Il ragazzo con la sclerosi multipla che ha imparato a sognare · confidenze e risate. C’è...

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16 OSA NEWS U n lunedì mattina di qualche mese fa (6 giugno 2016) ho in- contrato, per la prima volta, Daniele Di Ruzza nel suo appar- tamento a Frosinone, dove vive con la mamma. Mi accoglie nella sua camera da letto, il suo microcosmo, con un grande sorriso che mi mette subito a mio agio. Lo trovo davanti al suo pc, che usa come un’estensione del suo corpo per ‘guardare’ e ‘far parte’ di quel mondo in cui fatica a esserci come vorrebbe. Vive su una sedia a rotelle dal 2013 a causa del progredire della scle- rosi multipla e poiché spostarsi è diventato complicato e molto stan- cante - intanto perché la sua sedia non entra in ascensore - le sue uscite sono sempre più rade. Per questo ormai passa quasi ogni gior- nata a casa, nella sua ‘casa prigione’ come la definisce lui. Nelle rare occasioni in cui la sua vita si sposta fuori dalle mura domestiche “re- spiro quella libertà che, purtroppo, sento che mi è stata negata”, mi confida Daniele con amarezza. Daniele: “Mi assistono, a rotazione, quattro operatrici OSA. All’inizio non è stato facile accettarle ma oggi non potrei fare a meno di loro nemmeno un giorno” Il ragazzo con la sclerosi multipla che ha imparato a sognare STORIE

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Un lunedì mattina di qualche mese fa (6 giugno 2016) ho in-contrato, per la prima volta, Daniele Di Ruzza nel suo appar-tamento a Frosinone, dove vive con la mamma. Mi accoglie

nella sua camera da letto, il suo microcosmo, con un grande sorrisoche mi mette subito a mio agio. Lo trovo davanti al suo pc, che usacome un’estensione del suo corpo per ‘guardare’ e ‘far parte’ di quelmondo in cui fatica a esserci come vorrebbe.

Vive su una sedia a rotelle dal 2013 a causa del progredire della scle-rosi multipla e poiché spostarsi è diventato complicato e molto stan-cante - intanto perché la sua sedia non entra in ascensore - le sueuscite sono sempre più rade. Per questo ormai passa quasi ogni gior-nata a casa, nella sua ‘casa prigione’ come la definisce lui. Nelle rareoccasioni in cui la sua vita si sposta fuori dalle mura domestiche “re-spiro quella libertà che, purtroppo, sento che mi è stata negata”, miconfida Daniele con amarezza.

Daniele: “Mi assistono, a

rotazione, quattro operatrici

OSA. All’inizio non è stato

facile accettarle ma oggi non

potrei fare a meno di loro

nemmeno un giorno”

Il ragazzo con la sclerosimultipla che ha imparato

a sognare

STORIE

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Insieme a lui, ad aspettarmi, c’è Tullia, una delleoperatrici OSA che lo assiste a domicilio da ormaiun anno e mezzo, da quando Daniele non riesce piùa prendersi cura di sé autonomamente. La malattiaè arrivata improvvisa e violenta a 15 anni, età in cuil’unico pensiero per un adolescente dovrebbe esse-re quello di uscire e godere di una nuova giornataestiva senza la scuola. Daniele mi parla di sé e della sua malattia con natu-ralezza. Scambia alcune battute con Tullia e si intui-sce subito che tra loro c’è una speciale sintonia. “Èuna delle mie preferite - ammicca mentre si accendeuna sigaretta con la mano che lo tradisce con untremolio -. All’inizio per me non è stato facile accet-tare che degli estranei si occupassero di me, chevalicassero la mia intimità. Tullia, insieme alle altreoperatrici, è entrata in punta di piedi nella mia vita,rispettando le mie abitudini e sopportando i mieisbalzi d’umore”.Dopo una breve pausa per riprendere fiato e metter-si più comodo, procediamo con l’intervista. “Ora so-no contento della loro quotidiana presenza perché siprendono cura di me, della mia igiene personale,un’ora e mezza dal lunedì al sabato. Mi aiutano a le-nire non solo le ferite del corpo ma anche quelle del-l’anima con la loro allegria, ascoltando le mie storie,i miei sogni e le mie paure”.“Per me sono delle amiche - afferma con il volto

