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Copiapoa haseltoniana - Nord Taltal - deserto di Atacama Cile (GM) MARIO CECARINI Il MAXI libro delle PIANTE GRASSE per conoscerle, amarle, coltivarle con successo

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Copiapoa haseltoniana - Nord Taltal - deserto di Atacama Cile (GM)

MARIO CECARINI

Il MAXI libro delle

P I A N T E G R A S S E per conoscerle, amarle, coltivarle con successo

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SOMMARIO

Presentazione 6 Prefazione 7 Evoluzione, struttura e ambiente 9 Evoluzione delle piante 11 Evoluzione delle succulente 13 Qualche cenno di genetica 15 Vita e struttura delle succulente 17 Aspetti della vita vegetale 24 I fattori di crescita 29 Dal fiore, al seme, alla pianta 31 Il segreto dei fiori 32 Ambienti naturali e distribuzione 39 Le succulente naturalizzate in Italia 43 Forme teratologiche 59 Principi di coltivazione 71 Cure particolari 89 La riproduzione sessuata 93 La riproduzione vegetativa 97 L’innesto 99 Le malattie e le cure 103 Gli animali nocivi 104 I parassiti vegetali 107 Errori di coltivazione 111 Le cure stagionali 113 Scelta delle piante e loro collocazione 116 Pericoli di sopravvivenza 123 Galleria: le cactacee 127 Generi cactacei non più riconosciuti 250 Galleria: le succulente non cactacee 251 Principali sinonimi delle succulente non cactacee 388 Glossario 394 Bibliografia essenziale 396 Indice delle immagini 398 Codici di comportamento 400 Appendici CITES 403 Indice analitico 406

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PRESENTAZIONE

Lo scopo di questo volume, nella sua prima parte, è quello di ripercorre-

re l’evoluzione delle piante, con particolare riguardo alle succulente,

all’ambiente naturale in cui vivono, alla distribuzione sui territori, alla

vita segreta che le rende capaci di vivere, crescere e riprodursi, alla strut-

tura interna che permette loro l’accumulo di acqua e le fa resistere alla

siccità, alle forme particolari, nonché alle differenze con le ‘altre piante’.

La seconda parte vuole fornire, a neofiti e collezionisti, un valido aiuto

in tema di coltivazione, di fioritura e di riconoscimento delle piante

grasse, tanto diffuse nelle nostre case, mettendo a disposizione degli

appassionati accurate nozioni pratiche di botanica, consigli e trucchi,

così da accompagnare il lettore nella conoscenza e gestione di questo

straordinario e particolare mondo vegetale.

Il manuale si occupa, nei minimi particolari, di come coltivare le succu-

lente, siano esse cactacee che non cactacee, in condizioni tanto diverse

da quelle naturali. Si forniscono indicazioni su come ottenere splendide

fioriture, come seminare, riprodurre, innestare, annaffiare, concimare,

difendere dalle intemperie. Informa su come prevenire, riconoscere e

curare le malattie, disinfestare dai parassiti e animali nocivi, come e

quando eseguire le operazione stagionali, scegliere i generi e le specie

migliori o più indicate al nostro ambiente di coltura, la migliore colloca-

zione, in special modo nella stagione fredda, i pericoli di sopravvivenza

allo stato selvaggio.

Si avvale di una classificazione secondo le fonti più aggiornate e di una

terminologia scientifica, resa immediatamente comprensibile da chiare

spiegazioni e da un glossario appositamente scritto.

Completano il volume, nella sua terza parte, due ampie e complete gal-

lerie di immagini: una per le cactacee e una per le non cactacee, con ol-

tre 1700 illustrazioni a colori, riferite a 300 generi e 1500 specie. Segue

l’indice dei generi non più riconosciuti e quello dei sinonimi, un accura-

to glossario, una bibliografia essenziale, i codici di comportamento e le

Appendici CITES.

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PARTE PRIMA

evoluzione, struttura e ambiente

Copiapoa taltalensis – Nord Cifuncho Cile (GM)

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VITA E STRUTTURA DELLE SUCCULENTE

Col termine succulente, altrimenti dette piante grasse, s’intende sia le cactacee

che le non cactacee.

La succulenza, costituita da un accumulo di succhi, trovasi in grosse cellule

separate da ampi spazi intercellulari ricchi d’acqua (vacuoli). Può risiedere

nelle foglie come nel fusto, così da permettere alla pianta di vivere a lungo

anche senza radici. La succulenza può presentarsi anche nelle radici, così come

accade, per esempio, in Euphorbia primulifolia.

