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Il rischio esplosionee le direttive ATEXdi Fausto Di Tosto

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ISPESL

A cura del DipartimentoCertificazione e Conformità di Prodottied Impianti

Il rischio esplosionee le direttive ATEX

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ISBN: 978-88-324-7112-0

© 2008 Il Sole 24 ORE S.p.A.

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Questo volume è stato chiuso in redazione il 14 novembre 2008

Prima edizione: novembre 2008

Impaginazione: Oldoni Grafica Editoriale - Milano

Finito di stampare nel mese di novembre 2008Dalla L.E.G.O. Spa - Stabilimento di Lavis (TN)

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Indice

Prefazione ................................................................................................ pag. XIIIIntroduzione ............................................................................................... » XV

Capitolo 1Scopo ......................................................................................................... 1

Capitolo 2Le direttive europee sui prodotti e sugli impianti......................... » 32.1 Generalità......................................................................................... » 32.2 Struttura di lavoro all’interno della direttiva 94/9/CE ............ » 5

Capitolo 3Generalità sulle sostanze infiammabili di gas-vapori .................... » 73.1 Limiti di infiammabilità................................................................. » 73.2 Limiti di infiammabilità di miscele.............................................. » 83.3 Limiti di infiammabilità in funzione di pressione e

temperatura ..................................................................................... » 83.3.1 Influenza della temperatura................................................ » 83.3.2 Influenza della pressione..................................................... » 9

3.4 Definizioni utili sulle sostanze...................................................... » 103.4.1 Energia minima di innesco.................................................. » 103.4.2 Temperatura di autoaccensione (di un gas combustibile

o di un liquido combustibile).............................................. » 103.4.3 Calore di reazione e di combustione.................................. » 10

3.5 Infiammabilità dei liquidi.............................................................. » 113.6 Classificazione dei liquidi combustibili ...................................... » 12

Capitolo 4Generalità sulle esplosioni ................................................................... » 154.1 Reazioni di combustione ............................................................... » 154.2 Fenomeni di deflagrazione e detonazione.................................. » 174.3 Considerazioni di base sulle deflagrazioni................................. » 18

4.3.1 Effetto di temperatura e pressione sui dati caratteristicidell’esplosione....................................................................... » 18

4.3.2 Velocità laminare di combustione e velocità del frontedi fiamma............................................................................... » 20

4.3.3 Effetto della turbolenza ....................................................... » 21

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VI IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Capitolo 5Modelli di esplosioni .............................................................................. pag. 235.1 Generalità......................................................................................... » 235.2 Modello unconfined vapor cloud explosion (UVCE) ...................... » 245.3 Modello del TNT equivalente....................................................... » 245.4 Modello del pistone equivalente .................................................. » 27

Capitolo 6La direttiva di prodotto 94/9/CE ........................................................ » 316.1 Generalità......................................................................................... » 316.2 Campo di applicazione .................................................................. » 326.3 Responsabilità del fabbricante...................................................... » 366.4 Insiemi o assiemi............................................................................. » 376.5 Gruppi e categorie di apparecchi ................................................. » 386.6 Esempi di applicabilità .................................................................. » 42

Capitolo 7La direttiva sociale 1999/92/CE ......................................................... » 497.1 Campo di applicazione .................................................................. » 497.2 Responsabilità del datore di lavoro/gestore dell’impianto....... » 497.3 Struttura del documento sulla protezione contro le esplosioni » 51

7.3.1 Descrizione delle fasi del processo e/o delle attività ....... » 517.3.2 Descrizione delle sostanze impiegate/elenco dei

parametri di sicurezza ......................................................... » 517.3.3 Presentazione dei risultati della valutazione del rischio » 51

7.4 Misure di prevenzione/protezione dalle esplosioni .................. » 527.5 Misure organizzative...................................................................... » 527.6 Realizzazione delle misure di protezione contro le esplosioni » 527.7 Coordinamento delle misure di protezione contro le

esplosioni ......................................................................................... » 53

Capitolo 8Calcolo delle portate di efflusso a seguito di rilasci di sostanze

pericolose........................................................................................ » 558.1 Efflusso liquido da recipienti in pressione.................................. » 578.2 Efflusso di gas/vapore da recipienti in pressione ...................... » 588.3 Efflusso in caso di rilasci bifasici da recipienti in pressione..... » 598.4 Evaporazione................................................................................... » 60

8.4.1 Evaporazione di liquidi bassobollenti ............................... » 618.4.2 Evaporazione di liquidi altobollenti .................................. » 63

8.5 Scenari incidentali possibili per rilasci di gas liquefatto........... » 638.5.1 Rottura catastrofica .............................................................. » 648.5.2. Rottura limitata..................................................................... » 64

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INDICE VII

Capitolo 9Cenni alla classificazione delle aree con pericolo di esplosione

da gas, vapori o nebbie infiammabili ....................................... pag. 679.1 Generalità......................................................................................... » 679.2 Definizione delle zone pericolose ................................................ » 689.3 Grado di emissione delle sorgenti................................................ » 699.4 Individuazione della zona pericolosa.......................................... » 719.5 Estensione della zona pericolosa.................................................. » 739.6 Classificazione delle aree in casi particolari - Cabine di

verniciatura...................................................................................... » 779.6.1 Generalità............................................................................... » 779.6.2 Classificazione delle zone pericolose in cabina................ » 789.6.3 Requisiti di sicurezza ........................................................... » 79

Capitolo 10Cenni alla classificazione delle aree dove sono o possono essere

presenti polveri combustibili ..................................................... » 8110.1 Generalità......................................................................................... » 8110.2 Estensione di zone pericolose da polvere ................................... » 8310.3 Il sistema di aspirazione ................................................................ » 8510.4 Pericolo da strati di polvere .......................................................... » 8610.5 Esempio............................................................................................ » 8610.6 Misure adottate ............................................................................... » 87

Capitolo 11Principi per minimizzare il rischio di esplosione ........................... » 8911.1 Generalità......................................................................................... » 8911.2 Principi della direttiva 94/9/CE .................................................. » 8911.3 Principi della direttiva 99/92/CE ................................................ » 90

Capitolo 12Misure di prevenzione dell’atmosfera esplosiva - Inertizzazione » 9512.1 Generalità......................................................................................... » 9512.2 La penisola di infiammabilità ....................................................... » 9512.3 Effetto di pressione e temperatura. .............................................. » 9812.4 Metodi di inertizzazione - Pressure swing-inerting ..................... » 9812.5 Metodi di inertizzazione - Flow through inerting ........................ » 10012.6 Limiti di sicurezza .......................................................................... » 101

Capitolo 13Misure di prevenzione delle sorgenti di innesco............................ » 10713.1 Generalità......................................................................................... » 10713.2 Classificazione delle sorgenti di innesco..................................... » 10713.3 I modi di protezione “non elettrici” secondo le EN 13463 ....... » 10813.4 Valutazione del pericolo di innesco ............................................. » 10913.5 Il documento di valutazione del pericolo di innesco ................ » 109

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VIII IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

13.6 Temperatura superficiale.............................................................. pag. 11113.7 Limitazione della temperatura superficiale............................... » 111

13.7.1 Utilizzazione in atmosfere esplosive gas/aria, vapore/aria e nebbia/aria ............................................................... » 111

13.7.2 Utilizzazione in atmosfere esplosive polveri/aria ........ » 11213.8 Prevenzione dalla formazione di cariche elettrostatiche ......... » 115

13.8.1 Generalità ............................................................................ » 11513.8.2 Principi di elettricità statica .............................................. » 115

13.8.2.1 Introduzione .......................................................... » 11513.8.2.2 Formazione di carica nei liquidi in tubazioni

e filtri ...................................................................... » 11613.8.2.3 Formazione di carica per contatto di polveri.... » 117

13.8.3 Accumulo di carica elettrostatica ..................................... » 11713.8.4 Tipologie di cariche elettrostatiche .................................. » 120

13.8.4.1 Introduzione .......................................................... » 12013.8.4.2 Scintille (sparks) ..................................................... » 12013.8.4.3 Effetto corona (corona discharge) .......................... » 12113.8.4.4 Scariche a fiocco (brush discharge) ....................... » 12213.8.4.5 Scariche propagantesi a fiocco

(propagating brush discharge)................................. » 12213.8.4.6 Scariche coniche (cone discharge or

bulk brush discharge)............................................... » 12313.9 Requisiti costruttivi per parti non conduttive di apparecchi

soggetti a carica elettrostatica ...................................................... » 12513.10 Apparecchi contenenti metalli leggeri........................................ » 12613.11 Materiali non metallici .................................................................. » 12613.12 Verifiche e prove ............................................................................ » 128

13.12.1Prova di resistenza all’impatto ......................................... » 12913.12.2Misura della resistenza superficiale dell’involucro....... » 130

Capitolo 14La legge cubica ....................................................................................... » 13114.1 Generalità........................................................................................ » 13114.2 Variabilità di KG e KSt .................................................................... » 131

Capitolo 15Limitazione degli effetti dell’esplosione mediante misure di

protezione costruttive ................................................................ » 13715.1 Generalità........................................................................................ » 13715.2 Esplosione primaria e secondaria ............................................... » 138

Capitolo 16Scarico dell’esplosione (venting) ....................................................... » 14116.1 Generalità........................................................................................ » 14116.2 Criteri di calcolo per sistemi di scarico delle esplosioni di

polveri ............................................................................................. » 143

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INDICE IX

16.2.1 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione dipolveri - EN 14491 .............................................................. pag. 143

16.2.2 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosionedi polveri - NFPA 68........................................................... » 144

16.2.3 Effetto della pressione iniziale elevata ............................ » 14616.2.4 Effetto di contenitori parzialmente occupati .................. » 14716.2.5 Venting di collettori (Dust Collectors) che usano cuscini,

filtri o cartucce .................................................................... » 14716.2.6 Effetto dei condotti di scarico e tubazioni connesse

ai vessel ................................................................................ » 14816.3 Scarico delle esplosioni di gas - EN 14994 ................................. » 149

16.3.1 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione digas per custodie compatte L/D ≤ 2.................................. » 149

16.3.2 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione digas per custodie allungate L/D > 2 ................................. » 150

16.3.3 Effetto dei condotti di scarico e tubazioni connesseai vessel ................................................................................ » 153

16.3.4 Effetto della pressione iniziale diversa da quellaatmosferica .......................................................................... » 153

16.4 La certificazione dei dispositivi di sfogo dell’esplosione ........ » 15416.5 Esempio di calcolo dell’area di sfogo ......................................... » 15616.6 Effetti della risposta dinamica della struttura........................... » 160

16.6.1 Effetti della deflagrazione all’azionamentodei vent - Forze di reazione............................................... » 162

16.6.2 Effetto esterno della fiamma e della pressione............... » 163

Capitolo 17Progettazione resistente all’esplosione ........................................... » 16717.1 Generalità........................................................................................ » 16717.2 Approccio NFPA............................................................................ » 16817.3 Dimensionamento del rinforzo del tronchetto.......................... » 17017.4 Verifica secondo EN 14460 ........................................................... » 17117.5 Carichi addizionali ........................................................................ » 17117.6 Verifica della combinazione tra carichi addizionali e

pressione interna............................................................................ » 17417.7 Verifica pressione di prova secondo EN 14460.......................... » 17417.8 Informazioni per l’uso .................................................................. » 17417.9 Un caso pratico .............................................................................. » 175

Capitolo 18Soppressione dell’esplosione .............................................................. » 18118.1 Principi della soppressione dell’esplosione............................... » 18118.2 Variabilità della pressione di esplosione ridotta Pred, max...... » 18218.3 Effetto delle custodie allungate ................................................... » 18418.4 Effetto dei volumi ostruiti ............................................................ » 18418.5 Sicurezza integrata dei sistemi di soppressione........................ » 184

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X IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Capitolo 19Sistemi di isolamento dell’esplosione ............................................... pag. 187

Capitolo 20La sicurezza funzionale ........................................................................ » 19120.1 Generalità sulle norme IEC 61508 IEC 61511............................. » 19120.2 Applicazione della sicurezza funzionale alle funzioni di

sicurezza contro le esplosioni ...................................................... » 19120.3 La tolleranza al guasto nella direttiva 94/9/CE ....................... » 19420.4 Implementazione delle funzioni di sicurezza ........................... » 19520.5 Guasti .............................................................................................. » 19520.6 Ratei dei guasti casuali (hardware)............................................... » 19620.7 Cause comuni di guasto ............................................................... » 19720.8 Safe Failure Fraction (SFF) .............................................................. » 19820.9 Hardware Fault Tolerance (HFT) .................................................... » 19820.10 Requisiti dei SIL............................................................................. » 19820.11 Requisiti quantitativi..................................................................... » 19820.12 Vincoli dell’architettura ................................................................ » 19920.13 Determinazione dei SIL (Safety Integrity Level)

dell’hardware ................................................................................... » 20020.14 Probabilità di guasto su richiesta (PFD)..................................... » 20020.15 Probabilità di guasto su richiesta (PFD) e cause comuni

di guasto.......................................................................................... » 20120.16 Failure Mode and Effects Analysis (FMEA) ................................... » 20220.17 Verifica del SIL ............................................................................... » 202Esempi....................................................................................................... » 203

Capitolo 21Metodologia per la valutazione del rischio di impianto ............... » 20921.1 Generalità........................................................................................ » 20921.2 Definizione del rischio esplosione .............................................. » 21121.3 Generalità sulla metodologia LOPA ........................................... » 21121.4 La tolleranza al guasto nella direttiva 94/9/CE ....................... » 21321.5 Valutazione del rischio di I livello............................................... » 214

21.5.1 Esempio................................................................................ » 21521.6 Valutazione del rischio di II livello ............................................. » 217

21.6.1 Probabilità di presenza di atmosfera esplosiva.............. » 21721.6.2 Probabilità di presenza di una sorgente di innesco....... » 21821.6.3 Valutazione degli scenari di esplosione .......................... » 21921.6.4 Frequenza dello scenario senza misure

preventive FNS ................................................................... » 22121.6.5 Frequenza dello scenario con misure

preventive FWS................................................................... » 22121.6.6 Severità dell’esplosione ..................................................... » 22121.6.7 Stima del livello di rischio................................................. » 223

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INDICE XI

Capitolo 22La marcatura CE dei prodotti Atex .................................................... pag. 22522.1 Generalità........................................................................................ » 22522.2 La marcatura CE di apparecchi ................................................... » 22522.3 Regole di marcatura CE per apparecchi..................................... » 22622.4 La marcatura CE di sistemi di protezione.................................. » 22722.5 Ulteriori elementi per la marcatura CE di sistemi di

soppressione dell’esplosione e sistemi di isolamentodell’esplosione................................................................................ » 228

22.6 La marcatura CE per assiemi ....................................................... » 22822.7 La marcatura CE di dispositivi di cui all’art. 1 punto 2 della

direttiva 94/9/CE.......................................................................... » 22922.8 Esempio di marcatura per apparecchi........................................ » 230

APPENDICE 1 ............................................................................................. » 233APPENDICE 2 ............................................................................................. » 273

Bibliografia ................................................................................................. » 283

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Prefazione

Nonostante i continui miglioramenti delle condizioni di salute e sicurezzanei luoghi di lavoro che hanno caratterizzato gli ultimi decenni, l’impatto de-gli infortuni e delle malattie correlate al lavoro rimane a tutt’oggi assai rile-vante.

La strategia comunitaria per la salute e la sicurezza sul lavoro focalizza letre esigenze da soddisfare per garantire un ambiente di lavoro sicuro e sanoe cioè il consolidamento della cultura della prevenzione dei rischi, la miglio-re applicazione del diritto esistente e l’impostazione globale del “benessere”sul lavoro.

Al tal fine, la Commissione UE propone le tre grandi direttrici, ovvero:adeguare il quadro giuridico, integrare la problematica della sicurezza e del-la salute sul luogo di lavoro in altre politiche comunitarie e incoraggiare la“spinta al progresso” intesa come l’elaborazione di pratiche migliori, il dialo-go sociale e la responsabilità sociale delle imprese.

Contestualmente, l’implementazione della normativa comunitaria per-segue l’obiettivo di definire la natura, l’entità e l’impatto dei nuovi fattoridi rischio che emergono in relazione ai rapidi cambiamenti del mondo dellavoro.

Nel corso dell’anno 2003 sono diventate obbligatorie le due direttive ri-guardanti le atmosfere potenzialmente esplosive, ovvero la direttiva 94/9/CErelativa ai prodotti destinati ad essere utilizzati in atmosfere potenzialmenteesplosive, e la direttiva sociale 99/92/CE relativa alle prescrizioni minimeper il miglioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratoriche possono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive.

L’ISPESL, nell’ambito dei suoi molteplici ruoli istituzionali, assicura lastandardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle procedure perla valutazione dei rischi in materia di igiene e sicurezza negli ambienti di la-voro ed effettua, altresì, attività di certificazione per la direttiva n. 97/23/CE(PED) sugli apparecchi a pressione, per la direttiva 97/36/CE (TPED) sugliapparecchi a pressione trasportabili e per la direttiva 94/9/CE sugli apparec-chi destinati ad essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive.

L’ISPESL, quale Istituto nazionale di riferimento per la ricerca, la forma-zione, l’informazione, la consulenza, l’assistenza e gli interventi nel settoredella tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro, si è fatto datempo promotore o copromotore di collaborazioni a livello nazionale ed in-

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XIV IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

ternazionale finalizzate alla creazione di reti di eccellenza nel settore OSH(Occupational Safety and Health).

In questa ottica si inserisce la presente pubblicazione che vuole costituireuna base di partenza per l’approccio alla filosofia della sicurezza nel settoredelle atmosfere esplosive, cercando di fornire un valido contributo a tutti glioperatori del settore e alle Istituzioni che, nell’ambito delle proprie compe-tenze, devono esercitare l’attività di vigilanza diretta ed indiretta negli am-bienti di lavoro.

Il Presidente dell’IstitutoProf. Antonio Moccaldi

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Introduzione

La riforma sanitaria varata dal Parlamento italiano nel 1978 condusse al-l’istituzione, nel 1982, dell’Istituto Superiore per la Prevenzione e la Sicu -rezza del Lavoro (ISPESL), a cui furono assegnate, oltre ai compiti di ricercadi indirizzo e coordinamento in materia di salute e sicurezza del lavoro, an-che competenze in materia di certificazione ed omologazione di apparec-chiature ed impianti.

Queste ultime, in particolare, hanno risentito delle profonde mutazioni dicarattere tecnico procedurale introdotte dalle direttive europee del cosiddet-to “nuovo approccio”.

L’ISPESL, nel corso di questi ultimi anni, ha saputo adattarsi al cambia-mento epocale introdotto dal nuovo quadro normativo europeo, riuscendo aconciliare le funzioni istituzionali svolte nel campo della sicurezza e dellaprevenzione degli infortuni con le nuove funzioni di certificazione dei pro-dotti in qualità di organismo notificato.

Nel febbraio 2005 l’ISPESL è stato riconosciuto quale organismo di certifi-cazione secondo la direttiva 94/9/CE (ATEX) in materia di prodotti destina-ti ad essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive.

In questo quadro l’ISPESL, continuando la sua opera di divulgazione del-le attività di studio, approfondimento e ricerca, ha ritenuto opportuno realiz-zare la presente pubblicazione, destinata a tutti gli operatori del settore, conlo scopo di fornire uno strumento di supporto ed approfondimento tecnicoper le attività previste dalle direttive ATEX (valutazione del rischio di im-pianto, valutazione delle apparecchiature, ecc.).

Il lavoro si rivolge pertanto sia ai soggetti privati in qualità di progettisti,consulenti ecc., sia ai soggetti appartenenti alle Istituzioni che hanno il deli-cato compito della vigilanza nel settore della tutela della salute e della sicu-rezza dei luoghi di lavoro.

Il punto di forza di questa pubblicazione è che essa costituisce in qualchemodo una sintesi tra le attività in campo che i tecnici dell’Istituto maturanoquotidianamente attraverso l’attività operativa sul territorio e le attività distudio e di approfondimento normativo che derivano dalla partecipazione agruppi di lavoro normativi, nazionali ed internazionali, a cui l’Istituto hasempre rivolto una particolare attenzione.

L’autore della pubblicazione, infatti, oltre a coordinare le attività di certi-ficazione dell’Istituto connesse alle atmosfere esplosive, risulta membro del -

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XVI IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

l’ATEX Working Group di Bruxelles che opera in seno alla Commissione per-manente sulla direttiva 94/9/CE.

Tale pubblicazione, nelle intenzioni dell’Istituto, dovrà essere uno stru-mento dinamico di supporto, che verrà periodicamente aggiornato in fun-zione dello sviluppo normativo, del progresso della tecnica sugli argomentiin questione, del maturare dell’esperienza da parte di tutti i soggetti coinvol-ti nelle tematiche delle direttive ATEX.

Il presente documento è stato realizzato dall’Unità di certificazione ATEXdel Dipartimento Certificazione e Conformità dei Prodotti e Impianti.

Il Direttore Generale Dott. Umberto Sacerdote

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Nel corso dell’anno 2003 sono diventate obbligatorie le due direttive ri-guardanti le atmosfere potenzialmente esplosive ovvero:• la direttiva 94/9/CE relativa ai prodotti destinati ad essere utilizzati in at-

mosfere potenzialmente esplosive, tramite il recepimento dello statomembro italiano attraverso il Dpr 23 marzo 1998, n. 126 pubblicato sullaG.U. n. 101 del 4 maggio 1998;

• la direttiva sociale 99/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il mi-glioramento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori chepossono essere esposti al rischio di atmosfere esplosive, tramite il rece-pimento dello stato membro italiano attraverso il Dlgs 12 giugno 2003,n. 233 e successivo Dlgs 9 aprile 2008 n. 81.

L’ISPESL, attraverso le proprie strutture centrali e periferiche, è chiamatoa svolgere attività di ricerca, sperimentazione, controllo, consulenza, assi-stenza, formazione, informazione e documentazione per quanto concerne latutela della sicurezza e della salute nei luoghi di lavoro. Assicura inoltre lastandardizzazione tecnico-scientifica delle metodiche e delle procedure perla valutazione dei rischi, in materia di igiene negli ambienti di lavoro, sicu-rezza dei lavoratori, macchine, impianti ecc.

Effettua, altresì, tramite il Dipartimento Certificazione e Conformità deiProdotti e Impianti e le Agenzie territoriali, attività di certificazione di pro-dotto per quanto riguarda le attrezzature in pressione.

Con il recepimento della direttiva 94/9/CE ATEX che ha ampliato il cam-po di applicazione della legislazione previgente anche alle apparecchiature“non elettriche”, l’Istituto si è trovato nella necessità di essere autorizzatoquale organismo di certificazione secondo la direttiva 94/9/CE al fine diesaudire le richieste sempre più pressanti di molti operatori del settore.

Gli operatori tecnici che fino ad oggi hanno lavorato nel campo delle at-trezzature in pressione, sono stati marginalmente coinvolti nelle problemati-che relative alla sicurezza delle atmosfere esplosive, settore peraltro già am-pliamente conosciuto da tutti gli addetti alla sicurezza per quel che riguardail materiale e gli impianti elettrici.

In questa ottica è nata l’esigenza di produrre il presente lavoro che vuoleessere una base di partenza per l’approccio alla filosofia della sicurezza nel

Capitolo 1Scopo

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2 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

settore delle atmosfere esplosive, e che ha cercato di focalizzare i seguentipunti ritenuti maggiormente rappresentativi:• i contenuti della nuova legislazione in relazione ai prodotti “non elettrici”

rientranti nel campo di applicazione della direttiva 94/9/CE;• i possibili criteri di valutazione del rischio di impianto riferendosi a meto-

dologie in grado di conciliare la rigorosità della complessa fenomenologiadell’esplosione con la necessità di disporre di strumenti pratici da imple-mentare nella piccola e media industria.

Il presente documento è stato realizzato sulla base dei contenuti delle di-rettive, delle norme tecniche di supporto alle direttive, delle guide alle nor-me di buona tecnica del settore e dei pareri emessi dai Comitati ufficiali delsettore.

L’operatività sul territorio, il contatto con il mondo industriale e con i con-sulenti e i progettisti del settore hanno reso più agevole l’elaborazione di untesto di tipo “manualistico” non rinunciando, laddove ritenuto utile, ad unaesposizione teorica delle argomentazioni affrontate.

Vista la specificità dei contenuti nonché l’evoluzione che gli standard tec-nici esistenti subiscono a causa dell’avanzamento tecnologico in materia, il la-voro non può essere considerato esaustivo dell’argomento, rimandando perquesto, alle pubblicazioni maggiormente consistenti citate in bibliografia.

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Capitolo 2Le direttive europee sui prodotti e sugli impianti

2.1 Generalità

Le direttive del nuovo approccio si applicano ai prodotti destinati ad esse-re commercializzati o messi in servizio nel mercato comunitario e sono desti-nate a garantire la libera circolazione dei prodotti conformi all’elevato livellodi protezione stabilito nelle direttive applicabili.

Nelle direttive del nuovo approccio vengono disciplinati un’ampia gam-ma di prodotti e di rischi, che possono sovrapporsi e integrarsi a vicenda conla conseguenza che diverse direttive possono essere prese in esame per unostesso prodotto.

È responsabilità del fabbricante stabilire se il suo prodotto rientri o menonel campo di applicazione di una o più direttive.

Tutte le direttive definiscono i requisiti essenziali di sicurezza che i pro-dotti, immessi nel mercato nella Comunità e messi in servizio, devono rispet-tare per poter circolare liberamente all’interno della Comunità stessa.

I prodotti possono essere immessi nel mercato e messi in servizio solo serispettano i requisiti essenziali (spesso si usa dire che i requisiti essenziali disicurezza sono vincolanti per l’immissione sul mercato).

Gli Stati membri devono presumere che i prodotti muniti di marcatura CEsiano conformi a tutte le disposizioni delle direttive applicabili che ne preve-dono l’apposizione.

Non possono pertanto vietare, limitare o impedire l’immissione nel mer-cato e la messa in servizio sul loro territorio di prodotti che recano la marca-tura CE, a meno che le disposizioni in materia di marcatura CE siano stateapplicate impropriamente.

I requisiti essenziali di sicurezza devono essere applicati in relazione al ri-schio insito in un dato prodotto.

Il fabbricante deve pertanto effettuare un’analisi per determinare quali re-quisiti essenziali di sicurezza siano applicabili al prodotto in questione.L’analisi va documentata e inserita nella documentazione tecnica.

I requisiti essenziali di sicurezza generalmente definiscono i risultati daconseguire, senza tuttavia specificare o prevedere le soluzioni tecniche perfarlo. Tale flessibilità consente al Fabbricante di scegliere le modalità per sod-disfare i requisiti fissati ed applicabili; consente inoltre, ad esempio, di ade-guare i materiali e la progettazione del prodotto al progresso tecnologico.

Le direttive del nuovo approccio non devono pertanto essere costantemen-

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te adeguate all’evoluzione tecnologica, visto che la valutazione dei requisitisoddisfatti o meno si fonda sullo stato tecnico dell’arte in un momento benpreciso.

Le specifiche tecniche dei prodotti che rispondono ai requisiti essenzialidi sicurezza fissati nelle direttive vengono definite nelle cosiddette “normearmonizzate” ovvero specifiche tecniche approvate da un organismo euro-peo riconosciuto (CEN = Comitato europeo di normalizzazione; CENELEC= Comitato europeo di coordinamento delle norme elettrotecniche).

In base ai regolamenti interni di questi organismi le norme europee devo-no essere recepite a livello nazionale e tutte le norme nazionali in conflitto conesse devono essere abrogate entro un determinato periodo di tempo.

Una norma armonizzata deve corrispondere ai requisiti essenziali di sicu-rezza della direttiva attinente, ma non necessariamente deve “coprire” tutti irequisiti essenziali di sicurezza della direttiva.

In tal caso spetta al fabbricante utilizzare altre specifiche tecniche perti-nenti per soddisfare tutti i requisiti essenziali di sicurezza della direttiva in-teressata.

L’applicazione delle norme armonizzate rimane volontaria e il fabbrican-te può sempre applicare altre specifiche tecniche per soddisfare i requisitiprevisti. In tal caso esso è tenuto a dimostrare che i suoi prodotti sono confor-mi ai requisiti essenziali di sicurezza.

I prodotti fabbricati nel rispetto delle norme armonizzate sono ritenuti con -formi ai corrispondenti requisiti essenziali di sicurezza.

Se il fabbricante applica solo una parte di una norma armonizzata o se lanorma armonizzata applicabile non riguarda tutti i requisiti essenziali, la pre -sunzione di conformità vale solo nella misura in cui la norma corrisponde airequisiti essenziali.

L’introduzione del nuovo approccio ha introdotto un sistema di valuta-zione della conformità che prevede diverse procedure relative all’intero pro-cesso di fabbricazione.

La procedura di valutazione della conformità viene suddivisa in una seriedi operazioni, i cosiddetti moduli, che differiscono tra loro in base alla fase disviluppo del prodotto, al tipo di valutazione effettuata e alla persona respon-sabile della valutazione.

Molti prodotti disciplinati dalle direttive del nuovo approccio vengonoimpiegati sul posto di lavoro.

Ai sensi delle direttive relative all’attuazione delle misure per la tuteladella salute e per la sicurezza dei lavoratori (89/391/CEE, 89/655/CEE e se-guenti), i datori di lavoro hanno determinati obblighi per quanto riguardal’uso delle attrezzature di lavoro sul posto di lavoro.

Essi infatti devono prendere le misure necessarie affinché le attrezzaturedi lavoro (macchine, attrezzature, ecc.) messe a disposizione dei lavoratorisiano adeguate al lavoro da svolgere e possano essere utilizzate senza rischiper la sicurezza e la salute dei lavoratori.

Il datore di lavoro deve inoltre adottare tutti i provvedimenti necessari a

4 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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garantire che tali attrezzature vengano mantenute a tale livello ed è infine te-nuto a fornire ai lavoratori informazioni e formazione per quanto riguardal’impiego delle attrezzature stesse.

A tal fine le direttive per la tutela della salute e per la sicurezza dei lavora-tori stabiliscono i requisiti minimi di sicurezza. Sotto questo punto di vistagli Stati membri possono pertanto adottare o mantenere disposizioni più ri-gorose purché compatibili con il trattato CE; le disposizioni delle direttivedel nuovo approccio vanno tuttavia rispettate e pertanto le disposizioni na-zionali supplementari non possono prevedere una modifica del prodotto nel -l’ambito di applicazione del nuovo approccio, né influenzare le condizioni diimmissione nel mercato di tali prodotti.

2.2 Struttura di lavoro all’interno della direttiva 94/9/CE

Nell’ambito della Commissione UE che si occupa della direttiva 94/9/CEesistono quattro strutture principali che curano lo sviluppo e la gestione del-la direttiva, la cooperazione amministrativa, i rapporti con gli organismi dicertificazione ed i comitati di standardizzazione.

In particolare si hanno:1. il Comitato Permanente ATEX (ATEX Standing Committee) istituito in

base all’art.6 della direttiva ATEX 94/9/CE che ha l’obiettivo di affrontare lequestioni relative alla gestione e all’interpretazione delle disposizioni delladirettiva e di eventuali problemi particolari che non possono essere risolti alivello nazionale. A tal proposito, in appendice è riportata una raccolta deiprincipali pareri emessi dal Comitato.

Il Comitato è composto dai rappresentanti ufficiali degli Stati membri edè coadiuvato dal Working Group ATEX ovvero un gruppo di lavoro di espertitecnici della direttiva che comprende rappresentanti tecnici degli Stati mem-bri, l’industria, gli Enti di normalizzazione, ecc.;

2. al fine di discutere di questioni relative alla sorveglianza del mercato edi altre questioni di interesse reciproco, le autorità nazionali si incontranonella commissione informale denominata ADCO (cooperazione amministra-tiva);

3. per garantire la coerenza di comportamenti tra i diversi organismi noti-ficati in Europa, vi è un gruppo indipendente chiamato ExNBG (EuropeanATEX Notified Bodies Group), che si riunisce periodicamente al fine esaminaree concordare specifiche problematiche sull’applicazione della direttiva. I do-cumenti emessi da questo gruppo sono inviati anche al Comitato permanen-te ATEX;

4. infine, i due Comitati che in ambito CEN e CENELEC si occupano del-lo sviluppo delle norme armonizzate relative alla direttiva 94/9/CE ovveroil CEN/TC 305 e CLC/TC 31 rispettivamente.

2. LE DIRETTIVE EUROPEE SUI PRODOTTI E SUGLI IMPIANTI 5

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Le sostanze infiammabili sono quelle in grado di reagire con l’ossigenosecondo una reazione di combustione dando luogo a sviluppo di calore, ge-neralmente accompagnato dalla presenza di una fiamma visibile.

Nella maggior parte dei casi l’ossigeno occorrente alla reazione di combu-stione viene fornito dall’aria, in cui tale gas è presente in una percentuale al-l’incirca pari al 21% in volume (la restante parte dell’aria è costituita quasiesclusivamente da azoto).

3.1 Limiti di infiammabilità

Anche se le condizioni ottimali per una combustione sono rappresentatedalla presenza di miscele stechiometriche combustibile-comburente, la com-bustione può aver luogo anche per miscele che presentino rapporti inferiori(o superiori) a quelli stechiometrici, purché compresi all’interno di un certocampo.

Le concentrazioni limite a cui si ha ancora la presenza di miscele infiam-mabili, ossia in grado di sostenere la combustione, sono dette limiti di in-fiammabilità, rispettivamente superiore ed inferiore.

Orientativamente, per molti gas, i limiti inferiore e superiore infiammabi-lità, sono all’incirca pari rispettivamente a 0.5 e 2 volte la concentrazione ste-chiometrica.

I valori dei limiti di infiammabilità di gas e vapori sono generalmenteespressi come percentuale in volume del combustibile nella miscela aria-combustibile, mentre nel caso di polveri sono espressi come peso di polvereper unità di volume di aria.

Per quanto riguarda le polveri, viene generalmente fornito solo il valoredel limite inferiore di infiammabilità, poiché è assai difficile misurare quellosuperiore in quanto la polvere deve essere uniformemente dispersa nell’ariae non devono essere presenti zone a bassa concentrazione.

Per le polveri occorre poi prestare grande cautela ai valori riportati nellaletteratura scientifica, poiché l’infiammabilità dipende anche da fattori qualila granulometria, l’umidità, ecc.

Per quanto riguarda l’energia di innesco e la concentrazione, sono state ri-cavate le curve caratteristiche per ogni sostanza come ad esempio quella ri-portata in figura 1 (a T e P ambiente).

Capitolo 3Generalità sulle sostanze infammabili di gas-vapori

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Figura 1

3.2 Limiti di infiammabilità di miscele

Per valutare, in prima approssimazione, le concentrazioni limite di in-fiammabilità per miscele di gas o vapori, si può utilizzare la:

doveLmiscela = limite inferiore (o superiore) di infiammabilità della miscela (%);Lj = limite inferiore (o superiore) di infiammabilità del componente j (%);vj = percentuale in volume del componente j nella miscela.

3.3 Limiti di infiammabilità in funzione di pressione e temperatura

3.3.1 Influenza della temperatura

La temperatura influenza notevolmente le caratteristiche di infiammabili-tà, in quanto agisce sulla tensione di vapore, sulla velocità di reazione, sullavelocità di propagazione della fiamma, ecc.

Solitamente, un aumento di temperatura produce un allargamento del-l’intervallo di infiammabilità, cioè il limite inferiore si abbassa leggermente,mentre quello superiore aumenta in maniera più marcata.

A titolo di esempio, per l’etilene in aria il limite inferiore di infiammabili-

Lmiscela =

∑100

v

Lj

jj

8 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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tà passa da 2.7 % a 25 °C a 2.2 a 250 °C, mentre quello superiore varia corri-spondentemente dal 37 al 58 %1.

I limiti variano linearmente con la temperatura e l’effetto si fa sentire so-prattutto sul limite superiore.

Per quanto riguarda le polveri, l’effetto della temperatura è marcato ed èlegato soprattutto alla riduzione dell’umidità della polvere di cui aumentaquindi la disperdibilità nell’aria.

3.3.2 Influenza della pressione

Analogamente, anche la pressione influenza le caratteristiche della misce-la tendendo ad allargare l’intervallo di infiammabilità.

Con la riduzione della pressione i limiti di infiammabilità si avvicinanotra loro: a livelli di pressione molto bassi la propagazione della fiamma puòrisultare talmente ostacolata che la miscela diventa non esplosiva.

Aumentando la pressione, invece, l’intervallo di infiammabilità si esten-de, soprattutto come conseguenza dell’innalzamento del limite superiore.

Per l’etilene, a temperatura ambiente, il limite inferiore varia da 2.6 a 2.3 %innalzando la pressione da 5 a 20 atmosfere, mentre il limite superiore variacorrispondentemente dal 48 al 69 %.

In pratica, tuttavia, l’effetto della pressione sui limiti di infiammabilitànon è sempre facilmente prevedibile in quanto non si esercita sempre nellostesso senso ma è alquanto specifico di ciascuna miscela.

Per quanto riguarda le polveri, l’effetto della pressione non è molto mar-cato. Occorre tuttavia tener conto, anche in questo caso, dell’effetto dellapressione sulla densità dell’aria.

Nella tabella 1 sono riportati i limiti di infiammabilità dell’etilene in aria,a diversi valori di pressione e temperatura.

1 Si ricorda che le atmosfere trattate nelle direttive ATEX sono quelle per cui le condizio-ni ambientali ricadono nelle cosiddette “condizioni atmosferiche normali”.

EtileneTemperatura °C LEL (%) UEL (%)

25 2,7 37100 2,5 43250 2,2 58

EtilenePressione – ata LEL (%) UEL (%)

5 2,6 4810 2,5 5820 2,3 69

Tabella 1

3. GENERALITÀ SULLE SOSTANZE INFIAMMABILI DI GAS-VAPORI 9

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3.4 Definizioni utili sulle sostanze

3.4.1 Energia minima di innesco

Per accendere una miscela combustibile-aria, compresa entro i limiti di in-fiammabilità, è necessaria la presenza di una sorgente di innesco efficace.

Le sorgenti di innesco differiscono grandemente per quanto riguarda l’e -nergia fornita, l’intervallo di tempo in cui la forniscono e il livello di tempe-ratura raggiunto.

L’energia fornita dall’innesco deve essere sufficiente per portare una por-zione di miscela alla sua temperatura di autoaccensione e varia con la com-posizione della miscela stessa.

Essa è minima in prossimità della concentrazione stechiometrica e tendead assumere valori molto elevati in prossimità delle concentrazioni corri-spondenti ai limiti di infiammabilità superiore ed inferiore.

3.4.2 Temperatura di autoaccensione (di un gas combustibile o di unliquido combustibile)

È la temperatura più bassa di una parete riscaldata, determinata in condi-zioni di prova specificate, alla quale ha luogo l’accensione di una sostanzacombustibile sotto forma di una miscela di gas o vapore con l’aria (figura 2).

3.4.3 Calore di reazione e di combustione

Nella tecnologia della combustione si usa parlare del calore di combustio-ne come misura della energia chimica immagazzinata nella sostanza. Questaproprietà è di solito espressa come energia per unità di massa di sostanza(MJ/ kg).

Il calore di reazione è una proprietà più pertinente in termini di contenu-

Figura 2

10 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Idrogeno Metano Propano Etilenecalore di reazione(MJ/ m3) miscela 3,2 3,4 3,7 3,9stechiometricacalore di combustione(MJ/ kg) 120 50 46 47

Tabella 2

to energetico. Questo viene espresso in energia per unità di volume stechio-metrico (MJ/ m3).

Si noti tuttavia che il tasso di reazione dipende anche da altri parametri,come la diffusività della sostanza. In tabella 2 si riportano i calori di combu-stione e di reazione di alcune sostanze.

3.5 Infiammabilità dei liquidi

Affinché si abbia una combustione la sostanza combustibile deve esseremiscelata con il comburente; poiché questo generalmente è costituito dal-l’aria, ciò comporta, per i combustibili liquidi, che la frazione che partecipaalla combustione è costituita dai vapori infiammabili che si sviluppano dallasuperficie del liquido. Il calore generato dalla combustione provoca un’ulte-riore evaporazione del liquido che sostiene la combustione stessa, fino alcompleto consumo della massa liquida.

La tendenza di un liquido ad evaporare è espressa mediante la tensione divapore, che è funzione della temperatura assoluta, con l’espressione:

dove:ps = tensione di vapore del liquido, espressa in unità di pressione (ad

esempio atm);T = temperatura assoluta (K);A e B = parametri caratteristici della sostanza.

Se si ipotizza che sulla superficie del liquido, ossia all’interfaccia tra il li-quido ed il vapore, si stabiliscano condizioni di equilibrio termodinamico, lapressione parziale del vapore sviluppato dal liquido, Pvap sarà esattamentepari alla tensione di vapore Ps.

Nell’ipotesi fatta e dall’equazione della tensione di vapore si potrà risalirealla temperatura T a cui si deve trovare il liquido per sviluppare vapori in-fiammabili.

Esiste una corrispondenza biunivoca tra il valore del limite di infiammabilità etale temperatura.

Si definisce punto di infiammabilità o flash point o temperatura di infiam-mabilità, la temperatura più bassa cui un vapore sviluppato dal liquido for-

ln p ABTs = −

3. GENERALITÀ SULLE SOSTANZE INFIAMMABILI DI GAS-VAPORI 11

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ma con l’aria una miscela che si infiamma sotto l’azione di una sorgente diaccensione.

La temperatura del punto di infiammabilità è all’incirca pari a quella cor-rispondente al limite inferiore di infiammabilità.

Il punto di combustione (fire point) o temperatura di combustione è inve-ce definito come la temperatura più bassa a cui il combustibile brucia concontinuità per almeno 5 secondi a seguito di accensione.

3.6 Classificazione dei liquidi combustibili

Secondo il Dm 31 luglio 1934 «Approvazione delle norme di sicurezza perla lavorazione, l’immagazzinamento, l’impiego o la vendita di oli minerali eper il trasporto degli oli stessi», i liquidi infiammabili sono classificati in ba-se alla temperatura di infiammabilità come segue:

Categoria ALiquidi i cui vapori possono dare luogo a scoppio.Derivati del petrolio e liquidi aventi un punto di infiammabilità inferiore

a 21° C: petroli greggi per raffinazione, etere di petrolio, benzine; e inoltre al-cune sostanze che entrano nella composizione di miscele carburanti, comebenzolo ed etere solforico, nonché le miscele medesime quando contengonopiù del 10 per cento di benzina, di benzolo, o di etere. Queste miscele posso-no anche contenere speciali sostanze antidetonanti.

Categoria BLiquidi infiammabili.Petrolio raffinato, e liquidi aventi un punto di infiammabilità fra 21°C e

65°C compresi; acquaragia minerale (white spirit); e inoltre gli alcooli (etilicoe metilico) in quanto usati per la composizione di miscele carburanti.

Categoria CLiquidi combustibili.Oli minerali combustibili (cioè residui della distillazione, per combustio-

ne), nonché liquidi aventi un punto di infiammabilità da oltre 65° C sino a125° C compreso ed oli minerali lubrificanti (nonché oli minerali bianchi), conun punto di infiammabilità superiore a 125°C. Il limite di 65°C per la tempe-ratura degli oli combustibili è in relazione a peculiari caratteristiche di alcuniprodotti non completamente scevri di tracce di oli leggeri. Qualora il punto diinfiammabilità sia inferiore a 65°C, ma non sotto i 55°, la prova del grado diinfiammabilità deve essere completata da una prova di distillazione fraziona-ta, nella quale non si dovrà avere, a 150°, più del 2 % di distillato.

In questa categoria C sono anche compresi i residui della distillazione, perraffinazione (Mazut, Astaki, Pakura, ecc.) da rilavorare con piroscissione(cracking o altri processi) nonché i residui distillati per motori a combustioneinterna (Gasoil, Carburol, Motol, Petrolina, Motorina, ecc.).

12 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Fra le varie specie di prodotti petroliferi derivati dagli oli minerali o in ci-clo di lavorazione, sono infine da annoverare: la vaselina, la paraffina, il bitu-me del petrolio e il coke del petrolio.

La pericolosità del liquido nei confronti di un incendio diminuisce pas-sando dalla categoria A alla C.

Il punto di infiammabilità è un’importante proprietà di un liquido infiam-mabile dal punto di vista della sicurezza, in quanto consente di valutare ilpericolo di incendio e di esplosione connesso con le operazioni di immagaz-zinamento, maneggio e trasporto.

La manipolazione dei prodotti con punto di infiammabilità relativamentebasso (<40°C) richiede precauzioni particolari, che non sono generalmentepiù necessarie per prodotti con punti di infiammabilità più alti (>65°C).

Spesso l’interesse pratico è focalizzato sul punto di infiammabilità di mi-scele multicomponenti dei seguenti tipi: miscele in cui tutti i componenti so-no infiammabili e miscele in cui alcuni componenti non sono infiammabili.

Il punto di infiammabilità di una miscela di liquidi non corrisponde ne-cessariamente con quello del suo costituente a più basso flash point.

Se a un liquido di dato punto di infiammabilità ne aggiungiamo un altrocon punto di infiammabilità più alto, dovremmo aspettarci, in generale, cheil punto di infiammabilità della miscela sia tra quello dei due liquidi presi se-paratamente. Frequentemente, invece, la miscela presenta un punto di in-fiammabilità più basso di quello dei due combustibili.

Ciò è dovuto alla formazione di una miscela azeotropica con una tensionedi vapore più alta di quella dei suoi costituenti. In tali condizioni si raggiun-ge una concentrazione di vapori sufficiente per l’accensione ad una tempera-tura più bassa rispetto ai punti di infiammabilità dei singoli combustibili.

Alcuni esempi di classificazione di liquidi infiammabili sono dati nella ta-bella 3 seguente.

Sostanza Temperatura di CategoriaInfiammabilità (°C)

Acetone -18 AAlcool etilico 13 AAlcool metilico 11 ABenzina -20 AOlio lubrificante 149 CButilammina -12,0 ACicloesano -20 AClorobenzene +32 B1,4-Diossano +12 BN-eptano -3 AN-esano -21 AEtere etilico -45 ATetraidrofurano -14 AToluene +4 ASolfuro di carbonio -30 A

Tabella 3

3. GENERALITÀ SULLE SOSTANZE INFIAMMABILI DI GAS-VAPORI 13

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L’esplosione è l’improvviso rilascio dell’energia che, in una delle tanteforme possibili, risulta immagazzinata in un sistema. Al fenomeno si associain genere un’onda di pressione od onda d’urto.

L’energia può essere immagazzinata nel sistema in varie forme, qualienergia nucleare, energia chimica, energia di pressione, ecc.

Le esplosioni di interesse negli impianti industriali possono essere nonconfinate, (come quelle che si verificano all’aperto), confinate, (come quelleche si verificano all’interno di tubazioni, apparecchi, edifici, o parzialmenteconfinate).

L’energia in gioco deriva dalla combustione di una miscela infiammabileo dal rilascio di un fluido in pressione.

Le tipiche esplosioni che interessano gli impianti industriali sono:• UVCE (Unconfined Vapor Cloud Explosion): combustione di vapori/gas in-

fiammabili;• esplosione fisica: scoppio di un recipiente che contiene un fluido in pres-

sione;• BLEVE (Boiling Liquid Expanding Vapor Explosion): scoppio di un recipien-

te che contiene un gas liquefatto o liquido surriscaldato in pressione;• esplosione confinata: combustione di miscele infiammabili all’interno di

un sistema chiuso.

Nel seguito della trattazione si considerano principalmente le esplosionidi tipo chimico ovvero quelle derivanti dall’innesco di miscele di vapori/gasinfiammabili e/o polveri combustibili in aria, in quanto sono quelle rientran-ti nella definizione di atmosfere esplosive di cui alle direttive ATEX.

Si intenderanno quindi come esplosioni quei processi dove la combustio-ne di una nuvola di gas infiammabile premiscelato entro determinati limiticon l’aria è causa di un rapido incremento di pressione e di temperatura.

La pressione generata dal processo di combustione dipenderà dalla velo-cità di propagazione della fiamma e dalla possibilità di espansione dei gas inrelazione al confinamento della sostanza stessa.

4.1 Reazioni di combustione

Le caratteristiche più importanti delle reazioni di combustione sono: • elevata esotermicità (il processo sviluppa una grande quantità di calore);

Capitolo 4Generalità sulle esplosioni

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• elevato sviluppo di gas ad alta temperatura.

Le reazioni di combustione si possono svolgere soltanto in presenza dicondizioni ben definite: un combustibile, un ossidante o un comburente (disolito l’ossigeno dell’aria) e infine una sorgente di energia.

Il combustibile e l’ossidante (comburente) sono quindi i reagenti che par-tecipano alla reazione; la sorgente di energia (innesco) fornisce l’energia diattivazione.

La combustione dell’idrocarburo generico CxHy in aria può essere descrit-ta con la seguente equazione globale (in condizioni stechiometriche):

dove 1/ 3,76 è il rapporto molare (volumetrico) O2 / N2 nell’aria standard(21% O2; 79% N2).

Nel caso del metano si ha:

cioè:

1kmol CH4 + 2kmol O2 + 2x3.76 kmol N2 ⇒ 1kmol CO2 + 2kmol H2O ++ 2x3.76 kmol N2

tenendo conto delle masse molecolari medie dei componenti (CH4: 16kg/kmol, O2: 32 kg/kmol, N2: 28 kg/kmol, H2O: 18 kg/kmol), la relazionetrovata consente il calcolo dei rapporti stechiometrici di massa tra aria ecombustibile:

I prodotti di combustione comprendono solitamente sostanze quali l’ani-dride carbonica (CO2) il vapor d’acqua (H2O); possono essere presenti altricomposti in relazione alla composizione del combustibile (ad esempio SO2,se esso contiene zolfo) ovvero in caso di combustione parziale o incompleta(ad esempio l’ossido di carbonio CO).

Le reazioni di combustione avvengono attraverso un meccanismo a cate-na, che prevede:• reazione di iniziazione: questa è una reazione molto endotermica (ossia

che richiede energia dall’esterno) in cui si ha la formazione di specie chi-

mmm

kgkgas

as

c

a

c

* ,,= =

⋅ + ⋅ ⋅=

2 32 2 3 76 2816

17 16

CH O N CO H O N4 2 2 2 2 22 2 3 76 2 2 3 76+ + ⋅ ⇒ + + ⋅, ,

C H xy

O N xCOy

H O xy

x y + +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+( ) ⇒ + + +⎛

43 76

2 42 2 2 2,⎝⎝⎜

⎞⎠⎟

⋅ 3 76 2, N

16 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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miche estremamente reattive (radicali liberi). La presenza dell’innesco,ossia di una fonte di energia esterna, è quindi richiesta per far si che av-venga questa reazione di inizio della catena. Una volta che la reazione haavuto inizio, è lo stesso calore sviluppato dalla combustione a fornirel’energia richiesta all’innesco di ulteriore materiale infiammabile;

• reazioni di propagazione e/o ramificazione: la reazione a catena prose-gue secondo questi due meccanismi, che possono aver luogo anche con-temporaneamente. Nel meccanismo di propagazione il numero di specieattive (radicali liberi) rimane costante, mentre nel meccanismo di ramifi-cazione, il loro numero aumenta: in quest’ultimo caso è possibile che lareazione di combustione assuma un decorso esplosivo;

• reazioni di terminazione: esse portano all’arresto della reazione a catena.La terminazione può verificarsi per una reazione dei radicali liberi con al-tre specie chimiche, a dare composti inerti (terminazione lineare) oppureper la reazione di radicali liberi tra loro (terminazione mutua). Un fattoreche porta alla terminazione lineare è la presenza di pareti di contenimen-to tipica di una combustione in un ambiente chiuso.

4.2 Fenomeni di deflagrazione e detonazione

A seguito dell’innesco in un punto di una miscela aria-sostanza infiam-mabile, il calore viene ceduto agli strati di miscela adiacente che quindi si ri-scaldano e possono reagire con velocità sufficientemente elevata.

Si forma così un fronte di reazione (o di fiamma) che si muove nella mi-scela combustibile propagando così l’accensione. La direzione di movimentodel fronte di fiamma è quella che va dai gas combusti alla miscela fresca.

Il fronte di fiamma è la zona all’interno della quale avvengono le reazionichimiche; da una parte avremo quindi gas combusti caratterizzati da elevatatemperatura e da scarsa attività chimica e dall’altra la miscela combustibileche deve ancora reagire.

La velocità di propagazione è quella con cui il fronte di fiamma si muoveverso la miscela combustibile ed è governata dalla velocità di conduzione dicalore.

La propagazione della fiamma può verificarsi secondo due modalità:• deflagrazione;• detonazione.

Se il fronte di fiamma si mantiene piano o ha comunque una conforma-zione netta e definita e la velocità di propagazione è inferiore a quella delsuono (relativamente alla miscela incombusta e dell’ordine dei m/s), si hauna “deflagrazione”.

Se invece il fronte di fiamma non ha conformazione regolare ma moltofrastagliata a causa della turbolenza, delle perturbazioni, degli attriti, ecc., sipuò avere una fase di autoaccelerazione della fiamma che si propagherà conuna velocità superiore a quella del suono (dell’ordine delle migliaia di m/s).

4. GENERALITÀ SULLE ESPLOSIONI 17

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In questo caso si ha una “detonazione”; si creano onde di compressioneche si propagano nella miscela combustibile come un’onda d’urto che prece-de il fronte della reazione.

Esplosioni aventi velocità simili a quelle delle detonazioni sono per esem-pio state osservate nelle gallerie delle miniere di carbone ma, in questi casi, leesplosioni sono state iniziate da sorgenti molto potenti (esplosivi solidi), ca-paci essi stessi di generare un’onda d’urto.

Una deflagrazione si può trasformare in una detonazione, ad esempio, inuna tubazione. Una detonazione è inoltre più probabile nel caso di esplosioniconfinate, ad esempio quelle che si verificano in serbatoi, tubazioni, edifici ecc.

4.3 Considerazioni di base sulle deflagrazioni

Le condizioni necessarie per originare una deflagrazione sono date dallapresenza contemporanea di: • concentrazione della sostanza infiammabile all’interno dei limiti di in-

fiammabilità;• concentrazione dell’ossigeno sufficiente a sostenere la combustione;• presenza di una sorgente di innesco in grado di sviluppare la combu-

stione.

La pressione massima di deflagrazione, Pmax, e il tasso di incremento del-la pressione di esplosione (dP/dt), sono determinati sotto condizioni di pro-va specificate attraverso un set di concentrazioni di combustibile.

Orientativamente, per molti combustibili ordinari, il valore di Pmax va ap-prossimativamente da 6 a 10 volte la pressione assoluta all’istante di innesco.

I valori di Pmax e (dP/dt) sono valori fondamentali per la progettazionedei sistemi di protezione delle apparecchiature soggette ad esplosione inter-na come si vedrà nei capitoli successivi.

Il valore di (dP/dt) assume un massimo per una particolare concentrazio-ne chiamata “concentrazione ottima”.

Si veda la figura 11 che riporta un andamento tipico su prove eseguite suesplosioni di nubi di polvere.

4.3.1 Effetto di temperatura e pressione sui dati caratteristicidell’esplosione

Ogni variazione della pressione assoluta iniziale della miscela (ad una da-ta temperatura) produce un incremento della massima pressione d’esplosio-ne sviluppata dalla deflagrazione in un contenitore chiuso.

Viceversa, ogni variazione della temperatura produce un decremento del-la massima pressione ottenuta. Questo effetto può essere significativo peresplosioni di vapori criogenici.

18 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

1 La figura è tratta da NFPA 68, Guide for Venting of Deflagrations, 2002 Edition.

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Figura 1

Figura 2

4. GENERALITÀ SULLE ESPLOSIONI 19

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Di seguito si riporta l’andamento della pressione massima di esplosionePmax, rispetto alla pressione iniziale nel contenitore P0 parametrizzato rispet-to alla temperatura iniziale T0.

La figura 22 si riferisce alla miscela metano-aria3.

4.3.2 Velocità laminare di combustione e velocità del fronte di fiamma

La velocità con la quale il fronte di fiamma si propaga attraverso la misce-la gassosa, misurata rispetto ad un osservatore fisso, è detta velocità del fron-te di fiamma (Sf).

Essa è legata alla (Su),velocità laminare di combustione (fundamental burning

20 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

2 Fenning, R. W., Gaseous Combustion at Medium Pressures, London, Phil. Trans. RoyalSociety, 1926.

3 Il grafico può essere ricavato dal seguente ragionamento:la temperatura di picco adiabatica Tmax alla fine della deflagrazione può essere ottenutadal bilancio di energia:

Dove m0 è la massa totale della miscela combustibile-aria nel contenitore, cp è il calore spe-cifico della miscela, mf è la massa del gas infiammabile e ΔH è il calore di reazione per uni-tà di massa del gas. Il rapporto di picco di pressione può essere ricavato dalla formula dei gas perfetti applicataprima e dopo l’innesco:

Eliminando Tmax dalle precedenti si può scrivere:

Assumendo ΔH/c costante, la stessa può essere scritta per le condizioni iniziali standard(pressione e temperatura atmosferiche):

Si ricava quindi:

Il valore risulta tabellato per molti gas e per il metano vale 7,1.PP

st

max

0

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

P PTT

PP

st

st

max 00

0

max

0

1 1= +⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

−⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

⎧⎨⎪

⎩⎪⎪

⎫⎬⎪

⎭⎪

PP

m H

c m T ststandardf

p

max

0 0 0

) 1= +⋅

⋅ ⋅Δ

PP

m H

c m Tf

p

max

0 0 0

1= +⋅

⋅ ⋅Δ

PP

TT

max

0

max

0

=

m c T T m Hp f0 max 0⋅ −( ) = ⋅ Δ

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velocity) ossia la velocità del fronte di fiamma relativa alla miscela incombu-sta immediatamente adiacente, in condizioni di regime laminare.

La velocità laminare di combustione dipende dalla natura del gas combu-stibile, dalla sua concentrazione, dalla temperatura e dalla pressione.

In pratica la velocità del fronte di fiamma non sempre coincide con la ve-locità di combustione in quanto, nel corso della reazione, il fronte di fiammaavanza anche in seguito all’espansione dei gas combusti.

Nei casi più semplici, quali un fronte di fiamma piano di un gas che sipropaga verso l’estremità aperta di un tubo a sezione costante, chiuso all’al-tra estremità, oppure un fronte di fiamma sferico o emisferico che si propagaliberamente, assumendo che la miscela gassosa sia inizialmente ferma, che ilregime di flusso sia laminare e che i gas combusti rimangano sempre allespalle del fronte di fiamma, la relazione tra velocità del fronte di fiamma evelocità di combustione diventa la seguente:

Sf = Su E dove

E = fattore di espansione, relativo all’aumento di volume provocato dallareazione, esprimibile come

dove:

Tf = temperatura raggiunta dai gas durante la combustione (temperaturadi fiamma);

Ti = temperatura iniziale della miscela; Nf = numero di moli dei prodotti di reazione (trascuriamo eventuali dis-

sociazioni termiche); Ni = numero di moli dei reagenti; ks = fattore correttivo. Il fattore correttivo è giustificato dal fatto che il volume generato nell’uni-

tà di tempo dai gas combusti è dato dal prodotto della velocità di combustio-ne per l’area della superficie di contatto tra fiamma e gas incombusti.

La velocità di propagazione dei gas generalmente raggiunge un massimoin corrispondenza della concentrazione stechiometrica mentre, per le polve-ri, ciò non risulta sempre vero.

4.3.3 Effetto della turbolenza

La condizione di turbolenza iniziale in un contenitore chiuso sede di de-flagrazione ha effetto sui valori caratteristici dell’esplosione così come illu-strato in figura 34.

ET

T

N

Nk

f

i

f

is= ⋅ ⋅

4. GENERALITÀ SULLE ESPLOSIONI 21

4 La figura è tratta da NFPA 68, Guide for Venting of Deflagrations, 2002 Edition.

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Come si vedrà nei successivi capitoli l’effetto della turbolenza si traducein un aumento delle misure intraprese nella limitazione degli effetti del-l’esplosione (superfici di sfogo, ecc.).

