IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO ALLA LUCE … · Aziendale presso l’Università degli...

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Management locale Rivista di amministrazione, finanza e controllo ISSN 2420-7845 Anno IV • numero 10 • Ottobre 2016 IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO ALLA LUCE DEL D.LGS.N. 50/2016 La novella del Rup e il nuovo codice degli appalti “Il nuovo pareggio di bilancio” “Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale” “Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP”

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Management localeRivista di amministrazione, finanza e controlloISSN 2420-7845

Anno IV • numero 10 • Ottobre 2016

IL RESPONSABILE UNICO DEL PROCEDIMENTO ALLA LUCE DEL D.LGS.N. 50/2016La novella del Rup e il nuovo codice degli appalti

“Il nuovo pareggio di bilancio” “Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale”

“Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP”

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2 MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 2016

5 “Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016”di Immacolata Garofalo

16 “Il nuovo pareggio di bilancio” di Eugenio Piscino

23 “Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale”di Lucio Catania

29 “Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP”Patrizio Belli e Stefano Fermante

46 “Presupposti e modalita’ della cessione di crediti da parte degli enti locali”di Marco Lo Franco

55 “L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea.” di Rosario Scalia

RUBRICHE

“Completezza dell’istruttoria del responsabile del procedimento e dei rapporti tra chiarimenti forniti dall’interessato e provvedimento finale”a cura di Stefano Usai

“Revisori, nuovi compiti con l’armonizzazione contabile.”a cura di Paolo Longoni e Rosario Poliso

Collaboratori Comitato Scientifico Contatti

IN QUESTO NUMERO

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3 MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 2016

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Hanno collaborato a questo numeroEugenio Piscino esperto di finanza locale e fiscalità locale, dirigente di enti locali, Presidente dell’A.S.F.E.L. email: [email protected]

Patrizio BelliRagioneria generale, Comune di Anzio email: [email protected]

Luciano Catania segretario generale, componente di nuclei di valutazione email: [email protected]

Immacolata Garofalo funzionario del Ministero dello Sviluppo Economico, Direzione Generale Attivita’ Territoriali-Ispettorato Territoriale Campaniamail:[email protected].

Stefano FermanteRagioneria Generale, Roma Capitale

Marco Lo Franco, Funzionario Ragioneria Generale Città metropolitana di Roma Capitale email: [email protected]

Paolo Longonicommercialista, esperto di contabilità pubblica e di servizi pubblici locali email: [email protected]

Rosario ScaliaPresidente della Sezione regionale di controllo della Basilicata della Corte dei conti

Stefano Usai vice segretario, responsabile gestione risorse email:[email protected]

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Ottobre 2016 • numero 10 • Anno IV • MANAGEMENT LOCALE 4

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Il comitato scientificoAntonini Luca Avvocato Professore ordinario di Diritto Costituzionale presso l’Università di Padova - Presidente della Copaff

Barbiero Alberto Consulente amministrativo-gestionale in materia di appalti e di società partecipate

Bellesia Mauro Dirigente Enti Locali, Docente di corsi

Buscema Angelo Presidente di coordinamento delle Sezioni riunite di controllo

Cascone Gennaro Dirigente enti locali, Docente di corsi

Caterini Enrico Professore ordinario di Diritto Privato preso l’Università della Calabria

D’Aristotile Ebron Professore a contratto di Economia delle aziende ed amministrazioni pubbliche Università G D’Annunzio Chieti Pescara

Fabiano Santo Docente universitario e formatore

Fissi Silvia Assegnista di ricerca e docente a contratto di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Firenze

Giordano Biagio Mef - Ragioneria Generale dello Stato - Dirigente Ispettorato Generale di Finanza- Servizi ispettivi di finanza pubblica-Settore IV

Gori Elena Ricercatore di Economia Aziendale presso l’Università degli Studi di Firenze

Graffeo Maurizio Presidente della Sezione Regionale di controllo della Corte Conti - Sicilia

Jorio Ettore Professore di Diritto Sanitario presso l’Università della Calabria

Miele Tommaso Magistrato della Corte dei conti - Presidente dell’Associazione Magistrati della Corte dei conti

Occhiena Massimo Professore associato di diritto amministrativo presso l’Università Bocconi

Piperata Giuseppe Professore associato di diritto amministrativo presso l’Università Iuav di Venezia

Piscino Eugenio Dirigente enti locali, esperto di finanza e fiscalità locale

Pizziconi Giampiero Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto

Sorci Antonio Assistant professor di Economia Aziendale presso l’Università Kore di Enna

Tessaro Tiziano Magistrato della Corte Conti, Sezione Regionale di controllo del Veneto

Rosario Scalia Presidente della Sezione regionale di controllo della Basilicata della Corte dei conti

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Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016Garofalo Immacolata

Con l’introduzione nell’ordinamento amministrativo dell’istituto del responsabile del procedimento,il legislatore ha dato un nuovo volto alla pubblica amministrazione e ha individuato un polo certo di riferimento per il privato che non può più smarrirsi nell’indistinto amministrativo. Come ha osservato il Consiglio di Stato “ la finalità perseguita dal legislatore è quella di offrire al cittadino interessato un preciso interlocutore con cui dialogare nel corso del procedimento” e, d’altro canto, “di rendere concreta la responsabilità dei pubblici funzionari, evitando che questa sfumi nell’ambito dell’apparato o si nasconda dietro l’autorità di vertice1”.

Ciò premesso, oggetto della trattazione che ci interessa è il responsabile unico del procedimento di cui all’art. 31 del D.lgs.n. 50/2016,il quale, rispetto alla disciplina codicistica previgente, innova, per certi versi ,profondamente la materia,definendone il ruolo e le funzioni. Dunque, mediante un’accurata comparazione tra la normativa oramai abrogata e quella attuale, si procederà nella descrizione della figura del RUP, anche in considerazione delle linee guida attuative del nuovo Codice degli Appalti elaborate dall’ANAC e ad oggi oggetto di

1Ad. Gen. par. 17 febbraio 1987, n. 7/87.

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Immacolata Garofalo

Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016

consultazione2.

La novella dell’art. 31 D.lgs.n. 50/2016

L’aria innovativa si respira fin dal primo comma dell’art. 31 del D.lgs. n. 50/2016, rubricato “Ruolo e funzioni del responsabile del procedimento negli appalti e nelle concessioni”, non solo laddove si precisa che anche in tema di concessione – oltre che per gli appalti – “ le stazioni appaltanti nominano, nel primo atto relativo ad ogni singolo intervento, un responsabile unico del procedimento (RUP)”,ma anche quando si richiama – oltre alla fase della progettazione,dell’affidamento e dell’ esecuzione – anche quella della programmazione3, in relazione alle fasi che devono essere coordinate dal RUP o che, quanto meno, devono essere presidiate da quest’ultimo. Inoltre, il richiamo alla legge n. 241/90 scompare nel primo comma per poi essere ripreso successivamente al terzo comma relativamente ai compiti del RUP. A tal proposito, appare opportuno soffermarsi sulla diversa portata del principio di unicità nella L. n. 241/90 e nel nuovo Codice degli Appalti. Nella legge n. 241/90, il principio di unicità viene riferito al singolo procedimento, nel senso che l’amministrazione deve individuare per ciascun procedimento un unico responsabile, inteso sia come unità organizzativa sia come funzionario-persona fisica, al quale, all’interno dell’ufficio, sono poi concretamente attribuite le funzioni proprie del responsabile.

2 Come si legge nel documento oggetto di consultazione “ l’ A.N.AC. nell’emanare le relative linee guida si prefigge lo scopo di valorizzare la figura del RUP, in modo da esaltarne il ruolo di Project Manager, enfatizzando le competen-ze di pianificazione e gestione dello sviluppo di specifici progetti, anche attraverso il coordinamento di tutte le risorse a disposizione, e gli interventi finalizzati ad assicurare l’unitarietà dell’intervento, il raggiungimento degli obiettivi nei tempi e nei costi previsti, la qualità della prestazione e il controllo dei rischi.

3Art. 21 Dlgs. 50/2016.

un responsabile unico del procedimento (RUP)

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Immacolata Garofalo

Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016

L’art. 31 del codice,ex adverso, nonostante parli comunemente di responsabile unico del procedimento, si riferisce ad un soggetto responsabile di una pluralità di procedimenti, ovvero tutti quelli relativi alle fasi di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione. Si tratta di procedimenti diversi, ognuno dei quali sfocerà nell’adozione di un provvedimento autonomo. Dunque, un solo responsabile di tutti i procedimenti funzionali all’intervento da realizzare, e non tanti responsabili quanti sono i procedimenti ex lege n. 241/90. Inoltre, come più volte ha rilevato la dottrina: “mentre nella legge n. 241/1990, il responsabile è una figura che attiene esclusivamente ai procedimenti amministrativi strettamente intesi, ovvero quelli cioè diretti all’adozione di atti propriamente amministrativi, nel D.lgs. n. 50/2016 l’ampiezza della formulazione normativa porta a considerare chela figura del responsabile rilevi anche per quelle attività che non sono propriamente procedimentali o amministrative, in quanto dirette ad esplicarsi mediante l’adozione di atti aventi natura privatistica”4. Ulteriore elemento di differenziazione sta nel fatto che mentre la Legge n. 241/90si occupa del responsabile del procedimento nella duplice accezione di unità organizzativa di cui all’art.4, e di persona fisica che nell’ambito dell’unità organizzativa è poi individuato come responsabile del procedimento di cui all’ art. 5, il codice si preoccupa esclusivamente del responsabile del procedimento inteso come persona fisica e non come ufficio5. Infine, i più asseriscono che nella L. n. 241/90 il Responsabile del procedimento ha compiti istruttori e solo eventualmente decisori, mentre il RUP avrebbe poteri anche decisori6.

Ciò detto, sotto il profilo squisitamente formale la disposizione contenuta nell’art.31 D.lgs.n. 50/2016,a differenza della previgente disciplina, prevede la nomina del RUP con “atto formale del soggetto responsabile dell’unità organizzativa7, che deve essere di livello apicale, tra i dipendenti di ruolo addetti all’unità medesima, dotati del necessario livello di inquadramento giuridico in relazione alla struttura della pubblica amministrazione e di competenze professionali adeguate in relazione ai compiti per cui è nominato”.Dunque, se è chiaro che la nomina non può che promanare dal dirigente/responsabile del servizio interessato che può affidare anche a se stesso ruolo e compiti del RUP, tuttavia, qualche dubbio suscita il riferimento all’espressione “livello apicale”, in quanto, se riferito al responsabile del servizio appare un richiamo pleonastico e assolutamente eccessivo;se,invece, riferito al RUP, potrebbe sorgere il problema dei responsabili di servizio che, magari nel servizio di cui sono responsabili non

4Si pensi, ad esempio, alle competenze del responsabile del procedimento nella fase di esecuzione del contratto, cui il legislatore fa specifico riferimento, quali, ad esempio l’irrogazione delle penali per il ritardato adempimento degli obblighi contrattuali (art. 10, lett. z), D.P.R. n. 207/2010), la risoluzione del contratto ogni qualvolta se ne realizzino i presupposti (art. 10, lett. bb) D.P.R. cit.), la transazione e la definizione bonaria delle controversie che insorgono nella fase di realizzazione dei lavori (art. 10, lett. cc) D.P.R. cit.).

5L’art. 31 D.lgs.n. 50/2016si riferisce alla “nomina” del responsabile (e la “nomina”, appunto, riguarda la persona fisica, non l’ufficio)ed individua i poteri del funzionario, non dell’ufficio, nonché disciplina i requisiti di professiona-lità e competenza richiesti al funzionario affinché possa essere nominato responsabile del procedimento, prevede l’obbligatoria pubblicazione del “nominativo” del responsabile del procedimento nel bando o avviso con cui si indice la gara ovvero, per le procedure senza bando o avviso, nell’invito a presente l’offerta. Il responsabile unico del procedimento, nel codice dei contratti, è quindi un funzionario e non un ufficio.

6 In dottrina sul tema vi sono due diversi orientamenti: 1)il RUP decide solo se è Dirigente, quindi legittimato a mani-festare la volontà all’esterno. Il RUP dovrebbe pertanto limitarsi a compiti propulsivi istruttori e di sviluppo, non po-tendo esercitare poteri decisionali rimessi sempre al soggetto titolare del potere provvedimentale. 2) diversamente si asserisce che il RUP, per il solo fatto di essere nominato, diviene “organo volitivo” dell’amministrazione, legittimato quindi ad esercitare i poteri decisionali che gli sono conferiti a prescindere dal fatto che sia o meno un Dirigente.

7L’Anac specifica che, per i lavori,il RUP deve essere nominato prima del progetto di fattibilità tecnica ed economica e, nel caso di lavori non assoggettati a programmazione, contestualmente alla decisione di realizzare gli stessi. Per i servizi e le forniture, invece, il RUP deve essere nominato contestualmente alla decisione di acquisire i servizi e le forniture.

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Immacolata Garofalo

Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016

abbiano altre figure “apicali”. Il RUP può essere un funzionario o un dirigente, non può essere un “estraneo”, né un dipendente di altre amministrazioni8: infatti, come precisa l’ANAC“… L’evenienza che il RUP appartenga all’Amministrazione è infatti strettamente interconnessa con il ruolo propositivo - pianificatore posto in capo a tale figura che dovrebbe addirittura suggerire alla propria Amministrazione l’opera e studiarne la convenienza e la fattibilità…9”.L’amministrazione nel nominare il RUP valuta il tipo di formazione, il livello di conoscenze e competenze da ricollegare sia al titolo di studio sia alla competenza professionale, le specifiche capacità organizzative e la situazione della struttura organizzativa, dandone motivazione nel provvedimento di nomina (art. 3 Legge 241/1990)10.

Anche la nuova disciplina evidenzia, secondo quanto già noto, che laddove sia accertata la carenza nell’organico della suddetta unità organizzativa, il RUP è nominato tra gli altri dipendenti in servizio; tuttavia,in caso di carenze di organico – debitamente accertata e dimostrata dall’amministrazione i compiti di supporto sono affidati all’esterno con attestazione del dirigente competente (art. 31, co. 11)11.

8 Chiaro è l’ art. 271 del D.P.R. 207/2010, alla luce del quale “il Responsabile del procedimento è un funzionario, anche di qualifica non dirigenziale, dell’amministrazione aggiudicatrice” . Dunque è’ da escludersi che le funzioni di RUP possano esser conferite ad un soggetto estraneo alla p.a., attesa la chiarezza e nettezza dell’art. 271 del Regolamento generale, alla luce del quale “il Responsabile del procedimento è un funzionario, anche di qualifica non dirigenziale, dell’amministrazione aggiudicatrice. Il divieto del resto è evincibile implicitamente dall’art. 31 comma 11del D.lgs. 50/2016.

9Avcp, del. n. 93/2012.

10 Come si legge a chiare lettere nelle linee guida dell’ANAC “……. L’Autoritàè chiamata a individuare ulteriori re-quisiti di professionalità rispetto a quanto previsto dal Codice, in relazione alla complessità dei lavori. A tal fine, per quanto concerne gli appalti di lavori e i servizi attinenti all’architettura e all’ingegneria, si ritiene che il responsabile del procedimento debba essere un tecnico abilitato all’esercizio della professione o, quando l’abilitazione non sia prevista dalle norme vigenti, un funzionario tecnico, anche di qualifica non dirigenziale”. Ad ogni modo per i lavori, di regola, non può essere nominato RUP un funzionario amministrativo; per le altre tipologie contrattuali, esclusi i servizi di ingegneria e, il RUP può anche non essere un tecnico(art. 31 co.6 Dlgs. 50/2016).

11Avcp del. n. 81/2010 “ Non è conforme ai disposti di cui all’art. 10, comma 5, del D. Lgs. n. 163/2006, la man-cata dimostrazione, da parte dell’amministrazione, in merito alla carenza di personale di ruolo adeguato a svolgere l’incarico di RUP, così come chiaramente richiesto dalla norma”.

Il RUP può essere un funzionario o un dirigente

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Immacolata Garofalo

Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016

Assoluta novità è costituita dal periodo che chiude il primo comma dell’articolo in parola secondo cui “l’ufficio di responsabile unico del procedimento è obbligatorio e non può essere rifiutato”.Dunque, si tratta di una nomina recettizia, senza accettazione, tuttavia,a giudizio di chi scrive, appare lapalissiano che, laddove vi sia la sussistenza dei requisiti minimi richiesti,non si possa invocare la legittimità di un rifiuto a ricoprire il ruolo anche in assenza di tale specificazione.

I compiti del RUP

Il secondo comma dell’articolo in commento riproduce, in sostanza, il comma 8 dell’articolo 10 del D.lgs. n. 163/06,prevedendo che “il nominativo del RUP è indicato nel bando o avviso con cui si indice la gara per l’affidamento del contratto di lavori, servizi, forniture, ovvero, nelle procedure in cui non vi sia bando o avviso con cui si indice la gara, nell’invito a presentare un’offerta”. Dalla citata disposizione di legge si ricava dunque che la stazione appaltante dovrà procedere a nominare il RUP in un momento sicuramente antecedente rispetto a quello della redazione del bando o dell’invito a presentare le offerte12.Il comma 3 riproduce solo in parte il comma 2 del Codice abrogato,risultando più incisivo con il riferimento alle legge n. 241/90 e omettendo il riferimento alla possibilità di effettuare gli affidamenti in economia a seguito della complessiva riscrittura delle disposizioni in tema di affidamenti nell’ambito dei contratti sotto soglia comunitaria di cui all’art. 36 D.lgs.n. 50/2016. In particolare, la norma dispone che “il RUP, ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, svolge tutti i compiti relativi alle procedure di programmazione, progettazione, affidamento ed esecuzione previste dal presente codice, che non siano specificatamente attribuiti ad altri organi o soggetti”.I compiti di cui al comma terzo della disposizione previgente transitano al comma quarto dell’art. 31 D.lgs. n. 50/2016, restando sostanzialmente i medesimi, tuttavia arricchiti mediante la previsione di cui alla lettera f) di un rilevantissimo compito, anche sotto il profilo della eventuale responsabilità erariale,che impone al responsabile unico di sorvegliare “la efficiente gestione economica dell’intervento nonché mediante la disposizione di cui alla lettera i) “…..verifica e vigila sul rispetto delle prescrizioni contrattuali nelle concessioni”. Ad ogni modo, la vera nota rivoluzionaria ed innovativa è contenuta nel comma 5 che attribuisce all’autorità anticorruzione il compito di definire con proprio atto la disciplina di dettaglio anche

12Nell’atto che approva la programmazione; nella determina a contrattare; con atto specifico per singoli contratti o anche in generale (cfr. Tar Liguria, Genova, sez. II,sent. 1 settembre 2006, n. 979)

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201610

Immacolata Garofalo

Il Responsabile unico del procedimento alla luce del D.lgs.n. 50/2016

sulle eventuali incompatibilità a ricoprire il ruolo di direttore dell’esecuzione del contratto. In particolare, la norma precisa che spetterà all’ANAC con proprio atto fissare una “disciplina di maggiore dettaglio sui compiti specifici del RUP, nonché sugli ulteriori requisiti di professionalità rispetto a quanto disposto dal presente codice, in relazione alla complessità dei lavori. Determina, altresì, l’importo massimo e la tipologia dei lavori, servizi e forniture per i quali il RUP può coincidere con il progettista o con il direttore dell’esecuzione del contratto13”.

Gli incarichi a supporto

Particolare rilievo merita la disposizione di cui al comma 7 dell’articolo in commento, il quale puntualizza che “ nel caso di appalti di particolare complessità in relazione all’opera da realizzare ovvero alla specificità della fornitura o del servizio, che richiedano necessariamente valutazioni e competenze altamente specialistiche il responsabile propone alla stazione appaltante di conferire apposito incarico a supporto dell’intera procedura o di parte di essa, da individuare sin dai primi atti di gara”. La questione degli incarichi di supporto al RUP viene ripresa nel comma 8 a norma del quale anche “gli incarichi di progettazione, coordinamento della sicurezza in fase di progettazione, direzione dei lavori, coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione, di collaudo” oltre “gli incarichi che la stazione appaltante ritenga indispensabili a supporto dell’attività del responsabile unico del procedimento, vengono conferiti secondo le procedure di cui al presente codice e, in caso di importo pari o inferiore alla soglia di 40.000 euro, possono essere affidati in via diretta”(… i limiti all’avvalimento).La disposizione, inoltre, limita fortemente l’utilizzo dell’avvalimento, precisando al secondo periodo del comma in parola che “l’affidatario non può avvalersi del subappalto, fatta eccezione per indagini geologiche, geotecniche e sismiche, sondaggi, rilievi, misurazioni e picchettazioni, predisposizione di elaborati specialistici e di dettaglio, con esclusione delle relazioni geologiche, nonché per la sola redazione grafica degli elaborati progettuali. Resta, comunque, ferma la responsabilità esclusiva del progettista”.

La previsione di una struttura stabile

Il comma 9, di apparente portata innovativa,trasforma in disposizione normativa quanto già poteva essere realizzato dalla p.a. ovvero la possibilità di dotarsi di una sorta di ufficio unico per la gestione delle procedure di gara mediante la costituzione di un unico ufficio specializzato in materia di appalti,specificando che “la stazione appaltante allo scopo di migliorare la qualità della progettazione e della programmazione complessiva, possa, nell’ambito della propria autonomia organizzativa e nel rispetto dei limiti previsti dalla vigente normativa, istituire una struttura stabile a supporto dei RUP, anche alle dirette dipendenze del vertice della pubblica amministrazione di riferimento. Con la medesima finalità, nell’ambito della formazione obbligatoria, sono organizzate attività formative specifiche per tutti i dipendenti che hanno i requisiti di inquadramento idonei al conferimento dell’incarico di RUP, anche in materia di metodi e strumenti elettronici specifici quali quelli di modellazione per l’edilizia e le infrastrutture”.

13L’Anac nelle linee guida precisa che “Quanto alla specificazione degli ulteriori compiti del RUP , si ritiene di poter integrare le disposizioni del Codice prescrivendo che lo stesso formuli proposte e fornisca dati e informazioni, oltre che al fine della predisposizione del programma triennale dei lavori pubblici e dei relativi aggiornamenti annuali, an-che per la preparazione di ogni altro atto di programmazione di contratti pubblici di servizi e di forniture e dell’avviso di preinformazione, nelle fasi di affidamento, elaborazione e approvazione del progetto di fattibilità tecnica ed eco-nomica, definitivo ed esecutivo, nelle procedure di scelta del contraente per l’affidamento di appalti e concessioni, in occasione del controllo periodico del rispetto dei tempi programmati e del livello di prestazione, qualità e prezzo, nelle fasi di esecuzione e collaudo dei lavori”.

il responsabile propone alla stazione appaltante di conferire apposito incarico a supporto dell’intera procedura

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201611

Immacolata Garofalo

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Gli incentivi

Appare opportuno fare un cenno all’articolo 113 del D.lgs. n. 50/2016 relativo alla disciplina dell’istituto degli incentivi per funzioni tecniche. La disposizione de qua, rispetto alla previgente disciplina,prevedendo che “Gli oneri inerenti alla progettazione, alla direzione dei lavori ovvero al direttore dell’esecuzione, alla vigilanza, ai collaudi tecnici e amministrativi ovvero alle verifiche di conformità, al collaudo statico, agli studi e alle ricerche connessi, alla progettazione dei piani di sicurezza e di coordinamento e al coordinamento della sicurezza in fase di esecuzione quando previsti ai sensi del decreto legislativo 9 aprile 2008 n. 81, alle prestazioni professionali e specialistiche necessari per la redazione di un progetto esecutivo completo in ogni dettaglio fanno carico agli stanziamenti previsti per la realizzazione dei singoli lavori negli stati di previsione della spesa o nei bilanci delle stazioni appaltanti” stralcia dall’incentivo la questione della progettazione, con il chiaro intento di preferire la progettazione esterna. Infatti, l’incentivo, nella nuova disposizione, riguarda le funzioni della programmazione, dei controlli sulla spesa e la procedura. Infatti, il 2 comma puntualizza che“a valere sugli stanziamenti per l’esecuzione, le amministrazioni pubbliche destinano a un fondo risorse finanziarie in misura non superiore al 2 per cento degli importi posti a base di gara per le funzioni tecniche svolte dai dipendenti pubblici esclusivamente per le attività di programmazione della spesa, di predisposizione, di controllo e espletamento delle procedure di affidamento e aggiudicazione, di responsabile unico del procedimento, di direzione dei lavori ovvero direzione dell’esecuzione e di collaudo tecnico amministrativo ovvero di verifica di conformità, di collaudatore statico ove necessario per consentire l’esecuzione del contratto, nel rispetto dei documenti a base di gara, del progetto, dei tempi e costi prestabiliti”. Vengono esclusi dall’incentivo, come già detto, i progettisti. La ripartizione degli incentivi,naturalmente avviene secondo i criteri fissati nel regolamento interno e la relativa corresponsione è disposta dal dirigente preposto alla struttura competente, previo accertamento positivo delle specifiche attività svolte dai dipendenti; mentre, le quote parti dell’incentivo corrispondenti a prestazioni non svolte dai medesimi dipendenti, in quanto affidate a personale esterno all’organico dell’amministrazione medesima, ovvero prive del predetto accertamento, costituiscono economie.

A conclusione del presente lavoro, giova evidenziare,a giudizio della scrivente, che nonostante la riforma delle norme relative alla figura del RUP sia stata finalizzata a fornire agli operatori un quadro quanto più preciso e dettagliato possibile, tuttavia,ad oggi,rimangono alcuni quesiti aperti: in quali termini si può definire il rapporto tra dirigente apicale e RUP? Per i lavori e gli appalti complessi il dirigente apicale coincide con il RUP? Il RUP è davvero il project manager degli interventi? La struttura stabile a supporto del RUP come gestisce le professionalità, i sistemi operativi ed informativi egli archivi? Quali sono le effettive competenze del RUP in materia di programmazione, progettazione, costruzione e gestione di un’opera?A tal proposito, si spera che le linee guida dell’ANAC, in fase di consultazione,possano sopire i vari dubbi in materia, soprattutto,in considerazione del fatto che non bisogna dimenticare che il RUP,nell’esercizio delle proprie funzioni, incorre in cinque fondamentali responsabilità: quella civile (danni a terzi, interni o esterni all’amministrazione,alla stessa p.a.);penale (se delinque);amministrativo-contabile (danno erariale alla p.a.);disciplinare (se viola obblighi previsti dal c.c.n.l., da legge o dal codice di comportamento novellato dalla l. n.190 del 2012);dirigenziale (per il solo personale dirigenziale che si discosti dalle direttive dell’organo politico). Questo è il nostro augurio!

criteri fissati nel regolamento interno e la relativa corresponsione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201612

a cura di Stefano Usai

Focus sul procedimento amministrativo

Tra norme, prassi operativa e giurisprudenza

Completezza dell’istruttoria del responsabile del

procedimento e dei rapporti tra chiarimenti forniti

dall’interessato e provvedimento finale

Premessa

La legge n. 241/90 – sul procedimento amministrativo - contiene, come noto, tutta una serie di elementi e disposizioni che si riferiscono ad un preciso obbligo del responsabile del procedimento di assicurare la completezza dell’istruttoria che poi porta all’adozione del provvedimento definitivo espresso quale obbligo chiaramente sancito nell’articolo 2.In questo senso, il primo comma della disposizione precisa che tanto nel caso in cui “il procedimento consegua obbligatoriamente ad un’istanza, ovvero debba essere iniziato d’ufficio, le pubbliche amministrazioni hanno il dovere di concluderlo mediante l’adozione di un provvedimento espresso”. Non solo, per effetto della legislazione c.d. anticorruzione (in particolare, la legge n. 190/2012)

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201613

Stefano Usai

Completezza dell’istruttoria del responsabile del procedimento e dei rapporti tra chiarimenti forniti dall’interessato e provvedimento finale

l’obbligo della conclusione della procedura - quale atto di “rispetto” dell’istante (e norma di correttezza giuridica) - insiste anche nel caso in cui il responsabile del procedimento abbia ravvisato “la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”.In questo caso, però, per coniugare efficienza e semplificazione dell’azione amministrativa le pubbliche amministrazioni possono concludere “il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata, la cui motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo”.È bene annotare che l’esigenza della completezza dell’istruttoria – quale necessario fondamento su cui dovrà poggiare il provvedimento finale – emerge anche da altre disposizioni.Non si può, infatti, non ritenere che tale esigenza non risulti richiamata dal primo comma dell’art. 1, della stessa legge, laddove si sottolinea che “l’attività amministrativa persegue i fini determinati dalla legge ed è retta da criteri (…) di imparzialità, (…) e di trasparenza, secondo le modalità previste dalla presente legge e dalle altre disposizioni che disciplinano singoli procedimenti, nonché dai principi dell’ordinamento comunitario”.Primo indice della trasparenza e dell’imparzialità è la dimostrazione (da parte del responsabile del procedimento) di aver considerato ogni elemento istruttorio utile e, in particolare, gli apporti provenienti dall’interessato.Ed anzi, non utilizzare e/o non considerare l’apporto esterno non può che sostanziarsi in un aggravio del procedimento considerato, che, in presenza di valide ragioni prodotte e non valutate, l’interessato avrà la possibilità – come nel caso di cui si tratterà più avanti – di ottenerne l’annullamento.In definitiva una sorta di “aggravamento del procedimento”, perché impone all’interessato, che vuole far valere le proprie ragioni, di dover ricorrere al giudice.

