IL PERCORSO DIAGNOSTICO- TERAPEUTICO DEI PAZIENTI … · mentre per quanto riguarda la mortalità...

47
I I L L P P E E R R C C O O R R S S O O D D I I A A G G N N O O S S T T I I C C O O - - T T E E R R A A P P E E U U T T I I C C O O D D E E I I P P A A Z Z I I E E N N T T I I A A F F F F E E T T T T I I D D A A E E P P A A T T O O C C A A R R C C I I N N O O M M A A ( ( H H C C C C ) ) PROTOCOLLO INTERAZIENDALE Maggio 2009

Transcript of IL PERCORSO DIAGNOSTICO- TERAPEUTICO DEI PAZIENTI … · mentre per quanto riguarda la mortalità...

IILL PPEERRCCOORRSSOO DDIIAAGGNNOOSSTTIICCOO--TTEERRAAPPEEUUTTIICCOO DDEEII PPAAZZIIEENNTTII

AAFFFFEETTTTII DDAA EEPPAATTOOCCAARRCCIINNOOMMAA ((HHCCCC))

PROTOCOLLO INTERAZIENDALE

Maggio 2009

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 3 di 22

INDICE Componenti del gruppo di lavoro pag. 4 1. Introduzione pag. 5 2. Gestione integrata tra MMG e specialista epatologo dei pazienti con cirrosi epatica pag. 7 3. Sorveglianza dei pazienti a rischio per Epatocarcinoma (HCC) pag. 7 4. Diagnosi di HCC pag. 9 5. Stadiazione pag. 11 6. Trattamento delle lesioni focali pag. 12 7. Follow-up e monitoraggio post-trattamento pag. 16 8. Bibliografia pag. 20 Elenco Allegati: Allegato 1: Indicatori per il percorso diagnostico-terapeutico dei pazienti affetti da epatocarcinoma Allegato 2: Aspetti principali relativi a fattori di rischio, diagnosi e monitoraggio dei pazienti affetti da cirrosi epatica Allegato 3: Valutazione istopatologica e tecniche diagnostiche per l’HCC Allegato 4: Principali opzioni terapeutiche per l’HCC

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 4 di 22

COMPONENTI DEL GRUPPO MULTIDISCIPLINARE E MULTIPROFESSIONALE CHE HANNO CONTRIBUITO ALLA DEFINIZIONE DELLA LINEA GUIDA

Coordinatori: Dott. Giovanni Fornaciari (Direttore Medicina III – ASMN) Dott. Giacomo Magnani (Direttore Malattie Infettive – ASMN)

Ospedale Unità operativa Partecipante

Malattie Infettive Dott. Massari Marco Dott. Menozzi Guido Dott. Rossi Guglielmo

Medicina III Dott.ssa Castagnetti Elisabetta Dott.ssa Carla Bassi Dott. Bassi Fabio

Anatomia Patologica Dott. Gardini Giorgio Dott. Froio Elisabetta

Radiologia Dott. Nicoli Franco Dott. Reggiani Giancarlo Dott. Gemelli Giuseppe Dott. Giovanardi Franco Dott Rossi Francesco

Chirurgia Oncologica Dott. Pedrazzoli Claudio Dott. Manzini Lorenzo Dott. Ronzoni Roberto

Chirurgia Generale 2 Dott. Bonilauri Stefano Dott. Cartelli Concetto Dott. Barbieri Italo Dott.ssa Ponzano Cecilia

Oncologia Dott. Boni Corrado Dott.ssa Banzi Maria

Radioterapia Oncologica Dott.ssa Iotti Cinzia Endoscopia Digestiva Dott. Bedogni Giuliano

Dott. Sassatelli Romano Direzione Operativa Dott. Mazzi Giorgio

Dott. Vercilli Francesco

ASMN

Uff. Stat. Epidemiol. Cl. Dr.ssa Formisano Debora

Medicina Dott.ssa Mazzocchi Angela Radiologia Dott. Pattacini Pierpaolo

Guastalla

Direzione Sanitaria Dott. Gigliobianco Andrea Montecchio Medicina Dott. Montanari Paolo

Dott.ssa Giberti Daniela

Medicina Dott. Chesi Giuseppe Dott. Catania Alberto

Scandiano

Endoscopia Digestiva Dott. Fabbian Fabio Castelnovo Monti Medicina Dott. Maccari Sergio

Dott. Vignoli Roberto Dott. Giuri Pasquale

Programma Cure Primarie

Dott. Pinotti Mirco Dott. Filetti Giuseppe Dott. Camminati Graziano

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 5 di 22

1. INTRODUZIONE Le raccomandazioni di seguito riportate sono un supporto per la diagnosi, la stadiazione ed il trattamento dei pazienti diagnosticati con epatocarcinoma (HCC). 1.1 EPIDEMIOLOGIA del tumore del fegato(tratto dall’ultimo rapporto AIRT 2006) Nel periodo 1998-2002 l’HCC è risultato all’8° posto fra le neoplasie più frequentemente diagnosticate negli uomini rappresentando il 3,4% del totale dei tumori, e al 16° nelle donne rappresentando il 2,0% del totale. L’HCC rappresenta fra gli uomini la sesta causa di mortalità neoplastica (6,4% di tutti i decessi tumorali), mentre tra le donne la settima causa con il 4,5%. Nell’area AIRT (gruppo comprendente tutti i Registri Tumori in Italia) sono stati diagnosticati in media ogni anno 26,8 casi di HCC ogni 100.000 uomini e 12,1 ogni 100.000 donne. Le stime per l’Italia indicano un totale di 8.267 nuovi casi diagnosticati fra i maschi e 3.699 fra le femmine, mentre per quanto riguarda la mortalità nel 2002 si sono verificati 6.629 decessi per tumore del fegato fra i maschi e 3.584 fra le femmine. Il rischio di avere una diagnosi di HCC nel corso della vita (fra 0 e 74 anni) è di 17,0‰ fra i maschi (1 caso ogni 59 uomini) e di circa 5,0‰ fra le femmine (1 caso ogni 199 donne), mentre il rischio di morire è di 12,7‰ fra i maschi e 3,9‰ fra le femmine. Esiste una notevole variabilità geografica nell’incidenza del HCC nel nostro paese con un rapporto fra le aree con i tassi più alti (Napoli e Parma) e quelle con i tassi più bassi di circa 3-4. E’ possibile che vi sia, in base ai criteri di classificazione adottati e soprattutto fra le cause di morte, una quota di misclassificazione con tumori metastatici che può contribuire a spiegare le differenze osservate fra aree. Per quanto riguarda gli andamenti nel tempo, l’incidenza sembra mostrare un lieve aumento nelle donne mentre la mortalità è in riduzione. Nella provincia di Reggio Emilia, gli ultimi dati forniti dal rapporto 2004-2005 del Registro Tumori Reggiano, sono in linea con la situazione italiana: l’HCC è al 7° posto per incidenza nella popolazione reggiana (17,3 per 100.000 abitanti) e mortalità (13 per 100.000 abitanti). Pur non essendo tra i tumori più frequenti, presenta un elevato rapporto mortalità/incidenza, cioè il 75% muore a 5 anni dalla diagnosi. La sopravvivenza a 5 anni è così distribuita: 15,4% per i maschi e il 9,1% per le femmine.

Tabella 1: Incidenza e Mortalità nella provincia di Reggio Emilia, periodo 2004-2005

Tumore del Fegato ICD10: C22

INCIDENZA MORTALITA’

2004 2005 2004-2005

2004 2005 2004-2005

TS * maschi (pop.Italia 2001) x 100.000 ab.

20,2 20,1 20,1 16,1 15,3 15,7

TS * femmine (pop.Italia 2001) x 100.000 ab.

11,8 6,9 9,3 12 8,7 10,3

* TS = Tassi standardizzati 1.2 OBIETTIVI E DESTINATARI DELLA LINEA GUIDA L’obiettivo principale è quello di strutturare un percorso interaziendale per la diagnosi, il trattamento e il follow-up delle lesioni focali epatiche primitive in pazienti con cirrosi epatica o epatopatie croniche al fine di standardizzare i comportamenti e gli approcci terapeutici secondo le migliori evidenze scientifiche. L’applicazione del percorso si deve basare sulla integrazione multidisciplinare mediante una discussione sistematica dei casi e sulla qualità delle prestazioni erogate nei diversi contesti.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 6 di 22

1.3 METODOLOGIA DI LAVORO La metodologia seguita è stata la seguente:

• Costituzione del gruppo multidisciplinare interaziendale • Analisi e condivisione delle criticità • Ricerca delle evidenze • Analisi del processo • Disegno del modello di percorso interaziendale e adattamento locale • Identificazione di un set di indicatori e di standard • Auditing

1.4 RICERCA DELLA LETTERATURA E LIVELLI DI EVIDENZA E GRADO DELLE RACCOMANDAZIONI Una attenta revisione della letteratura è stata fatta su PUBMED e sulle principali banche dati di Linee Guida e Società Scientifiche. Per la stesura di questo lavoro si è giunti alla conclusione di prendere come riferimenti principali: 1) Jordi Bruix, Morris Sherman. AASLD (American Association for the Study of Liver Diseases) PRACTICE GUIDELINE - Management of Hepatocellular Carcinoma - HEPATOLOGY 2005 2) Llovet JM and Bruix J. Novel advancements in the management of hepatocellular in 2008. J Hepatol 2008 3) Llovet JM et al. Design and endpoints of clinical trials in hepatocellular carcinoma. J Natl Cancer Inst 2008

Tabella 2: Livelli di Evidenza secondo il disegno dello studio

Grado Definizione I Trial randomizzato e controllato II-1 Trial controllato senza randomizzazione II-2 Studio di coorte o caso-controllo II-3 Più serie temporali, esperimento non controllato III Opinioni di esperti, studi di epidemiologia

descrittiva 1.5 MONITORAGGIO DELL’APPLICAZIONE DELLA LINEA GUIDA (AUDIT CLINICO) La valutazione dell’applicazione e dell’efficacia del presente percorso prevede la costruzione di uno strumento informatico ad hoc per la gestione dei dati dell’iter diagnostico-terapeutico e la pianificazione di un’attività di audit strutturato. L’audit clinico si svolgerà in più fasi prospettiche, dopo l’implementazione del presente Protocollo, per valutare i comportamenti clinico/assistenziali individuando i miglioramenti e/o le criticità. A tale scopo il gruppo multidisciplinare ha definito un set di indicatori di processo e di esito che si allega (allegato 1).

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 7 di 22

2. GESTIONE INTEGRATA TRA MEDICO DI MEDICINA GENERALE (MMG) E SPECIALISTA EPATOLOGO DEI PAZIENTI CON CIRROSI EPATICA Il principale obiettivo del percorso interaziendale è aumentare il numero delle diagnosi precoci di HCC così da incrementare le possibilità di applicazione di trattamenti radicali. E’ infatti dimostrato che l’aumento di sopravvivenza dei pazienti con HCC dipende essenzialmente dalla precocità della diagnosi più che dalla offerta terapeutica (J.M. Llovet, J. Bruix / Journal of Hepatology 48 (2008) S20–S37). La diagnosi precoce di HCC si basa sulla sorveglianza, mediante esecuzione periodica di ecografia epatica e dosaggio dell’alfafetoproteina dei soggetti affetti da cirrosi di qualsiasi natura oltre che dei pazienti non cirrotici ma con rischio elevato di sviluppare HCC. Nell’allegato 2 sono indicati i principali aspetti relativi a fattori di rischio, diagnosi e monitoraggio dei pazienti affetti da cirrosi epatica. 3. SORVEGLIANZA DEI PAZIENTI A RISCHIO PER HCC In generale un programma di sorveglianza viene ritenuto efficace quando è in grado di aumentare la sopravvivenza di almeno 3 mesi. Nel caso specifico dell’HCC la valutazione degli studi effettuati ha portato a ritenere che l’efficacia del programma di sorveglianza sia possibile nei gruppi di pazienti cirrotici con una incidenza annuale di epatocarcinoma intorno al 3 – 4% e per quanto concerne l’infezione da HBV anche in alcuni sottogruppi di popolazione pur in assenza di cirrosi. Pertanto i programmi di sorveglianza per l’HCC sono ormai entrati nella pratica clinica corrente, fortemente consigliati dalla American Association for Study of Liver Disease (AASLD) e dall’ European Association for Study of the Liver (EASL). Il vantaggio principale atteso è quello di arrivare ad una diagnosi precoce che permetterà il trattamento radicale di un maggior numero di pazienti con conseguente miglioramento della sopravvivenza dei pazienti. 3.1 GRUPPI PER I QUALI E’ INDICATA LA SORVEGLIANZA PER HCC

• Pazienti portatori cronici di HBV:

Pazienti con cirrosi

Pazienti senza cirrosi, ma con le seguenti condizioni:

- età > 40 anni con livelli di HBV-DNA > 2000 UI/ml e/o persistente o

intermittente alterazione ALT - maschi asiatici > 40 anni - femmine asiatiche > 50 anni - famigliarità per HCC (in tal caso lo screening deve iniziare prima dei 40 anni) - africani > 20 anni

Note: studi di popolazione condotti in pazienti asiatici ed africani hanno dimostrato che la presenza di livelli di HBVDNA ≥ 4-6 log costituisce un fattore di rischio elevato per HCC indipendentemente dalla presenza di cirrosi o di attività infiammatoria epatica. Tali evidenze non sono trasferibili nei pazienti di razza caucasica, per i quali mancano evidenze al riguardo.

• Pazienti con cirrosi epatica ad eziologia diversa da HBV:

HCV Alcool Emocromatosi genetica

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 8 di 22

Cirrosi biliare primitiva deficit alfa1antitripsina* steato-epatite non alcolica* epatite autoimmune*

* disponibili dati limitati sull’efficacia dei programmi di sorveglianza. Devono essere sottoposti a sorveglianza anche i pazienti inseriti in lista per il trapianto di fegato: il riscontro di noduli neoplastici di piccole dimensioni può permetterne il trattamento loco-regionale; inoltre i criteri di attribuzione del punteggio per la formazione della lista dipendono anche dalla presenza o meno di HCC . La sorveglianza va effettuata anche nei pazienti con fibrosi severa trattati con successo con terapia antivirale per HBV ed HCV. Il processo di carcinogenesi, attivato da episodi precedenti di necrosi e rigenerazione, non viene annullato dalla terapia. 3.2 TEST PER LA SORVEGLIANZA La sorveglianza per HCC nei pazienti a rischio va effettuata mediante ecografia (evidenza di livello II) associata eventualmente a dosaggio sierico di alfa-1-fetoproteina (AFP). Ecografia epatica E’ l’indagine con le migliori evidenze di efficacia (evidenza di livello II), raccomandata dalla AASLD, per la quale è riportata una sensibilità del 65-80% ed una specificità superiore al 90%. L’uso combinato con il dosaggio sierico di AFP ne aumenta la sensibilità diagnostica, ma determina anche un incremento dei falsi positivi (da 3-5% a 7,5%) . Alfa-1-fetoproteina I livelli sierici sono raramente elevati in presenza di lesioni < 2 cm, per cui il test ha un valore limitato nella sorveglianza dell’HCC e non deve mai essere utilizzato da solo per lo screening (evidenza di livello II). Il valore predittivo positivo (PPV) di AFP > 20 ng/mL è stimato del 84.6% se la prevalenza di HCC nella popolazione di cirrotici è del 50%, e del 41% se la prevalenza è del 5%; anche con valori di cut-off di 400 ng/mL il PPV non supera il 60%. In un cirrotico con rilievo ecografico di massa epatica, valori di AFP > 200 ng/mL sono, invece, altamente indicativi per la presenza di HCC. E’ quindi un test che non va mai utilizzato da solo per la scarsa capacità di identificare nuovi casi di HCC di piccole dimensioni. 3.3 INTERVALLO DI SORVEGLIANZA L’intervallo consigliato per l’effettuazione dell’ecografia e di AFP è di 6 mesi (evidenza di livello II), indipendentemente dal livello di rischio di insorgenza dell’HCC. Tale intervallo è calcolato sul tempo di raddoppio del volume del tumore. Un recente trial randomizzato che ha confrontato in 1200 cirrotici due intervalli di sorveglianza mediante ecografia (3 mesi vs 6 mesi) non ha evidenziato differenze nella diagnosi e nel trattamento di piccoli HCC.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 9 di 22

Tabella 3: Indicazioni generali per la sorveglianza del paziente con cirrosi epatica

3.4 PERCORSO IN CASO DI RISCONTRO DI LESIONE In caso di riscontro di lesione focale epatica sospetta per HCC il MMG invia il paziente a visita specialistica. Lo specialista (“case manager”) prende in carico il paziente per l’effettuazione delle indagini indicate per la diagnosi e la stadiazione dell’HCC. La visita è a prenotazione diretta presso il Centro Specialistico e il paziente verrà preso in gestione in regime di Day Service e DH presso i Centri Specialistici per accelerare i tempi. 4. DIAGNOSI DI HCC Vengono utilizzati test radiologici, anatomo-patologici e sierologici, a seconda del contesto. Le tecniche di imaging (come tomografia computerizzata -TC- e risonanza magnetica -RMN) sono sempre necessarie per la valutazione della estensione della malattia. In un paziente con epatite da HBV o cirrosi di altra natura il riscontro di un nodulo epatico alla sorveglianza ecografica pone il forte sospetto di HCC. La sequenza dei test da utilizzare per la diagnosi di HCC dipende dalle dimensioni del nodulo.

