l’empireo per le più squallide di-more della terra! Gli angeli immortali dellapoesia e dell’amore e i loro canti ispirati,per le corsie delle infermiere, gli orribili as-sistenti delle sale anatomiche, i cadaveri ri-pugnanti, le grida dei pazienti e il rantoloche precorre la morte! […] Mi misi dunquea seguire il corso di anatomia se non pro-prio con interesse, quantomeno con rasse-gnazione. […] In poco tempo trovai delle ot-time consolazioni nelle lezioni di Thénarde di Gay-Lussac, che insegnavano l’uno lachimica e l’altro la fisica al Jardin des Plan-tes, e nel corso di letteratura. […] Provavouno straordinario interesse a seguirle, inte-

resse che aumentava ogni volta di più. Sta-vo diventando uno studente come mille al-tri, destinato ad aggiungere una oscuraunità al numero dei cattivi medici, quando,una sera, mi recai all’Opéra. […] La notteche seguì questa rappresentazione non riu-scii a chiudere occhio, e la lezione di anato-mia dell’indomani risentì della mia inson-nia.

Segue con passione gli spettacoli all’Opéra:Danaides di Salieri e Iphigénie en Tauridedi Gluck lo impressionano fortemente, maascolterà anche lavori di Sacchini, Méhul,Spontini e Boieldieu.

11882233Abbandona definitivamente l’università:

Nonostante passassi parecchie ore della se-ra a riflettere sulla triste contraddizione sta-bilitasi tra i miei studi e le mie inclinazioni,continuai per qualche tempo ancora questavita stiracchiata, senza gran profitto per lamia istruzione medica e senza poter esten-dere il campo tanto limitato delle mie cono-scenze musicali. Avevo promesso, e mante-nevo la parola data. Ma quando venni a sa-pere che la biblioteca del Conservatorio,con le sue innumerevoli partiture, era aper-ta al pubblico, non potei resistere al deside-rio di andarvi a studiare le opere di Gluck.[…] Fu il colpo di grazia dato alla medicina.L’anfiteatro anatomico venne definitiva-mente abbandonato.

Oltre allo studio delle partiture di Gluck(l’autore che più ammirò), alla bibliotecadel Conservatorio approfondirà Spontini eWeber. Pur non ancora iscritto all’istitutoparigino, grazie alla mediazione dell’amicostudente Gerono, diventa allievo di Jean-Françoise Le Sueur,9 docente di composi-zione, dopo avergli sottoposto con approva-zione la cantata Le chaval arabe (primacomposizione orchestrale) e un canone atre voci:

Uomo degno ed eccellente, che circondò imiei primi passi nella carriera musicale ditanta benevolenza e che, fin alla fine della

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sua vita, mi ha testimoniato un sincero af-fetto. Ma quanto tempo ho perso a studiarele sue teorie antidiluviane, a metterle inpratica e a disimpararle poi, per ricomin-ciare da cima a fondo la mia educazione!

È Le Sueur che avvia Berlioz all’orientali-smo, alla musica a programma10 (denomi-nata musique hypocritique) e agli aspetticerimoniali e celebrativi di certi repertori.La composizione lo coinvolge sempre più,soprattutto il genere vocale; scrive l’operaEstelle e la scena Beverley ou Le joueur,perdute (Berlioz distrusse molte sue operegiovanili):

Sono volontariamente avviato a una carrie-ra magnifica, non certo verso la rovina:poiché credo che riuscirò, sì, lo credo.11

Presto inizia a occuparsi di strumentazione:

I miei due maestri non mi hanno insegnatonulla riguardo la strumentazione, […] cheancor oggi non è rappresentata al Conser-vatorio. […] [All’Opéra] andavo con la par-titura dell’opera in programma, e la legge-vo durante l’esecuzione. Fu così che co-minciai a familiarizzarmi con l’impegnodell’orchestra, a conoscere, se non propriol’estensione e il meccanismo, quantomenol’accento e il timbro della gran parte deglistrumenti. Questo attento confronto tra l’ef-fetto prodotto e il mezzo impiegato a pro-durlo, mi permise altresì di intravedere illegame nascosto che unisce l’espressionemusicale all’arte particolare della strumen-tazione: ma nessuno mi aveva messo sullagiusta strada. Lo studio dei procedimenti ditre maestri moderni, Beethoven, Weber eSpontini, l’esame imparziale delle consue-tudini della strumentazione, quello delleforme e delle combinazioni inusitate, la fre-quentazione dei virtuosi, le prove ch’io lispingevo a fare sui loro diversi strumenti, eun po’ d’istinto, hanno fatto per me il resto.

Medita di iscriversi a legge. Con un articolocontro Rossini su «Le Corsaire» comincia aoccuparsi di critica musicale, attività che loimpegnerà per tutta la vita:

La mia inesperienza nell’arte dello scrivereera troppo grande, la mia ignoranza delmondo e delle convenienze della stampatroppo totale, e le mie passioni musicalitroppo violente. [La mia pigrizia] è semprestata grande per lo scrivere in prosa. Ne hoben passate di nottate a comporre le miepartiture, e anche il faticoso lavoro dellastrumentazione mi tiene talvolta immobileal tavolo per otto ore consecutive, senzache mi colga neppure il desiderio di muta-re posizione; ma non accade mai che senzasforzo io riesca a decidermi a dare inizio auna pagina in prosa. […] La composizionemusicale è per me una funzione naturale,una gioia; scrivere in prosa è un lavoro.Ciononostante […] cominciai così a cono-scere le difficoltà di questo rischiosissimocompito, che ha preso col tempo una cosìgrande e deplorevole importanza nella miavita. Si vedrà come poi sia diventato per meimpossibile sottrarmici, e quali diversi in-flussi esso abbia esercitato sulla mia carrie-ra d’artista in Francia e all’estero.

11882255La sua Messe solennelle (perduta), che di-mostra già una particolare ricerca timbri-ca, viene eseguita nella chiesa di Saint-Ro-che, reperiti gli adeguati finanziamenti. Ilpadre decide di sospendere i fondi per ilsoggiorno di Berlioz a Parigi, costringendo-lo a ritornare dalla famiglia a La-Côte. Ber-lioz cerca l’approvazione per potersi dedi-care alla musica. Ha un carattere schietto,spontaneo, ricco di humor, idealista, tena-ce, esibizionista, megalomane, ma soprat-tutto d’umore incostante, frequentementeincompreso e portato all’afflizione, al mald’isolement:

Non so come dare un’idea di questo maleinesprimibile. […] Si crea il vuoto attorno almio petto palpitante, e pare allora che ilmio cuore, sotto l’aspirazione d’una forzairresistibile, evapori e tenda a dissolversiper espansione. […] Non si hanno idee dimorte durante queste crisi; no, il pensierodel suicidio non è neppure sopportabile;non si vuol morire, anzi, si vuol vivere, lo si

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vuole assolutamente, si vorrebbe persinodare alla propria vita mille volte più ener-gia; è una prodigiosa tendenza alla felicità,che si esaspera a restare senza applicazio-ne, e che non può essere soddisfatta che permezzo di gioie immense, divoranti, furiose,in proporzione con l’incalcolabile sovrab-bondanza di sensibilità cui si è provvisti.

Provo spesso delle impressioni straordina-rie di cui nulla può dare un’idea, verosimil-mente ne è la causa l’esaltazione nervosa,vi è in ciò qualcosa dell’ebbrezza dell’op-pio. […] Questo mondo fantastico si è con-servato in me e s’è accresciuto di tutte leidee nuove che ho conosciuto avanzandonella vita. Mi capita talvolta di non potereche a fatica sopportare questo dolore mora-le e fisico (perché non so fare la distinzio-ne). […] Soffro tanto, tanto, che se non mitrattenessi, lancerei delle grida, mi rotole-rei per terra. Non ho trovato che un mezzoper soddisfare completamente questa «im-mensa avidità d’emozione», è la musica.Senza di lei non potrei esistere.12

11882266Partecipa per la prima volta al concorso percompositori «Prix de Rome» organizzatodall’Institut de Beaux Arts, ma viene scarta-to alla prova preliminare. Ciononostante,dopo iniziali resistenze, ottiene dal padre ilpermesso per proseguire gli studi musicali,anche se con la disapprovazione materna.Dopo la cantata La revolution grecque,completa l’opera Lénor ou Les Francs-Ju-ges,13 entrambe su testo dell’amico avvoca-to Humbert Ferrand. In ottobre viene am-messo al Conservatorio nella classe dicomposizione di Leuseur e in quella di con-trappunto e fuga di Reicha. Direttore dell’i-stituto è il rigido Cherubini, con cui Berlioznon manterrà mai felici rapporti, «il più ac-cademico degli accademici del passato,presente e del futuro».14 Intanto era diven-tato amico del critico Joseph d’Ortigue, delcompositore Ferdinand Hiller e del giova-nissimo Franz Liszt. In preda a difficoltàeconomiche (il padre aveva scoperto i de-biti accumulati per l’esecuzione della Mes-se e riduce quindi i suoi finanziamenti) cer-

ca di farsi assumere al Théatre des Nou-veautés come flautista, ma viene preso co-me corista per qualche mese, continua ascrivere per «Le Corsaire» e dà lezioni diflauto, chitarra e solfeggio.