La completezza dell’istruttoria del responsabile del procedimento

Perché l’istruttoria sia completa, il responsabile del procedimento deve tener conto, evidentemente, non solo degli apporti che riesce ad ottenere con le sue ricerche/indagini (come chiarito nell’articolo 6 della legge n. 241/90) ma anche, e soprattutto, dell’apporto esterno del diretto interessato.Apporto esterno che appare, a ben vedere, sempre doveroso richiedere in quanto consente non solo di predisporre un provvedimento finale espresso, tenendo conto delle posizioni del diretto interessato – che deve essere “preavvisato” in caso di provvedimento negativo - ma risulta di rilevanza sostanziale in funzione di prevenzione di possibili contenziosi.Non solo, l’apporto esterno deve essere ben meditato ed oggettivamente - in modo trasparente ed imparziale - considerato/valutato dal responsabile del procedimento.In questo senso, l’importante disciplina della fattispecie del preavviso di rigetto1 esige la previa comunicazione sui motivi ostativi all’adozione di un provvedimento positivo, la possibilità dell’interessato di controreplicare entro 10 giorni e, soprattutto, l’esigenza tecnico/giuridica che di tale contributo si tenga conto ed in caso di eventuale mancato accoglimento delle osservazioni fatte pervenire al responsabile del procedimento, ne venga data chiara “ragione nella motivazione del provvedimento finale”.

1 Di cui all’articolo 10-bis della legge n. 241/90 che, nei procedimenti ad istanza di parte e quindi sollecitati da una richiesta – al netto di alcune eccezioni.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201614

Stefano Usai

Completezza dell’istruttoria del responsabile del procedimento e dei rapporti tra chiarimenti forniti dall’interessato e provvedimento finale

In sostanza, e semplificando, l’apporto/contributo dell’interessato diventa materiale importante per l’affinamento dell’istruttoria del responsabile del procedimento che porta/conduce all’adozione del provvedimento finale adottato dal dirigente/responsabile del servizio.E questo, ovvero la considerazione dell’apporto esterno o la sua mancata considerazione, dovrà risultare sia nell’istruttoria sia, e soprattutto, nello schema del provvedimento finale che il responsabile del procedimento deve predisporre per il soggetto abilitato alla firma “esterna”.

I limiti al contraddittorio

L’articolo 10-bis “limita” questa prerogativa del contradditorio escludendola – tra gli altri ma per ciò che in questa sede interessa trattare – per i procedimenti concorsuali. È facilmente intuibile che un provvedimento di esclusione da una gara o da un concorso non può essere intermediato dal preavviso di diniego, a pena dell’impossibilità di concludere le procedure. Ma è altresì vero che – limitando il ragionamento alla gara d’appalto – un procedimento complesso come quello contrattuale in realtà contiene una serie di sub-procedimenti di cui, alcuni, esigono il rispetto non tanto della fattispecie del preavviso ma della necessità che l’istruttoria del RUP si completi anche con la considerazione dell’apporto dell’interessato, e quanto, a pena di illegittimità del provvedimento adottato.

L’applicabilità in tema di appalti

La questione specifica, di recente, è stata affrontata dal Tar Piemonte, Torino, sez. I, del

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201615

Stefano Usai

Completezza dell’istruttoria del responsabile del procedimento e dei rapporti tra chiarimenti forniti dall’interessato e provvedimento finale

21 ottobre 2016 n. 1324 con riferimento ad un RUP che, in fase di conduzione del sub-procedimento di verifica dell’offerta anomala procedeva con la proposta di aggiudicazione senza attendere e quindi senza tener conto delle spiegazioni fornite dall’appaltatore – peraltro aggiudicatario - chiamato a giustificare aspetti della propria offerta. Nel caso di specie il ricorrente lamentava che la Stazione Appaltante avesse “proceduto all’affidamento in via definitiva del contratto (…) senza attendere dallo stesso di ricevere alcuni chiarimenti, sollecitati (…) e riguardanti la congruità della offerta economica”.Il ricorrente – già in fase di gara – rilevava una serie di incongruenze dell’offerta aggiudicataria che la rendevano inadeguata e pertanto, da sottoporre a specifica verifica di potenziale anomali.In questo modo sollecitato, il RUP effettivamente inviava una richiesta di chiarimento all’aggiudicatario chiedendo “di specificare, alla luce di quanto dichiarato nell’offerta tecnica, l’organizzazione del personale rapportata ai costi indicati nel piano stesso per il personale di call center e accoglienza”, riscontro che sarebbe dovuto pervenire nel termine di 5 giorni. Non può non rilevarsi – pur banale – che la richiesta di chiarimenti, necessariamente, determinava una sospensione delle prerogative della stazione appaltante di adottare il provvedimento finale. Una sorta di autovincolo – in termini temporali e procedurali – che il RUP avrebbe dovuto rispettare potendosi verificare due differenti situazioni: una mancata risposta, circostanza che avrebbe aperto l’istruttoria ad ulteriori analisi sulla congruità dell’offerta oppure, in caso di riscontro, l’esigenza del RUP di coniugare tale apporto con la propria istruttoria onde verificarne l’intensità rispetto al provvedimento da adottare. Nel caso in esame, l’appaltatore chiamato ai chiarimenti effettivamente forniva le delucidazioni, ma il provvedimento di aggiudicazione - addirittura favorevole a questa impresa - risultava già adottato senza che, ovviamente, contenesse menzione dell’ulteriore apporto istruttorio (l’aggiudicazione era intervenuta il 1° agosto, mentre il riscontro dell’appaltatore risultava dato 2 agosto). Il provvedimento di aggiudicazione, rileva il giudice, “non solo non contiene un riscontro oggettivo che dimostri che il RUP ha esaminato i chiarimenti pervenuti dalla aggiudicataria provvisoria, ma neppure contiene una motivazione che dia conto delle ragioni per cui il RUP ha ritenuto superabili i dubbi espressi”.Se il provvedimento avesse menzionato la nota di chiarimenti “si sarebbe almeno potuto ipotizzare una motivazione per relationem, ma in difetto di qualsiasi riferimento è impossibile affermare con certezza che i chiarimenti pervenuti dalla aggiudicataria sono stati effettivamente esaminati e tanto meno è possibile comprendere per quale motivo sono stati ritenuti sufficienti per chiudere immediatamente, senza ulteriori approfondimenti, il procedimento di verifica della anomalìa, (…)”. Il comportamento del RUP è risultato, pertanto, contradditorio rispetto al procedimento di verifica della potenziale anomalia dell’offerta.Per effetto di quanto il provvedimento di aggiudicazione viene annullato ed il RUP “in esecuzione della presente decisione (…) provvederà, ai sensi dell’art. 88 comma 3 D.lgs. n. 163/2006 (considerato che la pronuncia si riferisce ad un caso precedente all’entrata in vigore del nuovo codice) ad esaminare la nota (…) con cui la aggiudicataria provvisoria ha riscontrato la richiesta di chiarimenti del RUP (…) concludendo il procedimento di verifica con provvedimento espresso ed assumendo dipoi le determinazioni consequenziali”.Ovvero, semplificando, il giudice chiede al RUP di riformulare e proporre una istruttoria completa.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201616

Il nuovo pareggio di bilancio di Eugenio Piscino

Premessa

Il disegno di legge concernente: il bilancio di previsione dello Stato per l’anno finanziario 2017e bilancio pluriennale per il triennio 2017-2019, presentato alla Camera dei deputati introduce nuove disposizioni in tema di saldo di competenza, che sostituiscono completamente quelle introdotte dalla legge di stabilità per il 2016.Tale intervento aveva, come noto, eliminato le disposizioni in tema di patto di stabilità interno, introducendo l’obbligo del pareggio di bilancio.

La novella legislativa si applica a tutti i comuni, compresi quelli con meno di mille abitanti che erano, fino al 2015, esclusi dall’assoggettamento al patto di stabilità interno, alle province, alle città metropolitane e alle regioni. L’unica esclusione riguarda le unioni di comuni.

Come vedremo, è necessario conseguire un saldo non negativo in termini di competenza tra le entrate finali - i primi cinque titoli del nuovo bilancio armonizzato - e le spese finali - primi tre titoli. Anche per quest’anno e per il prossimo triennio, tra le entrate e le spese finali, è considerato il Fondo pluriennale vincolato - FPV - di entrata e di spesa, al netto della quota proveniente dal ricorso all’indebitamento.

Il nuovo saldo di competenza: soggetti e, composizione

La novella legislativa è contenuta nei 42 commi dell’articolo 65 del disegno di legge di bilancio. Il primo comma dispone che, a decorrere dall’anno 2017, cessano di avere applicazione i commi

le disposizioni in tema di patto di stabilità interno

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201617

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

da 709 a 712 e da 719 a 734, dell’articolo 1 della legge 28 dicembre 2015, n. 208. Restano, comunque, fermi gli adempimenti1 degli enti locali relativi al monitoraggio e alla certificazione del saldo, nonché l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo 2016. Sono, infine, fatti salvi gli effetti connessi all’applicazione nell’anno 2016 dei patti di solidarietà.

Si dispone, al comma 2, l’abrogazione dell’ultimo periodo del comma 721, che prevedeva che ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui al comma 723, decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto della gestione, l’invio della certificazione non da’ diritto all’erogazione da parte delMinistero dell’interno delle risorse o trasferimenti oggetto di sospensione.

I comuni, le province, le città metropolitane, le regioni, le province autonome di Trento e Bolzano, ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica concorrono alla realizzazione degli obiettivi di finanza pubblica, previsti dai commi da 1 a 22, che costituiscono principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica2 .

Ai fini del contenimento di tali saldi, gli enti indicati debbono conseguire un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali. Si chiarisce che le entrate finali sono quelle ascrivibili al Titolo 1 - Entrate correnti di natura tributaria, contributiva e perequativa - Titolo II - Trasferimenti correnti - Titolo III - Entrate extratributarie - Titolo IV - Entrate in c/capitale - Titolo V - Entrate da riduzione di attività finanziarie. Mentre le spese finali sono quelle di cui al Titolo I - Spese correnti - Titolo II - Spese in c/capitale – TitoloIII- Spese per incremento di attività finanziaria. Per gli anni dal 2017 al 2019, nelle entrate e nelle spese finali è considerato il FPV, di entrata e di spesa, al netto della quota derivante dal ricorso all’indebitamento. Dall’esercizio 2020 il FPV è incluso tra le entrate e le spese finali, purchè finanziato dalle entrate finali.

Al bilancio di previsione è allegato il prospetto dimostrativo del rispetto del saldo3, che non considera gli stanziamenti non finanziati dall’avanzo di amministrazione del fondo crediti di dubbia esigibilità e dei fondi spese e rischi futuri, relativi ad accantonamenti che confluiranno nel risultato di amministrazione.

Il suddetto prospetto è aggiornato dalla Ragioneria generale dello Stato – RGS - per tener conto di eventuali modifiche normative e nei successivi 60 giorni il Consiglio comunale approva le necessarie e conseguenti variazioni al bilancio di previsione. Il prospetto de quo è allegato alle variazioni di bilancio approvate dal Consiglio comunale e quelle previste dall’articolo 175 del Tuel, comma 5-bis, lett. e); comma 5-quater lett. b), lett. e-bis (riguardanti le operazioni di indebitamento), l’articolo 51 comma 2 lett. a) e g), comma 4 del d.lgs. n. 118 del 2011 (relative alla reiscrizione di economie di spesa e il Fondo pluriennale vincolato).

Monitoraggio e certificazione del rispetto del saldo

Ai fini del monitoraggio di tutti gli adempimenti previsti, il comma 7 dell’articolo 65 in esame dispone che gli enti soggetti alle nuove disposizioni trasmettono alla RGS le informazioni sulle risultanze del saldo finanziario, con modalità e tempi definiti con decreto del Ministero

1 Il tutto previsto dal comma 710, dai comma 720 a 727 e i commi da 728 a 732 della legge n. 208/2015.

2Ai sensi degli articoli 117, terzo comma, e 119, secondo comma, della Costituzione.

3Al fine di garantire l’equilibrio di cui al comma 4, nella fase di previsione, in attuazione del comma 1 dell’articolo 9 della legge 24 dicembre 2012, n. 243.

l’applicazione delle sanzioni in caso di mancato conseguimento del saldo 2016

il Consiglio comunale approva le necessarie e conseguenti variazioni al bilancio di previsione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201618

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

dell’economia e delle finanze, sentite la Conferenza Stato-città e la Conferenza permanente per le regioni.

Per la verifica del rispetto dell’obiettivo di saldo, ogni ente è tenuto a inviare, con l’utilizzo del sistema web, entro il 31 marzo di ogni anno, alla RGS, una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal rappresentante legale, dal responsabile del servizio finanziario e dall’organo di revisione economico-finanziaria. Il decreto di cui al monitoraggio definisce, inoltre, il prospetto e le modalità per la certificazione.

Il mancato invio della suddetta certificazione, entro il termine, equivale a inadempimento all’obbligo del pareggio di bilancio. Nel caso in cui, la trasmissione è effettuata entro 30 giorni dal termine fissato per l’approvazione del rendiconto e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo, si applicano (nei dodici mesi successivi al ritardato invio) soltanto la sanzione del divieto di assunzioni di personale a tempo indeterminato.

Il comma 9 dispone che decorsi 30 giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione, in caso di mancata trasmissione della certificazione, il presidente dell’organo di revisione economico-finanziaria, ovvero il revisore unico nel caso di organo monocratico, in qualità di commissario ad acta provvede, pena la decadenza dal ruolo di revisore, ad adempiere e a trasmettere la certificazione entro i successivi 30 giorni.

Nell’ipotesi in cui il certificato trasmesso dal commissario ad acta entro i 60 giorni dal termine per l’approvazione del rendiconto, attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo si applicano le sole sanzioni previste dalle lett. e) ed f) con la gradualità di cui al comma 14. Si tratta, rispettivamente, dell’impossibilità di assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, ivi compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione e dell’obbligo, per il sindaco e i componenti della giunta in carica nell’esercizio in cui è avvenuta la violazione, di versare al bilancio il 30 per cento delle indennità di funzione e dei gettoni di presenza spettanti nell’esercizio della violazione.

Fino alla data di trasmissione del certificato, i trasferimenti e le erogazioni di risorse da parte del Ministero dell’interno relative all’anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, pertanto, la RGS trasmette apposita comunicazione al suddetto Ministero.

Ai sensi del comma 11 dell’articolo 65 in esame, i dati contabili di cui alla certificazione devono corrispondere alle risultanze del rendiconto di gestione. Nell’ipotesi in cui la certificazione trasmessa nel termine perentorio indicato è difforme dalle risultanze del rendiconto della gestione, gli enti sono tenuti a inviare una nuova certificazione, entro il termine perentorio di 60 giorni dall’approvazione del rendiconto e comunque non oltre il 30 giugno dello stesso anno. Decorsi i termini indicati, sono tenuti a inviare una nuova certificazione, a rettifica della precedente, solo gli enti che registrano un peggioramento del proprio posizionamento rispetto all’obiettivo di saldo.

una certificazione dei risultati conseguiti, firmata digitalmente dal rappresentante legale

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201619

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

Le sanzioni per il mancato rispetto

Il mancato conseguimento del pareggio di bilancio determina, nell’anno successivo all’inadempimento, una serie di sanzioni previste dal comma 13 dell’articolo 65:

a. l’ente locale è assoggettato alla riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio o del Fondo di solidarietà comunale in misura pari allo scostamento registrato. Le riduzioni sono applicate nel triennio successivo a quello di inadempienza in quote costanti. Nel caso di incapienza, per uno o più anni del triennio, gli enti locali sono tenuti a effettuare direttamente il versamento al bilancio dello Stato4;

b. nel triennio successivo la regione o la provincia autonoma è tenuta a effettuare un versamento all’entrata del bilancio dello Stato di importo corrispondente a un terzo dello scostamento registrato. Il versamento va effettuato entro il 31 maggio di ogni anno del triennio successivo a quello di inadempienza. In caso di mancato versamento si procede al recupero a valere sulle giacenze depositate nei conti presso la tesoreria statale;

c. nell’anno successivo all’inadempimento, l’ente non può impegnare spese correnti in misura superiore all’importo degli impegni dell’anno precedente ridotti dell’1 per cento. La sanzione si applica considerando le funzioni esercitate negli esercizi dell’anno precedente e quello dell’anno in cui si applica la sanzione. La sanzione si applica al netto delle funzioni non esercitate in entrambi gli esercizi, nonché al netto

4In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

l’ente locale è assoggettato alla riduzione del Fondo sperimentale di riequilibrio

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201620

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

degli impegni relativi ai versamenti al bilancio dello Stato;

d. nell’anno successivo all’inadempimento l’ente locale non può contrarre nuovo indebitamento per investimenti. A tal fine, i mutui e i prestiti obbligazionari posti in essere o le aperture di credito devono essere corredati da una certificazione dalla quale risulti il rispetto del saldo finanziario. L’istituto finanziario non può procedere al finanziamento o al collocamento del prestito in assenza della suddetta attestazione;

e. nell’anno successivo a quello dell’inadempimento, l’ente locale non può procedere ad assunzioni di personale a qualsiasi titolo, con qualsivoglia tipologia contrattuale, compresi i rapporti di collaborazione coordinata e continuativa e di somministrazione, anche con riferimento ai processi di stabilizzazione in atto. E’ fatto divieto agli enti di stipulare contratti di servizio con soggetti privati che siano considerati elusivi della disposizione. E’ prevista, è questa è una delle novità della disposizione, la possibilità di procedere ad assunzione a tempo determinato per l’esercizio delle funzioni di protezione civile, di polizia locale, di istruzione pubblica e del settore sociale;

f. nell’anno successivo all’inadempimento, il sindaco e i componenti della giunta in carica nell’esercizio in cui si è registrata la violazione sono tenuti a versare al bilancio dell’ente il 30 per cento delle indennità di funzione spettanti nell’esercizio di violazione.

Il comma 14 dispone una graduazione delle sanzioni appena analizzate, prevedendo che se l’inadempimento è inferiore al 3 per cento degli accertamenti delle entrate finali dell’esercizio del mancato conseguimento del saldo, nell’anno successivo la sanzione:

1. di cui alla lett. c) del comma 13 è applicata imponendo agli impegni di parte corrente un limite pari all’importo dei corrispondenti impegni dell’anno precedente;

2. di cui alla lett. e) è applicata alle sole assunzioni di personale a tempo indeterminato;

3. di cui alla lett. f) è applicata dal sindaco e dai componenti della giunta versando al bilancio dell’ente il 10 per cento delle indennità di funzione spettanti nell’esercizio della violazione.

Resta, comunque, ferma l’applicazione delle restanti sanzioni previste dal comma 13. Nell’ipotesi in cui il mancato conseguimento del saldo è accertato dalla Corte dei conti successivamente all’anno seguente a quello cui la violazione si riferisce, le sanzioni del comma 13 si applicano nell’anno successivo a quello della comunicazione del mancato conseguimento del saldo. Tali enti sono tenuti a comunicare l’inadempimento entro 30 giorni dalla violazione con l’invio di una nuova certificazione alla RGS.

Il comma 14 dell’articolo in esame prevede che, a decorrere dall’anno 2016 con riferimento ai risultati dell’anno precedente, e a condizione del rispetto dei termini perentori della certificazione, analizzati in precedenza, è previsto che ai comuni (alle province e alle città metropolitane) che rispettano le disposizionidel saldo e che presentano un saldo finale di cassa non negativo fra le entrate finali e le spese finali sono assegnate (con decreto del MEF) entro il 30 luglio di ogni anno, le eventuali risorse liberate a seguito della sanzione di cui alla lett. a) del comma 13, da utilizzare per investimenti.Gli enti che conseguono, continua la lett. b), un saldo finale di cassa non negativo trasmettono alla RGS le informazioni concernenti il monitoraggio al 31 dicembre del saldo di cui al comma 4 e la certificazione dei relativi risultati, in termini di competenza e in termini di cassa, secondo le modalità previste dal decreto di cui al comma 7.

E’ da evidenziare che la norma contiene un errore nel riferirsi al saldo finale di cassa e ai

l’ente locale non può contrarre nuovo indebitamento per investimenti

il mancato conseguimento del saldo è accertato dalla Corte dei conti successivamente all’anno seguente

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201621

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

risultati in termini di cassa per gli enti locali. Il comma 4, al quale la stessa lettera fa richiamo, tratta, per gli enti locali, l’obbligo solo del saldo in termini di competenza. Verosimilmente è prevista una premialità per gli enti che presentato quest’ulteriore risultato non negativo.

La lett. d) prevede, inoltre, che i comuni che rispettano il saldo, lasciando spazi finanziari inutilizzati inferiori all’1 per cento degli accertamenti delle entrate finali, possono, nell’anno successivo, procedere ad assunzioni di personale fino al 75 per cento dei cessati (in luogo del 25 per cento)5, a condizione che il rapporto dipendenti-popolazione dell’anno precedente sia inferiore al rapporto medio per classe demografica6.

Tutti i contratti di servizio e gli atti posti in essere dagli enti, che si configurano come elusivi delle disposizioni sono nulli.

Il comma 19 prevede che nell’ipotesi in cui le sezioni giurisdizionali regionali della Corte dei conti accertino che il rispetto delle norme in tema di pareggio di bilancio sia stato raggiunto con una non corretta applicazione dei nuovi principi contabili o con altre forme elusive, irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere tali atti, la condanna a una sanzione pecuniaria fino a 10 volte l’indennità di carica percepita al momento del compimento dell’atto e al responsabile amministrativo una sanzione fino a 3 mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. Tali sanzioni sono acquisite al bilancio dell’ente.

E’ prevista, nel comma 20, la possibilità di rivedere gli obiettivi nazionali, se dal monitoraggio risulti andamenti di spesa degli enti non coerenti con gli impegni assunti con l’Unione Europea. A tal fine, il Ministero dell’economia e delle finanze propone adeguate misure di contenimento della spesa.

Gli spazi finanziari

I commi da 23 a 32 sono finalizzati a favorire gli investimenti degli enti, in primis con l’utilizzo dell’avanzo di amministrazione. La novella legislativa intende creare un favor per gli investimenti degli enti virtuosi che non riescono a utilizzare l’avanzo, tramite gli spazi liberati nell’ambito del saldo del pareggio di bilancio.

A tal fine, per il triennio 2017-2019 sono assegnati agli enti locali spazi finanziari nell’ambito di patti nazionali, nel limite complessivo di 700 milioni di euro annui, di cui 300 milioni da destinarsi agli interventi di edilizia scolastica. Il comma 24 precisa che gli enti locali non possono ricorrere agli spazi finanziari previsti dalla norma in esame nel caso in cui le operazioni di investimento, ricorrendo all’indebitamento e all’utilizzo dell’avanzo, possono essere effettuate nel rispetto del proprio saldo.

Entro il 19 gennaio di ogni anno, gli enti locali comunicano gli spazi finanziari di cui necessitano, alla Struttura di missione per gli interventi di riqualificazione dell’edilizia scolastica. La Struttura attribuisce gli spazi finanziari, a ogni ente, sulla base del seguente ordine prioritario:

5 Il comma 228 dell’articolo unico della legge n. 208/2015 prevede: Le amministrazioni di cui all’articolo 3, comma 5, del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito, con modificazioni, dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, e successive modificazioni, possono procedere, per gli anni 2016, 2017 e 2018, ad assunzioni di personale a tempo indeterminato di qualifica non dirigenziale nel limite di un contingente di personale corrispondente, per ciascuno dei predetti anni, ad una spesa pari al 25 per cento di quella relativa al medesimo personale cessato nell’anno precedente.

6Come definito triennalmente con il decreto del Ministro dell’interno di cui all’articolo 263, comma 2, del testo unico degli enti locali, di cui al Tuel.

procedere ad assunzioni di personale fino al 75 per cento dei cessati

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201622

Eugenio Piscino

Il nuovo pareggio di bilancio

a. interventi di edilizia scolastica già avviati, con risorse acquisite con la contrazione di un mutuo e per i quali sono stati già attribuiti spazi finanziari per il 20167;

b. costruzione di nuovi edifici scolastici, con progetto esecutivo redatto e validato, completo del cronoprogramma e con bando di gara non ancora pubblicato;

c. interventi di edilizia scolastica, con progetto esecutivo redatto e validato, completo del cronoprogramma e con bando di gara non ancora pubblicato.

La Struttura di missione comunica, entro il 5 febbraio di ogni anno, al Ministero dell’economia e delle finanze, gli spazi finanziari da attribuire a ogni ente locale.

Ai sensi del comma 28, gli enti comunicato, entro il 20 gennaio di ogni anno, alla RGS, tramite l’applicativo web, gli spazi finanziari di cui necessitano per gli investimenti. Tali richieste, per la parte non relativa agli interventi di edilizia scolastica (che ha, come visto, una regolamentazione speciale) sono completate delle informazioni relative al fondo di cassa al 31 dicembre dell’anno precedente e all’avanzo di amministrazione, al netto della quota accantonata del FCDE, risultante dal rendiconto dell’anno precedente.

Con decreto della Ragioneria generale dello Stato, da emanarsi entro il 15 febbraio di ogni anno, è determinato lo spazio finanziario attribuito a ciascun ente locale, tenendo conto del seguente ordine prioritario:

a. interventi di edilizia scolastica non soddisfatti dagli spazi finanziari concessi, con la normativa ad hoc;

b. investimenti per l’adeguamento e il miglioramento sismico degli immobili, finanziati con avanzo di amministrazione, per i quali l’ente ha il progetto esecutivo redatto e validato, completo del cronoprogramma della spesa;

c. investimenti per la prevenzione del rischio idrogeologico, finanziati con l’avanzo, per i quali l’ente è in possesso del progetto esecutivo, redatto e validato, completo di cronoprogramma della spesa.

