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Il Mattino di Napoli www.ilmattino.it e Pantarei www.pantarei.co.uk presentano il Manifesto degli intellettuali per Napoli Di Aldo Masullo Quella che segue è la rassegna stampa completa (dal 26 ottobre 2004 al 31 dicembre 2004) di tutti gli articoli pubblicati sul quotidiano Il Mattino: l’intervista di fine ottobre con il filosofo Aldo Masullo, il suo appello “Salviamo Napoli”, la proposta di un manifesto degli intellettuali, la bozza del documento, il testo finale, gli effetti, i commenti, e molto altro. © Pantarei

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Manifesto degli intellettuali per Napoli

Di Aldo Masullo

Quella che segue è la rassegna stampa completa (dal 26 ottobre 2004 al

31 dicembre 2004) di tutti gli articoli pubblicati sul quotidiano Il Mattino:

l’intervista di fine ottobre con il filosofo Aldo Masullo, il suo appello

“Salviamo Napoli”, la proposta di un manifesto degli intellettuali, la bozza del

documento, il testo finale, gli effetti, i commenti, e molto altro.

© Pantarei

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«Salviamo Napoli», la bozza in dodici punti

«La rinascita della convivenza civile possibile innanzitutto dall’assunzione dell’etica della responsabilità»

Il Mattino di Napoli, 21 Novembre 2004

Pubblichiamo la bozza del manifesto per i diritti dell’uomo nella città dopo l’appello del

professor Aldo Masullo, la campagna di adesione aperta dal Mattino e l’assise di venerdì scorso nel complesso San Marcellino.

INTRODUZIONE

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Nella vita della «repubblica», cioè dello Stato democratico, la «malattia mortale» è la paralisi della comunicazione tra i cittadini e le istituzioni. In questo caso, il cittadino inascoltato, sentendosi respinto, si ritrae del tutto nel suo privato. Subentra nel cittadino isolato la sfiducia nei riguardi del potere legittimo. Con la sfiducia dilaga lo scoramento. Così i cittadini onesti, dispersi e demoralizzati, costituiscono il contesto di debolezza morale, in cui a tutti i livelli l’illegalità

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alligna e s’irrobustisce. Di questo Napoli soffre oggi. Nasce perciò l’esigenza di una forte risposta corale. L’appello ad essa è il senso del manifesto per «I diritti dell’uomo nella città».

PRINCÌPI E OBIETTIVI - la privata libertà dipende dalla pubblica giustizia; - soltanto l’efficacia delle norme fondamentali di legge e delle regole elementari di urbanità fa vivere il senso dell’organismo-città; - la rinascita della convivenza civile è resa possibile innanzitutto dall’assunzione dell’etica della responsabilità da parte degli amministratori, dei responsabili dei vertici istituzionali e di tutti i cittadini, sottratti al vizio della «mala tolleranza»; - l’etica della responsabilità riuscirà a diffondersi nel tessuto sociale e civile a condizione che nelle amministrazioni pubbliche si ritrovi il coraggio di valutare politici, dirigenti e funzionari sulla base della correttezza e dei risultati ottenuti;

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- il riscatto della «reputazione del territorio» - da cui dipendono anche lo sviluppo dell’economia locale, la creazione

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di nuovi posti di lavoro, l’attrazione di imprese esterne e il consolidamento di quelle esistenti - suppone:

1. la repressione della criminalità organizzata e della criminalità diffusa - che è un compito politico-tecnico del legislatore, della magistratura e delle forze dell’ordine;

2. il rifiuto dell’illegalità profonda che investe la responsabilità politico-morale di tutti i cittadini e, in modo eminente, delle istituzioni elettive;

- solo il ripristino in forme nuove della comunicazione tra cittadini e istituzioni garantisce, con la viva partecipazione, una sostanziale democrazia.

AZIONI E PROPOSTE - una volta al mese si svolgerà un Forum aperto su uno specifico settore della pubblica amministrazione con i responsabili istituzionali che saranno chiamati a rispondere alle interrogazioni poste dai cittadini (attraverso fax, e-mail e sms al Mattino): rifiuti, traffico, riordino dei servizi essenziali; - si promuoverà un incontro con tutti i parlamentari di Napoli per presentare una proposta di legge bipartisan sull’adeguamento delle procedure penali e la garanzia della certezza delle pene;

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- s’indirà un’assise pubblica con tutti i parlamentari napoletani e gli esponenti dei gruppi consiliari di Regione, Provincia e Comune, per verificare l’agenda dei progetti di sviluppo della città; - sarà chiesto il potenziamento del servizio scolastico e saranno proposte due ore al mese di Educazione civica in tutte le scuole elementari e medie inferiori della città con la partecipazione dei genitori; - si solleciterà il Comune a mettere in rete o intensificare i collegamenti tra tutte le associazioni di volontariato, i maestri di strada, le parrocchie, le strutture dell’assistenza sociale operanti sul territorio per sconfiggere l’evasione scolastica e la piaga del lavoro minorile; - sarà proposta la creazione, con la collaborazione dell’Università, di un osservatorio indipendente per il controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche nella tutela dell’ambiente e della mobilità, nella manutenzione ordinaria e straordinaria della città.

Referendum sui temi Dopo le adesioni saranno i napoletani a indicare i temi di confronto da inserire nel manifesto per la città

e si potranno inoltrare anche delle interrogazioni rivolte alle istituzioni, inviando un sms al 340/4350971, o un fax al 081/7947225 o una e-mail all'indirizzo [email protected]

G r a p h i c s © w w w . p a n t a r e i . c o . u k

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C o n t e n t s c o u r t e s y o f M a t t i n o d i N a p o l i

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L’INTERVISTA AD ALDO MASULLO E LE REAZIONI ALLE SUE DICHIARAZIONI.

Il 19 novembre la riunione per stilare il manifesto degli intellettuali “Salviamo Napoli”.

Sarà in edicola sul Mattino di Napoli forse già domenica 21

L’INTERVISTA ad ALDO MASULLO CHIARA GRAZIANI 26 ottobre 2004

«Stiamo tutti volenterosamente collaborando alla rovina. Napoli affoga nella confusione». Aldo Masullo, lo sguardo del filosofo sull’ennesimo impazzimento della città. Corre la voce, falsa e creduta, che i corsi d’orientamento per disoccupati siano slittati e scattano occupazioni, blocchi, anche l’invasione di un seggio elettorale. «Mi chiedo da cittadino - dice il professore - se delle ragioni ci sono, perchè non hanno avuto risposta? E se le ragioni non ci sono, perchè non si reprimono queste cose?». Lei si è dato risposta? «No. Ammetto. Occorrerebbe un di più di chiarezza, vorrei dire di informazione, che consentisse analisi e riflessione. Dai giornali capiamo che questo o quello si agita in piazza e sentiamo parlare di pseudocorsi variamente battezzati, dei quali si va, cripticamente, ragionando da anni. Si capisce solo che si tratta di pannicelli, tamponi, ma sfugge la ragione di quel che accade». Non si vorrà sottrarre dal dare un giudizio? «Tutt’altro. Ma vorrei, e volentieri, sottrarmi al destino dell’intellettuale in queste situazioni affogate nel rumore in cui è generalizzata la fuga dalle responsabilità; diventare un predicatore. Preferirei, dopo anni di parole inutili, ammutolire». Non si può. Le chiediamo: perchè siamo arrivati ad un punto di stallo in cui le soluzioni non risolvono, la piazza si agita e regna la sfiducia? «Perchè è in atto, ritengo, una poco virtuosa gara a scavalco fra forze politiche, istituzioni, forze sociali, una gara all’ammiccamento a questa o quella fazione che porta a simulare disponibilità interessata, al massimo elettorale, inefficace, dannosa addirittura perchè dà alimento al circolo vizioso che tutti ci soffoca. Quello che crea il disagio sociale che diventa, a sua volta, il padre di quello economico. Prenda la camorra. Nasce come risposta al mancato sviluppo economico e, alla fine, ne diventa causa». Esempi di questa poco virtuosa gara? «Poco virtuosa e masochista. Quando affonda la nave non vanno sotto solo i topi, ma anche i marinai ed i comandanti sulla tolda. Un esempio patente di disponibilità simulata è senz’altro quello del presidente del Consiglio nella sua recente visita elettorale a Napoli con le sue promesse ad esponenti di gruppi della disoccupazione. Ma penso che il gioco a scavalcarsi sia responsabilità di tutte le istituzioni e forze politiche. Si perde di vista l’obbiettivo principale e, invece di collaborare sinergicamente, si alimenta il disastro dei circoli viziosi che crea la paralisi endemica». Un manifesto degli intellettuali potrebbe richiamare istituzioni e forze politiche al dovere della collaborazione? «Sarebbe una strigliata, un avvertimento. Senz’altro una cosa utile. Bisognerebbe

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vedere, però, se i provocati si lascerebbero provocare. La fuga dalle responsabilità ci rende anche inerti. Un’altra malattia di questa città».

«Salviamo Napoli», la cultura sfida la politica 27/10/2004

GIUSEPPE CRIMALDI GINO GIACULLI Su un punto sono tutti d’accordo: la mobilitazione degli intellettuali napoletani, in un momento tanto particolare vissuto dalla città, appare passaggio indispensabile per sollecitare istituzioni e forze politiche. All’appello lanciato sul Mattino dal filosofo ALDO MASULLO (e rilanciato oggi dall’ex

presidente della Corte Costituzionale Francesco Casavola) hanno già aderito diciotto intellettuali. E si profila già un’assise per definire i contenuti del manifesto. Apre il ragionamento Guido Donatone, presidente di Italia Nostra : «Sarebbe il caso di riprendere le Assise di Palazzo Marigliano, quel grande momento di mobilitazione civile». Ermanno Rea, scrittore, rilancia: «Il nostro impegno lo abbiamo già dimostrato in occasione

dell’ultimo Premio Napoli; naturalmente gli intellettuali non sono antagonisti dei politici. In tal senso sottoscrivo tutti i manifesti che si vuole». L’analisi di Masullo, che fotografa il malessere della città, è percepita anche dal direttore della Biblioteca Nazionale, Mauro Giancaspro. «Avverto il suo stesso estremo disagio - spiega - Vivere qui è diventato estenuante». Ben venga una reazione, è ora di vedere dove sono gli intellettuali - ribatte il soprintendente Nicola Spinosa - Purtroppo gli intellettuali puri sono diventati una razza rara». Parla di «invito indispensabile» il teologo Gennaro Matino. «È tempo di reagire - aggiunge - Ne ho parlato tante volte con Masullo: sottoscrivo sin d’ora la sua proposta, anche se bisogna riempirla di contenuti». Si mobilita il mondo accademico. Per il rettore dell’Università Suor Orsola Benincasa Francesco De Sanctis è positivo che «gli intellettuali facciano sentire la propria voce; anche se non tutte le responsabilità possono ricadere sulla politica». Inevitabile che il discorso si allarghi. E Benedetto Gravagnuolo, preside di Architettura alla Federico II, sottolinea: «Firmerei, condivido l’iniziativa di Masullo, a patto che il manifesto non abbia colorazioni politiche. Serve un’unità delle società civile al di là di ogni ideologia». D’accordo il sociolgo Gerardo Ragone: «Sì, firmerei un’iniziativa di Masullo, anche se andrebbe verificata nei contenuti». Entusiasta l’editore Tullio Pironti: «Gli intellettuali hanno le antenne giuste per capire in anticipo l’aria che tira. Rimbocchiamoci tutti le maniche: attraversiamo un momento pericoloso». Percy Allum, docente di Scienze politiche all’Orientale: «Dico sì ad un manifesto allargato a tutte le persone interessate, non solo intellettuali»; favorevole anche l’editore Mario Guida: «Far qualcosa è indispensabile, ben venga questo manifesto: qui non si può più andare avanti così». Il rettore della Seconda Università, Antonio Grella parla di un «indispensabile coinvolgimento della società civile. I contenuti poi si discutono, e devono essere al di sopra delle parti». Il rettore dell’Università Parthenope, Gennaro Ferrara, giudica quella di Masullo un’«iniziativa molto opportuna». E aggiunge: «È tempo di scendere in campo e parlare di contenuti». Per il preside della facoltà di Medicina della Federico II, Armido Rubino, «Masullo dice cose condivisibili: sono pronto a contribuire ai contenuti del manifesto». Sì all’adesione dall’urbanista Nicola Pagliara: «Firmerei; la città è in pieno disordine: e sarei felice di dare una mano alla sua stesura».

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Convinto Luca Meldolesi, docente di Politica economica: «Dovrei leggere prima i contenuti, ma vale la pena di mobilitarci. Serve una crescita corale». Antonio Gargano, segretario generale Istituto Italiano Studi Filosofici, non ha dubbi: «Sono senz’altro favorevole. Masullo è uno degli studiosi che impostano la linea scientifica, culturale e d’impegno civile dell’Istituto. Siamo pienamente consenzienti». Massimo Marrelli, preside di Economia alla Federico II, puntualizza: «Dipende dai contenuti, ma come si fa a dire di no? Anche se io ritengo che i manifesti degli intellettuali servano a ben poco, se non a richiamare attenzione su alcuni problemi».

I commenti in ordine cronologico decrescente

Grande voglia di partecipazione, superata quota mille 17/11/04 A tre settimane dalla proposta lanciata da Aldo Masullo sul Mattino di un manifesto per salvare Napoli e dall’iniziativa del nostro giornale di aprire una campagna di adesione, ecco la seconda parte di un elenco dei tanti che hanno risposto all’appello. Edgar Colonnese, Gabriele Trotta, Raffaele Ateniese, Antonietta Sannino, Paolo Pisanti, Valeria Ferrara, Valentina Visconti, Stefano Napolitano, Giuseppe Mollica, Sabino Genovese, Antonio Thomas, Giovanni D'Emilio, Alicia Arcucci, Giorgio e Fabrizio Faiella, Giuliana Urga, Myriam e Rossella Galletti, Gennaro Crede, Enrico Di Giulio Cesare, Antonio Esposito, Pasquale, Rosario, Valentina e Monica Lucchese, Teresa Giuliano, Polo Marzaiolo, Leda Bellizzi, Carlo Ippolito, Francesco Tarallo, Angelo Fratantonio, Antonio Parente, Carlo, Mario e Ilaria Iacone, Tina Trodella Iacone, Angelica Parisi, Caterina D’Ettore, Salvatore Parisi, Gennaro Carone, Angelina Romano, Remo Casella, Renata Petti, Antonio Pariante, Maurizio Sansone, Francesco De Simone, Enzo Vitiello, Lello e Anna Maria De Luca, Giuliano Buccino Grimaldi, Marcello Lala, Antonio Russo, Giuseppe Perrone Capano, Pietro Gaeta, Paolo Iandolo, Raffaele Catapano, Alessandro Montella, Pasquale Costa, Roberto de Rosa, Bruno Pompameo, Paola Balestrieri, Carmela De Santo, Francesca Tolve, Agata Gambacorta, Guido Rossi, Giovanni Persico, Patrizia Milone, Carmelindo Tranfa, Rita Librandi, Giancarlo Valletta, Giovanni Maglio, Luciano Di Fraia, Alberto Fontanella Solimena, Aniello Margiotta, Rosario Giudice, Genni Guarino Guarra, Roberto de Laurentiis, Lucio Maria Manier, Rosanna Coccia Menduni, Daniela Coppola, Luigi Clemente, Enrico Inferrera, Marco Salvatore, Nicola Mozzillo, Massimo Capaccioli, Franco Landolfo, Margherita De Gaetano, Franco Brandi, Giovanna Ibba, Attilio Menduni De’ Rossi, Enrico de Campora, Giacomo Forgione, Carmela Capasso, Giuseppe Gelo, Gerardo Barbera, Imma Galdo, Salvatore Crino, Michael J. Kujawski, Patrizia Morrica, Rosario Palumbo, Paolo Masullo, Mario Bellotti, Nunzio Chillè, Gabriella Sagliocchi, Maria Ferrara Tagliari, Pina Fiengo, Ornella Santoro, Giuseppe Kuhn, Giovanni Perrotta, Angelo Puorto, Gerardo Ursano, Mario Tedesco, Giuseppe Rubino, Mario Paoloandrea, Fabrizio e Ciro Monticelli, Annamaria Portaro, Raffaele Ianuario, Antonio de Siena, Gianni Palmers, Pierluigi Sanfelice, Vittorio Larocca, Angelo Forgione, Vittorio d’Albero, Roberto Fico, Antimo Piccirillo, Fabrizio Assumma, Marco Gallo, Giuseppe Finaldi, Luca Alboretti, Gabriella Riccio, Nicola Continillo, Antonio Esposito, Pasquale Milanese, Rosario Palazzo, Giuseppe Pironti, Luisa Senatore, Fabio Comella, Patrizia Pignata, Pina Tizzano, Antonio Falconio, Giacinto Gualtieri, Lorena Sivo, Eduardo e Davide Certosino, Silvio D’Ortenzio, Ciro Mercaldo, Franco Aiello, Mario De Stefano, Silvana Iannaccone, Sergio Maria Maresca, Silvana Pagliuca, Tommaso Gambini, Vincenzo Barretta, Ciro Ruju, Alessandro Petrosino, Giovanni Barone, Jana Rae, Giuseppe Almoto, Monica D’Alessio, Antonio Persico, Vittoria Marmorini, Fiorenza Guadagno, Cinzia Castelli, Salvatore Solombrino, Alessia, Lucio e Valeria Aloj, Massimo Cincotti, Arnaldo Miele, Maria Carlomagno Parisio, Marinella Napolitano, Enrico Ferrentino, Ida Franzese, Antonia D’Avino, Gennaro Liguori, Pasqualina Giorgio, Raffaele Marrazzo, Marianna D’Ascoli, Simone Borghese, Federico Leocata, Giuseppe Maiello, Giovanna Cuciniello, Giuseppe La Guardia, Maria Grazia Capogrosso, Maurizio Mosca, Annalisa Maiello, Ercole Puglisi, Maria Cunto, Alessandro Maiello, Isabella Tortoriello, Antonio Pisanti, Gerardo Scola, Adriana Pulpo del Giudice, Salvatore de Cristofaro, Vittorio Porzio, Giuseppe Siporso, Serena Lovero, Aldo Manna, Gabriello Piazza, Eugenio Campanile, Natale Di Martino, Enzo Durante Mangoni, Giovanni Battista de’ Medici, Franco di Liberto, Geppino Fiorenza, don Tonino Palmese, Antonio V. Nazzaro, Gennaro Volpicelli, Vincenzo Zappia, Alfonso Santosuosso,

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Adriana Oliva, Francesco e Isotta Burlin, Ciro Pollice, Vincenzo Ciruzzi, Valeria Ricci Malva, da Olivia Rickler, Domenico Capone, Rossella Paliotto, Giovanni Canestrelli, Gennaro Corsicato, Arnaldo Miele, Giuseppe Festinese, Stefania Posteraro, Riccardo Imperiali, Rosa Lefons, Nicola Carbone, Alfonso Bullone, Vincenza Broccio, Giovanni Battista Esposito, Antimo Aurola, Maurizio del Giudice, Sergio Amitrano, Rosalba Sarcina, Adriana Nunziante Cesàro, Giovangiuseppe De Luca, M. L. Angelini, Renato Ciaburri, Gennaro Gentile, Fortunato Danise, Marinella Gargiulo, Immacolata Capasso, Annabella Gaito, Tullio Ciardulli, Roy Boardman, Maria Rosaria Ansalone, Gilda Di Martino, Giuseppe, Maria Flora e Francesca Febbraro, Antonio Testa, Pino Ferraro, Eugenio Debendictis, Eugenio Arpaia, Luigi Montano, Giuliana Iannaccone, Paolo, Valeria, Valentina e Maria Claudia Porzio, Maria Paola Garofalo, Antonello Pisanti, Luigi Palazzi, Ferdinando Pedicini, Alfredo De Martino, Raffaele e Pierluigi Petrone, Matilde Pugliatti Coltra, Silvio B. Geria, Gaetano Coppola, Fede Torre, Gennaro De Concilio. (Domani saranno pubblicate altre ADESIONI pervenute).

Uniti con il manifesto: «È tempo di agire» GINO GIACULLI 17/11/04 È bastata una proposta per interrogare la città. Un appello alla mobilitazione intorno a un MANIFESTO per salvare Napoli, lanciato attraverso Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo, e che ha raccolto un vasto interesse trasversale nelle categorie cittadine. E venerdì alle 11, presso il complesso monumentale di San Marcellino, messo a disposizione dal rettore della Federico II Guido Trombetti, alla presenza del filosofo, si terrà l’incontro per la stesura del MANIFESTO «Salviamo Napoli». Un’assise già pronta a raccogliere l’esortazione espressa in città dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi: «Dobbiamo anche in questo caso fare squadra». Un’espressione comparsa più volte nelle tantissime e-mail e nei fax pervenuti in redazione: si tratta di qualcosa come oltre mille messaggi di adesione dell’iniziativa, di risposte indicative della voglia di partecipare, di scendere in campo, di mettersi a disposizione. Davvero tanti i rappresentanti dei vari settori della vita partenopea intervenuti nel dibattito aperto dal nostro giornale, o che - come hanno fatto le scuole - hanno avviato la riflessione dentro le classi. Da più parti si sottolinea che «è l’ora di agire, l’ora dei fatti per trasformare il presente». Un confronto che ha visto in prima battuta mobilitarsi proprio il mondo della cultura e dell’Università: tanti i docenti, gli associati, i ricercatori degli Atenei cittadini che hanno inteso da subito dare l’ok all’iniziativa. E allo scoperto si sono presentati anche tanti under 40 napoletani che si sono uniti all’idea del manifesto, segnalando difficoltà e speranze del nostro quotidiano ma rifiutando il «fujtevenne». Dibattito ricco di spunti, di proposte. Il cardinale Giordano si è detto pronto a contribuire in termini di contenuti. Ma l’idea del MANIFESTO ha presto trovato aperture nei vertici di Comune, Provincia e Regione. La Iervolino, Di Palma e Bassolino hanno sostanzialmente guardato con attenzione al movimento formatosi intorno alla proposta. Come hanno fatto, del resto, anche il procuratore generale Galgano e il prefetto Profili. E sono principalmente i filoni del rispetto del regole civiche, della sicurezza, della lotta alla illegalità, della vivibilità urbana quelli sui quali si è più discusso finora. I sindacati, ma anche studiosi, scienziati e specialisti della ricerca hanno rilanciato sull’importanza di uscire allo scoperto, di svegliare la città. Una mobilitazione, non certo priva di accenti critici e autocritici, e che trova altri riscontri nelle categorie dell’industria, della produzione, delle imprese, del commercio, nelle associazioni di volontariato, tra i parroci, tra i vertici delle professioni ordinistiche e tra le sigle del mondo ecologista. Così all’appuntamento di venerdì protagoniste saranno proprio queste proposte operative, queste riflessioni per «Salvare Napoli». In campo la voglia di non rassegnarsi 16/11/04 A tre settimane dalla proposta lanciata da Aldo Masullo sul Mattino di un manifesto per salvare Napoli e dall’iniziativa del nostro giornale di aprire una campagna di adesione, ecco la prima

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parte di un elenco dei tanti che hanno risposto all’appello. Francesco Paolo Casavola, Ermanno Rea, Mariano D’Antonio, Percy Allum, Roberto Esposito, Marino Niola, Guido Trombetti, Mauro Giancaspro, Gennaro Matino, Francesco De Sanctis, Benedetto Gravagnuolo, Gerardo Ragone, Tullio Pironti, Mario Guida, Antonio Grella, Raffaele La Capria, Gennaro Ferrara, Armido Rubino, Nicola Pagliara, Luca Meldolesi, Antonio Gargano, Massimo Marrelli, Guido Donatone, Antonio Ghirelli, Gennaro Matino, Piero Graus, Mimmo Paladino, Flegra Bentivegna, Stefano De Caro, Filippo Verrone, Raffaele Raimondi, Enzo Albano, Enzo Moscato, Massimo Di Lauro, Massimo Fargnoli, Diego Guida, Franco Liguori, Lucio Mirra, Francesco De Simone, Francesco Rossi, Sandro Forlani, Christina Bethe, Mario Pagano, Raffaele Feola, Enrico Di Salvo, Raffaele Felaco, Lorenzo Zoppoli, Ugo Leone, Sergio Tartaro, Ennio Forte, Massimo D’Apuzzo, Antonio Coppola, Adolfo Branca, Adolfo Cannavale, Antonio Areniello, Giuseppe di Transo, Raffaele Aragona, Marco Marin, Massimo Profili, Alessandro Biamonte, Nicola Longone, Francesco Paolo Coppola, Raffaele Iovine, Rocco Barocco, Giuseppe Gallo, Giuseppina Ricciardi, Sergio Majocchi, Camillo D’Antonio, Gian Paolo Porreca, Vincenzo Guarino, Armando Masucci, Ottavio Rotondo, Giulio Rolando, Amato Lamberti, Antonio Filippetti, Giuseppe Reale, Giovanni Esposito, Ernesto Cravero, Luigi Finelli, Marcello Ferrari, Elio Palombi, Domenico Sinesio, Franco Salvatore, Geppino Fiorenza, Claudio Zullo, Leonardo Abbazia, Antonio Orlando, Francesco Izzo, Francesco d’Albore, Antonio Marfella, Italo Bruno, Massimo ed Anton Emilio Krogh, Roberto Continisio, Antonio Durante, Gianfranco Sava, Carmine Maturo, Luigi Grispello, gli artisti del gruppo «e Zézi», Massimo Grimaldi, Paolo Iannotti, Sergio Fedele, Gianni De Luca, Sergio Sciarelli, Maria Mautone, Raffaele Pallotta D’Acquapendente, Carmine Colella, Ciro Balestrieri, Gerardo Corigliano, Alfonso Zarone, Emilio Fina, Carlo Massa, Mario Mancini, Donatella Tramontano, Michele Lemetre, Giuseppe Del Barone, Giancarlo De Riu, Angela Colucci de Goyzueta, Antonio Marcozzi, Claudio Longo, Antonio Cilio, Giulio Albano, Annalisa Mignogna Merlino, Mario Saccucci, Mimmo Vajatica, Raffaele Pezzullo, Silvia Galvan, Vittoria Bartocci Salvato, Nella D’Angelo, Giorgio Nocerino, Gabriella Amirante, Letizia Isaia, Ciro D’Avino, Gennaro Trama, Serena Maresca, Annella Prisco, Dora Celeste Amato Ciliberto, Massimo Iacouzzi, Gerardo Corigliano, Marino Milano D’Aragona, Federico Garolla di Bard, Romilda Mele, Anna Severino, Matilde de Tommasis, Francesco Cacace, Roberto Straniero, Nicola Campoli, Roberto Parlato, Renato Rivelli, Mario Rosario Bruno, Vittorio Orciuoli, Rosario Muto, Rosaria Russo, Antonio di Gennaro, Alessandro Filia, Maria Perrotti, Fulvio Uliano, Mimmo Campanino, Francesco de Goyzueta di Toverena, Enzo Pace, Raffaele Di Biasi, Massimo Barresi, Roberto D’Auria, Regina Aluzzi, Donato Marraudino, Massimo Stella, Antonio Sergi, Rosario Mastrosimone, Peppino Mazza, Riccardo De Angelis, Tina Abate, Rosario Gambardella, Giuseppe Viglietti, Simona Talamo, Giancarlo Rinaldi, Antonietta De Simone, Maria Masi, Giovanni Travino, Iolanda Amato de Serpis, Stefano Massa, Fabrizia Krogh, Sergio Punzo, Sergio Biondi, Eduardo Di Castri, Sofia Nazzaro, Lucio Cappelli, Alessandro Fusiello, Maurizio Piccirillo, Pasquale Salvatore, Alfonso Montesano, Salvatore Cozzolino, Giuseppina Casillo, Marida Fasano, Silvana Lautieri, Tommaso Sinigallia, Caradio Esposito, Domenico Liotto, Giovanni ed Elia Coppola, Domenico Gargano, Luigi Acunto, Marcello Mazzella, Elio Capriati, Salvatore Petronzio, Lucia Piatto, Giovanni Allucci, Carmela e Lilly Allucci, Alfredo Capasso, Sabino Sarno, Carlo Fruttaldo, Marco Maraviglia, Giorgio Del Giudice, Valerio Ferrara, Delia Notarangelo, Ida Santangelo, Antonio Bertani, Maurizio Settembre, Maria Rosaria de Vito Piscitelli, Nunzio Sannino, Corrado Guerrera, Laura, Carolina, Giampaolo e Lucio Cortese, Umberto de Martinis, Lucio Vacca, Mirella Giovene, Giuseppe Mancusi Barone, Felice Paolanio, Bruno Faraone, Alfonso Sacco, Mario Mangone, Lorenzo d’Albora, Giuseppe Florio, Stefano Mancini, Giuseppe De Angelis, Antonio Mazzone, Ciro Burattino, Guglielmo De Leva, Patrizia Rateni, Stelio Di Bello, Federico Righi, Carmela Martinelli, Silvio Mastrocola, Guido Varsalona, Enea Cervasio, Alessandro Cuomo, Federica Pagliaro, Enzo Ruju, Manuela Vacca, Giuseppe Vinci, Maurizio De Ioanna, Raffaele Nicastro, Elio Calvanese, Olga Riccio; Mario Spadetta, Bruno Pezzella, Barbara Palmieri, Agostino de Simone, Brigitte Monassi, Nella Aruta Ferraro, Roberta Vacca, Sabino Genovese, Ciro Coppola, Giovanni Iovine, Dario Viviani, Ornella Capezzuto, Teresa Dandolo, Maria Muscarà, Titti Tidone, Fabrizio Nittolo, Carmine Ippolito, Gennaro De Concilio, Liliana Palazzo, Pierluigi Sica, Alessandro Manna, Mario Perna, Gennaro Parlati, Gennaro De Conciliis, Raffaele Pallotta, Maurizio Silvestri, Fabio Pacelli, Alfonso Scirocco, Carmine Colella, Dario Viviani, Corrado Valentino, Massimo Maffei, Gianna Ardito, Pino Occhionero, Gennaro Capobianco, Mario Picone, Alfredo Tappa, Pino Lomato, Giuseppe Fattore, Marco Fontana, Gennaro Candela, Paolo Lusa, Giuseppe Ancora, Ciro Guarino, Angelo