11882277È ammesso alla finale di una nuova edizio-ne del «Prix de Rome», che non vince con lacantata La mort d’Orphée, ritenuta inese-guibile. Nella chiesa di Sant’Eustachio diri-ge la Messe. La letteratura diventa unagrande passione da cui attingere program-mi musicali: Byron, Thomas Moore, WalterScott, ma è Shakespeare che lo interessamaggiormente, affascinato da Amleto e Ro-meo e Giulietta agli spettacoli di una com-pagnia inglese dove recita l’irlandese Har-riet Smithson, di cui s’invaghisce:

Shakespeare, piombando così all’improvvi-so su di me, mi fulminò. Il suo lampo,aprendomi il cielo dell’arte con un sublimefrastuono, me ne illuminò le profondità piùremote. Riconobbi la vera grandezza, la ve-ra bellezza, la vera verità drammatica.

11882288Riesce a organizzare il suo primo concertoparigino interamente con proprie musiche(l’ouverture Waverley, estratti dai Francs-Juges e da La revolution grecque). Si acco-sta alle sinfonie di Beethoven (ascolta laterza e la quinta in Conservatorio), che lospronano a dedicarsi al repertorio sinfoni-co:

Beethoven aprì davanti a me un nuovo mon-do musicale, così come Shakespeare mi ave-va svelato un nuovo universo poetico.

È la musica liberata da sé stessa, senza ilsoccorso della parola per precisarne l’e-spressione; il suo linguaggio diviene alloraestremamente vago e per questo stesso mo-tivo acquista ulteriore potenza sugli esseridotati d’immaginazione. […] Di qui gli ef-fetti straordinari, le sensazioni strane, leemozioni inesprimibili che producono lesinfonie, i quartetti, le ouvertures, le sonatedi Weber e Beethoven. […] Un mondo nuo-

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vo si apre ai vostri sguardi, si è trasportatiin una sfera d’idee più elevate, si sente rea-lizzare in sé la vita sublime sognata daipoeti.15

Entra in contatto con intellettuali e artisticome Hugo, Dumas padre, Vigny, Lamarti-ne, Sue, Balzac, Mérimée, Delacroix, Sain-te-Beuve. Arriva secondo al «Prix de Rome»con la cantata Herminie et Tancréde.16 Do-po Virgilio e Shakespeare, è Goethe la nuo-va importante conquista letteraria:

[Shakespeare e Goethe] sono i silenziosiconfidenti della mia sofferenza; conserva-no la chiave della mia vita.

Legge Faust nella traduzione di Gérard deNerval e inizia a mettere in musica le Huitscènes de Faust. Altri interessi letterari ca-dranno su Chateaubriand, Hoffmann, Feni-more Cooper, Hugo (assiste alla prima asso-luta di Hernani), de Vigny, de Musset, Nerval,e più tardi Balzac, Flaubert e Gautier.

11882299Le Huit scènes de Faust vengono completa-te e pubblicate:

Il meraviglioso libro mi affascinò fin dalprimo istante; non lo abbandonai più; loleggevo senza sosta, a tavola, a teatro, perla strada, dovunque. La traduzione in prosaconteneva qualche frammento in versi,canzoni, inni, ecc. Cedetti alla tentazione diporli in musica, e non appena venuto a ca-po di questa difficile impresa, senza averprima inteso neanche una nota della miapartitura, ebbi la sciocca idea di farla stam-pare…a mie spese. Alcuni esemplari diquest’opera, pubblicati a Parigi con il titolodi Otto scene del Faust, si diffusero in taleforma. Ne arrivò uno tra le mani di Marx, ilcelebre critico e teorico di Berlino, che eb-be la bontà di scrivermi in proposito unalettera benevola. Questo insperato incorag-giamento, di provenienza tedesca per dipiù, come si può ben immaginare mi feceun immenso piacere: tuttavia non mi illusetroppo a lungo sui numerosi ed enormi di-fetti di quell’opera – anche se alcune idee

mi parvero più tardi avere ancora un qual-che valore, visto che le ho poi conservate,sviluppandole in modo completamente di-verso, nella mia leggenda La dannazione diFaust – che, in fin dei conti, era incompletae scritta piuttosto male. A partire dall’istan-te in cui mi fui completamente convintodell’esattezza del mio giudizio, mi affrettaia riunire tutti gli esemplari delle Otto scenedel Faust e li distrussi.

In realtà Berlioz aveva inviato la partitura aGoethe, scrivendogli:

Da qualche anno il Faust essendo divenutola mia abituale lettura, a forza di meditaresu quest’opera formidabile (per quantopossa io afferrarla attraverso la nebbia del-la traduzione), essa ha finito per operaresul mio spirito una specie d’incantesimo:idee musicali mi si sono raggruppate inmente intorno alle vostre idee poetiche, esebbene fermamente risoluto a non unirmai i deboli miei accordi alle vostre operesublimi, a poco a poco la seduzione è statacosì forte, l’incanto così violento, che lamusica di molte scene s’è trovata compostaquasi a mia insaputa. Ho pubblicato or orala partitura, e per quanto indegna essa siad’esservi offerta, mi prendo oggi la libertàdi farvene omaggio. Sono perfettamenteconvinto che voi abbiate già ricevuto ungrandissimo numero di composizioni d’o-gni genere ispirate dal prodigioso poema;ho dunque motivo di temere che, arrivandodopo tanti altri, potrò solo importunarvi.Ma nell’atmosfera di gloria in cui voi vive-te, se oscure lodi non possono tangervi,spero tuttavia che perdonerete a un giovinecompositore che, il cuore gonfiato e l’im-maginazione infiammata dal vostro genio,non ha potuto trattenere un grido d’ammi-razione.

Non ottiene risposta, ma il direttore d’or-chestra e compositore Carl Friedrich Zel-ter,17 consulente musicale di Goethe, si pro-nunciò assai aspramente sull’opera:

Certa gente non sa segnalare la sua presen-za se non con rumorose espettorazioni,

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starnuti, gracidii, vomiti: il signor Berliozmi sembra appartenga a questo tipo di per-sone. L’odor di zolfo che volteggia attorno aMefistofele lo attira, lo fa starnutire e sbuf-fare, sì che in orchestra tutti gli strumenti siagitano e infuriano. Ma di Faust non simuove neanche un capello. Grazie dell’in-vio. Un giorno o l’altro si troverà pure ilmodo d’utilizzare, in qualche lezione, que-sta escrescenza, residuo d’aborto prodottoda un laido insetto.

Al contrario, Fètis e Meyerbeer loderannola partitura. Invano cerca un contatto epi-stolare con la Smithson. Continua a parte-cipare al «Prix de Rome», questa volta conLa mort de Cléopatre, ma non vince alcunpremio, anche se ottiene successo con unnuovo concerto in Conservatorio dedicatoa sue musiche dirette da Francois-AntoineHabeneck, fondatore della Société des Con-certs du Conservatoire. Dopo averne ascol-tato gli ultimi quartetti, con alcuni articolisu Beethoven inizia a scrivere su «Le Cor-respondant», testata con cui collaborerà alungo, ma scriverà anche per «La revue eu-ropéenne» (1832), «L’Europe littéraire»(1833), «Le Renovateur» (1833-35), «Lemonde dramatique» (1835), «L’Italie Pitto-resque» (1835), «Chronique de Paris»(1839), non senza crearsi qualche nemico:

Non riesco a sentire l’annuncio di una pri-ma rappresentazione in uno dei nostri tea-tri lirici senza provare un malessere cheaumenta progressivamente fino al momen-to in cui il mio articolo non è stato portato acompimento. Questo obbligo che si rinnovacontinuamente mi avvelena la vita. E tutta-via, indipendentemente dalle risorse pecu-niarie che mi frutta e delle quali non possofare a meno, sono impossibilitato ad abban-donarlo, per il rischio che correrei in quelcaso di trovarmi disarmato in presenza diodi furiosi e quasi innumerevoli che essoha suscitato contro di me. Perché la stam-pa, da un certo punto di vista, è più prezio-sa della lancia d’Achille; non soltanto tal-volta guarisce le ferite che ha provocato,ma serve anche da scudo a colui che ne fauso. Tuttavia, a quali miserabili riguardi

sono costretto!…quante circonlocuzioniper evitare di dire la verità! Quante conces-sioni fatte alle relazioni sociali e anche al-l’opinione pubblica! Quanta rabbia tratte-nuta! Quanta vergogna ingoiata! E si ha an-cora il coraggio di trovarmi iroso, cattivo,sprezzante! Eh! Ignoranti che mi trattate aquesto modo, se io dicessi il mio pensierofino in fondo, vi accorgereste che il lettod’ortiche sul quale credete d’essere stati dame distesi non è che un letto di rose a para-gone della griglia sulla quale vi arrostirei![…] L’unica ricompensa che la stampa mirende per tanti tormenti è la portata ch’essadà agli slanci del mio cuore verso ciò che ègrande, vero e bello, dovunque si trovi. […]E non si dimentichi il dolore che provoca alcuore, quando come me si ha la disgrazia diessere insieme artista e critico, l’obbligod’occuparsi per qualsiasi ragione delle mil-le lillipuziane scemenze delle persone chehanno bisogno di voi, in particolare delleadulazioni, le porcherie, gli strisciamenti.[…] Il critico (lo suppongo onesto e intelli-gente) non scrive che quando ha dei motivich’egli crede reali per esprimere la sua opi-nione. […] Tuttavia la mia posizione di cri-tico continua a procurarmi parecchi nemi-ci. E i più infuocati nel loro odio, più anco-ra di quelli dei quali ho biasimato le opere,sono coloro di cui non ho parlato affatto op-pure che ho lodato male.

