Il nesso di causalità limputazione oggettiva dellevento. Laccertamento del nesso di causalità nel...

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Il nesso di causalità l’imputazione oggettiva dell’evento. L’accertamento del nesso di causalità nel reato omissivo.

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Il nesso di causalità

l’imputazione oggettiva dell’evento.

L’accertamento del nesso di causalità nel reato omissivo.

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Art. 40. Nesso di causalità

L’accertamento del nesso di causalità rappresenta una garanzia del principio di colpevolezza, inteso come divieto di responsabilità per fatto altrui, in quanto impone che il soggetto possa rispondere solo di eventi che siano conseguenza della sua condotta.

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  L’accertamento della causalità deve avvenire

dal punto di vista del giudice penale ai fini di un giudizio di responsabilità penale.

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Due fasi

Il problema della causalità in diritto penale si affronta oggi generalmente in due fasi concettualmente distinte:

1) accertamento del nesso causale propriamente detto, e cioè del nesso di condizionamento tra azione ed evento;

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2) c.d. imputazione oggettiva dell’evento ai fini di un giudizio di responsabilità penale.

(criteri di delimitazione della rilevanza oggettiva del nesso di condizionamento).

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I fase: accertamento del nesso di causalità.

  Teoria condizionale (c.d. teoria dell’equivalenza

causale): la causa di un fenomeno è il complesso delle sue condizioni; gli antecedenti senza i quali l’evento non si sarebbe verificato. La condotta umana è causa se rappresenta un l’antecedente senza il quale l’evento non si sarebbe realizzato (condicio sine qua non): una fra le tante condizioni necessarie dell’evento.

 

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Teoria dell’equivalenza causale: non è possibile graduare l’intensità causale o l’efficacia di ogni singola condizione; tutte le condizioni indispensabili sono equivalenti fra loro ed egualmente causali.

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Modello euristico: procedimento di eliminazione mentale o giudizio controfattuale (se si elimina mentalmente la condotta e l’evento viene meno, la condotta è causa dell’evento).

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Modelli di spiegazione dell’evento.

Per spiegare le ragioni per cui l’evento non si sarebbe verificato se l’azione non vi fosse stata è possibile ricorrere al modello di spiegazione individualizzante, fondato sull’intuito e la discrezionalità del giudice. 

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Insufficienza del modello di spiegazione individualizzante:

in contrasto con il principio di legalità (sentenza del Tribunale di rovereto sulle macchie blu, della Suprema Corte sulla strage del Vajont);

fondato su una concezione autoritaria delle funzioni del giudice penale e del suo libero convincimento.

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Tribunale di Rovereto – 17 gennaio 1969

L’accertamento del nesso di causalità tra il deflusso delle sostanze nocive dalla fabbrica, modalità di produzione, l’efficacia dei depuratori installati da un lato e le manifestazioni morbose ad animali, piante, uomini dall’altro.

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Il giudice non concede la perizia tecnica perché “nella specie non necessita affatto affrontare tali indagini tecniche ..perché le circostanze di questa causa e particolarmente il rapporto di causalità …sono…così invincibilmente dimostrate in fatto, che qui si rende superflua ogni ulteriore, particolareggiata ed esplicativa

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indagine tecnica .”. “Riesca o non riesca la scienza ad esattamente pervenire a dimostrare la patonogenesi ed il meccanismo interno di quelle lesioni umane, osserva il Tribunale che, nella specie, sono le stesse circostanze di fatto a storicamente provare la connessione tra quei fumi dello stabilimento

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E quelle macchie cutanee delle persone” “E’ intuitivo che le manifestazioni morbose

possono essere diverse a seconda delle condizioni dei singoli ambienti…, al tempo di esposizione, allo stesso composto dei fumi, che …non può intuitivamente essere sempre perfettamente uguale in tutte le fabbriche di alluminio”

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Modello della sussunzione sotto leggi

Modello di spiegazione generalizzante: RICORSO A LEGGI DI COPERTURA O GENERALIZZAZIONI CAUSALI.

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Causa in senso nomologico funzionale: “l’effetto come una conseguenza dipendente dalla causa, sulla sola base di uniformità di circostanze naturali constatate nel passato, e con la sola necessità derivante dallo stabilimento induttivo di dette uniformità sotto forma di leggi”.

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Il “perché” dell’evento si identifica con “un insieme di condizioni empiriche antecedenti , dalle quali dipende il susseguirsi dell’evento stesso secondo un’uniformità regolare, rilevata in precedenza ed enunciata in una legge”.

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Un’azione è causa di un evento descritto da una norma quando l’evento medesimo la segue temporalmente ed è collegato ad essa sulla base di una legge naturale: formula della condizione conforme a leggi.

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Modello della sussunzione sotto leggi scientifiche (dal concreto all’astratto). La legge predica che nella generalità dei casi al verificarsi di una condotta del tipo di quella che si è verificata, in base ad una successione regolare di eventi conforme alla legge, si producono eventi del tipo di quello che si è verificato.

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Prima viene in considerazione una legge, come tale costruita su generalizzazioni (comportamenti-tipo, situazioni-tipo, conseguenze-tipo), poi si controlla se il singolo comportamento “storico”, la singola situazione “storica”, la singola conseguenza “storica” possono essere inseriti nello schema generale previamente ottenuto.

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Leggi scientifiche universali e statistiche, ma dotate di alto grado di credibilità razionale. Il giudice deve giungere ad affermare che una condotta è causa di un evento

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con un alto grado di credibilità razionale. Si ammettono le assunzioni nomologiche (coeteris paribus). Sentenza Bonetti del ‘90 sulla strage di Stava (anticipata dalla sentenza della Corte d’Appello di Catania del 1986 circa la responsabilità della guida nel caso dei turisti morti a causa di un’improvvisa eruzione dell’Etna).

