Il ritorno di Ulisse in patria - Libretti d'opera · PDF fileIL TEMPO Per me fragile. ......

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IL RITORNO DI ULISSE IN PATRIA Dramma per musica. testi di Giacomo Badoaro musiche di Claudio Monteverdi Prima esecuzione: anno 1640, Venezia. www.librettidopera.it 1 / 52

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IL RITORNO DIULISSE IN PATRIA

Dramma per musica.

testi di

Giacomo Badoaromusiche di

Claudio Monteverdi

Prima esecuzione: anno 1640, Venezia.

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Informazioni Il ritorno di Ulisse in patria

Cara lettrice, caro lettore, il sito internet www.librettidopera.it è dedicato ai librettid'opera in lingua italiana. Non c'è un intento filologico, troppo complesso per essere

trattato con le mie risorse: vi è invece un intento divulgativo, la volontà di farconoscere i vari aspetti di una parte della nostra cultura.

Motivazioni per scrivere note di ringraziamento non mancano. Contributi esuggerimenti sono giunti da ogni dove, vien da dire «dagli Appennini alle Ande».

Tutto questo aiuto mi ha dato e mi sta dando entusiasmo per continuare a migliorare eampliare gli orizzonti di quest'impresa. Ringrazio quindi:

chi mi ha dato consigli su grafica e impostazione del sito, chi ha svolto le operazionidi aggiornamento sul portale, tutti coloro che mettono a disposizione testi e materialiche riguardano la lirica, chi ha donato tempo, chi mi ha prestato hardware, chi mette a

disposizione software di qualità a prezzi più che contenuti.Infine ringrazio la mia famiglia, per il tempo rubatole e dedicato a questa

attività.

I titoli vengono scelti in base a una serie di criteri: disponibilità del materiale, datadella prima rappresentazione, autori di testi e musiche, importanza del testo nella

storia della lirica, difficoltà di reperimento.A questo punto viene ampliata la varietà del materiale, e la sua affidabilità, tramite

acquisti, ricerche in biblioteca, su internet, donazione di materiali da parte diappassionati. Il materiale raccolto viene analizzato e messo a confronto: viene

eseguita una trascrizione in formato elettronico.Quindi viene eseguita una revisione del testo tramite rilettura, e con un sistema

automatico di rilevazione sia delle anomalie strutturali, sia della validità dei lemmi.Vengono integrati se disponibili i numeri musicali, e individuati i brani più

significativi secondo la critica.Viene quindi eseguita una conversione in formato stampabile, che state leggendo.

Grazie ancora.

Dario Zanotti

Libretto n. 173, prima stesura per www.librettidopera.it: settembre 2008.Ultimo aggiornamento: 30/12/2015.

In particolare per questo titolo si ringrazia laBiblioteca nazionale «Braidense» di Milano

per la gentile collaborazione.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Personaggi

P E R S O N A G G I

L'UMANA FRAGILITÀ .......... MEZZOSOPRANO

IL TEMPO .......... BASSO

LA FORTUNA .......... MEZZOSOPRANO

AMORE .......... MEZZOSOPRANO

GIOVE .......... TENORE

NETTUNO .......... BASSO

MINERVA .......... SOPRANO

GIUNONE .......... SOPRANO

ULISSE .......... TENORE

PENELOPE, sposa di Ulisse .......... MEZZOSOPRANO

TELEMACO, figlio di Ulisse .......... TENORE

EUMETE, pastore di Ulisse .......... TENORE

ANTINOO, uno dei proci, amatore di Penelope .......... BASSO

PISANDRO, uno dei proci, amatore di Penelope .......... TENORE

ANFINOMO, uno dei proci, amatore diPenelope .......... TENORE

EURIMACO, amante di Melanto .......... TENORE

MELANTO al seguito di Penelope .......... MEZZOSOPRANO

IRO, parassita dei proci .......... TENORE

ERICLEA, nutrice di Ulisse .......... MEZZOSOPRANO

MERCURIO

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Personaggi Il ritorno di Ulisse in patria

Coro di Nereidi e Sirene.Coro di Feaci.Coro di Naiadi.

Coro di Marittimi.Coro di Celesti.Coro di Itacensi.Ballo di Mori.

La scena è in Itaca, isola del mar Ionio, ora nominata Iliachi.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Prologo

P R O L O G OSinfonia

Scena unicaL'Umana fragilità, Il Tempo, La Fortuna, Amore.

L'UMANA FRAGILITÀ Mortal cosa son io, fattura umana:tutto mi turba, un soffio sol m'abbatte;il tempo, che mi crea, quel mi combatte.

IL TEMPO Salvo è nientedal mio dente:ei rode,ei gode.Non fuggite, o mortali,ché se ben zoppo ho l'ali.

Sinfonia

L'UMANA FRAGILITÀ Mortal cosa son io, fattura umana:senza periglio invan ricerco loco,che frale vita è di fortuna un gioco.

LA FORTUNA Mia vita son voglie,le gioie, le doglie.Son cieca, son sorda,non vedo, non odo;ricchezze, grandezzedispenso a mio modo.

L'UMANA FRAGILITÀ Mortal cosa son io, fattura umana:al tiranno d'amor serva se n' giacela mia fiorita età verde e fugace.

Ritornello

AMORE Dio de' dèi feritor mi dice il mondo Amor.Cieco saettator, alato, ignudo,contro il mio stral non val difesa o scudo.

L'UMANA FRAGILITÀ Misera son ben io, fattura umana:creder a ciechi e zoppi è cosa vana.

IL TEMPO Per me fragile.

LA FORTUNA Per me misero.

AMORE Per me torbido.

IL TEMPO, LA

FORTUNA E AMORE

Quest'uom sarà.

IL TEMPO Il tempo ch'affretta.

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Prologo Il ritorno di Ulisse in patria

LA FORTUNA Fortuna ch'alletta.

AMORE Amor che saetta.

IL TEMPO, LA

FORTUNA E AMORE

Pietate non ha.Fragile, misero, torbido quest'uom sarà.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

A T T O   P R I M O

Scena primaReggia.

Penelope, Ericlea.

PENELOPE Di misera reginanon terminati mai dolenti affanni.

L'aspettato non giungee pur fuggono gli anni;la serie del penar è lunga, ahi, troppo,a chi vive in angosce il tempo è zoppo.

Fallacissima speme,speranze non più verdi ma canute,all'invecchiato malenon promette più pace o salute.

Scorsero quattro lustridal memorabil giornoin cui con sue rapineil superbo troianochiamò l'altra sua patria alle ruine.

A ragion arse Troia,poiché l'amore impuro,ch'è un delitto di foco,si purga con le fiamme;ma ben contro ragione per l'altrui fallocondannata innocentedall'altrui colpe io sonol'afflitta penitente.

Ulisse accorto e saggio,tu che punir gli adulteri ti vanti,aguzzi l'armi e susciti le fiammeper vendicar gli errorid'una profuga greca, e intanto lascila tua casta consortefra nemici rivaliin dubbio dell'onore, in forse a morte.

Ogni partenza attendedesiato ritorno:tu sol del tuo tornar perdesti il giorno.

ERICLEA Infelice Ericlea,nutrice sconsolata,compiangi il duol della regina amata.

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE Non è dunque per me varia la sorte?Cangiò forse fortunala volubil ruota in stabil seggio?E la sua pronta velach'ogni uman caso portafra l'incostanza a volo,sol per me non raccoglie un fiato solo.Cangian per altri pur aspetto in cielole stelle erranti e fisse.

