Il mese della Luna

22

description

Luglio 1969. L’uomo si appresta a sbarcare sulla Luna. Il mondo è in trepidazione per lo straordinario evento. In Italia, nella periferia di una grande città, un adolescente si trova a trascorrere un’insolita estate di dubbi, insicurezze amorose e tragedia che lo cambierà per sempre. In compagnia di un ragazzo più grande ossessionato dall’idea di uccidere suo padre, coinvolto in oscure avventure, costretto dai suoi genitori ad ‘‘imparare cosa significa lavorare” nella falegnameria dello zio, il protagonista si confronterà con le ansie tipiche della sua età, dovrà vincere l’angoscia di rivelare i propri sentimenti, capire e accettare l’immagine che di lui si riflette allo specchio, e soprattutto affrontare il peso delle folli intenzioni del suo amico.

Transcript of Il mese della Luna

Page 1: Il mese della Luna
Page 2: Il mese della Luna
Page 3: Il mese della Luna

Ba i g u o10

Page 4: Il mese della Luna
Page 5: Il mese della Luna

Alessandro Franci

G I N G K O E D I Z I O N I

IL MESE DELLA

LUNAr o m a n z o

Page 6: Il mese della Luna

il mese della luna© Copyright 2013 alessandro Franci © Copyright 2013 gingko edizioni

san Pietro Capofiume (Bo)www.gingkoedizioni.it

i edizione ottobre 2013Collana Baiguo

isBn 978-88-95288-44-4

Progetto grafico di copertina: © 2013 atalante

Page 7: Il mese della Luna

alessandro FranCi è nato nel 1954 a Firenzedove si è laureato in architettura e dove vive.Ha pubblicato la raccolta di poesie “senza luogo”,Edizioni Gazebo, Firenze, 1985. I racconti “delittimarginali”, Edizioni Gazebo, Firenze, 1994. Gliaforismi “la pena uguale”, Edizioni Gazebo, Firenze, 2009. Nel giugno 2011 è uscita in ebook la sua raccolta diracconti “il fermaglio”, presso la rivista online larecherche.it. Per la stessa rivista, nel 2012, l ’ebook“la luna è nuova”.Nel 1984 è stato tra i fondatori di “ottovolante -circuito di produzione di poesia”. Dal 1983 al 1993è stato redattore di “salvo imprevisti”, e dal 1993 lo ède “l’area di Broca”.Suoi lavori compaiono nelle antologie “Poeti oggi”, a cura di Piero Santi; “Forte Poesia”, biblioteca diForte dei Marmi, 1984; “il circuito di poesia”, a cura di Massimo Mori, Manni Editore, Lecce, 1997.“scrittori e scritture di fine ’900’’ , edizione multimediale a cura di Mariella Bettarini e GabriellaMaleti, Edizioni Mediateca, Campi Bisenzio, 2000.Si sono interessati ai suoi lavori, tra gli altri: GiorgioBarberi Squarotti, Gesualdo Bufalino, Giorgio Cusatelli, Inisero Cremaschi, Franco Fortini, LuigiMalerba, Paolo Ruffilli.

Page 8: Il mese della Luna
Page 9: Il mese della Luna

IL MESE DELLA LUNA

Here men from the Planet Earth first set foot upon the moon.

July 1969, A.D.We came in peace for all mankind.

TARGA POSTA SULLA LUNADALL’EQUIPAGGIO DELL’APOLLO 11

Page 10: Il mese della Luna
Page 11: Il mese della Luna

1

Amia madre non andava a genio che frequentassi Da-niele, perché suo padre non era il vero padre. Era que-

sto il motivo per cui non dovevo frequentarlo, però i mieigenitori non lo avrebbe ammesso; per mia madre Daniele erasporco, uno che parlava male e che faceva troppe assenze ascuola.