Nel caso in cui le richieste siamo superiori all’ammontare degli spazi disponibili, fermo restando le suddette priorità, l’attribuzione è effettuata in favore di quegli enti che hanno la maggiore incidenza del fondo di cassa rispetto all’avanzo di amministrazione.

Infine, il comma 32 stabilisce, in sede di prima applicazione, che nel solo anno 2017 i termini (indicati sopra) sono posticipati di un mese.

Il favor sul fondo pluriennale vincolato

Il disegno di legge presentato prevede, al comma 5 dell’articolo 65 in commento, delle disposizioni di favor per il FPV. La norma permette di conservare il FPV per quei lavori per i quali vi è soltanto il progetto esecutivo, approvato e validato, a condizione, però, che il bilancio di previsione 2017-2019 sia approvato entro il prossimo 31 gennaio. Tali risorse confluiscono nel risultato di amministrazione se entro l’esercizio 2017 non sono assunti i relativi impegni di spesa.

7Ai sensi del D.P.C.M. 27 aprile 2016.

gli spazi finanziari da attribuire a ogni ente locale

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201623

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscaledi Lucio Catania

La nuova legge di bilancio estende anche al 2017 il blocco degli aumenti delle aliquote previste per il 2016 dal comma 26, dell’articolo 1 della Legge 28 dicembre 2015, n. 208. I Comuni possono, con espressa nuova delibera consiliare, mantenere la maggiorazione Tasi già deliberata per il 2016. La giurisprudenza è concorde nel ritenere che il blocco implichi anche la sospensione della possibilità di istituire nuove imposte. I Comuni perdono una degli strumenti fondamenti del federalismo fiscale, messo in crisi anche dall’accentramento delle scelte in materia di rottamazione delle cartelle.

Blocco delle aliquote esteso al 2017 e rottamazione delle cartelle conferiscono altri due gravi colpi al federalismo fiscale.

Gli amministratori locali perdono la possibilità di determinare il livello delle proprie entrate di natura tributaria e, quindi, una delle più significative leve per decidere la propria politica. I cittadini non potranno valutarli sulla base della quantità e qualità dei servizi offerti correlata al livello dei tributi richiesti.

Le imposte locali consentono un maggiore controllo da parte dei contribuenti e, di conseguenza, facilitano le valutazioni sia rispetto al livello di beni e servizi forniti in proporzione alle entrate,

Gli amministratori locali perdono la possibilità di determinare il livello delle proprie entrate di natura tributaria

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201624

Lucio Catania

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale

sia i confronti con l’imposizione e la fornitura di altri enti.

Sui trasferimenti nazionali o regionali, Stato e Regioni vogliono avere il controllo della spesa, facendo venir meno “il principale obiettivo del governo locale, quello cioè di provvedere a servizi che riflettano le esigenze locali” (King, 1984).

La Corte Costituzionale, però, con diverse sentenze, ha affermato che lo Stato, nell’esercizio della propria competenza legislativa a determinare i principi di coordinamento del sistema tributario, ha il potere di fissare, per legge, gli spazi ed i limiti entro i quali potrà esplicarsi la potestà impositiva di Regioni ed Enti Locali

L’art. 10 della legge di bilancio 2017, sancisce che il blocco degli aumenti dei tributi locali, previsto dal comma 26 della L. 28 dicembre 2015 n. 208, relativamente al 2016, si estenda anche al 2017.Il livello delle aliquote tributarie dei Comuni, quindi, resta quello deliberato entro il 31 luglio 2015 (l’ultimo giorno del mese è stato oggetto di sanatoria) e, solo per i Comuni della Sicilia, entro il 30 settembre 2015.

Il blocco non trova applicazione rispetto alla Tari e agli enti locali che deliberavano il dissesto e pre-dissesto ai sensi del decreto legislativo 18 agosto 2000 n.267.

L’estensione del freno all’aumento delle aliquote anche al 2017 avviene, sostanzialmente, con le stesse regole del 2016.

Un’eccezione alla sospensione prevista dal comma 26 è quella contenuta nel comma 28 dello stesso articolo 1 della L. 208/2015, in base al quale “limitatamente agli immobili non esentati, i Comuni possono mantenere con espressa deliberazione del consiglio comunale la maggiorazione della Tasi di cui al comma 677 dell’articolo 1 della legge 27 dicembre 2013, n. 147, nella stessa misura applicata per l’anno 2015”.

La finalità del blocco delle aliquote è contenere il livello complessivo della pressione tributaria, in coerenza con gli equilibri generali di finanza pubblica.

Anche per l’anno 2017, l’efficacia delle leggi regionali e delle deliberazioni degli enti locali nella parte in cui prevedono aumenti dei tributi e delle addizionali attribuiti alle regioni e agli enti locali sarà, pertanto, sospesa e rimarranno in vigore le aliquote o le tariffe applicabili per l’anno 2015, come, eventualmente, modificate, per quanto possibile, nel 2016.

Secondo la Corte dei Conti Abbruzzo(delibera n. 35/2016/PAR del 9 febbraio 2016) non solo è impedito aumentare aliquote o tariffe, ma è fatto divieto anche di istituire nuove imposte (imposte di soggiorno per i Comuni che non l’hanno ancora istituita, imposta di scopo, contributo di sbarco).

Alla stessa conclusione era pervenuto anche il Consiglio di Stato che,nel parere del 4 novembre 2003 n. 4166, precisava che “anche se la norma dispone letteralmente la sospensione degli “aumenti” senza riferirsi espressamente alle delibere che istituiscono il tributo per la prima volta, è evidente che nel caso in cui un ente locale non avesse istituito l’addizionale comunale all’Irpef, l’aliquota per quell’anno sarebbe pari a “0” ed ogni variazione in aumento andrebbe comunque a variare l’assetto delle aliquote, aggravando la pressione fiscale esistente, in contrasto con la ratio sopra individuata”.

Il parere della Corte dei Conti Abbruzzo è condiviso e ripreso dal MEF, con la risoluzione 2/DF del 22 marzo 2016, che esclude la possibilità che l’ente locale introduca un nuovo tributo quale, ad esempio, l’imposta di soggiorno poiché appare del tutto palese che così operando si verrebbe a generare un aumento della pressione fiscale.

contenere il livello complessivo della pressione tributaria

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201625

Lucio Catania

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale

Paradossale la questione che attiene al nuovo tributo denominato “contributo di sbarco”, destinato alle isole minori, dell’importo di 2,5 euro (con possibilità per il Comune di elevarlo a 5 euro per l’accesso a zone prossime ad aree interessate da fenomeni di origine vulcanica), istituito con la legge 28 dicembre 2015, n. 221, entrato in vigore il 2 febbraio 2016.

Tale tributo è stato sospeso ancor prima di essere entrato in vigore e non è stato possibile istituirlo nel 2016.

Il “contributo di sbarco” sarà dovuto dai passeggeri che sbarcano sull’isola minore tramite vettori dei collegamenti di linea, ma, a partire dalla legge di stabilità 2016, anche vettori aeronavali che svolgono servizi di trasporto di persone a fini commerciali, abilitati ed autorizzati ad effettuare collegamenti verso l’isola.

I vettori sono abilitati a riscuotere il contributo unitamente al prezzo del biglietto.

Soggetti esentati dal “contributo di sbarco” (che ha, comunque, natura tributaria) sono i residenti nel Comune, coloro che vi lavorano, gli studenti pendolari ed i componenti dei nuclei familiari dei soggetti che risultano avere pagato l’Imu nello stesso Comune.

Il comma 3- bis dell’art. 4 del D. Lgs. n. 23 del 14 marzo 2011 (comma aggiunto dall’art. 4, comma 2-bis, D.L. 2 marzo 2012, n. 16, convertito, con modificazioni, dalla L. 26 aprile 2012, n. 44 e, successivamente, così sostituito dall›art. 33, comma 1, L. 28 dicembre 2015, n. 221), introduce per la prima volta il contributo per l’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica. Detto contributo dev’essere anch’esso ricompreso nel novero dei tributi dal momento che presenta tutti i requisiti che conferiscono ad un’entrata natura tributaria.

Per evitare che i Comuni che già godevano dell’imposta di sbarco perdessero quest’entrata, è stato previsto che potessero applicare, già nel 2016, il “contributo di sbarco” che, però, non poteva essere attuato per le parti difformi e ampliative.

I contributi (tributi) previsti dall’art. 4, comma 3-bis, del D. Lgs. n. 23/2011, per l’anno 2016, gli stessi, quand’anche istituiti, sono stati sospesi per la parte determinante un aumento della pressione fiscale rispetto al 2015.

È stato possibile, quindi, continuare a mantenere l’imposta di sbarco già applicata nel 2015, nei limiti previsti dalla precedente normativa e dal regolamento comunale istitutivo del tributo, nell’ipotesi in cui il Comune non avesse ancora introdotto il contributo di sbarco. In ogni caso, è stata sospesa l’efficacia del nuovo contributo per l’accesso a zone disciplinate nella loro fruizione per motivi ambientali, in prossimità di fenomeni attivi di origine vulcanica.

Per l’anno 2017, i Comuni che avevano deliberato la maggiorazione dell’aliquota Tasi, possono continuare a mantenerla, nella misurata decisa per il 2016, con nuova espressa deliberazione del Consiglio comunale.

Se l’Ente avesse utilizzato lo 0,8 per mille per aumentare l’aliquota sui servizi indivisibili, la maggiorazione si può mantenere nella stessa misura applicata per l’anno 2015, e confermata nel 2016, limitatamente agli immobili non esentati.

Qualora il Comune non avesse deliberato nel 2016 per il mantenimento della maggiorazione, non può farla rivivere nel 2017.

La maggiorazione non può essere trasferita su altre fattispecie non previste nel 2015.

La cosiddetta maggiorazione Tasi doveva venir meno dal 2016.La legge di stabilità 2016 ha,

I vettori sono abilitati a riscuotere il contributo unitamente al prezzo del biglietto

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201626

Lucio Catania

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale

invece, attribuito ai comuni il potere di mantenerla attraverso un’espressa deliberazione nella stessa misura applicata per l’anno 2015 e limitatamente agli immobili non esentati. La stessa cosa avviene adesso rispetto alla misura applicata nel 2016.

Per questo, se il Comune, ad esempio, avesse deliberato la maggiorazione in questione solo per gli immobili destinati ad abitazione principale, tale maggiorazione non sarebbe stata possibile mantenerla per tale fattispecie, essendo tali immobili divenuti esenti anche ai fini Tasi, né sarebbe stato possibile in alcun modo recuperare tale maggiorazione attraverso l’applicazione della stessa su altre fattispecie.

Le stesse considerazioni valgono anche nel caso in cui la maggiorazione fosse stata distribuita su più fattispecie, tra cui anche quella relativa alle abitazioni principali; in tal caso essendo le abitazioni medesime divenute esenti, la relativa maggiorazione è stata definitivamente persa, mentre il Comune avrebbe potuto mantenerla nella misura già applicata per le altre fattispecie.

Il divieto di innalzare aliquote e tariffe vale solo per le entrate di natura tributaria, mentre non si applica ad entrate di natura patrimoniale o extra-tributaria (Cosap, canone idrico, canone di depurazione, etc.).

Per quanto riguarda la rottamazione delle cartelle, sembrava che il Governo volesse garantire l’autonomia dei Comuni prevedendo un’adesione alla definizione agevolata, tramite delibera del

la relativa maggiorazione è stata definitivamente persa

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201627

Lucio Catania

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale

Consiglio comunale, da emanarsi entro trenta giorni dalla pubblicazione della legge.

Anche in questo caso, però, si è preferita una politica centralista, dove l’adesione degli Enti locali è stabilità dalla stesse legge.

Il Decreto Legge 22 ottobre 2016, n. 193, nel determinare le regole per estinguere i debiti delle cartelle di pagamento e dei ruoli affidati agli agenti della riscossione, negli anni dal 2000 al 2015, esclude l’adesione su base volontaria dei Comuni, pur prevenendo l’estensione della “rottamazione” (il Governo non vuole che si parli di condono) anche ai tributi ed alle altre entrate comunali.

L’agevolazione riguarda la cancellazione delle sanzioni e degli interessi di mora. Per le multe, evidentemente, l’agevolazione non potrà riguardare le sanzioni (cuore stesso della cartella) ma riguarderà solo gli interessi, sia quelli di mora (dovuti su base semestrale per il periodo dopo lo spirare del sessantesimo giorno) che la maggiorazione voluta dall’art. 27, comma 6, della legge 24 novembre 1981, n. 689, su tutte le sanzioni amministrative (un decimo per ogni semestre compiuto).

Sono, evidentemente, escluse da qualsiasi definizione agevolata le violazioni di carattere penale.

L’adesione alla rottamazione della cartella sarà su istanza del contribuente che avrà novanta giorni di tempo per manifestare ad Equitalia (o altro agente della riscossione) la sua volontà di avvalersi dell’estinzione agevolata.

Il contribuente potrà decidere se pagare in un’unica soluzione o in quattro rate.

Il contribuente dovrebbe essere chiamato ad utilizzare la modulistica predisposta dall’agente della riscossione (o dal Comune, se, in sede di conversione del decreto,dovesse essere ampliata la facoltà della rottamazione).

estinguere i debiti delle cartelle di pagamento e dei ruoli affidati agli agenti della riscossione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201628

Lucio Catania

Blocco aliquote esteso al 2017: in crisi il federalismo fiscale

All’Agente della riscossione saranno concessi 180 giorni dall’entrata in vigore della normativa per comunicare ai contribuenti che hanno presentato istanza, l’importo da pagare e quello delle singole rate, comprensivo delle diverse scadenze.

L’ultimo pagamento è comunque previsto entro il 15 marzo 2018.

L’adesione alla rottamazione delle cartelle blocca nuove procedure esecutive (iscrizioni di ipoteche, fermi amministrativi) e sospende le procedure esecutive già avviate (a condizione che non si sia tenuto il primo incanto con esito positivo).

La presentazione della domanda di adesione alla definizione agevolata sospenderà i termini di prescrizione e decadenza.

L’articolo 6 del Decreto stabilisce che la definizione agevolata si applica relativamente ai carichi inclusi in ruoli affidati agli agenti della riscossione negli anni dal 2000 al 2015.

Il ruolo, però, è lo strumento che solo Equitalia (con le sue varie articolazioni) e Riscossioni Sicilia possono utilizzare per provvedere alla riscossione coattiva delle multe e dei tributi locali.

Se il Comune ha deciso di gestire in proprio la riscossione coattiva oppure di farlo attraverso una società in house o di ricorrere ad una delle società private iscritte all’albo di cui all’art. 53 del D.Lgs. n. 446/1997, allora lo strumento utilizzabile è l’ingiunzione fiscale potenziata.

Il Decreto non sembra concedere la facoltà ai Comuni che hanno utilizzano l’ingiunzione fiscale di potere prevedere forme di definizione agevolazione dei provvedimenti di riscossione relativi agli anni dal 2000 al 2015.

Questo genera una disparità di trattamento tra i cittadini. Se un cittadino-utente è debitore nei confronti di un Comune che utilizza i servizi di Equitalia può definire le cartelle in forma agevolata, se, invece, è debitore di uno dei 2.500 Comuni che gestiscono in proprio il servizio di riscossione allora dovrà pagare sanzioni ed interessi di mora.

La rottamazione imposta ai Comuni creerà problemi anche rispetto ai loro bilanci. Ad oggi non è prevista nessuna forma di compensazione o di regolazione nei rapporti tra lo Stato e gli Enti locali.

Con l’art. 2 del Decreto fiscale arriva, poi, la nona proroga della cessazione dell’attività di Equitalia rispetto ai tributi locali.

I Comuni possono continuare a gestire la riscossione tramite l’agente nazionale fino al 31 maggio 2017.

Mentre, fino adesso, dalla data indicata dal legislatore non era più possibile avvalersi dell’agente nazionale della riscossione, adesso,il D.Lgs. n. 193/2016 prevede che con una deliberazione da adottarsi entro il 1°giugno2017, gli enti locali potranno continuare ad avvalersi, per sé e per le società da essi partecipate, per l’esercizio del servizio di Agenzia delle entrate – Riscossioni.

Entro il 30 settembre di ogni anno, poi, gli enti locali possono deliberare l’affidamento dell’esercizio delle funzioni al soggetto preposto alla riscossione nazionale.

Il legislatore non individua il soggetto destinato ad approvare la delibera di prosecuzione del rapporto con l’agente nazionale della riscossione, ma sembra che la competenza risieda in capo al Consiglio comunale, in forza dell’art. 42, secondo comma, lett. e) del D.Lgs. n. 267/2000.

comunicare ai contribuenti che hanno presentato istanza, l’importo da pagare

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201629

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUPPatrizio Belli e Stefano Fermante

Criteri di redazione

Dopo aver inquadrato nella precedente edizione della rivista opportunità e i limiti della potestà regolamentare che l’ordinamento assicura agli enti locali, in questo numero si entra nel merito della stesura del Regolamento di Contabilità.

Preliminarmente all’esposizione commentata del testo proposto da Asfel, si richiamano alcuni criteri di stesura delle disposizioni regolamentari, che possano rappresentare indicazioni di metodo nella delicata e complessa attività di scrittura delle “regole”.

La bozza di Regolamento è stata redatta avendo cura di:

a) evitare la pedissequa ripetizione delle disposizioni di legge e dei principi allegati al decreto legislativo n. 118/2011; se le norme sono già contenute in testi di legge, replicarle tali e quali non ne rafforza il valore cogente, semmai genera ridondanza;

b) parimenti, evitare la parafrasi della disciplina statale; esercitarsi nello riscrivere con “altre parole” quanto già contenuto nella disciplina generale, sottende la più elevata insidia di modificarne la “ratio”, rischiando, per altro, di connotare

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201630

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

nell’entel’applicazione degli istituti giuridici con pericolose e involontarie distorsioni;

c) inserire i contenuti richiesti obbligatoriamente dal legislatore, indicati nel TUEL e richiamati nel precedente articolo;

d) occupare gli spazi derogatori alla disciplina generale consentiti dal legislatore, solo ove ritenuto necessario, per meglio adattare la regolamentazione a fabbisogni scaturenti dalle peculiarità dell’ente; (gli spazi derogatori sono stati significativamente ridotti in coerenza con le finalità dell’Armonizzazione);

e) ove necessario, fare espresso rinvio alla disciplina generale, cogliendo l’opportunità del Regolamento per fornire una visione coordinata delle molteplici disposizioni di legge, contenute anche al di fuori del TUEL e del decreto legislativo n. 118/2011; è questo il caso in cui, in via d’eccezione, può essere utile replicare testualmente le disposizioni di legge o citarle espressamente, al solo scopo di darne una rappresentazione completa e sistematica; si tratta dei casi in cui la normativa pertinente una delle attività a rilevanza contabile e finanziaria sia soggetta al combinato disposto contenuto in differenti norme; può essere utile darne una rappresentazione completa e integrata;

f) orientare le disposizioni regolamentari alla definizione di metodologie e criteri di lavoro che guidino l’azione delle strutture e ne coordinino l’esercizio delle competenze correlate; il Regolamento è uno strumento di disciplina interna; la sua finalità è quella di definire le modalità operative di gestione delle funzioni;

g) fare rinvio all’emissione di “circolari” che assolvano alla funzione di disciplinare, con flessibilità, le modalità attuative delle disposizioni di legge e regolamentari, in altri termini e quando utile, contengano un “manuale delle procedure di lavoro”; elaborare la definizione di dettaglio puntuale di fasi operative nel Regolamento, può comportare un’elevata frequenza di apportarvi modifiche, la qual cosa mal si concilia con le procedure di coinvolgimento del Consiglio che porebbero essere lunge e complesse.

Il testo del Regolamento

Titolo I – Disposizioni generali

Articolo 1 – Oggetto e contenuti del regolamento

1. Il regolamento di contabilità, ferme restando le disposizioni dell’ordinamento volte ad assicurare unitarietà ed uniformità del sistema finanziario e contabile, nell’esercizio della potestà regolamentare riconosciuta dall’ordinamento, applica i principi contabili sanciti dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali (di seguito TUEL) approvato con decreto legislativo n. 267/2000 e successive modifiche e dal decreto legislativo n. 118/2011 e successive modifiche recante «Disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle Regioni, degli enti locali e dei loro organismi, a norma degli articoli 1 e 2 della legge 5 maggio 2009, n. 42» e relativi allegati.

2. Il regolamento, tenendo conto dello Statuto e delle modalità organizzative corrispondenti alle caratteristiche del Comune di ______, siispira al principio di semplificazione dell’azione amministrativa e disciplina le materie ad esso riservate dall’ordinamento giuridico e contabile.

3. Il Regolamento dispone, ove necessario, il rinvio a circolari e manuali procedurali per la disciplina operativa di specifiche fasi della gestione finanziaria.

i principi contabili sanciti dal Testo Unico delle leggi sull’ordinamento degli Enti Locali

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201631

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

Note:

Le disposizioni dell’articolo1 sono inevitabili norme di cornice. Una sorta di introduzione alla lettura, con definizione di contesto. Nel comma 3 è stato introdotto il richiamo all’emissione di “circolari”. Come anticipato in premessa, la proposta di Regolamento contiene alcuni rinvii a discipline di dettaglio che, anziché ricevere ospitalità nel Regolamento, possono trovare collocazione nelle circolari. Questa collocazione si manifesta sicuramente:

• più dettagliata poiché nella circolare possono essere definiti elevati livelli di dettaglio operativo, che sarebbero impropri nel Regolamento;

• più flessibile nell’applicazione perché adattabili con la mera integrazione o modifica della circolare stessa, in luogo di complesse procedure di revisione nella sede consiliare che non sempre assicurano risultati efficaci.

Articolo 2 - Il Servizio economico-finanziario: funzioni

1. Il servizio economico-finanziario o di ragioneria, così definito dall’art. 153 del TUEL, nell’Ente si identifica con la Ragioneria Generale (soluzione opzionale)ed è organizzato in modo da garantire l’esercizio delle funzioni di coordinamento e di gestione dell’attività finanziaria e più precisamente:

− la programmazione ed il bilancio di previsione, ivi compresa la programmazione delle opere pubbliche e il piano degli investimenti;

− la gestione del bilancio riferita alle entrate ed alle spese;

− la tenuta della contabilità ai fini fiscali;

− il controllo di regolarità contabile sui provvedimenti adottati dall’ente;

− il controllo economico-finanziario sugli organismi partecipati;

− il controllo e la salvaguardia degli equilibri di bilancio;

− la rilevazione e dimostrazione dei risultati di gestione;

− i rapporti con il servizio di tesoreria e con gli altri agenti contabili interni ed esterni;

− i rapporti con l’organo di revisione economico-finanziaria, con riguardo a qualsiasi tematica avente rilevanza finanziaria;

− i rapporti con le strutture dell’ente;

− il raccordo con le altre strutture che concorrono alla gestione e sviluppo del sistema integrato dei controlli interni;

− i rapporti con l’organismo indipendente di valutazione, limitatamente all’esercizio delle proprie competenze.

2. Le articolazioni operative della Ragioneria Generale sono strutturate secondo quanto previsto dal regolamento sull’ordinamento degli uffici e dei servizi, nonché dalle disposizioni impartite dal Ragioniere Generale nell’esercizio delle funzioni di Direttore della Struttura.

Note:

Le disposizioni dell’articolo 2 sono inevitabili norme di cornice. Una sorta di introduzione alla lettura, con definizione di contesto. Nel comma 2 è contenuto il richiamo al Regolamneto

garantire l’esercizio delle funzioni di coordinamento e di gestione dell’attività finanziaria

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201632

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

sull’ordinamento di uffici e servizi. Presidiarne il coordinamento con quello di Contabilità è importante per evitare:

• sovrapposiozioni e ridondanze;

• contrasti tra le discipline interne all’ente.

Potremmo affermare che, mentre il Regolamento sull’ordinamento di uffici e servizi offre una visione “statica” dell’articolazione organizzativa dell’amministrazione, definendo la provvista di comtepenze di settori ed aree (chi fa che cosa), il Regolamento di Contabilità assolve alla funzione di disciplinare con quali modalità e procedure (come e quando) le competenze vanno esercitate, con precipuo riferimento ai procedimenti da cui discendono conseguenze contabili, partendo dall’attività di programmazione, passando dagli gestionali atti con rilevanza, per finire alla rendicontazione.

Articolo 3 – Strumenti informativi

1. La Ragioneria Generale (Servizio Finanziario), nell’organizzare le attività di propria competenza e nella collaborazione con le Strutture interne e con gli Organismi partecipati,utilizza le tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e semplificazione.

2. Per le finalità di cui al precedente comma 1 e in ottemperanza alle disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale, decreto legislativo 7 marzo 2005 n. 82,modificato dal decreto legislativo 26 agosto 2016 n. 179, la Ragioneria acquisisce programmi informatici o parti di essi nel rispetto dei principi di economicità e di efficienza, tutela degli investimenti, riuso e neutralità tecnologica, orientando le acquisizioni prioritariamente verso software sviluppato per conto della pubblica amministrazione, riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione, software libero o a codice sorgente aperto.

Note:

realizzazione degli obiettivi di efficienza, efficacia, economicità, trasparenza e semplificazione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201633

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

Al comma 2 dell’articolo 3è inserito il richiamo al Codice dell’Amministrazione Digitale, recentemente modificato dal decreto legislativo n. 179/2016. L’uso degli strumenti informativi - informatici è indispensabile in un panorama di enti in cui non v’è amministrazione che non disponga di applicativi per la tenuta della contabilità. È tuttavia molto diffuso il fenomeno connotato da legammi indissolubili con la software-house fornitrice, da cui discende il costante ricorso ad affidamenti diretti e complicate argomentazioni di esclusiva “tecnica” che si tenta artificiosamente di porre a fondamento della stipula dei contratti, in violazione delle procedure ad evidenza pubblica e del principio di rotazione.

Da qui la scelta di ridabire anche nella disciplina interna le disposizioni nazionali,“orientando le acquisizioni prioritariamente verso software sviluppato per conto della pubblica amministrazione, riutilizzo di software o parti di esso sviluppati per conto della pubblica amministrazione, software libero o a codice sorgente aperto”.

Le disposizioni del Codice dell’Amministrazione Digitale saranno altresì oggetto di espresso richiamo anche in altre sezioni del Regolamento, allo scopo di avvalersi di opportunità di semplificazione delle procedure di emissione e lavorazione dei provvedimenti amministrativi. Se ne darà contezza nella relativa sede.

Articolo 4 - Servizio economato

1. Per la gestione di cassa delle spese di ufficio di non rilevante ammontare è istituito un servizio di economato cui viene preposto un responsabile.

2. L’organizzazione, le competenze ed il funzionamento del servizio di economato sono disciplinate da uno specifico e separato regolamento.

Articolo 5–Regolamento sull’esercizio del controllo analogo sugli organismi partecipati

1. Con separato Regolamento è disciplinato l’esercizio del controllo analogo sugli organismi partecipati.

Note:

Gli articoli 4 e 5 sono “norme di chiusura” che rinviano ad ulteriori corpi normativi interni, di cui occorre assicurare il coordinameno con il Regolamento di Contabilità.

