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GIUSEPPE GAGGERO IL SANTO PASTORELLO (Beato Don Bosco) Prologo e 2 atti “LO SCOLARO,, GENOVA - Vico S. Matteo, 12 1929

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GIUSEPPE GAGGERO

IL SANTO

PASTORELLO (Beato Don Bosco)

Prologo e 2 atti

“LO SCOLARO,,

GENOVA - Vico S. Matteo, 12

1929

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PROLOGO

SOGNO VISIONE

Aperta campagna. Il pastorello dei Becchi dorme, adagiato sopra il terreno un po'

rilevato.

SCENA I.

GIOVANNINO E SCHIERA D'ANGELI.

Si ode lontano un coro angelico, che va facendosi sempre più distinto, man mano che

gli Angeli si avvicinano. Ad un tratto appaiono, ed avanzandosi lentamente, fanno corona al

pastorello che dorme.

Coro Angelico:

1. Dormi, fanciullo, e sogna

Celesti cose arcane,

Dormi, chè a te bisogna,

La vita tua svelar.

2. Vedi qual folla enorme

Davanti agli occhi appar;

Insegna tu qual orme.

Debba con te seguir.

Giovannino verso la fine della prima strofa si scuote, alza lo sguardo, ed attonito vede

dinnanzi a sé uno stuolo grandissimo di fanciulli che ridono, schiamazzano, rissano ed

offendono il Signore.

SCENA II.

GIOVANNINO E MONELLI.

Coro di monelli:

Viva la giovinezza!

Viva il gaio umor!

1. Quando in ciel spunta la luna

E riposa il mondo intier,

Noi usciamo alla fortuna

E cantiam con voluttà.

2. Solo allor la vita è bella,

Quando è dedita al piacer;

Finché in ciel brilla una stella

Su da bravi folleggiam!

Giovannino santamente sdegnato, dopo aver udito profanare il nome di Dio, dà di piglio ad

un bastone e si avventa contro quella ciurmaglia. Breve zuffa, in cui il pastorello ha la

peggio. Un uomo venerando, dall'aspetto maestoso, ricoperto di un bianco, manto, con la

faccia maestosa e splendente, s'interpone e mette in fuga i monelli.

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SCENA IV.

UOMO VENERANDO E GIOVANNINO.

Uomo Venerando:

Sorgi, fanciullo,

e il piede agile avanza

Della virtù sul ripido sentiero;

Armato di fortezza e di costanza Lotta pel vero.

Siccome il sol

sarai fulgente un giorno

Per la fiamma d'amor che porrò in te

Or dunque sorgi e guardati d'intorno:

Confida in me.

Giovannino:

Non so quel che si attende

Da ignaro giovanetto,

Vedi: son poveretto,

Privo d'ogni istruzion.

Uomo Venerando:

Vedi la folta, interminata schiera,

D' 'innocenti fanciulli abbandonati,

Tu li raduna sotto la bandiera

Dei riscattati

Quest'è la messe biondeggiante e bella

Della cui brama, ognor arde il mio cuore,

Tu d' alte cose a lor mite favella

E del mio amor.

Giovannino:

Questa mission tremenda,

Ogni mia forza avanza,

Sorpassa mia possanza,

Mio debol intelletto.

Uomo Venerando:

Tu di preghiera e studi ti alimenti

Finché il gran giorno albeggi all'orizzonte

Che della mia bontà, dei miei portenti Schiuda la fonte.

Giovannino:

Svelate il vostro nome,

Ditemi perché e come

Parlate voi a me.

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Uomo Venerando:

Io sono il Figlio di Colei che gli Angeli,

Veneran proni nell'eternità,

Di cui la luna e il sol e i cieli narrano

L'alta beltà.

Custodisci nel cuor le mie parole

Che son spirito e vita, ed in quest' ora

Mira la tua gloria, l'Ausiliatrice

Madre d'amore.

(Si dilegua la visione dell'Uomo Venerando)

SCENA IV.

LA VERGINE - ANGELI - GIOVANNINO.

Appare la Vergine circondata da una schiera di Angeli. Giovannino, appena vede la Madon-

na, si prostra e prega. (Preghiera di Giovannino):

1. O Madre Pia,

Dolce Maria,

Deh! Tu m'aita

Nell'aspra via.

2. Dà Tu -possanza,

Fede e costanza.

Dolce Maria, O Madre pia.

3. Deh! Tu mi copri

Con l'ampio manto

Non mi lasciar

In questo pianto.

(Si dilegua la visione della Madonna).

Appaiono in lontananza le belve. Gli Angeli accennandole cantano:

Coro Angelico:

Belve fameliche

Il suol disserra

Trema la terra

Di rio terror.

Ecco il leone

Dal fulvo crine.

Belve feline

D' ogni color,

Atri serpenti,

Lupi ululanti,

Orsi anelanti

Pien di furor.

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Giovannino:

Vergine, aita!

Le belve fremono.

Deh! impietosita,

Salvami, o Maria.

Si allontana fuggendo; ma i nunzi celesti lo trattengono e gli spiegano il significato della

visione.

Nunzi celesti:

Dice la gran Regina

Robusto, umile, forte,

Contro l'avversa sorte

Sii nella tua vita.

Queste tremende fiere

Cambia in agnelle vere.

Giovannino ripete la preghiera ed al canto degli Angeli si riaddormenta.

Coro Angelico:

Dormi, fanciullo, e sogna

Celesti cose arcane,

Dormi che a te bisogna

La vita tua svelar.

Serba nel cor memoria

Di tal celeste avviso.

Dormi: davanti al viso

La messe tua vedrai!

Son questi in terra i campi di vittoria,

E nell'eccelso cielo è la tua gloria.

Vengono proiettate le glorie di D. Bosco (persone ed opere od almeno il monumento del

Cellini). Un coro poderoso interno canta l’inno trionfale del Pagella:

Cantiam di D. Bosco, fratelli, le glorie.

FINE DEL SOGNO VISIONE.

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I. ATTO

1. - GIOVANNINO BOSCO - Giovinetto sui quindici anni. Di naturale accendibile ed

insieme poco pieghevole e duro. Di carattere serio, tenace nei propositi. Statura media,

agile, snello, col capo adorno di fitti capelli ricciuti, di color biondo scuro, viso ovale e

paffutello, fronte spaziosa e serena, occhi neri e penetranti. (Vita del Beato D. Bosco

scritta dal Lemoyne, Vol. I, pag. 33. - Società Editrice Internazionale - Torino).

2. - GIUSEPPE BOSCO - Fratello di Giovanni. Giovane sui diciasette anni. Contadino di

indole dolce e tranquilla, tutta bontà, pazienza ed oculatezza. (Id., pag. 33).

3. - ANTONIO BOSCO - Giovane sui vent'anni. Contadino di modi rozzi, di poca o

nessuna delicatezza d'animo, millantatore, manesco, il vero ritratto del «me ne

infischio». (Id., pag. 33).

4. - COMPARE MENICO - Contadino sulla cinquantina, di modi semplici e bonari. Ha un

debole, quello di bere un po' troppo: naso rosso, rosso. In fondo ottimo uomo, di cuore

eccellente.

5. - LUIGI MOGLIA - Contadino sulla quarantina, di grande bontà d'animo, di squisito

sentire, di carattere un po' veemente.

6. - MICHELE OCCHIENA - Contadino sui quarantacinque anni, di sentimenti generosi,

dal1'occhio vivo e penetrante, dal giudizio sereno e sicuro. 7. - NINO

8. - RINO

9. - PINO

10. - CARLETTO

11. - TONINO

12. - DINO

ALTRI BAMBINI.

Tutti ragazzi della borgata dei Becchi, compagni ed amici di Giovannino.

L'azione avviene presso la cascina Bosco nella frazione detta dei Becchi, in Castelnuovo

d'Asti.

ATTO I.

In fondo: casa Bosco. A sinistra: un ampio ingresso chiuso da rozzo cancello di legno,

attraverso il quale si vede la campagna. Una scala esterna conduce al piano superiore, una

porta dà accesso alla cantina ed alle stanze del pian terreno. Dinnanzi si estende l’aia dove

trovansi strumenti di campagna, badili, vanghe, ecc. A sinistra una pagliaio, che appare in

parte; a destra alberi.

SCENA I.

ANT. (seduto su di uno sgabello, sta sbrigando qualche lavoruccio casalingo. Al fratello, in-

tento pure al lavoro, con fare borioso e sprezzante nello stesso tempo): E' inutile che tu

e mamma insistiate; Giovannino deve lavorare come facciamo noi e non perdere il

tempo studiando. Non vedi quanta campagna abbiamo da coltivare? Le mie braccia e le

tue non bastano al bisogno.

GIUS. (calmo e sereno): E' vero. Non sarebbe così, se fosse vivo nostro padre Francesco; tut-

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tavia c'è la mamma che ci aiuta, lavorando come un uomo da mattina a sera ed anche

Giovannino...

ANT. (interrompendo bruscamente): Taci! Non parlarmi di Giovannino. E' un poltrone, un

cialtrone, un fuggi-fatica. Eh! gli piace poco la zappa! ed è furbo sai… Qui dinnanzi a

noi è tutta buona volontà, ma lontano, fa il suo comodaccio ed i lavori della campagna

vanno come vanno.

