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IL PRINCIPIO DELLA CONTINUITA’ AZIENDALE a cura di Francesco Creaco Il Commerci@lista ® M O N O G R A F I E

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IL PRINCIPIO DELLA CONTINUITA’

AZIENDALE

a cura di

Francesco Creaco

Il Commerci@lista®

M O N O G R A F I E

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Il Commerci@lista ODCEC Reggio Calabria

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© Francesco Creaco, Reggio Calabria

© Ordine dei Dottori Commercialisti e degli Esperti Contabili di

Reggio Calabria

© Il Commerci@lista®

Proprietà letteraria e tecnica riservata

Edito in Biella nel mese di aprile 2015

Direttore responsabile: Domenico Calvelli

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INDICE

Introduzione………………………………………….………………3

Dettato normativo e principi di riferimento………….…………..…5

Aspetti pratici…...………….………………………….…………..…7

Fattori indicativi della continuità aziendale……………….………18

Conclusioni …..……………….……………………………….……21

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INTRODUZIONE

La presente pubblicazione non ha lo scopo di fornire elementi di novità

rispetto al lavoro svolto da chi mi ha preceduto nell’illustrazione

dell'argomento trattato, ma vuole fornire uno spunto di riflessione

ulteriore rispetto alle nozioni statiche delle norme esaminate ed alle

nozioni dinamiche che ognuno di noi porta nel proprio bagaglio culturale

in virtù delle esperienze vissute sul campo.

L'argomento che verrà di seguito trattato, "il principio della continuità

aziendale", rappresenta, a mio avviso, un elemento cardine della nostra

professione in quanto, soprattutto in un periodo storico e duraturo di

crisi come quello che stiamo attraversando e che ci coinvolge ormai da

quasi un decennio, dobbiamo sempre più soffermare la nostra attenzione

su un aspetto quanto più sintomatico di un’attenta e dettagliata analisi

aziendale, anche in considerazione di una seria valutazione prospettica

del futuro verso cui si sta dirigendo l'azienda che stiamo osservando.

Non bisogna dimenticare che accanto alle esigenze dell’imprenditore

nostro cliente si affianca la crescente aspettativa da parte degli stakeholders

(clienti, fornitori,...) della società oltre che di tutti quegli altri soggetti

direttamente o indirettamente interessati alla verifica del bilancio

d’esercizio (analisti, investitori, istituti di credito, organi di stampa, ecc…)

inteso come documento riepilogativo ed informativo della realtà

aziendale ed anche come strumento rivelatore del futuro più o meno

immediato.

Nello svolgimento della nostra professione ci troviamo costantemente

soggetti alla “pressione” degli Istituti di Credito che, ormai protesi verso

la stabile negazione della concessione di crediti alle aziende, pretendono

di ricevere dei bilanci d’esercizio sempre più dettagliati e completi nelle

informazioni gestionali, salvo poi rettificarli sulla base degli obsoleti

quanto generici parametri contenuti negli indici di Basilea, inidonei ormai

a rappresentare la reale situazione aziendale, soprattutto in un anomalo e

perdurante periodo di crisi finanziaria come quello che stiamo

attraversando.

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Diventa così fondamentale, per noi professionisti, sensibilizzare l’organo

amministrativo alla redazione di una completa ed appropriata

informativa degli accadimenti aziendali, certi e prevedibili, affinché sia

chiaro e conoscibile ai terzi l’impatto dell’attuale crisi sulla situazione

economico – patrimoniale - finanziaria della società, sulle scelte operative

e strategiche previste e sugli eventuali correttivi programmati per adattare

la strategia dell'impresa al mutato contesto di riferimento. Occorre,

pertanto, indirizzare il management aziendale verso un’adeguata e

trasparente chiarezza informativa al fine di contribuire alla riduzione

dell’incertezza e delle correlate quanto probabili conseguenze negative.

Pertanto, per noi esperti del settore, l’ostacolo più arduo da superare sarà

rappresentato proprio da quel muro (difficilmente valicabile!) costruito

dall’imprenditore intorno a se stesso a protezione delle proprie idee

gestionali che, molto spesso, lo isolano completamente dal mondo

esterno, tanto è concentrato nel proprio “ego” di colui che tutto conosce

e che tutto sa.

Dopo tutto, egli è così convinto di avere in mano la soluzione ad ogni

problema che opera, di fatto, le proprie scelte senza sentire il bisogno di

consultarsi con il proprio consulente, salvo poi ritrovarsi dinnanzi a delle

situazioni di difficile risoluzione oppure di crisi ormai conclamate ed

irrisolvibili.

Ed è proprio per evitare simili situazioni che la nostra figura

professionale deve trovare la forza di imporsi e di affermare la propria

competenza nei confronti di un soggetto (leggasi imprenditore/cliente)

che ha il solo compito di dover ben comprendere l’esigenza di essere

“aiutato e supportato” sia nelle scelte aziendali future sia nella corretta

rappresentazione e pubblicizzazione delle stesse.

