IL SISTEMA EDUCATIVO GIAPPONESE, I MEDIA, LA SOLITUDINE · “John Dewey: La Filosofia e...

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Rivista edita dalla Fondazione Italiana John Dewey - o.n.l.u.s. ASSOCIAZIONE STAMPA ITALIANA SCOLASTICA ONLUS UNICAL Scrivemmo qualche tempo fa, (v. “Re- dazione” di giugno 2007) del penoso pre- cedente, di circa mezzo secolo fa, in cui in- corse la sinistra, aggredendo la scuola di Stato (con la pretesa, vincente, “dell’esame di gruppo”, del “voto politico”, con i colpi, reiterati e crescentemente dannosi, al prin- cipio di autorità). “Precedente”, rispetto alla polemica, sorta mesi addietro, ed ancora attualissima, contro ogni politica di fermez- za sull’ordine pubblico. Ci fu estremamen- te agevole rilevare, e far rilevare, come per un verso i “moti” di 50 anni or sono contro la scuola di Stato, e così quelli attuali sul- Di chi la responsabilità del fallimento educativo in Italia? Di chi la colpa che in una sorta di ping pong viene rimbalzata tra le agenzie formative quali famiglia scuola stato? Si, anche stato perché troppo facile e troppo comodo addossare esclusivamente alla fami- glia o tanto peggio alla scuola tutto il peso educativo dei giovani. Lo stato o per meglio dire i governi che si susseguono su quel palcoscenico desueto che è la politica in Italia, hanno pari responsabilità di ogni politica educativa in quei due microcosmi che compongono la società tutta. Credere di non incidere su di essi col malgoverno e prese di posizione liquidatorie è irre- sponsabile ed elusivo di un’etica che ormai la politica-padrona non riesce più a fare sua. La diatriba sul concetto di famiglia e di come la vogliano Stato e Chiesa è ormai cosa sterile che non ne migliora la qualità ma che anzi la fa camminare da sola senza l’aspetto legislativo che langue su se stesso nell’insipienza e nel più completo abbandono. Le famiglie in Italia non sono aiutate, nè le tradizionali né quelle di fatto né quelle tra omosessuali. I dibattiti si susseguono ad alternanze discontinue affidati a salotti televisivi o dubbie inchieste giornalistiche. Alla scuola poi si delega tutto. In teoria gli insegnanti dovrebbero assolvere non ad una ma a cento e più funzioni. Ad essi viene affidata la lotta alla criminalità organizzata, al disagio giovanile, alla droga, alla illegalità senza dimen- ticare la formazione dell’alunno, la sua conoscenza della materia e tante infinite altre cose sane e costruttive che cozza- no inesorabilmente col cattivo esempio dei governanti i quali legiferando con provvedimenti impropri e arretrati affida- no al docente disarmato, sottopagato, delegittimato, impoverito della sua autorità , tutto il peso dell’educazione di 30 a volte 32 alunni per classe, di deficienze e inadempienze su strutture degradate nelle quali far nascere quel cittadino perfetto che una società in crisi sarà facilmente pronta a demolire. Silvana Palazzo (continua in 2ª pagina) di Ernesto d’Ippolito Destra e sinistra. “Partito NUOVO” o nuovo partito? l’ordine pubblico e la sicurezza minimale per i cittadini, non avessero nulla della tra- dizione gauche, delle rivendicazioni libertarie, del filone popola- re. Per altro verso, to- gliendo alla scuola pubbli- ca la sua auto- revolezza e capacità di equiparare ceti ed econo- mie, così, oggi, favorendo disordini ed insicurezza, sono proprio i ceti più poveri, le classi più disagiate a patir danno, e, dunque, invogliati a scelte politiche e partitiche, di segno op- posto ad ogni, pur graduale e graduabile, “sinistra”.- A maggio, rispondendo ad un cortesissi- mo invito dei Segretari cosentini dei due partiti -D.S.-D.L. -, scioltisi per confluire nel nuovo “Partito Democratico”, perché io aderissi alla nuova formazione, spiegavo (dopo i sentiti ringraziamenti, doverosi), le ragioni della mia perplessità, motivata dal- la mia incapacità di rinvenire perfetta iden- tità, tra i programmi esposti,per dar vita al nuovo partito, e la concreta presenza, nella fase costituente, e nella scelta degli uomi- ni, cui affidare il gravoso compito, tra i quali ravvisare la componente laico-liberale, pur così importante, a mio sommesso parere, tra i valori fondanti della Repubblica.- Traggo motivo di autorevole conferma, alle valutazioni e critiche, appena espresse, in un libro, appena uscito, dal titolo “il li- EDUCAZIONE E MALAPOLITICA di Walter Belmonte* IL SISTEMA EDUCATIVO GIAPPONESE, I MEDIA, LA SOLITUDINE In occasione del convegno internazionale “John Dewey: La Filosofia e l’Educazione per la Democrazia” abbiamo incontrato la studiosa Naoko Saito* della Kyoto University da cui è scaturito un colloquio in relazione al sistema educativo e formativo giapponese, alla rela- zione con i media ed alle problematiche della solitudine dei giovani giapponesi. Di seguito, riportiamo sotto forma di intervista una sinte- si della discussione. W.B.: Cosa è cambiato, nel corso del tempo, nel sistema educativo giapponese e come si relaziona in funzione di una costan- te richiesta di “educazione permanente” e dei processi di globalizzazione? N.S.:“A quanto ne so, l’educazione in ge- nerale‘è permeata dall’idea della “responsa- bilità”, della performatività, dell’adempimen- to e della chiarificazione. Sotto un altro aspet- to, l’educazione morale è guidata dall’ideo- logia del “neo-conservatorismo”. Inculcare i valori morali di classe in risposta al “decli- no” del comportamento morale dei giovani. Così in generale l’educazione giapponese non è un’eccezione rispetto alla tendenza della glo- balizzazione. W.B: L’organizzazione scolastica giap- ponese risente dell’influenza di fattori reli- giosi quali lo scintoismo, il confucianesimo, il buddismo o il taoismo? N.S.: No, in realtà. Naturalmente ci sono gruppi di studenti che conducono una ricerca basata specialmente sul confucianesimo e sul buddismo. Le associazioni accademiche giap- ponesi, comunque, sono sotto l’influenza del- la tradizione europea (esempio quella tede- sca) come minimo nella filosofia e nella filo- sofia dell’educazione. La filosofia americana è in generale considerata secondaria rispetto alla filosofia europea/continentale. W.B.: L’aspetto competitivo degli studen- ti giapponesi, secondo Lei, può favorire ele- menti di disagio sociale e di isolamento? N.S.: Penso di sì. Specialmente nelle scuole secondarie e superiori gli studenti sono spin- ti alla competizione. Questa li rende indivi- dualisti oppure intrappolati in un ristretto cir- colo di amici. Loro, tendono a diventare psi- cologicamente e spiritualmente instabili, in- capaci di trovare l’orientamento delle loro vite. Il Ministero giapponese dell’Educazione stava conducendo una riforma per concedere più “libertà” al sistema scolastico ed agli studenti ma recentemente è in atto un’ inver- (continua in 2ª pagina)

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Rivista edita dalla Fondazione Italiana John Dewey - o.n.l.u.s.ASSOCIAZIONE

STAMPA ITALIANA

SCOLASTICA

ONLUS

UNICAL

Scrivemmo qualche tempo fa, (v. “Re-dazione” di giugno 2007) del penoso pre-cedente, di circa mezzo secolo fa, in cui in-corse la sinistra, aggredendo la scuola diStato (con la pretesa, vincente, “dell’esamedi gruppo”, del “voto politico”, con i colpi,reiterati e crescentemente dannosi, al prin-cipio di autorità). “Precedente”, rispetto allapolemica, sorta mesi addietro, ed ancoraattualissima, contro ogni politica di fermez-za sull’ordine pubblico. Ci fu estremamen-te agevole rilevare, e far rilevare, come perun verso i “moti” di 50 anni or sono controla scuola di Stato, e così quelli attuali sul-

Di chi la responsabilità del fallimento educativo in Italia? Di chi la colpa che in unasorta di ping pong viene rimbalzata tra le agenzie formative quali famiglia scuola stato?

Si, anche stato perché troppo facile e troppo comodo addossare esclusivamente alla fami-glia o tanto peggio alla scuola tutto il peso educativo dei giovani.

Lo stato o per meglio dire i governi che si susseguono su quel palcoscenico desueto che èla politica in Italia, hanno pari responsabilità di ogni politica educativa in quei due microcosmiche compongono la società tutta.

Credere di non incidere su di essi col malgoverno e prese di posizione liquidatorie è irre-sponsabile ed elusivo di un’etica che ormai la politica-padrona non riesce più a fare sua.

La diatriba sul concetto di famiglia e di come la vogliano Stato e Chiesa è ormai cosasterile che non ne migliora la qualità ma che anzi la fa camminare da sola senza l’aspettolegislativo che langue su se stesso nell’insipienza e nel più completo abbandono.

Le famiglie in Italia non sono aiutate, nè le tradizionali né quelle di fatto né quelle tra omosessuali.I dibattiti si susseguono ad alternanze discontinue affidati a salotti televisivi o dubbie inchieste giornalistiche. Alla

scuola poi si delega tutto. In teoria gli insegnanti dovrebbero assolvere non ad una ma a cento e più funzioni.Ad essi viene affidata la lotta alla criminalità organizzata, al disagio giovanile, alla droga, alla illegalità senza dimen-

ticare la formazione dell’alunno, la sua conoscenza della materia e tante infinite altre cose sane e costruttive che cozza-no inesorabilmente col cattivo esempio dei governanti i quali legiferando con provvedimenti impropri e arretrati affida-no al docente disarmato, sottopagato, delegittimato, impoverito della sua autorità , tutto il peso dell’educazione di 30 avolte 32 alunni per classe, di deficienze e inadempienze su strutture degradate nelle quali far nascere quel cittadinoperfetto che una società in crisi sarà facilmente pronta a demolire.

Silvana Palazzo (continua in 2ª pagina)

di Ernesto d’Ippolito

Destra e sinistra.“Partito NUOVO” o nuovo partito?

l’ordine pubblico e la sicurezza minimaleper i cittadini, non avessero nulla della tra-dizione gauche, delle rivendicazioni

libertarie, delfilone popola-re. Per altroverso, to-gliendo allascuola pubbli-ca la sua auto-revolezza ecapacità die q u i p a r a r eceti ed econo-mie, così,

oggi, favorendo disordini ed insicurezza,sono proprio i ceti più poveri, le classi piùdisagiate a patir danno, e, dunque, invogliatia scelte politiche e partitiche, di segno op-posto ad ogni, pur graduale e graduabile,“sinistra”.-

A maggio, rispondendo ad un cortesissi-mo invito dei Segretari cosentini dei duepartiti -D.S.-D.L. -, scioltisi per confluirenel nuovo “Partito Democratico”, perché ioaderissi alla nuova formazione, spiegavo(dopo i sentiti ringraziamenti, doverosi), leragioni della mia perplessità, motivata dal-la mia incapacità di rinvenire perfetta iden-tità, tra i programmi esposti,per dar vita alnuovo partito, e la concreta presenza, nellafase costituente, e nella scelta degli uomi-ni, cui affidare il gravoso compito, tra i qualiravvisare la componente laico-liberale, purcosì importante, a mio sommesso parere, trai valori fondanti della Repubblica.-

Traggo motivo di autorevole conferma,alle valutazioni e critiche, appena espresse,in un libro, appena uscito, dal titolo “il li-

EDUCAZIONE E MALAPOLITICA

di Walter Belmonte*

IL SISTEMA EDUCATIVO GIAPPONESE,I MEDIA, LA SOLITUDINE

In occasione del convegno internazionale“John Dewey: La Filosofia e l’Educazione perla Democrazia” abbiamo incontrato la studiosaNaoko Saito* della Kyoto University da cui èscaturito un colloquio in relazione al sistemaeducativo e formativo giapponese, alla rela-zione con i media ed alle problematiche dellasolitudine dei giovani giapponesi. Di seguito,riportiamo sotto forma di intervista una sinte-si della discussione.

