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AZIENDA OSPEDALIERA UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI PERUGIA ICTUS CEREBRI Dalla diagnosi alla terapia PERCORSO ASSISTENZIALE DEL PAZIENTE IN STROKE UNIT Rev. 00 Novembre 2010 Pagina 1 di 48 1 Divisione di Medicina Interna Cardiovascolare, Università degli Studi Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia Perugia ICTUS CEREBRI DALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA PERCORSO ASSISTENZIALE DEL PAZIENTE IN STROKE UNIT STORIA DELLE MODIFICHE APPORTATE Data Rev. Motivo del cambiamento 01-04-08 Rev.00 Prima emissione

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1

Divisione di Medicina Interna Cardiovascolare, Università degli Studi

Azienda Ospedaliera S. Maria della Misericordia Perugia

ICTUS CEREBRI

DALLA DIAGNOSI ALLA TERAPIA

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STORIA DELLE MODIFICHE APPORTATE

Data Rev. Motivo del cambiamento

01-04-08 Rev.00 Prima emissione

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INDICE:

I) Percorso assistenziale del paziente con ictus acuto

II) Gestione dell’ictus ischemico in Stroke Unit

IIa) Protocollo sull'utilizzo dei trombolitici

IIb) Prevenzione secondaria dell’ictus ischemico

III) Gestione dell’ictus emorragico in Stroke Unit

IV) Percorso assistenziale del paziente con TIA

Appendice

GRUPPO DI LAVORO Prof. Giancarlo Agnelli Dr. Monica Acciarresi Dr.Andrea Alberti Dr. Valeria Caso CPSE Patrizia Fanelli Dr. Maurizio Paciaroni Dr. Michele Venti

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I) PERCORSO ASSISTENZIALE DEL PAZIENTE CON ICTUS ACUTO

Introduzione

L’ictus acuto è una delle principali cause di morte e morbilità in tutto il mondo. Sino a poco tempo

fa, il management in fase acuta dei pazienti con ictus era caratterizzato da una sorta di nichilismo

terapeutico. Tuttavia, l’aumento delle conoscenze sulla fisiopatologia e la scoperta di nuove

strategie terapeutiche, hanno cambiato questo atteggiamento. L’ictus acuto è ormai riconosciuto

come un’emergenza medica. Il trattamento dei pazienti con ictus acuto in reparti specializzati

(Stroke Unit) è stato provato essere efficace. Sebbene non disponibile ovunque, la terapia

trombolitica offre un vantaggio aggiuntivo.

Definizione di ictus L'ictus o stroke è definito come un improvviso deficit neurologico dovuto ad un’ischemia o ad

un’emorragia a livello del sistema nervoso centrale (SNC). L’ictus ischemico rappresenta il 75% di

tutti gli ictus ed è causato dall’occlusione anatomica o funzionale di un vaso che determina

cessazione dell’apporto di ossigeno e glucosio alla cellula nervosa con successivo blocco dei

processi metabolici nel territorio colpito. Un infarto ischemico è una irreversibile lesione strutturale

a livello del tessuto del SNC. Gli attacchi ischemici transitori (TIA), sono invece brevi episodi (<24

ore) di deficit neurologici completamente reversibili. L’incidenza dello stroke è stimata essere tra

100-200 casi/100.000 abitanti per anno, rappresentando, dopo le malattie cardiovascolari ed i

tumori, la terza causa più comune di morte e la più importante causa di disabilità permanente. I

sintomi ed i segni variano a seconda del territorio cerebrale colpito. I più frequenti sono

rappresentati da:

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- deficit di forza e/o disturbo sensitivo di un emilato;

- disturbo dell’eloquio (afasia), difficoltà dell’articolazione della parola (disartria), difficoltà della

percezione dello spazio (neglect)

- deficit visivo (emianopsia parziale o completa);

- disturbo di coscienza

- diplopia, vertigini, instabilità posturale (atassia)

La precoce identificazione della causa dell’ictus (ischemia od emorragia intraparenchimale) è

essenziale per la gestione clinica del paziente.

Nel caso di ictus è indicato il ricovero immediato in apposite strutture semi-intensive dedicate, le

Stroke Unit, in cui i pazienti con ictus vengono seguiti da un team multidisciplinare costituito da

medici, infermieri e riabilitatori competenti ed esclusivamente dedicati alle malattie

cerebrovascolari. In tali aree è possibile monitorare e correggere parametri vitali essenziali quali

pressione arteriosa (PA), attività cardiaca, temperatura corporea, attività respiratoria.

Modalità di accesso alla Stroke Unit

La proposta di ricovero alla Stroke Unit può essere fatta da:

1. Pronto Soccorso: il paziente viene tempestivamente valutato dal medico del PS che valuta il

tempo di insorgenza dei sintomi focali ed attiva i colleghi della neuroradiologia del PS per

eseguire TC-cerebrale ed il medico di guardia della Stroke Unit.

2. Trasferimenti da altre U.O. dell'Azienda Ospedaliera previa consulenza del medico di

guardia della Stroke Unit

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Accettazione presso la Stroke Unit

Il medico, che con la collaborazione dell'infermiere professionale svolge l'iter diagnostico con

estrema urgenza, provvede a:

accogliere il paziente

raccogliere l'anamnesi

effettuare l'esame obiettivo neurologico con quantificazione del danno attraverso scale

valutative (National Institute of Health Stroke Scale, Modified Rankin Scale) ed ipotizzare la

sede della lesione per indirizzare l'iter diagnostico e terapeutico

se necessario, contattare i neuroradiologi per l'esecuzione di una TC encefalo immediata se

non già eseguita al PS

effettuare prelievi ematobiochimici ed eventuale emogasanalisi

eseguire ECG

eseguire ecocolordoppler dei vasi epiaortici e colordoppler transcranico con la valutazione

dell’eventuale presenza dei microemboli

monitorare per almeno 24 ore i parametri vitali

monitorare clinicamente il paziente con particolare attenzione all'evoluzione del quadro

neurologico

valutare le funzioni sfinteriche, con l’eventuale posizionamento di catetere vescicale

valutare la deglutizione, con l’eventuale posizionamento di sondino naso-gastrico

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Gestione in acuto dell’ictus ischemico

Sintomatologia insorta da 3 ore:

Trombolisi

Entro 3 ore dall’inizio della sintomatologia è raccomandata la somministrazione di rt-PA intravenosa

secondo linee guida.

L’EMEA dal 2001 ha rilasciato l’autorizzazione al trattamento trombolitico entro le prime 3 ore dall’insorgenza della sintomatologia neurologica, ma in virtù dei recenti risultati dell’ECASS III tale finestra terapeutica potrà essere estesa sino a 4.5 ore.

Sintomatologia insorta da 3-6 ore:

- Dopo le 3 ore, e comunque entro le 6 ore dall'insorgenza della sintomatologia, la trombolisi

endovenosa è consigliata solo in pazienti altamente selezionati (es. dopo aver effettuato RM

encefalo con sequenze in diffusione)

- L’occlusione acuta dell’arteria basilare può essere trattata con terapia intra-arteriosa (durante

seduta angiografica in neuroradiologia) utilizzando il trombolitico entro 6 ore dall’inizio della

sintomatologia [in casi selezionati la finestra terapeutica è estendibile a 12 ore];

- Altre terapie possibili entro le 6 ore: oltre ai trombolitici esistono numerosi farmaci

sperimentali con meccanismo di azione diverso (anti-infiammatorio, neuroprotettivo, anti-

eccitotossico) utilizzabili solo in centri dedicati allo stroke.

Sintomatologia insorta oltre le 6 ore

Terapia antiaggregante: quando il paziente non può essere sottoposto a terapia trombolitica, deve

assumere più velocemente possibile terapia anti-aggregante con aspirina (160-325 mg dose di

carico).

Terapia anticoagulante: non vi sono indicazioni al trattamento con eparina a dosi terapeutiche

nella fase acuta nell’ictus.

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Gestione in acuto dell’ictus emorragico

Emorragia cerebrale spontanea: non vi sono terapie farmacologiche specifiche per l'emorragia

intraparenchimale. In base all'estensione ed alla sede della lesione può essere indicato l'intervento

neurochirurgico.

