Il solito giallo d’estate

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Un giallo moderno e molto accattivante, ricco di protagonisti insoliti e situazioni attualissime, narrate da una penna ironica che sa incuriosire e divertire. Mattia Coccia è nato a Roma ma vive a Milano. Gioca a fare l'adulto ma non trova pace. Fa passeggiate in bicicletta, sente la mancanza del frinire delle cicale, va a trovare il suo unico amico al negozio di fumetti. Mattia intrallazza. Fantastica. Non ha nulla da fare. A parte finire in mezzo ai guai. Nella provincia dove finisce che si chiamano tutti Gianqualcosa e hanno un segreto, fosse un sogno che non hanno più il coraggio di guardare, Mattia vorrebbe solo essere sicuro che venire al nord non sia stata l'ennesima cazzata della sua bislacca esistenza. E' che in fondo, Mattia ha troppi casini. C'è la storia incompleta con Martina, la ragazza con la voce un'ottava sotto il rutto....

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Mario Moschera

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A house is a home

(Ben Harper)

To those who make from a house a home

(Ryo Flywas)

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Copyright © 2015 - Tutti i diritti sono riservati per tutti i PaesiCasa Editrice AntipodesVia Toscana, 290144 [email protected]

Copertina realizzata da Mattia di Noi

ISBN: 978-88-96926-65-9

Mario Moschera, Il solito giallo d’estate, Antipodes, Palermo2015

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Capitolo1

Questa è una storia che comincia con un bastone e unpacco postale. Ed una botta in testa. Potrebbe essere un appartamento qualsiasi di un con-

dominio qualsiasi di un qualsiasi paese dell’hinterland milanese.Il punto è, succede a me.

È una mattina d’agosto, di quelle impacchettate in carta di gior-nale. Se potessi fermarmi a quel solo istante, potrei definirlo per-fetto. Sono in bilico su di una scala di metallo, e cerco di incastrareuna serie di scatoloni in un vano che, chiaramente è troppo strettoper contenerli tutti. A questo punto potrei tirare in ballo qualchedettaglio tedioso come il caldo affannoso, che ti appiccica le pan-tofole ai talloni, e che ti fa lasciare piccole impronte circolari sulpavimento non appena decidi di liberartene.

Ma il caldo questa volta non c’entra. Sono a mezzo metro daterra e oramai scarico tutto il mio peso sulla punta del piede sini-stro, quello buono per fortuna. Mentre faccio leva con la mano de-stra, con l’altra cerco di comprimere il più possibile le pareti degliscatoloni. Nella speranza che comprendano da sole il mio concettodi ordine. Proprio in quell’istante la sento arrivare dal cucinino.Con la coda dell’occhio la prima cosa che percepisco sono le in-

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fradito fuxia, fastidiosamente alla moda. Le gambe chilometrichearrivano subito dopo. Sono bianche perché non le piace prendereil sole, e se non fosse per qualche piccola puntura di zanzara, potreitestimoniare su quanto siano levigate. La camicia da notte inveceè un dettaglio di cui farei volentieri a meno. Sarà perché so che dinotte non c’è. Sarà perché così devo fare a meno del dettaglio deisuoi capelli ricci che rimbalzano sui suoi piccoli seni asimmetrici.Martina mi osserva con i suoi occhiali da sole di plastica rossa, eper un attimo smette di tormentare il suo ChupaChups. È una diquelle volte in cui rimane immobile, ostinandosi a non capire cosastia facendo.

«Bradipo, tesoro, quello spazio è troppo piccolo per tutta la tuaroba.»

In una scena perfetta lei avrebbe una voce zuccherosa, quasiquerula. Ma il momento perfetto è passato ed il suo tono di voceè appena roco. È sveglia solo da poco.

«Dormito bene, zucchina?» Continuo a spingere le scatole cercando di non prestarle atten-

zione. Convinto almeno io della mia professionalità. Ma è qui che entrano in gioco i dettagli. Il mio piede sudato per

esempio, credete che ve ne abbia parlato per caso? No, ha soloaspettato il suo momento per entrare in gioco. Quando mi accorgodi aver perso attrito, l’unica cosa che mi passa davanti è quellostrano, arzigogolato bastone delle tende.

Mi allungo di slancio giusto prima di scivolare. Con l’anca urtola scala. Tutto quello che le dita riescono ad afferrare è il bordo diuna scatola. Poi arriva lo strappo, perché in fondo è cartone. Iltonfo è come uno schiaffo, solo su tutto il corpo. Ed infine arrivala beffa. I miei ricordi pressati, compressi, spinti, mi rovinano ad-dosso, in un tripudio di risa di Martina.

Quando il pavimento ricomincia a sembrare fresco cerco di sol-

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levarmi, lei mi dà una mano anche se ha ancora gli occhi strizzatie, santiddio, singhiozza.

Guardo per terra, le mie cose schiacciate, mutilate dalla caduta,e stavolta devo mordermi la lingua per non bestemmiare.

«Bel colpo Bradipo, gli hai fatto vedere chi comanda.»È ancora divertita, ma intanto socchiude le labbra a cuore, in

quel modo curioso che ha quando deve dire qualcosa della mas-sima importanza. Lo so perché controlla il suo riflesso nella fine-stra. Martina si assicura sempre di essere a posto prima di direqualcosa d’importante.