Figura 3

22 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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5.1 Generalità

L’effetto dannoso per l’uomo legato al fenomeno delle esplosioni che siprende qui in considerazione è l’onda di pressione generata a seguito delviolento rilascio di energia.

Le grandezze che intervengono nello studio della sovrapressione, e chequindi sono utilizzate per la descrizione del fenomeno, sono legate all’im-pulso di pressione che si può osservare in un determinato punto.

La frazione di tempo in cui la pressione è superiore a quella ambientale èchiamata fase positiva, mentre fase negativa è detto il periodo in cui la pres-sione è più bassa di quella ambientale (figura 1).

Vengono comunemente individuati i due parametri:

sovrapressione Δp = p1(t) - p0

impulso positivo

In questo contesto viene considerato il modello impiegato nel caso diUVCE.

i p t p dtt

t

= −⎡⎣ ⎤⎦∫ ( ) 0

1

2

Figura 1

Capitolo 5Modelli di esplosioni

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5.2 Modello unconfined vapor cloud explosion (UVCE)

A causa di rilasci di vapori o liquidi infiammabili si può avere la forma-zione di una nube che nella sua diffusione e dispersione si mescola con l’ariae può localmente rientrare nei limiti di esplosività.

Si è già visto come le esplosioni non confinate possono svilupparsi essen-zialmente in due modi:• deflagrazione;• detonazione.

Nel caso si vogliano valutare le conseguenze di esplosioni di nubi di gas ovapori, i modelli considerati sono i seguenti:

• modello del TNT (trinitrotoluene) equivalente;• modello del “pistone equivalente”.

Altri modelli teorici sono applicabili, quale il cosiddetto modello multi-energy, ma tutti risentono degli inevitabili errori dovuti alle ipotesi teoricheimposte. In alternativa possono essere usati modelli numerici implementabi-li tramite appositi software (FLACS ecc.).

5.3 Modello del TNT equivalente

Il modello TNT (trinitrotoluene) permette di determinare l’andamentodelle curve di sovrapressione in funzione della distanza, rapportando la so-stanza esplodente al TNT equivalente per il quale sono state precedentemen-te e sperimentalmente determinate le curve anzidette.

Tale rapporto viene effettuato confrontando il calore di combustione delTNT con quello della sostanza in esame e utilizzando un coefficiente correttivo.

Il coefficiente correttivo η tiene conto del fatto che solo una frazione del-l’energia disponibile contribuisce effettivamente all’esplosione. Tale coeffi-ciente risulta probabilmente il parametro più importante ma anche il menopreciso di questo modello.

Generalmente η assume valori compresi tra 0,02 e 0,2.Si calcola innanzitutto la massa equivalente del TNT tramite la seguente

equazione:

Dove:WS = massa del gas esplosivo nella nube [kg];Es = energia in sviluppata nella combustione completa in aria della quan-

tità unitaria della sostanza (calore di combustione della sostanza) [MJ/kg];4,25 = energia sviluppata dalla combustione di 1 kg di TNT [MJ];η = coefficiente che rappresenta il rendimento d’esplosione.

WW E

TNTS S=

⋅⋅

4 25,η

24 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Pressione di picco Distanza scalata Distanza scalata(bar) carica in aria carica superficiale0,03 35 250,07 18 150,14 10 80,3 6 51 2,5 3

Tabella 1

Per esplosioni di TNT esistono diagrammi che riportano le grandezze ca-ratteristiche dell’onda di pressione in funzione della “distanza scalata Z” de-finita come:

doveR = distanza effettiva dall’esplosione [m];WTNT = massa del TNT equivalente [kg].

I diagrammi riportati in figura 2 riportano i parametri caratteristici diesplosioni in prossimità del suolo (carica superficiale) ed in aria.

Il diagramma si utilizza a partire da un valore del picco di pressione perdeterminare la distanza a cui esso si presenta o data una distanza per deter-minare il picco di pressione corrispondente.

Si considerano ad esempio le pressioni di picco di tabella 1:

ZR

W=

0 333,

5. MODELLI DI ESPLOSIONI 25

Figura 2

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Esempio Calcolare la distanza a cui si ha una sovrapressione di 0.3 bar (valore che corri-

sponde a gravi danni ad edifici) a seguito di una UVCE di 10 t di propano.Noto il calore di combustione del propano pari a 46.350 kJ/kg e, fissata

l’efficienza dell’esplosione η = 0.05, si calcola dalla relazione una massa diTNT equivalente pari a circa 5 000 kg.

Per valutare la distanza scalata Z corrispondente alla pressione di 0.3 barsi usa il diagramma relativo alla carica superficiale (il propano è più pesantedell’aria); si ricava un valore di distanza scalata Z = 5.

La distanza reale corrispondente è R = 5 · 5 0000,333 = 85 m.

Qui di seguito si riportano altri esempi relativi ad un quantità di sostanzapari a 300 Kg per diverse sostanze infiammabili.

26 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Etano Vinilcloruro Propano Etilenossido ButanoWs – massa sostanza

- kg 300 300 300 300 300Es – calore combustione

– MJ/kg 4,72E+01 1,89E+01 4,64E+01 2,67E+01 4,65E+01

Eta – coeff. Correttivo 0,03 0,03 0,05 0,19 0,03

Energia teorica disponibile per l’esplosione MJ 1,42E+04 5,67E+03 1,39E+04 8,01E+03 1,39E+04

Energia che contribuisce all’esplosione MJ 1,42E+00 5,67E-01 2,32E+00 5,07E+00 1,39E+00

Massa equivalentedi tritolo Wtnt- kg 1,00E+02 4,00E+01 1,64E+02 3,58E+02 9,84E+01

W^0,333 4,633742835 3,416418168 5,459833997 7,087304027 4,6104145Distanza scalata

per 0,3 bar 5 5 5 5 5

Distanza realeper 0,3 bar 23,16871417 17,08209084 27,29916999 35,43652013 23,052072

Distanza scalataper 0,14 bar 8 8 8 8 8

Distanza realeper 0,14 bar 3,71E+01 2,73E+01 4,37E+01 5,67E+01 3,69E+01

Distanza scalataper 0,07 bar 15 15 15 15 15

Distanza realeper 0,07 bar 69,50614252 51,24627252 81,89750996 106,3095604 69,156217

Distanza scalataper 0,03 bar 25 25 25 25 25

Distanza realeper 0,03 bar 115,8435709 85,4104542 136,4958499 177,1826007 115,26036

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Per applicare il modello del TNT equivalente ad una UVCE si procede co-me segue:• si valutano le dimensioni della nube infiammabile (determinazione dei

punti spaziali in cui la concentrazione è maggiore del LEL) mediante unmodello di dispersione;

• si valuta la massa infiammabile nella nube;• si stima la quantità di TNT equivalente;• si legge sul diagramma il valore della distanza scalata Z corrispondente al

valore di sovrapressione di interesse;• si deriva la corrispondente distanza effettiva.

5.4 Modello del pistone equivalente

Con il modello a pistone equivalente la sovrapressione è la risultante del-la deflagrazione della nube, schematizzabile con una rapida espansione digas combusti, assimilabile ad un pistone in movimento che comprime i gasincombusti.

Le grandezze caratteristiche del modello sono il picco di sovrapressioneΔp e la durata della fase positiva t+.

Le relazioni che legano il picco di sovrapressione, la durata della fase po-sitiva e la distanza dalla nube sono state ottenute in parte su basi teoriche ein parte su basi sperimentali.

Il modello considera che la miscela combustibile gas/aria formi una nubeemisferica di volume V0 al livello del terreno.

Dopo l’accensione, che si verifica nel centro della nube, si ha espansionefino ad un volume V1.

Questo movimento di espansione è il responsabile della formazione del-l’onda d’urto e per lo sviluppo del modello viene sostituito da un equivalen-te movimento a pistone.

Tale movimento di espansione può avvenire a differenti velocità. Il rap-porto tra il raggio r1 (corrispondente al volume V1) e il tempo necessario al-l’espansione fornisce la velocità media del fronte di fiamma u.

Il metodo di calcolo fornisce la relazione tra il valor medio della velocitàdi fiamma appena definita e il picco di sovrapressione dell’onda d’urto comefunzione della distanza r dal centro della nube.

Il modello introduce la variabile lunghezza caratteristica di esplosione L0così definita:

LV E

pC

00

0

13

=⋅⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟

5. MODELLI DI ESPLOSIONI 27

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dove EC è l’energia di combustione della miscela per unità di volume e V0il volume1 della miscela gas-aria in condizioni stechiometriche.

Il picco di sovrapressione calcolato nel caso di deflagrazione a diverse ve-locità della fiamma risulta inversamente proporzionale alla distanza r:

in cui:Δp = sovrapressione di picco [Pa];P0 = pressione atmosferica [Pa];r = distanza dalla nube [m];n = parametro che tiene conto della velocità del fronte di fiamma [-];L0 = lunghezza caratteristica dell’esplosione [m].

Si riportano alcuni valori sperimentali del parametro n:

n = 2 x 10-2 per u = 40 ms-1

n = 6 x 10-2 per u = 80 ms-1

n = 15 x 10-2 per u = 160 ms-1

Δpp

nr

L= ⋅

⎝⎜⎞

⎠⎟

0

1

28 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

1 Il volume della miscela in condizioni stechiometriche non deve essere confuso con ilvolume pericoloso ricavato con il procedimento di classificazione delle aree di cui al capito-lo 9

Figura 3

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Il modello “pistone equivalente” applicato nel caso di esplosioni non con-finate di nubi di vapori infiammabili può essere meglio spiegato con l’aiutodel diagramma di flusso riportato nella figura 3.

Il punto di partenza del diagramma è la presenza di una nube non confi-nata di vapori, della quale si conosce il volume V0 (o la quantità) della misce-la esplosiva gas/aria.

Si può allora calcolare l’energia E rilasciata da una combustione completadi tutta la miscela.

Si deve considerare, a questo punto, la “reattività” del gas combustibile,dove per reattività si intende «la predisposizione della fiamma ad una acce-lerazione».

Il TNO suddivide la reattività delle sostanze in alta, media e bassa; adesempio il metano è considerato un gas a bassa reattività mentre l’acetilenead alta reattività.

In una stessa situazione l’esplosione della miscela acetilene/aria avrà del-le conseguenze, espresse in termini di sovrapressione e durata della fase po-sitiva, molto più serie dell’esplosione della miscela metano/aria, a causa diuna maggiore accelerazione e velocità del fronte di fiamma.

Se la reattività della sostanza è media o bassa e se l’energia calcolata è mi-nore di 8·108 J, allora non ci si attende alcun effetto di sovrapressione rilevan-te in seguito all’esplosione della nube non confinata di vapori.

Se invece l’energia disponibile è maggiore di 8·108 J, o se il gas è altamen-te reattivo, il picco di sovrapressione Δp e la durata della fase positiva t+ pos-sono essere determinate con il modello “pistone equivalente”.

Il modello permette di calcolare i limiti inferiore e superiore dei valorimassimi dei parametri sopradetti.

La scelta dell’uno o dell’altro limite dipende dalla velocità della fiammaall’interno della nube che a sua volta è funzione del grado di confinamentodella nube e della sua turbolenza causata dalla presenza di ostacoli.

5. MODELLI DI ESPLOSIONI 29

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6.1 Generalità

La direttiva 94/9/CE del 23 marzo 1994, riguarda il ravvicinamento dellelegislazioni degli Stati membri relative agli apparecchi e sistemi di protezio-ne destinati a essere utilizzati in atmosfera potenzialmente esplosiva.

La direttiva 94/9/CE si applica a tutti i tipi di apparecchi, sistemi di pro-tezione e componenti destinati ad essere utilizzati in o in relazione ad atmo-sfere potenzialmente esplosive.

La direttiva riguarda anche i dispositivi destinati a essere utilizzati fuoridall’atmosfera potenzialmente esplosiva ma utili o indispensabili per il fun-zionamento sicuro degli apparecchi o sistemi di protezione relativamente airischi di esplosione.

Per atmosfera esplosiva si deve intendere una miscela caratterizzata dallapresenza contemporanea di:

1) sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbie, polveri;2) aria;3) determinate condizioni atmosferiche; 4) in cui, a seguito di un innesco, la combustione si propaga alla miscela

non bruciata.

Un’atmosfera suscettibile di trasformarsi in atmosfera esplosiva a causadelle condizioni locali e/o operative viene chiamata “atmosfera potenzial-mente esplosiva”.

Le condizioni atmosferiche di riferimento sono quelle per le quali la con-centrazione di ossigeno nell’atmosfera è approssimativamente del 21% e cheincludono variazioni di pressione e temperatura al di sopra ed al di sotto deilivelli di riferimento di 101,3 kPa e 20°C, denominati condizioni atmosferichenormali, purché tali variazioni abbiano un effetto trascurabile sulle proprietàesplosive delle sostanze.

Le condizioni atmosferiche previste come base per le prove di conformitàalle norme tecniche (EN 50014, EN 13463-1) indicano una gamma di varia-zioni di temperatura da – 20°C a + 40°C ed una gamma di variazioni di pres-sione da 0,8 bar a 1,1 bar.

Capitolo 6La direttiva di prodotto 94/9/CE

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6.2 Campo di applicazione

Dal 1° luglio 2003, tutti i prodotti immessi sul mercato o messi in serviziodevono essere conformi alla direttiva 94/9/CE.

La direttiva 94/9/CE si applica a tutti i prodotti immessi sul mercatodell’UE, fabbricati sia all’interno che al di fuori della Comunità.

Le definizioni dei prodotti compresi nella direttiva sono le seguenti:• APPARECCHI, art. 1, paragrafo 3(a).

Si intendono le macchine, i materiali, i dispositivi fissi o mobili, gli organidi comando, la strumentazione e i sistemi di rilevazione e di prevenzioneche, da soli o combinati, sono destinati alla produzione, al trasporto, aldeposito, alla misurazione, alla regolazione e alla conversione di energiaed alla trasformazione di materiale e che, per via delle potenziali sorgentidi innesco che sono loro proprie, rischiano di provocare un’esplosione;

• SISTEMI DI PROTEZIONE, art. 1, paragrafo 3(b).I dispositivi, diversi dai componenti, la cui funzione è bloccare sul nasce-re le esplosioni e/o circoscrivere la zona colpita dalle fiamme e dalla pres-sione derivante dall’esplosione che sono immessi separatamente sul mer-cato come sistemi con funzioni autonome;

• COMPONENTI, art. 1, paragrafo 3(c).Parti essenziali per il funzionamento sicuro degli apparecchi e dei sistemidi protezione (in caso contrario non rientrerebbero nella direttiva; ma pri-vi di funzione autonoma (in caso contrario sarebbero considerati apparec-chi, sistemi di protezione o dispositivi ai sensi dell’articolo 1, paragrafo 2).

• DISPOSITIVI DI SICUREZZA, CONTROLLO E REGOLAZIONE, art. 1, paragrafo 2.Un qualunque dispositivo utile o necessario per il funzionamento sicurodegli apparecchi e/o sistemi di protezione ai fini dell’esplosione, destina-ti ed essere utilizzati al di fuori di atmosfere potenzialmente esplosive.

Nel caso un prodotto rientrante nella definizione di dispositivo di sicu-rezza sia destinato invece ad essere utilizzato in atmosfere potenzialmenteesplosive, questo dovrebbe essere trattato come apparecchio (nel caso sia an-che dotato di sorgente di innesco propria).

Molti prodotti (che potrebbero essere definiti componenti) generalmentevengono immessi sul mercato senza l’intenzione esplicita di essere incorpo-rati in apparecchi, sistemi di protezione o dispositivi secondo la direttiva. Inquesti casi la conformità dei “componenti” viene effettuata durante la valu-tazione di conformità del prodotto in cui sono incorporati.

Nella definizione di “apparecchio” viene riportata la frase: «[...] che, pervia delle potenziali sorgenti di innesco che sono loro proprie, rischiano diprovocare un’esplosione». Il significato della sorgente di innesco “propria”ha indotto a numerose e diverse posizioni in ambito di Comitato Perma -nente ATEX. Molti paesi sostengono che ad esempio una sorgente di inne-sco dovuta ad una carica elettrostatica indotta dal processo in cui l’appa-recchio è destinato ad operare non debba ritenersi sorgente propria e quin-

32 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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di l’apparecchio in questione non ricadrebbe nel campo di applicazionedella direttiva. Tale discussione risulta allo stato ancora in corso di ufficia-lizzazione.

Le atmosfere potenzialmente esplosive possono derivare da materiali in-fiammabili lavorati, utilizzati o rilasciati da apparecchi, sistemi di protezionee componenti o da materiali in prossimità degli apparecchi, sistemi di prote-zione e componenti e/o dai materiali di costruzione di apparecchi, sistemi diprotezione e componenti.

È solo a questo tipo di atmosfera che sono destinati i prodotti oggetto del-la direttiva 94/9/CE, salvo che per i prodotti rientranti nella definizione didispositivi.

La direttiva si applica agli apparecchi, sistemi di protezione, componentie dispositivi in tutte le fasi della loro utilizzazione, pertanto, nell’ambito del-la valutazione del rischio, le considerazioni esposte nel presente documentodevono estendersi a tutte le seguenti fasi:• normale esercizio;• avviamento;• fermata;• manutenzione;• eventualmente altro.

La direttiva 94/9/CE ha ampliato il campo di applicazione rispetto alquadro legislativo preesistente in quanto ha stabilito i requisiti essenziali disicurezza relativi a:• apparecchi non elettrici destinati ad essere utilizzati in atmosfera poten-

zialmente esplosiva;• apparecchi destinati a essere utilizzati in ambienti potenzialmente esplo-

sivi a causa dei pericoli derivanti dalla presenza di polveri;• sistemi di protezione e dispositivi destinati a essere utilizzati fuori dall’at-

mosfera esplosiva, utili o indispensabili per il funzionamento sicuro degliapparecchi o sistemi di protezione relativamente ai rischi di esplosione.

La direttiva prende in esame tutti i tipi di sorgenti di innesco quali:• superfici calde;• fiamme e gas caldi (incluse le particelle calde);• scintille di origine meccanica;• materiale elettrico;• correnti elettriche vaganti, protezione contro la corrosione catodica;• elettricità statica;• fulmini;• onde elettromagnetiche a radiofrequenza (RF) da 104 Hz a 3x1012 Hz;• onde elettromagnetiche da 3x1011 Hz a 3x1015 Hz;• radiazioni ionizzanti;• ultrasuoni;

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 33

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• compressione adiabatica e onde d’urto;• reazioni esotermiche, inclusa l’autoaccensione delle polveri.

La direttiva 94/9/CE prevede degli obblighi a carico della persona che im-mette i prodotti sul mercato e/o li mette in servizio, sia che si tratti del fab-bricante, del suo mandatario, dell’importatore o di qualsiasi altra persona re-sponsabile.

La direttiva non regola l’uso degli apparecchi utilizzati in atmosfera po-tenzialmente esplosiva. Questi aspetti sono infatti regolamentati dalla diret-tiva 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento dellatutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere espostial rischio di atmosfere esplosive.

Si riporta di seguito un esempio ipotetico che sintetizza praticamente i di-versi prodotti definiti nella direttiva 94/9/CE.

Ad esempio si abbia un insieme costituito da un reattore chimico compo-sto da:• serbatoio resistente alla pressione Pred,max;• agitatore con doppia tenuta meccanica;• gruppo di azionamento costituito da motore elettrico e riduttore mecca-

nico.

Il motore elettrico di azionamento è del tipo a sicurezza aumentata con di-spositivo di protezione dal sovraccarico con modo di protezione EEx e “sicu-rezza aumentata”.

Il tutto installato in zona classificata secondo la procedura indicata nel ca-pitolo 9.

Supponiamo che l’interno del reattore sia stato classificato anch’esso co-me zona 0 per cui il progetto prevede un sistema di controllo costituito da:• rilevatore di pressione installato internamente al serbatoio realizzato con

un modo di protezione in esecuzione EEx i “sicurezza intrinseca”;• unità di controllo (rilevazione e comando) installata al di fuori della zona

classificata;• valvola ad azione rapida installata sulla tubazione di ingresso/uscita del

reattore.

Il tutto è installato secondo lo schema riportato in figura 1.In base alle definizioni riportate si individuano i diversi prodotti così co-

me riportato nella tabella 1.È importante notare che il serbatoio è stato classificato come un apparec-

chio in quanto potrebbe essere dotato di sorgente di innesco quale la tempe-ratura superficiale.

In caso contrario, il serbatoio in questione dovrebbe essere comunqueprogettato per resistere alla pressione di esplosione massima ridotta Pred,max(a seguito di esplosione interna) ed in questo senso potrebbe essere visto co-me un componente di cui all’art.1, paragrafo 3(c) della direttiva.

34 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Indicazione simbolica

La necessità della progettazione resistente all’esplosione del serbatoio sa-rà chiarita nel capitolo 17.

Nella figura, la valvola ad azione rapida è stata riportata nella zona nonclassificata, ma nulla sarebbe cambiato in caso di installazione della stessa inzona classificata.

Tabella 1

Tipo di prodotto secondodirettiva 94/9/CE

Apparecchi, art. 1, paragrafo 3(a).Si intendono le macchine, i mate-riali, i dispositivi fissi o mobili, gliorgani di comando, la strumenta-zione e i sistemi di rilevazione e diprevenzione che, da soli o combi-nati, sono destinati alla produzio-ne, al trasporto, al deposito, allamisurazione, alla regolazione e allaconversione di energia ed alla tra-sformazione di materiale e che,per via delle potenziali sorgenti diinnesco che sono loro proprie, ri-schiano di provocare un’esplosione.

Prodotti indicatiin figura 1

1. Serbatoio resistente allapressione Pred,max;2. agitatore con doppia tenu-ta meccanica;3. gruppo di azionamento co-stituito da motore elettrico eriduttore meccanico; 4. rilevatore di pressione inesecuzione EEx i.

Figura 1

(segue)

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 35

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6.3 Responsabilità del fabbricante

Il fabbricante, ovvero la persona responsabile della progettazione e dellacostruzione dei prodotti oggetto della direttiva 94/9/CE (nell’intento di im-metterli, per proprio conto, sul mercato dell’UE), è tenuto a:

• verificare se il suo prodotto rientra nella direttiva 94/9/CE e quali sono irequisiti essenziali di sicurezza ad esso applicabili;

• progettare e costruire il prodotto conformemente ai requisiti essenziali disicurezza previsti dalla direttiva;

• seguire le procedure per la valutazione della conformità del prodotto pre-viste dalla direttiva.

Il primo punto sopra menzionato consiste nella cosiddetta “analisi ATEX”del prodotto e non sempre risulta di immediata esecuzione.

Le informazioni in possesso al fabbricante dovrebbero essere almeno ingrado di stabilire quanto segue:

• tipologia e destinazione d’uso dell’apparecchiatura in relazione all’even-tuale assemblaggio in apparecchiature/impianti più complessi;

• tipologia dell’atmosfera potenzialmente esplosiva in cui l’apparecchiatu-ra è destinata ad operare;

• tipologia dell’atmosfera potenzialmente esplosiva interna all’apparec-chiatura e natura e tipologia dell’interfaccia di processo;

(continua)Sistemi di protezione, art. 1, pa-ragrafo 3(b). I dispositivi, diversi dai componen-ti, la cui funzione è bloccare sulnascere le esplosioni e/o circoscri-vere la zona colpita dalle fiamme edalla pressione derivante dall’esplo -sione che sono immessi separata-mente sul mercato come sistemicon funzioni autonome.

Dispositivi di sicurezza, controlloe regolazione, art. 1, paragrafo 2. Un qualunque dispositivo utile onecessario per il funzionamento si-curo degli apparecchi e/o sistemidi protezione ai fini dell’esplosio-ne, destinati ed essere utilizzati aldi fuori di atmosfere potenzialmen-te esplosive.

1. Valvola ad azione rapida in -stallata sulla tubazione di in-gresso/uscita del reattore.

1. Unità di controllo (rileva-zione e comando) installataal di fuori della zona classifi-cata;2. dispositivo di protezionedal sovraccarico.

36 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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• tipologia e natura delle sorgenti potenziali di innesco in grado di innesca-re l’atmosfera potenzialmente esplosiva (interna e/o esterna).

6.4 Insiemi o assiemi

Uno dei punti maggiormente controversi della direttiva riguarda gli ob-blighi connessi alla realizzazione degli assiemi.

Con il termine di “insieme o assieme” si deve intendere «un prodottocostituito dalla combinazione di due o più apparecchi e di eventuali di-spositivi e/o componenti che viene immesso sul mercato e/o messo inservizio da una persona responsabile (fabbricante) come singola unitàfunzionale»

Una singola unità funzionale può consistere in una o più apparecchiaturele quali insieme raggiungono una specifica funzione.

La commercializzazione di un prodotto (su cui o a cui saranno successiva-mente applicate altre apparecchiature), deve essere corredata di una valuta-zione del rischio che conterrà, per quanto possibile, informazioni, prescrizio-ni tecniche e istruzioni operative che saranno utilizzate come dati di inputdall’utilizzatore/assemblatore successivo.

Se le parti dell’assieme (attrezzature, sistemi di protezione, dispositivi disicurezza e componenti) non sono conformi alla direttiva, il fabbricante devegarantire che l’insieme (inteso prodotto finale come singola unità funziona-le), venga reso conforme alla direttiva stessa.

Allo stesso modo, se il fabbricante dell’assieme inserisce parti prive dimarcatura CE (poiché si tratta di parti fabbricate direttamente o ricevute daun fornitore e destinate ad ulteriore trasformazione) o componenti non cor-redati del certificato suddetto, il fabbricante non potrà presumerne la confor-mità e la sua valutazione della conformità dell’assieme dovrà riguardare an-che le parti in questione.

Nel caso in cui un assieme sia costituito da parti di apparecchiatura diver-se, secondo la definizione della direttiva 94/9/CE, precedentemente immes-si sul mercato da fabbricanti diversi, tali parti devono già essere conformi al-la direttiva.

Il fabbricante dell’assieme può presumere la conformità di dette parti diapparecchiatura e limitare la propria valutazione del rischio di innesco a tut-ti quei pericoli derivanti dalla combinazione finale dell’assemblaggio.

In ogni caso comunque, l’assemblatore deve eseguire una valutazione delrischio per stabilire se la combinazione finale dell’assemblaggio dà luogo anuove sorgenti di innesco che necessitano di essere considerate in relazionealla valutazione di conformità.

Restando nell’ambito delle apparecchiature di tipo “non elettrico”, spessosi può trovare una situazione in cui l’apparecchiatura risulta corredata di di-spositivi (nel senso generico del termine) di controllo e misura a cui sono as-sociati parametri elettrici a contenuto energetico molto basso denominati“apparati semplici” (ad esempio termocoppie); in questo caso non si parla di

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 37

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assieme ma l’apparecchiatura si può ancora considerare come apparecchia-tura non elettrica.

Considerazioni aggiuntive devono essere adottate nel caso in cui l’assie-me risulti un safety related device (si veda, in proposito, la raccolta dei pareri inappendice).

Le funzioni dell’assemblatore non sono le stesse della persona responsa-bile dell’installazione in sito per la quale si considera applicabile esclusiva-mente la direttiva “sociale” 99/92/CE.

Risulta frequente la situazione per cui un “installatore” (nel senso generi-co del termine), è chiamato ad installare/assemblare in sito diverse partirientranti nella definizione di prodotto di cui alla direttiva 94/9/CE per for-mare un impianto.

Il problema è di stabilire se e quando l’impianto così realizzato debba con-siderarsi un assieme secondo la definizione vista sopra.

La distinzione non risulta sempre chiaramente definibile e ogni situazio-ne dovrebbe essere valutata nel caso specifico.

In linea del tutto generale si può dire che l’impianto così realizzato di so-lito sarà un assieme se è posto sul mercato come un’unità funzionale comple-ta da un singolo fabbricante.

Viceversa, l’impianto sarà considerato un’installazione (quindi al difuori del campo di applicazione della direttiva 94/9/CE), se l’utilizzatoreacquista parti da diversi fabbricanti al fine di installarli sotto la sua re-sponsabilità dopo aver condotto una valutazione del rischio globale del-l’impianto.

A questo proposito possono risultare utili le guidelines emesse e largamen-te condivise in ambito di direttiva 97/23/CE – PED.

L’assieme (essendo considerato un prodotto secondo la direttiva), dovràessere corredato di tutta la documentazione prevista dalla direttiva, e dovràessere debitamente marcato con una etichetta che tenga conto dei limiti diutilizzo risultanti dalle diverse parti eventualmente utilizzate (si veda in pro-posito il capitolo relativo alla marcatura CE).

Per attrezzature/assiemi complessi, la categorizzazione deve essere de-terminata sulla base della valutazione del pericolo di innesco anche in rela-zione all’eventuale interfaccia dell’attrezzatura/assieme con la sua atmosfe-ra di processo ed eventuali atmosfere esterne.

Questo può condurre a due o più categorie sulla stessa attrezzatura, (adesempio una relativa al lato processo, l’altra relativa all’esterno dell’attrezza-tura in relazione all’atmosfera in cui essa è destinata ad operare).

6.5 Gruppi e categorie di apparecchi

Nell’ambito della direttiva, gli apparecchi, compresi se necessario i dispo-sitivi e i componenti, sono suddivisi in due gruppi. Il gruppo I comprendegli apparecchi destinati a essere utilizzati nei lavori in sotterraneo nelle mi-

38 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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niere e nei loro impianti di superficie, esposti al rischio di sprigionamento digrisù e/o di polveri combustibili.

Il gruppo II comprende gli apparecchi destinati a essere utilizzati in altriambienti in cui vi sono probabilità che si manifestino atmosfere esplosive.

In questa pubblicazione si considerano solo gli apparecchi del gruppo II.Il gruppo II è suddiviso in tre categorie a seconda del grado di protezione

che il prodotto deve garantire (grado molto elevato, elevato o normale) an-che in relazione all’ambiente d’utilizzo.

Quanto maggiore è la possibilità che si verifichi un’atmosfera esplosiva,tanto maggiore deve essere il livello delle misure di sicurezza adottate.

Ad esempio gli apparecchi di categoria 1 devono avere le seguenti carat-teristiche:• devono garantire un grado di protezione molto elevato;• questo grado di protezione deve essere assicurato anche in caso di guasto

eccezionale dell’apparecchio tramite mezzi di protezione tali che:– in caso di guasto di uno dei mezzi di protezione, almeno un secondo

mezzo indipendente assicuri il livello di sicurezza richiesto,oppure

– qualora si manifestino due guasti indipendenti uno dall’altro, sia ga-rantito il livello di protezione richiesto;

• sono destinati ad ambienti in cui si rileva, sempre, spesso o per lunghi pe-riodi, un’atmosfera esplosiva dovuta a miscele di aria e gas, vapori, neb-bie o miscele di aria e polveri;

• devono soddisfare ai requisiti comuni di cui all’allegato II, punto 1;• devono soddisfare ai requisiti supplementari di cui all’allegato II, punto

2.1 ovvero:– devono essere progettati e fabbricati in modo che le sorgenti di inne-

sco non si attivino, neanche in caso di anomalie eccezionali dell’appa-recchio;

– [...]

Lo stesso dicasi per le altre categorie così come riportato nella tabella 2riepilogativa.

La Commissione europea ha stabilito che la categoria dell’apparecchiodeve essere determinata sulla base della «valutazione del pericolo di inne-sco» in relazione all’eventuale atmosfera circostante l’apparecchio e la suaeventuale atmosfera di processo interna.

Se la valutazione del pericolo di innesco assicura che gli apparecchinon contengono sorgenti di innesco efficaci durante il normale funziona-mento1, gli apparecchi possono essere classificati come apparecchi dellacategoria 3.

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 39

1 Funzionamento normale: situazione che esiste quando apparecchi, sistemi di protezio-ne e componenti svolgono la loro funzione prevista all’interno dei rispettivi parametri diprogettazione.

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40 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Analogamente, nel caso in cui la valutazione del pericolo di innesco assi-cura che gli apparecchi non contengono sorgenti di innesco efficaci durantele disfunzioni previste2 o le rare disfunzioni3, gli apparecchi possono essereclassificati rispettivamente come apparecchi della categoria 2 o 1.

Tabella 2

In caso di guastodi un mezzo diprotezione, il li-vello di sicurez-za è garantito daalmeno un se-condo mezzo diprotezione indi-pendente.Inoltre, il livellodi sicurezza ègarantito anchese si manifesta-no due anomalieindipendenti unadall’altra.

Devono essereprogettati e fab-bricati in modoche le sorgentidi innesco non siattivino, nean-che in caso dianomalie ecce-zionali dell’ap-parecchio.

1.01.11.21.31.41.51.62.1

Continuativao per lunghiperiodi.

012

202122

Direttiva 99/92/CEDPR 126/98 – Direttiva 94/9/CE

Requisiti supplementari per gli apparecchi (compresi i dispositivi ed i componenti ad esso asserviti)

Gru

ppo

Mezzi di protezione

Cate

gori

a

Caratteristica diprotezione

(All. I)

Caratteristica dicostruzione

(All. II)

RESApplicabile

Presenza diatmosferaesplosiva

Zonad’uso

II 1 Moltoelevato

Livello

2 Disfunzione: apparecchi, sistemi di protezione e componenti che non svolgono la fun-zione prevista. Questo può accadere ad esempio a causa di:

• guasto di uno o più elementi costitutivi di apparecchi, sist. protezione e componenti;• disturbi di origine esterna (urti, vibrazioni, campi elettromagnetici);• errore nella progettazione (software);• disturbo nell’alimentazione di energia;• la perdita di controllo dell’operatore.3 Disfunzione rara: tipo di disfunzione che si sa possa accadere ma solo in casi rari. Due

disfunzioni prevedibili indipendenti che, separatamente, non creerebbero il pericolo di in-nesco, ma che, in combinazione, creano il pericolo di innesco, sono considerate una disfun-zione rara.

(segue)

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6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 41

I sistemi di protezione non vengono suddivisi né in gruppi né in categoriee le loro caratteristiche supplementari sono riepilogate in tabella 3.

Il livello di sicu-rezza è garanti-to anche in pre-senza di anoma-lie ricorrenti odi difetti di fun-zionamento de-gli apparecchi dicui occorre abi-tualmente tene-re conto.

Devono essereprogettati e fab-bricati in mododa evitare lesorgenti di inne-sco, anche incaso di anomaliericorrenti o didifetti di funzio-namento degliapparecchi dicui occorre abi-tualmente tenerconto.

1.01.11.21.31.41.51.62.2

Situazioneintermediatra la prece-dente e lasucessiva.

12

2122

2 Elevato

Il livello di sicu-rezza è garanti-to nel funziona-mento normale.

Devono essereprogettati e co-struiti in mododa evitare lesorgenti di inne-sco prevedibilidurante il fun-zionamento nor-male.

1.01.11.21.31.41.51.62.3

Scarsa pro-babilità e sesi verifica èdi breve du-rata.

2

223 Norma -

le

(continua)

Tabella 3

Bloccare sul na-scere le esplo-sioni e/o circo-scrivere la zonada esse colpita.

Devono essereprogettati e fab-bricati secondo irequisiti appli-cabili.

1.01.11.21.31.41.51.63.03.1

NA

012

202122

Direttiva 99/92/CEDPR 126/98 – Direttiva 94/9/CE

Requisiti supplementari per i sistemi di protezione immessi se-paratamente sul mercato come sistemi con funzioni autonome

Gru

ppo

Mezzi di protezione

Cate

gori

a

Caratteristica diprotezione

(All. I)

Caratteristica dicostruzione

(All. II)

RESApplicabile

Presenza diatmosferaesplosiva

Zonad’uso

NA NA NA

Livello

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6.6 Esempi di applicabilità

Nella realizzazione di apparecchi ed impianti a pressione, spesso si devo-no considerare contenitori destinati ad operare in atmosfere potenzialmenteesplosive, che a loro volta contengono e/o sono interfacciati ad atmosfere diprocesso suscettibili di trasformarsi in atmosfere potenzialmente esplosive(sia pure in lassi di tempo contenuti).

L’analisi ATEX, che il costruttore è obbligato ad eseguire, deve considera-re quanto sopra menzionato e tutte le questioni affrontate nel presente lavo-ro devono intendersi valide sia per il lato esterno che per il lato interno del-l’apparecchiatura.

In generale un’apparecchiatura contenente atmosfera potenzialmente esplo-siva interna, priva di interfacce ad atmosfere e non destinata ad operare inambiente potenzialmente esplosivo, non rientra nel campo di applicazionedella direttiva. Allo stesso tempo, eventuali apparecchi (nel senso della defi-nizione di cui all’art. 1.3(a) della direttiva) in essa contenuti rientrano nelcampo di applicazione della direttiva.

Nelle schede successive si illustrano schematicamente i casi maggiormen-te rappresentativi delle possibili situazioni pratiche.

Si deve comunque considerare che altre situazioni possono presentarsi infunzione delle particolari condizioni costruttive e/o di esercizio e quindi gliesempi riportati non devono considerarsi esaustivi di tutte le possibili situa-zioni reali.

42 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Apparecchiature prive di atmosfere esplosive interne

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

A SI

1. L’apparecchiatura è utilizzata in atmosfera esplosiva e presenta potenziali sorgentidi innesco proprie.

2. L’apparecchiatura è coperta dalla direttiva 94/9/CE e deve essere sottoposta a pro-cedura di valutazione della conformità.

3. In zona 0, 20 – categoria 1 è richiesto un esame CE di tipo (seguito da una proceduradi garanzia qualità produzione o una procedura di verifica su prodotto). In alternativasi può eseguire la procedura di verifica di unico prodotto.

4. In zona 1, 21 – categoria 2, è richiesta una valutazione di conformità del fabbricantee la trasmissione del fascicolo tecnico ad un organismo notificato oltre alla proceduradi controllo di fabbricazione interno. In alternativa si può eseguire la procedura di ve-rifica di unico prodotto.

5. In zona 2, 22 – categoria 3, è richiesta solo la procedura di controllo di fabbricazioneinterno.

6. L’aggiunta di eventuali apparecchi di tipo elettrico già sottoposti a certificazioneATEX (marcatura εx – EEx), non comporta ulteriori valutazioni aggiuntive per la parteelettrica a condizione che l’apparecchio combinato (assieme) non comporti ulterioripericoli aggiuntivi.

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 43

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Apparecchiature prive di atmosfere esplosive interne

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

B NO

1. L’apparecchiatura è utilizzata in atmosfera esplosiva e non presenta potenziali sor-genti di innesco proprie – L’attrezzatura non è coperta dalla direttiva 94/9/CE.

Apparecchiature prive di atmosfere esplosive interne

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

C NO

1. L’apparecchiatura non è utilizzata in atmosfera esplosiva e presenta potenziali sor-genti di innesco proprie – L’attrezzatura non è coperta dalla direttiva 94/9/CE.

44 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Apparecchiature dotate di atmosfere esplosive interne,interfacciate ad atmosfere di processo

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

VediD i diversi

casi

In questo esempio si considera un’apparecchiatura costituita di un’unità filtro comple-ta di un dispositivo meccanico interno dotato di elementi mobili ed eventuali dispositi-vi elettrici di controllo. L’attrezzatura presenta quindi al suo interno atmosfera esplo-siva e presenta potenziali sorgenti di innesco che devono essere valutate. Si considera-no i seguenti casi:

1. La valutazione del fabbricante consente di apportare misure tecniche (modi di pro-tezione) in grado di eliminare le sorgenti di innesco associate al dispositivo meccanicointerno in relazione al tipo di zona interna individuata. In questo caso si può affermareche l’apparecchiatura, intesa come il “contenitore” dell’unità filtro, non ricade nelcampo di applicazione della direttiva, ma che il dispositivo meccanico (visto come ap-parecchio utilizzato in atmosfera esplosiva) rientra nel campo di applicazione della di-rettiva e come tale sarà certificato in una categoria idonea al suo utilizzo.

2. La valutazione del fabbricante non consente (in base allo stato dell’arte) di apporta-re misure tecniche in grado di eliminare le sorgenti di innesco associate al dispositivomeccanico interno in relazione al tipo di zona interna individuata. In questo caso risul-ta necessario che il fabbricante installi dispositivi di limitazione degli effetti dell’esplo-sione così come previsto al punto 1.0.1 dell’allegato II alla direttiva – principi della si-curezza integrata contro le esplosioni (scarico dell’esplosione, soppressione ecc.).L’apparecchiatura nel suo complesso rientra nel campo di applicazione della direttivain quanto sono necessarie valutazioni anche sulla resistenza strutturale del contenitorefiltro (resistenza alla max. pressione di esplosione o alla max. pressione di esplosioneridotta).

In entrambe i casi l’apparecchiatura elettrica rientra nel campo di applicazione delladirettiva e deve essere pertanto certificata in base alla sua categoria.

NOTA: Nel caso l’unità filtro possa rilasciare parte dell’atmosfera contenuta versol’ambiente circondando interamente o parzialmente l’apparecchiatura stessa, si deveconsiderare in aggiunta anche il caso A o B a seconda che l’atmosfera rilasciata possavenire innescata o meno.

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 45

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Apparecchiature dotate di atmosfere esplosive interne,interfacciate ad atmosfere di processo

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

E NO

1. L’apparecchiatura presenta al suo interno atmosfera esplosiva e non presenta poten-ziali sorgenti di innesco proprie in grado di innescare l’atmosfera. L’attrezzatura non ècoperta dalla direttiva 94/9/CE.

NOTA 1: È possibile l’esistenza di pericoli di scariche elettrostatiche che dipendono adesempio dalle proprietà delle polveri contenute e da altre condizioni di esercizio. Inquesti casi le eventuali sorgenti di natura elettrostatica non vengono considerate comepotenziali sorgenti di innesco proprie. In ogni caso questo tipo di rischio deve essere va-lutato e controllato dall’utilizzatore nell’ambito della direttiva 99/92/CE.

NOTA 2: Eventuali apparecchi (secondo la definizione della direttiva) installati all’in-terno rientrano nel campo di applicazione.

NOTA 3: Nel caso l’apparecchiatura possa rilasciare parte dell’atmosfera contenutaverso l’ambiente circondando interamente o parzialmente l’apparecchiatura stessa, sideve considerare in aggiunta anche il caso A o B a seconda che l’atmosfera rilasciatapossa venire innescata o meno.

46 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Apparecchiature dotate di atmosfere eslposive interne,interfacciate ad atmosfere di processo e destinate ad operare in aree classificate

CASO SITUAZIONE POTENZIALE APPLICAZIONE SORGENTE DI DIRETTIVA

INNESCO ATEX

Vedi caso D

InterneF

SILato esterno

Esterne

1. L’apparecchiatura presenta al suo interno atmosfera esplosiva ed è a sua volta desti-nata ad operare in ambiente con presenza di atmosfera esplosiva. L’attrezzatura pre-senta potenziali sorgenti di innesco proprie in grado di innescare l’atmosfera interna edesterna. L’attrezzatura è coperta dalla direttiva 94/9/CE per il lato esterno. Per il latointerno vale quanto specificato nel caso D.

2. Per quanto riguarda le procedure di valutazione della conformità da adottare valequanto detto nel caso A.

NOTA 1: Nel caso l’apparecchiatura possa rilasciare parte dell’atmosfera contenutaverso l’ambiente, se ne deve tenere conto ai fini della classificazione delle aree del-l’ambiente circostante.

6. LA DIRETTIVA DI PRODOTTO 94/9/CE 47

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7.1 Campo di applicazione

La direttiva è relativa alle prescrizioni minime per il miglioramento dellatutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possono essere espostial rischio di atmosfere esplosive definite come: «miscele con l’aria, a condi-zioni atmosferiche, di sostanze infiammabili allo stato di gas, vapori, nebbieo polveri in cui, dopo accensione, la combustione si propaga all’insieme del-la miscela incombusta».

La direttiva è stata recepita tramite il Dlgs 233/2003 e successivo Dlgs 9aprile 2008 n. 81 (titolo XI).

La direttiva non si applica:a) alle aree utilizzate direttamente per le cure mediche dei pazienti, nel

corso di esse;b) all’uso di apparecchi a gas di cui al decreto del Presidente della Repub -

blica 15 novembre 1996, n. 661;c) alla produzione, alla manipolazione, all’uso, allo stoccaggio ed al tra-

sporto di esplosivi o di sostanze chimicamente instabili;d) alle industrie estrattive a cui si applica il Dlgs 25 novembre 1996, n. 624;e) all’impiego di mezzi di trasporto terrestre, marittimo, fluviale e aereo

per i quali si applicano le pertinenti disposizioni di accordi internazionalitra i quali il Regolamento per il trasporto delle sostanze pericolose sul Reno(ADNR), l’Accordo europeo relativo al trasporto internazionale di mercipericolose per vie navigabili interne (ADN), l’Organizzazione per l’Avia -zione civile internazionale (ICAO), l’Organizzazione marittima internazio-nale (IMO), nonché la normativa comunitaria che incorpora i predetti ac-cordi. Si applica invece ai veicoli destinati ad essere utilizzati in atmosferapotenzialmente esplosiva.

7.2 Responsabilità del datore di lavoro/gestore dell’impianto

Il datore di lavoro è obbligato ad adottare una serie di provvedimenti dalpunto di vista tecnico-organizzativo, formativo e informativo, nonché sottoil profilo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione indivi-duale.

Il datore di lavoro, nell’assolvere gli obblighi di prevenzione e protezione,

Capitolo 7La direttiva sociale 1999/92/CE

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deve valutare i rischi specifici derivanti dalle atmosfere esplosive, tenendoconto almeno di:• probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;• probabilità della presenza, dell’attivazione e dell’efficacia di sorgenti di

innesco, comprese le scariche elettrostatiche;• caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processo e loro possibili

interazioni;• entità degli effetti prevedibili.

Ad integrazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’artico-lo 17 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, il datore di lavoro provvede a elaborare e atenere aggiornato il «documento sulla protezione contro le esplosioni» chedovrà precisare:• che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;• che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi del pre-

sente titolo;• quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all’allegato

XLIX;• quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all’al-

legato L;• che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme,

sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debitoconto la sicurezza;

• che sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzatu-re di lavoro.

Le attrezzature e i luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possonoformarsi atmosfere esplosive devono essere adeguati secondo quanto previ-sto nell’allegato L, parti A e B.

Se necessario, le aree in cui possono formarsi atmosfere esplosive in quan-tità tali da mettere in pericolo la sicurezza e la salute dei lavoratori sono se-gnalate nei punti di accesso con il seguente segnale (vedi allegato LI):

Il datore di lavoro deve ripartire in zone le aree in cui possono formarsiatmosfere esplosive.

L’allegato XLIX definisce sei diverse zone pericolose in funzione dello sta-to fisico della sostanza (gas/vapore/nebbia o polvere), della frequenza e du-rata della presenza di atmosfera esplosiva.

50 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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I fabbricanti di prodotti destinati a essere utilizzati in atmosfere esplosivedevono fornire tutti i particolari relativi ai gruppi e alle categorie per decide-re in quali zone potranno essere utilizzati i loro prodotti, anche se non po-tranno prevedere quali zone esisteranno.

La classificazione delle aree pericolose in zone compete all’utente le cui sedi ed at-tività lavorative contengono o danno luogo a tali pericoli.

Si deve comunque tener presente che tra le informazioni per l’uso (che ifabbricanti sono obbligati a fornire), figura anche l’indicazione, laddove ne-cessario, delle aree pericolose situate in prossimità dei dispositivi di scaricodella pressione (RES 1.0.6 dell’Allegato II d.va 94/9/CE).

In definitiva, la sicurezza dal rischio di esplosione può essere raggiunta unica-mente con il contributo, ed il reciproco scambio informativo, sia del fabbricante chedell’utilizzatore.

7.3 Struttura del documento sulla protezione contro le esplosioni

Nel documento sulla protezione contro le esplosioni vengono descritte learee di lavoro a rischio per la presenza di atmosfere esplosive.

La descrizione può contenere, ad esempio, il nome dello stabilimento, iltipo di impianto, l’edificio/il locale interessato, il responsabile, il numero deilavoratori addetti.

I dati relativi agli elementi architettonici e topografici possono essere pre-sentati sotto forma grafica, con la planimetria e i progetti di costruzione, incui sono inclusi anche i piani di fuga e di soccorso.

7.3.1 Descrizione delle fasi del processo e/o delle attività

La descrizione del processo interessato deve essere succinta ed eventual-mente accompagnata da uno schema del ciclo di lavorazione.

Essa deve contenere tutte le informazioni rilevanti ai fini della protezione con-tro le esplosioni. Tra queste, la descrizione delle diverse fasi di esercizio, ivi com-prese l’attivazione e la disattivazione degli impianti, una rassegna dei parametridi concezione e di funzionamento (ad es., temperatura, pressione, volume, carica,numero di giri, attrezzature di lavoro), nonché, eventualmente, il tipo e la portatadelle attività di pulizia e possibili dettagli riguardo all’areazione dei locali.

7.3.2 Descrizione delle sostanze impiegate/elenco dei parametri disicurezza

Vanno indicate in particolare le sostanze che sono all’origine di atmosfereesplosive e le condizioni tecniche alle quali esse si formano.

7.3.3 Presentazione dei risultati della valutazione del rischio

Va indicato dove possono formarsi le atmosfere esplosive pericolose, fa-cendo una distinzione tra l’interno degli impianti/apparecchiature e le areecircostanti.

7. LA DIRETTIVA SOCIALE 1999/92/CE 51

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Vanno presi in considerazione non solo le normali condizioni di funziona-mento, ma anche le fasi di attivazione/disattivazione, di pulizia ed eventua-li anomalie nel funzionamento.

Inoltre, andrà descritta anche la procedura da seguire in caso di variazio-ni nelle procedure operative e/o nelle modifiche apportate alle attrezzatureda lavoro.

Vengono quindi presentati i rischi di esplosione. È utile descrivere la pro-cedura applicata nella determinazione dei rischi di esplosione.

7.4 Misure di prevenzione/protezione dalle esplosioni

È opportuno distinguere tra misure tecniche e misure organizzative.Le misure tecniche si dividono in:

• preventive, mirate a evitare la formazione di atmosfere esplosive o evita-re la presenza di sorgenti di innesco efficaci;

• misure costruttive, mirate alla limitazione degli effetti dell’esplosione.

7.5 Misure organizzative

Anche queste misure devono figurare nel documento sulla protezionecontro le esplosioni.

Il documento deve indicare:• le istruzioni operative per un dato posto di lavoro o una data attività;• le misure intese a garantire un’adeguata qualificazione degli addetti;• il contenuto e la frequenza della formazione (nonchè i partecipanti);• le regole per il corretto utilizzo di attrezzature di lavoro mobili in zone

potenzialmente esplosive;• le misure adottate per assicurare che i lavoratori indossino unicamente in-

dumenti di protezione adeguati all’impiego;• l’esistenza o meno di un sistema di autorizzazione dei lavori e sua even-

tuale impostazione, l’organizzazione del servizio di manutenzione, ispe-zione e controllo;

• il tipo di segnalazione delle zone potenzialmente esplosive.

Eventuali formulari relativi a tali punti possono essere allegati come mo-delli al documento sulla protezione contro le esplosioni.

Al documento dovrà essere aggiunto inoltre un elenco delle attrezzaturedi lavoro mobili autorizzate all’impiego nelle atmosfere esplosive. Il livellodi dettaglio dipenderà dal tipo e dalla portata dell’attività e dal grado di ri-schio che essa comporta.

7.6 Realizzazione delle misure di protezione contro le esplosioni

Il documento deve indicare chi è il responsabile o la persona da questoincaricato della realizzazione di determinate misure (tecniche e/o organiz-zative).

52 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Va indicato inoltre la tempistica e le modalità operative con cui risultanecessario applicare le misure citate nonché il controllo dell’avvenuta ese-cuzione.

7.7 Coordinamento delle misure di protezione contro le esplosioni

Qualora nello stesso luogo di lavoro siano presenti lavoratori di diverseaziende, ogni datore di lavoro è responsabile dell’area soggetta al suo con-trollo.

Il datore di lavoro che ha la responsabilità generale del luogo di lavoro,coordina l’applicazione delle misure riguardanti la protezione contro leesplosioni e riporta nel documento corrispondente indicazioni precise circalo scopo del coordinamento e le misure e modalità di attuazione dello stesso.

7. LA DIRETTIVA SOCIALE 1999/92/CE 53

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Un efflusso può categorizzarsi, in funzione della durata del fenomeno,nelle seguenti tipologie:

a) Efflusso continuo

Si verifica a seguito di una perdita di contenimento parziale, quale, adesempio, una perdita da una flangia, una tubazione oppure un foro nella pa-rete di un recipiente. In questo caso è necessario caratterizzare le condizioniallo scarico (temperatura, pressione, composIzIone e portata) che possonoeventualmente variare nel tempo.

b) Efflusso istantaneo

Si verifica a seguito di una perdita di contenimento completa, quale adesempio un collasso catastrofico di un serbatoio di stoccaggio.

La quantità di prodotto rilasciata è pari al contenuto dell’apparecchiaturacollassata e l’evoluzione del fenomeno è influenzata dalle condizioni termo-dinamiche del sistema (temperatura e pressione) e dallo stato fisico della so-stanza (liquido o gassoso).

La valutazione della portata di efflusso fa riferimento alle seguenti trecondizioni fisiche:• efflusso liquido;• efflusso vapore o gas;• efflusso bifase.

Alcune situazioni vengono rappresentate in figura 1.Non si hanno, nel caso di rottura completa del contenitore, problemi per il

calcolo del termine sorgente poiché tutta la sostanza presente nel contenitoreviene rilasciata istantaneamente.

Se la sostanza trasportata è un liquido il cui punto di ebollizione è inferio-re alla temperatura ambiente (gas liquefatto), l’improvviso decremento nellapressione porta alla vaporizzazione di una frazione del liquido che sarà tan-to più elevata quanto maggiore è la differenza di temperatura tra il punto diebollizione alla pressione ambiente e la temperatura di contenimento.

Capitolo 8Calcolo delle portate di efflusso a seguito di rilasci disostanze pericolose

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La frazione di liquido surriscaldato che evapora istantaneamente (fla-shing) è calcolabile attraverso la:

dove:

Ts = temperatura all’interno del contenitore [K];Tb = temperatura di ebollizione a pressione ambiente [K];hv = calore latente di vaporizzazione [J/kg];Cp = calore specifico del liquido a pressione costante [J/kg K].

La frazione di liquido che non evapora viene intrappolato nella nube divapore come liquido finemente disperso (aerosol).

Una parte del liquido evapora in seguito al calore ceduto dall’aria presen-te nella nube e una parte ricade sul terreno formando una pozza.

La successiva evaporazione della pozza in seguito al calore fornito dal ter-reno può essere così rapida per l’estrema volatilità della sostanza che perscopi pratici di calcolo la ricaduta può essere trascurata. Il risultato finale èche l’equazione precedente generalmente sottostima la quantità di sostanzapresente nella nube.

Nella valutazione della portata di efflusso, è importante definire il com-portamento del sistema a seguito del rilascio (interventi automatici o manua-li di valvole o dispositivi di vent o depressurizzazione, portata di alimenta-zione delle apparecchiature interessate, ecc.). Tali comportamenti infatti de-

Qc T T

hfp s b

v

=⋅ −( )

Figura 1

56 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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terminano i transitori di processo nelle apparecchiature coinvolte, che a lorovolta determinano gli andamenti temporali delle portate di rilascio.

Le formulazioni da utilizzare si riferiscono essenzialmente a: • calcolo della portata iniziale di efflusso;• calcolo della portata in funzione del tempo nell’ipotesi che la temperatura

all’interno del contenitore resti costante durante tutto l’efflusso (efflussoisotermico);

• calcolo della portata in funzione del tempo nell’ipotesi che la trasforma-zione di stato all’interno del contenitore durante lo scarico sia adiabatica(efflusso adiabatico).

8.1 Efflusso liquido da recipienti in pressione

La portata di scarico (Q) può essere determinata tramite la legge diBernoulli:

dove:

Keff = coefficiente di efflusso (< 1) che tiene conto della riduzione di porta-ta dovuta alla conformazione dell’orifizio;

A = area di efflusso [m2];ρl = densità del liquido [kg/m3];g = acc. di gravità [9.81 m/s];h = battente di liquido [m];Pi = pressione interna al contenitore [Pa];P0 = pressione atmosferica [Pa].

Il comportamento del liquido all’interno del recipiente, funzione delle con-dizioni di stoccaggio e di rilascio, ha effetti sull’andamento temporale e sullostato fisico della portata di rilascio: la temperatura del liquido all’interno del-l’apparecchiatura può rimanere costante durante lo scarico (rilascio isoter-mo), oppure la sostanza stessa può subire cambiamenti di stato adiabaticidurante la depressurizzazione.

Se il liquido nel contenitore è sotto pressione e il punto di ebollizione è aldi sopra della temperatura ambiente, la velocità di rilascio è data da:

dove Pv(Ti) è la tensione di vapore alla temperatura del contenitore.

u K A P P Teff l i v i= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ −( )2 ρ ( )

Q K A P P g heff l i= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ −( ) + ⋅ ⋅2 20ρ

8. CALCOLO DELLE PORTATE DI EFFLUSSO 57

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8.2 Efflusso di gas/vapore da recipienti in pressione

Il calcolo della portata di scarico si può ancora basare sulla legge di Bernoullie sull’equazione di continuità, utilizzando l’equazione di stato dei gas.

Anche in questo caso si considera la possibilità di rilasci isotermi o adia-batici; è necessario inoltre distinguere tra efflussi sonici o sub-sonici (velocitàdl efflusso uguale oppure minore della velocItà del suono nel mezzo stessocalcolata nelle condizioni di efflusso).

La portata di gas può essere valutata con la seguente relazione:

dove:

Qg = portata di scarico [kg/s];ϕ =1 per rilasci sonici; per rilasci sub-sonici assume un valore < 1 in fun-

zione del rapporto p0 / pi;Keff = coefficiente di efflusso (< 1) che tiene conto della riduzione di porta-

ta dovuta alla conformazione dell’orifizio;A = area trasversale del foro [m2];P0 = pressione nel contenitore [Pa];Pa = pressione atmosferica [1,013 x 105 Pa];γ = Cp/Cv [-];Cp = calore specifico a pressione costante [J/kg K];M = massa molare [kg/kmol];R = costante universale dei gas 8314 J/kmol K;Ta = temperatura ambiente [K].

Si considera l’efflusso sonico se:

altrimenti efflusso è subsonico.

Nel caso di rilasci da una condotta oppure da una tubazione in pressionein impianto, il transitorio di portata dovrebbe essere calcolato considerando:• l’onda di depressurizzazione che si propaga all’interno del tubo stesso;• l’eventuale presenza di sistemi di pompaggio a monte della rottura;• le perdite di carico causate dall’attrito sulle pareti del tubo o dalla presen-

za di raccordi, valvole, curve a gomito, ecc;• le variazioni di quota della linea.

PP

a

0

121

≤+

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

γ

γγ

Q A K PM

R Tg eff= ⋅ ⋅ ⋅⋅

⋅ ⋅+

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+−

ϕ γγ

γγ

0

112

1

58 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Tale valutazione richiede modelli numerici in grado di simulare corretta-mente l’andamento temporale del fenomeno e l’effetto della presenza di val-vole e pompe o compressori.

In alternativa, possono essere adottati modelli semplificati quali, ad esem -pio, quelli riportati in [TNO,1997].

8.3 Efflusso in caso di rilasci bifasici da recipienti in pressione

Il rateo di efflusso e il titolo della miscela liquido-vapore dipendono damolti fattori legati al tipo di stoccaggio, alle caratteristiche del fluido rilascia-to e alla geometria tipica del rilascio stesso.

Il calcolo della portata di efflusso si può ancora basare sull’equazione dicontinuità e sulle leggi di conservazione del momento e dell’energia; il titolodella miscela si può ricavare tramite un bilancio di entropia o di entalpia del-la miscela stessa.

Anche per emissioni di questo tipo è necessario distinguere tra rilasci aseguito di rotture di recipienti oppure successivi a rotture di condotte o tubicollegati a recipienti in pressione; in quest’ultimo caso la lunghezza del tuboe il mantenimento della pressione a monte sono fattori determinanti per de-finire il rilascio stazionario o transitorio, calcolare la portata e il titolo dellamiscela effluente e le loro variazioni nel tempo.