Torna, deh torna Ulisse!Penelope t'aspetta,l'innocente sospira,piange l'offesa e controil tenace offensor né pur s'adira.All'anima affannataporto le sue discolpeacciò non restidi crudeltà macchiato,ma fabbro de' miei danni incolpo il fato.Così per tua difesacol destino, col cielofomento guerre e stabilisco risse.

Torna, deh, torna Ulisse!

ERICLEA Partir senza ritornonon può stella influir.Non è partir, non èahi, che non è partir.

PENELOPE Torna il tranquillo al mare,torna il zeffiro al prato,l'aurora mentre al sol fa dolce invitoa un ritorno del dì che è pria partito.Tornan le brine in terra,tornano al centro i sassi,e con lubrici passi,torna all'oceano il rivo.L'uomo qua giù ch'è vivolunge da' suoi principiporta un'alma celeste e un corpo frale;tosto more il mortalee torna l'alma in cieloe torna il corpo in polvedopo breve soggiorno;tu sol del tuo tornar perdesti il giorno.Torna, ché mentre porti empie dimoreal mio fiero dolore,veggio del mio morir l'ore prefisse.

Torna, deh torna Ulisse.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

Sinfonia

Scena secondaMelanto, Eurimaco.

MELANTO

Duri e penosison gli amorosifieri desir;ma alfin son cari,se prima amari,gli aspri martir.

Ché s'arde un cor è d'allegrezza un foco,né mai perde in amor chi compie il gioco.

SinfoniaMELANTO

Chi pria s'accendeprocelle attendeda un bianco sen,ma corseggiandotrova in amandoporto seren.

Si piange pria, ma alfin la gioia ha loco,né mai perde in amor chi compie il gioco.

EURIMACO Bella Melanto mia,graziosa Melanto,il tuo canto è incanto,il tuo volto è magia.

È tutto laccio in te ciò ch'altri ammaga;ciò che laccio non è fa tutto piaga.

MELANTO Vezzoso garruletto,o come ben tu saiingemmar le bellezze,illustrar a tuo pro d'un volto i rai.

Lieto vezzeggia pur le glorie miecon tue dolci bugie.

EURIMACO Bugia sarebbe s'iolodando non t'amassi;ché il negar d'adorarconfessata deitàè bugia d'empietà.

MELANTO EEURIMACO

De' nostri amor concordisia pur la fiamma accesa,ch'amato il non amar arreca offesa.

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

EURIMACO Né con ragion s'offendecolui che per offese amor ti rende.

MELANTO S'io non t'amo, cor mio, che sia di gelol'alma ch'ho in seno a tuoi begli occhi avante.

EURIMACO Se in adorarti cor non ho costante,non mi sia stanza il mondo, o tetto il cielo.

MELANTO E EURIMACO

Dolce mia vita sei,lieto mio ben sarai,nodo sì bel non si disciolga mai.

MELANTO Come il desio m'invoglia,Eurimaco, mia vita,senza fren, senza morsodar nel tuo sen alle mie gioie il corso.

EURIMACO O come volentiericangerei questa reggia in un desertoove occhio curiosoa veder non giungesse i nostri errori.

MELANTO E EURIMACO

Ché ad un focoso pettoil rispetto è dispetto.

EURIMACO Se Penelope bellanon si piega alle vogliede' rivali amatori,mal sicuri starannoi nostri occulti amori.

Tu dunque t'affatica,suscita in lei la fiamma.

MELANTO Ritenterò quell'almapertinace ostinata,ritoccherò quel corech'indiamanta l'onore.

MELANTO E EURIMACO

Dolce mia vita sei,lieto mio ben sarai,nodo sì bel non si disciolga mai.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

Scena terzaMarittima.

Coro di Nereidi e Sirene.

[Questa scena manca dallo spartito.]

NEREIDI Fermino i sibili,sibili e fremitii venti e il mar.

SIRENE Aura, tranquillati;bell'onda, calmati.L'addormentatodeh, non svegliar.

NEREIDI Tacete, Sirene,se tace Nettuno.

SIRENE Nereidi, tacetese tace l'irato.

NEREIDI, SIRENE Tacete, venti,silenzio o mar.

Ulisse dorme:non lo destar.

Scena quartaI Feaci attraversano il mare con le loro barche, sbarcano con Ulisse

che dorme e lo lasciano all'entrata della grotta delle Naiadi con il suotesoro.

Questa scena è muta ed accompagnata da una sinfonia.

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

Scena quintaNettuno sorge dal mare, poi Giove.

NETTUNO Superbo è l'uom ed è del suo peccatocagion, benché lontana; il ciel cortesefacile ahi troppo in perdonar l'offese.

Fa guerra col destin, pugna col fato,tutt'osa, tutt'ardiscel'umana libertate,indomita si rende,a l'arbitrio de l'uom col ciel contende.

Ma se Giove benignoi trascorsi de l'uom troppo perdona,tenga, egli a voglia sua nella gran destrail fulmine ozioso.

Tengalo invendicato,ma non soffra Nettunocol proprio disonor l'uman peccato.

Sinfonia

GIOVE Gran dio de' salsi flutti,che mormori e vaneggicontro l'alta bontà del dio sovrano?

Mi stabilì per Giovela mente mia pietosapiù ch'armata la mano.

Questo fulmine atterra,la pietà persuade,fa adorar la pietade,ma non adora più che cade a terra.

Ma qual giusto desio d'aspra vendettafurioso ti movead accusar l'alta bontà di Giove?

NETTUNO Hanno i feaci arditicontro l'alto voler del mio decretohan Ulisse condottoin Itaca sua patria, onde rimanee l'umano ardimentode l'offesa deitadeingannato l'intento.

Vergogna e non pietadecomanda il perdonar fatti sì rei.

Così di nome soloson divini gli dèi.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

GIOVE Non sien discare al ciel le tue vendette,ché comune ragion ci tiene uniti,puoi da te stesso castigar gli arditi.

NETTUNO Or già che non dissenteil tuo divin volere,darò castigo al temerario orgoglio;la nave loro andantefarò immobile scoglio.

GIOVE Facciasi il tuo comando,veggansi l'alte proveabbian l'onde il suo Giove;e chi andando peccò pera restando.

Scena sestaCoro di Feaci in mare, poi Nettuno.

FEACI

In questo basso mondol'uomo puolquanto vuol.Tutto fa, tutto fa,ché 'l ciel del nostro oprar pensier non ha.

NETTUNO Ricche d'un nuovo scogliosien quest'onde fugaci.

Imparino i feaci in questo giornoche l'umano viaggioquand'ha contrario il ciel non ha ritorno.

Scena settimaUlisse si sveglia dal sonno.

Sinfonia di viole

ULISSE Dormo ancora o son desto?Che contrade rimiro?Qual aria vi respiro?E che terren calpesto?Chi fece in me, chi fece

il sempre dolce e lusinghevol sonnoministro de' tormenti,chi cangiò il mio riposo in ria sventura?

Continua nella pagina seguente.

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

ULISSE Qual deità de' dormienti ha cura?O sonno, o mortal sonno!Fratello della morte altri ti chiama.Solingo trasportato,

deluso ed ingannato,ti conosco ben io, padre d'errori.

Pur degli errori miei son io la colpa.Ché se l'ombra è del sonno

sorella o pur compagna,chi si confida all'ombraperduto alfin contro ragion si lagna.

O dèi sempre sdegnati,numi non mai placati,contro Ulisse che dorme anco severi,vostri divini impericontro l'uman voler sien fermi e forti,ma non tolgano, ahimè, la pace ai morti.

Feaci ingannatori,voi pur mi promettestedi ricondurmi salvoin Itaca mia patriacon le ricchezze mie, co' miei tesori.