Mentre lo aspettavo nell’aria rovente della piazza, su ungiornale gettato tra la polvere, lessi: Cape Canaveral, poi altreparole distorte dalle pieghe della carta, e infine uno spezzone:...onauti. Ricordai che presto l’uomo avrebbe conquistato laLuna, come ripeteva da giorni mio padre. Con il piede tentai dispalancare le pagine attaccaticce, ma l’operazione mi sembròinutile e complicata e così l’abbandonai subito.

Daniele arrivò poco dopo, trafelato e sorridente, con lecanne in mano. Io non pescavo perché in casa nostra non usa-vamo tante distrazioni, visto che mia madre il superfluo loidentificava con il diavolo. La canna di Daniele era nuova,verde e gialla, telescopica, mentre quella che affidò a me era damettere insieme pezzo dopo pezzo, grigia e pesante, d’altronde,l’importante non era tanto pescare, quanto passare il pomerig-gio insieme a lui.

Daniele sapeva suonare la chitarra e cantare anche in in-glese, aveva una buona mira sia con la fionda che con il fuciledi suo padre, era un bravo pescatore, ci sapeva fare con le ra-gazze e non aveva paura di nulla.

Page 12: Il mese della Luna

Mi mostrò, sorridente, le sigarette che aveva portato: un pac-chetto da dieci gualcito e scolorito. Le avremmo dovute fumaretutte in poche ore poiché non potevamo nasconderle in casa. Perquel che mi riguardava, non avevo mai fumato, anche perchéera superfluo, ed essendo superfluo era demoniaco, secondo miamadre. Fumare tutte quelle sigarette senza averne mai messa inbocca neppure una, in ogni caso, non mi preoccupava.

Mentre camminavamo, Daniele non smetteva di parlare,anche se io non lo ascoltavo; guardavo i suoi capelli arricciatidavanti e pensavo che i miei non riuscivo neppure a pettinarli.Sottili e radi, dovevo tagliarli corti e ravvivarli con una rigadritta da sinistra a destra, e non da destra a sinistra come avreidesiderato tanto per essere diverso dagli altri. Mia madre peròdiceva che chi porta la riga da destra a sinistra è mancino, e lamano sinistra è quella del diavolo.

« Con Milena ci si diverte… si fa toccare le cosce » dissed’improvviso Daniele.

Rividi Milena con quel suo viso bianco e lo sguardo lon-tano, immaginando che Daniele stesse scherzando benché iocon lei non ci avessi mai neppure parlato.

Feci per dire che Milena non era affatto come sua madre,ma non dissi nulla, anzi finsi una complicità inesistente nellasperanza che non ne parlasse più. E invece Daniele aggiunse:« Veniamo al fiume e lei si mette la sottana per farsi toccare lecosce, ma poi non vuole fare altro. È una troia! ».

Vampe di calore umido e un odore improvvisamente densod’erba mi chiusero la gola. Pensai che non fosse vero, anche seera risaputo che lui, come gli altri ragazzi più grandi, si vedevacon certe ragazze, come diceva mia madre. “Certe”, per lei,equivaleva a distinguere un preciso comportamento morale chealcune ragazze tenevano in confronto ad altre; “certe” nonaveva valore indefinito, ma spregiativo.

A causa di ciò che avevo appena appreso e dell’aria calda eumida, si fece vivo un profondo dolore allo stomaco.

Ci sedemmo in una radura erbosa e subito Daniele rincarò

10

alessandro FranCi

Page 13: Il mese della Luna

la dose su Milena. « Qui non ci vede nessuno, fumiamo una si-garetta e dopo ci divertiamo ».

Rise, volgendo lo sguardo tra gli alberi e le foglie, come atrovare lì conferma alle sue confessioni.

Quel “ci divertiamo” accrebbe il dolore che nel frattempo siera spostato in alto. Divertirsi sembrava leggero e pericoloso,sospeso nell’aria e pronto ad abbattersi al suolo da un momentoall’altro.