Si rimanda a testi specialistici, quali, ad esempio, [TNO 1997 e ISO/TC185 4126-10] per una trattazione di dettaglio dell’argomento.

I principali metodi utilizzati sono basati su ipotesi che il flusso bifaseconsiste in un miscuglio omogeneo di liquido e vapore che fluisce alla stes-sa velocità all’interno della valvola. La famiglia dei modelli omogenei puòessere suddivisa in due principali gruppi, l’HEM, Homogeneous EquilibriumModel, e l’HNE, Homogeneous Non-Equilibrium Model, in funzione del fattoche sia raggiunto l’equilibrio termodinamico o meno all’uscita della val-vola.

Nell’HEM proposto da Leung, conosciuto anche come “metodo ω” per ilparametro caratteristico definito nel modello, il flusso è considerato come unfluido compressibile che subisce un’espansione isoentropica attraverso l’ori-fizio; inoltre esso è in equilibrio termodinamico in uscita.

Il metodo suggerito parte da questo modello e considera tutte le condizio-ni fluide in ingresso (sotto raffreddato, saturazione, bifase).

Grazie a queste ipotesi, il parametro ω viene calcolato solo con i valori diingresso:

In questa formula ω è dato dalla somma di due termini: il primo è signifi-cativo del grado di comprimibilità della miscela bifase in condizioni di rista-gno, mentre il secondo termine, dominante nel caso di fluidi soggetti a cam-

ω =⋅

+⋅ ⋅

⋅⎛

⎝⎜

⎠⎟

x v

v

C T P

v

v

h0 l 0

0

l0 0 0

0

l 0

l 0

2g g

g

8. CALCOLO DELLE PORTATE DI EFFLUSSO 59

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biamenti di fase, rende conto della comprimibilità dovuta all’evaporazioneche si verifica a seguito della depressurizzazione.

La portata può essere quindi stimata con la seguente formula:

dove il coefficiente di scarico ψ è dato da:

con:

Il coefficiente di efflusso risulterà da una combinazione lineare dei rispet-tivi coefficienti in caso di efflusso liquido e gas:

dove:α = frazione di vuoto.kv = coefficiente di efflusso della valvola per il gas.kl = coefficiente di efflusso della valvola per il liquido.

La frazione di vuoto è data per i modelli omogenei dalla:

8.4 Evaporazione

Qualora le condizioni di efflusso siano tali da determinare la formazionedi una pozza di liquido, l’analisi dell’evoluzione dell’evento incidentale ri-chiede la valutazione della portata evaporante, dato necessario per la succes-siva analisi della dispersione della nube di vapori.

In generale, la portata di evaporazione di un liquido è funzione dei se-guenti fattori:

α =⋅

−( ) ⋅ + ⋅

x v

x v x vg

l g1

K k ( )kph v2 1= + −α α l

η =pp

b

0

ψω

ηω η

ω=

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

− − ⋅ −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

( 1) ( )ln1

1

⋅⋅ −⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+11 1

η

Q A Kp

vg ph= ⋅ ⋅ ⋅⋅

20

0

60 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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1) caratteristiche del mezzo su cui avviene il rilascio;2) parametri ambientali;3) condizioni del liquido rilasciato.

Il rateo di evaporazione del liquido dipende dalle proprietà termiche (con-ducibilità, capacità e diffusività) del mezzo su cui è rilasciato.

Determinante ai fini della valutazione del rateo di evaporazione totale è la to-pografia del sito come ad esempio la presenza di ostacoli al libero spandimentodel liquido (quali cordolature, pendenze, drenaggi, canali di raccolta ecc.).

Delimitando l’estensione della pozza, se ne riduce il rateo di evaporazio-ne totale.

Nel caso di spandimento inconfinato del liquido si assume uno spessoreminimo dello strato liquido in base alla rugosità del terreno.

Sempre ai fini del calcolo del rateo di evaporazione, sono importanti tuttele grandezze ambientali che contribuiscono a riscaldare il liquido (ad esem-pio la radiazione solare) o ad asportare il vapore dalla superficie della pozza(vento).

Il rateo di evaporazione si ottiene tramite un bilancio energetico tra calorescambiato con l’esterno (substrato e atmosfera) e calore necessario per l’eva-porazione.

Per quanto riguarda le condizioni del liquido al momento del rilascio, sipresentano essenzialmente le seguenti situazioni:

a) rilascio di liquidi bassobollenti;b) rilascio di liquidi altobollenti.

Appartengono alla categoria di bassobollenti i liquidi che, in condizioni at-mosferiche, hanno una temperatura di ebollizione inferiore a quella ambiente;tali liquidi vengono stoccati a bassa temperatura oppure ad alta pressione.

Rientrano nella categoria degli altobollenti tutti i liquidi che, in condizio-ni atmosferiche sono caratterizzati da una temperatura di ebollizione mag-giore di quella ambiente.

8.4.1 Evaporazione di liquidi bassobollenti

Un liquido bassobollente stoccato in pressione (ad esempio GPL) si trovaad una temperatura Tliq superiore a quella di ebollizione a pressione atmo-sferica (liquido surriscaldato)

Teb < Tliq < Tamb

e ad una pressione maggiore di quella atmosferica.Quando il liquido viene rilasciato a seguito di una perdita dal contenitore,

si ha una istantanea evaporazione di una parte del liquido, dovuta alla re-

8. CALCOLO DELLE PORTATE DI EFFLUSSO 61

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pentina depressurizzazione, con conseguente formazione di un’estesa nubedi vapore.

Questo processo è sostanzialmente istantaneo ed adiabatico; il calore ne-cessario all’evaporazione viene fornito dal calore sensibile del liquido, il qua-le si raffredda pertanto sino alla temperatura Teb.

Il liquido residuo, ora alla temperatura di ebollizione, resta a contatto conil terreno e, poiché è più freddo di questo (Teb < Tamb), ne assorbe il calore conformazione di altro vapore.

La portata evaporante a seguito del rilascio di un liquido bassobollentestoccato in pressione è data quindi, in generale, da due contributi:

1) evaporazione rapida (istantanea) dovuta alla caduta di pressione e conTliq > Teb (processo adiabatico). La quantità di liquido evaporato può esserecalcolata tramite la relazione:

dove:

Wl = massa iniziale di liquido;Cv = calore specifico del liquido;hv = calore di vaporizzazione;

2) evaporazione continua dovuta alla trasmissione di calore dall’ambien-te alla pozza di liquido. La quantità di liquido evaporata al tempo t può esse-re valutata con la seguente relazione [Mecklenburgh, 1985]:

β = 1 per substrato non poroso;β = 3 per substrato poroso;k = conducibilità termica del substrato [kW/m2K];α = diffusività termica [m2/s];λ = entalpia di vaporizzazione [kJ/kg];Tgr = temperatura del substrato [°K];Teb = temperatura del liquido [°K];Dp = diametro della pozza [m].

Nel caso di liquido criogenico (ad esempio GNL) esso è stoccato apressione quasi atmosferica ed a temperatura Tliq = Teb < Tamb; viene per-tanto a mancare l’evaporazione istantanea a seguito della rapida depres-surizzazione.

Wk

T Tt D

e gr ebp=

⋅ ⋅⋅ −( ) ⋅

⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⋅⋅24

0 5 2βλ π α

π.

W W ee l

c

hTeb Tliqv

p= ⋅⋅ −( )

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

62 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Essendo il terreno significativamente più caldo, si ha un’ebollizione diuna parte del liquido con formazione di una larga nube di vapore che si puòconsiderare generata da una sorgente istantanea.

La velocità di ebollizione diminuisce rapidamente con il raffreddarsi delterreno.

8.4.2 Evaporazione di liquidi altobollenti

È il caso dei liquidi la cui temperatura di ebollizione è maggiore di quellaambiente e stoccati ad una temperatura Tliq prossima a Tamb.

Tliq = Teb < Tamb

L’evaporazione in questo caso è governata essenzialmente da un processodi trasferimento di massa dipendente dalla tensione di vapore del liquido edalla velocità del vento sulla superficie libera della pozza.

Un rilascio di questo tipo rappresenta una sorgente continua di vaporecon una portata evaporante che può essere valutata tramite la seguente rela-zione [Mecklenburgh, 1985]:

dove:

λ, n = sono parametri di evaporazione che dipendono dalla classe di sta-bilità;

w = velocità del vento [a 10 m di quota] {m/s);Pv = tensione di vapore del liquido (N/m2) [ Pv < p atm];MW = peso molecolare del liquido;ρa = densità dell’aria;MWa = peso molecolare dell’aria.

8.5 Scenari incidentali possibili per rilasci di gas liquefatto

Con l’aiuto dell’albero degli eventi si può tracciare la possibile evoluzionedi un incidente coinvolgente la rottura di un contenitore di gas liquefatto edi modelli matematici applicabili nei vari casi.

Le conseguenze legate ad un rilascio di gas liquefatto dipendono essen-zialmente dalla natura del rilascio (continuo o istantaneo), dal verificarsi omeno di un’accensione della sostanza rilasciata (l’accensione potrà essereimmediata o ritardata) e naturalmente dalle caratteristiche della sostanza(tossica, infiammabile).

Il punto di partenza è costituito da un evento indesiderato che ha comeconseguenza il rilascio della sostanza.

WMWMW

ww D

De a

a p

np= ⋅

⎝⎜⎞

⎠⎟⋅ ⋅ ⋅

⎝⎜

⎠⎟ ⋅

⋅⋅ρ λ

π242

2 PPP

v

atm

8. CALCOLO DELLE PORTATE DI EFFLUSSO 63

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Nel caso di rottura catastrofica del contenitore, la sostanza sarà rilasciatain modo pressoché istantaneo; se invece si verifica l’insorgere di un foro sul-la parete del contenitore la fuoriuscita potrà essere assunta, sotto particolaricondizioni, come stazionaria e l’efflusso sarà dipendente in primo luogo dal-le dimensioni del foro oltre che dalle condizioni di contenimento e dalle pro-prietà del gas.

In entrambi i casi una frazione di gas liquefatto subirà, a causa della diffe-renza di pressione esistente tra il contenitore e l’ambiente, una evaporazioneistantanea (flashing).

L’entità di tale frazione dipenderà dalle caratteristiche della sostanza (tem-peratura di ebollizione, calore di evaporazione, ecc.) e dalle condizioni atmo-sferiche e di contenimento.

8.5.1 Rottura catastrofica

Se la sostanza rilasciata in seguito a una rottura catastrofica del contenito-re incontra una sorgente di energia in grado di dar luogo ad un innesco im-mediato si produrrà un fireball.

Nel caso in cui non sia presente una sorgente di accensione nelle vicinan-ze del punto di fuoriuscita, la sostanza si disperderà nell’atmosfera ed i mec-canismi che regolano tale dispersione dipenderanno dalla densità della so-stanza (dispersione neutra o dispersione di gas pesanti) oltre che da altri pa-rametri fisici (velocità di efflusso, ecc.).

Successivamente se il gas è infiammabile e si verifica un innesco della nu-be si potrà assistere al verificarsi di un flash fire o di un UVCE; il verificarsidell’uno o dell’altro fenomeno dipenderà dalla velocità con cui si muove ilfronte della fiamma.

Se invece il gas è tossico si avrà la formazione di una nube e la magnitudodegli effetti dannosi sull’uomo e sull’ambiente dovranno essere consideratein relazione alla tossicità della sostanza.

8.5.2 Rottura limitata

La formazione del foro che si produce sulla parete del contenitore potràverificarsi sopra o sotto il livello del liquido.

Quando il foro si produce sopra il livello del liquido, se lo spazio nel con-tenitore a disposizione del vapore non è ridotto e le dimensioni del foro sonopiccole rispetto a quelle del contenitore, si potrà ipotizzare il rilascio della so-stanza in fase vapore.

La portata di efflusso dipenderà dalla differenza di pressione tra il conte-nitore e l’ambiente così come dalle dimensioni del foro.

Contemporaneamente alla fuoriuscita del vapore, il liquido nel contenito-re entra in ebollizione e nel caso si verifichi una ebollizione violenta il vapo-re potrà trascinare con sé del liquido.

Man mano che la miscela bifase vapore/liquido fuoriesce, la tensione divapore all’interno del contenitore decresce, a causa di una diminuzione della

64 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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temperatura dovuta alla sottrazione di calore necessario per l’evaporazionedel liquido.

La portata, che è funzione principalmente della differenza di pressioneesistente tra il contenitore e l’ambiente, decrescerà allora nel tempo.

Se il getto di vapore o della miscela bifase incontra una sorgente di accen-sione allora si verificherà un jet fire, se però non è presente alcuna sorgente ilvapore disperderà nell’atmosfera dando luogo ai fenomeni già descritti.

Se il foro si verifica al di sotto del livello del liquido, si produrrà fuoriusci-ta della fase liquida che darà luogo ad un fenomeno di flashing più o menoesteso.

La fase vapore potrà essere subito accesa (jet fire) oppure potrà ancora unavolta disperdere nell’atmosfera. La parte liquida, ricadendo sul terreno, daràluogo alla formazione di una pozza, che se verrà “incendiata immediata-mente” darà luogo al fenomeno di pool fire, altrimenti a dispersione.

8. CALCOLO DELLE PORTATE DI EFFLUSSO 65

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9.1 Generalità

I fabbricanti di prodotti destinati a essere utilizzati in atmosfere poten-zialmente esplosive devono fornire tutti i particolari relativi ai gruppi e allecategorie per decidere in quali zone potranno essere utilizzati i loro prodotti,anche se non potranno prevedere quali zone esisteranno. La classificazionedelle aree in zone pericolose compete all’utente le cui sedi ed attività lavora-tive contengono o danno luogo a tali pericoli.

La direttiva 1999/92/CE relativa alle prescrizioni minime per il migliora-mento della tutela della sicurezza e della salute dei lavoratori che possonoessere esposti al rischio di atmosfere esplosive definisce le varie zone in rela-zione alla presenza di gas, vapori e polveri.

La direttiva 1999/92/CE è stata recepita tramite il Dlgs 233/2003 e suc-cessivo Dlgs. 9 aprile 2008 n. 81.

Il datore di lavoro è obbligato ad adottare una serie di provvedimenti dalpunto di vista organizzativo, formativo e informativo, nonché sotto il profilodelle attrezzature di lavoro e dei dispositivi di protezione individuale.

Il datore di lavoro, nell’assolvere gli obblighi di prevenzione e protezione,deve valutare i rischi specifici derivanti da atmosfere esplosive, tenendo con-to almeno di:• probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;• probabilità della presenza, dell’attivazione e dell’efficacia di sorgenti di

accensione, comprese le scariche elettrostatiche;• caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processo e loro possibili

interazioni;• entità degli effetti prevedibili.

Il datore di lavoro deve ripartire in zone le aree in cui possono formarsiatmosfere esplosive, graduate secondo la frequenza e durata di presenza diatmosfera esplosiva.

L’allegato XLIX definisce sei diverse zone pericolose in funzione dello sta-to fisico della sostanza (gas/vapore/nebbia o polvere), della frequenza e du-rata della presenza di atmosfera esplosiva.

Capitolo 9Cenni alla classificazione delle aree con pericolo di esplosione da gas, vapori o nebbie infiammabili

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9.2 Definizione delle zone pericolose

Si riportano di seguito le definizioni di zone così come riportate nella nor-ma UNI EN 1127-1 in quanto si ritengono maggiormente pertinenti per latrattazione svolta:

Zona 0Luogo in cui un’atmosfera esplosiva costituita da una miscela di aria e so-

stanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia è presente continua-mente, o per lunghi periodi, o frequentemente.

Nota: in generale, dette condizioni, quando si presentano, interessano l’interno diserbatoi, tubi e recipienti, ecc.

Zona 1Luogo in cui è probabile che un’atmosfera esplosiva, costituita da una mi-

scela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia, sipresenti occasionalmente durante il funzionamento normale.

Nota: detta zona può comprendere, tra l’altro:• luoghi nelle immediate vicinanze della zona 0;• luoghi nelle immediate vicinanze delle aperture di alimentazione;• luoghi nelle immediate vicinanze delle aperture di riempimento e svuotamento;• luoghi nelle immediate vicinanze di apparecchi, sistemi di protezione e compo-

nenti fragili di vetro, ceramica e materiali analoghi;• luoghi nelle immediate vicinanze di premistoppa non sufficientemente a tenuta,

per esempio su pompe e valvole con premistoppa.

Zona 2Luogo in cui è improbabile che un’atmosfera esplosiva, costituita da una

miscela di aria e sostanze infiammabili sotto forma di gas, vapore o nebbia, sipresenti durante il normale funzionamento, ma che, se si presenta, persistesolo per un breve periodo.

Nota: detta zona può comprendere, tra gli altri, luoghi circostanti le zone 0 o 1.

Nelle considerazioni successive si prende in esame il caso di emissioni se-condo la guida CEI 31-35 alla EN 60079-10.

La procedura di classificazione delle aree prevista dalla guida risulta ab-bastanza complessa, ma in linea generale si può ricondurre ai seguenti passi:• individuazione delle sorgenti di emissione;• assegnazione del grado di emissione alle sorgenti (considerando le even-

tuali contemporaneità di più sorgenti);• determinazione della portata di emissione del fluido in considerazione

(gas, vapore, liquido bassobollente o altobollente);• calcolo del volume ipotetico di atmosfera potenzialmente esplosiva intor-

no alla SE (Vz);• calcolo della concentrazione media volumica (Xm%);

68 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Componente Elemento caratterizzante Foro di guasto φ (mm2)il foro di guasto

Flange in ambienti Guarnizione in fibrasorvegliati (*) compressa 2.5

Guarnizione metallica 0.25 Guarnizione ring-joint 0.1 – 0.5

Valvole industriali d’uso DN £ 150 mm 0.25generale (si consideral’emissione dallo stelo) DN > 150 mm 2.5PSV (in posizione di PSV senza guarnizione tra 0.25 < φ ≤ 1chiusura) SE di grado 1 sede e otturatore (in funzione della

pressione di esercizio)PSV con guarnizione tra 0.25sede e otturatore

Tabella 1

• valutazione del tempo di permanenza;• determinazione del tipo di zona individuata;• determinazione della forma della zona pericolosa;• determinazione dell’estensione della zona pericolosa (considerando even-

tuali aperture);• inviluppo delle diverse zone pericolose individuate.

Le sorgenti di emissione devono essere ricercate in generale nei seguenticomponenti d’impianto:• flange;• valvole;• valvole di sicurezza (PSV);• pompe;• compressori;• connessioni;• punti di drenaggio e prelievo campione;• [...]

Per ciascuna sorgente di emissione la norma specifica le possibili sezionidi guasto da considerare; ad esempio si riportano in tabella 1 alcune situazio-ni tipo.

(*) in ambienti non sorvegliati le corrispondenti aree hanno valori superiori.

9.3 Grado di emissione delle sorgenti

Il grado di emissione delle sorgenti di emissione viene definito come segue:• grado continuo: emissione continua o che può avvenire per lunghi pe-

riodi;• grado primo: emissione che può avvenire periodicamente o occasional-

mente durante il “funzionamento normale”;

9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 69

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• grado secondo: emissione che non è prevista durante il normale funzio-namento e che se avviene è possibile solo poco frequentemente o per bre-vi periodi (ad esempio l’apertura di una valvola di sicurezza);

Ai fini della determinazione del tipo di zona pericolosa è necessario valu-tare anche i seguenti parametri:

il grado della ventilazione che è indicativo della quantità di aria di venti-lazione che investe la sorgente di emissione in rapporto alla quantità di so-stanze infiammabili emesse nell’ambiente. Esso dipende dal volume ipoteti-co di atmosfera esplosiva Vz e dalla concentrazione media di sostanza in-fiammabile Xm%;

la disponibilità della ventilazione che esprime l’affidabilità della presen-za della ventilazione considerata:• disponibilità buona: la ventilazione è presente con continuità (in am-

biente aperto la disponibilità è generalmente buona con velocità del ven-to pari a 0,5 m/sec – calma di vento);

• disponibilità adeguata: la ventilazione è presente durante il funziona-mento normale;

• disponibilità scarsa: la ventilazione non è né buona né adeguata.

Nel caso di ambiente aperto il grado di ventilazione si considera “alto” seil Vz è trascurabile, si considera “medio” se Vz è non trascurabile. Nelle consi-derazioni che seguono si considera il caso di ambiente aperto.

Il volume ipotetico Vz deve essere utilizzato esclusivamente nel procedi-mento di classificazione e deve essere notato che esso non rappresenta il volu-me reale dell’atmosfera esplosiva originata dalla sorgente in considerazione.

La trascurabilità del Vz può essere valutata in relazione all’entità del dan-no prevedibile susseguente all’esplosione della corrispondente atmosferaesplosiva effettivamente presente.

Il Vz introdotto dalla norma EN 60079-10 generalmente sovrastima il vo-lume di atmosfera effettivamente presente.

Uno studio dell’Health & Safety Laboratory inglese ha mostrato attraversosimulazioni CFD in un range di pressioni da 0.5 a 5.0 barg e fori di guasto da0.25 a 5.0 mm2 che i volumi ottenuti con la norma EN 60079-10 conducono asovrastime di due o tre ordini di grandezza.

Una stima del volume Vex della miscela esplosiva effettivamente presentepuò essere ottenuta con un coefficiente riduttivo tramite la:

Vex = Vz x k

Perché il volume Vz possa essere considerato trascurabile (VzNE), il corri-spondente volume Vex deve rispettare le condizioni seguenti1:

70 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Grado della sorgente Grado della ventilazionedi emissione Alto Medio BassoContinuo Zona 0 * Zona 0 Zona 0Primo Zona 1 * Zona 1 Zona 1 o Zona 0 **Secondo Zona 2 * Zona 2 Zona 1 o Zona 0 **

Tabella 2

1 Si vedano in proposito le indicazioni della Commissione Europea.

9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 71

• per la zona 0 all’aperto: Vex < 1 dm3;• per la zona 1 all’aperto: Vex < 10 dm3;• per la zona 2 all’aperto: Vex < (100 × k) dm3 e Vz < 100 dm3.

9.4 Individuazione della zona pericolosa

Il tipo di zona pericolosa è individuato in base alla sorgente di emissioneed al grado e disponibilità della ventilazione si determina secondo la tabella2 seguente (valida solo in ambiente aperto):

* Zone con estensione trascurabile;** È zona 0 se si è vicini ad una situazione di assenza di ventilazione;

In linea generale quindi una sorgente di emissione di grado continuo da luo-go ad una zona 0, una sorgente di emissione di grado primo da luogo ad unazona 1, una sorgente di emissione di grado secondo da luogo ad una zona 2.

Detta corrispondenza può essere alterata dal grado di ventilazione. Nel seguito si forniranno alcuni esempi puramente indicativi e semplifi-

cati in cui si espliciteranno direttamente i parametri sopra indicati.In particolare si prenderà in considerazione l’emissione di un fluido in-

fiammabile da un contenitore in pressione allo stato di gas/vapore che fuo-riesce a seguito di:• guasto della guarnizione di una flangia;• guasto della tenuta della valvola di sicurezza;• apertura valvola di sicurezza.

Con riferimento alla figura 1, si considerano le sorgenti di emissione indi-cate in tabella 3:

Tabella 3

(segue)

N° progressivo Grado della Evento preso in considerazione Significato delleemissione sorgente variabili P ed A nelle

formule di Qg e dz1 Emissione di Emissione significativa dalla P = la pressione di

grado 1 tenuta della PSV durante il esercizio;funzionamento normale in A = area del foro direlazione all’intervallo di guasto ipotizzato –manutenzione. tabella 1.

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La norma per la classificazione delle aree introduce le seguenti formulefondamentali:

Qa-min = portata aria minima volumetrica a regime [m3/s];Vz = volume ipotetico di atmosfera potenzialmenteesplosiva intorno alla SE [m3];C0 = numero di ricambi d’aria fresca nell’unità ditempo;f = fattore di efficacia della ventilazione (f = 1, 2, 3,4, 5);k = fattore di sicurezza applicato a LEL (0,25 per

2 Emissione di Emissione dovuta allo scatto della P = pressione digrado 2; PSV a seguito di: scarico attraverso

• incendio esterno; PSV;• anomalia di esercizio A = area di passaggiomanutenzione. di PSV.

3 Emissione di Emissione dovuta al guasto sulla P = pressione digrado 2; flangia di tenuta lato liquido. esercizio;

A = area del foro diguasto ipotizzato –tabella 1.

(continua)

Figura 1

QQ T

k LELg a

a− =⋅

⋅ ⋅min 293

Vf Q

Cza-min=

0

72 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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emissioni continue e di grado 1 – 0,5 per emissionidi grado 2);LELmix = limite inferiore di esplodibilità della misce-la [kg/m3];Qg = portata massima di emissione [kg/s];Ta = temperatura ambiente [K];t = tempo di persistenza al cessare dell’emissione;

La portata di emissione Qg è calcolabile con le formule riportate al prece-dente capitolo 8 a seconda delle ipotesi di efflusso di volta in volta conside-rate (efflusso liquido, gas, vapore, ifase, evaporazione ecc.).

9.5 Estensione della zona pericolosa

L’estensione della zona dipende dalla distanza (stimata o calcolata) in cuiè presente un’atmosfera esplosiva prima di disperdersi ad un livello di con-centrazione in aria al di sotto del limite inferiore di esplodibilità.

La distanza pericolosa dz è la distanza dalla SE a partire dalla quale laconcentrazione del gas nell’aria è inferiore al LEL. La norma propone le se-guenti formule:

Equazione diFauske modificata,valida per velocitàdi emissione infe-riore a 10 m/sec.

Equazione validaper velocità diemissione maggioreo uguale a 10m/sec.

Il calcolo di C0 può essere eseguito con la:

Con w= 0,5 m/sec (calma di vento)a ≥ dz a scelta del progettistaDSE = dimensione lineare massima della sorgente

L’estensione delle zone si limitano ad un volume prossimo alla sorgentedi emissione (campo vicino) e si estendono a partire dalla sorgente in relazio-ne alla dz che rappresenta quindi un ordine di grandezza delle dimensionidella zone pericolose.

Xk LEL %

fmmix% ≤

tf

Ck LEL

X=

−⋅

⋅⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟0 0

ln

dQ f

M k LEL wzg

dz v

=⋅ ⋅

⋅ ⋅ ⋅

⎝⎜

⎠⎟

42300 0 55.

dM

k LEL

Q

k 1zdz v

g

eff

=⋅ ⋅

⎝⎜

⎠⎟ ⋅

+⎛−

5020 65

0 5,

,

ϕγ

γ⎝⎝⎜⎞⎠⎟

⎝⎜⎜

⎠⎟⎟

−β 0 25

0 25

,

,T

Cw

a DSE0 2

=⋅ +

9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 73

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Le dimensioni effettive devono essere stabilite dal tecnico responsabile divolta in volta in base ad opportuni coefficienti di sicurezza ed alle considera-zioni reperibili sulle norme tecniche.

Si veda in proposito la figura 1 per un caso generico considerando una di-rezione di emissione non nota.

Considerando una sorgente di dimensione lineare trascurabile si può ap-prossimare il volume esplosivo effettivamente generato da una sorgente con:

mentre la massa di sostanza infiammabile all’interno del volume esplosi-vo sarà:

L’esempio considerato nelle schede seguenti sintetizzerà quanto sopraesposto con riferimento alla fuoriuscita di sostanza dalla valvola di sicurezzaPSV (progressivo 1 e 2 della tabella 3). Considerazioni analoghe possono es-sere fatte per il guasto sulla flangia lato liquido ma in questo caso il calcolodell’efflusso deve tener conto della quantità di fluido che evapora durantel’emissione, della quantità che fuoriesce mantenendosi liquido e cade a terraformando una pozza e dell’eventuale frazione bifase. Si veda in proposito ilcapitolo 8.

Mf

w

Q T

kk des

g aex z=

⋅⋅

⋅⋅ ⋅

2293

Vf

w

Q T

k LELk dex

g aex z=

⋅⋅

⋅ ⋅⋅ ⋅

2293

74 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 75

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76 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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9.6 Classificazione delle aree in casi particolari – Cabine di verni-ciatura

9.6.1 Generalità

Si è già detto che la classificazione delle aree pericolose in zone competeall’utente le cui sedi ed attività lavorative contengono o danno luogo a talipericoli.

Si è osservato comunque che tra le informazioni per l’uso che i fab bri -canti sono obbligati a fornire, figura anche l’indicazione, laddove necessario,delle aree pericolose situate in prossimità dei dispositivi di scarico dellapressione (RES 1.0.6 dell’Allegato II direttiva 94/9/CE).

Un caso particolare riguarda la classificazione dell’interno di talune appa-recchiature ricadenti sotto l’applicazione della direttiva macchine.

Si cita ad esempio il caso delle cabine di verniciatura che sono esplicita-mente state escluse dall’ambito di applicazione della direttiva 94/9/CE (siveda la raccolta di pareri in appendice).

Queste apparecchiature ricadono sotto il campo di applicazione della di-rettiva macchine, in quanto sono soggette ai rischi tipici trattati nella diretti-va medesima (pericoli di natura meccanica, elettrica, intrappolamento, con-tatto con sostanze pericolose, rumore ecc).

Tra questi rischi vi è evidentemente anche quello relativo all’esplosioneche deve essere opportunamente valutato dal costruttore.

Nel parere della Commissione permanente ATEX che esclude le cabine diverniciatura dall’applicazione della direttiva 94/9/CE si afferma che tutte leapparecchiature (elettriche e non elettriche) installate all’interno di una cabi-na devono essere valutate come prodotti ATEX e quindi marcate secondo ladirettiva 94/9/CE in una categoria appropriata all’utilizzo.

In conclusione quindi, l’interno delle cabine deve essere preventivamen-te classificato e se l’intera apparecchiatura (comprensiva delle parti inter-ne) viene commercializzata da un costruttore, sarà quest’ultimo a dover ef-fettuare la classificazione interna (ed esterna limitatamente alle aperturedella cabina).

Se, viceversa, un utilizzatore acquista singole unità costituenti il prodottofinale e le assembla così da costituire una “installazione” come definita al ca-pitolo 6, sarà egli stesso obbligato alla classificazione delle aree pericolose in-terne ed esterne.

Non a caso la norma EN 12215 – «Cabine di verniciatura per l’applicazio-ne di prodotti vernicianti liquidi», stabilisce sia i requisiti di costruzione chela cabina deve rispettare per rispondere ai requisiti essenziali di sicurezzadella direttiva macchine (tra cui anche il rischio di esplosione), sia i requisitiper la determinazione della classificazione delle zone pericolose interne.

Si deve notare che le distinzioni evidenziate costituiscono solo un fattoformale in quanto la stessa norma EN 12215 stabilisce che nonstante le cabi-ne trattate (nel loro insieme) non ricadano nell’applicazione della direttiva

9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 77

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94/9/CE, la norma stessa è basata su un’analisi del rischio di esplosione coe-rente con la direttiva 94/9/CE.

Il pericolo di esplosione in una cabina di verniciatura può verificarsi quan-do la concentrazione di sostanza infiammabile nell’aria supera il limite d’e -splosività inferiore (LEL) e se è presente una sorgente d’accensione. Le so-stanze infiammabili che aumentano la concentrazione al di sopra del livellonormale sono ad esempio le seguenti:• vapori di solventi derivanti dal processo di essiccazione istantanea; • gas derivanti da combustibili e/o prodotti della combustione del sistema

di riscaldamento;• gas liberati dai depositi;• gas combustibili del riscaldamento;• vapori di solventi derivanti da perdite da tubi o raccordi rotti;• liquidi detergenti.

Le sorgenti di innesco possono essere le seguenti: • superfici bollenti (per es. di sistemi di riscaldamento, apparecchiature e -

lettriche);• sistemi di riscaldamento;• scintille provocate da energia indotta in modo meccanico (per es. ventila-

tori, trasportatori, ecc.);• scariche elettrostatiche;• scintille elettriche;• saldatura e altri fonti di energia termica utilizzate durante la manutenzio-

ne e la pulizia.

I requisiti di sicurezza contro il pericolo di esplosione dovranno consen-tire: • di mantenere la concentrazione di sostanze infiammabili al di sotto del

LEL mediante ventilazione forzata;• di eliminare o ridurre le fonti di innesco.

Si dovranno inoltre prendere opportune precauzioni per eliminare leperdite di gas combustibile, al fine di evitare possibili esplosioni, ad esem-pio: convezione naturale, pre e post-ventilazione, prove di tenuta, monito-raggio gas ecc.

9.6.2 Classificazione delle zone pericolose in cabina

La classificazione delle zone pericolose risulta una parte integrante delconcetto della prevenzione dell’esplosione dell’intera apparecchiatura percui la norma stabilisce i criteri di tale classificazione nell’ambito della rispon-denza al concetto di armonizzazione normativa europea.

L’approccio seguito è quello di considerare il tipo di zona pericolosa in re-lazione al grado di ventilazione forzata secondo il criterio seguente:

78 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Figura 2

a) limitazione della concentrazione di sostanza infiammabile al disotto del25% del LEL – si considera una zona 2 per l’intero volume interno dellacabina più il volume esterno alle aperture permanenti fino alla distanza di1 metro da queste (non considerando le porte); si considerano anche i con-dotti di ricircolo e scarico dell’aria;

b) limitazione della concentrazione di sostanza infiammabile compreso tra il25 % ed il 50 % del LEL – si considera una zona 1 per l’intero volume in-terno della cabina; si considera invece come zona 2 il volume esterno alleaperture permanenti fino alla distanza di 1 metro da queste.Si veda in proposito la figura 2.

9.6.3 Requisiti di sicurezza

Nelle cabine di verniciatura, la concentrazione delle sostanze infiammabi-li deve essere limitata al 25% o al 50% del LEL massimo a seconda che siaprevisto l’accesso di operatori o meno.

Se la concentrazione di sostanza infiammabile è ≥ del 25% del LEL, la ca-bina di verniciatura sarà dotata di un dispositivo di scarico della pressione oun dispositivo di misurazione della concentrazione per l’interruzione dellafornitura di sostanza infiammabile qualora la concentrazione sia ≥ 50% delLEL.

9. CENNI ALLA CLASSIFICAZIONE DELLE AREE CON PERICOLO DI ESPLOSIONE 79

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A seguito della classificazione interna, la scelta delle apparecchiature in-terne deve seguire i criteri esposti al pari di altre apparecchiature destinatead operare in aree con pericolo di esplosione.

Questo vale anche per i dispositivi di controllo regolazione, ecc., installatial di fuori dell’area pericolosa ma che hanno una funzione di sicurezza ai fi-ni dell’esplosione.

Particolare cura deve essere prestata alla realizzazione dei dispositivi dicontrollo in relazione al criterio adottato per la loro progettazione (EN 954 oIEC 61508) ed in relazione alla tolleranza al guasto (inteso nel senso dellaprotezione contro l’esplosione)

80 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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10.1 Generalità

Per la classificazione delle aree dove sono o possono essere presenti pol-veri combustibili si applica la norma EN 61241-10.

Tale norma sostituisce la precedente EN 50281-3 e non si applica alle areeminerarie sotterranee, alle miscele ibride e alle polveri di esplosivi o sostan-ze piroforiche.

La procedura di classificazione prevede innanzitutto di identificare le ca-ratteristiche dei materiali quali la dimensione delle particelle, il contenuto diumidità, la temperatura minima di accensione della nube e dello strato ecc.

Successivamente è necessario identificare il funzionamento dell’impian-to/processo al fine di individuare i possibili punti (in tutte le condizioni pre-vedibili di esercizio) nei quali vi siano contenimenti di polvere o sorgenti diemissione di polvere compresi gli strati.

Infine occorre valutare la probabilità di emissione della polvere da talisorgenti.

Analogamente a quanto visto per i gas infiammabili, anche i luoghi classi-ficati per atmosfere esplosive da polveri sono divisi in zone sulla base dellafrequenza e durata di presenza di atmosfere esplosive di polvere /aria se-condo la seguente terminologia:

Zona 20Luogo in cui un’atmosfera esplosiva sotto forma di una nube di polveri

combustibili nell’aria è presente continuamente, o per lunghi periodi, o fre-quentemente.

Nota: in generale, dette condizioni, quando si presentano, interessano l’interno diserbatoi, tubi e recipienti, ecc.

Esempi di luoghi che possono dare origine a zone 20:• l’interno dei sistemi di contenimento di polveri;• tramogge, sili, cicloni, filtri, ecc.;• sistemi di trasporto polveri, eccetto alcune parti dei trasportatori a nastro

e a catena, ecc;• interno di miscelatori, mulini, essiccatori, apparecchiature per insacco,

ecc.

Capitolo 10Cenni alla classificazione delle aree dove sono opossono essere presenti polveri combustibili

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Zona 21Luogo in cui è probabile che un’atmosfera esplosiva, sotto forma di una

nube di polveri combustibili nell’aria, si presenti occasionalmente durante ilnormale funzionamento.

Nota: detta zona può comprendere, per esempio, tra gli altri, luoghi nelle imme-diate vicinanze di punti di caricamento e svuotamento di polveri e luoghi in cui siformano strati di polvere o che, durante il normale funzionamento, potrebbero pro-durre una concentrazione esplosiva di polveri combustibili in miscela con l’aria.

Esempi di luoghi che possono dare origine a zone 21:• aree esterne ai contenimenti di polvere e nelle immediate vicinanze di por-

te di accesso, soggette a rimozione o apertura frequente per scopi di fun-zionamento, in presenza di miscele esplosive di polvere/aria all’interno;

• aree esterne ai contenimenti di polveri e nelle vicinanze di punti di riem-pimento e di svuotamento, nastri trasportatori, punti di campionamento,stazioni di scarico autocarri, punti di scarico dai nastri, ecc., ove non ven-gano prese misure per evitare la formazione di miscele esplosive di polve-re/aria;

• aree esterne ai contenimenti di polveri dove si accumulano polveri e do-ve, a causa delle operazioni di processo, lo strato di polvere può essere di-sturbato e formare miscele esplosive di polvere/aria;

• aree all’interno di contenimenti di polveri dove possono formarsi nubiesplosive di polvere (ma non in modo continuo, né per lunghi periodi, néfrequentemente) come per es. sili (se riempiti e/o svuotati solo occasional-mente) e il lato sporco di filtri in caso di lunghi intervalli di auto-pulizia.

Zona 22Luogo in cui è improbabile che un’atmosfera esplosiva, sotto forma di

una nube di polvere combustibile nell’aria, si presenti durante il normalefunzionamento, ma che, se si presenta, persiste solo per un breve periodo.

Nota: questa zona può comprendere, tra gli altri, luoghi in prossimità di apparec-chi, sistemi di protezione e componenti contenenti polveri, dai quali le polveri posso-no fuoriuscire a causa di perdite e formare depositi di polveri (per esempio sale di ma-cinazione, in cui la polvere fuoriesce dai mulini e si deposita).

Esempi di luoghi che possono dare origine a zone 22:• scarico in ambiente dagli sfiati dei filtri, in quanto, in caso di malfunziona-

mento, possono verificarsi emissioni di miscele di esplosive polvere/aria;• luoghi vicini ad apparecchiature che devono essere aperte a intervalli non

frequenti, o apparecchiature che, sulla base dell’esperienza, possono facil-mente formare perdite, con espulsione violenta delle polveri, a causa diuna pressione superiore a quella atmosferica;

• apparecchiature pneumatiche, collegamenti flessibili, suscettibili di dan-neggiamento, ecc.;

• magazzini di sacchi contenenti prodotti polverosi. Durante la movimenta-zione possono verificarsi danni ai sacchi, tali da causare perdite di polvere;

• aree normalmente classificate come zone 21 possono rientrare in zona 22

82 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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quando vengono attuate misure per evitare la formazione di miscele diesplosive polvere /aria. Tali misure comprendono sistemi di ventilazionedell’aria. Le misure dovrebbero essere utilizzate nelle vicinanze dei puntidi riempimento e svuotamento (dei sacchi), nastri trasportatori, punti dicampionamento, stazioni di scarico camion, punti di scarico nastri, ecc.;

• aree nelle quali si formano strati di polveri controllabili, suscettibili di di-ventare miscele di esplosive polvere/aria. L’area viene designata comenon pericolosa solo se lo strato viene rimosso mediante pulizia prima chepossano formarsi miscele pericolose di polveri/aria.

10.2 Estensione di zone pericolose da polvere

L’estensione di una zona pericolosa da polvere viene definita come la di-stanza in ogni direzione dal limite di una sorgente di emissione fino al puntonel quale il pericolo associato a tale zona è considerato come non più presente.

È opportuno tenere conto che le polveri fini possono essere trasportateverso l’alto, da una sorgente di emissione o dal movimento dell’aria all’inter-no di un edificio.

Laddove la classificazione indica piccole aree non classificate tra areeclassificate, la classificazione dovrebbe estendersi a tutta l’area.

L’estensione della zona 20 comprende l’interno di condotti, le apparecchia-ture di produzione e movimentazione in cui sono presenti miscele esplosivepolvere/aria in modo continuo, per periodi prolungati, o frequentemente.

Se è presente in modo continuo una miscela esplosiva di polvere/aria al-l’esterno di un contenimento di polvere, è richiesta la classificazione di zona 20.

Le condizioni che portano a una zona 20 sono vietate nei luoghi di lavoro.

Zona 21Nella maggior parte dei casi, l’estensione della zona 21 può essere defini-

ta valutando le sorgenti di emissione in rapporto all’ambiente che provocanomiscele esplosive di polvere/aria.

L’estensione della zona 21 è la seguente:l’interno di alcune apparecchiature di movimentazione delle polveri in

cui è probabile che si verifichi una miscela esplosiva di polvere/aria;l’estensione della zona all’esterno dell’apparecchiatura, creata da una sor-

gente di emissione, dipende anche da vari parametri della polvere, quali laquantità, la portata, le dimensioni delle particelle e il contenuto di umiditàdel prodotto.

Questa zona dovrebbe avere solo un’estensione ridotta. In genere, è suffi-ciente una distanza di 1 m intorno alla sorgente di emissione (con un esten-sione verticale verso il basso fino a terra, o fino al livello di un pavimento).

Nel caso di zone all’esterno di edifici (ambienti aperti) il limite della zona 21può essere alterato a causa di effetti meteorologici, quali vento, pioggia, ecc.

Se la diffusione della polvere è limitata da strutture (muri, ecc.) le superfi-ci di queste strutture possono essere considerate come il limite della zona.

10. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE 83

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Zona 22Nella maggior parte dei casi, l’estensione della zona 22 può essere defini-

ta, valutando in rapporto all’ambiente le sorgenti di emissione che provoca-no miscele esplosive di polvere/aria.

L’estensione di zona creata da una sorgente di emissione dipende ancheda vari parametri della polvere, quali la quantità, la portata, le dimensionidelle particelle e l’umidità del prodotto:

In genere, è sufficiente una distanza di 1 m oltre la zona 21 ed intorno allasorgente di emissione. Nel caso di zone all’esterno di edifici (ambienti aper-ti) il limite della zona 22 può essere ridotto a causa di effetti meteorologici,quali vento, pioggia, ecc.

Se la diffusione della polvere è limitata da strutture meccaniche (muri,ecc.) le loro superfici possono essere considerate come il limite della zona.

Per considerazioni pratiche, può essere opportuno classificare l’intera areaconsiderata come zona 22.

Una zona 21 non limitata (da strutture metalliche, es. un recipiente con unpozzetto aperto) posta all’interno, è sempre circondata da una zona 22.

Una determinazione maggiormente accurata dell’estensione delle zonepericolose all’esterno dei sistemi di contenimento delle polveri combustibiliviene effettuata dalla guida CEI 36-56 (guida alla norma EN 50281-3).

In essa viene considerata la dipendenza dalle caratteristiche della polverecombustibile in questione, dal sistema di contenimento e dall’ambiente.

Viene definita la distanza:

dz = (d0 + dh) ⋅ kd ⋅ ku ⋅ kta ⋅ kw

condz = distanza pericolosa dalla SE sorgente di emissione nella direzione di

emissione e di più probabile dispersione della nube esplosiva [m];d0 = distanza di riferimento [m];dh = distanza addizionale dipendente dall’altezza della SE [m];kd = coefficiente dipendente dal rapporto tra la portata di emissione della

SE e LEL;ku = coefficiente relativo al contenuto di umidità della polvere;kta = coefficiente relativo al tipo di ambiente;kw = coefficiente che dipende dalla velocità dell’aria di ventilazione w

nell’intorno della SE e della velocità di sedimentazione della polvere,

Nella stessa guida viene definita come effettiva estensione della zona pe-ricolosa la cosiddetta “quota a” pari a:

a = k ⋅ dz

dove k è un coefficiente variabile di cui il progettista può tener conto sul-la base dell’esperienza in seguito a studi sperimentali di settore relativi al ca-so in esame.

84 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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In generale viene assunta a ≥ dz con un minimo di 1 metro se dz < 1.La distanza di riferimento d0 dipende dalla velocità dell’aria di ventilazio-

ne intorno alla SE w, dalla velocità con la quale la SE emette la polvere e dallecaratteristiche densità ρ e diametro medio delle particelle della polvere stessa.

Per i sistemi di contenimento che lavorano a pressione atmosferica, essen-do la velocità di emissione bassa, si prende come valore di riferimento d0 = 1m, mentre per i sistemi che lavorano in pressione, essendo la velocità diemissione non trascurabile, la d0 può essere ricavata da opportuni grafici re-peribili sulla guida come pure gli altri coefficienti sopra indicati.

10.3 Il sistema di aspirazione

Analogamente a quanto visto per i gas infiammabili, anche per le polvericombustibili la valutazione delle condizioni di ventilazione influenza moltola classificazione delle aree.

La guida CEI 36-56 introduce una serie di considerazioni maggiormentemirate ai sistemi di aspirazione dei luoghi con presenza di polveri combu-stibili.

Va posta l’attenzione al fatto che un sistema di aspirazione, per essere effi-ciente, deve essere ben dimensionato e le bocche di aspirazione devono esse-re poste nelle immediate vicinanze delle sorgenti di emissione delle polveri.

Per valutare l’effetto di un sistema di aspirazione la guida stabilisce dueparametri fondamentali:• il grado di efficacia;• la disponibilità del sistema di aspirazione.

Il grado di efficacia di un sistema di aspirazione si può considerare:• alto: se è in grado di ridurre la concentrazione di polvere nell’aria, in mo-

do praticamente istantaneo, al di sotto del limite inferiore di esplodibilità(LEL) nell’immediato intorno della SE e all’interno del sistema di aspira-zione stesso;

• medio: se non è in grado di ridurre la concentrazione di polvere nell’ariaal di sotto del LEL nelle immediate vicinanze della SE e all’interno del si-stema di aspirazione stesso, ma è in grado di catturare tutta la polvereemessa dalla SE;

• basso: se non è in grado di ridurre la concentrazione di polvere nell’aria aldi sotto del LEL nelle immediate vicinanze della SE e all’interno del siste-ma di aspirazione stesso e non è capace di catturare tutta la polvere emes-sa dalla SE. Questo grado di efficacia equivale all’assenza di un impiantodi aspirazione.

Per quanto riguarda la disponibilità del sistema di aspirazione si considera: • buona: se l’aspirazione è presente con continuità;• adeguata: se l’aspirazione è presente durante il funzionamento normale,

con la sola possibilità di interruzioni brevi e poco frequenti;

10. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE 85

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• scarsa: se l’aspirazione non risponde ai requisiti di buona e adeguata, an-che se non sono previste interruzioni per lunghi periodi.

Ai fini della valutazione della disponibilità di un sistema di aspirazionedevono essere considerate anche l’affidabilità, la presenza di apparecchiatu-re di riserva e i periodi di interruzione.

Un sistema di aspirazione di disponibilità buona, in genere richiede lapresenza di apparecchiature di riserva, mentre se un sistema di aspirazionepresenta lunghi periodi di interruzione non può essere considerato come unsistema di bonifica.

Nella guida è riportata l’individuazione delle zone pericolose in relazionealle caratteristiche del sistema di aspirazione e del grado di emissione delle SE.

10.4 Pericolo da strati di polvere

All’interno di un sistema di contenimento nel quale vengono movimenta-te o lavorate polveri, è spesso impossibile evitare strati di polveri di spessoreincontrollato, in quanto essi costituiscono parte integrante del processo.

In linea di principio lo spessore degli strati di polvere, all’esterno delle ap-parecchiature, può essere limitato dal mantenimento della pulizia.

Al momento di considerare le sorgenti di emissione, è necessario concor-dare la natura delle disposizioni per il mantenimento della pulizia dell’im-pianto con il responsabile di quest’ultimo. Per esempio, quando il responsa-bile della scelta delle apparecchiature si aspetta che l’impianto sia esente dastrati di polvere, è accettabile considerare uno spessore massimo dello stratodi 5 mm sulla superficie (per tenere conto di possibili brevi interruzioni nelciclo di pulizia).

10.5 Esempio

Un tipico processo di lavorazione di polveri è riportato in figura 1. Nel processo si considera una polvere testata in laboratorio con un appa-

recchio di Hartman da 20 litri, una sorgente di innesco chimica da 10 kJ conconcentrazione di prova pari a 900 g/m3.

Le caratteristiche risultanti sono riportate in seguito.

In un tale sistema, una nube di polvere esplosiva può formarsi durante ilnormale funzionamento nel ciclone, nel filtro e nei tubi di collegamento.

La parte principale del prodotto è raccolta dal ciclone. La concentrazionemedia calcolata nel sistema di trasporto a monte del ciclone è di circa 90g/m3.

86 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Tipo di MIT-nube di MIT-strato di MIE LEL Pmax (dp/dt)maxpolvere polvere (°C) polvere (°C) (mJ) (g/m3) (bar) (bar s?1)Polvere di verniciatura 480 70-80 50–75 60 7.1 406

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Pertanto, lavorando all’interno dei limiti di esplodibilità, deve essere con-dotta un’analisi del pericolo di esplosione.

Nel filtro, la concentrazione di polvere supera il limite di esplosività infe-riore solo al momento della rimozione automatica della polvere dai sacchifiltranti.

La polvere nel filtro risulta particolarmente fine. Le statistiche incidentaliindicano che l’elettricità statica può essere un efficace fonte di innesco dellapolvere nei collettori.

Le scintille da attrito meccanico sono possibili all’interno del mulino a cau-sa della elevata velocità del rotore. Tuttavia l’esperienza dimostra che l’esplo-sione difficilmente si origina a causa delle condizioni al contorno interne.

In tali condizioni invece l’esplosione si sviluppa facilmente a valle dellatubazione interessando il ciclone e via via tutto il sistema.

10.6 Misure adottate

Le misure per minimizzare il pericolo di esplosione di polvere coinvolge-ranno sia misure di prevenzione che di protezione.

Per un’analisi dettagliata delle misure da intraprendere si possono consi-derare gli elementi esposti nei capitoli successivi. In questo paragrafo si ri-portano solo gli elementi finali dell’analisi essendo in questo paragrafo inte-ressati alla sola classificazione delle aree.

Secondo gli standard applicabili, dovrebbero essere applicati sia sistemidi scarico dell’esplosione che sistemi di isolamento come sommariamente ri-portato in figura 1.

Si ipotizza che le misure previste siano riconducibili a:• un deviatore di esplosione (diverter) installato tra il mulino e il ciclone;

Figura 1

10. CLASSIFICAZIONE DELLE AREE 87

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• una valvola rotativa installata tra il filtro e ciclone. Nelle normali condi-zioni di funzionamento, il flusso di polvere passa attraverso la barrieradella valvola con un piccolo calo di pressione. In caso di esplosione, nelfiltro o nel ciclone, la barriera si muove in chiusura bloccando la propaga-zione verso l’altro lato;

• pannelli di scarico installati sia per il filtro che per il ciclone.

La determinazione della tipologia di zone e l’estensione delle stesse èschematicamente riportata in figura 2.

Si deve tener presente che tutte le strutture devono essere dimensionateper resistere alla pressione di esplosione ridotta da determinare in base ai da-ti di progetto. Si vedano in proposito i capitoli successivi.

Se si accumulano strati di polvere all’esterno dell’apparecchiatura di im-pianto, può essere richiesta un’ulteriore classificazione tenendo conto del-l’estensione dello strato e di qualsiasi disturbo dello strato in grado di pro-durre una nube.

Figura 2

88 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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11.1 Generalità

In questa parte si esamineranno i principi che ispirano le misure di pre-venzione e protezione introdotte dalle diverse direttive applicabili agli im-pianti a rischio di esplosione.

Nel successivo capitolo 21 si presenterà una metodologia di valutazionedel rischio semplificata ispirata ai principi esposti.

11.2 Principi della direttiva 94/9/CE

La direttiva 94/9/CE stabilisce una serie di misure da applicare ai prodot-ti rientranti nel campo di applicazione della direttiva stessa.

Queste misure sono quindi rivolte ai fabbricanti dei prodotti che a lorovolta saranno utilizzati negli impianti a cui si applicheranno analoghe misu-re di prevenzione e protezione a carico degli utilizzatori/gestori/datori dilavoro1.

Tra le misure generali previste dall’Allegato I, il Fabbricante è tenuto a pro-gettare i propri prodotti secondo il «principio della sicurezza integrata controle esplosioni» ovvero deve prendere tutte le misure necessarie al fine di:• evitare anzitutto, per quanto possibile, che gli apparecchi e sistemi di pro-

tezione producano o liberino essi stessi atmosfere esplosive;• impedire l’innesco all’interno di un’atmosfera esplosiva tenendo conto

della natura di ciascuna sorgente potenziale di innesco, elettrica e nonelettrica;

• qualora, malgrado tutto, si produca un’esplosione che può mettere in pe-ricolo persone e, eventualmente, animali domestici o beni con un effettodiretto o indiretto, soffocarla immediatamente e/o circoscrivere la zonacolpita dalle fiamme e dalla pressione derivante dall’esplosione, secondoun livello di sicurezza sufficiente.

Deve, inoltre, tenere presente eventuali difetti di funzionamento, per evitareal massimo le situazioni pericolose, considerando anche l’eventualità di unimpiego errato, ragionevolmente prevedibile.

Capitolo 11Principi per minimizzare il rischio di esplosione

1 La marcatura CE dei prodotti prevede che il Fabbricante delimiti in maniera univoca i“limiti di batteria” del prodotto fornendo tutte le indicazioni relative all’uso sicuro median-te il manuale d’uso e manutenzione che accompagnerà il prodotto stesso.

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La direttiva 94/9/CE, in quanto direttiva di prodotto, potrà caso per casoriguardare la commercializzazione di una vasta gamma di apparecchiaturesemplici o complesse, sistemi di protezione a funzione autonoma, assiemi diapparecchi, componenti, dispositivi, ecc.

Per questo motivo il fabbricante non sempre sarà in grado di conosceretutte le caratteristiche del prodotto o dell’impianto finale di cui il proprioprodotto farà parte.

Risulta intuibile il limite del fabbricante nell’assolvere i principi della si-curezza integrata contro le esplosioni.

Per questo motivo, anche a seguito dei chiarimenti forniti dalla commis-sione europea, si considera come misura imperativa a carico del fabbricantela cosiddetta “valutazione del pericolo di innesco”, fermo restando la even-tuale necessità di considerare misure di protezione aggiuntive (nell’otticadella sicurezza integrata contro le esplosioni) risultanti dal necessario scam-bio di informazioni tra il fabbricante e l’utilizzatore.

Per quanto riguarda la valutazione del pericolo di innesco nel successivocapitolo 13 si forniscono alcuni dettagli per l’esecuzione.

11.3 Principi della direttiva 99/92/CE

Ai fini della prevenzione e della protezione contro le esplosioni, il datoredi lavoro è tenuto ad adottare le misure tecniche e organizzative adeguate al-la natura dell’attività; in particolare il datore di lavoro previene la formazio-ne di atmosfere esplosive.

Se la natura dell’attività non consente di prevenire la formazione di atmo-sfere esplosive, il datore di lavoro deve: • evitare l’innesco delle atmosfere esplosive;• attenuare gli effetti pregiudizievoli di un’esplosione in modo da garantire

la salute e la sicurezza dei lavoratori.

Se necessario, dette misure sono combinate e integrate con altre contro lapropagazione delle esplosioni e sono riesaminate periodicamente e, in ognicaso, ogniqualvolta si verifichino cambiamenti rilevanti.

Ad integrazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’artico-lo 17 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, il datore di lavoro è tenuto ad elaborare e atenere aggiornato il «documento sulla protezione contro le esplosioni» chedovrà precisare:• che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;• che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi della di-

rettiva;• quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all’allegato

XLIX;• quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all’al-

legato L;• che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme,

90 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debitoconto la sicurezza;

• che sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzatu-re di lavoro.

Le attrezzature e i luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possonoformarsi atmosfere esplosive devono essere adeguati secondo quanto previ-sto nell’allegato L, parti A e B.

Per quanto riguarda questo tipo di valutazione si rimanda al successivocapitolo 21 per alcuni dettagli per l’esecuzione.

La valutazione del rischio di esplosione infatti in ambito di impianto, de-ve tenere conto in generale di tutti i pericoli insiti nel sistema complessivoderivanti da:• apparecchi, sistemi di protezione e componenti stessi;• interazione tra apparecchi, sistemi di protezione e componenti e le sostan-

ze trattate;• il processo industriale specifico realizzato in apparecchi, sistemi di prote-

zione e componenti;• le interazioni dei singoli processi in diverse parti di apparecchi, sistemi di

protezione e componenti;• l’ambiente circostante apparecchi, sistemi di protezione e componenti e la

possibile interazione con i processi vicini.

Si vede quindi come i principi che ispirano le due direttive sono sostan-zialmente simili; quello che cambia sono i limiti all’interno dei quali possonooperare i soggetti responsabili di ciascuna direttiva ovvero il fabbricante del-l’apparecchiatura o insieme ed il datore di lavoro/utilizzatore.

Si viene quindi a creare un legame tra i soggetti citati che si deve sostene-re sul reciproco scambio di informazioni al fine di raggiungere il risultato fi-nale della sicurezza dell’impianto.

Le misure da applicare al fine di esplicitare i principi contenuti nelle diret-tive citate si possono così sintetizzare:

Misure di prevenzione della formazione di atmosfera esplosivaQueste misure possono essere ottenute tramite:

• sostituzione o riduzione della quantità di sostanze in grado di formare at-mosfere esplosive;

• limitazione della concentrazione;• inertizzazione a mezzo di gas inerti (azoto, biossido di carbonio, gas no-

bili);• minimizzazione delle emissioni di sostanze infiammabili;• diluizione per ventilazione;• evitare gli accumuli di polveri.

11. PRINCIPI PER MINIMIZZARE IL RISCHIO DI ESPLOSIONE 91

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Misure di prevenzione della formazione di sorgenti di innesco efficaciIn funzione del tipo di atmosfera esplosiva, devono essere rispettati i se-

guenti requisiti di carattere generale per gli apparecchi rientranti nel campodi applicazione della direttiva 94/9/CE:

categoria 3: si devono evitare sorgenti di innesco che possono presentarsicontinuamente o frequentemente (per esempio durante il normale funziona-mento degli apparecchi);

categoria 2: oltre ad evitare le sorgenti di innesco specificate per la catego-ria 3, si devono evitare anche le sorgenti di innesco che possono presentarsiin situazioni rare (per esempio a causa di disfunzioni degli apparecchi);

categoria 1: oltre ad evitare le sorgenti di innesco specificate per la catego-ria 2, si devono evitare anche le sorgenti di innesco che possono presentarsisoltanto in situazioni molto rare (per esempio a causa di rare disfunzioni de-gli apparecchi).

Misure analoghe devono essere adottate per le apparecchiature esclusedall’applicazione della direttiva 94/9/CE ma che possono comunque intro-durre possibili sorgenti di innesco nelle zone classificate.

Misure di protezioneI sistemi “costruttivi” per la protezione contro le esplosione possono esse-

re così suddivisi:• scarico dell’esplosione; • soppressione dell’esplosione;• progettazione resistente all’esplosione;• progettazione dei sistemi di isolamento dell’esplosione.