Feaci mancatori,or non so com'ingrati mi lasciastein questa riva aperta,su spiaggia erma e deserta,misero, abbandonato;e vi porta fastosie per l'aure e per l'ondecosì enorme peccato!

Se puniti non son sì gravi errori,lascia, Giove, deh, lasciade' fulmini la cura,ché la legge del caso è più sicura.

Sia delle vostre vele,falsissimi feaci,sempre Borea inimico,e sian qual piuma al vento o scoglio in marele vostre infide navi:leggere agli aquiloni, all'aure gravi.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

Scena ottavaMinerva in abito da pastorello, Ulisse.

Sinfonia

MINERVA

(in abito da pastorello)

Cara e lieta gioventùche disprezza empio desir,non dà a lei noia o martirciò che viene e ciò che fu.

Ritornello

ULISSE (fra sé parla e dice)

(Sempre l'uman bisogno il ciel soccorre.Quel giovinetto tenero negli anni,mal pratico d'inganni,forse che 'l mio pensier farà contento:ché non ha frode in senochi non ha pelo al mento.)

MINERVA

Giovinezza è un bel tesorche fa ricco in gioia un sen.Per lei zoppo il tempo vien,per lei vola alato Amor.

ULISSE Vezzoso pastorello,deh sovvieni un perdutodi consiglio e d'aiuto, e dimmi priadi questa spiaggia e questo porto il nome.

MINERVA Itaca è questa in sen di questo mare,porto famoso e spiaggiafelice avventurata.Faccia gioconda e grataa sì bel nome fai.Ma tu come venisti e dove vai?

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

ULISSE Io greco sono ed or di Creta io vengoper fuggir il castigod'omicidio eseguito;m'accolsero i feaci e m'han promessoin Elide condurmi,ma dal cruccioso mar dal vento infidofummo a forza cacciati in questo lido.Sin qui, pastor, ebbi nemico il caso.Ma sbarcato al riposo,per veder quieto il mar secondo i venti,colà m'addormentai sì dolcemente,ch'io non udii né vidide' feaci crudelila furtiva partenza, ond'io rimasicon le mie spoglie in su l'arena ignudaisconosciuto e solo,e 'l sonno che partì lasciommi il duolo.

MINERVA Ben lungamente addormentato fostich'ancor ombra racconti e sogni narri.È ben accorto Ulisse,ma più saggia è Minerva.Tu dunque, Ulisse, i miei precetti osserva.

ULISSE Chi crederebbe maile deità vestite in uman velo!Si fanno queste mascherate in cielo?Grazie ti rendo, o protettrice dèa:ben so che per tuo amorefuron senza periglio i miei pensieri.Or consigliato seguoi tuoi saggi consigli.

MINERVA Incognito sarai,non conosciuto andrai sinché tu veggadei Proci tuoi rivalila sfacciata baldanza.

ULISSE O fortunato Ulisse!

MINERVA Di Penelope castal'immutabil costanza.

ULISSE O fortunato Ulisse!

MINERVA Or t'adacqua la frontenella vicina fonte,ch'anderai sconosciutoin sembiante canuto.

ULISSE Ad obbedirti vado, indi ritorno.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto primo

MINERVA Io vidi per vendettaincenerirsi Troia, ora mi restaUlisse ricondur in patria in regno;d'un'oltraggiata dèa questo è lo sdegno.

Quinci imparate voi stolti mortali,al litigio divin non poner bocca;il giudizio del ciel a voi non tocca,ché son di terra i vostri tribunali.

ULISSE Eccomi, saggia dèa,questi peli che guardisono di mia vecchiaiatestimoni bugiardi.

MINERVA Or poniamo in sicuroqueste tue spoglie amatedentro quell'antro oscurodelle Naiadi, ninfe al ciel sacrate.

MINERVA E ULISSE

Ninfe serbatele gemme e gl'ori,spoglie e tesori,tutto serbate,

ninfe sacrate.

Scena nonaCoro di Naiadi, Minerva, Ulisse.

CORO DI NAIADI

Bella diva, eccoci pronteal tuo cenno, al tuo voler;e quest'antro, e quella fontespruzza e s'apre a tuo piacer.

Itaca lieta si mostra, sì,al bel ristoro d'Ulisse un dì!

MINERVA Tu d'Aretusa al fonte intanto vanneove il pastor Eumete,tuo fido antico servo,custodisce la gregge: ivi m'attendiin sin che pria di Sparta io ti conducaTelemaco tuo figlio;poi d'eseguir t'appresta il mio consiglio.

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Atto primo Il ritorno di Ulisse in patria

ULISSE

O fortunato Ulisse,fuggi del tuo dolor l'antico error!Lascia il pianto,dolce cantodal tuo cor lieto disserra.Non si disperi più mortale in terra.

O fortunato Ulisse!Cara vicenda

si può soffrir,or diletto, or martir, or pace, or guerra.Non si disperi più mortale in terra.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto secondo

A T T O   S E C O N D O

Scena primaReggia.

Penelope, Melanto.

PENELOPE Donate un giorno, o dèicontento a' desir miei.

MELANTO Cara amata regina,avveduta e prudenteper tuo sol danno sei:men saggia io ti vorrei.

A che sprezzi gli ardoridei viventi amatoriper attender confortidal cenere de' morti?

Non fa torto chi gode a chi è sepolto.L'ossa del tuo marito

estinto, incenerito,del tuo dolor non san poco né molto;e chi attende pietà da morto è stolto.

La fede e la costanzason preclare virtù; le stima amantevivo, e non l'apprezzaperché de' sensi privoun uom che fu. D'una memoria gratas'appagano i defunti,stanno i vivi coi vivi in un congiunti.

Un bel viso fa guerra,il guerriero costume al morto spiace,ché non cercan gli estinti altro che pace.

Langue sotto i rigoride' tuoi sciapiti amorila più fiorita età,ma vedova beltà di te si duole,ché dentro ai lunghi piantimostri sempre in acquario un sì bel sole.

Ama dunque, ché d'amoredolce amica è la beltà.

Dal piacere il tuo doloresaettato caderà.

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Atto secondo Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE Amor è un idol vano,è un vagabondo nume,all'incostanze sue non mancan piume;del suo dolce serenoè misura il baleno. Un giorno solocangia il piacer in duolo.

Sono i casi amorosidi Tesei e di Giasoni ohimè son pieni:incostanza e rigore,pene e morte e dolore,dell'amoroso ciel splendori fissisan cangiar in Giason anche gli Ulissi.

MELANTO Perché Aquilone infidoturbi una volta il mardistaccarsi dal lidoanimoso nocchier non dée lasciar?

Sempre non guarda in cieltorva una stella,ha calma ogni procella.

Ama dunque, ché d'amoredolce amica è la beltà.

Dal piacere il tuo doloresaettato caderà.

PENELOPE Non dée di nuovo amarchi misera penò:torna stolta a penar chi prima errò.

Scena secondaBoscareccia.Eumete solo.

EUMETE

O come mal si salva un regio amanteda sventure e da mali.Meglio i scettri regaliche i dardi de' pastor imperla il pianto.Seta vestono ed orii travagli maggiori.È vita più sicuradella ricca ed illustrela povera ed oscura.Colli, campagne e boschi,se stato uman felicità contiene,in voi s'annida il sospirato bene.

Continua nella pagina seguente.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto secondo

EUMETE Erbosi prati, in voinasce il fior del diletto,frutto di libertade in voi si coglie,son delizie dell'uom le vostre foglie.

Scena terzaIro ed Eumete.

IRO Pastor d'armenti puòprati e boschi lodar,avvezzo nelle mandre a conversar.

Quest'erbe che tu nominisono cibo di be... pastor, di bestie enon degli uomini.