Emorragia cerebrale durante terapia anticoagulante: è indicata una rapida correzione del

deficit emostatico.

II) GESTIONE DELL’ICTUS ISCHEMICO IN STROKE UNIT

Fisiopatologia dell’ictus ischemico

L’occlusione atero-trombotica o trombo-embolica di un vaso cerebrale determina la morte della

cellula neuronale nell’area ipoperfusa. Questa area può essere suddivisa in una parte centrale,

costituita da una zona irreversibilmente compromessa, ed una zona più periferica chiamata

penombra ischemica, che presenta cellule funzionalmente coinvolte ma ancora vitali per la

presenza di circoli collaterali. Questa area può trasformarsi in infarto per il secondario danno

neuronale indotto dalla cascata di eventi biochimici che si verificano in assenza di ossigeno.

Eziologia dell’ictus ischemico

Mentre i processi biochimici del danno ischemico cerebrale sono uniformi, differenti possono essere

le cause di un ictus ischemico:

- lesioni stenotiche aterosclerotiche e aterotrombotiche a livello dei vasi cervicali extracranici e a

livello delle grosse arterie intracraniche

- emboli artero-arteriosi da lesioni aterosclerotiche che portano all’occlusione di vasi intracranici;

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- embolia cerebrale (da fonti cardiache per protesi valvolari, fibrillazione atriale, trombi

intracardiaci, miocardiopatia dilatativa, recente infarto del miocardio, o shunts intracardiaci);

- lipoialinosi dei piccoli vasi che porta a lesioni lacunari microangiopatiche.

Cause meno comuni comprendono la dissecazione delle arterie cervicali, vasculiti, o trombosi

dovute a coagulopatie.

Neuroimaging

La tomografia computerizzata (TC) dell’encefalo eseguita senza mezzo di contrasto permette di

distinguere tra ICTUS di natura ischemica, emorragia intraparenchimale ed emorragia

subaracnoidea. L’esame deve essere effettuato prima dell’inizio di qualsiasi trattamento specifico.

Con le moderne tecnologie di TC è possibile riconoscere precoci segni di ischemia entro 3-6 ore

dall’inizio della sintomatologia (lieve ipodensità a livello della sostanza grigia, ipodensità dei nuclei

della base, obliterazione focale dei solchi e delle cisterne, iperdensità arteriosa ).

Inoltre con l’angio-TC usando la TC spirale, è possibile mettere in evidenza la pervietà o

l’occlusione dei grossi vasi extracranici intracranici.

Sequenze di Risonanza Magnetica, come le immagini pesate in diffusione o in perfusione, sono utili

per identificare la grandezza dell’area infartuata e del tessuto a rischio, anche per piccoli infarti a

livello del tronco dell’encefalo.

Elettrocardiogramma

L’elettrocardiogramma è indispensabile per l’alta incidenza di patologie cardiache nei pazienti con

ICTUS. La presenza di fibrillazione atriale o di recente infarto del miocardio possono essere fonte di

emboli a livello cerebrale.

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Ultrasonografia

L’ecocolor-Doppler dei vasi extracranici ed intracranici permette di identificare l’occlusione o la

stenosi di un vaso, la presenza di collaterali, e l’eventuale ricanalizzazione. Il test alle microbolle

effettuato con il doppler transcranico permette di evidenziare la pervietà del forame ovale. Altri

esami ultrasonografici includono l’ecocardiografia transtoracica e transesofagea per valutare

eventuali condizioni predisponenti al cardioembolismo.

Valutazione delle arterie periferiche.

Le arterie periferiche sono frequentemente interessate dall’aterotrombosi. L’indice caviglia-braccio

(ABI) è un test facile per evidenziare la presenza di una patologia arteriosa periferica asintomatica.

Un ABI <0.9 è un fattore di rischio indipendente per malattia cardio- e cerebrovascolare.

Test di laboratorio

Essi includono un profilo ematologico, quadro emostatico, elettroliti, parametri di funzionalità

epatica e renale e marker infiammatori e di infezione.

Parametri di laboratorio

Routine ematologica e biochimica:

- emocromo

- quadro emostatico

- elettroliti

- azotemia e creatininemia

- assetto lipidico

- CPK e CPK-MB

- transaminasi

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- VES, PCR

Test di laboratorio particolari (in pazienti selezionati):

- Proteina C, Proteina S, Resistenza alla proteina C-attivata;

- Anticorpi anticardiolipina;

- Omocisteina;

- Screening per vasculiti

- Terapia

I parametri che influenzano l’outcome funzionale a lungo termine sono: il tempo trascorso tra

l’inizio della sintomatologia e lo specifico trattamento, il riconoscimento ed il trattamento di

condizioni cliniche che possono influenzare l’outcome (pressione arteriosa, temperatura corporea,

glicemia) e le complicanze cerebrali ed extracerebrali.

La gestione dell’ictus acuto ha come obbiettivo:

1) ricanalizzazione del vaso occluso;

2) prevenzione di un’eventuale recidiva precoce;

3) prevenzione o riduzione del danno neuronale secondario;

4) stabilizzazione delle funzioni vitali;

- Trattamento generale dell’ictus e monitorizzazione

Quando il paziente arriva in Stroke Unit è necessario innanzitutto verificare la stabilità dei

parametri vitali. E’ raccomandata una regolare osservazione del paziente per riconoscere eventuale

coinvolgimento delle funzioni polmonare e circolatoria e per riconoscere complicanze da effetto

massa (stato di vigilanza e pupille).

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- Trattamento specifico

a) Trombolisi.

La somministrazione di terapia trombolitica in fase precoce nell’ictus ischemico è basata sul

concetto che la pronta ricanalizzazione di un vaso arterioso occluso determina la

rivascolarizzazione prevenendo la necrosi, e quindi la morte cellulare irreversibile, nella zona di

penombra ischemica. Il recupero della funzione neuronale riduce la disabilità residua.

Devono essere seguite le seguenti raccomandazioni:

- Entro 3 ore dall’inizio della sintomatologia è raccomandata la somministrazione di rtPA

intravenosa (0.9 mg/kg; dose massima 90 mg) con il 10% della dose somministrata in bolo,

seguita dall’infusione della restante dose in 60 minuti.

- Dopo 3 ore ma entro 6 dall’insorgenza della sintomatologia, il beneficio dell’rtPA intravenoso è

più basso (anche per un maggiore rischio emorragico) ma è presente in pazienti selezionati

- La somministrazione di rtPA intravenoso non deve essere effettuata se non si conosce

esattamente l’ora dell’insorgenza dei sintomi;

- La somministrazione di trombolitico per via intra-arteriosa nell’occlusione del tratto M1 dell’arteria

cerebrale media, è efficace se effettuata entro 6 ore dall’inizio della sintomatologia. Tuttavia,

questo trattamento può essere effettuato solo in centri specializzati.

- L’occlusione acuta dell’arteria basilare può essere trattata con terapia intra-arteriosa utilizzando

urokinasi alla dose massima di 1.5 milioni di U.I. o rtPA fino a 50 mg, entro 6 ore (al massimo 12

ore in casi selezionati) dall’inizio della sintomatologia;

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b) Terapia antitrombotica.

Eparina ed eparinoidi.

Non è stata mai provata l’efficacia dell’eparina a dosi terapeutiche nella fase acuta dell’ictus.

Anche nei pazienti con FA, l’anticoagulazione precoce riduce il numero delle recidive precoci, ma

espone il paziente ad un maggior rischio di sanguinamento. Pertanto si tende a trattare anche i

pazienti con FA con aspirina 300mg nelle prime 2-4 settimane dopo l’ictus e solo successivamente

ad iniziare terapia anticoagulante. Tuttavia, pur in assenza di evidenze, alcuni esperti consigliano

l’eparina a dosi terapeutiche in pazienti estremamente selezionati, con elevato rischio embolico.

c) Antiaggreganti piastrinici.

Studi randomizzati (IST, CAST) indicano che l’aspirina (160-300 mg) somministrata entro 48 ore

dall’esordio di ictus acuto, riduce la mortalità ed il rischio di recidiva.

d) Neuroprotettori.