La figura 1 rappresenta un riepilogo visivo dei principi sopra esposti.Nel seguito verranno illustrate le misure di prevenzione e protezione co-

munemente adottate nella pratica impiantistica.

92 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Figura 1

11. PRINCIPI PER MINIMIZZARE IL RISCHIO DI ESPLOSIONE 93

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12.1 Generalità

L’inertizzazione è una misura di prevenzione dell’esplosione e consistenell’aggiunta di un gas inerte nel sistema che deve essere protetto dall’esplo-sione in modo tale che il contenuto di ossigeno sia ridotto al disotto di unacerta concentrazione fino a che l’esplosione non può più avvenire.

A tal fine viene definita la concentrazione limite di ossigeno LOC come la«massima concentrazione di ossigeno in una miscela di sostanza infiamma-bile, aria e un gas inerte, nella quale non si verifica un’esplosione, determina-ta in condizioni di prova specificate».

I valori del LOC per molti gas e polveri risulta tabellato e reperibile in lette-ratura (si vedano ad esempio le tabelle 1 e 2 ppg 103-105, tratte dal codiceNFPA 69).

12.2 La penisola di infiammabilità

Nella figura 1 viene rappresentato l’effetto di diversi gas inerti sul limite diinfiammabilità della miscela metano-aria inerte a 25 °C e pressione atmosferica.

X = Inerte, % v/vY = Metano, % v/v1 = Regione infiammabile

Capitolo 12Misure di prevenzione dell’atmosfera esplosiva -Inertizzazione

Figura 1Influenza del gas inerte sui limiti di infiammabilità del metano

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Il campo di infiammabilità di un gas, sotto date condizioni di processo,può essere rappresentato anche attraverso diagrammi di infiammabilità deltipo di figura 2.

Il diagramma rappresenta una miscela di propano, aria e gas inerte (N2) e

considera il contenuto di ossigeno limitato al 21% in quanto la direttivaATEX non contempla le “miscele arricchite di ossigeno”.

X = Propano (C3H8), % v/vY = Ossigeno, % v/v1 = Miscele impossibili sopra ABCD2 = Regione infiammabile

I punti lungo la linea ABCD rappresentano miscele costituite solo da ariae solvente. Il punto A corrisponde alla percentuale di O2 nell’aria, i punti B eC sono rispettivamente UEL e LEL.

Consideriamo ora il punto D che rappresenta la miscela costituita dal 10%di combustibile e dal 19% di ossigeno ovvero dal 90% di aria. Siamo al di so-pra del limite superiore di infiammabilità.

Se si aggiunge aria alla miscela, la percentuale di combustibile diminui-sce; quando si raggiunge il punto C la miscela diventa infiammabile e rima-ne infiammabile per ulteriori diluizioni con aria fino a quando non si rag-giunge B; a questo punto la miscela diventa nuovamente non infiammabile.

Consideriamo adesso il punto G che rappresenta la miscela di:

% C3 H8 = 8%;% O2 = 10 %

e da una percentuale di azoto diluente data da a:

96 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Figura 2Diagramma di infiammabilità per miscela aria-propano-azoto

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% N2 = 100 – (4,77 x 10) – 8 = 44,3%

Se si diluisce con aria questa miscela, la sua composizione cambia lungola retta GA. La miscela diventa infiammabile quando la composizione rag-giunge il primo punto di intersezione della retta GA con la curva di infiam-mabilità e rimane infiammabile fino a quando non i raggiunge il secondopunto di intersezione della retta GA con la curva di infiammabilità, dopo diche diventa ancora non infiammabile. L’ulteriore aggiunta di aria sposta lacomposizione fino al punto A.

Se si desidera diluire la miscela al punto G con aria e nello stesso tempoevitare la zona di infiammabilità, si deve aggiungere azoto fino a quandonon si raggiunge la linea AEF.

A questo punto, l’aggiunta di aria a ogni miscela, la cui composizione gia-ce al di sotto della linea AEF, non la rende infiammabile, poiché la composi-zione non passa attraverso la zona di infiammabilità.

In definitiva si capisce come la presenza del gas inerte abbassa notevol-mente il limite superiore di infiammabilità del combustibile, senza far varia-re sensibilmente quello inferiore. In tal modo il campo di infiammabilità sirestringe sempre più fino a che i due limiti praticamente coincidono.

Ai fini pratici queste curve sono state adattate nei cosiddetti diagrammitriangolare dell’infiammabilità di cui un esempio è riportato in figura 3 peruna generica miscela combustibile-ossigeno-azoto.

In questo tipo di digramma, la somma delle tre componenti dei gas risul-ta pari al 100% in qualsiasi punto del diagramma.

Sul lato sinistro del diagramma la concentrazione di azoto è zero, e i limi-ti di infiammabilità della sostanza infiammabile in ossigeno risultano corri-spondenti ai punti G (UEL) e F (LEL).

12. MISURE DI PREVENZIONE DELL’ATMOSFERA ESPLOSIVA - INERTIZZAZIONE 97

Figura 3Diagramma triangolare di infiammabilità

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Se si considera la miscela sostanza infiammabile-aria, la composizione del-la miscela seguirà la linea DABE che rappresenta tutte le composizioni checontengono un rapporto di 79:21 di azoto-aria. L’intersezione di questa lineacon la curva di infiammabilità fornisce il campo di infiammabilità in aria pa-ri ai punti corrispondenti ad A (UEL) e B (LEL).

La concentrazione limite di ossigeno è rappresentata dalla linea tangen-ziale al vertice della curva di infiammabilità (punto C).

Con concentrazioni di ossigeno al disotto del LOC, le miscele non risulta-no infiammabili per ogni concentrazione di combustibile.

12.3 Effetto di pressione e temperatura.

Come mostrato in figura 4 la pressione può avere un effetto sul dia-gramma di infiammabilità. Un incremento della pressione infatti si tradu-ce in un aumento del UEL e una corrispondente diminuzione del LOC(punti C, C’, a C’’). L’effetto su limite LEL, come si vede, non è altrattantopronunciato.

La temperatura ha generalmente un effetto simile ma in ogni caso perogni sistema dovrebbe essere verificato sperimentalmente,

Vengono indicati alcuni metodi di inertizzazione più comunemente usati.

12.4 Metodi di inertizzazione – Pressure swing-inerting

Si ottiene una riduzione della concentrazione di ossigeno in un contenito-re chiuso tramite una pressurizzazione con gas inerte e successivo scarico inatmosfera.

Il ciclo è ripetuto fino a quando è raggiunta la richiesta riduzione di con-centrazione di ossigeno.

È adatto solo per sistemi chiusi pressurizzabili.

Figura 4Effetto della pressione sul diagramma triangolare di infiammabilità

98 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Il contenuto di ossigeno teorico dopo n cicli può essere calcolato con:

dove:

Cn = concentrazione di ossigeno dopo n lavaggi;Ci = concentrazione di ossigeno nel gas inerte;C0 = concentrazione iniziale di ossigeno (21%);n = numero di cicli;P1,P2 = pressione max/min.

L’equazione assume che l’espansione e la compressione durante i cicli dilavaggio siano isotermici (caso valido in molte situazioni comuni).

Comunque, se l’espansione e la compressione coinvolgono alte pressionie rapidi cambiamenti di pressione, allora l’espansione e la compressione pos-sono essere considerati adiabatici.

In tali circostanze la riduzione della concentrazione di ossigeno sarà cal-colata con la:

con k pari al rapporto tra i calori specifici del gas inerte a volume e pres-sione costante (k = 1,4 per N2).

Le equazioni date possono essere invertite al fine di calcolare il numero dilavaggi necessari per ottenere una data concentrazione di ossigeno.

Si avrà rispettivamente:

ESEMPIO: Inertizzazione di un volume di 10 m3 fino ad un LOC del 5%usando azoto pressurizzato a 2 bar contenente ossigeno al 0,1%.

Cn = + −( ) ⋅⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟C C C

PPi o i

n1

2

n klog

C CC C

logPP

n i

i= ×

−−0

1

2

nlog

C CC C

logPP

n i

i=

−−0

1

2

Cn = + −( ) ⋅⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟C C C

PPi o i

nk

1

2

12. MISURE DI PREVENZIONE DELL’ATMOSFERA ESPLOSIVA - INERTIZZAZIONE 99

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Il gas è caricato e scaricato a 50 m3/h per cui ogni ciclo durerà circa 24 mi-nuti.

Si può quindi applicare la relazione valida nel caso isotermico

Ci = 0,1 %C0 = 21%P1 = 0+1 barP2 = 2+1 bar

n = numero di cicli = 2

12.5 Metodi di inertizzazione – Flow through inerting

Si ottiene la sostituzione dell’ossidante per mezzo di un flusso continuodi inerte in un sistema scaricabile in atmosfera.

È adatto per sistemi che non possono essere pressurizzati o custodie al-lungate e tubazioni.

Questo metodo ipotizza una perfetta miscelazione dell’aria e del gas iner-te nel sistema (la concentrazione di ossigeno si assume identica in ogni pun-to ed in ogni istante ed è la stessa di quella in uscita dal sistema).

Il tempo richiesto può essere calcolato con la:

dove:

t = tempo richiesto per il lavaggio;F = fattore di sicurezza;V = volume del sistema;Q = portata del flusso di gas inerte;Cf = concentrazione di ossigeno dopo il flusso di lavaggio;Ci = concentrazione di ossigeno nel gas inerte;C0 = concentrazione iniziale di ossigeno (21%).

Il fattore F deve essere usato in assenza di una misurazione puntuale del-la concentrazione di ossigeno ed è considerato variabile da 2 a 5.

L’equazione precedente può essere invertita e fornire la concentrazione diossigeno dopo il tempo di lavaggio t alla portata di flussaggio Q:

nlog

log=

−− =

5 0 121 0 1

12

2 09

,, ,

t FVQ

lnC CC C

i

i f

= ⋅ ⋅−−

0

100 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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oppure la portata di flussaggio Q richiesta in un dato tempo t per una da-ta concentrazione di ossigeno:

ESEMPIO. Un serbatoio di 3 m3 deve essere lavato con azoto privo di os-sigeno per ridurre la concentrazione di ossigeno al 5 % v/v. Il flusso ha unaportata di 10 m3/h e il gas è iniettato attraverso un foro di 25 mm.

La velocità di inizione è pari a 5,6 m/s, così si avrà una buona miscelazio-ne e quindi si assumerà un fattore F pari a 2.

Il tempo richiesto è dato da:

ESEMPIO. Lo stesso serbatoio precedente deve essere lavato usando gasinerte con contenuto di ossigeno pari al 2 % v/v oxygen.

Quale flusso di gas inerte è richiesto per ridurre la concentrazione di ossi-geno dal 21 al 5 % v/v, assumendo lo stesso tempo di lavaggio?

Si utilizza la :

12.6 Limiti di sicurezza

Affinché l’inertizzazione di un contenitore sia efficace è necessario che ilcontenuto di ossigeno sia controllato e mantenuto al disotto del LOC, anchedurante le oscillazioni di livello di ossigeno durante le operazioni di esercizio.

I parametri da controllare sono:• concentrazione limite di ossigeno (LOC) determinata da EN 14034-4 o EN

14756;• massima concentrazione di ossigeno permessa (MAOC) nel contenitore;• trip point (TP) – Concentrazione alla quale la strumentazione di controllo

dell’ossigeno inizia ad interrompere la procedura per la messa in sicurez-

Q FVt

lnC CC C

i

i f

= − ⋅ ⋅−−

⎝⎜

⎠⎟0

C CC C

expF Q t

V

f ii= +

−⋅ ⋅⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

0

Q ln= − ⋅ ⋅−

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

=23

0 862 212 5

12 87,

, m /h3

Q FVt

lnC CC C

i

i f

= − ⋅ ⋅−−

⎝⎜

⎠⎟0

t ln= ⋅ ⋅−

−=2

310

0 210 5

0 86, ore

12. MISURE DI PREVENZIONE DELL’ATMOSFERA ESPLOSIVA - INERTIZZAZIONE 101

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za dell’apparecchiatura e prevenire la formazione di un’atmosfera internaesplosiva;

• set point (SP), concentrazione di controllo.

Il LOC è determinato sperimentalmente tramite prove prefissate sotto spe-cifiche condizioni di temperatura e pressione secondo le EN 14034-4 o EN 14756.

Proprio per tener conto di condizioni di esercizio diverse da quelle di pro-va viene considerato un primo margine di sicurezza introducendo il limitestabilito dal MAOC (Maximum Allowable Oxygen Concentration).

Ulteriori margini di sicurezza possono essere considerati per tener contosia di falsi allarmi sul livello di set-point, sia di fluttuazioni di concentrazioneossigeno, dell’affidabilità degli strumenti di controllo, ecc; si veda in propo-sito la figura 5.

È necessario un sufficiente margine di sicurezza tra il MAOC e il trip-point:• Dove la concentrazione di ossigeno è controllata continuamente, un mar-

gine di sicurezza di almeno il 2% in volume al disotto del limite MAOCdeve essere mantenuto, a meno che il MAOC è inferiore al 5% nel qual ca-so la concentrazione di ossigeno dovrebbe essere mantenuta a non più del60% del LOC;

• dove la concentrazione di ossigeno non è continuamente controllata, laconcentrazione di ossigeno deve essere mantenuta a non più del 60% delMAOC o al 40% se il MAOC è al disotto del 5%.

102 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Figura 5Margini di sicurezza sistema di inertizzazione

1° margine di sicurezzacondizioni di esercizio di-verse da quelle di prova

2° margine di sicurezzafluttuazioni della concentra-zione di ossigeno, dell’affi-dabilità degli strumenti dicontrollo ecc

3° margine di sicurezzafalsi allarmi, ecc

Limite concentrazione di ossi-geno determinato secondoEN 14034-4EN 14756

Massima concentrazione di os-sigeno permessa nell’apparec-chiatura

Trip point sistema di controllo

Set point sistema di controllo

Concentrazionedi ossigeno

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Gas/Vapore Concentrazione limite di ossigeno (Volume % O2)

Mezzo inerte utilizzato

N2 CO2Methane 12.0 14.5Ethane 11.0 13.5Propane 11.5 14.5n-Butane 12.0 14.5Isobutane 12.0 15.0n-Pentane 12.0 14.5Isopentane 12.0 14.5n-Hexane 12.0 14.5n-Heptane 11.5 14.5Ethanol 8.7 —Ethylene 10.0 11.5Propylene 11.5 14.01-Butene 11.5 14.0Isobutylene 12.0 15.0Butadiene 10.5 13.03-Methyl-1- butene 11.5 14.0Benzene 11.4 14.0Toluene 9.5 —Styrene 9.0 —Vinyltoluene 9.0 —Divinylbenzene 8.5 —Diethylbenzene 8.5 —Cyclopropane 11.5 14.0Gasoline(73/100) 12.0 15.0(100/130) 12.0 15.0(115/145) 12.0 14.5

Kerosene 10.0 (150°C) 13.0 (150°C)JP-1 fuel 10.5 (150°C) 14.0 (150°C)JP-3 fuel 12.0 14.5JP-4 fuel 11.5 14.5Natural gas (Pittsburgh) 12.0 14.5Trichloroethylene 9.0 (100°C) —Acetone 11.5 14.0n-Butanol NA 16.5 (150°C)Carbon disulfide 5.0 7.5Carbon monoxide 5.5 5.5Ethanol 10.5 13.0Ethyl ether 10.5 13.0

Tabella 11

1 La tabella è tratta da NFPA 69, Standard on Explosion Prevention Systems, 2002

(segue)

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Hydrogen 5.0 5.2Hydrogen sulfide 7.5 11.5Isobutyl acetate 9.1 —Isobutyl formate 12.5 15.0Isopropyl acetate 8.8 —Isopropyl alcohol 9.5 —Methanol 10.0 12.0Methyl acetate 11.0 13.5Methyl formate 10.0 12.5Methyl ethyl ketone 11.0 13.5n-Propyl acetate 10.1 —Vinyl chloride 13.4 —Vinylidiene chloride 15.0 —

(continua)

Polvere Concentrazione limite di ossigeno (Volume % O2)

Mezzo inerte utilizzato

N2 CO2AgriculturalCoffee 17Dextrin 11 14Sucrose 10 14ChemicalSalicylic acid 15 17Stearic acid & metal stearates 10.6 13MetalAluminum 2Chromium 14Iron 10Silicon 11 12Thorium 2 0Titanium 4 0Uranium 1 0Zinc 9 10MiscellaneousCellulose 13Paper 13Sulfur 12Wood flour 16Plastics — Special ResinsLignin 17Phenol, chlorinated 16

Tabella 22

2 La tabella è tratta da NFPA 69, Standard on Explosion Prevention Systems, 2002

(segue)

104 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

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Pinewood residue 13Rubber, hard 15Shellac 14Sodium resinate 13 14Thermoplastic Resins

Acetal 11Acrylonitrile 13Butadiene- styrene 13Carboxymethyl cellulose 16Cellulose acetate 9 11Cellulose triacetate 12Cellulose acetate butyrate 14Ethyl cellulose 11Methyl cellulose 13Methyl methacrylate 11Nylon 13Polycarbonate 15Polyethylene 12Polystyrene 14Polyvinyl acetate 17Polyvinyl butyrate 14Plastics — Thermosetting ResinsAllyl alcohol 13Dimethyl isophthalate 13Dimethyl terephthalate 12Melamine formaldehyde 15Polyethylene terephthalate 13

(continua)

12. MISURE DI PREVENZIONE DELL’ATMOSFERA ESPLOSIVA - INERTIZZAZIONE 105

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Capitolo 13Misure di prevenzione delle sorgenti di innesco

13.1 Generalità

La norma UNI EN 13463-1 stabilisce i requisiti costruttivi e le prove co-muni a tutti gli apparecchi non elettrici al fine di rispondere alle disposizionidei requisiti essenziali di sicurezza di cui all’allegato II della direttiva.

La norma prende in considerazione principalmente la possibilità di evitare tuttele sorgenti di innesco efficaci.

Questa norma da sola può non essere sufficiente a coprire tutti gli aspettirelativi all’idoneità all’uso in atmosfera potenzialmente esplosiva. In questicasi il processo di valutazione indicherà l’eventuale necessità del ricorso aduno o più modi di protezione secondo quanto previsto dalle norme relative(ad esempio le norme della serie EN 13463-2/8).

Dove ciò risulti impossibile, la protezione contro l’esplosione può ancheessere ottenuta mediante altri metodi quali ad esempio l’inertizzazione, lasoppressione, lo scarico o il contenimento come descritto negli altri capitolidella guida. Tali metodi di protezione contro l’esplosione sono al di fuori dello scopoe campo di applicazione della norma UNI EN 13463-1.

13.2 Classificazione delle sorgenti di innesco

Le sorgenti di innesco possono classificarsi in base alla possibilità del loromanifestarsi secondo quanto segue:a) sorgente che può manifestarsi continuamente o frequentemente;b) sorgente che può manifestarsi in circostanze rare;c) sorgente che può manifestarsi in circostanze molto rare.

In termini di apparecchi, sistemi di protezione e componenti utilizzati, laclassificazione è equivalente a:d) sorgente che può manifestarsi durante il funzionamento normale;e) sorgente che può manifestarsi unicamente a seguito di disfunzioni;f) sorgente che può manifestarsi unicamente a seguito di disfunzioni rare.

Le possibili sorgenti di innesco prese in considerazione sono le seguenti:• superfici calde:

– dovute al contatto diretto con radiatori, essiccatoi, tubi radianti ecc.;– dovute al calore sviluppato da innesti a frizione e freni a funzionamen-

to meccanico (per esempio su veicoli e centrifughe);

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108 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

– dovute al calore sviluppato dalle parti mobili con cuscinetti, passaggid’albero, premistoppa, ecc. se non sono sufficientemente lubrificati;

– attrito dovuto all’ingresso di corpi estranei o allo spostamento dell’as-se negli alloggiamenti a tenuta di parti mobili;

– aumenti di temperatura dovuti a reazioni chimiche (per esempio conlubrificanti e solventi di pulizia);

– innesco dovuta alle operazioni di saldatura e taglio;• fiamme libere;• gas caldi;• scintille di origine meccaniche:

– dovute a urti che coinvolgono ruggine e metalli leggeri quali per esem-pio alluminio e magnesio e le loro leghe;

– dovute a urti o attrito tra i metalli leggeri titanio e zirconio contro qual-siasi materiale sufficientemente duro, anche in assenza di ruggine;

– dovute ad attrito per sfregamento tra materiali ferrosi simili e tra alcu-ni materiali ceramici;

• scintille elettriche, archi, scariche elettrostatiche, onde elettromagnetiche:– dovute ad apertura e chiusura di circuiti elettrici;– dovute a connessioni elettriche allentate;– dovute a correnti elettriche vaganti;– dovute a scariche di parti cariche di materiali non conduttori;– dovute all’effetto “antenna” di parti conduttrici investite da campi

elettromagnetici nel campo delle radiofrequenze (104 – 3x1012 Hz) e al-l’effetto “assorbimento” nel campo elettromagnetico da 3x1011 – 3x1015

Hz;• radiazioni ionizzanti, ultrasuoni;• compressione adiabatiche e onde d’urto;• reazioni esotermiche;

13.3 I modi di protezione “non elettrici” secondo le EN 13463

La norma europea EN 13463-1 può essere integrata dalle norme europee ri-guardanti i modi specifici di protezione contro l’innesco. Queste norme sono:• norma EN 13463-2 - Protezione mediante custodia a respirazione limita-

ta “fr”;• norma EN 13463-3 - Protezione mediante custodia a prova di esplosione

“d”;• norma EN 13463-4 - Protezione mediante sicurezza intrinseca “g”;• norma EN 13463-5 - Protezione per sicurezza costruttiva “c”;• norma EN 13463-6 - Protezione mediante controllo della sorgente di inne-

sco “b”;• norma EN 13463-7 - Protezione mediante pressurizzazione “p”;• norma EN 13463-8 - Protezione per immersione in liquido “k”.

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 109

13.4 Valutazione del pericolo di innesco

Lo scopo di questa valutazione è quello di identificare tutte le sorgenti po-tenziali di innesco relative all’apparecchio in esame; per ogni sorgente iden-tificata si dovranno indicare le misure applicate al fine di impedire che la sor-gente diventi efficace.

La valutazione del pericolo di innesco può essere definita come una seriedi passi logici che permette al fabbricante di esaminare in modo sistematicoil comportamento di un apparecchio durante il funzionamento in atmosferapotenzialmente esplosiva e decidere se sono necessarie misure di protezioneal fine di raggiungere un adeguato livello di sicurezza in accordo allo statodell’arte.

La valutazione sarà limitata agli aspetti intrinsecamente connessi all’ap-parecchio e non riguarderà gli aspetti per i quali è responsabile l’utilizzatorefinale. In questo senso la valutazione del pericolo di innesco può essere vistacome parte della valutazione del rischio del processo tenendo presente che,in ogni caso, la sicurezza dal rischio di esplosione può essere raggiunta uni-camente con il contributo, ed il reciproco scambio informativo, sia del fabbri-cante che dell’utilizzatore.

Per la valutazione si prenderanno in esame le seguenti condizioni1:1) l’apparecchio sarà usato in atmosfera esplosiva (intesa come atmosfera

circostante l’apparecchio) considerando anche la possibilità, nel caso diatmosfera interna contenuta, che l’apparecchio possa rilasciare atmosferapotenzialmente esplosiva la quale, interamente o parzialmente circondil’apparecchio stesso;

2) sarà possibile la formazione di un’atmosfera interna all’apparecchiaturadovuta sia al processo stesso sia da una connessione all’area circostante.

Una volta individuate le possibili sorgenti di innesco, bisognerà stabilirese queste siano in grado o meno di innescare l’atmosfera (ovvero che le sor-genti siano efficaci) nelle condizioni di normale esercizio, malfunzionamentiprevedibili o disfunzioni rare.

13.5 Il documento di valutazione del pericolo di innesco

La norma richiede espressamente la stesura di un «documento di valuta-zione del pericolo di innesco».

Di seguito si riporta una possibile struttura realizzata per elaborare e vi-sualizzare detta analisi dove le colonne 1-a,b,c relative al funzionamentonormale, alla disfunzione prevista e alla disfunzione rara andranno conside-

1 Un’apparecchiatura contenente atmosfera potenzialmente esplosiva interna, priva diinterfacce ad atmosfere e non destinata ad operare in ambiente potenzialmente esplosivo,non rientra nel campo di applicazione della direttiva. Similarmente, la categoria di un ap-parecchio destinato all’uso in atmosfera esplosiva, il quale contiene a sua volta un’atmosfe-ra esplosiva senza interfacce con l’esterno, sarà determinata in relazione alla valutazionedel pericolo di innesco del solo lato esterno dell’apparecchio.

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110 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

rate nel caso in cui si debba realizzare un apparecchio rispettivamente di ca-tegoria 3, 2 o 1. Si veda la tabella 1.

Ad esempio per un apparecchio di categoria 2 andranno considerate lecolonne 1 a) ed 1 b) mentre la colonna 1 c) risulterà non applicabile in quan-to la categoria 2 non prende in considerazione le disfunzioni rare.

La tabella sopra riportata viene applicata alle diverse fasi di utilizzo del-l’apparecchio (normale esercizio, avvio, fermata, ecc. – lato esterno, lato in-terno).

Documento di valutazione del pericolo di innescoDirettiva 94/9/CE – ATEX / Norma UNI EN 13463-1

Tabella 1

Fabbricante __________________________

Descrizione prodotto ___________________

N. di serie ______________

Gruppo __________ Categoria ___________

Il documento è parte integrante del fascicolo tecnico n. _______

documenti di riferimento

disegni: ______________note tecniche: ______________

rapp. di prova: ______________certificati: ______________

Data di compilazione:

Lato analizzato

Interno � Esterno �

Fase di utilizzo analizzata

Normale esercizio � Avviamento �Fermata � Altro (Specificare) ….……�

Sorgente di innesco potenziale Misure applicateper impedire che

la sorgentediventi efficace

(2)

Protezione control’innesco utilizzata

(3)Funzionamento

normale (1a)Disfunzioneprevista (1b)

Disfunzionerara (1c)

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 111

13.6 Temperatura superficiale

È la temperatura di superficie più elevata di ogni parte dell’apparecchioche potrebbe essere esposto ad atmosfera potenzialmente esplosiva, o dovesi potrebbe formare uno strato di polvere, considerando la sua dimensione ela possibilità che diventi una sorgente di accensione.

La valutazione deve anche considerare gli eventuali dispositivi installatiper limitare la massima temperatura di superficie.

La misurazione, o la determinazione mediante calcolo, della massima tem-peratura di superficie, deve essere effettuata con gli apparecchi a pieno carico,ma con quei guasti tollerati dall’eventuale modo di protezione adottato.

La massima temperatura di superficie deve essere determinata nelle con-dizioni più sfavorevoli e con il carico più sfavorevole definito dal costruttoreed in base alla categoria.

Dove la massima temperatura di superficie effettiva dipende non dagliapparecchi stessi, ma principalmente dalle condizioni operative (come unfluido riscaldato in una pompa), nelle istruzioni per l’uso devono essere for-nite le relative informazioni.

La determinazione della massima temperatura di superficie deve consi-derare il normale funzionamento per gli apparecchi della categoria 3, le di-sfunzioni previste per gli apparecchi della categoria 2, le disfunzioni rare pergli apparecchi della categoria 1 ed ogni ulteriore misura per controllare o li-mitare la temperatura.

I dispositivi di misurazione (termometri, termocoppie, ecc.) ed i cavi dicollegamento devono essere selezionati e disposti in modo da non inciderenotevolmente sul comportamento termico degli apparecchi.

L’accuratezza dei dispositivi di misurazione deve essere almeno il 2% delvalore misurato in °C o ± 2 K, a seconda di quale dei due sia il maggiore.

Si considera raggiunta la temperatura finale quando la velocità di aumentodella temperatura non è maggiore di 2 K/h o dopo il funzionamento di un di-spositivo di limitazione della temperatura che costituisce parte dell’apparecchio.

13.7 Limitazione della temperatura superficiale

13.7.1 Utilizzazione in atmosfere esplosive gas/aria, vapore/aria enebbia/aria

La temperatura superficiale deve essere limitata a seconda della categoriascelta come segue2:

Categoria 1: T 0,8 Tsup acc≤ ⋅ − gas

2 A differenza delle apparecchiature in cui ogni campione costruito è sottoposto di rou-tine alla prova termica, dove gli apparecchi sono sottoposti a prova di tipo, è previsto diconsiderare un ulteriore margine di sicurezza di 5 K per le classi di temperatura T6, T5, T4e T3, e 10 K per le classi di temperatura T2 e T1.

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112 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Le temperature di tutte le superfici di apparecchi, sistemi di protezione ecomponenti che possono venire a contatto con atmosfere esplosive non de-vono, anche nell’eventualità di rare disfunzioni, essere maggiori dell’80%della temperatura minima di innesco del gas o liquido combustibile espressain °C.

Categoria 2: o

Le temperature di tutte le superfici di apparecchi, sistemi di protezione ecomponenti che possono venire a contatto con atmosfere esplosive non de-vono essere maggiori della temperatura minima di innesco del gas o liquidocombustibile espressa in °C durante il normale funzionamento e in caso didisfunzioni. Tuttavia, se non può essere escluso che il gas o il vapore possaessere riscaldato alla temperatura della superficie, questa temperatura di su-perficie non deve essere maggiore dell’80% della temperatura minima di in-nesco del gas misurata in °C. Questi valori possono essere superati solamen-te in caso di rare disfunzioni.

Categoria 3:

Le temperature di tutte le superfici di apparecchi, sistemi di protezione ecomponenti che possono venire a contatto con atmosfere esplosive non de-vono, nel normale funzionamento, superare la temperatura minima di inne-sco del gas o liquido.

In casi particolari, possono essere superati i limiti di temperatura suddet-ti se esiste una prova dimostrata che l’atmosfera esplosiva non può essere ac-cesa dalla superficie calda in considerazione. La valutazione deve includerele condizioni in base alla categoria richiesta.

13.7.2 Utilizzazione in atmosfere esplosive polveri/aria:

La temperatura superficiale deve essere limitata a seconda della categoriascelta come segue:

Categoria 1:

La temperatura di tutte le superfici che possono venire a contatto con nu-bi di polveri non deve essere maggiore dei 2/3 della temperatura minima diinnesco misurata in °C della nube di polveri in questione (Tacc-nube ), anche incaso di rare disfunzioni. Inoltre, la temperatura delle superfici su cui pos-sono depositarsi le polveri deve essere inferiore di un margine di sicurez-za (T*) rispetto alla temperatura minima di innesco dello strato di polvere(Tacc-strato), più spesso che può formarsi; ciò deve essere assicurato anche incaso di rare disfunzioni.

T 0,8 Tsup acc≤ ⋅ − gas T Tsup acc≤ − gas

T Tsup acc≤ − gas

Tsup ≤ −⎡⎣⎢

⎤⎦⎥− −min , *

23

T T Tacc nube acc strat

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 113

Se lo spessore dello strato non è noto, si deve tenere conto dello strato piùspesso prevedibile.

Categoria 2:

La temperatura di tutte le superfici che possono venire a contatto con nu-bi di polveri non deve essere maggiore dei 2/3 della temperatura minima diinnesco misurata in °C della nube di polveri in questione (Tacc-nube), anche incaso di disfunzioni. Inoltre, la temperatura delle superfici su cui possono de-positarsi polveri deve essere inferiore di un margine di sicurezza (T*) rispet-to alla temperatura minima di innesco di uno strato di polvere (Tacc-strato); ciòdeve essere assicurato anche in caso di disfunzioni.

Categoria 3:

La temperatura di tutte le superfici che possono venire a contatto con nu-bi di polveri non deve, nel normale funzionamento, essere maggiore dei 2/3della temperatura minima di innesco in °C della nube di polveri (Tacc-nube).Inoltre, la temperatura delle superfici su cui possono depositarsi polveri de-ve essere inferiore di un margine di sicurezza (T*) rispetto alla temperaturaminima di innesco di uno strato delle polveri in questione (Tacc-strato).

Il margine di sicurezza T* rispetto alla temperatura di innesco dello stratodipende dallo spessore dello strato di polvere prevedibile ed è dato da:

• Spessore dello strato di polvere fino a 5 mm (CEI EN 50281-1-2)La temperatura superficiale massima ammessa dei prodotti per evitarel’innesco degli strati di polvere deve essere inferiore di un margine di si-curezza di 75 K rispetto alla temperatura di innesco dello strato di 5 mmdi spessore.Si ha cioè: Tacc-strato – T* = T5 mm – 75 K.

• Spessore dello strato di polvere tra 5 mm e 50 mm (CEI EN 50281-1-2)Quando la temperatura di innesco dello strato di 5 mm è superiore a250°C la temperatura superficiale massima ammessa per evitare l’innescodegli strati di polvere si ottiene dalla figura 1 (Tmaxl = Tacc-strato – T*).Per spessori di strati diversi è necessario ricorrere a prove sperimentalispecifiche.

La norma EN 13463-1, prevede che gli apparecchi del gruppo II G devonoessere:• preferibilmente classificati in una classe di temperatura indicata nella ta-

bella 2;• definiti dalla massima temperatura di superficie effettiva;

Tsup ≤ −⎡⎣⎢

⎤⎦⎥− −min , *

23

T T Tacc nube acc strat

Tsup ≤ −⎡⎣⎢

⎤⎦⎥− −min , *

23

T T Tacc nube acc strat

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114 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• o, se appropriato, limitati al gas o vapore specifico per il quale sono previ-sti.

Gli apparecchi del gruppo II D devono essere invece definiti dalla massi-ma temperatura di superficie effettiva3.

Entrambe devono essere marcati corrispondentemente secondo quantoprevisto al capitolo 22.

Con l’introduzione della classe di temperatura si considera la limitazionedella temperatura superficiale misurata in base alla seguente tabella 3 riepi-logativa:

Figura 1

3 La massima temperatura di superficie è determinata senza depositi di polvere sugliapparecchi.

Classedi temperatura Massima temperatura di superficie (°C)

T1 450T2 300T3 200T4 135T5 100T6 85

Tabella 2Classificazione delle massime temperature di superficie

per gli apparecchi del gruppo II G

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 115

La temperatura correttiva T* da considerare risulta pari a:

T* = 5 K per le classi di temperatura T6, T5, T4 e T3;T* = 10 K per le classi di temperatura T2 e T1.

13.8 Prevenzione dalla formazione di cariche elettrostatiche

13.8.1 Generalità

Le misure atte a prevenire l’insorgenza di cariche elettrostatiche pericolo-se risultano molto complesse a causa della variabilità del fenomeno di for-mazione delle cariche nelle diverse condizioni prevedibili di esercizio (com-prese le disfunzioni ed i rari malfunzionamenti) delle apparecchiature.

In questo paragrafo si riportano i principi che sono alla base del fenome-no della formazione di carica elettrostatica e le misure atte alla prevenzionedel fenomeno per quello che attiene i compiti e le responsabilità dei fabbri-canti di prodotti (nell’ambito della direttiva 94/9/CE) sulla base delle normearmonizzate alla direttiva 94/9/CE.

Per quanto riguarda la valutazione del pericolo connesso alla formazionedi scariche elettrostatiche durante le operazioni tipiche di processo, si riman-da al capitolo della direttiva 99/92/CE per una visione d’insieme relativa al-la valutazione del rischio di impianto.

13.8.2 Principi di elettricità statica

13.8.2.1 Introduzione

La causa principale di formazione di carica elettrostatica è il processo dicarica per contatto. Gli oggetti conduttivi possono elettrizzarsi per induzio-ne, se si trovano in un campo elettrico originato da altri oggetti caricati, op-pure da conduttori a potenziale elevato nelle vicinanze.

Categoria 1 G Tsup ≤ 0,8 x Tmarcata A seconda che sia indicata la classe diTsup ≤ 0,8 x Tlim.inf.classe temperatura o meno.

Categoria 2 G Se ogni campione costruito è sottop-Tsup ≤ Tmarcata sto di routine alla prova termica (pro-

Categoria 3 G va individuale)4.Categoria 2 G

Categoria 3 GTsup ≤ Tmarcata – T* Se l’apparecchio è sottoposto a provaTsup ≤ Tlim.inf.classe – T* di tipo.

Tabella 3

4 Le prove di tipo o le prove individuale sono da riferirsi al tipo di moduli applicati perla certificazione. In caso di certificazione secondo i moduli di cui agli allegati III e IV ci saràuna misurazione della temperatura durante la prova di tipo.

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116 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il processo di carica per contatto può manifestarsi su interfacce solido/so -lido, liquido/liquido oppure solido/liquido.

In caso di solidi eterogenei inizialmente privi di carica e solitamente al po-tenziale di terra, una piccola quantità di carica si trasferisce da un materialeall’altro quando essi vengono a contatto.

I due materiali perciò si caricano in maniera opposta generando tra loroun campo elettrico.

Il processo di carica per contatto nei liquidi è essenzialmente lo stesso. Seil liquido viene agitato a livello dell’interfaccia provoca la separazione dellecariche opposte.

Esempi tipici sono lo scorrimento di liquido in tubi, pompe, filtri, oppurela mescolatura, l’agitazione, la spruzzatura o la nebulizzazione di liquidi.

Se il liquido contiene una seconda fase non miscibile, il processo di carica ènotevolmente incrementato a causa dell’aumento della superficie di interfaccia.

In genere si riscontra un livello pericoloso di carica nei liquidi a bassa con-ducibilità elettrica.

13.8.2.2 Formazione di carica nei liquidi in tubazioni e filtri

Quando un liquido scorre attraverso una tubazione, si verifica la separa-zione di carica tra il liquido e la superficie interna della tubazione.

Per tubazioni molto lunghe, la formazione di cariche si può considerareproporzionale alla velocità del fluido in caso di flusso laminare o al quadra-to della velocità in caso di flusso turbolento.

Per i liquidi a bassa conducibilità, in particolare i liquidi idrocarburi satu-ri, il valore della densità di carica per una lunghezza infinita del tubo può es-sere valutata partendo dalla seguente equazione:

ρ∝ = 5 ν

doveρ∝ = densità di carica per tubo infinitamente lungo ( in μC/m3);ν = velocità lineare del liquido nel tubo (in m/s).

Per la gamma di velocità ν compresa tra 1 m/s e 10 m/s, le densità di ca-rica sono comprese tra 5 μC/m3 e 50 μC/m3.

Ai fini pratici i tubi possono essere considerati infinitamente lunghi se:

L ≥ 3 ν τ con τ = ε ε0 / γ

dove:L = lunghezza del tubo (in m);τ = tempo di decadimento del liquido (in s);ε = costante dielettrica relativa al liquido (2 per idrocarburi);ε0 = costante dielettrica del vuoto ( = 8,85x10-12 F/m);γ = conducibilità elettrica del liquido (in S/m).

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 117

Nei liquidi con una seconda fase non miscibile e nei filtri il processo diformazione di carica può essere accentuato.

13.8.2.3 Formazione di carica per contatto di polveri

Per le polveri di media resistività e per le polveri non conduttive, i valoritipici carica trasportata per unità di massa sono compresi tra 10-5 μC/kg e 103

μC/kg, e il valore dipende principalmente da:• velocità di separazione dopo il contatto; • dimensioni della polvere; • composizione chimica;• resistività e costante dielettrica relativa.

La tabella 4 seguente fornisce dati relativi ai livelli di carica misurati supolveri di resistività media in relazione a diversi processi.

13.8.3 Accumulo di carica elettrostatica

GeneralitàDopo la separazione durante il processo di carica, le cariche elettrostati-

che si possono ricombinare con rapidità direttamente per contatto oppurevia terra. La carica su un non conduttore viene trattenuta a causa della resi-stenza del materiale stesso. Il conduttore resta carico se risulta isolato da altriconduttori e dalla terra.

La carica totale si attenua ad una velocità determinata dalle resistenze deinon conduttori nel sistema secondo un processo di decadimento.

Il circuito elettrico equivalente viene illustrato nella figura 2 ed il poten-ziale del conduttore è dato dall’equazione:

V R I et

RC= ⋅ ⋅ −⎡

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟1

Operazione Densità di caricaspecifica(μC/kg)

Setacciatura 10-3 ÷ 10-5

Versamento 10-1 ÷ 10-3

Macinazione 1 ÷ 10-1

Frantumazione 10-2 ÷10-1

Trasporto pneumatico 10-3 ÷10-1

Rivestimento triboelettrico con polvere 104 ÷ 103

Tabella 4

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118 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

dove:

V = potenziale del conduttore in volt;C = capacità espressa in Farad;R = resistenza di attenuazione verso terra in ohm;I = corrente corrispondente al flusso di carica in ampere;t = tempo dall’inizio del processo in secondi;

Il potenziale massimo viene raggiunto quando t è elevato ed è:

La resistenza di attenuazione e la capacità di un conduttore isolato spessopossono essere misurate e questo può essere utilizzato per stabilire se si pos-sono accumulare livelli di carica pericolosi.

Accumulo di cariche sui liquidiL’accumulo di carica in un liquido è determinato dai due opposti effetti di

generazione e decadimento della carica.Il decadimento della carica in un contenitore di liquido dipende dalla sua

conducibilità elettrica. In assenza della generazione di cariche, la densità dicarica nel liquido diminuisce secondo una legge esponenziale di decadimen-to con il tempo di decadimento caratteristico:

τ = ε ε0 / γ

V R Imax = ⋅

Figura 2Circuito elettrico equivalente per un conduttore elettrostaticamente caricato

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 119

dove:τ = tempo di decadimento del liquido (in s);ε = costante dielettrica relativa al liquido (2 per idrocarburi);ε0 = costante dielettrica del vuoto ( = 8,85x10-12 F/m);γ = conducibilità elettrica del liquido (in S/m).

Durante il tempo di decadimento la carica si riduce a circa il 37% (più pre-cisamente: ad 1/e, dove e è la base del logaritmo naturale) del suo valore ori-ginale.

Le conducibilità dei liquidi sono classificate come:

• elevate se γ > 1000 pS/m;• medie se 50 pS/m < γ < 1000 pS/m;• basse se γ < 50 pS/m.

Le conducibilità ed i tempi di decadimento per un numero di liquidi sonoindicate nella tabella 5.

Livelli pericolosi di accumulo di carica sono associati principalmente ai li-quidi a bassa conducibilità.

Tali livelli possono presentarsi anche in liquidi a media conducibilità

Liquido Conducibilità DecadimentopS/m sec

Bassa conducibilitàparaffine altamente depurate 10-2 2000paraffine tipiche 10-1 - 10 2 - 200composti aromatici depurati 10-1 - 10 2 - 200composti aromatici tipici 50 - 50 0,4 - 4benzina 10-1 – 10-2 0,2 – 200gasolio 1 - 102 0,2 – 20oli lubrificanti 10-2 – 103 0,02 - 2000eteri 10-1 – 102 0,2 - 200

Media conducibilitàcombustibili e oli contenenti additividissipativi 5 – 103 0,02 – 0,04oli combustibili pesanti 5 – 105 2x10-4 – 0,4esteri 100 – 106 2x10-5 – 0,2

Alta conducibilitàgreggio > 103 < 0,02alcool 106 - 108 2x10-7 – 2x10-5

acqua pura 5x106 10-6

acqua (non distillata) >108 <2x10-7

Tabella 5

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120 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

quando la portata della carica è alta, per es. per velocità del flusso elevate,quando si agitano alcune sospensioni.

I livelli pericolosi sono teoricamente sconosciuti con i liquidi a conducibi-lità elevata, a condizione che i liquidi siano collegati alla terra.

Accumulo di carica sulle polveriSe la resistività di volume della polvere compatta è elevata, la carica po-

trebbe essere trattenuta sulla polvere anche se essa si trova in un contenitorecon messa a terra oppure in contatto con un metallo collegato a terra.

Il tempo di decadimento è dato da:

τ = S ε ε0 dove:ε = costante dielettrica relativa della polvere;ε0 = costante dielettrica del vuoto ( = 8,85x10-12 F/m);S = resistività di volume della polvere.

Una resistività di volume di 1010 Ωm ed una costante dielettrica relativa di2, danno un tempo di decadimento di circa 0,2 s. Ciò significa che dopo 0,2 scirca i due terzi della carica sono stati rilasciati dalla polvere compatta versola terra.

Dal momento che l’aria è altamente non conduttiva, la diminuzione di ca-rica per una polvere in sospensione nell’aria (nube di polvere) non è influen-zata dalla resistività di volume della polvere.

La carica resta sulle particelle di polvere finché esse non interagiscono traloro o con l’apparecchiatura. In tali circostanze, il decadimento della carica èprincipalmente influenzato dal movimento delle particelle provocato dallacorrente d’aria, dalla gravità e dai campi di cariche nello spazio.

13.8.4 Tipologie di scariche elettrostatiche

13.8.4.1 Introduzione

La carica su un liquido o su un solido costituisce un pericolo solo se si sca-rica verso un altro corpo oppure, più comunemente, verso terra. Queste sca-riche variano enormemente per tipo e capacità di innesco. Esse vengono de-scritte nel seguito.

13.8.4.2 Scintille (sparks)

Una scarica tra due conduttori, liquidi o solidi è caratterizzata da un cana-le di scarica luminoso ben definito che trasporta una corrente ad alta densità.

Una scarica si manifesta tra due conduttori quando l’intensità del campoelettrico tra loro supera la rigidità dielettrica dell’atmosfera.

La differenza di potenziale tra i conduttori, necessaria a provocare una

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 121

perforazione, dipende sia dalla forma dei conduttori che dalla distanza tragli stessi. Come riferimento, la rigidità dielettrica per superfici piane o digrande raggio, distanti tra loro 10 mm o più, è di 3 MVm-1 in aria normale edaumenta quando la distanza diminuisce.

L’energia di una scarica tra un corpo conduttore ed un oggetto condutto-re collegato a terra può essere stimata con la:

dove:

W = energia dissipata in joule;Q = quantità di carica sul conduttore in coulomb;V = potenziale in volt;C = capacità in farad.

Valori tipici per le capacità dei conduttori sono indicati nella tabella 6.

13.8.4.3 Effetto corona (corona discharge)

Questo tipo di scarica si verifica sui bordi o su superfici di piccolo raggiodi curvatura. Le scariche si manifestano a causa del fatto che il campo elettri-co sulla superficie appuntita è molto elevato (oltre 3 MV/m).

Le scariche a effetto corona sono visibili sotto luci attenuate tramite un ba-gliore adiacente al punto.

La densità di energia nella scarica è molto inferiore rispetto a quella diuna scintilla e per questo motivo gli effetti corona non danno generalmenteorigine all’innesco.

Quando si manipolano grandi quantità di polveri di media conduttività onon conduttive, le scariche a effetto corona non possono essere evitate, maqueste scariche non creano un pericolo di innesco, se non in presenza di at-

W QV CV= =12

12

2

Oggetto Capacità [pF]Piccoli elementi metallici,(palette, ugelli di tubi, ecc.). 10 ÷ 20Piccoli contenitori (secchi, fusti da 50 litri). 10 ÷ 100Contenitori medi (da 250 litri a 500 litri). 50 ÷ 300Elementi dell’impianto principale(contenitori di reazione) circondati da strutture messe a terra. 100 ÷ 1000Corpo umano. 100 ÷ 300

Tabella 6

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122 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

mosfere esplosive molto sensibili, ad esempio arricchite di ossigeno o in pre-senza di idrogeno.

13.8.4.4 Scariche a fiocco (brush discharge)

Queste scariche si possono manifestare quando dei conduttori di formaarrotondata (in opposizione a quelli di forma appuntita) con messa a terravengono spostati verso oggetti non conduttivi elettrizzati, per es. si manife-stano tra il dito di una persona ed una superficie di plastica, tra un’asta me-tallica di profondità e la superficie di un liquido in un serbatoio.

Al contrario delle scariche distruttive, le scariche a fiocco tendono a coin-volgere solo una piccola parte della carica associata al sistema e la scaricanon collega i due oggetti.

Nonostante questo, le scariche a fiocco possono innescare la maggior par-te dei gas e vapori infiammabili. Queste possono avere energie equivalentisino a 4 mJ.

L’esperienza pratica e la mancanza di incidenti, indicano che relativamen-te alle nubi di polvere le scariche a fiocco hanno debole capacità d’innesco.

13.8.4.5 Scariche propagantesi a fiocco (Propagating brush discharge)

Per questo tipo di scariche è necessario avere uno strato di materiale adalta resistività e con rigidità dielettrica elevata, avente le due superfici alta-mente elettrizzate (elevata densità di carica superficiale) ma di polarità op-posta.

La scarica è avviata da un collegamento elettrico (cortocircuito) tra le duesuperfici. Essa spesso ha una struttura luminosa ad albero e viene accompa-gnata da un sonoro schiocco. Lo strato caricato bipolarmente può trovarsinello “spazio vuoto” oppure, come è più comune, avere una superficie a con-tatto con un materiale conduttivo (generalmente messo a terra).

Il cortocircuito può essere ottenuto:• perforando la superficie (meccanicamente o mediante rottura elettrica);• avvicinando le due superfici simultaneamente con i due elettrodi collega-

ti elettricamente;• quando una delle due superfici è collegata alla terra, toccando l’altra su-

perficie con un conduttore a terra.

La scarica riunisce la maggior parte delle cariche distribuite sulla superfi-cie non conduttiva e le incanala verso il punto in cui ha luogo il cortocircuito.

Le condizioni necessarie per questo tipo di scarica possono essere difficilida raggiungere, in particolare per gli strati spessi.

Nella maggior parte delle circostanze, uno spessore superiore a 8 mm èsufficiente a prevenire le scariche propagatesi a fiocco.

Per gli strati più sottili rispetto a quel valore, è richiesta una densità di ca-rica superficiale di almeno 2,5 x 10-4 C/m2.

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 123

Un’ulteriore prescrizione è che la tensione di scarica attraverso il non con-duttore necessita di essere sempre superiore a 4 kV.

Questo significa che la carica sugli strati di vernice generalmente non dàorigine alle scariche propagatesi a fiocco.

L’energia rilasciata durante tali scariche può essere elevata (uguale o su-periore a 1 J).

Le scariche possono innescare quasi tutti i gas, i vapori e molte polveri in-fiammabili.

L’energia rilasciata in una scarica propagantesi a fiocco può essere valuta-ta presupponendo che lo strato elettrizzato (bipolarmente) si comporti comeun condensatore ad armature parallele con il foglio come dielettrico.

Per esempio uno strato con costante dielettrica relativa ε = 2, densità dicarica superficiale σ = 10-3 C/m3, spessore d = 75 μm, ed un’area A = 0,5 m2,l’energia immagazzinata è data da:

Dal momento che la maggior parte della carica viene rilasciata in un’uni-ca scarica, la sua capacità di innesco può essere valutata confrontando l’ener-gia immagazzinata con la MIE di una polvere data.

Le scariche propagantesi a fiocco possono esser evitate utilizzando solomateriale conduttivo o dissipativo per le pareti di equipaggiamenti e per i ri-vestimenti, oppure assicurandosi che la tensione di scarica attraverso tutte lepareti ed i rivestimenti non conduttivi sia inferiore a 4 kV.

13.8.4.6 Scariche coniche (cone discharge or bulk brush discharge)

Quando della polvere non conduttiva altamente elettrizzata riempie siloso larghi contenitori, è possibile la formazione di una zona ad alta densità dicarica all’interno del mucchio di polvere compatta. Questo porta alla creazio-ne di forti campi elettrici sulla sommità del mucchio. In queste circostanze, sipossono produrre scariche lungo la superficie.

Le condizioni necessarie per questo tipo di scariche sono complesse; i fat-tori di influenza sono la resistività della polvere compatta, la corrente di cari-ca, il volume e la geometria della polvere compatta e le dimensioni delle par-ticelle.

L’energia media rilasciata durante tali scariche dipende dal diametro delsilo e dalle dimensioni delle particelle che formano il mucchio di polvere.

Per i silos di diametro compreso tra 0,5 m a 3,0 m e le polveri di gammamediana da 0,1 mm a 3,0 mm, l’energia rilasciata durante le scariche conichepuò essere stimata utilizzando la formula:

W D d= × ×5 22 3 36 1 46, , ,

W C VA d

J= ⋅ =⋅ ⋅⋅ ⋅

=12 2

122

0

σε ε

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124 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

dove:

W = limite massimo dell’energia della scarica da cono (in mJ);D = diametro del silo conduttivo collegato a terra (in m);d = media della distribuzione delle dimensioni delle particelle di polvere

formanti il cono (in mm).

In figura 35 si riporta la relazione tra le diverse tipologie di scarica con leenergie minime di innesco di alcuni gas e polveri.

Figura 3

Figura 4

Scariche a fiocco(brush discharge)

Scarica da cono(Bulk brushdischarge)

Scarica a fioccoo a spazzola (Propagating

brush discharge)

Scarica corona(Corona discharge)

5 Le figure 3 e 4 sono tratte da NFPA 77, Recommended Practice on Static Electricity,Edition 2000.

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 125

13.9 Requisiti costruttivi per parti non conduttive di apparecchisoggetti a carica elettrostatica

Gli apparecchi del gruppo II devono garantire che nelle condizioni di fun-zionamento previste, sia evitato il pericolo di innesco a causa di cariche elet-trostatiche. La norma specifica tre possibili modi per soddisfare questo re-quisito:

1. mediante una selezione idonea del materiale in modo che la resistenza su-perficiale dell’involucro, misurata secondo quanto previsto dalla normaEN 50014 (punto 23.4.7.8), non sia maggiore di 1 GΩ;

2. mediante una opportuna dimensione, forma e configurazione, o median-te altri metodi protettivi, in modo che non possano verificarsi cariche elet-trostatiche pericolose (per gli apparecchi della categoria 2G questo requi-sito può essere soddisfatto usando la prova descritta nell’appendice C al-la EN 13463-1);

3. mediante limitazione dell’area superficiale sporgente in una direzione diparti non conduttrici degli apparecchi che possono essere caricate elettro-staticamente (vedi tabella 7 seguente);

Per la limitazione relativa alle dimensioni delle superfici caricabili si deveconsiderare quanto segue:1. per i materiali in lamina, l’area è quella esposta (caricabile);2. per gli oggetti curvi, l’area è la proiezione massima dell’oggetto;3. per i materiali lunghi e stretti quali per es. le armature di cavo o i tubi, la

dimensione massima è data dalla dimensione trasversale (per es. il dia-metro per l’armatura o per il tubo - vedi tabella 8).

Per impedire la formazione di scintillii in grado di provocare l’accensione,lo spessore di strati o di rivestimenti di solidi di materia plastica (non con-duttori) su superfici metalliche messe a terra conduttrici) che possono essere

Area permessa – cm2

Categoria Polveri IIA IIB IICapparecchio (MIE < 3 mJ)1 250 50 25 42 500 100 100 203 nessun limite nessun limite nessun limite nessun limite

(a) (a) (a) (a)

a) A meno che l’utilizzo previsto degli apparecchi non possa determinare scariche ingrado di provocare l’accensione durante il normale funzionamento, nel qual casodevono essere applicati i criteri per gli apparecchi della categoria 2.

Tabella 7Limiti relativi all’area

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126 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

caricate negli apparecchi del gruppo IIG non deve essere maggiore di 2 mmnel caso di gas e vapori del gruppo IIA e IIB o 0,2 mm nel caso di gas e vapo-ri del gruppo IIC.

13.10 Apparecchi contenenti metalli leggeri

Devono essere evitati urti e attriti che coinvolgono ruggine e metalli leg-geri (per esempio alluminio e magnesio) e le loro leghe al fine di evitare pos-sibili reazione di tipo alluminotermico che possono causare l’innesco di at-mosfere esplosive.

Le limitazioni imposte sono le seguenti:Apparecchi del gruppo II.

I materiali utilizzati nella costruzione di parti esterne devono contenere,per massa:• per la categoria 1 non più del 10% in totale di alluminio, magnesio, titanio

e zirconio e non più del 7,5% in totale di magnesio, titanio e zirconio;• per la categoria 2 non più del 7,5% di magnesio;• per la categoria 3 nessun requisito particolare.

Le limitazioni suddette non sono applicate quando la valutazione del pe-ricolo di innesco mostra che non esiste alcun pericolo di innesco da attrito,impatto o scintille di abrasione in grado di provocare l’innesco.

13.11 Materiali non metallici

I materiali devono essere specificati e documentati in una lista materialiriportante:– le caratteristiche del materiale (compresa la ragione sociale del fornitore);– il riferimento completo del materiale (compreso il suo colore);– i trattamenti superficiali applicati e relative caratteristiche (vernici, spes-

sori ecc).Le materie plastiche devono avere un indice di temperatura IT corrispon-

dente al punto di 20.000 h pari a:

IT20000 h > Tmax-sup + 20 [K]

Area permessa – cmCategoria IIA IIB IICapparecchio1 0,3 0,3 0,12 3 3 33 nessun limite nessun limite nessun limite

Tabella 8Limiti relativi alle dimensioni di materiali stretti

(per es. tubi, armature di cavo)

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 127

L’indice IT deve essere dichiarato dal fabbricante. L’indice IT è il valore numerico, espresso in °C, della temperatura alla

quale il tempo richiesto perché il deterioramento di una proprietà scelta rag-giunga un punto limite accettato (normalmente 20000 h).

Spesso è utile introdurre l’intervallo di dimezzamento HIC definito comei valore numerico corrispondente all’intervallo di temperatura, in gradi kel-vin, che esprime il dimezzamento del tempo al punto limite riferito ad unatemperatura uguale a IT.

La norma IEC 60216 specifica le condizioni generali di invecchiamento ele procedure da impiegare per dedurre le caratteristiche di resistenza alla sol-lecitazione termica e fornisce una guida per l’utilizzo delle istruzioni e le mo-dalità di prova riconosciute.

Nell’applicazione pratica si fa riferimento alla relazione di Arrhenius se-condo la quale si ipotizza che esista una relazione, praticamente lineare, trail logaritmo del tempo richiesto per produrre il predeterminato cambia-mento nella proprietà e il reciproco della temperatura assoluta corrispon-dente.

Il metodo di valutazione dei risultati di TI è una procedura numerica de-scritta dettagliatamente nella IEC 60216-3, insieme con una rappresentazionegrafica del tipo riportato in figura 5.

dove:a = tempo h;b = temperatura °C.

Figura 5

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128 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

13.12 Verifiche e prove

Si dividono in:• Verifiche e prove di tipo:

sono quelle verifiche e prove eseguite sul prototipo per verificare che essorisulti conforme ai documenti del fabbricante;

• Verifiche e prove individuali: sono quelle verifiche e prove eseguite in produzione per garantire che ilprodotto sia conforme alle specifiche presentate in sede di prova di tipo.

Nella documentazione tecnica del costruttore, oltre alla specifica di tuttigli aspetti comuni alla sicurezza contro le esplosioni, si devono fornire i ri-sultati delle prove eseguite.

Il prototipo viene verificato dall’organismo di certificazione in conformitàcon le norme applicabili (norme generali e/o norme specifiche per i modi diprotezione adottati).

Ogni prova deve essere effettuata con la configurazione dell’apparecchioconsiderata più sfavorevole per quanto concerne la prevenzione e protezionecontro le esplosioni. Se una prova è considerata non necessaria può essereomessa, nel qual caso nella documentazione tecnica deve essere registrata lagiustificazione della sua omissione.

Le prove possono essere eseguite nel laboratorio dell’organismo o altrovema sempre sotto il controllo dell’organismo di certificazione laddove neces-sario (ad esempio nel laboratorio del fabbricante).

Di seguito vengono riportate le prove da effettuare su tutti i prodotti aprescindere dal modo di protezione specifico adottato6.

1. PROVE MECCANICHE a) Prova di resistenza all’impatto (punto 13.3.2.1 - EN 13463);b) Prova di tenuta alle cadute per apparecchi portatili o trasportabili(punto 13.3.2.2 - EN 13463).

