Il pianeta dei nani e degli spilungoni

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Il Pianeta dei Nani e degli Spilungoni GIOVANNA

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Breve fiaba irriverente.

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Il Pianeta dei Nani

e degli Spilungoni

GIOVANNA

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C’era una volta un nano che viveva nel mondo dei Colori. Passeggiava tranquillo rimuginando sui fatti suoi. Ora, dovete sapere, che il mondo dei Colori è un pianeta un po’ par-ticolare: si chiama così perché la sua atmosfera non è composta semplicemente dall’aria, bensì è coperto da strati di tutti colori dell’arcobaleno e anche più. Per il resto, il mondo dei Colori, è proprio uguale, uguale al nostro pianeta. Ma ora torniamo al nostro nano, altrimenti si stufa di rimu-ginare solo soletto. Un giorno avvenne che un foglio di carta, delicatamente, sce-se pian piano attraverso tutti gli strati di colore fino posarsi, ironia della sorte, proprio sul cappello del nostro piccolo amico. Questi, per partito preso, subito se la prese: infatti i nani sono abbastanza “allergici” a tutto ciò che proviene dagli strati su-periori di colore. Considerano una vera ingiustizia che tanti spilungoni si possano sbracciare tranquillamente in tutti gli strati colorati del pianeta, mentre loro, che sono nani, sono costretti ad accontentarsi dei soliti due o tre colori che la natura a messo alla loro altezza. A nulla servono le discussioni, le morali e gli insegnamenti... ci hanno provato in molti: professori, uomini di cultura, studiosi, a spiegare ai nani che esistono le scale e che, è vero che costano un po’ di fatica, ma permetterebbero pure a loro di godere della bellezza di tutti i colori. Ma i nani sono fatti così, un po’ caparbi: che ci volete fare? Quando il nostro amico, dopo essersi lamentato aspramente, si decise a prendere in mano quel foglio di carta, scoprì che

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sopra di esso vi erano vergate delle belle parole ma che, pur-troppo, non ci si capiva quasi niente. Lesse e rilesse il foglio, anche ad alta voce, mentre cammi-nava pensieroso per la strada. Mentre declamava quei versi a voce sempre più alta, in molti sentirono il nano, che contento di aver attirato l’attenzione, iniziò a ripetere quelle parole, riscuotendo anche un discreto successo. Anche gli spilungoni lo apprezzarono, forse di più degli stessi nani. Il nostro eroe era al settimo cielo e, quando la sera tornò a casa, cercò di documentarsi su quel misterioso foglio di carta e su ciò che recava scritto. Scoprì così che quelle parole, che sembravano messe a casaccio, formavano una Poesia e che lo spilungone che le aveva scritte si chiamava Salvatore Quasimodo. Erano solo poche parole ma quanti apprezzamenti, quanti applausi e che complimenti aveva ricevuto declamandole, il titolo era: Tu chiami una vita. Allora il nano ebbe una folgorazione: “Se mettendo insieme alcune parole si ottengono questi risultati sorprendenti allora... allora anch’io sarò poeta! Tanto va bene lo stesso anche se non si capisce niente di ciò che scrivo, l’importante è chiamarla: poesia! A niente servirono gli avvertimenti dei suoi cari e i consigli di qualche spilungone di sua conoscenza: il nano si ribattezzò poeta e iniziò a scrivere una serie di versi senza senso e senza metrica. La cosa più strana è che incontrò anche alcuni “ammiratori” tra i nani, che vedevano facile per tutti la via del successo.

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Molti nani divennero poeti da quel giorno e continuarono a vantarsi l’un l’altro della propria e dell’altrui poesia: di tutte, rigorosamente, nessuno capiva niente. E risultò del tutto inutile, ancora una volta, spiegare loro perché i versi scritti da un artista contengono tutti i colori senza nemmeno nominarli, mentre le loro corbellerie non contengono niente pur se adoperano tutti i pennelli del mondo.

FINE

©Giovanna, ottobre 2013