• Noduli inferiori a 1 cm: quando riscontrati all’ecografia di sorveglianza dovrebbero essere sottoposti a follow-up ecografico con intervalli di 3-6 mesi (livello III). Se non viene evidenziato incremento volumetrico nell’arco di 24 mesi è possibile ritornare al normale follow-up (livello III).

• Noduli compresi tra 1 e 2 cm: quando riscontrati all’ecografia di sorveglianza in fegato cirrotico dovrebbero essere studiati con 2 tecniche radiologiche con somministrazione di mezzo di contrasto (angioecografia perfusionale -CEUS, TC o RMN). L’aspetto risulta tipico per HCC quando sono rilevabili ipervascolarizzazione arteriosa e washout in fase portale-venosa ad entrambe le tecniche. Al contrario, quando il profilo vascolare non è coincidente occorre effettuare una biopsia (livello II).

• Noduli maggiori di 2 cm: la presenza degli aspetti vascolari tipici per HCC ad una singola metodica radiologica è diagnostica per HCC. La presenza di valori di AFP superiori a 200 ng/ml e l’aspetto radiologico suggestivo è diagnostica per HCC. Deve essere effettuata la biopsia se il profilo vascolare radiologico non è caratteristico o se il nodulo è identificato in fegato non cirrotico (livello II).

Alle tecniche radiologiche l’aspetto vascolare tipico si riferisce a noduli con ipervascolarizzazione arteriosa e washout in fase portale-venosa. Tutti gli altri aspetti sono considerati atipici. Le biopsie di lesioni piccole dovrebbero essere valutate da patologi esperti. Se la biopsia risulta negativa per HCC il paziente dovrebbe essere sottoposto a follow-up ecografico o TC/RMN ad intervalli di 3 – 6 mesi fino a quando il nodulo scompare, aumenta di volume, o mostra caratteri diagnostici tipici per HCC. Se la lesione aumenta di volume, ma continua a presentare aspetti atipici per HCC è raccomandata la ripetizione della biopsia (livello III).

Emocromo completo AST, ALT Bilirubina totale, GGT, fosfatasi alcalina Att protrombinica, albuminemia

almeno ogni 6 mesi Esami ematici

Alfa-feto proteina

Ogni 6 mesi

Ecografia addominale

Ogni 6 mesi Indagini strumentali

EGDS

Variabile (in genere a intervalli di 12-24 mesi)

Visita ambulatoriale

MMG o specialista epatologo

Almeno ogni 6 mesi

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 10 di 22

Questi criteri diagnostici sono stati validati da diversi studi che hanno mostrato una elevata accuratezza con specificità del 100% per lesioni tra 0.5 e 2 cm, ma la sensibilità è risultata modesta (intorno al 30%), per cui per noduli piccoli spesso è necessario ricorrere alla valutazione istologica.

Figura 1: Algoritmo per le strategie diagnostiche dopo l’individuazione di un nodulo durante lo screening

Screening con ultrasuoni

< 1 cm 1-2 cm > 2 cm

Ripetere US ogni 3-4 mesi

Stabile dopo i 18 mesi

Ingrandimento del nodulo

Ritorna per protocollo di screening

(6-12 mesi)

Procedere secondo la dimensione del nodulo

Due studi di imaging dinamico Uno studio di imaging dinamico

Pattern vascolare

tipico coincidenti in entrambi gli

studi

Pattern vascolare tipico

in uno studio

Pattern vascolare atipico in

entrambi gli studi

Pattern vascolare

atipico

Pattern vascolare tipico

o AFP >200 ng/mL

Biopsia

Diagnosi di HCC No Diagnosi Altra Diagnosi

Ripetere biopsia o Imaging di follow

up

Cambia la dimensione/profilo

Ripetere biopsia e/o Imaging

Positivo Negativo

Trattare come HCC

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 11 di 22

Nell’allegato 3 sono descritte le tecniche diagnostiche utilizzabili nella diagnosi di HCC. 5. STADIAZIONE Nell’HCC la predizione della prognosi è complessa poiché è determinata, oltre che dall’HCC stesso, anche dalla gravità della patologia epatica sottostante. Non c’è consenso internazionale circa l’uso di uno dei diversi sistemi di stadiazione tra quelli fino ad oggi proposti Per meglio stabilire la prognosi dei pazienti con HCC viene raccomandato l’utilizzo di un sistema che prenda in considerazione lo stadio del tumore, la funzionalità epatica e la performance generale del paziente. Quando viene stimata l’aspettativa di vita dovrebbe anche essere preso in considerazione l’impatto del trattamento. Il sistema Barcelona Clinic Liver Cancer (BCLC) è l’unico a prendere in considerazione i suddetti punti (tab. 4 e 5) (livello II-2) e pertanto verrà utilizzato in questo protocollo. Uno studio recente che ha confrontato sette sistemi di stadiazione in una coorte di pazienti americana ha evidenziato come il sistema BCLC fornisca la migliore stratificazione prognostica.

Tabella 4: Sistema di stadiazione BCLC per l’HCC

BCLC* sistema di stadiazione per HCC

Stadio Performance status Stadio del tumore Funzionalità epatica

Stadio A0: HCC molto precoce

0 Singolo < 2 cm

A1 0 Singolo, <5 cm Non ipertensione portale e bilirubina normale

A2 0 Singolo, <5 cm Ipertensione portale e bilirubina normale

A3 0 Singolo, <5 cm Ipertensione portale e bilirubina elevata

A4 0 3 tumori < 3 cm Child–Pugh classe A–B

Stadio B: HCC intermedio

0 Grande Multinodulare Child–Pugh classe A–B

Stadio C: HCC avanzato

1–2 Invasione vascolare o diffusione extraepatica

Child–Pugh classe A–B

Stadio D: HCC stadio finale

3–4 Qualunque Child C

Llovet JM et al. Semin Liver Dis 1999;3:329-338. Llovet JM et al. Semin Liver Dis 2005; 25: 181-200 * BCLC: Barcelona Clinic Liver Cancer Nota:

• Stadio A e B: tutti i criteri devono essere soddisfatti • Stadio C: almeno 1 criterio • Stadio D: almeno 1 criterio

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 12 di 22

Tabella 5: Scala di performance status WHO

Valore Descrizione 0 Attività normale 1 Presenza di sintomi minori, incapace di svolgere attività lavorativa, ma in grado di

svolgere attività leggere 2 Necessità di rimanere a letto meno del 50% del tempo della giornata 3 Necessità di rimanere a letto superiore al 50% del tempo della giornata 4 Allettato

Sono attualmente allo studio anche diversi sistemi per la classificazione molecolare dell’HCC, in genere basati su tecniche di microarray o di RT-PCR per lo studio del DNA genomico: queste potrebbero avere una rilevante importanza nella scelta delle opzioni terapeutiche potendo identificare sottogruppi di pazienti con differenti outcomes e risposte al trattamento, così come è stato possibile fare per il carcinoma della mammella e per il tumore polmonare non-small cell. 6. TRATTAMENTO DELLE LESIONI FOCALI 6.1 INTRODUZIONE L’HCC nella gran parte dei casi si sviluppa in pazienti affetti da cirrosi epatica, di diversa eziologia e severità, e ciò rappresenta la caratteristica peculiare di questo tumore. La scelta terapeutica deve quindi basarsi non solo su parametri prettamente oncologici ma deve tenere in considerazione la gravità della epatopatia sottostante: la valutazione di entrambi questi aspetti gioca in egual misura nella gestione del paziente con epatocarcinoma. Per il trattamento dell’HCC sono disponibili diverse modalità terapeutiche che, a seconda dello stadio della malattia, hanno obiettivi diversi:

- cura: trapianto, resezione, termoablazione (RFA) - controllo locale/ponte verso le terapie radicali: resezione, RFA, chemioembolizzazione (TACE) - controllo locale/palliazione: TACE, sorafenib, terapie sperimentali

In considerazione di questi elementi il trattamento dell’HCC richiede il coinvolgimento di vari specialisti (epatologi, oncologi, chirurghi, radiologi, etc) mediante un approccio multidisciplinare e se possibile collegiale di ogni singolo caso di epatocarcinoma. Tale approccio e’ in grado di garantire il migliore risultato dell’intervento terapeutico utilizzato, abbinando il tipo di cura piu’ appropriato per il singolo paziente, accuratamente selezionato. Lo studio accurato del paziente in fase di pretrattamento resta perciò la base per la scelta della opzione terapeutica che nel singolo caso possa dare il miglior risultato, conseguentemente l’approccio terapeutico sarà sempre più personalizzato. Riteniamo di utilizzare come strumento principale per l’individuazione delle opzioni terapeutiche per l’HCC l’algoritmo indicato dall’AASLD nel 2005, modificato in parte in considerazione degli studi pubblicati successivamente relativi alla efficacia della TACE e del sorafenib (v. fig. 2).

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 13 di 22

Figura 2: Algoritmo per le strategie di staging e di assegnazione trattamento

Nella tabella successiva sono indicati i gradi di evidenza dei diversi approcci terapeutici.

Tabella 6: Confronto tra i diversi approcci terapeutici

Trattamento Beneficio Livello di evidenza Stadio BCLC Trattamento chirurgico

Resezione Trapianto

Aumento sopravvivenza Aumento sopravvivenza

3IIA 3IIA

0 – A

A Trattamento locoregionale

RFA TACE

Migliore controllo locale Aumento sopravvivenza

1IID 1IIA

B

Trattamento sistemico Sorafenib

Aumento sopravvivenza

1IA

C*

* 80% di pazienti inclusi nel RCT avevano stadio C e il 20% stadio B Tratta e modificata da J.M. Llovet, J. Bruix / Journal of Hepatology 48 (2008) S20–S37

HCC

PST 0, Child-Pugh A PST 0-2, Child-Pugh A-B PST > 2, Child-Pugh

Stadio molti precoce

Stadio precoce HCC singolo o

massimo 3 noduli < 3

Stadio intermedio HCC multifocale, PS 0

Stadio avanzato Invasione portale, N1, M1, PS 1-2

Stadio terminale

Singolo 3 noduli < = 3 cm

Pressione portale / bilirubina

Normale

Aumentata Comorbidità

No

Invasione portale, N1, M1

No Sì

Resezione OLT PEI/RF Chemio - embolizzazione Nuovi farmaci Nuovi farmaci Sorafenib

Trattamenti curativi Studi randomizzati controllati Sintomatici

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 14 di 22

6.1.1 GRUPPO INTERAZIENDALE PER LA DISCUSSIONE DI CASI CLINICI (LIVER ONCOLOGY MEETING – ASMN) Nel giugno 2008 è stato costituito un gruppo interaziendale multidisciplinare HCC per la discussione dei casi clinici, a cui partecipano vari specialisti sia degli ospedali della provincia che dell’ASMN (è sempre presente il radiologo). E’ prevista una riunione mensile con presentazione dei casi da parte del “case manager”, la valutazione dell’imaging, la proposta di ulteriori accertamenti se ritenuti necessari e le possibili opzioni terapeutiche. Vengono inoltre rivalutati i pazienti che sono stati sottoposti a procedure terapeutiche. Le discussioni dei casi sono tutte verbalizzate ed opportunamente archiviate. 6.2 TERAPIE RADICALI Attualmente non più del 20-40% dei pazienti ha le caratteristiche idonee per essere sottoposto ad un trattamento radicale, con sopravvivenza a 5 anni intorno al 50-70%. Le tre principali opzioni terapeutiche radicali (resezione, trapianto, trattamenti locoregionali) sono tra loro in competizione come trattamento di prima linea del piccolo epatocarcinoma (2 cm) in pazienti con funzione epatica conservata. 6.2.1 TRAPIANTO DI FEGATO La sopravvivenza migliore è data dal trapianto di fegato (da cadavere o da donatore vivente) ma il problema fondamentale è la scarsità di organi disponibili. Nella regione Emilia Romagna esiste una unica lista per la allocazione degli organi ai due centri trapianto di fegato (Modena e Bologna) che prevede per la formazione delle liste di attesa l’utilizzo del MELD più un punteggio aggiuntivo in caso di presenza di HCC (circolare regionale n. 5 del 28/7/2008 “Adeguamento per l’anno 2008 della rete regionale trapianto di fegato alle Linee Guida organizzative nazionali per la gestione delle liste di attesa e l’assegnazione degli organi nel trapianto di fegato da donatore cadavere”). 6.2.2 APPROCCIO CHIRURGICO L’approccio chirurgico resta una valida opzione. Innanzitutto è la prima scelta nel caso di HCC in fegati non cirrotici, mentre nei pazienti con cirrosi occorre effettuare una attenta selezione dei pazienti. In centri qualificati la mortalità è inferiore al 2% e la sopravvivenza a 5 anni è del 40-70%. La resecabilità di un HCC dipende da diversi fattori tra cui distribuzione epatica del tumore, invasione vascolare, funzione epatica, volume del fegato residuo, esperienza della equipe chirurgica: sebbene non sono stati definiti criteri condivisi dalla maggior parte dei team, il nodulo singolo preferibilmente inferiore ai 5 cm, confinato ad un solo lobo, senza invasione vascolare e con funzione epatica preservata rappresenta la condizione migliore per l’approccio chirurgico. Secondo le linee-guida dell’AASLD possono essere sottoposti alla chirurgia pazienti con nodulo singolo di qualsiasi dimensione o fino a tre noduli purchè di dimensioni inferiori a 3 cm ed in assenza di ipertensione portale (assenza di varici esofagee o HPVG < 10 mm Hg) e con valori normali di bilirubinemia, in classe di CHILD A-B. Occorre comunque tenere in attenta considerazione altri dati indiretti di ipertensione portale quali la presenza di shunt portosistemici, ascite, piastrinopenia (< 100.000 mmc); inoltre in una serie riportata in letteratura è stato individuato come fattore di rischio di insufficienza epatica post-operatoria il valore delle transaminasi inteso come espressione della attività flogistica sottostante in paziente con epatopatia di origine virale. In termini di morbilità post-operatoria (ascite, ittero, insufficienza epatica, durata della degenza) e di sopravvivenza la funzione epatica residua è di fondamentale importanza: occorre quindi selezionare accuratamente il paziente e valutare la funzionalità epatica con criteri il più possibile precisi (MELD; test verde indocianina; volumetria epatica). 6.2.3 TERAPIE LOCOREGIONALI Le terapie locoregionali percutanee (alcolizzazione – PEI, e radiofrequenza – RFA) mostrano buoni risultati, non richiedono anestesia generale, presentano una bassa percentuale di complicanze ed inoltre, per quanto riguarda l’alcolizzazione può essere effettuata ambulatorialmente. Questi vantaggi hanno fatto sì che queste metodiche siano entrate nella pratica clinica nel trattamento del piccolo HCC (< 3 cm) prima che siano stati ottenuti dati sulla loro equivalenza o superiorità nei confronti della resezione chirurgica, inoltre la migliore efficacia di una o dell’altra metodica è ancora oggetto di ampia discussione in letteratura. Gli studi fino ad ora pubblicati sono infatti in gran parte retrospettivi o prospettici e mostrano generalmente una maggiore radicalità nella rimozione del tessuto neoplastico nei pazienti