2. MISURAZIONE DELLA MASSIMA TEMPERATURA SUPERFICIALE(punto 13.3.3 - EN 13463)

3. PROVE SU PARTI NON CONDUTTRICIa) resistenza elettrica superficiale (punto 23.4.7.8 – EN 50014);b) prova di carica elettrostatica (appendice C – EN 13463);c) tensione di scarica attraverso strati non conduttori;

6 Si ricorda che le verifiche e prove sopra indicate si riferiscono alle prove di caratteregenerale a cui devono essere aggiunte quelle relative ai modi di protezione adottati e quel-le specificate da eventuali norme specifiche di prodotto.

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13. MISURE DI PREVENZIONE DELLE SORGENTI DI INNESCO 129

4. PROVE SU PARTI NON METALLICHEa) Resistenza termica al calore (punto 13.3.4.3 – EN 13463);b) resistenza termica al freddo (punto 13.3.4.4 – EN 13463);c) prove meccaniche di cui al punto 1.

5. PROVA DI SHOCK TERMICO (sulle parti in vetro e le finestre)

13.12.1 Prova di resistenza all’impatto

L’apparecchio deve essere sottoposto all’effetto di una massa di prova di 1kg cadente verticalmente nell’involucro esterno da un’altezza (h).

L’altezza (h) dipende dall’energia di impatto (E) specificata nella tabella 9seguente in base all’applicazione dell’apparecchio (h = E/10; h in metri e E injoule).

Il peso deve essere munito di una testa d’impatto di acciaio temprato aforma di emisfero di 25 mm di diametro.

La prova della resistenza all’impatto deve essere effettuata su apparecchicompletamente assemblati e pronti per l’uso.

I punti d’impatto devono essere i punti ritenuti più deboli. La prova deve essere limitata a quelle parti degli apparecchi dove gli im-

patti dall’esterno possono verificarsi durante l’utilizzo degli apparecchi.

Energia d’impatto (joule)Gruppo I II

Pericolo di natura meccanica Elevato Basso Elevato Basso

Ripari, coperture protettive,cappe, ingressi. 20 7 7 4

Apparecchio di materia plastica. 20 7 7 4

Involucri di metallo leggero odi metallo fuso. 20 7 7 4

Involucri di materiali diversi daquelli di cui in 3 con spessoredelle pareti;- minore di 3 mm per il gruppo I;- minore di 1 mm per il gruppo II. 20 7 7 4

Parti a trasmissione luminosasenza riparo 7 4 4 2

Parti a trasmissione luminosa conriparo (sottoposte a provasenza riparo) 4 2 2 1

Tabella 9

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130 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

13.12.2 Misura della resistenza superficiale dell’involucro

Si deve verificare che:

Rs ≤ 1 GΩ

Dove la Rs viene misurata in conformità al punto 23.4.7.8 della EN 50014a 23 ± 2 °C e umidità relativa 50 ± 5 % secondo lo schema di figura 6.

Figura 6

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Capitolo 14La legge cubica

14.1 Generalità

Tutte le esplosioni si manifestano con due caratteristiche principali (deter-minate sperimentalmente con procedure standard in condizioni rappresen-tative):• la pressione massima d’esplosione Pmax (bar);• il gradiente massimo di pressione d’esplosione (dP/dt)max (bar*m*s-1).

I dati sperimentali ottenuti sono riconducibili attraverso la legge cubica:

(1)

dove:

V (m3) è il volume del contenitore in cui avviene l’esplosione alla velocitàmassima di aumento della pressione;

K = indice di deflagrazione normalizzato KG o KSt (bar-m/sec) che rappre-senta la (dP/dt)max in un m3 di una determinata sostanza (polvere o gas) incondizioni di prova specificate.

14.2 Variabilità di KG e KSt

Il valore del KG è una variabile dipendente dalle condizioni di prova, dal-l’energia di innesco, dal volume del serbatoio di prova e da altre condizionidi prova.

In particolare, per molti gas in stato di quiete iniziale, risulta particolar-mente importante la variazione del KG con il volume del serbatoio di prova aparità di altre condizioni.

La figura 1 mostra la variazione del KG con il volume sede di esplosioneper il metano, propano e pentano misurati in un vessel sferico.

L’incremento del KG è dovuto essenzialmente al diverso effetto dell’acce-lerazione della fiamma quindi i valori misurati in serbatoi di diversa gran-dezza non possono essere comparati direttamente anche a parità di altre con-dizioni di prova.

La misura del KG viene condotta normalmente in apparecchiature di pro-va sferiche di almeno 5 L di volume.

dPdt

V Kmax

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

∗ =13

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132 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

La tabella 1 mostra alcuni valori tipici del KG per diversi gas. I valori sonoriferiti a prove eseguite in serbatoi di 5 L con energie di innesco pari a 10 J.

Figura 1Effetto del volume di prova sul KG misurato in recipienti sferici

Proprietà del gas per prove in sfere da 5 L con energia di innesco E = 10J e condizioni normali

Sostanza infiammabile Pmax (bar) KG (bar-m/sec)

Acetophenone a 7.6 109Acetilene 10.6 1415Ammonia b 5.4 10ß-Naphthol c 4.4 36Butane 8.0 92Carbon disulfide 6.4 105Diethyl ether 8.1 115Dimethyl formamide a 8.4 78Dimethyl sulfoxide a 7.3 112Ethane a 7.8 106Ethyl alcohol 7.0 78Ethyl benzene a 7.4 96Hydrogen 6.8 550Hydrogen sulfide 7.4 45Isopropanol a 7.8 83Methane 7.1 55Methanol a 7.5 75Methylene chloride 5.0 5Methyl nitrite 11.4 111Neopentane 7.8 60Octanol a 6.7 95Octyl chloride a 8.0 116

Tabella 1

(segue)

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14. LA LEGGE CUBICA 133

Una formula approssimata per l’indicazione del KG di un gas sconosciutodalla conoscenza di un gas di caratteristiche note è data da:

dove le Su rappresentano le rispettive fundamentals burning velocity deigas. La formula produce risultati apprezzabili per gas con Su < 1,3 SuX (rife-rito al propano).

Per quanto riguarda le esplosioni di polveri, la validità della legge cubicaè subordinata al rispetto delle condizioni seguenti:• KSt ≤ 700 bar.m.sec-1;• contenitori con L/D ≤ 5;• V > 20 L (0,02 m3).

In queste condizioni, il KSt risulta praticamente indipendente dal volumesede di esplosione e risulta influenzato da: • granulometria, • umidità; • tipo di innesco.

Per quanto riguarda la pressione massima di esplosione, Pmax, questa nonsegue la legge cubica ed è praticamente indipendente dal volume quandoquesto supera 10 L.

Per questo motivo le norme impongono l’utilizzo di database caratteristi-ci d’esplodibilità di polveri limitatamente a processi pressoché identici.

I progetti di norma Europei così come i codici NFPA si riferiscono alla clas-sificazione delle polveri proposta da Bartknecht, che suddivise le polveri inquattro classi di pericolo riferite alla violenza dell’esplosione espressa dal KSt.

La tabella 2 evidenzia diversi valori di KSt ottenuti per prove condotte conmodalità di innesco differenti (uso di esplosivi o scariche continue), i test di-mostrano che non solo l’energia di innesco, ma anche la modalità con cui es-sa viene rilasciata influenzano la severità di un’esplosione.

K KSSGX GuX

u

= ⋅

Pentane a 7.8 104Propane 7.9 100South African crude oil 6.8–7.6 36–62Toluene a 7.8 94

a Misura a temperatura elevata con estrapolazione a 25°C a condizioni normali.b E = 100 J–200 J.c 200°C.

(continua)

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134 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Nella tabella 3 seguente sono riportati valori tipici delle esplosioni di pol-veri tratte dalla NFPA 68 ottenuti in prove su serbatoi da 1 m3.

Per ciascuna polvere viene indicata:• la granulometria;• la minima concentrazione esplosiva;• la massima pressione di esplosione, Pmax;• il massimo incremento di pressione (dP/dt)max;• il KSt, che coincide in questo caso con il (dP/dt)max;• la classe della polvere.

Correlazione tra KSt e classe di esplosione di una polvere

Classe di KSt (bar*m*s-1) Tipo di Pmax

esplosione Esplosivo (10kJ) Scariche continue (10J) esplosione (bar)

St0 0 0 Nessuna 0St1 ≤ 200 < 100 Debole 10St2 201-300 100 - 200 Forte 10St3 ≥ 300 > 200 Molto forte 12

Tabella 2

Prodotti agricoliMaterial Mass Minimum Pmax KSt (bar-m/sec) Dust

Median Flammable (bar) HazardDiameter Concentration Class(μm) (g/m3)

Cellulose 33 60 9.7 229 2Cellulose pulp 42 30 9.9 62 1Cork 42 30 9.6 202 2Corn 28 60 9.4 75 1Milk, powdered 83 60 5.8 28 1Milk, nonfat, dry 60 — 8.8 125 1Soy flour 20 200 9.2 110 1Starch, corn 7 — 10.3 202 2Starch, rice 18 60 9.2 101 1Starch, wheat 22 30 9.9 115 1Sugar 30 200 8.5 138 1Sugar, milk 27 60 8.3 82 1Sugar, beet 29 60 8.2 59 1Tapioca 22 125 9.4 62 1

Polveri carboniose

Charcoal, activated 28 60 7.7 14 1Charcoal, wood 14 60 9.0 10 1Coal, bituminous 24 60 9.2 129 1Coke, petroleum 15 125 7.6 47 1Lampblack <10 60 8.4 121 1Lignite 32 60 10.0 151 1

Tabella 3

(segue)

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14. LA LEGGE CUBICA 135

Peat, 22% H 2O — 125 84.0 67 1Soot, pine <10 — 7.9 26 1

Polveri chimiche

Adipic acid <10 60 8.0 97 1Anthraquinone <10 — 10.6 364 3Ascorbic acid 39 60 9.0 111 1Calcium acetate 92 500 5.2 9 1Calcium acetate 85 250 6.5 21 1Calcium stearate 12 30 9.1 132 1Carboxy- methyl- cellulose 24 125 9.2 1361Dextrin 41 60 8.8 106 1Lactose 23 60 7.7 81 1Lead stearate 12 30 9.2 152 1Methyl-cellulose 75 60 9.5 134 1Paraformaldehyde 23 60 9.9 178 1Sodium ascorbate 23 60 8.4 119 1Sodium stearate 22 30 8.8 123 1Sulfur 20 30 6.8 151 1

Polveri di metallo

Aluminum 29 30 12.4 415 3Bronze 18 750 4.1 31 1Iron carbonyl <10 125 6.1 111 1Magnesium 28 30 17.5 508 3Zinc 10 250 6.7 125 1Zinc <10 125 7.3 176 1

Polveri di plastiche

(poly) Acrylamide 10 250 5.9 12 1(poly) Acrylonitrile 25 — 8.5 121 1(poly) Ethylene(low-pressureprocess) <10 30 8.0 156 1Epoxy resin 26 30 7.9 129 1Melamine, molded(wood flour andmineral filled phenolformaldehyde) 15 60 7.5 41 1Melamine molded(phenol-cellulose) 12 60 10.0 127 1(poly) Methyl acrylate 21 30 9.4 269 2(poly) Methyl acrylate,emulsion polymer 18 30 10.1 202 2Phenolic resin <10 15 9.3 129 1(poly) Propylene 25 30 8.4 101 1Terpene-phenol resin 10 15 8.7 143 1Urea-formaldehyde/cellulose, molded 13 60 10.2 136 1(poly) Vinyl acetate/ethylene copolymer 32 30 8.6 119 1(poly) Vinyl alcohol 26 60 8.9 128 1(poly) Vinyl butyral 65 30 8.9 147 1

(continua)

(segue)

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136 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

(poly) Vinyl chloride 107 200 7.6 46 1(poly) Vinyl chloride/vinyl acetyleneemulsioncopolymer 35 60 8.2 95 1(poly) Vinyl chloride/ethylene/vinylacetylene suspensioncopolymer 60 60 8.3 98 1

(continua)

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Capitolo 15Limitazione degli effetti dell’esplosione mediantemisure di protezione costruttive

15.1 Generalità

I sistemi “costruttivi” per la protezione contro le esplosione possono es-sere così suddivisi:1. scarico dell’esplosione (Explosions relief o Venting);2. soppressione dell’esplosione (Explosions suppression);3. progettazione resistente all’esplosione;4. progettazione dei sistemi di isolamento dell’esplosione.

Generalmente i sistemi descritti si devono adottare in combinazione fraloro tenendo presente i molteplici aspetti della parte di impianto presa inconsiderazione.

Questo può indurre il gestore degli impianti a notevoli problemi relati-vi alla valutazione del rischio di impianto anche in considerazione dellediverse responsabilità che coinvolgono i costruttori delle singole apparec-chiature certificate secondo le direttive di prodotto PED (97/23/CE) eATEX (94/9/CE).

Le maggiori difficoltà, in primo luogo relative alle responsabilità, si riscon-trano nello stabilire se un impianto (nel senso generico del termine), debbaconsiderarsi un assieme secondo la definizione della direttiva 94/9/CE oppu-re una installazione ricadente unicamente nella direttiva 1999/92/CE relativaalle prescrizioni minime per il miglioramento della tutela della sicurezza edella salute dei lavoratori che possono essere esposti al rischio di atmosfereesplosive. A questo proposito si veda il paragrafo relativo agli assiemi (capito-lo 6, paragrafo 6.4).

La progettazione di un sistema di protezione dell’esplosione coinvolgemolteplici aspetti della parte di impianto considerato.

Risulta quindi necessario prendere in esame tutti i seguenti aspetti:

1. specifiche delle caratteristiche di collegamento tra apparecchiature:• tipo di collegamenti (tubazioni, condotte ecc.), lunghezza e diametri;• layout di installazione;• presenza di ostruzioni interne;

2. specifica delle condizioni di processo:• classificazione delle aree;

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138 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• pressione-Temperatura min./max;• natura dei fluidi di processo, flussi, portate e direzioni;

3. definizione dei metodi di protezione adottati per le singoleapparecchiature coinvolte.

I sistemi di protezione definiti nella direttiva 94/9/CE, sono quei disposi-tivi la cui funzione è bloccare sul nascere le esplosioni e/o circoscrivere la zo-na da esse colpita, che sono immessi separatamente sul mercato come siste-mi con funzioni autonome.

Esistono diverse tipologie di sistemi di protezione che generalmente ven-gono adottati in combinazione fra loro tenendo presente i molteplici aspettidella parte di impianto presa in considerazione. Tra i sistemi di protezionepiù diffusi si citano ad esempio:

– sistemi venting;– barriere di soffocamento (soppressori);– sistemi di contenimento;– arrestatori di fiamma;– sistemi di isolamento dell’esplosione.

Nel seguito si esporranno brevemente i sistemi sopra menzionati.

15.2 Esplosione primaria e secondaria

L’esplosione che si verifica all’interno di un contenitore viene general-mente definita “esplosione primaria”.

A seguito dell’eventuale cedimento del contenitore o dell’azionamento diun sistema di venting, la pressione generata può coinvolgere depositi o stratidi polvere presenti nelle vicinanze provocando una nube potenzialmenteesplosiva al di fuori del contenitore originariamente sede di esplosione.

Se la nube nella sua formazione trova una sorgente di innesco efficace sipuò quindi verificare una successiva esplosione definita “secondaria”, conconseguenze spesso più disastrose.

In figura 1 viene raffigurato uno scenario tipico di esplosione secondaria.La relazione che lega la concentrazione di una nube polverosa che si forma

a seguito della perturbazione di uno strato di polvere depositato è data da:

dove:

C = concentrazione della nube generata [g/m3];Pbulk = densità dello strato di polvere [kg/m3];h = spessore dello strato [mm];H = altezza dell’ambiente confinato [m].

CP h

Hbulk=

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15. LIMITAZIONE DEGLI EFFETTI DELL’ESPLOSIONE MEDIANTE MISURE DI PROTEZIONE 139

Quindi, ad esempio, 1mm di strato di polvere avente densità di 500kg/m3,disperso in un ambiente di 5m di altezza genererà una nube di polvere di con-centrazione media pari a 100g/m3.

Una dispersione parziale fino ad 1m darà luogo ad una concentrazionemedia pari a 500 g/m3 (figura 2, R.K. Eckhoff, 1997).

Figura 1

Figura 2

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Capitolo 16Scarico dell’esplosione (venting)

16.1 Generalità

È un metodo che previene sovrapressioni di esplosione elevate interne alcontenitore sede di esplosione.

Il sistema è basato sulla rottura e/o apertura di un elemento del dispositi-vo di vent che si aziona ad una determinata pressione di attivazione Pstat (so-vrapressione che genera l’apertura del pannello quando si ha un dp/dt ≤ 0,1bar min-1).

Questo permette ai prodotti della combustione e parte di miscela non com-busta di fuoriuscire dal contenitore sede di esplosione limitando gli effettidell’onda di pressione in termini di massima pressione risultante.

È evidente che tutto il sistema di contenimento dovrà necessariamente es-sere progettato almeno alla massima pressione di esplosione ridotta Pred,maxovvero considerando un opportuno margine di sicurezza rispetto alla pres-sione risultante interna durante la fase di scarico k x Pred,max con k>1 (si vedail capitolo 17).

Il parametro fondamentale da calcolare è l’area utile di sfogo AV; il meto-do offre l’indubbio vantaggio di costi contenuti e semplice manutenzione (ri-spetto ad altri sistemi quali la soppressione dell’esplosione), oltre che un di-mensionamento del sistema di contenimento alla Pred,max anziché alla Pmax.

Lo svantaggio è la necessità del convogliamento dello scarico e gli effettipost-esplosione (fiamme, sforzi e deflagrazioni secondarie, risposte indesi-derate dei dischi nel tempo).

In figura 1 si vede un tipico sistema di protezione di un contenitore sededi esplosione.

Oltre ai dispositivi di scarico dell’esplosione qui analizzati, si notano an-che altri sistemi (anch’essi definibili come sistemi di protezione) quali l’isola-mento dell’esplosione sulle tubazioni connesse nonché il sistema di controllodell’isolamento.

In figura 2 si vede l’andamento nel tempo della pressione di esplosione inun contenitore dotato di un sistema di protezione (venting o altro) rispetto aquello che sarebbe l’andamento in assenza di protezione.

Si nota la riduzione del parametro «pressione massima di progetto» delsistema in pressione interessato dal fenomeno della sovrapressione di esplo-sione (Pmax, Pred).

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142 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

L’area di sfogo dei dispositivi di scarico dell’esplosione (sistemi vent oventing) sarà interamente disponibile solo dopo il tempo necessario alla com-pleta rimozione degli elementi mobili del vent; questo è dovuto all’inerzia“massica” del dispositivo durante la sua apertura.

Questo deve essere opportunamente tenuto in conto in fase di dimensio-namento del sistema di protezione sull’apparecchiatura da proteggere.

Per evidenziare l’inerzia del vent i codici EN e NFPA tengono conto del-l’efficienza determinata sperimentalmente e definita nel paragrafo 16.4 suc-cessivo.

Figura 1

Figura 2

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 143

16.2 Criteri di calcolo per sistemi di scarico delle esplosionidi polveri

16.2.1 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione di polveriEN 14491

Nell’approccio europeo, il calcolo dell’area utile di sfogo della sovrapres-sione viene effettuato secondo le formule riportate di seguito; queste sono dinatura sperimentale e sono state derivate da prove confermate dall’esperien-za pratica.

Pstat = sovrapressione che genera l’apertura del dispositivo quando si haun dp/dt ≤ 0,1 bar min-1;

Ef = efficienza del dispositivo;L/D = rapporto lunghezza diametro;Pmax = pressione max di esplosione;Pred,max = pressione max di esplosione ridotta;V = volume del contenitore sede di espolsione.

Pred,max tra 0.1 e 1.5 di sovrapressione

A (m2) = area geometrica del vent

Av = A/Ef

Pred,max tra 1.5 e 2 di sovrapressione

A=B AV = A/Ef

Le formule proposte si considerano valide nel seguente campo di limita-zioni1:

0,1 ≤ V ≤ 10.000 m3,

A B C logLD

= ⋅ + ⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

1

B P K P Pst red= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅− −3 264 10 0 275 0 569, ,max ,max,

sstat redP V−( ) ⋅⎡⎣ ⎤⎦ ×−0 1 0 5 0 753, ,max, ,

C logPred= − ⋅ +( )4 305 0 758, ,,max

1 Per limitazioni non rispettate la validità delle formule è subordinata a test specifici.

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144 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

0,1 ≤ Pstat ≤ 1 bar; Pstat ≤ PRED,max ≤ 2 bar;1 ≤ L/D ≤ 20;temperature -20/60°C;pressione atmosferica: 80/110kPa;umidità: 5/85%;ossigeno: 20.9+-0.2%;5 bar ≤ Pmax ≤ 0 bar per polveri con (St1-St2);5 bar ≤ Pmax ≤ 2 bar per polveri con (St3).

16.2.2 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione di polveriNFPA 68

Nell’approccio americano, il calcolo dell’area utile di sfogo della sovra-pressione viene effettuato secondo analoghe formule riportate di seguito; an-che queste sono di natura sperimentale e sono state derivate da prove confer-mate dall’esperienza pratica.

Per L/D ≤ 2

con

Per 2 ≤ L/D ≤ 6

Le formule proposte si considerano valide nel seguente campo di limita-zioni2:

5 ≤ Pmax ≤ 2 bar;10 ≤ KSt ≤ 800 bar-m/sec;0,1 ≤ V ≤ 0,000 m3;PIN 1 ± 0,2 bar,abs.

La NFPA68 consente di utilizzare anche il metodo grafico basato sulla:

A P K VV stat st= ⋅( ) + ⋅( ) ⋅ ⋅ ⋅−−8 535 10 1 1 75

15 0 75, , , πππ

π =PP

red

max

A AP P

LDV

IV

red

= + ⋅ −⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟× −⎛

1 1 561 1

10 65

, logmax

,

⎝⎝⎜⎞⎠⎟

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

2 Per limitazioni non rispettate la validità delle formule è subordinata a test specifici.

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 145

Av (m2) = Factor A x Factor B x Factor C

con i fattori A,B e C reperibili sullo standard e di cui sono riportati alcuniesempi nella figura 3 di seguito:

I metodi sono del tutto analoghi e possono essere utilizzati come verificareciproca.

Nella figura 4 seguente si riportano gli andamenti di Pred,max in funzionedi AV adottando il calcolo stabilito negli approcci EN ed NFPA.

Figura 3

Vent Sizing for Dust. Pmax= 6 bar, Pstat= 0.1 bar.

Volume Correction Factor C — Dusts(0 /10 m3).

Elongated Vessel Correction. Factor B

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146 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il calcolo in questione si riferisce ad un caso pratico sviluppato su un tri-turatore di rifiuti con le seguenti caratteristiche:

volume = 31,42 m3;allungamento custodia = 5;efficienza vent = 1;KSt = 200 bar m sec-1;pmax = 10 bar;pstat = 0,1 bar.

Quando vi sono interconnessioni con pipeline o altri vessel occorre consi-derare che il venting può agire attraverso le connessioni generando un incre-mento della turbolenza che precomprimendo l’atmosfera connessa (fonted’innesco per l’altro vessel) può innescare esplosioni secondarie; in tal casooccorre aumentare il vent o ricorrere a sistemi di isolamento.

Se aumenta il rapporto L/D ci si deve aspettare un incremento della velo-cità di fiamma propagata non rispondente alla legge cubica e pertanto si de-vono introdurre opportuni parametri correttivi nelle formulazione esposte.

16.2.3 Effetto della pressione iniziale elevata

Le direttive «atmosfere potenzialmente esplosive» riguardano le soleesplosioni in condizioni di miscela atmosferica.

Nonostante ciò possono verificarsi casi (ad esempio esplosione in conte-nitori divisi in sezioni con condizioni diverse) in cui risulta necessario valu-tare l’effetto della pressione iniziale sull’esplosione.

Contenitori aventi miscele di polvere-aria a pressione iniziale superiore a 0.2bar (prima dell’innesco) hanno un comportamento diverso in fase di scarico.L’area di scarico necessaria può essere ricavata dalla seguente formulazione:

Figura 4

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 147

dove:Av = area di scarico (m2);Pstat = pressione statica del vent (bar);Pin = pressione all’innesco (bar);Peff = 1/3 Pin;KSt = indice di deflagrazione (determinato alla pressione atmosferica)

(bar-m/sec);V = volume contenitore (m3);Πeff = (Pred – Peff)/(PE

max – Peff);Pred = pressione ridotta (bar);PE

max = Pmax[( Pin)/(1 bar)];Pmax = pressione massima della deflagrazione (senza vent) a pressione ini-

ziale di 1 bar.

16.2.4 Effetto di contenitori parzialmente occupati

In molte applicazioni industriali i contenitori di miscele combustibili ri-sultano parzialmente occupati dalle miscele stesse.

In queste condizioni particolari viene in genere dimensionata un’ulteriorearea di scarico calcolata tramite:

dove:Avpv = area di vent necessaria per il volume parzialmente riempito;Av0 = area di vent per la deflagrazione nell’intero volume determinate

con le formule ordinarie;Xr = frazione di riempimento (se > π);π = Pred/Pmaxse Xr < π il venting aggiuntivo non è necessario.

16.2.5 Venting di collettori (Dust Collectors) che usano cuscini, filtri ocartucce

I dust collectors rappresentano casi particolari di scarico dell’esplosione. Inquesti apparecchi, infatti, le ostruzioni rappresentate dagli elementi tipicicontenuti in essi, interferiscono con il processo di scarico.

Le alternative ammesse sono rappresentate in figura 5.Si tenga presente che il volume da inserire nelle formule sopra esaminate

AP P

PKV

stat in

effSt= ×( ) +

−⎛

⎝⎜

⎠⎟−8 535 10 1 1 755, , ⋅⋅

−V

eff

eff

0 751

π

A A XX

vpv v rr= ⋅

−−

−0

13

π

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148 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

sarò costituito da quello del plenum di aria “sporca” ovvero la parte in in-gresso dell’apparecchiatura se può essere ragionevolmente escluso che laparte a valle sia essenzialmente priva di accumulazione di polvere.

16.2.6 Effetto dei condotti di scarico e tubazioni connesse ai vessel

I condotti di scarico dei vent sono usati per convogliare l’esplosione inarea di sicurezza. Il convogliamento attraverso condutture più o meno retti-linee procurano però un impedimento al processo di vent e quindi la Pred,maxnell’attrezzatura tende ad assumere valori superiori rispetto a quelli prece-dentemente calcolati.

Al fine di limitare la turbolenza gli scarichi devono essere diritti ove pos-sibile, non ostruiti, resistenti, corti, liberi da ostacoli e non recare danno al-l’esterno.

L’effetto dell’incremento di pressione dovuto al condotto di scarico è va-lutabile con la:

dove:P*red,max = pressione massima di esplosione ridotta con condotto di scari-

co in bar;Pred,max = pressione massima di esplosione ridotta senza condotto di scari-

co in bar;A = area geometrica del vent in m2;V = volume del contenitore protetto in m3;l,d = lunghezza e diametro del condotto.

L’effetto dei condotti di scarico risulta apprezzabile fino ai valori indicatidi seguito:

P

PA

Vred

red

,max*

,max,

,.

,= + ⋅ ⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

×1 1 730 753

1 6lld

Figura 5

Ammesso Non Ammesso

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 149

approccio EN3:

approccio NFPA: LS = 3.764 x Pred,max-0.3724

le formulazioni sono valide con le seguenti limitazioni4:

• 5≤ Pmax ≤ 12 bar; • 10≤ KSt ≤ 800 bar-m/sec;• 0,1≤V ≤ 10.000 m3; • 0,1≤ Pstat ≤ 1 bar; • 0,1≤ PRED,max ≤ 2 bar con PRED,max > Pstat); • condizioni geometriche di figura 16.5.

16.3 Scarico delle esplosioni di gas - EN 14994

16.3.1 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione di gasper custodie compatte L/D ≤ 2

Nell’approccio europeo, il calcolo dell’area utile di sfogo della sovrapres-sione viene effettuato secondo le formule riportate di seguito; queste sono di

ld

Pred= × −4 564 0 37, ,max,

3 Non valida per polveri metalliche.4 Per limitazioni non rispettate la validità delle formule è subordinata a test specifici.

Figura 6

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150 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

natura sperimentale e sono state derivate da prove confermate dall’esperien-za pratica.

KG = “costante” dell’esplosione di gas;Pstat = sovrapressione che genera l’apertura del dispositivo in bar;Ef = efficienza del dispositivo;V = volume in m3;Pred,max = pressione max di esplosione ridotta in bar.

Sono valide con le seguenti limitazioni5: V ≤ 1.000 m3;KG ≤ 550 bar m/sec;0,1 ≤ Pstat ≤ 0,5 bar;Pred,max ≤ 2 bar;Pred > Pstat + 0,05bar;L/D ≤ 2;temperatura -20/60°C;pressione atmosferica 80/110kPa;custodie isolate libere da turbolenza.

16.3.2 Calcolo della superficie di sfogo dell’esplosione di gasper custodie allungate L/D > 2

L’applicazione delle seguenti formule è valida per le cosiddette “custodieallungate” tali per cui sia verificata la condizione:

2 ≤ L/D < 10

Sono inoltre valide per miscele di gas non turbolenente e per custodie pri-ve di cambiamenti repentini di sezione trasversale.

Esse riguardano solo gas con velocità vicino a quelle delle miscele conmetano o butano.

Custodie allungate “ventate alle estremità” In questi casi la pressione di esplosione ridotta Pred,max deve essere consi-

derata il massimo valore ottenuto da:

AAEv

f

=

A K pG red= ⋅ −( ) ⋅⎡⎣ ⎤⎦ +−0 1265 0 0567 0 170 5817. lg . .. 554 0 10 5722 2 3⋅ ⋅ −( )⎡⎣ ⎤⎦{ } ⋅−p p Vred stat. /.

5 Per limitazioni non rispettate la validità delle formule è subordinata a test.

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 151

per pstat ≤ 0,06

per pstat > 0,06

dove:

Pred,max = pressione max di esplosione ridotta in bar;Pstat = sovrapressione che genera l’apertura del dispositivo in bar;V = volume della custodia in m3;Sui = gas burning velocity, in m/s;A = area geometrica totale del vent, in m2;W = peso per unità di area dei vent, in kg/m2;L = lunghezza della custodia in m;D = diametro della custodia in m;K = coefficient (Acs/A)Acs = sezione trasversale del recipiente in m2;d = x/D, con x = massima distanza tra una possibile sorgente di innesco ed il più vici-

no vent.

Si ricorda che il tutto è valido sotto le seguenti limitazioni:

• condizioni atmosferiche;• Sui ≤ 0,46 m/s;• volume V ≤ 200 m3;• peso per unità di area W: 0,5 kg/m2 ≤ W < 5 kg/m2;• 2 ≤ L/D <10.

Custodie allungate “ventate lungo la custodia” In questi casi la pressione di esplosione ridotta Pred,max deve essere consi-

derata il massimo valore ottenuto da:

p d Kred ,max , ,= ⋅ ⋅ +0 015 0 15

p d Kred ,max ,= ⋅ ⋅0 015

p pS K W

LD

Vred stat

ui

,max

,= +

⋅ ⋅ ⋅ ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

0 023 2

13

13

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152 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

- per metano

- per propano

dove:Pred,max = pressione max di esplosione ridotta in bar;Pstat = sovrapressione che genera l’apertura del dispositivo in bar;V = volume della custodia in m3;Sui = gas burning velocity, in m/s;A = area geometrica totale del vent, in m2;W = peso per unità di area dei vent, in kg/m2;L = lunghezza della custodia in m;D = diametro della custodia in m;K = coefficient (Acs/A)Acs = sezione trasversale del recipiente in m2;d = x/D, con x = massima distanza tra una possibile sorgente di innesco ed il più vici-

no vent;

Si ricorda che il tutto è valido sotto le seguenti limitazioni: • condizioni atmosferiche;• Sui ≤ 0,46 m/s;• volume V ≤ 200 m3;• peso per unità di area W: 0,5 kg/m2 ≤ W < 5 kg/m2;• 2 ≤ L/D <10.

L’approccio americano prevede che per valori 2 ≤ L/D ≤ 5, e per Pred infe-riore a 2 bar, l’area di scarico, Av, calcolata dalle equazioni utilizzate per il ca-so di custodie compatte viste sopra, sia incrementata di un valore aggiuntivodato da:

ΔAA K

LD

v

v G

=⋅ −⎛

⎝⎜⎞⎠⎟

2

750

2

p p d Kred stat,max ,= + ⋅ ⋅0 085

p p d Kred stat,max ,= + ⋅ ⋅0 070

p pS K W

LD

Vred stat

ui

,max

,= +

⋅ ⋅ ⋅ ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

0 023 2

13

13

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 153

16.3.3 Effetto dei condotti di scarico e tubazioni connesse ai vessel

I condotti di scarico dei vent sono usati per convogliare l’esplosione inarea di sicurezza. Il convogliamento attraverso condutture più o meno retti-linee procurano però un impedimento al processo di vent e quindi la Pred,maxnell’attrezzatura tende ad assumere valori superiori rispetto a quelli prece-dentemente calcolati.

L’effetto dell’incremento di pressione dovuto al condotto di scarico è va-lutabile con le seguenti formule:

• tubazioni di lunghezza l < 3m

dove:p*red,max = pressione massima di esplosione ridotta con condotto di scari-

co in bar;pred,max = pressione massima di esplosione ridotta senza condotto di scari-

co in bar;

• tubazioni di lunghezza: 3 < l < 6m

p*red,max = pressione massima di esplosione ridotta con condotto di scari-co in bar;

pred,max = pressione massima di esplosione ridotta senza condotto di scari-co in bar.

Le formulazioni sono valide per gas nelle custodie privi di stati di turbo-lenza e per tubazioni di scarico sostanzialmente rettilinee e prive di restringi-menti di sezione.

16.3.4 Effetto della pressione iniziale diversa da quella atmosferica

A parità di taglia di vent, la pressione massima che si sviluppa duranteuna deflagrazione “ventata” (Pred) varia a seconda della pressione assolutainiziale secondo un esponente.

La pressione di esplosione ridotta Pred2 così raggiunta potrà essere valuta-ta tramite la:

dove:

P P pred red2 1 2 1= ⋅ +( )γ

p pred red* ,,= ⋅2 48 0 5165

p pred red* ,,= ⋅1 24 0 8614

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154 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

P2 = pressione iniziale in bar;Pred1 = pressione di esplosione ridotta calcolata in condizioni atmosferi-

che.

L’esponente γ è funzione dell’area del vent e del volume del contenitoresecondo la figura 7

La linea dell’etilene rappresenta un’iterpolazione mentre i valori tratteg-giati rappresentano estrapolazioni.

16.4 La certificazione dei dispositivi di sfogo dell’esplosione

La standardizzazione dei dispositivi di sfogo dell’esplosione è affrontatanelle seguenti norme:

EN 14491 - Dust explosion venting protective systems;EN 14994 - Gas explosion venting protective systems;EN 14797 - Explosion venting devices.

Queste si completano necessariamente mediante i concetti riportati nellenorme parallele:

EN 14460 - Explosion resistant design;

Figura 7

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 155

EN 15089 - Explosion Isolation Systems.

I dispositivi di sfogo dell’esplosione saranno progettati in maniera tale daintervenire se sottoposti ad una pressione superiore alla pressione statica diattivazione (considerando i margini di tolleranza previsti dal costruttore).

Particolare attenzione dovrà essere rivolta alla possibile produzione dimissili durante la frammentazione degli elementi di sfogo.

Le prestazioni di un dispositivo di sfogo dell’esplosione devono esseredefinite tramite i seguenti parametri:

• pressione statica di attivazione e sua tolleranza pstat; • valore del KG / Kst massimo specificato dal costruttore; • valore massimo della pred specificata dal costruttore; • valore minimo dell’efficienza di scarico del dispositivo Ef.

Dette prestazioni devono essere ricavate mediante specifiche valutazionie prove di tipo.

Il numero di campioni da sottoporre a prova dipenderà dalla numerositàdel lotto.

Per quanto riguarda l’integrità dei dispositivi, essi devono essere testatitramite prove di esplosione con valori di KG / Kst non inferiori a quelli speci-ficati dal costruttore e con valori di pred non inferiore a 1,1 volte il massimovalore per il quale il dispositivo è progettato.

I dispositivi di sfogo del tipo inertia-free ovvero con una massa specifica mi-nore di 0,5 kg/m2, non necessitano di essere sottoposti a prove di tipo per ladeterminazione della loro efficienza. Per tali dispositivi si assume Ef = 1.

Analogamente si assume Ef = 1 per i dispositivi aventi massa specificacompresa tra 0,5 kg/m2 e 10 kg/m2 dove risultano verificate le seguenti con-dizioni:

• A/V0.753 < 0,07;• 0,1 < pred < 2 bar;• psat ″ 0,1 bar.

Per tutti i rimanenti dispositivi si effettuato prove di tipo per la determi-nazione dell’efficienza Ef data da:

dove: Ae = area effettiva;Ad = area dispositivo di sfogo;

E AAf e

d

= ⋅ ⋅ [ ]1001

%

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156 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

pred,free = pressione di esplosione ridotta misurata su un dispositivo iner-tia-free;

pred,test device = pressione di esplosione ridotta misurata sul dispositivo inprova.

Questo avviene tramite confronto tra il dispositivo in prova e un disposi-tivo inertia-free considerando i parametri e risultati di prova riportati in figu-ra 8:

L’area di sfogo effettiva sarà il valore corrispondente alla pred,test device mi-surata durante la prova sul dispositivo in esame dedotta dal metodo di cal-colo adottato (in condizioni di prova specificate).

16.5 Esempio di calcolo dell’area di sfogo

Esempio n.1Si considera un contenitore avente forma e dimensioni riportate in figu-

ra 9.

Altezza cilindro – H1 = 4 m

Figura 8

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 157

Altezza cono – H2 = 2 mDiametro cilindro – D1 = 1,8 mDiametro inferiore cono – D2 = 0,5 m

Si considerano i seguenti valori di riferimento per il calcolo:

Kst = 138 bar m/sec;Pstat = 0,1 bar;Pmax = 8,5 bar;Pred,max = 0,35 bar.

La massima distanza del fronte di fiamma fino all’uscita dal vessel risultapari a 6 m.

Le norme di riferimento (EN 14491, VDI 3673) stabiliscono che il fronte difiamma non diffonde in maniera ottimale nella sezione conica e permettonodi adottare un terzo dell’altezza effettiva della sezione conica per cui la lun-ghezza effettiva da considerare risulta:

Leff = H1 + 1/3 H2 = 4 + 0.667 = 4.667 m

Analogamente il volume effettivo spazzato dal fronte di fiamma risulta:

con:

V V Veff eff eff= +1 2

Figura 9

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158 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

La sezione effettiva è : Veff / Leff = 10,945 / 4,667 = 2,345 m

Il diametro effettivo è:

Quindi

Applicando le formule riportate in precedenza si ottiene:

= 1,01 m2

Essendo:

Deve essere presa in considerazione l’efficienza del dispositivo di vent di-chiarata dal fabbricante del dispositivo stesso per cui:

Considerando E = 91%, si ottiene:

Av = A/Ef = 1.01/0.91 = 1.11m2

Esempio n.2Si considera un contenitore avente forma e dimensioni riportate in figu-

ra 10.

AV0 753

0 151 0 07,

, ,= >

A B C logLD

= ⋅ + ⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

1

C logPred,max= − ⋅ +( ) =4 305 0 758 2 721, , ,

B P K P Pst red= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅− −3 264 10 0 275 0 569, ,max ,max,

sstat redP V−( ) ⋅⎡⎣ ⎤⎦ × =−0 1 0 4660 5 0 753, ,,max, ,

VD

Heff 112

12

410 179=

⋅⋅ =

π, m

LD

= =4 6671 728

2 7,,

,

DS

meffeff= = =2 2

2 3451 728

π π,

,

Veff = 10 945 3, m

VH

D D D Deff 22

12

1 2 22 21

3 120 766= ⋅

⋅⋅ + ⋅ ⋅( ) =

π, m

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 159

Si considerano i seguenti valori di riferimento per il calcolo:Kst = 85 bar m/sec;Pstat = 0,1 bar;Pmax = 6,5 bar;Pred,max = 0,2 bar;Vf = volume del sacco filtro.

Il sacco filtro è costituito da 260 cartucce di lunghezza pari a 2,5 m e dia-metro di 15 cm per cui:

Vf = 260x ( 2,5 x ≠ x 0,15 x 0,15 /4) = 11.49 m3

V = 3x5x1,9 + 5x2x (1,9+0,5)/2 – Vf = 29 m3

Leff = 3 m

Il volume effettivo spazzato dal fronte di fiamma risulta:

Veff = 3 x 5 x 1,9 = 28,5 m3

Figura 10

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160 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

La sezione effettiva è : Veff / Leff = 28,5 / 3 = 9,5 m

Il diametro effettivo è:

Quindi e si assume

Applicando le formule riportate in precedenza si ottiene:

Essendo:

Si considera l’efficienza del dispositivo di vent unitaria per cui:

Av = 0,569 m2 distribuito su n. 2 vent di 0,284 m2.

16.6 Effetti della risposta dinamica della struttura

Il carico derivante da una esplosione deve essere in generale visto come uncarico di natura dinamica. Questo a causa della rapidità dell’evento in cui sipossono raggiungere incrementi di pressione nell’ordine dei 100-200 m/sec.

L’approccio più semplice a questo tipo di problema è quello del sistema a sin-golo grado di libertà (SDOF) rappresentato in figura 11 in cui la struttura vieneidealizzata con una massa M collegata ad una molla ideale rappresentante la re-sistenza della struttura alla deformazione in un sistema monodimensionale.

Il carico derivante dall’esplosione viene considerato come un impulsotriangolare di picco Fm e fase positiva tL.

L’equazione del moto si ottiene integrando la relazione derivante dal 2°principio della dinamica:

M y K y FttmL

⋅ + ⋅ = ⋅ −⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟••

1

LD

= 1LD

= =3

3 4780 863

,,

DS

meffeff= =2 3 478

π,

F t FttmL

( ) = ⋅ −⎛

⎝⎜⎞

⎠⎟1

AV0 753

0 151 0 07,

, ,= >

A B C logLD

= ⋅ + ⋅⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

=1 0 569 2, m

C logPred,max= − ⋅ +( ) =4 305 0 758 3 767, , ,

B P K P Pmax st red,max= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅− −3 264 10 0 275 0 569, ,,sstat red,maxP V−( ) ⋅⎡⎣ ⎤⎦ × =−0 1 0 5690 5 0 753, ,, ,

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 161

Che ammette soluzioni per lo spostamento:

e per la velocità:

dove ω è la pulsazione naturale del sistema e T il periodo naturale di vi-brazione del sistema dato da:

Viene definito il fattore di carico dinamico (DLF) come il rapporto tra ilmassimo spostamento dinamico ymax e lo spostamento che si avrebbe in con-dizioni statiche di applicazione della forza Fm:

Lo spostamento relativo risulta come in figura 12.Il massimo spostamento ymax, dipenderà dal rapporto della durata del ca-

rico tL, ed il periodo T.

La figura 13 mostra il valore del DLF in funzione di tL /T per due diffe-renti tipi di carichi triangolari applicati.

DLFyy

yF Kst m

= =max max

/

ω π= =

2T

KM

dydt

FK

tt

tm

L

= ⋅ ⋅ ⋅ + ⋅ −( )⎡

⎣⎢

⎦⎥ω ω ωsin cos

11

y tFK

tF

K tt

tm m

L

( ) cossin

= ⋅ − ⋅( ) +⋅

⋅⋅

−⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

1 ω ωω

Figura 11

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162 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

16.6.1 Effetti della deflagrazione all’azionamento dei ventForze di reazione

Durante un processo di scarico dell’esplosione alcune forze di reazionesono generate a causa dell’espulsione dei prodotti della combustione attra-verso il dispositivo di venting.

La forza di reazione generata (FRmax) può deformare o collassare l’attrezza-tura per cui occorre tenerne conto nei calcoli dei supporti/appoggi/ancoraggi.

Detta forza può essere immaginata come applicata al centro geometricodel dispositivo di venting ed è valutata dagli standard applicabili insieme adaltri parametri caratteristici come di seguito riportato in tabella 1:

Figura 12

Figura 13

NFPA68 prEN 14491Massima forza di reazione in kN

F A Pr v redmax

,max= ⋅ ⋅119F A Pr v red

= ⋅ ⋅120

Tabella 1

(segue)

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 163

16.6.2 Effetto esterno della fiamma e della pressione

Lo scarico dell’esplosione genera espulsione di materiale combusto ed in-combusto al di fuori dell’area del contenitore.

Gli effetti principali sono un fronte di fiamma ed un fronte di pressioneche si propaga esternamente al contenitore sede di deflagrazione.

La valutazione del rischio si dovrebbe estendere (oltre che al calcolo delledimensioni del vent) anche agli effetti dell’esplosione esterni al vent (materialeincandescente, fiamme, pressioni, ecc.) e sulla incolumità di cose e persone.

Lo scarico dell’esplosione deve essere tale che la zona in cui gli effetti del-l’esplosione sono presenti, sia sufficientemente distante da altre parti delprocesso (compreso attrezzature, personale ecc).

Nel caso di scarico di esplosioni di polveri, gli approcci EN 14491 e NFPA68risultano abbastanza convergenti nella valutazione dei diversi parametri ca-ratteristici riportati di seguito (con riferimento all’approccio europeo).

La lunghezza esterna della fiamma può essere stimata con:

per scarichi orizzontali [m];

per scarichi verticali [m].

Le formulazioni sono valide per:L/D ≤ 2; 5 ≤ Pmax ≤ 10 bar; 10 ≤ KSt ≤ 300 bar-m/sec; 0,1≤V ≤ 10.000 m3; 0,1 ≤ Pstat ≤ 0,2 bar; 0,1 ≤ PRED,max ≤ 2 bar.

L Vf = ⋅1013

L Vf = ⋅813

Durata impulso in sec

Forza statica che la struttura deve sopportare in kN

DLF = fattore di carico dinamico

Impulso rettangolare che la struttura deve sostenere in kN*sec

I F tr r

= ⋅I A P tv red f

= ⋅ ⋅ ⋅62

F DLF A Pr v red

= ⋅ ⋅ ⋅120

t KV

A Pr stred

= ⋅ ⋅⋅

−10 4

,max

tP

PVAf

red v

= ⋅ ⋅⎛

⎝⎜

⎠⎟ ⋅

⎝⎜

⎠⎟

−4 3 10 3

0 5

, max

,

(continua)

F A Pr v red

= ⋅ ⋅ ⋅0 52 119,,max

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164 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Per polveri con KSt ≤ 200 bar-m/sec, l’ampiezza di fiamma può essere sti-mata con:

WF (m) = 1.3 x (10V)1/3

La massima pressione esterna generata dallo sfogo di esplosione può es-sere stimata con:

Essa può raggiungere una distanza pari a:

RS = 0.25 x LF

a distanze r > RS la pressione decresce ed calcolabile con:

dove α (0°, 90°, 180°) è l’angolo con l’orizzontale dell’asse passante tra ilpunto nel quale si esegue il calcolo ed il centro del foro del vent.

La formula è valida per contenitori con:

0,1 ≤ V ≤ 250 m3;Pred ≤ 1 bar;Pstat ≤ 1 bar;R > RS.

Nel caso di scarico di esplosioni di gas l’approccio europeo EN 14994 con-sidera una lunghezza esterna della fiamma stimatabile con:

[m];

la formulazione è valida per:

L/D < 2; Pmax ≤ 9 bar;

L Vf = ⋅513

P

Ar

r = ⋅⋅

⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

+ ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢

1 241 13

156

0 5 1 35

2,

,, ,

α⎢⎢

⎦⎥⎥

⋅ pred ,max

P P A Vmax,a red V= ⋅ ⋅ ⋅0 2 0 1 0 18, , ,

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16. SCARICO DELL’ESPLOSIONE (VENTING) 165

KG ≤ 100 bar-m/sec; 0,1 ≤ V ≤ 50 m3; Pstat ≤ 0,1 bar; 0,1 < Pred,,max ≤ 1 bar.

La massima pressione esterna generata dallo sfogo di esplosione può es-sere stimata con:

dove α (0°, 90°, 180°) è l’angolo con l’orizzontale dell’asse passante tra ilpunto nel quale si esegue il calcolo ed il centro del foro del vent.

La formula è valida per contenitori con:

0,1 ≤ V ≤ 250 m3;0,1 < Pred ≤ 1 bar;Pstat ≤ 0,1 bar;Pmax ≤ 9 bar;KG ≤ 200 bar-m/sec; L/D < 2; 0,2 < Pext ≤ 1 bar;0 < α ≤ 180°;custodie prive di elementi di turbolenza interna.

P

AR

pr r= ⋅

⎝⎜⎞

⎠⎟

+ ⎛⎝⎜

⎞⎠⎟

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

⋅1 24

156

1 35

2,

,

αeed ,max

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Capitolo 17Progettazione resistente all’esplosione

17.1 Generalità

Per la progettazione e la fabbricazione di apparecchi, sistemi di protezio-ne e componenti resistenti alla pressione e all’urto di pressione dell’esplosio-ne si devono applicare le tecniche e le norme pertinenti.

Nell’ambito della direttiva 94/9/CE, il CEN ha elaborato la norma EN14460 – Explosion resistant products.

Questa si applica ai prodotti che possono contenere atmosfere esplosive eche possono essere sede di esplosione interna (combustibile-aria).

È applicabile ai serbatoi e ai sistemi in pressione e si applica, con le limita-zioni specificate, ai prodotti sede di sole deflagrazioni.

La norma si basa sulle regole tecniche stabilite per la costruzione delle ap-parecchiature in pressione quali:

EN 1092-1, Flanges and their joints - Circular flanges for pipes, valves and fittings– Part 1: Steel flanges, PN designated.

EN 13445-1, Unfired pressure vessels - Part 1: General.EN 13445-2, Unfired pressure vessels - Part 2: Materials.EN 13445-3, Unfired pressure vessels - Part 3: Design.EN 13445-4, Unfired pressure vessels - Part 4: Fabrication.EN 13455-5, Unfired pressure vessels - Part 5: Inspection and testing.EN 13445-6, Unfired pressure vessels - Part 6: Requirements for the design and fa-

brication of pressure vessels and pressure parts constructed from sphe-roidal graphite cast iron.

In definitiva si applicano le norme armonizzate alla direttiva 97/23/CE -PED (Pressure Equipment Directive) anche se in realtà questa non considera laprotezione contro le esplosioni che non sono causate dalla pressione. Si vedain proposito la guidelines per la direttiva PED n. 9/24 riportata in appendi-ce.

Nel metodo di resistenza all’esplosione vengono definite le seguentigrandezze:

• resistenza alla pressione di esplosione: proprietà dei recipienti e degliapparecchi progettati per resistere alla pressione di esplosione previstasenza subire deformazioni permanenti;

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168 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• resistenza all’urto di pressione dell’esplosione: proprietà dei recipienti edegli apparecchi progettati per resistere alla pressione di esplosione pre-vista senza rompersi, pur subendo una deformazione permanente;

• pressione massima di esplosione (pmax): pressione massima ottenuta inun recipiente chiuso durante l’esplosione di un’atmosfera esplosiva de-terminata in condizioni di prova specificate;

• pressione di esplosione ridotta (pred): pressione generata dall’esplosionedi un’atmosfera esplosiva in un recipiente, protetto per mezzo dello scari-co dell’esplosione o dalla soppressione dell’esplosione.

Per quanto riguarda la progettazione resistente alla pressione di esplosione(explosion-pressure-resistant), i prodotti in questione devono poter resistere allapressione di esplosione prevista senza subire deformazioni permanenti.

Devono essere utilizzate le regole tecniche che riguardano la progettazio-ne e i calcoli per i serbatoi a pressione utilizzando la pressione di esplosioneprevista come base per il calcolo della pressione.

Per quanto riguarda la progettazione resistente all’urto di pressione del-l’esplosione (explosion-pressure-shock-resistant), i prodotti sono costruiti inmodo da poter resistere alla pressione di esplosione prevista, ma possono su-bire deformazioni permanenti.

Dopo l’esplosione, le parti colpite del sistema devono essere controllate alfine di valutare se i prodotti in questione possono ancora essere utilizzati inmodo sicuro. Ciò deve essere incluso nelle informazioni per l’utilizzazione.

La progettazione e la costruzione vengono condotti in accordo alla EN134451 opportunamente modificata da parametri di sicurezza (materiali uti-lizzabili e relativa certificazione, tipo e efficienza delle saldature, rinforzodelle aperture ecc.).

La norma non incontra particolari difficoltà per quel che riguarda la pro-gettazione per la resistenza alla pressione di esplosione (in questo caso infat-ti ricalca sostanzialmente le norme tecniche armonizzate per i recipienti inpressione).

Diversamente, per quel che riguarda la progettazione all’urto di pressionedell’esplosione, ci sono ancora alcune difficoltà relative ai coefficienti di sicu-rezza da adottare rispetto ai carichi di rottura nel campo plastico.

17.2 Approccio NFPA

I serbatoi progettati per il contenimento della pressione di deflagrazionesaranno costruiti in accordo al codice ASME sezione VIII, div.1; la pressionedi progetto sarà basata sul carico a rottura (prevenzione della rottura) o sulcarico di snervamento (prevenzione della deformazione permanente).

1 Occorre distinguere questi prodotti da quelle apparecchiature (quali motori, riduttori)protette da custodie antideflagranti (flameproof enclosure) secondo la EN 13463-3.

Questo modo di protezione è infatti adoperato per permettere l’esercizio di apparec-

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 169

Nel caso di assenza di dispositivi di vent, le pressioni di progetto utilizza-te saranno:

dove: Pf = pressione di progetto – prevenzione rottura (psig);Pd = pressione di progetto – prevenzione deformazione (psig);Pi = massima pressione iniziale (psig);R = rapporto massima pressione deflag. assoluta/ massima pressione in-

terna assoluta;Fu = rapporto carico di rottura/sollecitazione ammissibile;Fy = rapporto carico di snervamento/sollecitazione ammissibile;

R = Pmax,abs / Pin,abs basato su test a 25°C (R = 9 per gas, R =11 per St1 e St2ed R=13 per St3); al disotto dei 25°C vale la regola correttiva R’ dove Ti è latemperatura di funzionamento.

Quando la Pi supera 2 bar sono obbligatori test specifici di polvere per de-terminare R.

Occorre sempre un’ispezione dopo la deflagrazione e può essere applica-bile la tecnica del fitness for service.

Nel caso si utilizzino dispositivi di vent o soppressori le pressioni di pro-getto utilizzate saranno:

P PP

Fd esred

y

= =⋅1 5,

P PP

Ff esred

u

= =⋅1 5,

R RTi

' = ⋅+

⎝⎜⎞

⎠⎟298

273

PR P

Fdin

y

=⋅ ⋅ +( ) −⎡⎣ ⎤⎦1 5 14 7 14 7, , ,

PR P

Ffin

u

=⋅ ⋅ +( ) −⎡⎣ ⎤⎦1 5 14 7 14 7, , ,

chiature dotate di sorgenti di innesco “continue” e si basa sul fatto che l’atmosfera puòeventualmente entrare nella custodia, ma se questa dovesse innescare, la custodia stessa sa-rà in grado di contenere gli effetti dell’esplosione contenendo la propria deformazione eimpedendo la propagazione della fiamma verso l’esterno.

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170 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

In generale viene consigliato un fattore di sicurezza pari a 1.5 mentre nelcaso di acciai in getti viene consigliato un fattore sicurezza pari a 4.

17.3 Dimensionamento del rinforzo del tronchetto

Il rinforzo viene realizzato mediante un aumento di spessore della paretesul quale è praticato il foro, un aumento dello spessore del tronchetto el’eventuale inserimento dell’estremità inferiore del tronchetto all’interno delrecipiente per un tratto “l”.

In riferimento alla figura 1, tale dimensionamento viene calcolato trami-te la:

A A f p A f p

A f

fm fs fp op

ft ot

+( ) ⋅ −( ) + −( ) +

+ −

0 5 0 5

0

, ,

, 55 0 5p p A A Apm pt p( ) ≥ + +( ), α

Figura 1

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 171

con:di = diametro interno del bocchello; ri = raggio interno di curvatura della parete principale; S = spessore della parete su cui è praticata l’apertura;Sp = spessore della piastra di rinforzo;St = spessore del tronchetto;l = altezza esterna utile del tronchetto; x = distanza dell’apertura da una discontinuità della parete principale; c1 = margine sullo spessore nominale in mm;c2 = spessore di corrosione permesso in mm.

Si deve verificare che:

17.4 Verifica secondo EN 14460

L’apertura sarà rinforzata tramite incremento dello spessore di parete delbocchello fino al valore:

Lo spessore di parete che contribuisce alla compensazione dell’aperturasarà almeno:

La piastra di rinforzo sarà almeno:

17.5 Carichi addizionali

Generalmente nella progettazione dei sistemi in pressione sono conside-rati i carichi addizionali dovuti a vento, neve, sollecitazioni localizzate ecc.

In caso di resistenza all’esplosione devono essere considerati i carichi ad-dizionali dovuti all’attivazione dei sistemi di venting tenendo conto di quan-to riportato di seguito.

Si riportano di seguito alcune formulazioni utili nel caso di sollecitazioniaddizionali su bocchelli su mantelli cilindrici (figura 2).

Si introducono i seguenti parametri:

e s sffC p= + ⋅

⎝⎜⎞

⎠⎟min ;0

1

1

L D s c c s c ci≥ + − −( ) − −( )1 2 1 2

l d s c c s c ci T T≥ + − −( ) ⋅ − −( )1 2 1 2

s sT ≤ ⋅1 5,

A A f p A f p

A f

fm fs fp op

ft ot

+( ) ⋅ −( ) + −( ) +

+ −

0 5 0 5

0

, ,

, 55 0 5p p A A Apm pt p( ) ≥ + +( ), α

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172 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

con

d = diametro medio del bocchello;D = diametro medio del fasciame;s = spessore del fasciame;sp = spessore della piastra di rinforzo;f0/f1 = rapporto tra sollecitazioni ammissibili (per semplicità si considera

pari a 1).

Si determinano i carichi massimi individuali ammissibili:

Carico assiale ammissibile Fz,max:

Momento circonferenziale ammissibile MX,max:

Momento longitudinale ammissibile MY,max:

I valori di C1, C2 e C3 sono ricavabili dalla figura 3 seguente:

M f ed

CY Max C, max ; ,= ⋅ ⋅ ⋅ ⎡⎣ ⎤⎦234

4 9

M f ed

CY Max C, max ; ,= ⋅ ⋅ ⋅ ⎡⎣ ⎤⎦234

4 9

F f e CZ Max C, max ; ,= ⋅ ⋅ ⎡⎣ ⎤⎦21 1 81

λCC

d

D e=

Figura 2

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 173

Figura 3

02_204_08_SOLE_RISCHIO.qxp:Layout 1 10-11-2008 15:18 Pagina 173

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174 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

17.6 Verifica della combinazione tra carichi addizionali e pressioneinterna.

La combinazione degli effetti viene verificata con il rispetto delle seguen-ti condizioni:

dove C4 ≅ 1,1

17.7 Verifica pressione di prova secondo EN 14460

La prova idrostatica o pneumatica viene realizzata alla pressione di provadata da:

dove:ϑ = temperatura di progetto, in °C;Pt = pressione di prova, in hPa;Rp = carico di rottura, in N/mm2;p = pressione di progetto, in hPa.F = fattore definito in base al materiale adottato, all’efficienza della salda-

tura ed al tipo di prova da eseguire (deformazione permessa o meno) – F =1,3 per acciai in getti.

17.8 Informazioni per l’uso

Oltre alla documentazione prevista dalle regole generali, devono essereindicate le seguenti informazioni:• specifica dei ratei di usura/corrosione ammissibili;

P FR C

Rpt

p

p

= ⋅°

⋅( )

( )

20

ϑ

⋅ + − ⋅⎛

⎝⎜

⎠⎟

⎣⎢⎢

⎦⎥⎥

+max ; ; ,φ

φ φφ

φ φPZ Z

PZC C4 4

2

0 2 BB2 1≤

φBX

X

Y

Y

MM

MM

=⎛

⎝⎜

⎠⎟ +

⎝⎜

⎠⎟ ≤.