Nessuno dei farmaci neuroprotettori, efficaci in modelli animali di ictus (ad es. i calcio antagonisti

come la nimodipina, antagonisti dei recettori NMDA, lubeluzolo, bloccanti le cellule di adesione e

molti altri), ha dimostrato un chiaro beneficio clinico. Al momento non vi è indicazione all’utilizzo di

questi farmaci in pazienti con ictus.

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- Trattamento acuto delle complicanze neurologiche

a) Edema cerebrale L’edema cerebrale si presenta nelle prime 24-48 ore dopo l’infarto

ischemico. Nei pazienti più giovani o nei pazienti con estesa lesione ischemica, l’edema può

determinare l’aumento della pressione intracranica con rischio di erniazione cerebrale e

compromissione delle funzioni vitali (infarto maligno).

Management di base:

- tenere la testa leggermente elevata (30°);

- normalizzare la temperatura corporea;

Terapia osmotica:

- mannitolo 10% ev, 100 ml 4 ore per 2-5 giorni e successiva graduale sospensione

Altra terapia medica:

- i corticosteroidi non sono raccomandati per l’ictus;

Chirurgia:

- Infarto maligno dell’ACM in evoluzione: pazienti selezionati di età inferiore a 60 anni possono

beneficiare della terapia di decompressione chirurgica entro 48 ore dall’esordio dei sintomi.

- Estesi infarti cerebellari: pazienti selezionati possono beneficiare di ventricolostomia e chirurgia

decompressiva.

b) Crisi epilettiche.

Nella fase precoce di un ictus si possono presentare (4-5% dei casi) crisi epilettiche. La severità,

l’interessamento corticale e la natura emorragica dell’ictus rappresentano i principali fattori di

rischio. Le crisi risultano prevalentemente di tipo parziale con possibile secondaria

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generalizzazione. Nel 4-8% delle crisi si può verificare uno stato di male epilettico. L’esame

elettroencefalografico può risultare di aiuto nei casi con crisi prolungate o nei casi in cui si sospetti

uno stato epilettico non convulsivo.

Raccomandazioni:

• Non è indicata la profilassi antiepilettica in assenza di crisi.

• Nel caso di comparsa di crisi prolungate o ricorrenti è raccomandato il trattamento

farmacologico. La scelta del farmaco antiepilettico sarà influenzata dalle comorbidità e dalle

eventuali interazioni farmacologiche con i farmaci usati dal paziente. Evitare, se possibile, il

fenobarbitale per un possibile effetto negativo sul recupero. Valutare la possibilità di sospendere

gradualmente la profilassi nei 3-6 mesi successivi.

• In caso di stato di male epilettico e di crisi epilettiche subentranti, anche nei pazienti con

ictus, va impiegato il trattamento standard che prevede la somministrazione iniziale di

benzodiazepine per via endovenosa.

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- Trattamento delle complicanze internistiche

Ipertensione arteriosa

La pressione arteriosa è frequentemente elevata dopo un ictus ischemico. Dovrebbe essere

mantenuta alta per ottimizzare la perfusione della zona ischemizzata. Tuttavia, la pressione

arteriosa deve essere abbassata in caso di emorragia cerebrale o se esistono condizioni a rischio

(cardiopatia con segni di scompenso, presenza di infarto del miocardio, encefalopatia ipertensiva,

presenza di danni d’organo come un’insufficienza renale, terapia con fibrinolitici).

L’ipotensione (pressione sistolica <100 mm/Hg; diastolica <50 mm/Hg) deve essere trattata con

l’introduzione di liquidi e/o di dopamina.

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Preparazione e somministrazione della dopamina (REVIVAN).

Preparare 2 fiale in 100 ml di soluzione fisiologica (si hanno così 4mg/ml). La velocità di infusione

dipende dal peso corporeo secondo il seguente schema:

40 kg ml/h

50 kg Ml/h

60 kg ml/h

70 kg Ml/h

80 kg ml/h

90 kg ml/h

1 1 2 2 2 3

Stimolazione dopaminergica

2 2 3 3 4 4

2 3 4 4 5 5

3 4 4 5 6 6

4 4 5 6 7 8

Stimolazione beta adrenergica

4 5 6 7 8 9

5 6 7 8 9 10

5 7 8 9 11 12

6 7 8 10 12 14

6 8 10 11 13 15

. 7 9 11 12 14 17

8 10 12 13 14 18

8 10 13 15 18 20

Stimolazione alfa adrenergica

9 11 13 15 18 20

9 12 14 16 19 21

10 13 15 17 20 22

11 13 16 18 22 24

11 14 17 19 23 26

12 15 18 20 24 27

Raccomandazioni:

- Non trattare l’ipertensione se la pressione sistolica è <220 mmhg o la diastolica <120 mmhg.

Sono preferibili valori intermedi (160-180/90-100).

- La riduzione della pressione arteriosa deve essere graduale, utilizzando i seguenti farmaci:

In presenza di elevata PA sistolica (>220) con diastolica compresa tra 120-140:

- urapidil (EBRANTIL)

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- fiale da 50mg (10 cc) diluibili in soluzione fisiologica o glucosata

- somministrare con pompa di infusione: diluire 2 fiale da 10 cc

(50 mg) + 30 cc di soluzione fisiologica. La concentrazione

finale è 2 mg/ml. Iniziare l’infusione con 2mg/min (60 ml/h),

riducendo quindi la velocità di infusione in base alla risposta clinica

fino a valori medi di 0.15-0.20 mg/min (vedi tabella):

mg/minuto ml/ora dose/ora (in mg)

0.05 1.5 3

0.10 3 6

0.15 4.5 9

0.20 6 12

0.30 9 18

0.50 15 30

0.75 22.5 45

1 30 60

2 60 120

- labetalolo (TRANDATE)

- fiale da 100 mg

- 2 f. in 200 cc di soluzione fisiologica

- infusa con pompa 2mg (2ml) per minuto (poi modificare in

base alla risposta)

- non utilizzare in caso di asma, insufficienza cardiaca,

bradicardia, disturbi severi della conduzione.

In presenza di elevata PA diastolica (>140):

Nitroglicerina (fiale 5mg):

- 5 mg (1 fiala) in 100 cc di sol. fisiol.

- 0,5-6,0 mg per ora

- 10.5 ml - 126 ml per ora

- la dose dipende dalla risposta

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Nitroprussiato di sodio:

- fiale da 100 mg. 1 fiala va diluita in 50 cc di soluzione

fisiologica al 5% (1cc=2000 gamma)

- schermare la via d’infusione

- iniziare con 0.1 gamma/kg/min

- aumentare ogni 3-5 minuti fino all’effetto voluto

- dose massima: 5 gamma/kg/min (vedi tabella):

peso kg 0.1γ/ kg/min

0.2 0.5 1 2 3 4 5

40 0.12 cc/ora

0.24 0.6 1.2 2.4 3.6 4.8 6

50 0.15 0.3 0.75 1.5 3 4.5 6 7.5

60 0.18 0.36 0.9 1.8 3.6 5.4 7.2 9

70 0.21 0.42 1.05 2.1 4.2 6.3 8.4 10.5

80 0.24 0.48 1.2 2.4 4.8 7.2 9.6 12

90 0.27 0.54 1.35 2.7 5.4 8.1 10.8 13.5

Attenzione agli effetti collaterali (tachicardia riflessa, ischemia coronaria).

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Temperatura corporea

La febbre influenza negativamente l’outcome del paziente con ictus.

Raccomandazioni:

- trattare l’iperpiressia se temperatura corporea >37,5° C con antipiretici quali il paracetamolo (via

orale o rettale)

- usare precocemente antibiotici in presenza di segni di verosimile infezione batterica (urinaria o

polmonare).

Metabolismo del glucosio

Iperglicemia: si verifica nel 60% dei pazienti senza diabete conosciuto. Dopo un ictus acuto,

l’iperglicemia è associata ad infarti di maggiori dimensioni, con interessamento corticale e ad una

peggiore prognosi funzionale.