gioioso Daniele - scherziamo, ridiamo, chiacchieria-mo molto ma sanno anche quando sto male e nonho voglia di parlare. Ho spiegato loro cosa devonofare per non affaticarsi e non farmi male quando mispostano. Non voglio essere un peso. So che la miamalattia stanca le persone che mi sono intorno. Edè per questo motivo che ho già pensato a tuttoquello che mi accadrà e a quello che dovrà esserefatto quando purtroppo non sarò più autonomo”. Mispiega, infatti, che con lungimiranza si è preparatoal peggio nel migliore dei modi, sistemando la casa,abituandosi all’idea di dover usare ogni tipo di ausi-lio, anche per le minzioni giornaliere. Mentre lo ascolto, ammiro la sua forza, la suaschiettezza, la sua determinazione. È sincero, in pri-mis con se stesso, il ragazzo sognatore che a 37anni convive da 21 con la malattia. Grazie all’arte hatrovato la forza di andare avanti, nonostante le sof-

ferenze, le rinunce e un’adolescenza finita troppopresto. Daniele, infatti, è un artista completo. È atto-re, cantante, musicista, prestigiatore, compositore.E dal 7 maggio 2016 è anche scrittore grazie a Bon-firraro Editore che ha pubblicato il suo primo libro, ‘Eallora io mi vesto di sogni’, scritto interamente conl’aiuto di un assistente vocale, poiché da tempo an-che le mani hanno iniziato a perdere la sensibilità. “Ti va di ascoltare le mie canzoni e guardare qual-che scena dei miei spettacoli di magia?”, mi dice.“Certo”, gli rispondo. E senza accorgermene pas-siamo due ore a ridere ed emozionarci. I suoi occhidiventano nostalgici guardando il suo passato attra-verso lo schermo del computer ma sono anche pie-ni di orgoglio e senza rimpianti perché è riuscito afare tutto quello che voleva, combattendo semprecon il nemico al proprio fianco. Ora, durante il gior-no, passa la maggior parte del tempo tra la sua ca-mera da letto e la sala di incisione che ha allestitonella stanza a fianco. Compone la musica, aggiornail suo sito web www.danielediruzza.it, legge, guardafilm e spesso vive di ricordi e di sogni. Proprio queisogni che hanno ispirato il suo primo libro in cui rac-conta la sua vita, la sua quotidianità dal primo gior-