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DETTATO NORMATIVO E PRINCIPI DI RIFERIMENTO

La principale norma di riferimento in materia di continuità aziendale si

individua nell'art. 2423 bis del Codice Civile:

“la valutazione delle voci deve essere fatta secondo prudenza e nella prospettiva della

continuazione dell’attività, nonché tenendo conto della funzione economica

dell’elemento dell’attivo e del passivo considerato”.

A conferma dell’importanza dell’argomento trattato si evidenzia che,

oltre al Codice Civile, anche i Principi Contabili Internazionali si

occupano del concetto della continuità aziendale, precisamente lo IAS 1

“Presentazione del Bilancio” (paragrafi 13, 23 e 24) il quale prevede che:

- Paragrafo 13: “i bilanci devono presentare attendibilmente la situazione

patrimoniale - finanziaria, il risultato economico e i flussi finanziari di un’entità.

Una presentazione attendibile richiede la rappresentazione fedele degli effetti di

operazioni, altri fatti e condizioni in conformità alle definizioni e ai criteri di

rilevazione di attività, passività, proventi e costi esposti nel Quadro sistematico. Si

presume che l’applicazione degli IFRS, quando necessario integrati con informazioni

aggiuntive, abbia come risultato un bilancio che fornisce una presentazione

attendibile.”

- Paragrafi 23 e 24: “nella fase di preparazione del bilancio, la direzione aziendale

deve effettuare una valutazione della capacità dell’entità di continuare ad operare come

un’entità in funzionamento. Il bilancio deve essere redatto nella prospettiva della

continuazione dell’attività a meno che la direzione aziendale non intenda liquidare

l’entità o interromperne l’attività, o non abbia alternative realistiche a ciò. Qualora la

direzione aziendale sia a conoscenza, nel fare le proprie valutazioni, di significative

incertezze per eventi o condizioni che possano comportare l’insorgere di seri dubbi sulla

capacità dell’entità di continuare a operare come un’entità in funzionamento, tali

incertezze devono essere evidenziate. Qualora il bilancio non sia redatto nella

prospettiva della continuazione dell’attività, tale fatto deve essere indicato, unitamente

ai criteri in base ai quali esso è stato redatto e alla ragione per cui l’entità non è

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considerata in funzionamento. Nel determinare se il presupposto della prospettiva

della continuazione dell’attività è applicabile, la direzione aziendale tiene conto di

tutte le informazioni disponibili sul futuro, che è relativo ad almeno, ma non limitato,

a dodici mesi dopo la data di riferimento del bilancio. Il grado dell’analisi dipende

dalle specifiche circostanze di ciascun caso. Quando l’entità ha una storia di

redditività e di facile accesso alle risorse finanziarie, la conclusione che il presupposto

della continuità aziendale sia appropriato può essere raggiunta senza dettagliate

analisi. In altri casi, la direzione aziendale può aver bisogno di considerare una vasta

gamma di fattori relativi alla redditività attuale e attesa, ai piani di rimborso dei

debiti e alle potenziali fonti di finanziamento alternative, prima di ritenere che

sussista il presupposto della continuità aziendale”

Oltre ai suddetti elementi normativi di riferimento, si segnalano:

• il Principio di Revisione n. 570;

• la Comunicazione della Consob del 6 febbraio 2009 n.

DEM/9012559 “Procedure di revisione e reazione di revisione in presenza di

problematiche connesse alla continuità aziendale”.

• il Documento congiunto tra Banca d’Italia, Consob e Isvap n. 2

del 6 febbraio 2009 “Informazioni da fornire nelle reazioni finanziarie (bilanci

annuali) sulla continuità aziendale, sui rischi finanziari, sulle verifiche per riduzione

di valore delle attività e sulle incertezze nell’utilizzo di stime”.

• l’OIC n. 10 “Rendiconto finanziario”, ultimato nel mese di agosto

2014.

• il Decreto Leg.vo n. 159 del 6 settembre 2011, art. 41comma 5 (Codice Antimafia).

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ASPETTI PRATICI

Dopo aver individuato le principali norme di riferimento in materia di

“going concern”, passiamo ora ad esaminare gli aspetti pratici connessi

alla loro applicazione.

Seguendo pedissequamente l’ordine indicato nel paragrafo precedente,

iniziamo il nostro percorso applicativo esaminando ed approfondendo le

disposizioni contenute nell’art. 2423 bis C.C. il quale, nell’indicare le linee

direttive essenziali ai fini della corretta valutazione delle voci di bilancio,

introduce due nuovi principi: il principio di prudenza ed il principio di

continuazione dell’attività.

Il principio di prudenza “costringe” l’amministratore a dover valutare

le singole voci di bilancio secondo la diligenza del buon padre di famiglia,

prestando la massima attenzione nell’analisi di ogni singola voce esposta

e tenendo conto, in maniera prudenziale, dell’effettiva esistenza e

certezza del dato stesso.

