Il paesaggio nella casa

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Una riflessione sul rapporto architettura-paesaggio

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Indice

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Nota dell’autore alla nuova edizione L’Abitare (un luogo) straordinarioScatole cinesiIl paesaggio e l’architetturaArchitettura per guardareLe azioni del dialogo architettura-paesaggioEsperienze moderne e contemporanee a confrontoConclusioniBibliografia

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La prima edizione de Il Paesaggio nella Casa, stam-pata nel novembre del 2009, è una prima messa a pun-to di una riflessione maturata attraverso una serie di lezioni che, dal giugno del 2006, ho tenuto in diverse scuole di Architetture italiane. Quel primo libretto è stato, per me, come la nascita di una figlia. Un figlia che, ancora piccola e acerba, manifesta già i presup-posti di quel che lei sarà in futuro: con la crescita, si definiscono sempre più i tratti fisionomici, i connota-ti, il delinearsi del profilo caratteriale, la comparsa di aspirazioni, ideali, passioni. Con questa nuova edizione aggiornata e ampliata, quella bambina ha cominciato a crescere e iniziano a vedersi più chiare le prospettive e gli scenari di quel che, forse, sarà da grande.

Chissà, magari, in futuro, una nuova edizione mo-strerà un ritratto della bambina, ormai donna, che ha finalmente offerto di sé un compiuto profilo maturo.

Nota dell’autore alla nuova edizione

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L’Abitare (un luogo) straordinario

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«La chiave è questa: guardare…Guardare / osservare / vedere / immaginare / inventare / creare»1.

Nel 1936, il ministro brasiliano dell’istruzione e del-la salute pubblica, Gustavo Capanema, invita Le Cor-busier a partecipare quale consulente per il progetto del nuovo edificio del ministero, nella città di Rio. L’idea di coinvolgere Le Corbusier nasce su precisa richiesta di Lucio Costa, a nome del Comitato di Architetti incari-cati del progetto dell’edificio. Del comitato fa parte, tra gli altri, anche Oscar Niemeyer. Sulla scelta dell’area, Le Corbusier, parlando in terza persona, afferma:

«Il terreno era mal scelto; L-C ne cerca un altro. Al mo-mento della partenza il ministro gli dice: “Motivi poli-tici m’impediranno di avere questo nuovo terreno. Che cosa devo fare in tal caso?” L-C gli rispose: “Tagliate il blocco degli uffici in due o tre sezioni verticali, e sovrap-ponetele le une sulle altre. La sistemazione del piano terreno resterà la stessa. Adoperate granito rosa di Rio per tutto il piano terreno e per i muri maestri dell’edifi-cio, eccetera...”.Ciò fu messo in pratica dal gruppo degli architetti. Un giorno il ministro disse a L-C:

«“Ma l’orientamento del vostro edificio è inammis-sibile: una delle due facciate è rivolta a Nord!” (Nell’e-misfero meridionale, è la facciata Nord che è esposta al

1. Le Corbusier, Carnet T70, n.1038, 15 Agosto 1963.

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Scatole cinesi

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L’opera pittorica di Edward Hopper è una interes-sante manifestazione di come si stabilisce un principio di relazione tra l’architettura e il paesaggio, ovvero tra l’uomo e il mondo per mezzo di un’opera di mediazio-ne, di artificio.

Le opere di Hopper, infatti, sono sovente costitui-te dalle entità fondamentali che ingenerano quel mo-mento magico di commisurazione, di confronto, di comunione:1. l’individuo che guarda;2. lo spazio di un interno (spesso un interno domestico);3. un ambiente esterno: uno scenario urbano, rurale,

marittimo, ecc.;4. una frontiera, un limite o un’artificiosa delimitazione

fisica tra interno ed esterno. Una cornice che inqua-dra un tassello di realtà, selezionandola e isolandola.

Il rapporto che si instaura tra l’opera di artificio dell’architettura, l’individuo che guarda e il mondo esterno, si moltiplica, si replica. L’atto dell’osservare si ripete oltre il quadro, oltre la sua cornice, nel coinvolgi-mento dello spettatore: c’è sempre, di fronte al quadro, un individuo, in uno spazio architettonico, che guarda una scena, attraverso un dispositivo di delimitazione e di proiezione dello sguardo. Quell’atto dell’osservare, quel modo di contemplare, si ripete l’una nell’altra, come fossero delle scatole cinesi. Ognuna di quelle esperien-ze, reale o pittorica, stabilisce il medesimo rapporto, il medesimo modo di interpretare e accogliere il dato vi-suale, attraverso un atto di proiezione e di astrazione.

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Un atto che da vita al medesimo avvenimento plastico e metafisico. Un atto che compie l’uomo per affermare il suo essere differente dalle altre vite della natura, che distingue il temperamento e l’intelletto dal comporta-mento e dall’istinto dell’animale.

«Il paesaggio, chiuso nell’arcata di un portico, come nel quadrato o nel rettangolo della finestra, acquista maggior valore metafisico, perché si solidifica e vie-ne isolato dallo spazio che lo circonda. L’architettura completa la natura. Fu questo un progresso dell’intel-letto umano nel campo delle scoperte metafisiche.»12.

L’atto del delimitare e inquadrare produce un’opera di astrazione: un’immagine, un’entità bidimensiona-le che si separa dalla realtà, divenendo proiezione in-terna ad un dispositivo di mediazione e delimitazio-ne. Un’opera di artificio umano che produce qualcosa di differente dalla realtà esterna al cui l’uomo guarda. Questo processo di astrazione del mondo, questa mes-sa in scena, è un artefatto che si manifesta attraverso l’architettura.