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Abagnale, Massimo Chiariello, Luigi Palmieri, Salvatore Prisco, Enzo De Lucia, Gino Capozzi, Saverio Barbati, Piero Antonio Toma, Valeria Alinovi, Carmine Sanarico, Paolo Siani (anche a nome dell’associazione «Giancarlo Siani»), Alfredo De Simone, Annalisa Varsalona, Ciro Di Francia, Paolo Napolitano, Alberto Rodriguez, Rodolfo Tama, Mario Varcamonti, Stefania Castanò, Mario Afeltra, Giuseppe Sciaudone, Daniele Arrichiello, Giovanni Taufer, Giuno d’Ecclesiis, Antonio Pariante, Adamo Bonazzi, Maria Laura Franchini Olivieri, Gabriele Marino, Sandra Cioffi, Giuliana Marino Limoncelli, Alessandro Zampaglione, Francesco Schetter, Vittorio Milone, Massimiliano Mormone, Sergio Izzo, Francesco Puca, Lorenzo Tonelli, Marco Majella, Paola Barbato, Toni e Francesca Sirabella, Rodolfo Tamaj, Massimiliano Mormone, Vittorio Milone, Maria Laura Franchini Olivieri, Lorenzo Tonelli. (Domani saranno pubblicate altre ADESIONI pervenute). «Fare squadra» con il manifesto per la città GINO GIACULLI 16/11/04 All’inizio fu un appello agli intellettuali. Poi la mobilitazione per salvare Napoli alla quale ha chiamato il filosofo Aldo MASULLO attraverso Il Mattino, si è fatta trasversale, di tutte le categorie cittadine. È nata una campagna di adesione, promossa dal nostro giornale, che ha visto fino a questo momento una risposta di oltre mille tra e-mail e fax. Messaggi che vanno anche nella direzione indicata a Napoli dal Capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, che, parlando del momento di disorientamento, ha espresso fiducia: «Sapremo superarlo. Dobbiamo anche in questo caso fare squadra». Un appello già raccolto anche dai promotori dell’iniziativa. E che venerdì, alle 11, al complesso monumentale di San Marcellino, messo a disposizione dal rettore dell’Università Federico II Guido Trombetti, sarà al centro del dibattito sulla stesura del manifesto «Salviamo Napoli», alla presenza dello stesso Masullo. Un manifesto che è stato scritto anche in queste settimane di confronto nelle nostre pagine di cronaca. Tanti gli argomenti indicati per la rinascita urbana. Eppure, persino prima dei numerosissimi contributi al confronto, bisogna notare quante e quanto profonde siano state le adesioni e le riflessioni di giovani già impegnati nel mondo del lavoro, di studenti e alunni. Quanto al merito delle questioni sollevate sale forte una richiesta: essere liberati dall’assalto della microcriminalità ma, di pari passo, viene altrettanto evidenziata la necessità di avere servizi reali: dalla viabilità, alla nettezza urbana, alla tenuta in efficienza di strade e marciapiedi. Viene insomma condannata la Napoli del degrado cittadino e non solo in centro. Ma ecco i temi dello sviluppo e del lavoro, del rilancio urbano posto all’attenzione dagli esponenti dei sindacati. E la città non può in nessun caso ignorare le regole civili. La sfida riparte dalla scuola, da quei ragazzi degli istituti che in classe parlano di educazione civica, tema sul quale professori, presidi e i vertici regionali del settore istruzione hanno a loro volta annunciato il via a un confronto approfondito. Restare uniti per impegnarsi a proteggere e a non dimenticare chi soffre è l’appello del mondo del volontariato, mentre i parroci di frontiera rilanciano: bisogna ricordarsi delle periferie, lì va giocata una nuova partita, ed è anche lì che lo Stato deve essere più presente contro l’illegalità. E se tour operator e albergatori - ma non solo loro ovviamente - puntano sulle carte della maggiore sicurezza e della legalità da ritrovare al meglio, per promuove sempre di più all’estero e non il pacchetto-Napoli, i rappresentanti del mondo produttivo cittadino incalzano: subito un patto per Napoli, per la bonifica del territorio e attirare investimenti. Discorso che ha molti punti in comune con le tesi degli Ordini professionali che puntano su una città sempre meno disordinata e su impegni concreti. Per esempio, rilancia il mondo ambientalista partenopeo, ridurre la congestione del traffico, avere aria migliore, scommettere ancora di più sui monumenti.

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Eugenio Mazzarella 13/11/2004 Da ieri sera è a Napoli il presidente Ciampi per un incontro, programmato da tempo, con il capo di Stato portoghese Jorge Sampaio. Gli mostrerà le bellezze dai Decumani a Capodimonte, e le cose che nonostante tutto Napoli sa ancora fare, a partire dalla mostra su Caravaggio. Visita che rincuora e ricorda che Napoli è anche altro da quella disgraziatissima consegnata in questi giorni alle cronache di nera rilanciate sulle prime pagine dei giornali e in tv. La Napoli di una camorra scatenata, di una microdelinquenza dilagante, di un disagio sociale che è ormai problema di ordine pubblico, e che ha costretto istituzioni e governo a prendere atto che la soluzione della «questione napoletana», come il ministro Pisanu ha voluto avvertire, sarà un processo «né rapido né indolore per uscire dall’inferno che oscura la citta» e richiede «uno sforzo collettivo». La firma ieri per la cittadella della polizia ha voluto essere un segno - nelle parole del ministro - che lo Stato è presente. O che finalmente batte un colpo, doverosamente e mettendo da parte lo scaricabarile - come pensano molti napoletani. Sicuramente quelli che hanno aderito all'iniziativa di un MANIFESTO degli intellettuali per la riscossa della città, lanciata dalle pagine del Mattino da Aldo Masullo. Poteva sembrare solo uno dei bei gesti della parte più sensibile dell’intellettualità napoletana, con le forze politiche e le istituzioni che hanno pensato di reagire indicando in qualcun altro il destinario dell’avviso convinti, forse, che dopo un botta e risposta la cosa finisse lì. Invece, l’idea del MANIFESTO è diventata un fiume in piena di adesioni. È come se sulle pagine del Mattino la gente fosse scesa in piazza a dire la sua: che non si può andare avanti così, che la città rischia la deriva. L’appello per il MANIFESTO ha dunque intercettato un sentimento comune, e il maggior giornale della città è diventato il punto di riferimento di una richiesta collettiva. Nessuno si illude che un MANIFESTO risolva i problemi. Al più li può denunciare e contribuire a metterli a fuoco. La soluzione è altrove, in un’assunzione di responsabilità di tutti - a cominciare dalle istituzioni - non solo dichiarata, ma praticata, ognuno al suo posto, ognuno nel suo ruolo. Senza uno sforzo collettivo, e di impegno straordinario anche a livello nazionale, sia sul versante dell’ordine pubblico e della giustizia che su quello socio-economico, Napoli non potrà uscire dall’emergenza. Senza assumerci fino in fondo le nostre responsabilità, però, ogni sforzo ed ogni dovuta solidarietà sarà vana, e quest’immagine dolente e disperata potrebbe essere l’icona del nostro futuro. Intanto, è nostro dovere vigilare che tutto non si risolva in un puro gioco di voci; che a quelle accorate di chi invita a vedere il deserto che avanza non si aggiungano le voci dei furbi che il deserto in questi anni hanno contribuito a farlo - mentre intanto non si fa niente. «Lavoriamo per una vita civile e tranquilla» 12/11/2004 La voglia dei giovani, la perseveranza per la vivibilità nell’ordinario della città, accompagnate da tanta voglia di costruire. Sono solo alcuni dei contenuti delle tante e-mail e dei tanti fax pervenuti anche ieri in redazione in risposta all’iniziativa di un MANIFESTO di mobilitazione per salvare Napoli. I giovani vogliono contare. Lo fa capire anche Francesca Capriati «non credo che la maggior parte di noi trentenni napoletani abbia lasciato spegnere nel proprio cuore la fiamma dell’onestà morale e dell’impegno civile». Ma bisogna insistere anche per la qualità ordinaria dei servizi. Padre Riccardo Pappagallo, parroco di Santa Chiara, esprime insieme alla sua comunità parrocchiale, la partecipazione all’iniziativa, sottolineando che «per ottenere qualcosa (manutenzione ordinaria), ci vuole la mano di Dio e poi fax, telefonate e quant’altro possa servire per ottenere la pulizia ordinaria. Perseveriamo nel bene, senza stancarci mai!», mentre Raffaele Minervino sottolinea la necessità di «trovare intese costruttive per progettare una linea di montaggio di quei mattoni per una vita civile e tranquilla». «Partiamo dalle piccole cose quotidiane» è l’invito di Nicola Vernillo residente a Scampìa da molti anni. Adesioni al MANIFESTO arrivano ancora dal professore Alessandro Castagnaro, presidente dell’Aniai Campania (associazione ingegneri e architetti), da Gianfranco Bellissimo, in qualità di presidente dell’Atldc (Associazione tempo libero e difesa del consumatore), dalla Sezione

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italiana amici del Presepio con il dirigente Enrico Fariello, dalla ricercatrice del Cnr Agata Gambacorta, da Vincenzo Liotti, da Aniello Sansone primario cardiologo dell’ospedale Rizzoli di Ischia, dall’ingegnere Renato Galli, da Luigi, Sonia e Marco Marchi, rispettivamente ingegnere, avvocato e architetto, dall’architetto Manuela Franco, da Rita Bavaro insegnante di Educazione fisica e presidente dell’associazione «Elios», dalla dottoressa Vittoria Pasetto, dal professor Adolfo Ruggiero. Gli ambientalisti: manifesto di vivibilità GINO GIACULLI 12/11/04 Qualità dell’aria, vivibilità, mobilità. E di pari passo percorsi positivi di trasformazione, recupero e fruizione dei beni culturali, sicurezza dei cittadini. Indica queste priorità il mondo ambientalista partenopeo nel dibattito apertosi sulla proposta di un MANIFESTO per la città lanciata, attraverso il Mattino, dal filosofo Aldo Masullo, strumento che viene visto come un «grido nell’indifferenza» e che deve arrivare a ottenere impegni concreti. Una mobilitazione alla quale non ci si sottrae. Michele Buonomo presidente regionale di Legambiente, rileva: «Il MANIFESTO è una sorta di chiamata alla mobilitazione di coscienze e intelligenze. Una speranza, un grido forte nell’indifferenza, un ponte tra politica e società». Cosa serve allora? «Politica del quotidiano, lavorare, pianificare, ad esempio, soluzioni ai problemi ambientali - dice Buonomo - un lavoro capillare sul territorio per ricostruire percorsi positivi, legalità diffusa, una trasformazione quotidiana da parte dei movimenti organizzati. Ma la politica deve far attenzione ai gruppi di trasformazione e non ostacolarli con la burocrazia». Tanti i problemi da far venir fuori attraverso un confronto sottolinea Ornella Capezzuto coordinatrice napoletana del Wwf: «Il MANIFESTO va certamente bene, ma mi pare solo un primo passo per stimolare a far emergere le problematiche del cittadino. Dal MANIFESTO bisogna passare a un più concreto coinvolgimento degli enti locali che si confrontino con i cittadini o restano autoreferenziali». Primo terreno di dibattito è «la mobilità come indicatore trasversale della qualità della vita urbana - insiste la rappresentante del Wwf - perché lo strapotere dell’auto ha stravolto il rapporto cittadino-territorio. Vogliamo meno traffico privato, più aree pedonali e Ztl, provvedimenti duraturi. Perché la mobilità sostenibile è vivibilità». Ma Napoli deve scommettere di più sui suoi beni culturali e liberarsi dai rifiuti. Antonio D’Acunto, coordinatore regionale dei Vas (Verdi ambiente e società), apprezza l’idea del MANIFESTO «ma non vorrei restasse a livello dialettico, senza identificare controparti». Due le priorità, segnalate da D’Acunto: «Una città più pulita anche attraverso la raccolta differenziata e che recuperi i suoi beni culturali, che siano sempre aperti e fruibili. A una città brutta, sporca e cattiva, va sostituita una Napoli bella con i suoi valori e i suoi monumenti, pulita, solidale e pacifista». Qualità dell’aria e una città che sia liberata dalla morsa della criminalità. La reclamano le mamme antismog guidate da Titti Tidone: «È triste che la società civile debba esplodere per sollecitare le istituzioni a collaborare. Ma è positivo che si sia lanciato un allarme con il manifesto. Le istituzioni devono avere più coraggio, limitare il traffico nelle zone più servite dai mezzi pubblici come Vomero, Fuorigrotta e centro: così può migliorare la qualità dell’aria». Ma anche lo Stato deve intervenire, prosegue la Tidone: «La presenza della camorra elimina il lavoro e lo sviluppo ecomomico sano: lo Stato deve spezzare queste catene. Solo così ci sarà rinascita». Differenziata, scontro sul nuovo piano PAOLA PEREZ 12/11/04 «NaPulita», il nuovo sistema di raccolta differenziata varato dal Comune (contenitore verde per il vetro, giallo per la plastica e l’alluminio, bianco per la carta), non ha nemmeno fatto in tempo a nascere e già fornisce materia per il contenzioso civile. Una settimana fa il battesimo

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ufficiale del servizio a Soccavo, Pianura e Fuorigrotta; ieri è iniziata la distribuzione delle campane a Chiaia e Posillipo; nei prossimi giorni si andrà avanti, secondo programma, negli altri quartieri della città; e sulla scrivania dell’ingegnere Lino Bonsignore, amministratore delegato dell’Asìa, cominciano già ad accumularsi le lettere di diffida. L’obbligo di tenere all’interno degli stabili i bidoncini per la carta, secondo quanto scrivono gli avvocati di alcuni condomìni, sarebbe del tutto illegittimo perché sottrae spazio alle aree comuni, crea disdoro ai fabbricati di pregio e - quel che è peggio - costringe i residenti a un sacrificio personale o economico. Il contenitore deve essere portato in strada dopo le 22 di un certo giorno e ritirato prima delle 7 del giorno successivo, pena la contravvenzione. Ma poiché in quella fascia oraria non è più disponibile il custode, le alternative sono poche: o un condomino si fa carico del servizio notturno per tutti gli altri (alzi la mano chi vuole offrirsi volontario), o provvede personalmente l’amministratore (che magari non abita in quel palazzo), oppure bisogna pagare una persona che provveda al trasporto dei rifiuti all’esterno. Quale sarà la replica dell’azienda? «È molto semplice - spiega l’ingegnere Bonsignore - risponderemo che le regole sono contenute in un’ordinanza comunale e, chi vuole, può impugnarla nei modi e nelle sedi opportune. Detto questo, vorrei fare una piccola considerazione a titolo personale. Noto con dispiacere che, mentre sul vostro giornale si continuano a raccogliere adesioni al MANIFESTO contro il degrado della città, i napoletani non si mostrano disposti a sopportare qualche piccolo disagio per garantire pulizia e decoro alle nostre strade e, di fronte a una minima innovazione, rispondono con litigiosità e assoluta mancanza di disponibilità. A certe persone potrei dire che da anni, nel centro-nord, i contenitori per l’immondizia vengono conservati all’interno dei palazzi e che dentro non c’è soltanto carta, ma roba che dà molto più fastidio. Potrei dire questo ma non lo dico, perché qualcuno sarebbe pronto a ribattere: ”Che c’entra, qui siamo a Napoli, e il servizio di raccolta non è certo efficiente come quello di Milano”. Preferisco dire, invece, che la raccolta differenziata nei condomìni è pratica in uso da tempo anche nel ”profondo sud”. Cosa dobbiamo concludere, allora? Dobbiamo pensare che la nostra città, in quanto a vivere civile, è anni luce più dietro di Palermo, Bari, Reggio Calabria?». Concluso lo sfogo, Bonsignore prepara la controffensiva: multe a valanga. «Il cittadino è libero di comportarsi come vuole. Tenga presente, però, che su ogni bidone è impresso l’indirizzo e il numero civico dello stabile che l’ha avuto in dotazione: questo consentirà di accertare la violazione anche se il ”colpevole” non viene colto in flagranza, come accade per le auto in sosta vietata. Se i nostri ispettori troveranno il contenitore in strada in giorni e orari diversi da quelli stabiliti, il condominio indisciplinato avrà la sua bella contravvenzione. Si parte da un minimo di 25,82 euro, nel caso dell’episodio isolato, per arrivare a un massimo di 154,94 euro se il comportamento scorretto si verifica con particolare frequenza». Gli Ordini: pronti per il manifesto I professionisti: la città va protetta dal disordine GINO GIACULLI 11/11/04 Le regole di uno sviluppo armonico di Napoli, di un’efficace assistenza sanitaria ai cittadini, insieme con progetti non più rallentati dalla burocrazia. Parla la Napoli degli Ordini professionali che vede con favore, per bocca di alcuni dei suoi rappresentanti, la mobilitazione nata intorno all’idea di un MANIFESTO per la città che è stata lanciata, attraverso Il Mattino, dal filosofo Aldo Masullo. C’è una consapevolezza. «Tutti dobbiamo fare sistema, salvare la città dal suo disordine - sottolinea Luigi Vinci, presidente dell’Ordine degli ingegneri - ritengo il metodo del MANIFESTO molto valido. Noi vogliamo un nuovo sviluppo. Senza infrastrutture, progetti di qualità non si va da nessuna parte. Inoltre non c’è sicurezza e così come vengono gli investitori? Siamo a disposizione, anche gli ordini devono essere in prima fila per il rispetto delle regole perché noi vogliamo applicare l’etica». Passiamo ai fatti chiede Giuseppe Del Barone, presidente dell’Ordine dei medici napoletano e nazionale: «Il MANIFESTO per la città è uno strumento valido e ha un seguito decisamente notevole, ma vorrei si passasse alle proposte: valorizzare quella buona sanità che vuol dire eliminare le liste d’attesa, tutelare i pronto soccorso, far sì che nell’ospedale ci siano punti d’incontro per i familiari dei pazienti. I medici possono umanizzare di più il rapporto con il malato, i colloqui sono essenziali come

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diagnosi e terapie. E aggiungo che Napoli non è solo centro o lungomare ma è fatta di periferie che vanno tutelate dalle istituzioni». È il momento di interventi e iniziative. Ermanno Corsi, presidente dell’Ordine dei giornalisti della Campania, insiste: «Occorre il MANIFESTO delle idee e Aldo Masullo, filosofo morale, ha tutta l’autorità per chiederlo e elaborarlo. Ora serve un programma di iniziative e interventi. La città ha bisogno di rigenerare la propria economia: occorrono redditi, servizi e strutture per famiglie e cittadini. Solo così si contiene questa nuova feroce ondata di malavita e non possiamo non sottolineare il ruolo positivo dell’informazione: che ha un compito di fotografare tutti i giorni una società, stimolando dibattiti e interventi». Le cose devono funzionare nel quotidiano rilancia Michele Di Iorio, presidente dell’Ordine dei farmacisti: «Valuto positivamente il manifesto, ma bisogna chiedere all’amministrazione comunale di fare in modo semplice le cose ordinarie. Noi collaboriamo con il Comune al piano di decentramento delle farmacie, si tratta di servizi in zone di nuova urbanizzazione, eppure c’è un rallentamento burocratico. Invece i propri dipendenti vanno entusiasmati, resi orgogliosi dell’appartenenza. E certo molto di più si potrebbe fare anche per il rispetto delle regole civili». Le sollecitazioni sociali e i temi concreti dello sviluppo. L’architettura deve giocare le sue carte. Lo dice Paolo Pisciotta, presidente dell’Ordine degli architetti: «Ben vengano tutte le azioni di stimolo amministrativo, quest’iniziativa è meritevole. Anni fa l’Assise di palazzo Marigliano ebbe a sua volta un grande ruolo di stimolo delle coscienze. In ogni caso gli architetti vogliono realizzare ponti nella società e non smantellare. Ci sono il Prg e le regole, ora va affrontata la fase di sviluppo, perché l’architettura è attrattore economico e anche elemento di unità sociale». I parroci di frontiera: manifesto in periferia «Tanti i problemi non ci si fermi a piazza Plebiscito» GINO GIACULLI 10/11/04 L’orrore che torna con il sangue di tre morti. Le parole di speranza del cardinale Giordano che rilancia un Alto impatto sulle coscienze, una mobilitazione che diventi progetto. In mezzo richieste e denunce dei parroci di frontiera, sacerdoti che ascoltano storie di gente oppressa dalla camorra e di regole calpestate e di voglia di uno Stato che sia finalmente più visibile. Rinascita civica e insieme culturale. Raccoglie consensi anche tra i sacerdoti che sono in prima linea sul territorio la proposta di un MANIFESTO per Napoli, lanciata attraverso Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo, ma a patto che si faccia impegno, confronto concreto per la periferia. Una mobilitazione che deve anche riannodarsi. Don Aniello Manganiello, parroco di Santa Maria della Provvidenza al rione Don Guanella, racconta che mesi fa fu inviata al prefetto una lettera, 700 firme di parrocchiani, per richiamare le istituzioni a una maggiore presenza nel rione: «Più controlli contro la droga, più vigili contro le scorribande in auto e moto di camorristi prepotenti: abbiamo ottenuto delle bande acustiche sulla strada ma i camorristi e gli indisciplinati hanno continuato. Qui la camorra è nel tessuto sociale, c’è prepotenza, illegalità spicciola e si ha paura temendo un disimpegno delle forze dell’ordine». Che cosa fare? «La gente deve cambiare mentalità - aggiunge il parroco - e si deve ripartire dalle famiglie che stiamo obbligando a partecipare al Catechismo e dalla scuola. O si coinvolgono le famiglie o si fa un buco nell’acqua. Per il manifesto, suggerisco una fiaccolata, un convegno ma che si tenga in queste zone, per sensibilizzare gli studenti: se ci si ferma a piazza del Plebiscito non si risolvono i problemi. E la periferia resta abbandonata». Il MANIFESTO deve diventare concretezza, lo rileva anche don Vittorio Siciliani, parroco della Resurrezione a Scampìa: «Sono d’accordo che sia una buona iniziativa, ma di appelli ce ne sono stati tanti, quindi anche questa proposta va vista in seguito, nel suo sviluppo operativo. Abbiamo detto tante volte che serve una task-force di persone da dedicare al recupero della dimensione culturale di Scampìa e altri quartieri». Ragionamenti che attaccano le piaghe della città. Don Mario Ziello, parroco di Santa Maria del Carmine alla Concordia, Quartieri Spagnoli, rilancia: «Giusto l’appello del cardinale per un ”Alto impatto” sulle coscienze, il lavoro va fatto su quelle, ci sono mali secolari. Questo movimento può servire, essere un modo per sensibilizzare le persone e la Chiesa fa la sua parte per le coscienze sulle questioni di legalità e giustizia: ma il resto tocca allo Stato, noi non

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possiamo supplire». Stato di nuovo chiamato a farsi vedere. Don Franco Esposito, parroco di San Pietro Apostolo, quartiere San Pietro a Patierno, non ha dubbi: «Condivido appieno l’iniziativa di Masullo, noi da anni cerchiamo di far prendere coscienza del fatto che il male va chiamato con il suo nome». A San Pietro, ogni anno, migliaia di persone sfilano contro i mali della zona, «per non rassegnarci. Se la mobilitazione è costante qualcosa può cambiare. La camorra o i capozona non vanno via con le marce ma la gente sa, capisce qual è il male». Il sacerdote insiste: «La gente deve capire, sapere che lo Stato c’è: non solo con i blitz, ma anche con interventi contro piccole illegalità come il rompere i giochi del parco, l’imbrattare muri con disegni che inneggiano alla violenza. Una radice da strappare alla base, perché i bambini hanno i boss come modelli. È quando si vede la presenza dello Stato che la gente si sente più protetta e quindi denuncia». «Serve una resistenza degli onesti» 10/11/04 Legalità, e pene più severe contro chi delinque. E quindi un intervento dello Stato che sia visibile. Intanto c’è chi fa appello ad una «Resistenza dei cittadini onesti e liberi». Anche ieri numerosissime sono state le adesioni ed i messaggi di risposta alla mobilitazione intorno alla proposta di un MANIFESTO per la città. Moltissimi i commenti che concentrano l’attenzione sul tema della sicurezza e della protezione dei cittadini. E così l’avvocato Maurizio Pasetto ritiene che serva un intervento «attivo e soprattutto visibile dello Stato e delle istituzioni centrali e locali, un processo che deve da subito iniziare da una adeguata formazione della classe dirigente». Ma ancora altre adesioni sono arrivate dagli avvocati Francesco e Roberto Puglisi, dall’ingegnere Giancarlo Mariniello secondo il quale sarebbe buono che star locali e nazionali, ad esempio della musica, che hanno seguito tra i giovani «si mobilitassero con forza e gratuitamente in campagne pubblicitarie contro il dilagare di illegalità, delinquenza, violenza e microcriminalità». In una nota a firma Mario Massa un consorzio di sedici cooperative sociali aderisce all’appello, il consorzio inoltre propone, essendo affidatario di un appartamento sequestrato al clan Giuliano di Forcella, di ospitare lì qualche iniziativa. Ed ancora sì arrivano da Franco Petraglia, traduttore, Luigia Bello, assistente sociale, Raffaela Taddeo, bancaria, da Giuseppe De Simone, Antonio La Peruta, Mauro Gambini de Vera d’Aragona, Aldo Spina. Il professore Elio Abatino comunica a sua volta l’adesione del direttore, del consiglio scientifico, di quello direttivo e dei soci dell’istituto Ireda, e ancora assenso da Sandro Marotta il governatore del distretto 2100 del Rotary International, mentre il poeta Giovanni Taufer invia una lirica dedicata a Napoli quale «contributo al MANIFESTO e quale monito al senso di appartenenza e solidarietà». In un altro messaggio, un operatore del 118 dell’Asl Napoli 1, Renato Paciocco, accoglie l’appello «civile di tutta la Napoli perbene affinché si isolino e sconfiggano violenza e abbrutimento». Al MANIFESTO per Napoli aderiscono ancora il Comitato galleria Umberto I, il docente di Sociologia Maria Albrizio, ed alla nota seguono le firme di numerosi studenti. «Pene più severe per chi delinque - chiede quindi Michele Caso - ci vuole una nuova Resistenza fatta da tutti i cittadini onesti e liberi, una vena giustizia, una nuova alba di legalità». Volontari in campo: facciamo gioco di squadra GINO GIACULLI 09/11/04 Nessuno può restare alla finestra, grida il mondo delle associazioni. Sono tanti i volontari che si dedicano attraverso i movimenti alla rinascita umana e civile del territorio. Uno spaccato di città che guarda con interesse alla mobilitazione per realizzare un MANIFESTO per Napoli, dopo l’appello che è stato lanciato attraverso Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo. L’iniziativa viene accolta da don Vincenzo Mango, direttore della Caritas diocesana di Napoli: «Sono d’accordo, le forze più responsabili della città devono mettersi insieme. Non possiamo restare alla finestra. La Chiesa è da sempre in trincea, parrocchie e associazioni tastano il polso alla città, bisogna tenere conto della lettura del reale e ognuno deve fare la sua parte, perché la città siamo noi». Che cosa fare allora? Don Mango insiste sull’importanza di dedicarsi al rispetto

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delle regole per il bene comune «ci si è un po’ abituati a guardare ciascuno al suo orticello, invece si deve crescere insieme nella partecipazione. E, per questo, si deve ripartire dalla scuola, dalla famiglia che riconquisti quindi quel suo ruolo di agenzia educativa». Tante sono le testimonianze di impegno che arrivano dal territorio. Come quella dell’Associazione per Napoli, presieduta da Carlo Bartiromo, che ha coinvolto numerosi minori dei Quartieri Spagnoli e di altre zone della città in progetti di avvicinamento all’arte, facendoli così diventare guide per i monumenti. «È un’iniziativa può essere molto bella - dice Bartiromo - se va oltre il primo momento di emotività, se si stabilisce quello che è mancato in questi anni: una vera sinergia tra associazioni. Da dove ripartire? La grande risorsa è la nostra tradizione, la nostra cultura che può essere comune denomitatore dei bambini e, questo viene da sé, li tiene lontani dalla strada». E Giuseppe Brancaccio della Comunità di Sant’Egidio rileva dal canto suo che Napoli «si sta trasformando in una città più divisa di prima, stanno aumentando le distanze tra parti di città. Gli appelli sono sempre utili, ma adesso vanno trovati dei punti di più alta coesione». Una riflessione per il dialogo. «È necessario ritessere un tessuto sociale, umano e culturale lacerato - sottolinea ancora Brancaccio - costruire dei ponti tra queste parti di città più distanti e lanciare dei segnali forti: vedi i senza fissa dimora, gli immigrati, gli anziani, i giovani, i rom». Ma, più in generale, la ripresa della città passa per quello che viene individuato come un gioco di squadra, con i quartieri in primo piano come luoghi dai quali cominciare. È sottolineando questo concetto che Margherita Dini Ciacci, presidente dell’Unicef Campania, e vice presidente nazionale, accoglie il MANIFESTO per la città: «A Napoli un serve gioco di squadra, il cittadino, i nuclei familiari, le associazioni devono prendere in mano la situazione riscoprendo anche i valori della convivenza civile, della conoscenza e del rispetto reciproco. Abbiano 21 circoscrizioni, allora bisogna lavorare proprio nei quartieri, mettendo tutti intorno a un tavolo, dalle associazioni alle scuole, e decidere insieme che cosa fare, come superare i problemi, prendendosi cura del territorio». Insomma, mobilitazione e impegno devono andare di pari passo. Un altro esempio arriva dall’esperienza dell’associazione Periferie del mondo guidata da Désirée Klain, che ha organizzato un festival cinematografico dedicato alle periferie, e che si occupa di attività di audiovisi e immaginario cinematografico nelle periferie. Anche la Klain è favorevole al MANIFESTO «perché la città sta tornando a periodi bui e perché c’è molto da fare. Bisogna allora spingere affinché le periferie abbiamo carattere urbano, una direzionalità precisa che sia dedicata a delle attività». Nuovi ruoli per i tempi che mutano di Salvo Iavarone* 9-11-2004 Le ipotesi e le tesi prodotte nei giorni scorsi dal professore Aldo Masullo e dal suo manifesto, rispetto alla necessità di proposte utili al cambiamento sociale qui a Napoli, ed al fatto che esse debbano partire o meno, e magari con quali modalità e quali limiti, dal mondo intellettuale, hanno sicuramente sollecitato riflessioni interessanti. Ad esempio ci si chiede come possa essere definito il mondo intellettuale. Oppure in quali modi, e soprattutto con quali interfacce debbano avvenire scambi di idee con le istituzioni. O anche, se e perché sìa giusto o meno che un cittadino, dopo aver delegato con il voto i politici al fine di costruire la proposta di sviluppo sociale debba poi ancora preoccuparsi di chi la produca. Partiamo dall'ultima, che ragionando un attimo ci riconduce poi alla prima. Un cittadino va a votare, ed in tal modo sceglie chi debbano essere coloro che andranno ad occupare i posti di sindaco, assessore, consigliere di una amministrazione comunale, provinciale, eccetera. Ma anche poi, per indotto, chi presiederà le aziende di sviluppo, gli enti, gli acquedotti, i centri di promozione culturale, gli osservatori sociali e quant’altro. In una parola, l'ossatura del sistema Stato. Ma questo sistema, deve "galleggiare" gestendo l'ordinario (che spesso a Napoli è di grande mediocrità qualitativa), o deve risolvere i problemi quotidiani con efficacia, ma anche programmare gli assi di sviluppo sui vari segmenti sociali, culturali, economici? Sicuramente deve fare la seconda cosa, che però costa fatica, e soprattutto produce impopolarità. Ma poi siamo certi che i deleganti (i cittadini) si aspettino davvero un sano lavoro di programmazione, piuttosto che magari una serie di cortesìe personali magari concordate prima del voto? Ecco allora il punto: i cittadini devono delegare ed hanno il diritto di aspettarsi proposte ed il dovere di verificarle periodicamente. Ma