Colà fra regi io sto,tu fra gli armenti qui.

Tu godi e tu conversi tutto il dìamicizie selvatiche,io mangio i tuoi compagni, pastor,e le tue pratiche!

EUMETE Iro, gran mangiatore,Iro, divoratore,Iro, loquace!

Mia pace non perturbar,corri, corri a mangiar!

Corri, corri a crepar!

Scena quartaEumete, poi Ulisse in sembianze di vecchio.

EUMETE Ulisse generoso!Fu nobile intrapresalo spopolar, l'incenerir cittadi;ma forse il ciel iratonella caduta del troiano regnovolle la vita tuaper vittima al suo sdegno.

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Atto secondo Il ritorno di Ulisse in patria

ULISSE Se del nomato Ulissetu vegga in questo giornodesiato il ritorno,accogli questo vecchiopovero ch'ha perdutoogni mortal aiutonella cadente età, nell'aspra sorte;gli sia la tua pietà scorta alla morte.

EUMETE Ospite mio sarai,cortese albergo avrai. Sono i mendicifavoriti del ciel, di Giove amici.

ULISSE Ulisse, Ulisse è vivo!La patria lo vedrà,Penelope l'avrà;ché il fato non fu mai d'affetto privo,maturano il destin le sue dimore,credilo a me pastore.

EUMETE Come lieto t'accoglio,mendica deità.Il mio lungo cordoglioda te vinto cadrà.Seguimi amico pur,riposo avrai sicur.

Scena quintaTelemaco e Minerva sul carro.

Sinfonia

TELEMACO Lieto cammino,dolce viaggio,passa il carro divinocome che fosse un raggio.

MINERVA ETELEMACO

Gli dèi possentinavigan l'aure,solcano i venti.

MINERVA Eccoti giunto alle paterne ville,Telemaco prudente.Non ti scordar già mai de' miei consigli,ché se dal buon sentier travia la menteincontrerai perigli.

TELEMACO Periglio invan mi guidase tua bontà m'affida.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto secondo

Scena sestaEumete, Ulisse, Telemaco.

EUMETE O gran figlio d'Ulisseè pur ver che tu tornia serenar della tua madre i giorni,e pur sei giunto al finedi tua casa cadentea riparar l'altissime ruine?

Fugga, fugga il cordoglio e cessi il pianto.Facciam, o peregrino,

all'allegrezze nostre onor col canto.

EUMETE E ULISSE

Verdi spiagge, al lieto giornorabbellite erbette e fiori,scherzin l'aure con gli amori,ride il ciel al bel ritorno.

TELEMACO Vostri cortesi auspici a me son grati.Manchevole piacer però m'alletta,ch'esser calma non puote alma ch'aspetta.

EUMETE Questo che tu qui mirisopra gli omeri stanchiportar gran peso d'anni e mal involtoda ben laceri panni, egli m'accertache d'Ulisse il ritornofia di poco lontan da questo giorno.

ULISSE Pastor, se no 'l fia ver, ch'al tardo passosi trasformi in sepolcro il primo sasso,e la morte che meco amoreggia d'intornoora porti a miei dì l'ultimo giorno.

EUMETE E ULISSE

Dolce speme il cor lusinga,lieto annunzio ogni alma alletta,s'esser paga non puote alma ch'aspetta.

TELEMACO Vanne pur tu veloce,Eumete, alla reggia e del mio arrivofa' ch'avvisata siala genitrice mia.

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Atto secondo Il ritorno di Ulisse in patria

Scena settimaTelemaco, Ulisse.

Scende dal cielo un raggio di fuoco, sopra il capo d'Ulisse, s'apre la terrae Ulisse si profonda.

TELEMACO Che veggio, ohimè, che miro?Questa terra vorace i vivi inghiotte,apre bocche e caverned'umano sangue ingorde, e più non soffredel viator il passo,ma la carne dell'uom tranghiotte il sasso.Che prodigi son questi?Dunque, patria, apprendestia divorar le genti?Rispondono anco ai vivi i monumenti.Così dunque, Minerva,alla patria mi doni?Questa è patria comunese di questo ragioni?Ma se presta ho la lingua,ho la memoria pigra.Quel pellegrin ch'or oraper dar fede a menzognechiamò sepolcri ed invitò la mortedal giusto ciel punitorestò qui seppellito. Ah, caro padre,dunque in modo sì stranom'avvisa il tuo morireil ciel di propria mano?Ahi, che per farmi guerrafa stupori e miracoli la terra.

Qui risorge Ulisse in sua propria forma.TELEMACO Ma che nuovi portenti, ohimè, rimiro?

Fa cambio, fa permutacon la morte la vita?Non sia più che più chiamiquesta caduta amara,se col morir ringiovanir s'impara.

ULISSE Telemaco, convienticangiar le meraviglie in allegrezze,ché se perdi il mendico il padre acquisti.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto secondo

TELEMACO Benché Ulisse si vantidi prosapia celeste,trasformarsi non puote uomo mortale,tanto Ulisse non vale.O scherzano gli dèi,o pur mago tu sei.

ULISSE Ulisse, Ulisse sono:testimonio è Minerva,quella che te portò per l'aria a volo.La forma cangia a me come le aggrada,perché sicuro e sconosciuto vada.

TELEMACO O padre sospirato.

ULISSE O figlio desiato.

TELEMACO Genitor glorioso.

ULISSE Pegno dolce amoroso.

TELEMACO T'inchino o mio diletto.

ULISSE Ecco ti stringo al petto.

TELEMACO Filiale dolcezza...

ULISSE Paterna tenerezza...

TELEMACO ...a lagrimar mi sforza.

ULISSE ...il pianto in me rinforza.

TELEMACO E ULISSE Mortal tutto confida e tutto spera,ché quando il ciel proteggenatura non ha legge:l'impossibile ancor spesso s'avvera.

ULISSE

Vanne alla madre, va';porta alla reggia il piè.Sarò tosto con te,ma pria canuto il pel ritornerà.

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Atto terzo Il ritorno di Ulisse in patria

A T T O   T E R Z O

Scena primaReggia.

Melanto, Eurimaco.

MELANTO Eurimaco, la donnainsomma ha un cor di sasso,parola non la muove,priego invan la combatte;dentro del mal d'amoresempre tenace ha l'alma,o di fede o d'orgoglioin ogni modo è scoglio.Nemica o pur amante,non ha di cera il cor, ma di diamante.

EURIMACO E pur udii soventela poetica schieracantar donna volubile e leggera.

MELANTO Ho speso invan parole, indarno prieghiper condur la regina a nuovi amori;l'impresa è disperata,odia non che l'amor, l'esser amata.

EURIMACO Peni chi brama,stenti chi vuol,goda fra l'ombrechi ha in odio il sol.

MELANTO Penelope trionfanella doglia e nel pianto,fra martiri e contenti,vive lieta Melanto.Ella in pene si nutre, io fra dilettiamando mi giocondo,fra sì vari pensier più bello è il mondo.

EURIMACO Godendo,ridendosi lacera il duol.

MELANTO Amiamo,godiamo,e dica chi vuol.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto terzo

Scena secondaAntinoo, Anfinomo, Pisandro, Eurimaco, Penelope.

ANTINOO Sono l'altre reginecoronate di servi e tu d'amanti.Tributan questi regial mar di tua bellezza un mar di pianti.

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Ama dunque, sì, sì,dunque riama un dì.

PENELOPE Non voglio amar, no, no,ch'amando penerò.

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Ama dunque, sì, sì,dunque riama un dì.