L’ipoglicemia [< 50 mg/dl (2,8 mmol/l)] può mimare un infarto ischemico acuto e deve essere

prontamente corretta.

Raccomandazioni:

- evitare l’iperglicemia;

- trattare l’iperglicemia se >180 mg/dl con immediata introduzione di adeguate dosi di insulina

sottocute

- utilizzare insulina in infusione endovenosa solo in caso di coma iperosmolare o chetoacidosico

- trattare l’ipoglicemia <50mg/dl con infusione di glucosio al 10%.

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Saturazione arteriosa periferica dell’ossigeno

Un’adeguata ossigenazione può essere importante per preservare un adeguato turnover

metabolico nella zona di penombra ischemica. Soprattutto i pazienti con infarto che interessa il

tronco encefalo o che presentino un infarto maligno a livello dell’arteria cerebrale media, sono ad

alto rischio per una insufficienza respiratoria dovuta ad ipoventilazione, ostruzione delle vie aeree

ed aspirazione.

Raccomandazioni:

- monitorare frequenza respiratoria e saturazione periferica di ossigeno.

- Mantenere la saturazione arteriosa periferica di ossigeno superiore a 92% con la

somministrazione di ossigeno se necessario.

Liquidi ed elettroliti

Lo stato degli elettroliti e l’idratazione devono essere attentamente monitorizzati per evitare una

contrazione del volume plasmatici ed un aumento dell’ematocrito.

Raccomandazioni:

- posizionare precocemente sondino nasogastrico nei pazienti disfagici per idratare i pazienti

preferenzialmente per via enterale

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Attività cardiaca

Alterazioni di ritmo e frequenza cardiaca sono di frequente riscontro nella fase acuta dell’ictus.

Possono essere presenti aritmie presistenti o di nuova insorgenza potenzialmente emboligene o

causa di complicanze emodinamiche.

Raccomandazioni:

- monitorare l’attività cardiaca

- trattare le aritmie favorendo il controllo della frequenza piuttosto che del ritmo.

Trombosi venosa profonda

Il paziente con ictus disabilitante presenta un alto rischio di sviluppare trombosi venosa profonda.

Raccomandazioni:

- nei pazienti con ictus ischemico disabilitante è utile la profilassi con eparine a basso peso

molecolare sottocute iniziando entro 48 ore dall’insorgenza dei sintomi dopo aver escluso

trasformazioni emorragiche con appropriati esami di neuroimaging.

Complicanze infettive

Il paziente allettato è particolarmente a rischio di sviluppare complicanze infettive polmonari o

urinarie.

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Raccomandazioni:

- mobilizzare precocemente il paziente

- monitorati i parametri clinici, laboratoristici e strumentali di infezione

- iniziare all'occorrenza una adeguata terapia antibiotica.

- evitare profilassi con antibiotici

Agitazione psicomotoria

Agitazione e confusione possono essere conseguenza dell’ictus acuto, ma potrebbero anche essere

dovute a sue complicanze come febbre, disidratazione, infezione, ritenzione urinaria.

Raccomandazioni:

- trattare la causa sottostante prima di ogni tipo di sedazione o trattamento antipsicotico.

- Attualmente non ci sono farmaci di elezione per gli stati di agitazione psicomotoria in fase acuta

dell’ictus.

Cadute

Le cadute rappresentano una possibile complicanza nei pazienti colpiti da ictus. I probabili fattori di

rischio sono rappresentati oltre che dagli esiti dell’evento acuto, da disturbi cognitivi, depressione,

politerapia e disturbi sensoriali. Possono procurare lesione traumatiche e sono associate a un

outcome clinico avverso.

Raccomandazioni:

- sorvegliare il paziente ed attuare eventuale contenzione secondo linee guida aziendali

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Complicanze urinarie

La maggior parte delle infezioni delle vie urinarie contratte in ospedale è associata all’uso di

cateteri vescicali. La cateterizzazione intermittente non è stata associata a nessuna riduzione del

rischio di infezione. Una volta diagnosticata l’infezione urinaria, vanno scelti gli antibiotici adeguati;

per evitare lo sviluppo di resistenze batteriche, bisogna evitare l’antibioticoprolifassi.

L’incontinenza e la ritenzione urinaria sono frequenti dopo un ictus, in particolare nei pazienti più

anziani, più disabili e affetti da disturbi cognitivi. Stime recenti suggeriscono una prevalenza del

40-60% nella popolazione con ictus acuto, di cui il 25% rimane incontinente alla dimissione e il

15% a 1 anno. Incontinenza e ritenzione urinaria rappresentano elementi predittivi di esito

funzionale non favorevole. Tuttavia, i dati provenienti dagli studi attualmente disponibili sono

insufficienti per guidare il trattamento dei disturbi sfinteri ali degli adulti dopo un ictus. Sono in

corso approcci multidisciplinari con valutazione strutturata e nursing nel ridurre l’incontinenza

urinaria e i relativi sintomi dopo un ictus.

Raccomandazioni:

- posizionare catetere vescicale solo in caso di effettiva necessità

- evitare la terapia antibiotica di profilassi

Disfagia e alimentazione

La disfagia si verifica nel 50% dei pazienti con ictus maggiore associato ad emiplegia. La

prevalenza della disfagia è maggiore nelle fasi acute dell’ictus e si riduce al 15% a 3 mesi. La

disfagia è associata a una maggiore incidenza di complicanze mediche e a un’aumentata mortalità

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globale. Secondo una recente revisione sistematica in pazienti con ictus, l’incidenza di disfagia

risulta più elevata usando test clinici specifici (water swallow test; 51%-55%) ed ancora maggiore

con test strumentali (esame endoscopico a fibre ottiche o videofluoroscopia; 64%-78%). Inoltre la

disfagia si presenta meno frequentemente negli ictus emisferici, mentre è clinicamente più

rilevante, anche nel lungo termine, negli ictus del tronco dell’encefalo. Il rischio di complicanze

broncopolmonari risulta aumentato in pazienti con disfagia ed aspirazione.

Un’insufficiente alimentazione può peggiorare lo stato catabolico dei pazienti con ictus. Le stime di

incidenza della malnutrizione variano dal 7 al 15% all’ammissione e dal 22 al 35% a 2 settimane;

tra i pazienti che richiedono una riabilitazione prolungata, la prevalenza della malnutrizione può

raggiungere il 50%. La malnutrizione è associata ad uno scarso recupero funzionale e a

un’aumentata mortalità. Tuttavia, somministrare integratori alimentari di routine a tutti i pazienti

con ictus non migliora gli esiti né riduce le complicanze. Nei pazienti con disfagia persistente, le

opzioni per la nutrizione enterale comprendono il SNG o la PEG.

Raccomandazioni:

- Valutare la presenza di disfagia con test clinici specifici in tutti i pazienti

- Posizionare precocemente il sondino nasogastrico in presenza di disfagia

- Valutare la ripresa della deglutizione con un approccio combinato tra neurologo, foniatra,

logopedista ed infermiere previa valutazione della motilità laringo-faringea.

- Considerare la possibilità di posizionare PEG se non vi sono evidenze della ripresa della

deglutizione dopo 1 mese circa dell’evento ictale.

- Preferire la nutrizione entrale evitando la nutrizione parenterale

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- Usare prodotti nutrizionali adeguati in somministrazione continua tramite pompa entrale, con

sospensione durante le ore notturne per ridurre il rischio di rigurgiti ed aspirazioni

Riabilitazione precoce

La riabilitazione precoce riduce la disabilità residua nei pazienti con ictus. L’intensità del

programma riabilitativo dipende dallo stato del paziente e dal grado di disabilità. Se la riabilitazione

attiva non è possibile (es. per riduzione dello stato di coscienza), deve essere effettuata la

riabilitazione passiva per minimizzare il rischio di contrazioni, dolori articolari, piaghe da decubito e

polmoniti.

Raccomandazioni:

- Iniziare la riabilitazione prima possibile

- Mobilizzare il paziente una volta ottenuta la stabilizzazione clinica del paziente

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IIa) PROTOCOLLO SULL'UTILIZZO DEI FIBRINOLITICI

Criteri di inclusione:

Diagnosi clinica di ictus ischemico in accordo ai criteri OMS.