Dopo aver estratto le sigarette dalla tasca, Daniele me neporse una e ne prese un’altra per sé. Le accendemmo e l’odoredi fumo si mescolò a quello oleoso dell’erba. La gola comin-ciò a bruciarmi, il caldo era diventato nel frattempo basso edenso e l’odore che saliva da terra bloccava il respiro. Le pa-role rimbalzavano fra noi svaporando nell’aria pesante.

Daniele se ne accese un’altra, mentre rideva mostrando identi bianchissimi e gli occhi illuminati da lampi chiari. Ac-cesi anch’io la seconda sigaretta e l’irritazione alla gola che siera da poco placata riprese viva.

D’un tratto, Daniele divenne cupo, guardò per un istante inalto sopra di me; doveva seguire evidentemente un pensierovolteggiante fra di noi.

« Andiamo! » sentenziò. Sentivo gli zigomi in fiamme, lo stomaco che premeva la

gola, e mentre lui camminava davanti pensai che avrei vomi-tato. I suoi diciassette anni lo autorizzavano a non curarsi diniente, io lo seguivo senza sapere cosa sarebbe accaduto, in unsilenzio incomprensibile piombato di colpo tra noi.

Giunti al fiume, sotto un cielo plumbeo che come un co-perchio gravava sulle nostre teste, Daniele iniziò i preparativiper la pesca. Armeggiò con la canna e la lenza con impazienza,ma sicuro; osservò il filo, annodò, tranciò con i denti quello ineccesso. Io cercai di imitarlo e, ad ogni dubbio, lo interrogai conprecisione. Lui diceva: « Così », mimando ciò che avrei dovutofare per risolvere il problema.

Quando finalmente fummo pronti, silenziosi e tristi davanti

11

il mese della luna

Page 14: Il mese della Luna

alessandro FranCi

12

al fiume, l’uno di fianco all’altro, caddero le prime gocce. Migirai a guardarlo, ma Daniele sembrava intento nella stessa po-sizione a fissare il rosso del galleggiante. La pioggia man manosi fece sottile, il vento aumentò e presto il rumore divenne as-sordante sulle piante e in terra. Mi guardò allora con uno scatto,e subito prese a ripiegare la canna; feci lo stesso anch’io, men-tre le gocce già ci avevano inzuppati.

Quando arrivai a casa, c’era soltanto mia nonna. Corsi inbagno e mi asciugai i capelli, mi cambiai, e con il phon asciugaianche la maglia e i pantaloni. Allo specchio osservai con rabbiala mia grossa testa, i capelli sottili, il corpo ossuto. Non c’era piùnulla da fare: ero magro all’inverosimile, “secco”, come dicevamia madre. Avrei voluto cancellare quell’immagine e plasmarlain un’altra definita e simile a quella del mio amico.

Per il resto del pomeriggio passai da una stanza ad un’altra,osservando mia nonna addormentarsi e svegliarsi centinaia divolte sulla poltrona. Bevvi un bicchiere d’acqua dal rubinetto,più volte tornai in bagno per controllare che tutto fosse in or-dine.

Non appena rientrò, mia madre mi mollò uno schiaffo senzadire niente. Si avviò lungo il corridoio lasciando dietro di sé isuoi passi picchiettanti e balbettando qualcosa che non capii.Dietro di lei giunse mio padre. Non mi guardò neppure, néfiatò. Entrambi si chiusero in camera e discussero ad alta vocenon so per quale motivo. Poco più tardi, prima che ci sedes-simo in tavola per la cena, mia madre iniziò a ripetere: « A pe-scare con Daniele… eh? ».

Poi silenzio.« Vuol dire che diventerà un delinquente come lui e…

bravo, bravo… ».Dalla cucina queste frasi fuoriuscivano a cadenza quasi re-

golare. Sapeva tutto.