«Lo so zucchina, non ti preoccupare…dammi un istante e si-stemo tutto…»

Ma il suo indice bianco appena un po’ storto mi spegne la voce. «Niente affatto…sai che devo studiare …ci penso io qui, tu

vatti a fare una doccia…» Già, studiare, avevo dimenticato. Studiare è la parola in codice

che usa quando deve aggiornare il suo profilo su Twitter. Natural-mente ciò include le sue amiche. La Dodi, professionista delMcJob prestata al dinamico mondo della giurisprudenza fuoricorso, che, in genere contribuisce con gossip fresco di giornata, laJenny che sarebbe anche simpatica, se la sua voce non sfidassecontinuamente la soglia degli ultrasuoni ed il Max superpettorali.Lo so Martina me l’ha spiegato un milione di volte, Max, con lasua corporatura da mitico Thor e la capigliatura da surfista austra-liano è irrecuperabilmente gay, per cui, a posto, niente da temere.Però tutte le volte che la abbraccia affettuosamente, a me le maniprudono lo stesso.

Almeno l’idea mi dà una buona ragione per una doccia fredda.Così invece di controbattere accenno timidamente al bagno. Cercodi rimanerci finché non la sento aprire la porta.

Quando esco, una nuvola di vapore acqueo mi precede. Dodi,

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che è una fumatrice accanita accenna un colpo di tosse. So che stalavorando al mio coccodrillo da mesi, ma fintanto che i posacenerecontinuano a comparirle sotto il naso assieme a bic fosforescenti,deve solo fare buon viso a cattiva sorte. Jenny mi lancia un cennodi saluto, che abbandona timidamente a metà. Max al solito haprovveduto ad apparecchiare il tavolo con manuali di diritto pri-vato, come se davvero servissero. Poi però, appena mi avvicino,lancia un’occhiataccia a Dodi e nasconde una ghignata sotto uncolpo di tosse.

«Allora, Mattia, anche questa settimana nessun colloquio ?» Martina strabuzza gli occhi. So che vuole prevenirmi, ma perde

tempo per controllarsi il riflesso nella vasca del pesce rosso. «No Dodi, te?» La precarietà raggiunta con due cause per mobbing e una per

molestie sessuali è sufficiente a far piovere nella stanza un silenzioglaciale mentre gli occhi le virano ad una miscela di sconforto elivore.

Max accenna ad aprire bocca, ma io stampo un bacio sullafronte di Martina e sono già con le spalle alla porta.

Un punto per la squadra di casa.

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Capitolo2

Milano d’estate è incapace di essere silenziosa. Certo,ci sono meno taxisti scorbutici e motorini in giro, ep-pure non capisci lo stesso da dove arrivi il rumore.

Per questo, appena distingui le cicale frinire ti meravigli. È un’epi-fania strana, di quelle che ti fanno venire voglia di fermarti adoziare sull’erba.

Prima bisognerebbe trovarla, però. Pedalo seguendo la linea metropolitana col ritmo ferruginoso

della Poderosa, la mia vecchia ed affezionata bici, che mi porto die-tro dai tempi di Roma. Quando raggiungo la stazione, ho pratica-mente consumato le ultime riserve saline. Giusto in tempo, perchéil mio amico GianZero, tutti si chiamano Gianqulcosa da questeparti, sta tirando giù la serranda del suo negozio. Segnale inequi-vocabile di una lunga imminente pausa caffè. Scendo al volo esenza neppure prendermi la briga di mettere la catena, che congesto atletico gli finisco accanto. Zero ha un paio d’anni meno dime, ma con i capelli e la statura ha avuto meno fortuna. Ha un pier-cing che gli collega narice e lobo dell’orecchio sinistro. Avete pre-sente Serse in 300? Ecco, l’effetto non è lo stesso. Ed una magliettalogora del tour ‘96 degli Iron Maiden. Quello con Blaze Bayley.

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«Ciao frate, sempre in pista?» Il suo entusiasmo è tanto contagioso da essere infettivo. Ma per

raddrizzarmi la luna oggi avrei bisogno di un’epidemia. «Niente male bello, peccato per il silenzio.» Ora, lo so io, lo sa Zero, e la sa pure Dodi, visto che è più di tre

mesi che mi tocca la saudade del disoccupato, non sto parlandodell’assenza di traffico. Zero capisce, ed ammicca una smorfia,che è compassione allo stato puro.

«Datti tregua, se è per sbarcare, non c’è problema, passa pureda me.»

Voglio bene all’uomo talpa di Cusago, ma per suo negozio,anche un tredicenne pagato in nero potrebbe rappresentare l’apo-calisse.

«Grazie tante, ma lo sai come la penso.»Alza le mani e scaccia un elefante rosa invisibile. «Lo so lo so, mai mescolare amicizia e lavoro… ma che diavolo»

– ed ecco che la smorfia torna ad essere un sorriso sgranato - «al-meno fatti offrire una spuma.»

Una spuma? Beh si grazie tante. Zero ha la chiacchiera facile. Una volta che inizia non c’è verso

di interromperlo. Nel suo piccolo negozio di fumetti, di perdi-giorno ce ne sono tutte le ore. Nessuno che non sia al corrente deifatti suoi.

«E carambola, almeno mi risparmio la fatica di tenere unblog…»

Eppure è quanto di più vicino ci sia ad un hacker io conosca. Tiserve l’ultima meraviglia targata Rockstar Games? Te la scaricalui. Hai bisogno della password per la posta elettronica della tuaragazza? Dagli quindici minuti. Vuoi scaricarti l’ultima stagione diBreaking Bad con i sottotitoli? Mezza giornata e sarà pronta su dvd.

Iintanto, l’Uomo Ragno te lo leggi gratis.

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