GIUS. Mi pare, Antonio, che non sia così. Non è vero che Giovannino poltrisca e sia finto,

no: egli fa tutto quello che può e, data la sua età, le sue forze, starei per dire che lavora

molto più...

ANT. (subito): Di te, certamente (Con tono misterioso): Sappi che ieri ho sorpreso il poltron-

cino nientemeno che in ginocchio!

GIUS. Oh, la novità! E che male c'era se pregava? Faceva quello che forse...

ANT. (sorridendo): Ho capito. Faceva quello che non faccio io! Oh! non me la prendo, sai!

(con ostentazione): Io prego quando è tempo di pregare, ma quando c'è da lavorare, oh

allora lavoro. Questa è la migliore preghiera.

GIUS. Ah! il tuo lavoro sarebbe una. preghiera? Ma lo dici sul serio?

ANT. (stizzito): Insomma, finiamola; tu non la pensi come me, perché hai la testa dura che

non vuoi capire la ragione (con voce dolce) ed un cuoricino tenero, tenero per

Giovannino. Io no; io gli voglio bene come a te, perché siamo tutti fratelli.

GIUS. (interrompendo, alzandosi): Fratelli d'Egitto! Tu non vuoi bene a Giovannino, tu lo

perseguiti, lo minacci, lo castighi e persino, lo percuoti: (con. forza) ma sappi che vi è

un Dio che protegge gli innocenti e castiga i cattivi (pausa. Antonio non rimane affatto

colpito dalle parole del fratello, il quale ad un tratto si commuove pensando ad una

scenaccia avvenuta recentemente, di cui la madre rimase addoloratissima. Al fratello,

cercando di penetrarne le vie del cuore, con fare dolce ed insinuante): Sappi che ieri,

la nostra cara mamma, ha pianto per causa tua, vedendo lividure sul corpo di

Giovannino, fatte da te... senza cuore! Sei tu che hai tolto la pace in famiglia. Ricorda

come le cose andavano meglio nel tempo passato: il Signore ci benediceva ed aiutava.

ANT. (risentito): Ma il Signore vuole che lavoriamo, il Signore non vuole che stiamo con le

mani in mano come fa Giovannino, (imitandone la voce) il signorino, lo studentello, il

dottorino, che sa di latinorum. C'è forse bisogno di latinorum in casa?

GIUS. (rattristato): Le tue parole mi rattristano fortemente, tu fai il prepotente, perché sei il

più grande e capo di famiglia; ma ricordati che non fai bene a diportarti così, ricordati

che fai una brutta parte... (interrompendo; Pausa. Controscena del fratellastro): No,

no, non è possibile! Non posso, non debbo dirla....

ANT. (sprezzante): Dilla pure, tanto raglio d'asino non giunge in cielo,... e tanto meno alle

mie orecchie!

GIUS. (fortemente risentito): Ebbene, parlerò, giacché tu mi provochi (con risolutezza, al-

zando il tono di voce): Sappi che tu fai la brutta parte del diavolo, ma bada che vi è un

Dio lassù. Bada veh! (si allontana verso la campagna, a destra).

SCENA II.

ANTONIO E COMPAR MENICO.

ANT. (rimane lì per lì impressionato, ma subito, fisso nelle sue idee, dà una scrollatina di

spalle, poi si alza in piedi e va fra sé brontolando): Dio! sempre Dio in bocca!

Quando quel grullo non sa come difendersi ricorre a qualche minaccia e crede di avere

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ragione lui. Ma Dio non protegge i poltroni come Giovannino. (Con voce da falsetto):

Giovannino, il santino, il dottorino! Eh! non toccatelo! Guai a chi parla male di lui!

(Voce, naturale) Anche la mamma è tutto cuore tenero per lui e gli vuole un bene dell'

anima, più che a me. Eh! si capisce il perché... perché ha avuto la fortuna di nascere

dopo... E poi dice che è così buono, ubbidiente, fervoroso! Un accidente! Le sue sono

tutte imposture per non piegare la schiena a lavorare la terra. Piacerebbe anche a me

pregare per ore intere, invece di zappare! Ma è tempo di finirla! O il signorino la

smette di masticare latino od io, come capo di casa lo mando fuori dai piedi, perché

impari a guadagnarsi il pane col sudore della sua fronte (avviandosi verso l'uscita): Ci

vogliono lavoratori e non dottori.

MEN. - (entrando ode le ultime parole e, non capendo la ragione di quella strana uscita, ne

chiede la spiegazione. Piano, tra sé) Dottori! (forte, ad Antonio) Buon giorno, Antonio.

Che cosa vai brontolando questa mattina? Mi pare di avere sentito zappatori, dottori.

Dimmi che cosa c’entra la zappa coi dottori? Sta a vedere che i dottori prendono la

zappa! Eh! no, mio caro! Da che mondo è mondo la zappa non è fatta per i dottori e sai

perché? Perché pesa troppo e fa venire i calli alle mani, e quindi ai dottori piace di più

la penna.

ANT. - Che volete, compar Menico, non so neppure io quello che dico, sono in bestia.

MEN. - (togliendosi la pipa di bocca, con solennità, scandendo le parole) Mi diceva la

buon’anima di nonno Geppe, (e quello la sapeva lunga!) che quando si è in bestia ci

vuole un rimedio, unico al mondo, di effetto sicuro che fa scomparire tutti i cattivi

umori.

ANT. - Sempre lo stesso, compar Menico, ho già capito dove volete andare a finire

(accennando la cantina) In cantina!

MEN. - (subito) Bravo! precisamente in cantina! Dà retta a me, che anch'io la so lunga: si

scende in cantina, si beve da buoni amici due o tre bicchierotti di barbera, si fa una

buona, pipatina e sta certo che si guarisce da qualunque malattia, (sorridendo) Non è

vero, forse?

ANT. - (fra sé) Questo lo sento per la centesima volta. Compar Menico vuol dire cantina e

vino. (Forte) Sì, sì, ci andremo in cantina e vi farò assaggiare del vino così generoso da

far risuscitare un morto. Prima però sentite. Sedete. (gli porge uno sgabello. Compare

Menico si siede e così pure Antonio). Vi debbo parlare di una cosa molto importante,

in confidenza, proprio così da amici per sentire da voi un parere (situazione comica.

Compare Menico desideroso di bere affetta grande attenzione, non prendendo in

realtà molta parte a quello che dice Antonio il quale espone con grande calore le sue

ragioni). Dovete sapere che quello scapestratello di Giovannino, per sfuggire la fatica,

si è messo in testa di studiare.

MEN. - Ho capito... Il furbo non vuol pigliare la zappa: bravo! Gli do la mia approvazione:

zappare costa fatica ed è meglio studiare. Oh se avessi studiato anch'io, chissà che cosa

sarei a quest'ora! Me lo diceva spesso la buon'anima di prete Sassellini: «Menico,

studia, che hai una buona testa!». Ma io minchione non gli ho dato retta.

ANT. - Scusate, Menico, voi non avete capito proprio nulla colla vostra buona testa.

Giovannino, date le condizioni di famiglia, non può, non deve studiare. Abbiamo tanta

campagna da coltivare, abbiamo bisogno di mano d'opera, perché dopo la morte di

nostro padre ci troviamo in cattive acque.

MEN. - (divagando) Sant'anima quella di tuo padre Francesco. Eravamo amici fin da

piccolini e ci siamo sempre voluto bene. Ci piaceva divertirci, giocare insieme, fare

delle pipatine ed anche bere qualche bicchierino, non per ubriacarci, ma così per stare

allegri e cacciare i diavoli di testa. (Commosso) Non posso pensare a lui, senza che mi

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vengano le lacrime agli occhi.

Ma fortunato che ora sta meglio di noi ed ha lasciato su questa terra dei figli che gli

rassomigliano in tutto e per tutto.

ANT - (gioviale) Volete dire anche nel mescere qualche bicchierino di vino agli amici, nev-

vero? Sì, sì, compar Menico, scenderemo in cantina. Prima però datemi un vostro

parere. Non ho ragione io di proibire a mio fratello Giovannino di studiare?

MEN. - E perché vuol studiare?

ANT. - Dice che vuol farsi prete.

MEN. - Ma bravo! bene! Oh è una bella cosa farsi prete! I preti Se la passano bene e se ci riu-

scisse, starebbe meglio di me e dite. Però ci vogliono due cose: testa fina e molti

denari.

ANT. - Proprio quello che non ha. Non ha la testa fina perché è mio fratello: io ho la testa

dura e lui più dura della mia, non ha soldi perché in casa nostra c'è miseria. Dunque...

MEN. - Dunque hai proprio ragione. Giovannino non deve studiare e tu devi impedirglielo a

tutti i costi. Fa’ così: Chiama il signorino e digli, secco, secco: « Tu non devi studiare »

e lui risponderà « Ma io qui, ma io là... » Tu allora prendi un bastone e,

mostrandoglielo: « Zitto! altrimenti! » Così lo minacci, lo spaventi un po' e lui perderà

la fissazione. Se poi continua, gli dai, senza fargli male, qualche legnata e tutto sarà

finito.

ANT. - Magari, ma...