Con la succulenza fogliare queste piante accumulano acqua nelle foglie carno-

se; con quella caulinare, invece, il tessuto acquifero si sviluppa nel fusto.

La succulenza può verificarsi anche nel caudice o caudex, costituito da un ri-

gonfiamento basale compreso fra la radice e il fusto. Tale organo può risiedere

tutto sotto terra (ipogeo), essere parzialmente interrato, ovvero collocato appe-

na sopra il livello del suolo (epigeo). Trattasi di una specializzazione del lavo-

ro, dove la parte aerea costituita dalle foglie, spesso caduche, assolve la funzio-

ne clorofilliana, mentre il caudice svolge quella di riserva d’acqua.

Le radici prelevano dal terreno l’acqua e i sali minerali che, attraverso i vasi lin-

fatici, vengono convogliati verso l’alto ove si trovano i tessuti sensibili alla luce.

Possono assumere la forma fascicolata, cioè affastellata, allorché il fittone cen-

trale si atrofizza per dare vita a una fitta rete di radici sottili come avviene nelle

Crassulaceae. In altri generi il fittone è alquanto voluminoso, come accade in

Ariocarpus, Copiapoa, Lophophora, Peniocereus, Pterocactus, Thelocactus ecc.,

per cui in coltivazione necessitano sia di un terriccio drenato e sciolto, che di un

vaso profondo a sufficienza, da contenere la grossa e lunga radice centrale.

Alcune radici sono superficiali, così da essere in grado di assorbire, in habitat,

La respirazione – cioè il consumo di ossigeno che la pianta stessa produce

con la fotosintesi – avviene nel corso dell’intera giornata, attraverso un pro-

cesso chimico per mezzo del quale la pianta alimenta i propri organi vitali,

consumando i carboidrati per ottenere acqua e anidride carbonica (CO2), uti-

lizzata di giorno nella fotosintesi clorofilliana.

Gli stomi sono microscopiche aperture, simili ai pori della nostra pelle, posti

sulla epidermide delle piante e attraverso i quali si compie la traspirazione.

Traspirazione: perdite d’acqua che avvengono attraverso gli stomi. Anabiosi: rallentamento del metabolismo in presenza di condizioni sfavorevoli.

Fittone/napiforme/rapiforme: radice primaria a forma di cono rovesciato.

Tuberiforme: dicesi di radice laterale ingrossata con funzione di riserva. Claviforme: dicesi di elemento a forma di clava.

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ASPETTI DELLA VITA VEGETALE I sistemi di trasporto. Tutte le piante hanno, all’interno del fusto, un particolare si-

stema di trasporto della linfa che si realizza con due metodi. Uno adibito alla linfa

grezza (xilema), in grado di portare acqua e sali minerali dalla radice ai vari organi

aerei, avvalendosi del sistema vascolare delle trachee e della traspirazione, che

crea una depressione in grado di far risalire la linfa verso l’alto. L’altro metodo è

destinato al trasporto della linfa elaborata (floema) che, partendo dagli organi foto-

sintetici, la trasporta a tutte le parti della pianta avvalendosi di un sistema osmotico

utilizzante i vasi conduttori della linfa (tubi cribrosi).

L’osmosi è un processo che permette il movimento dei liquidi attraverso le pareti cel-

lulari. Se mettiamo alcune cellule vegetali dentro un contenitore con acqua avente la

stessa salinità della cellule, la soluzione che entra è pari a quella che ne esce, realizzan-

do un perfetto equilibrio. Se mettiamo nel recipiente acqua distillata, le cellule si gon-

fieranno, in quanto la salinità al loro interno attrarranno il liquido. Nel caso inverso in

cui nel contenitore siano presenti sali in quantità tali da rendere l’acqua più salata ri-

spetto ai liquidi contenuti nelle cellule, queste tenderanno a disidratarsi fino a morire.

È quanto accade allorché concimiamo una pianta in modo eccessivo.

L’adattamento all’ambiente. Le piante vivono in ogni parte del Globo, nelle più

disparate condizioni climatiche e pedologiche. Ciò è stato reso possibile da un

meccanismo di adattamento all’ambiente che le piante hanno saputo crearsi nel

corso dell’evoluzione. Cionondimeno, se trasportiamo una pianta da un determi-

nato habitat in un altro con condizioni climatiche totalmente diverse, non vi può

sopravvivere, non avendo avuto il tempo necessario per adattare i propri meccani-

smi fisiologici alle nuove condizioni.

