Il mondo - URITAXI · IN ESPANSIONE. La situazione di UberPop nel mondo nel dicembre 2014 (dati...

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Il mondonell'era dei "taxi"senza licenza:chi ci guadagnae chi ci perde.

H a fatto arrabbiare i tassisti di mezzomondo, Italia compresa. E reso felici mi-lioni di persone che, con un clic e minorespesa, approfittano dei "passaggi in auto

da privati" offerti dalla app UberPop. D'altra parte,secondo il Time, il 2015 sarà l'anno della sharingeconomy. Gli analisti convengono: il potenzialedella cosiddetta "economia della condivisione"è sempre più alto. Dai tempi di Wikipedia, dellabanca del tempo e del coworking (luoghi in cui sicondividono le postazioni di lavoro) si sono fattipassi da gigante. A essere messi in comune, infatti,non sono più solo i contenuti, gli spazi e il tempo,ma anche e soprattutto i servizi. Partendo da un'i-dea semplice: ciò che gli utenti chiedono semprepiù è una prestazione a richiesta, "on demand". Aun utente serve un passaggio in automobile? Conun'applicazione su smartphone può mettersi incontatto con chi fa lo stesso tragitto. Serve unatata, una colf, qualcuno che monti un mobile o uncuoco per una cena? Si trova anche quello. •

Olanda

di protestaa Londra, nel

giugno del 2014,nei confronti del

servizio UberPop.

, Servizio proibito o conrischio di proibizione

k Controversielegali in corso

UBER: LA SITUAZIONE NEL MONDO

IN ESPANSIONE. La situazione di UberPop nel mondo nel dicembre 2014 (dati Reuters; Uber).Il servizio di ridesharing - in espansione e attivo per ora anche in Italia (a Milano, Torino, Genova,Padova e Roma) - consiste nel dare a tutti la possibilità di diventare tassisti, offrendo ai clienti unaapplicazione per trovare un passaggio a pagamento. Il servizio in alcuni Paesi è stato proibito,in altri ci sono controversie legali aperte (la situazione aggiornata su http://uber-troubles.silk.co).

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TAXI

II punto di forza è evidente: la prestazio-ne è rapida, efficiente, economica, per-ché abbatte i costi di impresa. E offrequalcosa in più dei servizi tradizionali: èecologica, spesso riduce l'inquinamentoe soprattutto potenzia le relazioni socia-li. Musica per le orecchie di chi da anniteme che il Web crei una società alienata,dove le persone parlano sui social media,senza salutarsi per strada. Recentementeanche le grandi corporation della SiliconValley si sono interessate al fenomeno,sponsorizzando le start up più innovati-ve, Uber in testa, finanziata da Google.Ma qual è il saldo finale di questa opera-zione commerciale? Ovvero chi ci guada-gna tra utenti, lavoratori e start-upper?

PIÙ EFFICIENZA. «La sharing economyè arrivata al momento giusto», spiegaFrancesco Saviozzi, direttore del masterin strategia e imprenditorialità alla Scuo-la di direzione aziendale della Bocconidi Milano. «Le persone sono più apertee hanno voglia di innovazione, perchémolti dei servizi tradizionali non sonoefficienti. Le risorse ci sono, ma vannosfruttate meglio: l'economia della con-divisione permette di farlo con facilità».Quanto a funzionalità i servizi offertisono, salvo eccezioni, molto efficienti.E rispondono a moltissime delle richie-ste dell'utente: prezzi bassi, facilità diaccesso, buona qualità. Non si spieghe-rebbe altrimenti il successo di Airbnb, ilportale che permette di prenotare un ap-partamento in qualsiasi città del mondo,visualizzando prezzi, posizione e foto.O i grandi risultati di Taskrabbit, la appche permette di trovare il dogsitter piùvicino, ma anche chi va in posta per noi apagare la bolletta o ci fa la spesa.A farla da padrona, ultimamente è statala discussa app di UberPop. Ricordiamocome funziona: l'utente che deve andaredal punto A al punto B cerca sulla sua ap-plicazione se c'è qualche driver (autista)collegato, disposto a dargli un passaggio.Lo prenota e lo paga con carta di credito.L'80% va al guidatore, che con quei soldipaga benzina, assicurazione, manuten-zione dell'auto, e si prende un rimborso

CUORE D'IRLANDA.Il quartier generale di Airbnb,

T'Uber delle case", a Dublino.