MEN. - Ci vuoi la sferza con i caparbi, perché le parole non bastano. E poi ti aiuterò io.....

ANT. - Sì, sì, ho capito, mi aiutere a bere.

MEN. - (sorridendo) Sicuro anche a bere.

ANT. - Andiamo, compare Menico, andiamo (scendono; allegramente chiacchierando, in

cantIina. Pausa. Scena vuota).

SCENA IV.

BAMBINI, ANTONIO E MENICO.

NINO - (entrando guardingo, per paura di Antonio, chiama sottovoce) Giovannino! (dopo

aver guardato bene attorno) Non c'è nessuno!

PINO ED ALTRI - (Come Nino) Giovannino! siamo venuti!

PINO - (a Nino) Come mai non c’è Giovannino?

NINO - Eppure sua mamma Margherita, che io ho incontrato poco fa, mi ha detto che

Giovannino deve trovarsi in casa.

PINO (bimbo molto piccolo) L'ho vista anch'io mamma Margherita e mi ha detto: « Pino,

dove vai? » e io le ho risposto: « Vado da Giovannino » e lei mi ha detto bravo e mi ha

fatto una carezza.

CARLO - Oh allora non sarà molto lontano. Chiàamiamolo forte.

TUTTI - Chiamiamolo forte. (Gridando) Giovannino, Giovannino! (Tutti gridano, chi affac-

ciato alla porta di casa, chi in altra direzione? Antonio disturbato, dà di piglio ad una

scopa e pian piano sale dalla cantina, poi si lancia contro i ragazzi e dà colpi dì qua e

di là di santa ragione).

ANT. - Ve lo do io Giovannino! Ecco Giovannino! (Ne colpisce uno posteriormente. Tutti in

un batter d'occhio se la svignano, lasciando solo Antonio e compar Menico che è

comparso sul limitare della porta di casa tenendo un bicchiere colmo di vino).

MEN. - Ma che diavolo c'è in questa casa, che non si può bere neppure un bicchierino in

santa pace! (tracanna).

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ANT. - Questo è ancor niènte, compar Menico, tutto l'anno è un inferno, un pandemonio di

ragazzi. Figuratevi che tutti i mascalzoni della borgata corrono dietro a Giovannino. Ma

ormai sono stufo, lasciate che venga il signorino e gliele canterò chiare e se non basterà

gliele sonerò sode come mi avete detto.

MEN. - Sicuro, se non bastano le parole (finisce di bere il bicchiere).

ANT. - E adesso scendiamo di nuovo in cantina.

MEN. - (Pensando al vino) Proprio buono il vino, migliore di quello dell'anno scorso.

(Scendono. Pausa per qualche tempo. I ragazzi ritornano guardinghi e, assicuratisi che

non c'è Antonio nell’aia, per fargli dispetto si mettono a schiamazzare. Antonio sale di

nuovo pian piano, apre la porta, si lancia contro i ragazzi ed acciuffatone uno lo

picchia ben bene, fino a farlo piangere, e lo licenzia con un calcio. Poi grida ai ragazzi

che si sono allontanati).

ANT. - Ne ho già conciato uno per il dì delle feste. Non vi venga la voglia di ritornare,

guardate che io sono qui pronto ad aspettarvi, e non la passereste tanto liscia

(ritirandosi brontolando). Maledetti ragazzi, farebbero perdere la pazienza anche ai

santi! Adesso scendo in cantina, altrimenti Menico mi tracanna una botte di vino.

Fortuna che dice di sapersi regolare! (scende in cantina).

SCENA V.

(GIUSEPPE BOSCO E LUIGI MOGLIA.

GIUS. - Entrate pure, Luigi, sedete (gli porge Uno sgabello). LUIGI - Grazie. (ambedue si siedono).

GIUS. - Vi diceva adunque che non c'è più un momento di pace in questa casa per causa di

mio fratello Antonio.

LUIGI - Rassicurati, Giuseppe, gli dirò io una buona parola e sono sicuro che mi ascolterà.

GIUS. - Non credo: poco fa ho cercato tutti i modi di persuaderlo, gli ho fatto capire che

faceva male a trattare così un fratello, gli ho ricordato che la nostra buona mamma

soffre, tace e piange, ma tutto fu inutile. Egli ha deciso che Giovannino non deve

studiare e non c’è verso di fargli cambiare idea. Figuratevi che lo ha perfino minacciato

di allontanarlo da casa. (Con dolore) Capite, allontanare da casa il proprio fratello!

LUIGI - Chi agisce in questo modo, non è un fratello, è uno snaturato. Non è possibile che

Antonio giunga a tale eccesso.

GIUS. – Eppure ci giungerà, perché conosco bene quanto è cocciuto.

LUIGI - Non temere, Giuseppe, anche se quel disgraziato giungesse a commettere tale spro-

posito, la mia casa è sempre aperta per raccogliere Giovannino.

GIUS. - (con trasporto) Grazie, grazie di cuore! Il Signore vi ricompensi. E' per il

Signore che Giovannino soffre, è perseguitato, ed il Signore lo aiuterà. Io ho ferma

fiducia che potrà superare tutte le difficoltà e diventare sacerdote.

LUIGI - Ed io ne ho la certezza. Un giorno Giovannino potrà diventare prete ed allora

quanto bene farà in mezzo ai ragazzi, se fin d'ora è un piccolo apostolo! Tutti i ragazzi

della borgata lo cercano, vogliono divertirsi con lui, sentire le sue esortazioni, le sue

prediche. Io non comprendo questo fatto: quei brigantelli scapestrati, che sono la

disperazione dei genitori, in compagnia di Giovannino diventano mansueti come

agnellini, tutti buoni, tutti docili e ubbidienti. Qualcosa di straordinario ci deve essere

in tuo fratello per avere fin da piccolo tanto ascendente sui suoi compagni. Io credo che

diventerà qualche cosa di grande!

GIUS. - E' quello che tutti dicono, ma bisogna che studi, e se Antonio non vuole...

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LUIGI - (scattando) Oh, Antonio lo vorrà. Passeranno queste prove e Giovannino lo

vedremo prete, sì, prete.

SCENA V.

DETTI, ANTONIO E MENICO.

ANT. - (Entrando, avendo sentito le ultime parole) Zappe ci, vogliono e non preti!

MEN. - (Un po' brillo) No, Antonio, ci vogliono preti e non zappe.

LUIGI - Bravo, compar Menico, ne avete detto una giusta.

GIUS. - Nel vino c’è la verità!

ANT. - Che avete detto, compar Menico? Il vino vi ha dato alla testa; volete prete Giovan-

nino?

MEN. - (Imbrogliandosi) Sì, no, volevo dire, non comprendevo bene.

ANT. - Comprendo bene io. Siete malato, fate la vostra pipatina e guarirete.

MEN. - Come vuoi. Si sta così bene quando si è bevuto! (estrae la pipa, l’accende ed un

po' barcollando esce, dopo aver salutato tutti).

LUIGI - Siete sempre di buon umore, Menico!

GIUS. - Così il fumo della pipa caccerà il fumo del vino.

SCENA VI.

DETTI, meno COMPAR MENICO.

LUIGI - Btion giorno, Antonio.

ANTONIO - (rozzamente) Buon giorno.

LUIGI - Di passaggio dai Becchi non ho voluto tralasciare di farti una visita.

ANT. - Avete fatto bene.

LUIGI - Stavo discorrendo con tuo fratello di quell'angioletto di Giovannino.

ANT. - (con ironia) Già del signorino, del dottorino!

LUIGI - E si diceva che bisognerebbe assecondarlo nelle sue idee.

ANT. - Già, assecondare il dottorino! Ho già parlato di ciò con Giuseppe a cui ho manife-

stato chiaramente quello che penso. E' inutile sprecare del nuovo fiato, perché non si

concluderebbe nulla.

LUIGI - Via! ragioniamo, sii accondiscendente!

ANT. (seccato) E' inutile, la mia idea è sempre la stessa: Giovannino non può e non deve

studiare. A rivederci, debbo sbrigare qualche lavoruccio (si allontana, piantandoli in

asso. Pausa).

SCENA VII.

GIUSEPPE E LUIGI MOGLIA.

GIUS. - (rompendo il silenzio) Ve lo dicevo io che Antonio non si sarebbe persuaso.

LUIGI - (risentito) Non l'avrei immaginato; io però voglio prendere questo fratellastro a tu

per tu e dirgliene qualcuna di quelle che si dicono solo a quattr'occhi Se non basterà

sono capace di metter su tutta la borgata contro di lui. Ed allora o per amore o per forza

dovrà cedere.

GIUS. - Il Signore vi aiuti. Lui solo può commuovere il cuore di Antonio.

LUIGI - Vado a cercarlo, non dev'essere lontano. A rivederci Giuseppe,. (Esce dal fondo).

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GIUS. - A rivederci. (Partito Luigi Moglia, rimane alquanto pensieroso, poi con infantile

semplicità) Sì, solo il Signore può fare il miracolo. Noi dobbiamo aver molta fede nella

sua Provvidenza. Mamma lo dice sempre: Figliuoli, confidate nel Signore, Egli, che

veste i gigli del campo ed ha cura degli uccelli dell'aria, non si occuperà di noi?

(Prende una fascina di legna ed entra in casa).