PENELOPE Cari tanto mi sietequanto più ardenti ardete;ma non m'appresso all'amoroso gioco,ché lunge è bel più che vicino il foco.Non voglio amar, no, no,ch'amando penerò.

PISANDRO La pampinosa vitese non s'abbraccia al faggio,l'autun non frutta e non fiorisce il maggio;e se fiorir non restaogni mano la coglie,ogni piè la calpesta.

ANFINOMO Il bel cedro odorosovive, se non s'incalmasenza frutto, spinoso;ma se s'innesta poifigliano frutti e fior gli spini suoi.

ANTINOO L'edera che verdeggiaad onta anco del verno,d'un bel smeraldo eterno,se non s'appoggia perdetra l'erbose rovine il suo bel verde.

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Ama dunque, sì, sì,dunque riama un dì.

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Atto terzo Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE Non voglio amar, non voglio!Come sta in dubbio un ferrose fra due calamite,da due parti diverse egli è chiamato,così sta in forse il corenel tripartito amore.Ma non può amarchi non sa, chi non puòche pianger e penar.Mestizia e dolorson crudeli nemici d'amor.

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

All'allegrezze dunque, al ballo, al canto!Rallegriam la regina:lieto cor ad amar tosto s'inchina.

Scena terzaQui escono otto Mori che fanno un ballo greco, cantato con i seguenti

versi.MORI

Dame in amor belle e gentilamate allor che ride april;non giunge al sen gioia, o piacerse tocca il crin l'età senildunque al gioir, lieto al goderdame in amor belle e gentil.

Vaga nel spin la rosa sta,ma non nel gel, bella è beltà:perde il splendor torbido cielciglio in rigor non è più bel.

Scena quartaEumete e Penelope, i Proci a parte.

EUMETE Apportator d'alte novelle vengo!

EUMETE

È giunto, o gran regina,Telemaco tuo figlio,e forse non fia vanala speme ch'io t'arreco:Ulisse, il nostro rege,il tuo consorte, è vivo,e speriam non lontano,il suo bramato arrivo!

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto terzo

PENELOPE Per sì dubbie novelleo s'addoppia il mio maleo si cangia il tenor delle mie stelle.

Scena quintaAntinoo, Anfinomo, Pisandro, Eurimaco.

ANTINOO Compagni, udiste? Il nostrovicin rischio mortalevi chiama a grandi e risolute imprese.Telemaco ritorna e forse Ulisse.Questa reggia da voiviolata e offesadal suo signor aspettatarda bensì, ma prossima vendetta.Chi d'oltraggiar fu arditoneghittoso non restiin compir il delitto. In sin ad orafu il peccato dolcezza,ora il vostro peccar fia sicurezza,ché lo sperar favori è gran pazziada chi s'offese pria.

ANFINOMO EPISANDRO

N'han fatto l'opre nostreinimici d'Ulisse.L'oltraggiar l'inimico unqua disdisse.

ANTINOO Dunque l'ardir s'accresca,e pria ch'Ulisse arriviTelemaco vicin togliam dai vivi!

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Sì, sì, de' grandi amorisono figli i gran sdegni;quel fere i cori e quest'abbatte i regni.

Qui vola sopra il capo dei Proci un'aquila.EURIMACO Chi dall'alto n'ascolta

or ne risponde, amici:mute lingue del ciel sono gli auspici.Mirate, ohimè miratedel gran Giove l'augello.Ne predice rovine,ne promette flagello.Muova al delitto il piedechi giusto il ciel non crede.

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Atto terzo Il ritorno di Ulisse in patria

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Crediam al minacciar del ciel irato,ché chi non teme il cieloraddoppia il suo peccato.

ANTINOO Dunque prima che giungail filial soccorso,per abbatter quel corefacciam ai doni almen grato ricorso,perché ha la punta d'or lo stral d'Amore.

EURIMACO L'oro sol, l'oro sial'amorosa magia.Ogni cor femminil se fosse pietra,tocco dall'or si spetra.

ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Amor è un'armonia,sono canti i sospiri,ma non si canta ben se l'or non suona;non ama, chi non dona.

Scena sestaBoscareccia.

Ulisse, poi Minerva in abito maestro.

ULISSE Perir non può chi tien per scorta il cielo,chi ha per compagno un dio.A grand'imprese, è ver, volto son io,ma fa peccato gravechi difeso dal ciel il mondo pave.

MINERVA O coraggioso Ulisse,io farò che propongala tua casta consortegiuoco che a te fia gloriae sicurezza e vittoriae a' proci morte.

Allor che l'arco tuo ti giunge in manoe strepitoso tuon fiero t'invitasaetta pur che la tua destra arditatutti conficcherà gli estinti al piano,io starò teco e con celeste lampoatterrerò l'umanità soggetta:cadran vittime tutti alla vendettaché i flagelli del ciel non hanno scampo.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto terzo

ULISSE Sempre è cieco il mortalema all'or si dée più ciecochi 'l precetto divin devoto osservaio ti seguo Minerva.

Scena settimaEumete, Ulisse.

EUMETE Io vidi, o pellegrin, de' proci amantil'ardir infermarsi,l'ardore gelar;negli occhi tremantiil cor palpitar:il nome sol d'Ulisse,quest'alme ree trafisse.

ULISSE

Godo anch'io né so come;rido, né so perché.Tutto gioisco,ringiovanisco,ben lieto affé.

EUMETE Tosto ch'avrem con povera sostanzai corpi invigoriti, andrem veloci.Vedrai di quei ferocifieri i costumi, i gestiimpudenti, inonesti.

ULISSE Non vive eterna l'arroganza in terra:la superbia mortal tosto s'abbatte,ché il fulmine del ciel gli olimpi atterra.

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Atto quarto Il ritorno di Ulisse in patria

A T T O   Q U A R T O

Scena primaReggia.

Telemaco, Penelope.

TELEMACO Del mio lungo viaggio i torti errorigià vi narrai, regina.Ora tacer non possodella veduta grecala bellezza divina.M'accolse Elena bella:io mirando stupii,dentro a quei raggi immersoche di paridi pienonon fosse l'universo;alla figlia di Ledaun sol Paride, dissi, è poca preda.Povere fur le stragifuron lievi gli incendi a tanto focoche se non arde un mondo, il resto è poco.Io vidi in que' begl'occhi,dell'incendio troianole nascenti scintillele bambine favillee ben prima poteaastrologo amoroso da quei giri di focoprofetar fiamme e indovinar ardorida incenerir città, non men che cori.Paride, è ver, morì,Paride ancor gioì.Con la vita pagar convenne l'onta;ma così gran piacereuna morte non sconta.Si perdoni a quell'alma il grave fallo:la bella greca portanel suo volto beatotutte le scuse del troian peccato.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quarto

PENELOPE Beltà troppo funesta, ardor iniquodi rimembranze indegnoti seminò lo sdegnonon tra i fiori d'un volto,ma fra i strisci d'un angue,ché mostro è quell'amore che nuota in sangue.Memoria così tristadisperda pur l'oblio,vaneggia la tua mente,folleggia il tuo desio.

TELEMACO Non per vana folliaElena ti nomai, ma perché essendonella famosa Spartacircondato improvvisodal volo d'un augel destro e felice,Elena ch'è maestradell'indovine scienze e degli auguritutta allegra mi dissech'era vicino Ulisse e che doveadar morte ai proci e stabilirsi il regno.

Scena secondaAntinoo, Eumete, Iro, Ulisse, Penelope.

ANTINOO Sempre villano Eumete,sempre, sempre t'ingegnidi perturbar la pace,d'intorbidir la gioia,oggetto di dolore,ritrovator di noia, hai qui condottoun infesto mendico,un noioso importunoche con sue voglie ingordenon farà che guastar le menti liete.