Molteplici attività. Le piante si sono dotate di particolari strutture sensorie e di

un preciso orologio biologico interno, così da essere in grado di misurare la lu-

ce, la temperatura, la gravità, la durata del giorno, oltre che compiere tutte quel-

le funzioni che sono tipiche di ogni essere vivente: respirano, si nutrono, com-

piono alleanze, imparano, ricordano, si difendono dalle avversità, si riproduco-

no in vari modi, entrano in competizione con altri vegetali ecc.

La dormienza. La dormienza oltre che nel seme si manifesta anche in altri

organi vegetativi, tipicamente in quei territori ove esiste una stagionalità e pe-

riodicamente si manifestano condizioni avverse al metabolismo. Le cause

vanno ricercate nel freddo e/o nella mancanza di pioggia, per cui le gemme a-

picali diventano impermeabili e di conseguenza le piante riducono al minimo

la traspirazione. Inoltre esse risultano tanto più resistenti al freddo quanto mi-

nore è il contenuto d’acqua nei loro tessuti.

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Echeveria laui

I FATTORI DI CRESCITA

Le piante, per una crescita armoniosa, devono avere a disposizione al-

cuni fattori strettamente collegati e interdipendenti fra loro. Questi fat-

tori sono: la luce, l’acqua, il calore, il nutrimento. La loro sommini-

strazione ottimale oscilla fra un minimo e un massimo. Per alcune

piante, considerate «difficili», come Blossfeldia liliputana, Euphorbia turbiniformis, Aztekium, i limiti sono alquanto stretti, mentre per quel-

le considerate «facili», come Sempervivum, Sedum ecc. l’oscillazione

è più ampia. Se tali limiti sono superati la pianta ne risente, per cui rea-

gisce dapprima con il blocco della crescita, poi il deperimento, la ma-

lattia e infine la morte.

La luce agisce sulla crescita in quanto elemento indispensabile affinché

si realizzi la funzione clorofilliana e, con essa, le complesse reazioni

chimiche che hanno reso e rendono possibile la vita sulla Terra.

L’acqua costituisce la soluzione circolante, elemento indispensabile al-

la nutrizione delle piante, in quanto permette l’assorbimento dei sali

minerali in essa disciolti, evita la disidratazione e conferisce turgore ai

tessuti in conseguenza dell’aumento del citoplasma.

Il calore è l’elemento che condiziona la crescita e ne regola l’intensità.

Il nutrimento costituisce il carburante per la vita, senza di esso nessun es-

sere vivente potrebbe sopravvivere. Le piante se lo procurano mediante

assorbimento dal terreno bagnato, per mezzo dei peli radicali. Dall’aria

attingono l’anidride carbonica, attraverso le particolari aperture micro-

scopiche costitute dagli stomi.

Crassula ovata f. varieg.

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DAL FIORE, AL SEME, ALLA PIANTA

IL FIORE. I botanici ritengono che il fiore sia

una foglia trasformata in calice, corolla e orga-

ni riproduttivi, dove la parte femminile

(stimma) è al centro, circondata dagli organi

maschili costituiti dagli stami, le cui antere

producono il polline. A fecondazione avvenu-

ta tutte le parti del fiore appassiscono, seccano e

cadono eccetto l’ovario, il quale ingrossa fino a

formare il frutto, contenente i semi, originati

dagli ovuli fecondati. Le succulente hanno fiori

effimeri anche se molto belli, dei più svariati

colori, i cui petali hanno forme e dimensioni diverse. Alcune succulente fiori-

scono dopo pochi mesi dalla semina, indice di una vita di breve durata, altre

impiegano molti anni, come accade a Echinocactus grusonii e a Carnegiea gigantea. Alcune piante mettono in atto un doppio sistema finalizzato alla per-

petuazione della specie: uno sessuato, attraverso il fiore e uno asessuato tramite

l’emissione dei polloni. Le specie monocarpiche hanno una sola fioritura nel

corso di tutta la loro vita, così come fa l’Agave la quale, dopo qualche decina

di anni, emette una grande infiorescenza, alta alcuni metri, alla cui sommità

reca numerosissimi fiori, dopo di che muore, non senza aver prima generato

diversi polloni attorno a essa. Anche i Melocactus e i Discocactus fioriscono

dopo diversi anni e lo fanno mediante l’emissione di un cefalio apicale, altri-

menti detto cappello di turco: specie di cilindro composto di lanugine, spine e

alcuni fiorellini. Dopo

tale emissione cessa la

crescita della pianta, ma

non quella del cefalio.

Alcuni cacti colonnari

emettono uno pseudoce-falio laterale che non fa

cessare le funzioni vege-

tative, così come accade

a Espostoa lanianuligera, Espostoa melanostele, Pilosocereus leucocepha-lus ecc.

due Melocactus

con relativo cefalio.