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 15 di 22

sottoposti a resezione, con dati discordanti ma non particolarmente difformi sulla sopravvivenza. Al momento sono stati pubblicati solo due RCT di confronto: purtroppo i due studi hanno importanti limiti metodologici per cui sono di scarso aiuto (il primo ha analizzato un campione troppo piccolo e non definito secondo criteri di potenza statistica; nel secondo ben il 21% dei pazienti inizialmente randomizzati per la ablazione sono stati dirottati verso la resezione). Per quanto riguarda il confronto tra le diverse metodiche locoregionali vi è invece evidenza (tre RCT) di una superiorità della RFA verso la PEI in termini di eradicazione del tumore (H. Petrowsky, R.W. Busuttil / Journal of Hepatology 49 (2008) 502–504) 6.2.4 LE RECIDIVE DOPO RESEZIONE E TERAPIA LOCOREGIONALE Nei pazienti con cirrosi sottoposti a resezione è stata riscontrata una recidiva neoplastica a 1, 3 e 5 anni rispettivamente del 20%, 50% e 75% dei casi: fattori predittivi di recidiva sono le caratteristiche del tumore (grado di differenziazione, il volume e numero di noduli), la presenza di invasione micro e macrovascolare, i livelli di alfafetoproteina, la positività dei margini di resezione e il pattern genetico. In genere riguardano il fegato residuo e possono essere metastasi del nodulo rimosso (in genere si manifestano entro 2 anni e rappresentano la maggioranza delle recidive) o tumori de novo. Nel caso di metastasi risulta fondamentale l’accurato studio del paziente prima del trattamento; nel caso di noduli insorti de novo un ruolo importante nella prevenzione della loro insorgenza sembrano giocarlo le terapie della causa della cirrosi (eradicazione dell’HCV, blocco della replicazione dell’HBV). Un recente studio multicentrico di Livraghi e Coll. in cui oltre 200 pazienti con cirrosi e nodulo di HCC solitario ≤ 2 cm sono stati trattati con RFA, ha mostrato una eradicazione del tumore in oltre il 95% dei casi ma con recidiva a 5 anni di circa l’80%, in quanto anche tumori di meno di 2 cm hanno spesso già acquisito la capacità di disseminazione (solo una piccola parte sono very early HCC). Dati importanti per determinare il rischio di recidiva sono ricavabili dall’esame istologico del pezzo operatorio per quanto riguarda l’invasione microvascolare, mentre il pattern genetico può essere ottenuto mediante biopsie pretrattamento (quest’ultimo aspetto va considerato per ora all’interno di studi sperimentali). In caso di riscontro di invasione microvascolare alcuni gruppi raccomandano di procedere al trapianto; viceversa in pazienti candidabili sia al trapianto che alla resezione l’opzione chirurgica serve a valutare il rischio di recidiva, inviando poi al trapianto solo i pazienti ad alto rischio. Infine il problema delle recidive va tenuto ben presente quando si devono scegliere le opzioni terapeutiche in quanto una precedente resezione può rendere impraticabile un secondo intervento chirurgico se il fegato residuo è di volume piccolo, mentre viceversa un approccio più conservativo con tecniche di ablazione permette in un secondo tempo l’approccio chirurgico in caso di ricomparsa di noduli di HCC. Dal punto di vista sperimentale sono allo studio diversi protocolli di terapia di combinazione (RFA+TACE) e di chemioterapia neoadiuvante (sorafenib postRFA o postresezione). 6.3 TERAPIE PALLIATIVE 6.3.1 CHEMIOEMBOLIZZAZIONE La chemioembolizzazione (TACE) è in genere utilizzata nei casi in cui le terapie radicali non sono applicabili, ovvero pazienti con tumori in stadio intermedio o B secondo la BCLC (più di un nodulo con diametro massimo superiore a 5 cm senza invasione vascolare e disseminazione extraepatica ed in classe di CHILD A e B). Alcune recenti metaanalisi hanno dimostrato come la TACE aumenti la sopravvivenza di circa 4 mesi rispetto ai pazienti non trattati (da 16 a circa 20 mesi). Inoltre la metodica è utilizzata da alcuni centri trapianto, tra cui quelli della Regione Emilia-Romagna, per il down-staging di HCC che non rientrino nei criteri di Milano. Uno studio recente ha mostrato come la RFA preceduta da TACE abbia dato migliori risultati in termini di sopravvivenza che la TACE da sola o la RFA da sola per noduli > 3 cm (rispettivamente 37 mesi, 24 mesi e 22 mesi) Stanno emergendo sempre più dati a favore della maggiore efficacia e maggiore tollerabilità della TACE basata sull’utilizzo di microsfere a lento rilascio (DEB: drug eluting beads), che è la tecnica attualmente utilizzata presso l’ASMN, secondo un protocollo descritto nell’allegato 4. Sulla TACE comunque vi sono questioni ancora non risolte: ad esempio quale shedula di trattamento (sedute programmate o on demand)? Quale chemioterapico e quali dosi?

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 16 di 22

6.3.2 SORAFENIB E’ stato di recente pubblicato per esteso il lavoro relativo allo studio SHARP in cui il farmaco, un inibitore di più vie enzimatiche, ha mostrato un aumento di sopravvivenza di circa 3 mesi nei pazienti con HCC avanzato (stadio C della BCLC). Oltre che in questi pazienti le aspettative maggiori sono relative all’utilizzo del Sorafenib come terapia neoadiuvante postresezione o RFA, data l’elevata frequenza di recidive osservate. Nell’allegato 4 sono descritte in dettaglio le procedure terapeutiche per l’HCC.

7. FOLLOW UP E MONITORAGGIO POST-TRATTAMENTO Il follow-up post-terapeutico deve tenere conto di diversi fattori:

- la maggior parte delle recidive sono dovute a lesioni metastatiche intraepatiche ed in genere compaiono entro due anni dal trattamento; meno frequenti sono le neoplasie de novo;

- assenza di raccomandazioni della letteratura - disponibilità delle varie metodiche di imaging - mantenimento del programma di sorveglianza.

In letteratura viene riconosciuto che TC e RMN sono da considerare le tecniche standard per la valutazione dell’efficacia del trattamento; qualora vi siano controindicazioni al loro utilizzo o i risultati non siano diagnostici, può essere utilizzata la CEUS. Le tecniche contrastografiche di imaging dovranno verificare, per definire la completa ablazione della lesione di HCC, la scomparsa dell’enhancement contrastografico intralesionale evidenziato prima del trattamento; l’intero volume di ogni lesione ablata dovrà essere sottoposto a tale valutazione. E’ utile inoltre il confronto delle dimensioni della lesione avascolare rispetto alle dimensioni del nodulo prima del trattamento.

Le proposte di follow up sotto indicate sono state formulate tenendo in considerazione la disponibilità delle risorse locali oltre che l’accuratezza delle tecniche di imaging. Inoltre sono state formulate considerando le principali caratteristiche cliniche del paziente (il tipo di trattamento effettuato, lo stadio BCLC, l’inserimento o meno in lista trapianto). Tali proposte sono da intendersi come un suggerimento generico; infatti spesso le peculiari e complesse caratteristiche cliniche del singolo paziente possono richiedere una personalizzazione del follow up rispetto a quanto suggerito in questo percorso diagnostico. Si suggerisce inoltre che la periodica valutazione del valore di alfafetoproteina può essere utile nel follow up. Circa la valutazione immediata dopo trattamento loco-regionale si suggerisce che può risultare utile, per i pazienti sottoposti a RFA, l’utilizzo della CEUS per la valutazione dell’efficacia (da effettuare immediatamente al termine della procedura) e per l’eventuale immediato ritrattamento di aree non ablate. Per i pazienti sottoposti a PEI la effettuazione di CEUS prima di ciascuna sessione può risultare utile nella identificazione delle aree vitali residue intranodulari, al fine di permettere un corretto posizionamento della punta dell’ago. Il gruppo multidisciplinare, sentiti anche alcuni pareri di esperti sia nazionali che internazionali, propone i seguenti schemi di monitoraggio post-trattamento (per il follow up dei noduli trattati con terapie loco regionali sono stati identificati 3 diversi percorsi: 1a, 1b e 1c; per il follow up dell’HCC trattato con terapie loco-regionali, ma con stadio avanzato è stato identificato il percorso 2; per il follow up del paziente sottoposto a resezione chirurgica è stato elaborato il percorso 3; per i pazienti in trattamento con Sorafenib è stato suggerito il percorso 4.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 17 di 22

Figura 3: Algoritmo di Follow-up per pazienti sottoposti a trattamenti loco-regionali

Di seguito sono descritti in dettaglio i 4 schemi di follow-up.

Tipo di follow up: 1a Criteri per la selezione dei pazienti: Criteri di esclusione: fegato non esplorabile in maniera ottimale con l’ecografia. Criteri di inclusione (tutti i seguenti):

Sottoposti a PEI, RFA, TACE Stadio BCLC prima del trattamento: Very early; BCLC A1, A2, A3 (Diametro < 30 mm); BCLC A4 In lista o candidabili a trapianto epatico

SCHEDULA CONSIGLIATA:

TAC/RMN a 1 mese dal trattamento (dopo 40 giorni, in caso di TACE). CEUS ogni 4 mesi. RMN: ogni 12 mesi. Stop del follow up: dopo OLT o variazione dello stadio.

Commento: poiché il diametro massimo del/i nodulo/i non supera i 3 cm, si può presumere che siano elevate le possibilità di avere somministrato un trattamento “curativo” se la valutazione radiologica dopo 1 mese risulta favorevole. Si suggerisce la periodica ripetizione di CEUS per la valutazione contrastografica trattamento, da associare a ecografia B-mode per l’esplorazione di tutto il parenchima epatico. Si raccomanda la valutazione con una tecnica panoramica (preferibilmente RMN per la assenza di radiazioni ionizzanti) ogni 12 mesi per evitare la sottostadiazione di questi pazienti, che sono candidabili al trapianto.

BCLC

Very early A1, A2, A3 A4 B: intermediate

< 3 cm > 3 cm

In lista trapianto Non candidabili a trapianto

Follow up 1a Follow up 1b Follow up 1c Follow up 2

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 18 di 22

Tipo di follow up: 1b Criteri per la selezione dei pazienti: Criteri di esclusione: fegato non esplorabile in maniera ottimale con l’ecografia. Criteri di inclusione:

Sottoposti a PEI, RFA, TACE Stadio BCLC prima del trattamento: BCLC A1, A2, A3 (Diametro > 30 mm)

SCHEDULA CONSIGLIATA:

TAC/RMN a 1 mese (dopo 40 giorni, sin caso di TACE). CEUS intervallata/associata a RMN ogni 3/4 mesi. Stop del follow up: dopo OLT (per i pazienti in lista) oppure dopo 24 mesi se RMN e CEUS risultano

coincidenti e negative; quindi ripresa della sorveglianza semestrale B-mode. Commento: le cospicue dimensioni del nodulo (diametro superiore ai 3 cm) implicano un considerevole rischio di concomitante metastatizzazione intraepatica e/o di invasione vascolare alla diagnosi oltre che di recidiva locale dopo trattamento. Per questi pazienti si suggerisce pertanto una frequente ripetizione delle tecniche panoramiche (RMN/TAC) oltre alla valuatazione con CEUS del nodulo trattato.

Tipo di follow up: 1c Selezione dei pazienti: Criteri di esclusione: fegato non esplorabile in maniera ottimale con l’ecografia. Criteri di inclusione:

Sottoposti a PEI, RFA, TACE Stadio BCLC prima del trattamento: Very early; BCLC A1, A2, A3 (Diametro < 30 mm); BCLC A4 Non candidabili a trapianto epatico

SCHEDULA:

TAC/RMN a 1 mese (dopo 40 giorni, in caso di TACE). CEUS ogni 4 mesi Stop follow up con mdc dopo 24 mesi se TAC/RMN e CEUS risultano coincidenti e negative; quindi

ripresa della sorveglianza semestrale B-mode. Commento: poiché il diametro massimo del/i nodulo/i non supera i 3 cm, si può presumere che siano elevate le possibilità di avere somministrato un trattamento “curativo” se la valutazione radiologica dopo 1 mese risulta favorevole. Si suggerisce la periodica ripetizione di CEUS per la valutazione contrastografica del nodulo/i trattato/i, da associare a valutazione B-mode per l’esplorazione di tutto il parenchima epatico. Si suggerisce la esecuzione di una tecnica panoramica (preferibilmente RMN per la assenza di radiazioni ionizzanti) al 24° mese da associare alla CEUS e se coincidenti e negative si suggerisce di interrompere il follow up contrastografico e di riprendere la sorveglianza ecografica semestrale.

Tipo di follow up: 2 Selezione dei pazienti: Criteri di esclusione: nessuno. Criteri di inclusione:

Sottoposti a RFA/TACE Stadio BCLC prima del trattamento: B (intermediate)

SCHEDULA:

TAC/RMN a 1 mese. TAC/RMN ogni 4 mesi

Stop follow up: fino a variazione dello stadio

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 19 di 22

Commento: lo stadio avanzato determina una elevata probabilità di recidiva locale ed è considerevole la probabilità di metastatizzazione intraepatica e/o di invasione macro-vascolare, quindi si suggerisce una frequente valutazione con tecniche panoramiche (RMN/TAC).

Tipo di follow up: 3 Selezione dei pazienti: Criteri di esclusione: fegato non esplorabile in maniera ottimale con l’ecografia. Criteri di inclusione: pazienti sottoposti a trattamento resettivo chirurgico. SCHEDULA CONSIGLIATA:

Ecografia B-mode ogni 4/6 mesi per 24 mesi. Ritorno alla sorveglianza con ecografia B-mode semestrale se permane l’assenza di recidive dopo 24 mesi.

TAC/RMN dopo 12 mesi dalla resezione. Tipo di follow up: 4 Criteri di inclusione: pazienti in trattamento con Sorafenib. SCHEDULA CONSIGLIATA: Il Sorafenib va proseguito fino a progressione o a tossicità insopportabile, pertanto il follow up è sopratutto relativo alla valutazione della risposta, che può essere fatta con TAC, RMN e CEUS ogni 3 mesi. I criteri di valutazione della risposta sono quelli RECIST, che tuttavia non sono ottimali.

SOSPETTO DI RIPRESA DELLA ATTIVITÀ DI MALATTIA (PERSISTENZA O RECIDIVA LOCALE) AL FOLLOW UP E’ consigliabile ottenere la conferma con una seconda tecnica di imaging contrastografica (da scegliere tra CEUS, TAC e RMN) diversa dalla prima.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 20 di 22

8. BIBLIOGRAFIA RASSEGNE – LINEE GUIDA

1. Jordi Bruix, Morris Sherman. AASLD (American Association for the Study of Liver Diseases) PRACTICE GUIDELINE - Management of Hepatocellular Carcinoma - HEPATOLOGY 2005;

2. Josep Llovet, Jordi Bruix. Novel advancements in the management of hepatocellular carcinoma in 2008 (Review). Journal of Hepatology 2008

3. Llovet JM. Treatment of hepatocellular carcinoma. Curr Treat Options Gastroenterol 2004; 7:431-41

STADIAZIONE 1. Llovet JM, Fuster J, Bruix J. The Barcelona approach: diagnosis, staging and treatment of

hepatocellular carcinoma. Liver transplant 2004; 10 (2, suppl 1): S115-S120 2. Marrero JA, Prognosis of hepatocellular carcinoma: comparison of 7 staging systems in an american

court. Hepatology 2005; 41: 707-716)

SORVEGLIANZA

1. RT Stravitz, Surveillance for hepatocellular carcinoma in patients with cirrhosis imrpves outcome.

Am J Med 2008; 121: 119-126 2. M Sherman. Surveillance of hepatocellular carcinoma: we must do better (Commentary). Am J Med

2008; 121: 89-90 3. J Thompson, Surveillance of cirrhosis for hepatocellular carcinoma: systematic review and economic

analysys. Health Technology Assesment 2007, vol 11 (34) 4. Trinchet J, Beaugrand from GRETCH. A randomized trial comparing 3-month vs 6-month screening

for HCC by ultrasound in cirrhosis. Book of abstract-International Liver Cancer Association (ILCA), 2007

ANATOMIA PATOLOGICA

1. Sobin LH, Wittekind C “UICC TNM Classification of malignant tumours.” 6° ed. New York: Wiley-

Liss;2002 2. Borzio M, Fargion S, Borzio F, Francazani AL, Croce AM, Stroffolini T, Oldani S, Cotichimi R, Roncalli

M “Impact of large regenerative, low grade and high grade dysplastic nodules in hepatocellular carcinoma development.” J. Hepatol. 2003;39 (2): 208-14

3. Roncalli M “Hepatocellular nodules in cirrhosis: focus on diagnostic criteria on liver biopsy. A western experience.” Liver Transpl. 2004; 10 (2 suppl 1):S9-15.

4. Nam SW, Park JY, Ramasamay A, Shevade S, Islam A, Long PM, Park CK, Park SE, Kim SY, Lee SH, Park WS, Yoo NJ, Liu ET, Miller LD, Lee JY “Molecular changes from dysplastic nodule to hepatocellular carcinoma trough gene expression profiling.” Hepatology. 2005;42 (4):809-18.

5. Kojiro M, Roskams T “Early hepatocellular carcinoma and dysplastic nodules.” Semin. Liver Dis. 2005;25 (2):133-42.

6. Villanueva A, Newell P, Chiang DY, Friedman SL, Llovet JM “Genomics and signaling pathways in hepatocellular carcinoma.” Semin. Liver Dis. 2007; 27 (1):55-76.