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no in cui ha scoperto la malattia, alla reazione deigenitori, all’allontanamento di molte persone ‘ami-che’, al lavoro, alla sua vita tra palcoscenico e ma-gia, all’amore, agli impedimenti fisici, agli effetti col-laterali delle terapie, ai tentativi di trovare la via dellaguarigione, alle rinunce e ai traguardi raggiunti, no-nostante tutto. “Ho scritto questo libro con le rotelleai piedi e i sogni in testa - continua Daniele - leggiloe capirai meglio tutto quello che ti sto raccontandoadesso”. Qualche tempo fa (12 agosto 2016), holetto il suo libro tutto d’un fiato, mentre ero in viaggiosu un treno dell’alta velocità. Ho conosciuto tantiDaniele raccontati da una voce composta, arrabbia-ta, piena di voglia di vivere, di essere libero e felice.Ho ritrovato nelle sue parole, sospese tra realtà efantasia, quello stesso uomo che guardandomi negliocchi mi ha detto: “Faccio il comico della mia vitadalla mattina alla sera. Ma di una cosa sono certo:non spero più che la mia vita possa migliorare”. Delsuo libro mi ha colpito la verità nuda e cruda con cuiracconta la sua esistenza, quella reale e quella so-gnata a occhi aperti. Soltanto qui, nei sogni, trovaspazio per l’amore, per l’incontro con la donna dellasua vita e per l’arrivo di una figlia, famiglia a cui hadeciso di rinunciare per non essere di intralcio anessuno. Allo stesso tempo, la sua vita di tutti i gior-ni è quella che spiega, nel suo libro, così: “Nessunosecondo me ha mai capito la mia, costante, lottacontro il tempo, i miei lunghi silenzi, le mie sceltedettate non dalla mia volontà, perché a quest’ultimanon ho mai potuto dare troppo importanza, o quan-to realmente soffrivo, perché con il tempo ho impa-rato a confondere e a camuffare, agli occhi dellepersone, le mie difficoltà. […] Ma anche se le mie giornate si riempivano in manie-ra esponenziale di sogni, dovuti alla mia fervida im-maginazione, usata spesso per superare i momentipregni di un folle tormento, non commisi mai l’erroredi ignorare o sottovalutare la Sclerosi multipla, impa-rando a scindere per bene la realtà dalla fantasia,imponendomi severamente di fantasticare solo sullecose che avrei potuto, molto più probabilmente,realizzare. Questo perché, dato l’elevato numero disogni, che giornalmente faccio, ho sempre avutopaura che questo fantastico mondo da me creatopotesse diventare un’orrenda prigione, isolandomi

completamente da tutti e tutto”. E quasi alla fine del-le 112 pagine del suo romanzo arriva, senza preavvi-so, l’agghiacciante, brutale realtà: “Pur convivendo,forzatamente, con questa malattia non penso chel’accetterò mai. Anche perché, per me, accettarla omeno non fa nessuna differenza, visto che alla finenon cambia nulla. Come non smetterò mai di cerca-re, sulla rete, notizie riguardanti possibili cure, schi-vando, come Spiderman, i numerosi millantatori, chepurtroppo spuntano in ogni dove, come i funghi. E lepersone disperate, delle quali io capisco perfetta-mente le motivazioni, si fanno ingannare. La magianon esiste, altrimenti io sarei già guarito. E i miracoli?Beh! Io personalmente non ho mai pensato di chie-dere un miracolo, anche perché non ho ancora tro-vato un motivo, sufficientemente valido, per il qualedovrebbe guarire me, tra le migliaia di persone chestanno male”. Finita la lettura, mi torna alla mente una sua osser-vazione, quasi un monito che mi ha lasciato prima diandare via: “Lo sai quello che più mi fa arrabbiaredelle persone?”. “Cosa?”, gli domando.“Quando mettono in discussione le mie sofferenze,la mia condizione di salute dicendomi che altri comeme non stanno così male, che in fondo la mia vitanon è così difficile. Sono stanco di far capire cosasignifichi avere la sclerosi multipla. Io mi sento in-trappolato nel mio corpo ed è per questo che ho bi-sogno di viaggiare con la mente”.

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Tullia Mattone, operatrice OSA: “Assi-

stiamo Daniele a domicilio da un anno e

mezzo e ogni incontro è una scoperta!”

Tullia ha 48 anni. La voce è squillante e piena dienergia. Ci siamo conosciute per telefono qualchegiorno prima di incontrarci a casa di Daniele per l’in-tervista. Le prime impressioni confermano le aspet-tative. È una donna estroversa, socievole, determi-nata. Lo si capisce da come si relaziona con Daniele,in modo delicato ma risoluto.Lavora per OSA dal 2009 con la qualifica di assisten-te domiciliare, ama quello che fa ed è felice di pren-dersi cura di chi ha bisogno. Quello dell’operatore, citiene a sottolinearlo, è un lavoro che richiede cuore,perché ogni persona è diversa dall’altra e merita at-tenzioni speciali.

Da quando assisti Daniele a domicilio?