In altre parole, l’organo amministrativo, unitario o collegiale:

- dovrà valutare attentamente l’importo dei crediti esposti in bilancio, per

singola voce, per gruppo di appartenenza e per periodo di formazione,

provvedendo ad incrementare il fondo svalutazione laddove vi sia il

ragionevole dubbio che uno o più crediti possano essere difficilmente

riscossi oppure procedendo allo stralcio dei crediti di modesto valore per

i quali non è economicamente perseguibile il recupero a mezzo di un

legale.

Si ricorda, a tal fine, che le norme di comportamento predisposte dal

Consiglio Nazionale in merito alla compilazione della Relazione sulla

Gestione prevedono la redazione di un apposito paragrafo attinente al

rischio di credito derivante dallo svolgimento dell’attività di cui

all’oggetto sociale.

A titolo esemplificativo, si riporta un modello informativo da inserire nel

corpo della Relazione sulla Gestione o, in caso di redazione del Bilancio

Abbreviato, nella Nota Integrativa :

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“Rischio di credito: il rischio di credito rappresenta l’esposizione al rischio di

potenziali perdite derivanti dal mancato adempimento delle obbligazioni assunte dalla

controparte. La società, sulla base dell’attività svolta, della natura e della tipologia dei

crediti iscritti in bilancio, strettamente legati al “core business” aziendale, nella

fattispecie di tipo commerciale, è esposta al rischio di credito in misura più o meno

correlata alle situazione finanziaria attuale in cui versa l’intera economia nazionale e

mondiale. Dall’attenta analisi dei crediti presenti in bilancio e sulla base delle

informazioni in possesso dell’organo amministrativo, l’esposizione al rischio di

potenziali perdite è alquanto basso oltre che limitato al credito concesso ad alcune

piccole aziende, peraltro costantemente monitorato.”

- dovrà, altresì, verificare, in misura ancor più attenta, l’esatta indicazione

ed esposizione dei debiti “certi”, prestando maggiore attenzione verso

quei debiti “potenziali” che, come diremo in seguito, potranno

influenzare in maniera determinante il futuro aziendale, potenzialmente

esposto al verificarsi di un evento straordinario in grado di far venire

meno il concetto della continuità.

Si rammenta inoltre che, nella redazione della Nota Integrativa o della

Relazione sulla Gestione, paragrafo “Fatti di rilievo verificatisi nel corso

dell’esercizio in approvazione e/o in quello successivo”, l’organo amministrativo

dovrà evidenziare tutti quegli elementi di criticità che sono sorti

nell’esercizio in approvazione o che potrebbero sorgere durante

l’esercizio successivo, tali da generare o dar vita a delle conseguenze tali

da indurre gli stessi amministratori a dover relazionare ai terzi in merito a

quanto potrebbe accadere nell’immediato futuro, con preciso riferimento

al venir meno del principio della continuità “a favore” della liquidazione

aziendale.

- dovrà verificare periodicamente il risultato della gestione caratteristica e

di quella finanziaria, cercando di individuare e correggere

tempestivamente, laddove fosse possibile, quegli elementi di criticità che

potrebbero portare la società ad una perdita d’esercizio tale da azzerare il

capitale sociale. La ritardata rilevazione di una cospicua perdita o di uno

squilibrio finanziario importante, magari accertato in sede di chiusura

dell’esercizio, potrà costringere l’organo amministrativo e,

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conseguentemente, la compagine sociale alla messa in liquidazione della

società senza poter in alcun modo procedere alla “correzione” delle falle

venutesi a creare.

Se da un lato è stata segnalata l’importanza di una corretta valutazione ed

informazione degli accadimenti da parte dell’organo amministrativo, è

altresì opportuno precisare che il “principio della prudenza” dovrà essere

applicato in maniera equilibrata in modo tale che la sua pedissequa

applicazione non sfoci, al contrario, in una scorretta rappresentazione

della realtà aziendale.

Un organo amministrativo, “ossessionato” dal “going concern”,

potrebbe, infatti, orientare le proprie scelte verso delle soluzioni

gestionali che risulterebbero certamente inappropriate, perché frutto di

mere suggestioni, oltre che lesive della corretta gestione aziendale.

In altre parole, un uso scorretto del principio della prudenza potrebbe

condizionare in negativo il “core business” aziendale sottraendo allo

stesso le risorse necessarie al raggiungimento degli obiettivi prefissati.

Il principio “di continuazione dell’attività” o del “going concern”,

per usare il termine anglosassone contenuto nel principio contabile OIC

5, prevede che, nella valutazione delle diverse attività e passività, i valori

iscritti in bilancio siano considerati nel presupposto che l’azienda

prosegua la sua attività nel suo normale corso, in un futuro prevedibile,

ma comunque non inferiore a dodici mesi.