11883300Compone la Sinfonia Fantastica, eseguitain Conservatorio, «immensa composizionestrumentale di nuovo genere, per mezzodella quale mi sforzerò d’impressionarefortemente l’uditorio»,18 primo importantelavoro esclusivamente strumentale e mani-festo della musica a programma (distribui-to agli ascoltatori), intitolata Episode de lavie d’un artiste, con echi delle sue passioniper la Smithson, L’esecuzione è un trionfo,Spontini regala a Berlioz la partitura del-l’Olympie in segno di stima, Liszt realiz-zerà una trascrizione pianistica, Schumannscriverà nel ’35 sul «Neue Zeitschrift fürmusik» un importante articolo sulla crea-zione musicale:

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Berlioz ha scritto per i suoi francesi, ai qua-li si può imporre ben poco con un’eterea di-screzione. […] In principio il programmam’ha offuscato ogni godimento, ogni liberaveduta; ma quando se ne è andato semprepiù in secondo piano ed ha cominciato adoperare la mia fantasia, vi ho trovato nonsolo tutto questo, ma molto di più ancora equasi dappertutto un caldo tono di vita. Perciò che riguarda la difficile questione in ge-nerale, fino a che punto cioè la musica stru-mentale possa giungere alla rappresenta-zione di pensieri e di avvenimenti, molti visi affannano troppo intorno.

Dopo cocenti delusioni per il rapporto conla Smithson («donna ordinaria, incapace diconcepire un sentimento immenso e nobilecome quello di cui la onoravo»19) si fidanzacon la pianista Camille Moke: ispirato,compone la Fantaisie sur La Tempête (daShakespeare). Vince finalmente il «Prix deRome», grazie alla cantata Sardanapale,premio con cui dimostra ai genitori la pro-pria vocazione musicale, e che gli assegna3000 franchi per cinque anni e una perma-nenza obbligatoria di due anni presso l’A-cadémie de France a Roma, ritenuta assur-da e accettata controvoglia.

11883311Durante il viaggio in Italia apprende delmatrimonio tra la Moke e il costruttore dipianoforti Pleyel, decide di ritornare inFrancia per ucciderla e suicidarsi, ma aNizza muta i piani, trascorre i giorni piùbelli della sua vita e scrive la grande ouver-ture Roi Lear (a Firenze aveva letto KingLear di Shakespeare, rimanendone impres-sionato). Ritorna verso Roma, passandoper Genova, Lucca, Pisa, Firenze, che lo af-fascina molto. Le tensioni autobiografichesi condensano nel monodramma lirico Leretour à la vie (intitolato Lélio nel 1855),completamento della Episode de la vie d’unartiste. Risiede a Villa Medici, ma Romanon gli piace molto, senza apprezzarne ab-bastanza l’arte. Ha poca considerazionedella musica italiana, criticando aspramen-te tutta lo stile vocale da Palestrina a Pergo-lesi, Pacini, Cimarosa, fino a Bellini, Doni-

zetti, Rossini, Cherubini (presto suo rivale),nessuno escluso, nemmeno le opere italia-ne di Mozart. A Roma conosce Mendels-sohn, che lo apprezza come persona, noncome musicista, aborrendo la SinfoniaFantastica:

Senza un briciolo di talento, cerca a tentoninelle tenebre, si crede creatore d’un mondonuovo, e con tutto ciò si scrive le cose piùdetestabili, e non fa che parlare di Beetho-ven, Schiller, Goethe. In più, è d’una vanitàincommensurabile, e tratta con supremodisdegno Mozart e Haydn, cosicché tuttoquesto entusiasmo appare alquanto sospet-to.20

Viene distribuito un programma stampatoche spiega come il povero artista nell’ulti-mo pezzo vada al diavolo, mentre gli ascol-tatori lo vorrebbero già da molto tempo.Qua e là tutti gli strumenti hanno dei mo-menti di nausea e vomitano musica che adascoltarla ci si sente molto infelici, eppure[Berlioz] è una persona molto simpatica,parla bene, ha buone idee e ci si affezionamolto.21

La sua strumentazione è un tale spavento-so guazzabuglio, un tale incongruo pastic-cio, che uno dovrebbe lavarsi le mani dopoaver maneggiato una delle sue partiture. Epoi, che vergogna assegnare alla musicanient’altro che piagnisteo, miseria e assas-sinio; quand’anche fosse ben fatta, servi-rebbe solo come archivio criminale. All’ini-zio, mi fece proprio tristezza, giacché i suoigiudizi sugli altri sono così penetranti, cosìfreddi e così esatti, ed egli appare cosìprofondamente sensibile, e non riesce arendersi conto che le opere sue sono un ta-le insensato pattume.22

In Italia (poi trasfigurata in Harold en Italiee nell’opera Benvenuto Cellini) risiede so-prattutto sulle montagne Abruzzesi, a Tivo-li e Subiaco, spesso vagabondando per lecampagne romane, andando a caccia osuonando la chitarra per gli abitanti locali,visita Napoli, Pompei e Nisida, completa lasinfonia Rob-Roy, da Scott, compone alcu-

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ne liriche e revisiona la Sinfonia Fantasti-ca, mentre per i doveri imposti dal regola-mento del «Prix de Rome» scrive un quar-tetto vocale e riprende una sezione dellasua Messa.

11883322Ritorna a Parigi. In Conservatorio Habe-neck dirige la Sinfonia fantastica e Le re-tour a la vie, presenti anche Dumas, Heine,Sue, Legouvé, Janin e la Smithson. Fino al1842 Berlioz darà concerti annualmente,con un totale di 34 esibizioni, solitamentebasate su proprie musiche, talvolta affian-cate da lavori di Beethoven, Weber, Sponti-ni o da esecuzioni di musicisti come Liszt oChopin, che conosce in queste occasioni.

11883333Dopo un corteggiamento difficoltoso, fraproblemi economici e ostilità famigliari,sposa Harriet Smithson; Liszt è uno dei te-stimoni. È costretto a dare un concerto alThéatre des Italiens per raccogliere fondiper le proprie finanze.

11883344Nasce il figlio Louis, l’unico di Berlioz. Frale molte collaborazioni come critico musi-cale, spiccano quelle per «Revue e gazettemusicale» (fino al 1859, di cui fu anche di-rettore) e «Journal des Débats» (fino al1863). Viene presentata la sinfonia Harolden Italie (da Byron), con viola solista perNiccolò Paganini, che tuttavia non la ese-guì. Dopo riflessioni su soggetti shakespea-riani, inizia la stesura di un’opera sulla vitadi Benvenuto Cellini, completata nel 1837.

11883377In seguito al progetto di una grandiosacomposizione su eroi nazionali, uno dei piùimponenti lavori corali-orchestrali è il Re-quiem o Grande Messe des Morts, commis-sionata a scopo commemorativo dal mini-stro degli interni ed eseguita agli Invalidesda 400 musicisti, per la quale Berlioz ricevela Croce della Legion d’Onore. Dal 1835 siera dedicato anche alla direzione d’orche-stra, diventando presto una delle prime epiù rappresentative figure del genere, ri-

chiesto anche all’estero (Wagner lo descri-verà come «il più consuetudinario e con-venzionale professionista della bacchet-ta»23).

11883388La vita coniugale procede con difficoltà, conuna Smithson gelosa e dedita all’alcool: idue si allontaneranno a partire dal ’42. Siaggiungono le ristrettezze economiche do-vute alla frequente necessità di dover prov-vedere autonomamente alle spese artisticheper gli organici smisurati richiesti, susci-tando critiche negative e caricature. Per ilpoeta e amico Heinrich Heine:

la musica di Berlioz in generale ha […]qualcosa di preistorico, se non addiritturadi antidiluviano, e mi ricorda specie scom-parse di animali, reami e peccati incredibi-li, un ammasso di cose impossibili: Babilo-nia, i giardini pensili di Semiramide, Nini-ve, le costruzioni meravigliose di Miz-raim.24

L’organico ideale, coro e orchestra, com-prendeva per Berlioz 818 esecutori, un suo-no organizzato in un «incendio immenso esublime»:

Ho bisogno di molti mezzi per produrrequalche effetto.25

Quel che attribuisce a queste opere la lorofisionomia strana e gigantesca, il loroaspetto colossale, è soprattutto la forma deipezzi, la solennità dello stile e la formidabi-le lentezza di certe progressioni di cui nonsi riesce a indovinare il termine. L’enor-mità della forma è causa tanto dell’assolutaincomprensione, tanto d’un’emozione ter-ribile, capace di schiacciare.

Una volta che ho buttato giù la prima seriedi pentagrammi della mia partitura, dovesono schierati pronti per la battaglia i mieistrumenti a seconda del loro diverso grado,quando penso a questa terra d’accordi che ipregiudizi scolastici hanno lasciato fino adoggi vergine e che dal momento della miaemancipazione io considero come un mio

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dominio, mi lancio per farvi razzia in predaa una sorta di furore; talvolta rivolgo la pa-rola ai miei soldati:«Tu, tipo grossolano,che fino ad oggi non hai saputo dire chedelle sciocchezze, vieni qui, ch’io t’insegnia parlare; voi tutti, graziosi folletti, che laforza dell’abitudine aveva relegato neglistudi polverosi dei sapienti teorici, venite adanzare davanti a me e mostratemi che sie-te capaci di far qualcosa di meglio che degliesperimenti d’acustica».26

Non ha un buon rapporto col pubblico, checrede incapace di capire la musica, e chegli dimostra indifferenza:

Il pubblico non ha alcuna immaginazione;i brani che s’indirizzano esclusivamente al-l’immaginazione non hanno dunque pub-blico.