 

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Cass. 6 dicembre 1990, Bonetti

Secondo il modello della sussunzione sotto leggi scientifiche, un antecedente può essere configurato come condizione necessaria solo a patto che esso rientri nel novero di quegli antecedenti che, sulla base di una successione regolare conforme ad una legge dotata di validità scientifica – la cosiddetta legge generale di copertura – portano ad eventi del tipo di quello verificatosi in concreto.

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Le leggi generali di copertura accessibili ai giudici sono sia le leggi “universali”, che sono in grado di affermare che la verificazione di un evento è invariabilmente accompagnata dalla verificazione di un altro evento, sia le leggi “statistiche”, che si limitano, invece, ad affermare che il verificarsi di un altro evento in una certa percentuale di casi, con la conseguenza che questa ultime sono tanto più

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dotate di validità scientifica quanto più possono trovare applicazione in un numero sufficientemente alto di casi e sono suscettive di ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili.

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Il ricorso a leggi statistiche da parte del giudice è più che legittimo, perché il modello della sussunzione sotto leggi utilizzabile in campo penale, sottintende, il più delle volte, necessariamente, il distacco da una spiegazione causale deduttiva, che implicherebbe una impossibile conoscenza di tutti i fatti e di tutte le leggi pertinenti;

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Poiché il giudice non può conoscere tutte le fasi intermedie attraverso le quali la causa produce il suo effetto, ne procedere quindi ad una spiegazione fondata su una serie continua di eventi, nella spiegazione causale si dovrà ricorrere ad una serie di assunzioni nomologiche tacite

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e dare per presenti condizioni iniziali non conosciute o soltanto azzardate..

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Il giudice, avvalendosi del modello della sussunzione.., dirà che è probabile che la condotta dell’agente costituisca, coeteris paribus, una condizione necessaria dell’evento; probabilità che altro non significa se non probabilità logica o credibilità razionale, la quale deve essere di alto grado

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Descrizione dell’evento

  Descrizione dell’evento: evento in concreto, che si

è verificato hic et nunc (in quelle condizioni di spazio e di tempo). Né evento in astratto, né è possibile un’eccessiva concretizzazione, la legge scientifica deve consentire al giudice di spiegare un accadimento ripetibile. La Corte di Appello di Torino nel caso Rigollet e altri, 27 - 6 - ’97, ha sottolineato che non si può astrarre da ogni aspetto caratterizzante la vicenda concreta

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(non si può fare riferimento, ad esempio, ad un generico evento valanghivo, non qualificato da specifici antecedenti causali), ma occorre selezionare modalità concrete dell’evento valanga: “accadimenti o aspetti ripetibili mancando i quali si dovrebbe dire che un evento del tipo previsto dalla norma non si sarebbe verificato hic o non si sarebbe verificato nunc” (non si deve spiegare un genus o mero evento di danno, ma lo specifico decorso causale sfociato nell’evento terminale).

   

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II fase.

Una volta accertato il nesso condizionalistico, per pervenire ad un giudizio di responsabilità penale bisogna innanzitutto determinare se il giudice può imputare oggettivamente l’evento alla condotta dell’agente.

Le teorie volte a delimitare la teoria condizionalistica ai fini dell’imputazione oggettiva dell’evento sono state fondate sull’art. 41, c. 2 (cause sopravvenute da sole sufficienti).

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Teoria della causalità umana.

A tal fine la teoria della causalità umana esclude tale possibilità laddove siano intervenuti fattori eccezionali, non prevedibili in base alla migliore scienza ed esperienza (Antolisei, Mantovani). Teoria accettata spesso dalla giurisprudenza (sentenza Bonetti). Critica: l’ambiguità della nozione di eccezionalità, il rischio di confondere la prevedibilità della colpa e la prevedibilità dell’evento.

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Teoria dell’imputazione oggettiva dell’evento

La teoria dell’imputazione oggettiva, invece, richiede:

I che la condotta abbia creato un rischio penalmente rilevante;

II che l’evento sia concretizzazione del rischio creato dalla condotta. In relazione al reato colposo, in particolare bisogna verificare che l’evento è concretizzazione del rischio che la regola di diligenza violata tendeva a prevenire.

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comportamento alternativo lecito

Nel caso di comportamento alternativo lecito (si accerta che anche se si fosse rispettata la regola di diligenza l’evento si sarebbe realizzato), non si può sostenere che l’evento è concretizzazione del rischio creato dalla condotta; in tale ipotesi (una volta stabilito che sussiste un nesso causale), bisogna accertare che la condotta abbia aumentato il rischio di verificazione dell’evento (e quindi creato un pericolo penalmente rilevante, che si è concretizzato nell’evento).

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Causalità generale

Nel settore della responsabilità da prodotto attraverso questo giudizio di mera probabilità statistica ci si accontenta della mera causalità generale, in luogo di un accertamento della causalità individuale, nel senso che la giurisprudenza (non solo italiana, ma anche tedesca, spagnola) ha finito per introdurre un concetto di causalità nuovo:

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il concetto di idoneità di una sostanza a provocare un certo tipo di eventi dannosi sui gruppi o popolazioni indagati; ma l’idoneità (c.d. causalità generale) è troppo poco per provare il nesso causale, anche se esistono indizi sull’idoneità (correlazioni statistiche) il giudice brancola nel buio rispetto al caso singolo;

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tale criterio non è fondato su leggi causali ma su dati statistici che impediscono la sussunzione degli accadimenti concreti sotto la norma giuridica astratta che individua la causalità come requisito di fattispecie.