Pachycereus militaris (MG) notare la lunga infiorescenza

ancora incompleta.

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AMBIENTI NATURALI E DISTRIBUZIONE

La concentrazione più grande di piante grasse la incontriamo in quel vasto territo-

rio compreso fra il 30° parallelo a nord e a sud dell’Equatore. Trattasi di una fa-

scia molto varia, sia per conformazione fisica che per condizioni climatiche. In-

contriamo l’ambiente semidesertico, la steppa, la savana, la prateria, la foresta e-

quatoriale, pianure, altopiani, montagne. Non mancano neppure i deserti veri e

propri come quelli del Messico, del Texas, dell’Arizona, della California, dal cli-

ma caldo-secco, con i loro canyon spesso solcati da fiumi torrentizi, le cui sponde

sono sede ideale per la crescita di diversi cacti.

L’habitat subdesertico alterna periodi lunghi di grande siccità a periodi piovosi.

Altrove sono presenti le nebbie a carattere piovigginoso come quelle che

s’incontrano lungo le coste di Cile, Perù e Namibia. Il deserto di Atacama, in Ci-

le, compreso fra l’Oceano pacifico e la Cordigliera delle Ande, è considerato il

luogo più asciutto al mondo, ma dove proprio a causa delle nebbie, vi prosperano

Copiapoa, Browningia, Eulychnia, Neoporteria. Sulle Ande vivono anche molti

cacti del genere Cleistocactus, Echinopsis, Eriosyce, Haageocereus, Neoraimon-

dia, Oreocereus, Oroya, Rebutia ecc.

Gli appassionati sanno quanto sia difficile coltivare piante andine, dove

l’escursione termica giornaliera può raggiungere i 30 °C e in alta quota il sole è

schermato dalle nuvole, che conferisce luminosità senza scottare le piante, cosa

impossibile alle nostre latitudini dove l’insolazione è più forte e prolungata.

Pianure e altopiani li incontriamo in Messico e negli stati sud-occidentali degli

Stati Uniti, patria delle cactacee. Gli stati del Messico centrale, sono ricchi di

generi fra i più apprezzati dai coltivatori, vuoi per la bellezza delle forme,

della spinagione o dei fiori, come Atzekium, Ariocarpus, Pelecyphora ecc.

Sulle montagne, anche ben oltre i 3000 m, dove forte è l’escursione termica fra

il giorno e la notte e dove d’inverno cade la neve, crescono Rebutia ritteri, R. einstenii, Lobivia cinnabarina, L. chrysochete, Opuntia boliviana e altri generi.

Scendendo verso i Tropici incontriamo la foresta tipica del Centro America,

dove frequenti sono le piogge e dove crescono vigorosi, quasi senza terriccio, i

cacti epifiti dai fiori meravigliosi, i più belli fra le cactacee: Epiphyllum, Hylo-

cereus, Rhipsalis, Selenicereus, Schlumbergera. Questo è anche l’ambiente di

succulente come le Bromeliaceae e le Asclepiadaceae epifite. Si pensi, ad e-

sempio, alla Tillandsia che trae sostanze nutritive dall'aria senza necessità

alcuna di un substrato. È questa una prova ulteriore della grande adattabilità

di queste particolarissime piante che si accontentano veramente di poco.

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I BIOMI NATURALI

La conoscenza del luogo di origine delle succulente e delle condizioni di cre-

scita in habitat, ci permettono di coltivarle in modo appropriato.

L’aria, che deve essere abbondante, costituisce la fonte di gas quali azoto, os-

sigeno, biossido di carbonio, necessari per l’assimilazione del nutrimento. In

condizioni di riposo tale richiesta si riduce notevolmente rispetto alla fase ve-

getativa. La composizione del suolo ci indica abbondanza di sali minerali e

basso contenuto di sostanza organica. La temperatura ci fornisce informazioni

sulle minime invernali. Il periodo delle piogge ci dice quando e quanto dob-

biamo annaffiare. La stagionalità del clima ci informa su quali siano i periodi

di accrescimento e quali quelli di stasi.

La classificazione degli ambienti naturali in categorie, è una semplificazione

che risulta alquanto approssimativa, per il fatto che molti ambienti hanno ca-

ratteristiche miste. Sarebbe perciò più corretto parlare di bioma, definito sulla

base della vegetazione dominante, che a sua volta dipende dalle condizioni

climatiche, morfologiche e pedologiche della zona, ben sapendo che andando

dall’equatore ai poli la temperatura si riduce a causa della minore insolazione

e della maggiore inclinazione dei raggi solari.

Ecco i biomi di nostro interesse.