Il suo nome viene legato più alla criticamusicale che alla composizione, mentre sicirconda solo di pochi ammiratori, descrit-ti da Wagner nel ’41 come

un partito di tifosi che non ascolterebbe al-tra musica al mondo che la Sinfonia Fanta-stica.

Farsi strada nel mondo dell’opera è l’obiet-tivo più ambito: Benvenuto Cellini, inizial-mente rifiutata, va in scena all’Opéra di Pa-rigi, dopo prove difficoltose, senza succes-so, con sole tre repliche disertate dal pub-blico (sarà un fiasco anche a Londra nel’53). I temi musicali dell’opera verrannorielaborati nell’ouverture Le carnaval ro-main nel 1843. Dopo un concerto in Con-servatorio, Paganini lo saluta ammirato,complimentandosi e facendogli pervenire,con grande stima, un consistente omaggiofinanziario, con cui Berlioz sarà in grado dicoprire ogni suo debito:

Mio caro amico; Beethoven estinto, nonc’era che Berlioz che potesse farlo rivivere;ed io che ho gustato le vostre divine com-posizioni, degne di un genio quale siete,credo mio dovere di pregarvi a voler accet-tare in segno del mio omaggio 20000 fran-

chi. […] Credetemi sempre il vostro aff.oamico Niccolò Paganini.

11883399A Paganini dedica la sinfonia drammaticaRoméo et Juliette per coro e orchestra: allaterza rappresentazione assiste il giovanemeravigliato Wagner, corrispondentedell’«Abendzeitung» di Dresda, che avràmodo di conoscere l’autore:

Era un mondo assolutamente nuovo perme, nel quale cercavo di orizzontarmi conpiena imparzialità, affidandomi alle im-pressioni ricevute. Sulle prime ero rimastoaddirittura stordito dalla potenza d’un vir-tuosismo orchestrale di cui non avevo an-cora idea. La temerarietà fantastica e la ri-gorosa precisione con cui m’incalzavanoqui le più arrischiate combinazioni, fattequasi palpabili al tatto, fiaccavano con vio-lenza inesorabile la mia personale sensibi-lità poetico-musicale e la ricacciavano inti-midita nelle profondità dell’animo mio. […]Mi sentivo come uno scolaretto davanti aBerlioz.27

Viene nominato bibliotecario al Conserva-torio di Parigi.28

11884400Altra monumentale composizione è laGrande symphonie funèbre et triomphaleper coro e banda, commissionata dal go-verno e destinata a un’esecuzione all’aper-to in memoria dei caduti delle giornate diluglio: Berlioz dirige 200 esecutori, «il piùgrande concerto che sia stato dato a Parigi»(l’esecuzione verrà riproposta al copertocon aggiunta di archi). Wagner assiste stu-pito:

Ciò che mi aveva pienamente rivelato lanatura d’artista a suo modo unica e senzapari.29

11884411A fianco delle gigantesche opere orchestra-li, nascono intime pagine vocali come Lesnuits d’été, sei romanze su poesie di Gau-tier per voce e pianoforte, successivamente

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orchestrate. Compone i recitativi per ilFreischütz di Weber, inserendovi ancheuna sua trascrizione orchestrale dell’Invitoal valzer. Per alcuni anni abbandonerà lacomposizione, mentre cade il progetto perun’opera su La nonne sanglante di Scribe.Intanto si iniziano ad eseguire sue musicheall’estero: il Requiem a San Pietroburgo(con successo trionfale) e alcune ouvertu-res in Germania. Tuttavia Berlioz evita difar pubblicare proprie composizioni pernon perdere il diretto controllo delle esecu-zioni.

11884422La prima delle tournées all’estero è aBruxelles, dove si reca insieme alla cantan-te Maria Recio, con cui instaura una rela-zione. Proprio dopo la mancata successio-ne allo scomparso Cherubini nella direzio-ne del conservatorio parigino, Berlioz pre-ferisce spostare le proprie attività fuori dal-la Francia, per accrescere il suo credito,con una serie di concerti in Germania, aFrancoforte e Stoccarda.

11884433Prosegue la tournée in Germania, salutatoda Schumann, Mendelssohn (che gli mettea disposizione il Gewandhaus di Lipsia,30 idue si cambieranno le bacchette in segno diamicizia) e Wagner (di cui ascolta Il vascel-lo fantasma a Dresda) e con grandi successia Brunswig, Amburgo, Berlino, toccandoanche Hechingen, Mannheim, Dresda,Hannover, Darmstadt. La Société des Con-certs du Conservatoire, la più importanteistituzione concertistica parigina, trascu-rerà invece quasi totalmente la musica diBerlioz fino a gran parte degli anni ’50. Vie-ne pubblicato il Grand traité d’instrumenta-tion et d’orchestre moderne, che «da tutte leparti è stato spinto a intraprendere», puntodi riferimento nella didattica dell’orchestra-zione:

Si può dire dunque che la strumentazioneoggi sia come una lingua straniera divenu-ta alla moda, che parecchia gente fa finta diparlare senza averla imparata, e che quindiparla senza ben capirla e con abbondanza

di barbarismi.

11884444Il più grande concerto allestito da Berlioz sisvolge al Grand Festival de l’Industrie (or-ganizzato insieme a Johann Strauss pa-dre,31 incontrato per caso in un caffè di Pa-rigi) con più di 1000 esecutori. Compone leouvertures Le corsaire (da Byron) e Le car-naval romain (su temi del Cellini). Conti-nua a trovarsi in preda a difficoltà econo-miche e famigliari, anche per la malattiadella moglie. Viene pubblicato l’autobio-grafico Voyage musical en Alemagne et enItalie.

11884455Dirige quattro concerti costituenti un “Fe-stival Berlioz” organizzato dal ThéatreFranconi,32 occasione per conoscereMikhail Glinka, futuro esponente del«Gruppo dei Cinque», con il quale Berliozmanterrà fervidi rapporti di stima. Inizia,fino al ’46, una tournée in Austria, Boemiae Ungheria, fra polemiche e trionfali suc-cessi che lo affermano nel panorama euro-peo della composizione e della direzioned’orchestra: a Vienna gli viene offerta la di-rezione della Cappella Imperiale, a Buda-pest l’esecuzione della Marcia Rakoczy, in-clusa poi nella Damnation de Faust, scate-na un tripudio di ovazioni.33 A Bonn parte-ciperà al festival Beethoven organizzato daLiszt. Contemporaneamente riprende leOtto scene dal Faust per realizzare La dam-nation de Faust (sarà eseguita nel ’46 al-l’Opéra-Comique, con scarso pubblico epochi consensi, la più triste delusione del-l’autore).

11884477Incitato da Balzac e bisognoso di nuoviguadagni, si reca in Russia per una serie diconcerti a San Pietroburgo e Mosca, conenormi successi, e a Berlino, invitato dal redi Prussia sulla via del ritorno. La musicadi Berlioz viene sempre più trascurata inFrancia e più apprezzata all’estero:

La Francia sta diventando sempre più fili-stea nei riguardi della musica, più vedo ter-

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re straniere, meno amo la mia. In Francial’Arte è morta; così sono costretto a recarmidove è ancora possibile trovarla.

Una volta paragonata l’impressione prodot-ta dalla mia musica su tutti i popoli d’Euro-pa che l’hanno ascoltata, sono costretto aconcludere che il pubblico di Parigi è quelloche la capisce meno […] Non è grottescoche si eseguano in concerto le opere di tutticoloro che abbiano un nome nella musica,eccetto le mie? Non vedersi intorno che im-becillità, indifferenza, ingratitudine o terro-re. […] Ecco quel che mi tocca a Parigi […]La Francia è dunque stata scartata dal miomazzo di carte musicali, ed ho risoluto distornare il più possibile da essa il mio oc-chio e il mio pensiero.34

Al Drury Lane Theatre di Londra dirigeLucia di Lammermoor e Linda di Chamo-nix di Donizetti, Le nozze di Figaro di Mo-zart, e ottiene successo con alcuni concerti.In Inghilterra e Germania tornerà regolar-mente.

11884488A Londra compone La mort d’Ophélie, checon la Marche funèbre pour la dernièrescène d’Hamlet, completa il trittico Tristiainsieme alla Meditation religieuse scritta aVilla Medici nel ’31. Torna a Parigi nono-stante i moti repubblicani:

Sotto il vecchio governo dovevo lottarecontro gli odi che avevo disseminato con imiei articoli, contro l’inerzia di coloro chegovernano i nostri teatri e l’indifferenza delpubblico; ora avrò in più la folla dei grandicompositori che la repubblica ha fattosbocciare, la musica popolare, filantropica,nazionale, e economica. Le arti in Franciasono oramai morte.35

Si mantiene lontano dalla militanza politi-ca, per quanto antirepubblicano antiorlea-nista. Negli anni ’30 aveva simpatizzato peri sansimonisti, sul piano sociale ma non re-ligioso. Iniziano a essere pubblicate moltesue partiture. Comincia a scrivere le pro-prie Memorie. Muore il padre, figura a cui

Berlioz fu sempre molto legato nonostante idissapori di gioventù.