Page 15: Il mese della Luna

2

Quella sera mio padre annunciò che non saremmo an-dati in vacanza. Alcuni giorni prima aveva venduto la

Lambretta per comprare la macchina; non sospettavo che l’ac-quisto dell’auto costituisse un fatto talmente devastante per lanostra economia al punto da costringerci a non fare altre spese.Immaginai che quella decisione fosse una punizione per essereuscito con Daniele.

Ogni anno trascorrevamo tutto agosto nel solito posto: incampagna, mai al mare. Prendevamo in affitto due stanze e unacucina buia. Era un luogo profumato di legna e terra, in unpaese affogato tra alberi, monti e vallate scoscese, con un tor-rente d’acqua fredda e bassa quasi secco in quel periodo. Tra-scorrevo ore da solo nei campi, sugli alberi, tra le rocce o alfiume.

Quella sera dell’annuncio la cena fu silenziosa. Ciascunocontemplava il proprio piatto e gli sguardi non s’incrociaronomai. Non avrei rivisto nulla di tutto ciò che aveva scanditol’estate per tanti anni, e nel piatto osservai giorni interminabilie disabitati, in solitaria attesa dell’autunno.

Prima di addormentarmi guardai la Luna dalla finestra soc-chiusa, e immaginai che potesse esserci un legame tra i primipassi degli astronauti e la mia lunga estate. Forse, ciascuno dinoi doveva rinunciare a qualcosa di proprio per consentireun’impresa tanto grande.

Dal prato saliva un odore caldo di erba umida. Il buio siconfondeva nell’orizzonte inavvertibile con la sagoma scura

Page 16: Il mese della Luna

di scheletrici cantieri. Da un po’ di tempo avevano iniziato acostruire proprio davanti casa nostra, in un campo rimasto finoad allora sgombro e incolto, grandi palazzi grigi che di giornorilucevano al sole e di notte mutavano in sagome nere e ferme,come grandi relitti.

Casa nostra si trovava subito fuori città, in una periferia disole due strade che s’incontravano formando una T. Abitavamocirca a metà gambo, mentre tutti gli altri miei amici, Milenacompresa, si trovavano tra la fine del gambo e la parte destra.Daniele, all’estremità sinistra.

La nebbia d’autunno e per gran parte dell’inverno chiudevala T all’interno di un cerchio, isolandola. Per andare a scuolao in città occorreva forare lo strato gelido che si diradava su-bito. Dipendeva forse dal fiume, oppure dalle vecchie paludibonificate ai primi del Novecento, fatto sta che ognuno avevauna propria teoria sul fenomeno, e per questo non era mai statochiarito perché si dovesse varcare una specie di confine per en-trare o uscire dalla T. D’estate la nebbia non c’era, ma il con-fine sì. Era lì, al posto della nebbia. Al di là iniziava la città, lavita; di qua soltanto la periferia. Persino le notizie faticavanoa trovare la giusta via nella nebbia, e molto di ciò che avrebbepotuto raggiungerci svaniva nel biancore. La gente stessa, tra-versando il cerchio per andare al lavoro e per tornare nella T,con il tempo mutava quasi aspetto assumendo altre abitudini,o spariva del tutto oltre il confine.

A sancire l’inizio della lunga estate fu, come sempre acca-deva prima che i Malinverno partissero per la vacanza, l’ul-tima partita.

Giocavamo in un prato inclinato da un lato, sul quale si po-teva tener ferma la palla solo in alcuni punti, mentre in altri ro-tolava verso un fossato stretto, irto di rovi e percorso da unbasso liquido che scendeva lento, di colore giallo e di odoreopprimente.

Francesco Malinverno quasi ogni sabato ci invitava per la

14

alessandro FranCi

Page 17: Il mese della Luna

15

nostra partita. Ci incontravamo al cancello davanti al viale, an-davamo fino alla porta della villa e poi c’incamminavamo conFrancesco lungo il sentiero di fianco alle viti. Francesco era ilpiù grande di noi e, poiché la sua famiglia era la più ricca ditutta la T, godeva del diritto di formare le squadre a suo piaci-mento e di decidere quando iniziare e quando smettere. Era in-dispensabile sia perché senza di lui non potevamo arrivare alcampo, sia perché portava il pallone di cuoio marrone, duro,con la superficie bitorzoluta. Non invitava tutti, però. Daniele,per esempio, non lo chiamava mai.