,max ,max

2 2

1

φZZ

Z

FF

= ≤,max

1

φPP

P= ≤

max

1

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 175

• documentazione relativa alla prova idrostatica/pneumatica e la massimapressione di esplosione;

• una descrizione delle procedure di installazione, manutenzione e ispezio-ni periodiche;

• una descrizione delle procedure da eseguire dopo una esplosione.

17.9 Un caso pratico

Una applicazione specifica di verifica del sistema di riduzione della pres-sione massima di esplosione (venting) e del contenimento della pressione diesplosione ridotta, è stata condotta presso un sito produttivo adibito al trat-tamento dei rifiuti.

L’attrezzatura considerata è adibita alla triturazione di rifiuti ed è costitui-ta da un contenitore metallico che si assimila ad un parallelepipedo di formapiuttosto irregolare (figura 4).

La valutazione del rischio dell’utilizzatore ha condotto a classificare la zo-na interna al contenitore di tipo 21.

Figura 4

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176 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

In alcuni casi è possibile che la polvere combustibile venga innescata acausa di eventuali attriti e scintille meccaniche generate dal contatto tra le la-me del trituratore ed il rifiuto metallico che non si riesce ad eliminare com-pletamente nella fase di pretrattamento della sostanza in ingresso.

Non esistendo la possibilità di escludere a priori il Top Event l’attrezzatu-ra è dotata di sistemi di sfogo dell’esplosione e deve essere verificata la pro-tezione mediante contenimento della pressione ridotta d’esplosione.

Le specifiche iniziali imposte sono:

Kst = 200 bar*m*sec-1;polvere con distribuzione non omogenea;Pmax= 10 bar;temperatura processo = 20°C;temperatura media di parete nella fase di esplosione = 400°C;Pi = atmosferica;Pstat= 0.1barg;PRED,max = 0.85 barg;L/D= 3,34 (rilevato da disegno costruttivo);volume = 51.7m3;area vent Av = 2.52 m2;efficacia Ef = 1;materiale ASTM A36;spessore corpo principale 30 mm;spessore condotto di carico 10 mm.

Per il calcolo delle forze di reazione e dei momenti è stata applicata laNFPA 68 che fornisce impulsi maggiori della EN 14491 ed inoltre tiene contodell’analisi di staticità mediante il DFL.

Per il calcolo dell’area del vent è stata utilizzata la EN 14491 che forniscearee leggermente maggiori per PRED,max fino a 0.85.

Il calcolo dell’area del vent necessaria indica che sono sufficienti 2,18 m2

per mantenere una PRED,max di 0.85 barg.

A (m2) = area geometrica del vent = B (1 + C × log L/D) Av = A/Ef

B = [3.264 × 10-5 × Pmax × Kst × PRED,max-0.569 + 0.27 × (Pstat-0.1) × PRED,max

-0.5] ×× V0.753

C = (-4.305 x log PRED,max + 0.758)

Sono state considerate due condizioni differenti per DFL1=2 (condizionelimite) e DFL2= 0.446.

I valori di forze, impulsi e tempo di spinta sono:

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 177

Fr = 220.63 kN;tf = 0.56 sec;FR1 = 514.08 kN;FR2 = 114.73 kN;I = 64.16 kN/sec.

La valutazione nei due differenti casi di DFL rispecchia le situazioni realilimite ovvero rispettivamente vibrazione nulla e massima della struttura.

Per un maggior dettaglio, nel caso 1 (Forza di reazione e momenti limite)è stata considerato anche il condotto di carico al fine di accertarne eventualideformazioni permanenti e spostamenti non vincolati.

L’analisi di distribuzione delle tensioni è stata condotta utilizzando unmetodo agli elementi finiti (FEA), considerando un’esplosione con originenella posizione dei trituratori in corrispondenza del condotto di scarico.

Il tempo tf è il tempo a disposizione per la salita di pressione fino al rag-giungimento delle superfici di scarico.

Si è quindi ipotizzato che l’esplosione avvenga secondo un’onda sferica eche non si verifichino riflessioni, con una velocità di propagazione che ri-sponde alla Legge di Less.

La PRED,max, la forza statica FR ed i momenti calcolati secondo la EN 13445sono stati considerati quali condizioni al contorno da applicare al modello.Sono state prese in considerazione le reazioni vincolari del basamento inquanto l’analisi era mirata a verificare le deformazioni permanenti in presen-za di vincoli, tuttavia non sono stati considerati i vincoli del portello di chiu-sura sulla bocca di scarico e delle murature di passaggio del condotto di cari-co e dello scarico del vent.

È stata applicata una mesh tipo Solid con Jacobiano a 16 punti (elementi dilato 66mm – 200000 nodi complessivi circa), includendo gli effetti termicidella temperatura di esplosione.

Caso 1 - DFL = 2

DeformazioniSpostamenti

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178 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• von Mises Stress massima = 279,146 N/mm2 ;• spostamento massimo 24.9469 mm (nodo 173186: X=400.6 mm,

Y=7,39098e-005 mm, Z=3636,8 mm);• FOS in condizioni statiche (factor of safety distribution) = 1.3;• FOS in condizioni dinamiche (factor of safety distribution) = 2.7.

Caso 2 - DFL = 0.446

• von Mises Stress massima = 218,574 N/mm2 ;• spostamento massimo 15,0254 mm (nodo 173186: X=400.6 mm,

Y=7,39098e-005 mm, Z=3636,8 mm);• FOS in condizioni statiche (factor of safety distribution) = 0.83;• FOS in condizioni dinamiche (factor of safety distribution) = 1.3.

L’analisi dei risultati ottenuti con le simulazioni numerica, ha consentitodi identificare le zone maggiormente sollecitate della struttura.

L’analisi FEA ha dimostrato che la struttura nelle condizioni di DFL mini-mo è idonea alla PRED,max imposta e alle sollecitazioni localizzate, restandoentro i limiti delle deformazioni plastiche.

Nel caso invece di DFL massimo secondo la NFPA 68 la struttura in alcu-ne aree deforma nel campo plastico senza comunque collassare in quanto lasollecitazione distribuita rimane entro i limiti ammessi.

È da evidenziare quindi, che dal punto di vista normativo il modello ri-sponde alle norme armonizzate della Direttiva 94/9/CE.

Tuttavia solo in alcuni elementi della sezione di scarico, nel caso 1, vienesuperato il coefficiente di sicurezza ammesso, anche se nello studio non èstata considerata la reazione vincolare della sezione resistente del portello dichiusura imbullonato che rappresenta il vano di accesso per la manutenzio-ne dei trituratori e che viene completamente chiusa in esercizio.

Dall’analisi si evidenzia che effettivamente le deformazioni nel campo

6 – Deformazioni5 – Spostamenti

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17. PROGETTAZIONE RESISTENTE ALL’ESPLOSIONE 179

plastico sono dovute ad una non corretta scelta dei rinforzi, infatti, sia nel ca-so 1 che nel caso 2, tali deformazioni sono spinte nella zona dove sono assen-ti tratti di rinforzo trasversale.

Un’ulteriore analisi andrebbe condotta per accertare l’effettivo DFL del si-stema; infatti il caso 1 rispecchia le condizioni limite a tutto vantaggio dellasicurezza ma in realtà questa condizione è stata adottata ritenendo un’eleva-ta vibrazione del sistema causata dal movimento dei trituratori. Si può con-statare che tra il caso 1 ed il caso 2 (ΔFR ≈ 400 KN) le sollecitazioni di VonMises sono notevolmente differenti.

È da evidenziare che, in ogni caso, è sempre necessaria l’ispezione post-evento per l’ulteriore validazione di esercibilità della struttura.

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Capitolo 18Soppressione dell’esplosione

18.1 Principi della soppressione dell’esplosione

I sistemi di soppressione dell’esplosione impediscono che un’esplosio-ne raggiunga la pressione massima di esplosione grazie all’iniezione ra-pida di agenti estinguenti nei contenitori sede di esplosione.

Ciò significa che le apparecchiature protette in questo modo possonoessere progettate per poter resistere ad una pressione di esplosione ri-dotta.

Quando si utilizza la soppressone dell’esplosione, gli effetti di un’e -splosione sono generalmente limitati all’interno di apparecchi, sistemi diprotezione e componenti.

I sistemi di soppressione dell’esplosione sono essenzialmente costitui-ti da un sistema rilevatore che rileva l’esplosione incipiente e da estintoripressurizzati le cui aperture sono attivate dall’unità di controllo su inputdel sistema rilevatore.

Il contenuto degli estintori è rapidamente iniettato negli apparecchi daproteggere e distribuito il più uniformemente possibile.

Ciò ha l’effetto di estinguere le fiamme dell’esplosione e ridurre lapressione di esplosione al fine di proteggere la struttura degli apparecchi.

Si riporta in figura 1 una tipica sequenza di soppressione dell’esplosio-ne. In figura 2 si riporta un tipico sistema di soppressione1.

Per i sistemi di soppressione dell’esplosione si può fare riferimento aiseguenti standard:

• EN 14373 - Explosion supression systems;• NFPA 69 - Explosion prevention systems.

Il valore della pressione di esplosione ridotta ottenibile a seguito dell’im-missione di una certa quantità di estinguente in un volume sede di esplosio-ne risulta di difficile determinazione teorica.

Questa viene di fatto determinata attraverso specifici test sperimentali suvolumi di prova ridotti che poi vengono “scalati” a volumi maggiori tramiterelazioni semiempiriche.

1 Si noti che nella figura 2 il soppressore n. 2 viene utilizzato non tanto come elementodi soppressione quanto come elemento di isolamento. Si veda in proposito il capitolo 19.

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182 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

18.2 Variabilità della pressione di esplosione ridotta Pred,max

Per la determinazione sperimentale della pred,max vengono eseguite delleprove su volumi ridotti considerando che su detta pressione incidono le se-guenti variabili:

indice di deflagrazione normalizzato KG o KSt;

Figura 1

Figura 2

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18. SOPPRESSIONE DELL’ESPLOSIONE 183

pressione di attivazione del soppressore pa;numero e geometria di soppressori NHRD;pressione di immissione dell’estinguente ps;tipo dell’agente estinguente.

Dette prove vengono generalmente “normalizzate” su:

tipo di polvere o gas (ad esempio KG e KSt per propano e polveri St1 e St2);tipo di estintore elementare ( volume, pa, ps,diametro uscita).

Il dato sperimentale di scala è dato dal fatto che la quantità di estinguenterichiesto per ottenere una Pred ≤ 1 bar non è proporzionale al volume ma se-gue la legge cubica:

dove:N = numero di soppressori necessari per sopprimere un volume V;N0 = numero fittizio di soppressori dello stesso tipo necessari per soppri-

mere una esplosione similare in un volume di 1m3.

Sulla base di quanto considerato vengono stabiliti sperimentalmente spe-cifici diagrammi del tipo riportato in figura 3.

Si vede come poter scegliere il numero di estintori (in questo caso conte-nenti polveri di fosfati di ammonio di date caratteristiche e geometria) neces-sari per estinguere un volume V al fine di contenere la pressione di esplosio-ne ridotta ad un certo valore.

N N V= ×0

23

Figura 3

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184 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

18.3 Effetto delle custodie allungate

L’estrapolazione dei dati sperimentali secondo le leggi di scala non tieneconto dell’effetto di eventuali custodie allungate per cui vengono introdottifattori correttivi quali ad esempio la variabilità dell’indice di deflagrazionesecondo la:

dove:K* = valore dell’indice che tiene conto dell’allungamento della custodia;K = valore dell’indice originario;H/D = rapporto tipico della custodia allungata.

18.4 Effetto dei volumi ostruiti

In molte applicazioni industriali si deve tener conto che l’interno delle cu-stodie sede di esplosione possono presentare elementi necessari alla dinami-ca del processo che contemporaneamente possono risultare come elementiostruenti l’efficace diffusione degli agenti estinguenti (ad esempio filtri a ta-sche, mulini ecc.).

In questi casi si possono considerare fattori correttivi per la determinazio-ne della effettiva pressione di esplosione ridotta da considerare:

dove:pred,max = pressione di esplosione ridotta in caso di assenza di ostruzione

interna;V0 = parte del volume totale interno V che risulta ostruito alla diffusione

di estinguente;Tu = temperatura iniziale miscela incombusta [K];Tb = temperatura della fiamma della miscela combusta [K];Pmax = massima sovrapressione di esplosione [bar].

La relazione proposta è valida per V0 < 0,5 × V.

18.5 Sicurezza integrata dei sistemi di soppressione

I componenti essenziali di un sistema di soppressione dell’esplosione sono:• sistema di rilevazione dell’esplosione;• sistema di controllo (CIE – control and indicating equipment);• soppressore (HRD – High Rate Discharge).

p pV T P

V Tred redu

b,max

*,max

max= +⋅ ⋅

⋅0

K Kmaz

HD*

max , ,= × ×0 95 1 06

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18. SOPPRESSIONE DELL’ESPLOSIONE 185

L’efficacia di un sistema di soppressione dell’esplosione, nella sua globa-lità, dipenderà non solo da una corretta individuazione del tipo e della quan-tità di agente estinguente, ma anche da una corretta progettazione dell’interacatena del sistema di rilevazione e controllo del fenomeno.

Una progettazione accurata dovrà tenere conto di evitare:• guasti nell’hardware;• guasti nel software;• errori dell’operatore;• condizioni ambientali avverse.

La realizzazione di un sistema di soppressione dell’esplosione dovrà esse-re tale che la cosi detta PFD, “probabilità di guasto su domanda”, sia coeren-te con l’eventuale livello di integrità di sicurezza SIL richiesto per l’applica-zione specifica nell’ambito della valutazione del rischio di impianto.

Si veda in proposito il capitolo 20.

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Capitolo 19Sistemi di isolamento dell’esplosione

L’isolamento dell’esplosione è una tecnica che previene la propagazionedegli effetti di un esplosione tramite tubazioni di collegamento o condotte inaltre parti dell’apparato e/o dell’impianto.

A tal proposito il CEN sta elaborando il progetto di norma prEN 15089 –Explosion isolation systems.

Per sua natura, un sistema di isolamento dell’esplosione deve essere abbi-nato a misure di protezione dell’esplosione (si veda la figura 1).

Sono generalmente usati i seguenti dispositivi di isolamento:• valvole di protezione (attive o passive) installate in tubi o condotti ed atti-

vate o da idonei attuatori per mezzo di rilevatori (sensori ottici, sensori dipressione ecc) o per mezzo della pressione di esplosione stessa;

• barriere estinguenti (attive): l’esplosione viene arrestata mediante l’inie-zione di agenti estinguenti tramite l’attivazione di idonei rivelatori.L’agente estinguente deve essere appropriato al tipo particolare di sostan-za infiammabile;

• valvole rotative (attive): le valvole rotative con speciali caratteristiche diprogettazione possono essere utilizzate per impedire la propagazione del-le fiamme e della pressione. In caso di esplosione, il movimento del roto-re deve essere arrestato automaticamente da un sistema rivelatore, al finedi assicurare che sia impedito lo scarico del prodotto di combustione;

• deviatori, ecc.

Il sistema di isolamento dell’esplosione deve essere in grado di fornire lasua funzione principale oltre a resistere alle sollecitazioni di pressione e tem-peratura sviluppatesi all’interno del sistema.

A tal fine i sistemi sono sottoposti alle seguenti prove:• prova di resistenza alla pressione (la prova è condotta secondo i criteri

della EN 14460 e della EN 13445);• prova di resistenza alla fiamma;• prova funzionale.

La prova funzionale ha l’obiettivo principale di determinare la distanzamassima/minima di installazione del dispositivo di isolamento in relazioneai metodi di rilevazione utilizzati.

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188 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Si veda in proposito la figura 2 per avere un’idea degli ordini di grandez-za riscontrabili nella pratica industriale.

In questi sistemi una particolare attenzione viene rivolta alle apparecchia-ture di controllo. In particolare, appropriate misure e tecnologie saranno usa-te per prevenire l’occorrenza di guasti durante la progettazione e lo sviluppodell’hardware ed il software.

Possono essere considerati standard specifici quali l’IEC 61508 e 61511.Il sistema di isolamento dalle esplosioni costruito e immesso sul mercato

da un fabbricante risulta un prodotto rientrante nella definizione di sistemadi protezione di cui all’art. 1, paragrafo 3(b).

Come tutti i prodotti disciplinati dalla direttiva 94/9/CE, anche questi si-stemi dovranno essere corredati di manuale d’uso e manutenzione e dellamarcatura CE.

La marcatura del sistema deve (con riferimenti diretti o indiretti) include-re informazioni relative a tutte le parti costituenti il sistema ovvero:

• rilevatori/sensori;• barriere estinguenti;• valvole di isolamento/rotative;• unità di controllo;• altro.

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19. SISTEMI DI ISOLAMENTO DELL’ESPLOSIONE 189

Figura 1Esempi di sistemi di isolamento dell’esplosione

1 Le figure sono tratte da NFPA 654, Standard for the Prevention of Fire and Dust Explosionsfrom the Manufacturing, Processing, and Handling of Combustible Particulate Solids, 2000

Esempio di isolamento del-la deflagrazione tramite a -zione meccanica1.

Esempio di isolamento del-la deflagrazione tramite a -zione deviazione di flusso(diverter).

Esempio di isolamento del-la deflagrazione tramite iso -lamento chimico.

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190 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Figura 2Distanza minima (orientativa) tra contenitore sede di esplosione

e valvola di sezionamento

Diametro Custodia Esplosione Esplosionevalvola resistente ventata ventataad azione all’esplosione attraverso senzarapida condotti di condotti di

scarico scarico

Pred = 9 bar Pred = 3-4 bar Pred = 1 bar

100 5 4 3

400 9 6 5

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Capitolo 20La sicurezza funzionale

20.1 Generalità sulle norme IEC 61508 IEC 61511

La norma IEC 61508 fornisce i criteri ed i requisiti per la realizzazione e lagestione dei sistemi elettrici ed elettronici programmabili (E/E/PE) che de-vono garantire, in un determinato orizzonte temporale, determinati livelli diSicurezza Funzionale (Safety-related systems) per la protezione contro eventidannosi.

La norma IEC 61511 riguarda, in particolare, il progetto e la gestione dellastrumentazione di processo.

Le norme, costituiscono una “regola dell’arte”, ma non rivestono caratte-re di obbligatorietà.

Ambedue le norme si inquadrano in un’ottica di riduzione del rischio diun impianto dalla fase di “idea” fino al progetto del sistema E/E/PE attra-verso l’utilizzo di barriere di sicurezza tecniche ed organizzative la cui effi-cienza deve essere garantita nel tempo in modalità più o meno stringenti infunzione del livello di “affidabilità” (SIL) che esse devono assicurare.

L’aspetto tecnico delle norme richiede competenze professionali in diver-se discipline, fra cui quella dell’analisi di affidabilità e dell’analisi del rischio,quest’ultima, tuttavia, non oggetto delle norme.

Non è, altresì, oggetto delle norme la trattazione degli aspetti organizzati-vi della gestione della sicurezza funzionale, né la specificazione degli obietti-vi di sicurezza.

È d’altra parte evidente che nello schema del ciclo di vita, deve essere te-nuto conto della fase di esercizio dell’impianto, quindi di tutte le procedureche devono essere disponibili per assicurare nel tempo la suaccennata sicu-rezza ed il monitoraggio delle eventuali anomalie che possono essere riscon-trate durate le previste verifiche periodiche di efficienza dei sistemi di prote-zione in particolare, a fronte dei requisiti di progetto dei sistemi preposti.

20.2 Applicazione della sicurezza funzionale alle funzionidi sicurezza contro le esplosioni

Generalmente la sicurezza d’impianto è attuata mediante un insieme difunzioni di sicurezza implementate attraverso una tecnologia di tipo tradi-zionale quali ad esempio funzioni di tipo meccanico, idraulico, pneumatico,elettrico, elettronico.

Si vanno sempre più affermando applicazioni di sicurezza basate su siste-

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192 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

mi del tipo a logica programmabile (Programmable Electronic Systems, PES)implementate secondo gli standard IEC IEC 61508, IEC 61511.

Questo avviene anche nell’ambito delle misure di prevenzione e protezio-ne delle apparecchiature e/o impianti operanti in aree con pericolo di esplo-sione.

In questo ambito, l’attenzione viene rivolta ai dispositivi di sicurezza, con-trollo e regolazione di cui all’ art. 1, paragrafo 2 della direttiva 94/9/CE ov-vero a quei particolari dispositivi utili o necessari per il funzionamento sicu-ro delle apparecchiature ai fini dell’esplosione e destinati ad essere utilizzatial di fuori di atmosfere potenzialmente esplosive.

In realtà gli stessi concetti sono rivolti anche ai sistemi di protezione di cuiall’art. 1, paragrafo 3(b) quando questi, nell’ambito della loro progettazione,adottano catene di controllo rientranti nell’ambito della concezione deglistandard citati.

In questa logica potremmo definire come dispositivo di sicurezza: «un di-spositivo che, nell’ambito delle misure di prevenzione e protezione contro leesplosioni, fornisce una funzione di sicurezza indipendentemente dalle fun-zioni di controllo e monitoraggio relativi al normale esercizio dell’apparec-chiatura sotto controllo (equipment under control)».

Nella logica degli standard IEC 61508 e IEC 61511, un dispositivo di sicu-rezza può essere costituito da uno o più componenti che formano un sistemastrumentato di sicurezza (i cosiddetti Safety Instrumented System - SIS).

Un sistema strumentato di sicurezza può quindi essere visto come un si-stema che realizza le funzioni di sicurezza necessarie a garantire la sicurezzadell’Equipment Under Control.

La funzione di sicurezza risulta quindi come la capacità di un sistema disicurezza di eseguire le azioni necessarie per portare l’apparecchiatura sottocontrollo (EUC) in uno stato sicuro o di mantenere l’apparecchiatura in unostato sicuro sotto controllo.

Le norme introducono il concetto dell’integrità di sicurezza (safety integri-tà) ovvero «la probabilità media per cui un sistema strumentato di sicurezzaesegue in maniera soddisfacente le funzioni strumentate di sicurezza richie-ste, in tutte le condizioni e nel periodo di tempo specificati».

È importante fare una distinzione tra il rischio d’impianto ed integrità deisistemi.

Il rischio d’impianto è una misura della probabilità con la quale si verificaun dato evento, associata agli effetti di tale evento.

L’integrità dei sistemi vale invece esclusivamente per quanto riguarda isistemi di sicurezza ed è la probabilità con la quale un sistema adempie allasua funzione.

Una volta stabilito il livello di sicurezza d’impianto e stimato il necessario

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 193

contenimento del rischio, si potrà procedere alla valutazione dei requisiti diintegrità del sistema che assolve a funzioni di sicurezza.

Unitamente all’integrità, viene introdotto il concetto di SIL (Safety Inte -grity Level), ovvero il livello di integrità richiesto ad un sistema strumentatodi sicurezza (SIS).

La classe del SIL indica la probabilità di failure on demand che il SIS devesoddisfare.

Ad ogni SIL viene associato un indice probabilistico denominato PFD,Probability of Failure on Demand, che quantifica la probabilità di guasto1.

Secondo la IEC 61508 e la IEC 61511, un sistema di sicurezza comprendetutto l’hardware, il software e i supporti necessari a realizzare le funzioni disicurezza desiderate.

Una persona, ad esempio, può far parte di un sistema di sicurezza. Come già affermato, in molte situazioni la sicurezza è raggiunta tramite la

combinazione di safety-related systems in base a distinte tecnologie (ad esem-pio elettrica, elettronica, programmabile, meccanica, idraulica, pneumaticaecc).

Quindi, una strategia generale di sicurezza deve prendere in considera-zione tutti i safety-related systems al fine di garantire che il rischio sia ridottoad un livello accettabile.

Questo è schematicamente riportato in figura 1 seguente.

Figura 1

1 Nella determinazione dell’integrità di sicurezza, bisogna tenere in considerazione tut-te le cause di guasto (sia i guasti casuali dell’hardware, sia i guasti sistematici) che condu-cono ad uno stato di non sicurezza; ad esempio, i guasti dell’hardware, i guasti del softwa-re inclusi i guasti prodotti da inferenze elettriche. Alcuni di questi tipi di guasti, in partico-lare i guasti casuali dell’hardware, possono essere quantificati con l’aiuto di misure come iltasso di guasto o la probabilità di guasto di funzionamento su domanda di una funzionestrumentata di sicurezza. Ad ogni modo, l’integrità di sicurezza di un SIF dipende anche dadiversi fattori, che non possono essere precisamente quantificati, ma semplicemente consi-derati da un punto di vista qualitativo.

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194 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il livello più elevato di integrità di un sistema di sicurezza che può essererichiesto in una data applicazione è, dal punto di vista progettuale limitatodalla tolleranza ai guasti dell’hardware del sistema che realizza quell’appli-cazione di sicurezza.

Secondo gli standard IEC 61508-61511, la tolleranza al guasto dell’har-dware (Hardware Fault Tolerance) viene definita come il numero di guasti in-dipendenti, che possono accadere nel dispositivo di sicurezza, senza la per-dita della funzione di sicurezza.

La Hardware Fault Tolerance non deve essere confusa con la tolleranza alguasto FT riferita alla possibilità di insorgenza di innesco in termini di appa-recchiature nell’ambito della direttiva 94/9/CE – ATEX.

20.3 La tolleranza al guasto nella direttiva 94/9/CE

La direttiva 94/9/CE non esplicita chiaramente un criterio di tolleranza alguasto anche se le definizioni delle categorie delle apparecchiature possonocondurre ad un criterio di tolleranza al guasto.

Nell’ottica della direttiva 94/9/CE, la tolleranza al guasto FT (riferita allasorgente di innesco) viene definita come il numero di guasti indipendenti, ri-tenuti ammissibili senza che la sorgente di innesco diventi efficace (in una si-tuazione priva di sistemi di protezione o dispositivi).

Se la FT = n la sorgente di innesco diventa efficace con n+1 guasti. Ad esem-pio per un FT=0, un singolo guasto può condurre ad innescare l’atmosfera.

Si possono stabilire i seguenti requisiti relativi alle categorie delle appa-recchiature:

• categoria 1: devono essere evitate sorgenti di innesco che possono presen-tarsi in situazioni molto rare, e.g. due malfunzionamenti indipendenti oun raro malfunzionamento. È richiesta una FT 2 per la protezione control’esplosione;

• categoria 2: devono essere evitate sorgenti di innesco, che possono veri-ficarsi in casi rari, ad esempio a seguito di malfunzionamenti (aspettati)di apparecchiature. È richiesta una FT 1 per la protezione contro le esplo-sioni;

• categoria 3: devono essere evitate sorgenti di innesco, che possono verifi-carsi continuamente o spesso, cioè possono diventare efficaci durante ilnormale funzionamento delle attrezzature. Non vi è alcun requisito di tolle-ranza al guasto per le attrezzature di categoria 3, vale a dire FT 0.

Nella metodologia proposta, la FT= -1 viene assegnata se una sorgente diinnesco non è causata da un guasto (ad esempio nel caso di una sorgente diinnesco intrinseca durante il normale esercizio) oppure se la presenza dellasorgente di innesco e la formazione di un’atmosfera esplosiva hanno unacausa comune.

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 195

In questo modo viene realizzata una correlazione tra la categoria dell’ap-parecchiatura e la sua tolleranza al guasto (intesa con riferimento all’insor-genza di una sorgente di innesco).

Nella tabella 1 viene proposta la corrispondenza minima richiesta tra le ca-tegorie richieste per le apparecchiature del gruppo II della direttiva 94/9/CEed il livello di integrità di sicurezza necessario degli eventuali dispositivi di si-curezza adottati per mantenere l’EUC in condizioni di sicurezza.

20.4 Implementazione delle funzioni di sicurezza

Al fine di determinare in termini quantitativi la PFD attuabile da un siste-ma strumentato di sicurezza occorre definire una serie di parametri utili allametodologia di calcolo da attuare.

20.5 Guasti

Pericoli possono derivare da guasti all’hardware o dal software. In generevengono indicati come guasti all’hardware i guasti di natura fisica che gene-ralmente sono dovuti ad eventi casuali.

Questi guasti generalmente sono quelli che coinvolgono le funzioni ope-rative di elementi quali connessioni elettriche/elettroniche, cavi, sensori, si-stemi di alimentazione, solenoidi, valvole, attuatori ecc.

Vengono invece indicati come guasti al software i guasti derivanti da er-rori di natura sistematica o funzionale.

I guasti sistematici sono anche conosciuti come guasti funzionali. Questi guasti includono errori di progettazione hardware e software, er-

rori compiuti durante la manutenzione/riparazione, errori degli operatori eerrori dovuti alle modifiche del software.

Area pericolosa Zona 0 Zona 1 Zona 2Zona 20 Zona 21 Zona 22

Tolleranza alguasto di EUC 2 1 0 1 0 -1(a) 0(b) -1SIL dispositivodi sicurezza SD - SIL 1 SIL 2 SIL 1 SIL 2 - SIL 1CategoriaapparecchiocombinatoEUC+SD 1 2 3

a) -1 viene assegnato se una sorgente di innesco non è causata da un guasto (ad esem-pio nel caso di una sorgente di innesco intrinseca durante il normale esercizio) oppu-re se la presenza della sorgente di innesco e la formazione di un’atmosfera esplosivahanno una causa comune.

b) 0 indica l’EUC viene considerata sicura nel normale esercizio in zona 2/22 senza di-spositivi di sicurezza specifici per la protezione contro l’esplosione.

Tabella 1

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196 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il 90% dei guasti sistematici sono dovuti agli errori di progettazione e aglierrori compiuti durante la manutenzione/riparazione.

In tabella 2 viene riportata una classificazione dei guasti.

20.6 Ratei dei guasti casuali (hardware)

Questi guasti sono generalmente classificati come:• guasti sicuri (per i quali è mantenuta la funzione di sicurezza); • guasti pericolosi (per i quali non è mantenuta la funzione di sicurezza).

Un guasto pericoloso avviene quando il sistema di sicurezza non è in gra-do di eseguire la sua funzione quando questa è richiesta.

A loro volta i guasti possono essere rivelati o non rilevati dal sistema stes-so per cui questi guasti sono classificati in 4 modi di guasto con i rispettivi ra-tei di guasto, i quali rappresentano la somma dei tassi di guasto di tutti icomponenti che conducono allo stesso modo di guasto:• guasti rilevabili (durante il normale esercizio); • guasti non rilevabili (durante il normale esercizio);• guasti sicuri (per i quali è mantenuta la funzione di sicurezza); • guasti pericolosi (per i quali non è mantenuta la funzione di sicurezza).

Il tasso di guasto totale è dato da:

λTOT = λSU + λSD + λDU + λDD

FailuresRandom Hardware Failures Systematic Failures

Rottura di cavi Errori progettualiContatti corrosi Errori degli operatoriCircuiti aperti Riparazioni/sostituzioniCorto circuiti Buchi del software

Componenti logorati Errori di managementGuasti dielettrici Errori di sistemaDifetti meccanici

Tabella 2

Modi di guasto Guasti rilevabili Guasti non rilevabili

Guasti sicuri

Guasto pericolosi

SD = safe, detected – DU = dangerous, undetected

λ λDU DU

i

n

i==

∑1

( )λ λDD DD

i

n

i==

∑1

( )

λ λSU SU

i

n

i==

∑1

( )λ λSD SD

i

n

i==

∑1

( )

Tabella 3

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 197

Il tempo medio tra i guasti è dato da:

La probabilità di ogni modalità di guasto deve essere determinata sullabase della probabilità dell’avaria, o delle avarie associate, considerando l’usoprevisto, e può essere derivata da fonti quali:

a) dati affidabili sui tassi di guasti raccolti da esperienze in campo dei co-struttori relativi all’uso previsto;

b) dati sui guasti dei componenti provenienti da una fonte di settore ricono-sciuta e relativi all’uso previsto;

c) dati sul tasso di guasto derivati dai risultati di prove e analisi.

Generalmente, i dati derivanti da banche dati specificano i valori che pos-sono essere attesi sotto le condizioni medie ambientali.

Si indicano alcune fonti di database esistenti:

• Offshore Reliability Data (OREDA) [SINTEF 1997];• Reliability Data for Control and Safety Systems [SINTEF 1989];• Nonelectronic Parts Reliability Data [Reliability Analysis Center 1995];• Safety Equipment Reliability Handbook [exida.com 2003];• www.ntnu.no/ross/info/data.php [Norwegian University of Science and

Technology 2005].

20.7 Cause comuni di guasto

I fattori di guasto comune possono esistere in caso di canali multiplo o aridondanza. I guasti di modo comune avvengono quando un singolo guastoconduce altri componenti a fallire. Ad esempio, in un sistema di tre sensorianalogici alimentato dalla stessa fonte di energia, ci sarà un guasto di modocomune dovuto al guasto dell’alimentazione nonostante la ridondanza deitre sensori.

I guasti di modo comune possono derivare da guasti sistematici quali er-rori umani, da guasti casuali hardware o da una combinazione di essi.

L’allegato D della norma IEC 61508–6 presenta una metodologia per laquantificazione dei guasti di modo comune introducendo l’uso del cosiddet-to β-factor.

Per un approccio semplificato si veda il successivo paragrafo 20.15.

MTBFTOT

=1

λ

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198 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

20.8 Safe Failure Fraction (SFF)

La frazione di guasto sicuro rappresenta la percentuale dei guasti sicuririspetto alla totalità dei guasti determinabili.

È definita secondo la:

La stima presuppone la determinazione dei ratei elementari di ogni sotto-sistema per determinare tutte le avarie relative e le corrispondenti modalitàdi guasto.

20.9 Hardware Fault Tolerance (HFT)

La Hardware Fault Tolerance è definita come il numero di guasti indipen-denti, che possono accadere nel dispositivo di sicurezza, senza la perdita del-la funzione di sicurezza.

Se la HFT= n la funzione di sicurezza è perduta con n+1 guasti. Ad e -sempio per un dispositivo con architettura a singolo canale conforme aHFT= 0, un singolo guasto può condurre alla perdita della funzione di si-curezza.

20.10 Requisiti dei SIL

Per le funzioni di sicurezza implementate attraverso la tecnologia dei SIS,ci sono tre principali tipi di requisiti che devono essere eseguiti al fine di rag-giungere un dato SIL:

• un requisito quantitativo espresso dalla probabilità di guasto su domandao alternativamente come probabilità di guasto pericoloso per ora;

• un requisito qualitativo, espresso in termini di architettura dei sottosiste-mi costituenti la funzione di sicurezza;

• requisiti relativi alle tecniche da usare per evitare e controllare i guasti si-stematici;

20.11 Requisiti quantitativi

La IEC 61508 si applica sia ai sistemi operanti on demand sia ai sistemi ope-ranti continuamente al fine di mantenere uno stato sicuro.

In tabella 4 viene riportata la corrispondenza tra il SIL e la probabilità diguasto richiesta.

Si deve notare che i requisiti dei SIL si riferiscono alla funzione di sicurez-za completa (sensori di campo, logic solver ed elementi finali).

SFF SD SU DD

TOT

=+ +λ λ λ

λ

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 199

20.12 Vincoli dell’architettura

I vincoli dell’architettura sull’integrità della sicurezza dell’hardware safetyintegrity sono dati in termini dei tre parametri seguenti:

• la tolleranza al guasto dell’hardware del sottosistema;• la frazione di guasto che può essere considerato “sicuro” in quanto rileva-

to da test diagnostici oppure perché non causa la perdita di sicurezza;• rispondenza del sottosistema al tipo A o al tipo B2.

I vincoli dell’architettura per i diversi SIL sono riportati nelle tabelle 5 e 6.3

Safety Probabilità media di guasto Probabilità di guastoIntegrity pericoloso – PFDavg pericoloso per ora – PFHLevel Low Demand Continuous / High Demand

Mode of Operation Mode of Operation4 10-5 ≤ PFD < 10-4 10-9 ≤ PFH < 10-8

3 10-4 ≤ PFD < 10-3 10-8 ≤ PFH < 10-7

2 10-3 ≤ PFD < 10-2 10-7 ≤ PFH < 10-6

1 10-2 ≤ PFD < 10-1 10-6 ≤ PFH < 10-5

Tabella 4Requisiti quantitativi per le funzioni di sicurezza

SFF Hardware fault tolerance0 1 2

< 60 % SIL1 SIL2 SIL360 % - 90 % SIL2 SIL3 SIL490 % - 99 % SIL3 SIL4 SIL4> 99 % SIL3 SIL4 SIL4

Tabella 5Hardware safety integrity: vincoli dell’architettura su sottosistemi di tipo A4 (rif. IEC 61508-2, Tabella 2)

2 Per i sottosistemi di tipo A tutti i possibili modi di guasto possono essere determinatiper tutti i componenti costituenti, mentre i sottosistemi di tipo B il comportamento in con-dizioni di guasto non può essere completamente determinato per almeno un componente(e.g. a logic solver).

3 Nelle condizioni del punto 11.4.4 della EN 61511-1 (e.g. prior use reliability data, re-stricted and protected parameter adjustment, SIL < 4), la SFF specificata in Tabella può es-sere ridotta di un livello.

4 Un sottosistema di Tipo A è un sistema basato su una tecnologia analogica.

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200 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

20.13 Determinazione dei SIL (Safety Integrity Level) dell’hardware

Nell’identificazione del SIL di un dispositivo, i seguenti parametri sarannodeterminati rispetto all’architettura e ai tassi di guasto valutati nella FMEA:

a) PFD: Probabilità di guasto su richiesta o PFH;

b) SFF: Safe Failure Fraction;

c) HFT: Hardware Fault Tolerance.

20.14 Probabilità di guasto su richiesta (PFD)

La determinazione della PFD dipende dall’architettura del dispositivo disicurezza. Le norme EN 61508 / EN 61511 forniscono appropriate misure perdeterminare questi parametri.

Per un dispositivo a singolo canale, ad esempio la PFDavg può essere cal-colata con6:

dove λDU = probabilità totale di guasto pericoloso non rivelato;T= intervallo di tempo per il ricontrollo (proof test interval);

PFD T MTTRavg DU DD= ⋅ ⋅ + ⋅12

λ λ

5 Un sottosistema di Tipo B è un sistema basato su uno o più moduli programmabili (adesempio sensori dotati di microprocessori, controllori a logica programmabile ecc).

6 Per un singolo modo di guasto pericoloso λ = λDU e la probabilità di guasto è data da:

la probabilità media di guasto è data da:

PFDT

PFD t dtT

avg

TDU= ( ) ⋅ =

⋅∫

120

λ

PFD t e tDU tDU( ) = − ≅ ⋅− ⋅1 λ λ

SFF Hardware fault tolerance0 1 2

< 60 % mot allowed SIL1 SIL260 % - 90 % SIL1 SIL2 SIL390 % - 99 % SIL2 SIL3 SIL4> 99 % SIL3 SIL4 SIL4

Tabella 6Hardware safety integrity: vincoli dell’architetturasu sottosistemi di tipo B5 (rif. IEC 61508-2, Tabella 3)

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 201

Per dispositivi multi-canale (e.g. 1oo2 architecture) devono essere applica-ti modelli di calcolo appropriati quali quelli tipo Markov [IEC 61508-7].

Le equazioni semplificate, prive del termine dei guasti multipli durante leriparazione, cause comuni di guasto ed errori sistematici si riducono alle se-guenti:

1oo1

1oo2

1oo3

2oo2

2oo3

2oo4

20.15 Probabilità di guasto su richiesta (PFD) e cause comuni diguasto

Un approccio semplificato può essere mostrato riferendosi al caso di unsistema costituito da due valvole in serie secondo un’architettura 1oo2, e al100% di test come mostrato in figura 2:

Durante il normale esercizio entrambe le valvole sono aperte. In questo si-stema il guasto di modo comune ha un peso sul calcolo della PFDavg.

Il suo contributo viene esplicitato tramite il β-factor:

Il tasso di guasto totale è dato da:

λ = λI + λCOMMON = λI + βλSINGOLA

con:

βλ

λ=

COMMON

SINGOLA VALVOLA

PFD Tavg DU= ( ) × ( )λ 3 3

PFD Tavg DU= ( ) ×λ 2 2

PFD Tavg DU= ×λ

PFDT

avg

DU=

( ) ×⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

λ 3 3

4

PFDT

avg

DU=

( ) ×⎡⎣⎢

⎤⎦⎥

λ 2 2

3

PFDT

avg DU= ×λ2

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202 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

λI = tasso di guasto della valvola indipendente dalla causa commune diguasto

Risulta quindi:

20.16 Failure Mode and Effects Analysis (FMEA)

In questa analisi vengono valutati tutti i guasti dei componenti rilevanti ai fi-ni della sicurezza nonché il loro effetto sulle funzioni di sicurezza del sistema.

Alcuni guasti possono essere esclusi dalle considerazioni della FMEA se icomponenti a cui essi si riferiscono risultano conformi a norme armonizzatespecifiche (EN 60079-0 ecc).

La FMEA viene in genere svolta a livello di sottosistema della catena di si-curezza e nell’ambito di ciascun sottosistema devono essere valutati tutti ipossibili modi di guasto.

I singoli componenti, a seguito del loro stato di guasto, possono avere di-versi effetti sul dispositivo di sicurezza in esame.

Nella determinazione del tasso di guasto dell’hardware condotto tramitela tecnica FMEA, deve essere valutato l’effetto di ciascun guasto sul sistema.Se l’effetto del guasto non può essere valutato allora il guasto deve conside-rarsi come pericoloso.

I risultati di una FMEA devono essere documentati.

20.17 Verifica del SIL

La verifica del SIL dipende dal calcolo della PFD che a sua volta dipende da:

• scelta della tecnologia;• architettura;• diagnostica;• guasti sistematici;• guasti di modo comune;

PFDT T

avg

I DUSINGOLA=

( ) ×⎡⎣⎢

⎤⎦⎥ +

⋅ ⋅−λ β λ2 2

3 2

Figura 2

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 203

• intervallo di test;• manutenzione.

Per la verifica risulta utile ridurre il sistema in esame ad un sistema ele-mentare a tre elementi di figura 3:

• sensore (S);• logic solver (L);• elemento finale (FE).

Avremo quindi:

PFDavg = PFDsys = PFDS +PFDLS + PFDFE

EsempiEsempio n. 1Consideriamo un interruttore di sgancio che attua l’interruzione di linea

principale tramite una logica a PLC come mostrato in figura 4.

Il sistema può astrattamente essere considerato come:• sensore = interruttore di sgancio;

Figura 3

Figura 4

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204 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• logic solver = PLC;• elemento finale = interruttore di linea.

Questo sistema semplice può essere considerato un sistema ad architettu-ra 1oo1, così non vengono considerate cause comuni di guasto.

Nessun dei componenti risulta avere una diagnostica per cui i guasti (siapericolosi che sicuri) non verranno rivelati.

Si considerano i seguenti dati di input:

MTTR = 4 ore;intervallo di prova T = 8.760 ore;copertura diagnostica DC = 0.

Parametri dell’interruttore di sgancio:λ = 1 × 10-6;λS = 0,2 × 10-6 - il 20% dei guasti sono sicuri (l’interruttore si guasta in

apertura);λD = 0,8 × 10-6 – l’80% dei guasti sono pericolosi (l’interruttore si guasta in

chiusura);λDD = 0;Stato normale = chiuso.

Parametri del PLC:λ = 3,8 × 10-6;λS = 2,1128 × 10-6 - il 55,6% dei guasti sono sicuri; λD = 1,6872 × 10-6 – il 44,4% dei guasti sono pericolosi.

La diagnostica copre il 35% dei guasti pericolosi per cui avremo:λDU = 0,59 × 10-6;λDD = 1,096 × 10-6.

Parametri dell’interruttore di linea:λ = 1,5 × 10-6;λS = 1,38 × 10-6 - il 92% dei guasti sono sicuri (l’interruttore si guasta in

apertura);λD = 0,12 × 10-6 – l’8% dei guasti sono pericolosi (l’interruttore si guasta in

chiusura);λDD = 0.

I risultati della FMEA sono riportati in tabella 77:

7 Si deve notare che in questo esempio la prestazione umana è critica per l’affidabilitàdel sistema in quanto la persona che aziona il pulsante risulta essere parte del sistemastesso.

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 205

Verifica del SILPer la verifica del SIL si possono adottare le formule semplificate sopra ri-

portate:

per l’interruttore:

In modo analogo per gli altri componenti così come riepilogato in tabella8.

tabella 20.7

Risultato:Una PFDavg = 4,03x10-3 segue i requisiti per un SIL pari a 2.

SFF SD SU DD

TOT

=+ +

= × =λ λ λ

λ0 21

100 20,

%

PFDT

avg DU= × = × −λ2

6 98 10 3,

Componente λ componente Modo di Percentuale Effetto del Ripartizione dei

( x10-6) guasto del modo guasto tassi di guasto

di guasto in tassi sicuro

e pericolosi

Sicuro Pericoloso λS λDU λDD DC

Interruttore 1 Circuito

aperto 20 1 0 0,2 0 0 0

Circuito

chiuso 80 0 1 0 0,8 0

PLC 3,8 Spec.ca 55,6 1 0 0,01 0 1,09 35

Spec.ca 44,4 0 1 0 0,59 0 65

Interruttore 1,5 Circuito

di linea aperto 92 1 0 1,38 0 0 0

Circuito

chiuso 8 0 1 0 0,12 0

Totale 1,59 0,92 0 0

Tabella 7

Componente λDU λDD λS λTOT T (h) MTTR (h) PFD PFDavg SFF% SIL

Interruttore 0,8 0 0,2 1 8760 4 6,98x10-3 3,50x10-3 20

Wire 0,001 0 0,01 0,011 8760 4 8,76x10-6 4,38x10-6 91

Interruttore 0,12 0 1,38 1,5 8760 4 1,05x10-3 5,26x10-4 92

di linea

Totale 0,92 1,59 1,59 2,51 8,04x10-3 4,03x10-3 63 2

Tabella 8

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206 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il vincolo all’architettura 1oo1 con una tolleranza al guasto pari a HFT = 0ed una SFF del 63% non limita il SIL calcolato quindi avremo SILsys pari a 2.

Esempio n. 2Consideriamo un sistema per l’interruzione dell’alimentazione di un mo-

tore elettrico a seguito dell’incremento di temperatura sopra un limite di so-glia determinato come mostrato in figura 5.

Il sistema può essere considerato come:sensore = sensore di temperatura;logic solver = relay;elemento finale = interruttore.Questo sistema semplice può essere considerato un sistema ad architettu-

ra 1oo1, così non vengono considerate cause comuni di guasto.Nessun dei componenti risulta avere una diagnostica per cui i guasti (sia

pericolosi che sicuri) non verranno rivelati. Si considerano i seguenti dati di input:

MTTR = 0 ore;Intervallo di prova T = 8.760 ore;Copertura diagnostica DC = 0.

Risultati della FMEA:

Parametri relativi al sensore di temperatura:λ = 5 × 10-9;architettura 1oo1;λS = 0 - 0% dei guasti sono sicuri; λD = 5 × 10-9 il 100% dei guasti sono pericolosi; λDD = 0.

Parametri relativi al relay:λ = 0,27 × 10-6;architettura 1oo1;

SFF SD SU DD

TOT

=+ +

=λ λ λ

λ0

Figura 5

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20. LA SICUREZZA FUNZIONALE 207

λS = 0,18 × 10-6 - il 66% dei guasti sono sicuri; λD = 0,09 × 10-6 – il 34% dei guasti sono pericolosi; λDD = 0.

Parametri relativi all’interruttore di blocco:

λ = 1,1 × 10-6;λS = 0,15 × 10-6 - il 13% dei guasti sono sicuri; λD = 0,95 × 10-6 – l’87 % dei guasti sono pericolosi; λDD = 0.

I risultati della FMEA sono riportati in tabella 9:

Verifica del SILPer la verifica del SIL si possono adottare le formule semplificate sopra ri-

portate:

Per il sensore di temperatura:

In modo analogo per gli altri componenti così come riepilogato in tabella 10:

Risultato:una PFDavg = 1,07x10-3 segue i requisiti per un SIL pari a 2.

SFF SD SU DD

TOT

=+ +

=λ λ λ

λ0

PFDT

avg DU= × = × −λ2

2 19 10 5,

Componente λ componente Modo di Percentuale Effetto del Ripartizione dei

( x10-6) guasto del modo guasto tassi di guasto

di guasto in tassi sicuri

e pericolosi

Sicuro Pericoloso λS λDU λDD DC

Sensore 0,005 0 0 0 0 0 0 0

100 0 1 0 0,005 0

Relay 0,27 66 1 0 0,18 0 0 0

34 0 1 0 0,09 0

Interruttore 1,1 13 1 0 0,95 0 0 0

di blocco 87 0 1 0 0,15 0

Totale 1,38 1,13 0,25 0 0

Tabella 9

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208 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il vincolo all’architettura 1oo1 con una tolleranza al guasto pari a HFT = 0ed una SFF pari al 82% non limita il SIL calcolato quindi avremo SILsys pari a 2.

Componente λDU λDD λS λTOT T (h) MTTR (h) PFD PFDavg SFF% SIL

Sensore 0,05 0 0 0,05 8760 0 4,38x10-5 2,19x10-5 0

di temperatura

Relay 0,09 0 0,18 0,27 8760 24 7,88x10-4 3,94x10-4 67

Interruttore 0,15 0 0,95 1,1 8760 0 1,31x10-3 6,57x10-4 86

di blocco

Totale 0,25 0 1,13 1,38 2,15x10-3 1,07x10-3 82 2

Tabella 10

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Capitolo 21Metodologia per la valutazione del rischio di impianto

21.1 Generalità

La metodologia di seguito esposta vuole essere una proposta di valuta-zione del rischio ATEX di tipo semplificata.

La metodologia rientra nella cosiddetta metodologia LOPA Layers ofProtection Analysis. Questa metodologia, che può essere considerata di tiposemi-quantitativo, tiene conto di alcuni fattori tipici dell’esplosione quali adesempio la probabilità che l’atmosfera esplosiva si verifichi, la probabilitàche le sorgenti di innesco siano presenti e che diventino efficaci, così come laPFD probability of failure on demand di eventuali mezzi di prevenzione e di at-tenuazione degli effetti dell’esplosione adottati. Il tutto viene applicato aparticolari scenari tipici dell’esplosione.

Ulteriori semplificazioni vengono introdotte nella considerazione dellavalutazione di apparecchiature (elettriche e non elettriche) costruite secondola direttiva di prodotto 94/9/CE.

A tal fine viene proposta un’analisi preliminare (I livello) che contemplala presenza di eventuali sorgenti di innesco associate alle apparecchiaturecommercializzate dopo il 30 giugno 2003 ed una successiva analisi (II livello)in cui sono considerati scenari derivanti da sorgenti di innesco non imputa-bili direttamente ad apparecchiature certificate (scariche elettrostatiche daprocesso, apparecchiature preesistenti ecc.).

La metodologia proposta risulta applicabile ad una larga parte di proces-si industriali in cui possono essere presenti atmosfere potenzialmente esplo-sive derivanti da gas, vapori, nebbie o polveri combustibili e consente unastima semplificata del rischio di esplosione applicabile quale supporto allaredazione del documento di protezione contro le esplosioni di cui al titolo XIdel Dlgs 9 aprile 2008 n. 81.

Laddove detta metodologia non garantisca risultati apprezzabili dovràessere associata alle valutazioni più onerose di tipo quantitativo.

La direttiva 99/92/CE obbliga il datore di lavoro ad adottare una serie diprovvedimenti dal punto di vista tecnico-organizzativo, formativo e infor-mativo, nonché sotto il profilo delle attrezzature di lavoro e dei dispositivi diprotezione individuale.

Il datore di lavoro, nell’assolvere gli obblighi di prevenzione e protezione,deve valutare i rischi specifici derivanti dalle atmosfere esplosive, tenendoconto almeno di:

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210 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• probabilità e durata della presenza di atmosfere esplosive;• probabilità della presenza, dell’attivazione e dell’efficacia di sorgenti di

innesco, comprese le scariche elettrostatiche;• caratteristiche dell’impianto, sostanze utilizzate, processo e loro possibili

interazioni;• entità degli effetti prevedibili.

Ad integrazione del documento di valutazione dei rischi di cui all’artico-lo 17 del Dlgs 9 aprile 2008 n. 81, il datore di lavoro provvede a elaborare e atenere aggiornato il «Documento sulla protezione contro le esplosioni” chedovrà precisare:

• che i rischi di esplosione sono stati individuati e valutati;• che saranno prese misure adeguate per raggiungere gli obiettivi della di-

rettiva;• quali sono i luoghi che sono stati classificati nelle zone di cui all’allegato

XLIX;• quali sono i luoghi in cui si applicano le prescrizioni minime di cui all’al-

legato L;• che i luoghi e le attrezzature di lavoro, compresi i dispositivi di allarme,

sono concepiti, impiegati e mantenuti in efficienza tenendo nel debitoconto la sicurezza;

• che sono stati adottati gli accorgimenti per l’impiego sicuro di attrezzatu-re di lavoro.

Le attrezzature e i luoghi di lavoro che comprendono aree in cui possonoformarsi atmosfere esplosive devono essere adeguati secondo quanto previ-sto nell’allegato L, parti A e B.

Il datore di lavoro deve ripartire in zone le aree in cui possono formarsiatmosfere esplosive.

L’allegato XLIX definisce sei diverse zone pericolose in funzione dello sta-to fisico della sostanza (gas/vapore/nebbia o polvere), della frequenza e du-rata della presenza di atmosfera esplosiva.

I fabbricanti di prodotti destinati a essere utilizzati in atmosfere esplosivedevono fornire tutti i particolari relativi ai gruppi e alle categorie per decide-re in quali zone potranno essere utilizzati i loro prodotti, anche se non po-tranno prevedere quali zone esisteranno.

Si deve comunque tener presente che tra le informazioni per l’uso (che iFabbricanti sono obbligati a fornire), figura anche l’indicazione, laddove ne-cessario, delle aree pericolose situate in prossimità dei dispositivi di scaricodella pressione (RES 1.0.6 dell’Allegato II, direttiva 94/9/CE).

In definitiva, la sicurezza dal rischio di esplosione può essere raggiuntaunicamente con il contributo, ed il reciproco scambio informativo, sia delfabbricante che dell’utilizzatore.

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 211

21.2 Definizione del rischio esplosione

Nell’ambito della fenomenologia dell’esplosione, il rischio viene usual-mente espresso con la:

Rn = PZONE x PIG x Sn x FSMn

dove:PZONE - rappresenta la probabilità della presenza di un’atmosfera esplo-

siva;PIG - rappresenta la probabilità della presenza di una sorgente di innesco

efficace;Sn - rappresenta la conseguenza (probabilità di danno) di una esplosione

in termini di danno umano, ambientale o alle cose;FSMn – rappresenta la probabilità di perdita delle eventuali misure di sicu-

rezza adottate.

21.3 Generalità sulla metodologia LOPA

La metodologia LOPA è una tecnica di analisi del rischio di tipo semi-quantitativo che viene applicata a seguito di un processo di analisi del peri-colo del tipo HAZOP.

L’impostazione di tipo semiquantitativo implica che la scelta dei parame-tri fondamentali del metodo avviene in maniera conservativa così da sovra-stimare il risultato finale in favore della sicurezza.

La metodologia viene rappresentata secondo il format riportato in tabel-la 1.

La severità della conseguenza viene stimata tramite appropriate tecnicheche possono essere, a seconda dei casi, semplici tabelle o sofisticati program-mi di modellistica delle conseguenze.

Una o più cause iniziatrici possono condurre alla conseguenza C; ciascu-na coppia causa-conseguenza viene chiamata “scenario”.

La metodologia LOPA focalizza uno scenario alla volta. Inizialmente vie-ne stimata la frequenza dell’evento iniziatore (anche attraverso l’utilizzo didati storici). Quindi ciascun livello di protezione viene identificato e valutatoin relazione alle proprie caratteristiche di mitigazione.

Severità Evento Frequenza Independent Protection Mitigazione FrequenzaConseguenza iniziatore Evento Layer (PFD) IPL Conseguenza

(causa) iniziatore (PFD) mitigata(1/yr)

Processo BCPS Operatore SIFallarme

Tabella 1

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212 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Si definisce Livello di Protezione Indipendente (IPL - Independent ProtectionLayer) un qualsiasi meccanismo indipendente, che riduce il rischio tramitecontrollo, prevenzione o mitigazione.

Una progettazione a prova di esplosione, un SIS relativo ad un dispositi-vo di sicurezza, un sistema di allarme, così come una procedura od un pianodi emergenza, possono costituire un IPL.

La metodologia LOPA conduce alla stima della probabilità della conse-guenza indesiderata attraverso la moltiplicazione della frequenza dell’even-to iniziatore e delle PFDs associate agli IPL individuati secondo la formulaseguente:

dove:frequenza per la conseguenza C dell’evento iniziatore i;

frequenza dell’evento iniziatore i;

probabilità di guasto su richiesta del j-mo IPL che protegge con-tro la conseguenza C per l’evento iniziatore i.

Spesso gli IPL includono delle funzioni strumentate di sicurezza SIF percui spesso si fa riferimento ai requisiti SIL secondo le norme IEC 61508, IEC61511 o ANSI/ISA 84.01 di cui al capitolo 20.

Una rappresentazione grafica è riportata in figura 1.

PFDiJ =

fiI =

fiC =

f f PFDiC

iI

ijj

J

= ⋅=

∏1

f f PFD PFD PFD PFDiC

iI

i i i iJ= ⋅ ⋅ ⋅ ⋅ ⋅1 2 3 .......

Figura 1

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 213

La valutazione del rischio esplosione tiene conto sia della stima della pro-babilità di formazione di una atmosfera esplosiva sia della stima della proba-bilità di presenza di una sorgente di innesco efficace.

La probabilità di formazione di una atmosfera esplosiva dipende dal gra-do di rilascio e può essere classificata in termini di “zone” secondo la normaEN 60079-10 (zone 0, 1, 2, 20, 21, 22).

La probabilità di presenza di una sorgente di innesco efficace può essereclassificata in termini di tolleranza al guasto.

21.4 La tolleranza al guasto nella direttiva 94/9/CE

La direttiva 94/9/CE non esplicita chiaramente un criterio di tolleranza alguasto anche se le definizioni delle categorie delle apparecchiature possonocondurre ad un criterio di tolleranza al guasto. In questo capitolo, la tolleran-za al guasto FT viene definita come il numero di guasti indipendenti, ritenu-ti ammissibili senza che la sorgente di innesco diventi efficace (in una situa-zione priva di sistemi di protezione o dispositivi)1.

Se la FT = n la sorgente di innesco diventa efficace con n+1 guasti. Ad esem-pio per un FT=0, un singolo guasto può condurre ad innescare l’atmosfera.

Si possono stabilire i seguenti requisiti relativi alle categorie delle appa-recchiature:

• categoria 1: devono essere evitate sorgenti di innesco che possono presen-tarsi in situazioni molto rare, e.g. due malfunzionamenti indipendenti oun raro malfunzionamento. È richiesta una FT 2 per la protezione control’esplosione;

• categoria 2: devono essere evitate sorgenti di innesco, che possono veri-ficarsi in casi rari, ad esempio a seguito di malfunzionamenti (aspettati)di apparecchiature. È richiesta una FT 1 per la protezione contro le esplo-sioni;

• categoria 3: devono essere evitate sorgenti di innesco, che possono ve-rificarsi continuamente o spesso, cioè possono diventare efficaci du-rante il normale funzionamento delle attrezzature. Non vi è alcun re-quisito di tolleranza al guasto per le attrezzature di categoria 3, vale adire FT 0.

Nella metodologia proposta, la FT= -1 viene assegnata se una sorgente diinnesco non è causata da un guasto (ad esempio nel caso di una sorgente diinnesco intrinseca durante il normale esercizio) oppure se la presenza dellasorgente di innesco e la formazione di un’atmosfera esplosiva hanno unacausa comune.

1 La Hardware Fault Tolerance considerata nelle norme IEC 61508 – 61511 non deve essereconfusa con la tolleranza al guasto FT riferita alla possibilità di insorgenza di innesco in ter-mini di apparecchiature nell’ambito della direttiva 94/9/CE – ATEX.