Laddove la regolarità nella successione di eventi non è ben conosciuta e sperimentata, l’accertamento delle responsabilità individuali non è possibile se non si capisce perché la frana è avvenuta, perché l’olio antisettico, o lo spray del pellame sono dannosi.

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La risposta può derivare solo dalla scienza. In particolare la tensione tra le aspettative alla tutela

della salute individuale e le aspettative alla protezione dei diritti individuali alla libertà, al buon nome e alla reputazione si sono risolte, a discapito di queste ultime, in vistoso attacco, compiuto in Europa, al principio della responsabilità individuale, attacco compiuto investendo la causalità e la colpevolezza,

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Il libero convincimento del giudice.

rilanciando il principio del libero convincimento del giudice. Nel processo del Vajont in Italia le incertezze dei periti sull’individuazione del “perché” della frana che aveva provocato l’esondazione del bacino, erano in apparenza tali da indurre i giudici del Tribunale e della corte d’Appello a concludere che la scienza era impotente; lo stesso per il Tribunale di Rovereto nella sentenza sulle macchie blu,

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ma in entrambi i casi si pervenne a sentenze di condanna fondate sul principio del libero convincimento.

Il processo sul talidomide in Germania non giunse sino alla prova della causalità individuale ma i giudici si fermarono alla prova della causalità generale, la capacità in generale del farmaco di produrre eventi del tipo malformazioni e danno al sistema nervoso,

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rivendicando l’autonomia del convincimento del giudice penale, nonostante la mancanza di consenso degli esperti sugli effetti teratogeni del farmaco; si giunse all’archiviazione perché le vittime avevano ricevuto dei risarcimenti miliardari e il problema della loro protezione era stato risolto.

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critiche

In realtà, invece, laddove manchi la prova scientifica oggettiva del nesso causale non può essere sostituita da un convincimento soggettivo; pensare diversamente riduce le possibilità di difesa dell’imputato, toglie trasparenza alla giurisprudenza penale, elimina la sua controllabilità e fa sì che gli sforzi di precisazione dei concetti di diritto penale sostanziale siano privi di qualunque conseguenza nell’applicazione pratica.

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La causalità deve fungere da criterio di imputazione individuale attraverso l’effettività della regola processuale che accolla all’accusa l’onere della prova al di là del ragionevole dubbio: se quest’onere non può essere adempiuto per la riconosciuta insuperabile incertezza della scienza, i dubbi degli esperti, il diritto penale deve cedere il passo al diritto civile, amministrativo, che rendono meno stringente l’onere probatorio.

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Attraverso questa ricostruzione della causalità fondata su fattori prognostici-probabilistici, o sul mero accertamento dell’aumento del rischio si trasformano i reati causali in meri reati di pericolo, in contrasto con il principio di legalità e di responsabilità personale).

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La valutazione del grado di probabilità causale in considerazione del rango del bene

Addirittura la giurisprudenza arriva ad affermare in Italia che in considerazione dell’importanza degli interessi in gioco (ad esempio la vita in relazione alla responsabilità medica) è possibile abbassare la soglia (il grado) di probabilità sufficiente per pronunciare la condanna, accogliere un grado di accertamento inferiore, una nozione di causalità diminuita (tanto più alto il rango dei beni, tanto minore il grado di probabilità).

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Quest’interpretazione non è accettabile perché altrimenti dei criteri valutativi sono utilizzati per accertare fatti naturalistici (parte della dottrina, ad esempio Angioni, non accoglie tale possibilità neanche per accertare il grado di pericolo nei reati di pericolo concreto, ritenendo che il principio di proporzione deve guidare le scelte di incriminazione del legislatore, ma non può presiedere l’accertamento del giudice).

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Recentemente, la giurisprudenza ha cambiato tendenza, pretendendo l’accertamento del nesso causale in base ad un modello nomologico-deduttivo con un alto grado di credibilità razionale vicino alla certezza (sia che si consideri la causalità omissiva reale, sia che si consideri ipotetica; sentenza Beltrocchi, che cita a sostegno delle sue argomentazioni il progetto Grosso di riforma del codice penale).

 

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Stella: la scelta rigorosa delle leggi scientifiche

Rimanendo legato ad una concezione della causalità di stampo nomologico-deduttivo, invece Stella propone di ricorrere a sistemi di tutela alternativi al diritto penale nel settore della responsabilità da rischio.

L’autore propone, innanzitutto, una rigorosa scelta delle leggi scientifiche che possono essere utilizzate nel diritto penale. Con la sentenza del 1990 della Corte Suprema Italiana sul disastro di Stava si afferma che le leggi della scienza devono

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ricevere conferma mediante il ricorso a metodi di prova razionali e controllabili; la Corte non specifica quali sono questi metodi (ma chiede un alto grado di credibilità razionale). L’approfondimento del tema è avvenuto da un altro supremo organo giurisdizionale del mondo occidentale da lì a qualche anno (1993) nella sentenza in re Daubert, relativa agli effetti teratogeni del Bendectin.