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nel frattempo devono fare la loro parte: il proprio dovere, ossìa ciascuno il suo mestiere (e chi non ha un mestiere cerca di apprenderlo, magari chiedendo al sistema Stato come) e tutti sviluppando coscienza sociale e senso civico; che significa che i problemi sociali sono di tutti, e tutti devono preoccuparsene. Hanno senz'altro il diritto di lamentarsi, ma solo nel caso che le istituzioni ed i partiti politici non facciano la loro parte in questo quadro di collaborazione diffusa e solidale; non lo hanno se chiedono cortesìe personali e non le ottengono. E gli intellettuali? Essi hanno il gravoso compito di raccogliere dati sulla società, confrontarli con quanto la storia ci ha insegnato, ed ipotizzare possibili scenari futuri. Non è poco. Ma devono farlo senza isolarsi, in "rete sociale" , se così si può dire, nel senso di costituire essi stessi dei terminali di una serie di scambi dialettici ma anche culturali con tutti i settori della società. Perchè anche chi svolge mestieri meno importanti ha qualcosa da dire, e finanche gli emarginati. Siamo certi, e rivolgo la domanda a Masullo, che a Napoli il mondo intellettuale non si consideri una specie di cenacolo, un pò chiuso su sè stesso sia socialmente che geograficamente, venendo fuori solo a corrente alternata? Siamo sicuri che in questa città si faccia di tutto per valorizzare cervelli positivi e soprattutto innovativi, cercando di trattenerli qui ad evitare che finiscano lontano da noi? In conclusione, credo che il grande quesito debba essere posto in maniera diversa. Ossìa non scervellarsi su chi debba fare qualcosa, ma piuttosto approfondire in che modo ciascuno possa svolgere al meglio il proprio ruolo, intellettuali compresi, in un quadro socio- culturale più moderno ed adeguato ai tempi. *presidente della Fondazione Campi Flegrei Ormai è un caso nazionale Cacciari: «Un piano forte da parte del governo Ma gli amministratori locali non possono restare inerti» FABIO SCANDONE 08/11/04 «Benvengano gli appelli. Ma se si traducono in idee-guida. E soprattutto in progetti concreti, fatti propri e sostenuti dal governo centrale. Perché la Napoli assediata dalla criminalità è un caso nazionale che non può essere affidato solo a nobili iniziative locali: oltreché riduttivo, è un approccio che sortirebbe scarsi effetti». Massimo Cacciari non ha dubbi. E per rafforzare i suoi argomenti l’ex sindaco di Venezia e filosofo di lungo corso, non esita a citare proprio il caso della sua città: «Per la la salvaguardia di Venezia non c’è forse un progetto nazionale? Perché dovrebbe essere diverso per Napoli?», rilancia. Ma neppure si nasconde, tuttavia, le responsabilità per ciò che a Roma non ha fatto a suo tempo il centrosinistra al governo, e che a Napoli e in Campania dovrebbero fare il sindaco Iervolino e il governatore Bassolino. Converrà, professore, sul fatto che criminalità organizzata e microcriminalità affondano nel sociale: quali risposte darvi? «Proprio perché camorra e mafia si muovono sempre di più in un’ottica globale e obbediscono in definitiva a una logica centrale, occorre uno sforzo politico, economico, giudiziario e sociale altrettanto forte, cioè nazionale». Come dire non solo polizia: condivide il ministro dell’Interno Pisanu quando afferma che le forze dell’ordine non sono l’unica soluzione senza una responsabilizzazione più capillare dei cittadini? «Non c’è alcun dubbio. Il presidio del territorio è importantissimo, ma non può costituire la soluzione delle cause». Può di più, magari, un’iniziativa come quella del professor Masullo di un MANIFESTO dei napoletani per mettere in moto un processo di consapevolezza civica? «Certo che l’appello alla cittadinanza è importante e deve diventare mobilitazione, ma sono le strategie a non poter essere limitate all’ambito locale. Per creare a Napoli un contesto sfavorevole alla camorra è essenziale la scuola: ma lo sfascio dell’istruzione in Italia non è forse sotto gli occhi di tutti?». Sta dicendo che gli amministratori locali poco o nulla possono? «Dico che dieci anni fa, con Bassolino, Napoli ha provato a camminare da sola: l’attualità dimostra che non basta se non c’è un preciso coinvolgimento centrale». Non sono pochi, e tra questi l’arcivescovo di Napoli Giordano, a sostenere che il cosiddetto ”Rinascimento napoletano” fosse molto di facciata e poco di sostanza: come valuta a distanza quell’esperienza di governo? «Un progetto illuministico, nel senso positivo e negativo. Seppe aggregare ma forse non stabilire rapporti tra

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l’amministrazione e gli altri centri. Con il limite di essere magari un po’ accademico». E oggi, dunque, quali risposte concrete immagina per Napoli? «Un grande progetto finanziato e sostenuto dalla comunità nazionale. Le emergenze si possono contenere e tamponare, lo sviluppo va costruito». In tempi di devolution non vede il rischio di un neocentralismo? «Assolutamente no. Consideri di nuovo il caso di Venezia: progetto e finanziamenti sono nazionali, l’attuazione degli amministratori locali, è lì che scatta la responsabilità. Dov’è dunque una limitazione dell’autonomia? Il fatto è che per Napoli e il Mezzogiorno a livello nazionale non c’è un piano, non un progetto. E il risultato è il degrado». Questo per la Casa delle libertà. I governi di centrosinistra non hanno nulla da rimproverarsi per Napoli? «Altroché, e non solo per Napoli. Non c’è stata un’idea forte. Così come non abbiamo realizzato quelle riforme che ora il centrodestra sta facendo con lo sfascio generalizzato, dalla scuola alla giustizia». E quale ruolo vede per il sindaco di Napoli Iervolino e il governatore della Campania Bassolino nella prospettiva di questa idea forte per Napoli? «Che comincino a discuterne e a formalizzarla. Dopo l’occasione sfumata dell’America’s Cup mi sarei aspettato un rilancio di iniziative: come per le Olimpiadi a Barcellona, per esempio. Morto un re se fa un altro, no? E allora, per esempio, dov’è il futuro di Bagnoli?». «Ora alto impatto ma sulle coscienze» FABIO SCANDONE 07/11/04 Nel suo studio in Curia a Donnaregina scruta pensoso scritti di più antica data o recentissimi sul ruolo della Chiesa per Napoli e il Mezzogiorno, sottolinea il deficit di legalità che «come un virus si annida in quella che resta la capitale del Sud quale sintesi della questione meridionale», crede in «una città vivibile» l’arcivescovo di Napoli, cardinale Michele Giordano. E interviene nel confronto rilanciando una mobilitazione forte delle coscienze che sappia tradursi in progetto. Che effetto le fa, eminenza, ritrovare Napoli in prima pagina ma ancora una volta per l’impennata della microcriminalità e della malavita organizzata con cifre da primato per omicidi e violenze? «Se il proiettarsi di Napoli sulla stampa nazionale serve a stimolarci e a impegnarci di più va bene. Se invece dovessimo offrire solo l’immagine di una città in rovina o che si piange addosso e che aspetta sempre da altri la soluzione, allora faremmo davvero un danno a noi stessi e a Napoli: sicché dobbiamo muoverci perché dalla città si è cominciato ad alzare la voce, e questo è un merito del vostro giornale che portato all’attenzione del Paese la volontà di cominciare a fare passi concreti verso una meta precisa. Naturalmente sapendo bene che la soluzione dei problemi non sta nell’emergenza, che si può solo fronteggiare, ma nelle cause. E qui occorrono costanza, pazienza, tenacia, umiltà. Soprattutto, sforzo comune. È importante, perciò, che non ci si fermi a una fase in cui ciascuno dice ciò che pensa, ma che si vada oltre, alle proposte». In questo senso come valuta l’iniziativa del professor Masullo, con il confronto a tutto campo che ne è scaturito, per un «manifesto dei napoletani»? «Ho grande stima del professor MASULLO per la sua rettitudine morale, per la limpidezza e il disinteresse personale che lo muovono, e devo dire che anche quando si profilò una sua eventuale candidatura alla guida della città,lo incoraggiai molto. Mi auguro quindi che questa sua iniziativa abbia successo e sono disposto a dare il mio personale contributo, in termini di contenuto naturalmente. Onestà e valore intellettuale non bastano senza un impegno. ”La città sta nelle vostre mani”, ha adetto Pisanu: e ha perfettamente ragione. Non è sufficiente un appello, o se vuole un manifesto, se poi non si individuano sia i nodi da sciogliere sia a chi spetta scioglierli: in una azione, ribadisco, di convergenza». È d’accordo con il ministro Pisanu anche quando afferma che di forze di polizia a Napoli ne sono state inviate a sufficienza? «Assolutamente sì. Così come sono pienamente d’accordo nel dire che Napoli ha già fin troppi agenti, il problema è semmai come e dove utilizzarli al meglio, individuando i punti strategici. Ci sono situazioni di insicurezza che vengono riferite dai parroci disseminati su tutto il territorio della città e che purtroppo non fanno notizia». A quali situazioni pensa, in particolare? «Per esempio ai Quartieri spagnoli, dove c’è stato un salto di qualità nella violenza denunciato dal parroco di grande statura che è poi il punto di riferimento per i Quartieri: lì la criminalità arriva anche da altri zone della città: è come se si fosse rotto un

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equilibrio, c’è gente che spara con la mitraglietta per le strade per intimorire tutti. Quando gli ho chiesto del poliziotto di quartiere ha parlato di via Toledo, la strada principale. Ma nei vicoli dei Quartieri? Ecco perché una dislocazione più strategica del personale esistente sarebbe già una risposta al senso di impunità». Che cosa è mancato secondo lei a Napoli per delineare una svolta reale? «Vede, anche per fronteggiare l’emergenza serve una tensione morale forte. Quando si parlava di ”rinascimento napoletano”, misi in guardia contro l’enfasi su questioni di facciata, con aree ristrette di palcoscenico. Io credo che questa tensione civile manchi da parecchio. Occorre una rispondere a una caduta verticale di valori morali che costituiscono il tessuto di una città, il senso di cittadinanza e di radicamento, il rispetto per la persona e per la vita di cui sono espressione i diritti fondamentali del cittadino di cui parlava il sindaco di Firenze Giorgio La Pira, dalla casa agli ospedali». Intende forse una sorta di operazione ”alto impatto” ma che questa volta punti sulle coscienze, eminenza? «Si, proprio così. La legalità è fatta di regole, anche il fermarsi con il rosso. O nel modo parcheggiare la macchina. Certo, la legalità o si tiene tutta o non c’è: ma per questo non è sufficiente un sistema di regole se non è sorretto da una profonda coscienza morale, vale a dire da un sistema di valori. Soggettivismo, deresponsabilizzazione, consumismo sfrenato, guadagno facile, dipendenza dalla politica come favoritismo soprattutto nel campo del lavoro - la disoccupazione è uno dei gangli da affrontare per Napoli - sono altrettanti indicatori di una crisi profonda sulla quale interrogarci e intervenire. Beninteso, ciascuno nel proprio ambito ma evitando quel tasso di conflittualità, di suscettibilità spesso troppo diffusi tra i vari soggetti istituzionali, politici e sociali». E la Chiesa? A Napoli i parroci giocano spesso un ruolo di frontiera, specialmente negli avamposti di periferia. «Infatti ho sempre appoggiato la denuncia dei parroci fermo restando che non ci si può caricare di compiti impropri: sarebbe come eludere i problemi». Quali punti, allora, Chiesa pone al primo posto nel suo impegno per la legalità a Napoli? «Sono almeno due le agenzie su cui puntare l’azione di stimolo: famiglia e scuola. Non è accettabile che una istituzione fondamentale quale la famiglia sia detronizzata dalla televisione. E questo è uno sforzo che va promosso non soltanto a livello cittadino, ma nazionale anche attraverso politiche per la casa. Quanto alla scuola, a Napoli c’è una subcultura della disistima dell’istruzione proprio nei ceti più poveri, contrariamente ad altrove dove invece la scuola è vista come possibilità anche di riscatto sociale. Bisogna lavorarci, ma davvero tutti». Le ragioni... ALDO MASULLO 7/11/04 Ma il dialogo comporta che nessuno degli interlocutori, né i cittadini né le istituzioni, siano reciprocamente sordi e muti. In fondo qui, in senso non tecnico-formale, ma sostanziale e morale, sta la democrazia. Molti ormai sono gli anni, lungo i quali, fin già da quelli, in cui «la rinascita di Napoli aveva stupito il mondo», i più avvertiti tra noi avevano ammonito sulla differenza, spesso pericolosamente ignorata, tra apparenza e sostanza. Non ci voleva molto, in effetti, se non buon senso e buona fede, per capire che lo scossone politico innescato in Italia dall’esplosione di Tangentopoli, avrebbe avuto effetti salutari sulle parti economicamente e socialmente più forti del Paese, ma avrebbe messo in serio pericolo quelle caratterizzate da instabili equilibri, come il Mezzogiorno in genere e Napoli in particolare. Basti pensare a cosa hanno rappresentato per il nostro mondo del lavoro il precipitoso smantellamento dell’apparato industriale a capitale pubblico e le radicali trasformazioni nelle forme del produrre. Non solo i poteri strettamente politici nazionali, ma ancor più i potentati economico-finanziari del Paese, avrebbero dovuto elaborare e mettere in atto strategie adeguate affinché una città-chiave come Napoli riuscisse ad attraversare il turbine dei cambiamenti non solo salvandosi dal crollo, ma cogliendo l’occasione per iniziare il recupero dei suoi enormi ritardi storici, e realizzarsi finalmente come società del profitto e del diritto e non più della rendita e della protezione. Ci troviamo invece, a quanto pare, sull’orlo del disastro. Cosa possiamo fare, noi privati cittadini napoletani, non armati d’altro che del nostro diritto (lo dico senza ironia), per evitare almeno di fare dinanzi al ministro dell’Interno la figura di «rassegnati e inerti» e dimostrare di essere fieramente «accanto alle istituzioni»? Credo che non possiamo se non continuare a fare ciò

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che, in molti o in pochi, abbiamo sempre fatto, non noi indifferenti alle istituzioni ma le istituzioni a noi, e che con il MANIFESTO promosso dal Mattino, e già ricco del sostegno di numerosissime e significative adesioni di ogni provenienza professionale e sociale e di ogni età, ci accingiamo a continuare in modo corale. Si tratta di ridare coraggio ai molti cittadini, soprattutto i più umili, demoralizzati, e di richiamare le istituzioni sui nostri bisogni di cittadini, soprattutto parlando ai potenti senza arroganza ma pure senza infingimenti. Occorre esercitare quella salvifica virtù civile, che gli antichi greci chiamarono «parresia», cioè il parlare con franchezza al potere. Ma soprattutto si tratta di combattere in noi e negli altri quel vizio mortale della mala tolleranza, contro cui oggi qualche autorevole personaggio parla, avendo taciuto per tutti gli anni in cui io ne feci il tema dominante delle mie pubbliche denunce. Il senso della nostra iniziativa non è (non può e soprattutto non vuole) essere altro che il gesto di responsabile impegno di uomini privati in difesa dell’etica pubblica e del diritto fondamentale specificamente sancito nella Carta europea dei diritti dell’uomo nella città. Tutti, istituzioni e cittadini, facciano fino in fondo la propria parte, senza pretendere di usurpare competenze altrui. Noi privati faremo la nostra parte, se svolgeremo in pieno la funzione di educare criticamente noi stessi e gli altri alla cittadinanza attiva, e di provocare il dialogo, ossia la seria e ininterrotta comunicazione politica tra i deleganti e i delegati del governo della città. Tutta qui sta la forza della resistenza civile alla dittatura del crimine. Aldo Masullo «Caro Pisanu, così sei tu a rassegnarti» CARLO NICOTERA 07/11/04 Un momento, un momento. Certe affermazioni non si possono fare così. E bisogna che alcune cose siano messe in chiaro per il bene di tutti.Intervistato dal Mattino sulle dichiarazioni di Giuseppe Pisanu, che hanno il sapore del monito da una parte e della resa dall’altra, il presidente della Campania, Antonio Bassolino, risponde con pacata fermezza al ministro dell’Interno «che considero tra i più operosi e bravi del governo». Governatore, che cosa replica al ministro? «Pisanu fa alcune considerazioni giuste, con il richiamo a una più forte responsabilità civile individuale e collettiva - cose che da anni anche noi sollecitiamo. Come è anche evidente il rischio che la violenza demolisca il tessuto civile di Napoli». E però? «E però faccio due osservazioni. La prima è che la criminalità è solo una delle facce della città. E che dunque non si può non vedere che Napoli è piena di energie che si muovono, che si contrastano, che lottano tra di loro. Accade spesso. E così se sono acute la violenza diffusa e la presenza della camorra, è allo stesso tempo straordinaria la vitalità culturale che richiama migliaia di persone dall’Italia e dall’estero a vedere cose assolutamente speciali come le mostre su Caravaggio o quella di Hirst. Eventi di cui, basta leggere i giornali, si parla in tutte le capitali europee». Però magari ci si arriva tra cumuli di immondizia o rischi di scippi, come raccontano le migliaia di lettori che ci scrivono aderendo all’idea, lanciata dal filosofo Masullo sulle pagine di questo giornale, del MANIFESTO per salvare Napoli. «Non dico che non si debba guardare in faccia la realtà. Ma, appunto, la risposta di quelle migliaia di lettori è una risposta di reattività, di voglia di cambiare, di lotta in corso, di volontà di riscatto sia pure tra fasce di degrado». E la seconda osservazione che vuol fare a Pisanu? «È che lui è il ministro dell’Interno. Che non può fermarsi là, perché a quel grido (”napoletani reagite, la violenza sta demolendo la convivenza, le forze dell’ordine sono già presenti in misura senza paragoni”) - si può fermare un intellettuale, non un bravo ministro come lui». Che invece dove dovrebbe arrivare? «Ha il dovere di dire: io posso e devo fare di più. Come ogni istituzione ha il dovere di fare. La Regione, il Comune, la Provincia, le forze dell’ordine, la magistratura sono e saranno coinvolti in questo sforzo. Ma aggiungo che la lotta al crimine è competenza fondamentale dello Stato centrale, che deve operare al massimo, appoggiato (per le specifiche competenze amministrative, sociali, di intervento sul territorio) delle altre amministrazioni. Sia chiaro, non faccio carico di tutto questo a Pisanu. E contesto anche le forze di centrosinistra che lo fanno, anche se non posso dimenticare le campagne deliranti con cui il centrodestra attaccava i ministri dell’Interno che si chiamavano Giorgio Napolitano, Rosa Iervolino, Enzo Bianco». E allora? «Non si può arrivare al paradosso che il ministro dica ”non rassegnatevi”, avendo egli per primo un atteggiamento che rassegnato appare». Ma fare di più cosa vuol dire? Pisanu

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afferma che a Napoli c’è il massimo schieramento di forze possibile. «E io rispondo che allora c’è qualcosa che non va. Quali sono i parametri per dire che le forze sono molte? Rispetto a che cosa? E come sono distribuite le risorse? E qual è il livello di intelligence? E quali sono le verifiche che si fanno sulla efficienza e la operatività delle forze in campo? E dico che questo sforzo di attenzione lo deve fare il governo centrale e lo devono fare tutte quelle istituzioni di cui abbiamo parlato». Se è per questo, allora, bisognerebbe parlare anche di lavoro, prospettive, speranze. «È evidente che non si possa parlare solo di forze dell’ordine. E che senza una verifica - e insisto, comune - delle politiche economiche delle risorse da destinare al Mezzogiorno, sarebbe difficile dare un obiettivo pieno alla lotta in corso. Bisogna dare un senso compiuto e di prospettiva all’invito che si fa al cittadino di ”reagire”». Resta il fatto che sembra palese uno sfarinamento dei valori collettivi. «È per questo che tutti devono ripensare ai propri ruoli, ai propri compiti, compresa la magistratura. Lo dico con pudore e con rispetto. Ma dopo l’incredibile vicenda della Procura di Napoli, con un ministro della Giustizia impegnato in un braccio di ferro inaudito con il Consiglio superiore della magistratura, indebolendo di fatto la battaglia della giustizia contro la criminalità a Napoli, sarebbe ora il momento - ritrovati gli assetti interni - di mettere in campo la massima compattezza in questo processo di risanamento». Sta parlando anche della questione centrale della certezza della pena? «Sì, anche. Tra le verifiche e i confronti di cui parlo c’è pure da vedere ciò che legislativamente deve cambiare. Bisogna dare risposte concrete a quelle energie positive della città che ci sono e sono tante». Ma, al di là degli intenti, la politica come deve rispondere, e con che cosa, al desiderio di normalità che traspare dalle migliaia di e-mail e fax che arrivano? Nel MANIFESTO che tutti sembrano voler sottoscrivere, che cosa ci si deve mettere? Lavoro? Strade? Sicurezza? Scuole? «La politica deve saper ascoltare e tradurre in atti quelle richieste, da Roma a Napoli. Con una priorità: ridare al Mezzogiorno la centralità che nell’agenda politica attuale e nelle prospettive del Paese non ha. Mentre io credo che la questione-Sud sia l’occasione strategica per l’Italia del futuro: investimenti produttivi finalizzati, capacità di attrarre capitali esteri, ricerca, formazione dei giovani...». ...Capacità di dialogare con le civiltà sopravvenienti... «...Sì: immaginare e costruire un futuro vero, aperto ai giovani, al commercio, all’interscambio, alla cultura, all’educazione e alla sicurezza delle nuove generazioni. Solo in un Mezzogiorno così concepito, così ricomposto e riordinato, avrà senso compiuto l’impegno al riscatto di cui stiamo parlando e in cui c’è da impegnarsi - tutti, ripeto - senza rassegnazione». E lei, presidente, da dove pensa di essere più utile a questo disegno: da Napoli o da Roma? «Non è questa la questione, né il momento. Io voglio solo ripetere che le forze positive e costruttive ci sono. Che serve unità di intenti. Che c’è molto da fare, ma che si può fare». NAPOLI ASSEDIATA Mentre continua il dibattito sul manifesto contro degrado e violenza, camorra scatenata nella faida delle periferie LUIGI ROANO 07/11/04 Un morto e cinque feriti di cui due gravi (tutti incensurati) è il bilancio di una sparatoria avvenuta a Secondigliano, periferia nord di Napoli. La notizia è arrivata mentre il dibattito innescato dal ministro per l’Interno Giuseppe Pisanu: «Non rassegnatevi, napoletani salvate la città perché le sole forze dell’ordine non ce la possono fare contro la criminalità» è in pieno svolgimento. Quasi una sfida a chi cerca di reagire e, appunto, a non rassegnarsi. La vittima, appena 25 anni si chiamava Antonio Landieri, portatore di handicap (aveva alcune difficoltà motorie). I feriti sono Mario Mangiacapra 18 anni, Giovanni De Rosa 25, Salvatore Engheben 18, Vincenzo Trombetta 18 e Antonio Mangiacapra di 27 anni. Tutti incensurati. L’agguato ai giovani, mentre giocavano con un biliardino in via Labriola: un inferno di fuoco. Secondo una prima ricostruzione dei fatti, a sparare sarebbe stata una sola arma. Sull’asfalto sono stati rinvenuti almeno 16 bossoli. Ancora non si sa se i killer, quasi certamente due, siano arrivati a bordo in un’auto o di una moto. Due le ipotesi per una prima ricostruzione dei fatti: vendetta nella faida tra i clan o guerra per lo spaccio di droga. Un episodio gravissimo che, si diceva, si

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verifica nel giorno in cui le sollecitazioni del ministro sono state raccolte dal sindaco mentre la città si è divisa perché in tanti chiedono oltre alla mobilitazione delle coscienze anche più uomini e mezzi. E quanto accaduto ieri sera diventa fatalmente un argomento a favore di questi ultimi. Non violenza e legalità, da sole non sembrano bastare. Cosa che ha sottolineato la stessa Iervolino: «La spinta civica può aiutare la città, ma Napoli non deve diventare solo un mostro da mettere in prima pagina. C’è un problema di presidio del territorio, ma bisogna lavorare sul sociale». Giuseppe Lumia, parlamentare dei Ds e membro della Commissione Antimafia, che sul caso Napoli è impegnatissimo, e che proprio a Napoli ha lanciato la sua proposta poi portata al tavolo di Pisanu sull’argomento è categorico: «Non si è mai visto né pensato che per contrastare la camorra e le mafie in generale ci sia una sola ricetta. Servono invece progetti integrati, il coinvolgimento della società civile e anche interventi sociali». Poi Lumia va più sul concreto e segna una linea di demarcazione non solo con il ministro, ma anche con il sindaco: «Ci vuole più repressione e controllo del territorio, ecco perché l’intervento di Pisanu è un po’ riduttivo. Noi abbiamo proposto una forza, più uomini che per tre anni e non tre mesi insistano su Napoli». Insomma più mezzi e più risorse per mobilitare anche le coscienze. A Lumia replica l’onorevole Francesco Bianco di Forza Italia: «Il ministro Pisanu con il suo appello alla coscienza civica ha indicato la giusta via per risollevare le sorti della città. Né altri poliziotti né l’esercito servirebbero. È necessario, invece, che i cittadini collaborino con le forze dell’ordine. Ma la vera ricetta per risolvere il problema è dare lavoro ai nostri giovani». Un posto particolare in questo dibattito lo occupa la società civile che con centinaia di e.mail e fax afferma di sottoscrivere il manifesto «Salviamo Napoli», lanciato dal filosofo MASULLO dalle pagine del Mattino. All’appello ha aderito anche Guido Trombetti, rettore dell’Università Federico II, che dice sì al richiamo delle coscienze, ma sì anche a una maggiore forza di repressione. «I napoletani - spiega Trombetti - devono riprendersi la città ma per sconfiggere violenza e criminalità è necessario un lungo lavoro educativo che richiede decenni. Per questo, contemporaneamente, serve un forte controllo del territorio». Gli industriali: subito un patto per Napoli GINO GIACULLI 07/11/04 Una nuova «concertazione per la città». Un patto. Anche perché Napoli «non può continuare a vivere avvitata su se stessa», perché per la sicurezza c’è bisogno «di un piano organico e non di interventi sporadici». Parlano i rappresentanti dell’industria, dell’impresa e del commercio napoletano, per chiedere fatti, contenuti e allo stesso tempo offrendo apporti e contributi alla riflessione, dopo la proposta di un manifesto per la città, lanciata tramite Il Mattino dal filosofo Aldo Masullo. Fatti e contenuti, come ricorda Gaetano Cola, presidente della Camera di Commercio: «Stiamo puntando molto sul turismo, sulla valorizzazione del patrimonio culturale del territorio, sulla promozione delle nostre ricchezze». Allora dove sta il problema? «Serve un piano organico di sicurezza e non interventi sporadici con l’invio di agenti che poi vanno via. Vediamo in concreto se e quanti uomini e mezzi servono sul territorio» rileva Cola, che aggiunge: «In estate c’è stato un calo di turisti, ma è ovvio che sia accaduto quando per tutto l’inverno si è parlato di rifiuti abbandonati in città. Invece per lo sviluppo del turismo servono proprio sicurezza a pulizia della città. Ritengo valido questo appello alla mobilitazione, tutti dobbiamo impegnarci, far crescere il senso civico ed evidenziare quanto non va, anche per aiutare le istituzioni». Con il contributo di tutti si può mettere mano ai problemi concreti della città. Lo segnala Gianni Lettieri, presidente designato dell’Unione Industriali, che avverte: «All’appello devono seguire organizzazione e fatti, perché nel corso degli anni di appelli se ne sono fatti tanti». E quindi Lettieri rilancia: «Per risolvere i problemi della città serve un dialogo aperto tra tutte le forze sociali, professionali, istituzionali, intellettuali, insomma una nuova concertazione per la città tra la parti, che coinvolga tutte le categorie per trovare delle soluzioni. In tal senso, ben venga questa proposta». Ma che cosa possono fare per questo manifesto gli industriali? «Dobbiamo dare un apporto sul confronto delle idee e delle proposte, abbiamo un compito importante per lo sviluppo del territorio. E con le altre categorie dobbiamo essere interlocutori principali delle istituzioni per affrontare le diverse problematiche». Intanto,