SCENA VIII.

BAMBINI, GIOVANNINO e poi COMPAR MENICO.

(Si odono voci argentine gridare: Viva Giovannino! Ad un tratto entrano dei bambini

schiamazzando che gettano tutto per aria e portano come in trionfo Giovannino).

GIOV. - Bene, bravi, siete stati puntuali!

PINO - Eravamo venuti tempo fa, ma tu non c’eri.

CARL. - E lo so io che ho preso le busse (Si palpa la parte percossa).

GIOV. - Da chi le hai prese?

CARL. - Da quel cattivaccio di Antonio.

NINO - Uh! Com’è cattivo!

PINO - Qualcuno stia attento alla porta, perché se arriva ce le dà sode.

DINO - Non temete, sto io di guardia: se lo vedo comparire do un segno. (Si mette di

guardia).

CARL. - Com'è cattivo quell'Antonio!

GIOV. - Bisogna sempre aver pazienza e compatire i più grandi di noi. Ditemi un poco:

siete stati buoni a scuola?

TUTTI – Sì, sì.

GIOV. - E tu, Lino, hai fatta arrabbiare la nonna?

NINO - No.

GIOV. - (accarezzandolo) Bravo! (a Tonino) E tu, Tonino, hai mantenuta la promessa fat-

tami ieri di accompagnare altri tuoi compagni?

TON. - Ne ho condotti due (presentandoli) Eccoli!

GIOV. - (accarezzandoli) Oh, i birichini, non vi siete fatti ancora vedere. Avevate paura?

Venite sempre e vedrete tante belle cose.

TUTTI - Bravo, bravo, vogliamo i giochi!

GIOV. - E faremo i giochi (grido di contentezza. Giovannino inforca un paio di vecchi

occhiali e ritto sopra uno sgabello, con grande sussiego, tono da ciarlatano, dice):

Sappiate che io ho molte specialità nell'arte della magia. Ne volete una? Io mangio gli

scudi e con la bacchetta magica li piglio sulla punta dei vostri rispettabili nasi.

TUTTI - Bum! (ridono e commentano).

GIOV. - Voi ridete? Voi non credete? Ebbene, vieni qua, Pierino. Su, avanzati, non aver

paura! Dimmi, dove hai messo i soldi che ti ha dato stamattina la mamma?

PIER. - Qui nel taschino.

GIOV. - Fammeli vedere.

PIER. - (Cerca, fruga, rifruga nel taschino e nelle altre tasche ma non trova nulla

(Piagnucolando) Me li hanno presi, non ci sono più!

GIOV. - (con enfasi) Ebbene, con un colpo della mia bacchetta magica io ve li farò

comparire belli e lucenti. Attenzione! Uno.... due... due e mezzo... tre! Eccoli là.

Pierino, valli a prendere. (Pierino eseguisce e contento li esamina) Sono proprio quelli

che ti ha dato la mamma?

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PIER. - Proprio quelli, li conosco da un segno, e poi c'è il re dal colto lungo. (meraviglia,

commenti, approvazioni).

GIOV. - (come sopra) Sappiate che io ho pure altre specialità. Datemi un uovo ed io ne

farò tre, datemi del vino ed io lo farò diventare acqua, datemi un pollo morto ed io lo

farò diventare vivo e cantare meglio di prima. Volete il gioco della corda?

TUTTI - Sì, sì, la corda; la corda!

GIOV. Carletto, va a prenderla; è in casa al solito posto.

CARL. - Vado subito! (eseguisce e torna subito colla corda).

TUTTI - Andiamo! al gioco della corda!

GIOV. - (disceso dallo sgabello) Un momento, ragazzi,, un momento. Adesso canteremo

una bella lode alla Madonna e poi vi farò una bella predica.

ALCUNI - Uff! sempre la predica!

GIOV. - Ah! è così? Ebbene, intendiamoci: quelli che non vogliono sentirmi se ne vadano

via; ma si ricordino che quando farò i giochi io non li voglio vedere.

TUTTI - Bene! Bravo! Evviva Giovannino!

GIOV. - (imponendosi ai compagni, forte) Evviva la Madonna!

TUTTI - Evviva la Madonna!

GIOV. - (c. s.) Giù i cappelli! Salutate la Madonna! (con espressione) Ecco la nostra

Madre! (intona la lode)

La squilla di sera

chiamava i fedel

all' ave preghiera

che penetra il ciel.

Ave, ave Maria.

(che sarà eseguita in modo dolce e pianissimo. Durante il canto Menico; che già da

tempo era entrato e aveva seguito l'azione, commosso fino alle lacrime porta il

fazzoletto agli occhi ed esclama)

MEN. - Proprio un angioletto quel Giovannino! e io consigliavo di bastonarlo! Sono

proprio un bestione, un bestione due volte! Per poco non gli do un bacio. (con

trasporto) Prendi! (gli manda un bacio colla mano).

GIOV. - (finito il canto) Ed ora sentite quello che ha detto il Vicario nella predica. (I

ragazzi si pongono a sedere incrociando i piedi e si dispongono in semicerchio intorno

a Giovannino che rimane in piedi). Un giorno nostro Signore era molto stanco e

riposava all'ombra di un albero. Dei fanciulli, avendolo veduto gli corsero incontro per

ricevere la sua santa benedizione. Naturalmente facevano un po' di schiamazzo. S.

Pietro allora cominciò a rimproverarli ed a mandarli via. Ma il Signore che vuole tanto

bene ai fanciulli, disse: Oh, lasciate che i bambini vengano a me e non vogliate

impedirglielo) Così S. Pietro rimase mortificato e quei ragazzi poterono ricevere le

carezze di Gesù. Anche noi se vogliamo avere le carezze di Gesù dobbiamo volergli

bene. Non é vero?

TUTTI - (con trasporto) Sì, sì!

GIOV. - E non dobbiamo fare il peccato che lo disgusta.

TUTTI - No, no.

GIOV. - Pino, perché non dobbiamo fare il peccato?

PINO - Perché ci rende nemici del Signore.

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GIOV. - Molto bene! Adesso che siete stati buoni e che avete ascoltata la predica andremo

a divertirci.

TUTTI - Sì, sì, alla fune! (I ragazzi facendo un pandemonio dell'altro mondo, escono.

Scena a soggetto da parte di compar Menico che naturalmente viene urtato e

canzonato da qualcheduno).

SCENA IX.

GIUSEPPE E COMPAR MENICO.

GIUS. - (uscendo di casa, udendo quel fracasso esclama) Ma che diavolo c’è in

questa casa? (osserva nella strada) Ah, sono i birichini di Giovannino. (Li segue collo sguardo mentre si allontanano, poi voltatosi vede compar Menico) Oh, compar Menico, quale buon vento vi porta di nuovo qui? Avete fatto la pipatina?

MEN. - Stavo facendo appunto la mia pipatina, quando sentii uno schiamazzo. Vado a vedere e scorgo tuo fratello Giovannino in mezzo ad una turba di monelli. Curioso di assistere al diavolio che avrebbero fatto, li seguo, ma con meraviglia assisto ad una scena che mi ha fatto piangere di commozione. Ah, tu hai un fratello che è un angioletto! Dico che è un angioletto e dico tutto. Sei proprio fortunato, Giuseppe, te lo assicuro io: Giovannino diventerà un uomo dei quali ce ne sono pochi nel mondo. Lascia fare a me; quando lo vedo quel bestione di Antonio, glielo voglio dire « Cessa di perseguitare quell'angioletto! Sì, glielo voglio dire e lui mi ascolterà ». (Si odono delle urla di protesta contro Antonio, il quale, sopraggiunto nel campo dove Giovannino faceva i giochi, li ha bruscamente interrotti).

Urla - Abbasso Antonio,! Abbasso il prepotente! MEN. - (meravigliato) Delle urla! GIUS. - Si tratta di una delle solite proteste contro Antonio. Sicuro sarà avvenuta

qualche scenaccia.

SCENA X.

DETTI, GIOVANNINO.

GIOV. - (giunge di corsa e si getta piangendo tra le braccia di Giuseppe) Ah, Giuseppe!

Aiutami tu!

GIUS. - Che cos'hai, Giovannino?

GIOV. - (singhiozzando, con semplicità) Stavo facendo i giochi con i ragazzi, quando è

venuto Antonio che mi ha preso per un braccio e mi ha detto: «Via! poltrone, a casa

faremo i conti!» Poi con un bastone cominciò a rincorrere i ragazzi. Mio caro

Giuseppe, perché Antonio è così arrabbiato contro di me? Che cosa gli ho fatto io di

male?

SCENA XI.

DETTI, ANTONIO, LUIGI MOGLIA, BAMBINI.

ANT. (entra tenendo un grosso bastone in mano, si avvicina a Giovannino. Menico,

vedendo la mala parata, se la squaglia). Poltrone, canaglia, fuggi-fatica! (prendendolo

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violentemente per un braccio e scuotendolo). Te l'ho detto le tante volte: lascia la

compagnia dei monelli, non fare il ciarlatano. Imbecille, non vedi che tutti ridono alle

tue spalle? Sono stanco di te, molto stanco! Parliamoci chiaro: finisci questa

commedia! D'ora in avanti sai il tuo dovere: lasciare i monelli, lavorare la campagna e

non parlare più di latinorum. (sollevando il bastone, minaccioso) Hai capito?