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In questa sentenza si sancisce che “nella scienza non ci sono certezze”, le teorie scientifiche sono provvisorie (sono delle ipotesi che possono essere smentite da nuove teorie e in un processo civile un soggetto può essere condannato in base ad una teoria rivelatesi poi errata); “la validità scientifica per uno scopo non è necessariamente validità per altri scopi, correlati al primo”. Ne deriva che, poiché il rischio di condanne sbagliate deve essere ridotto il più possibile,

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controlli induttivistici

“la validità scientifica per uno scopo non è necessariamente validità per altri scopi, correlati al primo”. Ne deriva che, poiché il rischio di condanne sbagliate deve essere ridotto il più possibile, per verificare la correttezza di una conoscenza scientifica (metodo scientifico) si deve verificare se può essere testata attraverso il vaglio dei controlli induttivistici – empirici - che portano alla conferma (Hempel - basta un controesempio perché l’ipotesi possa essere considerata non confermata);

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falsificazione

poi si deve verificare se può essere falsificata in modo da raggiungere la “corroborazione provvisoria” di cui parla Popper (e basta che non sia stata sottoposta a falsificazione perché il giudice debba respingerla);

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consenso generale della comunità scientifica

un altro criterio rilevante in sede civile è il consenso generale della comunità scientifica (il consenso in un determinato momento storico in base alla concezione di Kuhn imperniata sul consenso generale nei periodi di “scienza normale” – si nega, però, che il consenso possa essere un metodo esclusivo di valutazione, come aveva ritenuto per 70 anni la giurisprudenza nordamericana in base alla sentenza pronunciata nel caso Frye).

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metodo scientifico

In tal modo il giudice, ad avviso della corte, per verificare la correttezza di una tesi deve rispettare il metodo scientifico inteso come “insieme delle teorie della conoscenza” (anche se in contrasto tra loro : Hempel, Popper, Kuhn); l’uso congiunto delle tre concezioni del metodo scientifico dà le maggiori garanzie possibili sull’affidabilità dell’ipotesi provvisoria, consentendo di eliminare la “scienza spazzatura”.

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Al giudice si attribuisce, allora, il ruolo di custode (deve controllare il carattere scientifico dell’informazione - il giudice deve esercitare sugli esperti un controllo molto maggiore che non sui normali testimoni).

Ne deriva che il giudice non può avvalersi di conoscenze scientifiche fondate sull’estrapolazione dall’uomo all’animale e dalle alte alle basse dosi, né degli studi epidemiologici perché si tratta di conoscenze prive di sufficiente rigore

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(ne deriva l’inaffidabilità delle dichiarazioni dell’EPA e della IARC che si avvalgono di studi epidemiologici non confermati da altri studi oppure clamorosamente falsificati da studi qualitativamente migliori di quelli confermati) (in tale direzione la sentenza sul caso Maghera). La massima di Daubert funziona, allora, come un vero e proprio “rasoio di OCKAM”.

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In tale massima si precisa, inoltre, che la “validità scientifica per uno scopo non è necessariamente validità per altri scopi”, ne deriva che per valutare la validità delle analisi causali (la nozione di “catene causali”) basate sulla visione corpuscolariana del mondo offerta dalle leggi di Newton, bisogna tener conto del loro scopo; in tale prospettiva tali leggi sono valide, perché, come afferma Huber (Law of Toxic Torts)

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tali leggi sono ancora oggi eccezionalmente valide per il mondo comune di edifici e aerei, e per quasi tutti i compiti della ingegneria, anche se sono state superate dalle teorie sui campi elettromagnetici, dallo sviluppo della meccanica quantistica e dalla teoria della relatività”.

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Tasso di errore

Un altro elemento emerso nel caso Dauber per valutare l’affidabilità di una conoscenza scientifica attiene al tasso di errore; se si fosse conosciuto l’altissimo tasso di errore del test della paraffina per la polvere da sparo, non sarebbero state emanate tante sentenze basate su questo test sino al 1967, anno in cui uno studio ha dimostrato l’inaffidabilità del test. Se si fa riferimento ad una tecnica di cui non si conosce il tasso di errore la relativa testimonianza deve essere considerata inaffidabile.

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Basti pensare che il tasso di errore delle diagnosi mediche oscilla tra il 39% e il 60 %; non solo ma spesso il tasso di errore è legato all’uso che si fa di una scienza (è notevole il tasso di errore degli esami clinici strumentali, degli esami autoptici, degli esami istologici a seguito di biopsia).

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Settore civile

Ne deriva, in conclusione, che l’ambito più adatto per formulare giudizi di affidabilità sulle ipotesi scientifiche e per trarre conseguenze dal tasso di errore, che caratterizza la testimonianza degli esperti, è quello civile fondato sulla regola del “più probabile che no”.

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Incertezza scientifica

Il paradigma dell’incertezza scientifica – tipico dei giudizi sui danni legati all’esposizione a sostanze tossiche o all’uso di prodotti tossici, o comunque presente tutte le volte che si devono affrontare questioni scientifiche molto complesse, come quelle mediche - , l’estrema difficoltà dell’accusa di concretizzare la legge di copertura fornendo la prova particolaristica, l’elevato tasso di errore che caratterizza le testimonianze degli esperti medico-legali,

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non consentono, per definizione, di raggiungere la soglia dell’oltre il ragionevole dubbio, necessaria nel settore penale. Nel settore della scienza del rischio il diritto penale non funziona per l’impossibilità di provare la causalità individuale (non è l’invocazione dell’extrema ratio che consente in questo settore il ritirarsi del diritto penale – che potrebbe essere preteso per assicurare eguale trattamento rispetto all’ipotesi di omicidio o lesioni colpose).

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Sono queste le ragioni per le quali nei paesi di common law per i Toxic Torts e per i casi di asserita negligenza medica si segue normalmente la strada del processo civile, quando non si ricorra direttamente a degli organi amministrativi. Anche perché nel settore civile il modello ottocentesco fondato sulla colpa è stato sostituito dal modello fondato sulla responsabilità oggettiva (rischio d’impresa),

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e alla concezione che assegna alla responsabilità civile solo una funzione sanzionatoria è stata sostituita una concezione che attribuisce alla responsabilità civile funzioni di riparazione (compensation), di deterrenza e – negli Stati Uniti – di punizione dell’autore di fatti illeciti assai gravi (punitive damages)

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(si aggiunge un ulteriore scopo, più ambizioso, per cui tutti gli eventi dannosi dovrebbero essere risarciti in armonia con l’atmosfera costituzionale, propria del welfare state).