Come sappiamo, il bilancio d’esercizio, in corso di predisposizione ed

approvazione, rappresenta, per un’azienda “in corsa”, l’elemento di

collegamento tra la gestione patrimoniale, finanziaria ed economica

proveniente dagli esercizi passati e quella futura, il tutto applicabile ad

un’impresa in regime di normale funzionamento.

Nel caso in cui, al contrario, gli accadimenti, certi o prevedibili, sorti

successivamente alla redazione del bilancio, determinano il venir meno

del principio della continuità aziendale, risulta allora evidente e

consequenziale che le ordinarie valutazioni debbano essere

immediatamente modificate in ragione di quanto previsto dal principio

contabile OIC 5 che prevede il passaggio al criterio di liquidazione,

inteso come conservazione del patrimonio aziendale “come coacervo di beni

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destinato al realizzo diretto, all’estinzione dei debiti ed alla ripartizione ai soci

dell’attivo netto residuo.”

Qualora, nel caso della liquidazione, si dovesse temporaneamente

proseguire nella continuazione dell’attività, gli amministratori dovranno

applicare dei principi di valutazione di tipo “conservativo e non dinamico”

posto che il capitale investito continuerà a mantenere la sua naturale

funzione di strumento finalizzato alla produzione del reddito.

Ad integrazione di quanto indicato dall’art. 2423 C.C., lo IAS 1, pur

riproponendo i medesimi concetti già esaminati, si sofferma con grande

attenzione sul ruolo delicato, in termini di responsabilità e competenza

gestionale - amministrativa, che ricade sulla “direzione aziendale” la quale

detiene, proprio per il ruolo che riveste, “l’ingrato compito” di dover

attentamente valutare ed esaminare tutti quegli aspetti di natura

gestionale, economico-patrimoniale, reddituale e finanziaria, che portano

lo stesso organo amministrativo a dover predisporre una bozza di

bilancio tale da garantire, ai soci ed ai terzi, il rispetto del principio di

continuità nella sua più ampia concezione.

Spesso, il giudizio espresso dall’organo amministrativo, in merito alla

sussistenza del principio di continuità, si basa sulle informazioni aziendali

disponibili nel momento in cui lo stesso viene oggettivamente osservato

ed analizzato; altre volte, però, tale compito risulta particolarmente

gravoso, come nei casi in cui la verifica della corretta applicazione del

“going concern” non dipende da una serie di fattori certi e determinati nel

loro “quantum”, come lo sono i crediti ed i debiti, ma è la diretta

conseguenza di avvenimenti ancora solo “potenzialmente realizzabili” la

cui esistenza non deriva da scelte che dovranno o potranno essere prese

dall’organo amministrativo, ma che addirittura potrebbero essere dallo

stesso subite: è il caso di una richiesta di risarcimento danni operata nei

confronti della società in seguito ad un’errata esecuzione dei lavori

commissionati oppure potrebbe essere il caso di un evento straordinario

quale, ad esempio, un incidente nel cantiere di produzione talmente

grave da far dubitare in merito alla reale possibilità di prosecuzione

futura e, pertanto, della probabilità che l’obiettivo di cui all’oggetto

sociale possa essere concretamente perseguito.

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In altri casi, il giudizio dell’organo amministrativo risulta condizionato

dalla scarsa conoscenza delle conseguenze, di natura civile, fiscale e

penale, che potrebbero derivare dall’assunzione di un impegno di natura

tipicamente commerciale.

In tutti i casi sopra citati, prevedibili e non, riveste particolare importanza

la figura del professionista che, da un lato, ben conosce il passato

dell’azienda cliente, ma, dall’altro, proprio per la specifica competenza

posseduta, è in grado di meglio prevedere il futuro verso il quale la stessa

si sta proiettando.

E’ la fattiva quanto continua collaborazione tra il professionista e

l’imprenditore l’elemento di base che consente a quest’ultimo di valutare

con la dovuta attenzione le immediate conseguenze delle scelte operative

che sta assumendo, sempre che la figura del professionista/interlocutore

sia così solerte e pressante nel fargli intendere la reale importanza di un

concetto tanto importante quanto, a volte, “nascosto” nel suo divenire.

In ogni caso, spetta alla direzione aziendale la gravosa responsabilità di

dover verificare la sussistenza del requisito esaminato, con l’obbligo e

non la facoltà di dover tempestivamente annotare in apposita sezione

della Nota Integrativa o della Relazione sulla Gestione, ove redatta, tutte

le notizie in proprio possesso che in qualche modo possono influenzare

il mantenimento del “going concern”.

A completamento del concetto sopra esposto e per una maggiore

completezza di informazioni, tenuto conto che frequentemente la

redazione del bilancio d’esercizio e dei relativi documenti allegati che lo

compongono viene oggettivamente predisposto presso i nostri studi,

occorre evidenziare che alcune delle informazioni necessarie all’organo

amministrativo, per una corretta analisi della reale situazione aziendale,

devono necessariamente provenire da noi stessi e dalla nostra

competenza professionale: mi riferisco, ad esempio, alla valutazione

del’azienda effettuata attraverso l’analisi degli indici di bilancio.