Titolo II - Programmazione e bilancio

Sezione n. 1- Programmazione

Principali contenuti:

• il coordinamento tra la relazione di inizio mandato (di cui decreto legislativo n. 149/2011), le linee programmatiche da realizzare nel corso del mandato (di cui all’articolo 46 del TUEL) ed i documenti di programmazione “ufficiali”, a partire dal documento unico di programmazione, organizzato per “missioni e programmi”, corrispondenti alla classificazione di bilancio; ciò dovrebbe tendere ad evitare lo iato tra quanto dichiarato in sede di indirizzi di mandato e strumenti su cui (giuridicamente) va fondata l’azione dell’Amministrazione;

• indicazione degli elementi considerati propedeutici alla programmazione (cornice delle competenze istituzionali dell’Ente, dati di fabbisogno dei servizi, analisi di

le competenze ed il funzionamento del servizio di economato

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201634

Patrizio Belli e Stefano Fermante

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contesto territoriale);

• metodologie di elaborazione dei documenti di programmazione;

• procedure, tempi e soggetti che concorrono alle varie fasi di elaborazione ed approvazione dei documenti di programmazione;

• rafforzamento del ruolo di indirizzo dell’Assemblea, mediante disamina del DUP, dopo la sua approvazione di luglio e prima che ne venga elaborato l’aggiornamento;

• qualificazione della proposta di DUP di luglio come documento di definizione degli scenari e di emersione dei fabbisogni;

• qualificazione dell’aggiornamento del DUP come momento di adozione delle scelte sui fabbisogni da soddisfare;

• semplificazione, mediante coordinamento/accorpamento, degli adempimenti di redazione dei documenti di programmazione (aggiornamento DUP, Bilancio e PEG); (si veda l’obbligo di presentare, a fini conoscitivi, la proposta di piano esecutivo di gestione all’Assemblea, in sede approvazione del Bilancio e del DUP, così come previsto dal Principio applicaco concernente la programmazione);

• definizione dei criteri ottimali per l’elaborazione delle previsioni di bilancio, orientate all’analisi ed evidenziazione dei fondamenti istruttori delle somme iscritte in entrata ed in spesa;

• obbligo per le spese in conto capitale, dell’evidenziazione dei costi di esercizio e manutenzione;

• procedure per la salvaguardia degli equilibri e del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, comprendendovi il concorso degli organismi partecipati;

• previsione di una “circolare” che disciplini le modalità operative delle procedure di elaborazione dei documenti di programmazione;

• previsione di una “circolare” che disciplini le modalità operative delle procedure di elaborazione e lavorazione delle variazioni di bilancio e peg; (l’art. 175 del TUEL è molto complesso e necessita di istruzioni operative)

Art. 6 - Relazione e Programmazione di inizio mandato

1. Gli adempimenti attuativi delle disposizioni pertinenti la relazione di inizio mandato, di cui all’articolo 4-bis del decreto legislativo n. 149/2011, così come modificato e integrato dal decreto legge n. 174/2012, convertito in legge n. 213/2012, nonché della presentazione delle linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato, di cui all’articolo 46 comma 3 del TUEL, sono disciplinati come segue:

a) la relazione di inizio mandato, finalizzata a garantire il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell’unità economica e giuridica della Repubblica e il principio di trasparenza delle decisioni di entrata e di spesa, costituisce presupposto delle linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del mandato ed è predisposta dal Direttore Generale ove nominato, ovvero dal Segretario Generale, con la collaborazione del Ragioniere Generale (Responsabile del Servizio Finanziario);

b) le linee programmatiche relative alle azioni ed ai progetti da realizzare nel corso del

il coordinamento della finanza pubblica, il rispetto dell’unità economica e giuridica della Repubblica

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201635

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mandato sono redatte, per missioni, in coerenza e tenendo conto delle risultanze della “relazione di inizio mandato”.

Note:

La norma è posta allo scopo di evitare il fenomeno frequente di incoerenza, divergenza, incompatibilità tra quanto afferamto nelle linee programmatiche che l’amministrazione approva all’inizio del mandato e quanto poi effettivamente confluisce nei documenti ufficiali (DUP, Bilancio e PEG). Può risultare non agevole imbrigliare gli intendimenti di inzio mandato espressi dagli amministratori neo-insediati nello schema delle “missioni” della parte stratigca del DUP che corrisponde altresì alla classificazione di bilancio. Ma è uno sforzo da compiere, poiché proprio “missioni e programmi” sono la definizione di cornice istituzionale delle competenze assegnate all’ente.

Inoltre, la redazione della relazione di inzio mandato è affidata dalla legge ad attori “tecnici” quali il Segretario Generale ed il Ragioniere Generale ed assolve alla funzione di garanzia del coordinamento della finanza pubblica. In essa dunque venogno definite le condizioni oggettive di partenza del mandato elettorale ed alcuni imprescindibili limiti, che non possono essere omessi quali presupposti che certificano la “fattibilità” delle politiche che i neo-eletti intendono attuare nel corso della consiliatura.

Da qui l’esigenza di un coordinamento dei contenuti dei vari documenti, senza del quale si rischia di generare equivoci e incoerenze. In altri termini, si rischia che le linee programmatiche vengano redatte dagli amministratori manifestando ambizioni irrelizzabili, poiché non tengono conto delle condizioni di partenza e della cornice di vincoli cui va soggetta l’azione amministrativa.

Ricondurre i contenuti delle “volontà” entro le reali competenze e nell’ambito delle condizioni date all’avvio del mandato elettorale, aiuta maggiore consapevolezza dei margini di intevento e definizione di politiche realizzabili.

Articolo 7–Attività di programmazione

1. In conformità a quanto disciplinato dal TUEL – Seconda Parte e dal “Principio applicato concernente la programmazione di bilancio” – allegato 4/1 al decreto legislativo n. 118/2011, le attività propedeutiche alla programmazione nell’Ente sono volte all’acquisizione ed elaborazione dei seguenti elementi di base:

a. definizione del contesto istituzionale e delle relazioni delle funzioni comunali, con le competenze esercitate da Unione Europea, Stato, Regione e Città metropolitana per quanto attiene le politiche di area vasta;

b. raccolta ed analisi dei dati di contesto territoriale, con riferimento agli andamenti demografici, all’economia insediata, alle dinamiche di sviluppo economico e sociale;

c. raccolta ed analisi di dati pertinenti i fabbisogni di servizi per l’esercizio delle funzioni fondamentali e delle funzioni proprie, assegnate dall’Ordinamento;

d. disamina delle modalità di gestione dei servizi nell’esercizio delle funzioni;

e. raffronto con dati statistici nazionali, con particolare riferimento ai fabbisogni e ai costi standard, nonché ai livelli essenziali delle prestazioni;

f. disamina e raffronto con i valori pertinenti il benessere sociale e il tenore di vita.

2. In conformità a quanto disciplinato dal TUEL – Seconda Parte e dal “Principio applicato

le competenze esercitate da Unione Europea, Stato, Regione e Città metropolitana per quanto attiene le politiche di area vasta

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Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

concernente la programmazione di bilancio” – allegato 4/1 al decreto legislativo n. 118/2011, le attività di definizione delle politiche sono uniformate ai seguenti criteri:

a. rispetto dei vincoli di finanza pubblica;

b. mantenimento degli equilibri di bilancio e verifica di sostenibilità finanziaria delle azioni;

c. integrazione e coerenza con i contenuti della pianificazione urbanistica e territoriale;

d. esplicitazione delle priorità di intervento rispetto alle analisi di fabbisogno di cui al precedente comma 1, avuto riguardo agli obblighi previsti dalle norme di finanza pubblica e tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili;

e. collaborazione inter-istituzionale con gli altri livelli di governo;

f. definizione degli indirizzi da impartire agli organismi partecipati;

g. coinvolgimento dei portatori di interesse, anche al fine di favorirne la libera iniziativa per lo svolgimento di attività di interesse generale.

3. In conformità a quanto disciplinato dal TUEL – Seconda Parte e dal “Principio applicato concernente la programmazione di bilancio” – allegato 4/1 al decreto legislativo n. 118/2011, le attività di programmazione sono espletate dai seguenti soggetti, con rispettive competenze generali e specifiche:

a. la Ragioneria Generale (il Servizio Finanziario), con compiti di coordinamento delle attività di raccolta delle informazioni propedeutiche alla definizione dei documenti di programmazione, di presidio del rispetto dei vincoli di finanza pubblica, di salvaguardia degli equilibri di bilancio e di verifica di sostenibilità finanziaria delle azioni, di individuazione delle priorità di intervento e della relativa copertura finanziaria, di valutazione di compatibilità degli indirizzi da assegnare agli organismi partecipati con le risorse finanziarie disponibili e gli equilibri di bilancio, di analisi dei fabbisogni e dei costi standard;

b. le Strutture centrali, di linea e territoriali dell’Amministrazione (le Aree finzionali in cui è articolata l’Amministrazione), comunque denominate, che hanno il compito della raccolta delle informazioni propedeutiche cui alle lettere b), c) ed f) di cui al precedente comma 1;

c. le Strutture competenti alla gestione del personale, del patrimonio e all’elaborazione del programma delle opere pubbliche, concorrono secondo le rispettive funzioni d’istituto, con valenza trasversale sulle attività dell’Ente;

d. il Consiglio fornisce indirizzi per l’elaborazione dei documenti di programmazione e ne esamina le proposte avanzate dalla Giunta, secondo modalità e termini disciplinati nei successivi articoli;

e. la Giunta, con funzione di coordinamento ed indirizzo verso i soggetti di cui ai precedenti punti a), b) e c), del presente comma, di elaborazione dei documenti di programmazione in forma di proposta al Consiglio, nonché di elaborazione della programmazione di dettaglio, mediante il piano esecutivo di gestione.

4. La gestione operativa di quanto disciplinato dai precedenti commi del presente articolo è riservata ad una circolare emessa ed aggiornata annualmente, a cura della Ragioneria Generale (Servizio Finanziario), previa intesa con il Segretario Generalee con il Direttore

compiti di coordinamento delle attività di raccolta delle informazioni propedeutiche

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Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

Generale ove nominato, così come espressamente previsto al successivo art. 9.

Note:

I primi tre commi dell’articolo hanno un incipit che fa espresso richiamo al TUEL ed al Principio della Programmazione. Pare opportuno farvi sempre rinvio per rammentare che il Regolamento ha margini discrezionali limitati in materia di programmazione. Di tale attività le disposizioni di legge definiscono regole generali e lasciano al Regolamento il compito di fissarne dentro l’ente le modalità di realizzazione. In questo articolo, ai primi tre commi, vengono quindi definiti elementi di base, criteri e comptenze nell’esercizio dell’attività di programmazione. Tra gli elementi di base si sottolinea la necessità di definire il contesto istituzionale delle competenze che la legge assegna all’ente. Sarebbe molto utile e interessante costruire una tabella con una matrice informativa che rechi, per ogni “missione e programma”, i riferimenti normativi delle disposizioni nazionali e regonali che disciplinano la materia. È una definizione di contesto che aiuta a posizionare correttamente le facoltà di azione dell’ente e contestualmente “censire” tutto quanto è richiesto che l’ente faccia, in ogni settore di propria competenza.

Tra gli elementi di base funzionali alla elaborazione di una buona programmazione, sono stati inseriti i dati di contesto territoriale. È dal territiorio che vanno raccolte informazioni per rilevare i i fabbisogni, è sul territorio che vengono riversati danari pubblici per soddisfare tali fabbisogni. La conoscenza del territorio dunque è fattore fondante di politiche consapevoli ed afficaci. È parso opportuno inoltre fare richiamo agli studi su benessere sociale e tenore di vita, quali fenomeni da osservare per poi misurare l’efficacia delle scelte politiche di destinazone delle risorse disponibili.

Tra i criteri di definizione delle politiche sono inseriti l’inevitabile rispetto dei vincoli di finanza pubblica e la verifica di sostenibilità finanziaria delle azioni.L’integrazione con i contenuti della pianificazione territoriale e urbanistica è terrono davvero poco esplorato. Per solito ci si limita ad una mera coerenza formale tra gli investimenti previsti nel programma delle opere pubbliche e le norme inserite negli strumenti urbanistici. A parere di chi scrive invece, il Bilancio e l’annesso programma delle opere pubbliche dovrebbero rappresentare strumenti di attuazione dell’idea prospettica di città contenuta nel documento urbanistico. L’integrazione tra scelte di bilancio e pianificazione del territorio dovrebbe evitare andamenti raspodici e divergenti delle politiche, aiutando una visione d’insieme coerente e finalizzata.

Si segnalano all’attenzione gli ulteriori criteri di definizione degli indirizzi da impartire alla società partecipate. La riforma del decreto legge n. 174/2012 ha introdotto nel TUEL l’art. 147-quater dove al comma 2 è sancito che, per attuare i controlli sulle società partecipate, occorre “definire preventivamente, in riferimento all’articolo 170, comma 6, gli obiettivi gestionali a cui deve tendere la società partecipata, secondo parametri qualitativi e quantitativi, e organizzare un idoneo sistema informativo finalizzato a rilevare i rapporti finanziari tra l’ente proprietario e la società, la situazione contabile, gestionale e organizzativa della società, i contratti di servizio, la qualità dei servizi, il rispetto delle norme di legge sui vincoli di finanza pubblica”. Tale precisazione pare imprescindibile, se ci si vuole avvalere delle partecipate quali strumenti attuativi delle politiche, nonché per evitare che le loro azioni prendano derive incontrollate e magari riversino sull’ente, a consutivo, significative perdite di cui effettuare i relativi ripiani.

Quanto alle competenze in materia di programmazione il comma 3 propone una distribuzione delle “cose da fare” all’interno dell’articolazione organizzativa dell’ente “ratione materiae”. Naturalmente questa va adattata alle dimensioni ed alle specificità di ogni amministrazione.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201638

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

Il comma 4 fa rinvio all’emissione ed all’annuale aggiornamento di una “circolare” che definisca le procedure operative di elaborazione della programmazione. Si tratta di uno strumento di disciplina interna flessibile, da adattare alle mutevoli condizioni in cui ci si trova, anno per anno, nella definzione della programmazione.

Articolo 8 - Disciplina dei contenuti del Documento Unico di Programmazione

1. Oltre a quanto disciplinato dall’art. 170 del TUEL e dal “Principio applicato concernente la programmazione di bilancio”, allegato 4/1 del decreto legislativo n. 118/2011, il Documento Unico di Programmazione:

a) contempla sempre una durata quinquennale delle “Sezione Strategica”, distinguendo la parte ascrivibile alla durata del mandato dell’Amministrazione da quella successiva;

b) nella “Sezione Operativa” per ogni missione/programma esplicita la relazione tra risorse disponibili e politiche dell’Amministrazione;

c) per ogni missione/programma evidenzia la connessione tra la visione strategica e le declinazioni operative;

d) assolve alla funzione di raccolta ed analisi del fabbisogno di opere pubbliche e di ulteriori investimenti, così come prevista e disciplinata dalla normativa di riferimento, integrandola con le valutazioni pertinenti la gestione corrente. L’inserimento delle opere pubbliche nell’ambito dell’elenco annuale deve essere accompagnata dalla stima delle spese di conduzione, manutenzione e gestione dell’investimento;

e) esplicita, ove necessario, le integrazioni tra politiche pertinenti più missioni e programmi;

f) in sede di approvazione da parte della Giunta, alla data del 31 luglio, contiene la ricognizione dei fabbisogni di servizi e dei fabbisogni finanziari per le annualità di riferimento delle sezioni strategica ed operativa, assicurando copertura finanziaria agli interventi di spesa considerati prioritari tenuto conto delle risorse finanziarie disponibili;

g) alla data del 15 novembre, in concomitanza con l’approvazione dello schema di Bilanciodi previsione, l’aggiornamento proposto dalla Giunta contiene la definizione delle linee di indirizzo, il grado di soddisfazione del fabbisogno di servizi, programmato

Principio applicato concernente la programmazione di bilancio

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201639

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

con l’impiego delle disponibilità di bilancio.

Note:

Con il presente articolo vengono effettuate precise scelte pertienti i contenuti e la valenza del documento unico di programmazione (DUP).

In particolare:

• non si ritiene corretto quanto previsto nel Principio applicato in base al quale la programmazione di tipo “strategico”, nel corso del mandato, perda la visione prospettica quinquennale,comprimendosi sino a comprendere una sola annualità; per questo si propone di lasciare sempre la priezione dei cinque anni, distinguendo la parte pertinente il mandato dell’amministrazione in carica, da quella che viene prospettata per le annualità successive e che sarà eventualmente valutata e modificata, dalla futura amministrazione entrante;

• pare opportuno inoltre non lasciare disconnesse le visioni strategiche dalla scelte operative che ne rappresentano l’attuazione; il Principio prevede che la “Sezione Strategica” sia qualcosa di distinto da quella “Operativa”; la proposta del presente Regolamento è di integrare le Sezioni, fornendo così un taglio verticale dove, per ogni “missione-programma”, le strategie e le modalità attuative siano integrate, rappresentate in modo omogeno e che evidenzino le connessioni logiche, i nessi causali; ne deriverà una modalità di aggregazione delle Sezioni che a nostro parere meglio risponde anche alla correlata classificazione di bilancio, dove i dati pertienti le spese correnti e quelle in conto capitale sono contemplate nel medesimo quadro (appunto organizzate per missioni e programmi);

• ulteriore scelta è quella di evitare la perfetta corrisipondenza schematica tra i contenuti del DUP approvato dalla Giunta entro luglio e quelli proposti con il così detto aggiornamento al Consiglio, in concomitanza con l’approvazione della proposta di Bilancio al 15 novembre; si ritiene infatti che il DUP adottato a luglio possa invece rappresentare un documento di analisi ed esposizione dei fabbisogni, sia dei servizi, inserendo dati raccolti sul territorio come sancito da precedente articolo 7, sia delle provviste finanziarie necessarie a darvi soddisfazione; esporre fabbisogni ed algoritmi di calcolo delle necessità finanziarie che servono a soddisfarli, aiuta l’amministrazione poiche fornisce un quadro di riferimento completo per operare la scelta di destianzione delle risorse disponibili; ne deirva che poi l’aggiornamento del DUP, fatto in concomitanza con l’elaborazione della proposta di Bilancio, opera le scelte stabilendo il grado di soddisfazione possibile dei bisgoni rilevati; questo eviterebbe inoltre difficoltà di definzione delle politiche nel mese di luglio, quando non vi sono ancora elementi sufficientemente certi sulle disponibilità finanziarie (vedi assenza della proposta della legge di stabilità, vedi anche assenza dell’aggioramento del programma delle opere pubbliche, che interverrà in settembre-ottobre);

• si è ritenuto inoltre di evidenziare che la sola rappresentazione “verticale” delle politiche (missioni – programmi), possa costituire una inadeguata limitazione delle facoltà di scelta dell’amministrazione e così, alla lettera e), è stabilito che il DUP può, ove necessario, esplicitare le integrazioni tra le politiche pertinenti più missioni e programmi (si pensi in proposito a politiche integrate tra le missioni sulle compentenze del “sociale” e quelle sulla “pubblica istruzione”, ovvero ogni altra integrazione derivante dalla visione strategica dello sviluppo della comunità

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201640

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

amministrata);

• infine si segnala quanto indicato alla lettera d), dove si richiede che la previsione di opere pubbliche sia accompagnata dalla stima delle previsioni di spesa pertinenti la conduzione, la manutenzione e la gestione dell’investimento; si tratta di una visione prospettica della sostenibilità finanziaria dell’investimento che contempli l’analisi preventiva dei cascami sugli equilibri di parte corrente, prodotti dall’entrata a regime della realizzazione dell’opera oggi programmata.

Articolo 9 - Procedure di redazione ed approvazione del Documento Unico di Programmazione

1. La Ragioneria Generale (Servizio Finanziario), d’intesa con il Segretariato Generalee con il Direttore Generale ove nominato, emette ed aggiorna annualmente una circolare inerente le procedure di redazione ed approvazione dei documenti di programmazione. La circolare deve contenere:

a) indicazioni operative inerenti i contenuti e la redazione del documento;

b) soggetti coinvolti in ragione delle competenze esercitate nell’ambito dell’organizzazione dell’Ente;

c) tempi e modalità di presentazione degli elaborati;

d) specifiche indicazioni pertinenti i presupposti per l’elaborazione del programma delle opere pubbliche e del piano degli investimenti;

e) ulteriori indicazioni e/o istruzioni ritenute idonee alla redazione del documento.

2. A seguito dell’approvazione effettuata dalla Giunta entro il 31 luglio, il Documento Unico di Programmazione è trasmesso agli uffici del Consiglio che ne danno tempestiva informazione ai componenti, secondo la disciplina regolamentare di funzionamento dell’Organo di indirizzo.

una circolare inerente le procedure di redazione ed approvazione dei documenti di programmazione

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Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

Il Documento Unico di Programmazione è altresì trasmesso all’Organismo di Revisione Economico-Finanziaria che esprime il proprio parere, a norma di quanto previsto dall’art. 239 del TUEL, a beneficio del Consiglio, per le valutazioni e gli indirizzi di cui al successivo comma 3.

3. Il Consiglio è convocato a cura del Presidente, entro il termine ordinatorio del 30 settembre di ogni anno, per una sessione di dibattito inerente i contenuti della programmazione proposta con il Documento Unico di Programmazione dalla Giuntaed esprime i propri indirizzi mediante mozione (o latre forme previste dal Regolamento di funzionamento del Consiglio).

4. La Giunta, in sede di presentazione della proposta di Bilancio da approvare entro il 15 novembre, provvede all’aggiornamento del Documento Unico di Programmazione, tenendo conto degli indirizzi impartiti dal Consiglio e fornendo pertinenti ed adeguate motivazioni delle scelte operate.

5. Il parere di regolarità tecnica sulla deliberazione di Giunta che approva il Documento Unico di Programmazione ed il suo aggiornamento è rilasciato da tutti i responsabili delle strutture (Aree funzionali, comunque denominate) coinvolti nella realizzazione deicontenuti programmatori.

6. Il parere di regolarità contabile è rilasciato dal Ragioniere Generale (Responsabile del Servizio Finanziario) ed è espresso con riferimento agli effetti finanziari complessivi, conseguenti alla realizzazione dei contenuti programmatori.

7. L’Organismo di Revisione Economico-Finanziaria esprime il proprio parere, a norma di quanto previsto dall’art. 239 del TUEL, sull’aggiornamento delDocumento Unico di Programmazione elaborato dalla Giunta, per le successive valutazioni e deliberazioni del Consiglio.

8. Il Documento Unico di Programmazione è approvato dalConsiglionella medesima seduta di approvazione del Bilancio di Previsione, quale documento propedeutico e di indirizzo.

Note:

Il comma 1 dell’articolo esplicita i contenuti della “Circolare” da emettere ed aggiornare annualmente. Come già esplcitato, la circolare assolve alla funzione di veicolare regole operative del processo di formazione dei documenti di programmazione ed in particolare del DUP, evitando di popolare il Regolamento con disposizioni di dettaglio che potrebbero rivelarsi inadeguate nel tempo e richiedere complessi procedimenti di rivisitazione in sede di Consiglio.

Il contenuto dal comma 3, integrativo della disciplina nazionale, prevede che al Consiglio venga riservata la facoltà di intervento in corso di elaborazione della programmazione. Lasicare nella sola disponibilità della Giunta la stesura e l’aggiornamento del DUP, rischia di esautorare di fatto il principale organo di indirizzo, che si vede recapitare DUP e proposta di Bilancio sostanzialmente immodificabili. Per questo si è previsto di istituire una sessione di lavoro del Consiglio, nel mese di settembre, da dedicare alla disamina del documento. In tale occasione il Consiglio potrà fornire alla Giunta indicazioni sul grado di soddisfazione dei fabbisogni, sulla destinazione delle risorse in occasione della predisposizione della proposta di Bilancio.

Il successivo comma 4 pone in capo alla Giunta la responsabilità politica di tenere nella dovuta considerazione gli indirizzi impartiti dal Consiglio e dare adeguata motivazione delle scelte operate.

Il Consiglio, quando si vedrà recapitare il DUP aggiornato, congiuntamente alla proposta di Bilancio ed allo schema di PEG, avrà modo di verificare se le indicazioni originariamente

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201642

Patrizio Belli e Stefano Fermante

Asfel - Proposta di Regolamento di Contabilità – parte generale e programmazione DUP

fornite siano state seguite.

Articolo 10 - Inammissibilità e improcedibilità delle deliberazioni di Giunta e Assemblea

1. Le proposte di deliberazioni non coerenti con le previsioni del Documento Unico di Programmazione per difformità o in contrasto con gli indirizzi e le finalità dei programmi approvati, sono da considerare inammissibili. Quelle che rilevano insussistenza di copertura finanziaria o incompatibilità tra le fonti di finanziamento e le finalità di spesa ovvero tra le risorse disponibili (finanziarie, umane e strumentali) e quelle necessarie per la realizzazione del nuovo programma sono da considerarsi improcedibili.

2. L’inammissibilità, riferibile ad una proposta di deliberazione sottoposta all’esame ed alla discussione dell’organo deliberante, è dichiarata dal Sindaco, su proposta del Segretario Generaleo del Direttore Generale ove nominato e sulla scorta dei pareri istruttori dei responsabili dei servizi, eventualmente acquisiti.

3. L’improcedibilità, rilevata in sede di espressione dei pareri istruttori sulla proposta di deliberazione, non consente che la proposta medesima venga esaminata e discussa dall’organo competente. In tal caso la proposta di deliberazione potrà essere approvata solo dopo aver provveduto, con apposita e motivata deliberazione dell’organo competente, alle necessarie modificazioni dei programmi e degli obiettivi ed alle conseguenti variazioni delle previsioni del documento unico di programmazione e del bilancio di previsione.

Note:

L’articolo assolve al compito espressamente assegnato dal TUEL al Regolamento di Contabilità.

Si segnala la necessità di acquisizione dei pareri istruttori preventivi per la dichiaraziine di “inammissibilità” di deliberazioni (comma 2) ed il ruolo caridne della Ragioneria Generale (alias Servizio Finanziario), nel caso di “improcedibilità”.

Nel successivo numero si riprenderà la disamina commentata della proposta di Regolamento di Contabilità, affrontando la disciplina della formazione del Bilancio di Previsione e del Piano Esecutivo di Gestione.

deliberazioni non coerenti con le previsioni del Documento Unico di Programmazione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201643

a cura di Paolo Longoni eRosario Poliso

Il punto di vista del revisore

Revisori, nuovi compiti con l’armonizzazione contabile.