EUMETE L'ha condotto Fortunaalle case d'Ulisseove pietà s'aduna.

ANTINOO Rimanga ei teco a custodir la greggee qui non venga dovecivile nobiltà comanda e regge.

EUMETE Civile nobiltà non è crudele,né puote anima grandesdegnar pietà che nascede' regi tra le fasce.

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Atto quarto Il ritorno di Ulisse in patria

ANTINOO Arrogante plebeo!Insegnar opre eccelsea te vil uom non tocca,né dée parlar di re villana bocca.E tu, povero indegno,fuggi da questo regno!

IRO Partiti, movi il piè!Se sei qui per mangiar son pria di te.

ULISSE Uomo di grosso taglio,di larga prospettiva,benché canuto ed invecchiato sianon è vile però l'anima mia.Se tanto mi concedel'alta bontà regaletrarrò il corpaccio tuo sotto il mio piede,mostruoso animale.

IRO E che sì, rimbambito guerriero,vecchio importuno,e che sì, che ti strappoi peli della barba ad uno ad uno!

ULISSE Voglio perder la vitase di forza e di vagliaio non ti vinco or or, sacco di paglia!

ANTINOO Vediam, regina, in questa bella coppiad'una lotta di braccia, stravagante duello.

TELEMACO Il campo io t'assicuro,pellegrin sconosciuto.

IRO Anch'io ti do franchigia,combattitor non barbuto.

ULISSE La gran disfida accetto,cavaliero panciuto!

IRO Su, su dunque, alla lotta, su, su!Alla ciuffa, alla lotta, su, su!

(segue la lotta)IRO

Son vinto, ohimè!

ANTINOO Tu vincitor perdonaa chi si chiama vinto.Iro puoi ben mangiar, ma non lottar.

PENELOPE Valoroso mendico! In corte restaonorato e sicuro,ché non è sempre vilechi veste manto povero ed oscuro.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quarto

Scena terzaPisandro, Anfinomo, Melanto, Antinoo, Eumete, Iro, Ulisse, Penelope.

ANFINOMO Generosa regina!Anfinomo a te s'inchina, e ciò che diedelarga e prodiga sortedona a te, per te adunatua novella fortuna.Questa regal coronache di comando è segnoti lascia in testimon di ciò che dona.Dopo il dono del corenon ha dono maggiore.

PENELOPE Anima generosa,prodigo cavaliere, ben sei d'impero degno,ché non merita men chi dona un regno.

PISANDRO Se t'invoglia il desiod'accettar regni in donoben so donar anch'ioed anch'io rege sono.Queste pompose spoglie,questi regali ammanticonfessano superbii miei ossequi, i tuoi canti.

PENELOPE Nobil contesa e generosa garaove amator discretol'arte del ben amar donando impara.

ANTINOO Il mio cor che t'adoranon ti vuol sua regina:l'anima che s'inchina ad adorartideità vuol chiamarti,e come dèa t'incensa coi sospiri,fa vittime i desiri e con quest'orit'offre voti ed onori.

PENELOPE Non andran senza premioopre cotanto eccelse,ché donna quando donase non è prima accesa, allor s'accende,e donna quando togliese non è prima resa al cor s'arrende.Or t'affretta Melanto e qui m'arrecal'arco del forte Ulisse e la faretra:

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Atto quarto Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE e chi sarà di voicon l'arco poderososaettator più fiero avrà d'Ulissee la moglie e l'impero.

TELEMACO Ulisse, e dove sei?Che fai che non ripari le tue perditee in un gli affanni miei?

PENELOPE Ma che promisebocca facile, ahi, troppodiscordante dal core.Numi del cielo! S'io 'l dissisnodaste voi la lingua, apriste i detti,saran tutti del cielo e delle stelleprodigiosi effetti.

ANTINOO, ANFINOMO E PISANDRO

Lieta, soave gloria,grata e dolce vittoria!Cari pianti degli amanti!Cor fedele, costante sencangia il torbido in seren.

PENELOPE Ecco l'arco d'Ulisse,anzi l'arco d'Amorche dée passarmi il cor.Anfinomo, a te lo porgo:chi fu il primo a donarsia il primo a saettar.

Sinfonia

ANFINOMO Amor, se fosti arciero in saettarmi,or dà forza a quest'armiché vincendo dirò:s'un arco mi ferì,un arco mi sanò.

(fa prova di caricar l'arco e non può)

Il braccio non vi giunge,il polso non v'arriva.

Ceda la vinta forza,col non poter anche il desio s'ammorza.

Sinfonia

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quarto

PISANDRO Amor, picciolo numenon sa di saettar:se trafigge i mortalison le saette sue sguardi, non strali,ch'a nume pargolettonegano d'obbedir l'arme di Marte.

Tu, fiero dio, le mie vittorie affretta,il trionfo di Marte a te s'aspetta.

(fa prova di caricar l'arco, ma non può)

Com'intrattabile,com'indomabilel'arco si fa!

Quel petto frigido,protervo e rigido,per me sarà.

Sinfonia

ANTINOO Cedan Marte ed Amoreove impera beltà.

Chi non vince in onor non vincerà.Penelope, m'accingo

in virtù del tuo bello all'alta prova.(fa prova di caricar l'arco e non può)

Virtù, valor non giova.Forse forza d'incanto

contende il dolce vanto.Ah ch'egli è vero

ch'ogni cosa fedelead Ulisse si rendee sin l'arco d'Ulisse, Ulisse attende!

PENELOPE Son vani, oscuri pregii titoli de' regi,senza valor. Il sangue,ornamento regale,illustri scettri a sostener non vale.Chi simile ad Ulissevirtute non possiedede' tesori d'Ulisse è indegno erede.

ULISSE Gioventude superbasempre valor non serba,come vecchiezza umilead ogn'or non è vile.Regina, in queste membratengo un'alma sì arditach'alla prova m'invita.Il giusto non eccedo:rinunzio il premio e la fatica io chiedo.

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Atto quarto Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE Concedasi al mendicola prova faticosa.Contesa glorïosa,contro petti virili un fianco anticoché tra rossori in voltidarà 'l foco d'amor vergogna ai volti.

ULISSE Questa mia destra umiles'arma a tuo conto, o cielo!Le vittorie apprestate, o sommi dèi,s'a voi son cari i sacrifizi miei.

(con l'arco saetta)

Qui tuona.ANTINOO, ANFINOMO

E PISANDRO

Meraviglie, stupor, prodigi estremi!

Apparisce Minerva in macchina.

ULISSE Giove nel suo tuonar grida vendetta:così l'arco saetta.

Sinfonia da guerraULISSE

Minerva altri rincora, altri avvilisce;così l'arco ferisce.Alle morti, alle stragi, alle ruine!

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quinto

A T T O   Q U I N T O

Scena primaIro solo.

IRO

O dolor, o martir che l'alma attrista!O mesta rimembranza

di dolorosa vista!Io vidi i proci estinti;

i proci furo uccisi. Ah, ch'io perdeile delizie del ventre e della gola!

Chi soccorre il digiun, chi lo consola?Oh flebile parola!I proci, Iro, perdesti,

i proci, i padri tuoi.Sgorga pur quante vuoi

lagrime amare e meste,ché padre è chi ti ciba e chi ti veste.

Chi più della tua famesatollerà le brame?

Non troverai chi godaempir del vasto ventrel'affamate caverne;non troverai chi ridadel ghiotto trionfar della tua gola.

Chi soccorre il digiun, chi lo consola?Infausto giorno a mie ruine armato:

poco dianzi mi vinse un vecchio ardito,or m'abbatte la fame,dal cibo abbandonato.