Tempo di insorgenza deve essere ben stabilito e minore di 180 minuti al momento dell'inizio

della terapia

Età >18<80°

Criteri di esclusione:

Evidenza di emorragia cerebrale all'esame TC

Presentazione clinica indicativa di emorragia subaracnoidea, anche con esame TC nella norma

Il paziente non deve aver presentato significativo miglioramento clinico del deficit neurologico

dal momento che sono insorti i sintomi

Paziente diabetico con pregresso ictus cerebri

Deve essere esclusa la diagnosi di emicrania con aura e episodio di crisi parziale

Il paziente non si deve essere svegliato con il deficit neurologico, ma deve essere stato visto

senza deficit tre ore prima del trattamento

Deficit neurologici lievi in rapido miglioramento

NIH SS superiore a 22 od inferiore a 5

Sanguinamento in atto

Presenza di diatesi emorragica che include:

1. Conta piastrinica <100.000/mm

2. Paziente che ha ricevuto eparina entro 48 ore prima del trattamento e presenta un PTT

elevato (maggiore ai limiti superiori della norma)

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3. Uso corrente di terapia anticoagulante (es. Warfarin) od uso recente con un tempo di

protrombina inferiore a 15 secondi.

Paziente sottoposto ad intervento chirurgico o trauma importante escludendo trauma cranico

antecedente di 14 giorni.

Storia di emorragia gastrointestinale o del tratto urinario tre settimane antecedenti il

trattamento

Prelievo arterioso recente in sede non comprimibile

Recente puntura lombare

Ripetuti valori di pressione sistolica superiore a 185 mmHg o diastolica superiore di 110 al

momento di iniziare la terapia. In tal caso il paziente richiede trattamento aggressivo per la

riduzione della pressione arteriosa

Storia di emorragia cerebrale

Pericardite postinfartuale

Presenza di aneurismi o malformazione arterovenose note

Presenza di insufficienza epatica clinicamente rilevante

Presenza di insufficienza renale clinicamente rilevante

Livelli alterati di glicemia: (<50 >400mg/dl)

Presenza di anemia severa (ematocrito <30%)

Presenza di vasculite sospetta e nota

Malattia terminale o malattia seria nota

Abuso noto o sospetto di alcolici

Presenza di demenza severa

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LA SEQUENZA DEGLI EVENTI È LA SEGUENTE:

Eseguire esame neurologico e valutazione con NIH Stroke Scale.

Predisporre immediatamente l’esecuzione TC-cerebrale

Prelievo ematico: emocromo, profilo biochimico, PT, PTT ed INR;

Effettuare ECG

Misurazione della pressione arteriosa ed inserimento di 2 venflon (il venflon serve

successivamente anche per eseguire prelievi ematici di controllo, visto la maggiore

predisposizione al sanguinamento).

Verificare i criteri di inclusione ed esclusione

se necessario posizionare Sondino nasogastrico e catetere vescicale

Informare il paziente

Inizio Infusione:

Somministrare 0.9mg/kg di ALTEPLASE con 10% come bolo iniziale in un minuto, mentre la restante parte viene infusa in un'ora: l’alteplase è disponibile liofilizzato in flaconi da 50mg, che va diluito in 50ml di Soluzione Fisiologica: per eseguire il trattamento in bolo vanno aspirati il 10%.

Peso (Kg) Dose totale (mg)

10% dose (mg)

45 40.5 4.05

50 45 4.5

55 49.5 4.95

60 54 5.4

65 58.5 5.85

70 63 6.3

75 67.5 6.75

80 72 7.2

85 76.5 7.65

90 81 8.1

95 85.5 8.55

100 90 9.0

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Non eccedere mai i 90 mg totali

Non somministrare aspirina, eparina o warfarin per almeno 24h dopo la fine dell'infusione

Monitorizzare il paziente attentamente, specialmente per quanto riguarda la pressione arteriosa

Monitorizzare l'esame neurologico del paziente; se c'è aggravamento delle condizioni cliniche,

effettuare immediatamente una TC di controllo per escludere l'emorragia cerebrale

Terapia aggiuntiva:

Non deve essere effettuata terapia con eparina, warfarin od aspirina durante le 24h dopo

l'infusione. Se deve essere intrapreso trattamento con eparina od altri anticoagulanti (dopo le 24h

dall'infusione), deve essere presa in considerazione l'esecuzione di una TC-cerebrale o di altri

esami neuroradiologici per escludere la presenza di emorragia cerebrale asintomatica.

Controllo della pressione arteriosa:

Pretrattamento:

Se la pressione arteriosa è superiore a 185/110, va trattata con infusione di Urapidil o

Labetalolo. Se la pressione non scende al di sotto 185/110 non va iniziato il trattamento con

fibrinolitico.

Durante e dopo trattamento:

Monitorizzare la pressione arteriosa per 24h dall'inizio del trattamento

Ogni 15 minuti per due ore dopo che è iniziata l'infusione, poi

Ogni 30 minuti per sei ore, poi ogni ora per 18 ore.

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GESTIONE DELL' EMORRAGIA CEREBRALE INTERCORRENTE:

Sospettare emorragia cerebrale intracranica in seguito a trattamento con rt-PA, se il paziente

presenta peggioramento della sintomatologia neurologica, cefalea di nuova insorgenza, nausea e/o

vomito.

In tal caso:

1. Sospendere l'infusione di rt-PA, fino a quando non appaiono altre cause che possano

giustificare il peggioramento neurologico

2. Eseguire TC-cerebrale di controllo immediata

3. Se TC-cerebrale è negative riprendere l’infusione della restante dose di rt-PA

4. Eseguire prelievo di sangue periferico per misurare PT, PTT, conta piastrinica e fibrinogeno,

5. Preparare la somministrazione di 6-8 unità di crioprecipitati che contengono fattore VIII

6. Preparare la somministrazione di 6-8 unità di piastrine

Se l'emorragia cerebrale è presente:

-Valutare i valori del fibrinogeno

-Considerare di somministrare crioprecipitati o piastrine

-Considerare se allertare il neurochirurgo

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IIb) PREVENZIONE SECONDARIA DELL’ICTUS ISCHEMICO

Prevenzione secondaria dell’ictus non cardioembolico

1 - Farmaci antitrombotici.

I farmaci antiaggreganti sono efficaci nel ridurre l’incidenza di recidiva di ictus.

Raccomandazioni:

- Aspirina (75-325 mg), clopidogrel (75 mg) e l’associazione di aspirina e dipiridamolo (50-325/400

mg) si sono dimostrati efficaci nel prevenire le recidive di ictus non cardioembolico

- l’associazione di aspirina e dipiridamolo si è dimostrata più efficace dell’aspirina per la

prevenzione dell’ictus. Tuttavia, in considerazione dell’evidenza di un vantaggio solo dopo almeno

due anni dall’inizio del trattamento, si ritiene ragionevole l’indicazione all’associazione nei pazienti

al disotto degli 80 anni.

- il clopidogrel è considerato il farmaco di scelta in pazienti che non tollerano l’aspirina, in pazienti

ad alto rischio vascolare e nei pazienti che continuano ad avere eventi ischemici durante

trattamento con aspirina.

- In pazienti altamente selezionati può trovare indicazione la doppia terapia antiaggregante (ASA +

clopidogrel): i. posizionamento di stent ; ii. severa stenosi carotidea sintomatica in attesa di

intervento; iii. stenosi severa arteria basilare con sintomatologia fluttuante/ricorrente.

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2 - Statine

Studi clinici hanno dimostrato che l’utilizzo di statine ha determinato la riduzione delle recidive nei

pazienti affetti da ictus ischemico.

Raccomandazioni:

- E’ indicata terapia con statine in pazienti con ictus non cardioembolico. Attualmente le statine che

hanno maggiori evidenze per la prevenzione secondaria dell’ictus ischemico sono atorvastatina e

simvastatina.

3 - Chirurgia

Nei pazienti con ictus secondario a stenosi carotidea > 70% l’intervento di endoarterectomia riduce

significativamente il rischio di nuovi eventi.