In concreto, però, la prassi giurisprudenziale italiana non conosce le azioni di responsabilità civile per danni legati all’uso di sostanze tossiche, perché la patata bollente è stata passata al diritto penale.

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E’ emblematica negli Stati Uniti la vicenda relativa alle patologie asbesto-correlate; pur essendo l’asbesto idoneo a provocare gli esposti mesateliomi, tumori al polmone, …bisogna ammettere che l’ubiquarietà di tale sostanza, il lungo periodo di latenza (sino a 40 anni), la circostanza che i tumori al polmone e le altre malattie asbesto-correlate possono essere dovute ad una serie di cause diverse dall’asbesto,

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rendono impossibile determinare l’origine della malattia e, con essa, la causalità individuale (come riconosciuto nel caso Fibreboard e Cimino dalle corti americane).

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transazioni globali, class action

Il numero dei ricorsi ha indotto, inoltre, a transazioni globali, class action. La tensione tra diritti individuali alla salute e diritti individuali alle garanzie processuali può diventare insostenibile nel caso d’esposizione di massa a sostanze tossiche: la pressione esercitata sul sistema giudiziario sarebbe dirompente

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(la regola del più probabile che no, nella versione forte, determinerebbe un rigetto di massa delle azioni civili, provocando una disapprovazione della comunità; risultati non dissimili si raggiungerebbero con la versione debole, per la difficoltà di provare il raddoppio del rischio).

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Il problema diventa politico, ma dinanzi all’inerzia del legislatore i giudici se ne fanno carico imponendo il foro unico e la soluzione delle transazioni globali, che risolve alla radice il problema della causalità, ma che finisce per riconoscere i diritti solo delle vittime più seriamente danneggiate.

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In conclusione per i casi di Toxic Tort e d’esposizione di massa, sarebbe preferibile l’adozione di un modello amministrativo, con foro unico nazionale, un comitato di esperti (medici, scienziati, economisti, giuristi, rappresentanti delle agenzie regolamentatrici), che decida sui ricorsi per risarcimento sulla base del criterio della proporzionalità :

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“tutti coloro che determinano un’esposizione di massa a sostanze tossiche devono essere ritenuti responsabili per quella parte del danno da esposizione che è proporzionalmente legata alla condotta illecita di ciascuno di loro”; danni liquidati sulla base di una tabella che individui i danni più significativi; il finanziamento realizzato con il contributo di tutti i produttori, trasportatori e detentori di sostanze tossiche e con imposte generali”

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(si evitano, così, le crisi di fondi, anche grazie all’intervento dei proventi di un’imposta generale resa necessaria dalla circostanza che le industrie forniscono prodotti e servizi).

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DOTTRINA TEDESCA

La dottrina tedesca ha proposto due soluzioni alternative per adattare il diritto penale alle esigenze della società del rischio.

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1) Attraverso norme che assicurino il controllo del comportamento come sono le norme relative ai limiti o valori-soglia; le indicazioni di politica criminale sarebbero così sufficientemente chiare e legate a valutazioni sociali preesistenti, nonché da valutazioni imposte dall’emergere delle nuove situazioni di pericolo (Stratenwerth); si tratta di impedire la distruzione dei fondamenti della vita futura su questa terra.

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2) Altri autori suggeriscono la proliferazione dei reati di pericolo astratto, in quanto di fronte ai nuovi pericoli non attribuibili individualmente dovrebbe nascere un diritto penale orientato esclusivamente alla prevenzione, attraverso la creazione di beni giuridici universali vagamente definiti, attraverso l’emanazione di norme formulate con l’aiuto della cibernetica e orientate al controllo del caso.

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Critiche di Stella

Il diritto penale del comportamento e del pericolo astratto sono aspramente criticati da Stella, innanzitutto perché trasformerebbero lo Stato di diritto in Stato di polizia; l’infiltrazione dei concetti di rischio e di pericolo porterebbero il diritto penale a problemi di effettività e di legittimità, in quanto il diritto penale non sarebbe in grado di ovviare ai nuovi rischi in maniera efficace, la prevenzione generale e speciale sarebbero indimostrate;

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il d.p. avrebbe carattere simbolico provocando l’astensione dai dovuti comportamenti di autoregolamentazione; sarebbe violato il principio dell’extrema ratio e la scomparsa del riferimento al danno o al pericolo concreto di danno cancellerebbe i cardini dell’imputazione individuale, sia sotto il profilo oggettivo, che sotto quello della rimproverabilità soggettiva.

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In particolare il diritto penale del pericolo astratto compromette l’originaria funzione limitatrice del bene giuridico e affida al diritto penale il compito preventivo di un controllo di massa.

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segue

La generale fallibilità della scienza, la straordinaria incertezza immanente ad ogni processo scientifico di valutazione del rischio, il grande divario tra le valutazioni compiute da scienziati diversi, la palese non neutralità rispetto ai valori della scienza, la vocazione all’errore dell’abituale prassi scientifica, l’influenza che su di essa ha la percezione sociale del rischio; la prassi e le metodologie

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(accolgono studi confutati, si fanno influenzare dalla percezione sociale del rischio come ha fatto l’EPA in materia di fumo) delle agenzie regolamentatrici, cioè proprio di agenzie le cui decisioni dovrebbero costituire i pilastri portanti dell’edificio del diritto penale del pericolo astratto, sconsigliano di aggiungere alle grandi turbative della certezza dell’esistenza le grandi turbative che il diritto penale del pericolo astratto reca stampate in fronte.