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puntualizza Maurizio Maddaloni, presidente Ascom: «Non si può continuare a vivere una stagione nella quale la città sembra avvitata su se stessa, i risultati che si pensava di intravedere si allontanano. Finita l’illusione di un rinascimento, ora bisogna recuperare in termini di sicurezza e regole civili, precondizioni per poter fare impresa e creare attrattori di investimenti anche esteri, per la funzione turistica della città». Il leader dei commercianti prosegue: «Se non ci sono sicurezza, bonifica del territorio, controllo istituzionale, elementi che possano spingere gli imprenditori a intervenire, non si va da nessuna parte». Maddaloni si riferisce anche a Napoli Est e Bagnoli. E poi, quanto al modello di sviluppo, ritiene che debba essere «a vocazione terziaria e a livello metropolitano». Ma la mobilitazione intorno al manifesto può servire? «Se si stabiliscono alcune priorità: sicurezza, vivibilità, regole civili questo strumento potrebbe servire a recuperare principi e solidarietà, insomma sarebbe una stagione di impegno vero sui fatti». LA MOBILITAZIONE CONTRO IL DECLINO Si allarga il consenso all’appello di Masullo Dal rispetto delle regole alla richiesta di sicurezza GINO GIACULLI 06/11/04 Gli ostacoli maggiori? Disordine, invivibilità, servizi. E quando si va a vendere il «prodotto Napoli», ecco che arrivano i grattacapi. La città ha un problema di immagine. E serve una svolta attraverso il doppio binario delle regole civiche ma anche dei servizi efficienti, parola degli operatori del turismo. Che con la cartolina della città, con il suo biglietto da visita hanno a che vedere ogni giorno. Anche per questo raccoglie forte interesse la proposta di un MANIFESTO per la città, lanciata attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo, perché chi ogni giorno deve convincere i turisti a venire in città ha bisogno di poter mostrare una città normale. Quella che si sta realizzando con i passi avanti effettuati, secondo un pubblicitario partenopeo che a sua volta il «prodotto Napoli» deve promuoverlo. Ettore Cucari, presidente Fiavet Campania, la federazione degli agenti di viaggio e turismo, interviene a caldo dopo un vertice al Comune con oggetto proprio l’immagine di Napoli: «Quando vendo turismo, vendo immagine. Quando ci riuniamo si dice sempre: come dare un’idea di città più ordinata?» E quello che serve. Sembra ovvio, dallo stop al semaforo, al casco indossato in moto, alle carte depositate nei cestini, eppure... «Non ci si può avvilire, le regole ci sono e vanno fatte rispettare un po’ alla volta - insiste Cucari - è questo il primo obiettivo, partire dal quotidiano altrimenti non si comincerà mai. Scippi e furti? Ci sono in ogni città. Anni fa inzianmmo un percorso con ”Napoli porte aperte”, perché non riprovare adesso rispettando regole minime, non con repressione ma attraverso l’educazione? Il turismo è la prima risorsa per il lavoro: sono favorevole all’iniziativa di mobilitazione per trovare una soluzione a queste problematiche». Il turismo si basa sull’immagine e questa è fondamentale per il «prodotto Napoli». Pasquale Gentile, il presidente degli albergatori partenopei, spiega: «Migliorare la nostra immagine contribuisce al rilancio della città e fa bene al turismo». Ma dopo la riflessione c’è la richiesta forte: «Napoli - insiste Gentile - deve migliorare i suoi servizi in generale, e soprattutto fare passi avanti per i trasporti, la pulizia, la sicurezza, la vivibilità: sono tutti elementi che contribuiscono alla qualità del vivere civile. Siamo interessati a che la riflessione del filosofo Masullo vada avanti, tutti devono poter contribuire al miglioramento cittadino». I passi avanti? Si vedono anche nel centro storico, a giudizio di un pubblicitario napoletano. Che è favorevole all’appello alla mobilitazione per la città e che individua poi alcuni temi sui quali punterebbe per promuovere Napoli all’estero, elementi potrebbero stuzzicare l’attenzione delle comitive di turisti stranieri. «Naturalmente si può migliorare - premette Elio De Rosa manager di Cosmofilm spa e di Museo aperto Napoli spa - ma in centro ci sono meno scorribande di moto, è stata sistemata una fermata del bus turistico. Vedo una Napoli in espansione, viva e non appannata, pur se con tutti i problemi delle grandi metropoli». Ma allora su cosa punterebbe per promuovere la nostra città all’estero? «Per esempio sulla filiera enogastronomica - spiega il pubblicitario - ma anche sull’artigianato artistico, il teatro, l’arte e il centro storico. A Napoli la svolta c’è, si veda la metropolitana che potrebbe essere proprio uno dei richiami per pubblicizzare la città all’estero, oppure quanto è stato fatto per l’aeroporto».

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LE NUOVE ADESIONI 06/11/04 Coinvolgere, unire chi vuole davvero il cambiamento della città. Un proposito reso esplicito in tanti dei moltissimi messaggi arrivati con fax o con e-mail per condividere la proposta di un MANIFESTO per Napoli. Una mobilitazione cittadina che diviene di giorno in giorno sempre più trasversale. Scendono in campo Geppino Fiorenza e don Tonino Palmese, referenti regionali di «Libera», e rilanciano sull’iniziativa proponendo che «il MANIFESTO Salviamo Napoli - una volta redatto - sia fatto circolare in tutte le scuole di ogni ordine e grado, tra i docenti e gli studenti, per raccogliere delle adesioni e delle proposte operative». Porte aperte nelle classi a scrittori e intellettuali organizzato in gruppi di discussione, insistono Fiorenza e don Palmese «per confrontarsi e discutere». E la proposta continua a riscuotere consensi nel mondo universitario, con le adesioni di Antonio V. Nazzaro, preside di Lettere della Federico II, di Gennaro Volpicelli, ordinario di Impianti chimici alla Federico II, che auspica una «Napoli più vivibile e solidale, ligia al rispetto delle regole», di Vincenzo Zappia, ordinario di Biochimica della Seconda Università, Alfonso Santosuosso docente di Progetto di strutture della Federico II, Adriana Oliva, ordinario di Biochimica della Seconda Università, Francesco Burlin dell’Università di Foggia. Altri sì al MANIFESTO per la città arrivano inoltre dall’editore Ciro Pollice, dall’architetto Vincenzo Ciruzzi, dall’insegnante Valeria Ricci Malva, da Olivia Rickler, geriatra, Domenico Capone, ingegnere, e quindi ancora da Rossella Paliotto, presidente dei giovani industriali napoletani che sottolinea proprio come sia importante coinvolgere tutti coloro che esprimono volontà di cambiamento «vitale per la sopravvivenza della nostra città», mentre Giovanni Canestrelli, coordinatore regionale del 118 invita: «Impegniamoci tutti a rispettare le regole», e ancora un’adesione al MANIFESTO viene dall’associazione culturale «Arch’è». Gennaro Corsicato, vice presidente dell’Ucid (Unione cattolica imprenditori e dirigenti) di Napoli, motiva la sua adesione perché ritiene che il coinvolgimento di tutte le risorse umane della nostra città, dal cittadino al dirigente, sia in sintonia con le iniziative intraprese dall’associazione». Tanti i commenti che parlano di mobilitazione per la vivibilità, di senso civico da dovere recuperare, ma anche di certezza delle pene. Così nel messaggio Arnaldo Miele, si dà l’ok all’iniziativa «nella speranza di una svolta che inizi a restituire vivibilità nella nostra città». Ma tanti sono anche i pensieri che danno già il senso di un’appertenenza, come quello di Giuseppe Festinese che scrive: «In questo momento è necessario essere talmente tanto numerosi da non poter consentire né conte né sconti». Mentre altre considerazioni di consenso arrivano da Stefania Posteraro, Isotta Burlin, Riccardo Imperiali, Domenico Capone, da Rosa Lefons e Nicola Carbone che sottolineano che le bellezze culturali e artistiche della città «perdono certamente il loro valore se maltrattate e trascurate dai loro in primis dai loro padroni di casa (i napoletani)» ed ancora da Alfonso Bullone, Vincenza Broccio, Giovanni Battista Esposito, Antimo Aurola, Maurizio del Giudice, Sergio Amitrano, Rosalba Sarcina che ricorda «questa città non può e non deve essere bersaglio quotidiano di scene di microcriminalità». RIPARTIRE DALLE AULE DI SCUOLA GINO GIACULLI 05/11/04 Ripartire dalle aule di scuola. Parlando di più proprio di senso civico. L’appello lanciato dal filosofo Aldo MASULLO attraverso «Il Mattino» di un manifesto per la città raccoglie nuovo consenso. Dal direttore scolastico ai presidi parte una proposta ben precisa: discutere insieme alunni e famiglie del rispetto delle regole di convivenza civica nella società. Mentre c’è chi suggerisce di aprire un dibattito dentro gli istituti. Intanto, il presidente della Provincia Dino Di Palma, guarda «con grande attenzione al dibattito aperto da MASULLO e sviluppatosi sulle pagine del Mattino. Il dibattito deve svilupparsi per tutto il territorio della provincia: il rispetto

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delle regole deve essere al centro del lavoro che tutti devono fare». Alberto Bottino, il direttore scolastico regionale, spiega che: «Qualunque iniziativa per risvegliare le coscienze, per la cittadinanza attiva che sia pro e non contro qualcuno, non può che ricevere partecipazione e coinvolgimento, in questo senso plaudo all’iniziativa». Il direttore sottolinea che da tempo ha avviato degli incontri e dei progetti speciali, ad esempio d’intesa con i carabinieri, per la formazione alla cultura della legalità. Ora Bottino lancia un’altra proposta: «Creare dei momenti di colloquio con le famiglie e gli alunni sul concetto del rispetto delle regole civiche, invitando i genitori agli incontri formativi nella scuola, e poi creare sempre più le condizioni perché il giovane, imparando, traduca i concetti in termini di atteggiamenti in famiglia e la famiglia a sua volta li riprenda da lui». Così che accada sempre meno, per fare un esempio, che un ragazzino salga in auto e veda il padre che non allaccia la cintura di sicurezza. E insieme con la mobilitazione cresce anche l’interesse sulla proposta del manifesto per Napoli. Vincenzo Ciotola, presidente campano dell’associazione nazionale dirigenti scolastici, rileva: «È ineludibile la necessità di rifondare il senso civico. I giovani sono quelli su cui bisogna lavorare per venirne fuori e la scuola è in prima linea in questo impegno, è specchio delle società e deve prevenire. Realizziamo già tante iniziative ma, certo, i tempi di ritorno non sono a breve scadenza». In ogni caso accanto alla scuola, rileva Ciotola: «Serve una forte e univoca presenza delle istituzioni. Perché se in classe si parla di indossare il casco sulla moto e poi si esce di scuola e si vede chi le guida senza, come la mettiamo? Perciò penso che possa essere utile aumentare nelle classi l’attenzione sulla necessità che la società rispetti maggiormente le regole civiche di convivenza, discutendone di più». Confronto nelle classi sui temi del senso civico. È d’accordo Dioniso Malandrino, ricercatore dell’Irre (Istituto regionale ricerche educative), che definisce il manifesto «iniziativa ottima. Bisogna abituarci al rispetto delle regole a partire dalla comunità scolastica e gli enti locali non devono restare disattenti alle necessità minime delle scuole: se vogliamo rispetto, bisogna rispettare». Malandrino spiega: «Sono stato per 12 anni preside a Ponticelli, le regole le rispettavano tutti anche perché io per primo le rispettavo. È fondamentale che negli istituti si apra un dibattito per ribadire come il rispetto delle regole civili significhi anche crescere in democrazia». Domande precise arrivano dagli alunni. Ad esempio da quelli di alcune classi del 13° circolo didattico che con le insegnati Valeria Scotti, Antonella Saracino, Anna D’Errico, Ilaria Palumbo, Teresa Cuccurullo, Luciana Lombardi, e ricordando il commento di Paolo Siani, scrivono «ogni giorno parliamo di regole, amicizia, fratellanza, pace. Vogliamo che la città sia vivibile, cosa possiamo fare di concreto perché torni il senso civico a Napoli»? Necessario contaminare i quartieri Antonio Pascale 05/11/04 Però, questa visione non causava un effetto di resistenza, anzi, alimentavano comportamenti patologici. In fin dei conti, le propaggini oscure di Napoli sono cresciute servendosi di questa (consolante) patologia. Napoli non è mai stata una capitale morale, non lo è stata neppure per sbaglio, dunque perché dovrebbero esserlo le sue propaggini? La morale è solo una forma di cultura che richiede un prolungato acuto, tormentato esame di coscienza. Richiede quindi uno stile adatto, pensare e raccontare Napoli senza essere complici dei suoi vizi (La Capria), altrimenti ci avviciniamo al marcio e invece di ripulire finisce che puzziamo anche noi. Invece, a Napoli come in una partitura post moderna, abbiamo pensato che tutto è possibile e che non vale dare giudizi. Napoli non vuole conoscersi, preferisce rappresentarsi come blocco compatto, bello o brutto che sia. E invece, Napoli è una città scoppiata, dove ognuno spinge da solo o con il suo gruppo contro il vetro e, in fondo, il movimento piace. Piccole inerzie rovinano l'andamento collettivo, si vive in una città dove i quartieri (e le persone) non comunicano, non si intersecano se non per accidentali e furbe occasioni. Il Vomero non è Fuorigrotta, Secondigliano non ha niente a che fare con i Quartieri Spagnoli. Ma ai napoletani piace rappresentarsi come napoletani a patto che non gli chiedete cosa fa il napoletano affianco. Perché quello affianco è solo un territorio da ignorare o al massimo da conquistare. La parola comune a Napoli (e nelle sue propaggini) non ha senso, la disprezziamo un po'. Eppure

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sarebbe interessante (come chiede con il suo appello a sottoscrivere un MANIFESTO per la città il professor Masullo) avviare politiche di inclusione: inclusione (alla vita del quartiere), partecipazione (al bene comune) e responsabilizzazione (perché si capisce dove ricadono i miei comportamenti). Non so se è un buon motto. Eppure, quando queste politiche (per adesso legate al volontariato) ci sono, diventano un serio fattore di forza. In una casa famiglia della Sanità, gli ex tossici devono imparare non solo a disintossicarsi ma a stare nel quartiere dove sono nati. Non vale andare fuori, stare lontano dal giro e smettere con la droga, bisogna stare nel quartiere, frequentare le stesse persone, subire le stesse tentazioni e a queste non cedere. Non puoi annullare quello che sei, puoi solo responsabilmente liberarti adottando un altro stile. Molti si sono liberati e liberatisi hanno cambiato il proprio modo di stare in quel quartiere. Adesso sono un esempio anche per chi non vive alla Sanità. E diventano una buona ragione per passare da Napoli. La questione intellettuale La proposta di Aldo Masullo è interessante, ma denuncia preoccupante autoreferenzialità di Agostino Saselle* 5-11-2004 La proposta del professor Aldo Masullo lanciata agli intellettuali di Napoli, ovvero quella di elaborare un manifesto a favore della città, onde evitarne il declino, è interessante per 2 motivi. Il primo: finalmente si sta dimostrando che non tutti gli intellettuali sono sempre proni al potente di turno, e questo è un bene (e conoscendo il filosofo Masullo, non nutrivamo dubbi). Il secondo: all'interno della sinistra ex comunista sta maturando una vera e propria rivolta contro la cosiddetta “cultura” del centralismo bassoliniano, declamata a grande voce persino da autorevoli professori universitari di Napoli. La curiosità di questo fenomeno sta nel prendere coscienza che tutta questa discussione, tesi, antitesi e sintesi, nasce, si sviluppa e progredisce solo all'interno del mondo culturale ex marxista. Si ha la sensazione che gli altri stiano a guardare. Questi, che io definisco gli altri, sono costretti a commentare i pensieri di provenienza ex comunista o spesso stanno in silenzio. La domanda viene spontanea: ma cosa è successo di tanto grave in questa città da avere provocato lo spegnimento di troppe luci di pensiero critico e multiculturale? Mai si era assistito ad un assopimento cosi totale dell'esercizio della coscienza critica. E chi è l'intellettuale se non colui che ha la sfrontatezza ed il coraggio di esercitare, con competenza, il suo libero pensiero? Quindi al professor Masullo vorrei chiedere: ma esistono davvero, a Napoli, questi intellettuali che lui invoca? Esistono e nell'immaginario collettivo gli intellettuali sono percepita come gente simpatica, parlano bene, vivono nella parte ricca e prestigiosa della città, viaggiano molto per autoridursi il disagio di vivere a Napoli, hanno i figli in carriera, si sposano fra loro (forse per mantenere pura la casta). Eppure essi presentano un vizio grave: non vivono tra la gente semplice, umile, cioè non conoscono minimamente il mondo che vorrebbero rappresentare. Il professor Massullo mi perdonerà davanti a “questo” ceto intellettuale un improvviso accesso di rabbia “populista”, ma ritengo che a differenza di tanti intellettuali, il popolo, sacro o bue, dipende dai punti di vista, è cosciente che da anni questa città è finita nelle mani di un ceto dirigente incapace, strafottente ed egoista. Non se ne impipa di Bassolino, Iervolino, Martusciello ed altri. Ha capito bene che sinistra e destra sono solo parole senza senso. Gli unici soggetti collettivi ad avere le idee chiare sono i camorristi, che hanno percepito la debolezza del sistema e stanno spadroneggiando alla grande, ed i figli del popolo, che devono sopravvivere in un mondo senza lavoro, senza prospettive di occupazione e, contestualmente devono sottrarsi alla morsa de fascino del guadagno facile proposta dalla camorra stessa. Questi ragazzi ed i loro padri e madri sono i veri eroi della nostra città. Sono uomini e donne

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senza nome e senza volto. Rappresentano la coscienza vera di Napoli. Ogni giorno, con i loro sacrifici ci ricordano dove sta la giusta strada e la perseguono con convinzione e sofferenza. Se gli intellettuali avessero avuto la pazienza di conoscerli ed ascoltarli, avrebbero saputo da tempo cosa fare e cosa dire. Mi perdoni, professor Masullo. E comunque, sia detto a suo merito: meglio tardi che mai. È necessaria una politica che decida Emma Giammattei 04/11/2004 Sbaglierò, ma mi piace pensare che esista un nesso fra il grido di dolore lanciato da Aldo MASULLO sul Mattino dinanzi alla immane emergenza napoletana e la sua recentissima intensa partecipazione al seminario su «Etica e politica. Per un nuovo patto di cittadinanza», organizzato a Castellammare dall'associazione «Città Libera», e al quale sono intervenuti anche Amato Lamberti Elena Coccia ed Ersilia Salvato. Il suo discorso, intanto, ha avuto un accoglimento profondo, finanche emotivo, fra i cittadini (tantissimi) presenti, perché di un argomento che poteva essere trattato in modo astratto - cioè la completa derubricazione della morale individuale e civica dall'idea di polis - il filosofo ha invece sviluppato le implicazioni concrete, puntuali, vorrei dire quotidiane, innanzi tutto sullo stato dell'amministrazione di una città. La necessità di continuamente e faticosamente mediare fra posizioni e proposte non disinteressate, il privilegio attribuito alla politica degli accordi, distrae infatti l'amministratore proprio dal suo tema essenziale, cioè dalla sostanza bruciante dei problemi reali, dal traffico alla criminalità. Il suo appello mi trova perciò consenziente - «Preferisco di sì» per citare alla rovescia il motto dello scrivano Bartleby - consapevole come sono, che lo sfilacciamento ulteriore del tessuto civile, l'indebolimento e la perdita di una quale che sia parola d'ordine comune, a cominciare dalla piccolissima regola etico-estetica del "pare brutto", debba ormai sollecitare nuovi modi di partecipazione della cosiddetta società civile, e quindi anche dei cosiddetti intellettuali. (Diceva Gramsci che tutti siamo intellettuali: in questo largo ambito, come MASULLO anch'io preferisco per me la definizione specifica di studiosa; mentre molti intellettuali non sono, o non sono più, studiosi). Ho notato però che lo stesso MASULLO considera il momento dell'appello soltanto propedeutico, diciamo pure un necessario apparecchio rituale, in quanto tale «a rischio» di sterilità fattuale. «Forza, anche noi scienziati allo scoperto» GIUSEPPE CRIMALDI 04/11/04 «Rintanarsi nel bunker mentre fuori divampa la guerra equivale a fuggire davanti al nemico. La speranza di riscattare l’immagine di Napoli dal degrado non si alimenta asserragliandosi in un fortino: è ora che la società civile esca allo scoperto per costruire il rinnovamento». Il professor Marco Salvatore - direttore del dipartimento di Scienze biomorfologiche e funzionali della Federico II - accetta la sfida lanciata dal filosofo Aldo Masullo. «Trovo condivisibile l’appello del filosofo - aggiunge - e vorrei soffermarmi su un aspetto importante: i giovani, sui quali bisogna investire». Inevitabile che il discorso scivoli sulla rete dei centri di eccellenza della ricerca, un serbatoio da custodire e coltivare con cura. «Possiamo ancora contare su una percentuale di giovani che, nel campo della ricerca scientifica, sono tra i più promettenti nel panorama nazionale - aggiunge Salvatore - Purtroppo, però, spesso il lavoro di questi ragazzi è destinato a restare nell’ombra. Mi piacerebbe che nella stesura del ”manifesto” ci fosse un riferimento a tutto questo. L’iniziativa è da sottoscrivere: vale la pena di crederci. E di provare a sperare in un cambiamento, magari senza soffermarsi sui massimi sistemi, preferendo cominciare a metter mano dalle piccole cose». Sul punto interviene anche il direttore del dipartimento di Chirurgia della Fondazione Pascale, il professore Nicola Mozzillo. «A Napoli - sostiene - abbiamo tante eccellenze nel settore scientifico e sanitario. Purtroppo, tutta una serie di motivi impediscono la giusta visibilità di questi ”cervelli”, facendo finire il loro lavoro in un cono

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d’ombra». Mozzillo ricorda anche la propria esperienza personale, quando da giovane laureato andò a specializzarsi oltreoceano. «Negli anni ’70 - spiega - New York era una città che faceva paura, c’era gente che usciva in macchina anche solo per comprare le sigarette. Poi arrivò Giuliani, con la cura della ”tolleranza zero”: che non significava certo libertà di sparare a vista, ma creare una rete di solidarietà condivisa nella quale le istituzioni erano ben presenti. la cura funzionò, e pian piano la gente riacquistò fiducia e riprese a uscire di casa senza terrore. Anche qui è indispensabile una svolta». Mozzillo è anche convinto che - in questo tragico gioco delle parti - nessuno possa essere assolto: «Purtroppo nemmeno quel ceto professionale sano e produttivo che, adeguandosi in qualche modo al concetto di illegalità diffusa che è costretto a subire, ne diventa spesso complice». Concorda Franco Landolfo, presidente dell’Ordine degli Avvocati di Napoli: «Mettere la testa sotto la sabbia non giova a nessuno - dice - E la voglia di normalità deve partire proprio dal mondo delle professioni. Per questo aderisco all’appello del Mattino e del professor Masullo». C’è un’altra voce importante che affida al nostro giornale la sua riflessione: è quella del direttore dell’Osservatorio Astronomico di Capodimonte. il professore Massimo Capaccioli: «Condivido l’iniziativa lanciata dal Mattino - dichiara - Napoli è come un malato grave che va operato d’urgenza; e come tutti i malati gravi, nell’intervenire occorre stabilire delle priorità. È tempo di passare dalle proposte ai fatti, e sono convinto che in questa fase sia necessaria quell’onestà intellettuale che un uomo come Aldo MASULLO è in grado do garantire». L’analisi di Capaccioli va dritta al cuore del problema. «Purtroppo - conclude - c’è una parte di città molto estesa che si è seduta e sembra incapace di reagire. nessuno è immune da colpe: anche io, a lungo andare, mi sono adeguato a non rispettare le regole, a passare col rosso. Invece dobbiamo imparare a fermarci col rosso in piena notte, e magari anche se ci troviamo nel cuore del Sahara». Contro il degrado e per una rinnovata qualità della vita GIUSEPPE CRIMALDI 03/11/2004 Quello che può sembrare solo uno slogan è in realtà una volontà condivisa e, sicuramente, molto più che un semplice sogno. Tocca adesso farlo diventare un obiettivo. Ne sono convinti - oltre alle centinaia di napoletani che continuano a spedire al Mattino le adesioni alla proposta di un manifesto per la rinascita della città - anche i principali rappresentanti sindacali napoletani: da Michele Gravano, segretario regionale della Cgil, ad Anna Rea, segretario regionale della Uil, ad Alfonso Amendola, segretario generale Cisl per la provincia di Napoli. Un denominatore comune per i tre sindacati: l’efficienza dei servizi pubblici, il funzionamento della macchina amministrativa per attirare investinmenti e far decollare lo sviluppo. «La città e la provincia - sostiene Gravano - vivono una fase di difficoltà indubbia. Il risveglio delle coscienze, da parte degli intellettuali ma anche di tanta tanta gente comune, è un fatto assolutamente positivo. I nodi da sciogliere sono tanti: da quelli di una legalità che va ripristinata a quelli della normalità della vita quotidiana, alle politiche di sviluppo e sicurezza del lavoro. Bisogna rimuovere quei fattori che ostacolano lo sviluppo e allontanano importanti opportunità di lavoro». La Cgil è pronta a fare la propria parte. «Ci muoveremo - conclude Gravano - e porteremo il nostro contributo al ”manifesto” formulando proposte concrete». Dalle parole del rappresentante della Cgil emerge anche la necessità fatta di proposte per uscire «dalle difficoltà di carattere economico, sociale e morale che vive la città metropolitana». Altra adesione, quella del segretario Uil Anna Rea: «Ciò che più di ogni altra cosa ci induce a parlare di degrado - spiega - è, assieme ad una indiscussa ripresa della malavita organizzata, il ritorno a una pratica quasi generalizzata di “illegalità diffusa” in cui molti, impunemente, impongono la loro arroganza e le loro prepotenze; il resto dei cittadini, la maggioranza, si rinchiude sempre di più in una spirale di odio represso, di rassegnazione impotente e di disprezzo palese per l’ambiente che li circonda. In queste condizioni viene meno il senso civico, l’“appartenenza”, il sentirsi parte di una città del suo progetto di vita e di sviluppo; è questa la china che abbiamo il dovere di fermare facendo, come già è stato detto, ognuno la sua parte». Anna Rea è convinta che «la pratica dell’illegalità e dell’insicurezza del lavoro sono il segnale evidente di uno sviluppo carente, di un indebolimento degli spazi di libertà e di democrazia»; e auspica che «tutti contribuiscano alla rinascita di questa regione, ridando un senso al modo di “sentirsi

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napoletani”». Sulla necessità di una «mobilitazione collettiva» insiste molto anche Alfonso Amendola. «L’appello lanciato dal Mattino con il professor Aldo MASULLO - commenta il segretario Cisl - cade in un momento quanto mai propizio; credo sia giunto il momento che tutte le forze sane della società civile napoletana concorrano affinché ognuno faccia la propria parte. Ben venga il manifesto con i contenuti per un effettivo rilancio: e ben vengano le adesioni e le proposte, che sono il sintomo di una importante partecipazione democratica». Per Amendola, infatti, bisogna dire definitivamente addio alla fase di sterile protesta, per passare ad un momento di costruzione vera. «Ecco perché - conclude - in questo momento è indispensabile partecipare, dicendo per sempre addio alle critiche sterili e facendo proprio il dovere civico di proporre. Questo è un dovere di tutti: perché indignarsi non basta più». Contro il degrado. E per una nuova qualità della vita. Ingegneri, avvocati e frati: ce la faremo 03/11/04 No al degrado e no alle fughe. Sì, invece, alla collaborazione per la rinascita di Napoli. Sale ancora di più la mobilitazione dopo la proposta di un manifesto per la città, lanciata attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo. E anche ieri sono state tantissime le adesioni all’iniziativa pervenute. Firme in calce a offerte di impegno concreto. Dalla Colonnese Editore, Edgar Colonnese annuncia l’adesione rilevando che «gli ostacoli al progresso sociale e culturale della città possono essere rimossi esclusivamente con una forte mobilitazione civile». Un frate domenicano, padre Gabriele Trotta, plaude all’iniziativa «per dare a Napoli un volto che merita di vivibilità, di educazione civile. È da tempo sto sognando una realtà nuova per la cara Napoli». Dice sì all’iniziativa Raffaele Ateniese, direttore generale della Asl Salerno 2, perché «la città ha bisogno di una rinnovata stagione di impegno forte delle istituzioni», adesione anche da Antonietta Sannino direttore del Consorzio Unicocampania, mentre il libraio Paolo Pisanti invita al rispetto delle regole del vivere civile. Tante le firme di sostegno, tra le quali quelle di Valeria Ferrara, Valentina Visconti, Stefano Napolitano che sottolinea di essere un «non fujuto», Giuseppe Mollica, Sabino Genovese, Antonio Thomas, Giovanni D’Emilio, Alicia Arcucci, Giorgio e Fabrizio Faiella, Giuliana Urga, Myriam e Rossella Galletti, Gennaro Crede, Enrico Di Giulio Cesare, Antonio Esposito, Pasquale, Rosario, Valentina e Monica Lucchese, Teresa Giuliano, Paolo Marzaiolo, Leda Bellizzi, Carlo Ippolito, Francesco Tarallo, Angelo Fratantonio, Antonio Parente, Carlo, Mario e Ilaria Iacone, Tina Trodella Iacone, Angelica Parisi, Caterina D’Ettore, Salvatore Parisi, Gennaro Carone, Angelina Romano, Remo Casella, Renata Petti, ed ancora l’intero Comitato civico Santa Maria di Portosalvo guidato dal presidente Antonio Pariante, il Collegio provinciale dei periti industriali e periti industriali laureati con il presidente Maurizio Sansone e il consigliere segretario Francesco De Simone, e poi Enzo Vitiello, presidente dell’Unione nazionale consumatori di Napoli e Campania, i professori Lello e Anna Maria De Luca, mentre alla firma di Ciro Burattino non corrisponde la carica di governatore del distretto 108-YA dei Lions, né c’è un mandato dall’effettivo governatore, Roberto Scerbo, all’adesione. Ma una nuova moltitudine di sì alla proposta di MASULLO arriva dal mondo delle professioni, con gli avvocati: Giuliano Buccino Grimaldi, Marcello Lala, Antonio Russo, Giuseppe Perrone Capano, Pietro Gaeta; gli ingegneri: Paolo Iandolo, che spiega «avrei avuto occasione di trovare lavoro fuori e di scappare via come hanno fatto molti, ma sono innamorato della città in cui vivo», Raffaele Catapano che annuncia proposte anti degrado, Alessandro Montella, Pasquale Costa, Roberto de Rosa. Atri ok dall’architetto Bruno Pompameo, dall’oculista Paola Balestrieri, dalla psicopedagogista Carmela De Santo, da Francesca Tolve del Cnr e da Agata Gambacorta del Cnr. Larga è la risposta alla mobilitazione per Napoli che arriva anche dal mondo accademico e dell’insegnamento, con Guido Rossi, presidente del Polo delle Scienze e delle Tecnologie alla Federico II, Giovanni Persico, ordinario di Chirurgia generale, Patrizia Milone, professoressa di lettere, Carmelindo Tranfa, professore associato di Malattie dell’apparato respiratorio della Seconda Università, Rita Librandi preside di Lettere e Filosofia dell’Università di Basilicata, Giancarlo Valletta, professore emerito della Federico II, Giovanni Maglio professore del Dipartimento di Chimica della Federico II, Luciano Di Fraia docente di Illuminotecnica a Ingegneria, Alberto Fontanella Solimena, ingegnere e