W.B.: Cosa è cambiato, nel corso deltempo, nel sistema educativo giapponese ecome si relaziona in funzione di una costan-te richiesta di “educazione permanente” edei processi di globalizzazione?

N.S.:“A quanto ne so, l’educazione in ge-nerale‘è permeata dall’idea della “responsa-bilità”, della performatività, dell’adempimen-to e della chiarificazione. Sotto un altro aspet-to, l’educazione morale è guidata dall’ideo-logia del “neo-conservatorismo”. Inculcare ivalori morali di classe in risposta al “decli-no” del comportamento morale dei giovani.Così in generale l’educazione giapponese nonè un’eccezione rispetto alla tendenza della glo-balizzazione.

W.B: L’organizzazione scolastica giap-ponese risente dell’influenza di fattori reli-

giosi quali lo scintoismo, il confucianesimo,il buddismo o il taoismo?

N.S.: No, in realtà. Naturalmente ci sonogruppi di studenti che conducono una ricercabasata specialmente sul confucianesimo e sulbuddismo. Le associazioni accademiche giap-ponesi, comunque, sono sotto l’influenza del-la tradizione europea (esempio quella tede-sca) come minimo nella filosofia e nella filo-sofia dell’educazione. La filosofia americanaè in generale considerata secondaria rispettoalla filosofia europea/continentale.

W.B.: L’aspetto competitivo degli studen-ti giapponesi, secondo Lei, può favorire ele-menti di disagio sociale e di isolamento?

N.S.: Penso di sì. Specialmente nelle scuolesecondarie e superiori gli studenti sono spin-ti alla competizione. Questa li rende indivi-dualisti oppure intrappolati in un ristretto cir-colo di amici. Loro, tendono a diventare psi-cologicamente e spiritualmente instabili, in-

capaci di trovare l’orientamento delle lorovite.

Il Ministero giapponese dell’Educazionestava conducendo una riforma per concederepiù “libertà” al sistema scolastico ed aglistudenti ma recentemente è in atto un’ inver-

(continua in 2ª pagina)

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IL SISTEMA EDUCATIVO GIAPPONESE, I MEDIA, LA SOLITUDINE

sione di tendenza per dare agli studenti piùtempo per lo “studio” in risposta al declinodegli standard accademici.

W.B.: Qual è la differenza tra scuolapubblica e “juku”, ossia scuola di recupe-ro? Siamo in presenza di una doppia scola-rizzazione e disparità sociale tra scuola pub-blica e privata?

N.S.: Io non sono sicura che la distinzionetra la scuola pubblica e privata corrispondealla distinzione tra scuola pubblica e “juku”.Parlando in generale, gli studenti della clas-se media o le famiglie più altolocate possonopermettersi di andare alla “juku”. Tuttavia,penso che ci sono molte buone scuole pubbli-che dove gli studenti studiano duramente comese andassero allo “juku”. La disparità socia-le tra scuola pubblica e privata non è così nettacome per esempio negli Stati Uniti, per la so-cietà giapponese è in generale una classemedia.

“Juku” è necessaria sia per gli studentidelle scuole private che per quelli della scuo-la pubblica. Le scuole private di alto livellopossono talvolta dare un’educazione sufficien-te ai loro studenti per avere successo nellacompetizione.

W.B.: Otaku e Hikikomori, secondo Lei,esiste una relazione tra consumo multime-diale (fumetti manga, film “anime”, video-giochi) giovani e solitudine?

N.S.: Sì.W.B.: Gli Otaku condividono un codice

fantastico, comune che prevede la separa-zione, come gruppo, con realtà esterne. Illoro stile di vita si basa sulla costruzione diun mondo immaginario che proviene dallafruizione costante di contenuti mediali(compresi i nuovi).

Gli Hikikomori, giovani che si isolanoall’interno di una stanza, rifiutano qualsi-asi contatto sociale o di identificazione conqualsiasi gruppo.

Dove potrebbero risiedere le cause diqueste disfunzioni sociali? Nelle relazionifamiliari? Nel sistema educativo e socialealtamente competitivo?

N.S.: Per gli Hikikomori la faccenda è piùseria, talvolta riguarda problemi mentali opsicologici. Le persone Hikikomori spesso non

(continua dalla prima)

berismo è di sinistra”. I due autori, Al-berto Alesina e Francesco Giavazzi, scri-vono per i due più autorevoli quotidianid’Italia, insegnano alla Bocconi ed an-che al Massachusetts Institute ofThecnology; e, tesaurizzando talicomposite esperienze, mostrano come laconcorrenza, le riforme, la meritocrazia,il mercato sono valori, cui proprio la si-nistra deve mostrare “attenzione”. I dueautori rafforzano la propria tesi, passan-do dall’esame delle ancora incerte e par-ziali liberalizzazioni (medicinali, non piùvendita privilegiata ed esclusiva di tra-dizionali di farmacie, e farmacisti, ma aprezzi assai inferiori, in supermercati edautogrill ) a significative critiche a poli-tiche statolatre (come il caso dell’Uni-versità di Lecce, dove assunzioni folli econseguente crisi economica hanno difatto squalificato quell’Università, ovvia-mente penalizzando i poveri ed idiseredati, impossibilitati a raggiungerenelle qualificate Università del nord i fi-gli della borghesia opulenta), al richia-mo delle esperienze degli Stati Uniti edella Danimarca, di liberalizzazione delmercato delle assunzioni, dei licenzia-menti, con contestuale intervento e sus-sidi ed incentivi a riassunzioni. Non è uncaso che le esperienze, recenti e recen-tissime di Spagna e Francia (senza di-menticare quella meno recente dell’In-ghilterra di Blair) sono illuminanti, e nonsarebbe male se ad esse guardassero i po-litici di casa nostra, svecchiando il pro-prio provincialismo e privilegiando, ri-spetto alle ideologie, le idee e gli ideali.-

Ernesto d’Ippolito

Destra e sinistra. “PartitoNUOVO” o nuovo partito?

La vita è tragedia. Lo sa l’autore ma anche il divulgatore che in una sorta di caleidoscopio rac-chiude in un evento- spettacolo il pensiero o sarebbe opportuno dire i pensieri pessoani.

Come riassumere la complessità esistenziale di questo artista in un evento che ne riesca a renderepalese l’uomo-Pessoa che vive la tragedia personale dell’essere in quella molteplicità di “io” di cui siavverte il dramma interiore?

La narrazione si dipana su più fronti esattamente come le molteplici personalità del protagonistaPessoa che inventa eteronomi rappresentativi di ognuna di esse e nei quali l’uomo disperso contem-poraneo non può non ritrovarsi in quella sorta di ricerca di se stesso e del mondo che lo circonda.

Recitazione, musica, conversazione tutto serve a tentare di capire e far capire l’improbabile, l’in-definibile, il certo, l’incerto, la verità e la finzione. Perché questo è il poeta , ogni volta se stesso in piùe diverse rappresentazioni.

Efficace la trasposizione convegnistica , nuova di per sé per l’impostazione e la struttura portante, per la narrazione di unartista di cui alla fine sembra di aver capito quasi tutto e quasi nulla.

Liberazione dal giogo dell’ascolto passivo, dove lo spettatore non subisce ma vive e immedesima se stesso non in unafinzione scenica ma in un’illustrazione di emozioni e sentimenti di ciò che è stato e di cui si sente protagonista.

Il mistero della vita è esso stesso il mistero della morte perché è inevitabile che dove c’è l’una non può non esistere l’altro.Il poeta è un fingitore perché lui sa che è uno nessuno centomila. Da Goffman a Pirandello le maschere del teatro della

vita si alternano oggi come ieri sullo scenario sempre lo stesso e sempre diverso della nostra esistenza.Il pensiero è universale ed appartiene a tutti gli uomini coscienti o meno di interpretare ogni volta un personaggio

diverso.Divisione e unità, due facce della stessa medaglia e dello stesso volto umano.

Silvana Palazzo

AL “RENDANO” I MILLE VOLTI DI PESSOA

hanno contatti neanche con le loro famiglie oi loro amici. Il fenomeno degli Hikikomori,inoltre, non è limitato solo ai ventenni o tren-tenni.

Le cause delle disfunzioni sociali sono didifficile identificazione e si differenziano perogni singola problematica. Le probabili cau-se generali sono:

- una società post-industriale nella qualele persone hanno perso ogni orientamentospirituale;

- una società post-moderna altamente in-dividualistica nella quale il nichilismo è unaminaccia immanente;

- il sistema educativo basato sulla compe-tizione aggrava questa situazione ma non sonosicura che questa sia la causa.

Sia in Otaku che in Hikikomori il proble-ma risiede nella profonda alienazione psico-logica.

In Otaku, questa, prende un’ apparenzapositiva (di aspirare ad un peculiare caratte-re o inclinazione);

In Hikikomori, prende una forma negati-va: le persone non possono trovare il modoper esprimere il proprio carattere.

Questo, io credo, è un fenomeno causatodai tempi in cui le persone non possono tro-vare nessun senso dei valori per le loro vite.

*Naoko Saito, professore associato allaKyoto University, Yoshida-Honmach, Sakyo-Ku (Giappone), si occupa di problematicheteoriche filosofiche educative collegate al pen-siero di John Dewey. Tra le sue pubblicazio-ni: The Gleam of Light, Moral Perfectionismand Education in Dewey and Emerson, For-dham University Press, 2006.

Al convegno internazionale “John Dewey.La Filosofia e l’Educazione per la Democra-zia” – ha presentato la relazione “Beyond thelimits of Deweyan pragmatism: Dewey, Ja-pan and globalization”.

*Walter Belmonte, ricercatore (contratto)in Teorie e Tecniche dei Nuovi Media, Uni-versità della Calabria, Dipartimento Scienzedell’Educazione, insegna Sociologia delleComunicazioni di Massa (mod. A) e Teorie eTecniche dei Media. Tra le sue pubblicazioniinerente alle tematiche qui trattate si veda:Nuovi Media e Solitudine tra i Giovani inGiappone, in AA.VV., Comunicazione e Signi-ficazione, QuiEdit, 2007.