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il ricorso al diritto amministrativo

E’ preferibile il ricorso al diritto amministrativo, con la sua vasta gamma di strumenti, dai piani di sviluppo ai piani di bonifica, ai piani per ridurre l’inquinamento, alla contrattazione con le imprese, alle sanzioni per le imprese, una gamma così flessibile e variegata da consentire quei margini di manovra rispetto alla prassi scientifica di valutazione del rischio che il diritto penale non ha;

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si tratta di strumenti con un effetto deterrente maggiore rispetto all’arresto del singolo reo, salvi eventuali effetti di overdeterrence evitabili con la contrattazione. Per razionalizzare questa materia fatta di incertezze, divergenze, errori dei metodi di valutazione puramente scientifici, si propone il ricorso ad agenzie indipendenti come l'’Ealth Effects Institute finanziata al 50% dall'EPA e al 50% dall'industria,

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costituita da scienziati che si sono impegnati alla collaborazione tra pubblico e privato; si propone, insomma, il modello amministrativo della collaborazione e della negoziazione, con l’intento dichiarato di assicurare le condizioni che consentono di vigilare perché “nessuna parte prenda il sopravvento sull’altra” e perché il consenso finale venga raggiunto attraverso un iter esplicito e controllabile.

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compliance programs

Uno strumento fondamentale in tale ottica è rappresentato dai compliance programs, che dovrebbero garantire all’interno dell’azienda la realizzazione degli accordi conclusi tra istituti e agenzie. ““L’opera di controllo del “giudizio degli esperti” e il coinvolgimento, sin dall’inizio, dell’industria nella selezione degli studi scientifici “affidabili”, costituisce probabilmente la migliore garanzia che la regolamentazione sia attuata dal sistema produttivo:

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scompare la scienza spazzatura e le incertezze scientifiche sono metabolizzate dagli accordi; la strada è aperta per indurre le imprese ad evitare, attraverso il sistema dei compliance programs, le severe sanzioni amministrative previste per la violazione dei regolamenti concordati.

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LA CAUSALITA’ NEL REATO OMISSIVO

L’omissione è un concetto normativo, di cui la dottrina e la giurisprudenza ha messo in discussione il reale valore condizionante, o si ammette un minor grado di certezza. Questo non è accettabile; gli enunciati causali relativi all’omissione devono soddisfare unicamente il requisito dell’alto grado di credibilità razionale, richiesto per la causalità attiva (tanto più che la responsabilità omissiva viene considerata meno grave della commissiva)

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LA CAUSALITA’ NEL REATO OMISSIVO

L’omissione è un concetto normativo, di cui la dottrina e la giurisprudenza ha messo in discussione il reale valore condizionante, o si ammette un minor grado di certezza. Questo non è accettabile; gli enunciati causali relativi all’omissione devono soddisfare unicamente il requisito dell’alto grado di credibilità razionale, richiesto per la causalità attiva (tanto più che la responsabilità omissiva viene considerata meno grave della commissiva)

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GRASSO

Grasso sottolinea la diversità dei paradigmi di concretizzazione della formula condizionalistica nel caso della fattispecie commissiva ed omissiva; nel primo caso la formula è integrata dai classici modelli nomologici-deduttivi del modello di sussunzione sotto leggi, di equivalente normativo della causalità;

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SEGUE

nel secondo caso il modello della condicio sine qua non condurrebbe a un giudizio di tipo ipotetico, e rispetto alla fattispecie omissiva si dovrebbe parlare di equivalente normativo della causalità;

nel reato commissivo l’accertamento del nesso di causalità presuppone la spiegazione di quanto si è verificato,

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nel reato omissivo l’accertamento assume un valore ipotetico o prognostico in quanto si tratta di verificare in che modo l’eventuale compimento dell’azione doverosa avrebbe modificato il corso degli eventi.

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segue

Si contrapporrebbe un modello euristico della formula condizionalistica a struttura ipotetica ad un modello a struttura empirico-fattuale.

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Stella

Stella sostiene, invece, che non sussiste alcuna differenza nell’accertamento della causalità nel reato omissivo, trattandosi pur sempre di adottare il modello euristico rappresentato dal giudizio contrafattuale (che è un giudizio ipotetico sia in relazione al reato commissivo, che in relazione al reato omissivo),

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e il procedimento esplicativo della sussunzione sotto leggi scientifiche di copertura. Nel reato omissivo cambia solo la natura della condizione, o meglio del “processo”: non si tratta di un processo dinamico, ma di un processo statico.

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Paliero

In una posizione intermedia, Paliero ritiene, invece, che pur essendo identico il modello euristico (criterio di giudizio -giudizio controfattuale, come osserva Stella), cambia la base del giudizio, gli antecedenti selezionati come oggetto del predicato controfattuale;

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segue

nel reato commissivo è rappresentato da una condotta nota, nel reato omissivo oltre a spiegare l’evento occorre spiegare l’azione impeditiva di cui vanno accertate le chances di salvezza del bene; non si tratta di un’azione passata, né futura, ma meramente immaginaria.