Il bioma montano tropicale è caratterizzato da una forte escursione giornaliera

della temperatura che d’inverno tocca gli zero gradi, è soggetto a forti raffiche

di vento, con atmosfera secca e copertura nuvolosa sopra i 1000 m. La tempe-

ratura decresce con l’aumentare della quota, mentre il suolo, pietroso e poco

profondo, permette all’acqua di scorrere via velocemente. Un tale bioma lo in-

contriamo nel sud-ovest degli Stati Uniti, Sudafrica, Argentina e sugli altopia-

ni del Chaco andino e tra i fiumi Paraguay e Paraná dove le piogge sono esti-

ve e l’ambiente si presta alla vita di piante facilmente coltivabili in Italia con

semplici ripari, come le americane Ariocarpus, Astrophytum, Echinocereus,

Echinocactus, Tephrocactus, Turbinicarpus, Gymnocalycium, Agave, Echeve-

ria e le africane Aloe, Cyphostemma e molti mesembriantemi. La Diocorea, a

causa della crescita invernale, va annaffiata d’inverno.

Le piante andine e quelle degli altopiani centrali come Rebutia, Oroya, Echi-

nopsis, Tephrocactus sono in grado di sopportare temperature di alcuni gradi

sotto lo zero.

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LE SUCCULENTE NATURALIZZATE IN ITALIA

L’Italia, con i suoi quasi 9000 km di coste, i 1200 km di montagne dell’arco al-

pino, i 1500 km dell’Appennino offre, con i suoi numerosi fattori climatici, fi-

sici e ambientali, una grande ricchezza e varietà di specie vegetali. Di queste,

oltre 130 sono succulente, la metà circa delle quali alloctone(1) (naturalizzate).

È opinione comune pensare che le succulente siano piante in grado di vivere

spontaneamente solo in regioni prossime ai tropici: in realtà accade anche di-

versamente.

La famiglia delle Crassulaceae è quella che numericamente meglio rappresenta

le piante grasse nel nostro Paese, siano esse caudiciformi oppure no. Fra le

caudiciformi annotiamo l’Umbilicus rupestris, l’U. erectus, l’U. horizonthalis,

la Rhodiola rosea, l’Hylotelephium anacampseros e l’Hylotelephium tele-

phium. L’Umbilicus rupestris (Ombelico di Venere comune) è diffuso in mol-

te regioni italiane, fino a un’altitudine di circa 1000 m. La specie U. horizon-

thalis (Ombelico di Venere minore) è presente in diverse stazioni dell’Italia

centro-meridionale, isole comprese. La specie U. erectus è rintracciabile sol-

tanto sulla Sila e sul Gargano.

Tutte e tre le varietà di Umbilicus sono fornite di un piccolo caudice chiaro,

completamente sotto terra. La Rhodiola rosea, dioica e poco diffusa, è presente

nell’arco alpino fino a circa 3000 m di altitudine, in particolare nel Trentino lun-

go la catena del Lagorai. Il suo caudice misura circa 2 cm di diametro e 10 cm di

lunghezza. Fiorisce fra maggio e giugno con emissione di fiori giallo-rossi. Af-

ferni M.(2) indica come il caudice della Rhodiola venga usato dai popoli siberiani

per fare infusi, dai Mongoli per curare malattie come la tubercolosi, in Bulgaria

per fabbricare una bevanda alcolica chiamata nastoika. In Italia la Rhodiola rosea

trova impiego in farmacologia contro lo stress, la stanchezza e il sovrappeso. Fra

le Crassulaceae non caudiformi un posto di rilievo lo assume il genere Semper-

vivum, assai frequente sulle nostre montagne, siano esse le Alpi Marittime, le

Cozie (Val Maira) o la valle Majelana in Abruzzo, ove possono sopportare tem-

perature di diversi gradi sotto lo zero, allorché le foglie più esterne seccano a pro-

tezione dell’apice vegetativo, con la pianta pronta a riprendersi e a emettere nu-

merosi nuovi stoloni con relativa rosetta, al sopraggiungere della buona stagione.

____________

(1)Alloctono: dicesi di organismo trasportato al di fuori del luogo di origine. (2)

Afferni M., Le succulente caudiciformi spontanee in Italia, rivista «Piante

grasse» (4), Aias, Roma, 2012.

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FORME TERATOLOGICHE

Il termine teratologia fu coniato nell’800 da Isidore Geoffroi Saint-

Hilaire per indicare lo studio dei mostri. Assai ricercate dai collezioni-

sti sono alcune forme di crescita abnorme che certe succulente possono

assumere, sia in coltivazione che allo stato selvaggio. Tali malforma-

zioni possono insorgere dalla semina o improvvisamente durante la

coltivazione, così come regredire senza una particolare ragione.