GIOV. - (con pacatezza e dolcezza) Mio caro Antonio, ascoltamì. Se io desidero studiare non

lo faccio per mio capriccio; è il Signore che lo vuole.

ANT. - E' la tua testa che lo vuole; ti dico che sei pazzo e coi pazzi ci vuole il bastone.

GIOV. - (c. s.) Ebbene percuotimi pure, ma io vorrò sempre studiare per diventare prete.

(soavemente) L'ho vista in sogno la Bella Signora, risplendente come una stella ed un

Uomo venerando che mi mostrò una moltitudine infinita di ragazzi e mi comandò:

«Qui dovrai lavorare, fare del bene ». Io confuso e spaventato dissi che ero un povero

fanciullo e per di più ignorante, e quegli di nuovo mi comandò: « Obbedisci e studia ».

O mio caro fratello, io debbo obbedire al Signore, lascia che io segua la mia vocazione.

ANT. - (sarcastico)'Ah! Ah! il solito sogno! va là che diventerai un capo di briganti, perché

sono da briganti le facce di quei monelli che ti corrono dietro. Meno ciancie; i tuoi sono

sogni ed a me piace la realtà. Se vuoi studiare, fallo pure, ma lontano da questa casa.

Casa Bosco non è fatta per i poltroni e capricciosi come te (accennando la porta) Vedi

la porta!

GIOV. - (scoppiando in pianto) - Dunque tu mi cacci di casa!

ANT. - Sì, ti caccio. Vattene!

GIUS. - Prepotente!

GIOV. – (gettandosi fra le braccia di Giuseppe) Cacciato di casa! Ma che male ho fatto io da

meritare tale castigo?

GIUS. - Coraggio!

(Durante le dire ultime battute fanno capolino i ragazzi venuti per fare rappresaglia

contro Antonio che ha impedito i giochi. Urla di protesta: «Abbasso Antonio!»

Antonio, che sta per rientrare in casa, ritorna sui suoi passi e furibondo si avventa

contro i ragazzi che in un batter d'occhio se la danno a gambe emettendo urla).

LUIGI - (entra in questo punto e rivolto ad Antonio) Che pandemonio è questo?

ANT. - Si tratta dei soliti mascalzoni che sono venuti a fare un po' di baccano, ma continue-

ranno per poco, perché il testardo farà i fagotti.

LUIGI - Che intendi dire?

GIUS. - Giovannino è cacciato di casa da quel fratellastro.

ANT. - Attento come parli!

LUIGI - Antonio, pensa a quello che fai.

ANT. - (seccamente) Ci ho già pensato.

LUIGI - Via, sii buono!

ANT. - Sono stato troppo buono, ora basta. Il signorino parta!

(A questo punto entra compar Menico il quale, udite queste parole, toltasi la pipa (di

bocca, esclama: « Bestione, bestione, bestione, tre volte bestione!). LUIGI - Senti, Antonio.

GIUS. - Fratello, ti prego a nome della mamma.

LUIG – Senti, Antonio...

ANT. - No! no! no! (entra in casa).

MEN. - (tenendogli dietro) Gli dirò io una parolina!

GIUS. - Duro come il macigno e testardo come un mulo. In Cielo però vi è Uno che veglia su

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di noi. (Accostandosi al petto Giovannino) Fatti coraggio, Giovannino, passerà questa

prova, il buon Dio non ci abbandonerà.

LUIGI - Il Signore non ti abbandona, no. Vieni, Giovannino (lo trae dolcemente a sé). In me

avrai un secondo padre, la mia casa da questo momento è tua.

Giov. - Ma perché debbo lasciare la mamma? (con strazio, con tutta l'anima, scoppiando in

pianto) Ah, mamma! mamma!

(Si affacciano i ragazzi schiamazzando e non conoscendo ciò che è avvenuto, grida-

dano: «Evviva Giovannino! Vogliamo i giochi! » Ma improvvisamente, si rendono

conto della triste scena, e rimangono muti, attoniti. Compar Menico esce disgustato di

casa dove ha cercato di persuadere inutilmente Antonio. Scena a soggetto senza però

caricare le tinte per non provocare risa inopportune che guasterebbero la scena.

LENTO IL SIPARIO.

Ebbene, parlerp', giacchè tu mi provochi (con risolutezza, alzando il tono di voce): Sappi' che tu fai la brutta. parte del diavolo, ma bad4 che vi èun Dio lassù. Bada veli! (si allontana verso

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ATTO II.

Apparato scenico come nel 1° Atto.

SCENA I. ANTONIO solo.

ANT. (seduto, eseguendo qualche lavoruccio casalingo, con fare indifferente) E' male

allontanare un fratello da casa! ma io non ci ho colpa. Se quel testone dava retta a me,

le cose sarebbero andate diversamente. Invece: (ripetendo le parole di Giovannino ed

imitandone la voce) « Voglio studiare, voglio farmi prete, battetemi pure, ma io

voglio studiare!» E Giuseppe e la mamma a dargli ragione; ad incoraggiarlo! Ma

quale fu il loro guadagno? Il ragazzo fuori di casa a guadagnarsi il pane. (pausa) La

mamma soffre e mi supplica con le lacrime agli occhi perché lo richiami, ma io, duro,

non cedo. Lo so che è male far piangere la propria madre ma... ragioniamo un poco: la

colpa di chi è? E' tutta sua, perché se fosse ragionevole la penserebbe come me;

Giovannino sarebbe in casa e tutti vivremmo in santa pace.. E poi chi non sa che le

donne hanno la lacrime in sacoccia? Ora piangono e poco dopo sono più contente di

prima per poi lacrimare di nuovo. (Pausa. Passando bruscamente ad un altro

pensiero). Quel giorno che Giovannino dovette sloggiare, pareva venisse il

finimondo! Il vicario, mio zio Michele, mio fratello Giuseppe, e perfino compar

Menico, tutti erano congiurati contro di me per difendere il signorino, ma.. hanno tro-

vato pane pei loro denti. « In casa mia, gridai, comando io e basta! ». Coloro che capi-

rono la ragione in quattro e quattr'otto si squagliarono, i ragazzi invece si fermarono a

protestare, ma con due legnate ben assestate li ho fatti volare come il vento (Si alza).

Ed ora finalmente in questa casa si respira! Non ci sono più ragazzi, non più baccano

e neppure ciarlatani come Giovannino. Son sicuro che il signorino, stando in casa

d'altri, imparerà ad essere meno cocciuto e non avrà più certi grilli per la testa.

Quando poi sarà stanco, potrà ritornare. Io, non gli voglio male, cerco anzi il suo

bene, certo, certissimo che un giorno mi ringrazierà e maledirà quella gente che vuol

far di lui... che cosa? (sghignazzando) Ah! ah! ah! uno spostato. (Con forza) Pazzi,

pazzi, tutti pazzi! (Siedesi nuovamente e continua, canterellando il suo lavoro).

SCENA II.

ANTONIO E GIUSEPPE.

(Giuseppe entra dall'ingresso in fondo. E' molto triste, né saluta il fratello. Questo lo

vede ed impressionato del suo contegno, gli rivolge per primo la parola).

ANT. - Qualche cattiva notizia, Giuseppe? Hai una cera così brutta!

GIUS. - Ho saputo che Giovannino si trova molto a disagio in casa Moglia.

ANT. - Non ne comprendo la ragione. Il lavoro di servitorello di campagna, per nulla è

gravoso, inoltre il signorino ha libera quAlche ora del giorno.

GIUS. - Che importa, se non può studiare!

ANT. - (stizzito) E dagli col maledetto studiare! (con enfasi, spiccando bene le sillabe) Non

l'hai ancora capita che Giovannino non deve studiare, perché ha la testa dura come me

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e come te? Già siamo fratelli bocc! e poi i denari necessari dove li prende?

GIUS. - Ma se anche fosse vero, che ha la testa dura come la tua, possiede una forte volontà,

con la quale potrà imparare e superare ogni ostacolo. In quanto ai denari non dob-

biamo preoccuparci, perché la carità dei buoni ci verrà in soccorso.

ANT. - Ti dico e ti ripeto che le tue sono buone parole le quali non concludono niente.

Ragioniamo un poco: Non è vero che se Dio volesse Giovannino per la via degli

studi, gli avrebbe dato sufficiente intelligenza ed i mezzi necessari? Ora nostro

fratello non ha nulla di tutto questo, dunque...

GIUS. - (subito) Dunque ragioni coi piedi.

ANT. - (Indispettito) Ho capito: tu hai la testa molto dura. Ebbene, è meglio finirla, perché

vado in bestia. Vedrai che il tempo giudicherà e darà ragione a me (si pone sulle

spalle una zappa, e, suffolando, si allontana prendendo un viottolo a sinistra).

SCENA III.

GIUSEPPE E COMPAR MENICO.

(Entra dal fondo Compar Menico sbuffando... un po' curvo con un sacco pieno sulle spalle).

MEN. - Sono proprio stanco ed assetato! Tutto il giorno che giro con questo arnese sulle

spalle. (lo depone). Fa caldo veh! un caldo come questo, non mi ricordo che sia mai

venuto. (Rivolto a Giuseppe) Oh, Giuseppe!