LO VOGLIAMO DAVVERO?

In merito a UberPop {foto a sinistra),ci sono pareri discordanti.PERCHÉ Sì. Chi difende il servizio nemette in risalto l'efficacia e la convenienzaeconomica. L'app funziona così: inviaautomaticamente le coordinate Gps delcliente al centralino, calcola in anticipo latariffa della corsa e, a fine corsa, laaddebita sulla sua carta di credito.PERCHÉ NO. Gli oppositori accusanoUber di fare concorrenza sleale ai tassisti,di non rispettare le norme dei Paesi in cuiopera e di non tutelare abbastanza i suoidriver (gli autisti-privati). In più, alcuni casidi cronaca (reati commessi dagli autisti aidanni degli utenti) hanno sollevato laquestione sulla sicurezza del servizio.

C'è un servizio per ogni esigenza: c'èchi condivide la propria casa, chi cercaun passaggio in macchina, chi si mettea disposizione dei propri vicini

spese. Il rimanente 20% va a Uber, chestabilisce le tariffe e detiene la piattafor-ma informatica del servizio. In media siè stimato che le tariffe di UberPop sonoleggermente più basse di un normaletaxi, ma ci sono anche servizi di Uber diqualità più alta e quindi più costosi.I taxisti hanno gridato allo scandalo e allaconcorrenza sleale: non senza ragione.Gli autisti di UberPop, infatti, compete-rebbero con loro, con tariffe più basse esenza dover comprare le licenze, obbli-gatorie per legge (arrivano a costare 200mila euro) ai tassisti tradizionali.

300%vA oggi, il ritmodi crescitaannuale di Uber.

SENZA REGOLE. «La questione delle re-gole, in questo come in altri casi, è unodei grandi temi della sharing economy»,aggiunge Saviozzi. «Dove ci sono, a mioavviso è bene che vadano rispettate».La questione non è semplice. Non di-mentichiamo che il brodo culturale incui queste realtà sono nate è la Califor-nia, patria della deregulation, dove giàalla metà degli Anni '90 prosperavanoun insieme di visioni della società chetenevano assieme cibernetica, econo-mia liberista e controcultura libertaria.«Non è la tradizione culturale europea,insomma, più sindacalizzata e struttu-rata», precisa Antonio Casilli, sociologoe docente di Digital Humanities all'isti-tuto ParisTech di Parigi. «Soprattutto inEuropa le regole sono più stringenti chein America. E i vertici di queste start up

10 sanno bene. Non a caso investono mol-tissimo in avvocati e lobbisti pagati perrisolvere le cause legali e per influenzare11 legislatore. Uber è la realtà più emble-matica: una testa di ariete che sta tentan-do di forzare il sistema di regole ed en-trare nella nostra realtà, promettendo, •

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Condivisione? No, una grande macchina da soldiREALTÀ. Uber è un colosso da 35 miliardi di euro (pari alvalore dell'ultima Legge di stabilità in Italia), che si finanziacon una percentuale sul guadagno dei suoi driver.

UTOPIA. Se fosse veramente un esempio virtuoso disharing economy, la società dovrebbe coinvolgere i suoilavoratori (potenzialmente ogni cittadino) in modo collettivo.

Il 20% delletariffe vanelle taschedell'azienda

Uber non fornisce supporto economico agli autisti: ognuno èresponsabile del suo mezzo e si paga la manutenzione da sé.

1 guadagnidovrebberoessere divisi inparti uguali trai lavoratori.

Le decisionidovrebberoessere prese"dal basso", piùche dai vertici.

Un controllolocale implicaun miglioradattamentoalle varie città.