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ma anche la struttura sarà necessariamente probabilistica (il criterio di verifica dell’efficacia condizionante della condotta omissiva, essendo riferito all’immaginaria azione impeditiva doverosa, sarà probabilistico, una mera prognosi). In quest’ipotesi le cause alternative ipotetiche diventano il perno della spiegazione causale, in quanto l’azione impeditiva è una condizione alternativa ipotetica,

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segue

La formula euristica è doppiamente ipotetica : nella griglia controfattuale esplicativa della causalità attiva due elementi sono storicamente reali: l’uno nella protasi (azione), l’altro nell’apodosi (evento); nell’omissivo nella protasi mancano dati comportamentali reali, vi è solo l’antecedente statico (omissione),

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segue

reale solo a condizione di essere animato dall’azione impeditiva, immaginaria.

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segue

Non si tratta, allora, di una spiegazione dell’evento (o prognosi postuma, che, in quanto postuma, rappresenta una ricostruzione del passato), ma di una prognosi in senso proprio= la spiegazione ha non solo la fonte probabilistica (leggi statistiche, utilizzate anche per spiegare la causalità nel reato commissivo),

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che in quanto tale non sembra poter “coprire” un evento (un rapporto di consequenzialità verificabile in senso popperiano può esistere solo tra due entità reali), ma solo predicare un rischio.

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Queste caratteristiche della causalità omissiva giustificano la difficoltà della giurisprudenza di accertare il nesso di causalità nel reato omissivo e inducono l’autore a delle proposte alternative al modello del reato causale laddove si tratta di tutelare beni fondamentali (come l’incolumità fisica rispetto all’attività medica).

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Giurisprudenza.

Le maggiori difficoltà nell’accertamento del nesso causale e nella relativa imputazione oggettiva dell’evento emergono nel reato omissivo improprio, in particolare colposo. Il settore della responsabilità medica, della responsabilità da prodotto, e delle alterazioni ambientali sono quelli in cui maggiormente entra

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in crisi il modello nomologico-deduttivo, integrato dalle leggi di copertura.

La giurisprudenza ha reagito con diversi orientamenti.

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I orientamento

Volatilizzazione del nesso causale; l’accertamento della posizione di garanzia, assorbe l’accertamento della violazione della regola di diligenza e dell’accertamento del nesso causale; o comunque il problema causale si dissolve per intero nell’accertamento della violazione della regola cautelare.  

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segue

Tendenziale dissolvimento degli elementi naturalistici nel mero elemento normativo rappresentato dalla posizione di garanzia

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II (III) ORIENTAMENTO

Non si accerta prima il nesso causale, e quindi si verifica se è possibile imputare l’evento alla condotta dell’agente, ma ci si accontenta di una rivelazione della causalità ancorata a fattori di tipo prognostico-probabilistico

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Cass., 12 luglio 1991, Silvestri

Nella ricerca del nesso di causalità in materia di responsabilità per colpa professionale al criterio della certezza degli effetti della condotta si può sostituire quello della probabilità di tali effetti ( e dell’idoneità della condotta a produrli);

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per cui il rapporto causale sussiste anche quando l’opera del sanitario, se correttamente e tempestivamente intervenuta, avrebbe avuto non già la certezza bensì soltanto serie ed apprezzabili possibilità di successo, tali che la vita del paziente sarebbe stata probabilmente salvata”

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l’opera del sanitario avrebbe evitato l’evento con probabilità apprezzabili nella misura del 30%, ma non si è prima accertato se sussiste un nesso tra la condotta e l’evento (– la possibilità di eliminare mentalmente la condotta senza che l’evento venga meno -),

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se non addirittura consistente nella mera rilevazione del rischio o dell’aumento del rischio.

Si sostituisce ad un giudizio di probabilità logica, un mero accertamento di probabilità statistica

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segue

Il giudice servendosi di una fonte probabilistica come la legge statistica deve pervenire ad un giudizio di probabilità logica, che contiene la verifica aggiuntiva della credibilità dell’impiego della legge statistica nel caso concreto; e in particolare il rigore del giudice dovrebbe crescere a fronte di leggi di copertura

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dal valore epistemologico meno pronunciato. La probabilità statistica, invece, si limita alla mera verifica empirica percentuale sulla successione degli eventi (cfr. Donini, La causalità omissiva e l’imputazione “per l’aumento del rischio”, in Riv. it. dir. proc. pen. 1999, p. 32 ss.).

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segue

La necessità di pervenire ad un giudizio di probabilità logica e di non accontentarsi di un giudizio di mera probabilità statistica è stata solennemente riconosciuta da Cass., Sez. Un., 10 luglio 2002, Franzese (n. 30328).

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segue

Attraverso questa ricostruzione della causalità fondata su fattori prognostici-probabilistici, o sul mero accertamento dell’aumento del rischio si trasformano i reati causali in meri reati di pericolo, in contrasto con il principio di legalità e di responsabilità personale).

 

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segue

IV orientamento. Recentemente, la giurisprudenza ha cambiato tendenza, pretendendo l’accertamento del nesso causale in base ad un modello nomologico-deduttivo con un alto grado di credibilità razionale vicino alla certezza (sia che si consideri la causalità omissiva reale, sia che si consideri ipotetica;

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segue

sentenza Beltrocchi, che cita a sostegno delle sue argomentazioni il progetto Grosso di riforma del codice penale).

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IV orientamento

Recentemente, la giurisprudenza ha cambiato tendenza, pretendendo l’accertamento del nesso causale in base ad un modello nomologico-deduttivo con un alto grado di credibilità razionale vicino alla certezza

 

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segue

(sia che si consideri la causalità omissiva reale, sia che la si consideri ipotetica)

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Cass., 28 settembre 2000, Baltrocchi

Il medico di turno presso il servizio accettazione di un pronto soccorso ospedaliero va assolto perché il fatto non sussiste dall’accusa di aver cagionato per colpa la morte di un anziano paziente del quale, pur in presenza di sintomi sospetti, non abbia ritenuto opportuno il ricovero e al quale

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segue

Abbia prescritto una terapia non corretta, stante che, in presenza di una percentuale di sopravvivenza non superiore al cinquanta per cento di soggetti in analoghe condizioni, risulta impossibile stabilire se il decesso sarebbe avvenuto ugualmente anche in presenza di cure adeguate.