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docente di Matematica all’Elena di Savoia, Aniello Margiotta, docente di Chimica all’Iti F.Giordani. Nel nome dell’offerta di disponibilità, la proposta del filosofo MASULLO si fa strada ancora nel mondo imprenditoriale con le adesioni di Rosario Giudice, Genni Guarino Guarra, del presidente dell’antico Borgo Orefici Roberto de Laurentiiis che annuncia disponibilità «per qualsiasi iniziativa che possa dare ”forza”». Napoli si salva se partiamo dai bambini 02/11/2004 Paolo Siani Rispondo e aderisco volentieri all’appello del filosofo Aldo MASULLO «Salviamo Napoli». Si, salviamo Napoli con le idee e anche con i progetti, progetti concreti, credibili, realizzabili anche a bassa soglia. Salviamo Napoli a partire dai suoi bambini come scrive Guido Trombetti. È lì che bisogna lanciare la sfida, è necessario offrire possibilità, fornire opportunità ai nostri bambini, anche prima della scuola elementare. È noto, ed è stato dimostrato anche da ricerche scientifiche condotte da pediatri sia a Napoli che in altre parti del mondo, che un bambino che nasce in una famiglia con un disagio psicosociale (e a Napoli non sono poche) ha scarse chance di cambiare il proprio destino. «Fase drammatica, sì al manifesto per la città» GIUSEPPE CRIMALDI 02/11/04 «La mobilitazione delle coscienze rappresenta sempre un fatto estremamente positivo. Di più: diventa uno stimolo a migliorare le cose e uno sprone per chiedere un maggiore impegno di tutte le forze sane di questa città - che ci sono e non sono poche - per arrestare il degrado di Napoli». Il procuratore generale Vincenzo Galgano giudica positivamente l’iniziativa del manifesto proposto dal filosofo Aldo Masullo. «Anche in un momento di profonda tristezza come questo - prosegue il Pg - proprio mentre siamo costretti a piangere l’ennesima giovane vittima della violenza metropolitana, è giusto incoraggiare la mobilitazione di tutte le componenti sane della società napoletana». Evidente il riferimento dell’alto magistrato alla tragedia di via Mariano Semmola, nella quale ha perso la vita Antonio Guerriero, 19 anni. Ancora una voce importante: quella del prefetto Renato Profili. «Quella proposta da MASULLO - dice - è un’ottima iniziativa. Siamo tutti profondamente amareggiati da quanto sta accadendo nella nostra città, dove troppo spesso vincono la prepotenza e l’arroganza; e dove purtroppo viene a mancare altrettanto spesso il senso civico. Da questo punto di vista credo che l’iniziativa di un manifesto che punti a rilanciare la qualità complessiva della vita possa servire anche ad alimentare il senso civico di tutti i cittadini di Napoli». A sette giorni dalla proposta lanciata da Aldo MASULLO si comincia a parlare di contenuti: di idee che dovranno dare corpo al manifesto. Da parte sua, il filosofo continua a lavorare ad una prima stesura del programma; e già prima del 18 novembre - data indicata dallo stesso MASULLO come prima tappa ufficiale verso un’assise cittadina aperta a tutte le forze sociali e culturali che hanno garantito un’adesione - potrebbe partire anche un giro di consultazioni. «Sto lavorando sui contenuti - si limita a dire MASULLO - Tenendo ovviamente conto di tutti i contributi finora giunti attraverso il Mattino». I contributi, dunque. In questa settimana tutte le persone che hanno aderito alla proposta di MASULLO non si sono limitate a spedire una mail o un fax con nome e cognome. C’è una gran voglia di partecipare le proprie proposte, di veicolare idee e progetti. Anche ieri sono giunte in redazione significative prese di posizione. «Su 300 firme raccolte - ragiona Sandra Cioffi, componente del Comitato nazionale imprenditoria femminile - noto che purtroppo solo il 15 per cento appartengono a donne; sarebbe invece opportuna una maggiore adesione femminile, in quanto il ”manifesto per Napoli” rappresenta un’iniziativa positiva, un’occasione da cogliere che sarà sempre più incisiva nella misura in cui saranno presenti le varie componenti della società, e quindi anche più donne». Un invito a coinvolgere «gli operatori della scuola, ciascuna istituzione, oltre che naturalmente gli intellettuali» viene da Ciro Di Francia, componente del Consiglio nazionale Pubblica Istruzione e segretario

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regionale della Cisl Campania. Precisa invece di non aver inteso aderire all’elenco di chi sottoscrive la proposta di manifesto Tullio Grimaldi, che pure era intervenuto nel dibattito. «Non disapprovo in genere non sono portato a firmare appelli. Non disapprovo chi l’ha proposto e chi vi ha aderito (persone nobilissime, con intenti nobilissimi) - scrive - ma ritengo per parte mia che non sia questa la strada per migliorare le cose». Assise a singhiozzo di Giacomo Tardone 02/11/04 Caro direttore, non riesco a non ripensare in questi giorni a Croce e a Spriano, a “Il resto di niente”, che regalo agli amici non napoletani per presentare la città, non molto mutata dalla fallita rivoluzione del 1799. Quando nel ’91 partecipai attivamente all’Assise di Palazzo Marigliano ricordo che il successo di allora dipese da due grandi fattori: l’identificazione di un obiettivo facilmente individuabile e largamente condiviso, la protezione di Bagnoli da un milione di metri cubi di cemento, e la forza morale e civile di Gerardo Marotta, intorno a cui si coagularono persone come l’architetto Aldo Iannello, oltre al filosofo Aldo Masullo e a tanti altri che trovarono utile militare in quel modo di far politica più legato alla società civile che ai partiti. Quegli eventi erano prodromi degli accadimenti futuri, scanditi da un muro fisico caduto a Berlino e dal muro ideologico caduto in Italia. Non posso non ricordare il peso positivo che ebbe allora l’impegno e la preparazione tecnica di Elio Vito, oggi capogruppo alla Camera di Forza Italia, in cui entrò come membro della pattuglia di radicali eletti nel ’94. Era un tempo in cui a Napoli vagavano le pattuglie di Michele Santoro e in piazza Bellini c’era Oliviero Toscani che sedeva sulla gradinata innanzi a Intra Moenia a parlare del fascino della nostra città, che si costruiva anche davanti ad un tè. Palazzo Marigliano costituì il momento fondante di quella società civile laica, liberale e socialista che una sera, chiusa nella federazione comunista di via dei Fiorentini, scoprì di avere inconsapevolmente annunciato alla stampa che il candidato sindaco alle prime elezioni innovative era il dirigente comunista Antonio Bassolino. Non uno dei vari professori o pensatori di cui si fece allora il nome, ma di un attento e severo funzionario di partito. In quel gruppo di laici si preparavano altri “giovani”, tra cui vorrei ricordare Dino Di Palma, oggi presidente della Provincia. Forse a quel tempo non era chiaro cosa sarebbe poi accaduto, ma intanto sono passati oltre dodici anni che qualcosa avrebbero dovuto insegnarci. L’Assise di allora era basata, in fondo, su un problema di urbanistica, lo stesso tema che scaldò i cuori di chi vide prima “Mani sulla città” di Rosi e che molto dopo fece sognare i napoletani con i progetti per Napoli città obliqua, mobilitando anche Bennato. Oggi invece Aldo Masullo lancia un manifesto da costruire, a cui se serve offro il mio contributo radicale, che appare stranamente appoggiato dopo mesi di vox clamantis mai raccolte dal sindaco o dal governatore. Mi dispiace, Donatone, quei tempi sono andati e il pericolo di strumentalizzazioni politiche di questa operazione sono troppo evidenti. Napoli può essere salvata ormai solo dai napoletani, di cui ancora mi fido, che devono poter però apprezzare risultati tangibili di governo, cosa difficile in un tempo in cui sembrano più frequenti pastrocchie ed accordi; tempi in cui gli accordi pacificatori mantenuti per un certo tempo con la malavita, a danno dello sviluppo, producono oggi richieste inaccettabili; tempi in cui lo sviluppo diviene difficile se non saremo in grado di attrarre investitori, portatori di sviluppo, che portano cultura, che portano coscienza, che portano educazione e civiltà. L’Assise di allora era contro il sacco della città, mandava a casa i governanti. Se questo è l’obbiettivo di oggi sarò vigile e invito alla vigilanza: l’unico vero obbiettivo possibile per salvare Napoli è un patto di solidarietà locale che non tenga fuori nessuna forza politica, e la salvezza può venire solo dal governo della città che, istituzionalmente, è prerogativa della politica. Altrimenti il risultato che otterremo sarà pari al libercolo “Raccontare la Legalità”, voluto dal Premio Napoli per i tipi di Pironti, che rappresenta solo un gran lamento contro l’illegalità, non solo cittadina, ma che non contiene alcun progetto. «Ha ragione Matino: ricreare l’appartenenza» 02/11/04

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Sette giorni fa Aldo Masullo, dalle colonne del nostro giornale, lanciava la proposta di un MANIFESTO per il rilancio dell’immagine di Napoli. La successiva campagna di adesione aperta dal Mattino ha visto la risposta di tanti napoletani, intellettuali e non. Anche ieri sono giunte nuove, importanti adesioni. Ecco l’elenco: i docenti universitari Massimo Chiariello (Cardiologia Federico II), Luigi Palmieri (Medicina legale Seconda Università), Salvatore Prisco (Diritto pubblico Federico II), Enzo De Lucia (direttore del Dipartimento di Anestesia e Rianimazione Federico II) e Gino Capozzi (Filosofia del diritto e presidente dell’Istituto europeo per i diritti dell’uomo); i giornalisti Saverio Barbati, Piero Antonio Toma e Valeria Alinovi; il musicista Carmine Sanarico, il pediatra Paolo Siani (anche a nome dell’associazione «Giancarlo Siani»); l’avvocato Alfredo De Simone con la professoressa Annalisa Varsalona; il segretario regionale della Cisl Campania, Ciro Di Francia; il pittore Paolo Napolitano, il direttore della cancelleria del Tribunale di Torre Annunziata, Alberto Rodriguez; il medico Rodolfo Tamai; il ricercatore universitario Mario Varcamonti e la bibliotecaria della Università Federico II, Stefania Castanò; l’avvocato Mario Afeltra, segretario del Consiglio dell’Ordine degli Avvocati presso il Tribunale di Torre Annunziata; lo psichiatra Giuseppe Sciaudone; il presidente dell’associazione culturale di volontariato «Ci siamo anche noi», Daniele Arrichiello; il professor Giovanni Taufer; il direttore del Centro Studi «Insieme per innovare», Giuno d’Ecclesiis; il segretario nazionale Sin.Tel-Usae, Antonio pariante; e il segretario nazionale dell’Unione Sindacati Autonomi Europei, Adamo Bonazzi; l’associazione «Napoli Tifo Sano»; Maria Laura Franchini Olivieri, del «Coordinamento Donne per Casalnuovo»; l’artista Gabriele Marino; Sandra Cioffi del Comitato nazionale imprenditoria femminile e coordinatrice della «Rete Donne e Media»; Giuliana Marino Limoncelli; Alessandro Zampaglione, Francesco Schetter, Vittorio Milone, Massimiliano Mormone, Sergio Izzo, Francesco Puca, Lorenzo Tonelli; Marco Majella, Paola Barbato, Toni e Francesca Sirabella. Numerosi gli spunti di riflessione offerti anche da queste ultime adesioni. «L’articolo del reverendo Gennaro Matino - scrive Rodolfo Tamaj - andrebbe fatto proprio da tutti i napoletani che dovrebbero ”trovare appartenenza”: amo Napoli ma non i napoletani, almeno fino a quando non avrannio ”la volontà di riproporre insieme un modo di sentire la città come casa propria”». Proposte concrete avanza il professor Massimo Chiariello, che - oltre all’emergenza sicurezza - individua tra gli obiettivi della riqualificazione i seguenti punti: «fogne che funzionino, strade manutese, rifiuti raccolti regolarmente, norme di traffico rispettate, controllo del vivere civile anche tra i ragazzi che il sabato sera occupano le vie del centro». Tra i messaggi di adesione di ieri, anche quelli di numerosi ragazzi: giovani e giovanissimi, studenti e neolaureati. Messaggi da tenere in considerazione, anche alla luce delle considerazioni svolte qualche giorno fa sul Mattino dal professor Marino Niola. Il 23enne Massimiliano Mormone stigmatizza «la rassegnazione che colpisce i napoletani» e si trasforma troppo spesso in «omertà, odio e disprezzo per l’ambiente, ma anche voglia di scappare»; Alessandro Zampaglione, 25 anni, laureato in giurisprudenza: «A mio avviso - scrive - occorre procedere due versanti paralleli: repressione e prevenzione. Lo Stato deve dare dimostrazione della propria autorità e della propria forza attraverso la certezza della pena, rincipio mai veramente applicato. Dovrebbe essere normale che un soggetto che ha commesso un reato sconti per intero la pena inflittagli. Invece, assistiamo tutti i giorni ad arresti, con conseguente giudizio per direttissima, e seguente scarcerazione; la prevenzione dovrebbe intervenire sui giovanissimi con strategie opportune, in modo da inculcare il senso dello Stato, delle istituzioni e del loro rispetto». Vittorio Milone ricorda le parole di Martin Luther King («Vi supplico di essere sempre indignati...»), mentre per Maria Laura Franchini Olivieri «è dalle piccole cose che si deve iniziare» e la rinascita di Napoli è compito di tutti, e non solo degli intellettuali. Dal Trentino arriva la mail di adesione di Lorenzo Tonelli: «Sono un giovane di Trento sposato da qualche mese con una ragazza di Napoli, città dove vivo per qualche mese all’anno. Il mio grande desiderio è vedere una città più rispettosa delle regole e degli interessi comuni di chi ci vive». E Sandra Cioffi invita le donne a una mobilitazione per sottoscrivere l’appello del filosofo Masullo: «Le donne che hanno firmato il MANIFESTO sono ancora poche rispetto a quello che oggi rappresentano nella nostra città: sarebbe quindi opportuna una maggiore adesione femminile».

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Priorità del manifesto: mobilità e rifiuti GIUSEPPE CRIMALDI 01/11/04

Guardano con disagio e crescente insofferenza alla realtà che li circonda e sognano la città delle regole. In un’ipotetica classifica delle priorità da affrontare individuano almeno quattro punti: mobilità, rifiuti, sicurezza e lavoro. È la voce di quanti hanno finora aderito alla proposta di un MANIFESTO per fermare il declino di Napoli: che poi equivale a un progetto complessivo per migliorare la qualità della vita. Ovviamente tra le quasi 300 adesioni finora registrate non ci sono solo gli intellettuali; anzi si può dire che nella fase embrionale di questo progetto siano rappresentati tutti gli strati sociali e culturali della società napoletana. Ex aequo, al primo posto dei bisogni della gente ci sono la lotta alla microcriminalità e una sostanziale riqualificazione dei più elementari servizi urbani: viabilità, nettezza urbana, manutenzione di strade e marciapiedi, zone verdi. E non è un caso se - tra tutti i fax e le mail archiviate finora - la parola ricorrente sia una e una sola: degrado. Il degrado che impedisce di circolare liberamente in strada senza incappare in un blocco stradale o in un corteo; quello di strade dissestate e

prive di manutenzione. In queste condizioni - si legge in molte delle e-mail inviate in redazione - si determina un caos che riesce anche ad allontanare imprenditori e chiunque voglia investire a Napoli; di qui la proposta di puntare all’ampliamento delle isole pedonali, soprattutto nella zona del centro. In molti toccano un altro nervo scoperto: i blocchi stradali e i cortei selvaggi. «I disoccupati protestino - scrive un professionista - ma con civiltà e nel rispetto dei diritti degli altri napoletani». Mobilità nel mirino: c’è chi definisce «indecorosa la gestione della viabilità cittadina» e il «quasi inesistente contrasto alle varie forme di infrazione circolatoria»; e chi invoca una «cultura della manutenzione ordinaria del tutto assente, basta guardare le condizioni disastrose di marciapiedi e strade». Dito puntato anche contro un altro fenomeno duro da contrastare: quello dei parcheggiatori abusivi. Poi c’è l’altro incubo ricorrente: l’incolumità personale. «Rassegnarsi alla violenza significa diventarne complici», ricorda qualcuno. «Arancia meccanica? È sotto casa nostra», scrive qualcun altro. La percezione di sicurezza dei napoletani tocca livelli minimi e il pericolo resta la microcriminalità. «Vi scrivo dalla terribile trincea del centro storico, dove la giornata è scandita dalla lotta per affermare i più elemnatri diritti sociali e individuali...»; e c’è chi ammette di aver disdetto l’abbonamento al San Carlo per non doversi più imbattere, al rientro a casa, in una banda di rapinatori. «Solo una vera mobilitazione degli esponenti della cultura - sottolinea Raffaele Pallotta d’Acquapendente, presidente della Biennale del Mare - può indicare nell’onestà l’unica via per contrastare la sopraffazione, la violenza e il raggiro che, a torto, è considerato con malriposto compiacimento, espressione della ”superiore” astuzia napoletana». Di «scossa necessaria» per risollevarsi parla invece il notaio Giuseppe Di Transo. E sulla sicurezza in tanti chiedono di non dimenticare le periferie come l’intera provincia. Ancora un’emergenza evidenziata da tanta gente che ha scritto: la pulizia delle strade. Sul banco degli imputati finisce così il servizio di nettezza urbana definito «approssimativo», «carente», «disgustoso, specie agli occhi dei turisti». Piace molto poi il riferimento al coinvolgimento della generazione dei 30enni lanciato nel suo intervento sul Mattino da Marino Niola; in tal senso c’è una larga fetta di adesioni (sono soprattutto giovani ricercatori universitari, manager e neo-laureati) che sono stati costretti a «emigrare» verso sponde più accoglienti. Un disagio ben sintetizzato dalle parole di Mario Pagano, direttore editoriale della casa editrice Kaos: «In questo MANIFESTO dobbiamo credere: perché chi non è ”fujuto”, chi non scappa e chi non vuole scappare, ha bisogno di non sentirsi isolato; in caso contrario, un giorno potrebbe essere sopraffatto dall’angoscia, che ha già fatto arrendere tanti di noi».

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LA MOBILITAZIONE «SALVIAMO NAPOLI» Dopo il sindaco, in campo anche il governatore: la lotta al degrado non ha una connotazione politica GIUSEPPE CRIMALDI 31/10/04 «Le idee non vanno mai ostacolate, specialmente quando rappresentano il preludio ad un dibattito onesto e costruttivo. Seguo con attenzione la proposta del filosofo Aldo Masullo e giudico positivamente la discussione che intorno ad essa si è aperta». Antonio Bassolino non ha dubbi: e pur sottolineando che il proprio giudizio è privo di connotazioni politiche, ammette che «l’iniziativa per contrastare il fenomeno di degrado e rafforzare i tanti fatti positivo che pure ci sono a Napoli» va incoraggiata. «In questo senso sono favorevole all’appello - spiega il presidente della Regione, che ieri mattina era al Museo Nazionale per incontrare l’artista inglese Damien Hirst - e guardo con interesse alla mobilitazione che esso ha provocato. Come spesso succede, gli intellettuali hanno il fiuto giusto e riescono a interpretare in anticipo il sentire comune». Ma c’è un secondo dato di soddisfazione che emerge dalle parole del governatore: il fatto che la proposta di un «manifesto» per il rilancio di Napoli sia riuscita a conquistare intere categorie professionali, conquistando anche tanta gente comune. «Il fatto positivo che caratterizza questa iniziativa - conclude Bassolino - è testimoniato dalla presenza in calce alle adesioni di nomi noti, ma anche meno noti. E questo è un segnale veramente importante». Dieci anni fa fu il protagonista della esposizione in piazza del Plebiscito con la «Montagna di sale». Oggi Mimmo Paladino è convinto che tornare a discutere di rilancio della città sia non solo giusto, ma anche doveroso. «Dire che approvo la proposta del professor Aldo Masullo è scontato - commenta l’artista - Ogni persona di buonsenso si rende conto che contro il degrado ormai dilagante è giunto il momento di porre un argine forte. Aprire un dibattito in questo momento non può che essere salutare: e secondo me ciascuno può portare un contributo alla stesura di un MANIFESTO programmatico» «La storia di Napoli - conclude Paladino - è contrassegnata da altalene di vertiginosi e inebrianti alti ai quali sono seguite poi improvvise e dolorose cadute. In questi periodi meno felici l’errore più grave sarebbe quello di abbasssare la guardia; per questo la posizione di Masullo e di quanti credono nella sua iniziativa va seguita e incoraggiata. Da dove cominciare? I problemi sono tanti, a cominciare dalla condizione giovanile, dalla microcriminalità e dal lavoro che non c’è». Sulla metodologia indicata da Masullo concorda anche il direttore per i Beni culturali e paesaggistici della Campania, Stefano De Caro. «Ho grande stima del professor Masullo, persona di gran dirittura morale, e so che ha semprte condotto battaglie giuste. Il rilancio di Napoli? Gli argomenti da affrontare sono tanti e complessi, non so da dove si dovrebbe cominciare; tra i primi punti inserirei però certamente la mobilità, un diritto ormai negato ai napoletani dal traffico e dai cortei ormai quotidiani». Favorevole all’ipotesi di convocazione di un’assise cittadina aperta a tutte le forze sane della città si dice Flegra Bentivegna, curatore dell’Acquario della Stazione Zoologica Anton Dohrn. «Vivo a Napoli - spiega - ma per ragioni di lavoro mi capita spesso di viaggiare e conoscere le altre metropoli europee: al ritorno in città, puntualmente, cresce drammaticamente quella sensazione di rammarico per ciò che potremmo essere e che purtroppo spesso non siamo». Questione di qualità della vita, innanzitutto. «Sì, qui il degrado ha raggiunto livelli veramente preoccupanti - prosegue - Per questo l’iniziativa sostenuta dal professor Masullo è quanto mai appropriata. Ma l’elenco delle priorità da affrontare e dei nodi da sciogliere è quanto mai lungo: io comincerei dalla qualità della vita e dalla conservazione dell’ambiente». Barocco: mancava il coraggio di dire basta 31/10/04 «Era ora. Finalmente c’è qualcuno che esce allo scoperto dimostrando coraggio nel proporre un MANIFESTO di rilancio dell’immagine di Napoli». Parla di «coraggio» lo stilista Rocco Barocco e fa i complimenti ad Aldo Masullo e a tutti quelli che con lui sognano una città vivibile, normale. Ci vuol coraggio per sognare una città migliore? «Credo proprio di sì, visto l’andamento delle cose...». «Guardi, dopo anni vissuti fuori, ho deciso di acquistare casa a Napoli, scegliendo la

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zona del centro storico, di cui sono sempre stato innamorato. Che delusione vedere piazza San Domenico Maggiore deturpata dai graffiti sulle mura dei palazzi storici, l’immondizia ovunque, i motorini parcheggiati ovunque. Il degrado regna sovrano: e nessuno interviene...». La proposta di Masullo intende mettere allo stesso tavolo le forze sane della città per firmare un MANIFESTO programmatico capace di rilanciare l’immagine della città. È d’accordo? «Certo. A condizione però che il documento finale sia estraneo a ogni logica politica; perché tutto ciò che non è politico è veramente costruttivo». Il suo lavoro la porta spesso a viaggiare e a fare il confronto con altre metropoli. Come esce Napoli da questo confronto? «Male, e mi dispiace dirlo perché la nostra è veramente la città più bella del mondo. Non andiamo molto lontano: basta fermarci a Parigi, al suo centro storico, per impallidire al confronto: strade ben illuminate, pulite, qualità della vita alta. A Napoli, dispiace dirlo, siamo allo sbaraglio. E vince l’anarchia. Che peccato vedere una città tanto bella offesa e umiliata nelle sue parti più eleganti». Non crede che bisognerebbe incidere anche su un atteggiamento culturale? «C’è molta strada da fare per educare le giovani generazioni, per sperare nel futuro; e per non vedere scene dal “Apocalypse now”, come accade per chi arriva in treno a piazza Garibaldi. E questo fa male. La gente va educata ad amare la cosa pubblica. Se ciò non avverrà, il declino sarà fatale». giu.cri. La sfida si vince già nelle scuole elementari Guido Trombetti 31/10/04 Il problema è enorme. A mio avviso, però, è un grave errore (come confermato dagli ultimi studi prodotti dalla Facoltà di sociologia) considerarlo una caratteristica esclusiva della nostra città. Mi sembra piuttosto che sia uno dei grandi problemi di tutte le metropoli. Chi è stato a New York, ad Amburgo o anche a Milano lo sa. Interi quartieri sono inavvicinabili. Anche i tassisti si rifiutano talvolta di entrarci. Per non parlare di altre questioni che, presenti altrove, sono assenti (o marginali) qui da noi. Penso, ad esempio, all'intolleranza verso l'immigrazione. Detto ciò non nego che a Napoli sia difficile vivere. Sia faticoso vivere. Anche le donne, i vecchi, i bambini possono subire violenza. Anzi sono più esposti perché più deboli. Gran parte dell'attività commerciale è soggetta al pizzo. Il problema è estremamente difficile da affrontare. In particolare in un'area in cui emergenze sociali quale, ad esempio, quella della disoccupazione pervadono il quotidiano di tutti. Cosa fare? Mi ripeto. Prima che provvedimenti straordinari occorre un atteggiamento straordinario. Da parte di politici e comuni cittadini, scuole, università ed associazioni di volontariato,intellettuali, professionisti, imprenditori. Su tale tema va sancita una tregua. Che ponga il problema della qualità della convivenza al di sopra della tristezza della polemica politica spicciola a favore di un lavoro comune e di lungo termine. Nessuno si illuda di scaricare tutte le responsabilità sulla politica. In passato al fianco della politica (e delle sezioni dei partiti) lavoravano la scuola, le parrocchie, le associazioni sportive, i cineforum, la famiglia. Oggi la sicurezza individuale non ha colore di parte. È un bene comune. Determina la qualità della convivenza civile. Caratterizza una comunità. La democrazia senza sicurezza non può vivere. Ne consegue che lO Stato deve avere il controllo del territorio. Senza sconti. Questo però non basta. Non è blindando la città che si recupera la libertà individuale. Non è con l'introduzione di controlli asfissianti che si incoraggia il cittadino ad uscire di casa. E poi fin dove estenderli? Anche agli ingressi delle chiese o delle Università? Come ho già avuto modo di dire, ritengo che sia centrale un lavoro educativo che parta dalle scuole elementari, un lavoro di recupero dei valori della convivenza civile. Occorre cancellare la tolleranza verso forme di insofferenza al rispetto delle regole, dei beni comuni, delle persone diffusa in tutti gli strati sociali. Chi viola le regole in auto, al lavoro o sui marciapiedi non è né estroso né simpatico. Né da assolvere perché interprete della «napoletanità». Gli scostumati sono scostumati qui come altrove! I delinquenti sono delinquenti qui come altrove! Trasformare i comportamenti non è facile. Rendere i cambiamenti irreversibili ancora più arduo. Comunque la battaglia va combattuta. Da tutti. Singoli ed istituzioni. Innanzitutto con l'esempio. Lavorando, lavorando, lavorando. Il primo obiettivo di un atteggiamento straordinario è che si faccia (meglio) l'ordinario. I vigili elevino le multe. I professori insegnino. Gli spazzini spazzino. Gli amministratori amministrino. Aldo Masullo raffinato intellettuale ha