(continua dalla prima) Ricostruire la democrazia:l’ipotesi di Dewey

Come èstato dimo-strato proprion e l l ’ u l t i m oconvegno, te-nutosi nel2000 a Co-senza, la for-tuna diDewey è le-gata alla par-

ticolarità della sua filosofia, della sua pe-dagogia e della teoria politica, estrema-mente adattabili alla contemporaneità. Inun precedente intervento ho sostenuto chenon si può comprendere la filosofia dewe-yana se non è organicamente legata allasua teoria dell’educazione e alla sua in-cessante ricerca sul significato culturalee politico della democrazia. Non si puòdefinire Dewey unicamente come filoso-fo o come teorico dell’educazione o comefilosofo della politica, in quanto il suopensiero si forma dall’unione di tre “ri-costruzioni”: la ricostruzione filosofica ecioè il pragmatismo, la ricostruzione edu-cativa con il concetto di educazione pro-gressiva, la teoria politica della democra-zia sviluppata in diverse fasi della sua ri-cerca, nel rapporto democrazia-educazio-ne, con il concetto di Pubblico, con la te-oria del nuovo individualismo, con il con-cetto di liberalismo e azione sociale e,infine, con il concetto di “democrazia cre-ativa”. L’ipotesi di Dewey è stata quelladi “ricostruire la democrazia”, una demo-crazia integrale, rappresentativa e parte-cipativa al tempo stesso, che fosse espres-sione della centralità degli individui, dei“problemi degli uomini”, ma fosse ancheda stimolo alla democrazia rappresentati-va che deve riadattarsi flessibilmente aibisogni dei cittadini per dare nuovo signi-ficato alla costruzione democratica. Inquesto contributo cercherò di definire,

intrecciando la ricerca filosofica con quel-la politica e educativa, i punti nodali del-la ipotesi deweyana della “ricostruzionedella democrazia” rimandando a un testoin preparazione il senso complessivo diquesta ipotesi. Dividerò il mio contribu-to in tre parti che, mio avviso, rappresen-tano i momenti fondamentali della “rico-struzione” deweyana della democrazia: ilprimo periodo si sviluppa fino alla pub-blicazione di Democracy and Educationdel 1916; il secondo periodo si sviluppadall’immediato primo dopoguerra finoalla significativa data della Great Depres-sion del 1929, che ha in the The Publicand Its Problems del 1927 il suo punto diriferimento; il terzo periodo si sviluppadagli anni “30 fino alla fine della sua atti-vità e trova in Individualism Old and Newdel 1930, in Liberalism and Social Actiondel 1935, in Freedom and Culture del1939, in Creative Democracy-The TaskBefore Us del 1940, i suoi nodi cruciali.

(continua)

di Giuseppe Spadafora

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SCIENZA O PSEUDOSCIENZA? FORTUNA, STATISTICA E MEDICINAdi Lionello Pogliani

NOTA SU UNA “LETTERA POETICA“ ESPUNTAdi Alba Coppola

V’è chi credeche i numeri del-la lotteria sceltipersonalmenteabbiano più suc-cesso di quelliscelti a caso. Trat-tasi di un caso dipseudoscienza ?Questo fatto, chesembra un’assur-

da forma d’influenzare, con desideri perso-nali, fenomeni impersonali ha in verità unabase statistico-matematica, che è stata re-centemente discussa dal matematico JohnAllen Paulos [1]. Prendiamo come esempiouna lotteria assai semplice che avvenga inun paesino di poche anime in cui solo duepersone, X e Y, fanno scommesse su unodei numeri, che vanno da 1 a 10. Ad ognifine settimana il sindaco del luogo sorteggiaun numero, che può risultare vincente. Xogni settimana sceglie uno dei dieci numeria caso, mentre Y, avendo sognato il 9, sce-glie sempre il 9. Benchè sia X che Y abbia-no le stesse probabilità di vincere, in veritàil numero 9 risulterà vincente con più fre-quenza degli altri numeri. Infatti, affinché

un numero risul-ti vincente de-vono essere ri-spettate duecondizioni: (1)che vengaestratto il finesettimana e (2)che il numerosia stato scelto oda X o da Y. Sic-come Y scegliesempre il 9 laseconda condi-zione è da luisempre rispetta-ta, ragion percui, ogni voltache il sindacoestrae il 9, vin-cerà il 9, cioè ilnumero scelto

da Y. Se, ad esempio, è estratto il numero 4,nessuno vince poiché Y non l’ha scelto ed èassai poco probabile che X lo abbia scelto,in quanto X sceglie a casaccio i suoi nume-ri. Così, anche se tutti i numeri hanno le stes-se probabilità di essere estratti, non tutti inumeri, però, hanno le stesse probabilità difinire vincenti, perché un numero per esse-re vincente, non solo deve essere estratto,ma deve essere stato scelto da qualcuno.Questo semplice trucchetto è spesso utiliz-zato da coloro che fanno sbancare laroulette, puntando (avendo i ricchi mezzi perfarlo ed un sangue freddo a prova di bom-ba) continuamente sullo stesso numero scel-to, in genere, emozionalmente.

Un tale fenomeno è alla base di nonpochi sistemi di credenze chiuse. Se un suf-ficiente numero di persone crede in questisistemi e modella la propria condotta inmodo da conformare le proprie emozioni aquesti sistemi, allora le predizioni che tali

La “Ruota dellaFortuna” di Edward Burne-

Jones (1833-1898)*

sistemi emettono prima o poi si avvereran-no, e ciò sebbene l’evento positivo su cui sipunta abbia le stesse probabilità d’avveniredi tutti gli altri eventi, che però non sonostati scelti.

Gli effetti (e solo gli effetti) di certe si-tuazioni mediche potrebbero essere consi-derate analoghe alla lotteria. Sia un gruppodi pazienti, che si ammala di una malattiache consenta 10 sbocchi, di cui solo unoporta alla guarigione mentre gli altri porta-no, lungo decorsi diversi, al decesso. Il pa-ziente Y è sicuro che la sua buona stella losalverà, mentre l’indifferenza del pazienteX gli fa considerare i dieci sbocchi della ma-lattia come equiprobabili. Affinché vi siauna storia della cura v’è bisogno di due con-

dizioni: (1) che lo sbocco salvezza simaterializzi e (2) che X o Y abbiano punta-to su tale sbocco. La seconda condizione èrispettata dal solo paziente Y. Così, anchese in realtà vi saranno, in media, tanti pa-zienti X quanti pazienti Y che moriranno,nel caso, però, che lo sbocco salvezza simaterializzi, il paziente Y, che avrà puntatosu di lui, ringrazierà la buona stella ed avràuna storia da raccontare ad amici, curiosi,parenti e posteri (e media in cerca di noti-zie). Tale buona stella potrebbe anche esse-re fiducia nella vita, com’è di recente suc-cesso alla scrittrice atea americana JuliaSweeney (oltre che attrice e regista [2]),uscita indenne da un cancro mortale. Il pa-ziente X, invece, per il quale ogni sbocco

era possibile, pur avendo incappato nellosbocco salvezza, non vedrà confermata nes-suna scelta emotiva personale, cui non hafatto mai ricorso, e dunque non avrà storieda raccontare a parenti e posteri.

[1] John Allen Paulos,Once Upon a Number. The Hidden

Mathematical Logic of Stories, 1998.[2] Per informazioni su Julia Sweeney

vedi: http://www.juliasweeney.com/welcome.asp.

* Se siete rimasti colpiti dalle lineemichelangiolesche dell’opera di Burne-Jones avete colpito nel segno, l’artista in-glese era un ammiratore sfegatato del no-stro Michelangelo.

A Venezia, nel 1587, per i tipi di GiulioVassalini, usciva la prima edizione delleLettere poetiche di Torquato Tasso, fruttodi un’operazione editoriale curata da LucaScalabrino1.

L’edizione conteneva, tra le altre, cin-quanta lettere “poetiche”, nelle quali cioèTasso professa la sua poetica a proposito delpoema eroico, e tale è il loro numero anchenell’edizione critica del 1995 per i tipi diGuanda, a cura di Carla Molinari, in cui perla prima volta le missive sono disposte inordine cronologico.

Scritte fra il 18 marzo 1575 e il 27 luglio1576, sono testimonianza della prima, ala-cre, a tratti febbrile, revisione teologica, maanche stilistica e linguistica, del poema sot-to la guida delle obiezioni e delle propostedei revisori: Scipione Gonzaga, Silvio An-toniano, Sperone Speroni, Pietro Angelio daBarga, Flaminio de’ Nobili, e a costoro lelettere sono indirizzate, ma tra i destinataricompare anche Luca Scalabrino, che il po-eta aveva incaricato presso il Gonzaga pre-sentandolo quale proprio alter ego nellaquestione2 e col quale era in comunicazio-ne continua per indirizzarne e sollecitarnel’opera di mediazione, per chiedere e darenotizie sugli sviluppi dell’affare, usando avolte l’amico come valvola di sfogo dellefrustrazioni e dell’esasperazione che gli pro-vocavano le obiezioni non di rado ottuse deirevisori.

Una lettera allo Scalabrino del 9 aprile15763, non inserita tra le poetiche della tra-dizione, benché ad esse coeva e con esse incontinuità di argomenti, in un momento difitto scambio con i revisori, mostra un tonomolto diverso da quello controllatissimo,spesso cerimonioso delle lettere poetiche,un tono in più punti eccitato d’un’eccita-zione che rivela sicurezza, compiacimentodi sé e della propria opera, insieme ad un’al-legra impudenza guascona. Essa testimoniadei diversi registri linguistici dell’epistola-rio tassiano e fa dubitare che in quell’arcodi tempo gli scrupoli religiosi del Tasso sullarevisione della Liberata fossero una finzio-ne intesa a difendere l’opera grazie allaquale contava di ottenere riconoscimenti evantaggi.

Trascrivo da T.Tasso, Le Lettere a curadi C.Guasti, F.Le Monnier, Firenze 1853-1855, vol.I , lettera n° 62, pp.157-1614.

Molto umorista signor mio osservandis-simo. Oh! mirabile considerazione è quelladel nostro Marguttino, che poema non co-minci per C, peroché da C comincia c…,c…, c…; di maniera che sentirebbe del c…,del c… e del c… Aggiungasi, che ‘l secon-do verso anco comincia per C; di manierache la c… s’… senza fine. Ma quel Capitanperché gli dispiace? Questo è pur un nomeda imperatore. Orsù, gli scriverò dieci ri-ghe, o pur una lettera intera profumatissi-ma cortigiana: e cancaro a l’umore! Io senon quanto son cristiano nel resto, in quelche non è contrario al cristianesimo vo’ es-sere epicureo affatto; e dico Pereat qui cra-stina curat. Studio le mie ore: il resto deltempo me lo spendo ridendo, cantando,cianciando, praticando, ma però con pochis-simi; peroché vi so dire che sto su la mia. Enon v’è barone né ministro del duca, pergrande che sia, che mi trovi pronto a l’osse-quio: e non c’altro l’Altissimo, accortosi delnostro sussiego, molto spesso mi previenecon le sberettate; ed io gli rispondo con tantosussiego e con tanta gravità, che par che siaallevato in Ispagna. Le genti dicono: dondefronte così allegra, e donde tanta riputazio-ne? ha costui trovato un tesoro? Due voltesono stato, da che tornai di Roma, a disnarfuora di casa; e vi so dire che m’ho fattopregare: e poi senza alcun contrasto ho ac-cettata la scranna in capo di tavola. Io m’hofatta veder da tre astrologi la mia natività; iquali, non sapendo chi io mi fossi, tutti unoore mi dipingono per un grand’uomo in let-tere, e mi promettono lunghissima vita edaltissima fortuna: e toccano così bene quel-le perfezioni o imperfezioni de le quali ioson consapevole a me stesso, così ne la com-plessione come ne’ costumi, ch’io comin-cio a tener per certo d’avere ad esser ungrand’uomo; e di già spaccio la grandezzacome s’ella fosse in atto5. Tutti sono con-corsi a dire, che da donne avrò gran benefi-cii. Ieri ebbi una lunga lettera da la duches-sa d’Urbino, ne la quale s’offeriva di spen-der in mio favore quanto avea d’autorità colfratello, ancora ch’io di ciò non l’abbia ri-

cercata. Madama Leonora oggi m’ha detto,fuor d’ogni occasione, che sin ora è statapoco commoda; ma c’ora, che per l’ereditàde la madre comincia ad aver qualche com-modità, vuol darmi alcun aiuto. Io non chie-do, né chiederò, né ricorderò, né a loro néal duca: se faranno, gradirò ogni picciol fa-vore, ed accetterò volentieri.