7. Burt, Portmann, Ferrel “ Mac Sween’s Pathology of the liver” V° Ed. Churchill Livingstone 2007. 8. Young Nyun Park, Masamichi Kojiro,Luca Di Tommaso, MD, Amar P. Dhillon, Fukuo Kondo,Masayuki

Nakano, Michiie Sakamoto, Neil D. Theise,Massimo Roncalli “Ductular reaction is helpful in defining early stromal invasion, small hepatocellular carcinomas, and dysplastic nodules.” Cancer 2007;(5) 109: 912-923

DIAGNOSTICA PER IMMAGINI

1. Documento SIUMB per le linee guida in ecografia. Giornale Italiano di Ecografia; vol. 8, N. 4. 2005. 2. Linee guida per il corretto uso dell’ecografia addominale in gastroenterologia ed epatologia.

Commissione Linee Guida della Federazione delle Malattie Digestive. 2000.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 21 di 22

3. AIUM practice guideline for the performance of an ultrasound examination of the abdomen and/or retroperitoneum. J Ultrasound Med. 2008; 27(2):319-26.

4. AIUM standard for documentation of an ultrasound exmination. J. Ultrasound Med. 2002; 21: 1188-1189

5. Guidelines and good clinical practice recommendations for contrast enhanced ultrasound (CEUS) – Update 2008. Ultraschall in der Medizin European Journal of Ultrasound. 2008; 1: 28-44

6. Shahid M. Hussain, Pieter E. Zondervan, Jan N. M. IJzermans, Solko W. Schalm, Rob A. de Man, and Gabriel P. Krestin. Benign versus Malignant Hepatic Nodules: MR Imaging Findings with Pathologic Correlation. RadioGraphics 2002; 22: 1023-1036.

7. Hussain SM, Semelka RC, Mitchell DG. MR imaging of hepatocellular carcinoma. Magn Reson Imaging Clin N Am 2002; 10:31-52

8. C. Silva, J. M. Evans, A. E. McCullough, M. A. Jatoi, H. E. Vargas, and A. K. Hara. MR Imaging of Hypervascular Liver Masses: A Review of Current Techniques RadioGraphics, March 1, 2009; 29(2): 385 - 402.

9. Mi-hyun Park, Hyunchul Rhim, Young-sun Kim, Dongil Choi, Hyo K. Lim, and Won Jae Lee. Spectrum of CT Findings after Radiofrequency Ablation of Hepatic Tumors RadioGraphics 2008; 28: 379-390.

10. Jonathon M. Willatt, Hero K. Hussain, Saroja Adusumilli, and Jorge A. Marrero. MR Imaging of Hepatocellular Carcinoma in the Cirrhotic Liver: Challenges and Controversies Radiology 2008; 247: 311-330.

11. Dromain C, de Baere T, Elias D, et al. Hepatic tumors treated with percutaneous radio-frequency ablation: CT and MR imaging follow-up. Radiology 2002;223(1):255–262.

12. Janice Ward, James A. Guthrie, David J. Scott, Julian Atchley, Daniel Wilson, Mervyn H. Davies, Judith I. Wyatt, and Philip J. Robinson. Hepatocellular Carcinoma in the Cirrhotic Liver: Double-Contrast MR Imaging for Diagnosis. Radiology 2000; 216: 154.

13. Riccardo Iannaccone, Andrea Laghi, Carlo Catalano, Plinio Rossi, Filippo Mangiapane, Takamichi Murakami, Masatoshi Hori, Francesca Piacentini, Italo Nofroni, and Roberto Passariello. Hepatocellular Carcinoma: Role of Unenhanced and Delayed Phase Multi–Detector Row Helical CT in Patients with Cirrhosis. Radiology 2005; 234: 460-467

14. Robert F. Hanna, Norbert Kased, Sharon W. Kwan, Anthony C. Gamst, Agnes C. Santosa, Tarek Hassanein, and Claude B. Sirlin. Double-Contrast MRI for Accurate Staging of Hepatocellular Carcinoma in Patients with Cirrhosis. Am. J. Roentgenol. Jan 2008; 190: 47 - 57.

15. Yong Yeon Jeong, Nam Yeol Yim, and Heoung Keun Kang. Hepatocellular Carcinoma in the Cirrhotic Liver with Helical CT and MRI: Imaging Spectrum and Pitfalls of Cirrhosis-Related Nodules. Am. J. Roentgenol., Oct 2005; 185: 1024 - 1032.

16. Yu JS, Kim MJ: Hepatocellular carcinoma: contrast enhancement MRI. Abdom Imag 2002; 27: 157-167.

17. Brancatelli G, Federle M, Grazioli L, Carr B: Hepatocellular carcinoma in noncirrotic liver: CT, clinical, and pathologic findings in 39 US residents. Radiology 2002; 222: 89-94.

18. Kamel I, Liapi E, Fishman E: Multidetector CT of hepatocellular carcinoma. Best pratice & Research Clinical Gastroenterology 2005; vol. 19.

19. Shashi BP, Manpreet SG: Spectrum of hepatocellular carcinoma on triple phase helical CT. A pictorial essay. Jour of clin Imag 2002; 26: 270-279.

20. Shinmura R, Matsui O, Kadoya M et al: Detection of hypervascular malignant foci in borderline lesions of hepatocellular carcinoma: comparison of dynamic multidetector row CT, dynamic MR imaging and superparamagnetic iron oxide-enhanced MR imaging. Eur Rad 2008; 18: 1918-1924.

TERAPIA

1. Chie, WC. Prognostic prediction and treatment strategies in HCC. J Evaluat Clin 2007; 13: 79-85. 2. Schwartz M, Roayaie S and Konstadoulakis M. Strategies for the management of hepatocellular

carcinoma. Nat Clin Pract Oncol 2007; 4: 424-432 3. PM Lopez, A Villanueva, JM Llovet. Systematic review: evidence-based management of

hepatocellular carcinoma – un updated anlysys of randomized controlled trials. Alim Pharmacol Ther 2006; 23: 1535-1547

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 22 di 22

4. Marelli L, Stigliano R, Triantos C, et al. Transarterial therapy for hepatocellular carcinoma: which technique is more effective? A systematic review of cohort and randomized studies. Cardiovasc Intervent Radiol 2007; 30: 6-25

5. Brown DB, Cardella JF, Sacks, D, et al. Quality improvement guidelines for transhepatic arterial chemoembolization, embolization, and chemotherapeutic infusion for hepatic malignancy. J Vasc Interv Radiol 2006; 17: 225-232

6. Cheng B-Q, et al Chemoembolization combined with radiofrequency ablation for patients with HCC larger than 3 cm. JAMA 2008; 299 (14): 1669-1677

7. Shiina S, Tagawa K, Niwa Y, Unuma T, Komatsu Y, Yoshiura K, et al. Percutaneous ethanol injection therapy for hepatocellular carcinoma: results in 146 patients. Am J Roentgenol 1993;160:1023-1028.

8. Sala M, Llovet JM, Vilana R, Bianchi L, Sole M, Ayuso C, et al. Initial response to percutaneous ablation predicts survival in patients with hepatocellular carcinoma. Hepatology 2004;40:1352-1360.

9. McGahan JP; Brock JM; Tesluk H; Gu WZ; Schneider P; Browning PD. Hepatic ablation with use of radio-frequency electrocautery in the animal model. J Vasc Interv Radiol 1992 May;3(2):291-7

10. Tanabe KK; Curley SA; Dodd GD; Siperstein AE; Goldberg SN. Radiofrequency ablation: the experts weigh in. Cancer 2004 Feb 1;100(3):641-50.

11. Llovet JM; Vilana R; Bru C; Bianchi L; Salmeron JM; Boix L; Ganau S; Sala M; Pages M; Ayuso C; Sole M; Rodes J; Bruix J. Increased risk of tumor seeding after percutaneous radiofrequency ablation for single hepatocellular carcinoma. Hepatology 2001 May;33(5):1124-9.

12. Curley SA; Izzo F; Ellis LM; Nicolas Vauthey J; Vallone P. Radiofrequency ablation of hepatocellular cancer in 110 patients with cirrhosis. Ann Surg 2000 Sep;232(3):381-91.

13. Livraghi T, Giorgio A, Marin G, Salmi A, de Sio I, Bolondi L, et al. Hepatocellular carcinoma and cirrhosis in 746 patients: long-term results of percutaneous ethanol injection. Radiology 1995;197:101-108.

14. Ebara M, Okabe S, Kita K, Sugiura N, Fukuda H, Yoshikawa M, et al. Percutaneous ethanol injection for small hepatocellular carcinoma: therapeutic efficacy based on 20-year observation. J Hepatol 2005;43:458-464.

15. Livraghi T, Meloni F, Di Stasi M, Rolle E, et al. Sustained complete response and complications rates after radiofrequency ablation of very early hepatocellular carcinoma in cirrhosis: is resection still the treatment of choice? Hepatol 2008; 47: 82-89

16. Sutherland LM, Williams JAR, Padbury RTA, et al. Radiofrequency ablation of liver tumors. A systematic review. Arch Surg 2006; 141: 181-0

17. Llovet JM, et al. Sorafenib in advanced hepatocellular carcinoma. NEJM 2008; 359:378-390 FOLLOW-UP

1. Guidelines and Good Clinical Practice Recommendations for Contrast Enhanced Ultrasound (CEUS) - Update 2008 COMPLETARE CITAZIONE

2. Impiego della diagnostica per immagini delle lesioni focali epatiche. DOCUMENTO 18 settembre 2008. Sistema nazionale per le linee guida

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 1 di 4

ALLEGATO 1: INDICATORI PER IL PERCORSO DIAGNOSTICO-TERAPEUTICO DEI PAZIENTI AFFETTI DA EPATOCARCINOMA

Alcuni degli indicatori sotto riportati sono tratti dalla letteratura, altri sono stati pensati sulla base dell’appropriatezza clinica ed organizzativa del percorso. Validato

tramite consenso di tutti i professionisti del gruppo aziendale multidisciplinare e multiprofessionale.

IDENTIFICAZIONE, SORVEGLIANZA E STRATEGIE DI RICHIAMO Indicatore Numeratore Denominatore Standard Fonte dati e fattibilità

Indicatore2a: valuta se la sorveglianza per HCC è stata effettuata ad intervalli corretti (tempi corretti rispetto a quanto stabilito nel documento provinciale)

N. pazienti con HCC (in percorso) che effettuano sorveglianza ad intervalli corretti

Totale dei pazienti con HCC (in percorso)

* Voce (SI/NO/ND) che sarà presente nel programma informatico

Indicatore2b: valuta se gli strumenti utilizzati per la sorveglianza per HCC sono adeguati

N. pazienti con HCC (in percorso) che effettuano sorveglianza con esami appropriati

Totale dei pazienti con HCC (in percorso)

* Voce (SI/NO/ND) che sarà presente nel programma informatico

Indicatore3: valuta il tempo che intercorre tra l’identificazione del nodulo epatico sospetto e l’accesso alla valutazione specialistica

Tempo intercorso tra l’identificazione nodulo con l’ecografia e la visita specialistica

* Data identificazione nodulo e data primo accesso al centro specialistico

Indicatore4: valuta la qualità della sorveglianza ecografica

Numero di noduli con diametro massimo < 2 cm

Numero totale di noduli identificati

* Dalla dimensione del nodulo, vedere quelli con diametro massimo > 2 cm

* Lo standard sarà fissato sulla base del monitoraggio prospettico, non essendoci dati in letteratura

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 2 di 4

DIAGNOSI Indicatore Numeratore Denominatore Standard Fonte dati e fattibilità

Indicatore5:valuta la necessità di metodiche invasive (quindi gravate di morbidità) per giungere alla diagnosi

Numero di pazienti con HCC ai quali è stata effettuata la biopsia del nodulo

Totale dei pazienti con HCC * (auspicabile il 0%)

Voce (SI/NO) che sarà presente nel programma informatico

Indicatore6: valuta i tempi necessari per il completamento del percorso diagnostico radiologico

Tempo intercorso tra data di identificazione del nodulo e la diagnosi di HCC

TERAPIA E FOLLOW-UP Indicatore Numeratore Denominatore Standard Fonte dati e fattibilità

Indicatore7:valuta il tempo che intercorre tra la diagnosi di HCC e l’effettuazione del trattamento

Tempo intercorso tra data diagnosi e data trattamento

Indicatori di esito dei trattamenti effettuati

Numero di trattamenti con necrosi parziale o completa a livello dei noduli trattati

Numero totale di trattamenti effettuati

INDICATORI CLINICI * Definitions of response: Local response to treatment is usually defined following the World Health Organisation (WHO) criteria as follows: complete response (CR): complete disappearance of all known disease and no new lesions determined by two observations not less than 4 weeks apart; partial response (PR): >50% reduction in total tumor load of all measurable lesions determined by two observations not less than 4 weeks apart; stable disease (ST): does not qualify for CR/PR or progressive disease; progressive disease (PD): >25% increase in size of one or more measurable lesions or the appearance of new lesions. Objective responses include both CR and PR. Measurement of tumor load by simple bi-dimensional determinations of diameter is not accurate enough, since tumor necrosis due to treatment is not taken into account. In fact, extensive tumor necrosis may not be paralleled by a reduction in diameter of the lesion. Therefore, the estimation of the reduction in viable tumor volume (recognized by non-enhanced areas by spiral CT) should be considered the optimal method to assess the local response to treatment. Duration of response is a critical issue. Recurrence within the treated nodule after an initial evaluation reporting CR should be re-classified as a treatment failure. This is known to occur in 10–30% of patients after achieving CR detected by spiral CT 4 weeks after percutaneous treatments.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 3 di 4

Indicatore Numeratore Denominatore Note Stadiazione BCLC prima del trattamento

Numero di pazienti con HCC secondo lo stadio BCLC (very early, A1, A2, A3, A4, B, C, D)

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Vedi stadi BCLC (i dati rilevati vanno stratificati secondo il tipo di stadio)

Stadiazione Child Pugh prima del trattamento

Numero di pazienti con HCC secondo lo stadio Child Pugh (A, B, C)

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Vedi stadi Child Pugh (i dati rilevati vanno stratificati secondo il tipo di stadio)

Performance status prima del trattamento

Numero di pazienti secondo lo stadio Performance status

Numero totale dei pazienti (in percorso)

Vedi punteggi del Performance status (i dati rilevati vanno stratificati secondo il tipo di stadio)

% di pazienti sottoposti a RFA Numero di pazienti con HCC sottoposti a RFA

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a PEI Numero di pazienti con HCC sottoposti a PEI

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a resezione chirurgica

Numero di pazienti con HCC sottoposti a resezione chirurgica

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a TACE tradizionale (con Lipiodol)

Numero di pazienti con HCC sottoposti a TACE

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a TACE con DCBead

Numero di pazienti con HCC sottoposti a TACE con DCBead

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a chemioterapia sistemica

Numero di pazienti con HCC sottoposti a chemioterapia sistemica, sudditi per farmaco

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il farmaco e per ogni farmaco secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti inviati presso altri Centri per effettuare trattamenti

Numero di pazienti inviati Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

% di pazienti sottoposti a molteplici (più di un trattamento di quelli indicati sopra) tipi di trattamento

Numero di pazienti con HCC sottoposti a molteplici tipi di trattamento

Numero totale dei pazienti con HCC (in percorso)

Da stratificare secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 4 di 4

Indicatore Numeratore Denominatore Note Sopravvivenza a 6 mesi dopo il trattamento

Tasso di mortalità per HCC, curva di sopravvivenza a 6 mesi, curve di sopravvivenza per stadio, per performance.

Da stratificare secondo il tipo di trattamento effettuato e secondo il tipo di stadiazione Child Pugh, performance status e BCLC

Sopravvivenza a 12 mesi e a 24 mesi Tasso di mortalità per HCC, curva di sopravvivenza a 12 e 24 mesi (dato provinciale rispettivamente del 40% e del 30%), curve di sopravvivenza per stadio, per performance.