La contabilità armonizzata si fonda sul principio della competenza finanziaria “potenziata”, destinato ad incidere in maniera significativa sulle modalità di imputazione delle entrate e delle spese in ragione della esigibilità dell’obbligazione. Il nuovo principio contabile impone agli Uffici di fornire adeguate informazioni e completa documentazione per la corretta individuazione dell’esercizio a cui riferire le diverse poste contabili nel momento in cui l’obbligazione giuridica si perfeziona; informativa che assume particolare importanza in relazione alla gestione dei residui attivi e passivi. È facilmente intuibile come tale obiettivo richieda il potenziamento delle informazioni contenute nei documenti contabili affinché possa realizzarsi il necessario processo di aggregazione e consolidamento dei dati. Un processo informativo inefficace e distorto può generare certamente errori non irrilevanti nell’individuazione dell’esercizio finanziario a cui imputare l’entrata e la spesa, con pesanti ricadute sull’attendibilità dei dati di bilancio e sui reali equilibri finanziari.La riforma chiama il sulla gestione ad una attenta verifica sulla correttezza delleimputazioni delle entrate e delle spese in bilancio secondo la scadenza; solo l’effettivo rispetto del nuovo principio finanziario potrà garantire il cambiamento voluto dal legislatore.Più in generale, l’introduzione dell’armonizzazione contabile ha contribuito in misura rilevante a rimodulare le competenze dell’organo di revisione economico-finanziaria, in particolare con riferimento ad alcuni pareri. Non sfugge, infatti, ad un occhio attento come alcuni pareri siano diventati più complessi rispetto alla previgente normativa che già imponeva una specifica ed attenta verifica.Una prima significativa novità riguarda la formulazione del parere in materia di variazioni di bilancio. Il novellato articolo 239 del T.U.E.L. stabilisce che sono sottoposte all’organo di revisione le “variazioni di bilancio escluse quelle attribuite alla competenza della giunta, del responsabile finanziario e dei dirigenti, a meno che il parere dei revisori sia espressamente previsto dalle norme o dai principi contabili, fermo restando la necessità dell’organo di revisione di verificare, in sede di esame del rendiconto della gestione, dandone conto nella propria relazione, l’esistenza dei presupposti che hanno dato luogo alle variazioni di bilancio approvate nel corso dell’esercizio provvisorio”.Si tratta, in buona sostanza, del naturale effetto della rivisitazione dell’art. 175 del T.U.E.L.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201644

Paolo Longoni e Rosario Poliso

Revisori, nuovi compiti con l’armonizzazione contabile.

teso a neutralizzare la rigidità delle variazioni di bilancio attraverso l’attribuzione di specifiche competenze all’organo di governo e ai dirigenti. Nel nuovo contesto, l’organo di revisione è chiamato a rilasciare il proprio parere, secondo le modalità stabilite dal Regolamento di contabilità, esclusivamente sulle variazioni di competenza consiliare e non su quelle attribuite alla giunta, al responsabile finanziario e/o dei dirigenti, a meno che il parere sia prescritto dalle norme speciali o dai principi contabili ,come previsto, ad esempio, nel caso di utilizzo delle quote vincolate e accantonate del risultato di amministrazione nel corso dell’esercizio provvisorio (punto 9.2 del Principio contabile applicato n. 4/2). Tuttavia, siffatto parere interviene a posteriori (sovvertendo il principio generale che connota il parere come preventivo e non vincolante) in sede di esame del rendiconto della gestione, dandone conto nella propria relazione.

Il parere in argomento, benché reso a posterioriattiene alla legittimità della variazione in coerenza con la sussistenza dei relativi presupposti di legge; non cambia poi la tipologia della verifica che l’organo di controllo deve eseguire, atteso che si estrinseca nell’espressione tradizionale di “un motivato giudizio di congruità, di coerenza e di attendibilità contabile delle previsioni di bilancio e dei programmi e progetti, anche tenuto conto dell’attestazione del responsabile del servizio finanziario”.La riforma ha altresì assegnato un rilevante compito ai revisori con riferimento all’attività di riaccertamento dei residui, sia di tipo “ordinario e complessivo”, sia attraverso il riaccertamento cosiddetto parziale (in relazione alle partite da pagare e riscuotere prima del riaccertamento ordinario), richiedendo specifici pareri in merito. Il ruolo dei revisori risulta profondamente cambiato rispetto al passato: nella previgente normativa, l’organo di controllo non interveniva direttamente nell’operazione, ma ne “validava” il risultato in modo indiretto ed in un momento successivo nella relazione al rendiconto di gestione; la riforma ha, invece, previsto precisi pareri anche in ragione delle necessarie variazioni di bilancio a seguito delle reimputazioni (in genere durante l’esercizio provvisorio).In sede di riaccertamento ordinario dei residui, l’organo di controllo dovrà riscontrare la sussistenza dei requisiti dell’obbligazione giuridica che assume fondamentale importanza per la determinazione attendibile del risultato di amministrazione e del fondo pluriennale vincolato

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201645

Paolo Longoni e Rosario Poliso

Revisori, nuovi compiti con l’armonizzazione contabile.

in fase di rendicontazione.Il riaccertamento parziale non afferisce invece alla globalità delle poste, ma soltanto alcune di esse, con l’obiettivo di eseguire una reimputazione per effetto di una intervenuta modifica delle condizioni di esigibilità. In tale operazione, il revisore dovrà focalizzare l’attenzione sull’esercizio in cui scade l’obbligazione.È evidente il cambiamento rispetto al passato: il riscontro e l’analisi dei residui, in particolare per quelli attivi, avviene in un momento precedente e distinto rispetto alla rendicontazione con un diretto coinvolgimento dell’organo di controllo e relativi riflessi sulla determinazione del Fondo crediti di dubbia esigibilità.Ma le novità non si esauriscono solo con i casi evidenziati: ulteriori competenze e responsabilità derivano dall’art. 188 del T.U.E.L. che disciplina il “disavanzo di amministrazione”. Tale norma dispone che “il disavanzo di amministrazione può anche essere ripianato negli esercizi successivi considerati nel bilancio di previsione, in ogni caso non oltre la durata della consiliatura, contestualmente all’adozione di una delibera consiliare avente ad oggetto il piano di rientro dal disavanzo nel quale siano individuati i provvedimenti necessari a ripristinare il pareggio”. Ricorrendo tale fattispecie, è richiesto il parere dei revisori in ordine al piano di rientro. In questo caso, il parere dei revisori è assai complesso atteso che non potrà limitarsi alla legittimità del Piano, ma dovrà calarsi sulla sua concreta sostenibilità; in altri termini non può tradursi l’operazione in una mera “spalmatura” nel tempo del risultato negativo di gestione; esso dovrà, invece, essere confortato da concrete misure per eliminare le cause che hanno generato lo squilibrio finanziario.Non possiamo concludere l’analisi delle nuove incombenze per i revisori – che non vuole essere esaustiva dell’argomento – senza rivolgere l’attenzione al rapporto tra l’organo di revisione ed il documento unico di programmazione. La FAQ n. 10 di Arconet ha evidenziato che “considerato che la deliberazione del Consiglio concernente il DUP presentato a luglio ha, o un contenuto di indirizzo programmatico, o costituisce una formale approvazione, che è necessario il parere dell’organo di revisione sulla delibera di giunta a supporto della proposta di deliberazione del Consiglio, reso secondo le modalità previste dal regolamento dell’ente”. L’organo di revisione chiamato ad esprimere un parere sulla coerenza ed attendibilità degli obiettivi, una coerenza che va valutata in relazione alle risorse disponibili ed alla struttura organizzativa dell’ente. Il parere in esame, ancora, dovrà focalizzare l’attenzione sul contenuto minimo del documento in relazione alle prescrizioni normative ed esprimersi sulle concrete scelte operate dall’Amministrazione. Un parere certamente complesso, difficile e di grande responsabilità che dà l’idea della evoluzione del ruolo e delle funzioni dell’organo di revisione maturata nell’ultimo decennio.Il carico di funzioni e di responsabilità, e la necessità di aggiornamento e di preparazione dei professionisti che svolgono le funzioni di revisore risulta sempre più evidente.Non è questa la sede per evidenziare lo stridente contrasto con l’esiguità dei compensi riservati ai revisori nominati e con la mancanza di una adeguata verifica della qualità delle funzioni svolte da parte dei moltissimi (forse troppi?) revisori iscritti negli elenchi del Ministero dell’Interno.Ma una riflessione sulla necessità di rivedere i meccanismi di nomina e quelli di verifica delle attività svolte, e di riportare a normalità i livelli dei compensi per i professionisti che svolgono queste delicate e complesse funzioni deve senz’altro essere fatta.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201646

Presupposti e modalita’ della cessione di crediti da parte degli enti localidi Marco Lo Franco

La recente deliberazione n. 40 del 14/09/2016 della Corte dei Conti – Sezione controllo Basilicata- al di la della questione concreta su cui era stata chiamata a pronunciarsi e che non sarà oggetto della nostra trattazione - ha fatto chiarezza sui necessari presupposti e modalità operativedella cessione dei crediti da parte delle P.A. chiarendone anche gli inevitabili riflessi contabili. Di seguito riporteremo in sintesi i punti maggiormente rilevanti della pronuncia soffermandoci sulle principali criticità e questioni che sono chiamati a risolvere gli operatori degli enti locali nell’affrontare tale problematica.

1. Inquadramento normativo dell’istituto

Il Codice civile all’art. 1260 e ss. disciplina l’istituto della cessione del credito. Quest’ultimo si configura come contratto di solito bilaterale tra un soggetto creditore cedente e un terzo cessionario che assume così la qualità di soggetto creditore.

La cessione produce effetto nei confronti del debitore ceduto quando questi l’ha accettata o quando gli è stata notificata (art. 1264 c.c.).

E’ importante ricordare che, anche prima della notificazione, il debitore che paga al cedente non è liberato, se il cessionario prova che il debitore medesimo era a conoscenza dell’avvenuta cessione (art. 1264 cc.).

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201647

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

La pronuncia della Corte dei Conti n. 40 della Sez. controllo Basilicata del 14/09/2016 ci ricorda che la causa del contratto di cessione del credito è, normalmente, di trasferimento, oneroso o gratuito, del credito. La medesima deliberazione evidenzia che la cessione del credito non è un tipo contrattuale autonomo, ma è inquadrabile tra i negozi a causa variabile, nel senso che come tutti gli atti traslativi, può rientrare di volta in volta nell’uno o nell’altro tipo contrattuale (vendita, donazione, contratto solutorio, ecc.), a seconda del titolo e della causa che lo giustifica; pertanto la disciplina, cui essa sarà soggetta, sarà caso per caso quella propria del tipo di contratto adottato, rispetto alla quale le norme speciali sulla cessione (art. 1260 e segg. c.c.), sono meramente integrative (Cass. 13.11.1973, n. 3004; Cass. 15.5.1974, n. 1396)” (Cass. 19.06.2001, n. 8333).

2. La cessione del credito da parte della P.A. – La cedibilità del credito

La cedibilità di un credito quando il creditore cedente è la pubblica amministrazione è questione problematica in quanto non risulta disciplinata in maniera organica dal legislatore.

La citata pronuncia della Corte dei Conti ci rammenta che in linea generale il credito è una posizione giuridica che concorre a costituire il patrimonio giuridico del titolare della pretesa. Appare evidente che il credito di una somma di danaro rileva anche ai fini contabili nella definizione del patrimonio finanziario dell’ente che ne è titolare costituendone elemento dell’attivo.

La posizione di chi partendo dal presupposto della natura pubblica del bene (sia in senso soggettivo, in quanto appartenente a soggetto pubblico, sia in senso oggettivo, in quanto destinato a soddisfare finalità pubbliche), tende a negare la possibilità che un ente territoriale possa cedere –a titolo oneroso - un suo credito e, dunque, trasformarlo in provvista finanziaria liquida in relazione al valore del credito stesso non trova alcun valido riscontro normativo.

la possibilità che un ente territoriale possa cedere –a titolo oneroso - un suo credito

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201648

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

3.Presupposti Normativi

Le disposizioni normative che rendono legittima la cessione di crediti da parte degli enti territoriali sono riassunte nella seguente tabella riepilogativa :

Riferimento normativo contenutoArt. 8 D.l. n. 79/1997 convertito con modifiche dalla l. 14/1997 -Cessione dei crediti da parte delle amministrazioni pubbliche

Le amministrazioni pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 3 febbraio 1993, n. 29, e successive modificazioni ed integrazioni, dopo aver esperito le ordinarie procedure previste dai rispettivi ordinamenti per il pagamento da parte dei terzi debitori di quanto ad esse dovuto per obbligazioni pecuniarie liquide ed esigibili, possono procedere, al fine di realizzare celermente i relativi incassi, alla cessione dei relativi crediti, con esclusione di quelli di natura tributaria e contributiva, a soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di recupero crediti di comprovata affidabilità e che siano abilitati alla suddetta attività da almeno un anno, individuati sulla base di apposita gara. Ai fini della gara, il prezzo base della cessione, che deve essere effettuata a titolo definitivo, viene determinato tenendo conto, fra l’altro, della natura dei crediti e della possibilità della loro realizzazione

Art. 76Legge 21/11/2000, n. 342 - Cessione di crediti tributari da parte di enti locali e Camere di commercio

Gli enti locali e le Camere di commercio, industria, artigianato e agricoltura, per le entrate di cui all’articolo 18 della legge 29 dicembre 1993, n. 580, e successive modificazioni, possono cedere a terzi a titolo oneroso i loro crediti tributari, compresi gli accessori per interessi, sanzioni e penalita’. I rapporti tra l’ente locale o la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura ed il cessionario sono regolati in via convenzionale. 2. L’ente locale e la Camera di commercio, industria, artigianato e agricoltura sono tenuti a garantire l’esistenza dei crediti al tempo della cessione, ma non rispondono dell’insolvenza dei debitori. I privilegi e le garanzie di qualunque tipo che assistono i crediti oggetto della cessione conservano la loro validità e il loro grado di favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione. 3. Le cessioni di cui al comma 1: a) non sono soggette all’articolo 1264 del codice civile; b) danno luogo a successione a titolo particolare nei diritti ceduti. (…)

Il combinato disposto dell’art. 8 del D.L. n. 79/1997 e dell’Art. 76 Legge 21/11/2000, n. 342 – rende generalmente ammessa, sia pure con deroghe rispetto al regime civilistico, la cedibilità

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201649

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

di ogni credito sia di natura tributaria che patrimoniale da parte dell’ente territoriali.

Si evidenzia che sulla base della citata impostazione normativa il credito può essere pertanto oggetto di gestione attiva da parte dell’ente pubblico creditore. Sul punto, è fondamentale quanto previsto dal citato art 8 del D.l. 79/1997 che afferma: “il prezzo base della cessione, che deve essere effettuata a titolo definitivo, viene determinato tenendo conto, fra l’altro, della natura dei crediti e della possibilità della loro realizzazione”. Ciò detto, i crediti di danaro dell’ente pubblico sono suscettibili di valutazione in termini di prezzo anche in difformità dal loro valore nominale, in relazione non solo alla natura del credito, ma anche con riferimento a fattori che possono incidere sulla loro concreta realizzabilità ovvero la qualità del credito e la possibilità dell’effettiva riscossione (es. crediti particolarmente datati, soggetti debitori notoriamente inadempienti e incapienti ecc.).

4. Modalità della cessione del credito

La Pronuncia della Corte dei Conti oggetto di esame esclude che la cessione possa essere fatta “alla spicciolata”, nel senso cioè di cedere, di volta in volta, alcuni crediti a favore di cessionari scelti per l’occasione. Il cessionario- così come previsto dall’art. 8 D.L. n. 79/1997- deve essere scelto mediante apposita gara, tra i “soggetti abilitati all’esercizio dell’attività di recupero crediti di comprovata affidabilità e che siano abilitati alla suddetta attività da almeno un anno”. L’art. 76 della legge 21/11/2000, n. 342, ha poi aggiunto che i rapporti tra il cessionario e l’Ente Locale sono regolati da convenzione, quest’ultima è la fonte contrattuale sulla base della quale disciplinare il servizio- per il tempo in cui avrà efficacia e per la massa dei crediti che ne sono, o che ne saranno, l’oggetto.La semplice forma scritta della convenzione è sufficiente a soddisfare i requisiti di forma, a pena di nullità, che abbia ad oggetto crediti esistenti e individuati o individuabili oggetto di cessione. La convenzione, si pone come fonte che regolerà anche

cedere, di volta in volta, alcuni crediti a favore di cessionari scelti per l’occasione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201650

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

le cessioni di crediti non ancora maturati in capo al cedente e, in tal caso, sarà necessario un successivo atto di cessione con forma scritta, da porre in essere nel momento in cui il credito da cedere sarà venuto ad esistenza a seguito del puntuale accertamento contabile.

Il credito può essere ceduto solo pro soluto. A questa conclusione conduce sia il comma 2 dell’art. 76, citato, che impone all’Ente cedente di garantire “l’esistenza dei crediti al tempo della cessione”, ma non anche il rischio dell’insolvenza dei debitori, sia la considerazione che la possibilità di realizzare il credito è già componente considerata nella determinazione del prezzo di cessione. Infine, i privilegi e le garanzie di qualunque tipo che assistono i crediti oggetto della cessione conservano la loro validità e il loro grado di favore del cessionario, senza bisogno di alcuna formalità o annotazione.

Con riferimento al prezzo (base) della cessione, la disciplina sopra richiamata dispone che si tenga conto, oltre della realizzabilità del credito, anche, ma non solo, della natura del credito ceduto, potendo soccorrere altri criteri integrativi di valutazione ovvero:

• anzianità del credito

• alle procedure esperite o in corso per la sua riscossione, anche coattiva, etc.

5. Condizioni per la cessione.

La cessione del credito non rappresenta un sistema alternativo alla riscossione ordinaria dei crediti quanto, piuttosto, la possibilità per l’Ente Locale di incassare con rapidità entrate altrimenti di dubbia od onerosa esigibilità.

Presupposto indispensabile alla realizzazione dell acessione di un credito è che lo stesso sia certo, liquido ed esigibile e pertanto sia stato oggetto di accertamento ai sensi dell’art. 179 del Tuel in ragione della tipologia di entrata.

Si ricorda che l’accertamento a seguito dall’armonizzazione dei sistemi contabili (D.Lgs. 118/2011 corretto ed integrato dal D.Lgs. 126/2014) costituisce la fase dell’entrata con la quale si perfeziona un diritto di credito relativo ad una riscossione da realizzare e si imputa contabilmente all’esercizio finanziario nel quale il diritto di credito viene a scadenza.

Perché si possa procedere all’accertamento occorre:

Idonea documentazione attraverso la quale sono verificati ed attestati dal soggetto a cui è affidata la gestione delle relativa entrata i seguenti requisiti:

a) la ragione del credito che da luogo a obbligazione attiva;

b) il titolo giuridico che supporta il credito;

c) l’individuazione del soggetto debitore;

d) l’ammontare del credito;

e) la relativa scadenza.

Con la registrazione contabile dell’accertamento si da atto specificatamente della scadenza del credito in relazione a ciascun esercizio finanziario contemplato nel bilancio di previsione.

Non possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le entrate per le quali non sia venuto a scadere nello stesso esercizio finanziario il diritto di credito.

atto di cessione con forma scritta

la fase dell’entrata con la quale si perfeziona un diritto di credito

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201651

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

È esclusa categoricamente la possibilità di accertamento attuale di entrate future in quanto ciò darebbe luogo ad un’anticipazione di impieghi (ed ai relativi oneri) in attesa dell’effettivo maturare della scadenza del titolo giuridico dell’entrata futura, con la conseguenza di alterare gli equilibri finanziari dell’esercizio finanziario.

Le entrate di dubbia e difficile esazione per le quali non è certa la riscossione integrale sono accertate per l’intero importo (es. sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, proventi derivanti dalla lotta all’evasione).

Con l’entrata in vigore del principio di competenza finanziaria potenziata per i crediti di dubbia e difficile esazione accertati nell’esercizio è effettuato un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità (FCDE), vincolando una quota dell’avanzo di amministrazione.

L’art. 179 del D.Lgs. 267/2000 al comma 3 e 3 bis così come modificato ed integrato dal D.Lgs. 126/2014 recepisce integralmente i nuovi principi e dispone quanto segue:

3. Il responsabile del procedimento con il quale viene accertata l’entrata trasmette al responsabile del servizio finanziario l’idonea documentazione di cui al comma 2, ai fini dell’annotazione nelle scritture contabili secondo i tempi ed i modi previsti dal regolamento di contabilità dell’ente, nel rispetto di quanto previsto dal presente decreto e dal principio generale della competenza finanziaria e dal principio applicato della contabilità finanziaria di cui agli allegati 1 e 4.2 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, e successive modificazioni. 3-bis. L’accertamento dell’entrata è registrato quando l’obbligazione è perfezionata, con imputazione alle scritture contabili riguardanti l’esercizio in cui l’obbligazione viene a scadenza. Non possono essere riferite ad un determinato esercizio finanziario le entrate il cui diritto di credito non venga a scadenza nello stesso esercizio finanziario. È vietato l’accertamento attuale di entrate future. Le entrate sono registrate nelle scritture contabili anche se non determinano movimenti di cassa effettivi.

Così, ad esempio:

- le entrate tributarie vanno accertate a seguito di emissione di ruoli

- le entrate patrimoniali e per quelle provenienti dalla gestione di servizi a carattere produttivo e di quelli connessi a tariffe o contribuzioni dell’utenza, l’accertamento segue l’acquisizione diretta o l’emissione di liste di carico.

Ciò detto, l’operazione di cessione deve necessariamente seguire sia l’accertamento del credito come entrata dell’ente, sia la sua concreta esigibilità in relazione al tempo dell’adempimento (scadenza) e alle altre eventuali condizioni del pagamento. Anche nel caso in cui la convenzione, deputata a regolare i rapporti con il cessionario scelto mediante gara, si estenda fino a comprendere crediti pecuniari non ancora sorti al momento della stipula, questi potranno in concreto essere oggetto di cessione solo dopo che siano venuti ad esistenza ed accertati e siano divenuti esigibili (scaduti), essendo l’esistenza e la validità oggetto di specifica garanzia dovuta dall’Ente cedente.

6. Motivi della cessione del credito

L’ente locale, prima della cessione, deve avere avuto la possibilità di pretendere dal debitore principale il pagamento del credito certo, liquido ed esigibile. Ci si chiede quale sia la motivazione che induce l’ente a riscuotere da altro soggetto (l’Istituto cessionario) il medesimo

la possibilità di accertamento attuale di entrate future

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201652

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

credito decurtato delle spese della cessione, realizzando così una perdita pari alla spesa sopportata per il servizio prestato dal cessionario. Su tale punto la normativa esaminata non dà indicazioni esplicite. Invero, il legislatore ha indicato nella cessione dei crediti il mezzo per “realizzare celermente i relativi incassi” ad un prezzo che tenga conto della natura dei crediti e della possibilità di loro realizzazione., conseguentemente il cessionario sconterà il valore del credito del tempo occorrente per la sua realizzazione e dei rischi di inadempienza. Per quanto detto, di regola, il credito ceduto dall’Ente Locale deve iscriversi tra i crediti di dubbia o difficile esazione, solo in tale prospettiva è possibile giustificare la perdita di valore che si concretizza con la cessione. Non può, comunque, escludersi la eventualità che, in talune particolari circostanze, per la necessità di mantenere gli equilibri dei flussi di cassa l’ente possa anticipare la riscossione del credito scaduto rispetto ai normali o usuali tempi di pagamento del debitore. In tali casi la motivazione data all’operazione dovrà essere particolarmente dettagliata e coerente con le ragioni di fatto che giustificano la cessione. La cessione del credito di natura contrattuale- così come previsto dalla delibera n. 8/c/2006 della Corte dei Conti del Lazio -può aver luogo dopo l’esperimento dell’ingiunzione di pagamento non opposta senza la necessità di esaurire tutte le fasi esecutive.

7.Riflessi sulla contabilità dell’ente

A seguito della cessione il credito dovrà essere cancellato dalla contabilità dell’Ente ovvero dai residui attivi o dall’accertamento in caso di reimputazione a seguito della modifica della data di esigibilità. Appare opportuno evidenziare la differenza che corre tra la cessione e il recupero del credito. Quest’ultima, infatti, è attività preordinata al conseguimento dell’adempimento del debitore nei confronti dell’Ente Locale. L’esperimento delle relative azioni di recupero è, quindi, sostanzialmente riconducibile alla prestazione di un servizio legale. Per contro, la cessione del credito a soggetti scelti con le modalità sopra specificate, necessariamente onerosa e pro soluto, è operazione riconducibile all’affidamento di un servizio finanziario. La citata pronuncia della Corte dei conti richiama la necessità da parte dell’ente di vigilare affinché lo strumento in esame non sia oggetto di deviazioni dai limiti che lo rendono correttamente applicabile.

8. Costo della cessione – applicazione delFondo crediti di dubbia esigibilità

Il prezzo di realizzo della cessione sarà per l’ente locale inferiore al valore nominale del credito stesso. Poiché l’entrata (da cessione) deve essere registrata per il valore pieno del credito accertato, il (minor) prezzo di realizzo rappresenta una spesa che deve essere parimenti prevista e registrata contabilmente. La minore entrata si concretizza, quindi, in una perdita per l’Ente, che deve trovare idonea giustificazione. Una perdita sul credito pecuniario (che l’Ente all’atto della cessione deve garantire esistente e valido) può giustificarsi solo nel caso in cui si sia verificata una delle seguenti condizioni

- l’Ente abbia effettivamente esperito tutte le azioni per la sua riscossione piena

- il debitore accertato non è nelle condizioni di poter adempiere (incapienza)

- per far fronte a eccezionali esigenze di liquidità non altrimenti (stante l’onerosità del mezzo) risolvibili.

In sostanza, oggetto di cessione sono i crediti “in sofferenza”, necessariamente già accertati e rimasti insoddisfatti dopo le ordinarie procedure di riscossione. Ne consegue che una corretta tenuta della contabilità già dovrebbe aver rilevato la perdita con l’accantonamento al “fondo crediti di dubbia esigibilità” che, conseguentemente

una perdita pari alla spesa sopportata per il servizio prestato

Una perdita sul credito pecuniario

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201653

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

alla cessione, andrà rideterminato per la minore entrata registrata.

Conseguentemente,la perdita che si realizza dalla cessione di crediti pecuniari deve trovare copertura nel FCDE. Trattandosi di crediti “in sofferenza” verosimilmente già iscritti tra i residui attivi, è probabile che siano stati reimputati a esercizi futuri in relazione al tempo stimato per la loro realizzazione. Nel qual caso, ove ceduti in blocco, dovrà essere cancellata l’entrata prevista nei futuri esercizi e, in contropartita, dovrà essere cancellata una pari spesa (ovvero dovranno essere individuate le pertinenti coperture).

Appare opportuno ricordare che con l’entrata in vigore dei nuovi principi contabili le entrate di dubbia e difficile esazione per le quali non è certa la riscossione integrale sono accertate per l’intero importo del credito.

Esempio: sanzioni amministrative al codice della strada, gli oneri di urbanizzazione, i proventi derivanti dalla lotta all’evasione.

Per i crediti di dubbia e difficile esazione accertati integralmente nell’esercizio è effettuato un accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità, vincolando una quota dell’avanzo di amministrazione.(punto 3.3 All. 4/2 D.Lgs. 118/2011 s.m.i.)

A tal fine è stanziata nel bilancio di previsione una apposita posta contabile denominata “Accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità” il cui ammontare è determinato in considerazione:

- della dimensione degli stanziamenti relativi ai crediti di difficile e dubbia esazione che si prevede si formeranno nell’esercizio;

- della natura degli stessi crediti;

- dell’andamento della media del rapporto tra incassi e accertamenti per ciascuna tipologia di entrata registrata negli ultimi cinque esercizi precedenti.

L’accantonamento al fondo crediti di dubbia esigibilità come sopra formatosi non è oggetto di impegno e genera un’economia di bilancio che confluisce nel risultato di amministrazione come quota accantonata.

Il fondo crediti di dubbia esigibilità è articolato distintamente in considerazione della differente natura dei crediti.