Per quanto sopra, ne segue che, nello svolgimento del nostro incarico

professionale, dobbiamo prestare la massima attenzione non solo agli

aspetti meramente fiscali degli accadimenti aziendali, ma anche a quelle

fattispecie come l’argomento trattato, che, se sottovalutate, potranno

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generare delle conseguenze spesso non più sanabili e con implicazioni di

natura civile e penale.

Sottovalutare una scadenza fiscale, come ad esempio il mancato invio

telematico di un modello F24, comportamento certamente errato e da

censurare proprio per l’impegno e la serietà che deve contraddistinguere

la nostra professione, ci darà modo di ovviare all’errore mediante

l’istituto del ravvedimento operoso mentre la sottovalutazione di un

principio come quello della continuità produrrà, in alcuni casi, delle

conseguenze talmente gravi da non poter essere in alcun modo sanate.

A conferma dell’importanza dell’argomento trattato, posto che il

principio della continuità aziendale interessa non solo il professionista

incaricato alla redazione del bilancio d’esercizio oppure alla valutazione

dell’azienda quale cliente di studio, ma anche lo stesso professionista

impegnato nello svolgimento dell’attività di Revisore Contabile, la

Commissione Paritetica per i Principi di Revisione ha elaborato il

documento di revisione n. 570.

A tale principio di revisione si agganciano sia la Comunicazione

Consob del 6 febbraio 2009 n. DEM/9012559 “Procedure di revisione e

reazione di revisione in presenza di problematiche connesse alla continuità aziendale”

sia il Documento congiunto tra Banca d’Italia, Consob e Isvap n. 2

del 6 febbraio 2009 “Informazioni da fornire nelle reazioni finanziarie (bilanci

annuali) sulla continuità aziendale, sui rischi finanziari, sulle verifiche per riduzione

di valore delle attività e sulle incertezze nell’utilizzo di stime”.

Attraverso il suddetto documento la Commissione Paritetica a ciò

incaricata ha predisposto, a favore del professionista Revisore, un

vademecum di norme da applicare durante lo svolgimento dell’incarico

ricevuto, anche in considerazione della maggiore responsabilità che grava

sul professionista in merito al ruolo di “garante dei terzi creditori”

connaturato con l’incarico ricevuto.

Nella redazione della relazione di accompagnamento al bilancio

d’esercizio, l’organo di controllo dovrà prestare la massima attenzione al

criterio di valutazione adottato dall’organo amministrativo, procedendo,

laddove venissero riscontrati degli elementi tali da influire negativamente

sul processo produttivo e/o sulla prosecuzione dell’attività, alla

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tempestiva richiesta di chiarimenti da inoltrare allo stesso organo ed

anche ai soci.

Nel procedere alla valutazione operata dalla direzione, il Revisore dovrà

verificare i seguenti fattori:

- il processo seguito;

- le informazioni su cui si basa;

- i piani d’azione futuri.

A parere dello scrivente, la verifica del rispetto del principio della

continuità aziendale dovrà essere effettuata non solo in sede di

predisposizione della relazione di accompagnamento al bilancio, ma

anche nel corso delle verifiche trimestrali laddove, dalle informazioni

ricevute dall’organo amministrativo o comunque in possesso dell’organo

di controllo, potranno scaturire, nell’immediato futuro, degli accadimenti

negativi tali da compromettere il futuro aziendale.

Attendere il periodo di approvazione del bilancio, a volte molti mesi

dopo l’avvenuta manifestazione dell’accadimento aziendale

potenzialmente “pericoloso”, potrebbe rappresentare, in tal caso, una

mera presa d’atto del venir meno del principio del “going concern” con

evidenti conseguenze negative per la società, per i terzi e, perché no,

anche per l’organo di controllo, responsabile di non aver correttamente e

tempestivamente vigilato.

Può capitare che nel corso dello svolgimento di un incarico di revisore, il

professionista si trovi costretto a chiedere al socio di dover relazionare in

merito alla reale intenzione di voler proseguire nello svolgimento

dell’attività intrapresa posto che, ad esempio, nei primi mesi successivi

alla chiusura dell’anno solare oggetto di esame, è venuto meno un

contratto di rilevante importanza in termini di valore della produzione.