Vedi sopra (da rilevare ogni 12 mesi)

% di pazienti con complicanze di

grado lieve (minori)

Numero di pazienti con almeno 1

complicanza lieve

Numero totale di pazienti sottoposti

a trattamento

Da stratificare secondo il tipo di

trattamento effettuato e secondo il tipo

di stadiazione Child Pugh, performance

status e BCLC. Vedi elenco delle

complicanze di grado lieve

% di pazienti con complicanze di

grado severo (maggiori)

Numero di pazienti con almeno 1

complicanza severa

Numero totale di pazienti sottoposti

a trattamento

Da stratificare secondo il tipo di

trattamento effettuato e secondo il tipo

di stadiazione Child Pugh, performance

status e BCLC. Vedi elenco delle

complicanze di grado severo

Indicatore dell’utilizzo della riunione

collegiale

Numero casi discussi in sede collegiale Numero totale di casi con HCC (in

percorso)

Da stratificare secondo l’UO proponente

Elenco delle complicanze di grado lieve: sindrome post-ablazione. Sindrome post-TACE, infezione della ferita chirurgica Elenco delle complicanze di grado severo: decesso, TVP, sepsi, embolia polmonare, edema polmonare acuto, infarto miocardio, polmonite, insufficienza respiratoria, ictus cerebrale, insufficienza epatica, perforazione del colon, ascesso epatico, versamento pleurico, ustione cutanea, ipossiemia durante la procedura, pneumotorace, ematoma sottocapsulare, insufficienza renale acuta, emoperitoneo, “seeding” lungo il tragitto dell’ago.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 1 di 3

ALLEGATO 2: ASPETTI PRINCIPALI RELATIVI A FATTORI DI RISCHIO, DIAGNOSI E MONITORAGGIO DEI PAZIENTI AFFETTI DA CIRROSI EPATICA 1. Identificazione dei fattori di rischio e dei segni orientativi per cirrosi La diagnosi di cirrosi può essere relativamente semplice in presenza di complicanze, quali ascite, ittero, asterixis/flapping tremor, ematemesi(melena o di varici esofagee/gastriche. Per contro, la cirrosi non complicata può essere di difficile diagnosi. Il sospetto va posto nei pazienti che presentano una o più delle seguenti cause di epatopatia: consumo eccessivo ( > 50 gr/die) e prolungato di alcool infezione cronica da virus dell'epatite C (HCV) infezione cronica da virus dell'epatite B (HBV) sindrome metabolica (steatosi o steato-epatite non alcolica) emocromatosi genetica epatopatie su base autoimmune (cirrosi biliare primitiva, colangite sclerosante, epatite cronica

autoimmune) I principali segni che possono suggerire la presenza di una cirrosi non complicata sono: clinici: epatomegalia di consistenza aumentata o con margine inferiore assottigliato, eritema palmare,

angiomi stellati o “spiders naevii, splenomegalia, ginecomastia, circoli venosi addominali superficiali (ad es. caput medusae).

laboratoristici: piastrinopenia, ipoalbuminemia, ipergammaglobulinemia, ipo-protrombinemia. endoscopici: varici esofagee o gastriche. ecografici: fegato con margini irregolari, ecostruttura fortemente disomogenea, segni d'ipertensione

portale . 2. Esami da richiedere per la diagnosi di cirrosi

La definizione della eziologia è importante in quanto permette spesso di trattare la causa principale e le co-morbidità della cirrosi. A tale riguardo è necessario che il MMG effettui:

• una accurata indagine epidemiologica centrata su: consumo d'alcool, farmaci o sostanze potenzialmente epatotossiche (v. elenco sotto riportato); tossicodipendenza attiva o pregressa; pregressi interventi chirurgici e/o trasfusioni di sangue; tatuaggi, piercing

• indagini virologiche: sierologia per HBV (marker completi) e, se positività per HBsAg , determinazione quantitativa di DNA virale (HBV-DNA) e marker epatite delta (HDV), sierologia per HCV (anti-HCV) e, se positivo, determinazione HCV-RNA quantitativa e HCV genotipo; la sierologia per HIV può essere consigliata in caso di anamnesi positiva per fattori di rischio (tossicodipendenza, trasfusioni, rapporti sessuali promiscui)

• calcolo del BMI (http://www.nhlbisupport.com/bmi/), misurazione della circonferenza addominale, determinazione dell’assetto lipidico e glucidico (sindrome metabolica).

• ricerca del sovraccarico in ferro (ferritina, coefficiente di saturazione dello transferrina) Elenco dei principali farmaci potenzialmente epatotossici:

• FANS e Cox2 inibitori • Paracetamolo (posologia massima 2 gr/die) • Miorilassanti • Antibiotici (amox.+ac.clavulanico, eritromicina, nitrofurantoina, tetracicline, ecc.) • Antimicotici (chetoconazolo) • Antidiabetici (sulfaniluree, pioglitazone) • Ipolipemizzanti-statine • Psicofarmaci (triciclici, bupropione,clorpromazina, citalopram, ecc.) • Anticonvulsivanti (ac.valproico,fenitoina) • Terbinafina,methotrexate, tamoxifene, testosterone,isoniazide, alotano

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 2 di 3

Se le indagini non evidenziano cause certe del danno epatico, il MMG dovrà affidarsi ad un consulto specialistico per ricercare cause più rare (ad es. epatite autoimmune, malattia di Wilson, deficit di alfa-1-antitripsina, sindrome di Budd-Chiari). In questo contesto, l’effettuazione di una biopsia epatica (BE) può contribuire alla diagnosi ed influenzare la condotta terapeutica. Nel sospetto di cirrosi, il MMG invierà il paziente a visita specialistica epatologica presso i centri provinciali di riferimento (tabella 1); il paziente dovrà giungere alla visita epatologica con i referti degli esami riportati nella tabella 2, oltre ad una indagine ecografica dell’addome superiore. Le visite verranno programmate secondo le modalità usuali e nel rispetto delle indicazioni regionali Tabella 1: Centri specialistici epatologici provinciali di riferimento Strutture (Direttore/Responsabile) Referenti Recapito telefonico ASMN ASMN: Medicina III (Dir. G. Fornaciari) Dr.ssa E. Castagnetti

Dr. F. Bassi Dr.ssa S. Schianchi

0522/295920 0522/296605 (segreteria)

0522/295385 Malattie Infettive (Dir. G. Magnani) Dr. M. Massari

Dr. G. Menozzi Dr. G. Rossi

0522/296407 (segreteria) 0522/296456 (ambulatorio DH)

AUSL Medicina di Guastalla (Dir. P.G. Ferretti) Dr.ssa A. Mazzocchi 0522/837383 Medicina di Scandiano (Dir. G. Chesi) Dr. A. Catania 0522/850360 (guardiola

infermieri) 0522/850270 (DH)

Medicina di Montecchio Emilia (Dir. V. Manicardi)

Dr. P. Montanari 347/1185997 (cell. Reparto)

Medicina di Castelnovo Monti (Dir. S. Maccari)

Dr. P.G. Giuri Dr. R. Vignoli

0522/617156 (guardiola infermieri)

Nota: Per gli orari e la descrizione delle attività vedere l’allegato. Tabella 2: Esami di laboratorio da effettuare prima della consulenza specialistica per sospetta cirrosi Esami di laboratorio

Emocromo completo

Bilirubina totale e frazionata, AST (aspartato-aminotransferasi), ALT (alanino-aminotransferasi), GGT (glutamil transferasi) e fosfatasi alcalina (FA)

Foresi proteica Att. protrombinica (INR)

Glucosio Trigliceridi Colesterolo totale e HDL, LDL Ferritina Transferrina totale e satura HBsAg anti-HBs anti-HBc Anticorpi anti-HCV

3. Consulenza specialistica epatologica Il consulente epatologo effettuerà le seguenti azioni: 1) per definire la severità del danno epatico presente, potrà ricorrere all’ esame istologico mediante biopsia epatica – da considerarsi al momento l’indagine “gold standard”.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 3 di 3

2) per il completamento della definizione eziologica e per la ricerca di eventuali co-morbilità potrà richiedere ulteriori indagini . 3)nel momento in cui venga confermata la diagnosi di cirrosi, potrà effettuare una ulteriore puntualizzazione mediante richiesta di l’alfafeto-proteina ed esami strumentali, quali Ecografia addome superiore ed Esofagogasatroduodenoscopia (EGDS), allo scopo anche di identificare la presenza di complicazioni quali ipertensione portale e relativo rischio di emorragia digestiva, ascite, encefalopatia e carcinoma epatocellulare. La stadiazione della malattia verrà studiata secondo il il punteggio di Child-Pugh (http://homepage.mac.com/ sholland/contrivances/childpugh.html (tabella 3). Tabella 3: Score di Child-Plugh

Score Bilirubina (mg/dl)

Albumina (gr/dl) PT (INR) Encefalopatia

Epatica Ascite (grado)

1 < 2 > 3.5 < 1.7 No No 2 2 - 3 2.8 - 3.5 1.7-2.3 Grado 1 - 2 Controllabile 3 > 3 < 2.8 > 2.3 Grado 3 - 4 Refrattaria Classe A: 5-6 Classe B: 7-9 Classe C: 10-15 Nella tabella 4 è riportata la stadiazione dell’encefalopatia epatica Tabella 4: STADI ENCEFALOPATIA EPATICA STADIO 1 Lieve riduzione della consapevolezza, euforia, riduzione dell’attenzione,

inadeguatezza nell’esecuzione di addizioni e sottrazioni STADIO 2 Letargia o apatia, disorientamento temporale, cambiamento di personalità,

comportamento inappropriato

STADIO 3 Sonnolenza fino allo stupor, responsivo a stimoli, confuso, disorientato, bizzarro STADIO 4 Coma 4) stabilirà le modalità per il successivo monitoraggio e reinvierà il paziente al MMG con le indicazioni di gestione e di follow-up Tabella 5: Indicazioni generali per il monitoraggio del paziente con cirrosi epatica

Riferimenti bibliografici essenziali disponibili sul sito web della Associazione Italiana per lo Studio del Fegato (www.webaisf.org click su commissioni)

Emocromo completo AST, ALT Bilirubina totale, GGT, fosfatasi alcalina Att protrombinica, albuminemia

almeno ogni 6 mesi Esami ematici

Alfa-feto proteina

Ogni 6 mesi

Ecografia addominale

Ogni 6 mesi Indagini strumentali

EGDS

Variabile (in genere a intervalli di 12-24 mesi)

Visita ambulatoriale

MMG o specialista epatologo

Almeno ogni 6 mesi

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 1 di 5

ALLEGATO 3: VALUTAZIONE ISTOPATOLOGICA E TECNICHE DIAGNOSTICHE PER L’HCC Valutazione istopatologica La cancerogenesi epatica nei pazienti affetti da cirrosi è un processo “multistep” che riconosce alterazioni morfologiche e molecolari, che conferiscono alla lesione epatica potenzialità di malignità sempre più marcate. Tra le lesioni morfologicamente riconoscibili si annoverano, nell’ ordine di maggiore aggressività, i grandi noduli rigenerativi (LRN), i noduli displastici di basso grado (LGDN), i noduli displastici di alto grado (HGDN), i noduli di “small hepatocellular carcinoma” (lesioni con diametro pari o inferiore ai 2 centimetri) ed il carcinoma epatocellulare ben differenziato precoce (early well differentiated hepatocellular carcinoma), con infiltrazione dello stroma e/o degli spazi portali. La diagnosi istologica dei noduli epatici è pertanto basata sulla valutazione accurata di una serie di caratteristiche cito-architetturali (atipie cellulari, affollamento cellulare, spessore delle trabecole epatocitarie, presenza di microacini) e la ricerca della invasione stromale. Attualmente alcuni Autori consigliano l’ utilizzo anche di alcuni marcatori immunofenotipici (HSP70, glipican 3, glutamina sintetasi) per la identificazione del carcinoma epatocellulare precoce (early hepatocellular carcinoma). Tale utilizzo non è ancora standardizzato. Da tutto questo ne consegue che il miglior approccio diagnostico a tali lesioni richiede una integrazione dei parametri morfologici ed immunoistochimici con le informazioni clinico-strumentali.

Classificazione e grading del carcinoma epatocellulare Dal punto di vista istologico le neoplasie epatiche sono classificate secondo la classificazione della WHO. I carcinomi epatocellulari possono poi essere sotto classificati in base al pattern architetturale ed alle peculiari caratteristiche citologiche. Per ciò che concerne il grading dei carcinomi epatocellulari, è raccomandato invece il sistema di Edmonson e Steiner, che suddivide i carcinomi epatocellulari in quattro gradi:

Grado I: le cellule neoplastiche sono molto simili agli epatociti normali. La diagnosi di carcinoma epatocellulare richiede alterazioni architetturali. Grado II: le cellule neoplastiche presentano nuclei ipercromici e di maggiori dimensioni rispetto agli epatociti normali. Il citoplasma è abbondante ed eosinofilo. Si riconoscono frequenti aspetti pseudo-acinari. Grado III: i nuclei sono di maggiori dimensioni ed occupano un’elevata proporzione della cellula neoplastica (alto rapporto nucleo/citoplasma). Il citoplasma è granulare ed eosinofilo. Le strutture pseudo-acinari sono rare. Grado IV: i nuclei neoplastici sono intensamente ipercromici ed occupano un’alta percentuale della cellula. Il citoplasma è variabile in quantità, spesso scarso. La neoplasia presenta frequentemente un pattern solido.

Adeguatezza del campione ed allestimento del preparato Non esistono parametri standardizzati relativi al calibro dell’ago da utilizzare e alla lunghezza del cilindro bioptico. E’ tuttavia raccomandabile che il prelievo bioptico comprenda oltre alla neoplasia da definire istologicamente anche il parenchima epatico circostante alla lesione; infatti in questo modo è possibile valutare una eventuale infiltrazione stromale (caratteristica del carcinoma epatocellulare precoce) e/o l’invasione neoplastica vascolare peritumorale. Parte del materiale può essere utilizzata per ulteriori indagini (microscopia elettronica, biologia molecolare) soltanto nel caso in cui le dimensioni del campione ne consentano una sicura diagnosi istopatologica. Infatti la sensibilità diagnostica è strettamente correlata alla dimensione e tipo del campione bioptico e alla sua rappresentatività rispetto all’ intera lesione. È raccomandabile l’invio dell’intero campione per esame istologico in adeguata soluzione fissativa (in genere formalina neutra tamponata al 10%). Per la valutazione istologica sono necessarie le seguenti colorazioni: ematossilina-eosina, PAS-Diastasi, Reticolo. In alcuni casi è possibile allestire anche 2 o 3 vetri (a carica positiva) con sezioni per eventuali colorazioni istochimiche (Perls) e/o immunoistochimiche (ad es. cheratina 7, CD34).

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 2 di 5

Suggerimenti per la compilazione della richiesta di esame istologico per noduli epatici mediante agobiopsia: la richiesta dell’ esame istologico deve essere sempre corredata di informazioni cliniche utili alla diagnosi ( dati sierologici, aspetto “strumentale” della neoplasia e del parenchima epatico in cui la neoplasia è insorta , abitudini del paziente). Inoltre il clinico dovrebbe menzionare se il cilindro agobioptico è integro o se esso si è frammentato durante il prelievo. 2. CRITERI DI REFERTAZIONE DI ECOGRAFIA, CEUS, TC E RMN

ECOGRAFIA L’esame ecografico del fegato è volto a definire la presenza di alterazioni diffuse o focali della ecostruttura per escludere o confermare una patologia che interessa tutto l’organo o una lesione epatica settoriale. In questo ultimo caso vengono ricercati segni semeiologici ecografici che consentano di ipotizzarne la natura. Per quanto riguardo lo studio del fegato è opportuno tenere in considerazione nel referto la descrizione dei seguenti aspetti:

Ecostruttura - caratterizzata dalla riflessione di echi delle strutture che compongono il fegato; risulta come un tappeto fine di echi omogenei e regolari (parenchima) attraversati da strutture ecogene e anecogene (vasi, dotti biliari): omogenea, disomogenea. Ecogenicità: aumentata o ridotta rispetto al rene destro o pancreas. Superficie e margini: regolari, irregolari o ondulati. Studio della vascolarizzazione: può essere condotta una valutazione color-Doppler per la documentazione delle caratteristiche e della direzione del flusso. Le strutture che possono essere visualizzate sono le arterie epatiche, le vene sovraepatiche, il sistema portale, la porzione intraepatica della vena cava inferiore, eventuali circoli collaterali e TIPS. Vasi intraepatici (vene sovraepatiche e vena cava inferiore): possono essere valutati calibro, pervietà, presenza, direzione e caratteristiche del flusso. Sistema portale: possono essere valutati calibro (diametro della v. porta < 12 mm; diametro della v. splenica e della v. mesenterica < 10 mm), pervietà, direzione e caratteristiche del flusso; presenza di circoli collaterali.

Nel referto può essere espresso un giudizio che considera:

• l’assenza di anormalità epatica ecograficamente evidenziabile. • La presenza di alterazione diffusa del fegato: • Steatosi: fegato con ecostruttura brillante con attenuazione posteriore fino alla scarsa visibilità dei vasi intraepatici. • Fibrosi: accentuazione di dimensioni e luminosità degli echi fino alla ecostruttura disomogenea denominata “coarse pattern”. • Cirrosi: aumento di volume del lobo caudato fino a C/RL < 0.60; ecogenicità accentuata con ecostruttura omogenea o disomogenea con aspetto “coarse pattern”; contorni ondulati.