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Cass., 18 ottobre 2001, Pacini ed altri

In tema di colpa professionale medica configurata con riferimento a comportamenti di tipo omissivo, l’affermazione di responsabilità dell’imputato, sotto il profilo del nesso di causalità, richiede la dimostrazione che la condotta omessa, ove attuata,

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sarebbe stata in grado di impedire l’evento con un grado di probabilità vicino alla certezza.

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Cass., Sez. Un., 10 luglio 2002, Franzese (n. 30328)

Si accoglie pienamente la teoria condizionalistica integrata dal criterio di sussunzione sotto leggi.

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segue

Pur dandosi atto della peculiarità concettuale dell’omissione …, ..lo statuto logico del rapporto di causalità rimane sempre quello del condizionale controfattuale, la cui formula dovrà rispondere al quesito se, mentalmente eliminato il mancato compimento dell’azione doverosa e sostituito alla componente statica

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segue

un ipotetico processo dinamico corrispondente al comportamento doveroso, supposto come realizzato, il singolo evento lesivo, hic et nunc verificatosi, sarebbe, o non, venuto meno, mediante un enunciato esplicativo coperto dal sapere scientifico del tempo. Considerato che anche la spiegazione della causalità attiva ricorre a controfattuali ipotetici,

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segue

il citato indirizzo interpretativo ha dunque ridimensionato la tesi per la quale la verifica giudiziale della condizionalità dell’omissione pretenderebbe un grado di certezza meno rigoroso rispetto ai comuni canoni richiesti per la condotta propria dei reati commissivi,

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segue

osservando anzi che l’affievolimento della nozione di causa penalmente rilevante finisce per accentuare nei reati omissivi impropri, pur positivamente costruiti in riferimento a ipotesi base di reati di danno, il disvalore della condotta, rispetto alla quale l’evento degrada a mera condizione obiettiva di punibilità e il reato di danno a reato di pericolo.

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segue

Con grave violazione dei principi di legalità, tassatività e tipicità della fattispecie criminosa e della garanzia di responsabilità personale (Costituzione, articolo 25, comma 1), per essere attribuito all’agente come fatto proprio un evento forse, non certamente, cagionato dal suo comportamento.

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Segue- Probabilità logica

Non è consentito dedurre automaticamente dal coefficiente di probabilità espresso dalla legge statistica conferma, o meno, dell’ipotesi accusatoria sull’esistenza del nesso causale, poiché il giudice deve verificare la validità nel caso concreto sulla base delle circostanze del fatto e dell’evidenza disponibile, così che

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segue

all’esito del ragionamento probatorio che abbia altresì escluso l’interferenza di fattori alternativi, risulti giustificata e processualmente certa la conclusione che la condotta omissiva del medico è stata condizione necessaria dell’evento lesivo con “alto o elevato grado di credibilità razionale o probabilità logica”.

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segue

“Viceversa, livelli elevati di probabilità statistica o schemi interpretativi dedotti da leggi di carattere universale (invero assai rare..), pur configurando un rapporto di successione tra eventi rilevato con regolarità o in un numero percentualmente alto di casi, pretendono sempre che il giudice ne accerti il valore eziologico effettivo,

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insieme con l’irrilevanza nel caso concreto di spiegazioni diverse, controllandone quindi l’attendibilità in riferimento al singolo evento e all’evidenza disponibile”.

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Proposte della dottrina.

La dottrina sottolinea, con particolare riferimento al reato omissivo colposo, la necessità di procedere prima all’accertamento del nesso causale (è sufficiente accertare che senza la condotta l’evento si sarebbe realizzato in un altro momento…,), e quindi di verificare l’assenza di causa alternativa lecita

 

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DONINI

( e se, comunque, la condotta ha aumentato il rischio di verificazione dell’evento); solo in questa seconda fase ci si può accontentare di un grado di probabilità inferiore, l’accertamento può essere meno rigoroso (Donini).

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Si rileva, inoltre, l’errore in cui cade spesso la giurisprudenza di trasformare dei reati commissivi colposi in reati omissivi, in considerazione di quegli elementi omissivi sempre intrinseci nella colpa (in quanto, ad esempio, l’azione colposa del medico non solo condiziona storicamente l’evento, quanto meno accelerando i tempi del processo,

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ma non attiva condizioni negative, impeditive dell’evento, Donini p. 55.).

In considerazione delle forti aspettative di tutela sociale che talora non possono essere soddisfatte con il modello del reato causale per l’impossibilità di accertare il nesso (ad esempio nel settore della colpa medica) si propone l’introduzione di illeciti

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contravvenzionali, concepiti come meri reati di pericolo (viene punita la violazione della regola di diligenza tout court) e la trasformazione dell’evento in mera condizione obiettiva di punibilità (o talora di circostanza aggravante) (Donini).

   

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PALIERO

Oppure si propone di sostituire la formula condizionalistica con la formula della diminuzione del rischio (il paradigma pronosticherebbe il rischio estrinsecato dalla condotta), e di considerare l’evento come una mera condizione obiettiva di punibilità;

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sono considerati interessanti i modelli di rischio elaborati dalla scienza epidemiologica per ricostruire la causalità nelle ipotesi in cui i tradizionali modelli nomologici falliscono e vanno sostituiti con modelli a struttura probabilistica (Paliero).