Or per tornare a la duchessa, ella miscrisse a’ giorni passati una lettera, ne laquale motteggiava questa mia tardanza distampare: ora me lo scrive apertamente; emostra d’adombrarsi di questa mia lentez-za. Questo mi fa venire un poco d’umore;com’anco mi salta su al naso la mostarda,ed anco con la collera l’indegnazione perl’abbaiare d’alcuni bracchetti c’ogni gior-no mi sono spinti addosso: pur sia rimessoogni cosa a chi regge; a me giova di sprez-zar questi botoli, e di sperar bene.

Ho fatta fornire la mia camera estiva dicorami e di trabacca orrevole, ho accresciutaed ornata la libreria; spese per vero dire so-verchie: ma io mi consiglio con le natività.Il conte Ferrante m’ha pregato tanto, ch’ioson costretto ad andar seco a fare le feste aModana. Diman mi parto, e vi starò almenosino a l’ottava di pasqua. Là dunque drizza-te le lettere, dandole al cont’ Ercole Tasso-ne: ma i canti drizzateli pur qui sotto il mionome, avvisando però con una lettera l’Ario-sto che vada a torli; ch’io ho data commis-sione a Battista de la posta, che gli li dia.Ma avvertite che non gli drizziate sotto ilsuo nome, perch’io non voglio condannar-lo ne le spese.

Ho ricevuto la vostra, e quella del Signo-re, con la scrittura del signor Flaminio. Dela lettera del Signore intendo la conclusio-ne, ma non le premesse, né il propter quid:de la vostra non intendo né premesse néconclusioni. In somma, avviluppate in modole costruzioni, confondete così i nomi e itempi, i casi, i generi, che non v’intende-rebbe Salomone. E la confusione è appuntoin quella parte ch’io ho voglia d’intendere.Di grazia, non vi sia grave di replicarmi tuttociò che mi scrivevate de la mia lettera, delsonetto, de lo Sperone, del Signore; perch’io

(continua in ultima)

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LE ISTITUZIONI E I BEATI POSSIDENTESdi Antonio Vanadia

De Bock, nel 1801, in “Storia del Tribunale Segreto”, scri-veva: Dove manca giustizia, o dove questa è esercitata conaccettazione di persone, in fori speciali, con asili che ne im-pediscono l’esercizio e con privilegi che lo limitano, la giu-stizia ricade nel potere delle masse, o di società extralegali,le quali la amministrano con crudeltà e mistero”.

Un dipinto del “500 attribuito al pisano Veneziano conser-vato al Museo Diocesano di Palermo, raffigura uomini vestitidi saio e incappucciati, che a un cenno di intesa traggono pu-gnali e spade dai loro sai e uccidono. Il quadro ha un titolomolto enigmatico:Ruolo dei Confrati defunti della Confra-

ternita di San Nicola e affascinerà il grande Stendhal perché è raffigurato il mistero deiBeati Paoli, una confraternita palermitana che nascondeva dietro il fervore popolare-religioso una vera e propria struttura settaria conosciu-ta anche con il nome di Setta dei Venticosi.

I Beati Paoli risalgono a un periodo storico non po-steriore al primo cinquecento e presero molto proba-bilmente il nome tristemente a devozione di San Fran-cesco di Paola etimologicamente dal dialetto siculo Be-at’i Paula, Beato di Paola siamo nel periodo tra la mortee la canonizzazione del Santo.

La loro “sacralità” un rituale liturgico esotericamen-te bizzarro composto da idee cabalistiche e gnostiche,riportava una scarsa interpretazione dell’EvangeliumAeternum di Gioachino che anteponevano sia al Vec-chio che al Nuovo Testamento, “Dio venticatore avreb-be dovuto donare all’ordine dei menticanti il governodella nuova chiesa” e disponevano di una sorta di “Tri-bunale” sotto la chiesa di Santa Maruzza dei Canceddiuna grotta tristemente nota come la Concuma.

Il luogo è così descritto dal marchese di Villabiancanei Diari Palermitani: “(…) dal primo piano dell’in-gresso di questa casa si passa per una porticina in un panetto scoperto, in cui sorge unalbero boschigno, e si cammina sovra lo strato di una volta che cuopre la grotta, che vista sotto nel centro della volta è un buco con grata di ferro, che dà adito alla luce nellasotterranea caverna.

In questa scendesi per cinque scaloni di pietra, e a un lato si apre una piccola oscurastanza con tavola di pietra, ove scrivevasi gli atti e i decreti, che si facevano da queimicidiali giudici, ed era il luogo proprio della cancelleria. Da qui si entrava nella prin-cipale grotta ch’era una ben larga camera con sedili e nicchie e scansie al muro nellequali posavano le armi”. L’intera zona descritta dal Villabianca non era che un insiemedi gallerie e cripte di una necropoli paleocristiana. Difatti Rosario De Luca urbanista estudioso della città di Palermo chiarisce che la grotta-tribunale faceva parte di un com-plesso di catacombe con varie uscite distrutte dallo scavo del fossato della città.

Dietro a ogni loro progetto criminoso si nascondeva un disegno preciso, la congiuradei baroni locali contro il potere aristocratico degli occupanti stranieri e poi “ ’u vi-ciarrè, li judici, i tumulti per il pane, l’arbitrarietà delle esecuzioni di giustizia”, sono

di Nando PaceI BEATI PAOLI: DA CONGREGA RELIGIOSA AD ARKÉ CRIMINALE

i motivi che determinano le oscure vicende della Sicilia dell’epoca.Infatti lo sgherrismonella Palermo del cinquecento era più praticato dalle persone potenti e dai baroni, chedalle persone di basso ceto che non potendo avere giustizia si affidavano alla “Confrater-nita”.

Ai Beati Paoli viene attribuita la rivolta che prenderà il nome dei Sette Angeli, un vanotentativo di togliere la Sicilia agli spagnoli e consegnarla ai francesi soffocata nel sanguedal Moncada e l’ingarbugliato “caso” della Baronessa di Carini. L’etnostoria nata perscrivere la storia dei popoli “senza scrittura” narra attraverso i cantastorie di un delittod’onore coperto dai Beati Paoli, si tratta dell’assassinio di Donna Catarina figlia del po-tente Don Cesare Lanza coniugata al pavido La Grua di Carini e amante di LodovicoVernagallo, uccisa dal padre assieme al suo amante per onore. La leggenda vuole chel’impronta della mano insanguinata di Donna Catarina sul muro del luogo dove avvennel’episodio trasudi ancora sangue. Del fatto di cronaca solo un appunto negli archivi par-

rocchiali dell’epoca:”1563. Sabbato a 4 Xbre fu ammazzata Donna Ca-tarina La Grua, Signora di Carini”. Il mistero di questo delitto sta nelfatto che verrà negato nei secoli come mai avvenuto e passerà comepura invenzione della fantasia popolare, assieme a tanti altri episodicriminosi di cui volutamente non si hanno fonti disponibili.

Il motivo era altro, Don Cesare Lanza era a capo della confraternita.Gli intellettuali siciliani non si sono mai interessati del fenomeno di

questa setta, anzi hanno inquinato la memoria popolare, deformandolacon elaborazioni letterarie di fantasia.

Si riconosce invece il lavoro di due insigni studiosi come GiuseppePitré e Salvatore Salomone Marino, riconosciuti come i padri dellademoetnopsicologia.Le loro ricerche storiche sulle tradizioni popolarisiciliane hanno fatto in modo che le “ballate”dei cantastorie che parla-no di questa setta arrivassero a noi, siamo in presenza di una tradizioneorale molto antica. La complessità del narrato è tale da rendere impro-ponibile il sospetto che si tratti di una invenzione di persona illetterata.Un dato è certo i Beati Paoli furono giustizieri e sicari. Giustizieri,quando operavano per vendicare soprusi impuniti; sicari,quando si pre-starono ad inseguire vendette personali servendosi dell’alone di miste-

ro. Tutto effetto e conseguenza della debolezza che si conosceva nel braccio della giusti-zia.

Della loro fine una testimonianza orale raccolta da Salvatore Salomone Marino e tra-scritta: “Sti Biati Pauli cci nn’eranu pi tutti li paisi di lu Regnu; ma li cchiù assa’ eranu‘n Palermu, e tinianu cuncumiu‘nta ‘na grutta sutta terra chi cc’era allatu San Cosimu;e criju ca cci sia puranchi ora, pirchì la strata la chiamanu strata di li Biati Pauli. Ast’omini cci davanu stu titulu pirchì eranu tutti omini chi facianu li divoti; lu jornu, priputiri sapiri mugghi li cosi chi succidianu, javanu vistuti comu monaci di San Franciscudi Paula e si stavano ‘nta li Chiesi a diri lu rusariu (pri finzioni): la notti poi facianucunciura di zoccu avianu vistu e avianu saputu, e urdinavanu li minnitti. Ddoppu tempula Giustizia li junciu e l’affurcau a tutti, e li Biati Pauli fineru pi ‘na votae pi sempri” …il resto un’altra cosa… … anzi …… Cosa Nostra.

Bibliografia: Luigi Natoli. I Beati Paoli, Flaccovio Editore; F. Paolo Castiglione, Il segretocinquecentesco dei Beati Paoli, Sellerio Editore; G. De Castro, Fratellanze segrete, BrennerEditore.

Che ilnostro pae-se sia politi-c a m e n t emalato, nes-suno credos’azzardi asmentirlo.Detto que-sto, le cureche propon-

gono sono per la maggior parte di naturapartitica, e i partiti chiamati a consulto alsuo capezzale si limitano a contrapporrediversi tipi di coalizione e di riforma eletto-rale, ove ritengano che ciò convenga loroper accrescere il proprio paniere di voti. Ciòdimostra come i programmi di una parte odell’altra non siano un credibile impegnopolitico ma solo parte strumentale del gio-co. Si fanno e si disfano in linea con un solo

obiettivo: la vittoria elettorale. La cosa sa-rebbe comprensibile se quel desiderio divittoria nascesse dalla voglia di dare unbuongoverno al Paese ma, così come oggistanno le cose, vi è motivo di credere che adeterminare quest’ansia di vincere sia so-prattutto l’irrefrenabile voglia di comanda-re e il desiderio di garantire ai beati possi-dentes, ai fortunati vincitori, la stabilità dipoltrona, anziché la stabilità di governo.

A discorrere con chi quei rimedi sostie-ne, ci si rende infatti conto come essi nonsiano tagliati su misura per curare il mala-to-Paese, ma piuttosto per favorire il medi-co, cioè quella parte politica, che riesce aimporre la propria cura, magari aggiungen-do ingredienti incompatibili, solo perchégraditi ad altri il cui sostegno accresce leprobabilità di vittoria.

Ma, per governare una società avanzatae complessa come quella italiana, non ba-

sta certo collocare al Governo una forzapolitica dotata di maggioranza numerica,non di rado politicamente frammentaria econflittuale, né l’auspicabile qualità deiministri: almeno altrettanto conta la congru-ità dei programmi e l’affidabilità delle isti-tuzioni che devono portarli a compimento.