Raccomandazioni:

- l’endarterectomia è indicata nei pazienti con stenosi sintomatica della carotide interna maggiore o

uguale al 70%, con deficit non severo e che abbiano presentato i sintomi da non più di 180 giorni;

- l’endarterctomia può essere indicata in alcuni pazienti con stenosi della carotide interna tra il

50% e il 69%, che abbiano un deficit neurologico non severo. Il sottogruppo di pazienti che

potrebbe beneficiare di più dell’intervento è rappresentato da maschi con recenti sintomi

emisferici;

- l’endarterectomia non è raccomandata per stenosi inferiori al 50% e nelle occlusioni complete

della carotide;

- nelle stenosi superiori al 70%, può essere indicata l'angioplastica carotidea con posizionamento

di stent e con protezione nei seguenti casi:

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- pazienti già operati con restenosi

- elevato rischio operatorio

- stenosi carotidee dopo terapia radiante al collo

- stenosi dovute a fibrodisplasia

- stenosi troppo alte non aggredibili chirurgicamente

anche se gli studi attuali indicano che l’intervento di TEA è più sicuro rispetto allo stent carotideo.

Prevenzione secondaria dell’ictus cardioembolico

La FA è un fattore di rischio indipendente per ictus. Una meta-analisi di trial randomizzati con un

follow-up di almeno 3 mesi, ha mostrato che gli antiaggreganti riducono il rischio di ictus in

pazienti con FA non-valvolare e che il warfarin (INR target: 2.0-3.0) è più efficace dell’aspirina nel

ridurre il rischio di ictus. Gli studi WASPO (Warfarin vs. Aspirin for Stroke Prevention in

Octogenarians) e BAFTA (Birmingham Atrial Fibrillation Treatment of the Aged) hanno dimostrato

inoltre che warfarin è sicuro e efficace in soggetti anziani.

Lo studio ACTIVE ha valutato in pazienti, nei quali la terapia con anticoagulanti orali risulta non

fattibile, i possibili benefici derivanti dall’associazione tra clopidogrel ed aspirina rispetto all’aspirina

da sola. Il gruppo trattato con l’associazione rispetto al gruppo trattato con la sola aspirina ha

presentato una riduzione del rischio relativo dell’11%, malgrado un lieve incremento dell’incidenza

di emorragia cerebrale.

Il dabigatran è un inibitore diretto della trombina in grado di fornire un effetto anticoagulante

stabile senza necessità di controlli laboratoristici. Lo studio Randomized Evaluation of Long-Term

Anticoagulation Therapy (RE-LY) in pazienti con FA non-valvolare, ha dimostrato almeno

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l’equivalenza del farmaco rispetto al warfarin sia nella riduzione dell’incidenza di ictus che degli

eventi emorragici.

Raccomandazioni:

uso di anticoagulanti orali (INR range terapeutico 2-3) in pazienti con ictus/TIA e

fibrillazione atriale non valvolare.

Nei pazienti con controindicazioni alla terapia anticoagulante orale, si raccomanda l’utilizzo

di aspirina 300mg/die.

Nei pazienti a più elevato rischio embolico e controindicazioni alla terapia anticoagulante

orale è raccomandato l’uso dell’associazione ASA+clopidogrel.

Forame ovale pervio (PFO)

Diversi case report e studi caso controllo indicano un’associazione tra PFO e ictus criptogenetico

sia in pazienti giovani che anziani. In pazienti con PFO isolato il rischio globale di recidiva è basso.

Tuttavia, se il PFO è abbinato con un aneurisma del setto inter-atriale, una valvola di Eustachio,

una rete di Chiari, o si evidenzia in pazienti che hanno presentato più di un ictus, il rischio di

recidiva è sostanziale.

La chiusura endovascolare del PFO senza o con aneurisma del setto potrebbe ridurre il rischio di

ictus paragonato alla terapia medica; tuttavia, mancano RCT per confermare questa ipotesi.

E’ in corso un approccio multidisciplinare per lo studio della pervietà del forame ovale tra neurologi

vascolari, cardiologi ecografisti e cardiologi dell’emodinamica di questo nosocomio.

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Raccomandazioni:

Seguire la flow-chart allegata

ETE

ANEURISMA

ISOLATO

SHUNT DX-SIN

DOPO VALSALVA

SHUNT DX-SIN

A RIPOSO

PRESENZA DI ASA

> 10mm?

RECIDIVA

DI ICTUS?

PRESENZA DI T.V.P

IDIOPATICA.?

NO

TERAPIA MEDICA

ICTUS OCCORSO

SOTTO SFORZO?

SI

SI

C

H

I

U

S

U

R

A

F

O

R

A

M

E

O

V

A

L

E

FLOW-CHART IN PAZIENTI DI ETA’ ≤ 55 a. CON ICTUS ISCHEMICO

CRIPTOGENETICO ASSOCIATO A PFO

SI

SI

NO

NO

NO

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III) GESTIONE DELL’ICTUS EMORRAGICO IN STROKE UNIT

L’emorragia intraparenchimale spontanea rappresenta circa il 10–15% di tutti gli ictus ed è

associata ad un’alta mortalità sia a breve che a lungo termine, di poco inferiore al 50% ad un

anno, con un elevato impatto in termini di disabilità nei sopravvissuti. Caratteristiche cliniche,

anatomiche ed eziologiche rendono possibile la distinzione tra emorragie a sede tipica (30–50%

dei casi) e a sede atipica (30% dei casi). Sedi possibili di sanguinamento sono i gangli della base

(35–44%), il talamo (10–15%), i lobi cerebrali (19–25%), il ponte (5–9%) ed il bulbo (raramente).

Di solito la TC encefalo consente una definizione accurata della sede e delle dimensioni

dell’ematoma, dell’edema circostante, di eventuali shift della linea mediana e dell’inondazione

ventricolare.

Lo studio randomizzato STICH ha confrontato l'approccio chirurgico precoce di evacuazione

dell'ematoma in pazienti con emorragia intracranica sopratentoriale spontanea, rispetto al

trattamento conservativo. I risultati di questo studio non hanno mostrato un beneficio in termini di

mortalità e disabilità del trattamento chirurgico precoce rispetto ad un approccio di tipo

conservativo. Sulla base dei dati disponibili solo in alcuni sottogruppi di pazienti vi è generale

accordo sull’indicazione all'approccio chirurgico. In particolare vengono considerati candidati

all'intervento i pazienti con ematoma cerebellare di dimensioni superiori ai 3 cm, ed i pazienti

giovani con ematoma lobare e deterioramento progressivo delle condizioni neurologiche.

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Raccomandazioni:

Non vi sono terapie farmacologiche specifiche per l'emorragia intraparenchimale.

Il trattamento chirurgico dell'emorragia cerebrale può essere indicato in emorragie cerebellari

di diametro >3 cm con quadro di deterioramento neurologico o con segni di compressione del

tronco e idrocefalo secondario a ostruzione ventricolare.

Il trattamento chirurgico dell'emorragia cerebrale può essere indicato in emorragie lobari che

presentano un deterioramento per compressione delle strutture vitali intracraniche o

erniazione;

In alcuni casi, soprattutto nelle emorragie a sede atipica è utile l'approfondimento diagnostico

con angio-RM, angio-TC e/o angiografia dei vasi cerebrali per evidenziare eventuali

malformazioni vascolari.

Gestione medica dell’emorragia cerebrale

La gestione medica dell’emorragia cerebrale è rivolta alla stabilizzazione delle condizioni di circolo e

respirazione. L’intubazione può rendersi necessaria in una fase precoce, specie in caso di ematomi

di grosse dimensioni, in presenza di alterazione dello stato di coscienza e/o di alterazione dei

riflessi che proteggono le vie aeree.

Raccomandazioni:

Il trattamento con diuretici osmotici è indicato nei casi con deterioramento dello stato di

coscienza da aumento della pressione endocranica (erniazione cerebrale, effetto massa).

Ridurre la PA al di sotto dei 180 mmHg di pressione arteriosa sistolica e comunque al di sotto

di 130mmHg di pressione arteriosa media.