Fornisce informazioni utili la valutazione della milza (megalica se > 12 cm di asse bipolare o > 45 cm2 di area di sezione massima). Può essere condotta una valutazione Doppler dei vasi arteriosi splenici. In presenza di anomalie focali epatiche è opportuno tenere in considerazione nel referto la descrizione dei seguenti aspetti:

Numero delle lesioni occupanti spazio Topografia: lobo destro, sinistro; segmento (secondo Couinaud). Dimensioni Contorni Ecogenicità Ecostruttura

Nel referto può essere espresso un giudizio che considera l’ipotesi eziologica della lesione occupante spazio; per ogni lesione focale si può ricorrere alla valutazione color-Doppler. ANGIOECOGRAFIA PERFUSIONALE CON MEZZO DI CONTRASTO (CEUS) Il mezzo di contrasto attualmente disponibile in commercio è SonoVue®. Tra le varie indicazioni c’è la caratterizzazione del microcircolo delle lesioni occupanti spazio epatiche.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 3 di 5

Grazie alla doppia vascolarizzazione (arteriosa e portale) possono essere distinte 3 fasi vascolari nello studio CEUS del fegato. Un vantaggio della CEUS, rispetto alla TC e alla RMN con mezzo di contrasto, è rappresentato dalla possibilità di definire gli aspetti di captazione in “real time”, senza la necessità di predefinire i tempi di scansione. Nel referto vanno descritti gli aspetti della captazione del mezzo di contrasto da parte della lesione occupante spazio oggetto dello studio secondo le consecutive fasi vascolari (arteriosa, portale-venosa, tardiva). L’enhancement arterioso inizia 10-20 secondi dopo l’iniezione endovenosa periferica del mezzo di contrasto e perdura per circa 10-15 secondi. Segue la fase portale che in genere dura fino a 2 minuti dalla iniezione di mezzo di contrasto. La fase tardiva dura fino alla dismissione del mezzo di contrasto dal parenchima epatico (approssimativamente fino a 4-6 minuti dopo l’iniezione, tabella 1). Nel referto va descritta la fase arteriosa, che fornisce informazioni sul grado e sull’aspetto della vascolarizzazione della lesione occupante spazio; vanno quindi descritte le fasi portale e tardiva, che forniscono informazioni circa il “wash out” del mezzo di contrasto dalla lesione rispetto al parenchima epatico circostante. Può quindi essere espresso un giudizio che considera l’ipotesi eziologica della lesione occupante spazio. La CEUS trova indicazione per la caratterizzazione della trombosi portale ed è raccomandata per il monitoraggio del trattamento ablativo locale; circa quest’ultima raccomandazione può fornire importanti informazioni nella valutazione pre-trattamento, nella guida dell’ago, nella valutazione immediata del risultato terapeutico per identificare aree di tessuto vitale residuo, nel follow-up post-ablativo per definire la risposta al trattamento. Tabella 1: Fasi vascolari della CEUS del fegato

Tempo (in secondi) di visualizzazione dopo l’iniezione Fase Inizio Fine

Arteriosa 10-20 25-35 Portale-venosa 35-45 120

Tardiva > 120 Scomparsa delle microbolle (approssimativamente 240-360)

La situazione emodinamica globale individuale in un singolo paziente influenza il tempo di inizio delle 3 fasi vascolari. TC La TC viene considerata metodica di II livello nella ricerca e nella caratterizzazione di lesioni parenchimali epatiche sospette per HCC giudicate dubbie all’esame ecografico con finalità diagnostiche e di stadiazione. Quale metodica assiale risulta meno soggetta all’operatore-dipendenza permettendo il rilievo di tutte le alterazioni che ricadono nell’ambito del potere di risoluzione dell’apparecchiatura in uso site anche in sedi di non agevole rilievo ecografico. Lo sviluppo tecnologico, con l’attuale diffusione di macchine spirali multidetettore, consente l’acquisizione volumetrica dei dati a provenienza dai diversi segmenti corporei esaminati con una serie di vantaggi rappresentati:

dall’ottimizzazione dell’uso del mezzo di contrasto (mdc), sia in termini di quantità utilizzata che relativamente alla tempistica di acquisizione delle varie fasi

dalla riduzione degli artefatti da movimento dalla possibilità di effettuare ricostruzioni multiplanari.

Lo studio del parenchima epatico viene pertanto effettuato, in caso di sospetto HCC, a strato sottile al fine di aumentare le possibilità di rilievo delle lesioni più piccole (+18% passando da 5 mm a 2,5 mm) e con tecnica bifasica per valutare il comportamento contrastografico della/e lesione/i. Ciò comporta dall’altro lato la produzione di una enorme mole di dati che si traducono in una grande quantità di immagini che il radiologo deve gestire ed analizzare nonché nella erogazione al paziente di una discreta dose radiante che aumenta progressivamente con i vari controlli. Comportamento TC dell’HCC:

- Scansioni pre-contrastografiche: non apportano in genere grosse informazioni nelle lesioni di piccole dimensioni che risultano in tale fase generalmente isodense o lievemente ipodense rispetto al parenchima circostante. Le neoplasie di maggiori dimensioni possono essere più evidenti per la

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 4 di 5

presenza di foci necrotici od emorragici contestuali ovvero per riscontro di calcificazioni che possono determinare un aspetto disomogeneo. - Scansioni contrastografiche: la stragrande maggioranza degli HCC mostra un peculiare pattern: grazie al loro incrementato apporto vascolare arterioso si manifestano per uno spiccato enhancement durante la fase arteriosa, durante la quale appaiono iperdensi rispetto al parenchima limitrofo, con rapida dismissione del mdc durante la fase venosa con loro relativa ipodensità. La maggior parte degli HCC di dimensioni inferiori a 3 cm risulta omogeneamente iperdensa in fase arteriosa mentre quelli di maggiori dimensioni lo sono solo parzialmente. Alcune formazioni ben differenziate possono essere ipovascolarizzate e quindi evidenziabili solo durante la fase portale della dinamica contrastografica. Le forme a crescita espansiva possono mostrare una pseudocapsula che assume tarvidamente il mdc con aspetto di rim enhancement periferico. A volte può essere necessario eseguire una scansione tardiva per meglio tipizzare le lesioni con comportamento contrastografico atipico ( wash-out più tardivo, rilievo di pseudocapsula).

La TC permette inoltre il riconoscimento del coinvolgimento neoplastico dei rami vasali (arteriosi e portali) e quindi delle relative alterazioni parenchimali ed extraepatiche nonché la valutazione della diffusione a distanza della malattia (per via ematica e linfonodale), compito ove essa assume un ruolo cardine di metodica stadiativa panesplorante. Ulteriore spazio viene poi riservato alla TC nella valutazione degli esiti delle diverse terapie conservative percutanee che trovano oggigiorno sempre più diffusa applicazione sia come trattamento di piccole ed isolate lesioni che come terapia palliativa in tumori avanzati. Per la refertazione devono essere valutati i seguenti criteri:

numero sede dimensioni margini comportamento contrastografico rapporti con vasi, vie biliari e organi limitrofi

RMN La RMN, con lo sviluppo di nuove sequenze veloci e di bobine multicanale per una migliore ricezione del segnale, sta assumendo un ruolo sempre maggiore nella valutazione diagnostica delle epatopatie, specie di quelle cirrotiche ove mostra per la maggiore risoluzione di contrasto indubbi vantaggi rispetto alla TC. Essa pertanto assume un ruolo fondamentale di conferma diagnostica nelle lesioni con comportamento atipico e di monitoraggio dei noduli sospetti per l’innocuità legata alla mancata somministrazione di raggi X. I limiti sono legati, oltre alle classiche controindicazioni, alla necessaria collaborazione del paziente nel corretto mantenimento del tempo di apnea ed alle dimensioni delle lesioni, specie nelle sequenze T2-dipendenti. Comportamento RMN dell’HCC: mostra uno spettro estremamente polimorfo che dipende dalle dimensioni, dalla composizione e dai possibili fenomeni necrotico-emorragici delle lesioni. In genere gli HCC si presentano come formazioni modestamente ipointense in T1 e moderatamente iperintense in T2 con spiccata intensificazione del segnale durante la fase arteriosa del contrasto. Gli eventuali noduli satelliti presentano analoghe caratteristiche alla lesione principale mentre aspetto peculiare è quello definito “nodulo nel nodulo” ovvero il rilievo di una focalità ipointensa dentro un’altra iperintensa nelle sequenze T1- pesate spia di evoluzione eteroplastica di un nodulo displastico. L’introduzione nella pratica clinica dei mdc tessuto-specifici, epato-biliari e reticolo-endoteliali, ha consentito la manipolazione del segnale RM secondo il quesito clinico rilevante. Il comportamento dell’HCC dopo somministrazione di mdc epato-biliari dipende dal grado di differenziazione delle cellule tumorali: mentre le lesioni moderatamente e scarsamente differenziate non captano questi agenti e risultano pertanto ipointensi nelle sequenze T1-dipendenti, quelle ben differenziate possono mostrare comportamento opposto, risultando perciò iperintense rispetto al parenchima circostante, come conseguenza della captazione e mancata eliminazione del mdc. I mdc reticolo-endoteliali producono invece una caduta del segnale del fegato normale nelle sequenze T2-dipendenti aumentando pertanto la visibilità del tumore dal momento che le lesioni, soprattutto quelle poco differenziate, non contengono cellule di Kupffer e quindi non captano il mdc con loro conseguente iperintensità.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 5 di 5

Per la refertazione devono essere valutati i seguenti criteri: numero sede dimensioni margini comportamento contrastografico rapporti con vasi, vie biliari e organi limitrofi

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 1 di 13

ALLEGATO 4: PRINCIPALI OPZIONI TERAPEUTICHE PER L’HCC

1. Trattamento chirurgico

L’epatocarcinoma rappresenta per il chirurgo una patologia unica, nella quale sia lo stadio del tumore che il

grado di danno epatico devono essere tenuti in considerazione nella scelta del trattamento ottimale.

Vi è accordo assoluto che il trattamento ideale per l’HCC nel paziente non cirrotico sia la resezione

chirurgica, tuttavia nei paesi occidentali solo il 5% degli HCC insorgono in fegati sani. In questi pazienti è

possibile anche una resezione epatica maggiore con un tasso di morbilità e mortalità molto basso.

La valutazione del rischio di complicanze e di mortalità postoperatoria rappresenta senza dubbio un fattore

condizionante nella scelta terapeutica nel paziente cirrotico.

Tradizionalmente il sistema di maggiormente in uso per la valutazione della funzionalità epatica è la

classificazione di Child-Pugh, che prendendo in considerazione alcuni aspetti clinici (encefalopaita ed ascite)

e laboratoristici (albuminemia, bilirubinemia e tempo di protrombina), stratifica i pazienti cirrotici in tre classi

A, B, C. La cirrosi in classe C rappresenta una controindicazione assoluta alla resezione, e comunque a

qualunque intervento con intento radicale. I pazienti in classe A sono i pazienti nei quali idealmente sono

praticabili i trattamenti radicali, inclusi i trattamenti resettivi. I pazienti in classe B costituiscono una

popolazione eterogenea che la classificazione così concepita non riesce a stratificare ulteriormente in classi di

rischio predittive di mortalità e di morbilità.

In uno studio del 2006 (Schroeder, Ann Surg 2006) la classificazione di Child-Pugh risultava addirittura meno

predittiva della mortalità e della morbilità dopo resezione epatica della classificazione dell’American Society

of Anestesiology (ASA score).

Per ovviare a questa difficoltà di stratificare i pazienti cirrotici sulla base della quantità di riserva funzionale

epatica sono utilizzati da alcuni anni alcuni test , come il test al verde indocianina, la misurazione del

gradiente pressorio nelle vene sovraepatiche e l’analisi della volumetria epatica. Ciascuno di questi test ha un

valore nel predire la quantità di parenchima epatico che può essere asportata, tuttavia nessuno di questi è di

immediata esecuzione, non invasivo e preciso nel predire accuratamente il rischio di mortalità e di morbilità

nei cirrotici sottoposti a resezione epatica. Da alcuni anni è stato introdotto nella pratica clinica il punteggio

MELD (Model for End Stage Liver Disease), inizialmente sviluppato per predire la mortalità nei pazienti

cirrotici sottoposti a shunt porto-sistemico transgiugulare-intraepatico (TIPS) e successivamente validato

come indice prognostico per un ampio spettro di condizioni cliniche nei pazienti con cirrosi. Lo studio della

Mayo Clinic (J Gastrointest Surg., 2005, 9: 1207) ha evidenziato un potente valore prognostico del MELD

score nei pazienti cirrotici sottoposti a resezione epatica sia in termini di mortalità postoperatoria che di

complicanze. Questo valore predittivo condiziona anche la sopravvivenza a lungo termine dopo resezione,

indipendentemente dagli altri fattori prognostici noti come le dimensioni del tumore ed il grado dell’HCC.

Fissando il cut-off a 8, la mortalità è risultata del 29% nei pazienti con MELD ≥9 vs 0% nei pazienti con

MELD ≤8 (p<0.01). Risultati analoghi sono stati osservati dal gruppo di Bologna (Liver Transpl, 2006;

12:966) che ha fissato il cut-off a 11. L’83% dei pazienti con un punteggio MELD ≥11 hanno presentato

complicanze postoperatorie ed il 37.5% insufficienza epatica postoperatoria contro un tasso di complicanze

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 2 di 13

del 8.1% e nessun caso di insufficienza epatica postoperatoria nei pazienti con punteggio <9. Un tasso

intermedio di complicanze e di insufficienza epatica postoperatoria è stato rilevato nei pazienti con

punteggio tra 9-11 (35.7 e 3.6% rispettivamente).

L’introduzione del punteggio MELD potrebbe ovviare alla mancanza di discriminazione tra i pazienti con HCC

di stadio intermedio, che è la maggior critica cui è soggetta la classificazione di Barcellona. L’importanza di

questa ulteriore stratificazione risiede non è tanto nella possibilità di escludere dagli interventi resettivi i

pazienti ad alto rischio, quanto piuttosto di includere nei trattamenti con intento radicale quella quota di

pazienti che, pur avendo un rischio leggermente aumentato, potrebbero comunque beneficiare di un

trattamento resettivo.

La chirurgia è infatti il miglior trattamento per l’HCC (Llovet, J Gastroenterol 2005; 40.225; Llovet J Hepatol

2008; 48: S20). In pazienti ben selezionati la resezione ed il trapianto ottengono sopravvivenze a lungo

termine (5 anni) del 60-70% e sotto il profilo dell’intent-to-treat la chirurgia è il trattamento di scelta negli

stadi iniziali.

Il trattamento chirurgico richiede una selezione accurata dei pazienti che implica una adeguata conoscenza

dello stadio di malattia, dei fattori di rischio per mortalità e morbilità, recidiva e sopravvivenza, ed una

tecnica chirurgica rigorosa. Negli ultimi anni il miglioramento di entrambi gli aspetti ha notevolmente

aumentato l’efficacia del trattamento chirurgico. La precisa conoscenza dell’anatomia chirurgica del fegato,

l’impiego di strumenti di dissezione e coagulazione sofisticati (dissettore ad ultrasuoni, ligasure, coagulatore

ad argon) ed un’assistenza intensiva nel periodo postoperatorio hanno ridotto la mortalità a meno del 3%, la

necessità di trasfusioni postoperatorie a meno del 10% ed hanno portato la sopravvivenza a 5 anni a ≥

50%.