Una di queste forme bizzarre è conosciuta come fasciazione o crestatu-

ra, nella quale l’apice vegetativo, per lo più di piante a fusto cilindrico,

si allarga formando una specie di cresta, che in alcuni casi può modifi-

carsi ancora, generando una massa simile a quella cerebrale, come ac-

cade a Mammillaria geminispina, Opuntia cylindrica e a tante altre

specie. Alcune succulente colonnari hanno la tendenza ad assumere una

forma a spirale, si suppone per un diverso accrescimento del piano apicale.

Mammillaria geminispina f. mostr.

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PARTE SECONDA

La coltivazione

Echinopsis (ex Eulychnia) spinibarbis - Quebrada Rinconada - Cile

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PRINCIPI DI COLTIVAZIONE

Nel trattare questo importante argomento, cercherò di chiarire anche il

motivo di certe azioni, in modo che l’appassionato si possa rendere conto

della ragione di certi comportamenti, ovvero l’esclusione di altri, così co-

me ritiene Gordon Rowley quando afferma «È sempre meglio capire il

perché delle cose, piuttosto che accettarle passivamente(1)».

In questo campo c’è sempre da imparare, anche da parte dei più esperti.

Chi dice di non aver mai perduto una pianta, non dice la verità.

Si può affermare che non esista libro di piante grasse che non riporti alme-

no qualche nozione in fatto di coltivazione. Tuttavia, se proviamo a mette-

re a confronto tali informazioni, noteremo alcune contraddizioni e incon-

gruenze. Ciò è normale, poiché quello che si scrive è frutto di convinzioni,

di letture ed esperienze personali. Spesso non si tiene in debito conto di

quali siano le condizioni ambientali in cui facciamo crescere le nostre suc-

culente. Infatti, c’è una grossa differenza nel coltivare piante al nord o al

sud d’Italia, all’aperto, dentro una serra o in casa, in un vaso o in piena

terra. La cosa migliore che un appassionato possa fare è quella di fare e-

sperimenti in proprio, unitamente alla lettura di un buon libro, in grado di

fugare molti di quei dubbi che assalgono chi inizia la coltivazione. La parte

restante deve farla un’attenta osservazione delle piante e dei risultati rag-

giunti. Solo così si progredisce con esperienze nuove e migliori, si evitano

errori e, magari, si acquisisce il famoso pollice verde. Non sono molto

d’accordo con chi dice che coltivare succulente è un’arte che non può esse-

re insegnata. La cosa può avere un fondo di verità solo nel caso di qual-

che genere particolarmente difficile (Myrmecodia, Blossfeldia), magari

a partire dalla semina (Dintheranthus, Aztekium), ma senza generaliz-

zare. I consigli di un buon maestro sono sempre utili.

L’HABITAT. La conoscenza degli habitat dove queste piante vivono, come

già indicato, è di grande aiuto per il coltivatore, che in questo modo viene

a conoscenza dei periodi di pioggia e di quelli di asciutto, di crescita e di

stasi, in quale epoca fa più caldo e quando meno, quale la temperatura

massima e quella minima.

____________

(1) Rowley, G., Le piante grasse, Zanichelli, 1986

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RICONOSCIMENTO DELLE CARENZE E DEGLI ECCESSI NUTRITIVI

Tutti i vegetali per una crescita armonica necessitano di un equilibrato quan-

titativo di elementi nutritivi. Se tale quantità è inferiore o superiore alle esi-

genze, le piante lo segnalano attraverso manifestazioni che sono tipiche di o-

gni elemento e che hanno come conseguenza: sviluppo scarso e ritardato, co-

lorazione anomala delle foglie e/o del fusto, fioritura con colorazione sbiadi-

ta, ridotta o nulla.

Azoto. La carenza di azoto si manifesta con una crescita stentata della pian-

ta, fusti piccoli e scoloriti, foglie di colore verde chiaro, scarsa o nulla pro-

duzione di fiori e di frutti. Un eccesso di azoto genera un aspetto lussureg-

giante del fogliame, fusti gonfi e molli, fioritura ritardata, maggiore attitudi-

ne alle malattie.

Fosforo. L’insufficienza di fosforo si evidenzia con una limitata produzio-

ne di legno, sviluppo ritardato, poche radici, rami contorti, foglie di colore

rossastro, piccole, opache, con gambi e piccioli molto duri. La produzione

dei fiori è scarsa, i frutti piccoli e tardivi. Un’eccedenza di fosforo forma

composti insolubili con ferro e manganese con generazione delle relative

clorosi.