Per quanto riguardava me, di partite non ne perdevo una.Giocavo in porta. Ero più alto dei miei amici, freddo e sicuronelle parate, mi divertiva gettarmi in terra per bloccare la palla,oppure per deviarla di pugno. Il ruolo del portiere è determi-nante: un suo errore ed è goal. Non c’è rimedio agli errori delportiere, e io mi sentivo un eroe!

L’ultima partita d’estate la organizzavamo perché fino adottobre non ci saremmo rivisti. L’unica differenza tra l’ultimapartita e le altre che la precedevano era la consapevolezza chequella sarebbe stata appunto l’ultima, nient’altro.

Francesco Malinverno ci stava aspettando anche quel sa-bato. C’eravamo quasi tutti: Paolo, Andrea, Massimo, Giulio,Federico e suo cugino, Roberto. A differenza delle altre volte,Francesco volle festeggiare l’ultima partita d’estate con unanovità: ci invitò in casa sua a prendere il tè prima del calciod’inizio. Fino a quel pomeriggio non avevo mai messo piedenella villa Malinverno, perché di solito aspettavamo il nostroamico davanti ai gradini d’ingresso nel cortile di ghiaia. Ol-trepassata la porta a vetri e legno riquadrata in piombo, ci tro-vammo in un salone zeppo di mobili e suppellettili, quadri etappeti, un ambiente semibuio ma attraversato da sfumature eriverberi, fresco in contrasto con l’esterno.

Seguimmo Francesco in silenziosa processione, disorien-tati e tristi. Passammo davanti al camino odoroso di fuoco vec-chio e brace e ci districammo tra poltrone e divani affondando

il mese della luna

Page 18: Il mese della Luna

i passi su tappeti spessi. Sopra un mobile basso, disposte confalso disordine, vi era una grande quantità di cornici d’argentoche imprigionavano fotografie pallide di persone morte chissàda quanto tempo. Al nostro passaggio le cornici tintinnaronol’una contro l’altra.

Andrea, che mi camminava davanti, si voltò e disse che erastato previsto un collegamento televisivo per tutto il periododel viaggio sulla Luna, e che il rientro degli astronauti sarebbeavvenuto il venti luglio. Ma non riuscì a concludere il discorsoperché d’improvviso urtò con il piede la gamba di quel piccolotavolo e fece risuonare le cornici in un rumore acuto che s’in-nalzò nella sala, tanto che tutti si girarono verso di noi.

Intanto Francesco aprì una robusta porta di legno scuro in-tarsiato, e ci precedette per un corridoio scuro, dalle pareti tem-pestate di quadri di paesaggi e ritratti.

« Andiamo a prendere il tè in cucina » disse. « La signoral’ha servito lì ».

Al termine del lungo corridoio ci trovammo in una cucinaluminosa con marmi grigi e legni chiari. Su un lato, al di là diuna portafinestra, si scorgeva un giardino che non avevo maivisto. Sul fondo, all’ombra di alberi e siepi verdi, c’era unacappella con tanto di croce sul tetto a coppi rossi, e due fintecolonne sulla facciata.

Comparve una donna con un grembiule bianco trinato sopraun abito scuro. Dopo averci sorriso, prese dalla madia un vassoiodi metallo lucido e vi dispose tazzine e piattini bianchissimi.

« Sedetevi » sussurrò. Obbedienti come una scolaresca diligente, ci mettemmo al

tavolo. La donna scomparve e riapparve subito con due teierebianche.