Evitare una brusca riduzione della PA, maggiore del 20%.

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Emorragia cerebrale in corso di terapia anticoagulante orale (TAO)

Nei pazienti con emorragia cerebrale in corso di trattamento anticoagulante è indicata una rapida

correzione dell'emostasi, che si ottiene, a seconda della terapia in corso:

Terapia anticoagulante con Warfarin:

sospendere Warfarin

somministrare Vitamina K 10 mg e.v (in 100 cc di soluzione fisiologica) ripetibile dopo 12

ore

infusione di complesso di concentrato protrombinico (CPC) al dosaggio di 20-50UI/kg, in

base alla gravità dell’emorragia e del quadro clinico, alla presenza di eventuali

controindicazioni e ai valori di INR.

se CPC non è disponibile si consiglia plasma fresco congelato a 15ml/kg (PFC)

la terapia può essere ripetuta fino al raggiungimento di un INR target ≤ 1,4

Emorragia in corso di trombolisi:

in caso di significative emorragie che possono compromettere la prognosi del paziente

somministrare 8 unità di piastrine e crioprecipitati contenenti il fattore VIII. Può essere utile

la somministrazione di plasma fresco congelato (vedi sopra) o di 6-10 U di concentrati di

complesso protrombinico

Prevenzione delle trombosi venose profonde

Non esistono attuali evidenze sull’utilizzo dell’eparina o di presidi non farmacologici [es. calze

antitrombotiche, compressione pneumatica intermittente] nella prevenzione delle TVP nei pazienti

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con emorragia cerebrale. Per tale motivo l’impiego deve essere valutato caso per caso in base alle

caratteristiche cliniche ed alla presenza di fattori di rischio.

Reintroduzione della terapia anti-coagulante post emorragia cerebrale

Nel caso di pazienti con fibrillazione atriale non valvolare con emorragie in sede tipica può essere

considerata la reintroduzione della terapia anticoagulante in base a rischio di risanguinamento,

rischio cardioembolico e disabilità residua del paziente. Si attende di norma il completo

riassorbimento dell’emorragia cerebrale.

In caso invece di emorragia lobare in sede atipica in corso di TAO, visto l’alto rischio di recidiva

emorragica si sconsiglia il ripristino della terapia anticoagulante. Trova quindi indicazione terapia

anti-aggregante.

Nei pazienti con protesi valvolari meccaniche la reintroduzione della terapia anticoagulante è

raccomandata anche in caso di emorragia in sede atipica quando le condizioni cliniche e

neuroradiologiche lo permettono.

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IV) ATTACCHI ISCHEMICI TRANSITORI

Il paziente con TIA è un paziente che deve essere considerato a tutti gli effetti un paziente critico

dato che il rischio di recidiva nei due giorni successivi all’evento è del 25% circa. Pertanto il

paziente deve essere ospedalizzato se ad alto rischio (età superiore a 75 anni, iperteso, diabetico)

o deve almeno essere sottoposto in urgenza ad esami ematobiochimici, TC encefalo, ECG ed

ecodoppler dei vasi epiaortici per iniziare nel più breve tempo possibile un trattamento di profilassi

secondaria (antiaggreganti, anticoagulanti se è presente fibrillazione atriale o sottoposto ad

intervento di rivascolarizzazione se presente una stenosi carotidea congrua della carotide interna

>70%).

Per valutare in modo corretto il rischio di ictus a seguito di attacchi ischemici transitori può essere

utilizzato l’ABCD2-score:

A – “age” (≥60 years, 1 punto ); (età)

B – “blood pressure at presentation” (≥140/90 mmHg, 1 punto);

(pressione arteriosa)

C – “clinical features” (ipostenia unilaterale, 2 punti; disturbo

dell’eloquio senza ipostenia, 1 punto);

D – “Duration of symptoms” ( durata dei sintomi) (≥ 60 minuti, 2

punti; 10-59 minuti, 1 punto);

D – “Diabete” (Diabete) (1 punto)

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Un punteggio > 4 raccomanda l’espletamento di un adeguato algoritmo diagnostico-terapeutico in

urgenza piuttosto che in elezione. Tuttavia la presenza di stenosi carotidea sintomatica, associata

di per sé ad elevato rischio a breve termine, non rientra in tale valutazione e può presentarsi

anche con score ABCD2 non elevato (<4). Si raccomanda quindi l’effettuazione di ecocolordopler

dei vasi cerebroafferenti in tempi brevi per individuare precocemente i pazienti ad alto rischio a

breve termine ed avviarli rapidamente verso terapie di rivascolarizzazione da effettuare in urgenza.

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Dimissione dalla Stroke Unit:

La dimissione dalla Stroke Unit è gestita in collaborazione con i distretti territoriali per la dimissione

protetta e i centri di riabilitazione soprattutto nel territorio dell’ASL 2.

I possibili scenari che si possono verificare sono i seguenti:

1.) il paziente è autonomo perché ha recuperato il deficit neurologico. In questo caso il paziente

viene dimesso e quindi gestito dall’ambulatorio delle Malattie Cerebrovascolare (MIVO-STROKE).

2.) Il paziente rientra nei criteri per una riabilitazione intensiva. Previa valutazione fisiatrica, si

richiede l’accesso presso le strutture riabilitative. Al termine del processo riabilitativo il paziente

viene rivalutato dall’ambulatorio delle Malattie Cerebrovascolare (MIVO-STROKE).

3.) Il paziente disabile non rientra però nei criteri della riabilitazione intensiva. Può essere dimesso:

1.) a domicilio con l’attivazione della procedura della dimissione protetta. L’attivazione del distretto

è necessaria nel caso nei pazienti affetti da disfagia e nei pazienti portatori di catetere vescicale;

2.) presso strutture protette (RSA) con il supporto dell’unità di valutazione geriatrica e l’assistente

sociale ospedaliera.

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Appendice 1: Scala NIH-SS

Item Definizione Risposte

1° Livello di coscienza l'esaminatore deve scegliere una risposta anche se la valutazione è resa difficoltosa dalla presenza di tubi endotracheali, difficoltà linguistiche, traumi o medicazioni orotracheali. Il punteggio '3' viene attribuito solo se il paziente non fa alcun movimento (eccettuati i riflessi posturali) in risposta a stimolazioni nocicettive

0. Vigile

1. Non vigile, Soporoso

2. Non vigile, Stuporoso

3. In coma

1b Orientamento Chiedere al paziente in che mese siamo e la sua eta’. La risposta deve essere precisa – le risposte parziali non si devono considerare valide. Se il paziente è afasico o stuporoso il punteggio è 2. Se il paziente è impossibilitato a parlare perche’ portatore di tubo endotracheale o trauma orotracheale, disartria grave, o in presenza di barrire linguistiche o qualsiasi altro problema non secondario ad afasia, il punteggio è 1.

0. Risponde correttamente ad entrambe

1. Risponde correttamente ad una

2. Non risponde correttamente a nessuna

1c Comprensione ed esecuzione di ordini semplici Chiedere al paziente di aprire e chiudere gli occhi e aprire e chiudere la mano non paretica. L’ordine va sostituito con un altro comando semplice se le mani non possono essere usate. Se il paziente non risponde al comando, il gesto può essere mostrato con una pantomima e il risultato valutato (cioe’ esegue uno o due comandi o nessuno). Viene valutato solo il primo tentativo.

0. Esegue entrambi i comandi correttamente

1. Esegue un comando correttamente

2. Non esegue nessuno dei due comandi

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Item Definizione Risposte

2 Sguardo Sono valutati solo i movimenti oculari orizzontali. I movimenti volontari o riflessi (oculocefalici) vanno valutati ma non va fatto il test calorico. Se il paziente ha una deviazione coniugata dello sguardo che puo’ essere superata dall’attività volontaria o riflessa, il punteggio è 1. Se un paziente ha un paralisi periferica isolata (III, IV o VI nervo cranico) il punteggio e’ 1. Se il pz ha difficoltà a comprendere l'esaminatore può stabilire un contatto visivo col paziente e valutare l'integrità dello sguardo muovendosi.