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214 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

In questo modo viene realizzata una correlazione tra la categoria dell’appa-recchiatura e la sua tolleranza al guasto (intesa con riferimento all’insorgenzadi una sorgente di innesco).

Nella tabella 2 viene proposta la corrispondenza minima richiesta tra lecategorie richieste per le apparecchiature del gruppo II della direttiva94/9/CE ed il livello di integrità di sicurezza necessario degli eventualidispositivi di sicurezza adottati per mantenere l’EUC in condizioni di si-curezza.

21.5 Valutazione del rischio di I livello

Questa valutazione viene estesa a:1. tutte le apparecchiature certificate secondo la direttiva 94/9/CE2;2. tutti i sistemi di prevenzione e protezione riconducibili alle misure previ-

ste dai requisiti minimi di sicurezza dell’allegato L - parte A del Dlgs 9aprile 2008, n. 81.

I sistemi di cui al punto 2 precedente sono spesso riconducibili a sistemi cheattuano funzioni strumentate di sicurezza secondo quanto visto al precedentecapitolo 20 ed a questi ci riferisce nell’applicazione dell’analisi descritta.

La valutazione deve essere applicata inoltre a ciascuno scenario indivi-duato da coppie di “zona pericolosa e sorgente di innesco”.

In questo quadro applicativo si può fare riferimento alla seguente tabella3 dove vengono associati agli elementi della colonna 1 i valori numerici rela-tivi a:• il grado di rilascio (che esprime una valutazione della zona pericolosa);

Area pericolosa Zona 0 Zona 1 Zona 2Zona 20 Zona 21 Zona 22

Tolleranza al guasto FT di EUC 2 1 0 1 0 -1(a) 0(b) -1

SIL dispositivodi sicurezza SD - SIL 1 SIL 2 SIL 1 SIL 2 - SIL 1

Categoriaapparecchiocombinato EUC+SD 1 2 3

a) -1 viene assegnato se una sorgente di innesco non è causata da un guasto (ad esempio nel casodi una sorgente di innesco intrinseca durante il normale esercizio) oppure se la presenza dellasorgente di innesco e la formazione di un’atmosfera esplosiva hanno una causa comune.

b) 0 indica l’EUC viene considerata sicura nel normale esercizio in zona 2/22 senza dispositivi di si-curezza specifici per la protezione contro l’esplosione.

Tabella 2

2 Le apparecchiature non certificate secondo la direttiva 94/9/CE perché preesistenti adessa devono essere valutate tramite l’analisi di II livello.

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 215

• la tolleranza al guasto FT (che esprime una valutazione dell’apparec-chiatura);

• il SIL associato all’eventuale IPL adottato (che esprima una valutazionedell’IPL stesso).

I possibili valori numerici sono indicati in colonna 3. L’obiettivo finale èquello di raggiungere una sommatoria Σi almeno par a 2.

21.5.1 Esempio

Consideriamo il sistema di figura 2 che rappresenta un contenitore al cuiinterno viene “lavorata” una polvere combustibile3; l’impianto è dotato diun sistema di soppressione ed isolamento dell’esplosione come quelli rap-presentati nei precedenti capitoli.

Gli scenari individuabili sono:1. atmosfera esplosiva interna al contenitore – innesco dovuto a scariche

elettrostatiche generate all’interno;2. atmosfera esplosiva interna al contenitore – innesco dovuto al sensore di

pressione interno.

Come detto la valutazione deve essere estesa a:

1 2 3Valutazione del rischio Probabilità/esplosione FrequenzaFormazione di atmosferaesplosiva (PUC1) Grado di rilascio 0, 1, 2IPL 1: prevenzione formazioneatmosfera esplosiva SIL 1, 2, 3Presenza di una sorgente diinnesco efficace (EUC2) FT -1, 0, 1, 2IPL 2: prevenzione dell’innescodell’atmosfera esplosiva SIL 1, 2, 3IPL 3: mitigazione degli effettidi danno dell’esplosione SIL 1, 2, 3

Σ (i) ≥ 2

1) PUC Process under control – si riferisce all’esercizio del processo in assenza di misu-re di prevenzione associate allo scenario.

2) EUC Equipment under control – si riferisce all’uso di apparecchiature nel funziona-mento nominale in assenza di misure di protezione associate allo scenario.

Tabella 3

3 Si fa riferimento ad esempio ad un filtro a maniche come pure ad un trituratore di pol-veri, ecc.

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216 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• tutte le apparecchiature certificate secondo la direttiva 94/9/CE4 che inquesto caso sono considerate:1. il contenitore sede di esplosione;2. il sensore di pressione interno;

• tutti i sistemi di prevenzione e protezione riconducibili alle misure previ-ste dai requisiti minimi di sicurezza dell’allegato L parte A del Dlgs 9 apri-le 2008, n. 81:– il sistema di soppressione formato da soppressori, unità di controllo.

In questa ipotesi si è considerato che il datore di lavoro che esegue la va-lutazione del rischio abbia acquistato i componenti certificati sopra descrittima abbia provveduto in proprio ad installare i singoli componenti costituen-ti il sistema di soppressione5.

Applicando la tabella 3 ai due scenari individuati avremo le seguenti si-tuazioni:

nello scenario n. 1 si considerano le possibili varianti descritte dalle colon-ne 3.1 e 3.2 di tabella 4 in cui si considera una tolleranza al guasto pari a -1 opari a 0 a seconda che la formazione della zona pericolosa interna e la sor-gente di innesco abbiano o meno una causa comune.

Si vede quindi che, affinché la valutazione abbia un buon esito, è necessa-rio che il SIL associato al sistema di soppressione dell’esplosione sia pari ri-spettivamente a 2 e 3 nei due casi.

Figura 5

4 Le apparecchiature non certificate secondo la direttiva 94/9/CE perché preesistenti adessa devono essere valutate tramite l’analisi di II livello.

5 In questo modo l’installazione deve essere eseguita nell’ambito della direttiva sociale.

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 217

Nello scenario n. 2 si vede in tabella 5 che la tolleranza al guasto richiestaal sensore di pressione deve essere pari a 2 il che implica l’utilizzo di un sen-sore certificato di categoria 1.

21.6 Valutazione del rischio di II livello

21.6.1 Probabilità di presenza di atmosfera esplosiva

Si è visto nel capitolo 9 come, facendo riferimento alle norme della serieEN-60079, vengono definite le zone per ciascuna sorgente di emissione e cia-scun grado di emissione.

1 – SCENARIO N.1 2 3.1 3.2Valutazione del rischio Probabilità/esplosione FrequenzaFormazione di atmosferaesplosiva (PUC1) Grado di rilascio 0 0IPL 1: prevenzione formazione atmosfera esplosiva SIL NA NAPresenza di una sorgentedi innesco efficace (EUC2) FT -1 0IPL 2: prevenzione dell’innescodell’atmosfera esplosiva SIL NA NAIPL 3: mitigazione degli effettidi danno dell’esplosione SIL 3 2

Σ (i) 2 2

Tabella 4

1 - SCENARIO N. 2 2 3Valutazione del rischio Probabilità/esplosione FrequenzaFormazione di atmosferaesplosiva (PUC1) Grado di rilascio 0IPL 1: prevenzione formazioneatmosfera esplosiva SIL NAPresenza di una sorgente diinnesco efficace (EUC2) FT 2IPL 2: prevenzione dell’innescodell’atmosfera esplosiva SIL NAIPL 3: mitigazione degli effettidi danno dell’esplosione SIL NA

Σ (i) 2

1) PUC Process under control – si riferisce all’esercizio del processo in assenza di misu-re di prevenzione associate allo scenario.

2) EUC Equipment under control – si riferisce all’uso di apparecchiature nel funziona-mento nominale in assenza di misure di protezione associate allo scenario.

Tabella 5

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218 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Secondo un approccio ti tipo probabilistico, il tipo di zona può essere de-finito facendo riferimento alla tabella 6.

Per ciascuna SE e tipo di zona considerato, la durata complessiva annua diatmosfera esplosiva è stabilita sommando i tempi di tutte le emissioni che han-no originato il tipo di zona in esame previste in un anno, oppure moltiplican-do il valore medio del tempo per il numero di emissioni previsto in un anno.

21.6.2 Probabilità di presenza di una sorgente di innesco

La valutazione della presenza di una sorgente di innesco e la quantifica-zione della possibilità che questa si verifichi (in un dato arco temporale), rap-presenta forse il punto maggiormente difficoltoso da eseguire nell’ambitodella valutazione del rischio esplosione.

Questo sia in relazione alla natura ed alla molteplicità delle possibili sor-genti di innesco individuabili sugli impianti industriali, sia alla difficoltàpratica di associare riferimenti puntuali e misurabili a molte di esse.

Si pensi ad esempio alla valutazione delle scariche elettrostatiche che nel-le loro molteplici forme intrducono una notevole casistica di valutazione.

A tal proposito si può fare riferimento al rapporto CENELEC 44001 peruna visione di insieme del fenomeno connesso alle scariche elettrostatichementre si rimanda al capitolo 13 per una valutazione specifica delle altreprincipali tipologie di sorgenti di innesco comunemente incontrate.

Si tenga presente che l’approccio riportato al capitolo 13 riguarda la valu-tazione di apparecchiature (elettriche e non elettriche) rientranti nell’ambitodi applicazione delle direttiva 94/9/CE e qundi commercializzate dopo il 30giugno 2003.

Secondo la metodologia qui riportata, per queste apparecchiature vieneapplicata l’analisi di I livello di cui al capitolo precedente.

La valutazione del rischio di cui alla direttiva 99/92/CE deve essere este-sa anche alle apparecchiature preesitenti alla 94/9/CE per le quali dovrannoconsiderarsi i seguenti punti:• definizione dell’uso previsto dell’apparecchiatura in esame anche in rela-

zione ad eventuali atmosfere esterne o interne al processo;• identificazione di tutte le possibili sorgenti di innesco.6

Zona Durata annua Probabilità atmosfera esplosiva Frequenza (1/yr)(h) in 1 anno (h/8760) LOPA

0 >1000 > 0,11 10-1 - 11 10 – 1000 1,1 x 10-3 – 0,11 10-2

2 < 10 < 1,1 x 10-3 10-3

Tabella 6

6 Anche trattandosi di apparecchiature preesistenti si può fare riferimento all’identifica-zione in base alla EN 1127-1

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 219

• stima della frequenza e della durata della presenza delle sorgenti indivi-duate.Al termine della valutazione risulta utile suddividere anche queste sor-

genti nelle tre categorie secondo lo schema riportato in tabella 7 seguente:

Si può ad esempio assegnare una categoria “Pre 1” alle apparecchiatureelettriche preesistenti del tipo a sicurezza intrinseca EExi.

Per quanto riguarda le apparecchiature non elettriche preesistenti si deveconsiderare che queste difficilmente risultano installate in zone 0 il che age-vola la valutazione.

21.6.3 Valutazione degli scenari di esplosione

Nella valutazione degli scenari di esplosione e nella pianificazione dellemisure di prevenzione e protezione, devono essere considerati tutti gli appa-recchi, sistemi di protezione, componenti e dispositivi ricadenti nella diretti-va specifica di prodotto (94/9/CE) sia le apparecchiature preesistenti all’en-trata in vigore della direttiva citata.

Devono essere considerate tutte le fasi della loro utilizzazione:• normale esercizio;• avviamento;• fermata;• manutenzione.

Compresi i malfunzionamenti e l’uso prevedibile.Il tipico scenario che si sviluppa a seguito di un rilascio è indicato in figu-

ra 3.

Categoria Descrizone Probabilità presenza Frequenza (1/yr)in 1 anno LOPA

Pre 3 Permanente fino a 1 1Pre 2 Occasionale 0,1 - 0,01 10-1

Pre 1 rara 0,01 - 0,001 10-3

Tabella 7

Figura 3

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220 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Nello sviluppo dello scenario vengono visualizzati i diversi IPL, Livelli diProtezione Indipendente, che possono essere adottati nell’ambito della pro-gettazione delle misure di prevenzione e protezione contro l’esplosione.

Questi possono essere così riassunti (vedi figura 4):

IPL1 - (B1) - Misure per il controllo della formazione di aree pericolose aseguito di rilasci:• utilizzo di sostanze non pericolose;• prevenzione dalle sorgenti di rilascio;• inertizzazione;• ventilazione;• procedure operative.

IPL3 - (B2) - Misure per il controllo della sorgente di innesco:• controllo dell’innesco di apparecchiature elettriche;• controllo dell’innesco di apparecchiature non elettriche;• misure per il controllo delle scariche elettrostatiche;• misure organizzative.

IPL2 - (B3) - Misure per il controllo del processo:• condizioni operative di sicurezza;• procedure di lavoro in sicurezza;

Figura 4

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 221

IPL4 - (B4 B5) – Misure di mitigazione degli effetti di esplosione:• SIS failure;• venting Sistemi di soppressione dell’esplosione;• resistenza all’esplosione;• sistemi di isolamento;• arrestatori di fiamma;• rivelatori di fiamma.

21.6.4 Frequenza dello scenario senza misure preventive FNS

La frequenza dello scenario “n” FNS in grado di provocare la conseguenzaCn può essere espressa come:

dove:

FZONE = frequenza della presenza di atmosfera esplosiva;PEFF = probabilità di presenza della sorgente di innesco;e “n” è lo scenario n-esimo.

21.6.5 Frequenza dello scenario con misure preventive FWS

La frequenza dello scenario “n” FWS con “j” misure preventive può essereespressa come:

dove:= frequenza dello scenario senza misure preventive;

= probabilità di guasto su richiesta del j-mo IPL che protegge con-tro la conseguenza Ci.

21.6.6 Severità dell’esplosione

La valutazione della severità di un’esplosione presuppone la definizionedelle condizioni ambientali in cui avviene l’esplosione in esame.

Ai fini delle nostre valutazioni si considerano le seguenti tipologie di con-dizioni ambientali:

1. l’esplosione avviene all’interno di serbatoi/contenitori privi di aperture eprotette tramite misure di contenimento;

2. l’esplosione avviene all’esterno di serbatoi/contenitori;3. l’esplosione avviene all’interno di serbatoi/contenitori protetti tramite si-

stemi di sfogo dell’esplosione.

PFDIPL

FNSn

F F PFDNSn

NSn

IPLjn

j

jn

= ⋅=

∑1

F F PNSn

ZONE EFFn= ⋅

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222 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Il caso n. 1 non viene qui considerato in quanto si presuppone che le strut-ture di contenimento siano certificate e/o valutate in modo che queste siano ingrado di resistere alle esplosioni interne. In questo modo non si consideranoeffetti dannosi ambientali tantomeno effetti dovuti a proiezioni di missili ecc.

Nei casi n. 2 e n. 3 si dovrà applicare una metodologia per stabilire sel’esplosione possa provocare effetti negativi che generalmente vengono as-sunti a seguito del superamento della soglia di sovrapressione di 0,07 bar en-tro una distanza di danno da stimarsi e suddivisibile in intervalli come di se-guito elencato7:• inferiore a 25 m;• compresa tra 25 e 55 m;• compresa tra 55 e 70;• superiore a 120 m.

Per il caso n. 2, si può fare riferimento al modello del TNT equivalenteovvero:• si valutano le dimensioni della nube infiammabile (concentrazione mino-

re di LEL) mediante un modello di dispersione;• si valuta la massa infiammabile nella nube;• si stima la quantità di TNT equivalente.

Si può quindi effettuare una categorizzazione delle conseguenze riferen-dosi all’energia immagazzinata nella nube esplosiva come riportato nella se-guente tabella 8.

Per il caso n. 3, si può fare riferimento a modelli specifici per la valutazio-ne delle distanze di danno a seguito di scarichi dell’esplosione attraverso si-stemi venting.

Si può quindi effettuare una categorizzazione delle conseguenze riferen-dosi all’energia immagazzinata nella nube esplosiva come riportato nella se-guente tabella 98.

7 Le distanze di danno proposte hanno un valore puramente indicativo.8 La tabella proposta vale per contenitori protetti con sistemi aventi Pred,max < 1.

Gruppo Classe della Severità della conseguenza - Ci

del gas polvere KSt Massa secondo il modello TNT equivalente [kg]

< 5 5 – 50 50 – 100 100 – 500 > 500IIA 1 I - II III IV V VIIB 2 II III – IV IV – V V VIIC 3 III IV V V V

Tabella 8

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21. METODOLOGIA PER LA VALUTAZIONE DEL RISCHIO DI IMPIANTO 223

21.6.7 Stima del livello di rischio

L’incrocio dei livelli calcolati della frequenza dello scenario e il livellodi conseguenza Ci permette di valutare il livello di rischio associato tramitela tabella 10 sottoriportata.

I livelli di rischio indicati come “NA” risultano non accettabili e richiedo-no misure aggiuntive a quelle determinate.

I livelli di rischio indicati come “A” risultano accettabili e non richiedonoulteriori misure aggiuntive.

I livelli di rischio indicati come “TA” richiedono azioni successive che po-tranno essere ricondotte a misure aggiuntive come nel caso precedente o aapprofondimento tramite valutazioni del rischio di tipo quantitativo.

FNSn

Gruppo Classe della Severità della conseguenza - Ci

del gas polvere KSt Volume del contenitore sede di esplosione [m3]

< 30 30 – 250 250 – 550 550 – 2500 > 2500IIA 1 I - II III IV V VIIB 2 II III – IV IV – V V VIIC 3 III IV V V V

Tabella 9

I II III IV V

1 – 10-1 TA TA NA NA NA

10-1 – 10-2 TA TA TA NA NA10-2 – 10-3 A TA TA TA NA10-3 – 10-4 A TA TA TA TA10-4 – 10-5 A A TA TA TA

10-5 – 10-6 A A A TA TA

Tabella 10

CiF

NSn

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Capitolo 22La marcatura CE dei prodotti Atex

22.1 Generalità

La marcatura CE è l’atto finale con cui il fabbricante afferma che il prodot-to in questione è stato fabbricato in conformità a tutte le disposizioni e a tut-ti i requisiti applicabili della direttiva 94/9/CE e che il prodotto è stato sotto-posto alle procedure di valutazione della conformità.

Quando un prodotto è soggetto a diverse direttive che prevedono la mar-catura CE, la marcatura finale indica che il prodotto è conforme a tutte le di-rettive ad esso applicabili.

La marcatura CE è obbligatoria e deve essere apposta prima dell’immis-sione sul mercato o della messa in servizio di qualunque apparecchio, siste-ma di protezione o dispositivo.

Ai sensi dell’articolo 8, paragrafo 3 della direttiva 94/9/CE, i componenti so-no esclusi da tale provvedimento. Anziché riportare la marcatura CE, i compo-nenti devono essere corredati di un attestato scritto, che ne dichiari la conformi-tà alle disposizioni della direttiva, specificandone le caratteristiche ed indican-done le condizioni di incorporamento negli apparecchi o sistemi di protezione.

Questa dichiarazione particolare si riferisce alla definizione dei compo-nenti come parti strutturali prive di funzione autonoma.

In base alla procedura di valutazione della conformità applicata, un organi-smo notificato può essere coinvolto nella fase della progettazione (AllegatoIII), nella fase della produzione (Allegati IV, V VI, VII IX) o in entrambe fasi. Ilnumero dell’identificazione dell’organismo notificato deve accompagnare lamarcatura CE se l’organismo è coinvolto nella fase di controllo di produzione.

È necessario evitare qualsiasi informazione ingannevole sulle attrezzatu-re, ad esempio il numero dell’organismo, dove questo non è previsto dalladirettiva (marcatura di attrezzature in categoria 3, ecc.).

La marcatura deve essere apposta in modo chiaro, visibile, leggibile ed in-delebile.

Oltre quanto indicato di seguito è necessario riferirsi alle norme tecnichearmonizzate dello specifico prodotto (se esistenti) per ulteriori prescrizioniparticolari di marcatura.

22.2 La marcatura CE di apparecchi

La marcatura degli apparecchi deve contenere almeno i seguenti elementi:• nome costruttore e indirizzo;

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226 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• identificazione del tipo, numero di serie e anno di costruzione;• simbolo CE sull’apparecchio indicante la conformità alla direttiva 94/9/CE;• numero di identificazione dell’organismo notificato coinvolto nella fase

di produzione;• simbolo esagonale della marcatura specifica della protezione contro l’e-

splosione ;• simbolo del gruppo e della categoria di appartenenza degli apparecchi

(M1 o M2 per il gruppo I, 1-2-3 per il gruppo II);• per gli apparecchi del gruppo II, l’indicazione del tipo di pericolo a cui è

dovuta la classificazione in zone ovvero gas (G) o polvere (D);• il simbolo per ciascun modo di protezione utilizzato (c,d,k, ... );• eventuale gruppo del gas: IIA, IIB, IIC o II seguito dal nome specifico del

gas;• classe di temperatura o la massima temperatura di superficie in °C o en-

trambe (se sono indicate entrambe, la classe di temperatura deve essereindicata fra parentesi);

• per le apparecchiature con temperatura superficiale superiore a 450 °Cdeve essere indicata solo la temperatura;

• la temperatura ambiente di funzionamento se diversa da: -20 +40 °C;• X (se necessario) ad indicare l’applicazione di condizioni specifiche come

specificato nel certificato.

Altre indicazioni (non obbligatorie):

• se è stato emesso un certificato: riferimento di chi lo ha emesso, anno di ri-lascio, numero del certificato;

• se non è stato emesso un certificato: numero di riferimento del fascicolotecnico del fabbricante.

22.3 Regole di marcatura CE per apparecchi

Nella marcatura di un prodotto non elettrico si devono inoltre considera-re le seguenti modalità di marcatura:

1. il gruppo dell’apparecchio non deve essere confuso con l’eventuale indi-cazione del gruppo del gas;

2. se la massima temperatura di superficie dipende non dall’apparecchio madalle condizioni di esercizio come ad esempio in un serbatoio contenenteun fluido riscaldato, questo deve essere chiaramente specificato nelleistruzione per l’uso dell’apparecchi;

3. se l’apparecchio è progettato per operare a confine tra diverse zone, ilsimbolo “/” separerà le caratteristiche di un lato dall’altro; generalmentesi indicano prima le caratteristiche del lato interno all’apparecchio;

4. se l’apparecchio è dotato di due modi di protezione indipendenti, la mar-catura deve essere indicata con il simbolo “ / “ tra le lettere corrisponden-

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22. LA MARCATURA CE DEI PRODOTTI ATEX 227

ti ai modi ad esempio c/k; se invece su parti diverse dell’apparecchio so-no utilizzati modi di protezione diversi l’indicazione sarà priva del sim-bolo “/”;

5. se una parte del prodotto non risponde ai RES in quanto non rientrantenel campo di applicazione della direttiva, l’indicazione ad essa relativadeve riportare il simbolo “ – “;

6. i dispositivi di cui all’art. 1.2 della direttiva, saranno marcati con l’indica-zione in parentesi della categoria dell’apparecchio a cui sono rivolti;

7. se la max. temperatura superficiale dell’apparecchio è superiore a 450 °C,si deve indicare la sola temperatura max. superficiale senza la classe ditemperatura.

La classe di temperatura è riportata nella seguente tabella 1:

22.4 La marcatura CE di sistemi di protezione

La direttiva non stabilisce una categoria per i sistemi di protezione confunzioni autonome.

Nel caso il sistema di protezione sia immesso sul mercato separatamenteda un apparecchio da proteggere (come sistema con funzioni autonome),verrà valutato come prodotto di categoria 1.

Nel caso il sistema di protezione venga immesso sul mercato come parteintegrante di un apparecchio, verrà valutato nel corso della valutazione del-la conformità dell’apparecchio nel quale sarà inserito, utilizzando le proce-dure previste dall’articolo 8.1 della direttiva 94/9/CE, in base al gruppo edalla categoria di appartenenza dell’apparecchio in questione. I sistemi di pro-tezione, in questo caso, non sono dotati di marcatura propria.

La marcatura dei sistemi di protezione deve contenere almeno i seguentielementi:

• nome costruttore e indirizzo;• identificazione del tipo, numero di serie e anno di costruzione; • simbolo CE sull’apparecchio indicante la conformità alla direttiva

94/9/CE;

Classe Massima temperaturadi temperatura di superficie (°C)T1 450T2 300T3 200T4 135T5 100T6 85

Tabella 1

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228 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

• numero di identificazione dell’organismo notificato coinvolto nella fasedi produzione;

• simbolo esagonale della marcatura specifica della protezione contro l’e-

splosione ;• indicazione del gruppo e indicazione del tipo di esplosione: gas (G) o dust

(D); • X ad indicare l’applicazione di condizioni specifiche come da certificato; • Altre indicazioni specifiche indispensabili all’impiego in sicurezza: di-

mensione nominale del dispositivo, massa specifica, pressione statica diattivazione e sua tolleranza pstat, indicazione della direzione del flusso,valori massimi di KG / KSt, pmax, pred,max per i quali il dispositivo è proget-tato, indicazione dello standard applicato.

22.5 Ulteriori elementi per la marcatura CE di sistemi di soppres-sione dell’esplosione e sistemi di isolamento dell’esplosione

Ciascun componente facente parte del sistema in questione sarà marcatocon un’etichetta saldamente fissata ad esso riportante le indicazioni necessa-rie per l’uso in sicurezza.

Si ricorda che i componenti fondamentali di questi sistemi sono:

• sistema di rilevazione dell’esplosione;• sistema di controllo (CIE – control and indicating equipment);• soppressore (HRD – High Rate Discharge);• valvole di isolamento attive/passive, valvole rotative, ecc.

Per quanto riguarda i soppressori HRD, questi risultano contenitore sot-topressione e come tali riporteranno, fra l’altro, i dati relativi alla marcaturadi cui alla direttiva 99/36/CE (T-PED).

22.6 La marcatura CE per assiemi

Nel caso di assiemi, il prodotto finale deve essere contrassegnato con unamarcatura dell’assemblaggio prima della messa sul mercato e/o messa in ser -vizio.

Come già ampiamente descritto in precedenza, un assieme può essere for-mato di un certo numero di prodotti (apparecchi, sistemi di protezione, di-spositivi e componenti) già commercializzati e quindi dotati di marcaturapropria. È possibile assemblare prodotti con caratteristiche diverse (catego-rie, classi de temperatura ecc.), nel qual caso la marcatura dell’assieme dovràtenere conte delle seguenti regole:

Classe di temperatura: si indica la classe più bassa tra quelle delle sin-gole parti costituenti l’assieme ovvero la classecorrispondente alla maggiore max. temperatu-

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22. LA MARCATURA CE DEI PRODOTTI ATEX 229

ra superficiale (T3 prevale su T4, T4 prevale suT5 e così via);

Categoria: si indica la categoria più limitativa tra quelledelle singole parti costituenti l’assieme (categ.3 prevale su categ. 2, categ. 2 prevale su categ.1, ecc);

Gruppo del gas: si indica il gruppo del gas più limitativo traquelli delle singole parti costituenti l’assieme(IIA prevale su IIB, IIB prevale su IIC ecc);

Ad esempio si abbia un assieme costituito dalle seguenti parti preceden-temente immesse sul mercato:

• apparecchiatura in pressione marcata CE ATEX per il lato interno ed

esterno come segue: CE II 2G IIC T2 / 3G IIA T4;

• riduttore marcato CE ATEX come segue: CE II 2G IIC T6 (da installareesternamente);

• motore marcato CE ATEX come segue: CE II 3G IIA T3 (da installareesternamente).

L’assieme così costituito potrà essere marcato CE ATEX in ambiente clas-sificato in zona 2 come segue (si noti l’opportunità delle indicazioni aggiun-tive nel manuale d’uso – simbolo X):

CE II 2G IIC T2 / 3G IIA T3 X;

Si sono omesse per semplicità le indicazioni relative ai modi di protezione.

22.7 La marcatura CE di dispositivi di cui all’art. 1 punto 2 della direttiva 94/9/CE

Per questo tipo di prodotti non ci sono particolari condizioni di marcaturase non quella di indicare tra parentesi tonde la categoria dell’apparecchio alquale il dispositivo è collegato per la sua funzione di controllo o regolazione.

Ad esempio la marcatura II (1) G D si riferisce ad un dispositivo di cuiall’articolo 1, paragrafo 2 della direttiva 94/9/CE, installato in area non clas-sificata, con circuiti intrinsecamente sicuri di categoria “Ex ia”, che può esse-re collegato, ad esempio, ad apparecchi di categoria 1.

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230 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Altri esempi:

II (2) G

II (2) G [EEx e]

II (2) G [EEx p]

22.8 Esempio di marcatura per apparecchi

Si riporta in figura 1 un esempio di etichettatura di un apparecchio ATEXgenerico:

Figura 1

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22. LA MARCATURA CE DEI PRODOTTI ATEX 231

Esempio di etichettatura di un apparecchio del gruppo II,categoria 1 non-elettrico:

I due modi di protezione indipendenti dall’innescosono:

sicurezza costruttiva (c) con temperatura massimasuperficiale di 105 °C immersione di liquido (k).

Esempio di etichettatura di un apparecchio del gruppo II,categoria 1 non-elettrico:

I due modi di protezione sono applicati su parti di-verse dell’apparecchiatura:

sicurezza costruttiva (c) controllo della sorgente di innesco (b).

Esempio di etichettatura di un apparecchio del gruppo II,con due parti in contatto con diverse zone (zona 0 e zona 1):

In questo caso:

la parte interna dell’apparecchio (relativa alla zo-na 0), risulta avere un modo di protezione a sicu-rezza costruttiva (c);la parte esterna dell’apparecchio (relativa alla zo-na 1), risulta avere un modo di protezione (b).

Altri esempi:

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APPENDICE 1

EUROPEAN COMMISSIONENTERPRISE DIRECTORATE–GENERALSingle Market: regulatory environment, standardisation and New ApproachMechanical and electrical engineering, and radio and telecom terminalequipment industries

Equipment intended for use inPotentially Explosive Atmospheres (ATEX)

HOW TO APPLY THE DIRECTIVE:

Considerations by the ATEX Standing Committee

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234 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

End of transition period for ATEX Directive 94/9/EC - Draft Questions andAnswersAt the ATEX Standing Committee held on 29 June 2001 the EuropeanCommission made it absolutely clear that there will be no extension to thetransition period over that already prescribed. As stated, all products fallingwithin scope of Directive 94/9/EC (“the ATEX Directive”) will have to com-ply from the 1 July 2003.It was considered by a number of Member States that further guidance mightbe required for those manufacturing spare parts held in stock purchased dur-ing the transitional period for use after this period ends.On the basis of a number of questions presented, the following interpreta-tions were discussed by the Committee.The European Commission has issued guidance, (“the Blue Guide”) on theinterpretation of new approach Directives, of which the ATEX Directive isone. This may be helpful in interpreting the ATEX Directive, although defin-itive interpretation is for a court, ultimately the European Court of Justice.The Blue Guide formed the basis for the Standing CommitteÈs discussionson this issue.

Q1 - What is meant by “Ready for Use”, as used in the Blue Guide? The BlueGuide states that certain products that can be put into service after the endof the transitional period if ready for use at the time they are placed on themarket. However most spare parts will require some work to install them.(ref. The Blue Guide, p. 20)Each spare part must be considered in its own circumstances and it is difficultto generalise out of context. However, for spare parts which are not equipment,a protective system, a component or a device according to Article 1 of the ATEXDirective the answer is provided for at Chapter 7 of the Commission’sGuidance notes to the Directive, the ATEX Guidelines, 2001 Edition. Spare partsthat are not equipment, protective systems, components or devices, as definedin the ATEX Directive, are not subject to the ATEX Directive. Therefore, there isnothing in the ATEX Directive to prevent them from being placed on the mar-ket any time after the end of the transitional period.Spare parts which are equipment, a protective system, a component or a de-vice according to Article 1 of the ATEX Directive will have to comply with theATEX Directive when placed on the market after the end of the transitionalperiod.Generally, repaired products, which are within the scope of the ATEXDirective, need not be assessed against the requirements of the ATEXDirective after repair, as a repair does not substantially modify the product.The Standing Committee considered that, although each case must be as-sessed on it own merits, in general terms “Ready for use” means the abilityto be incorporated or installed without a change to the performance or safe-ty characteristics as originally anticipated by the manufacturer.Q2 - Can there be some relaxation on the use of safe but non-compliant

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APPENDICE 1 235

spares that may be held by end-users for use during the foreseeable life of theequipment/assembly?In general, equipment, protective systems, components and safety devices,as defined in Article 1of the ATEX Directive which are spare parts and whichare held by the end-user are likely to have been have been placed on the mar-ket already.If the above spare parts were placed on the market prior to the end of the tran-sition period and they were ready for use at that time then, according to theBlue Guide, they can be first used after the end of the transition period.Whether a product is ready for use must be assessed on a case by case basisand any subsequent alteration of the product would have to be taken into ac-count in considering whether it was ready for use when placed on the market.However, there may be spare parts falling within the scope of the ATEXDirective, which may be held by an end-user that may not have already beenplaced on the market. This is the case for equipment, protective systems ordevices that are manufactured by the user for own use. In these circum-stances the spare part will need to comply with the requirements of theATEX Directive when it is first put into service.

Q3 - Can the installing of a spare part allow the freedom to ensure the over-all continuing integrity of the system by using non-compliant parts subjectonly to the requirement to provide a satisfactory risk assessment under therelevant “Use” Directive?The consequences of installing each spare part must be assessed individual-ly. However, in general, equipment, protective systems, components or de-vices, as defined in the ATEX Directive, which are intended to be integratedinto an installation will inevitably be placed on the market and/or put intoservice and consequently will have to comply with the requirements of theATEX Directive at that time.

Q4 - After the end of the transitional period, will manufacturers be able tosell non-compliant stock to the owners of relevant installations, which arenot in scope of the ATEX Directive? This would mean that these installa-tions would only be subject to the relevant “Use” Directive (92/91/EEC,92/104/EC or 1999/92/EC), requiring only an overall risk assessment?See answer to Q3 above. If this stock represents equipment, protective sys-tems, components or devices as defined in the ATEX Directive it must complywith the requirements of the ATEX Directive when placed on the market.In respect of the second question installations are not covered by the ATEXDirective but are covered by the relevant “Use” Directive.

Q5.1 - Distributors are those in the distribution chain who are neither man-ufacturers nor end-users. At the end of June 2003 they may be holding stockwhich has been “placed on the market” but is not in the hands of end-users.

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236 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

This equipment may already meet national health and safety requirementsapplicable at the relevant date.The circumstances of each piece of stock would have to be examined individ-ually.However, such stock would already have been placed on the market beforeend of the transitional period and would have complied with the relevantnational health and safety provisions at that time, therefore such stock didnot need to comply with the requirements of the ATEX Directive at that time.As regards putting into service the following approach could be considered:- for spare parts see A2;- in other cases (e.g. where the safety characteristics are altered through thenature of the installation) the obligation for compliance with the require-ments of the ATEX Directive is unavoidable.

Q5.2 - Distributors who are part of the commercial chain of the manufac-turer.It is clear from 5.1 that, on a case-by-case basis, equipment sold down thedistribution chain may be considered to be placed on the market. However,there are cases when the distribution chain is part of the commercial chain ofthe manufacturer rather than a separate organisation. Footnote 31 of theCommission’s “Guide to the New and Global Approach” recognises this sit-uation and makes it clear that equipment moving down this type of distribu-tion chain could also be considered as having been placed on the market.However, market surveillance authorities would need to ensure that a“transaction” had taken place even if the equipment was not as such “sold”.This evidently needs to be considered by the market surveillance authori-ties of the Member States on a case-by-case basis. In effect, there is a gener-al burden of proof on the manufacturer to show that the equipment hasbeen given to the authorised representative distributor with the real inten-tion of distribution and use rather than a mechanism of treatment of stocks.

Q6 - Who will become responsible for the purpose of the assessment of re-maining stock against the requirements of the ATEX Directive after 1 July2003, the distributor or the end-user?The circumstances of each situation will have to be examined individually.However, according to general principles of New Approach, the manufac-turer would be responsible for conformity assessment (assisted by a notifiedbody, if required). Further information is provided at Chapter 3 of the BlueGuide. The responsibilities on the manufacturer or his authorised represen-tative undertaking the conformity assessment of products are laid down inthe Annexes to the ATEX Directive.

Q7 - Products manufactured for “Own Use” are subject to the ATEXDirective, but will they be required to CE mark them and hold a signed DOC,in addition to the technical construction file?

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APPENDICE 1 237

Generally, though each case must be examined individually, persons manu-facturing for own use will be putting the equipment, protective systems ordevices into service and will be subject to those requirements of the ATEXDirective, which are placed on any other manufacturer.

Application of ATEX Directive 94/9/EC to assemblies

This subject has been looked at in some detail.First, it is clear that the vast majority of cases can be looked at with referenceto the guidance provided at 3.7.1 of the Commission guidance notes.The only area which requires further clarification is the obligation of the as-sembler where ATEX CE compliant products (such as equipment and au-tonomous protective systems) are being used, as in all other cases the rele-vant conformity assessment procedure needs to be applied to the whole ofthe assembly.In such cases it is clear that the assembler needs to undertake an ignition riskassessment to ensure that the nature of the incorporation and assembly hasnot altered the explosion characteristics of the products with respect to theEssential Health and Safety Requirements.It has been agreed by member States that in such cases, if the assembler isin any way uncertain as to how to undertake such an assessment, «techni-cal advice should be sought and taken into account! This might be thecase, for example, if a manufacturer of mechanical equipment needs toconnect different pieces of ATEX electrical equipment together as part ofthe assembly».Once the assembler has successfully undertaken such an assessment and noadditional ignition risk has been identified, the general agreement is thatthey then draw up a technical file, affix to the assembly, according to AnnexII 1.0.5 of the Directive, the CE marking and Ex marking indicating intendeduse, sign the EC Declaration of Conformity covering the whole of the assem-bly indicating the technical specifications/ standards that have been applied(for example, for electrical inter-connection) and provide instructions forsafe use. The assembler therefore takes complete responsibility for the as-sembly.

Place of Installation of Equipment and Protective Systems (question “inand out”)

Manufacturers of explosion protected equipment (e.g. in cases where explo-sive atmospheres are conveyed) sometimes feel unsure whether and to whatextent their products are covered by Directive 94/9/EC. This applies espe-cially to cases where only parts of the equipment are in contact with the ex-plosive atmosphere.The Directive 94/9/EC deals with the special risk of explosion and has onemajor aim to prevent “own potential sources of ignition” (Art. 1 (3)a) of equip-

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238 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

ment and protective systems (as far as an own potential source of ignition ex-ists) from becoming active. Beside Art. 1 (4) no restrictions are made with re-gard to local and technical conditions.The probability of occurrence of the potential source of ignition determinesthe category. The technical requirements are summarised in Annex II 1.0.1;especially the 2nd indent describes the importance of the effectivity of thepotential source of ignition. For this effect the place of installation is not deci-sive (see Art. 1(2) - Safety-, controlling-, regulation devices), but the possibleeffect of the potential source of ignition on a potentially explosive atmos-phere without special or temporal limitations (Directive 1999/92/EC ad-dresses this matter).In the light of these ideas the place of installation “in, at or beside” a poten-tially explosive atmosphere is not decisive for the question of application ofDirective 94/9/EC. The decisive fact is whether the potential sources of igni-tion of an equipment are in contact – or have an interface – to a not definedpotentially explosive atmosphere, with the effect that the combustion mayspread to the entire unburned mixture (see definition “explosive mixture”).In this case the potential source of ignition is in the potentially explosive at-mosphere; a decision only in regard of place of installation would not coverthe intention of the Directive and could cause hazardous situations.An equipment may have an internal explosive mixture (without limitation todangerous quantities), which has an interface in the sense of a spreading ofthe combustion to a potentially explosive atmosphere even in the case it isnot installed completely inside a potentially explosive atmosphere. An ex-ample could be an extraction system installed outside the potentially explo-sive atmosphere with a ventilator – own potential source of ignition – whichexhausts explosive atmosphere out of a storage tank, or another potentiallyexplosive atmosphere, via a pipe acting as connecting interface to the poten-tially explosive atmosphere.

Interface to potentially explosive atmospheres

This paper seeks to provide guidance on the application of ATEX Directive94/9/EC to equipment (1) intended to operate with interfaces to differentpotentially explosive atmospheres.At this point it is necessary to note that equipment that contains a potential-ly explosive atmosphere but is neither connected to, nor intended for use in,an external or process related potentially explosive atmosphere does not fallunder the scope of Directive 94/9/EC. However, any equipment inside this“container” will, so long as it fulfils the criteria for inclusion in scope, need tocomply with the relevant provisions.The categorisation of equipment is to be determined on the basis of the igni-tion risk assessment (2) by the manufacturer or his authorised representativeand the equipment’s relationship with respect to its interface with its processatmosphere and any external atmosphere.

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APPENDICE 1 239

The following diagram illustrates this point:

For example, the inside or process side of a pump for flammable liquidwhich normally runs full but occasionally contains an explosive atmospheremay be considered Zone 1 (3) if no other measures have been taken to pre-vent the pump running dry. If it has been decided that the surroundings orexternal explosive atmosphere is Zone 2 then the pump must be categorisedas Category 2 inside and Category 3 outside to meet the Essential Health andSafety Requirements.The following guidelines may help in the selection of an appropriate cate-gory:The category (or categories) assigned to equipment shall be determined foreach part of the equipment which comes into contact with, or is connected to,a Zone with potentially explosive atmosphere (see Directive 1999/92/EC).The category assigned to a piece of equipment intended to contain a poten-tially explosive atmosphere not connected to the outside of that equipmentis determined by the ignition risk associated with the outside parts of theequipment, not by its internal atmosphere i.e. only the part of the equipmentwhich is intended to come into contact with a Zone is relevant for the assign-ment of the appropriate category.The category (or categories) assigned to the process connecting points ofequipment containing an explosive atmosphere cannot be higher than thatappropriate to the ignition risk.For example, consider the case of a fan conveying an explosive gas atmos-phere over its rotating blades, or a powder mill producing an explosive dustatmosphere inside the mill. Each having an outlet connected to an externalpotentially explosive atmosphere. The ignition risk assessment for boththese items of equipment has shown for these specific examples that an effec-tive ignition source (for the explosive atmosphere connected to them) is notpresent in normal operation but may be present in the case of an expectedmalfunction. If such equipment/assembly is placed on the market withoutadditional ignition protection or a protective system it can only be classifiedas category 3 (4).Such equipment can only be used when it is connected to an explosive at-

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240 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

mosphere which is present continuously (i.e. Zone 0/20) if additional igni-tion protection or a protective system is fitted. (See Directive 1999/92/EC).Where a piece of equipment is fitted with an autonomous protective systemsuch as flame arresters (e.g. EN 12874), or a suppression system which is al-ready compliant to 94/9/EC, additional testing and conformity assessmentof the resulting assembly, i.e. equipment together with the protective system,is not required provided the protective system is used within its intended de-sign capabilities covering the specific case, is installed in accordance with themanufacturer’s instructions and no new ignition hazards are introduced.However, an ignition risk assessment will be required and relevant actiontaken (see clarification paper on assemblies) if additional hazards are identi-fied.Similarly Directive 94/9/EC does not require that the pressure resistance ofa vessel or container protected against the effects of an explosion by an au-tonomous protective system be tested, if it has been demonstrated that theAPS successfully detects and suppresses an explosion and if the vessel canwithstand the residual pressure peak of the suppressed explosion.

Example

NOTE: The following is one of many examples that can be used to illustrate theabove points. The assumptions made in this example should not be taken as the onlypossible situation. The categorisation of a particular piece of equipment will dependon the specific ignition hazard assessment that is made of the equipment and its in-tended use together with any ignition protection measures applied. The example on-ly considers the inside and connecting explosive atmospheres, i.e. the process side. Aseparate ignition hazard assessment and categorisation must be made of the outsideif the equipment is to be used in potentially explosive atmosphere.

Consider a powder mill as shown in the following figure:

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APPENDICE 1 241

The ignition hazard assessment carried out by the manufacturer has identi-fied that in this case:– there is no ignition source inside the mill which can become effective in

normal operation (5);– there is an ignition source inside the mill which can become effective dur-

ing expected malfunctions.

The highest category that can be assigned to the mill is therefore Category 3when it is placed on the market as shown. The outlet from the mill in thiscase produces fine dust in the form of a potentially explosive dust cloudwhich is continuously present in normal operation, i.e. Zone 20. The manu-facturer’s instructions must therefore make clear that the mill can only beused with additional explosion prevention or protection measures.

Analysis:

Directive 94/9/EC defines.Equipment:– intended for use in potentially explosive atmospheres;– and/or for the processing of material;– capable of causing an explosion through their own potential sources of ig-

nition.

This definition applies to the grinding assembly of a mill for combustible ma-terials of the food and fodder industry. Therefore, these are within the scopeof Directive 94/9/EC.The intended purpose of a grinding assembly in a mill is the grinding ofcombustible materials whereby the content of fine particles is increased con-siderably.According to the risk assessment the grinding installation should fulfil therequirements for category 1, but in the best case it will meet category 3.Despite all construction measures to prevent ignition sources, the occurrenceof dust explosions can not be excluded definitely. Therefore, connectionsmust be equipped with construction measures, which reduce the effect of adust explosion for people and goods to below a dangerous level.These measures are essential for the grinding system to fulfil the require-ments of Directive 94/9/EC.Consequently:– all requirements on the construction of the grinding assembly

(e.g. suitable selection of material and bearings, minimum distances between ro-tating and fixed parts)

– on certain equipment of the mill(e.g. foreign particles separator, overload protection, temperature detector at thebearings)

and

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242 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

– all construction measures of the mill(explosion pressure resistant design for the maximum explosion pressure, or ex-plosion pressure resistant design for the reduced explosion pressure in combina-tion with explosion pressure relief or explosion suppression, and in most cases ad-ditional explosion decoupling for connected installations)

are necessary to make the grinding operation safe.Answer:According to the risk assessment the conformity procedures concerning therelevant category shall apply to grinding assemblies independent of the cat-egorisation of the mill itself and all required measures as described above tomake grinding operations of mills safe for combustible materials of the foodand fodder industry. In principle the certificate(s) should explain all aspectsof the Notified Body’s assessment and the scope of the certificate(s).The instruction manual of the manufacturer will contain safety measures whichhave to be applied by the user. The user becomes the de facto manufacturer ofthe assembly (see consideration paper on assemblies for more details).Alternatively the mill could be placed on the market as part of a “milling” as-sembly package incorporating appropriate explosion prevention / protec-tion measures. The category of the mill does not change and the ECDeclaration of conformity should provide details of the conformity assess-ment declarations of the individual items or components and thus the appro-priate category for the interfaces of the resulting assembly to any user desig-nated hazardous explosive atmospheres.(1) Equipment here is taken to mean all products within scope of Directive94/9/EC.(2) The category classification is performed by the person responsible formaking the EC Declaration of Conformity according to directive 94/9/EC.The ignition risk assessment is referred to as the ignition hazard assessmentin EN 13463-1.(3) “Zoning” is not a concept to be found in Directive 94/9/EC but inDirective 1999/92/EC dealing with employer’s obligations with respect toemployees operating in hazardous atmospheres. It is not the responsibilityof the manufacturer to “zone” but evidently this it is helpful to give an exam-ple of the area of intended use.(4) Additional measures to cover expected malfunctions may provideCategory 2; if two faults or one rare fault are dealt with, Category 1 can bereached.(5) It is clear that for some milling technologies an ignition source may be un-avoidable.

Application of the Directive to “simple” valves

At the ATEX Standing Committee held on the 4th December 2003 the abovesubject was discussed. The following is a result of that discussion.It is clear that the manufacturer is required to undertake an ignition risk as-

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APPENDICE 1 243

sessment of the valve, considering the criteria at 4.1.2 of the CommissionGuidance Notes to the ATEX Directive 94/9/EC.This paper will deal with valves for which the only ignition source originatesfrom a static charge build-up arising from the throughput of the media con-cerned, therefore requiring earthing (e.g. no springs, special bonding etc.).As such, the Committee considered whether such a source of ignition is to becategorised as “own source”.It was judged that an analogy for such “simple” valves could be made withpipes, with no own source of ignition intended for use in potentially explo-sive atmospheres where earthing is also required. Given that it is clear thatthe latter is outside of the scope of ATEX Directive 94/9/EC it was acceptedby the majority of members that such valves do not fall within scope.This does not preclude the need for types of protection to avoid an effectiveignition source given that these “simple” valves are intended for use inhazardous environments, and will therefore have to be safe for use as de-termined by the employer’s risk assessment under the relevant “use”Directive.

Ref: “Simple Apparatus”

This subject was discussed at the ATEX Standing Committee held on the 6th& 7th February 2003. The following is as a result of that discussion.“Simple Apparatus” is a term defined in the European harmonised stan-dards for electrical equipment intended for use in potentially explosive at-mospheres EN 50014 and EN 50020. There is no such definition for simplenon-electrical equipment.Such apparatus are excluded from the Directive, as they have no own sourceof ignition. Therefore, they do not have to meet the relevant Essential Healthand Safety Requirements or be subject to the conformity assessment proce-dures under Directive 94/9/EC.This equipment shall not be marked in conformity with the ATEX directive.The identification of such equipment is part of the manufacturer’s ignitionrisk assessment.

Should a pump/electric motor combination intended for use in potentiallyexplosive atmospheres be classified as electrical equipment within themeaning of Article 8 (1)(b)(i)?

This subject was discussed at the ATEX Standing Committee on the 6th & 7thFebruary 2003. The following is a summary of that discussion.A basic distinction should be made between the following:1. For the purposes of Directive 94/9/EC, a pump and electric motor consti-tute a “safety-related” device, i.e. the pump and electric motor cannot beconsidered separately for the purposes of assessing explosion risks. In thiscase, the unit as a whole is to be considered an item of electrical equipment.

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244 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

Example: split tube motor pump.

2. The pump and electric motor may form part of the same functional unit,but they do not constitute a “safety-related” unit for the purposes of explo-sion protection, i.e. no new explosion risks arise as a result of their beingcombined. They do not therefore constitute an item of equipment which, asan integral whole, falls within the scope of Directive 94/9/EC, but rather acombination of “individual items of equipment” in terms of explosion pro-tection. In this case, therefore, pump and electrical motor must be consideredseparately in terms of the application of this Directive.See Chapters 3.7.1 and 3.7.3 of the Commission’s ATEX Guidance notes.

Application of Directives 94/9/EC (1) and 98/91/EC in respect of vehiclesintended for the transportation of dangerous goods by road

The above subject was discussed at the ATEX Standing Committee held on29th June 2001. This paper summarises that discussion and previous corre-spondence.At Chapter 6 of the Commission’s guidance notes to the ATEX Directive94/9/EC it is clear that the requirements of both Directives can, under thenecessary intended working environments, apply.

The criteria for application of Directive 94/9/EC are that the vehicle wouldneed to:– be defined as an equipment, a protective system or safety device accord-

ing to Article 1(2) of the Directive;– have its own potential source of ignition;– be intended for use in a potentially explosive atmosphere (2).

In order to determine under which intended conditions both Directives willapply the exclusion at Article 1(4) of Directive 94/9/EC needs to be consid-ered. This exclusion explicitly determines that “means of transport” exceptthose “intended for use in a potentially explosive atmosphere shall not be ex-cluded”.The definition of “means of transport” is given further detail at Article 2 ofDirective 98/91/EC and, in broad terms, is interpreted to be an activity on apublic highway or space including unloading and loading operations.The ATEX Standing Committee therefore considered that, as described in theCommission guidance, a vehicle under the scope of Directive 98/91/ECmight also be covered by the ATEX Directive 94/9/EC.Where such a vehicle is intended for use in a potentially explosive atmos-phere both Directives will apply. However, this does not include wheresuch environments are likely to occur solely as a result of loading and un-loading operations as described in 98/91/EC. An example of this is a roadtanker transporting petrol when the loading/unloading site is such that it

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is not initially considered to have a potentially explosive atmosphere be-cause of its location with respect to the storage facility. As noted above, ifthis environment becomes potentially explosive because of the load-ing/unloading operation, only the requirements of Directive 98/91/ECneed be applied.In addition, it was agreed that the conformity assessment and technical re-quirements of 94/55/EC as further defined by 98/91/EC may not fully alignwith those required for compliance to Directive 94/9/EC.

(1) Referring to the Essential Requirements in Annex B to Directive94/55/EC.(2) Unless it is a safety device as defined under Article 1(2) of Directive94/9/EC.

Does a manufacturer of internal monitoring or other devices attached to orinside a vehicle such as a petrol tanker have to apply the ATEX directive94/9/EC and to affix CE marking?

1. The parallel application of directive 94/9/EC and regulations for thetransport of dangerous goods, as defined for example in the EuropeanAgreement Concerning the International Carriage of Dangerous Goods byRoad (ADR) and the directives 94/55/EC, 98/91/EC and 70/156/EEC wasdiscussed at the ATEX Standing Committee held on 29th June 2001(http://europa.eu.int/comm/enterprise/atex/vehicles.htm).2. Based on article 75 of the EC treaty and transposing the ADR, directive94/55/EC fully harmonises rules for the safe transport of dangerous goodsby road.3. Additionally, based on article 95 of the EC treaty, directive 98/91/EC pro-vides for full harmonisation regarding technical requirements for the follow-ing categories of vehicles intended for the transport of dangerous goods byroad as follows:– category N: Motor vehicles having at least four wheels when the maxi-

mum weight exceeds 3.75 metric tons, or having three wheels when themaximum weight exceeds 1 metric ton, and used for the carriage ofgoods;

– category O: Trailers (including semi-trailers).According to article 4, if the requirements of the Annexes of this directive arefulfilled for the completed vehicle, Member States may not refuse to grantEC type approval or to grant national type approval, or prohibit the registra-tion, sale or entry into service of those vehicles on grounds relating to thetransport of dangerous goods.4. Directive 98/91/EC contains, by reference to directive 94/55/EC, require-ments covering both electrical (e.g. wiring, batteries) and non electricalequipment (e.g. heat protection of engine, combustion heaters) of vehicles

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designed for the carriage of dangerous goods, which may contribute to-wards the formation of explosive atmospheres.5. Provided that:– such vehicles are not intended for use in a potentially explosive atmos-

phere other than that caused temporarily by loading or unloading;– the goods, which shall be transported, are substances and articles as de-

fined in Article 2 of directive 94/55/EC;– the exemptions of Annex A, paragraph 1.1.3, of directive 94/55/EC and

the ADR agreement are not pertinent.

Under these circumstances the exclusion at article 1(4) of directive 94/9/ECapplies to the WHOLE of the vehicle including ALL associated equipmentnecessary for the carriage of dangerous goods (e.g. “breather valves” of man-hole covers, vehicle tracking systems).In all other cases directive 94/9/CE may apply.Note 1: At some sites tankers may have to access a zone (e.g. zone 1). In this caseusers responsible for that site may demand the supplier to use tankers with ATEXcompliant products.Note 2: Even if the vehicle or parts of it are intended to be permanently used in a po-tentially explosive atmosphere, devices like “breather valves” of manhole covers nor-mally would not fall within the scope of directive 94/9/EC. Normally these deviceshave no own ignition source, are no safety devices in the sense of ATEX and are nor-mally not provided with a protective system, such as a flame arrester.

Application of Directive 94/9/EC to “Inerting systems”

When looking for the application of the directive 94/9/EC to inerting sys-tems one has to consider three different cases:

1. Preventing an explosive atmosphere

Inerting systems are aimed at reducing or completely preventing the exis-tence of an explosive atmosphere in specific areas. Inerting systems are not,however, intended to stop or restrain starting explosions. This is why theyare not protective systems within the meaning of Directive 94/9/EC. Thetasks of inerting systems are different from those of explosion suppressionsystems, which may sometimes have similar parts, but are aimed at restrain-ing a starting explosion.Roughly speaking: Inerting systems used during operation of plants etc. arenormally not in scope of Directive 94/9/EC.Example:The intended effect of an inerting system applied to inert a tank can only beassessed after knowing all operational parameters of the volume to be inert-ed. This assessment and the functional aspects of such systems are not cov-ered by directive 94/9/EEC but a duty to be considered by the user and has

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to be laid down in the explosion protection document under the scope of theDirective 1999/92/EC and its national transpositions.

2. Inerting systems as equipment

An inerting system may, however, (in part) also consist of parts which are in-tended for use within an explosive atmosphere and which have a potentialignition source of their own. These parts come – individually or possiblycombined – under the scope of Directive 94/9/EC as “equipment”. But alsoin this case their function of preventing an explosive atmosphere by inertingis not to be assessed within the meaning of this Directive.

3. Inerting systems as part of the ignition protection concept

In some cases, such systems may be part of the ignition protection concept of“explosion protected” equipment to fulfil the requirements of annex II of thedirective 94/9/EC, i.e. if they work as a means to protect potential ignitionsources of the equipment from getting into contact with an existing poten-tially explosive atmosphere. Then this equipment including its inerting sys-tem comes as part of the equipment under the scope of Directive 94/9/EC.This inerting system is not a protective system according to article 1(1). Inthis case its parts may be safety, controlling and regulating devices accordingto article 1(2) of Directive 94/9/EC when separately placed on the market.Roughly speaking: Directive 94/9/EC applies to an inerting system, if this sys-tem is – or is intended to be – integrated into the ignition protection concept ofthe equipment and thus serves to avoid ignition sources of the equipment.Example:Where the manufacturer of equipment for use in potentially explosive at-mosphere wants to protect the ignition sources of this equipment, he mayuse the type of protection “pressurization” according to EN 50016. This typeof protection may include the use of inert gases as protective gases. In thiscase the inerting system is part of the equipment and as such within thescope of Directive 94/9/EC. The following case may occur in praxis:Equipment according to article 1 of Directive 94/9/EC contains an enclosureor a vessel containing sources of ignition. In order to prevent an explosive at-mosphere from getting into contact with the ignition sources, an inerting sys-tem, which has been assessed in accordance with the 94/9/EC directive as asafety device, can be applied to this equipment.

Machinery containing an explosive atmosphere, which has no interface toan outside explosive atmosphere

This paper is to be seen as a further development of the already published“Question of scope – paint spray booths”. Moreover, the concept of inter-

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faces described in “Interface to potentially explosive atmospheres” appliesto the following explanations.The issue dealt with here concerns machinery having under operating condi-tions a potentially explosive atmosphere inside, but having no interface toexternal potentially explosive atmospheres. Such machines, as an integralwhole, do not fall under scope of the ATEX Directive 94/9/EC.The Machinery Directive 98/37/EC, however, requires that the manufactur-er “must take steps to:– avoid a dangerous concentration of products;– prevent combustion of the potentially explosive atmosphere;– minimise any explosion which may occur so that it does not endanger the

surroundings.(...)

Electrical equipment forming part of the machinery must conform, as far asthe risk from explosion is concerned, to the provision of the specific Directivesin force”.It is therefore obvious that equipment, protective systems and componentsintended for use in this potentially explosive atmosphere – and safety and con-trolling devices outside, but contributing to their safe functioning – are with-in the scope of the ATEX Directive 94/9/EC. It is understood that the latterapplies provided that “atmospheric conditions” in the sense of directive94/9/EC are present in the machine.In this context the following questions have arisen:

1. Has the manufacturer the obligation to perform a zone classification in-side this equipment?It has been considered that:• the manufacturer has to carry out a risk analysis, including the risk of ex-

plosion;• annex I of the ATEX Directive 94/9/EC contains clear and unambiguous

definitions concerning the place where they are intended to be used forevery single equipment-group and category;

• as opposed to the fully harmonising scope of the machinery directive, thezone concept applied in the framework of the ATEX “user” Directive1999/92/EC allows member states to apply more stringent requirementsthan those defined in this Directive.

In order to avoid a non harmonised approach in the framework of a fullyharmonised field like the Machinery Directive, it is not necessary to applythe zone concept as it is defined in Directive 1999/92/EC. Instead, the manu-facturer should:• carry out the risk assessment;• define the requirements of the equipment to be used inside the poten-

tially explosive atmosphere – and of safety and controlling devices out-

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side, but contributing to their safe functioning – in order to ensure fullcompliance of the machinery with the requirements of the MachineryDirective;

• purchase or produce the equipment having those requirements, i.e. in-tended to be used under the conditions defined during the risk analysis,and in conformity to Directive 94/9/EC.