La politique d’abord ha dimostrato sulcampo i suoi limiti nell’amministrare l’Ita-lia. L’amministrazione di uno Stato non puòessere in balìa di impulsi politici, taloraestemporanei e contraddittori, che non la-sciano segno perché non vengono mai tra-dotti in azione continua, competente, rigo-rosa ed efficace da parte delle istituzioni.Se anche la cura elettorale e la qualità delgoverno fossero le migliori possibili, il ma-lato-Paese continuerebbe a stare male: pri-ma di tutto bisogna curare il frammentato efrastornato corpo dello Stato, ossia le isti-tuzioni. In Italia è un argomento che non ha

lettori né audience: se ne parla assai poco,quasi che le istituzioni altro non siano chemanovalanza a disposizione della politicadei partiti.

In primis, si tratta di capire, oggi in Ita-lia, chi e che cosa le istituzioni siano chia-mate a servire e come lo vogliano fare. An-cor più che in passato, la non ingerenza do-vrebbe essere la chiave di lettura del rap-porto tra politica e istituzioni. Ciò presup-pone però che il corpo istituzionale sia con-sapevole del proprio ruolo e sia refrattarioa ogni strumentalizzazione. Si può forse direche questo sia il caso dell’Italia? Non pareproprio. In Italia, l’asservimento delle isti-tuzioni ai partiti è cresciuto soprattutto dal-la metà degli anni Settanta, con l’accordopolitico battezzato solidarietà nazionale,degenerato nell’intesa definita consociati-vismo. Quel processo è stato realizzato in

(continua in quinta)

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RibellismiDON FERDINANDO, CAMICIA ROSSA, VELLUTO NERO

Celebrare Garibaldi. Ma ricordareanche quelli del suo esercito ribelle, ga-

ribaldinidella pri-ma e se-c o n d aora, nel-l ’ a n n odel b i -centena-rio.

L’ a v -venturo-sa vicen-da de l -l ’ E r o e

dei Due Mondi, nell’incrociarne le esi-stenze, ne aveva smosso le coscienze se-

gnandone la vita col nobile fine di con-segnare alle generazioni future una pa-tria finalmente riunita. Quegli uominiprovenivano a loro volta da “mondi”diversi quanto a provenienza come ilnord dei Cacciatori delle Alpi e di gio-vani idealisti lombardi e l’estremo sudpeninsulare dei vari Damis, Plutino,Morgante, Sprovieri, Miceli, Mauro, DeNobili …

C’è un calabrese, fra i ventuno cheseguirono Garibaldi fors’anche perchés’era sparsa la falsa notizia che, partitida Quarto, l’approdo sarebbe stata laCalabria e non la Sicilia, che ne incarnain particolar modo il carattere avven-turiero e il coraggio eroico, lo sprezzodel pericolo e del denaro.

Era un uomo “di coraggio e di singo-lare calma (…) era stato prete e tutto ilsuo insieme lo rivelava”.

Ferdinando Bianchi, di Costantino,era nato il 3 marzodel 1797 a Bianchi,local i tà del la Si lacosentina allora ap-partenente all’Uni-versità di Scigliano,nella Calabria Cite-riore.

Compiuti gli stu-di seminariali a Ni-castro veniva ordi-nato sacerdote nel1821. Nel la suaBianchi r imanevafino al 1848 allor-chè, sotto il coman-do d i FrancescoStocco, decideva diseguire gl i insort ipartecipando valoro-samente alla batta-glia dell’Angitola.Ma i moti fallivanoe il Nostro, dichiara-to reo di stato, era costretto a darsi allamacchia. Trasversalmente era suo fra-tello Saverio, noto liberale, ad essere ar-restato con accuse risibili e rinchiuso incella vicino a Luigi Settembrini.

Dopo una lunga latitanza anche lafuga di don Ferdinando fra i boschi del-la Sila si concludeva nelle prigioni duo-siciliane. Catturato nel 1851 era condan-nato dalla Gran Corte Speciale di Ca-tanzaro a 25 anni di ferri per cospira-zione e banda armata, pena poi commu-tata in esilio perpetuo.

Nell’aprile del ’59 la nave che lo de-portava dal bagno penale di Nisida allavolta dell’Argentina con altri 65 dete-nuti politici fra cui Piccoli, Damis, Raf-faele Mauro, Praino e Pace, era dirotta-ta verso il Regno Unito grazie all’abilecolpo di mano ordito da Raffaele Set-tembrini, figlio di Luigi. Da Cork, in Ir-landa, Bianchi riparava in Piemontequindi a Quarto per imbarcarsi con iMille vestito da canonico solo per metàcome riferisce Giuseppe Bandi, memo-rialista dei Mille mentre “una gran fol-la di camicie rosse (…) formavano, conla loro massa vivace, il fondo del qua-dro”.

Il resto della storia è noto. Liberatala Sicilia, Bianchi era mandato da Gari-baldi in avanscoperta in Calabria a pre-parare la strada alle truppe.

Eccolo, poi, ritrovarsi ancora vesti-to di velluto nero, con il cappello scuroa larghe falde regalatogli dal “Dittato-re” , a far causa comune con Stocco acapo dei Cacciatori della Sila; ancora,

il 30 agosto del 1860, dividere gli onorie la gloria per la resa del generale bor-bonico Ghio a Soveria Mannelli con10.000 militari regii allo sbando; e alla

battaglia del Volturnocombattere così valoro-samente da suscitare inGaribaldi, nel passarglivicino, l’esclamazione“oh! Se tutti i ministri sibattessero come lei!”.Dopo l’Unità d’Italia ilprete-ribelle era nomi-nato, per meriti acquisi-ti sul campo, direttoregenerale del demanio.Ferdinando Bianchi, ilsoldato di Cristo dive-nuto cospiratore, fuggi-tivo, prigioniero politi-co, evaso, esule, gari-ba ld ino , funz ionar iode l lo s ta to i t a l iano ,avrebbe avuto tuttaviasolo pochi anni di tem-po per vedere compiuta-mente realizzata in lega-

lità nazionale, seppure con le contrad-dizioni del marchio sabaudo, quell’idearivoluzionaria per cui aveva osato tantoe combattuto senza paura.

Il patriota fu assassinato a Napoli nel1866 in circostanze che neanche la sto-ria è riuscita a chiarire.

Silvana PalazzoCentro di Ricerca e Documentazione

sul fenomeno mafioso e criminale -Unical

Riferimenti bibliografici:ACCATTATIS L., Le biografie degli

uomini illustri delle Calabrie, Cosenza,Tip. Municipale, 1869-1877.

BANDI G. , I Mille , da Genova aCapua, Firenze , Salani, 1903

CAMARDELLA P. , I Calabresi del-la spedizione dei Mille, Roma, 1919.

DE CESARE R., L’attesa e il nau-fragio. La fine di un Regno, Capone ed.& Ed. Del Grifo, Lecce, rist..

MARASCO M.F., Soveria Mannellie il suo territorio. Notizie e dati trattidagli appunti di Ivone Sirianni,San Vitoal Tagliamento, Tip. Sanvitese Ellerani,1969

PERRI F., Rogliano & Dintorni. L’ot-tocento , Rostema editore, Rogliano,1992

PIZZO M. ,‘L’album dei Mille diAlessandro Pavia, Gangemi, Reggio Ca-labria

SCIROCCO A., Giuseppe Garibaldi,RCS, Milano, 2005.

SETTEMBRINI L. , Ricordanze del-la mia vita, Milano, Rizzoli, 1964

Bianchi, un prete garibaldino fra vangelo e brigate armate

più modi: nell’abuso di discrezionalità governativa nelle nomine di vertice nello Sta-to e nel parastato; nella strumentalizzazione da parte dei partiti anche della CorteCostituzionale; nella progressiva anemizzazione di organismi con funzione di consu-lenza e controllo (quali il Consiglio Superiore della Difesa); nel ridimensionamentodel ruolo di istituti di controllo che infastidiscono l’Esecutivo (Corte dei Conti); nellapersonalizzazione dei rapporti fra membri di Governo e vertici istituzionali cui peròsi nega l’accesso alle sedi collegiali (Consiglio dei Ministri); nel prevaricante ingres-so a titolo provvisorio (Gabinetti) o permanente nella funzione pubblica di elementidi partito, nella promozione di organi sindacali o parasindacali politicamente orienta-ti e alternativi alle lealtà istituzionali; nelle corsie preferenziali di carriera per funzio-nari legati a un partito o nella sua area di influenza.

La penetrazione politica nelle istituzioni è cosa praticata in tutto il mondo. Il guaioè che in Italia trova assai meno resistenza e viene condotta con spregiudicata assenzadi trasparenza. È un po’ come l’araba Fenice: “che ci sia ognun lo dice, dove sianessun lo sa”. In questo modo si è venuto progressivamente a legittimare il massiccioe crescente ingresso dei partiti nelle istituzioni. Mentre la magistratura era stata infil-trata dalla sinistra dal dopoguerra in poi, fino agli anni Ottanta la diplomazia, le forzedell’ordine e le forze armate restavano terreno vergine per la politica. Con la sindaca-lizzazione e la smilitarizzazione delle forze di polizia, si è aperta la strada non solo aun contenzioso permanente e assai serio all’interno delle forze dell’ordine ma anchea un connubio sempre più stretto fra partiti, in specie quelli che formano l’Esecutivo,e istituzioni. La regola dell’asso pigliatutto, applicata con crescente disinvoltura dal-l’Esecutivo, al centro come alla periferia, a nome di un condivisibile desiderio diefficienza, è ormai norma di malgoverno in Italia. Vi è quindi il rischio che si stabili-sca e si consolidi un patto improprio fra Governo e istituzioni per cui il primo, secon-do un conveniente e pragmatico do ut des, soddisfi le esigenze corporative delle se-conde ottenendo in cambio una fedeltà ad personam che travalica i limiti degli obbli-ghi istituzionali. Una volta soddisfatti gli interessi corporativi delle istituzioni o an-che solo dei loro vertici ed essersele in tale modo asservite, l’Esecutivo non avrebbedifficoltà né obiettivi limiti ai propri appetiti di potere.

E, quando le istituzioni sono complici del potere politico, una democrazia si puòtrasformare progressivamente in regime, esercitando un potere arbitrario, assoluto,capillare, con l’inconsapevole consenso dei cittadini. Il desiderio di ciascuno di assi-curarsi una migliore qualità della vita e la molteplicità dei problemi personali predi-spongono inconsapevolmente i cittadini verso un dispotismo paternalista. La rasse-gnazione non è forse un vizio tipicamente italiano?

Su questa evenienza, così s’esprime Tocqueville: “Il potere estende il suo bracciosu tutta la comunità, la vincola con una rete intricata di regole, minute e uniformi,che neppure le menti più acute e i caratteri più forti possono penetrare. La volontà diciascuno non è frantumata ma ammorbidita ;non si chiede a ognuno di agire mapiuttosto gli si impedisce di agire. È un potere che non distrugge ma che mortifical’esistenza; non tirannizza ma schiaccia, snerva, istupidisce e spegne la gente, finchéla nazione non è ridotta al rango di un gregge in cui il governo è il pastore… né sipuò credere che un governo liberale, saggio ed energico, possa venire fuori per vo-lontà di un popolo asservito”.