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Apparentementeconviene a tutti.Ma non è propriocosì: i costi socialidi questi servizisono elevatissimi

come ha fatto a gennaio, 50.000 nuoviposti di lavoro». Ma è anche il caso diAirbnb. Perché, infatti, chi affitta la pro-pria casa è costretto a pagare una tassa,facendo apposite registrazioni, mentrechi la cede qui non deve rendere conto anessuno? La polemica non è nuova e inquesti ultimi due anni sono molti i Paesiche hanno fissato dei paletti. «Il discorsodelle regole non deve offuscare i lati posi-tivi di queste realtà però», ribatte Savioz-zi. «È evidente che tramite Airbnb piùpersone si sposteranno. Nel complessosarà tutta l'economia a beneficiarne».Di sicuro adesso ne stanno benefician-do i proprietari della società, valutata10 miliardi di dollari (circa un quarto diUber). E le opportunità anche per altri

E FIDO DOVELO METTO?

Per i dogsitter, maanche per aiutarsi

tra vicini c'èTaskrabbit (non

icora in Italia).

startupper non mancano, almeno standoal Wall Street Journal, che ha individuatoproprio nelle attuali condizioni precariedi parte del settore del trasporto pubbli-co in Europa le ragioni del successo dimolte di queste aziende. Come la piatta-forma di Bla bla car, che in competizionecon i costi dei treni permette all'utente dicondividere passaggi in macchina: con-siderando quanti sono i settori pubbliciin crisi, le opportunità non dovrebberomancare. La questione conduce però al

Serve un cuoco o una macchina?CON E SENZA DENARO. I principali servizi di sharing in Italia, divisi per categorie.A sinistra, gli scambi di mercé senza denaro (definitivi in basso e temporaneiin alto), a destra invece i servizi e gli scambi a pagamento (sempre definitiviin basso e temporanei in alto).

CATEGORIE1 Casa2 Trasporti3 Colf/Tata4 Cuochi5 Libri6 Oggettiin generale7 Bancadel tempo8 Sport(calcetto)

t+FUBLES

TIMEREPUBLIK7

ScambioCasacom

3 - oltre(9TATA

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punto dolente della sharing economy: il"costo sociale".

COSTI NASCOSTI. A oggi beneficiano diqueste opportunità di lavoro soprattuttodisoccupati, pensionati, donne e stranie-ri. Ma anche cuochi o liberi professioni-sti alle prime armi, soprattutto giovani. Enon è un caso se è proprio in questo perio-do di crisi che i lavori della sharing eco-nomy hanno trovato spazio in America ein Europa, dove la manodopera a bassocosto non mancava. Nonostante si tendaa definire questi lavoratori "imprendi-tori di se stessi", o persone che deside-rano solo arrotondare il loro stipendio,infatti, i dati dicono altro: chi lavora perqueste aziende difficilmente riesce adarricchirsi. Deve aprire una partita Iva,non ha contributi, si paga da solo even-tuali assicurazioni e per poter ricavareuno stipendio deve lavorare moltissimeore. «Queste aziende vogliono lavoratorisenza diritti, flessibili, pronti a risponde-re alle esigenze del mercato», concludeCasilli. «Del costo sociale di queste scel-te non parla nessuno. Ma c'è ed è eleva-tissimo. Oggi Uber punta al target degliinsegnanti come potenziali autisti chehanno l'interesse ad arrotondare lo sti-pendio. Significa che si colpisce là doveil precariato è maggiore e si propongonoopportunità di impiego deregolamenta-te in cui tutto il rischio di impresa ricadesulle spalle di chi lavora. Dimenticandosiche una società con una disuguaglianzaelevata è una società fragile, esposta aburrasche politiche e sociali, quindi piùpericolosa per tutti».Il dibattito è aperto insomma. E chissà sequando Google annunciava il suo mottodont'be evil ("non essere malvagio") pre-sagiva già il rischio di poter finire sul ban-co degli imputati proprio per Uber. ©Giuliana Rotondi

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