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proposto un MANIFESTO per Napoli. Cito ancora Casavola: «Che gli intellettuali facciano sentire la propria voce è certo meglio che tacere, perché il silenzio sarebbe indifferenza». Penso altresì che siano utili momenti di elaborazione teorica. I comportamenti non si possono ridurre alla semplice applicazione di prassi quotidiane. Al di fuori di una visione coerente. Sarei felice di collaborare alla redazione del manifesto. Ben cosciente, però, che sarà solo una tessera di un gigantesco mosaico. Gli intellettuali, tranne che negli scritti di Platone, non hanno in tasca il rimedio per tutti i mali. Guido Trombetti MOBILITAZIONE PER LA CITTÀ Proposte, critiche e analisi Il popolo degli under 40 esce allo scoperto: pronti alla collaborazione GINO GIACULLI 30/10/2004 Dal traffico alla sicurezza, dai servizi alle occasioni di lavoro difficili da conquistare in una realtà napoletana che trasmette spesso mancanza di senso civico. Ma da qui si riparte: dandosi da fare, spendendosi in prima persona. E c’è chi dice: non accettiamo il «fujtevenne». C’è questo e altro nelle riflessioni di alcuni trenta-quarantenni napoletani. Generazione sulla quale invita a scommettere Marino Niola. In tanti vogliono partecipare a «Salviamo Napoli», il manifesto degli intellettuali per spingere istituzioni e forze politiche a collaborare, proposto attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo MASULLO che ha proposto la data del 18 novembre per un primo confronto. Anche ieri nuovi e numerose adesioni. Non ha dubbi la cantante Monica Sarnelli. «Sono a favore del manifesto ma voglio fare anche di più. L’importante è mettersi a fare. Sono madre di due figli e ci tengo molto a che la città possa riprendersi». Un ragionamento che entra in profondità: «Io amo l’aggregazione eppure qui a Napoli sembra che ognuno voglia tutto per sé, invece c’è spazio per tutti, per offrire contributi. Sì, si deve lottare contro questo status quo. Spesso penso che non ce la faccio più - racconta la Sarnelli - per il traffico, per le regole che non si rispettano... Ma è da noi cittadini che deve partire una riscossa, dobbiamo noi saper dire e mostrare ai nostri figli che le regole si osservano». Regole e voglia di fare ma non solo, osserva Gaetano D’Onofrio, direttore sanitario della Asl Caserta 2: anche lui condivide il manifesto del filosofo. «La cosa pubblica - spiega il medico - è interesse di tutti e non basta più far bene il proprio lavoro, bisogna partecipare alla vita della città. Invece, forse per autodifesa, sembra che ognuno si chiuda in una nicchia. Noi siamo una generazione che non ha avuto le certezze lavorative dei nostri padri, che il lavoro se l’è dovuto conquistare non avendo parametri di sviluppo di riferimento. Anche le relazioni umane devono avere la loro importanza. La nostra generazione non si è chiusa, non accetta il ”fujtevenne”, è disposta a fare una battaglia civile non vuole lasciar spazi a nuove barbarie. Si deve creare un circuito, un patto tra noi». Ma la città immaginata dai trentenni è anche quella dove non si rischia per forza il sopruso. Favorevole al manifesto è Mario Varcamonti, ricercatore universitario alla facoltà di Scienze, che evidenzia il tema sicurezza urbana: «Quello che più colpisce in città è l’apparente mancanza di senso civico nei più giovani. Penso si debba ripartire da un’istruzione per tutti e più approfondita. La nostra generazione deve impegnarsi anche sui propri figli, a livello lavorativo e per il rispetto e la creazione di regole di comportamento civile». Interesse per il manifesto esprime la gallerista Laura Trisorio, per la quale: «È molto importante lasciare spazi ai giovani che in Italia hanno minori possibilità. All’estero, invece, ricevono più fiducia: ad esempio la fiera d’arte di Basilea, la più importante del mondo, è diretta da un quasi quarantenne e si tratta di un incarico prestigioso». Ma a Napoli che apporto può dare questa generazione? «Svolgere il proprio lavoro con onestà intellettuale: l’importante è che ce lo facciano fare, che le istituzioni non facciano tante difficoltà quando devono stanziare contributi se i progetti sono validi». Una mobilitazione intorno al manifesto è, secondo Luigi Morra, direttore de «la Feltrinelli», necessaria più che utile. «È importante partire dai comportamenti - rileva Morra - va ritrovata responsabilità. Mi sembra che tra i trentenni non ci sia tanta aggregazione. Oggi invece servono mobilitazione e luoghi nei quali questa generazione possa incontrarsi, con più convinzione e mordente. Mettiamoci con caparbietà a far bene i nostri compiti, credendoci, tirando i fuori denti: così si possono superare tante inefficienze. Purtroppo

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i napoletani hanno rimosso quel po’ di buono che si era fatto per la città: i giovani devono avere più lucidità e uscire fuori da luoghi comuni». Aprire le porte delle aziende alla filosofia di Sergio Fedele 30-10-2004 “Salviamo Napoli”, l’iniziativa del professore Aldo Masullo per spingere istituzioni e forze politiche a collaborare per il bene della città sta suscitando consensi e adesioni che dimostrano inequivocabilmente l’esistenza qualitativa e quantitativa di donne e uomini convinti e disponibili per un obiettivo da perseguire con il massimo sforzo. Partendo dalla premessa del filosofo napoletano e cioè che “occorre evitare conformismi e cortigianerie senza farsi fuorviare dalle fazioni” ci permettiamo di suggerire, alla vigilia della discussione del documento programmatico del Manifesto, di trasformare lo slogan da “Salviamo Napoli” a “Rilanciamo Napoli”. Occorre infatti che sia chiara la convinta e indispensabile volontà di procedere abbattendo l’ostacolo che rende al momento difficile qualsiasi serio programma di rilancio, e cioè la contrapposizione sistematica e precostituita delle forze politiche, schierate purtroppo secondo la bandiera di appartenenza e non sul merito delle singole questioni. La politica è ormai refrattaria ad ogni confronto costruttivo con la controparte che rimane il nemico da distruggere. Il principale “obiettivo” dell’attività politica quotidiana dovrebbe puntare a sciogliere i nodi, dopo averli individuati, che legano e bloccano lo sviluppo della città e dei suoi cittadini. “Rilanciamo Napoli” significherebbe dare giustamente valore alle tante cose positive fatte in questi anni, senza nello stesso tempo essere intimoriti dal denunciare e evidenziare le gravissime, note e concomitanti emergenze del territorio. Servirebbe a evitare la “freddezza partecipativa” di coloro che oggi si sentono attaccati da tale iniziativa ed evitare un primo dannoso muro contro muro con chi attualmente governa la città. Riteniamo che il passaggio più complesso non sia il primo incontro ma quelli successivi dove entusiasmi e intendimenti vengono messi alla prova dalla necessità di costruire un metodo, dalla continuità da dedicare a questo progetto, dall’esigenza di meccanismi che consentano valutarne efficacia e risultati. La sollecitazione di Masullo ci consente una breve riflessione su di un rapporto, oserei dire inesistente, tra intellettuali e imprenditori della nostra città che anzi, a volte, registra scintille e polemiche per alcune reciproche affermazioni sui media. Questi due mondi, lontanissimi tra di loro, devono avvicinarsi partendo da oggettive autocritiche; gli intellettuali troppo spesso guardano gli imprenditori quasi con sospetto, con quella “puzza sotto al naso” e quel distacco rivolto al pragmatismo di chi opera, dimenticando la funzione dei protagonisti dell’economia moderna che è quella di portare crescita e benessere. Non ci riferiamo alle analisi dei massimi sistemi che possono vedere studi e posizioni di studiosi e filosofi favorevoli o contrari all’economia di mercato, al sistema industriale occidentale, al presente e soprattutto al futuro cui l’uomo sta spingendo il nostro pianeta. Ci riferiamo a quel diffuso e purtroppo fastidioso atteggiamento di “ostilità”, a volte anche ideologica che i nostri uomini di cultura riversano sui nostri “uomini del fare”. Dall’altro versante, quello imprenditoriale, occorrerebbe avere la consapevolezza che il principale ritardo della classe economica locale è proprio il ritardo culturale. Ritardo che purtroppo non riguarda soltanto la cultura d’impresa ma più in generale la cultura in generale. Non dobbiamo vergognarci ad ammettere che, mediamente, gli operatori locali soffrono di questa doppia “ignoranza”. Speriamo che prenderà piede anche dalle nostre parti una consuetudine che sta crescendo in altri paesi è cioè la consulenza filosofica nelle imprese, che consente di allenare e aprire la nostra mente. Ormai è sempre più evidente che la filosofia è un modo di vivere, non solo di studiare e che consente di affrontare tutte le problematiche, tutte, con impostazioni diverse da quelle che oggi sono figlie uniche di un ritmo frenetico, inquinato dalla “sottopolitica”. Gli imprenditori locali devono crescere “culturalmente” e chi se non gli intellettuali, possono essere i loro riferimenti cominciando con una vera e propria “biblioterapia”. Avviciniamo questi due mondi distanti e il risultato sarà una straordinaria energia da mettere a disposizione della collettività.E per chiudere, rimanendo in tema ricordiamo che “la realizzazione di un grande scopo può giacere nel futuro, ma le azioni che ci portano ad esso hanno luogo nel presente”.

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Assumere posizioni senza equivoci di Giulio Pane 30-10-2004 La recente proposta di un manifesto degli intellettuali, avanzata da Aldo Masullo sulle pagine del ‘Mattino’, per far fronte comune al dilagante degrado della vita urbana, subito ripresa e amplificata dalle interviste dei giorni successivi, merita qualche commento specifico. Innanzitutto, devo testimoniare tutta la mia simpatia morale nei confronti dell’autore della proposta, con il quale mi sono trovato più volte d’accordo, sia nella individuazione dei mali della nostra città, sia nella segnalazione dei rimedi, e con il quale ho condiviso la partecipazione alle cosiddette ‘Assise di Palazzo Marigliano’. Devo però osservare che la proposta non è nuova, ma riveste un carattere di ciclicità, tanto da essere divenuta assimilabile ad uno dei tanti elementi tipici del folclore locale. Dirò subito in proposito che non mi picco di essere un intellettuale, ma anzi questo curioso e peregrino termine mi appare sempre più nella sua accezione negativa, tale da richiamare senza dubbio la sua origine storica. Anzi, è tale l’estraneità che si è indotti a provare nei confronti dei tanti che — intellectuels soi-disants — hanno tralignato da tempo il proprio ruolo di testimoni di verità, che vorrei scansarmi attentamente da questa scomoda attribuzione. Sta di fatto che gli intellettuali — cioè i cultori della scienza e dell’arte, per tradizionale definizione, e almeno fino al manifesto del 1925 redatto da Benedetto Croce — avrebbero già ben chiaro davanti a sé il proprio compito, se solo volessero compierlo. E quel compito non si arresta all’enunciazione di un credo o alla proclamazione di un proposito; quel compito consiste più modestamente nell’esercizio, corretto e rispettoso delle regole date, dei propri ruoli privati e pubblici. Se da questo punto di vista muoviamo per individuare un ruolo più attivo, come sembra essere nello spirito della proposta, esso non può non riconoscersi in un maggiore impegno, e specialmente in un impegno socialmente più rilevante, nel senso cioè di una responsabilità di livello superiore a quella che — ci sforziamo di credere — gli intellettuali assumono correntemente nell’esercizio delle professioni e attività che li riguardano. L’esigenza di tale impegno è di quelle che possono mandare in soffitta la distinzione — cara al liberalismo del primo Novecento — tra politica e cultura; e richiedono insieme che gli intellettuali, primi fra tutti coloro che più di altri mostrano sensibilità alle questioni ed ai problemi di carattere generale e sociale, esprimano con chiarezza e senza equivoci il proprio giudizio in merito alla situazione che intendono modificare, alle responsabilità che hanno individuato, alle nuove direzioni verso cui occorrerebbe secondo loro muoversi. Ciò facendo, essi si farebbero, com’è necessario, prima di tutto storici del degrado che denunciano, e subito dopo artefici di un’azione diretta di rinnovamento, che passerebbe inevitabilmente non solo per l’articolazione di una politica, ma condurrebbe subito e fatalmente ad uno scontro con la vecchia politica. Altro che prese di posizione prive di compromissioni ideologiche ! E’ realmente possibile ciò a Napoli ? Sono gli intellettuali disposti al sacrificio occorrente per quel profondo rinnovamento (non possiamo dire rivoluzione, per quel tanto di violenza di cui il termine è storicamente impregnato) che la situazione incancrenita richiede ? O la proposta corrisponde, in forma blanda e rituale, a quel gioco delle parti cui la nostra stanca e pigra democrazia ci ha ormai abituati ? Chi di noi ha tentato e tenta di mettere ordine nelle cose, oltre a fare compiutamente il proprio dovere, si è da tempo accorto che si tratta di uno sforzo immane, reso ancora più difficile dalla programmatica assenza di ogni e qualsivoglia manifestazione del controllo tecnico amministrativo, e del controllo giudiziario. Un anarchismo individualistico, guardato e governato con simpatia da alcune parti politiche e da quanti ancora indulgono a riconoscervi un aspetto veniale del carattere della cultura locale, segna in modo indelebile tutti i comportamenti sociali, quando non sfocia nella manifestazione di una ferocia belluina. Pensano seriamente gli intellettuali di potere svolgere una funzione di calmiere e di indirizzamento in un contesto simile? Occorrerebbe per la verità un grandioso sforzo di pacificazione, di cui non si vedono i segni, ed in cui tutti i cittadini dovrebbero essere parte in causa. Ma una tale operazione è possibile, senza che si passi per la denuncia cruda e impietosa degli errori, delle occupazioni di ruolo, delle inadempienze, talvolta dei reati, compiuti da alcuni di coloro che

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hanno avuto modo di gestire la città da qualche decennio ? Possiamo fare la pace senza prima avere fatto la guerra? Insomma, dobbiamo credere davvero che alla classe politica locale, di governo o di opposizione, manchi la capacità di richiamarsi a grandi ideali o a coerenza di comportamenti ? In realtà invece vi è piena consapevolezza di tutto ciò, non fosse altro che per l’effetto di globalizzazione che le condizioni di vita urbana comportano, come ampiamente dimostrato dalle evenienze di rapine, furti e aggressioni di ogni specie, spalmati indifferentemente sull’intero corpo sociale. Non resta da credere, allora, che la classe politica locale, di governo o di opposizione, abbia assunto ormai questa condizione come endemica e, pur di continuare nel gioco consueto della spartitocrazia, che è la sola vera ragione del proprio attaccamento al ruolo, la consideri di fatto come un male inevitabile, alla stregua di una malattia di stagione. Solo così si possono spiegare le inverosimili affermazioni di chi ha osservato che la criminalità di Napoli non fa eccezione alle altre città europee, che emigrare è dopo tutto un cambiare residenza, che vi sono luoghi sulla terra nei quali si sta anche peggio, ecc. ecc., affogando e affogandoci nella banalità inconcludente del benpensantismo e rinnegando così ogni speranza che la nostra città possa darsi un forte e definitivo riscatto dall’oleografia del crimine, che la rappresenta ormai agli occhi del mondo. «Era ora che gli intellettuali entrassero nella mischia» GIUSEPPE CRIMALDI 29/10/04 Per spiegare il paradosso che giorno dopo giorno ci allontana dai primi della classe in Europa e nel mondo, ricorre ad un esempio calzante: «Sa una cosa? A Napoli non sono mai riuscito a realizzare un terminal. Così ho dovuto puntare su Anversa, dove abbiamo costruito una struttura da un milione di metri quadri; è andata bene anche nel porto di Cork, in Irlanda, e poi in Danimarca, e poi a Valencia...». Manuel Grimaldi, amministratore delegato della Grimaldi Lines, di dubbi ormai ne ha pochi: ciò che altrove sembra una cosa normale, in Italia - e a Napoli in particolare - diventa un percorso ad ostacoli. E questo perché succede? «Sembra incredibile ma è così: qui sono ancora forti certe resistenze, anche culturali, e l’imprenditore viene guardato quasi con sospetto, e non come colui che è in grado di portare crescita e benessere». Il professor MASULLO chiama a raccolta tutte le forze sane della città. Che ne pensa? «Giudico quella di MASULLO un’iniziativa interessante, anche se devo aggiungere che a volte gli intellettuali sono sembrati troppo lontani e distaccati dalla realtà di tutti i giorni. Questo non mi impedisce ovviamente di aderire all’appello». Torniamo agli imprenditori. «Il contesto nel quale operano gli imprenditori nel resto del mondo è totalmente differente dal nostro: ed è assolutamente superiore. Nel nostro Paese - e a Napoli in particolare - l’imprenditore viene visto con connotazioni speculative, un’immagine negativa insomma». Sergio Maione sostiene che a Napoli vige la conservazione dello ”status quo”. Concorda? «Purtroppo è vero: chiunque voglia far qualcosa di buono e di nuovo a Napoli incontra molte resistenze, se non enormi difficoltà». Di chi è la colpa? «In parte della burocrazia, il resto lo fa un sostrato culturale che non accetta le novità, il cambiamento». Questo vuol dire che difficilmente un imprenditore straniero sceglierà Napoli per investire... «Non c’è solo il limite della lingua. C’è soprattutto una burocrazia sclerotizzata e una certa inefficienza derivante dai monopoli - dalla distribuzione alle banche - che lo spingeranno ad andare altrove». LE ADESIONI 29/10/04 Seconda giornata di adesioni al manifesto per il rilancio dell’immagine di Napoli proposto dal filosofo Aldo Masullo. Anche ieri nella nostra redazione fax, mail e telefoni sono rimasti in funzione per tutta la giornata, sfornando nuovi consensi all’idea di convocare un’assise aperta

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a tutte le forze sane della città: un momento di confronto dal quale dovrebbe poi scaturire un documento programmatico da sottoporre alle istituzioni. Colpisce un dato, che è poi una conferma rispetto a quanto registrato già mercoledì: accanto a un robusto nucleo costituito da esponenti del mondo accademico e di tutte le categorie professionali si fa strada anche tanta gente comune: pensionati, casalinghe e studenti. Ciascuno sottoscrive l’appello di MASULLO e lascia un breve messaggio: segno che la voglia di far sentire la propria voce è quanto mai forte. Gli intellettuali, insomma, ma non soltanto loro. Ricco ancora una volta il numero degli esponenti del mondo accademico. Hanno risposto all’appello di MASULLO il preside della facoltà di Scienze Politiche della Federico II, Raffaele Feola, i professori universitari Giovanni Esposito, Ernesto Cravero, Luigi Finelli, Marcello Ferrari, Elio Palombi, Domenico Sinesio, Franco Salvatore; l’Ufficio di presidenza dell’Ordine degli psicologi della Campania, con Raffaele Felaco, Claudio Zullo e Leonardo Abbazia; il direttore scientifico della Fondazione Pascale, Enrico Di Salvo, con i ricercatori Antonio Orlando, Francesco Izzo e Francesco d’Albore ed il segretario provinciale della Cisl-Medici Antonio Marfella; Italo Bruno, giudice di pace; gli avvocati Massimo ed Anton Emilio Krogh, Roberto Continisio; lo studio di consulenza del lavoro Soprano; il dirigente della Regione Campania Antonio Durante, il presidente del collegio dei probiviri dell’Ordine dei commercialisti, Gianfranco Sava; gli editori Diego Guida e Franco Liguori; Dora Celeste Amato Ciliberto; i medici Massimo Iacouzzi, Gerardo Corigliano, consigliere nazionale della Società nazionale medici diabetologi, Massimo Grimaldi, Marimo Milano D’Aragona, Federico Garolla di Bard, il farmacista dirigente della Asl Napoli 3 Romilda Mele e la farmacista Matilde de Tommasis; il presidente dell’Agis Campania Luigi Grispello, il direttore di «Ateneapoli» Paolo Iannotti, l’architetto Roberto Straniero, il componente della Giiunta di Confindustria Napoli, Sergio Fedele, il direttore generale di Napoli della Confederazione nazionale dell’Artigianato e della Piccole e Media Impresa, Nicola Campoli, il direttore amministrativo contabile del ministero dell’Economia-Ragioneria provinciale dello Stato, Roberto Parlato. Ed ancora: il presidente dell’associazione Achillea dell’Azienda Cardarelli, Renato Rivelli; Mario Rosario Bruno, guida per la formazione dei catechisti e delle famiglie della Parrocchia S. Teresa del Bambin Gesù; il presidente dell’associazione Accademia Banconapoli, Vittorio Orciuoli, l’ingegner Rosario Muto dell’Arpac; la pittrice Rosaria Russo; l’Acusp Giovani, con Antonio di Gennaro, il dirigente dell’Istituto «Rodinò», professor Alessandro Filia, la professoressa Maria Perrotti, il direttore tecnico del Gruppo Archeologico Flegreo, Fulvio Uliano, il presidente del Gruppo Scec Hearing, Mimmo Campanino, l’imprenditore Francesco de Goyzueta di Toverena ed Enzo Pace. L’elenco non si ferma qui. Come detto, c’è tanta gente comune che scrive e vuol far sentire la propria voce. Tutti hanno un suggerimento, una proposta da avanzare, e si dicono pronti a collaborare alla stesura finale del manifesto per il recupero dei valori e per il rilancio dell’immagine di Napoli. L’elenco prosegue con Raffaele Di Biasi, Massimo Barresi, Roberto D’Auria, Regina Aluzzi, il professore Donato Marraudino, Massimo Stella, Antonio Sergi, Rosario Mastrosimone, Peppino Mazza, Riccardo De Angelis, Tina Abate, Rosario Gambardella e Giuseppe Viglietti. MOBILITAZIONE PER LA CITTÀ Tanti i rappresentanti del mondo della cultura pronti a sottoscrivere l’appello del filosofo GINO GIACULLI 28/10/2004 «Salviamo Napoli». Il manifesto di intellettuali per spingere istituzioni e forze politiche a collaborare per il bene della città, proposto attraverso «Il Mattino» dal filosofo Aldo Masullo, riscuote larga adesione. Il sindaco apre all’iniziativa: «Con gli intellettuali ci sono stati e ci saranno incontri poiché non mi pare che vogliano sostituirsi all’amministrazione». La Iervolino precisa: «Il loro è un contributo di pensiero. Ben vengano. Penso che ci saranno incontri: con alcuni, come Gravagnuolo, mi sono già incontrata. Rubino e Grella sono venuti in Comune a una manifestazione. Altri li vedo quotidianamente. Don Matino è mio amico di sempre». Ma il filosofo MASULLO entra nel merito. Individuando alcuni punti preliminari per la riflessione. Iniziando con un monito a «parlare con franchezza evitando conformismi e cortigianerie da una parte e, dall’altra, senza farsi fuorviare dall’odio di fazioni o dal disprezzo per chi pensa

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diversamente da noi. Tantomeno ci si deve far catturare da tentazioni di narcisistiche visibilità di singoli e gruppi. Si deve pensare e agire per salvare la nostra comunità di cittadini, solo in questa salvezza comune c’è la nostra salvezza individuale». Quindi l’invito per iniziative di incontro libero e spregiudicato in cui cada la paratia tra istituzioni e cittadini. Ecco le tematiche che, per Masullo, potrebbero far parte della riflessione: «Il ripristino della legalità nel quotidiano, nelle strade, nei rapporti tra cittadini, nel coraggio di isolare e contestare a prepotenti e arroganti la violazione di norme del vivere civile. La riduzione dei danni che vengono da azioni di gruppi vari, come ad esempio la turbativa della vita della città da parte di cosiddetti ”disoccupati”, la riflessione sul rapporto tra sviluppo economico della città e malessere sociale, e ancora il riflettere sul come ripulire la città dall’inquinamento camorristico». Riflessioni da fare «restando rigorosamente distinti dai partiti ma senza ostilità verso di essi», e allargando la partecipazione a realtà come, innanzitutto, scuola, università e attività produttive. Francesco Paolo Casavola ha ricordato che il silenzio sarebbe indifferenza. MASULLO concorda e rilancia: «Quando l’amico Casavola parla di mancanza di una funzione di guida egli certamente non intende il primato di questo o quel gruppo, ma la guida sostanziale che si realizza attraverso la più aperta discussione e la presa di coscienza del maggior numero di cittadini». Dove confrontarsi? «In molte e diverse sedi ma, per cominciare, in quella più neutrale possibile, a me non dispiacerebbe il Mattino o l’Istituto di Studi Filosofici o, meglio ancora, una sede universitaria che è luogo aperto all’universalità dei cittadini. Sono lieto delle tante adesioni e constato, come ho sempre pensato, che nella società napoletana ci sono molte forze vive: auguro che non restino tra loro isolate. Siamo a una svolta tale per cui la nostra città o precipita nel massimo della sua involuzione o trova la sua ripresa». Per lo scrittore Raffaele La Capria: «Se si tratta di dare una mano sono pronto, preferirei che nel manifesto-appello si indichino punti pragmatici chiari e utili». Un altro filosofo, Roberto Esposito, docente all’Orientale, ragiona: «Da un lato trovo l’iniziativa di MASULLO generosa, come sempre le sue proposte sono fin dalle Assise di Palazzo Marigliano, dall’altro sono un po’ scettico: i politici in genere sono disinteressati. Ma con obiettivi definiti, aderisco senz’altro». I manifesti? «Vecchia prassi per chi vuole mettersi in mostra - dice lo storico Piero Craveri - Ciò che allontana dalla politica e responsabilità delle nostre amministrazioni in questo caso non può che complicare». Di manifesti storici, come «quello antifascista firmato da Benedetto Croce e quello a sostegno del regime a firma di Giovanni Gentile» parla invece il giornalista-scrittore Antonio Ghirelli, aderendo all’«opportunissima iniziativa. Un manifesto da discutere e elaborare collettivamente sarà utile a mobilitare l’opinione pubblica contro declino, disordine e confusione che stanno mandando in rovina la nostra città». LE ADESIONI 28/10/04 Docenti universitari, magistrati, avvocati, medici, editori, artisti, insegnanti, ma anche tanta gente comune. Un elenco lunghissimo: sono le adesioni all’appello lanciato sul Mattino dal filosofo Aldo Masullo per un MANIFESTO che rilanci l’immagine di Napoli. Ieri il nostro giornale è stato tempestato di fax, mail e telefonate, con messaggi di adesione e sostegno. Il segnale più incoraggiante che l’idea di convocare un’assise nella quale tutte le forze sane della città si confrontino e discutano su temi concreti è quanto mai sentita dalla gente. Martedì si erano registrate le prime, importanti adesioni. A dire sì ad un MANIFESTO contenente idee e proposte per il rilancio dell’immagine di Napoli erano stati l’ex presidente della Corte Costituzionale, Francesco Paolo Casavola, il presidente di Italia Nostra, Guido Donatone, lo scrittore e presidente del Premio Napoli, Ermanno Rea; il direttore della Biblioteca Nazionale, Mauro Giancaspro, il teologo Gennaro Matino, il rettore dell’Univesrità Suor Orsola Benincasa, Francesco De Sanctis; il preside della facoltà di Architettura, Benedetto Gravagnuolo, il sociologo Gerardo Ragone, gli editori Tullio Pironti e Mario Guida, il docente di Scienze politiche all’Orientale, Percy Allum; ed ancora: il rettore della Seconda Università, Antonio Grella, quello della Parthenope, Gennaro Ferrara, il preside della facoltà di Medicina della Federico II, Armido Rubino; l’urbanista Nicola Pagliara, il docente di Politica economica Luca Meldolesi, il segretario generale dell’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici, Antonio Gargano e il preside della facoltà

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di Economia alla Federico II, Massimo Marrelli. Il soprintendente Nicola Spinosa ha invece precisato di non voler aderire al manifesto, come invece erroneamente segnalato due giorni fa. Ecco invece l’elenco delle nuove adesioni. Esigenze di spazio impediscono di elencare tutti quelli che ci hanno contattato. Quello che segue, quindi, è un elenco solo parziale, tutti gli altri nomi verranno pubblicati nei prossimi giorni. Hanno aderito: Filippo Verrone, procuratore militare della Repubblica di Napoli, Raffaele Raimondi, magistrato di Cassazione, il presidente della XI sezione penale del Tribunale Enzo Albano; gli avvocati Massimo Di Lauro, Marco Marin, Massimo Profili, Alessandro Biamonte, Nicola Longone, Francesco Paolo Coppola; il filosofo Roberto Esposito, il preside della facoltà di Medicina della Seconda Università di Napoli, Francesco Rossi, i docenti universitari Lorenzo Zoppoli, Ugo Leone, Sergio Tartaro, Ennio Forte e Massimo D’Apuzzo; Raffaele Iovine, ricercatore presso l’Istituto Italiano per gli Studi Filosofici; lo scrittore Raffaele La Capria; i medici Giuseppe Gallo, Giuseppina Ricciardi, Sergio Majocchi, Camillo D’Antonio e Gian Paolo Porreca; il farmacista Vincenzo Guarino, il segretario generale della Uil-federazione medici Armando Masucci; il commercialista Ottavio Rotondo; Christina Bethe, della sezione culturale del Goethe-Institut; il presidente dell’Accademia musicale napoletana Massimo Fargnoli; i giornalisti Antonio Ghirelli e Giulio Rolando; l’ex presidente della Provincia Amato Lamberti; Antonio Filippetti, del direttivo Unione nazionale scrittori ed artisti; il drammaturgo Enzo Moscato; l’editore Piero Graus ed il direttore editoriale della Casa editrice Kairòs, Mario Pagano; Annella Prisco, figlia dello scrittore Michele; il presidente dell’associazione Oltre il Chiostro, padre Giuseppe Reale; il compositore teatrale Mario Saccucci; il presidente di Neapolis 2000 Carmine Maturo; i docenti Mimmo Vajatica, Raffaele Pezzullo, Silvia Galvan e Vittoria Bartocci Salvato; il referente regionale dell’associazione Libera Geppino Fiorenza; la poetessa Nella D’Angelo; l’architetto Giorgio Nocerino; Gabriella Amirante, Letizia Isaia, Ciro D’Avino, Gennaro Trama e Serena Maresca.