Potassio. La carenza di potassio è rivelata da una produzione di rami e fusti

deboli, fragili, soggetti a fungosi. I fiori sono scarsamente colorati, senza

profumo e vigore. Le foglie hanno i bordi scoloriti e a volte arricciati, alcu-

ne possono apparire chiazzate con presenza di piccioli molli. Un eccesso di

potassio produce piccioli e gambi fogliari rigidi e scuri.

Calcio. L’insufficienza di calcio si manifesta con il sottosviluppo delle ra-

dici, la formazione di foglie giallo paglierino, spesso arricciate verso l’alto,

con accartocciamenti e malformazioni, frutti molli con presenza di tagli,

spaccature e marcescenze. Un eccesso di calcio genera composti insolubili

con ferro e fosforo e crea carenze di questi elementi.

Magnesio. La carenza di magnesio si manifesta con necrosi e una crescita

stentata del fusto dopo che la pianta si è sviluppata. Le venature delle fo-

glie restano verdi mentre l’area circostante ingiallisce e secca, con fioritura

tardiva e poco vigorosa. Troppo calcio e potassio rende difficile

l’assorbimento del magnesio, mentre un eccesso di questo elemento genera

fogliame abbondante con colori vivaci.

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LA RIPRODUZIONE SESSUATA

Generalità di semina. L’appassionato ricorre alla semina per varie ragioni:

innanzi tutto perché è fonte di grande soddisfazione, poi perché si procura

piante spendendo poco, in special modo quando quelle adulte hanno un

costo elevato, non sono facilmente acquistabili, non le possiede, non e-

mettono polloni o non vuole deturpare le piante madri prelevando talee. Il

rovescio della medaglia è che dovrà attendere alcuni anni prima di veder

fiorire una plantula.

Consiglio sempre di acquistare semi da ditte specializzate e di provata e-

sperienza per non correre il rischio di procurarci semi di dubbia purezza e

germinabilità o, peggio, infetti.

Il periodo. L’epoca migliore per seminare è quella che cade nelle pri-

me due settimane di aprile, allorché la temperatura è tale da non richie-

dere un riscaldamento della composta e la luce è sufficiente a scongiu-

rare il pericolo di eziolatura delle giovani piante. Chi possiede un ger-

minatoio con cavo riscaldante e un impianto di luce artificiale, può se-

minare in qualsiasi periodo dell’anno. La semina autunnale è consiglia-

ta, in genere, per le Aizoaceae, cioè per quei mesembriantemi a crescita

invernale, nel cui habitat di origine (Karoo) è il periodo delle piogge.

I contenitori. È preferibile procurarsi vasetti quadrati di 5 cm di lato,

da collocare dentro un vassoio, da inserire a sua volta in un contenitore

avente l’altezza di almeno 20 centimetri.

Nei supermercati non è difficile trovarne di

plastica trasparente, anche con ruote e co-

perchio. Un’altra soluzione è quella di ac-

quistare un’apposita seminiera. Chi semina

poche specie può semplicemente usare va-

setti di vetro, con relativo tappo, senza ne-

cessità del vassoio e del contenitore. Alcuni

sono soliti chiudere ermeticamente i vasetti,

già seminati, dentro sacchetti del genere u-

sato per la surgelazione dei cibi. La chiusu-

ra impedisce all’acqua di evaporare, per cui non c’è necessità

d’annaffiare, se non dopo l’avvenuta germinazione e la conseguente a-

reazione.

seminiera

vassoio con vasetti di 5 cm

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LA RIPRODUZIONE VEGETATIVA

La talea. La riproduzione per talea è una tecnica mediante la quale prelevando

per mezzo di un cutter, disinfettato in alcol, una parte di una pianta (fusto, foglia,

radice), è possibile generare una pianta intera, del tutto uguale a quella dalla qua-

le proviene e cioè un clone(1). Costituiscono eccezione alcune caudiciformi che,

moltiplicate per talea, non riproducono il caudice. Tale tecnica è comune a quasi

tutte le piante grasse, eccetto alcune specie come Astrophytum, Ariocarpus,

Frithia, Euphorbia obesa ecc.

In questo modo salviamo piante parzialmente marce, otteniamo cloni in modo

molto veloce, ringiovaniamo piante vecchie o malformate. È anche la sola

maniera per riprodurre un ibrido avente semi sterili.

Epoca. Il periodo di esecuzione migliore è quello compreso fra aprile e settem-

bre, ma con calore e luce artificiale è possibile in ogni stagione. Nel caso notas-

simo in qualche pianta un principio di marcescenza in periodo di stasi, possia-

mo conservare la parte sana in luogo asciutto, per farne una talea in primavera.