Antonio Vanadia

(continua dalla quarta)

LE ISTITUZIONI E I BEATI POSSIDENTES

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LABORATORIO DI SCRITTURA CREATIVA

INDOVINI, COSTELLAZIONI, TELEFONINI E FARAONI

Gli specchi diuna barberia, ècosa nota, aiutanoa riflettere nonsolo una qualchereiterata immaginedel volto di chi,seduto in una bar-beria, s’affida amano esperta perla tonsura dei ca-

pelli e/o per farsi radere la barba, ma anchein una qualche maniera ne attestano l’iden-tità, quando pure a volte, in circostanze ec-cezionali, non contribuiscono addirittura aformarla.

Gabriele D’Annunzio, è lecito rite-nere, non si è mai portato in una barberia,quantunque proprio in una delle botteghesituate sotto la sua casa di corso Manthonéa Pescara ci fosse una barberia (c’erano colàanche alcune altre botteghe tra cui la far-macia di suo cognato Michele Luise cheaveva sposato Donna Elvira una delle suesorelle e una fruttivendola), poiché, ben sicomprende che era invece il barbiere Fran-cesco Cipollone, che aveva cominciato lasua attività proprio sotto la casa del Vate findal primo gennaio 1898, a recarsi, beninte-so previo appuntamento, al piano di sopra,a casa di D’Annunzio per prestargli la suaopera.

Com’era consuetudine nelle famiglieborghesi, D’Annunzio faceva trovare al suobarbiere “un complimento” ovvero un caf-fè oppure un piattino con un assaggio dipane e salame o con del formaggio e, solodopo averne fruito, Francesco Cipolloneprocedeva nel suo compito.

Lo scrittore in quegli anni di fine ‘800- inizi ‘900 già molto noto, nonché deputa-to, quando tornava a volte a Pescara dai suoiviaggi o dalle altre sue dimore s’affidava,sebbene fossero visite brevi e fugaci, al Ci-

Nostradamus (1503-1566) è ben noto a tutti(o quasi tutti) per certe sue rime diventatefamose come profezie del giorno dopo mes-se in circolazione ad ogni ‘fine ano - annonuovo’ o ad ogni morte di papa. Questa sua‘profezia’ (II, 24), ad esempio, fu ‘post-in-terpretata’ come predizione dell’ascesa ecaduta di Hitler: Bêtes farouches de faimfleuves tranner / Plus part du champ anco-re Hister sera / En caige de fer le grandsera treisner / Quand rien enfant de Ger-main observa. Tale rime potrebbero esserecosì tradotte: Bestie pazze di paura attra-versano i fiumi / Gran parte del campo saràancora di Hister (?)/ Il grande verrà portatoin una scatola di ferro / Quando il niente labimba del fratello osserva. Ora, con un po’d’ingegno, quest’oscuro testo può esseremesso a nuovo in tal modo: sostituiamo‘Hister’ con ‘Hitler’, ‘fiumi e campi’ con‘Europa’, ‘le bestie pazze di paura’ con ‘SS’,le ‘casse di ferro’ con ‘bunker’, la ‘bambi-na del fratello’ con ‘Eva Braun’, ‘quando’con ‘dove’ e ‘niente’ con ‘morte’, ed eccoviserviti: “le SS attraversano l’Europa / granparte della quale sarà in mano di Hitler /finirà racchiuso in un Bunker/ dove EvaBraun osserva la morte.” Con la dovuta fan-tasia altre interpretazioni del giorno doposono possibili. La cosa più sensata su No-stradamus è stata detta da Jean-Claude Pec-ker del Collegio di Francia. Per Pecker No-stradamus descriveva eventi del suo tempoo a lui poco anteriori ed usava, volutamen-te, un francese oscuro onde evitare guai daparte dei potenti del tempo, che nutrivanouna spiccata simpatia per roghi, gogne, fru-state, ruote dentate, graticole, …., il tuttosulla piazza pubblica, per somma gioia del-le masse. Tempo fa l’inglese BBC intervistò di-versi ‘fedeli’ dell’astrologia circa lo sposta-mento degli equinozi (la precessione degliequinozi*), cioè delle costellazioni, che nonsono fisse: “non ci credo” rispose uno “sonoscorpione, così era e così sarà per sempre”,“non vi credo un granché, sono un Leone enon posso essere altro” rispose un altro. Inverità, dovuto alla precessione degli equi-nozi, lo zodiaco s’è spostato di ben 26° daitempi in cui Tolomeo, nel 140 DC, scrissele sue carte astrologiche usate a tutt’oggi inastrologia. Dovuto a tale spostamento ilLeone d’allora non corrisponde più al Leo-ne d’oggi e così per tutti gli altri segni. Dal 1800 ad oggi parapsicologi di mezzomondo hanno tentato di trasmettere un qual-che isolato pensierino ad una persona nellastanza accanto o dietro una parete o un pan-no. La scienza, in questi ultimi anni, ha ti-rato fuori un aggeggio poco più grande d’unpollice, che ci mette istantaneamente in con-tatto audiovisivo con qualsiasi parte delmondo. Mentre oggigiorno gli parapsicolo-gi sono tutti dotati di telefonino per le coseserie, non pochi seri utilizzatori del telefo-nino vanno in visibilio alla vista d’un pa-rapsicologo, che davanti ad una platea ‘famostra’ di saper trasmettere poche parole o

pensieri di scarsa importanza ad una perso-na poco distante, e questo dopo secoli diesperimenti ‘parapsicologici’. Chi non conosce la maledizione del fara-one Tutankha-men, cheavrebbe perse-guitato gli spe-leologi che pro-fanarono la suatomba nel 1922? In verità, talem a l e d i z i o n edette luogo aduna vita media,calcolata sul-l’intero gruppoche partecipòall’impresa, diun anno al di sopra della media di quel tem-po. Alla faccia della maledizione !

ma continuo l’orientamento del suo asse dirotazione rispetto a tale sfera. La precessio-ne compie un giro ogni 25.800 anni circa,durante i quali la posizione delle stelle sul-la sfera celeste cambia. Durante questo pe-riodo il polo nord dell’asse si muove in uncerchio. Dovuto a tale movimento, poichéla direzione dell’asse terrestre cambia, cosìfa anche la posizione dei‘poli celesti. Infat-ti, tra circa 13000 anni, sarà la brillante Vega(costellazione della Lira) e non la StellaPolare (costellazione dell’Orsa Minore) adindicare il polo nord della sfera celeste,mentre nel 3000 A.C. la stella polare era ladebole Thuban (costellazione del Dragone)cinque volte più debole della Polare di oggi.Tale movimento fu scoperto dall’astrono-mo greco Ipparco nel 137 (circa) della no-stra era.

pollone e in quelle occasioni oltre ai previ-sti “complimenti” faceva trovare a France-sco anche dei foglietti su cui di volta in vol-ta aveva disegnato in che modo volesse glifosse acconciato il pizzetto, se quadrato, sea punta, se a tozzetto (come mi ha raccon-tato Tommaso Cipollone).

Noi non sappiamo in quei frangentiquali fossero gli specchi nei quali il voltodel Vate si rifletteva, anche se abbiamo in-vece avuto la ventura di vedere gli attrezziusati da Francesco Cipollone e tuttora cu-stoditi dal figlio Tommaso, ma è ben com-prensibile che D’Annunzio stesso invece fuspecchio (e che specchio!) per altri, anche adistanza di anni.

Una domenica di giugno del 1924, unbimbetto di quattroanni, a quei tempi lebarberie di domenicarestavano aperte finoalle 17, fu portato per laprima volta dal padrebarbiere nella sua bot-tega situata nel palazzoD’Annunzio: quel bim-betto era appunto suofiglio Tommaso, checon la benevolenza diMarietta Camerlengogovernante di casaD’Annunzio, condurràpoi i suoi giochi infan-tili proprio nel giardinodel Palazzo, giocandocon i suoi amichetti apallone.

Tommaso, com-piuti appena i dieci anninel 1930 e terminati che ebbe gli studi ele-mentari, entrò poi a tutti gli effetti ad aiuta-re il padre nella barberia che nel frattemposi era spostata di poco, restando però sem-pre lì vicino, a Corso Manthoné.

IL BARBIERE DI D’ANNUNZIO di Matilde Tortora

Estratti da: R.L. Park, Woodoo Science,Oxford Univ.Press, New York, 1999; R.T.Carroll, The Skeptic’s Dictionary, Wiley,

New York,2003; S.Hoggart, M.Hutchinson,Bizzarre Be-liefs, R.Cohen Boo-ks, London,1995.*La preces-sione degliequinozi è ilmovimentodell’asse dir o t a z i o n edella Terra

rispetto alla sfera ideale delle stelle fisse.Tale movimento fa cambiare in modo lento

Riflettiamo per un attimo a quali do-vettero essere i racconti di Francesco al fi-glio bambino, che fu subito adibito alla pu-lizia di spazzole e pettini, come era per gliapprendisti e quanta parte in questi raccon-ti dovettero avere le impronte lasciate dalgrande scrittore, poeta, drammaturgo, dalviaggiatore cosmopolita che da ogni dove,seppure fuggevolmente, ritornava a casa, aPescara, da Donna Luisa sua madre, dai suoifamiliari, sospinto dai suoi ineliminabiliforti legami con la sua casa, la sua città.

Ebbene posso testimoniare che Tom-maso Cipollone, splendido signore di 87anni, che ho avuto la ventura di conoscere eintervistare nella sua casa il primo settem-bre 2007, rimanda non solo negli echi del-

le sue memorie, maanche nella stessa suapersona, nei modi e intutto il suo essere ildono lontano di esser-si specchiato nelleorme di GabrieleD’Annunzio che eglifin dai suoi primi annisi trovò dinnanzi colàcon tanta abbondanzadisseminate.

Nel 1935 il figliodi D’Annunzio donMario (ancora oggi nelricordo Tommaso lochiama così, appellan-dolo col consueto spa-gnolesco don) ritornòdall’America e si sta-bilì a Pescara, il giova-ne Tommaso di lì a

qualche anno divenne il suo barbiere, comegià suo padre Francesco era stato barbieredi suo padre.

di Lionello Pogliani

(continua in ultima)

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di Giovanni Perri*

RAPPORTO SULL’ECO-COMPATIBILITÀ DELLE CITTÀ ITALIANE E CALABRESIIl rapporto elaborato dall’Osservatorio

Ambientale dell’Istat, sulle compatibilità am-bientali dei Comuni d’italia pubblicato sulSole-24 Ore, non trova nessuna delle cinqueprovince calabresi nelle prime posizioni edevidenzia come in tutto il Meridione le pro-blematiche ecologiche impongano particola-re attenzione per il miglioramento generaledella qualità della vita.

Infatti, nella classifica finale, sono le cit-tà di Trento, Venezia e Modena, ad essereposizionate ai primi tre posti, mentre biso-gna scendere aI 320 per trovare Reggio Ca-labria, al 490 per Cosenza, al 59 e 600 postoper Crotone e Vivo Valentia ed infine al 1000per Catanzaro.