GIUS. - Buon giorno, Compar Menico!

MEN. - Allegro, allegro, ché le cose vanno a gonfie vele.

GIUS. - Non comprendo questo vostro parlare.

MEN. - Se non capisci vuoi dire che... non capisci, ma che in seguito capirai..

GIUS. - Siete misterioso, Compar Menico, quest'oggi.

MEN. - Debbo conservare la consegna. Intanto ti dico e ti comando di star allegro.

GIUS. - Ma come posso esserlo se il mio povero fratello Giovannino da due anni si trova lon-

tano di qui, in casa d'altri e piange e soffre, contrariato nei suoi più ardenti desideri?

MEN. - (con solennità) Compar Menico, che la sa lunga, ti dice di star allegro e di sperare.

Vedi quel sacco?

GIUS. - Ebbene?

MEN. - Quel sacco racchiude un segreto che conosco solo io ed un'altra persona che tu non

indovineresti mai!

GIUS. – Insomma… compar Menico, non tenetemi all'oscuro, svelatemi questo segreto.

MEN. - Ah, lo vuoi proprio conoscere?

GIUS. - Ma certo!

MEN. - Ebbene, lo. saprai... a suo tempo! Arrivederci! (Si pone sulle spalle il sacco e

brontolando: « Che arsura! che caldo indiavolato! », fa per avviarsi, ma Giuseppe lo

trattiene).

GIUS. - Un momento, Compar Menico. Volete partire senza assaggiare il vino della nostra

cantina?

MEN. - (riponendo di nuovo il sacco) Oh! no. Ho la gola secca per questa maledetta caldura.

GIUS. - (uscendo di casa con bottiglia e bicchiere) Mi pare che l'abbiate sempre secca e

quando fa caldo e quando fa freddo.

MEN. - Birbantello! Hai ragione: è una vecchia abitudine la mia, ma so regolarmi, veh!

GIUS. - Prendete. (gli dà il bicchiere e riesce).

MEN. - (tracannando d'un fiato) Buono! (si lecca le labbra), proprio buono! (tiene il

bicchiere in mano, sperando di averne ancora).

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GIUS. - Via! un altro gocciolino! (Menico porge il bicchiere che viene riempito da Giuseppe

e come il primo lo tracanna).

MEN: - (restituendo il bicchiere) Ottimo e squisito! E grazie, mille grazie. Il Signore ti ri-

compensi.

GIUS. - A ben rivederci, Menico.

MEN. - (ponendosi il sacco sulle spalle) Allegria, amico, allegria. Uomo allegro il ciel

l'aiuta. (Più curvo e barcollando un po', prende il sentiero di campagna a destra.

Giuseppe rientra in casa per riporre il bicchiere e la bottiglia. Pausa).

SCENA IV.

GIOVANNINO, GIUSEPPE.

(Giovannino entra dal fondo, guardingo e timoroso. Fattisi innanzi, vedendo la sua casa si

commuove).

GIOV. - Oh la mia cara casetta che da due anni non vedo più! Ci sarà la mamma? Giuseppe?

(avvicinandosi alla porta chiama timidamente) Mamma! Giuseppe!

GIUS. - (dal di dentro) Qual voce! (correndo fuori; veduto il fratello) Oh! Giovannino! (lo

abbraccia strettamente al petto. Dopo alcuni istanti di forte commozione) Oh

finalmente sei arrivato! Ma dimmi. Come mai sei venuto così all'improvviso? Non sei

mica fuggito?

GIOV. - (con semplicità) No, fratello. Zio Michele mi ha detto di ritornare qui ai Becchi. Io

non volevo venire, perché temevo le busse di Antonio, ma lui mi ha obbligato,

assicurandomi che avrebbe pensato lui a persuadere il fratello. (Con grande gioia) E

poi mi ha promesso!...

GIUS. - Che cosa ti ha promesso?

GIOV. Di farmi studiare, mandarmi a scuola, mettendoci del suo per le spese.

GIUS. - (abbracciando di nuovo il fratello) Oh come sono contento!

GIOV. - (bruscamente, cambiando tono, preoccupato) Ma dov'è Antonio? Ho paura, sai,

delle busse. (Accennando) Vedi quel brutto arnese?

GIUS. - (sospirando) Hai ragione di temere. Se sapessi, mio caro Giovannino, come Antonio

sia divenuto sempre più ostinato e mal disposto verso di te; Mamma ed io abbiamo

fatto di tutto per smuoverlo, ma purtroppo con nessun frutto.

GIOV. - Egli non sa nulla del mio ritorno? Zio Michele non gli ha ancora parlato?

GIUS. - Non credo.

GIOV. - Ma allora io scappo (cerca di fuggire).

GIUS. (trattenendolo) No, rimani, io ti proteggerò e così pure la mamma che presto sarà di

ritorno dalla Renenta ov'è andata a far legna.

GIOV. - Oh!, la mamma è alla Renenta?! Vado subito a trovarla. E' da tanto tempo che non la

vedo più. Oh se sapessi quanto si soffre lontano dalla mamma! Ci rivedremo! corro

alla Renenta. (allegro e saltellando s'incammina per un viottolo a destra).

SCENA VI

GIUSEPPE E BAMBINI.

(Giuseppe segue con lo sguardo il fratello finché scompare, quindi si pone a raccogliere

legna e fascine, ma subito viene disturbato dalla turba degli amici di Giovannino che,

saputo del suo ritorno, sono venuti a salutarlo).

PINO - (avanzandosi cauto, per paura di Antonio) C'è Giovannino?

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PINO E CARLETTO - (entrando con Rino) E' arrivato Giovannino?

(Altri ed altri ancora, in coro): Vogliamo Giovannino!

GIUS. - (facendo il seccato, benché contento in cuor suo) Ma domando io! Queste si chia-

mano prepotenze! E' questo il modo di chiedere? Che bella grazia è la vostra!

RINO - (sfacciatamente) Grazia o non grazia: non importa; diteci dov'è Giovannino.

ALTRI - (con prepotenza) Diteci dov'è Giovannino!

ALTRI - (marcando le parole) Vogliamo vederlo!

GIUS. - Ah volete vederlo?

TUTTI - Sicuro!

GIUS. - Ma se vi dicessi....

NINO - Non c'è ma che tenga!

GIUS. - (sorridendo) Giovannino non è in casa.

RINO - Sì che c'è! La fornaia mi à detto che l'à visto entrare proprio qui.

GIUS. - Vi ripeto che non c'è.

TUTTI - (protestando) - Sì che c'è! c'è! c'è!

GIUS. - (fra sé) Ho capito, se non lo dico non mi lasceranno più in pace (rivolto ai ragazzi)

Sentite, ve lo dirò dove si trova Giovannino (un urlo di gioia, di evviva). Ma... poco

baccano! (silenzio perfetto). Giovannino è andato a trovare la mamma alla Renenta. E

adesso, siete. contenti?

TUTTI - Oh bene! bravo! Alla Renenta! alla Renenta! (I ragazzi s'incamminano gridando

verso la Renenta. Il baccano va diminuendo man mano che si allontanano).

GIUS. - (avanzandosi verso il proscenio) Respiro finalmente! E speriamo che non si facciano

più vedere per un pezzo (pausa). Adesso bisognerà persuadere Antonio che non faccia

difficoltà al ritorno di Giovannino. Ma,... e cosa gli dirò? Che Giovannino ha smesso

l'idea di studiare? Questa è una bugia, perché Giovannino non intende smetterla.

Dovrò raccomandarmi al vicario, perché dica una buona parola? Ma Antonio non

ascolta il vicario. Mi raccomanderò alla mamma? Tempo sprecato! oh, mi trovo

proprio negli imbrogli !

SCENA VI.

DETTO, ANTONIO E ZIO MICHELE.

ANT. - (entrando con Zio Michele) E' inutile, non c'intendiamo.

MICH. - Ma tu non ci rimetterai proprio niente.

GIUS. - Eccoli alle prese, si capisce, per causa di Giovannino (a zio Michele) Oh! benvenuto,

zio Michele.

MICH. -. Ben trovato, Giuseppe. Ho bisogno anche di te. Senti. Son venuto per vedere se

d'amore e d' accordo si può finire quella famosa questione di Giovannino. Capirete

bene che, come vostro zio, non posso e non devo disinteressarmene.

ANT. - Non facciamo niente! Finché il signorino ha certe fisime, non andremo mai

d'accordo;

M1CH. - Ti ripeto che tu non ci rimetti niente. Penso io alle spese necessarie per gli studi.

GIUS. - Se è così, Antonio, non hai più motivo di opporti.

ANT. - Ed io potrò tollerare che, mentre noi lavoriamo la campagna, il signorino faccia il

fannullone? No. Io non sono disposto a mantenerlo.

GIUS. - Egli potrà guadagnarsi il vitto, perché nelle ore libere attenderà, come ha sempre

fatto, ai lavori di campagna.

ANT. - Cioè, continuerà a fare il signorino, il poltroncino, il fuggi-fatica...

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GIUS. - (risentito) Taci, tu mentisci, non è vero che...