Qualora venissero identificati degli eventi o delle circostanze tali da far

sorgere dei dubbi significativi sulla continuità aziendale dell’impresa, il

Revisore dovrà:

(a) esaminare e valutare i piani d’azione futuri della direzione che si

basano sulla valutazione della continuità aziendale effettuata dalla stessa;

(b) raccogliere elementi probatori sufficienti ed appropriati per

confermare o meno l’esistenza di una incertezza significativa mediante lo

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svolgimento delle procedure di revisione ritenute necessarie,

considerando anche l’effetto di eventuali piani della direzione o altri

fattori attenuanti;

(c) ottenere elementi probatori sufficienti ed appropriati che confermano

la fattibilità dei piani della direzione nonché valutare il fatto che la loro

realizzazione porterà ad un miglioramento della situazione;

(d) stabilire se sono venuti alla luce ulteriori fatti o informazioni

successivamente alla data in cui la direzione ha effettuato la propria

valutazione;

(e) richiedere alla direzione delle attestazioni scritte relative ai piani

d’azione futuri.

Accertata la reale sussistenza di fatti o accadimenti, tali da poter far

nascere il ragionevole dubbio circa la sussistenza del requisito della

continuità, compito del Revisore unico o collegiale è quello di obbligare

lo stesso organo amministrativo a farne menzione nel documento di

accompagnamento al bilancio d’esercizio.

In ogni caso, pur nel rispetto della corretta informativa esposta

dall’organo amministrativo nella nota integrativa o nella relazione sulla

gestione, l’organo di controllo dovrà indicare e motivare nella propria

relazione di accompagnamento al bilancio d’esercizio quanto accertato

documentalmente in sede di verifica trimestrale oltre che sulle

informazioni ricevute presso la sede della stessa società.

Al contrario, in caso di mancata risposta da parte dell’organo

amministrativo o di inerzia da parte dei soci, pur sempre in presenza di

accadimenti tali da compromettere la futura gestione operativa, l’organo

di controllo, con i poteri sostitutivi dell’organo amministrativo, dovrà

procedere alla immediata richiesta di messa in liquidazione della società.

E’ opportuno comunque sottolineare che la sopravvivenza o il fallimento

di un’impresa non può essere sempre e comunque prevista perché molte

situazioni di crisi aziendali sono collegate ad eventi non prevedibili al

momento della valutazione.

La responsabilità del Revisore è comunque limitata ai compiti che gli

sono propri ed è pertanto riconducibile ai risultati ed agli accadimenti di

cui è venuto a conoscenza o dei quali avrebbe potuto averne in virtù

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della propria specifica competenza in seguito alle procedure di revisione

svolte.

L’arco temporale entro il quale il revisore dovrà raccogliere le necessarie

informazioni circa la capacità dell’impresa di poter continuare ad operare

nel prevedibile futuro dovrà individuarsi entro i 12 mesi successivi alla

data in cui sta procedendo ad una delle verifiche obbligatorie oppure

dalla data in cui è venuto a conoscenza di un accadimento

pregiudizievole per la prosecuzione dell’attività.

Proseguendo nell’analisi degli aspetti normativi o di indirizzo normativo,

si segnala che nel mese di agosto 2014 l’Organismo Italiano di

Contabilità ha concluso la revisione del principio contabile n. 10

“Rendiconto Finanziario”, destinato alle società che redigono il bilancio

d’esercizio in base alle disposizioni del Codice Civile ed è applicabile a

partire dai bilanci chiusi al 31 dicembre 2014.

Sebbene il Codice Civile non preveda espressamente la redazione del

rendiconto finanziario come schema di bilancio obbligatorio, l’O.I.C. ha

deciso di dedicare al rendiconto finanziario un apposito principio

contabile da applicare a tutte le tipologie societarie proprio per il

contenuto di informazioni che lo stesso contiene.

Ma vediamo solo brevemente cos’è il rendiconto finanziario: è un

prospetto contabile che evidenzia le cause di variazione, positive o

negative, delle disponibilità liquide avvenute in un determinato esercizio

e fornisce informazioni utili per la valutazione della situazione finanziaria

della società o del gruppo (compresa la liquidità e solvibilità)

nell’esercizio di riferimento e la sua evoluzione negli esercizi successivi.

I benefici informativi del rendiconto finanziario sono molteplici.

Il rendiconto permette, tra le atre cose, di valutare:

a. le disponibilità liquide prodotte/assorbite dalla gestione reddituale e le modalità di

impiego/copertura;

b. la capacità della società o del gruppo di affrontare gli impegni finanziari a breve

termine;

c. la capacità della società o del gruppo di autofinanziarsi.

Le informazioni desunte dal rendiconto finanziario consentono,

pertanto, di poter comparare i risultati ottenuti tra società differenti o

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nell’ambito della stessa società in esercizi differenti in quanto la

determinazione dei flussi finanziari non presenta particolari incertezze

valutative rispetto ad altre grandezze ricavabili dallo stato patrimoniale o

dal conto economico.

L’ammontare dei flussi finanziari ottenuti dalla gestione reddituale

rappresenta un importante elemento di valutazione in quanto ci consente

di comprendere come l’andamento economico della gestione si possa

ripercuotere sulla dinamica finanziaria dell’impresa.