L'ebbi già per nemica,l'ho distrutta, l'ho vinta; or troppo foravederla vincitrice.

Voglio uccider me stesso e non vo' maich'ella porti di me trionfo e gloria!

Chi si toglie al nemico ha gran vittoria.Coraggioso mio core,

vinci il dolore! E priach'alla fame nemica egli soccombavada il mio corpo a disfamar la tomba.

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

Scena secondaDeserto con Ombre de' proci, Mercurio.

[La si lascia fuori per essere malinconica.]

MERCURIO Dell'umana tragedia è questo il fine.Regni, bellezza, amorenel transito dissolve,lo spirto vola e non riman che polve.La morte è dèa possente,abbatte ogni viventené ria speranza giova.Chi non crede all'esempioal fin non può negar fede alla prova.Voi già proci superbi or placid'ombre,prima principi illustri, or alme oscureper man d'Ulisse il fortegran ministro del ciel estinti foste,ed or dopo godutala vagabonda libertà di morteandrete profondati ove chi regnaa incrudelir insegna.Chiaman le vostre colpeprecipizi d'averno,voragini d'inferno,ch'a' perfidi e crudeliquando l'eterno danno ha il ciel prefissos'apre così l'abisso.

Qui s'apre scena infernale e si profondano l'Ombre de' proci.Mercurio segue.

MERCURIO Imparate mortali,sono di vostri brevissimi piacerii castighi immortali.Stolti, sin che vivete,vostri umani dilettihanno la reggia in polve.Mentre godono sol la carne, e i sensi,e poi che morti sietepassa allo spirto un immortalduro cambio infelicegioir farfalla e tormentar fenice.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quinto

MERCURIO Vostra vita è un passaggio,non ha stato e fermezza;se mai giunge bellezzatramonta allor, ch'appena mostra un saggio.Vivi cauto, o mortale,che cammina la vita e 'l tempo ha l'ale,e dove ingorda spemevivendo non s'acquietadell'umana pazzia questa è la meta.

Scena terzaReggia.

Melanto, Penelope.

MELANTO E quai nuovi rumori,e che insolite stragi,e che tragici amori.Chi fu, chi fu l'arditoche osò con nuova guerrala pace intorbidar ch'hai tu negli occhi,e trar disfatti a terraquei templi che ad Amor furon erettiin quei focosi petti?

PENELOPE Vedova amata, vedova regina,nuove lagrime appresto;insomma all'infeliceogni amore è funesto.

MELANTO Così all'ombra de' scettri anco pur sonomalsicure le vite;vicino alle coroneson le destre esecrande ancor più ardite.

PENELOPE Moriro i proci, e questeda lor chiamate stellefuron di quelle mortiassistenti facelle.

MELANTO Penelope, il castigodell'immortale fatonon consigliar che con lo sdegno e l'ira,ché maestade offesaesser giusta non può se non s'adira.

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

PENELOPE Dell'occhio la pietatesi risente all'eccesso,ma concitar il corea sdegno ed a dolor non m'è concesso.

Scena quartaEumete e Penelope.

EUMETE Forza d'occulto affettoraddolcisce il tuo petto.Chi con un arco soloisconosciuto diedea cento morti il duolo,quel forte, quel robustoche domò l'arco e fe' volar gli strali,colui che i proci insidiosi e fellivaloroso trafisserallegrati regina, egli era Ulisse!

PENELOPE Sei buon pastore Eumete,se persuaso credicontro quello che vedi.

EUMETE Il canuto, l'antico,il povero, il mendicoche co' proci superbicoraggioso attaccò mortali risse,rallegrati regina, egli era Ulisse.

PENELOPE Credulo è il volgo e sciocco,è la tromba mendacedella fama fallace.

EUMETE Ulisse io vidi, sì,Ulisse è vivo, è qui!

PENELOPE Relator importuno,consolator nocivo!

EUMETE Dico che Ulisse è qui.Lo stesso 'l vidi e 'l so.Non contenda il tuo no con il mio sì:Ulisse è vivo, è qui!

PENELOPE Io non contendo tecoperché sei stolto e cieco.

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Scena quintaTelemaco e detti.

TELEMACO È saggio Eumete, è saggio,è ver quel ch'ei racconta:Ulisse, a te consorte ed a me padre,ha tutte uccise le nemiche squadre.Il comparir sotto mentito aspetto,sotto vecchia sembianza,arte fu di Minerva e fu suo dono.

PENELOPE Troppo egli è ver che gli uomini qui in terraservon di gioco agli immortali dèi.Se ciò credi ancor tu lor gioco sei.

TELEMACO Vuole così Minerva:per ingannar con le sembianze fintegli inimici d'Ulisse.

PENELOPE Se d'ingannar gli dèi prendon dilettochi far fede mi puoteche non sia mio l'inganno,se fu mio tutto il danno?

TELEMACO Protettrice de' Greciè, come sai Minerva,e più che gli altriUlisse a lei fu caro.

PENELOPE Non han tanto pensierogli dèi lassù nel cielodelle cose mortali.Lasciano ch'arda il foco e agghiacci il gelo,figlian le cause lor piaceri e mali.

TELEMACO Togliti in pace il nero.

EUMETE Io lo dirò, ti seguirò.

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

Scena sestaMarittima.

Minerva e Giunone.

MINERVA Fiamma è l'ira, o gran dèa, foco è lo sdegno.Noi sdegnose ed irate

incenerito abbiam di Troia il regno,offese da un troian, ma vendicate;il più forte fra' Greci ancor contendecol destin, con il fato:Ulisse addolorato.

GIUNONE Per vendetta che piaceogni prezzo è leggero.

Vada il troiano imperoanco in peggio di polvere fugace.

MINERVA Dalle nostre vendettenacquero in lui gli errori;delle stragi diletteson figli i suoi dolori.

Convien al nostro numeil vindice salvar, placar gli sdegnidel dio de' salsi regni.

GIUNONE Procurerò la pace,ricercherò il riposod'Ulisse glorïoso.

MINERVA Per te del sommo Giovee sorella e consortes'aprono nove in ciel divine porte.

Scena settimaGiunone, Giove, Nettuno, Minerva, Coro di Celesti e Coro marittimo.

GIUNONE Gran Giove, alma de' dèi, dio delle menti,mente dell'universo,tu che 'l tutto governi e tutto sei,inchina le tue grazie a' prieghi miei.

GIUNONE

Ulisse troppo errò,troppo, ahi, troppo soffrì;tornalo in pace un dì:fu divin il voler che lo destò.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quinto

GIOVE Per me non avrà maivota preghiera Giuno,ma placar pria conviensilo sdegnato Nettuno.Odimi, o dio del mar:fu scritto qui, dove il destin s'accoglie,dell'eccidio troiano il fatal punto.Or ch'al suo fine il destinato è giuntosdegno ozioso un gentil petto invoglia.Fu ministro del fato Ulisse il forte:soffrì, vinse, pugnò, campion celeste.Per lui, mentre di cenere si veste,cittadina di Troia errò la morte.Nettun, pace o Nettun, Nettun, perdonail suo duolo al mortal, ch'afflitto il rese.Ecco scrive il destin le sue difese;non è colpa dell'uom se 'l cielo tuona.

NETTUNO Son ben quest'onde frigide,son ben quest'onde gelide,ma sentono l'ardor di tua pietà.

Nei fondi algosi ed infiminei cupi acquosi terminiil decreto di Giove anco si sa.

Contro i feaci arditi e temerari,mio sdegno si sfogò:pagò il delitto pessimola nave che restò.

Viva felice pur,viva Ulisse sicur!