L’INTERVISTA «Condivido le parole di Masullo: questa città deve saper reagire» 28/10/2004 «Sicuramente questi episodi mettono ansia, soprattutto in chi non è abituato. Telefonate notturne, pressioni che si trascinano per tutta la durata del processo. È logico che sentirsi protetti dallo Stato, in situazioni del genere, aiuta». Ambrogio Prezioso, presidente dell’Acen (Associazione costruttori edili) di Napoli commenta l’ultima puntata del caso iniziato dopo l’esplosione della bomba del racket in via Filangieri. Gli imprenditori si sentono davvero protetti, ingegnere? «Devo dire di sì. Negli ultimi tempi avvertiamo la presenza delle forze dell’ordine, siamo onorati delle loro visite nel corso delle quali ci aiutano a parlare di tutti gli aspetti del fenomeno estorsivo». Anche dopo un caso come l’ultimo capitato al titolare dell’impresa «Milano»? «Non conosco la circostanza specifica, dunque non posso entrare nel merito. Posso dire però che assieme al prefetto, nella sede del comitato per l’ordine e la sicurezza pubblica, siamo d’accordo a tenere alta l’attenzione su questi temi». In che modo? «Individuando con i sindacati, le forze dell’ordine, e la pubblica amministrazione tutti i meccanismi che ci consentano di prevedere e governare il fenomeno del racket. Chiederemo anche un incontro al nuovo procuratore». Queste non rischiano di rimanere solo affermazioni di principio? «Non è così. Stiamo dando importanza fondamentale alle azioni di monitoraggio, perché l’analisi del dato può contribuire a individuare le soluzioni. Gli imprenditori sono motivati, stanno acquisendo fiducia. Anche se, naturalmente, la fiducia dipendete anche da altre attività». Quali? «In un’intervista al Mattino il filosofo Aldo MASULLO ha detto che ”la camorra nasce come risposta al mancato sviluppo e alla fine ne diventa causa”. Ecco, ci riconosciamo moltissimo in queste parole. Anche perché una cosa, le assicuro, mi fa star male». Cosa? «Mi dispiace che in questa città piena di potenzialità si debba parlare solo di camorra. Napoli langue, dobbiamo accelerare lo sviluppo e risolveremo alla radice anche i problemi della criminalità». d.d.p.

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Manifesto per la città, Napoli c’è

20 Novembre 2004

In centinaia hanno preso parte, ieri mattina nella chiesa di San Marcellino a Napoli, al primo atto della stesura del «manifesto per i diritti dei cittadini» dopo l’accorato appello di Aldo Masullo sulle colonne del Mattino. Proprio il filosofo, con Francesco Paolo Casavola, Guido Trombetti, Mariano D’Antonio, Gabriella Gribaudi, Paolo Macry, ha posto l’accento sulla necessità

di «avere il coraggio di dire la verità ai potenti». Previsti incontri ciclici sulle priorità. Tantissimi. Nel complesso di San Marcellino si è riunita ieri una larga rappresentanza della Napoli dei diritti e dei doveri, di quella città e di quelle persone che vogliono dire basta al degrado. Volti di studenti di scuola che rilanciano l’appello per una città sicura e un futuro senza paura, rappresentanti di movimenti e associazioni, rettori e docenti universitari, professionisti, politici e tanta, tantissima gente. Un dibattito aperto dalla relazione del filosofo Aldo Masullo che, con Il Mattino, ha lanciato la proposta di «Salviamo Napoli», manifesto per la rinascita cittadina su temi forti quali vivibilità, rispetto delle regole civiche, sicurezza. Al dibattito, moderato dal direttore del Mattino Mario Orfeo, sono intervenuti il presidente emerito della Consulta Francesco Paolo Casavola, l’economista Mariano D’Antonio, il rettore dell’Università Federico II, Guido Trombetti, gli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry. Un forum al mese, sfida all’emergenza GINO GIACULLI

La chiesa di San Marcellino è gremita. Si è ritrovata una grande fetta della Napoli dei diritti e dei doveri, di quella gente che vuole dire basta al degrado, che vuole interrogare le istituzioni, intervenire. Sono più di trecento nel complesso monumentale a parlare del manifesto per la rinascita della città che già si trasforma in temi concreti. E che Aldo Masullo chiama «manifesto per i diritti dei cittadini nella città», conterrà i temi indicati dalla gente al nostro giornale, che poi si approfondiranno in incontri da tenere una volta al mese. E il filosofo, che aveva lanciato l’appello alla mobilitazione, ha scosso subito la platea alla quale si è rivolto con un «cari cittadini», spiegando che «questo incontro mostra una città che si mette in

mostra». L’allusione è ai presenti, alla visibile e convinta partecipazione, ma anche agli oltre mille messaggi di adesione pervenuti in redazione. Intorno al tavolo il presidente emerito della Consulta Francesco Paolo Casavola, l’economista Mariano D’Antonio, il rettore dell’Università Federico II Guido Trombetti, gli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry, per un confronto moderato da Mario Orfeo, direttore del Mattino. Uno strumento, dice Masullo, nato per una funzione di sollecitazione di frusta. Dunque una messa a fuoco perché «Napoli prende posizione con questo incontro», può dare segnali e diventare paradigma. Ma come fare? L’attenzione in sala è al massimo. Masullo rilancia, l’obiettivo non

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è un cahier de doleances, ma è «la presenza attiva dei cittadini nella loro città e a questa fiammata nuova di volontà deve corrispondere la volontà delle istituzioni». In altre parole, un nuovo incontro, un dialogo. Toccando le corde della passione civica Masullo va oltre e parla di «ristabilire un circuito di comunicazione tra cittadini e istituzioni», tante, troppe volte alla segnalazione di disfunzioni non è seguita alcuna risposta. Il filosofo accenna anche all’importanza del fatto che questa proposta sia nata in una sede giornalistica, quella del Mattino. Si torna al dialogo, al circuito da creare perché «la democrazia non conosce il silenzio dei palazzi. È una grande sfida per noi napoletani: non torniamo nella separatezza. E gli intellettuali hanno maggiore colpa nel silenzio», chi sa cosa dire - puntualizza il filosofo - deve parlare esercitando la parresia, virtù della polis greca: «Il coraggio di parlare, di dire la verità al potente», segue un chiaro ammonimento a non cercare di mettere il cappello sull’iniziativa. La platea si scalda, Masullo insiste «stabilire un confronto con le istituzioni mai servile» e riscuote applausi quando cita Eleonora Pimentel Fonseca sulla collaborazione attiva del popolo al potere che è possibile «solo se è messo in condizione di conoscere», e quindi l’obiettivo della lotta all’ignoranza, ricordando che la lotta alla criminalità tocca allo Stato e che lo Stato «è quello delle regole, lo Stato forte è quello in cui tutti portano dentro di sé la legge». Il filosofo parla poi dell’assedio urbano di confini da rompere; bando ai facili entusiasmi, bisogna esercitare anzi perseveranza. Il dibattito è subito acceso, la platea vuole intervenire, sente forte il momento partecipativo. Masullo ribatte: «Oggi c’è stato un primo passo avanti» e indica un percorso per comporre il manifesto, del quale una bozza è già in elaborazione sui temi condivisi delle regole, della sicurezza della vivibilità è già in elaborazione. Il filosofo propone un incontro al mese in una sede universitaria su temi «scelti democraticamente»: «Per far sì che i cittadini interroghino le istituzioni. Il Mattino può raccogliere l’indicazione dei temi e le interrogazioni dei napoletani». E l’eventuale silenzio delle istituzioni sarà ritenuto «insolvenza». Si spengono luci e microfoni. Qualcuno si avvicina a Masullo e gli sussurra «un filosofo ci salverà». Masullo sorride, si stringe nelle spalle e risponde: «Sono un uomo della strada». La spinta della gente Claudio Scamardella Claudio Scamardella «Se penso al futuro di Napoli, il mio stato d’animo è oggi meno doloroso e dolorante di ieri». Quando Aldo Masullo pronuncia queste parole, a metà della sua lucida relazione all’assise di San Marcellino sul manifesto per la città, la folta platea che segue in silenzio si guarda intorno e non può fare a meno di applaudire. Il filosofo si lascia così andare a un pizzico di euforia: «Posso dire, in verità, che da dolorante il mio stato d’animo è diventato entusiasta nel vedere una così ampia e diversificata partecipazione». Vero. Di fronte al colpo d’occhio della splendida chiesa sconsacrata messa a disposizione dalla Federico II, è venuto naturale convincersi che Napoli si può salvare. Che Napoli ha le forze, le intelligenze, le idee per rialzarsi e rimettersi in cammino. E che esiste sicuramente un’alternativa, certo difficile e tutta da costruire, tra la rabbiosa fuga dalla città e la rassegnata sopravvivenza in città. C’era un equivoco, un fraintendimento prima dell’assise di ieri. Si era profilato il rischio di un carico eccessivo del significato da dare al manifesto per la città. Da qui, l’attesa di una sorta di programma di azione, di progetti e masterplan, di un decalogo delle cose da fare, delle regole da rispettare, di dettare le priorità di intervento nell’agenda della politica e degli amministratori. Insomma, una sorta di contropotere organizzato. Non era così nelle intenzioni, anche perché uno dei principi del manifesto è la riscoperta dell’etica della responsabilità, è che «ognuno torni a fare la sua

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parte», senza invasioni di campo e di ruoli. Sarebbe stata, perciò, una palese contraddizione trasformare l’assise di ieri in una convention programmatica alternativa ai partiti di governo e di opposizione, al sindaco e alla giunta. Il manifesto per la città non è un movimento in fieri, non è un partito, non è una lobby che - come avviene in qualche altra città meridionale - ambisce a selezionare la classe dirigente, a scegliere i candidati e a organizzare campagne elettorali per il Comune o la Regione. No. Non è nemmeno un laboratorio-salotto di intellettuali che per esprimere un disagio, un malessere o avanzare una proposta devono inevitabilmente processare il passato (lontano e recente) e sparare a palle infuocate su un ciclo politico considerato al termine. E non vuole, certo, diventare una passerella per i cosiddetti professionisti della società civile, per chi si è autoproclamato negli anni rappresentante dell’opinione pubblica attraverso la partecipazione e gli interventi ai convegni. Non è, infine, un club esclusivo e escludente che, sulla base di spinte populistiche e demagogiche, fa liste di proscrizione. È invece un serbatoio di energie fin qui rinchiuse nelle «separatezze individuali», una massa critica e reattiva - di sicuro non rassegnata e nemmeno inerte - al momento difficile che vive la città; è la mobilitazione di cittadini, uomini e donne che si incontrano e fanno sentire a chi ha la responsabilità di governare ciò che va e, soprattutto, ciò che non va. È, insomma, un percorso lungo con l’obiettivo di ristabilire un circuito virtuoso in una «democrazia in letargo», partendo da due obiettivi: il ripristino dei diritti e dei doveri del cittadino napoletano; il ritorno a un’azione amministrativa incisiva, ordinaria e straordinaria, nei settori nevralgici della vivibilità cittadina. Tutto qui? Sì, e non è poco in una città che ha dato l’impressione negli ultimi mesi di essere «inerte e rassegnata». Il successo dell’assise è fuori discussione, a dispetto di qualcuno che, dentro e fuori il complesso di San Marcellino, è stato in impaziente attesa per cantare il «de profundis» al manifesto. E, soprattutto, a dispetto di chi attendeva la conferma che il mondo della cultura e degli intellettuali napoletani riesce a produrre solo lamentele, incapace di avanzare proposte concrete, di sostenere una mobilitazione di lungo periodo, un impegno perseverante. L’assise, invece, nonostante qualche momento di confusione nella parte finale, si è conclusa con un calendario di scadenze: domani la bozza del manifesto per la città sarà pubblicata sul Mattino; entro un mese ci sarà il primo degli incontri tematici con le interrogazioni dei cittadini ai responsabili di settore delle istituzioni e le successive risposte; da lunedì forum permamente aperto sul Mattino (e-mail, fax e sms) per la scelta delle priorità degli incontri tematici (rifiuti, traffico, sicurezza, ecc.); in poche settimane sarà costruito un canale permanente di confronto tra cittadini e istituzioni. Ora tocca anche alla politica rimettersi in cammino. A San Marcellino c’erano rappresentanti dei partiti, assessori e consiglieri comunali. Hanno visto e ascoltato in silenzio. Un buon segno. È stata superata la sindrome del «fortino assediato», è stato colto per ora il senso del messaggio e della mobilitazione. Anche a palazzo San Giacomo si è finalmente consapevoli che c’è un deficit di amministrazione ordinaria in settori nevralgici della città, un grave deficit - per dirla con le parole di D’Antonio - nella «reputazione del territorio». Ora occorre essere conseguenti. «La politica faccia un patto di non aggressione» Ma come si realizza un vera partecipazione? Non sono certi stati pochi gli spunti riflessivi e allo stesso tempo costruttivi emersi, o le risposte nate nel dibattito a San Marcellino sul manifesto per la città. Con il forte richiamo alle cose da poter fare. Riflette, ad esempio, sul valore dell’iniziativa il presidente emerito della Consulta, Francesco Paolo Casavola, che parla di una sussidiarietà orizzontale tra lo Stato e i cittadini. Anche perché c’è un problema di una umanizzazione a Napoli, perché la città ha una umanità diversificata e allora «dobbiamo iniziare ad amare i lontani». Ma la riflessione si allarga fino a toccare dei nodi vitali come quelli delle case, dei luoghi per la crescita, argomenta ancora Casavola, e per l’umanizzazione serve ancora lavoro, una opportunità che va offerta a tutti accanto al percorso scolastico. Senza questo non nasce quel rapporto germinale tra adulti e giovani, rapporto che trasmette solidarietà e umanità. Ma intanto da noi la mobilità produttiva è stata in uscita verso Nord, rimarca l’economista Mariano D’Antonio: «Abbiano perduto giovani professionalizzati che non trovano impegno a Napoli». Come crescere allora? Se, secondo D’Antonio, la reputazione del territorio sia quella di una zona ben governata e ordinata perché la «reputazione è diventata fattore di sviluppo economico, per attirare capitale e impresa e consolidare capitale umano», il nodo insomma è la gestione del territorio, compito delle istituzioni pur se spesso ci sono state promesse non realizzate. Intanto ci sono stereotipi e immagini che sono difficili da cancellare avverte la docente di storia Gabriella Gribaudi: «Bisogna però dialogare con la storia per costruire senso civico»; ma per reagire è anche necessario insistere nel dialogo «perché bisogna dialogare - prosegue la Gribaudi - e non far perdere quei pochi progressi e risultati che si sono ottenuti», e il dialogo deve esserci con le classi popolari anche attraverso momenti

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concreti di confronto come è, ad esempio, l’esperienza dei maestri di strada, i risultati si ottengono anche quando è lo Stato che dà l’esempio del rispetto di regole e leggi. La situazione odierna resta allarmante. E lo storico Paolo Macry, dal suo punto di vista, indica per la crisi della città «una scaletta di responsabilità». Siamo in una Napoli che presenta situazioni «come quella vista in televisione a Ballarò e riassunta nel numero 167, che è peggio del Bronx e di Harlem». Lo studioso sottolinea, poi, che non è la prima volta che «l’opinione pubblica si

mobilita: lo ha fatto ai tempi del rinascimento e lo fa anche ora che si è in decadenza. Ma da noi lo spazio della società civile è occupato dalla politica, dalle amministrazioni locali e certi interventi rischiano di essere politicizzati e anche questa inziativa, secondo me, ha a che fare con un ciclo politico». Eppure è proprio intorno a questa iniziativa che è nato un grande entusiasmo. E Guido Trombetti, il rettore dell’Università Federico II, richiama fortemente su questo aspetto: «Masullo ha individuato qualche emergenza. E l’idea è quella di lanciare un manifesto. Ma è necessario ragionare sulle cose e decidere. Oppure si perderà l’unico vero valore aggiunto, che è quello dell’entusiasmo». Bisogna quindi arrivare al piano propositivo. Fare qualche cosa, ma che cosa? Il rettore insiste: «Ci sono problemi culturali, problemi di educazione. Misuriamoci sui fatti concreti e la politica faccia un patto di non aggressione». Intanto ognuno può fare la sua parte per consolidare la proposta. Trombetti rilancia: «La differenza siamo noi, non disperdiamo questo entusiasmo: realizziamo un manifesto della cose per il quale ognuno di noi assume un impegno. Successivamente si possono fare dei controlli di qualità e verificare un’inversione di tendenza». g.gi. I giovani: non vogliamo più avere paura GIUSEPPE CRIMALDI Antonella ha 18 anni, il viso pulito ancora da adolescente e un sogno in tasca grande come il mondo: vivere in una città più sicura, nella quale puoi uscire al sabato sera per andare in discoteca senza rischiare di trovarti nel mezzo di una rissa; ma anche «camminare per strada, senza la paura di incrociare un proiettile vagante». Giusy, classe 1984, ha le idee chiare su quello che dovrebbe cambiare nella testa dei napoletani: «Dobbiamo smetterla di credere nei miracoli - dice - di confidare solo negli aiuti che piovono dal cielo: meglio, molto meglio rimboccarsi le maniche e costruirselo, il futuro». Implicita l’allusione ai professionisti della protesta di piazza, quelli che non si fanno scrupolo di tenere in ostaggio un’intera città bloccando strade e piazze, magari appiccando il fuoco ai cassonetti. Conclusione sferzante: «A quelli che in nome del lavoro fanno la guerriglia metropolitana - conclude Giusy - vorrei tanto dire basta; non è così che si ottiene lavoro e sviluppo. Il tempo degli alibi è finito». La speranza nel futuro di Ernesto, 19 anni, è un’altra: quella di aprire - una volta finita la scuola - un’agenzia di viaggi tutta sua. Vive ad Arzano, il paese della ”scuola sgarrupata” di «Io speriamo che me la cavo»; ma, in fondo - sostiene - «ad Arzano si vive meglio che a Napoli». Antonella, Giusy e Ernesto sono le facce di una stessa medaglia: quel volto sano dei giovani che per campare non cedono alle lusinghe di una vita apparentemente facile, segnata da conquiste rapide quanto pericolose. Non sono caduti nelle trappole di una vita balorda, difficilmente lo faranno ora; e hanno evitato la palude della malavita; credono nel valore del lavoro; ma, soprattutto, pensano che cambiare le cose sia possibile. Sono gli alunni dell’Istituto professionale per il Turismo «Caracciolo», presieduto dalla professoressa Carmela Capasso. Anche loro, ieri, hanno voluto esserci, a San Marcellino. Ipnotizzati dall’oratoria di Aldo Masullo, hanno seguito in religioso silenzio l’intero dibattito. Affidando poi al taccuino del cronista la «loro» ricetta per cambiare le cose. Non solo sogni. Ma se 20 anni incoraggiano a guardare con ottimismo al futuro, di certo non impediscono una diagnosi impietosa di quello che è il presente. Priorità e emergenze, dunque: la violenza, innanzitutto. «La subiamo tutti, è il nemico numero uno - commenta Francesca - Ovvio che abbiamo paura: ma forse la repressione del crimine, da sola, non basta a sconfiggere il fenomeno». Dario, 18 anni, sa bene che il pericolo è dietro ogni angolo. «La discoteca, per esempio - dice - dove ormai si spaccia di tutto, droghe sintetiche soprattutto, acidi che ti spappolano il cervello». Poi una triste conferma: il livello di età del consumo di droghe pesanti si è

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pericolosamente abbassato; «La coca? nel mio quartiere c’è chi la consuma già a 15 anni». Pesante anche la denuncia di Paolo Iannotti, direttore di «Ateneapoli». «Il livello di violenza in città continua a crescere - spiega - Ormai scippi e rapine a mano armata avvengono anche all’interno dell’Università, dove le vittime vengono prese di mira anche negli ascensori. All’esterno di Scienze Politiche si spaccia alla luce del sole. Siamo vittime di un malessere stratificato. Al primo posto delle emergenze c’è la sicurezza dei cittadini». IL PARTERRE: ANCHE ESPONENTI POLITICI, EDITORI E CENTINAIA DI CITTADINI Prof, imprenditori, toghe e associazioni in sala A gremire la chiesa di San Marcellino, ieri, c’era una gran folla di napoletani che non hanno voluto mancare al primo appuntamento con l’assise convocata dal filosofo Aldo Masullo. Tra i presenti, l’architetto Benedetto Gravagnuolo; i docenti Eugenio Mazzarella, Marino Niola, Luigi Musella, l’ingegnere Raffaele Aragona, il presidente dell’istituto italiano per gli Studi Filosofici, Gerardo Marotta, gli editori Tullio Pironti, Mario Guida e Franco Liguori; il presidente dell’accademia musicale napoletana Massimo Fargnoli; i giornalisti Nicola Squitieri, Luigi Necco e Nora Puntillo; i magistrati Stefania Buda, Raffaele Raimondi e Maria Lidia De Luca; il presidente dell’Unione Industriali, Gianni Lettieri; padre Domenico Pizzuti; il rettore della Seconda Università, Antonio Grella; il rettore dell’Orientale, Pasquale Ciriello; i professori Pasquale Colella e Gerardo Ragone; il maestro di strada Marco Rossi Doria; Geppino Fiorenza in rappresentanza di «Libera»; Luigi Cuomo, portavoce dell’associazione antiracket «Pianura per la legalità», la preside della facoltà di Sociologia della Federico II, Enrica Amaturo, Annamaria Carloni, tra le fondatrici di Emily, l’assessore comunale Amedeo Lepore, il presidente del Consiglio Comunale, Giovanni Squame, l’assessore regionale Adriana Buffardi, il segretario cittadino della Margherita Nino Bocchetti, il segretario provinciale dei Ds Dario Belliazzi; i parlamentari Vincenzo Siniscalchi, Giuseppe Gambale e Sergio D’Antoni, l’ex parlamentare Berardo Impegno. Tra i presenti, ieri a San Marcellino, anche gli ingegneri Raffaele Catapano e Sergio Viparelli. Due professionisti che, a conclusione dei lavori della prima assemblea, hanno voluto sottolineare alcune critiche con fax inviati al nostro giornale. «Per ora non ci siamo proprio - scrive Catapano - Di contenuti, proposte concrete, iniziative nemmeno l’ombra». E propone: «Abbiamo sentito solo lezioni di economia, sociologia e storia, ma di concreto niente. Una proposta: ora fate parlare la gente che ha idee pratiche da proporre». Di «autoreferenzialità» parla invece Viparelli, riferendosi alla riunione di ieri. «Quando agli appelli sui massimi sistemi si è trattato di passare alle proposte di merito - conclude - abbiamo assistito a uno spettacolo sconfortante». Ragone: impegnarsi vale sempre la pena

«Ho deciso di esserci, di partecipare all’assise di San Marcellino, per due buoni motivi: innanzitutto perché l’iniziativa è stata presa da Aldo Masullo, che è persona della quale ho la massima stima e nel quale credo; e poi perché di fronte a temi tanto importanti vale sempre la pena di impegnarsi». Il sociologo Gerardo Ragone difende le ragioni della partecipazione all’incontro di ieri. «Ora, però, il compito si fa più arduo». In che senso? «Serve una metodologia di lavoro, e da questo punto di vista non vorrei essere nei panni del professor Masullo. Ma come andare avanti? Non è facile, in casi come questo, coinvolgere la società civile. E allora: se si lascia tutto a una valutazione assembleare, il rischio è di non venire più a capo di nulla; se invece si restringe il lavoro a un centro di coordinamento, l’iniziativa diventa

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indubbiamente meno spumeggiante. In ogni caso auguro al professor Masullo di trovare la strada giusta». Indichi le sue priorità. «Comincerei dall’ordine pubblico, che però è questione delegata a forze dell’ordine, magistratura e governo e che non può che risolversi in tempi medio-lunghi. Seguono l’assetto urbano e i temi legati al lavoro: con la disoccupazione che supera il 22 per cento e solo un giovane su due che trova lavoro, la situazione è diventata veramente drammatica. Tutto il resto, dalla spazzatura al traffico e così via dicendo, sono questioni marginali che fanno da corollario ai tre temi principali». Quale consiglio darebbe a Masullo? «Già dal prossimo appuntamento cercherei di stabilire un contatto con l’interlocutore, che in questo caso è l’istituzione locale. In caso contrario l’impostazione dell’ottima iniziativa di un manifesto per Napoli apparirebbe amorfa e fredda». giu.cri. Guarino: ci sono altri mezzi per il riscatto

«Quando sento la parola ”intellettuale” provo sempre un profondo senso di disagio», commenta il giurista Antonio Guarino. «Gli intellettuali finiscono col compiacersi di una condizione che, nel sentire comune, li fa apparire quasi degli “eletti”, appartenenti a una sorta di casta nella quale non mi sono mai riconosciuto. Io mi sento intellettuale nel senso che reputo di saper leggere e scrivere: uso, cioè, l’intelletto». Per questo ieri ha deciso di non partecipare all’assise di San Marcellino? «Per questo e per altri due buoni motivi». Quali? «Premetto che stimo moltissimo tutti gli oratori intervenuti ieri, persone di grande qualità e spessore morale. La verità è che esistono strumenti più efficaci per

interloquire con le istituzioni». A che cosa si riferisce? «Tanto per cominciare al difensore civico, un istituto ormai dimenticato a Napoli. Il Comune non è riuscito ancora a nominane uno. Escludo, a scanso di equivoci, ogni mio interesse a ricoprire tale carica: non servono vecchi magistrati o docenti in pensione. Serve invece una persona dotata di saggezza e di equilibrio - e a Napoli ci sono soggetti capaci di svolgere tale compito - che sia referente istituzionale per chi governa la città, ma che sia soprattutto coscienza critica». E poi? «Se chi amministra la città cominciasse a porre attenzione alle tante denunce che i giornali come il Mattino fanno, dalle disfunzioni minime ai problemi più tragici, le cose andrebbero certamente meglio. Questo vale ovviamente anche per prefetto e questore, che sono i responsabili dell’ordine pubblico. Queste cose ormai le ripeto da tempo» Con quali risultati? «Uno solo: mi sono stancato di pestare l’acqua nel mortaio». giu.cri. «Salviamo Napoli», oggi assise per il manifesto Ore 11, nasce il manifesto per la nuova città Intellettuali e società civile si incontrano a San Marcellino: priorità e impegni per sconfiggere crisi e degrado GIUSEPPE CRIMALDI 19/11/2004

Napoli, ore 11, complesso monumentale di San Marcellino: la società civile che si ribella al degrado e alla violenza, chiedendo un riscatto in termini di legalità e qualità della vita, si dà appuntamento per far nascere il manifesto «Salviamo Napoli». L’iniziativa - nata da una proposta lanciata dal Mattino attraverso il filosofo Aldo Masullo - entra oggi nel vivo, con la stesura di un programma al quale hanno partecipato già oltre mille cittadini che hanno inviato al nostro giornale le loro

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adesioni. Sono rappresentanti delle professioni, dell’imprenditoria, del mondo accademico, del sindacato; ma sono anche studenti, casalinghe e pensionati, esponenti dell’associazionismo e del volontariato. Oggi ad una relazione introduttiva affidata al professor Masullo seguiranno gli interventi del presidente emerito della Corte Costituzionale Casavola, dell’economista D’Antonio, del rettore dell’Università Federico II Trombetti; degli storici Gribaudi e Macry. Il confronto sarà moderato dal direttore del Mattino, Mario Orfeo. L’appuntamento è per le 11 di questa mattina. A tre settimane dalla proposta lanciata sul Mattino dal filosofo Aldo Masullo, è il giorno del manifesto «Salviamo Napoli». È il giorno dei contenuti, delle proposte concrete, delle iniziative da sviluppare. Nel complesso monumentale di San Marcellino si ritrova la città che non accetta di sottostare al ricatto della criminalità; che vuole porre un argine forte contro la corrente di un degrado che rischia di diventare travolgente; si ritroveranno quei napoletani che chiedono alle istituzioni - tutte, nessuna esclusa - di dare ascolto ad una voce crescente, la voce della società civile. È il giorno degli intellettuali, ma non solo degli intellettuali: San Marcellino diventa il terminale ideale di un percorso seguito e condiviso in meno di un mese da tantissimi napoletani. tanti nomi noti appartenenti al mondo delle professioni, della realtà produttiva e imprenditoriale, dei sindacati, del volontariato e dell’associazionismo. E non è finita. Perché nel complesso monumentale del centro storico ci sarà anche un’altra platea, quella formata dai tanti napoletani - giovani e meno giovani - che con la loro adesione inviata via mail, via fax o per telefono - hanno voluto condividere quella voglia di cambiamento che è molto più di una semplice speranza affidata alle buone intenzioni.In tre settimane sono state oltre mille le adesioni. Ma veniamo al programma dei lavori di oggi. Ad una relazione introduttiva affidata al professor Masullo seguiranno gli interventi del presidente emerito della Corte Costituzionale Francesco Paolo Casavola, dell’economista Mariano D’Antonio, del rettore dell’Università Federico II Guido Trombetti; degli storici Gabriella Gribaudi e Paolo Macry. Il confronto sarà moderato dal direttore del Mattino, Mario Orfeo. Nel dibattito ovviamente emergeranno i tanti spunti di riflessione forniti da quanti ci hanno scritto; sono le priorità segnalate dalla gente, da chi vive quotidianamente una sensazione di profondo disagio. Non a caso in questo elenco ideale di «emergenze» da affrontare, gli elementi ricorrenti sono sempre gli stessi: la microcriminalità, il lavoro, l’ambiente; paure e incubi ai quali fanno da contraltare la voglia di sicurezza, di legalità, di vivere in una città pulita e dignitosa, con strade e marciapiedi in buone condizioni, con spazi verdi e attrezzature sportive capaci di soddisfare le esigenze degli adolescenti come dei pensionati. «Fatti concreti», come sottolineava ieri sul nostro giornale il rettore della «Federico II», Guido Trombetti. Senza necessariamente dover scomodare paragoni con un passato remoto o recente, senza dover rispolverare formule o slogan, quello di oggi rappresenta insomma un appuntamento importante: quello della città con il proprio futuro. Un primo importante risultato c’è già stato: ed è segnato nella voglia di partecipare, nel condividere un senso di appartenenza da parte di chi non si identifica con la città della camorra e degli scippi, con la metropoli senza più regole. Oggi parte la seconda sfida, quella più importante. Un coro di sì: sempre più forte la voglia di riscatto 19/11 In coincidenza con l’appuntamento di oggi nel complesso di San Marcellino continuano a pervenire altre adesioni al manifesto «Salviamo Napoli». Ecco l’elenco dei nomi giunti ieri. Nicola Martino, ex segretario generale Cisl Campania; il professor Carlo De Pascale, dell’Azienda ospedaliera Cotugno; gli avvocati Aldo e Andrea Cafiero, Paola Esposito, Sabato Moschiano, Fausto Merola, Simona Marotta, Angelo Mastrocola, Angelo Patriciello e tutti gli altri componenti dello studio Cafiero (che offre la propria gratuita assistenza legale nel settore penale); l’avvocato Francesco Stilo; gli ingegneri Claudio Rossi, Maurizio Campopiano e Giuseppe Lo Vecchio; l’architetto Maria Grazia Pirri; il commercialista Giovanni Peluso; Giuseppe Letizia, Ciro Lepre, Rosanna De Ritis, Renato Rivelli; Aldo Lupicini; dirigenti e impiegati della GSG, Renato e Massimilano Galli, Luigi Vento, Giovanni Migliaccio, Sergio Grimaldi, Carmela e Giuseppe Laise, Paola Coppolecchia, Amelia Pascotto, Virgilio Firpo, Salvatore Laurisano; Sergio De Gregorio, presidente dell’Associazione Internazionale Italiani nel Mondo, Angelo Tramontano, presidente dell’Arc, Angelo Pisani, presidente di Noi Consumatori, il vicepresidente della Lega Azzurra, Gianni Barone, il presidente di Aedica, Augusto Mantico Vetere, insieme con Carlo Peluso; Fabrizio Dessy e Maria Laura Laudadio, Giovanna Giudetti, Giacomo Piscicelli Taeggi, Pasquale Mocerino, G. Di Stasio, Daniele Colucci, Claudia Cavaliere, Elena Nerini; il professor Franco Alfarano, Maria Muollo, Carlo Maria, Cecilia Alfarano, Rosario Bossa, Alessandro

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Ronga; da Londra il graphic designer Raffaele Teo; Marcella Candido Cianchetti, Luigi Falco, Carla Librera, Mario e Stefano Massaro, Maria Rosaria Corrado, Nuccio Chillè; Roberto Corsaro, Alessandro Libraro, Giuseppe De Crecchio e Maria Cristina Alfieri del Dipartimento di Scienze Oftalmologiche Università «Federico II»; Titina e Matilde Palmieri, Matilde Palmieri, Luigi Cuoco; Maria Cerbone, Rosaria, Luigi Coppola , Vincenzo Lucente.