11885511In occasione della prima dei Vespri Sicilia-ni di Verdi all’Opéra, Berlioz esprime giudi-zi positivi sull’italiano, «degno e onorabileartista»:36

Verdi si è levato molto in alto in questo nuo-vo lavoro. Senza voler diminuire il meritodel suo Trovatore e di tante altre emozio-nanti partiture, bisogna convenire che neiVespri l’intensità penetrante dell’esperienzamelodica, la varietà sontuosa, la sobrietàsapiente della strumentazione, l’ampiezza,la poetica sonorità dei pezzi d’insieme, ilcaldo colorito che si vede brillare dapper-tutto, e questa forza appassionata del geniodi Verdi, danno all’intero lavoro un’impron-ta di grandezza, una sorta di maestà sovra-na più marcata che nelle produzioni teatra-li precedenti dell’autore.37

Anche Verdi aveva conosciuto Berlioz, rite-neva La damnation de Faust il suo capola-voro, ascolterà l’Enfance du Christ, lo stimama con riserve («aspirazioni elevate mamanifestazione contorta, imbrogliata e sen-za naturale»38):

Berlioz era un povero ammalato, rabbiosocon tutti, acre e maligno. Ingegno moltissi-mo ed acuto: aveva il sentimento dell’istru-mentazione ed ha preceduto Wagner inmolti effetti d’orchestra (i wagneriani nonne convengono, ma è così). Non aveva mo-derazione e gli mancava quella calma, edirò così, quell’equilibrio che produce lecose d’arte complete. Andava sempre al dilà, anche quando faceva cose lodevoli. Isuccessi attuali di Parigi sono in gran partegiusti e meritati, ma la reazione vi è dentroin più gran parte ancora. È stato tanto mal-trattato quando era vivo!!!39

A Londra è impegnato come membro dellagiuria della Grande esposizione di stru-menti musicali.

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Deluso per non essere stato nominato suc-cessore di Spontini all’Académie de BeauxArts (viene scelto Thomas) a Londra dirigeuna serie di concerti su musiche proprie edi Beethoven. A Weimar, dove conosceHans von Bülow, Liszt organizza per Ber-lioz una settimana musicale, con un revi-sionato Benvenuto Cellini, Roméo et Juliet-te e due parti di La damnation de Faust, chel’autore gli dedica.40 Si reca anche a Fran-coforte, Brema, Hannover, Brunswick (ri-ceve una bacchetta d’oro e argento dagli or-chestrali), e Lipsia, dove ascolta il giovaneBrahms al pianoforte:

Mi ha vivamente impressionato con il suo“scherzo” e il suo “adagio”. Vi ringrazio peravermi fatto conoscere questo giovane cosìaudace e così timido, che intraprende a fa-re musica nuova.41

Viene pubblicato Les soirées de l’orchestre,osservazioni sulla musica attraverso im-maginari orchestrali, contenente il raccon-to fantastico Euphonia ou la ville musicale.

11885544Viene eseguito con successo l’oratorio L’en-fance du Christ, a Parigi, dove Berlioz diri-geva qualche concerto dal 1850, quandoaveva fondato la Société Philharmonique,progetto presto fallito. Dopo sei mesi dallamorte della moglie, si sposa con Maria Re-cio. Inizia a essere affetto da disturbi intesti-nali (una probabile colite ulcerosa).

11885555A Weimar, per una nuova “settimana Ber-lioz”, dirige il Concerto per pianoforte n. 1di Liszt, con l’autore solista. Per l’esposizio-ne universale di Parigi compone la cantataL’impériale (per la quale riceve una meda-glia d’oro da Napoleone III) e dirige per laprima volta e con grande successo il TeDeum (composto nel ’49) per tre cori, or-chestra e organo, insieme ad altri concertial Palais de l’Industrie. Dirige anche la sta-gione della New Philharmonic Society diLondra, dove si incontra con Wagner, allo-ra direttore alla old Philharmonic Society,nel periodo d’intesa migliore fra i due com-

positori (nel ’53 Wagner aveva letto a Ber-lioz, perplesso, una parte del libretto dell’A-nello del Nibelungo, nel ’57 Berlioz gli leg-gerà quello dei Troyens):

Wagner […] soccombe sotto gli attacchi ditutta la stampa inglese. Ma resta calmo, di-cono, sicuro com’è che fra cinquant’annisarà il re del mondo musicale.42

Viene pubblicato il trattato L’art du chefd’orchestre, interessante panoramica suicompiti del direttore d’orchestra applicatiagli enormi organici previsti da Berlioz:per controllare esecutori troppo lontani,propone l’utilizzo di metronomi elettricicomandati a distanza dal direttore. Grazie aVerbrugge riesce a realizzare il singolareprogetto per concerti a Bruxelles, Londra eParigi.

11885566Partecipa al Festival di Baden-Baden, dovesarà presente ogni anno. Ritorna a Weimar.Lavora all’Académie des Beaux Arts (suc-cede ad Adam) e spera in un incarico al-l’Opéra, iniziando a comporre – musica elibretto – l’opera Les Troyens (dopo le insi-stenze di Liszt e della principessa Sayn-Wittgenstein) basata sull’Eneide, ma chenon viene accettata. Per anni Berlioz si im-pegnerà a farla eseguire, fra altalenanti vi-cende. 11885599Per il Théatre-Lyrique integra in una revi-sione le versioni viennese e parigina del-l’Orfeo di Gluck; nel ’60 revisionerà Alce-ste. Viene pubblicato il suo libro Les grote-sque de la musique.

11886600Recensisce positivamente due concerti diWagner a Parigi, senza tuttavia comprende-re il preludio di Tristano, diffidente versoTannhauser, ma considerando quello diLohengrin un capolavoro. Wagner gli avevaregalato alcune delle prime copie della par-titura di Tristano e Isotta. Tuttavia nel ’61Berlioz accoglierà felicemente il fiasco delTannhauser all’Opèra, che gli aveva rifiuta-to i Troyens. Il rapporto tra i due composito-

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ri, avviato con stima in passato, giungeràpresto a una rottura: rivalità ma anche op-poste concezioni del teatro musicale:

Il compito più arduo è trovare la forma mu-sicale, quella forma senza la quale la musi-ca non esiste ed è soltanto l’umiliata servadella parola. Questo è il crimine di Wagner:vorrebbe detronizzare la musica e ridurlaad “accenti espressivi”.43

In Oper und Drama, Wagner scriveva nel ’51:

Hector Berlioz è il musicista immediato e ilpiù energico derivato da Beethoven. […]Con gli sforzi fatti per disegnare le straneimmagini della sua fantasia crudelmentesovreccitata e per manifestarle in modopreciso ed afferrabile al mondo incredulo etriviale del suo ambiente parigino, Berliozfu spinto dalla sua enorme intelligenza mu-sicale a raggiungere una potenza tecnicache fino a lui nessuno aveva supposta. Ciòche egli aveva da dire era così insolito, cosìstrano e così completamente contro natura,che egli non poteva esprimerlo con parolesemplici e schiette: egli abbisognava perciòdi uno straordinario apparato di macchinele più complicate, per poter manifestare,con l’aiuto di una meccanica bene dispostaad apprestata nel modo il più vario, ciò cheun organo semplicemente umano non erain grado di esprimere. […] Un impulso ve-ramente artistico viveva in lui, e questo im-pulso era di natura ardente ed irrequieta.[…] Egli è consumato da vere aspirazioniartistiche anche oggi, che, senza nessunasalvezza possibile, giace irremissibilmentesepolto sotto i mucchi delle sue macchi-ne.44

11886622Completa la sua ultima opera, Béatrice etBénédict, tratta da Much Ado AboutNothing di Shakespeare, commissionata erappresentata dal Festival di Baden-Baden(confermando i consensi di Berlioz all’este-ro rispetto all’indifferenza in patria). Muo-re la seconda moglie.

11886633

Per poter rappresentare Les Troyens alTheatre-Lyrique, Berlioz è costretto ad ac-corciare i primi due atti (intitolati La prisede Troie) in un prologo, nell’opera LesTroyens à Carthage, in scena con ventunorepliche.45 A Strasburgo dirige l’Enfance duChrist al Festival del Basso Reno.

11886644Abbandona la composizione e la critica(l’ultimo articolo sul «Journal des Débats» èsui Pescatori di perle di Bizet), fra rasse-gnazione e disillusione, soprattutto dopo laperdita delle sorelle e della seconda moglie,e per il persistere dei suoi disturbi di salu-te:

La mia carriera è finita, Othello’s occupa-tion’s gone. Non compongo più musica,non dirigo più concerti, non scrivo più néversi né prosa; ho dato le dimissioni da cri-tico; tutti i lavori di musica che avevo intra-preso sono stati portati a termine; non vo-glio più fare nulla, e altro non faccio cheleggere, meditare, lottare contro una noiamortale, e soffrire di un’incurabile nevral-gia che mi tormenta notte e giorno. […] So-no al mio sessantunesimo anno d’età; nonho più né speranze, né illusioni, né vastipensieri; mio figlio è quasi sempre lontanoda me; sono solo; il mio disprezzo per l’im-becillità e la disonestà degli uomini, il mioodio per la loro atroce ferocia sono al col-mo; ed ogni istante dico alla morte; «Quan-do vorrai tu!». Che aspetta dunque?