Quando De Chirico dice che l’architettura comple-ta la natura, a mio avviso, intende dire che l’astrazione che essa produce è una “messa in opera della natura”: una sua rappresentazione che traduce una volontà dell’uomo di esprimere, con temperamento e con in-telletto, una propria misura col mondo che abita.

12. De Chirico Giorgio, in “Valori Plastici”, Mag-Giu 1920.

Rielaborazioni grafiche sui quadri di Edward Hopper, Rising sun e Cape Cod morning (schizzo a penna, 2016)

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Esperienze moderne e contemporanee a confronto

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Villa Savoye e Petite Maison: da “macchina per abitare” a “macchina per contemplare”

Arriviamo all’ingresso della villa Savoye a Poissy. Entriamo da Sud, nel giardino, dopo un rapido sguar-do verso la casa del custode e giardiniere. Per raggiun-gere la villa si attraversa, mediante un sentiero sterrato, un piccolo boschetto che lascia scoprire gradualmente il volume bianco della villa. L’accesso principale si trova sul lato opposto, verso Nord, perciò si è costretti a gi-rare intorno alla casa. Questo cammino, semicircolare, ci consente di osservare in un movimento centrifugo la casa e di comprendere, con lo sguardo, la sua dinami-ca plastica nello spazio-tempo. Non solo: ci rendiamo conto che il quadrilatero verde del lotto è completa-mente cinto da quinte arboree che, negli anni, sono diventate molto alte e che proteggono la casa da inde-siderati contatti esterni.

«La casa vi entra come un guanto»19, il lotto dunque sembra una “casa verde” in cui si è inserita, come una scatola cinese, un’altra casa. Questo recinto trattiene la casa e lo sguardo di chi la occupa entro una dimensio-ne intimamente domestica e introspettiva. Come fare a guardare il mondo oltre queste mura vegetali?

Una volta raggiunto l’ingresso principale, ci accor-giamo che nel muro di protezione del solarium, coro-namento della casa, si apre un’insolita finestra a giorno.

19. Ivi, pag.9

Sulla Villa Savoye a Poissy di Le Corbusier (schizzo a matita, 2009)

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Incuriositi da questo enigmatico episodio, entriamo oltrepassando il colonnato di pilotis e la porta di ferro d’ingresso. La promenade, all’interno della casa di fron-te all’ingresso, ci conduce, nel suo circuito attraverso la casa, nel soggiorno, nel patio di fronte al soggior-no e, infine, sul tetto, dove in corrispondenza di essa ritroviamo la strana apertura vista precedentemente. Attraverso questo percorso a spirale che ci ha guidato, dall’ingresso alla proprietà, attraverso il lotto e la casa, fino al tetto-giardino, ci si rende finalmente conto del senso di tutto questo. Ecco che la “macchina-tempio”, manifesto purista dell’abitare moderno, rivela un’altra ragione di sé: la promenade architecturale, percorso che consente di percepire in movimento il susseguirsi di paesaggi, di spazi interni ed esterni e di forme sotto la luce, e il coronamento della villa, natura morta di objets-type fatta architettura, costituiscono una compo-sizione congegnata per la conquista del paesaggio e dei vasti orizzonti.

Raggiungere il tetto giardino, solarium di copertura del soggiorno, e scoprire che oltre i limiti si apre una cornice sul paesaggio, che consente di oltrepassare con lo sguardo la cortina verde che cinge la villa, è sicura-mente un tema che stabilisce un’alterità. Una ragione che prescinde il programma, svincolando il progetto dalla mera funzione.

Il tema è analogo ad una precedente esperien-za progettuale di Le Corbusier, la Petite Maison sul lago Lemano, realizzata per i suoi genitori, da cui «si

Su Une Petite Maison a Vevey di Le Corbusier (schizzo a penna, 2016)

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acquista una vista impareggiabile e inalienabile su uno degli orizzonti più belli del mondo»20. Anche in questo caso Le Corbusier chiude gli orizzonti, rivelandoli in punti strategici attraverso delle interruzioni del limite. La cornice sul paesaggio di villa Savoye individua l’asse ideale della casa. Il solarium, inoltre, come il suo patio al piano inferiore, sono percepiti come degli interni su cui si aprono le viste più suggestive.

La cornice, la sottolineatura e l’orizzonte artificiale

Se il muro chiude gli orizzonti, le aperture, oppor-tunamente disposte e dimensionate, orientano sguar-di mirati alla sublime contemplazione. Il rapporto tra forma e dimensione delle stesse aperture producono percezioni e suggestioni differenti.

La disposizione longitudinale delle bucature, o semplicemente, la configurazione orizzontale delle “fi-nestre a nastro”, inducono ad una percezione distesa e fondamentalmente più aperta. Il nastro nega la fron-talità dello sguardo e introduce una direzionalità che corrisponde allo sguardo in movimento (nello spazio-tempo): l’intenzione recondita della finestra in lun-ghezza è quella di fare muovere l’occhio dell’osservato-re parallelo alla giacitura della finestra. La sensazione che si trasmette all’osservatore è una sottolineatura dell’orizzonte e dei profili dello sfondo. L’osservatore è

20. Ivi, pag.9.

Casa Malaparte, Punta Masullo, Capri, (schizzo a penna, 2016)