Eravamo stati spettatori attoniti e silenziosi fino a quel mo-mento, mentre Francesco ci guardava come studiasse il nostrocomportamento. Non ho idea di quanti di noi avessero l’abitu-dine di prendere il tè; io lo bevevo solo quando ero ammalato.Mia madre, se avevo la febbre ed ero inchiodato a letto, me lo

16

alessandro FranCi

Page 19: Il mese della Luna

17

serviva con limone strizzato e una ruota galleggiante nelmezzo. Forse anche per i miei amici era lo stesso, e a tutti do-veva sembrare strano starsene seduti in quella casa smisuratain attesa di bere tè essendo sani, servito da una persona chenon era la madre di nessuno.

Oltre la portafinestra vidi passeggiare sull’erba del giardino,leggera come un fantasma, la signora Malinverno. Mi parveuna scena di sogno, o come se quello che stava accadendo làfuori non mi appartenesse davvero, quasi fosse un fenomenoche presto si sarebbe nuovamente ricomposto e giustificato.Ma la donna attraversò lo schermo di vetro lentamente. Com-parve e sparì nella parte di spazio coperta dal resto della casa.Non si curò di noi, e neppure di suo figlio; sembrava che no-nostante la vicinanza, noi e lei svolgessimo azioni distanti, indimensioni addirittura opposte. Poteva darsi che nessuno oltrea me se ne fosse accorto, neppure Francesco. Quel che era certoera che mia madre non avrebbe mai lasciato che qualcuno sfug-gisse al suo controllo.

Quel fatto distinto ma lontano fu interrotto dal frastuonodella tazzina di Paolo in frantumi sul pavimento. Fu seguito daun repentino silenzio e Francesco, senza battere ciglio, decretòil momento di andare al campo per giocare la nostra partita.C’incamminammo in fila indiana, Francesco in testa e dietrotutti noi.

Già dopo i primi momenti mi sentii insofferente e avrei pre-ferito essere altrove. Guardavo i miei amici che correvano, gri-davano, si rimproveravano per i passaggi sbagliati, e mi parevadi non appartenere più a quel gruppo. Dapprima mi stupii diquesta strana inquietudine, poi, lentamente, fu come se la ac-cettassi e la facessi mia al punto da ritenerla giustificabile perqualche motivo, benché non sapessi quale.

Dietro di me udii rumori e parole incomprensibili; mi vol-tai e, sopra il muro, vidi affiorare due teste ravvicinate. Eranoun uomo e una donna, forse giovani, a pochi passi da noi.

Senza perdere di vista il pallone, mi misi a sbirciare le

il mese della luna

Page 20: Il mese della Luna

18

mosse dei due sconosciuti, figurandomeli a baciarsi, pensandoa Daniele e Milena. Poi, ancor prima che la partita finisse, miritrovai sopraffatto da una stanchezza vasta e sconosciuta. De-siderai andarmene, ma non a casa: non sapevo dove.

Fui assalito da un’ignota nostalgia che contrapponevo aquel momento: la palla che rimbalzava sul campo, le corse deimiei amici, i tuffi che dovevo fare per parare. L’effetto di que-sto scontro mi teneva sospeso e animato da un desideriofreddo. Non sapevo cosa desiderare.

Al pomeriggio con Daniele e alla partita di calcio, nonavevo attribuito grande valore. Vagamente ne percepivo sol-tanto una memoria neutra che incasellava i due giorni tra la ca-tegoria delle giornate storte; anche se la consapevolezza diun’estate da trascorrere a casa dava ad entrambi i fatti un si-gnificato inconsueto. Tuttavia anche dopo, ripensandoci, noncredetti di vedere presagi o segni evidenti del destino; e non mipreoccupò così tanto il senso di inadeguatezza. Anzi a questoproprio non ci pensai... la Luna, i primi passi dell’uomo,l’estate a casa da solo, quando invece tutti i miei amici se ne sa-rebbero andati erano fatti che potevano giustificare malesserie insoddisfazioni di ogni genere.

alessandro FranCi

Page 21: Il mese della Luna
Page 22: Il mese della Luna