La cerchia di amici si riduce, frequentaStephen Heller, Saint-Saens, i Damackes, iMassarts ed Edouard Alexandre, ammiratoda Gounod, Thomas, Gautier. Immerso neiricordi di un passato perduto, torna da unsuo vecchio amore d’infanzia, Estelle Du-boeuf, con cui instaura un rapporto episto-lare ma che tuttavia rifiuta le sue propostedi matrimonio. Già nel ’54 scriveva:

Comincio a non vivere più che nel passato.E, per colmo di sfortuna, la sensibilità el’immaginazione e tutte le violenze del cuo-re e dello spirito crescono e crescono entrodi me.46

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Completa le sue voluminose Memorie,stampate nel ’67 ma non pubblicate. Vienenominato Ufficiale della Legion d’onore e“conservatore” del Museo strumentale delConservatorio.

11886677Dirige ancora: La damnation de Faust aVienna nel dicembre scorso, con enormesuccesso nonostante la stroncatura del cri-tico Hanslick; Harold en Italie ed estratti daBéatrice ed Bénédict a Colonia. Tiene l’ulti-mo concerto a San Pietroburgo per la So-cietà di Musica Russa, a cui assiste il giova-ne Rimskij-Korsakov (altro futuro espertoorchestratore):

Hector Berlioz era già vecchio quando ven-ne da noi; sebbene fosse attento alle prove,era provato dalla malattia e quindi era to-talmente indifferente alla musica russa e aimusicisti russi. […] L’esecuzione fu eccel-lente; la voce sul personaggio famoso fecetutto. Il gesto di Berlioz era semplice, chia-ro, bellissimo. Nessun capriccio nelle colo-riture. Eppure (lo dico dal racconto di Ba-lakirev) alla prova del suo pezzo Berlioz sisarebbe perso e avrebbe battuto in tre inve-ce che in due o viceversa. L’orchestra cercòdi non guardarlo e continuò a suonare, etutto sarebbe andato bene. Berlioz, il piùgrande direttore del suo tempo, venne danoi quando le sue capacità erano già in de-clino, a causa dell’età, della malattia, dellastanchezza. Il pubblico non se ne accorse,l’orchestra lo perdonò. 47

César Cui, militante nel «Gruppo dei Cin-que», compositore e critico musicale, lo de-finisce il più grande direttore d’orchestravivente. Amico del critico Stassov, incontraBalakirev e áajkovskij. Suo figlio Louis,nella marina francese, muore a L’Avana,causando una delle perdite affettive piùgravi di Berlioz, anche per il legame che ilfiglio gli aveva dimostrato:

L’amo come egli mi ama, e Dio solo cono-sce la profondità dell’amicizia che esiste franoi […] il filo della mia vita è solo il seguito

della vita di mio padre; se lo si taglia, le duevite si spengono.48

11886699Torna a Nizza e visita Monte Carlo, dove siferisce per una caduta. A Grenoble presie-de la giuria di un concorso. Muore a Parigil’8 marzo nel suo appartamento a Rue deCalais. Alla cerimonia funebre alla Trinitésono presenti molti artisti parigini, branidalla Grande symphonie funèbre ettriomphale vengono eseguiti dalla bandadella Garde Nationale, corone di fiori giun-gono da Austria, Russia, Ungheria. La sal-ma viene tumulata nel cimitero di Mont-martre. Nel 1903, nel centenario della na-scita, un monumento in suo onore saràeretto a Grenoble. Giuseppe Verdi lo ri-cordò così:

Egli avrebbe potuto avere una vita meravi-gliosa, ed è stato infelice per tutta la sua vi-ta a causa del suo carattere malinconico;ma è stato un grand’uomo, benché la suamusica non possa essere capita da tutti.49

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NNOOTTEE

1 Dove non indicato diversamente le citazioni sonotratte dalle autobiografiche Memorie, a cura di Olga Vi-sentini, Edizioni Studio Tesi, Pordenone, 1989.2 19 frimaio dell’anno XII secondo il calendario rivo-luzionario francese.3 Aveva pubblicato un saggio sull’agopuntura e sull’i-droterapia.4 Flauto diritto d’origine cinquecentesca.5 Nel 1823 comporrà un’opera su questo soggetto. Ber-lioz rivedrà la Doboeuf in tarda età.6 I brani sono andati perduti. Una delle melodie di-venterà il secondo tema dell’Ouverture Les francs-ju-ges. 7 La romanza Je vais donc quitter pour jamais da Flo-rian verrà ripresa nella Sinfonia fantastica.8 Verrà ripresa probabilmente nella Siciliana dell’ope-ra Béatrice et Bénédict.9 Autore di musica sacra e opere teatrali, fra i preferitidi Maria Antonietta, Le Sueur sviluppò uno stile im-prontato alla grandiosità e a ricerche timbriche. Ebbecome allievi anche Gounod e Thomas.10 Berlioz fu il primo a occuparsi della “musica a pro-gramma” come genere a sé stante, legando a strutturemusicali precisi contenuti extramusicali, portando acompimento un percorso che coinvolgeva altri autorifra cui lo stesso Lesueur, che fin dal 1786 soleva distri-buire al pubblico dei suoi concerti un programma sulcontenuto dei brani eseguiti. In Le Sueur und die Pro-grammusik, il musicologo Hugo Goldschmidt (1829-1907) scrive che se «questa estetica e con essa una buo-na parte del vecchio razionalismo abbiano potuto af-fermarsi fino ad un’epoca recentissima, è il risultatodell’azione e degli scritti di Lesueur».11 Lettera al padre, 1824.12 Lettera al padre, 19 febbraio 1830.13 Sono rimaste l’ouverture e sei frammenti.14 Nelle sue Memorie, Berlioz racconta il primo bruscoincontro con Cherubini, che aveva disposto differentiingressi per studenti e studentesse alla Biblioteca delConservatorio, dove Berlioz si recava regolarmenteper studiare la partiture dei suoi compositori preferiti,già prima di essere iscritto alla scuola. L’entrata dal la-to femminile scatenò l’ira di Cherubini e l’ilarità delgiovane musicista, che non smise mai di detestarlo.15 Hector Berlioz, Sur la musique classique et la musi-que romantique, in Cauchemars et passions.16 Contiene il tema che diventerà idée fixe della Sinfo-nia fantastica.17 Zelter (1758-1832) fu un’importante figura della cul-tura musicale tedesca fra ’700 e ’800, amico di Goethe,e significativo esponente della scuola del lied berline-se, autore di molti lieder su testi dello stesso Goethe.Maestro di Meyerbeer e Mendelssohn, con quest’ulti-mo inaugurò la riscoperta di Bach riesumando la Pas-sione secondo S. Matteo nel 1827.18 Lettera alla sorella Nanci, 30 gennaio 1839.19 Lettera a Ferrand.20 Lettera di Felix Mendelssohn alla madre.21 Lettera di Mendelssohn al padre, 12 marzo 1830.Scrisse Schumann sui due colleghi: «Felix detestò sem-pre la musica di Berlioz, e Berlioz lo sapeva. Tuttaviagli fu d’aiuto durante le prove e al momento dell’esecu-

zione; nonostante questo, Berlioz ammirò sinceramen-te le composizioni dell’amico Mendelssohn fino allasua morte e anche dopo».22 Lettera di Mendelssohn a Ignaz Moscheles.23 RICHARD WAGNER, Mein Leben (1870), edizione ita-liana a cura di Massimo Mila, UTET, Torino 1953, II,pp. 641-643.24 HEINRICH HEINE, Cronache musicali, a cura di Enri-co Fubini, La Nuova Italia, Firenze, 1983.25 Lettera a Schumann.26 Lettera alla sorella Nanci, 30 gennaio 183027 RICHARD WAGNER, op. cit, I, pp. 253-255.28 È a Berlioz che si deve l’istituzione di una riccaraccolta di strumenti musicali.29 RICHARD WAGNER, op. cit.30 Scrive Berlioz:«Mendelssohn mi ha aiutato comeun fratello; […] la sua pazienza era inesauribile».31 Di Strauss scrive Berlioz: «Strauss è un artista. Nonsi apprezza abbastanza l’influenza che egli ha già eser-citato sul sentimento musicale dell’intera Europa in-troducendo nei valzer giochi di ritmi incrociati dall’ef-fetto così vivace».32 I famosi fratelli Franconi erano proprietari del piùgrande circo equestre d’Europa.33 Tale fu il successo in Ungheria, che Berlioz dovettelasciarvi il manoscritto originale.34 Lettera ad August-François Morel, 14 gennaio 1848.35 Lettera a Joseph d’Ortigue, 15 marzo 1848.36 Lettera ad August Morel.37 Berlioz sul «Journal des Débats».38 Lettera a Ferdinand Hiller, 14 aprile 1879, in M.Co-nati, Verdi – Interviste e incontri, EDT, Torino, 2000.39 Lettera a Opprandino Arrivabene, 5 gennaio 1882.40 In risposta, Liszt gli dedicherà la propria SinfoniaFaust.41 Lettera a Joseph Joachim. Probabilmente Berlioz siriferisce alla Sonata op. 5 di Brahms.42 Lettera ad August-François Morel.43 Lettera alla principessa Sayn-Wittgenstein, 12 ago-sto 1856.44 RICHARD WAGNER, Oper und Drama, a cura di LuigiTorchi, Bocca, Torino 1894, II, pp. 97-100.45 La prima parte verrà rappresentata a Karlsruhe nel1890, mentre l’opera integrale andrà in scena solo nel1913.46 Lettera alla sorella Adéle.47 RIMSKIJ-KORSAKOV, Cronache della mia vita musicale,edizione in lingua inglese Eulenburg Books, London,1974.48 Lettera di Louis Berlioz alla zia Adéle.49 Verdi a Paul Fresnay: Verdi à Paris, in «Voltaire»,Parigi, 29 marzo 1886, in M. Conati, op. cit.