Lo studio metodologico per la valutazio-ne dell’eco-compatibilità dei Comuni capo-luogo delle province italiane è stato effettua-

to sulla base di 21 indicatori riguardanti po-polazione e territorio, acqua, aria, energia,rifiuti, rumore, trasporti, raccolta differenzia-ta dei residui solidi urbani, lotta ai rumori,inquinamento acustico, congestione del traf-fico, depurazione e consumo di acqua, tassodi motorizzazione, densità del verde urbanodi qualità ed altri aspetti afferenti la qualitàdella vita. Gli indicatori che hanno pesato dipiù nella determinazione della classifica fi-nale sono nell’ordine: le politiche per il ru-more, i problemi della mobilità e del traffi-co, il numero delle auto per abitante, l’inqui-namento acustico, la raccolta differenziata deirifiuti, la qualità dell’aria e la presenza di fontid’inquinamento, la gestione ed il monitorag-gio delle aree periurbani.

In questo contesto, un discorso a parte me-ritano le aree destinate a verde e le piante

ornamentali, ville, i parchi ed i giardini perle quali problematiche tutti i Comuni d’Ita-lia debbono porre maggiore attenzione do-tandosi per chi non lo avesse ancora fatto,del piano del verde e della gestione e manu-tenzione del patrimonio vegetazionale. Ne-gli ultimi decenni tanto l’opinione pubblicache le diverse scuole di cultura urbanisticahanno manifestato sempre maggiore atten-zione per la politica del verde, anche se nonsempre all’introduzione degli standards ne-gli strumenti di programmazione urbanisti-ca seguivano meccanismi di controllo per laloro effettiva applicazione.

Tutto ciò in concomitanza di una forteespansione edilizia, fatta registrare in gene-re nelle grandi città ma in tutto il Paese. Al-l’aumento dei manufatti abitativi, non è cor-risposta, purtroppo, un’analoga e coerente

crescita per quanto riguarda gli aspetti vege-tazionali e più specificatamente una attentaed efficace politica del verde urbano e pe-riurbano.

Necessita purtroppo sottolineare il fattoche a livello di pianificazione, la politica delverde cittadino ha spesso finito per essereispirata da modelli superati, basati solo suparametri di tipo quantitativo e con proget-tazioni generiche ed approssimative. Quelloche serve sono interventi organici finalizzatiad esaltare gli aspetti qualitativi delle operea verde per una migliore qualità delle vita.

Alla luce dei fatti, diventa di assoluta evi-denza che tale impostazione non ha contri-buito a rendere più belle ed accoglienti lenostre città ed in nostri centri storici, dove ilverde di qualità non si è affermato. Per cui,oggi, si avverte la necessità di passare da unconcetto puramente quantitativo degli stan-dard pianificatori ad un concetto di qualità,con la necessità di predisporre specifici stru-menti per la progettazione del verde urbanoe periurbano, unitamente alla realizzazionedi tante piste ciclabili ed una attenta pianifi-cazione del territorio per rendere sempre piùvivibili ed accoglienti i cinque capoluoghicalabresi.

La Calabria può farcela a risalire e le po-sizioni della graduatoria e diventare veramen-te una delle regioni più ecologiche del Pae-se, ovviamente con impegni politici program-matici ed amministrativi strategici non piùdisarticolati ed improvvisati, bensì piani or-ganici in materia di lotta all’inquinamento,ai rumori ed al trafficò per un generale mi-glioramento delle qualità della vita a tutti ilivelli per attestarci nel futuro ai livelli cco-logici ed ambientali di crescita pari alle altrerealtà italiane ed europee.

Le eccellenti condizioni climatiche ed am-bientali della nostra Regione, unitamente allerisorse naturalistiche ed alle attività econo-miche e produttive, soprattutto quelle turi-stiche ed agro-alimentari legate alla storia edalle produzioni locali tipiche, opportunamen-te valorizzate possono fungere da volanodello sviluppo per imprimere concreti miglio-ramenti di standard di qualità della vita dellecinque province calabresi.

*Presidente Ordine AgronomiForestali Cosenza

Il Coordinamento Cala-brese della Coalizione “Li-beri da OGM”, ha parteci-pato, IL10 settembre 2007con una delegazione, alMeeting, tenuto al teatroCaprinica di Roma, in pre-parazione della CIA nazio-nale su organismi genetica-

mente modificati e modello agroalimenta-re. All’incontro, oltre ai rappresentanti del-la CIA e della hanno partecipato gli espo-nenti di VAS Calabria Carmine Quintiero,Giuseppe Boccia e Rosanna Labonia. L’ini-ziativa promossa da 28 associazioni delmondo agricolo, dell’artigianato, della (li-sta consumatori, dell’ambientalismo, dellacooperazione, intende rimettere i cittadinial centro di importanti sul sistema agroali-mentare italiano per rafforzare qualità e so-stenibilità degli alimenti che vi partecipe-ranno, hanno l’opportunità di scegliere sulquesito: “Vuoi che l’agroalimentare e la suagenuinità, siano il cuore dello sviluppo, fattodi persone e territori, salute e qualità, so-stentamento innovativo, fondato sulla bio-diversità, libero da OGM?”.

Le associazioni proponenti sono convintiche il nostro paese - la Calabria in partico-lare - per la morfòlogia e per la storia so-cioeconomica, può competere con gli altripaesi puntando solo sulla qualità dei pro-dotti. Perciò, le colture geneticamente mo-dificate si rivelerebbero del tutto antieco-nomiche per la nostra regione non solo perla scarsa accettazione che i consumatorimostrano ma soprattutto per l’omologazio-nare dei prodotti che si determinerebbe. Inparticolare, gli OGM nella nostra regionespazzerebbero via la qualità dei tanti pro-dotti tradizionali che costituiscono buonaparte delle risorse alimentari. Pertanto, è in-dubbia la convenienza di far leva su questopotenziale per consolidare processi produt-tivi e filiere sostenibili. Perciò, occorremettere a frutto tutte le competenze e le in-novazioni utili a conservare e valorizzarela diversità dei prodotti locali nel rispettodel territorio. L’obiettivo è ricostruire un

patto sociale forte intorno alla sicurezza ealla salubrità degli alimenti attraverso unmodello ben ancorato alla realtà a vantag-gio della collettività di oggi e di domani.La consultazione in buona sostanza chiamai cittadini a scegliere tra i grandi profitti dipoche imprese multinazionali e gli interes-si di un’intera cittadinanza.

L’iniziativa è rivolta anche alla comuni-tà scientifica, a prescindere dalle distinzio-ni culturali e disciplinari, perché ha unagrande responsabilità in questa scelta: quelladi una scienza responsabile per un cibo so-stenibile anche perché ciò è anzitutto un attodi civiltà a favore dell’emancipazione so-ciale. La questione decisiva, al di là degliOGM, è proprio il modello agroalimentaredel nostro paese come motore virtuoso, vo-lano strategico che potenzia i nostri prodot-ti di qualità — unici al mondo — legati alterritorio e alle culture. Il sistema agroali-mentare, inoltre, tutela beni essenziali comele risorse idriche, i paesaggi, dunque con-tribuisce alla qualità della vita, alla serenitàdelle persone, al turismo come all’inversio-ne dei cambiamenti climatici e, pertanto,l’insieme del suo valore aggiunto divieneincalcolabile.

Compito della Coalizione, al di là dellefirme, è quello di stimolare tutti i cittadinialla consapevolezza di padroneggiare il pro-prio presente e il proprio futuro, a partiredalla loro inalienabile sovranità alimenta-re. VAS è convinta che gli OGM non servo-no alla nostra agricoltura e non riscuotonola fiducia dei consumatori. In tal senso, laConsultazione intende raccogliere e dimo-strare il pensiero dei cittadini in questa de-licata materia. Inoltre, la Consultazione vuoiessere un momento di democrazia e di ri-flessione collettiva per tutelare il nostro set-tore alimentare, fatto di qualità e tipicità.Per difendere i consumatori, per dare cer-tezze ai produttori agricoli. A tal fine, dob-biamo coinvolgere l’intera società su que-sta questione molto seria che richiede rispo-ste precise e puntuali per respingere i tenta-tivi attraverso i quali si intendono aprire

spazi agli OGM, ultimo esempio la patataamphlora.

Davanti al problema degli OGM ponia-mo punti irrinunciabili: sicurezza alimen-tare e principio di precauzione; tutela deiconsumatori e dei produttori agricoli; sal-vaguardia e valorizzazione dell’agricolturaitaliana diversificata e saldamente legata allastoria, alla cultura, alle tradizioni delle no-stre variegate realtà rurali; qualità e difesadelle nostre sementi e delle culture produt-tive; certezze per gli agricoltori. Quindi, unforte impegno per la genuinità degli alimen-ti, per un cibo sicuro e fondato sulla biodi-versità. Gli Ogm, al contrario, rischiano diappiattire la nostra agricoltura e la sua ine-guagliabile diversificazione, la sua inimita-bile qualità legata al territorio, alle tradizionie ai sapori. Di conseguenza, ci impegnere-mo perché questa grande iniziativa nazio-nale abbia, con il ‘si’ dei cittadini, un suc-cesso significativo e possa così portare unfuturo dove vi sia un modello agroalimen-tare libero da Organismi GeneticamenteModificati, sicuro e rispettoso dell’ambientee del clima.

UN SÌ PER IL FUTURO

LIBRI

E’ in corso di stampa a firma di Silvana Palazzo il libro “Delitti Quo-

tidiani e Minima Immoralia” che volge uno sguardo su alcuni casi di

recenti omicidi relazionali annoverando anche immoralità e anghe-

rie che pur non avendo rilevanza legale né penale costellano la no-

stra vita quotidiana creando motivo di disagio e fonte di riflessione.

Osservazioni su dinamiche di sviluppo e cause psicologiche e sociali

di tante storie di ordinaria violenza e illegalità che i media, giorno

per giorno, ci propinano senza tregua.

DELITTI QUOTIDIANIe

Minima Immoralia

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RIVISTA EDITA

DALLA FONDAZIONE

ITALIANA JOHN DEWEY O.N.L.U.S.

ASSOCIAZIONE STAMPA ITALIANA SCOLASTICA ONLUS

DIRETTORE EDITORIALE

SILVANA PALAZZO

DIRETTORE RESPONSABILE

EUGENIO ORRICO

REDAZIONE:FLAVIA AMATO, MIHAY V. PUTZ, ANTONIO

VANADIA, ANNA CHIARA GRECO,JENNY SAPORITO, LIONELLO POGLIANI,

WALTER BELMONTE

LUGLIO - DICEMBRE 2007DISTRIBUZIONE GRATUITA

ANNO III NUMERO 3/4REG. STAMPA - TRIB. DI COSENZA

N. 746 DEL 17/03/2005DIR. REDAZ. VIA G. MARINI SERRA, 55

COSENZA

STAMPA TIP. CHIAPPETTA - COSENZA

IMPAG. E GRAFICA - G. FILICE - COSENZA

UNICAL

La maturità del jazz italiano siriscontra anche con la frequenzacon cui etichette estere danno ospi-talità ai nostri jazzisti.

In questo import-export jazzi-stico vediamo fuoriclasse indos-sare i colori nazionali delle piùprestigiose scuderie discografiche.

Va il pensiero al recente suc-cesso di Bollani in versione ECMed alla bella figura che sta facen-do il suo collega pianista NicoMorelli in Francia con il c.d. Un(folk) ettable con Cristal Record/Harmonia Mundi. Eppoi le per-fomances transalpine di Fresu,Boltro, Di Battista che fanno ilpaio con le mission statunitensi didelegazioni di Umbria Jazz, am-basciatrici del belpaese creativo.