La tecnica chirurgica si è negli ultimi anni notevolmente affinata, grazie alla conoscenza precisa della

anatomia chirurgica del fegato che consente l’esecuzione di resezioni regolate, cioè resezioni di una parte di

fegato afferente ad una precisa segmentazione delle vascolarizzazione arteriosa e del drenaggio portale e

biliare. Questa segmentazione epatica, descritta da Coinaud, da origine ad una precisa nomenclatura sia dei

segmenti epatici che degli interventi resettivi. Su tale nomenclatura vi è ancora notevole confusione poiché

essa differisce notevolmente dalla tradizionale nomenclatura anatomica del fegato. Mentre infatti la divisione

anatomica tra fegato destro e fegato sinistro si basava sulla divisione macroscopica della superficie epatica

ad opera del legamento falciforme, l’anatomia chirurgia del fegato divide l’organo in settori e segmenti sulla

base della ramificazione delle strutture della triade portale. La nomenclatura dei segmenti epatici e degli

interventi resettivi è consultabile sito della “International Hepato-Pancreato-Biliary Association”

(www.ihpba.org) . L’univocità nella localizzazione dei segmenti riveste particolare importanza nello scambio

di informazioni preliminari all’intervento tra il radiologo ed il chirurgo per una pianificazione ottimale del tipo

di intervento. Gli interventi regolati presentano infatti l’indubbio vantaggio di non lasciare aree di parenchima

epatico devascolarizzate o con drenaggio biliare incompleto. Tali resezioni possono venire condotte con due

tecniche diverse: la legatura preliminare extraparenchimale degli elementi della triade portale oppure la

legatura intraparenchimale che si effettua via via che si procede nella resezione. La legatura

extraparenchimale ha il vantaggio di legare preliminarmente le afferenze vascolari al segmento o ai segmenti

da resecare riducendo così la perdita ematica in corso di resezione. Lo svantaggio principale di tale approccio

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 3 di 13

è rappresentato dalla presenza di anomalie (o varianti data la loro frequenza) nella segmentazione epatica,

che potrebbe condurre alla devascolarizzazione di un’area di parenchima da non resecare. Poiché nei

pazienti cirrotici il risparmio di parenchima “sano” appare di particolare importanza, la legatura

intraparenchimale può essere considerata preferibile nelle resezioni limitate. Lo svantaggio di questo

approccio è il sanguinamento durante la fase di resezione parenchimale che viene effettuata quando ancora

tutte le afferente vascolari non sono state legate. Questo svantaggio è oggi in parte superato dall’esistenza

di sofisticati strumenti di dissezione. Oltre agli strumenti di cui si è già accennato, particolare utilità nelle

resezioni epatiche riveste il CUSA, il cavitatore ad ultrasuoni che risparmia i dotti biliari e i vasi

consentendone la legatura progressiva durante la resezione.

La manovra di Pringle, cioè il clampaggio del peduncolo epatico all’ilo, è sostanzialmente mal tollerata dai

pazienti cirrotici. L’ischemia prolungata del fegato residuo può infatti favorire la comparsa di insufficienza

epatica postoperatoria che è la complicanza più temibile della resezione epatica nei cirrotici. La manovra può

comunque essere utilizzata in caso di necessità (un sanguinamento difficile da controllare) in modo

intermittente (periodi di clampaggio di 10 munuti alternati a periodi di declampaggio di 5 minuti) e questo

approccio sarebbe in grado di ridurre i danni ischemici al fegato cirrotico. Il clampaggio degli elementi portali

può essere eseguito in modo selettivo, cioè clampando solo gli elementi portali afferenti alla parte di

parenchima che deve essere resecata. Questa tecnica ha il vantaggio di ridurre il sanguinamento durante la

fase di sezione parenchimale consentendo al contempo di evidenziare eventuali anomalie della

segmentazione arteriosa, portale o biliare.

L’impiego di una resezione regolata o “á la demand “ è ancora oggetto di discussione tra gli autori. Infatti se

la resezione regolata è preferibile da un punto di vista tecnico per le ragioni che sono state esposte, la

resezione wedge ha il vantaggio di poter preservare parenchima funzionante in caso di lesioni ad esempio a

cavaliere tra più segmenti e di adattarsi meglio al dismorfismo architetturale del fegato dovuto

all’ipertensione portale . Secondo alcuni autori (Regimbeau, Surgery 2002; 131:311) la resezione anatomica

avrebbe il vantaggio di resecare il territorio portale del tumore, dato che il sistema portale è il territorio

teorico per la diffusione intraepatica del tumore. Più che il tipo di resezione (anatomica vs non anatomica)

l’elemento prognostico più rilevante in termini di recidiva di malattia sembra essere l’ampiezza del margine di

resezione. Un recente studio prospettico randomizzato (Shi, Ann Surg 2007; 245: 36) ha analizzato i risultati

della resezione in pazienti con HCC solitario (cioè un singolo nodulo senza depositi satelliti e invasione

vascolare) randomizzando 173 pazienti in due gruppi: margine di resezione ampio (almeno 2 cm nella misura

più corta dal margine tumorale) o margine ristretto (almeno 1 cm dal margine tumorale). L’ecografia

intraoperatoria è stata estensivamente utilizzata nella guida alla resezione ed è comunque oggi considerata

uno strumento irrinunciabile in qualunque resezione epatica. La sopravvivenza a 1, 2, 3, e 5 anni per il

gruppo resecato con margine ristretto è stata del 92.9%, 83.3%, 70.9%, 49.1%, contro una sopravvivenza

del 96.5%, 91.8%, 86.9% e 74.9% nel gruppo resecato con margine ampio (p=0.008).

Stratificando i pazienti per le dimensioni del tumore (≤2 cm, tra 2.1 e 5 cm, >5cm), la differenza rimane

significativa solo per il gruppo con HCC ≤2cm. La differenza tra i due gruppi non è risultata mai significativa

per l’end point disease free survival, indipendentemente dalle dimensioni del tumore.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 4 di 13

Un ampio margine di resezione appare quindi da preferire nel trattamento dell’HCC. Tuttavia nell’analisi

multivariata i due fattori significativamente associati ad un aumento della sopravvivenza e del disease-free

sono stati la presenza di micrometastasi e il gruppo di allocamento. In questa serie la scelta dei pazienti

tuttavia risulta particolarmente favorevole. Infatti non vi è differenza tra mortalità e morbilità postoperatoria

tra i due gruppi perché per ammissione degli autori gli HCC resecati erano situati in posizione periferica.

Pertanto il margine di resezione ampio può essere ottenuto senza la necessità di sacrificare una quota

troppo grande di parenchima epatico.

Il punto in discussione è proprio questo. Il risparmio di parenchima epatico non solo riduce il rischio di

insufficienza epatica postoperatoria ma aumenta la chance di effettuare trattamenti multimodali e di ri-

resezione in caso di recidiva tumorale.

L’evoluzione della tecnica chirurgica ha ulteriormente aperto una nuova frontiera con l’avvento della chirurgia

laparoscopica. L’approccio laparoscopico nei pazienti cirrotici è particolarmente vantaggioso poiché evita

l’apertura della parete addominale e quindi l’interruzione delle grosse collaterali venose della parete

addominale, evita l’esposizione all’aria dei visceri con conseguente ridotta necessità nell’infusione di liquidi,

migliora la cinetica diaframmatica che ha un ruolo importante nel riassorbimento dell’ascite e nella riduzione

del rischio postoperatorio di complicanze respiratorie. Le indicazioni comunemente accettate all’approccio

laparoscopico sono:

- Nessuna chirurgia epatica precedente (se non già per via laparoscopica)+

- Lesione singola

- Localizzazione superficiale del tumore

- Dimensioni < 5 cm

- Posizione del tumore lontana dalla vena cava inferiore e dalle vene sovraepatiche.

Le figure (Chen, Ann Surg Oncol 2007; 15: 800; Kaneko, J

Hepatobil Pancr Surg 2005, 12:438) mostrano schematicamente

la localizzazione preferenziale delle lesioni operabili per via

laparoscopica. Come si può vedere nello schema che segue la

classificazione dei segmenti epatici secondo Coinaud i segmenti

posteriori (VII e VIII) sono quelli in cui la tecnica laparoscopica

viene generalmente

considerata più

complessa poiché è

necessaria la mobilizzazione del fegato e soprattutto la

lesione contrae rapporti di vicinanza con la vena cava e le vene

sovraepatiche.

Al contrario le lesioni situate nei segmenti II e III del lobo

sinistro sono lesioni molto ben aggredibili in laparoscopia, ed oggi

vi è un accordo unanime che il gold standard per la lobectomia

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 5 di 13

sinistra sia l’approccio laparoscopico.

Anche nell’esperienza di Cherqui (Ann Surg 2006; 243:499) nella quale il trattamento laparoscopico è stato

effettuato nel 32% degli HCC resecati conferma che la lobectomia sinistra è la sede ideale per la resezione

laparoscopica e che anche il segmento 6 oltre al segmento 7 e 8 è di difficile approccio laparoscopico e

richiede spesso la conversione laparotomica.

In questa serie di 26 pazienti la mortalità dopo

resezione laparoscopica è stata dello 0%, la morbilità

del 33%, la degenza mediana 9 giorni, il tasso di

recidiva ad un follow up di 2 anni del 30%. E’

interessante notare come tra gli 8 pazienti in cui è

comparsa una recidiva locale, 4 sono stati ancora

sottoposti a trattamenti con intento radicale (ri-

resezione, trapianto, radiofrequenza e

chemioembolizzazione, ciascuno in 1 caso), con una

sopravvivenza a 3 anni del 93%.

L’approccio laparoscopico inoltre presenta il vantaggio della assenza di aderenze postoperatorie nei pazienti

candidati al trapianto. Il vantaggio dell’approccio chirurgico come ponte verso il trapianto è la possibilità di

effettuare l’analisi istopatologica del pezzo asportato che consente la valutazione della presenza di micro o

macro invasione vascolare e di lesioni satelliti microscopiche che rappresentano il più importante fattore

predittivo di recidiva. In presenza di invasione vascolare, scarsa differenziazione istologica e noduli satelliti, il

tasso di recidiva a 5 anni è del 70% dopo chirurgia. Sulla base di questo reperto il gruppo di pazienti a

prognosi più sfavorevole potrebbe essere candidato al trapianto con una riduzione del rischio di drop-out nel

periodo di attesa. Inoltre bisogna ricordare che non tutti i pazienti con piccoli HCC su cirrosi sono candidabili

al trapianto a causa dell’età, della persistenza nel consumo di alcool, o per la presenza di malattie associate.

Anche questi pazienti sono candidabili alla chirurgia.

La laparoscopia inoltre potrebbe essere di ausilio nell’esecuzione della radiofrequenza per quelle lesioni nelle

quali la radiofrequenza percutanea è considerata troppo rischiosa, come le lesioni situate in vicinanza del

diaframma o sul margine inferiore del fegato per il rischio di lesioni intestinali.

2. Trattamenti ablativi percutanei

L’ablazione locale percutanea è ritenuta un trattamento sicuro ed efficace per pazienti che non possono

essere sottoposti a resezione chirurgica o quale ponte verso un futuro trapianto di fegato (Evidenza di livello

II).

Se confrontati, la alcolizzazione e la radiofrequenza hanno la stessa efficacia per HCC con diametro inferiore

a 2 cm; tuttavia l’ampiezza della necrosi ottenuta con la radiofrequenza è più facilmente prevedibile e la sua

efficacia è maggiore rispetto alla alcolizzazione negli HCC di dimensioni > 2 cm (Evidenza di livello I).

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 6 di 13

2.1 Alcolizzazione percutanea (percutaneous ethanol injection, PEI)

Prima della introduzione della ablazione a radiofrequenza (radiofrequency ablation, RFA), la PEI era la

tecnica terapeutica mini-invasiva più ampiamente utilizzata per il trattamento dell’HCC.

Sebbene implichi un basso costo, richieda solo attrezzature minimali e sia in grado di dare ottimi risultati è

ormai stata in molti centri soppiantata dalla RFA.

La PEI consiste nella iniezione di alcool al 95% all’interno del nodulo tumorale, in modo da indurne la

necrosi, e determinare il miglioramento della sopravvivenza del paziente.

Il meccanismo di azione consiste nella disidratazione citoplasmatica con successiva necrosi coagulativa e

reazione fibrotica. L’etanolo esercita effetti anche sull’endotelio, causando aggregazione piastrinica con

secondaria trombosi del microcircolo tumorale e quindi ischemia tissutale.

Selezione dei pazienti: la PEI viene presa in considerazione per pazienti con piccoli HCC, che non sono

candidabili alla resezione chirurgica a causa della loro scarsa riserva funzionale epatica.

La ricorrenza locale è comune per tumori con diametro > 5 cm, pertanto la PEI non viene generalmente

consigliata nei tumori voluminosi.

Sono riportate ricorrenze locali fino al 38% per tumori fino a 3 cm di diametro. A causa di questo alto

numero di recidive, del dolore associato alla procedura e della necessità di molteplici sedute, la PEI viene

considerata solo per pazienti con noduli di diametro < 2 cm non candidabili a resezione chirurgica.

Controindicazioni: non viene in genere presa in considerazione nei pazienti con malattia neoplastica a

diffusione extraepatica, trombosi neoplastica della vena porta, cirrosi epatica con scarsa riserva funzionale

(classe funzionale C secondo Child-Pugh), alterazioni emocoagulative (tempo di protrombina > 40% rispetto

la norma) o piastrinopenia severa (< 40.000/mmc).

Tecnica: per le lesioni di piccolo diametro può essere effettuata in regime di Day Hospital, con multiple

sessioni separate di iniezioni di alcool (p. es. 1-2 volte alla settimana, con iniezioni da 1 a 8 ml di alcool, per

un totale di 4-12 sessioni).

In alternativa può essere utilizzata una tecnica “one-shot”, in regime di ricovero ordinario e con l’assistenza

anestesiologica, in cui viene iniettata una quantità maggiore di alcool con multiple iniezioni in una unica

sessione.

La eventuale necessità di ulteriori trattamenti può essere stabilita con CEUS o con TC con mdc.

La maggior parte dei pazienti necessita di multiple iniezioni.

Risultati: nei tumori di diametro < 2 cm la percentuale di necrosi raggiunta è pari al 90-100%; tra 2 e 3

cm del 70%; nei tumori con diametro tra 3 e 5 cm la ablazione completa è ottenibile nel 50% dei casi.

Tuttavia, nei tumori di diametro > 3 cm la recidiva locale è alta, determinando un limite alla utilità della PEI

in questi tumori.

Effetti avversi: generalmente è ben tollerata. Possono tuttavia verificarsi effetti collaterali, tra i quali i più

frequenti sono il dolore localizzato dovuto alla necrosi locale e l’irritazione peritoneale generalizzata da

spandimento di alcool. Complicanze severe, che sono più rare (in meno del 5% dei casi) sono l’emorragia

intraperitoneale, l’insufficienza epatica, la fistola biliare, l’infarto epatico, l’ipotensione, l’insufficienza renale.

La PEI può essere associata ad altri tipi di terapie loco-regionali (p.es PEI + chemoembolizzazione

transarteriosa).

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 7 di 13

2.2 RFA

La metodica si basa sulla applicazione locale di energia termica a radiofrequenza a lesioni occupanti spazio

epatiche. Una corrente alternata ad alta frequenza si muove dalla punta di un elettrodo verso l’interno del

tessuto intorno all’elettrodo stesso.

Gli ioni all’interno del tessuto seguono i cambiamenti di direzione della corrente alternata, si verifica così un

frizionamento che è causa del riscaldamento del tessuto.

Quando la temperatura all’interno del tessuto tumorale supera i 60°C inizia la morte cellulare e si determina

una regione di necrosi intorno all’elettrodo.

Selezione dei pazienti: sebbene non ci sia un diametro assoluto del tumore oltre il quale la RFA non

debba essere applicata, i migliori risultati si ottengono in pazienti con noduli singoli < 4 cm.

La RFA si è dimostrata una procedura efficace nel trattamento della ricorrenza di HCC dopo resezione.

Alcuni autori sconsigliano la applicazione della RFA a tumori con sede sottocapsulare per il rischio di

“seeding” lungo il tragitto dell’ago, tuttavia tale osservazione proviene da una serie in cui per la RFA era

stato utilizzato un ago a punta fredda che potrebbe avere permesso ad una quota di cellule tumorali di

sopravvivere alla procedura.

La RFA non viene generalmente applicata a lesioni del “dome” o lungo il margine inferiore epatico, per il

rischio rispettivamente di danno diaframmatico o di perforazione intestinale. Le lesioni delle suddetti sedi

possono tuttavia essere efficacemente trattate se vengono applicate delle precauzioni (come l’isolamento dal

processo termico dell’intestino adiacente alla lesione). Lesioni lungo il margine inferiore epatico non

dovrebbero essere trattate per via percutanea (ma piuttosto per via laparoscopica o laparotomica) se

stomaco, duodeno o colon trasverso decorrono in loro stretta prossimità.

Tecnica: l’ago elettrodo viene introdotto all’interno del nodulo tumorale per via percutanea, laparoscopica o

laparotomica.

Vengono più spesso utilizzati i seguenti 2 tipi di ago elettrodo: ago con uncini espandibili e ago a punta

fredda. Tali tipi di ago elettrodo permettono una ablazione di forma sferica o ovoidale.

Per l’inserimento dell’ago si utilizza generalmente la guida ecografica. Una volta raggiunto il tumore si

procede al trattamento tramite il collegamento tra l’ago elettrodo e il generatore di radiofrequenza.

I tumori > 3 cm possono richiedere più di un posizionamento dell’ago elettrodo nell’ambito della stessa

seduta. Al fine di ottenere un “margine di sicurezza” (che possa mimare il margine chirurgico) si cerca di

produrre una lesione termica che includa 1 cm di tessuto perilesionale.