2. Must the ‘non-electrical’ equipment used inside be also in conformity to94/9/EC?The equipment used inside must be in conformity to the applicable legislation.When the original Machinery Directive 89/392/EEC was drafted EuropeanDirectives regulated only electrical equipment for use in potentially explosiveatmospheres; therefore non-electrical equipment was not mentioned.It is nevertheless common understanding of the Standing Committee thatafter the date of application of Directive 94/9/EC, both electrical and non-electrical equipment used in machinery having under operating conditionsa potentially explosive atmosphere inside must comply with Directive94/9/EC. This position is also reflected in the draft revision of the machin-ery directive.

When a Mechanical Seal[1] is a Machinery Element and when an ATEX-Component

DEFINITION:A mechanical seal is a device which prevents leakage of fluids along rotatingshafts. Primary seal function is at right angles to the axis of rotation betweenone stationary ring and one rotating ring.

MACHINERY ELEMENT:These are parts of machinery not defined within 94/9/EC.Most mechanical seals are machinery elements. Typically these seals are:• catalogue mechanical seals and their parts, selected by the equipment

manufacturer alone or with assistance from the mechanical seal manufac-turer;

• mechanical seals stocked by the equipment manufacturer or end user forgeneral applications;

• mechanical seals used for applications where the service conditions arenot closely specified;

• non cartridge-seals and parts;• standard cartridge-seals.

Mechanical seals will also be machinery elements if a risk assessment by themechanical seal or equipment manufacturer shows that the seal is not ex-pected to be an ignition source even in the event of fault conditions.

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250 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

ATEX COMPONENT:The following definition is taken from the European Commission ATEXGuideline (Second edition).The two defining elements for components are that they,• are essential to the safe functioning of equipment and protective systems

with respect to explosion protection (otherwise they would not need to besubject to the directive);

• with no autonomous function (see 3.8) (otherwise they would have to be re-garded either as equipment, protective system or as device according to Article1.2).

Engineered mechanical seals maybe classified and sold as ATEX compo-nents. Typical examples are:• Mechanical seals for specific applications where close co-operation be-

tween mechanical seal manufacturer and equipment manufacturer is re-quired and will often result in a specifically designed mechanical seal.

• Mechanical seals for some category 1 equipment.

In this case the mechanical seal manufacturer shall supply sufficient infor-mation about the performance of the seal so that the equipment manufactur-er does not need to repeat unnecessary efforts such as tests or calculationsconcerning the mechanical seal in order to ensure that the equipment com-plies with ATEX requirements. The equipment manufacturer shall supplysufficient information about the intended application and equipment.

RESPONSIBILITIES:A) Mechanical seal manufacturer:Case 1: Mechanical Seals supplied as Machinery ElementIt is normal practice that the manufacturer of mechanical seals supplied asMachinery Element provides complete documentation for safe use of hisproduct i.e.:instruction manual for incorporation into equipment, which shall includesafety aspects and limits of operation.

Case 2: Mechanical Seals supplied as ATEX ComponentsMechanical seals shall comply with article 8.3 of 94/9/EC ATEX Directive.An ATEX component mechanical seal shall be supplied at least with the fol-lowing information:• all information/documentation given for case 1;• results of relevant calculations and/or tests that have been carried out;• a temperature rating as far as possible;• an indication of the category;• a list of ATEX essential safety requirements that the mechanical seal com-

plies with;

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• what fault conditions have been considered for category 1 or 2 mechani-cal seal;

• a close specification for intended use, for example gas group;• a certificate of conformity;• marking for components in accordance with the latest ATEX Guidelines.

B) Equipment Manufacturer:In all cases the equipment manufacturer is responsible for the entire packagewithin his scope of supply and therefore it will be required to comply witharticle 8.1 of 94/9/EC ATEX Directive.

Ref: Equipment intended for use in domestic environments where leak-ages of gases, mists etc. are not fuel gasThis subject was discussed at the ATEX Standing Committee on the 6th & 7thFebruary 2003. The following is a summary of that discussion:The ATEX Directive 94/9/EC contains the following exclusion:“- equipment intended for use in domestic and non-commercial environ-ments where potentially explosive atmospheres may only rarely be created,solely as a result of the accidental leakage of fuel gas.”The question was raised at the ATEX Standing Committee on 6-7th February2003 as to whether this implicitly conveys the meaning that such equipment,where the leakage is not fuel gas, are included in the scope of ATEX Directive94/9/EC.It was agreed that, as a general rule, such types of equipment are excludedfrom the Directive as they are not intended for use in a potentially explosiveatmosphere.

Notified Bodies and Type Examination Certificates

At the ATEX Standing Committee held on 4th December 2003 the above sub-ject was discussed, in particular with respect to the responsibilities of aNotified Body and the treatment of Type Examination Certificates issued.A Type Examination Certificate attests that a specimen (including instruc-tions, as appropriate) representative of the production envisaged by themanufacturer fulfils the relevant applicable provisions of the Directive, inparticular the Essential Health and Safety Requirements (EHSRs) (1).It is issued to the manufacturer but remains the property of the NotifiedBody.The question arises as to the actions that need to be taken by the Body whenthe “generally acknowledged state of the art” has developed.It is clear that the original specifications applied may continue to show fulfil-ment of the EHSRs and the Type Examination Certificate then remains valid.However, over time the “generally acknowledged state of the art” can developsubstantively such that the specifications originally applied no longer ensurethe type examined complies with the EHSRs. It should be noted that the ques-

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tion of whether there has been substantive development of the state of the artis not left to discretionary interpretation by the Notified Body, but has equallyto be generally acknowledged. In such cases further action is required as theType Examination Certificate has become incorrect and the Notified Bodymust inform the manufacturer that the Certificate is no longer valid.It should be noted, however, that this action will have no retroactive effectand, therefore, will not affect products placed on the market and/or put intoservice whilst the manufacturer was in possession, where appropriate, of avalid Certificate.Given reasonable transition periods and knowledge of current develop-ments, it is expected that the Notified Body will have sufficient time to con-tact the manufacturer and to undertake the necessary re-evaluation so thatthere is a smooth transition from one set of applied specifications to another.It should also be re-affirmed that the overall responsibility for compliance ofthe product rests with the manufacturer who, where required, must ensurethat a valid Certificate is in his possession. There are therefore parallel respon-sibilities for ensuring that validity is assured - the manufacturer to have a validCertificate (if relevant) and the Notified Body that the existing Certificate iscorrect in its evaluation that the type continues to meet the EHSRs.Readers of this Consideration Paper will need to be aware that this paper isto be discussed with Member States in relation to ongoing work in responseto the recent Council Resolution on “Enhancing the Implementation of theNew Approach Directives” (2).(1) Cf. Annex III paragraph 1 to Directive 94/9/EC (ATEX); Annex II(“Modules for Conformity Assessment”) to Council Decision 93/465/EEC of22 July 1993(2) OJEU C 282, 25.11.2003, p. 3

EC Declaration of Conformity

This subject was discussed at the ATEX Standing Committee on the 6th & 7thFebruary 2003. The following is a summary of that discussion.What information has to be contained in the EC Declaration of Conformityin respect of the Notified Bodies involved in the conformity assessment pro-cedure?At Annex 10 B to the ATEX Directive it is clear that the Declaration must con-tain, where appropriate, the name, identification number and address of thenotified body and the number of the EC-type-examination certificate. Thename and address of a Notified Body involved in the production phase,where relevant, is not a mandatory requirement.

Notified Bodies and Retention of documentation

At the ATEX Standing Committee held on 4th December 2003 the above sub-ject was discussed. The following is a result of that discussion.

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Under Article 8.1 (b)(ii) of the ATEX Directive 94/9/EC the manufacturer isrequired to undertake the conformity procedure at Annex VIII and then:“communicate the dossier provided for in Annex VIII, paragraph 3 to aNotified Body which shall acknowledge receipt of it as soon as possible andshall retain it”.It was agreed that Bodies notified for this procedure should be so accordingto Article 8.1 (b)(ii) and not to Annex VIII are this latter procedure does notinvolve a Notified Body.It was also clarified that this dossier is not returned to the manufacturer onrequest (but may be added to), and that in general it is retained for a periodof ten years following the last placing of the product onto the market.With respect to the media used, it was accepted that, to reduce “red tape”,this dossier may be in electronic format so long as it is legible and “readable”over the period concerned.

Retention of Documentation - Quality Assurance

This subject was discussed at the ATEX Standing Committee on the 6th & 7thFebruary 2003. The following is a summary of that discussion.According to Annex IV, paragraph 5 of the ATEX Directive 94/9/EC the man-ufacturer, or where relevant, the authorised representative or importer) shall,for a period ending at least 10 years after the last piece of equipment was man-ufactured, shall be able to make available to the national authorities:– the documentation of the quality system;– updating of the quality system;– audit reports and certificates of the notified body.Larger organisations have a certified quality management system accordingto the ISO 9000 standards. For these manufacturers it is difficult to keep allquality documents and all changes to the quality system for a such a long pe-riod. It is the opinion of the ATEX Standing Committee that the requirementsin Annex IV, paragraph 5 of the ATEX Directive 94/9/EC are fulfilled if themanufacturer keeps at the disposal of the national authorities at least the ac-tual quality management system documents + the following documentswhich have to be kept for a period ending at least 10 years after the last pieceof equipment was manufactured:– audit reports and certificates of the ISO 9000 certifier. This will be one or

two audit reports per year that include the actual state at that moment ofthe quality system with changes;

– audit reports and notifications of the notified body that issued theProduction Quality Assurance Notification.

The above consideration is against the background that this documentationshall always be sufficient so as to enable surveillance authorities to deter-mine that the relevant conformity assessment procedure(s) was/ were ap-

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plied in a satisfactory manner and that the relevant obligations of the ATEXDirective 94/9/EC were fulfilled.

Marking of components

The question has arisen, whether marking of components is mandatory.Strictly speaking, Directive 94/9/EC explicitly requires marking in Annex II,clause 1.0.5., only for equipment and protective systems. The question,whether components should nevertheless be marked in order to facilitate theimplementation to the Directive, has particular practical relevance in cases• where it is difficult to recognise the difference between ATEX components

and standard components, and• where a manufacturer who wanted to use a component might have seri-

ous problems for his own risk assessment, if he had no indication aboutthe category of the component.

Apart from the question of marking, the Directive requires an attestation ofconformity for components. The latter shall give all the necessary informa-tion stating the characteristics. This normally occurs assigning to the compo-nent an explosion classification according to relevant harmonised standards,which looks like a marking (e.g. Ex II 1/2 GD cb Tx or Ex II 1 GD c Tx).For components having an own potential ignition source or which are clear-ly correlated (with respect to the properties of the component) to equipmentwith a given category, it has been considered that without the definition ofgroup and category, the necessary conformity procedure of the equipment,which the component will be incorporated to, cannot be performed.In some cases the conformity procedure can only be performed, if the equip-ment, which the component will be incorporated to, is defined, and if this in-corporation is a matter of the conformity procedure.Therefore, the it is recommended to mark components, which can be as-sessed with respect to a certain category and group of equipment, indicatingthis category and group in the marking.Moreover, it is recommended to mark components for autonomous protectivesystems, which can be assessed with respect to the characteristic properties ofthe latter, as far as sensible indicating these characteristics in the marking.It has also to be considered that size can definitely be a problem, which im-pedes marking on a product. In these cases, the information should be givenin the accompanying documentation and on the packaging of the componentsubject to marking.Finally, it is recalled that, according to directive 94/9/EC, ATEX componentsshall not bear the CE-marking.

Which conformity assessment procedures have to be performed in the caseof different categories within one product, or mixes of equipment and pro-tective systems according to Article 1.3 b?

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APPENDICE 1 255

If a product is made of parts which are assigned to different conformity as-sessment procedures it will be up to the manufacturer to decide how theseparts and the whole product shall be placed on the market. The manufactur-er can decide to realise the appropriate conformity assessment proceduresfor each part or for the whole product, even if he decides to place the productas an entity on the market. In the case of separate conformity assessmentprocedures for each part of the assembled equipment (called assembly in theGuidelines to Directive 94/9/EC), the manufacturer may presume conform-ity of these pieces of equipment and may restrict his own risk assessment ofthe assembly to those additional ignition and other hazards, which becomerelevant because of the final combination. If additional hazards are identifieda further conformity assessment of the assembly regarding these additionalrisks is necessary.If the manufacturer explicitly asks a Notified Body to assess the entire product,then that conformity assessment procedure has to be applied, which covers thehighest requirements. The involved Notified Body shall include into the EC-type examination all aspects of the product. Existing conformity declarationsof the manufacturer for parts of the product should be considered.The Notified Body should inform the manufacturer about the possibilities ofseparate conformity assessment procedures for each part of the assembly aspointed out by the Guidelines to Directive 94/9/EC.

Any certificate issued by the Notified Body should make clear which as-pects of the product have been assessed by the NB, and which have beenassessed by the manufacturer alone.

Example: Vapour recovery pump for petrol stations(a) The pump is sucking the petrol vapour-air mixture from the atmosphereand is conveying it in pipe-work attributed to zone 0. Accordingly it is con-nected at its inlet and outlet to a potentially explosive atmosphere classifiedas zone 0.The pump itself is placed in a one 1 environment.With regard to the inlet and outlet connection the pump then has to complywith the requirements for category 1 equipment. The corresponding EC-typeexamination (equipment) has to be carried out by a Notified Body.With regard to the remaining (outer) body and integrated parts of the pumpthe Notified Body includes the necessary category 2 assessment into the cer-tification, even if there are only non-electrical ignition sources to be consid-ered.Both categories shall be indicated in the EC-type examination certificate,making however clear which aspects of the product have been assessed bythe NB, and which have been assessed by the manufacturer alone, and in themarking.For those category 2 parts of the pump, which show only non-electrical igni-tion sources and which are placed separately on the market, and for which

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the technical documentation has been communicated to a Notified Body, anEC declaration of conformity (for equipment) or a written attestation of con-formity ( for components) of the manufacturer are sufficient.(b) Often the pump is expected to prevent the passage of a deflagration flamefrom the inlet to the outlet connection, as typical vapour recovery pumps con-tain flame arresters in the inlet and outlet pipe. In this case the pump simulta-neously may qualify as protective system (in-line deflagration arrester).A Notified Body – after having carried out a corresponding assessment of theflame arresting capability – may then issue a separate EC-type examinationcertificate for the pump as protective system.In case that both aspects (equipment and protective system) have been as-sessed by the same Notified Body, only one EC-type examination certificatemay be released.

How should the Directive be applied to filter units? (revised version)

The following was discussed at the ATEX Standing Committee held on the1st of December 2005.Most filters will have an explosive dust cloud inside at some point duringnormal operation. The inside may be areas in which an explosive atmos-phere caused by air/dust mixtures are present continuously, for long periodsor frequently, or areas in which such an atmosphere is likely to occur, de-pending on the operating conditions. Many filters are located in the open air,or in a room in a building which does not need to be classified as hazardous.With the exception of 5)a) and 7) the description below of different cases as-sumes that filters themselves will not be a source of dust release that wouldgive rise to a potentially explosive atmosphere in the surrounding area.This description also considers that many apparatuses with filters inside arefitted with explosion protection devices, such as vent panels, doors or sup-pression equipment.

1. The filter has no moving parts or electrical equipment on the inside,and is located in a non hazardous area.

2. The filter has moving parts inside that can be considered as mechanicalequipment, such as a bag shaking mechanism, or a screw feeder to re-move collected dust. The whole filter is located in a non-hazardousarea.

3. The complete filter has electrical equipment inside, such as a pressureswitch, or level switch on the container that collects the dust.

4. The complete apparatus with the filter is fitted by the manufacturerwith explosion vent panels or doors, supplied by another manufacturer.

5. The complete apparatus with the filter is fitted with explosion ventpanels or doors produced and integrated into the filter by the filtermanufacturer themselves.

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APPENDICE 1 257

6. A - normally small - apparatus with only a filter sock, plastic collectionbag and fan, but no metal enclosure.

7. An apparatus with a filter is intended to be installed in an area, inwhich air/dust mixtures are unlikely to occur or, if they do occur, arelikely to do so only infrequently and for a short period only.

1. The filter has no moving parts or electrical equipment on the inside,and is located in a non hazardous area.Conclusion:These filters are not in scope of the directive 94/9/EC.Electrostatic hazards may exist from insulating surfaces inside the filter,or from the filter elements. This risk depends for example on the proper-ties of the dust being collected, and other operating conditions. But anyelectrostatic risks are not considered as giving the filter its own potentialsource of ignition, so these filters do not fulfil the definition of equipmentin Article 1(3)a.Remark: This filters even do not fulfil the other criteria of the definition.The electrostatic risks can be covered by other directives, for example theMachinery Directive when the filter is part of a machine. In this case themanufacturer of the machine is responsible to avoid this risk according tothe regulations of the Machinery Directive. In all cases these risks must becontrolled by the user under Directive 1999/92. The electrostatic risks arecovered in EN 13463-1.

2. The filter has moving parts inside that can be considered as mechanicalequipment, such as a bag shaking mechanism, or a screw feeder to re-move collected dust. The whole filter is located in a non-hazardousarea.Conclusion:The manufacturer must assess whether the moving parts create its ownpotential source of ignition. If the moving parts do not create any poten-tial source of ignition, perhaps because they have low power, or movevery slowly, the situation is the same as case 1, and the filter is not inscope of the directive.Remark: Low power in this sense is not given, when for example the power sourceis strong and only the power inside the equipment is reduced by protection meth-ods in order to avoid an ignition risk. There is a similar situation in case of theelectrical type of protection the “intrinsic safety”.If the mechanical equipment on the inside does create an ignition risk,this equipment (as part of the complete apparatus) must comply with theDirective 94/9/EC (see chapter 4.1.2.3 of the Guidelines).When inside the filter an explosive atmosphere caused by air/dust mix-tures is present continuously, for long periods or frequently and protectedfrom an explosion by vents, doors or suppression equipment, accordingto Annex I conformity of the inside equipment to category 1 should be

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reached. But this will in respect of the state of the art not always be possi-ble. In these cases according to– Annex II A technological knowledge must be taken into account

and– Annex II 1.0.1 the principles of integrated explosion safety must be ap-

plied.

That means when it is not possible to prevent the ignition source sufficiently- according to the “state of the art” - to reach category 1, category 2 can besufficient when the manufacturer takes additional measures “to halt it im-mediately and/or to limit the range of explosion flames and explosion pres-sures to a sufficient level of safety” (see Annex II 1.0.1 indent 3). It is in the re-sponsibility of the manufacturer to take this decision.The explosion vent can be seen as one means of protection as described un-der Annex II 2.1.2.1.In this case, and if the complete apparatus (filter with explosion vent panelor doors) is produced and integrated by the same manufacturer, not only themechanical but all equipment inside falls under the scope of Directive94/9/EC. Consequently the manufacturer takes the following measures:• preventing sufficiently the ignition source inside (according to the “state

of the art”);• selecting an appropriate protective system in order to limit the range of

explosion flames and pressure;• designing the filter in such a way that it can withstand an internal explo-

sion without rupturing (design for the reduced explosion pressure in con-junction with explosion pressure relief or explosion suppression).

3. The complete filter has electrical equipment inside, such as a pressureswitch, or level switch on the container that collects the dust.Conclusion:This electrical equipment is equipment in the sense of Article 1.1 of theDirective 94/9/EC and therefore must comply with this directive.

4. The complete apparatus with the filter is fitted by the manufacturerwith explosion vent panels or doors, supplied by another manufacturer.Conclusion:These panels or doors are ‘protective systems’ in the sense of the Directive94/9/EC and the manufacturer of these systems has to apply the direc-tive when placing this as an autonomous system on the market. Thatmeans the procedure set out in Article 8.2 has to be applied and they mustbe CE and Ex marked. Selecting the correct panel or door (for example:size, quality, function) depends on the application and has to be done bythe manufacturer of the apparatus.

5. The complete apparatus with the filter is fitted with explosion ventpanels or doors produced and integrated into the filter by the filtermanufacturer themselves.

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APPENDICE 1 259

Conclusion:We have to distinguish two cases:a) the complete apparatus is in the scope of the Directive 94/9/EC;b) the complete apparatus is not in the scope of the Directive 94/9/EC.Case a)These are not autonomous protective systems according to Article 1(3)bbecause they are placed on the market as a part of an equipment in thesense of Article 1 (3)a and not separately. Therefore Article 8 (2) has not tobe applied. The protective system alone is not in the scope of the directivebut the whole equipment. That means the conformity procedure of theequipment includes the protective system.However, if the manufacturer sells complete replacement vent panels ordoors as spare parts, these are autonomous protective systems, separatelyplaced on the market and then he must apply the Directive 94/9/EC.That means they must for example be tested, CE and Ex marked in thesame way as complete panels or doors separately placed on the marketfrom other manufacturers.Case b)These are autonomous protective systems according to Article 1.3 b be-cause they are separately placed on the marked in the sense of the directiveand therefore Article 8(2) has to be applied. That is because they are notplaced on the market as a part of an equipment in the sense of Article 1(3)a.In case 4 or 5, the manufacturer in any case carries responsibility for en-suring that the body of the filter will not fail in the event of an explosion,even though it is not covered by specific EU legislation. Users should askthe manufacturers how they can be sure that the filter complies with thesafety requirements of the Work Equipment Directive 89/655/EC amend-ed by 95/63/EC and 2001/45/EC; especially Annex I, 2.7.

6. A - normally small - apparatus with only a filter sock, plastic collec-tion bag and fan, but no metal enclosure.Conclusion:If during the intended use a dangerous explosion pressure cannot beformed in such a small apparatus when a dust cloud inside the filter is ig-nited, the inside is not to be classified as a hazardous area and the equip-ment used inside is not in the scope of the Directive 94/9/EC.This is the case with some filters used for collecting wood dust and wood-waste.

7. An apparatus with a filter is intended to be installed in an area, inwhich air/dust mixtures are unlikely to occur or, if they do occur, arelikely to do so only infrequently and for a short period only.Conclusion:In respect of the complete apparatus the Directive 94/9/EC is only rele-vant for the manufacturer, if it is equipment in the sense of this directive.To find out if the whole apparatus is such equipment, the manufacturer ofthis apparatus for example must examine if it creates any possible sources

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of ignition, which can ignite an explosive atmosphere on the outside.When this can happen, he has to apply the Directive 94/9/EC.The apparatus must in this case conform to category 3.Remark: Equipment of this type may be needed if there are for example sources ofdust release from other equipment nearby.

Atex Directive 94/9/EC and its application to gas turbines (revised version)

1. It was accepted by all concerned that:– gas turbines on their own are not normally placed on the market as a sin-

gle functional unit but are generally incorporated with other machinerybefore they can function, and will only function as intended once they areproperly installed;

– since 30 June 2003, manufacturers and users of gas turbines need to com-ply, in addition to the machinery directive, as appropriate with the require-ments of both ATEX Directives 94/9/EC and 1999/92/EC respectively –relating to design and manufacture of such equipment and the health andsafety of workers potentially at risk of explosive atmospheres;

– gas turbine fuel supplies may give rise to a potentially explosive atmos-phere in the vicinity of the turbine. Additionally, other sources of a poten-tially explosive atmosphere may also exist, e.g. lubricating oils. Equipmentin category 3 of equipment-group II would usually be required in suchareas;

– in normal circumstances, a gas turbine could have hot surfaces above theauto ignition temperature of the fluids used. Operation under fault condi-tions may increase surface temperatures;

– a gas turbine which has surface temperatures that can lead to the ignitionof a potentially explosive atmosphere cannot comply with the relevantprovisions of directive 94/9/EC. In such circumstances additional meas-ures are required.

2. Given the above, the obligations of the manufacturer and user of gas tur-bines need to be considered. It should be noted that in all instances of thefollowing guidance the general concepts described in chapters 4.1.2.3 and4.1.2.4 of the Guidelines on the application of directive 94/9/EC will apply(e.g. ATEX compliant equipment must be used, where applicable, insidemachinery).– Although manufacturers must, to the state of the art, eliminate or control

sources of ignition, it may not be technically possible to reduce the tem-perature of all hot surfaces to comply with the Essential Health and SafetyRequirements of the ATEX Directive 94/9/EC (1).

– A number of alternatives are available for selection as a basis for safety,e.g. limitation of the volume of the explosive atmosphere by dilution ven-tilation (2), explosion relief, explosion suppression or a combination ofthese techniques.

– A supplier (this may be the turbine manufacturer, packager, installer, final

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APPENDICE 1 261

supplier, etc. and in some cases the end user) delivering gas turbine ma-chinery and associated safety devices is responsible for risk assessmentand implementation of the chosen basis of safety under Directive 94/9/EC.Irrespective of the chosen basis of safety there is the potential for an ex-plosive atmosphere to arise near the turbine, and proper considerationshould be given to minimising the risk of ignition. The supplier as de-scribed above is also responsible for the communication of instructionsfor safe use and any residual risk to the end user sufficient for the comple-tion of risk assessments under the relevant work place directives.

– Interested parties should consider Chapter 3 of the Commission guidanceon the ATEX Directive 94/9/EC, which provides further information onthe relevant responsibilities.

3. In full application of the above guidance, a gas turbine as a complete ma-chine the ignition sources of which have no interface to a potentially ex-plosive atmosphere outside the enclosure does, however, not fall underscope of the ATEX Directive 94/9/EC and as such cannot be affixed with thespecial marking for explosion protection and other marking detailed atAnnex II, EHSR 1.0.5. of the Directive.4. It is evident that a gas turbine as a complete machine is considered to be anassembly in the sense of directive 94/9/EC and shall be marked accordingly,if it is intended to be used in a potentially explosive atmosphere.

(1) Annex II, EHSR 1.3.1 “Potential ignition sources such as […], high surfacetemperatures, […] must not occur”.(2) Dilution ventilation reduces the size of any flammable cloud to belowthat which would result in a hazardous explosion if ignited. In order that thedilution ventilation ensures a negligible risk of an explosive atmosphere atall times, the ventilation system should have additional safety features suchas e.g.: a 100% standby fan; an uninterruptible power supply to the ventila-tion fans; interlocks so that the gas turbine cannot start without sufficientventilation; proven automatic isolation of fuel supply if ventilation fails.

Petrol pumps (revised version)

This subject was discussed at the ATEX Standing Committee meetings on the6th & 7th February 2003, and on the 30th November 2006. The following is asummary of those discussions.It was recalled that, whilst Categorisation of equipment was always the soleresponsibility of the manufacturer, the view of the majority of the ATEXStanding Committee considered that, under normal circumstances, petrolpumps may be suitably categorised as Category 2.Given this, and the fact that the assembly is sufficiently complicated and in-cludes an electrical motor – with an additional ignition hazard as a result ofassembling pump and motor –, the majority of the members concluded thatNotified Body intervention with respect to the completed assembly was re-

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quired, in line with the complete conformity assessment procedures outlinedin the ATEX Directive 94/9/EC (Annex III: EC-type examination). See alsothe ATEX Guidelines, 3.7.5 “Assemblies”, point 2 c).

Should cables be marked according to the ATEX directive?Cables are not covered by product related ATEX directives (neither as equip-ment neither as components) because in most cases they fall into the field ofinstallations, and as such, cables have never been regarded as an ignitionsource of considerable risk in hazardous areas if protected properly in a me-chanical and electrical manner.Furthermore and with a view to the extreme variety of possible situations ofapplication in equipment devices in the scope of directive 94/9/EC, a reli-able and serious list of ATEX-conforming cables seems not to be practicable.End users and installers may choose cables according to the state of the artand according to the requirements of the Low Voltage Directive 73/23/EEC.Cables conforming to the latter Directive are considered to be adequate foruse in products falling under the scope of Directive 94/9/EC.Consequently, cables should bear no marking according to directive 94/9/EC.

When a mechanical seal[1] is a machinery element and when an Atex-com-ponent

DEFINITION:A mechanical seal is a device which prevents leakage of fluids along rotatingshafts. Primary seal function is at right angles to the axis of rotation betweenone stationary ring and one rotating ring.

MACHINERY ELEMENT:These are parts of machinery not defined within 94/9/EC.Most mechanical seals are machinery elements. Typically these seals are:• catalogue mechanical seals and their parts, selected by the equipment

manufacturer alone or with assistance from the mechanical seal manufac-turer;

• mechanical seals stocked by the equipment manufacturer or end user forgeneral applications;

• mechanical seals used for applications where the service conditions arenot closely specified;

• non cartridge-seals and parts;• standard cartridge-seals.

Mechanical seals will also be machinery elements if a risk assessment by themechanical seal or equipment manufacturer shows that the seal is not ex-pected to be an ignition source even in the event of fault conditions.

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APPENDICE 1 263

ATEX COMPONENT:The following definition is taken from the European Commission ATEX Guideline(Second edition).The two defining elements for components are that they,• are essential to the safe functioning of equipment and protective systems

with respect to explosion protection (otherwise they would not need to besubject to the directive);

• with no autonomous function (see 3.8) (otherwise they would have to be regard-ed either as equipment, protective system or as device according to Article 1.2).

Engineered mechanical seals maybe classified and sold as ATEX compo-nents. Typical examples are:• mechanical seals for specific applications where close co-operation be-

tween mechanical seal manufacturer and equipment manufacturer is re-quired and will often result in a specifically designed mechanical seal;

• mechanical seals for some category 1 equipment.

In this case the mechanical seal manufacturer shall supply sufficient infor-mation about the performance of the seal so that the equipment manufactur-er does not need to repeat unnecessary efforts such as tests or calculationsconcerning the mechanical seal in order to ensure that the equipment com-plies with ATEX requirements. The equipment manufacturer shall supplysufficient information about the intended application and equipment.

RESPONSIBILITIES:A) Mechanical seal manufacturer:Case 1: Mechanical Seals supplied as Machinery ElementIt is normal practice that the manufacturer of mechanical seals supplied asMachinery Element provides complete documentation for safe use of hisproduct i.e.instruction manual for incorporation into equipment, which shall includesafety aspects and limits of operation.

Case 2: Mechanical Seals supplied as ATEX ComponentsMechanical seals shall comply with article 8.3 of 94/9/EC ATEX Directive.An ATEX component mechanical seal shall be supplied at least with the fol-lowing information:• all information/documentation given for case 1;• results of relevant calculations and/or tests that have been carried out;• a temperature rating as far as possible;• an indication of the category;• a list of ATEX essential safety requirements that the mechanical seal com-

plies with;• what fault conditions have been considered for category 1 or 2 mechani-

cal seal;

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• a close specification for intended use, for example gas group;• a certificate of conformity;• marking for components in accordance with the latest ATEX Guidelines.B) Equipment Manufacturer:In all cases the equipment manufacturer is responsible for the entire packagewithin his scope of supply and therefore it will be required to comply witharticle 8.1 of 94/9/EC ATEX Directive.

[1] This consideration paper does not consider mechanical seal control sys-tems.

Safe openings - annex II, 1.2.6

Annex II, Essential requirement 1.2.6 reads as follows:1.2.6. Safe openingIf equipment and protective systems are in a housing or a locked containerforming part of the explosion protection itself, it must be possible to opensuch housing or container only with a special tool or by means of appropri-ate protection measures.Even though there is now only “special fastenings”, the three historic levelsof “safe opening” are not precluded by the essential requirement 1.2.6 and itis not the intention of directive 94/9/EC to require a level of safety higherthan that required by the third editions of EN 50014 series of standards forthe equivalent zone of risk.Level 1, the use of “Special Tools” e.g. on fasteners with hexagonal socketheads can still be used as specifically described by 1.2.6.Level 2, the use of fasteners which require some form of tool to open the doore.g. a simple screwdriver, an adjustable spanner, or a key, are allowed in 1.2.6where the additional “appropriate protection measure” would be the pres-ence of a warning label requiring the operator to “De-energise before open-ing” or similar text.Note: To qualify for Level 2 a “key” operated fastener (if used) should be used in con-junction with a lock mechanism that automatically locks the door in the closed posi-tion when the door is closed. The use of a lock which requires the use of a key to lockit in the closed position is not allowed for Level 2 since the operator may choose notto lock the door again when the door is closed and the additional protection requiredis no longer provided.Level 3, the use of a door fastener which would allow the operator to openthe door of the enclosure without the use of any tool i.e. with the “barehands”, is also not prevented by 1.2.6. However because of the increasedpersonal and explosion risk additional measures have to be applied e.g. theuse of an electrical or mechanical interlock to de-energise automatically theinterior of the enclosure as well as the conspicuous presence of the warninglabel used in Level 2 above.

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APPENDICE 1 265

Fork lift trucks intended for use in potentially explosive atmospheres (re-vised version)Fork lift trucks intended to be placed on the Community market for use in apotentially explosive atmosphere are considered assemblies (see chapter3.7.5 of the Guidelines to ATEX Directive 94/9/EC). They must also, whererelevant, comply with other applicable directives (e.g. Machinery 98/37/EC,Electromagnetic Compatibility 89/336/EEC).A fork lift truck, which complies with all applicable directives, must be placedon the market by a single responsible person. More than one CE marking,EC-declaration of conformity, etc. makes it unclear who is responsible for thecompliance of the final product and is not acceptable.The responsible person must have the means to show that there is full compli-ance with all applicable directives, also those dealt with by possible subcontrac-tors.

Selection of the conformity assessment procedures

The conformity assessment procedure according to directive 94/9/EC de-pends on the category of the product. In the all well-known cases explosion-proof fork-lift-trucks are to be assigned to the categories 2 or 3.Fork lift trucks can be regarded for the selection of the conformity assessmentprocedure as combined equipment which if necessary contains a internal com-bustion engine, as well as different electrical and non electric devices.Fork lift trucks category 2:– internal combustion engines and the electrical equipment must be sub-

mitted to the conformity assessment procedure in accordance with Art.8.1 (b) i of the directive 94/9/EC; for both, the procedure of the EC con-formity assessment procedure according to the Art. 8.1 (b) i is to be ac-complished by an notified body in any case;

– the manufacturer has to ascertain that there are no additional ignitionrisks due to the combination of electrical equipment. This means for ex-ample a change of the temperature class. Usually the combination of com-ponents (EC Type Examination Certificate of components) does not fulfilthese requirements;

– the combined equipment (fork-lift truck) is neither electrical equipmentnor another internal combustion engine, therefore Art. 8.1 (b) ii of direc-tive 94/9/EC applies to the conformity assessment procedure for the cat-egory 2: The manufacturer must use the internal production control in ac-cordance with appendix VIII (including design and production) and de-posit the technical documentation with a notified body in accordancewith Art. 8.1 (b) ii; the notified body has to confirm the receipt of thesedocuments immediately.

Fork lift trucks category 3:For category 3 the manufacturer must use the procedure of the internal pro-duction control in accordance with Annex VIII to Directive 94/9/EC.

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266 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

All fork lift trucks categories:In all categories, the manufacturer can choose to use the procedure of the ECindividual examination according to Annex IX to Directive 94/9/EC.

Other directives applyingThe manufacturer has to fulfil the requirements of all directives appropriateto his product. In particular, the manufacturer has to guarantee that the forklift truck complies with the essential health and safety requirements of theMachinery Directive 98/37/EC in the case of conversion to an explosionproof fork lift truck.

EC declaration of ConformityPreferably the manufacturer should draw up a conformity declaration whichsummarizes the conformity declarations for all directives applying.Alternatively the conformity declaration according to Directive 98/37/ECand/or EMC guideline can be issued separately.

Which conformity assessment procedures have to be performed in the caseof different categories within one product, or mixes of equipment and pro-tective systems according to Article 1.3 b?

If a product is made of parts which are assigned to different conformity assess-ment procedures it will be up to the manufacturer to decide how these partsand the whole product shall be placed on the market. The manufacturer candecide to realise the appropriate conformity assessment procedures for eachpart or for the whole product, even if he decides to place the product as an en-tity on the market. In the case of separate conformity assessment proceduresfor each part of the assembled equipment (called assembly in the Guidelines toDirective 94/9/EC), the manufacturer may presume conformity of these piecesof equipment and may restrict his own risk assessment of the assembly tothose additional ignition and other hazards, which become relevant because ofthe final combination. If additional hazards are identified a further conformityassessment of the assembly regarding these additional risks is necessary.If the manufacturer explicitly asks a Notified Body to assess the entire product,then that conformity assessment procedure has to be applied, which covers thehighest requirements. The involved Notified Body shall include into the EC-type examination all aspects of the product. Existing conformity declarationsof the manufacturer for parts of the product should be considered.The Notified Body should inform the manufacturer about the possibilities ofseparate conformity assessment procedures for each part of the assembly aspointed out by the Guidelines to Directive 94/9/EC.

Any certificate issued by the Notified Body should make clear which as-pects of the product have been assessed by the NB, and which have beenassessed by the manufacturer alone.

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APPENDICE 1 267

Example: Vapour recovery pump for petrol stations(a) The pump is sucking the petrol vapour-air mixture from the atmosphereand is conveying it in pipe-work attributed to zone 0. Accordingly it is con-nected at its inlet and outlet to a potentially explosive atmosphere classifiedas zone 0.The pump itself is placed in a one 1 environment.With regard to the inlet and outlet connection the pump then has to complywith the requirements for category 1 equipment. The corresponding EC-typeexamination (equipment) has to be carried out by a Notified Body.With regard to the remaining (outer) body and integrated parts of the pumpthe Notified Body includes the necessary category 2 assessment into the certi-fication, even if there are only non-electrical ignition sources to be considered.Both categories shall be indicated in the EC-type examination certificate, mak-ing however clear which aspects of the product have been assessed by the NB,and which have been assessed by the manufacturer alone, and in the marking.For those category 2 parts of the pump, which show only non-electrical igni-tion sources and which are placed separately on the market, and for whichthe technical documentation has been communicated to a Notified Body, anEC declaration of conformity (for equipment) or a written attestation of con-formity ( for components) of the manufacturer are sufficient.(b) Often the pump is expected to prevent the passage of a deflagration flamefrom the inlet to the outlet connection, as typical vapour recovery pumps con-tain flame arresters in the inlet and outlet pipe. In this case the pump simulta-neously may qualify as protective system (in-line deflagration arrester).A Notified Body – after having carried out a corresponding assessment of theflame arresting capability – may then issue a separate EC-type examinationcertificate for the pump as protective system.In case that both aspects (equipment and protective system) have been as-sessed by the same Notified Body, only one EC-type examination certificatemay be released.

Certificates and CE marking without the name of the original manufacturer

Case 1: Authorised RepresentativeThe manufacturer applies for assessment and the certificate, if granted, is inthe name of the manufacturer.The EC declaration of conformity and the application of the CE marking maybe effected either by the manufacturer or his authorised representative, butnot by both. Required marking shall show the manufacturer’s name and thenumber of the notified body involved in the manufacturer’s productionphase shall appear be placed after the CE marking.Any person who is not an authorised representative is not allowed to issuean EC declaration of conformity or to apply the CE marking.An authorised representative is assimilated with and regarded as an exten-

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268 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

sion of the manufacturer’s operation. The name of the manufacturer shall beon the rating plate.

Case 2: De facto ManufacturerAny person who is not the manufacturer may apply for assessment and, ifsuccessful, have the certificate granted in his name and puts his name on therating plate provided he can satisfy the chosen notified body that he is fullyresponsible and has control over the design of the saleable product.Irrespective of where the product is manufactured, he can issue the EC dec-laration of conformity, affix the CE marking and add the number of the noti-fied body concerned with the approval of the production phase provided heis fully responsible for and in control of the production.In this case, he is the de facto manufacturer of the product. He can show fullresponsibility by, for example, placing a sub-contract for production with theactual manufacturer. The de facto manufacturer, in this case, is also responsi-ble for engaging a notified body to approve and carry out periodic surveil-lance of the quality management system used in production, whether in theEU or elsewhere in the world.The number to be applied after the CE marking is that of the notified bodyappointed by the de facto manufacturer to assess the quality managementsystem.

Case 3: Second EC-type certificate in a second manufacturer’s nameA manufacturer A, whose quality management system is approved accordingto directive 94/9/EC by a Notified Body x, produces and sells equipment forwhich he holds an EC-Type examination certificate issued in his own name. Amanufacturer B, whose quality management system is approved according todirective 94/9/EC by another notified body y, applies for an EC-Type certifi-cate in his name, B, based on the certificate previously granted to manufactur-er A. On receipt of the certificate he then manufactures the product, issues hisown declaration of conformity, affixes the CE-mark with the identificationnumber of the notified body y and sells the equipment in his own name.Alternatively, manufacturer B may choose to have the equipment manufac-tured under sub-contract. In this case he must ensure that the quality systemused by the sub contractor is in compliance with the relevant requirements ofdirective 94/9/EC. If the quality system is again approved by notified bodyy the manufacturer B can issue his own declaration of conformity, affix theCE-mark together with the identification number of the notified body y andsell the product in his own name.Note: Although the procedure for issuing a second EC-type certificate in asecond manufacturer’s name is not explicitly covered by 94/9/EC, it wouldappear justifiable in order to support established commercial practices, e.g.manufacturing or selling under licence.In applying for the second certificate, manufacturer B will be expected tosubmit to the appropriate notified body:

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APPENDICE 1 269

– the original certificate;– a declaration by the original manufacturer that the equipment to be pro-

duced under the name of the second manufacturer will be identical withthe originally certified equipment;

– a declaration by the second manufacturer that the equipment brought tothe market will be identical to that originally certified, and

– a copy of the contractual agreement between A and B.The line of quality management could then be followed back to the originalCE-type assessment.

This paper has been formally approved by the procedure foreseen underArticle 6 of Directive 94/9/EC

Shall components subject to nb assessment required by the directive bemarked with the notified body’s number?

1. According to Article 1 (1) the Directive applies to equipment and protec-tive systems. Article 1 (3) provides that, for the purposes of the Directive,“equipment and protective systems intended for use in potentially explosiveatmospheres” comprises: (a) equipment; (b) protective systems; (c) compo-nents.Hence, the provisions of the Directive which apply to “equipment and pro-tective systems” apply to components unless otherwise specified.

2. The wording of Article 8 (3) confirms that it was the intention of the legis-lator to treat components as equipment or protective systems, in general, butfor those specific cases where explicit exceptions were defined. This is exclu-sively true for:– the CE marking (not allowed),and– the name of the document by which the conformity is declared (attestation

instead of declaration).

3. The requirement concerning the marking with the Notified Body’s num-ber is addressed in chapter III of the directive (i.e. Articles 10 and 11) on “CEconformity marking”. Article 10 (1) provides that, where a Notified Body hasbeen involved in the production control stage, the identification number ofthe Notified Body must be affixed next to the CE marking. It is clear from thewording of Article 10 (1) that CE marking and the marking with the NotifiedBody’s identification number are two separate requirements.It is therefore evident that:– the Notified Body’s number shall be placed on components, e.g. when re-

quired by the conformity assessment procedures required in Annexes VIor IX;

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270 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

– although the CE marking requirement does not apply to components dueto the specific provisions of Article 8(3), in the absence of an explicit pro-vision to the contrary, Article 11 shall be applied also to components;

– member States shall act on the basis of Article 11 against non-compliantcomponents in the same way as against non-compliant equipment or pro-tective systems;

– whenever Notified Bodies are involved in the production control stage ofcomponents, the Notified Body’s identification number should also beplaced on that component as required in Article 10(1), but certainly with-out the CE marking.

GUIDELINES DIRETTIVA PED

GL 1/48Final version adopted on 2004-03-17Guideline related to: Article 1 paragraph 2.1.4, 2.3 and 3.6, Annex I section2.2.1Question: Are Flame Arresters and flash back arresters covered by thePressure Equipment Directive (PED)?Answer: Yes, when the maximum allowable pressure PS they can be exposedto is above 0,5 bar, flame arresters and flash back arresters are covered by thePED and, in general, should be considered as pressure accessories.Such flame arresters are generally also covered by ATEX directive; in thatcase, they are excluded from PED if they do not exceed Category I (Article 1paragraph 3.6).Specific solutions to essential safety requirements shall take account of thepotential explosion, as a result of the hazard analysis; the essential safety re-quirements from ATEX directive need also to be taken into account.

Note 1: In accordance with Article 1 paragraph 2.3, PS would be the maxi-mum pressure for which the flame arrester housing is designed. PS is notnecessarily the explosion pressure; in any case the explosion pressure shallbe taken into account and may be considered as a load case following thehazard analysis (see Annex I section 2.2.1).Note 2: In general, the flame arresters will be classified using Annex II table6.Note 3: For the definition of flame arresters, see EN 12874:2001.Accepted by WPG on : 2004-01-20.Accepted by Working Group “pressure” on: 2004-03-17.

GL 9/24Final version adopted on 2004-03-18Guideline related to: Article 1, article 2 paragraph 2, article 3, article 4 para-graph 1, article 5 paragraph 1.

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APPENDICE 1 271

Question: What additional requirements for the design, manufacture andassessment of pressure equipment and assemblies covered by the PressureEquipment Directive (PED) containing explosive/inflammable fluids are al-lowed in national regulations in addition to the requirements of the PED?Answer:(1) All technical (design, manufacturing, conformity assessment) require-ments addressing hazards related to pressure are covered by the PED. Anyadditional national requirements related to pressure would constitute an im-pediment of the free movement of products falling into the scope of the PEDand are not permissible. The following are examples of non-permissible ad-ditional requirements:– specific requirements for protection against the release of the fluid;– specific requirements for materials due to the nature of the fluid;– specific requirements to avoid explosions/fires triggered by pressure (e.g.

local heating due to pressure energy converted into thermal energy).These aspects shall have been taken into account by the manufacturer as partof the hazard analysis.(2) The PED does not consider the prevention of and protection against ex-plosions/inflammations, which are not triggered by pressure (e.g. electro-static ignition of an explosive fluid, etc.). These hazards may be addressed bynational legislation, unless it is covered by other European legislation (e.g.ATEX Directive).

Note 1: This question is of particular relevance for national legislation onLPG, natural gas and hydrogen installations. Note 2: The PED provisions on risk analysis and categories for conformityassessment take into account the explosive/inflammable nature of the fluid.Note 3: However, national requirements can address installation conditionsof the pressure equipment or assembly, e.g. in order to protect operators, en-vironment or the pressure equipment/assembly itself.Issued by WPG on: 25 February 04.Submitted to Working Group “pressure” on: 18 March 2004.

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APPENDICE 2

Elenco delle norme armonizzate nell’ambito di applicazione delladirettiva 94/9/CE aggiornato al 12/12/2007

CEN EN 1010-1:2004Sicurezza del macchinario — Requisiti di sicurezza per la progettazione e lacostruzione di macchine per la stampa e per la trasformazione della carta —Parte 1: Requisiti comuni.

CEN EN 1010-2:2006Sicurezza del macchinario — Requisiti di sicurezza per la progettazione e lacostruzione di macchine per la stampa e per la trasformazione della carta —Parte 2: Macchine per la stampa e per la verniciatura comprese le attrezzatu-re di prepress.

CEN EN 1127-1:1997Atmosfere esplosive — Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’e -splosione — Parte 1: Concetti fondamentali e metodologia.

CEN EN 1127-2:2002Atmosfere esplosive — Prevenzione dell’esplosione e protezione control’esplosione — Parte 2: Concetti fondamentali e metodologia per attività inminiera.

CEN EN 1710:2005Apparecchi e componenti destinati a essere utilizzati in atmosfere potenzial-mente esplosive in miniere sotterranee.

CEN EN 1755:2000Sicurezza dei carrelli industriali — Impiego in atmosfere potenzialmenteesplosive — Utilizzo in presenza di gas, vapori, nebbie e polveri infiammabili.

CEN EN 1834-1:2000Motori alternativi a combustione interna — Requisiti di sicurezza per la pro-gettazione e la costruzione di motori per l’utilizzo in atmosfere potenzial-

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274 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

mente esplosive — Parte 1: Motori del gruppo II per l’utilizzo in atmosfere digas e vapori infiammabili.

CEN EN 1834-2:2000Motori alternativi a combustione interna — Requisiti di sicurezza per la pro-gettazione e la costruzione di motori per l’utilizzo in atmosfere potenzial-mente esplosive — Parte 2: Motori del gruppo I per l’utilizzo in lavori sotter-ranei in atmosfere grisoutose e/o con polveri infiammabili.

CEN EN 1834-3:2000Motori alternativi a combustione interna — Requisiti di sicurezza per la pro-gettazione e la costruzione di motori per l’utilizzo in atmosfere potenzial-mente esplosive — Parte 3: Motori del gruppo II per l’utilizzo in atmosfere dipolveri infiammabili.

CEN EN 1839:2003Determinazione dei limiti di esplosione di gas e vapori.

CEN EN 12581:2005Impianti di verniciatura — Macchinario per l’applicazione di prodotti verni-cianti liquidi organici per immersione ed elettroforesi — Requisiti di sicurezza.

CEN EN 12621:2006Macchinario per l’alimentazione e/o la circolazione di prodotti verniciantisotto pressione — Requisiti di sicurezza.

CEN EN 12757-1:2005Apparecchiature di miscelazione dei prodotti vernicianti — Requisiti di sicu-rezza — Parte 1: Apparecchiature di miscelazione per l’impiego nell’autocar-rozzeria di ritocco.

CEN EN 12874:2001Fermafiamma — Requisiti prestazionali, metodi di prova e limiti di utilizza-zione.

CEN EN 13012:2001Stazioni di servizio — Costruzione e prestazione delle pistole automatiche dierogazione per utilizzo nei distributori di carburante.

CEN EN 13160-1:2003Sistemi di rivelazione delle perdite — Parte 1: Principi generali.

CEN EN 13237:2003Atmosfere potenzialmente esplosive — Termini e definizioni per apparecchi

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APPENDICE 2 275

e sistemi di protezione destinati ad essere utilizzati in atmosfere potenzial-mente esplosive.

CEN EN 13463-1:2001Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 1:Metodo di base e requisiti.

CEN EN 13463-2:2004Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 2:Protezione mediante custodia a respirazione limitata «fr».

CEN EN 13463-3:2005Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 3:Protezione mediante custodia a prova di esplosione «d».

CEN EN 13463-5:2003Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 5:Protezione per sicurezza costruttiva «c».

CEN EN 13463-6:2005Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 6:Protezione mediante controllo della sorgente di accensione «b».

CEN EN 13463-8:2003Apparecchi non elettrici per atmosfere potenzialmente esplosive — Parte 8:Protezione per immersione in liquido «k».

CEN EN 13616:2004Dispositivi di troppopieno per serbatoi statici per combustibili liquidi deri-vati dal petrolio.

EN 13616:2004/AC:2006

CEN EN 13617-1:2004Stazioni di servizio — Parte 1: Requisiti di sicurezza per la costruzione e pre-stazioni dei distributori di carburante e delle unità di pompaggio remote.

EN 13617-1:2004/AC:2006CEN EN 13617-2:2004Stazioni di servizio — Parte 2: Requisiti di sicurezza relativi alla costruzionee alle prestazioni dei dispositivi di sicurezza per pompe di dosaggio e distri-butori di carburante.

CEN EN 13617-3:2004Stazioni di servizio — Parte 3: Requisiti di sicurezza relativi alla costruzionee alle prestazioni delle valvole di sicurezza.

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276 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

CEN EN 13673-1:2003Determinazione della pressione massima di esplosione e della velocità mas-sima di aumento della pressione di gas e vapori — Parte 1: Determinazionedella pressione massima di esplosione.

CEN EN 13673-2:2005Determinazione della pressione massima di esplosione e della velocità mas-sima di aumento della pressione di gas e vapori — Parte 2: Determinazionedell’aumento massimo della pressione di esplosione.

CEN EN 13760:2003Sistema di rifornimento del GPL carburante per veicoli leggeri e pesanti —Pistola, requisiti di prova e dimensioni.

CEN EN 13821:2002Atmosfere potenzialmente esplosive — Prevenzione dell’esplosione e prote-zione contro l’esplosione — Determinazione dell’energia minima di accen-sione delle miscele polvere/aria.

CEN EN 13980:2002Atmosfere potenzialmente esplosive — Applicazione dei sistemi di gestioneper la qualità.

CEN EN 14034-1:2004Determinazione delle caratteristiche di esplosione di nubi di polvere — Parte1: Determinazione della pressione massima di esplosione pmax di nubi dipolvere.

CEN EN 14034-2:2006Determinazione delle caratteristiche di esplosione di nubi di polvere — Parte2: Determinazione della velocità massima di aumento della pressione diesplosione (dp/dt) max di nubi di polvere.

CEN EN 14034-3:2006Determinazione delle caratteristiche di esplosione di nubi di polvere — Parte3: Determinazione del limite inferiore di esplosione LEL di nubi di polvere.

CEN EN 14034-4:2004Determinazione delle caratteristiche di esplosione di nubi di polvere — Parte4: Determinazione della concentrazione limite di ossigeno LOC di nubi dipolvere.

CEN EN 14373:2005Sistemi di soppressione delle esplosioni.

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APPENDICE 2 277

CEN EN 14460:2006Attrezzature resistenti alle esplosioni.

CEN EN 14491:2006Sistemi di protezione con sfiati contro le esplosioni di polveri.

CEN EN 14492-1:2006Apparecchi di sollevamento — Ar ga ni e paran chi ad azionamento motoriz-zato — Parte 1: Argani ad azionamento motorizzato.

CEN EN 14522:2005Determinazione della temperatura di auto accensione di gas e vapori.

CEN EN 14591-1:2004Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione in miniere sot-terranee — Sistemi di protezione — Parte 1: Struttura di ventilazione resi-stente ad un’esplosione di 2 bar.

CEN EN 14591-1:2004/AC:2006

CEN EN 14678-1:2006Attrezzature e accessori per GPL — Fabbricazione e prestazioni di attrezzatu-re per GPL per le stazioni di servizio per autoveicoli — Parte 1: Distributori.

CEN EN 14681:2006Sicurezza del macchinario — Requisiti di sicurezza per il macchinario e l’at-trezzatura per la produzione di acciaio con forno elettrico ad arco.

CEN EN 14973:2006Nastri trasportatori per uso in installazioni sotterranee — Requisiti di sicu-rezza e protezione contro l’infiammabilità.

CENELEC EN 50014:1997Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive — Regolegenerali.EN 50014:1997/A1:1999 EN 50014:1997/A2:1999 NOTA: probabilmente sarà sostituita dalla EN 60079-0

CENELEC EN 50015:1998Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive — Costru zio -ni immerse in olio «o».

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278 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

CENELEC EN 50017:1998Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive — Costru -zioni a riempimento polverulento «q».

CENELEC EN 50020:2002Costruzioni elettriche per atmosfere potenzialmente esplosive — Sicurezzaintrinseca «i».

CENELEC EN 50241-2:1999Specifica per le apparecchiature a percorso aperto per la rilevazione di gascombustibili o tossici — Parte 2: Requisiti di prestazione per le apparecchia-ture per la rilevazione di gas combustibili.

CENELEC EN 50281-2-1:1998Costruzioni elettriche destinate in ambienti con presenza di polvere combu-stibile — Parte 2: Metodi di prova — Metodi per la determinazione dellatemperatura minima di accensione della polvere.

CENELEC EN 50284:1999Prescrizioni particolari per la costruzione, prova e marcatura per le apparec-chiature elettriche appartenenti al gruppo II, categoria 1 G.

CENELEC EN 50303:2000Costruzioni elettriche di Gruppo I, Categoria M1, destinate a funzionare inatmosfere esposte a grisou e/o a polvere di carbone.

CENELEC EN 50381:2004Cabine ventilate trasportabili con o senza sorgente di emissione interna +Corrigendum 12.2005.

CENELEC EN 60079-1:2004Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte1: Custodie a prova di esplosione «d» (IEC 60079-1:2003).

CENELEC EN 60079-2:2004Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte1: Custodie a sovrapressione «p» (IEC 60079-2:2001).

CENELEC EN 60079-7:2003Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte7: Modo di protezione a sicurezza aumentata «e» (IEC 60079- 7:2001).

CENELEC EN 60079-15:2003Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte15: Modo di protezione «n» (IEC 60079-15:2001 (Modificata)).

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APPENDICE 2 279

CENELEC EN 60079-15:2005Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte15: Costruzione, prove e marcatura delle costruzioni elettriche avente mododi protezione «n» (IEC 60079-15:2005).NOTA: sostituisce la EN 60079-15:2003 dal 1.6.2008.

CENELEC EN 60079-18:2004Costruzioni elettriche per atmosfere esplosive per la presenza di gas — Parte18: Costruzione, prove e marcatura delle costruzioni elettriche con modo diprotezione ad incapsulamento «m» (IEC 60079-18:2004).

CENELEC EN 61779-1:2000Apparecchiature elettriche per la rilevazione e la misura di gas combustibili— Parte 1: Prescrizioni generali e metodi di prova (IEC 61779- 1:1998(Modificata)).

EN 61779-1:2000/A11:2004

CENELEC EN 61779-2:2000Apparecchiature elettriche per la rilevazione e misura di gas combustibili —Parte 2: Prescrizioni relative alle prestazioni di apparecchiature di Gruppo Iche indicano una percentuale in volume di metano nell’aria fino al 5% (IEC61779-2:1998 (Modificata)).

CENELEC EN 61779-3:2000Apparecchiature elettriche per la rilevazione e misura di gas combustibili —Parte 3: Prescrizioni relative alle prestazioni di apparecchiature di Gruppo Iche indicano una percentuale in volume di metano nell’aria fino al 100%(IEC 61779-3:1998 (Modificata)).

CENELEC EN 61779-4:2000Apparecchiature elettriche per la rilevazione e misura di gas combustibili —Parte 4: Prescrizioni relative alle prestazioni di apparecchiature di Gruppo IIche indicano una percentuale in volume fino a 100% del limite inferiore di in-fiammabilità (LEL) (IEC 61779-4:1998 (Modificata)).

CENELEC EN 61779-5:2000Apparecchiature elettriche per la rilevazione e misura di gas combustibili —Parte 5: Prescrizioni relative alle prestazioni di apparecchiature di Gruppo IIche indicano una percentuale in volume di gas fino al 100% (IEC 61779-5:1998 (Modificata)).

CENELEC EN 62013-1:2002Casco da utilizzare nelle miniere con presenza di grisou — Parte 1: Requisiti

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280 IL RISCHIO ESPLOSIONE E LE DIRETTIVE ATEX

generali — Costruzione e prove in relazione al rischio di esplosione (IEC62013-1:1999 (Modificata)).

CEN EN 14492-2:2006Apparecchi di sollevamento — Argani e paranchi motorizzati — Parte 1:Paranchi motorizzati.

CEN EN 14591-2:2007Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione in miniere sot-terranee — Sistemi di protezione — Parte 2: Barriere passive di contenitorid’acqua.

CEN EN 14591-4:2007Prevenzione dell’esplosione e protezione contro l’esplosione in miniere sot-terranee — Sistemi di protezione — Parte 4: Sistemi automatici di estinzioneper frese.

CEN EN 14756:2006Determinazione della concentrazione limite di ossigeno (CLO) per gas e va-pori infiammabili.

CEN EN 14797:2006Dispositivi di sfogo dell’esplosione.

CEN EN 14973:2006/AC:2007Nastri trasportatori per uso in installazioni sotterranee — Requisiti di sicu-rezza e protezione contro l’infiammabilità — Corrigendum.

CEN EN 14983:2007Prevenzione e protezione dall’esplosione nelle miniere sotterranee —Apparecchi e sistemi di protezione per il drenaggio del grisou.

CEN EN 14986:2007Progettazione di ventilatori che operano in atmosfere potenzialmente esplo-sive.

CEN EN 14994:2007Sistemi di protezione mediante sfogo dell’esplosione.

CEN EN 15188:2007Individuazione del comportamento di accensione spontanea per accumuli dipolvere.

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APPENDICE 2 281

CEN EN 15198:2007Metodologia per la valutazione del rischio di apparecchi e componenti nonelettrici destinati a essere utilizzati in atmosfere potenzialmente esplosive.

CEN EN 15233:2007Metodologia per la valutazione della sicurezza funzionale di sistemi di pro-tezione per atmosfere potenzialmente esplosive.

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Finito di stampare nel mese di novembre 2008dalla L.E.G.O. Spa - Stabilimento di Lavis (TN)

Impaginazione: Oldoni Grafica Editoriale s.r.l. - Milano

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