Jazz italiano in trasferta , giu-stamente si dirà, trattandosi dimusica senza frontiere per defini-zione. Un’esperienza fra le più in-teressanti che ci consegna il 2007è quella dell’Italian Instabile Or-chestra al London Jazz Festivalcon London Hymn. Si è nell’areadella musica creativa, a denomi-nazione di origine UE. L’etichet-ta è la Leo Records. Ma ogni me-daglia che ha anche il suo rove-scio Perchè continua, secondo ra-dicata tradizione, l’ospitalità del-le nostre labels nei confronti deijazzisti extracomunitari in trasfer-ta, magari solo discografica, neicataloghi italiani, a partire daI.R.D.

Qualche esempio. Il compactche il trombettista italoamerica-no Fabio Morgera ha consegnatoai tipi della Wide, dopo esperien-za con la Red, un esempio di pos-sibili intrecci fra jazz e rap ,funkyness e (melting) pop . Parte-

DISCHIIMPORT EXPORT MUSICALI

credo che quando dite … vogliatedir Sonetto, e quando dite Signorevogliate dir Sperone. Al Signore,mi scrivete, è piaciuto stupenda-mente il vostro sonetto, e disse ec.;e poi soggiungete: E lo Sperondice. Anco per intender quellach’ebbi l’ordinario passato biso-gnò ch’io mi spogliassi in cami-cia. Lo Sperone non credo che ri-marrà sodisfatto de la mia lettera;pur io non voglio ingannarlo. Voidifendetemi, se n’avrò bisogno.Raccomandatemi a l’Ingegniero: èbello ingegno, ma non ha sodez-za. E baciovi le mani. Di Ferrara,il lunedì de l’antesettimana santade l’anno che successe a quello delgiubileo.

Di grazia, venite a Ferrara; nonvi fate più pregare. Messer Camil-lo e messer Ottavio se ne muoiondi voglia: ma veniteci senza umormarcantonio, e veniteci con animodi lasciarvi la flemma. Di grazia,dite al Signore del giudicio che loSperone fa de l’episodio di Sofro-nia; e cancaro ai pedanti!

Di Vostra Signoriafratello in umoreL’Umore raddolcito.Ho letta la scrittura di messer

Flaminio; bella certo ed a me cara,come son tutte le cose sue sopraquelle di ogni altro; ma ci vo’ met-tere, quasi. Pur dice che gli amorisi possono scusare per la qualitàde i tempi: lo voglio difender con-tro tutto il mondo, ché l’amore èmateria altrettanto eroica quanto laguerra; e ‘l difenderò con ragione,con autorità d’Aristotele, con luo-ghi di Platone che parlano chiarochiaro chiaro, chiarissimamentechiaro. Dite questa conclusione alsignor Scipione, e sottraete quelche ne senta lo Sperone. Orsù, ri-cordo che lo Sperone fu de la miaopinione contra il Pigna: e canca-ro ai pedanti!

Per lo smascheramento dellastrategia tassiana volta a conqui-starsi l’approvazione e magaril’appoggio di personaggi influentisulla Curia romana, per il tono de-risorio, per il linguaggio aggressi-vo, irriverente, goliardico, ma an-che per l’intrusione in essa di di-scorsi più privati, come quelli sul-la protezione dalle sorelle del ducad’Este, o sulle innovazioni dispen-diose della sua camera da letto osul suo comportamento altero, oancora sulle consultazioni di astro-logi, la lettera dovette essere ne-cessariamente espunta dal corpusdel quale, per gli altri versi nonsecondari che si sono indicati,avrebbe potuto far parte e che oggi,senza forzare la volontà dell’auto-re, credo, possiamo a buon titoloannoverare, e sia pure con

un’ascrizione solo ideale, fra lealtre cinquanta della tradizione.

Alba Coppola(Footnotes)1 Discorsi del signor Torquato Tas-

so. Dell ’arte poetica; et in particola-re del poema eroico. Et insieme il pri-mo libro delle lettere scritte a diuersisuoi amici, le quali oltra la famiglia-rita, sono ripiene di molti concetti, &auertimenti poetici a dichiaratione d’alcuni luoghi della sua Gierusalemmeliberata. Gli uni, e l ’altre scritte neltempo, ch ’egli compose detto suo po-ema. Non piu stampati.

In Venetia: ad instanza di GiulioVassalini libraro a Ferrara, 1587.

2 Nella lettera con la quale il poetaintroduce lo Scalabrino presso Scipio-ne Gonzaga, egli, di solito poco incli-ne a raccomandare altri, chiede espli-citamente al cardinale una protezionespecialissima per l ’amico. Cfr. T. Tas-so, Le Lettere, a c. di C.Guasti, F. LeMonnier, Firenze 1853 -1855, vol. I,lettera n° 20, del 18 marzo 1575,pp.55-57.

3 T.Tasso, Le Lettere, a c. diC.Guasti, F. Le Monnier, Firenze 1853-1855, vol.I , lettera n °62, pp 157-161.La data della lettera si ricava dall ’in-dicazione: “Di Ferrara, il lunedì del’antesettimana santa de l’anno chesuccesse a quello del giubileo.

” Il giubileo cui il poeta si riferivaera quello dell ’anno 1575, regnanteGregorio XIII , e la Pasqua dell’annosuccessivo, 1576, cadde il 22 aprile,perciò il lunedì della settimana prece-dente era appunto il 9 aprile, come ave-va gi à ricostruito il Guasti (cfr. op.cit.,loc.cit., p.160, nota 3).

4 Rispetto alla trascrizione del Gua-sti sono intervenuta su una parola, pe-raltro accogliendo un ’ipotesi dellostesso Guasti, e in un caso sulla pun-teggiatura.

5Accolgo la proposta di correzio-ne dello stesso Guasti: da alto ad atto.Cfr. op.cit., loc.cit., p.158 nota 3.

NOTA SU UNA “LETTERA POETICA“ ESPUNTA

(continua dalla terza)Tommaso mi dice che, avendoereditato don Mario dal padre iltitolo di Principe di Montenevoso,egli fu istruito da persone di casaD’Annunzio a non dimenticaremai questo titolo e a rispettare tut-to un cerimoniale, quando pure peranni egli si recò in qualità di bar-biere presso il principe.

Tommaso, che da quei lontanisuoi dieci anni ha praticato per ben71 anni questa che può ben defi-nirsi, soprattutto per lui, un’arte delconiugare dimestichezza e dome-sticità col riserbo e un indubbioinvestimento di cure e relazioninon del tutto superficiali, ha chiu-so la sua bottega il 20 dicembre2001, insignito in quello stessoanno dal Presidente della Repub-blica Carlo Azeglio Ciampi del ti-tolo di Cavaliere del lavoro.

Questo Cavaliere più che ottua-genario si esprime in un perfettoitaliano, pur non disdegnando al-

cune espressioni nel suo dialetto e,ad una mia domanda in proposito,indugia a ritenere che anche il Po-eta non dovette sicuramente sde-gnare di esprimersi in dialetto dabuon pescarese qual era, soprattut-to in casa e anche parlando con suopadre Francesco, così come face-va sempre con la Marietta, allaquale pure da lontano indirizzavalettere tutte scritte in dialetto.

Egli conserva una memoria vi-vida, stupefacente, non solo ricor-da con esattezza date e episodi del-la sua lunga vita, ma anche in ungesto di grande cortesia mi recitaquesti versi di D’Annunzio (cosìcome li ricorda e da lui assembla-ti) in un tutt’uno rendendo omag-gio alla sua tanto amata Pescara(tanto amata da lui e dal Poeta) eanche in omaggio a me che ho vo-luto conoscerlo e intervistarlo: “ilmare sembra trasecolare / s’argen-ta, s’oscura, scroscia, / canta, rom-pe, ride, /accorda, discorda, tutto

accoglie / in dissonanze acute enelle sue volute”.

Guardo nel frattempo gli occhidi questo signore che per tutta lavita a Pescara hanno chiamato, aragione, il “baroncino” per la suainnata eleganza, per i suoi modi direlazionarsi coi clienti, penso algrande specchio che è il mare diquesti versi, al grande profondospecchio che è la Poesia, penso cheTommaso si è specchiato e rifles-so in specchi inusitati, immensi, ditale bellezza da lasciare col fiatosospeso e, soprattutto penso cheTommaso Cipollone ha saputo daquegli specchi trarre materia perun’identità forte, sapiente, che tut-tora incanta e mi ha catturata, comepure anni addietro catturò l’atten-zione di Ennio Flaiano che, ognivolta che era a Pescara, amava in-trattenersi a chiacchierare con lui,tanto che gli volle presentare il suoamico Federico Fellini, che pureEgli molte cose da Tommaso sifece raccontare.

IL BARBIERE DI D’ANNUNZIO

cipano personaggi come NorahJones, Dyonisus, Di Battista conin scalettapersino bra-ni comeAlleria diPino Danie-le. Titoloquasi eduar-

MUSICA D’ALTA QUOTA DI LÖSCH & C.Dalle piramidi alle Alpi, via Americhe. Il jazz sempre più spesso compie

il percorso inverso a quello di manzoniana memoria. Per ritrovarsi, dallerotte afroamericane, a scuotere con blue notes e ritmi swing il silenzio mae-stoso delle Alpi.

Il jazz orchestrale e il tradizionale spirito bandistico trovano innesto inConcerto Jazz per banda. Jazzkonzert fur Mu-sikkapelle racchiuso nel compact Sweet Alps a curadel bolzanino Michael Lösch.

Otto brani otto compongono la scaletta ben assor-tita della produzione, tutti firmati dallo stesso Lösch, in veste di compositore nonchè organista come neldisco d’esordio Song For Her con la Unit Eleven

Jazz Orchestra . Ancora una volta il suo hammond fa da traino ritmico-armo-nico ad una formazione di diciotto elementi, in gran parte fiati, che sa crearegradevoli echi fra le valli di jazz bandleaderismo e mainstream in salsa mit-teleuropea.

L’ascolto è vario, si passa da brani come Fank funkeggiante alla Gil Evansal giocoso Funfahrenheit a marcette ilari quali AnoGeat Nou fino a walzer sinuosi e ondeggianti allaCarla Bley come Holladrio. L’esecuzione, effettua-ta allo Stadtteather di Merano nel novembre 2005,pare rimandare a climax musicali da Oktober (Jazz)fest. Ma la solarità di una Polkaloo rinvia più adatmosfere da calda SummerNachtFest. Riecco an-cora Losch su Fender Rhodes su altro c.d. dalla copertina “alpina” a etichet-ta Splas(h). Si tratta di El Porcino Organic. Smile , leggera e divertitaincisione effettuata con la sudtirolese Helga Plankensteiner, baritonista evocalist, su un repertorio in parte proprio in parte di classici. Smile, di Chaplin, anzitutto, come da assunto, ma anche Alabama Song di Kurt Weill in unareinterpretazione in cui la cantante sfodera buona abilità innovativa con quellagiusta dose di irriverenza tale da non irritare i brechtiani ortodossi e i fonda-mentalisti weilliani. Calzanti le prestazioni rese dagli altri musicisti del gruppo,il batterista Paolo Mappa, Mauro Ottolini a tuba e trombone, Carlo Cantinial violino e alla kalimba a confezionare un prodotto fatto per tutti i gusti.

A.F.

diano: The Voice Within.Ancora da segnalare della Jazz

Engine di Bisceglie, Mirror delchitarrista Miles Okazaki, LowElectrical Worker (Kneebody) eRubberduck del gruppo del trom-bettista belga Carlo Nardozza , fi-glio di emigranti italiani trapian-tati in quel paese (Auand).

(continua dalla sesta)