Risultati: l’efficacia per noduli di diametro < 2 cm è sovrapponibile a quella della PEI (anche se in genere

richiede un minor numero di sessioni). Nei noduli > 2 cm l’efficacia è superiore alla PEI. La ricorrenza locale

è riportata nello 0-28% dei casi. E’ difficile determinare una ablazione affidabile per lesioni > 5-6 cm.

Rimane controverso il beneficio apportato dalla RFA applicata a pazienti con HCC potenzialmente resecabili.

Effetti avversi:

Fatali: riportati nello 0-0.3% dei casi; rappresentati da insufficienza epatica e perforazione del colon.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 8 di 13

Severi - non fatali, riportati nell’11% dei casi: ascesso epatico (prevalentemente in pazienti con anastomosi

bilio-enterica), versamento pleurico, ustione cutanea, ipossiemia durante la procedura, pneumotorace,

ematoma sottocapsulare, insufficienza renale acuta, emoperitoneo, “seeding” lungo il tragitto dell’ago.

Sindrome post-ablazione, in circa il 36% dei casi: simile a quella post chemoembolizzazione, autolimitantesi,

con febbre, malessere, brividi, dolore in ipocondrio destro, nausea, ipertransaminasemia.

2.3 TACE

Consiste nella chemioembolizzazione arteriosa transcatetere dell’HCC. E’ in grado di determinare un

rallentamento della progressione della malattia, di migliorare la qualità di vita dei pazienti, di aumentare la

sopravvivenza dicirca 4 mesi e di permettere, all’interno di programmi di downstaging, la trapiantabilità di

pazienti che inizialmente non rientrano nei criteri di Milano.

Il nodulo di HCC ha almeno per il 70% irrorazione dalla arteria epatica, a differenza del parenchima epatico

sano, irrorato al 70% almeno dal circolo portale.

La TACE induce la NECROSI del nodulo, preservando il più possibile il parenchima “sano” ( di solito sono

epatopatici e cirrotici) iniettando il cocktail costituito da farmaco ed embolizzante nella arteria afferente al

nodulo (PRECISION TACE) o in un ramo segmentario o subsegmentario (TACE TRADIZIONALE ) dell’arteria

epatica.

Indicazioni: la TACE è in genere utilizzata nei casi in cui le terapie radicali non sono applicabili, ovvero

pazienti con tumori in stadio intermedio o B secondo la BCLC (più di un nodulo con diametro massimo

superiore a 5 cm senza invasione vascolare e disseminazione extraepatica ed in classe di CHILD A e B). I

pazienti in CHILD C non devono essere sottoposti a TACE, poiché presentano una mortalità periprocedurale

di circa il 40%. Fattore predittivo di risposta è un nodulo ipervascolarizzato sotto i 3 cm di diametro; fattori

predittivi negativi di risposta sono: nodulo sopra i 10 cm; più noduli; infiltrazione adiacente.

Controindicazioni

allergia al mezzo di contrasto jodato (assoluta)

insufficienza renale (relativa)

insufficienza epatica (assoluta)

trombosi portale (relativa/assoluta): se fattibile occorre eseguire embolizzazione superselettiva del

nodulo con riduzione del 50% di farmaco impiegato

presenza di fistole artero-portali (relativa /assoluta): se fattibile occorre eseguire embolizzazione con

SPONGOSTAN delle fistole prima della embolizzazione del nodulo

emergenza del ramo afferente al nodulo adiacente alla a.gastro duodenale (relativa /assoluta): se

fattibile occorre effettuare la preventiva embolizzazione con spirale.

Studio pre-TACE: occorre effettuare ANGIO-TC per valutare:

numero dei noduli

dimensione dei noduli

localizzazione dei noduli ( anche per eventuale bilateralità )

vascolarizzazione dei noduli

afferenze vascolari ( sede , numero , anatomia )

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 9 di 13

pervietà della porta

Preparazione del paziente: idratazione del paziente e terapia antibiotica se indicata.

Procedura: si effettua accesso vascolare per via percutanea transfemorale (raramente brachiale o

ascellare) poi si esegue cateterismo selettivo con cateteri 4 o 5 F della arteria mesenterica superiore (per

eventuali afferenze arteriose ai noduli da questo vaso) che della arteria splenica per valutazione della

pervietà portale con acquisizioni in tempi tardivi. Quindi si effettua cateterismo selettivo della arteria epatica

e superselettivo della epatica dx e/o sinistra, per confermare la presenza dei noduli ed identificare i principali

vasi. Durante la iniezione intarteriosa del farmaco è possibile, se necessario, somministrare antiemetici,

antidolorifici e gastroprotettori.

TACE tradizionale: consiste nella embolizzazione con cocktail di CHEMIOTERAPICO (DOXORUBICINA

CLORIDRATO 50 mg) con azione diretta citostatica sulla cellula tumorale + MEZZO DI CONTRASTO OLEOSO

(LIPIODOL 5cc per cm di lesione) che ristagna nelle cellule tumorali che sono prive di vasi linfatici di

drenaggio e cellule di Kupffer, determinando ischemia diretta sugli shunt arteroportali e ristagno in loco del

farmaco + PARTICELLE EMBOLIZZANTI RIASSORBIBILI (SPONGOSTAN) che occludendo temporaneamente,

circa 72 ore, l’afferenza vascolare alla lesione a fine procedura, impediscono il “lavaggio” della lesione con

ulteriore ristagno del mix inoculato.

Precision TACE : consiste nella embolizzazione effettuata con particelle sferiche permanenti, non

riassorbibili. Tra le principali vi sono:

CONTOUR ( PVA polivinilalcool), diametro 50-1200 µm

EMOSPHERE (sfere acriliche ), diametro 200-1200 µm

DC-BEAD (sfere idrofile derivato della polimerizzazione vinilica a rilascio di farmaco (100-300,

300/500, 500/700 o 700/900) che caricandosi di farmaco (doxorubicina o cisplatino) riducono il loro

volume di circa il 20%, mantengono la sfericità e non si aggregano tra di loro. Il rilascio da parte delle

sfere del farmaco avviene in circa 14 giorni quasi costantemente, raggiungendo il picco al 3° giorno; i

macrofagi le danneggiano non prima di 6 mesi. La NECROSI viene indotta sia meccanicamente, dalla

ostruzione vasale delle particelle, che chimicamente, dal rilascio del farmaco.

PREPARAZIONE DELLE DCBead: 50mg di DOXORUBICINA in polvere in 2 cc di acqua sterile; si aspira la

soluzione salina dei 2 cc di confezione di DCB e vi si inietta la doxorubicina preventivamente preparata;

si lascia adsorbire per 1 ora e si aggiungono dai 4 ai 20 cc di mdc iodato (DA DECIDERE)

La CONCENTRAZIONE di farmaco è circa da 10 a 100 volte maggiore nella lesione trattata con TACE

rispetto alla chemioterapia sistemica. La CONCENTRAZIONE sistemica del farmaco nell’HCC trattato con

PRECISION TACE rispetto alla TACE TRADIZIONALE è di circa 1/10

LA PRECISION TACE A DIFFERENZA DELLA TACE TRADIZIONALE è UNA EMBOLIZZAZIONE PERMANENTE

QUINDI DEVE COINVOLGERE solo I VASI AFFERENTI ALLA LESIONE.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 10 di 13

STRATEGIA ATTUALE :

A) NODULO UNICO : precision tace con DC-BEAD

B) NODULO UNICO con piccoli foci di neo periferici: precision tace sul nodulo + precision tace

subsegmentaria

C) PIU NODULI in un lobo : idem

D) PIU’ NODULI BILATERALMENTE:tace tradizionale/ per lobo/per volta oppure precision tace ripetute

alternativamente sui due lobi

N.B: la TACE tradizionale non ha perso il suo significato di chance terapeutica che rimane , nei pz non

resecabili , ottimo , ma il corredo sintomatologico importante sia intra che postprocedurale (leggi paragrafo

successivo ) che la accompagna , fa propendere , attualmente , la scelta verso la Precision CHEMIOTACE (

con DC-BEAD) .

COMPLICANZE

SINDROME POSTEMBOLIZZAZIONE della durata di 24/72 ore dopo la manovra

(febbre, dolore, nausea e vomito) direttamente proporzionale alla “quantità” di tumore embolizzato e

presente nella TACE TRADIZIONALE, quasi assente nella PRECISION TACE

Rialzo di GOT GPT (segno diretto di danno epatico) ed LDH per 2 sett , quasi assente nella PRECISION

TACE

INFARTO epatico (per event. Shunts artero-portali)

INFARTO polmonare, PLEURITE o INFARTO gastrico (contiguità con a. frenica inf. o arteria gastrica

sin)

NECROSI della colecisti ( contiguità con l’arteria cistica )

VALUTAZIONE POST PROCEDURA

Nella TACE TRADIZIONALE bisogna valutare la concentrazione di LIPIODOL, che implica alta concentrazione

di farmaco nella lesione e quindi successo della procedura (il LIPIODOL però maschera eventuali iperdensità,

in tempi arteriosi, per residui di malattia; ciò impone valutazione con RM )

Nella PRECISION TACE, già in tempi molto precoci (qualche giorno ) è evidente la ischemia indotta dalle

particelle; ad 1 mese il controllo evidenzia l’area ischemica e l’eventuale residuo iperdenso della lesione non

raggiunta dal farmaco.

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 11 di 13

RISULTATI : valutando diametro ed eventuale recidiva

P.TACE T:TACE

1 MESE

risposta completa 50% 80%

Risposta parziale 30 % 15%

No variazioni 5% 5%

peggioramento 15% -----

6 MESI

risposta completa 30% 50%

Risposta parziale 10% 10%

No variazioni 10%

peggioramento 50% 40%

La migliore risposta della TACE tradizionale rispetto alla Precision TACE è verosimilmente da mettere in

relazione allla “troppa selettività” di quest’ultima che quindi non coinvolge rami e/o micronoduli non

visualizzabili. Alcuni centri che hanno avuto percentuali di successo maggiori rispetto alla media (risposta

completa nel 40% rispetto ad una media del 33%, e risposta parziale nel 50% rispetto ad una media

dell’8%) programmano 3 cicli ad intervalli di 2 mesi a prescindere dal risultato evidenziato dalla TC.

PROPOSTA : 1 ) lasciare la precision TACE per i NODULI sotto i 3 cm e per quelli sopra i 3 cm

programmare 3 sedute di precision TACE ogni 2 mesi; 2 ) non essere troppo selettivi con la precision

TACE e completarla con una Precision TACE subsegmentaria per embolizzare le collateralità vasali

periferiche e i piccoli noduli non visualizzabili

ESPERIENZA MULTICENTRICA IN CORSO: PISA, CREMONA, PIACENZA REGGIO EMILIA

2.4 FARMACOLOGICO

Per i pazienti con HCC in stadi intermedi o avanzati in cui non sono applicabili le precedenti opzioni

terapeutiche non erano stati identificati fino a poco tempo fa trattamenti standard e di solito erano

consigliati a partecipare a studi clinici.

Il Sorafenib è una piccola molecola inibitrice di tirosina-chinasi somministrata per via orale. Ha come

bersaglio sia le cellule tumorali che quelle coinvolte nell’angiogenesi del tumore.

In studi preclinici, sorafenib ha dimostrato di agire sulle chinasi coinvolte sia nella proliferazione cellulare che

nell’angiogenesi, attivate da VEGFR-1, VEGFR-2, VEGFR-3, PDGFR-β, Raf-chinasi, KIT, FLT-3 e RET, c kit e

flt-3.

Nei test biochimici in vitro, sorafenib ha inibito in maniera spiccata la serin/treonin chinasi Raf-1- parte della

via Raf/MEK/ERK- che regola la proliferazione delle cellule, la loro sopravvivenza e l’angiogenesi.

La crescita tumorale può avvenire per attivazione di oncogeni, quali b-rafV600E, o iperattivazione di segnali

tramite la via Raf/ MEK/ERK. L’iperattivazione di Raf-1 si riscontra in una grande quantità di tumori, e può

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 12 di 13

essere attribuita “a monte” a attivazione di ras, o a mutazioni del recettore del fattore di crescita , oppure a

iperespressione dei fattori di crescita che attivano questa via.

In test biochimici, sorafenib ha inibito la fosforilazione dei recettori bersaglio delle tirosin-chinasi coinvolti

nell’angiogenesi e nella progressione del tumore, che comprendono VEGFR-1 umano, VEGFR-2 umano e

murino, PDGFR-ß murino, e RET umano.

Inibendo inoltre potentemente il segnale VEGFR-2, VEGF e fattore di crescita per fibroblasti (bFGF), blocca

anche la proliferazione delle cellule endoteliali e/o della muscolatura liscia umana.

In test cellulari in vitro, sorafenib ha indotto apoptosi in numerose linee cellulari umane, aumentando in

modo tempo e dose dipendente, la degradazione proteosomica dell’anti-apoptotico Mcl-1 membro della

famiglia Bcl-2.

Sono stati condotti diversi studi clinici di fase II e III che hanno evidenziato un aumento di sopravvivenza ed

aumento del tempo di progressione del tumore di circa 8-10 settimane: gli studi di fase III, recentemente

pubblicati, sono lo studio SHARP e lo studio Asia-Pacifico.

Studio Sharp (Loved JM et al NEJM 2008) :

In questo studio sono stati arruolati 602 pazienti affetti da HCC avanzato ( cirrosi Child Pough A ed ECOG

0,1,2). Di questi pazienti 299 sono stati randomizzati nel braccio con Sorafenib al dosaggio di 400mg per 2

volte al dì, mentre 303 pazienti sono stati randomizzati nel braccio placebo.

Gli endpoints primari erano OS ( Sopravvivenza Globale) e TTP ( Tempo alla progressione).

OS : 10,7 mesi ( sorafenib) , 7,9 mesi ( placebo)

TTP: 5,5 mesi ( sorafenib), 2,8 mesi ( placebo)

Studio ASIA/ PACIFICO (Cheng et al. ASCO Annula meeting 2008):

In questo studio sono stati arruolati 226 pazienti affetti da HCC avanzato ( cirrosi Child Pough A ed ECOG

0,1,2). Di questi pazienti 150 sono stati randomizzati nel braccio con Sorafenib al dosaggio di 400mg per 2

volte al dì, mentre 76 pazienti sono stati randomizzati nel braccio placebo.

Gli endpoints primari erano OS ( Sopravvivenza Globale) e TTP ( Tempo alla progressione).

OS : 6,5 mesi ( sorafenib), 4,2 mesi ( placebo)

Pazienti candidabili all’assunzione di Sorafenib:

• Pazienti con HCC avanzato/inoperabile, non candidabili a terapie radicali o locoregionali.

• HCC documentato citologicamente o istologicamente (all’interno di protocolli)

• Almeno una lesione tumorale che sia misurabile con criteri RECIST

• Pazienti precedentemente trattati con trattamenti loco-regionali

• ECOG PS di 0, 1, or 2

• Stato di cirrosi di classe Child-Pugh A or B

• Barcelona-Clinic Liver Cancer (BCLC) stadio B o C

• I seguenti parametri di laboratorio:

• Conta piastrinica ≥60 x 10 9 /L

• Emoglobina ≥8.5 g/dL

Azienda Ospedaliera di Reggio Emilia Azienda Unità Sanitaria Locale Arcispedale S. Maria Nuova Reggio Emilia

Maggio 2009 Pag. 13 di 13

• Bilirubina totale ≤3 mg/dL

• Transaminasi (ALT) e AST ≤ 5 x i limiti superiori della norma

• Amilasi e lipasi ≤ 1.5 x i limiti superiori della norma

• Creatinina serica ≤ 1.5 x i limiti superiori della norma

• Tempo di protrombina (PT)- International Normalized Ratio (INR) ≤ 2.3 o PT ≤ 6 secondi.

Pazienti non candidabili ad assunzione di Sorafenib:

• Insufficienza renale richiedente emodialisi o dialisi peritoneale.

• Storia di malattia cardiaca: insufficienza cardiaca congestizia > New York Heart Association (NYHA)

classe 2; malattia coronarica attiva (CAD); aritmia cardiaca richiedente terapia antiaritmica (eccetto

betabloccanti o diossina), o ipertensione non controllata. Infezione clinicamente seria attiva (>

Grado 2 [NCI CTCAE] versione 3.0)

• Storia conosciuta di infezione da HIV .

• Neoplasie del sistema nervoso centrale, inclusa malattia cerebrale metastatica

• Pazienti con sanguinamento gastrointestinale importante

• Pazienti incapaci di assumere terapie orali.

• Gravidanza o allattamento.

• CIRROSI CHILD C

La dose terapeutica negli adulti è 400mg 2 volte al dì.