Ed è proprio per il suo elevato contenuto di informazioni finanziarie,

unitamente ai riflessi di carattere economico e reddituale ai quali le stesse

sono correlate, per il presente e per l’immediato futuro della società, che

il nuovo rendiconto finanziario risponde ed è in linea con le disposizioni

di cui all’articolo 2423, comma 2 del Codice Civile le quali, lo ricordiamo

ancora una volta, prevedono che il bilancio deve esser redatto con

chiarezza e deve rappresentare in modo veritiero e corretto la situazione

patrimoniale e finanziaria della società oltre al risultato economico

dell’esercizio.

Nel concludere con l’analisi degli aspetti normativi, ma certamente non

ultimo in termini di importanza proprio per la tematica affrontata,

passiamo infine a considerare le disposizioni contenute nell’art. 41

(gestione delle aziende sequestrate) del D.L.vo n. 159/2011 (Codice

Antimafia) il quale, al comma 5, prevede quanto segue: “Se mancano

concrete possibilità di prosecuzione o di ripresa dell'attività, il tribunale, acquisito il

parere del pubblico ministero e dell'amministratore giudiziario, dispone la messa in

liquidazione dell'impresa. In caso di insolvenza, si applica l'articolo 63, comma 1.”

Tralasciando l’ultimo periodo del comma 5, che introduce un tema non

trattato con il presente documento, non possiamo non rilevare come tra i

compiti del Dottore Commercialista/Amministratore Giudiziario rientra

proprio quello di valutare se esistono concrete possibilità di proseguire o

riprendere l’attività interrotta per l’intervenuto sequestro.

Infatti, ad una prima fase destinata all’esecuzione degli adempimenti

connessi all’intervenuto sequestro, occorre procedere ad un’attenta

analisi degli indicatori economico-finanziari-gestionali previsti dal

principio di revisione n. 570 di cui al paragrafo successivo.

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Accade spesso che il sequestro dell’azienda coinvolge, ad esempio, il

management aziendale che, proprio in ragione del ruolo svolto in

precedenza all’interno della stessa ditta, deve essere di fatto sostituito.

Può inoltre accadere, sempre in considerazione dei fattori elencati al

successivo paragrafo, che il sequestro disposto dall’Autorità Giudiziaria

produce:

- la rescissione di contratti di fornitura;

- il cambiamento, in peius, delle condizioni di pagamento da applicarsi nei

confronti dei fornitori in ragione del fatto che la comune prassi

commerciale del pagamento a mezzo di assegni post-datati non è più

praticabile;

- la revoca dei fidi precedentemente deliberati dagli Istituti di Credito;

- l’impossibilità di procedere alla cessione della merce presente in

magazzino perché non conforme alle disposizioni di legge.

Di fronte a tali oggettive problematiche, laddove riscontrate,

l’amministratore giudiziario ha l’obbligo, in virtù degli argomenti fin qui

elencati, di informare l’A.G. circa l’impossibilità di poter proseguire nello

svolgimento dell’attività per palese violazione del principio di continuità.

Ciò è quanto prevede, in sintesi, l’articolo 41 comma 5 sopra riportato il

quale, come abbiamo letto, dispone, con assoluta perentorietà, che, in

assenza di concrete possibilità di prosecuzione, deve essere disposta la

messa in liquidazione della società.

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FATTORI INDICATIVI DELLA CONTINUITA’ AZIENDALE

Il Principio di Revisione n. 570 individua, per macroclassi, tre tipologie di

fattori comunemente riscontrati nelle crisi aziendali:

1. Indicatori economico-finanziari.

2. Indicatori gestionali.

3. Altri indicatori.

Entrando nel dettaglio di ogni singola macroclasse, come sopra indicate,

si ritiene opportuno segnalare solo le più ricorrenti.

1. INDICATORI ECONOMICO-FINANZIARI .

Per le società in genere:

• Situazione di deficit patrimoniale o di capitale circolante netto negativo.

• Incapacità di saldare i debiti.

• Incapacità nel rispettare le clausole contrattuali dei prestiti.

• Consistenti perdite operative o significative perdite di valore delle

attività che generano cash flow.

• Consistenti perdite operative generate dalla contrazione del valore della

produzione.

• Cambiamento in peius delle condizioni di pagamento concesse dai

fornitori.

• Incapacità di ottenere finanziamenti per lo sviluppo di nuovi prodotti

necessari alla ripresa del fatturato ovvero per altri investimenti necessari.

• La comunicazione degli istituti di credito di non voler rinnovare i fidi

deliberati in precedenza oppure, in caso di mantenimento degli stessi, il

mancato ampliamento, laddove richiesto.

• Il maggior ricorso a garanzie, fidejussioni, ecc.

Per le società quotate o che ricorrono al credito:

• Prestiti a scadenza fissa e prossimi alla scadenza senza che vi siano

prospettive verosimili di rinnovo o di rimborso.

Eccessiva dipendenza da prestiti a breve termine per finanziare attività

a lungo termine.

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• Indicazioni di cessazione del sostegno finanziario da parte dei

finanziatori e altri creditori.