CORO DI CELESTI Giove amorosofa il ciel pietosonel perdonar.

CORO MARITTIMO Benché abbia il gelo,non men del cielopietoso il mar.

ENTRAMBI I CORI Prega, mortal, deh, prega,che sdegnato e pregato un dio si piega.

GIOVE Minerva or fia tua curad'acquetar i tumultide' sollevati Achiviche per vendetta degli estinti procipensano portar guerraall'itacense terra.

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

MINERVA

Rintuzzerò quei spirti,smorzerò quegli ardori,comanderò la pace,Giove, come a te piace.

Scena ottavaReggia.

Ericlea sola.ERICLEA

Ericlea, che vuoi far?Vuoi tacer o parlar?Se parli tu consoli,obbedisci se taci.Sei tenuta a servir, obbligata ad amar.Vuoi tacer o parlar?Ma ceda all'obbedienza la pietà;non si dée sempre dir ciò che si sa.

SinfoniaERICLEA

Medicar chi languisce, o che diletto!Ma che ingiurie e dispettoscoprir l'altrui pensier;bella cosa talvolta è un bel tacer.È ferità crudeleil poter con paroleconsolar chi si duole e non lo far;ma del pentirsi alfinassai lunge è il tacer più che 'l parlar.

RitornelloERICLEA

Bel segreto taciutotosto scoprir si può;una sol volta dettocelarlo non potrò.Ericlea, che farai, tacerai tu?Insomma un bel tacer mai scritto fu.

Ritornello

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quinto

Scena nonaPenelope, Telemaco, Eumete, Ericlea.

PENELOPE Ogni nostra ragion se n' porta il vento.Non ponno i nostri sogniconsolar le vigiliedell'anima smarrita.Le favole fan riso e non dan vita.

TELEMACO Troppo incredula!

EUMETE Incredula troppo!

TELEMACO Troppo ostinata!

EUMETE Ostinata troppo!

TELEMACO È più che vero.

EUMETE Di vero è piùche 'l vecchio arcieroUlisse fu.

TELEMACO Eccolo che se n' vienee la sua forma tiene.

EUMETE Ulisse egli è!

TELEMACO Eccolo affé!

Scena decimaSopraggiunge Ulisse in sua forma, e detti.

ULISSE O delle mie fatichemeta dolce e soave,porto caro amorosodove corro al riposo.

PENELOPE Fermati, cavaliero,incantator o mago!Di tue finte sembianze io non m'appago.

ULISSE Così del tuo consorte,così dunque t'appressia' lungamente sospirati amplessi?

PENELOPE Consorte io sono, ma del perduto Ulisse,né incantesimo o magieperturberan la fé, le voglie mie.

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

ULISSE In onor de tuoi rail'eternità sprezzai,volontario cangiando e stato e sorte.Per serbarmi fedel son giunto a morte.

PENELOPE Quel valor che ti resead Ulisse similecare mi fa le stragidegli amanti malvagi.Questo di tua bugiail dolce frutto sia.

ULISSE Quell'Ulisse son iodelle ceneri avanzo,residuo delle morti,degli adulteri e ladrifiero castigator e non seguace.

PENELOPE Non sei tu 'l primo ingegnoche con nome mentitotentasse di trovar comando o regno.

ERICLEA Or di parlar è tempo.È questo Ulisse,casta e gran donna; io lo conobbi all'orache nudo al bagno venne, ove scopersidel feroce cinghialel'onorato segnale.Ben ti chieggio perdon se troppo tacqui:loquace femminil garrula linguaper comando d'Ulissecon fatica lo tacque e non lo disse.

PENELOPE Credere ciò ch'è desio m'insegna amore;serbar costante il sen comanda onore.Dubbio pensier, che fai?La fé negata a' prieghidel buon custode Eumete,di Telemaco il figlio,alla vecchia nutrice anco si nieghi,ché il mio pudico lettosol d'Ulisse è ricetto.

ULISSE Del tuo casto pensiero io so 'l costume,so che 'l letto pudicoche tranne Ulisse solo altro non videogni notte da te s'adorna e coprecon un serico drappodi tua mano contesto, in cui si vedecol virginal suo coroDiana effigiata.

Continua nella pagina seguente.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Atto quinto

ULISSE M'accompagnò mai semprememoria così grata.

PENELOPE Or sì ti riconosco, or sì ti credo,antico possessoredel combattuto core.Onestà mi perdoni,dono tutto ad amor le sue ragioni.

ULISSE Sciogli la lingua, sciogliper allegrezza i nodi!Un sospir, un ohimè, la voce snodi.

PENELOPE

Illustratevi o cieli,rinfioratevi o prati, aure gioite!Gli augelletti, cantando,i rivi mormorando or si rallegrino!Quell'erbe verdeggianti,quell'onde sussurranti or si consolino,già ch'è sorta felicedal cenere troian la mia fenice.

ULISSE Sospirato mio sole!

PENELOPE Rinnovata mia luce!

ULISSE Porto quieto e riposo!

PENELOPE, ULISSE Bramato sì, ma caro.

PENELOPE Per te gli andati affannia benedir imparo.

ULISSE Non si rammentipiù de' tormenti.Tutto è piacer.

PENELOPE Fuggan dai pettidogliosi affetti!Tutto è goder!

PENELOPE E ULISSE Del piacer, del goder venuto è 'l di.Sì, sì, vita, sì, sì core, sì, sì!

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Atto quinto Il ritorno di Ulisse in patria

Aggiunta al finaleCoro degli Itacesi, talvolta eseguito in teatro.

(Monteverdi, VIII libro di madrigali)

CORO Pugna spesso con l'uom fortuna e sorte:spesso ei vede il destin di sdegno armato,ma cede la fortuna e arride il fatose s'arma di virtù l'uom saggio e forte.

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G. Badoaro / C. Monteverdi, 1640 Indice

I N D I C E

Personaggi...............................................3

Prologo....................................................5Scena unica........................................5

Atto primo...............................................7Scena prima........................................7Scena seconda....................................9Scena terza.......................................11Scena quarta.....................................11Scena quinta.....................................12Scena sesta.......................................13Scena settima....................................13Scena ottava.....................................15Scena nona.......................................17

Atto secondo.........................................19Scena prima......................................19Scena seconda..................................20Scena terza.......................................21Scena quarta.....................................21Scena quinta.....................................22Scena sesta.......................................23Scena settima....................................24

Atto terzo..............................................26

Scena prima......................................26Scena seconda..................................27Scena terza.......................................28Scena quarta.....................................28Scena quinta.....................................29Scena sesta.......................................30Scena settima....................................31

Atto quarto............................................32Scena prima......................................32Scena seconda..................................33Scena terza.......................................35

Atto quinto............................................39Scena prima......................................39Scena seconda..................................40Scena terza.......................................41Scena quarta.....................................42Scena quinta.....................................43Scena sesta.......................................44Scena settima....................................44Scena ottava.....................................46Scena nona.......................................47Scena decima....................................47Aggiunta al finale.............................50

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Brani significativi Il ritorno di Ulisse in patria

B R A N I   S I G N I F I C A T I V I

Ama dunque, sì, sì (Antinoo, Anfinomo, Pisandro e Penelope) ................................ 27

Di misera regina (Penelope) ......................................................................................... 7

Dolce speme il cor lusinga (Eumete e Ulisse) ............................................................ 23

Illustratevi o cieli (Penelope) ..................................................................................... 49

Ninfe serbate (Minerva e Ulisse) ................................................................................ 17

O padre sospirato (Telemaco e Ulisse) ....................................................................... 25

Sospirato mio sole! (Ulisse e Penelope) ..................................................................... 49

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