ANT. - (ironico) Lo so, avvocato delle cause perse, che sostieni Giovannino e non ti curi de-

gli interessi di famiglia, che vanno a rotoli.

GIUS. - (scattando) Non è vero, questo non puoi dirlo!...

ANT.- - Ed osi alzare la cresta? (minacciando) Bada! Sono io il capo di famiglia e tu devi ri-

spettarmi, capisci? rispettarmi!

MICH. - (interrompendo, con calma) Via, non bisticciatevi, ma cercate di fare le cose a

modo. Sentite: per mio consiglio Giovannino ritornerà quest'oggi in questa casa.

ANT. - Non lo voglio vedere!

GIUS. - (piano) Senza cuore!

MICH. - Calma, Antonio. Si tratta di un tuo fratello...

ANT. - Fratello! Fratello! sì, sì!... cioè no... non sarà mio fratello finché avrà quell'idea fissa,

di farsi prete.

MICH. - Ed avresti il coraggio di tenerlo fuori di casa? Dove passerebbe la notte? Usagli

almeno la carità che useresti verso di un poverello che ti chiede ospitalità.

ANT. - Ebbene, lo riceverò in questa casa (segni di gioia sul volto di zio Michele e di

Giuseppe), Ma ad una condizione, che non si faccia mai vedere con i libri in mano,

altrimenti.... (guarda attorno per cercare un bastone) dove è il castigamatti? Oh,

eccolo! (afferra un bastone), altrimenti questo castigamatti gli farà fare per forza

quello che non vuol fare per amore. A ben rivederci. Devo riportare le mucche nella

stalla. Siamo intesi: Giovannino può ritornare, ma, niente libri, niente latinorum,

niente farsi prete! (via, a destra).

SCENA VII.

GIUSEPPE E ZIO MICHELE.

GIUS. - Vedete che non si riesce a niente? E' testardo, è prepotente.

MICH. - Peggio per lui!

GIUS. - Peggio per Giovannino che non potrà continuare gli studi.

MICH. - No, Giuseppe, la Provvidenza miracolosamente ci aiuta. Senti. Conoscendo quel

santo. prete di D. Calosso, già da qualche tempo gli avevo raccomandato Giovannino

perché gli facesse un po' di scuola. Il giovanetto, nel poco tempo libero dal lavoro

nella cascina Moglia si è recato da quel sacerdote e nelle prime lezioni ha dimostrato

tanto ingegno e buona volontà che il maestro si è talmente entusiasmato di lui da

essere disposto ad aiutarlo in tutti i modi possibili. Ora Giovannino, quando sia

arrivato...

GIUS. - Ma è già arrivato!

GIUS. - Proprio arrivato, e da un bel pezzo. Era

MICH. - Possibile?

GIUS. - Proprio arrivato e da un bel pezzo. Era tanto il desiderio di rivedere la mamma che

non è corso ma volato.

MICH. - Dicevo adunque che Giovannino, libero dalle occupazioni di campagna, potrà rego-

larmente frequentare le lezioni di quel santo prete e così progredire negli studi, voglia

o non voglia Antonio.

GIUS. - Ma stanno appunto in lui le difficoltà.

MICH. - Non temere. E' tempo di finire una buona volta questa persecuzione. Se quell' uomo

continuerà ad opporsi, bisognerà per forza appigliarsi alla disgustosa, ma necessaria

risoluzione di separare i beni, come già si è più volte parlato nel consiglio di famiglia.

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Quando quel prepotente abbia la sua parte, potrà, anzi dovrà ritirarsi, e liberamente vi-

vere e lasciar vivere. Così Giovannino si recherà a scuola di D. Calosso appagando gli

ardenti desideri del suo cuore.

(Durante questa parlata ed in seguito nella scena seguente, si udranno i lenti rintocchi

dell'agonia).

SCENA VIII.

DETTI E GIOVANNINO.

(Giovannino entra dal fondo piangendo).

MICH. - (vedutolo, a Giuseppe) Oh, ecco appunto Giovannino! Sta allegro, ché potrai andare

a scuola da D. Calosso.

GIUS. - Ma egli piange! Che cos'hai, Giovannino? (Pausa).

GIOV. - (scoppiando in pianto. dirotto) D. Calosso è morto!

MICH. - Possibile! L' ho visto appena stamattina sano come un pesce.

GIOV. - (fra i singhiozzi) Un colpo apopletico lo ha ridotto quasi improvvisamente in fin di

vita. Poco fa io correva alla Renenta per salutare la mamma, quando udii dalla Pina la

triste notizia. Allora io volo in un attimo in canonica e trovo il povero prete

moribondo. Egli si accorge di me, mi dà uno sguardo di compiacenza, fa alcuni sforzi

per parlare, ma non può. Finalmente con uno sforzo supremo prende una chiavetta

sotto il guanciale, me la consegna e mi fa cenno di non darla a nessuno. Poi chiude gli

occhi, sorride ed entra nell'agonia. Allora io mi slancio su di lui, lo chiamo, lo

abbraccio... Inutilmente! Egli più non mi sentiva... era cadavere!

MICH. - Povero D. Calosso! Povero Giovannino (lo attira a sé) che hai perduto il tuo

maestro e benefattore! Pazienza! Il Signore ha voluto così e noi adoriamo rassegnati

la sua santa volontà. Certo quella sant'anima sarà volata in Paradiso per ricevere il

premio delle opere buone. Di là egli certamente continuerà ad aiutarti e meglio.

GIOV. - Oh certamente dal Cielo continuerà a volermi bene ed a beneficarmi!

MICH. - Recitiamo una preghiera di suffragio per ['anima sua. (Tutti si scoprono il capo

e sottovoce mormorano una preghiera).

SCENA IX.

ANT. - (dal di fuori nella strada, grida al garzone) Spingi nella stalla le mucche e dà loro da

bere, fra poco verrò anch'io. (Entrato) Oh, ecco il signorino! (in modo canzonatorio)

Ben arrivato! (Giovanni non gli bada. Antonio si avvicina, e, presolo per un braccio,

lo scuote) Mammalucco! Che cosa fai colle mani giunte? Oh, guarda! Un libro in ta-

sca! (Glielo prende e mostrandolo allo zio Michele) No, zio Michele, non ci siamo

intesi. Ho detto che di libri non ne voglio vedere: (strappando il libro) così finiranno

tutti i libri che ti verranno tra mano (nessuno parla. Antonio meravigliato) Sembra un

mortorio! Ho capito! Questa è tutta una commedia per commuovermi

(sghignazzando) Ah! ah! ah! Ma non avete ancora compreso che Antonio in queste

cose...

GIUS. - (interrompendolo) Lo sappiamo, è senza cuore. Questa non è una commedia, ma una

cosa molto dolorosa. Sappi che è morto D. Calosso!

ANT. - Pace all'anima sua! Aveva una buona età, settantacinque anni passati, e, tutti, presto o

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tardi, bisogna morire.

GIUS. - Taci, con la morte non si scherza. Essa potrebbe raggiungere anche te più presto di

quello che non pensi.

ANT. - Adesso comprendo perché si piange. E' morto il benefattore di Giovannino... Oh, in

questo caso le disgrazie non vengono per nuocere. Il Signore dispone tutto, per il no-

stro bene. Senti, Giovannino, devi essere proprio grullo per non comprendere che il

Signore non ti vuole nelle via degli studi. Non vedi che non ti favorisce affatto? Fa

giudizio adunque e dà ascolto alla voce del Signore che ti parla abbastanza chiaro.

GIOV. - (risoluto) La voce del Signore mi dice di studiare e di farmi sacerdote. Or ora,

mentre pregavo pace all'anima di D. Calosso, mi è parso di vedere quella maestosa

Signora del sogno, la quale nuovamente mi ha comandato di studiare. Miei cari

fratelli, io non posso disubbidire alla Madonna, permettetemi che segua la mia

vocazione.

ANT. - Segui pure la vocazione del boaro, oppure quella di capo dei briganti,. (Veduta nelle

mani di Giovannino la chiavetta di D. Calosso) Una chiavetta! (gliela prende e la

esamina ben bene) Bella! questa chiavetta! E' di cassaforte. (Severamente)

Giovannino, come mai possiedi questa chiavetta?

GIUS. - E' la chiavetta della cassaforte del defunto D. Calosso che egli stesso in fin di vita gli

ha consegnata, facendogli cenno di non darla a nessuno.

ANT. - (scattando di gioia) Dunque tutto il denaro e gli oggetti preziosi che racchiude quella

cassaforte sono di Giovannino? Che mistero è questo? Sogno o son desto?

(sollecitando) Va, Giovannino, va presto ad aprire e prendi tutto quello che è là

dentro. Quanti denari potrai avere! D. Calosso era ricco di famiglia, tanto ricco!

Giovannino, Va! va! Quando avrai i denari, ti permetterò di studiare, ma devi

ricordarti che siamo tutti fratelli, tutti figli di una stessa famiglia! Va, prendi la

chiavetta! (gliela consegna).

GIOV. - (con nobile sdegno) Allontanati, tentatore! sappi che io sono nato povero e voglio

diventare un sacerdote povero. Ho più caro il Paradiso che tutte le ricchezze di questo

mondo. O Signore, datemi delle anime e prendetevi tutto il resto! Ecco, zio Michele,

questa chiavetta, consegnatela tosto agli eredi e dite che io loro la dono, perché bramo

essere povero e non voglio essere causa di contestazioni (gliela consegna).