9. Limiti ed esclusioni

Non ogni tipologia di credito pecuniario, certo, liquido ed esigibile, accertato come entrata dell’Ente, può essere oggetto di cessione di crediti. Tale infatti è solo quello suscettibile di valutazione in ragione della sua natura e della sua realizzabilità. Pertanto vanno escluse dall’operazione di cessione:

- le entrate da trasferimento e da contributi da altri Enti pubblici che non sono suscettibili di svalutazione

- i crediti assistiti da fideiussione

- le entrate accertate per cassa (nei limiti in cui sono ancora ammesse).

In particolare, la delibera esaminata statuisce che non possano essere ceduti i crediti nascenti da entrate di natura vincolata, oppure derivanti da sovvenzioni, contributi, finanziamenti, per

l’entrata in vigore dei nuovi principi contabili le entrate di dubbia e difficile esazione

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201654

Marco Lo Franco

Presupposti e modalità della cessione di crediti da parte degli enti locali

misure e progetti finanziati pro-quota o interamente con fondi europei.

Ciò per la ragione che l’ammontare del credito (che dà titolo all’accertamento dell’entrata) è strettamente legato, anche teleologicamente, all’ammontare della spesa ammessa secondo il piano o il progetto approvato della cui realizzazione l’Ente è responsabile. Di regola la concessione del finanziamento (nelle sue varie forme) è anche subordinata alla qualità e all’identità del soggetto finanziato per la realizzazione del programma. Una volta realizzato il progetto la relativa spesa dovrà risultare pagata e rendicontata dall’Ente che solo così potrà, di regola, esigere la riscossione del credito. Per consentire la cedibilità del credito in questione, si dovrebbe ammettere che una parte del finanziamento (sovvenzione o contributo) destinato a concorrere alla spesa pagata e rendicontata, possa essere destinata, invece che alla realizzazione del progetto approvato, a sostenere un’altra spesa e, segnatamente, a remunerare il servizio del cessionario per la parte corrispondente al (minor) prezzo del credito ceduto.

Anche nel caso in cui la spesa sia già stata sostenuta dall’Ente, la cessione del credito alla sovvenzione o finanziamento prima dell’approvazione del rendiconto, al quale è subordinata l’erogazione della misura, appare essere operazione problematica, in quanto la certezza del credito si ha solo a rendiconto approvato.

10. disciplina regolamentare da parte dell’ente locale

La delibera n. 8/c/2006 della Corte dei Conti del Lazio ha indicato la necessità da parte degli enti locali di disciplinare con proprio regolamento ex art. 52 D.lgs. 446/1997 le modalità della cessione dei crediti.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201655

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea.1*di Rosario Scalia

L’art. 81è, probabilmente, uno tra gli articoli più controversi, di più complessa lettura della nostra Costituzione.

Come lo è, d’altronde, l’art. 97, tutte le volte che si ricorre al principio del buon andamento, e lo si utilizza per dire, in genere, tutto il male possibile delle burocrazie.

Due articoli che sono stati concepiti sicuramente sotto una buona stella, in quanto portatori di buone intenzioni; ma la cui applicazione, nel tempo, è risultata così “addomesticata” da poter formare oggetto delle più diverse (e contrastanti) interpretazioni2.

Un solo effetto è, comunque, certo: ha consentito alla classe politica, al potere di spostare il “costo” delle scelte decisionali effettuate in un determinato tempo sulle future generazioni. Ne costituisce un esempio classico, ormai, la grandezza finanziaria assunta dalle politiche previdenziali nel contesto delle politiche pubbliche rientranti nell’area di competenza dello Stato.

Risorse finanziarie che costituiscono un vincolo per le manovre di competenza del Governo,

1* Intervento tenuto al Convegno “Politiche ed equilibrio di bilancio”, promosso e organizzato, presso l’Università degli studi del Molise (Sede di Pesche), dalla Fondazione “Lello Lombardi” (Isernia, 14 ottobre 2016)

2 Sul punto, v. Roberto BarettoniArleri, Miti e realtà nei principi della contabilità pubblica, Ed. Giuffrè, Milano, 1996, riportato in “Materiali per una nuova contabilità degli enti pubblici”, dossier n. 1.4 (a cura di Rosario Scalia), Ed. Istituto Max Weber, Roma, 2005, pagg. 256.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201656

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

così come per il Parlamento che è chiamato ad approvare la legge di previsione del bilancio statale.

Pensioni e prestazioni sociali in danaro

Cifre in miliardi di euro

Così da far ritenere che la lunga discussione (che ha appassionato i costituzionalisti, ma anche i giuscontabilisti) sulla inemendabilità che dovrebbe avere la legge in questione sia diventata inutile...

Inutile nella misura in cui gli spazi decisionali, di cui il Governo dovrebbe essere responsabile, risultano compressi, rectius ridotti, da quella criticità che colpisce geneticamente i bilanci: il loro essere più o meno rigidi.

La rigidità più o meno ampia – misurabile con una eccessiva massa di spese che non possono essere compresse(c.d. “spese fisse”) – è data dall’accumulo, nel tempo, di un decisionismo che ha scelto prospettive di non cambiamento...3

Di tutto questo bisogna discutere, con un limite: la intangibilità delle condizioni dell’economia che non è più solo nazionale, e men che mai locale, e che esercita una influenza notevole sulla produzione delle imprese, quando essa è orientata verso i mercati esteri.

1. La disciplina dell’art. 81 Cost.

L’art. 81 della Costituzione detta la disciplina applicabile al più importante dei bilanci pubblici, a quello dello Stato.

Un bilancio che, in conseguenza di un sopraggiunto e diverso assetto costituzionale (pervicacemente perseguito in tutti questi anni), ha perduto i “pezzi” migliori, finendo per essere lo Stato responsabile solo della gestione del 25% della spesa pubblica fin dalla seconda metà degli anni Settanta del secolo scorso.

L’altro 75% della spesa pubblica è rientrato nell’area di competenza delle Regioni e degli Enti Locali.

Vi chiederete il perché di questo richiamo così come effettuato: perché di tale fenomeno si dovrebbe dare una lettura integrata.

Per un semplice motivo: se le politiche pubbliche sono destinate allo sviluppo sociale (cioè a sostenere il reddito delle famiglie) e allo sviluppo economico (cioè ad assistere le imprese a stare sul mercato nazionale e internazionale), una quota delle risorse prelevate coattivamente (tassazione) sia ai cittadini che alle imprese risulta destinata al funzionamento degli apparati, cioè al sostentamento delle vituperate burocrazie.

3 Di tale indicatore si è data ampia trattazione nella “Relazione sugli andamenti della finanza territoriale dei Comuni della Basilicata”, Esercizi 2010-2014 (delib. Sez. contr. Basilicata, n. 35/2016/FRG), Potenza, pagg. 265.

il Governo dovrebbe essere responsabile

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201657

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

Per decenni – facendo leva su due parole, “autonomia organizzativa” – sono stati sollevati, dinanzi alla Corte Costituzionale, decine, centinaia di ricorsi dalle Regioni nei riguardi di leggi dello Stato per conflitto di attribuzioni; fenomeno che ha subito una spaventosa impennata appena è entrato in vigore, nel 2001, il nuovo testo dell’art. 117.

E la stessa sorte è toccata alle Regioni che, avendo teorizzato una sorta di “liberazione dallo Stato”, si sono cimentate ad invaderne i campi di competenza, sempre dal 2001.

Campi di competenza, settori, materie: in sostanza, le politiche pubbliche sono state segmentate, sbrindellate, fatte a pezzi in ragione di una ricerca spasmodica: quella di poter ciascun livello di governo – per ciascuna di esse – giustificare il proprio intervento.

Tanto che la Corte Costituzionale si è dovuta preoccupare di creare una sorta di graduatoria tra esse, venendo alcune a porsi in posizione trasversale a tutte.

In sostanza, per poter assicurare una lettura graduata delle diverse politiche pubbliche, la Corte Costituzionale ha elaborato teorie che nessun altro Giudice delle leggi, negli altri Paesi d’Europa come nei Paesi di common law, avrebbe mai potuto immaginare di fare4.

Ciò è avvenuto – ed è bene che sia avvenuto – perché c’era (e c’è) da tutelare l’unità giuridica ed economica della Repubblica italiana, del nostro Paese.

Parole, queste, che difficilmente riusciamo a vedere scritte, richiamate, accennate nei discorsi della classe politica.

Un segno, questo, dei nostri tempi 5.

Un segno, questo, che sembra essere figlio della (eccessiva) perdurante crisi economica; una crisi economica che è venuta da lontano e che ci ha contaminato, finendo per condizionare le scelte politiche da effettuare.

Invece, sono altre le parole che ritroviamo ultimamente richiamate (ripetute) nel dibattito politico: da “flessibilità” a “margini maggiori di flessibilità”, da “crescita” a “politiche fiscali comuni” … a “populismo”.

Sono queste le parole, però, che non tengono conto del tempo, del fatto che necessariamente le politiche pubbliche si dipanano nel tempo: esse toccano i decisori di oggi e quelli di domani. La continuità costituisce il loro tratto distintivo; e, in considerazione di ciò, si sarebbe dovuto valutarne gli effetti sotto il profilo sociale, rimanendo intatte le disposizioni contenute nell’art. 3, c. 4, della legge n. 20/94 6, per alcuni aspetti (analisi dei costi degli apparati) dall’art. 60,

4 In tal senso, Learco Saporito, Regionalismo, federalismo e interesse nazionale, Ed. Jovene, Napoli, 2008, pagg. 53. Si legge, infatti, come «il significato ed il contenuto dell’espressione “interesse nazionale” sono oggi tornati di attualità, specialmente in relazione alla prospettiva del superamento della forma di Stato da regionale a federale». In assenza della determinazione dei principi fondamentali riconosciuta dalla legislazione statale, la Corte Costituzionale ha trovato un appiglio nel dover garantire l’unità giuridica ed economica della Repubblica.

5 Gustavo Zagrebelski, L’insostenibile ambiguità delle parole che usa la politica, La Repubblica, 24 settembre 2016, pagg. 60-61.

6 L’art. 3, comma 4, così recita:«La Corte dei conti svolge, anche in corso di esercizio, il controllo successivo sulla gestione del bilancio e del

patrimonio delle amministrazioni pubbliche, nonché sulle gestioni fuori bilancio e sui fondi di provenienza comunitaria, verificando la legittimità e la regolarità delle gestioni, nonché il funzionamento dei controlli interni a ciascuna amministrazione. Accerta, anche in base all’esito di altri controlli, la rispondenzadei risultati dell’attività amministrativa agli obiettivi stabiliti dalla legge, valutando comparativamente costi, modi e tempi dello

centinaia di ricorsi dalle Regioni nei riguardi di leggi dello Stato per conflitto di attribuzioni

creare una sorta di graduatoria

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201658

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

comma 4, secondo periodo, del d.lgs. n. 165/2001 7.

L’art. 81, nella versione che il Parlamento ha reso attuale, ci ha costretto a prendere finalmente decisioni legate al tempo, al tempo che può essere contrassegnato dallo sviluppo, così come al tempo che può essere contrassegnato dalla recessione.

Ai sette anni di vacche grasse possono succedere i sette anni di vacche magre …

Elaborare le politiche pubbliche secondo una dimensione temporale ultrannuale (almeno un triennio) è diventata una necessità della politica (politics); diventata obbligatoria, per tutti gli enti territoriali, dal 2016 in poi.

La visione ultrannuale che bisogna avere nell’elaborazione di un bilancio pubblico – soprattutto di quello dello Stato, che tende a ricomprendere gli altri – richiede burocrazie professionalmente preparate, capaci di utilizzare, con sagace intelligenza, non solo il diritto ma anche le altre scienze sociali; e, fra tutte, quelle scienze che svelano i comportamenti umani.

C’è una sola statistica? No, sono tante le regole della statistica; e sono quelle che avrebbero dovuto essere insegnate alle classi politiche consolidate, così come a quelle emergenti.

La “scienza dell’amministrazione” si sarebbe dovuta coniugare nelle Facoltà di scienze politiche, con la “scienza del governare”.

Al centro, anzi al cuore degli insegnamenti delle Università degli studi, si sarebbe dovuto porre un obiettivo: la ricerca del “bene comune” e i diversi metodi per conseguirlo 8.

Bene comune che, in genere, si ritrova declinato con il metodo proprio della matematica in quel documento che è un bilancio pubblico.

Lo studio della contabilità pubblica (ormai non più “contabilità di Stato”) avrebbe ben potuto essere promosso come tecnica di governo della “res publica”.

Senza la condivisione di un linguaggio comune (universale), quindi, le parole della politica si dimostrano – anzi, si rivelano – prive di significato.

«Ci sono, infatti, parole che non valgono nello stesso modo per i divites e per gli inanes.

Si dovrebbe procedere da questa constatazione per un onesto discorso realistico e riconoscere che le parole che hanno valore politico non sono neutre. Servono, non significano; sono strumenti e il loro significato cambia a seconda del punto di vista di chi li usa; a seconda, cioè, che siano pronunciate da chi sta (o si mette) in basso o da chi sta (o si mette) in alto

svolgimento dell’azione amministrativa. La Corte definisce annualmente i programmi e i criteri di riferimento del controllo sulla base delle priorità previamente deliberate dalle competenti Commissioni parlamentari a norma dei rispettivi regolamenti, anche tenendo conto, ai fini di referto per il coordinamento del sistema di finanza pubblica, delle relazioni redatte dagli organi, collegiali o monocratici, che esercitano funzioni di controllo o vigilanza su amministrazioni, enti pubblici, autorità amministrative indipendenti o società a prevalente capitale pubblico».

7 L’art. 60, comma 4, così dispone:«La Corte dei conti riferisce annualmente al Parlamento sulla gestione delle risorse finanziarie destinate al personale

del settore pubblico, avvalendosi di tutti i dati e delle informazioni disponibili presso le amministrazioni pubbliche. Con apposite relazioni in corso d’anno, anche a richiesta del Parlamento, la Corte riferisce altresì in ordine a specifiche materie, settori ed interventi.». Materie, settori e interventi che si collocano nel contesto delle diverse politiche pubbliche, la cui programmazione abbisogna di razionalizzazione.

8 V. Rosario Scalia, Perché siamo alla ricerca del bene comune?, Per una visione condivisa della società nazionale, in Dossier n. 1.15, collana “Politiche pubbliche, gestione, controllo”, Istituto Max Weber, Roma, aprile 2012, pagg. 1-30.

la ricerca del “bene comune” e i diversi metodi per conseguirlo

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201659

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

nella piramide sociale.».

È bene che una classe politica «diffidi delle parole e dei concetti politici astratti».

Infatti, essi se «assunti come assoluti e universali, producono coscienze false e ingenue, se non anche insincere e corrotte».

Facciamo qualche esempio.

Cosa può significare “democrazia”?

Per quanti stanno sopra e hanno vinto una competizione elettorale, significa «autorizzazione a fare quello che vogliono». Mentre, per coloro che stanno sotto e sono stati vinti, significa «pretesa di rispetto e di riconoscimento».

E, ancora, cosa può significare “politica”?

Può essere qualificata come forza sopraffattrice dal punto di vista dei forti, come quando la si usa come “politica di espansione”, “politica coloniale”, “politica demografica”.

Oppure, se la si vede dal punto di vista dei vinti, può significare “esperienza di convivenza”, “coinvolgimento e inclusione sociale”.

Oppure ancora: la (ricerca della) “felicità”.

Ricerca della “Felicità” che la Dichiarazione di indipendenza degli Stati Uniti d’America ha codificato, nel 1776.

2. Fare politica a mezzo del sistema dei bilanci pubblici

Con il bilancio dei diversi livelli di governo “si fa politica”. Infatti, ci si preoccupa di destinare una parte della ricchezza prodotta alle diverse “politiche pubbliche”.

Quelle che, oggi, con linguaggio unificato si chiamano “missioni” e che, per essere ciascuna missione comprensibile, sono articolate in “programmi”.

Al bilancio pubblico riconosciamo, in fondo, la capacità (potenziale) di essere strumento di redistribuzione della ricchezza che ogni comunità produce.

Ma se, nel periodo delle vacche grasse, non si è stati previdenti, quale ricchezza potremo distribuire per il tempo in cui la crisi morderà o le guerre creeranno disperazione tra le genti?

A presidio di questa funzione (che è espressione del ruolo che deve avere lo Stato nell’economia nazionale) è posto l’obbligo di riportare su un documento, a carico della classe politica, semplici dati numerici: i dati delle entrate, i dati delle spese.

E da qualche tempo si è anche richiesto (alla “periferia” del sistema politico-amministrativo) di spiegare alla comunità se, al termine del mandato (dopo un quinquennio), la gestione dei diversi bilanci annuali si è ispirata al principio della “sana gestione”.

Una “sana gestione finanziaria” non può mai prescindere, comunque, dalla corretta applicazione delle regole del diritto amministrativo.

Ma la “sana gestione finanziaria” non è altro che la declinazione (matematica) del principio del buon andamento, richiamabile – anche in contabilità pubblica – dall’art. 97 Cost..

diffidi delle parole e dei concetti politici astratti

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201660

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

3. Sana gestione delle risorse finanziarie, corretto ricorso al diritto amministrativo

Ecco il punto di contatto che c’è tra diritto amministrativo e contabilità pubblica: esso è costituito dall’obbligo di dover elaborare programmi fattibili, e fattibili in quanto esista (e si accerti) l’effettiva copertura finanziaria della spesa necessaria a soddisfare il bisogno (rilevato).

Si tratta di un obbligo che “ab immemorabili” è stato posto (e non poteva essere diversamente) dal Legislatore nazionale a carico della classe politica; obbligo ribadito, a ridosso dell’anno 1992, dall’art. 3, comma 1, del d.lgs. 29 febbraio 1993, n. 29 9, che dispone che gli “organi di governo esercitano le funzioni di indirizzo politico-amministrativo, definendo gli obiettivi ed i programmi da attuare ed adottando gli altri atti rientranti nello svolgimento di tali funzioni”; funzioni che risultano dettagliate nella “definizione di obiettivi, priorità, piani, programmi e direttive generali per l’azione amministrativa e per la gestione”.

Concetti ribaditi, per ciò che riguarda il bilancio dello Stato, nell’art. 14, comma 1, lett. a), dello stesso decreto legislativo, che richiama i vertici politici dei diversi Ministeri a un loro specifico obbligo.

Per costringere il ”sistema politico periferico” ad essere figlio della concretezza, si è dovuto ancorare la fattibilità di qualsiasi intervento pubblico di loro competenza alla “cassa” (anche se la si è chiamata “competenza potenziata”), cioè al dover essere le entrate utilizzabili rispondenti anche esse al principio della veridicità così come a quello della attendibilità.

Termini, quelli usati (veridicità e attendibilità) che potrebbero essere qualificati come sinonimi. Ma che, invece, nell’ordinamento contabile assumono significati puntuali e specifici.

Ricorrendo al termine «veridicità», si fa esplicito riferimento al principio internazionale del true and fair view. Esso è ripreso nella tradizione normativa e contabile italiana con la prescrizione di dover rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione patrimoniale e finanziaria dell’ente e il risultato economico dell’esercizio.

Una informazione contabile si deve considerare, poi, attendibile se è scevra da errori e distorsioni rilevanti e se gli utilizzatori possono fare affidamento su di essa.

9 Ora, art. 4 del d.lgs. 30 marzo 2001, n. 165 recante “Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche”.

i vertici politici dei diversi Ministeri

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201661

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

A tal fine le previsioni di bilancio e, in generale, tutte le valutazioni, devono essere sostenute da accurate analisi degli andamenti storici o, in mancanza, da altri idonei ed obiettivi parametri di riferimento, nonché da fondate aspettative di acquisizione e di utilizzo delle risorse.

L’oggettività degli andamenti storici e dei suddetti parametri di riferimento, ad integrazione di quelli eventualmente previsti dalle norme, consente di effettuare razionali e significative comparazioni nel tempo e nello spazio e, a parità di altre condizioni, di avvicinarsi alla realtà con un grado di approssimazione che deve essere sempre più alto.

Se, quindi, la Corte dei conti assume una qualsiasi posizione critica, lo fa con la consapevolezza che si possono individuare, da parte dell’istituzione controllata, misure e rimedi atti ad assicurare la più ampia conformità alla legge.

Solo recentemente la pulizia dei bilanci è passata, quindi, per l’analisi (vera, non finta) delle poste del bilancio che si erano da sempre chiamate con il termine di “residui attivi”10.

Li abbiamo mantenuti iscritti in bilancio perché facevano comodo (per la costruzione del bilancio in equilibrio, ma, nei fatti, fittiziamente).

Il mantenimento di residui attivi insussistenti (da tempo) è stato un escamotage che è stato utilizzato di pari passo con quello della sottostima delle spese.

La disattenzione, prolungata nel tempo, al tema “quale deve essere il grado di veridicità che debbono avere le entrate?”, ha provocato un sostanziale corto circuito.

Se è stato possibile elevare a sistema di vita istituzionale una eclatante inaffidabilità dei bilanci pubblici, lo si deve rintracciare nella (mantenuta) debolezza congenita del sistema dei controlli11.

Soprattutto di quelli interni: nella mancanza di una sistema di garanzie a tutela del ruolo particolare del responsabile finanziario, così come nella disciplina del collegio dei revisori, fondando il criterio di scelta dei suoi componenti, per troppo tempo, sulla piena libertà lasciata al controllato, cioè all’Esecutivo.12

Grandi passi in avanti sono stati fatti. Sotto la spinta di una sempre più attenta vigilanza esercitata dall’Unione Europea sui bilanci statali; ancor di più sulla base di una profonda presa di coscienza della classe politica dirigente.

Quando nel 1981, ricorrendo allo spazio decisionale che forniva un decreto-legge, il Ministro

10 Sul punto, v. Corte dei conti, Sezione regionale di controllo per il Lazio, delib. n. 109/2016/PRSE (Comune di Cerreto Laziale. Rendiconto 2014 e Prev. 2015).

11 Cfr. Rosario Scalia, La cultura del controllo in Italia. Il ruolo della Corte dei conti dopo la riforma (riforme) della P.A., in “L’evoluzione della contabilità pubblica al servizio della collettività”, Roma, 10 marzo 2016, pagg. 299-355.

12 Con delibera delle Sezioni riunite dell’8 febbraio 2012 è stato approvato per la Sezione delle autonomie un Regolamento avente ad oggetto i «criteri per l’inserimento nell’elenco dei revisori dei conti delle regioni», nuova funzione, quest’ultima, prevista dall’art. 14, c. 1, lett. e) d.l. n. 138/2011, recependo i principi dell’Intosai(International organisation of supreme audit institutions) a garanzia dell’indipendenza e dell’obiettività nello svolgimento delle attività e l’efficacia, la continuità e la qualità dei controlli; e anche i principi dell’Iaa(International auditors association) che, come ricorda la Sezione autonomie nel citato deliberato, raccomandano l’adozione di un adeguato sistema di salvaguardie volte a ridurre i possibili rischi derivanti dalla presenza di interessi finanziari, relazioni d’affari o personali, rapporti di dipendenza o collaborazione e ogni altra circostanza che meriti di essere opportunamente evidenziata quale possibile causa di interferenza nell’attività di revisione. In tal senso, si era espressa anche la Commissione europea con la Raccomandazione del 16 maggio 2002 sull’indipendenza dei revisori dei conti nell’Unione europea.

effettuare razionali e significative comparazioni nel tempo e nello spazio

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201662

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

del tesoro, Beniamino Andreatta, istituisce la “Sezione Enti Locali”, presso la Corte dei conti si creano le condizioni non certo per fare controllo – dato che esso sarà riservato, fino al 2001, ai Co.re.co (art. 130 Cost.) – ma per riferire al Parlamento sullo stato (e sull’andamento) della finanza locale.

Un Parlamento che, per anni, sembra più preoccupato di trovare mezzi finanziari a sostegno dei processi decisionali maturati “alla periferia del sistema istituzionale”, ma non certo consapevole del fatto che sarebbe stato più proficuo mutare quel sistema di responsabilità amministrativo-contabile che, differenziato per decenni, aveva privilegiato gli amministratori locali e le burocrazie di supporto.

Sottoposti alla giurisdizione del giudice civile, non certo di quello contabile.

È così che l’Italia si è ridotta ad avere un debito tra i più alti (solo il terzo) al mondo13.

Verso un Paese così si può nutrire fiducia?

Soprattutto, da parte del sistema dei creditori, costituiti da banche straniere o da Fondi esteri?

Acquistare BOT o BPT, emessi dallo Stato italiano, è stato per esse un affare, in ragione del tasso pagato.

Ma la loro valutazione diventa sempre più aleatoria (e, quindi, a rischio) quando la fiducia nei riguardi del “sistema Paese” comincia ad affievolirsi, a mano a mano che la globalizzazione investe il sistema finanziario nel suo complesso.

Ed è il sistema bancario, che è il “grande creditore” di questo o di quello Stato, a chiedere un

13 «In questi anni, infatti, l’Italia ha continuato ad accusare un consistente disavanzo fra le entrate e le uscite: il “buco” nei conti dello Stato era profondo 47 miliardi nel 2012, era sceso a 43 miliardi nel 2013, è rimasto a 42 miliardi nel 2015. Va bene, è un po’ diminuito in rapporto al Pil, l’indicatore che misura la ricchezza generata in un anno da un Paese, come si vede dai dati in tabella. Ma non si può parlare di una sforbiciata definitiva, in grado di avviare quel che in realtà conterebbe di più: la diminuzione del debito pubblico.

Proprio lì sta il virus che infetta la credibilità dell’Italia, nell’enorme debito che le nostre generazioni hanno ereditato dal passato, in particolare dall’era folle e corrotta del Caf, come veniva chiamato l’asse portante dei pentapartiti anni Ottanta, quello di Craxi-Andreotti-Forlani.

Ogni anno che si chiude con un disavanzo tra entrate e perdite, infatti, il Tesoro è costretto a emettere nuovi Btp e altri titoli di Stato, in quantitativi maggiori di quelli che giungono a scadenza.».

(da “La verità, vi prego, sui conti pubblici” (a cura di Luca Piana), L’Espresso, 2 ottobre 2016.

la globalizzazione investe il sistema finanziario nel suo complesso

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201663

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

mutamento radicale nei comportamenti tenuti dai rispettivi Governi.

In sostanza, il ricorso continuo all’indebitamento – da parte dello Stato – mette a rischio i prestiti richiesti; prestiti che il sistema bancario iscrive nei propri bilanci, nella parte del c.d. “attivo” realizzabile.

Fissare dei vincoli di natura finanziaria alla elaborazione del bilancio dello Stato diventa una necessità che si realizza storicamente a un livello di governo diverso da quello nazionale: ciò avviene a livello comunitario, con il Trattato di Maastricht.

È nell’anno 1992 che si pongono le basi del Trattato sull’Unione Europea: strumento internazionale che ha inserito l’Unione Economica e Monetaria (UEM) a rafforzamento, appunto, dell’unione economica, da realizzare mediante l’introduzione di una moneta unica.

Da questo momento si impone il rispetto, da parte di ciascuno degli Stati aderenti, ad alcuni parametri che, ai nostri fini, sono definiti “criteri di convergenza”: la situazione delle finanze pubbliche costituisce oggetto di permanente analisi da parte di un altro livello di governo.

E il sistema degli Stati membri si viene conformando, nello stesso periodo, all’applicazione del principio di sussidiarietà.

A livello di governo internazionale, il 1992 risulta degno di essere ricordato perché l’INTOSAI produce un documento fondamentale per la gestione delle finanze pubbliche: le “Linee-guida per gli standards del controllo interno”.