Sono stata la prima ad assistere Daniele 1 anno emezzo fa e sono il suo operatore di riferimento. Conme lavorano anche Anna Maria, Stefania e Silvia. Cialterniamo e a volte il tempo sembra non bastaremai. Lui, fortunatamente, si trova benissimo contutte. Quando ha richiesto l’assistenza domiciliareera arrivato a un punto in cui da solo non ce la fa-ceva più. All’inizio ha sofferto molto la nostra ‘pre-senza’ perché ha dovuto cedere alla malattia e dar-gliela vinta.

Cosa significa prendersi cura di un ragazzo con

la sclerosi multipla?

La sclerosi multipla (SM) ti porta una disabilità fisicama anche affettiva, sociale. Daniele, nel tempo, haallontanato anche gli amici più cari per non essereun peso. Alterna i suoi stati d’animo dall’essere rab-bioso o depresso a nostalgico o pieno di energia.Ma è normale. La malattia ti priva di dignità.Ti sfianca, fisicamente e psicologicamente. Chiun-que sarebbe assalito da attacchi di panico e da mo-menti di sconforto.È davvero un ragazzo pieno di risorse e di forza inte-riore. Il nostro compito è anche quello di aiutarlo asentirsi meglio, a incoraggiarlo e stimolarlo.

Che tipo di rapporto hai instaurato con Daniele?

Ho instaurato un rapporto affettuoso, fatto anche diconfidenze e risate. C’è sintonia tra noi e mi piaceascoltare la sua musica. Le ore trascorse con lui so-no sempre una sorpresa e io sono felice di essergli diconforto. Daniele ha bisogno di sentirsi consideratoe noi facciamo di tutto per farlo stare bene, sia da unpunto di vista fisico che psicologico, anche se nonsiamo specializzati in quest’ultimo campo. Ci provia-mo, con il cuore. Ho dovuto conquistare la sua fidu-cia prima di essere accolta in casa sua senza remoreo diffidenze. In fondo lui si è messo a nudo con noi eda parte nostra è giusto rispettare i suoi tempi e lesue esigenze. Ha un carattere molto forte e sin dall’i-nizio ha stabilito delle regole. Ci sono delle volte,però, in cui, per evitare di fargli male soprattutto du-rante gli spostamenti, non posso assecondarlo e al-lora gli dico ‘Fidati, fidati di me’. Per fortuna alla finecede e mi ringrazia per essere stata delicata e atten-ta, proprio come gli avevo promesso.

Che approccio hai con le persone che assisti?

Io ho un’esperienza di 17 anni nel settore e quello chenon mi stancherò mai di ripetere è che è il mio lavorosi può fare solo con cuore e dedizione. Non dobbiamosostituirci all’assistito ma aiutarlo laddove non è in gra-do di fare da solo, stimolarlo a essere di nuovo auto-nomo, anche se solo in minima parte. Quando entridentro casa di un paziente, devi spogliarti di tutto, deiproblemi, della stanchezza e metterti al suo fianco concalma regalandogli sorrisi e serenità.

Cosa ti regala il tuo lavoro?

La consapevolezza di fare del bene, di essere un pun-to di riferimento importante. La mia gioia più grande?Quando un assistito per ringraziarmi mi saluta con ilsuo sorriso più dolce, dopo averlo trovato in lacrime.Questo significa che ho fatto bene il mio dovere.

Qual è la tua giornata tipo?

Giornalmente, assisto dai 3 ai 7 utenti e posso es-sere impegnata sia la mattina che il pomeriggio osolo mezza giornata. Sono diverse le patologie dicui ci occupiamo: persone con disabilità o con di-sturbi psichici, anziani, nuclei famigliari. Attualmenteabbiamo in carico 150 utenti nel capoluogo ciociaro.

Cosa significa per te lavorare per OSA

e fare l’operatrice?

Far parte della Cooperativa significa sentirmi in fami-glia. Essere un’operatrice per me significa, come hogià detto, lavorare con serietà e professionalità pen-sando solo al bene dell’assistito.

Diciassette annidi esperienzae tanta dedizione

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