MICH. - Bravo, generoso giovanetto!

GIUS. - Bravo Giovannino!

ANT. - (con rabbia) Disdetta! (con forte ironia) Sì; sì, fa pure, caro il mio signorino, ma ri-

cordati che tu solo ci perdi. Vedremo chi la vincerà, se tu od io. Sono io che comando

in questa casa! Ora va a nettare la stalla. (lo prende per un braccio) Verrò poi anch' io

e porterò questo arnesino (afferra un bastone). Vedrai che del lavoro ce ne sarà per

qualche ora. E questo è nulla in paragone di quello che rimane. Via! andiamo! (lo

spirnge violentemente fuori).

GIOV. - Signore, aiutami tu!

GIUS. - Aguzzino! prepotente!

MICH. - Oh! voglio finirla io questa persecuzione! (tien dietro ad Antonio).

SCENA X.

GIUSEPPE E COMPAR MENICO.

MEN. - (entrando molto curvo sotto il peso di due sacchi pieni di roba) E' permesso?

GIUS. - Avanti! Oh, compar Menico!

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MEN. - Ti avevo detto che sarei ritornato ed ho mantenuta la parola?

GIUS.- Vi rivedo volentieri.

MEN - Sono venuto per presentare il corredo allo sposo.

GIUS. - Ma Compar Menico, vi ha dato di volta al cervello? Qui non ci sono sposi.

MEN. - Non è questa la casa Bosco?

GIUS. - E che? avete le traveggole? Ci siete venuto le mille volte...

MEN. - Ed allora proprio qui c'è lo sposo.

GIUS. - Spiegatevi. Chi è questo sposo.

MEN. - Giovannino!

GIUS. - (meravigliandosi) Giovannino! M'accorgo proprio che avete perduto qualche ve-

nerdì.

MEN. - Non c’è venerdì né sabato che tenga. Qui, ripeto, c'è lo sposo; questo sposo è

Giovannino e qui c'è il suo corredo.

GIUS. - Ma spiegatevi

MEN. - Devi sapere che tua mamma Margherita ha pensato di mandare Giovannino a Chieri,

perché possa incominciare lo studio del latino.

GIUS. - Mi meraviglio di questa sua determinazione presa senza neppure fare un cenno a me.

MEN. - Se non l'ha fatto, ha avuto le sue buone ragioni; eh! le mamme la sanno lunga!

Certamente essa ha tenuto il segreto, perché la cosa non trapelasse ad Antonio che,

avrebbe fatto mille difficoltà e posto chissà quanti ostacoli.

GIUS. - Sarà così.

MEN. - E' proprio così. (Continuando) Ma per mandare Giovannino a Chieri per gli studi oc-

correva denaro e corredo. Allora che cosa ha fatto quella santa donna? Conoscendo

Compar Menico, che è sempre stato affezionatissimo a questa casa, lo ha chiamato e

con tutta segretezza gli ha confidato il suo disegno, raccomandandogli che l'aiutasse

coll'andare alla cerca presso tutte le famiglie, di generi, di vestiti, di biancheria. Tutti

hanno dato e con abbondanza, tanto che in poco tempo ha riempito questi sacchi ed

anche parecchi cestoni.

GIUS. - Bravo, Compar Menico! Vi siete guadavostro segreto.

MEN. - Sono stato di parola.

GIUS. - Bravo, Compare Menico! Vi siete guadagnata una brenta di vino.

MEN. - (comicamente) Troppo, troppo! so regolarmi, io!

GIUS. - Ve la darò, non temete! (entra in casa e chiama forte) Giovannino, Giovannino!

SCENA XI.

DETTI E GIOVANNINO.

GIOV. - (accorrendo) Eccomi, che cosa vuoi? (vedendo Compar Menico) Oh! siete voi,

Compar Menico? Cos'è tutta questa roba?

MEN. - Tutta per te, Giovannino.

GIOV. - Per me!?

MEN. - Sicuro, per te. Devi sapere che per desiderio della mamma tu partirai per Chieri allo

scopo di incominciare gli studi e questo è il tuo corredo.

GIOV. - (non capendo dalla 'gioia) Chieri?! studiare?!

MEN. - Sì, tu andrai a Chieri a studiare: così vuole la mamma.

GIOV. - (con grande sentimento) Oh, mamma, mamma mia cara!

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SCENA XII.

DETTI, ANTONIO E ZIO MICHELE.

ANT. - (entrando insieme a zio Michele) Cos' è questa novità? E questa roba per terra? E voi,

Compar Menico, cosa fate?

MEN. - Oh bella! ho portato il corredo per lo sposo. Non 'è vero, Giovannino?

ANT. - Voi volete scherzare, ma questo non è il tempo. Andate pure per i fatti vostri e tu,

Giovannino, ritorna subito a nettare la stalla, se non vuoi prenderle sode.

GIUS. - (con forza) Orsù, Antonio, finisci di fare il prepotente. Sappi che finalmente

Giovannino potrà intraprendere i suoi studi.

ANT. Ma tu sei pazzo, voi tutti siete pazzi!

GIUS. - Parlo da savio. Così vuole la mamma. Presto partirà per Chieri per cominciare lo

studio del latino. Vedi che la carità dei buoni non è mancata. (accennando) Ecco qui il

corredo raccolto presso le famiglie della borgata.

MEN. - E sono stato io che mi sono industriato, io, d'accordo con mamma Margherita, ed ho

fatto le cose in modo che nessuno si accorgesse di nulla per timore che tu, Antonio,

avessi messo, come si suoi dire, il bastone fra le ruote, mentre a cose fatte...

ANT. - Anche a cose fatte, io mi oppongo.

GIUS. - Che cosa intendi dire?...

ANT. - Anche a cose fatte, io mi oppongo.

GIUS. - Ebbene, giacché ti ostini, io ti comunico a nome di Giovannino, di mamma, di zio

Michele una notizia che non ti farà tanto piacere. Si è deciso nel consiglio di famiglia,

perché non ci sia più nessuna ragione di contrasto e di persecuzione contro questo

nostro fratello, di venire alla separazione dei beni. Quindi prenditi pure quello che ti

spetta e vattene una buona volta. Vedi la porta! Quella stessa per cui due anni fa,

usando del diritto del più forte, hai fatto passare Giovannino; adesso è aperta per te.

Vedi che anche in questo mondo c'è giustizia, vedi che c'è un Dio il quale punisce.

Vattene, sì, vattene!

MICH. E MEN. - Vattene una buona volta!

ANT. – (fremendo di rabbia) Me ne andrò, piuttosto di vedere il signorino a studiare. Però

ricordate, bene che finora voi siete vissuti dei miei sudori; sono io che vi ho

mantenuto con queste mie braccia: d'ora innanzi non sarà più così, io penserò ai miei

interessi e voi farete altrettanto. Penserete voi a lavorare e, se non lavorerete,

creperete tutti di farne (via sdegnato, dal fondo).

MEN. - (mentre Antonio si allontana, tra i denti) Crepa tu! Bestione!

(Dopo alquanto tempo di silenzio).

GIUS. - (a Giovannino), Mio caro Giovannino, il passo fatto è doloroso, ma necessario. Ora

finalmente è tolto ogni ostacolo e tu potrai recarti a Chieri. Vedi chhe il Signore,

proprio quando meno ce l'aspettavamo, ci ha miracolosamente aiutati. Coraggio, cerca

di avanzare nella via del Signore, studia, e in un tempo non lontano speriamo di

vederti prete..

MEN. - Parroco!

GIOV. - Oh no, Parroco, ma padre di molti fanciulli poveri ed abbandonati, bisognosi di

aiuto. E' per i fanciulli che io voglio spendere le mie fatiche, per i fanciulli voglio

sacrificare la mia vita. Grazie, zio Michele, Compar Menico, grazie a tutte le famiglie

di questa borgata, e grazie in modo speciale a Te, o Vergine SS., che appaghi i

desideri ardenti del mio cuore.

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(Giungono in questo frattempo i ragazzi che si accalcano intorno a Giovannino, si congra-

tulano con lui per il ritorno e gli gridano evviva. Giovannino accoglie tutti festevol-

mente e benignamente, li ringrazia e li invita a glorificare la Madonna).

GIOV. - Non a me l'evviva, ma alla Madonna.

TUTTI - Evviva!

Gruppo finale. - Il pastorello si porrà verso il centro, gli altri lateralmente.

CORO ANGELICO (interno):

1. Dice la gran Regina:

Robusto, umile e forte,

Contro l'avversa sorte,

Sii nella tua vita.

Tu le tremende fiere,

Cambia in agnelle vere.

2. A Te, Giovanni, affidasi

Una porzione eletta

Da chi donarti degnasi

Sua vigna benedetta.

3. Serba nel cor memoria

Di tal celeste avviso.

Sorgi: davanti al viso

La messe tuta vedrai:

Son questi in terra i campi di vittoria

E nell'eccelso ciel è la tua gloria!

Quadro.: La gloria del Beato in Cielo (si può proiettare il ,quadro dell'Enrie).

FINE