Ma, come è stato osservato, di una vera disciplina del “sistema dei controlli interni” si avrà cura di gettare le basi solo nel 1999, con il d.lgs. n. 286.

4. L’art. 81: una riscrittura che tiene in debito conto l’interesse nazionale

La prescrizione dell’equilibrio che deve caratterizzare il bilancio nella nostra Costituzione ha una “matrice” europea.

Due sono stati i momenti istituzionali che l’Unione ha dedicato al tema:

a) il primo è il c.d. “Europlus” (25 marzo 2011), quando i singoli Stati hanno dovuto assumere l’impegno di recepire nella rispettiva legislazione nazionale le regole del bilancio dell’Unione con norme costituzionali o, comunque, non agevolmente modificabili e con la garanzia dell’estensione dell’obbligo anche alle strutture regionali, comunali e a tutti i centri di spesa nazionale;

b) il secondo momento, di un anno successivo, è il fiscal compact, sottoscritto da 25 su 27 Stati, che ha introdotto negli ordinamenti nazionali la regola del bilancio in equilibrio e, se è possibile, in pareggio.

Il pareggio consistenon in un’operazione formale, manella circostanza che il «saldo strutturale annuo della pubblica amministrazione è pari all’obiettivo di medio termine specifico per il paese, quale definito nel patto di stabilità e crescita rivisto, con il limite inferiore di un disavanzo strutturale dello 0,5 per cento del prodotto interno lordo ai prezzi di mercato ... Il governo italiano si è affrettato, con zelo, a mantenere l’impegno, inducendosi, nell’intento di recuperare una sufficiente credibilità sui mercati internazionali, a proporre un disegno di legge costituzionale che in tempi rapidissimi è diventato legge costituzionale approvata con maggioranza qualificata a prova di referendum».

il sistema bancario iscrive nei propri bilanci

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Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

Le difficoltà create dalla crisi finanziaria globale hanno indotto gli economisti e i finanziaristi dell’Unione ad allentare la linea del rigore.

Tanto da dover affermare che ciò «non rende del tutto certo che la regola del pareggio sarà consolidata e concretamente realizzata e ciò accredita la convinzione che prima di integrare la Costituzione sarebbe stato meglio attendere, quanto meno la ratifica del trattato che la impone» 14.

Sembra, in particolare, che il regolamento previsto dal Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, all’art. 317 (ex art. 274 Tee), nel puntualizzare «gli obblighi di controllo e di revisione contabile degli Stati membri nell’esecuzione del bilancio e la responsabilità che derivano ... (nonché) ... le responsabilità e le modalità particolari secondo le quali ogni istituzione partecipa all’esecuzione delle proprie spese», possa giungere a prevedere l’accesso della Corte dei conti europea a quelle nazionali nell’interesse del rispetto della finanza comunitaria che deve servire tutti i cittadini europei e,in particolare, le regole del c.d. “patto di stabilità e crescita” in una congiuntura estrema di crisi finanziaria globale che investe l’Europa.

Ai sensi della regola fissata nel 1° comma, se è vero che «la Commissione dà esecuzione al bilancio dell’Unione in cooperazione con gli Stati membri, in base alle disposizioni del regolamento stabilito in esecuzione dell’art. 322, sotto la propria responsabilità e nei limiti dei crediti stanziati, in conformità del principio della buona gestione finanziaria», è altrettanto vero che «gli Stati membri cooperano con la Commissione per garantire che gli stanziamenti siano utilizzati secondo i principi della buona gestione finanziaria».

In vista di siffatta evoluzione dei rapporti tra le Corti dei conti nazionali e la Cortedei conti dell’Unione, la presa di posizione del Presidente della Corte dei conti italiana nella sua relazione di inaugurazione dell’anno giudiziario 2012 - cruciale della crisi economia e finanziaria globale –ha trovatoun’ ampia motivazione.

14 P. SANTORO, La costituzionalizzazione eteronoma del pareggio di bilancio, in Giust. amm., 2012, 5.

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201665

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

Infatti, egli ha così precisato il suo pensiero: «La crisi economica internazionale, la ricerca di strumenti tecnicamente efficaci per combatterne i riflessi sull’economia eurocomunitaria e, ancora, le vicende che hanno accompagnato l’assunzione a livello nazionale di misure straordinarie per il risanamento della finanza pubblica hanno accresciuto, anche per questa via, l’interesse e l’attenzione della politica e della cultura per il ruolo dei controlli amministrativi. Questi sono ormai intesi, a tutti i livelli della normazione comunitaria, come fattore di garanzia circa la serietà e la coerenza degli svolgimenti che i governi nazionali debbono dare alle decisioni comuni di drastica ristrutturazione delle finanze nazionali.»15.

Pertanto, nel 2012 – ben cinque anni dopo l’inizio della “grande crisi” economica (2007) – si conclude in Parlamento una lunga storia di sollecitazioni, provenienti dal livello di governo europeo (in particolare, dalla Commissione dell’Unione europea).

Sollecitazioni che, comunque, non erano state considerate “imposizioni”, ma “raccomandazioni” che avrebbero potuto dare il loro contributo alla riduzione del rischio di default che aveva investito già la Grecia qualche anno prima, nel 2010.

È notizia di qualche giorno fa la probabile chiamata in giudizio del direttore dell’Istituto statistico nazionale dinanzi al giudice penale di quello Stato perché accusato di 1) atti contro l’interesse nazionale; 2) abuso di ufficio e 3) falsificazione di dati.

Andreas Georgiou aveva scoperto “debiti non dichiarati, voragini nei fondi pensione spariti nel nulla, perdite di aziende statali non calcolate correttamente”.

Rifacendo i calcoli della situazione contabile del suo Paese, la Grecia, era giunto a una conclusione: il rapporto deficit/Pil del Paese, nel 2009, avrebbe dovuto attestarsi al 15,4%: il quintuplo del 3,4% fissato all’Elstat appena prima del suo arrivo.

È interessante notare come il primo dei delitti di cui risulta accusato il Presidente dell’Istituto nazionale di statistica greco sia quello di aver commesso “atti contrari all’interesse nazionale”.

Ebbene, l’ “interesse nazionale” è stato cancellato dal testo fondamentale dalla riforma del 2001: parole che vengono sostituite dall’obbligo, richiesto ai diversi livelli di governo, di assicurare il proprio contributo alla “unità giuridica ed economica della Repubblica”16.

La qualificazione di interesse “nazionale” sembra quasi disturbare gli estensori di una disciplina che innova nei rapporti tra lo Stato e gli altri livelli di governo, avendo proceduto alla disaggregazionedelle competenze tra essi nell’art. 117, rovesciando la priorità istituzionale fino ad allora condivisa dai costituzionalisti.

O, rectius, per confermare/sigillare l’operazione di “decentramento a Costituzione invariata” effettuata tra il 1997 e il 2000.

La riforma del 2012 (successiva a quella contenuta nella legge n. 131 del 2003) rafforza il concetto di una “sana gestione finanziaria”: apre uno spazio di intervento più ampio alle articolazioni territoriali della Corte dei conti, cioè alle Sezioni regionali di controllo. Però si può affermare che lo specifico meccanismo decisionale con esso costituzionalizzato fa riapparire, sullo sfondo, la necessità di una sua reintroduzione; anche perché la volontà del Parlamento di voler derogare ai vincoli europei è un classico esempio di salvaguardia dell’ interesse nazionale.

15 V. L. Giampaolino, Relazione in occasione dell’inaugurazione dell’anno giudiziario 2012.

16 Per una ricostruzione della storia dottrinale del termine, v. Learco Saporito, op. cit., Jovene Ed., Napoli, 2009, pagg. 246.

il loro contributo alla riduzione del rischio

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201666

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

5. Bilancio dello Stato e necessari vincoli alla finanza delle autonomie territoriali

Recentemente, Giorgio Brosio17 ha osservato che «occorre garantire un rigido vincolo di bilancio per governi subnazionali». E’ in questo momento che si coglie il rapporto che sussiste tra bilancio dello Stato e bilanci degli altri livelli di governo.

Dal punto di vista della dottrina finanziarista, il sistema autonomo decentrato che è stato definito dalla nostra Costituzione implica che quella dell’accettazione integrale del vincolo di bilancio sia la condizione della sua sopravvivenza, dato che «senza vincolo di bilancio non vi è responsabilità e senza responsabilità non vi è sistema che funzioni, perché non vi sono incentivi al comportamento corretto»18.

In realtà, anche se un controllo sulla gestione non mancherà di rivelare - tuttavia soltanto ex post- la “maladministration” in atto presso alcune Regioni o Città metropolitane o Comuni con oltre 15.000 abitanti, senza la sanzione, conseguente alla violazione delle norme di coordinamento della finanza locale, del limite di spesa collegato alle entrate dello stesso esercizio, «un governo locale può scaricare parte del suo onere di finanziamento sul governo centrale e quindi sulle altre aree.

L’effetto è devastante: chi ne beneficia non ha più incentivo a un comportamento responsabile, che comporta di addossarsi il costo politico di chiedere più imposte ai propri amministrati e di dover loro dimostrare che sono necessarie.

Per chi deve pagare, cioè gli altri enti locali, vi è una penalizzazione, ma soprattutto un invito al cattivo comportamento. Perché mantenere il bilancio in ordine se comunque alla fine il governo centrale ripaga i disavanzi? Questo vale per i grandi enti, come dimostra tutta l’esperienza internazionale, che sono quelli che contano di più»19.

Ma la conclusione dimostra che l’unica, sostanziale conseguenza giuridico-istituzionale della violazione del vincolo di bilancio e del conseguente commissariamento (stato di pre-dissesto e di dissesto) dell’autonomia è il “ritorno del potere al centro”, perché proprio «la strategia della minaccia del fallimento» paga nel breve periodo, ma nel lungo periodo «favorisce la centralizzazione del governo, perché chi paga esercita tutela -alla fine detta le condizioni- e la tutela centrale è l’antitesi della decentralizzazione».

Norme di vincolo e più in generale disposizioni restrittive sui bilanci delle autonomie territoriali presentano, dunque, carattere di canoni legislativi imposti, che lasciano trasparire un risvolto finale soprattutto nelle situazioni meno favorevoli della gestione del bilancio.

In tali casi, la disciplina concernente la gestione del bilancio piega verso l’interesse generale al ripristino dell’integrità della funzione pubblica regionale o locale, comminando agli amministratori sanzioni, se non restrittive dell’autonomia di Regioni, Comuni, Città metropolitane e Province, certamente idonee a provocare un’inevitabile crisi nel rapporto di fiducia tra i rappresentanti del

17 G. Brosio, L’albero storto. A proposito di un recente libro di Stefano Piperno sulla finanza locale italiana, in Istituzioni del federalismo, 1/2014, Un nuovo Statuto costituzionale per le autonomie?, Bologna, 2013.

18 G. Brosio, L’albero storto, cit., 186:«L’affermazione può sembrare eccessivamente pedante, ma riflettiamoci un momento».

19 Sull’esperienza italiana, peggiorata negli anni recenti, Brosio osserva: «Ai tradizionali e permanenti salvataggi di Napoli -che continua ad avere un sindaco invece che un commissario come secondo la legge- e Palermo si sono aggiunti, ad un rapido conto incompleto, Catania, Alessandria e Roma, e per importi elevatissimi (più di 500 milioni solo per Roma)».

addossarsi il costo politico di chiedere più imposte ai propri amministrati

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201667

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

governo regionale e locale e le comunità che li hanno eletti.

Assai meno le rappresentano -questa è diventata una sanzione- quando essi abbiano realizzato “maladministration”, evidenziata in sede di controllo sui bilanci e sulla gestione dei bilanci, tanto che è evidente la rilevanza dell’informazione sulle vicende del controllo per tutti i cittadini: è nel sistema che essi non possano (né debbano) restare all’oscuro delle sanzioni riservate dalla Corte dei contialla dirigenza politica e a quella burocratica, perché la prima, soprattutto,èda ritenere sottoponibile al giudizio politico della comunità locale che ha espresso il voto per fini elettivi (legame fiduciario).

5.1 Le regole valevoli per gli altri livelli di governo (2011-2016): la nuova disciplina dei bilanci pubblici degli Enti territoriali contenuta nell’art. 119 Cost.

La “stretta” che si deve al Legislatore nazionale, nel periodo 2011-2016, dipende certamente dalla necessità di dare riscontro alle sollecitazioni provenienti dalle disposizioni dell’Unione europea, che da sempre si è dimostrata critica nei confronti delle politiche nazionali, fondate sull’incremento costante del debito pubblico e sul ricorso costante al deficit di bilancio.

Va osservato che l’esigenza di rendere più effettivi i controlli sulla gestione delle pubbliche amministrazioni ha trovato una Corte dei conti in condizione di rispondere a tale esigenza “sopravvenuta” senza troppo dover innovare nella sua organizzazione territoriale, costituita dalla “rete” delle sue articolazioni periferiche regionali.

5.2 Le Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti. Le norme sulle limitazioni di spesa e sul controllo delle autonomie territoriali.

La crescente attività legislativa statale di ampliamento dei poteri delle Sezioni regionali di controllo sui bilanci e sulla contabilità delle Regioni - con particolare e nuova attenzione, ad esempio, a quelli interni dei Gruppi consiliari operanti in ogni Assemblea regionale - e degli Enti Locali, con la previsione del raccordo stretto tra organismi di controllo interno e le Sezioni regionali di controllo della Corte, attua un disegno costituzionale specifico che si rintraccia nei riferimenti all’obbligo, per lo Stato, di raggiungere «l’equilibrio dei bilanci» e la «sostenibilità del debito pubblico» in coerenza con l’ordinamento dell’UE, introdotto dall’art. 97, comma 1, Cost. dal Governo Monti, così come«l’equilibrio tra le entrate e le spese del proprio bilancio» mediante «norme fondamentali e criteri volti ad assicurare l’equilibrio tra le entrate e le spese dei bilanci e la sostenibilità del debito del complesso delle pubbliche amministrazioni» (art. 81, 1° e ult. co.), l’«armoniz-zazione dei bilanci pubblici e perequazione delle risorse finanziarie» (art. 117, lett. e), il «coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario» come materia di “legislazione concorrente” con quella regionale, che si deve svolgere «salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservati alla legislazione dello Stato» (art. 117, co. 3: norma modificata con l’art. 3, l. cost. 20 aprile 2012, n. 1).

In tale contesto, assumono specifica rilevanza i sopravvenuti limiti all’autonomia finanziaria di entrata e spesa di Comuni, Province, Città metropolitane e Regioni (art. 119, co. 1) consistenti nella finalizzazione del loro «indebitamento solo per finanziare spese d’investimento, con la contestuale definizione dei piani di ammortamento ed a condizione che per il complesso degli enti di ciascuna regione sia rispettato l’equilibrio di bilancio» (art. 4, l. cost. 2012, n. 1).

dare riscontro alle sollecitazioni provenienti dalle disposizioni dell’Unione europea

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201668

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

Avendo riguardo ai limiti posti all’autonomia finanziaria regionale va, tuttavia, richiamata l’attenzione sul fatto che la presenza di una potestà legislativa concorrente, prevista in favore delle Regioni (art. 117, comma 3, Cost.) mentre, da un lato, consente allo Stato di vincolare, in vista degli specifici obiettivi di riequilibrio, la spesa complessiva regionale e di altri enti pubblici mediante una legge che rechi una disciplina di principio, dall’altro, impedisce l’emanazione di previsioni di dettaglio.

Tali la Corte Costituzionale ha qualificato la riduzione, a decorrere dal 2014, entro il 30% della spesa sostenuta nel 2011 per auto blu o buoni taxi recante dall’art. 15, comma 1, d.l. 24 aprile 2014, n. 66 (Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale) ed il vincolo di spesa per incarichi di consulenze, studi e ricerche delle Regioni nel limite del 4,2% della spesa sostenuta nel 2012 (o all’1,4%, se essa ha superato l’importo di 5 milioni di euro) «a decorrere dal 2014», come prevedono le norme di cui all’art. 14, commi 1 e 2.

La Corte Costituzionale ha ritenuto, con riferimento a quest’ultima questione, incostituzionale la norma che estende il vincolo a tempo determinato anziché limitata «agli anni 2014, 2015 e 2016».

«Invero», ha sottolineato la Corte, «gli interventi statali sull’autonomia di spesa delle Regioni sono consentiti, come principi di coordinamento della finanza pubblica, purché transitori, giacché in caso contrario essi non corrisponderebbero all’esigenza di garantire l’equilibrio dei conti pubblici in un dato arco temporale, segnato da peculiari emergenze, ma trasmoderebbero in direttive strutturali sull’allocazione delle risorse finanziarie di cui la Regione è titolare, nell’ambito di scelte politiche discrezionali concernenti l’organizzazione degli uffici, delle funzioni e dei servizi» 20.

Si registra, quindi, un vero e proprio freno della Corte Costituzionale alle iniziative della spesa sia delle Regioni che degli altri enti territoriali (almeno fino a quando la potestà legislativa sul coordinamento della finanza pubblica resterà concorrente tra Stato e Regioni).

Avuto riguardo ai controlli, si deve notare un incremento, ormai costante, delle disposizioni statali in materia, mediante le quali il Legislatore nazionale dimostra di non voler tollerare - anzitutto (...) in sede locale e regionale - anche il più limitato spreco di denaro pubblico, soprattutto se esso è da riconnettere a disfunzioni tra il sistema dei controlli interni(in particolare, l’Organismo di revisione economico-finanziaria) e l’attività di controllo della Sezione regionale competente.

5.3 Le manifestazioni del nuovo corso dei controlli sulla gestione delle autonomie territoriali

In tale ottica vanno inquadrate le modifiche e le integrazioni introdotte al vigente sistema contabile; se ne richiamano, quindi, alcune:

Si spiega, avendo compiuto questo percorso ricostruttivo 21, ad esempio, che:

20 Cfr. Corte cost., 3 marzo 2016, n. 43; dr., inoltre, sent. 36/2004, 417/2005, 88/2006, 449/2005, 79/2014 e 193/2012.

21 Cfr. le notazioni e i richiami fatti da Vincenzo Caputi Iambrenghi, Il nuovo sistema dei controlli della Corte dei conti sui bilanci della autonomie territoriali, in “Atti della giornata di studio in memoria di Salvatore Buscema”, Roma, 10 marzo 2016, pagg. 61-90.

la norma che estende il vincolo a tempo determinato anziché limitata

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201669

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

1. l’art. 148, comma 1, TUEL, modificatodall’art. 33 del d.l. 24 giugno 2014, n. 91 (conv. in legge 11 agosto 2014, n. 116), nell’ambito delle misure volte al rafforzamento della partecipazione della Corte dei conti al controllo sulla gestione finanziaria all’interno dell’ordinamento regionale, ha previsto che: «Le sezioni regionali della Corte dei conti, con cadenza annuale, nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità delle gestioni, verificano il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente locale. A tale fine, il sindaco, relativamente ai comuni con popolazione superiore ai 15.000 abitanti, o il presidente della provincia, avvalendosi del direttore generale, quando presente, o del segretario negli enti in cui non e prevista la figura del direttore generale, trasmette annualmente alla sezione regionale di controllo della Corte dei conti un referto sul sistema dei controlli interni, adottato sulla base delle linee guida deliberate dalla sezione delle autonomie della Corte dei conti e sui controlli effettuati nell’anno, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente disposizione; il referto è, altresì, inviato al presidente del consiglio comunale o provinciale».

La Sezione delle Autonomie della Corte dei conti, in conseguenza, haadottato, nell’adunanza del 24 novembre 2014,la deliberazione n. 28/2014/SEZAUT/INPR, fornendo utili indicazioni alle Sezioni regionali di controllo della Corte nell’espletamento della c.d. “funzione di referto”, approvando le linee di orientamento per i referti annuali di competenza dei legali rappresentanti degli Enti Locali.

La Sezione delle Autonomie ha osservato che: «tale forma di controllo, a seguito dell’ultimo intervento normativo - art. 33 del d.l. n. 91/2014 - si incentra sul funzionamento dei controlli interni, sulla loro adeguatezza ed efficacia. Il novellato testo dell’art. 148 del TUEL stabilisce, infatti, che le Sezioni regionali della Corte dei conti, “nell’ambito del controllo di legittimità e regolarità delle gestioni, verificano il funzionamento dei controlli interni ai fini del rispetto delle regole contabili e dell’equilibrio di bilancio di ciascun ente locale»;

2. Nella prospettiva della semplificazione è da ritenere la previsione normativa di una differente periodicità della relazione, da semestrale ad annuale(art. 33, comma 1, d.l. 24 giugno 2014, n. 91), richiesta ai Presidenti delle Regioni (art. 1, comma 6, d.l. 174 del 2012);

3. Nella fase successiva all’adozione degli atti amministrativi comportanti spese, in applicazione dell’art. 147-bis, comma 2, del TUEL, il segretario comunale è stato chiamato ad esercitare un controllo di regolarità amministrativo-contabile, da svolgersi secondo i principi generali della revisione aziendale, con modalità regolate ex ante (obbligatoriamente) dall’ente stesso;

4. Gli organi di governo dell’ente sono tenuti ad effettuare costanti controlli sugli equilibri finanziari (mantenimento), ai sensi dell’art. 147-quinquies del TUEL, sui quali è tenuta a pronunciarsi espressamente la Sezione regionale ex art. 148-bis del TUEL, per individuarne eventuali inadeguatezze, quando i debiti fuori bilancio si ripetono continuativamente o i debiti qualificati “sommersi” rinvengono dalle società cui l’ente partecipa;

5. L’art. 147-ter del TUEL prevede un controllo strategico da disciplinare mediante il

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201670

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L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

regolamento locale sui controlli interni.

Esso risulta essere finalizzato a verificare la situazione delle scelte effettuate dall’Ente nei documenti di programmazione adottati dagli organi di indirizzo (Consigli comunali, provinciali, regionali e delle città metropolitane);

6. Nell’ambito del c.d.“sistema dei controlli interni”si deve svolgere il controllo “di gestione”, secondo le norme di cui agli artt. 196-198-bis del TUEL;esso ha ad oggetto essenziale il grado di realizzazione di tutti gli obiettivi risultanti dagli atti di programmazione (tempi, modi e costi dell’azione amministrativa = performancedi cui all’art. 3, comma 4, l. n. 20/94);

7. Ogni anno deve essere adottato dall’Organo consiliare un PEG contenente le linee di sviluppo della gestione con le previsioni finanziarie ed economiche derivanti, in termini di esecuzione concreta, dalle poste definitive del bilancio di previsione;

8. La tardività dell’approvazione del bilancio di previsione comporta, secondo la deliberazione n. 23 del 2013 della Sezione delle Autonomie, la necessità per l’ente ritardatario di far riferimento al bilancio pluriennale approvato nell’esercizio precedente: «il bilancio triennale autorizzatorio -che incorpora gli effetti delle manovre sugli esercizi successivi- se ben costruito, potrebbe, in parte, supplire allo slittamento del bilancio di previsione annuale».Con successiva deliberazione n. 18/2014, della stessa Sezione delle Autonomie, è stato ribadito che gli Enti si dotino di strumenti provvisori di indirizzo e di programmazione finanziaria e operativa (quali, ad es., un PEG provvisorio o una deliberazione consiliare, almeno giuntale, contenente direttive vincolanti) per sopperire all’assenza, all’avvio dell’esercizio finanziario, degli strumenti di programmazione previsti dall’ordinamento;

9. A norma dell’art. 147-quater, comma 3, del TUEL, sul controllo degli organismi partecipati, l’Ente locale è tenuto ad effettuare «il monitoraggio periodico sull’andamento delle società non quotate partecipate»: in particolare, l›ente «analizza gli scostamenti rispetto agli obiettivi assegnati e individua le opportune azioni correttive, anche in riferimento a possibili squilibri economico-finanziari rilevanti per il bilancio dell’ente».

5.4 Dal “controllo collaborativo”(che permane) ai controlli prescrittivi e sanzionatori sui bilanci pubblici degli Enti Locali

Se tali disposizioni hanno un senso profondamente innovativo, si rende necessario valutarne gli effetti sul modo di operare della magistratura contabile addetta al controllo sia economico-finanziario che economico-funzionale (analisi dei costi).

Secondo la Corte Costituzionale il controllo diretto e concomitante sulla gestione che, ai sensi della l. n. 266/2005, attribuisce alle Sezioni regionali di controllo la continua consapevolezza - soprattutto in conseguenza del suo rapporto con il controllo interno degli enti - delle disfunzioni e degli errori commessi, è stato posto dal Legislatore nella condizione «di finalizzare il confronto fra fattispecie e parametro normativo all’adozione di effettive misure correttive e funzionali a garantire il rispetto complessivo degli equilibri di bilancio» (Corte cost. 60/2013).

Come è stato osservato da parte di alcuni studiosi di contabilità pubblica, «è proprio sul

gli effetti sul modo di operare della magistratura contabile addetta al controllo sia economicofinanziario che economico-funzionale

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201671

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L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

versante delle misure correttive ed in generale dell’efficacia del controllo di legittimità e regolarità finanziaria che il legislatore è intervenuto, prima con il d.lgs. n. 149/2011 che ha introdotto meccanismi sanzionatori e premiali ai sensi della l. n. 42/2009 e la nuova procedura del dissesto «guidato» in capo alle sezioni regionali di controllo della Corte dei conti (art. 6, co. 2), poi con il d.l. n. 174/2012 spostando il baricentro sugli aspetti prescrittivi e “sanzionatori” per rafforzare i controlli di legittimità delle sezioni regionali sui bilanci preventivi e sui rendiconti delle regioni (art. 1, comma 3, d.l. n. 174/2012) e degli enti locali (148-bis t.u.e.l.) e per conferire ai suddetti controlli una diffusione generalizzata delle verifiche sul ciclo di bilancio»22.

In definitiva, si tratta di «forme di controllo che implicano, da parte della sezione regionale, un’analisi dei conti sia in relazione alla corretta impostazione delle manovre finanziarie annuali e pluriennali, sia in relazione alla verifica dell’osservanza da parte della regione dei principi e delle regole contabili e finanziarie».

Essere chiamate a concentrare l’attività su tali argomenti o linee di azione, ha indotto le Sezioni regionali di controllo a ridurre il loro ruolo di analisi sulle politiche pubbliche (disattivazione dell’art. 60, comma 4, d.lgs. n. 165/2001).

5.5 Nuova deontologia per gli uffici che si occupano della elaborazione dei documenti di bilancio. Per una nuova “performance” istituzionale e amministrativa.

A fronte di questo nuovo sistema normativo, come è cambiata la professionalità degli operatori addetti all’Ufficio di bilancio di un qualsiasi Ente territoriale?

Dopo la serie di innovazioni contenute nella c.d. “legge Brunetta” (2009) in poi, tale struttura organizzata ha assunto alcuni caratteri, in parte antichi, e in parte del tutto nuovi, espressione di necessità sopravvenute nell’era della globalizzazione dell’economia e nella tendenza costante al perseguimento del principio del“buon andamento”.

Sul punto la dottrina si è espressa così: si è parlato, infatti, di una «trasformazione del tradizionale sistema di amministrazione burocratica incentrata sui mezzi in un sistema di management di stampo imprenditoriale orientato ai risultati»; inoltre,di una«centralità dei principi di cost-effectiveness e di accountability for performance», con l’ «avvicinamento dell’amministrazione ai cittadini. Centrale in questa teoria è governare al servizio dei cittadini e soddisfare i bisogni e le richieste dei cittadini in modo veloce e accurato (responsiveness to citizens). I cittadini sono trattati alla stregua dei clienti del settore privato».