0. Normale

1. Paralisi parziale dello sguardo

2. Paralisi completa dello sguardo

3 Campo visivo Il campo visivo (quadranti superiori ed inferiori) viene valutato o per confronto, o con la tecnica della minaccia visiva a seconda della situazione. In presenza di cecità o enucleazione unilaterale, si valuta il campo visivo dell’occhio sano.

0. Nessuna riduzione del campo visivo

1. Emianopsia parziale

2. Emianopsia completa

3. Emianopsia bilaterale

4 Paralisi del Facciale Chiedere o utilizzare la mimica per incoraggiare il paziente a mostrare i denti, alzare le sopracciglia e chiudere gli occhi. Nei pazienti non collaboranti assegnare un punteggio all’asimmetria dei movimenti del volto in risposta agli stimoli dolorosi. Se sono presenti traumi, bende facciali, tubo endotracheale, cerotti o altre barriere fisiche che coprono la faccia, queste dovrebbero essere rimosse per quanto possibile.

0. Normale

1. Paralisi lieve

2. Paralisi moderata

3. Paralisi competa

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Item Definizione Risposte

5° Motilità dell’arto superiore sinistro

l'arto va posizionato correttamente dall'esaminatore, a 90° se il paziente è seduto a 45° se il paziente è supino. Gli arti vanno valutati uno alla volta. Si inizia sempre dal lato non paretico. In caso di amputazione o di anchilosi si assegna il punteggio 9, non valutabile. Occorre comunque fornire spiegazione scritta del perché di tale punteggio.

0. Nessuno livellamento

1. Livellamento (senza caduta) prima dei 10 secondi

2. Caduta prima dei 10 secondi

3. Presenza di movimento a gravità eliminata

4. Nessun movimento

5b Motilità dell’arto superiore destro Idem

0. Nessuno slivellamento

1. Slivellamento (senza caduta) prima dei 10 secondi

2. Caduta prima dei 10 secondi

3. Presenza di movimento a gravità eliminata

4. Nessun movimento 6° Motilità dell’arto inferiore sinistro

l'arto inferiore va sollevato con un angolo di 30° e va sempre valutato con il paziente supino

0. Nessuno slivellamento

1. Slivellamento (senza caduta) prima dei 5 secondi

2. Caduta prima dei 5 secondi

3. Presenza di movimento a gravità eliminata

4. Nessun movimento 6b Motilità dell’arto inferiore destro

Idem 0. Nessuno slivellamento

1. Slivellamento (senza caduta) prima dei 5 secondi

2. Caduta prima dei 5 secondi

3. Presenza di movimento a gravità eliminata

4. Nessun movimento

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Item Definizione Risposte

7 Atassia degli arti Questa prova è finalizzata al rilevamento di un disturbo di circolo posteriore. Deve essere eseguita con il paziente ad occhi aperti, in caso di deficit del campo visivo assicurarsi che la prova avvenga nella parte non compromessa. La prova indice-naso e calcagno-ginocchio viene eseguita su entrambi i lati, e la asimmetria è considerata presente solo in assenza di deficit di forza. L’atassia è considerata assente in caso di plegia o paresi grave, o se il paziente non collabora. Il punteggio 9 sarà assegnato solo in caso di amputazione o anchilosi dell’arto.

0. Assente

1. Un arto

2. Entrambi gli arti

8 Sensibilità Si stima valutando la risposta del paziente alla puntura di spillo. Per valutare accuratamente il deficit sensitivo causato dall’ictus l’esaminatore deve valutare tutte le sezioni corporee (braccia [non mani], gambe, tronco, viso). Un punteggio di 2, “grave e totale”, dovrebbe essere assegnato solo quando può essere chiaramente dimostrata una perdita sensoriale grave o totale.

0. Normale

1. Perdita lieve

2. Perdita severa

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Item Definizione Risposte

9 Linguaggio Molte informazioni sulla comprensione si deducono dalle precedenti sezioni della scala. Al paziente viene chiesto di descrivere ciò che sta accadendo nell’illustrazione allegata, di nominare gli articoli della pagina dei nomi allegata e di leggere l’elenco di frasi allegato. La comprensione verbale è valutata in base alle risposte ottenute anche nelle precedenti prove incluso l’esame neurologico generale. Se un deficit visivo interferisce con i test, chiedere al soggetto di identificare gli oggetti che gli vengono posti nella mano, di ripetere e di pronunciare le parole. Al paziente intubato dovrebbe essere chiesto di scrivere una frase. Al paziente in coma (domanda 1a = 3) viene arbitrariamente assegnato un punteggio di 3 per questo punto. L’esaminatore deve scegliere un punteggio nel paziente con stupor o limitata collaborazione, ma un punteggio di 3 dovrebbe essere assegnato solo se il soggetto e’ muto e non esegue alcun ordine

0. Normale

1. Afasia lieve

2. Afasia severa

3. Mutismo od afasia globale

10

Disartria Anche se si ritiene che il paziente non sia disartrico, l’eloquio va comunque valutato chiedendo di leggere o ripetere le parole dall’elenco allegato. Se il soggetto e’ affetto da un’afasia grave, può essere valutata la chiarezza dell’articolazione del linguaggio spontaneo. Solo al paziente intubato o con altri impedimenti fisici a pronunciare le parole può essere assegnato un punteggio di 9 e l’esaminatore deve chiaramente scrivere una spiegazione per la mancanza di punteggio.

0. Disartria assente

1. Disartria lieve

2. Disartria severa

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Item Definizione Risposte

11 In attenzione Informazioni sufficienti per identificare l’inattenzione possono anche essere ottenute dagli esami precedenti. Se il paziente ha un deficit visivo grave che non consente la stimolazione simultanea visiva doppia, ma gli stimoli cutanei sono normali, il punteggio e’ normale. Se il paziente e’ afasico, ma non sembra essere disattento in entrambi i lati, il punteggio e’ normale. La presenza di inattenzione spaziale o visiva o anosognosia può anche essere considerata come prova di inattenzione.

0. Inattenzione assente

1. Inattenzione in una sola modalità sensoriale, o estinzione al doppio stimolo tattile

2. Inattenzione in più modalità sensoriali

Letture consigliate: Hacke W, Kaste M, Bluhmki E, Brozman M, Dávalos A, Guidetti D, Larrue V, Lees KR, Medeghri Z, Machnig T, Schneider D, von Kummer R, Wahlgren N, Toni D; ECASS Investigators. Thrombolysis with alteplase 3 to 4.5 hours after acute ischemic stroke. N Engl J Med. 2008 Sep 25;359(13):1317-29. Trattato italiano delle malattie cerebrovascolari di Gallai Virgilio - Paciaroni Maurizio, eds Centro Scientifico, 2007 Pezzella FR, Picconi O, De Luca A, Lyden PD, Fiorelli M. Development of the Italian version of the National Institutes of Health Stroke Scale: It-NIHSS. Stroke. 2009;40(7):2557-9. Wahlgren N, Ahmed N, Dávalos A, Ford GA, Grond M, Hacke W, Hennerici MG, Kaste M, Kuelkens S, Larrue V, Lees KR, Roine RO, Soinne L, Toni D, Vanhooren G; SITS-MOST investigators. Thrombolysis with alteplase for acute ischaemic stroke in the Safe Implementation of Thrombolysis in Stroke-Monitoring Study (SITS-MOST): an observational study Lancet. 2007;369(9558):275-82. Ringleb PA, Bousser MG, Ford G, Bath P, Brainin M, Caso V, Cervera A, Chamorro A, Cordonnier C, Csiba L, Davalos A, Diener HC, Ferro J, Hacke W, Hennerici M, Kaste M, Langhorne P, Lees K, Leys D, Lodder J, Markus HS, Mas JL, Mattle HP, Muir K, Norrving B, Obach V, Paolucci S, Ringelstein EB, Schellinger PD, Sivenius J, Skvortsova V, Sunnerhagen KS, Thomassen L, Toni D, von Kummer R, Wahlgren NG, Walker MF, Wardlaw J.. Guidelines for management of ischaemic stroke and transient ischaemic attack 2008. Cerebrovasc Dis. 2008;25(5):457-507.