Le due situazioni sopra indicate, soprattutto la seconda, hanno

rappresentato la genesi del dissesto economico-finanziario che ha

caratterizzato molti gruppi nazionali ed internazionali di rilevante

importanza.

2. INDICATORI GESTIONALI

Se gli indicatori economico – finanziari sono immediatamente rilevabili

dal professionista, anche in considerazione della loro naturale

quantificazione numerica, gli indicatori gestionali, al contrario, non sono

quantificabili in termini monetari.

Nella presente macroclasse possiamo ricomprendere:

• la perdita di amministratori o del management senza possibilità alcuna

di poterli sostituire;

• la perdita di fatturato in alcuni mercati fondamentali a causa della

concorrenza oppure in seguito all’intervenuta modifica di leggi;

• l’intervenuta rescissione di contratti di fornitura;

• la revoca della licenza commerciale;

• la contrazione della forza lavoro con particolare riferimento alla perdita

di personale altamente qualificato e di difficile sostituzione;

• repentino cambio delle condizioni di mercato.

Gli indicatori sopra esposti possono essere facilmente riscontrati sia dal

professionista incaricato alla tenuta delle scritture contabili/consulenza

sia dal Revisore durante le periodiche riunioni collegiali.

3. ALTRI INDICATORI

Quest’ultima categoria racchiude alcuni indicatori sicuramente non

monetari ma, spesso, di chiara derivazione gestionale.

E’ opportuno precisare che, seppur catalogate nella terza macroclasse, gli

elementi di crisi di seguito indicati rivestono la medesima importanza dei

precedenti e sono meritevoli di una costante attenzione da parte dei

soggetti interessati.

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Certo, l’accertamento di uno dei fattori di seguito illustrati non porta

automaticamente all’esistenza di problemi di continuità aziendale, ma

deve essere oggettivamente considerato ed illustrato nell’informativa di

bilancio.

Tra i tanti fattori potenzialmente classificabili nella esaminata

macroclasse evidenziamo, ad esempio:

il danno ambientale generato da una linea di produzione;

la morte di personale dipendente dell’azienda a causa di un incidente

sul lavoro.

• la nascita di un contenzioso legale e/o fiscale che, in caso in

soccombenza, potrebbe comportare obblighi di risarcimento o di

pagamento di imposte tali da non poter essere rispettate dall’impresa;

• la promulgazione di nuove disposizione normative sfavorevoli

all’impresa.

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CONCLUSIONI

L’art. 2423 bis del Codice Civile, lo IAS 1 “Presentazione del Bilancio”, il

Principio di Revisione n. 570, la Comunicazione della Consob del 6

febbraio 2009 n. DEM/9012559, il Documento congiunto tra Banca

d’Italia, Consob e Isvap n. 2 del 6 febbraio 2009, l’OIC n. 10

“Rendiconto finanziario” e l’art. 41 comma 5 del D.L.vo n. 159/2011

trattano l’argomento del principio della continuità.

Quanto esposto nel presente documento, indubbiamente non in maniera

esaustiva, vuole essere un mero strumento di riflessione su un argomento

prettamente di natura “civilistica” sul quale, a parere dello scrivente, non

ci si sofferma abbastanza.

Dobbiamo sempre più convincerci che in un periodo di grossa incertezza

finanziaria, come lo è quello che stiamo attualmente attraversando, la

rappresentazione veritiera e corretta degli accadimenti aziendali debba,

per forza di cose, costituire l’elemento principale nella redazione del

bilancio d’esercizio. D’altro canto, l’attività imprenditoriale posta in

essere dal nostro cliente non si ferma al solo esercizio in corso di

approvazione, ma è proiettata verso un futuro più o meno lungo che

dipende, certamente, dalle scelte che verranno poste in essere dal

management aziendale, ma che dovrà, per forza di cose, essere

supportata dalla competenza e dalla conoscenza che è racchiusa nella

nostra figura professionale.

Occorre rammentare che nel preciso momento in cui viene predisposto il

bilancio dell’esercizio appena concluso, l’azienda non è statica, ma

continua a proiettarsi verso il futuro affrontando un mercato alquanto

instabile ed incerto nel suo divenire. Diventa così necessario affrontare le

problematiche connesse ai rischi potenziali in cui il core business

aziendale potrebbe imbattersi, segnalando ed informando

opportunamente gli stakeholders attraverso la compilazione degli

appositi paragrafi previsti nei vari documenti che compongono il bilancio

d’esercizio.

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Ed ecco che proprio al principio della continuità deve essere rivolta

l'attenzione del professionista il quale, nella valutazione della sussistenza

dei necessari requisiti economico-finanziari per la prosecuzione

dell'attività, oltre agli strumenti normativi e di prassi testè esaminati, deve

fare riferimento alla propria tenacia, all'intuito professionale ed

all'adeguata formazione.

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Edito in Biella nel mese di aprile 2015

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