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Hector Berlioz, caricatura. (Parigi, Bibliothèque del’Opéra).

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Alphonse Legros (1837-1911). Hector Berlioz, circa 1860. Disegno a matita.

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Jeffrey Tate.

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JEFFREY TATE

In breve tempo dal debutto in Carmen alTeatro dell’Opera di Göteborg nel 1978, Jef-frey Tate ha raggiunto una fama di respirointernazionale che lo ha portato recente-mente a ricoprire i ruoli di Primo Direttoredella English Chamber Orchestra e PrimoDirettore Ospite dell’Orchestra Nazionaledi Francia. Dopo aver ultimato gli studi inmedicina all’Università di Cambridge, nel1970 è entrato a far parte dell’organico delCovent Garden dove è rimasto fino al 1977lavorando con celebri direttori d’orchestraquali Solti, Davis, Kempe, Kleiber e Prit-chard e quindi, in qualità di assistente, conBoulez e con Karajan. Ha diretto nei piùimportanti teatri d’opera e nelle più presti-giose rassegne musicali: di ciò rimane te-stimonianza in una vasta produzione di-scografica. A Parigi ha condotto un’accla-matissima produzione dell’Anello del Nibe-lungo ed una nuova messa in scena del Pe-ter Grimes, a Ginevra ha diretto Orfeo edEuridice di Gluck e Così fan tutte al Festi-val di Aix-en-Provence. Nel marzo 1996 haavuto l’onore di reinaugurare l’Opéra Pa-lais Garnier di Parigi con un nuovo allesti-mento di Così fan tutte e nel settembre del-lo stesso anno è salito sul podio del TeatroColón di Buenos Aires per Walkiria. Tra gliimpegni più recenti segnaliamo Parsifal aBonn, L’olandese volante a Roma e nume-rosi concerti in Europa ed in America allatesta di significative orchestre. A Venezia,regolarmente presente nelle ultime stagio-ni sinfoniche, dall’anno scorso ha assuntol’incarico di Primo Direttore Ospite.

FANNY ARDANT

Figlia di un ufficiale di cavalleria, FannyArdant è nata e cresciuta nel Principato diMonaco. Trasferitasi ad Aix-en-Provenceper studiare scienze politiche, ha coltivatola passione per la recitazione ed haapprofondito l’arte drammatica sotto laguida di Jean Périmony debuttando nel1974. Ai primi anni ’80 risale l’inizio del-la collaborazione professionale conFrançois Truffaut, che la chiama ad inter-pretare La femme d’à côté [La signora del-la porta accanto] con Gérard Depardieu eVivement dimanche! [Finalmente domeni-ca!] con Jean-Luis Trintignant, film chel’hanno resa famosa in tutto il mondo.Divenuta una stella del firmamento cine-matografico, Fanny Ardant recita in nume-rose pellicole – ricordiamo Benvenuta diAndré Delvaux (1983), La famiglia di Etto-re Scola (1987), Paura e amore di Marga-rethe von Trotta (1988), La cena di EttoreScola (2000) – lavorando al fianco di atto-ri quali Vittorio Gassman, Philippe Noiret,Giancarlo Giannini. La sua carriera si svi-luppa parallelamente in chiave teatrale:tra i suoi ultimi impegni citiamo Per-séphone di Stravinskij alla Scala, Masterclass a Parigi per la regia di Polanski,Fedra, Le Square (presentato a Roma l’e-state scorsa). Fanny Ardant ha due gran-di passioni: la musica classica e la lette-ratura.

MAJELLA CULLAGH

Le prime opere che il soprano irlandeseha affrontato sono state Elisir d’amore (perla Royal Danish Opera e per Opera Ire-

BIOGRAFIEa cura di PIERANGELO CONTE

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land), Le Comte Ory (per il Glyndebour-ne Touring Opera), Das Liebesverbot diWagner (per il Wexford Festival Opera), Ilflauto magico (per Opera North), Amadigidi Händel (per il Covent Garden Festival,quindi a New York, a Lisbona e a Opor-to), Medea di Gavin Bryar (nella primabritannica). Attiva in ambito oratoriale econcertistico, nonché sul fronte discogra-fico (tra le sue incisioni ricordiamo Zorai-da di Granata di Donizetti), recentementeMajella Cullagh ha impersonato Fiordili-gi, Adina, Micaela e Donna Anna (aRegensburg e in una nuova produzionedell’Opera North).

HARALD QUAADEN

Conclusi gli studi in Olanda ed in Italia,ha incominciato ad esibirsi su molti pal-coscenici europei interpretando un reper-torio principalmente incentrato su Haydn,Mozart e Rossini, compositore indagato sianei ruoli per tenore che in quelli per bari-tenore (Argirio in Tancredi, Leicester nel-l’Elisabetta, regina d’Inghilterra, Rinaldoin Armida). Recentemente invitato a can-tare l’Otello di Rossini in Danimarca e aVarsavia (dove ha impersonato Argiriosotto la direzione di Zedda), Harald Quaa-den ha preso parte anche a molte operebarocche, stabilendo collaborazioni conprestigiosi direttori quali Zedda, Fischer,Preston. Grande attenzione dedica allepagine oratoriali, spaziando da lavoribarocchi a contemporanei.

ANDREW SCHROEDER

Compiuto un tirocinio alla Lyric Opera diChicago e al Met di New York, AndrewSchroeder ha debuttato in vari teatri euro-pei ed americani esibendosi nell’EugenioOnegin alla English National Opera, inDer Prinz von Homburg di Henze a Spo-leto, in Carmen (è stato Escamillo a Geno-va, alla Berkshire Opera, ad Amsterdam,in concerto sotto la bacchetta di LeonardSlatkin), nella Carriera di un libertino aGenova, in Faust a New Jersey e a Van-couver, in Così fan tutte al Kennedy Cen-ter, in Ifigenia in Tauride a New York, inBilly Budd a Tolosa, in Capriccio e Romeoe Giulietta (anche a Pargi), nelle Nozze diFigaro alla Utah Opera. Più recentementeha cantato nella Passione di San Matteo,nel Barbiere di Siviglia in Béatrice etBénédict di Berlioz in Francia.

GABRIELLA COSTA

Diplomata in pianoforte, ha intrapreso lostudio del canto con Sonja Stenhammarperfezionandosi poi in Olanda ed in Fran-cia con Udo Reinemann ed Elly Ameling,in Italia con Carlo Bergonzi e RaimondoMettre. Numerosi enti, festival e centrimusicali hanno ospitato suoi recital, neiquali spesso propone musica moderna ed’avanguardia interpretando brani di GianFrancesco Malipiero, Schönberg, Nyman,Clementi. In ambito operistico ha cantatoin Rigoletto, Un Ballo in maschera (a Par-ma con Campori), Don Pasquale, Maria diRohan (al PalaFenice con Gelmetti), nelSignor Bruschino, nel Matrimonio segretoa Zurigo, nel Barbiere di Siviglia a Trie-

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ste.

MARIA JOSÉ MONTIEL

Dal 1988 al 1991 lavora alla Staatsoper diVienna al fianco di prestigiosi cantanti erinomati direttori. Successivamente pre-senta il suo repertorio operistico, oratoria-le e concertistico in varie sedi musicali intutto il mondo. Nel 1996 canta nella Vidabreve a Madrid (opera che in seguito haproposto a Sydney, alla Carnegie Hall, aMontreal con Charles Dutoit), in Carmenad Ottawa, in Pepita Jimenez a Barcellonae a Montpellier, nelle Nuits d’été di Ber-lioz. Successivamente è stata impegnata innumerose incisioni discografiche, in reci-tal (anche insieme a Placido Domingo, adAlfredo Kraus e a Montserrat Caballé), nelRequiem di Fauré, nei Racconti d’Hoff-mann.

ROBERT GIERLACH

Le vittorie nel «Viotti» di Vercelli e nel «A.Kraus» di Las Palmas gli hanno spalanca-to le porte di un’interessante carriera. Dal1993 il basso svolge infatti un’intensa atti-vità in tutta Europa. Ha cantato nell’Holo-caust Cantata diretta da Menuhin, in KrolRoger con Dutoit a Parigi e con Rattle aLondra e a Salisburgo, in Otello a Bolognasotto la bacchetta di Thielemann, nella IXSinfonia di Beethoven diretta da Jurowski(in seguito a Dresda con Plasson), in DonGiovanni a Marsiglia con Desderi, nell’O-rione al Teatro Goldoni di Venezia, inMaria di Rohan al PalaFenice (dove l’an-

no scorso si è esibito nelle Nozze di Figa-ro), nella Cenerentola all’Opera di Roma,in Tatiana di Corghi alla Scala.