Nel frattempo, alla base della talea si sarà formata una pellicola impermeabile

(callo) dalla quale, una volta messa in vegetazione, spunteranno le radici.

Substrato. La composta migliore è costituita, in genere, da pomice e sabbia op-

pure agriperlite da mantenere costantemente e leggermente umida.

Modalità. Le talee si pongono alla profondità di qualche centimetro, assicuran-

dole a un tutore affinché restino stabili.

Condizioni. L’ambiente favorevole alla radicazione è quello umido, con buona

luce e temperatura di 20-25 °C. L’inserimento del vasetto con la talea dentro

un sacchetto di plastica chiuso alla sommità, crea un’atmosfera confinata, col

giusto grado di umidità, in grado di accelerare la radicazione e con un’alta pro-

babilità di riuscita. A radicazione avvenuta si procede al rinvaso.

Talea di fusto o di ramo. Si sceglie una pianta in buona salute, se ne asporta u-

na parte, anche piccola, si disinfetta la base con zolfo ramato e si fa asciugare

in luogo ventilato. Nel caso di una pianta non cactacea, il taglio deve avvenire

5 mm al disotto di un internodo, se presente, in quanto è proprio da questo che

molte piante emettono le radici. Se sono presenti le foglie si tolgono quelle ba-

sali lasciandone al massimo due apicali, affinché, per effetto della traspirazione

la talea non si asciughi troppo.

_____________ (1)

Cellula od organismo geneticamente identico derivante da riproduzione vegetativa.

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LE MALATTIE E LE CURE

Una pianta sana e accudita a dovere ha minori probabilità di ammalarsi, perché

in grado di autoproteggersi per mezzo delle difese immunitarie.

Ecco le principali norme igieniche da seguire:

- utilizzare sempre una composta sana, esente da spore, uova e neanidi di patogeni;

- controllare, disinfettare e tenere in quarantena i nuovi arrivi di piante;

- irrorare e annaffiare le piante a inizio e fine stagione di crescita con prodotti

sistemici, sia anticrittogamici che antiparassitari;

- disinfettare con alcol gli strumenti da taglio per talee, innesti e potatura;

- annaffiare dal basso e non a pioggia;

- assicurare una buona circolazione dell’aria e non tenere le piante troppo

serrate le une alle altre, così da non procurare loro ferite e punture;

- evitare l’eccessiva umidità ambientale e non eccedere con le annaffiature;

- eseguire concimazioni equilibrate e solo in fase di crescita;

- tenere gli ambienti puliti dai detriti, fiori appassiti, residui vegetali, foglie

cadute;

- prima della stasi invernale disinfettare la serra utilizzando un soffietto ca-

ricato con un anticrittogamico e un antiparassitario in polvere, per impedire

il diffondersi di malattie;

- dopo aver maneggiato piante infette, disinfettarsi le mani prima di toccare

altre piante;

- portare in discarica piante, vasi e terricci infetti;

- molti patogeni, in special modo i batteri, sono in grado di infettare le no-

stre piante solo penetrando al loro interno, a seguito di nostri errori o negli-

genze e a causa di ferite, tagli, punture, procurate da piante spinose troppo

ravvicinate o da insetti. In simili casi occorre applicare sulla ferita un anti-

crittogamico in polvere ad ampio spettro di azione.

È risaputo come la cura migliore contro i patogeni, in

special modo se di origine crittogamica, sia la preven-

zione. Oggi esistono in commercio prodotti sistemici

(sia insetticidi che fungicidi) assorbibili dalle piante,

sia per via radicale che fogliare, in grado di proteg-

gere le piante dagli attacchi esterni. Tali prodotti

debbono essere somministrati due volte l’anno, a

inizio e fine stagione di crescita, con l’avvertenza

zolfatore

a soffietto

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PARTE III - GALLERIA DI IMMAGINI

Classificazione delle cactacee secondo: Anderson, E. F. “The Cactus family’”

e delle non cactacee secondo: Eggli, U. “llustrated handbook of succulent plants,”.

Madagascar

Karoo - Sudafrica

Deserto di Atacama - Cile (GM)

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Acanthocalycium ferrarii Acanthocalycium klimpelianum

Acanthocalycium spiniflorum Acanthocereus tetragonus

Acharagma aguirreana Acharagma roseana

CACTACEE

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Abromeitiella brevifolia Abromeitiella chlorantha

Adansonia digitata (MC) Adansonia digitata (Baobab)

Adansonia grandidieri Adansonia grandidieri

SUCCULENTE NON CACTACEE