Infine, il «passaggio da un controllo (audit interno ed esterno) essenzialmente limitato al rispetto della legge ad un controllo più ampio, diretto a verificare il raggiungimento dei

22 G. Colombini, Il “nuovo” sistema dei controlli, cit., 595-596, afferma: «Anche se una parte dei controlli e delle sanzioni politiche, amministrative e finanziarie nei confronti delle regioni è

stata ridimensionata dalla dichiarazione di incostituzionalità di diverse disposizioni del d.lgs. n. 149/2011 ... - molte delle sanzioni finanziarie, amministrative e politiche previste a carico delle regioni dal d.lgs. n. 149/20111 sono state dichiarate incostituzionali da Corte cost. n. 219/2013 (le relative norme sono quelle di cui agli artt. 1, commi 1-5; 2, commi 2, 3,5; 3, commi 2, 3; 5 nella parte in cui si applica alle regioni; 7 nella parte in cui si applica alle regioni a statuto speciale; 13, comma 1, secondo periodo), mentre sulla nuova procedura del dissesto guidato, la Sezione autonomie è intervenuta in modo analitico per scandire la struttura e la sequenza procedurale, dalle verifiche sulla sana gestione ex art. 1, commi 166 ss., l. n. 266/2005 sino all›accertamento definitivo dello stato di dissesto da parte della sezione regionale di controllo: cfr. Sez. autonomie, n. 2/2102-... rimangono comunque il controllo della sezione regionale sullo schema previsionale di bilancio (art. 1, comma 3, d.l. n. 174/2012), il controllo sulle leggi di spesa regionale nei termini, come avviene per le leggi di spesa statali, di un controllo sulle relazioni tecniche relative alla quantificazione degli oneri e sulle tipologie delle coperture (art. 1, comma 2, d.l. n. 174/2012), ed il giudizio di parificazione del rendiconto generale delle regioni (art. 1, commi 3 e 5, d.l. n. 174/2012)».

trasformazione del tradizionale sistema di amministrazione burocratica incentrata sui mezzi in un sistema di management di stampo imprenditoriale orientato ai risultati

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MANAGEMENT LOCALE Anno IV • numero 10 • Ottobre 201672

Rosario Scalia

L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

risultati. Si redigono codici, linee guida “standard” per l’esercizio del controllo interno ed esterno basato su parametri di efficacia, efficienza ed economicità». Ma c’è da chiedersi se sia così nei fatti...

Tuttavia, se government is not business,si può condividere la riflessione secondo cui la vocazione del dirigente alla performance non dovrebbe trascurare il rispetto delle leggi, così come quello dei valori di giustizia, di trasparenza, di salvaguardia dei diritti individuali, dei valori propri della Nazione; su tali valori c’è da effettuare ricerche approfondite di sociologia...

All’esecuzione del “controllo sulla gestione” è stata officiata,con l’art. 3 della l. n. 20/1994, una magistratura, «ciò che può valere a connotare come neutrale, e quindi come magistratuale, la funzione del controllo sulla gestione sono due elementi: prima di tutte la procedimentalizzazione, che significa anche conoscenza fin dall’inizio delle regole secondo le quali si vuole procedere e poi l’enunciazione dei programmi: è una questione di garanzia dell’amministrazione, che è oggetto del nostro controllo. Altrimenti, saremmo come un arbitro di una partita di calcio del quale non si conosce quale regolamento applichi. A rafforzare la connotazione magistratuale della funzione, concorre anche un altro elemento che costituisce uno dei momenti oggetto d’approfondimento: quello del contraddittorio con l’amministrazione, contraddittorio che esprime un principio fondamentale, che corrisponde nel settore giurisdizionale, al diritto di difesa»23.

Il controllo-referto annuale al Parlamento -che ha avuto inizio con la “finanziaria 2009” (l. n. 244/2008, art. 3, comma 65)- ha ottenuto effetti positivi minori di quanto ci si attendesse a causa della consolidata lontananza delle due Camere dell’attualità del controllo24.

Si registra, tuttavia, un’evoluzione di compiti e competenze affidate dal Legislatore alla Corte dei conti con le “leggi finanziarie”–poi, chiamate “di stabilità”–annuali, che dimostra la consapevolezza della necessità dell’ applicazionedi misure a conclusione del controllo sulla gestione, dato che il referto rappresenta la sollecitazione al Parlamento (o al Consiglio regionale) perché segua i fenomeni degenerativi, ma anche perché valuti per il futuro le più utili e misurate innovazioni normative.

6. Il bilancio delle Autonomie territoriali nella “legge di stabilità” per il 2016: nuove regole per la sua elaborazione

Per passare ad una breve analisi delle nuove norme sul bilancio delle autonomie territoriali, esse si devono rintracciarenella “legge di stabilità” del 2016, cioè nella l. 20 dicembre 2015, n. 208.

È necessario prendere le mosse dalle norme di cui ai commi 707-734 dell’articolo unico della legge, che contengono disposizioni costituenti principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica, ai sensi dell’art. 117, comma 3(«determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato») e dell’art. 119, comma 2, Cost. («I comuni, le province, le città metropolitane e le regioni hanno risorse autonome. Stabiliscono e applicano tributi

23 Cfr. Massimo Vari, Intervento d’apertura all’incontro di studio tenuto a Roma il 17 dicembre 2002, in Ipotesi di sistemazione metodologica del procedimento di controllo sulla gestione, Roma, 2003.

24 Anche le pronunce delle Sezioni riunite di poco successive alla 1. 20/1194 e della Corte costituzionale nel 1995 hanno contribuito a “costruire” l’esercizio della funzione pubblica del controllo sulla gestione, offrendo base positiva, se pur giurisprudenziale, allo sviluppo delle scelte delle Sezioni regionali e della Sezione centrale per le autonomie.

un’evoluzione di compiti e competenze affidate dal Legislatore alla Corte dei conti con le “leggi finanziarie

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L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

ed entrate propri, in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario. Dispongono di compartecipazioni al gettito di tributi erariali riferibile al loro territorio»).

Il comma 707 prevede l’abrogazione delle regole del “Patto di stabilità” negli Enti Locali: infatti, «cessano di avere applicazione l’articolo 31 della legge 12 novembre 2011, n. 183, e tutte le norme concernenti la disciplina del patto di stabilità interno degli enti locali».

Di interesse ancora maggiore si dimostra(comma 709) l’introduzione25, «ai fini della tutela dell’unità economica della Repubblica», della normativa sull’equilibrio del bilancio per gli enti territoriali, quali Regioni, Comuni, Province, Città metropolitane e Province autonome di Trento e di Bolzano.

I bilanci di tali enti concorrono, in sostanza, al contenimento dei saldi di finanza pubblica (e «si considerano in equilibrio», come si prevede al comma 1 della l. n. 243/2012, se conseguono «un saldo non negativo, in termini di competenza, tra le entrate finali e le spese finali»).

C’è da richiamare l’attenzione sul fatto che il saldo non negativo è stato meno agevole da conseguirsi nella previgente normativa, dato che lo si estendeva alla scrittura del bilancio anche in termini di cassa (cfr. art. 1, lett. a, l. n. 243/2012).

La disciplina del c.d. “pre-dissesto”, resa “ragionevole” e soprattutto chiara, pur nella necessaria analiticità della mappa da seguire per l’Ente Locale,è sembrata essere dettata per ridurre al minimo il rischio della dichiarazione di dissesto, enon soltanto per quegli Enti che abbiano conseguito l’approvazione del piano di riequilibrio. E’ stata anche prevista un’agevolazione, dell’importo complessivo di venti milioni a carico del bilancio statale, per gli Enti Locali che entro il termine del 10 marzo 2016 abbiano comunicato alla struttura di missione contro il dissesto idrogeologico e per lo sviluppo delle infrastrutture idriche presso la presidenza del Consiglio «gli spazi finanziari di cui necessitano per sostenere gli interventi di ... bonifica ambientale, conseguenti ad attività minerarie, effettuati a valere sull’avanzo di amministrazione e su risorse rivenienti dal ricorso al debito»26.

Tali spese resteranno escluse, per l’esercizio 2016, dall’ammontare del saldo individuato ai sensi del comma 710.

A quest’ultimo proposito, sembra trattarsi, in conclusione, di un regime normativo coerente con il principio in forza del quale spese dovute a lavori effettuati per la salubrità dell’ambiente e per la salute, debbano essere escluse dai conteggi per la formulazione del saldo in pareggio del bilancio.

6.1 Il monitoraggio affidato al Ministero dell’economia e delle finanze (Dipartimento della Ragioneria generale)

Le norme che sono definite “principi fondamentali di coordinamento della finanza pubblica”

25 Ma non era contenuta nel capo IV della legge Monti 24 dicembre 2012, n. 243, “Disposizioni per l’attuazione del principio del pareggio di bilancio ai sensi dell’articolo 81, sesto comma, della Costituzione”.

266S Non è norma chiarissima, quest’ultima, tanto a causa della circoscrizione dei suoi presupposti con riferimento alla provenienza dei mezzi finanziari messi in campo dagli enti locali per farvi fronte, quanto sull’individuazione dell’oggetto del beneficiofiscal-contabìle: tutte le bonifiche o solo quelle «conseguenti ad attività mineraria»? Ed in quest’ultimo caso, perché non tutte?

contenimento dei saldi di finanza pubblica

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(commi dal 707 al 734)hanno comportato, a carico degli Enti Locali, adempimenti sottoposti al monitoraggio del MEF - Dipartimento Ragioneria generale dello Stato, al quale gli Enti Locali, le Regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano devono inviare «le informazioni riguardanti le risultanze del saldo di cui al comma 710».

In particolare, ciascun Ente territoriale, per consentire la verifica del rispetto del saldo è tenuto ad inviare via internet al sito apposito del MEF - Ragioneria generale dello Stato, entro il 31 marzo d’ogni anno, una «certificazione dei risultati conseguiti»,dato che l’eventuale sua omissione viene parificata dalla norma all’inadempimento all’obbligo di equilibrio-pareggio del bilancio.

Trattandosi di monitoraggio sulla concreta possibilità di conseguire il pareggio di bilancio non può che venire in evidenza direttamente il rendiconto della gestione, anziché il bilancio preventivo.

La certificazione dell’ente, infatti, deve essere trasmessa -ai sensi del co. 721- entro 30 giorni dal termine previsto per l’approvazione del rendiconto.

Si tratta, evidentemente, di un controllo diretto esercitato dall’apparato governativo (Ministero dell’economia e delle finanze) competente che mira a contenere e, in prospettiva, ad evitare definitivamente gli abusi e le distrazioni di amministratori che agiscono nell’ordinamento regionale; negli ultimi anni costoro hanno manifestato in diversi casi una tendenza a spendere e, soprattutto, a violare i limiti di bilancio, nonostante fossero già vigenti alcune norme restrittive in materia di gestione finanziaria e di gestione patrimoniale.

Ma in realtà è dal 2012 che il Parlamento ed il Governo italiano sono concentrati sui monitoraggi e, soprattutto, sulle norme di prevenzione del rischio di violazione delle previsioni di bilancio: il successo di siffatte previsioni ormai è palese, mentre il carico di lavoro e di responsabilità delle Sezioni regionali di controllo della Corte dei conti risulta del tutto incrementata.

6.2 Le sanzioni per difetti formali e per vizi sostanziali: la previsione normativa, l’applicazione dopo il controllo

Inaugurando la sezione delle sanzioni si dispone anzitutto che, in caso di inosservanza del termine di 30 gg., «il presidente dell’organo di revisione economico-finanziaria nel caso di organo collegiale, ovvero l’unico revisore nel caso di organo monocratico, in qualità di commissario ad acta, provvede, pena la decadenza dal ruolo di revisore, ad assicurare l’assolvimento dell’ adempimento e a trasmettere la predetta certificazione entro i successivi trenta giorni. Nel caso in cui la certificazione sia trasmessa dal commissario ad acta entro sessanta giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto di gestione e attesti il conseguimento dell’obiettivo di saldo di cui al comma 710, si applicano le sole disposizioni di cui al comma 723, lettere e) e f). Sino alla data di trasmissione da parte del commissario ad acta, le erogazioni di risorse o trasferimenti da parte del Ministero dell’interno relative all’anno successivo a quello di riferimento sono sospese e, a tal fine, il Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato provvede a trasmettere apposita comunicazione al predetto Ministero. Ferma restando l’applicazione delle sanzioni di cui al comma 723, decorsi sessanta giorni dal termine stabilito per l’approvazione del rendiconto della gestione, l’invio della certificazione non dà diritto all’erogazione da parte del Ministero dell’interno delle risorse o trasferimenti oggetto di sospensione».

Le sanzioni, quindi, sono specifiche: né assunzioni in qualsiasi forma, dunque, né stabilizzazioni

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di personale precario, né erogazione del gettone di presenza intero per coloro ai quali sia riconducibile la violazione formale.

Nel caso di difetto sostanziale nel conseguimento del saldo, cioè di mancato pareggio di bilancio -non più, quindi, di ritardo nella comunicazione-, le sanzioni si fanno pesanti:

1. Si ha, infatti, la riduzione del fondo sperimentale di riequilibrio o di quello di solidarietà comunale in misura pari all’importo dello scostamento registrato; regimi speciali, ma sempre in chiave di risposta critica e sanzionatoria alla violazione delle regole di contabilità, si hanno per le Regioni a statuto speciale e le Province autonome.

In caso di incapienza, gli Enti Locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue al Capo X, capitolo 3509, art. 2: «In caso di incapienza gli enti locali sono tenuti a versare all’entrata del bilancio dello Stato le somme residue presso la competente sezione di tesoreria provinciale dello Stato, al Capo X dell’entrata del bilancio dello Stato, al capitolo 3509, articolo 2. In caso di mancato versamento delle predette somme residue nell’anno successivo a quello dell’inadempienza, il recupero è operato con le procedure di cui ai commi 128 e 129 dell’articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228».

2. Le Regioni versano, invece, entro 60 gg. dal termine previsto per la trasmissione della certificazione relativa al rispetto del pareggio di bilancio, l’importo corrispondente allo scostamento registrato.

Se manca questo versamento, il MEF procede sul suo recupero «a valere sulle giacenze depositate a qualsiasi titolo nei conti aperti presso la tesoreria statale».

Inoltre, trascorsi 30 gg. ulteriori dal termine dei trenta giorni previsto per la certificazione da parte della Regione, «si procede al blocco di qualsiasi prelievo dai conti della tesoreria statale sino a quando la certificazione non è acquisita».

Né gli Enti possono impegnare spese correnti (per le Regioni al netto dellespese per la sanità) in misura superiore all’importo dei corrispondenti impegnieffettuati nell’anno precedente a quello di riferimento; o ricorrere all’indebitamento per gli investimenti senza aver attestato di aver conseguito il pareggio del bilancio relativo all’anno precedente.

Con la lett. e) del comma 723 si delinea la sanzione più diffusa, quella del divieto di assunzione di personale a qualsiasi titolo, anche contrattuale, né a stabilizzazioni, né l’ente può stipulare contratti di servizio con (cooperative ed altri) soggetti privati che si manifestino elusivi del divieto.

Anche sui gettoni di presenza e sulle indennità di funzione cala la scure: per il Sindaco e per la Giunta, in quanto responsabili della violazione, è prevista, infatti, una riduzione del 30% -da far acquisire al bilancio dell’Ente- rispetto all’ammontare risultante al 30 giugno 2014.

6.3 La disciplina dei controlli sullo sforamento di bilancio

La violazione dell’obbligo del pareggio del bilancio implica per gli Enti territoriali l’obbligo di dare notizia al MEF, mediante l’invio di nuova certificazione, dell’inadempienza entro 30 giorni

mancato pareggio di bilancio -non più

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dall’accertamento della violazione.

È comminata, poi, la nullità dei «contratti di servizio» e degli «altri atti posti in essere dagli enti, che si configurano elusivi delle regole di cui ai commi da 707 a 734».

Se le Sezioni giurisdizionali regionali, che devono essere in tal caso informate ed investite dalle Sezioni regionali di controllo, accertino la violazione o l’elusione di norme contenute nei 27 commi, che costituiscono i principi generali dell’unità della finanza pubblica, esse «irrogano, agli amministratori che hanno posto in essere atti elusivi delle predette regole, la condanna ad una sanzione pecuniaria fino a un massimo di dieci volte l’indennità di carica percepita al momento di commissione dell’elusione e, al responsabile amministrativo individuato dalla sezione giurisdizionale regionale della Corte dei conti, una sanzione pecuniaria fino a tre mensilità del trattamento retributivo, al netto degli oneri fiscali e previdenziali. Gli importi di cui al periodo precedente sono acquisiti al bilancio dell’ente».

A seguire c’è una norma che si inquadra nelle scelte legislative dell’ultimo periodo secondo cui le Regioni (comma 728) possono autorizzaregli Enti Locali «a peggiorare il saldo di cui al comma 710», soltanto allo scopo di favorire l’assunzione di impegni di spesa in conto capitale.

Questa iniziativa presuppone, tuttavia, un atto di governo complessivo da parte della Regione stessa: essa dovrà, infatti, far sì che siffatto beneficio nell’erogazione di spesa pubblica qualificante resti da essa garantito. Agli Enti Locali, che operano nei suoi confini, la Regione deve cedere “spazi finanziari”, ma potrà farlo con prioritario riferimento ai Comuni c.d. “polvere” ed ai Comuni fusi dopo il 2011.

Soltanto su un eventuale esubero finanziario, quindi, alleRegione è consentito agevolare qualsiasi altro Ente Locale.

La norma più generale sugli andamenti della spesa degli Enti, quella contenuta al comma 733, collega direttamente il controllo statale mediante monitoraggio al rispetto degli impegni finanziari assunti dallo Stato con l’Unione europea: il Ministro dell’economia e delle finanze,

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sentita la Conferenza Stato-Città ed Autonomie locali e la Conferenza permanente per i rapporti tra Stato, Regioni e Province autonome «propone adeguate misure di contenimento della predetta spesa» (generico spending review).

Infine, dal combinato disposto dei commi 731, 732 e 764 emerge una normazione complessa sulla dinamica degli “spazi finanziari” che possono circolare legittimamente nell’ambito regionale, con il rispetto della reintegrazione del “prestito” non oltre il termine dato (uno o due esercizi).

Con l’ultima norma viene istituito per l’anno 2016, nello stato di previsione del Ministero dell’interno, un Fondo con la dotazione di 60 milioni di euro.

Il 66% del Fondo è destinato alle Regioni e alle Province «che non riescono a garantire il mantenimento della situazione finanziaria corrente per l’anno 2016».

La restante quota del 34% è «finalizzata esclusivamente a concorrere nel trattamento economico del personale soprannumerario» regionale in trasferimento nelle amministrazioni pubbliche.

Quest’ultima quota è ripartita tra le amministrazioni pubbliche interessate in proporzione alle unità di personale dichiarato in soprannumero e non ancora ricollocato secondo le risultanze del monitoraggio.

Le norme di cui ai commi 756-758, oltre a contenere stanziamenti fino al 2017 in misura diversa per la viabilità e l’edilizia scolastica per le Province e le Città metropolitane delle Regioni a statuto ordinario, fissano le regole tipiche per il conseguimento (comma 758), da parte diRegioni, Province e Città metropolitane, dell’equilibrio nei bilanci della situazione corrente nell’esercizio 2016.

Le Autonomie territoriali «possono operare lo svincolo dei trasferimenti correnti e in conto capitale già attribuiti ai predetti enti e affluiti nell’avanzo di amministrazione vincolato dell’anno 2015. Le quote dell’avanzo di amministrazione dell’anno 2015 così svincolate sono applicate al bilancio di previsione per l’anno 2016 delle città metropolitane e delle province dopo l’approvazione del rendiconto dell’esercizio 2015. I trasferimenti oggetto di svincolo possono essere rifinanziati a valere sulle annualità successive all’anno 2015 del bilancio delle regioni».

Un termine breve, il 30 gennaio 2016, è stato previsto dal Legislatore nazionale per nominare «un commissario alfine di assicurare, nelle regioni che a tale data non hanno provveduto a dare attuazione all’accordo tra Stato e regioni sancito in sede di Conferenza unificata V I I settembre 2014, il completamento degli adempimenti necessari a rendere effettivo, entro il 30 giugno 2016, il trasferimento delle risorse umane, strumentali e finanziarie relative alle funzioni non fondamentali delle province e delle città metropolitane, in attuazione della riforma di cui alla citata legge n. 56 del 2014» (comma 765).

I poteri del Commissario sono di interesse particolare ai sensi del comma 766. Infatti, egli «adotta gli atti necessari per il trasferimento delle risorse di cui al comma 765, come quantificate ai sensi dell’articolo 1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, intendendosi che, in assenza di disposizioni legislative regionali e fatta salva la loro successiva adozione, sono attribuite alla regione le funzioni non fondamentali delle province e città metropolitane».

Quanto al «trasferimento del personale, il commissario opera secondo i criteri individuati ai sensi della legge n. 56 del 2014, nei limiti della capacità di assunzione e delle relative risorse finanziarie della regione ovvero della capacità di assunzione e delle relative risorse finanziarie

un Fondo con la dotazione di 60 milioni di euro

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L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

dei comuni che insistono nel territorio della provincia o città metropolitana interessata, avvalendosi delle procedure previste dal decreto del Ministro per la semplificazione e la pubblica amministrazione 14 settembre 2015, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 227 del 30 settembre 2015».

Si tratta, a quanto può rilevarsi a questo punto della ricerca, di norme tutte di impegnativa applicazione, che non si limitano solo a sanzionare l’inadempienza, anche formale, in materia di bilancio delle Autonomie territoriali, ma sembrano confermare la tendenza dell’ordinamento nazionale a volerne garantire l’effettività.

7. Come va costruito il nuovo bilancio dello Stato per il triennio 2017-2019. La contestualizzazione economica: il ruolo del “Documento programmatico di bilancio 2017”

Ci si limita, a integrazione di questo saggio, a riportare le valutazioni che il Governo ha espresso prima che esso sia tenuto a presentare il bilancio di previsione dello Stato per il 2017.

Valutazioni condivisibili o meno, ma pur sempre necessarie in quanto riconducono il decisore politico nazionale a “fare i conti” con la realtà economica che lo circonda. E costituiscono occasione per valutare se si sono create due situazioni differenziate: la disciplina contabile dello Stato si presenta diversa da quella che lo Stato ha inteso elaborare per il “resto delle istituzioni territoriali”…

«La legge di bilancio 2017 si concentra su investimenti, coesione sociale e sviluppo

In considerazione del mutato scenario macroeconomico, la previsione di indebitamento per il 2017 a legislazione vigente è stata rivista all’1,6 per cento del PIL, rispetto all’1,4 per cento del PIL previsto nel programma di stabilità dello scorso aprile.

Lo scenario programmatico, incorpora un aumento del deficit di 0,9 punti percentuali di PIL ascrivibile alla disattivazione delle clausole recanti l’aumento dell’ IVA previsto a decorrere dal gennaio 2017 dalle precedenti leggi di stabilità.

Inoltre, il governo intende attuare politiche per lo sviluppo socio-economico e la crescita; aumentare gli investimenti pubblici; rinnovare (con un approccio più selettivo) gli incentivi per gli investimenti privati (“super-ammortamento”), per le imprese innovative (“Industria 4.0”) e per la ricerca e sviluppo; sostenere il finanziamento delle PMI (attraverso garanzie statali e agevolazioni fiscali); prevedere misure a favore delle famiglie; aumentare le prestazioni previdenziali per i pensionati a basso reddito; stanziare risorse per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego (un congelamento dei salari è in vigore dal 2010).

Al netto della spesa straordinaria per i terremoti, la prevenzione e la migrazione di cui sopra, l’aumento complessivo della spesa è pari allo 0,6 per cento del PIL nel 2017. Se a questo si aggiunge l’abrogazione dell’aumento dell’IVA, il deficit arriverebbe al 3,1 per cento del PIL.

L’obiettivo di disavanzo del 2,3 per cento sarà raggiunto tramite interventi pari nel complesso allo 0,7 per cento del PIL, basati su tagli di spesa e incrementi di gettito realizzati attraverso il miglioramento della compliance fiscale, escludendo aumenti di imposte e anzi proseguendo nella loro riduzione. I risparmi di spesa deriveranno da un nuovo ciclo di Spending Review e dalla riduzione di vari stanziamenti di bilancio. L’aumento di gettito sarà conseguito attraverso l’efficientamento dei meccanismi di riscossione dell’IVA secondo le direttrici già attuate con successo nel 2016, il riallineamento del tasso di riferimento dell’ACE (la detassazione degli utili reinvestiti) ai tassi di mercato, l’estensione della “voluntary dfv bvcdisclosure” e le aste

la disciplina contabile dello Stato si presenta diversa da quella che lo Stato ha inteso elaborare per il “resto delle istituzioni territoriali

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L’art. 81 della Costituzione. Nella visione nazionale, nella visione europea

per le frequenze.

Lo stimolo fiscale aggiuntivo fornito dai programmi di spesa straordinaria per l’immigrazione e gli interventi post terremoto in termini di ricostruzione e prevenzione non sono stati esplicitamente inclusi nella previsione di crescita del PIL reale per il 2017, che rimane invariato rispetto alla Nota di Aggiornamento al Programma di Stabilità 2016, anche se l’obiettivo di disavanzo è aumentato dal 2,0 al 2,3 per cento del PIL. Il governo ha deciso di adottare una valutazione molto prudente circa l’impatto delle misure aggiuntive sulla crescita del PIL.

La maggior parte degli effetti sulla crescita deriva da misure di sostegno agli investimenti pubblici e privati già inclusi nella Nota di Aggiornamento.

La legge di bilancio per gli anni 2018-2019

Per quanto riguarda il periodo 2018-2019, il quadro programmatico riporta una consistente riduzione del deficit (previsto all’1,2 per cento del PIL nel 2018 e allo 0,2 per cento nel 2019). Il saldo strutturale programmatico dovrebbe migliorare, attestandosi al -0,7 per cento del PIL nel 2018 e al -0,2 per cento nel 2019, determinando il raggiungimento dell’obiettivo di medio termine per l’Italia (l’equilibrio di bilancio in termini strutturali).

Fonte: ISTAT. Dal 2016 obiettivi programmatici

Il piano di privatizzazioni

La previsione dei ricavi da privatizzazioni per il 2016 è stata rivista al ribasso, passando dallo 0,5 per cento allo 0,1 per cento del PIL. Il governo ha attuato la prevista cessione del 46,6 per cento di ENAV, l’operatore del traffico aereo, e ulteriori entrate verranno apportate dalla vendita di immobili. Le altre operazioni programmate sono state rinviate a causa della volatilità dei mercati. Il governo resta fermamente impegnato a continuare il processo di privatizzazione. Le previsioni di entrate da privatizzazioni per il 2017, 2018 e 2019 rimangono invariate... ».

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In definitiva, se è vero che il Parlamento è sovrano nel decidere sul bilancio che da “legge formale” è diventata “legge sostanziale”, potendo prevedere anche modifiche al sistema tributario (con l’imposizione di maggiori o diverse tasse), la sua sovranità assume i connotati della condizionalità, dovendo il Governo fare i conti con le prescrizioni dell’Unione Europea.

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ASSOCIAZIONESERVIZI FINANZIARIENTI LOCALI

www.asfel.it

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