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CONSIGLIO DI AMMINISTRAZIONE

presidente

Paolo Costa

consiglieri:

Giancarlo Galan

Pierdomenico Gallo

Alfonso Malaguti

Angelo Montanaro

Armando Peres

Giorgio Pressburger

segretario

Tito Menegazzo

COLLEGIO REVISORI DEI CONTI

presidente

Angelo Di Mico

Adriano Olivetti

Maurizia Zuanich Fischer

FONDAZIONE TEATRO LA FENICE DI VENEZIA

SOCIETÀ DI REVISIONE

PricewaterhouseCoopers S.p.A.

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icdirettore musicale

eIsaac Karabtchevsky

segretario generaleTito Menegazzo

direttore del personalePaolo Libettoni

direttore dell’organizzazione scenica e tecnicaGiuseppe Morassi

segretario artisticoSandra Pirruccio

capo ufficio stampa e relazioni esterneCristiano Chiarot

fotocomposizione e scansioni immagini Texto - Venezia

stampa Grafiche Zoppelli - Dosson di Casier (TV)

Supplemento a: LLAA FFEENNIICCEENotiziario di informazione musicale e avvenimenti culturali della Fondazione Teatro La Fenice di Venezia

dir. resp. C. CHIAROT, aut. Trib. di Ve 10.4.1997, iscr. n. 1257, R. G. stampa

finito di stampare nel mese di marzo 2001

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AREA ARTISTICA

ORCHESTRA DEL TEATRO LA FENICE

ISAAC KARABTCHEVSKYdirettore principale

JEFFREY TATEprimo direttore ospite

MAESTRI COLLABORATORI

direttore musicale di palcoscenico maestri di salaGiuseppe Marotta * Stefano Gibellato *

Silvano Zabeo * Roberta Ferrari ◆

Violini primiRoberto Baraldi •Mariana Stefan •Nicholas Myall Mauro ChiricoAndrea Crosara Pierluigi CrisafulliLoris CristofoliGisella CurtoloRoberto Dall’IgnaMarcello FioriElisabetta MerloSara MichielettoAnnamaria PellegrinoPierluigi PuleseDaniela SantiAnna TosittiAnna TrentinMaria Grazia Zohar

Violini secondiAlessandro Molin •Gianaldo Tatone •Luciano CrispilliAlessio Dei RossiEnrico EnrichiMaurizio FagottoEmanuele FraschiniMaddalena MainLuca MinardiMania NinovaMarco PaladinRossella SavelliAldo TelescaJohanna VerheijenRoberto Zampieron

VioleAlfredo Zamarra •Elia Vigolo • ◆Elena BattistellaAntonio BernardiOttone CadamuroRony CreterAnna MencarelliPaolo Pasoli Stefano PioKatalin SzaboMaurizio TrevisinRoberto VolpatoFilippo Milani ◆Alessandro Savio ◆

VioloncelliLuca Pincini •Alessandro Zanardi •Nicola BoscaroBruno FrizzarinPaolo MencarelliMauro RoveriRenato ScapinMarco TrentinMaria Elisabetta VolpiF. Dimitrova Ivanova ◆Daniela Condello ◆

ContrabbassiMatteo Liuzzi • Stefano Pratissoli •Ennio Dalla RiccaGiulio ParenzanMarco PetruzziAlessandro PinDenis Pozzan ◆

FlautiAngelo Moretti •Andrea Romani •Luca Clementi

OttavinoFranco Massaglia

Oboi Rossana Calvi •Marco Gironi •Walter De Franceschi

Corno ingleseRenato Nason

Clarinetti Alessandro Fantini •Vincenzo Paci •Federico Ranzato

Clarinetto bassoRenzo Bello

Fagotti Roberto Giaccaglia •Dario Marchi •Roberto FardinMassimo Nalesso

ControfagottoFabio Grandesso

CorniKonstantin Becker •Andrea Corsini •Adelia Colombo Stefano FabrisGuido FugaLoris Antiga ◆

TrombeFabiano Cudiz •Fabiano Maniero •Mirko BelluccoGianfranco Busetto

Tromboni Giovanni Caratti •Massimo La Rosa •Federico GaratoClaudio MagnaniniMaurizio Meneguz ◆

TubeAlessandro BallarinRoberto Ronchetti ◆

TimpaniRoberto Pasqualato •

PercussioniAttilio De FantiGottardo PaganinClaudio Tomaselli ◆

ArpeBrunilde Bonelli • ◆

Antonella Ferrigato ◆

Pianoforti e tastiereCarlo Rebeschini •

ChitaraAndrea Manafra ◆

• prime parti◆ a termine* collaborazione

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CORO DEL TEATRO LA FENICE

GIOVANNI ANDREOLIdirettore del Coro

Alberto Malazzialtro maestro del Coro

SopraniNicoletta AndelieroCristina BastonLorena BelliPiera Ida BoanoEgidia BonioloLucia BragaMercedes CerratoEmanuela Conti Anna Dal FabbroMilena ErmacoraSusanna GrossiMichiko HayashiMaria Antonietta LagoEnrica LocascioLoriana MarinAntonella MeriddaAlessia Pavan Andrea Lia Rigotti Ester SalaroManuela SchenaleRossana Sonzogno

AltiValeria Arrivo Mafalda CastaldoMarta Codognola Chiara Dal Bo Elisabetta GianeseKirsten Löell LoneManuela Marchetto Misuzu OzawaGabriella PellosPaola RossiClaudia Clarich ◆Francesca Poropat ◆Orietta Posocco ◆Cecilia Tempesta ◆Laura Zecchetti ◆

TenoriFerruccio BaseiSergio BoschiniSalvatore BufalettiCosimo D’Adamo Roberto De BiasioLuca FavaronGionata MartonEnrico MasieroStefano MeggiolaroRoberto Menegazzo Ciro PassilongoMarco Rumori Salvatore ScribanoPaolo VenturaBernardino Zanetti Domenico Altobelli ◆Dario Meneghetti ◆Luigi Podda ◆Bo Schunnesson ◆

BassiGiuseppe AccollaCarlo AgostiniGiampaolo BaldinJulio Cesar BertolloRoberto BrunaAntonio CasagrandeA. Simone DovigoSalvatore GiacaloneAlessandro GiaconMassimiliano LivaNicola NalessoEmanuele PedriniMauro Rui Roberto SpanòClaudio ZancopèFranco ZanettePaolo Bergo ◆

◆ a termine

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AREA TECNICO-AMMINISTRATIVA

direttore di palcoscenico responsabile allestimenti scenici altro direttore di palcoscenicoPaolo Cucchi Massimo Checchetto ◆ Lorenzo Zanoni ◆

capo reparto elettricisti capo reparto macchinisti capo reparto attrezzistiVilmo Furian Valter Marcanzin Roberto Fiori

capo reparto sartoria responsabile falegnameriaMaria Tramarollo Adamo Padovan

responsabile ufficio segreteria artistica responsabile ufficio promozione e decentramentoVera Paulini Domenico Cardone

responsabile tecnico responsabile archivio musicale responsabile ufficio economatoMarco Buranelli ◆ Gianluca Borgonovi Adriano Franceschini

responsabile ufficio produzione responsabile ufficio ragioneria responsabile ufficio personaleLucia Cecchelin e contabilità Lucio Gaiani

Andrea Carollo

MacchinistiBruno BelliniVitaliano BonicelliRoberto CordellaAntonio CovattaDario De Bernardin Paolo De Marchi Luciano Del ZottoBruno D’EsteRoberto GalloSergio GaspariMichele GaspariniGiorgio HeinzRoberto MazzonAndrea MuzzatiPasquale PaulonRoberto RizzoStefano RosanPaolo RossoFrancesco ScarpaMassimo SenisFederico TenderiniEnzo VianelloMario VisentinFabio Volpe

ManutenzioneUmberto BarbaroGiancarlo Marton

ElettricistiFabio BarettinAlessandro BallarinAlberto BellemoAndrea BenetelloMichele BenetelloMarco CovelliCristiano FaèStefano FaggianEuro MichelazziRoberto NardoMaurizio NavaPaolo PadoanCostantino PederodaMarino PeriniTeodoro ValleGiancarlo VianelloMassimo VianelloRoberto VianelloMarco ZenGiuseppe Bottega ◆

SarteBernadette BaudhuinEmma BevilacquaAnnamaria CanutoRosalba FilieriElsa FratiLuigina MonaldiniSandra Tagliapietra

AttrezzistiSara BrescianiMarino CavaldoroDiego Del PuppoSalvatore De VeroNicola ZennaroOscar GabbanotoVittorio Garbin

ScenografiaGiorgio NordioMarcello Valonta

Addetti orchestra e coroSalvatore GuarinoAndrea RampinCristiano Beda

Servizi AusiliariStefano CallegaroWalter Comelato-Gianni MejatoGilberto PaggiaroThomas SilvestriRoberto Urdich

BiglietteriaRossana BertiNadia BuosoLorenza Pianon

ImpiegatiGianni BacciSimonetta BonatoLuisa BortoluzziElisabetta BottoniGiovanna CasarinGiuseppina CenedeseAntonella D’EsteAlfredo IazzoniStefano LanziRenata MaglioccoSantino MalandraLuisa MeneghettiFernanda MilanBarbara Montagner ◆Elisabetta NavarbiGiovanni PilonFrancesca PiviottiCristina RubiniSusanna SacchettoDaniela SeraoGianfranco SozzaAlessandra Toffolutti ◆

Francesca TondelliAnna Trabuio ◆Barbara Terruzzin ◆

◆ a termine

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La sala del Teatro La Fenice dopo il restauro del 1854.