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21 Novembre 2004

Princìpi e azione: ecco la bozza del manifesto per la città

La bozza di un manifesto per i diritti dell’uomo nella città. Dodici punti che accolgono contenuti e idee venuti fuori dal vasto dibattito nato dopo la proposta del filosofo Aldo Masullo, la campagna di adesione aperta dal Mattino e l’incontro a San Marcellino. Un documento con princìpi e obiettivi e che indica proposte e azioni: come un testo di legge bipartisan sulla certezza della pena, un Forum aperto agli amministratori e un osservatorio per il controllo della qualità dei servizi pubblici.

«Salviamo Napoli», la bozza in dodici punti

«La rinascita della convivenza civile possibile innanzitutto dall’assunzione dell’etica della responsabilità»

Pubblichiamo la bozza del manifesto per i diritti dell’uomo nella città dopo l’appello del professor Aldo Masullo, la campagna di adesione aperta dal Mattino e l’assise di venerdì scorso nel complesso San Marcellino. INTRODUZIONE Nella vita della «repubblica», cioé dello Stato democratico, la «malattia mortale» è la paralisi della comunicazione tra i cittadini e le istituzioni. In questo caso, il cittadino inascoltato, sentendosi respinto, si ritrae del tutto nel suo privato. Subentra nel cittadino isolato la sfiducia nei riguardi del potere legittimo. Con la sfiducia dilaga lo scoramento. Così i cittadini onesti, dispersi e demoralizzati, costituiscono il contesto di debolezza morale, in cui a tutti i livelli l’illegalità alligna e s’irrobustisce. Di questo Napoli soffre oggi. Nasce perciò l’esigenza di una forte risposta corale. L’appello ad essa è il senso del manifesto per «I diritti dell’uomo nella città».

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PRINCÌPI E OBIETTIVI: - la privata libertà dipende dalla pubblica giustizia; - soltanto l’efficacia delle norme fondamentali di legge e delle regole elementari di urbanità fa vivere il senso dell’organismo-città; - la rinascita della convivenza civile è resa possibile innanzitutto dall’assunzione dell’etica della responsabilità da parte degli amministratori, dei responsabili dei vertici istituzionali e di tutti i cittadini, sottratti al vizio della «mala tolleranza»; - l’etica della responsabilità riuscirà a diffondersi nel tessuto sociale e civile a condizione che nelle amministrazioni pubbliche si ritrovi il coraggio di valutare politici, dirigenti e funzionari sulla base della correttezza e dei risultati ottenuti; - il riscatto della «reputazione del territorio» - da cui dipendono anche lo sviluppo dell’economia locale, la creazione di nuovi posti di lavoro, l’attrazione di imprese esterne e il consolidamento di quelle esistenti - suppone:

1. la repressione della criminalità organizzata e della criminalità diffusa - che è un compito politico-tecnico del legislatore, della magistratura e delle forze dell’ordine;

2. il rifiuto dell’illegalità profonda che investe la responsabilità politico-morale di tutti i cittadini e, in modo eminente, delle istituzioni elettive; - solo il ripristino in forme nuove della comunicazione tra cittadini e istituzioni garantisce, con la viva partecipazione, una sostanziale democrazia. AZIONI E PROPOSTE: - una volta al mese si svolgerà un Forum aperto su uno specifico settore della pubblica amministrazione con i responsabili istituzionali che saranno chiamati a rispondere alle interrogazioni poste dai cittadini (attraverso fax, e-mail e sms al Mattino): rifiuti, traffico, riordino dei servizi essenziali; - si promuoverà un incontro con tutti i parlamentari di Napoli per presentare una proposta di legge bipartisan sull’adeguamento delle procedure penali e la garanzia della certezza delle pene; - s’indirà un’assise pubblica con tutti i parlamentari napoletani e gli esponenti dei gruppi consiliari di Regione, Provincia e Comune, per verificare l’agenda dei progetti di sviluppo della città; - sarà chiesto il potenziamento del servizio scolastico e saranno proposte due ore al mese di Educazione civica in tutte le scuole elementari e medie inferiori della città con la partecipazione dei genitori; - si solleciterà il Comune a mettere in rete o intensificare i collegamenti tra tutte le associazioni di volontariato, i maestri di strada, le parrocchie, le strutture dell’assistenza sociale operanti sul territorio per sconfiggere l’evasione scolastica e la piaga del lavoro minorile; - sarà proposta la creazione, con la collaborazione dell’Università, di un osservatorio indipendente per il controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche nella tutela dell’ambiente e della mobilità, nella manutenzione ordinaria e straordinaria della città.

«L’Università può monitorare i servizi»

GIUSEPPE CRIMALDI La creazione di un organismo indipendente, in collaborazione con l’Università, che abbia come obiettivo il controllo della qualità dei servizi offerti dalle amministrazioni pubbliche: dalla tutela dell’ambiente alla mobilità, alla manutenzione ordinaria e straordinaria della città. È uno dei punti salienti della bozza del manifesto per Napoli. Un ruolo centrale per ristabilire il rapporto fondamentale tra cittadini e istituzioni viene dunque affidato al mondo accademico. E sul ruolo di questo organismo indipendente di controllo si apre il dibattito. «Vista nell’ottica del ragionamento formulato venerdì scorso a San Marcellino dal rettore Trombetti, la proposta mi sembra valida e con divisibile - commenta Enrica Amaturo, preside della facoltà di Sociologia della Federico II - Tuttavia credo che vadano chiariti bene alcuni punti». Quali? «Tanto per cominciare eviterei di far ricorso al termine “authority”, che è organismo regolato da

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precise caratteristiche di legge e rappresenterebbe un passo troppo ambizioso. Per questo organismo indipendente di controllo io preferirei parlare di ”osservatorio”». È utile il coinvolgimento in questa fase dell’Università? «Credo proprio di sì. Utile e importante. Ma anche qui credo sia opportuno fare una precisazione». Prego, professoressa. «Faccio subito una premessa: la fase operativa deve tenere presente le indicazioni della gente. E, sulla base di quelle indicazioni, si deve stabilire un elenco di priorità, sul quale poi lavorare. Ma questo ancora non basta...». Di che cos’altro c’è bisogno? «Stabilito questo elenco di priorità, deve venire la fase del confronto. E il confronto non può che avere come interlocutore diretto le istituzioni locali; anche perché non è possibile pensare di poter incidere sulle cose senza tener presente che esistono comunque vincoli e limiti, sia di legge che amministrativi». In redazione cominciano a giungere le proposte concrete dei napoletani: indicazioni su quel che la gente chiede che venga inserito nella stesura finale del manifesto. Che ne pensa? «L’idea di una sorta di “censimento” mi piace molto. Anzi, la ritengo indispensabile. Spero che al Mattino continuino a pervenire suggerimenti. Ora servono proposte concrete, altrimenti rischiamo di compilare solo un quaderno di belle speranze. In quest’ottica è utile collegare l’adesione dei singoli a un impegno specifico». Quale può essere il ruolo della facoltà di Sociologia? «Siamo già impegnati nel progetto di recupero dei minori in sette quartieri a rischio. Il nostro sarà sempre un contributo di studio e valutazione».

Iervolino: pronta al Forum con i cittadini

CRISTIANO TARSIA LUIGI ROANO

Nasce il manifesto per la città e il sindaco Rosa Iervolino apre all’assise: si dice disponibile a partecipare al prossimo forum in programma tra un mese e soprattutto incoraggia la nascita di «quel circuito che può mettere in collegamento la città e l’amministrazione». Insomma, la Iervolino è interessata davvero al movimento che sta nascendo perché è convinta che l’apertura di palazzo San Giacomo verso l’esterno possa configurarsi come un aspetto qualificante del suo mandato: «Vedo favorevolmente - spiega - tutto quello che è in grado di dare idee e produrre un confronto di idee. La possibilità di conoscere i desideri di tanta gente di Napoli, il confronto con loro, non mi trova in disaccordo. Siamo sensibili alle istanze che vengono dall’esterno». Considerato che in passato c’è stata più di una frizione fra la Iervolino e alcune fette della cosiddetta società civile, il passo in avanti è decisivo: «Tutto quello che è collaborazione, partecipazione io lo trovo un fatto importante, il sindaco se chiamato parteciperà all’assise. Anzi, mi riservo fin da adesso di leggere con attenzione le varie relazioni». Il sindaco è pronta ad ascoltare le istanze che arrivano dall’esterno di palazzo San Giacomo. E la mobilitazione nata introno al manifesto dei cittadini si riflette anche nelle scelte del Comune. L’assessore al Traffico Luca Esposito punta l’indice contro la polizia municipale: «Così non si può andare avanti. Domani convoco tutti i vertici. Voglio capire perché a Chiaia nei fine settimana manca la polizia municipale, Napolipark non è presente massicciamente e si vive una costante emergenza traffico». L’assessore è preoccupato oltre che arrabbiato dopo l’ennesimo sabato all’insegna dell’ingorgo. Natale è alle porte e se non si trova una soluzione Chiaia rischia l’imbottigliamento permanente. In più un paio di cantieri hanno trasformato il quartiere in una trappola per automobilisti. La mancanza di parcheggi completa un quadro caotico. «Devo capire come mai questa assenza dei vigili urbani: domani convocherò il comandante Schettini e il direttore di Napolipark Antonio Gianni. Insieme dobbiamo trovare soluzioni rapide ed efficaci». Esposito però sgombra il campo da ogni equivoco: «Schettini ha la nostra fiducia, piuttosto c’è gente che chiede la promozione però non fa il proprio dovere. Devono dimostrare di guadagnare sul campo un’eventuale promozione. Il sindaco li tiene d’occhio». Schettini, chiamato in causa spiega: «La scarsa presenza dei vigili ieri mattina è dovuta alla coperta corta: abbiamo dovuto assicurare i controlli al by night. In più stiamo tentando di togliere vigili dagli uffici per portarli in strada, ma credetemi non è un compito facile». E in strada la polizia municipale servirebbe per combattere quella che il vicesindaco Rocco Papa chiama illegalità: «Sì - conferma il numero due di palazzo San Giacomo - il ragionamento va articolato. Gli ultimi fatti di sangue, anche quelli di ieri con i morti di camorra, dimostrano che questo problema lo deve affrontare lo Stato, è sua competenza. Noi amministrazione possiamo e dobbiamo fare di più sul fronte dell’illegalità. Dall’arredo urbano alla Polizia municipale, alla polizia amministrativa passando per la

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pulizia della città tutti dobbiamo impegnarci al meglio». Detto questo Papa lancia anche un appello: «Ai napoletani: rispettino le regole. Chi più è in vista dia l’esempio. Comprare borse di contrabbando, su marciapiedi invasi da abusivi, e ce ne sono troppi, è come comprare le sigarette dal contrabbandiere, si dà una mano a chi viola regole e leggi. In questa direzione ciascuno deve fare la sua parte. I politici, ma anche chi politico non è e potrebbe impegnarsi di più in prima linea».

«Rimbocchiamoci le maniche»

GIUSEPPE CRIMALDI Oltre cento messaggi. Proposte concrete e indicazioni di metodo. Si mobilita la società civile che intende fornire il proprio contributo al manifesto per la città: ieri una valanga di fax, mail e sms. Ognuno portatore di una «ricetta», un suggerimento: sintomo inequivocabile della grande voglia di partecipare, di sentirsi protagonisti del cambiamento. Nel sentire comune, su tutte spicca una grande speranza: il ripristino della legalità e delle fondamentali regole di civile convivenza. «Non sono necessarie leggi speciali - scrive Sergio Majocchi - basta applicare e rispettare quelle già esistenti»; un invito a rimboccarsi le maniche senza più «piangersi addosso» viene da Silvano Tamai, mentre Titti Tidone, Ornella Capezzuto, Teresa Dandolo, Maria Muscarà ed Enrica Strina incoraggiano l’interazione «tra mezzi di informazione e società civile», plaudendo all’iniziativa del Mattino. Massimo Morgione e Marinella Siciliano chiedono il «ripristino della presenza delle istituzioni» e puntano sul binomio «legalità e lavoro». «Il ruolo della scuola per il riscatto delle coscienze e della società civile è centrale» per il presidente dell’associazione di volontariato «Il Gabbiano Jonathan», Riccardo Taccogni; una traccia seguita anche da Ciro Di Francia, della segreteria Cisl Campania, per il quale «è indispensabile partire dalla centralità della scuola per ottenere il rispetto delle regole da parte di tutti». In tanti, poi, invocano il ripristino delle minime condizioni di sicurezza: da Giovanni e Ciro Espositoa Graziella Iaccarino-Idelson; Francesco de Goyzueta di Toverena ritiene invece «necessità improrogabile l’inasprimento delle leggi penali, oggi garantiste solo per i delinquenti»; «il problema cardine - sostiene Vincenzo Lucente, napoletano residente a Firenze - è la criminalità; ma è giusto ricordare che a Napoli c’è anche tanto di buono: ed è da lì che bisogna ripartire». Luigi Coppola: «Rispondere alla malavita con i buoni propositi appare illusorio», scrive sottintendendo la necessità di misure concrete e immediate contro il crimine. E se anche Raffaele Di Sieno sollecita «la certezza delle pene», Vittorio Torsi conclude che a casi estremi bisogna rispondere con «leggi speciali». Ancora sicurezza: Paolo Ciancio chiede la «presenza costante delle forze dell’ordine su tutto il territorio, vigili compresi» e coltiva la speranza di poter camminare lungo «strade pulite».

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Il Mattino di Napoli e Pantarei Manifesto degli intellettuali

Rassegna stampa dal 22 al 27 novembre 2004 Pene certe e più severe, sì alla legge bipartisan MARISA LA PENNA 22/11/2004 Quindici omicidi da settembre, sei nelle ultime ventiquattr’ore, centododici dall’inizio dell’anno. Sono i numeri del terrore che ci riportano alla memoria il massacro di venticinque anni fa quando, tra la fine degli anni ’70 e l’inizio degli ’80, le strade della nostra città e della nostra provincia furono bagnate dal sangue di quasi mille morti per la faida che vide uno di fronte all’altro due eserciti della camorra, quello dell’ultimo padrino, Raffaele Cutolo, e quello della Nuova Famiglia. Sono le quindici vittime della faida nel triangolo Scampia-Secondigliano-Melito a destare maggiore inquietudine. Per la sfrontatezza e il senso di sfida allo Stato con cui i killer sono entrati in azione, per il modo eclatante e carico di sinistri messaggi con cui sono stati messi a segno, nonostante il territorio sia presidiato e sotto lo sguardo dello Stato. Che dire, per esempio, dei tre cadaveri impacchettati nel cellophan e abbandonati nei pressi del campo rom di Scampia nello stesso giorno del vertice al Viminale? O dell’assassinio messo a segno a pochi passi dal posto di polizia inaugurato giovedì scorso dalle massime autorità dello Stato? Una sfida allo Stato, una sfida alla città. Più va avanti la faida, più aumentano i morti e più emergono storie di giustizia inceppata, di casi eclatanti di incertezza della pena o di scarcerazioni facili. Basti pensare ai tre imputati nel processo Di Lauro ammazzati negli ultimi venti giorni giorni. O a scippatori e rapinatori arrestati e processati per direttissima ma subito liberi di tornare a delinquere. Quali i rimedi e le strategie per fermare la carneficina e, soprattutto, per adeguare procedure penali e garantire certezza della pena sia per la criminalita organizzata che per i reati di criminalità diffusa? Il ministro dell’Interno, Giuseppe Pisanu, ha detto nei giorni scorsi - prima a Napoli e poi in senato - che c’è un problema di adeguamento delle pene e, soprattutto, di garanzia della certezza della pena. Un tema su cui si sono ritrovati d’accordo centrodestra e centrosinistra, magistrati e forze dell’ordine. Anche dalla bozza del manifesto per la città, pubblicato ieri sul Mattino, è emersa la proposta di un incontro con tutti i parlamentari napoletani per definire un testo di legge bipartisan da presentare in tempi brevi in Parlamento. Una proposta che comincia a prendere consistenza come emerge in questa pagina dalle interviste a due parlamentari napoletani di schieramento opposto. «Dobbiamo accorciare i tempi dei processi» PAOLA PEREZ 22/11/2004 «Bisogna applicare il codice con più rigore e accorciare i tempi dei processi». Questo uno dei principi da cui Vincenzo Siniscalchi, deputato Ds, partirebbe per una proposta di legge bipartisan su adeguamento e certezza delle pene. Proposta che i parlamentari napoletani della maggioranza e dell’opposizione potrebbero scrivere e sostenere uniti dopo la proposta avanzata nel manifesto per la città. Quali i passaggi chiave da inserire nel testo? «Ci sono tre punti fondamentali. È necessario contenere i termini della custodia cautelare, perché all’arresto seguano rapidamente il giudizio e la sentenza. È necessario agire sulla prescrizione dei reati, perché nessuno possa sfuggire alla pena che merita. Ed è necessario ridurre l’eccesso di garanzie che, troppo spesso, si traduce in estenuanti rinvii dei processi». Su questi temi sarà facile trovare accordo con i parlamentari del centrodestra? «Lo speriamo e faremo in modo che questo avvenga. Da parte nostra c’è la massima disponibilità. Molte proposte di legge del centrosinistra orientate in tal senso sono ferme da anni, mentre la maggioranza continua a muoversi nel segno dell’ipergarantismo ad personam. Mi auguro che l’occasione fornita dal

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manifesto sia quella buona per trovare una linea comune, nell’interesse della città». Come fermare la guerra di camorra? «Puntando sull’intelligence che, purtroppo, da queste parti è una parola sconosciuta. Quando sfoglio il giornale, mi trovo spesso a leggere ”Hanno ucciso il signor x, pluripregiudicato, vicino al clan y”. Come è possibile che gli investigatori conoscano i nomi di tutti i personaggi legati alle cosche e li lascino liberi di agire o di farsi ammazzare tra la folla? Ma il peggio viene sul fronte del piccolo crimine. Il numero dei processi per ricettazione e riciclaggio, a Napoli, è ridottissimo. Come mai, quando viene arrestato uno scippatore, non si riesce mai a sapere a chi avrebbe consegnato il bottino?». Due quesiti. Le risposte? «È la stessa per tutti e due: manca l’intelligence. Le forse in campo ci sono, ma le parate militari servono a poco. Oppure...». Quale? «Oppure esiste qualche forma di copertura. Ma non voglio pensarci. Non oso pensarci». «Le condanne vanno scontate in carcere» 22/11/2004 «Bisogna fare in modo che i responsabili di reati gravi non godano di attenuanti e scontino la condanna in carcere». Marcello Taglialatela, deputato An, accoglie con entusiasmo l’ipotesi di una proposta di legge bipartisan per la certezza della pena e si prepara a fornire il suo contributo. Anzi, va oltre: invita i parlamentari napoletani a disegnare insieme altri percorsi normativi, oltre a quello sul codice e la gestione dei processi, che aiutino la città a uscire dall’emergenza. Partendo dal presupposto che chi commette un reato deve essere punito, come raggiungere l’obiettivo? «Un suggerimento utile è già contenuto nella proposta di legge che abbiamo presentato due mesi fa, primo firmatario Edmondo Cirielli: divieto di concessione delle attenuanti in caso di recidiva. A questo ne aggiungerei un altro, non meno importante. Chi commette reati particolarmente gravi dal punto di vista dell’impatto sociale, come lo scippo, la rapina e lo spaccio di stupefacenti, dovrebbe scontare la condanna soltanto con la detenzione in carcere». Le misure alternative, quindi, andrebbero abolite? «Arresti domiciliari, semilibertà e obbligo di firma non hanno senso quando ci troviamo di fronte a un criminale incallito che in nessun modo potrà essere recuperato al vivere civile. Dobbiamo renderci conto di questo e ragionare di conseguenza». È praticabile, oggi, un’iniziativa bipartisan per il bene della città? «Sono convinto che esistano tutti i presupposti perché l’iniziativa legata al ”Manifesto”, e intendo schierarmi subito in prima linea nel percorso comune. Su certe questioni, come l’inasprimento delle pene, una parte del centrosinistra sta cominciando a cambiare registro. Peccato che, per arrivare a questo, sia stato necessario assistere a un bagno di sangue». Altre proposte? «Credo che non dobbiamo fermarci all’ipotesi legislativa sul codice e sul processo. La collaborazione tra deputati e senatori napoletani deve proseguire a tutti i livelli, con tutti gli strumenti che si possono portare all’attenzione del parlamento nell’interesse della città. Si può discutere sull’istituzione dell’alto commissariato per la lotta alla camorra, progetto che porto avanti con grande convinzione, e su un migliore utilizzo dei fondi europei per la sicurezza». p.p. «Costruire una sana coscienza nei giovani» ANNA MARIA ASPRONE La bozza del manifesto per la città, anzi per i diritti dell’uomo nella città convibnce e ottiene molti consensi, anche dopo le già tante adesioni dei giorni scorsi. Anche ieri - tra fax, mail e sms - sono giunte un altro centinaio di messaggi di adesione, accompagnati da contributi e proposte, ipotesi di lavoro e suggerimenti sulle idee, sui temi da trattare, sui percorsi da seguire. Insomma, cresce la mobilitazione per salvare Napoli partita dall’appello del filosofo Aldo Masullo e dalla successiva campagna di adesione aperta dal Mattino. C’è ad esempio chi come Teresa Abiosi Pavolini ritiene che «costruire una sana coscienza nei giovani» sia la cosa più importante e suggerisce agli operatori della scuola un maggiore coinvolgimento mentre Alessandro Libraro ritiene che il modo migliore «per conservare una spinta attiva sarebbe un interesse sano per chi ha minori possibilità di accedere al ben vivere che Napoli pur sa ben dispensare». Anche lo Snavu, il sindacato nazionale della polizia offre il suo contributo per «una forte contrapposizione contro il degrado sociale e l’illegalità diffusa che rischia

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di portare al collasso economico e morale l’intera comunità». Puntare sui giovani e offrire loro luoghi e modi di aggregazione dopo l’orario della scuola è la soluzione che prospetta Daniele Barattelli proponendo una maggiore e più lunga apertura per gli oratori. «Amare la propria città - scrive Carmine Petrillo - è una missione che porta al rispetto per il sociale»; Valentina Marchioni sottolinea che «se il degrado esiste è perché ognuno di noi ha le proprie colpe»; e Velia Damiani fa sapere che gli argomenti dell’assise di San Marcellino sono stati oggetto di un dibattito tra gli studenti della IV B del Liceo Pimentel Fonseca. Occupazione e sviluppo sono al centro di tanti altri messaggi, a cominciare da quello di Maurizio Caiazza. Nicola Campoli chiede che nel manifesto ci sia spazio per il tema «Analisi e prospettive dell’imprenditoria minore locale»; analogamente Antonio e Luisa Sarracino, con Marinella Donadio e Armanda De Cesare, invocano la tutela dei «diritti delle piccole aziende, capillari per il sistema economico nazionale». Vincenzo Vecchione ritiene prioritaria la via dei «contratti di lavoro facilitati, l’accelerazione degli investimenti privati e la sicurezza». Rivalutare il patrimonio storico-artistico, vero volano di sviluppo e lavoro per Napoli: lo chiedono Maria Rosaria Visone, Gianni Palmers presidente del «progetto Pianura» e Massimo Resta. Punta invece sul recupero del concetto di «etica pubblica» Lorenzo Zoppoli (www.eticapubblica.com); Alessandro Biamonte plaude all’iniziativa del Mattino che, scrive, «ristabilisce il circuito di comunicazione», mentre Giuseppe Lo Vecchio propone che ciascun cittadino «adotti una strada o un quartiere». Enzo Ruju per creare una forza qualitativa nella cultura napoletana e per un’ulteriore spinta sia alla legalità che alla crescita della cittadinanza propone una rassegna d’arte con artisti napoletani perchè l’arte comunica ai popoli la sapienza nel futuro dei giovani». Tante le adesioni incondizionate pur senza proposte giunte da gente comune, da intellettuali, politici o accademici. Come quelle di Gaetano Altieri, Guido Barone, Raffaella Puliti, Luigi D’Angelo, Massimo Sorrentino, Elena Longo, Paolo e Vincenzo Caccioppoli, Ornella e Giulia Ruiz, Giuseppe Notte, Daniela Martano e Laura Caravita Leonetti. Qualche altro come Maria Rosaria Panetta aggiunge un augurio «Speriamo!» e chi, infine si lancia in una sorta di aforisma «Salvare Napoli - dice Lorenzo Carriaggio - è semplice. Ogni mattina quando ci laviamo dobbiamo cominciare dal cervello». Pene certe, poli d’accordo per la nuova legge PAOLA PEREZ 23/11/2004 Sicurezza, prima di tutto. Le adesioni al manifesto per Napoli proposto dal filosofo Aldo Masullo e rilanciato dal Mattino, che continuano ad arrivare numerose in redazione, portano questo messaggio forte. Una sicurezza che passa attraverso il perfezionamento del sistema di controllo del territorio e delle strategie investigative ma anche - o forse soprattutto - l’adeguamento delle pene e la garanzia di certezza della pena. Per raggiungere l’obiettivo è stata anche indicata la strada: una proposta di legge bipartisan, con ipotesi di modifica del codice e degli iter processuali, scritta dai parlamentari napoletani che intendono lasciar cadere i paletti politici per marciare insieme nell’interesse della città. L’appello è lanciato, le risposte non mancano. Punti di vista diversi, percorsi diversi, ma indirizzati verso lo stesso traguardo. Gli esponenti dei due poli si dichiarano pronti a un percorso di avvicinamento, a far convergere la loro voglia di agire. Lo hanno detto, ieri, il deputato Ds Vincenzo Siniscalchi («Da parte nostra massima disponibilità, spero che il manifesto sia l’occasione buona per trovare una linea comune) e il deputato di An Marcello Taglialatela («Esistono tutti i presupposti perché l’iniziativa vada in porto»); lo ripetono, oggi, il deputato della Margherita Riccardo Villari («Sia nel centrosinistra che nel centrodestra si trovano molte persone che hanno maturato questo livello di sensibilità») e il deputato di Forza Italia Paolo Russo: «Mettiamo da parte gli steccati ideologici di partito e assumiamo le nostre responsabilità per il bene di Napoli»). Con le dichiarazioni d’intenti arrivano anche le proposte operative. Contenimento dei termini di custodia cautelare, intervento sulla prescrizione dei reati perché nessuno possa sfuggire alla pena che merita, riduzione dell’eccesso di garanzie che produce estenuanti rinvii dei processi, divieto di concessione delle attenuanti in caso di recidiva, condanna da scontare sempre in carcere per chi commette reati gravi dal punto di vista dell’impatto sociale, istituzione di una camera di giudizio permanente per gli episodi di microcriminalità, revisione dell’istituto del rito abbreviato. Intorno a questi spunti si dovrà individuare un tracciato condivisibile e costruire una bozza da presentare in Parlamento. Dove e quando? «Ogni sede può andar bene, purché fissiamo un incontro al più presto», è l’invito di Villari. Un contributo alla riflessione viene intanto fornito dal comitato «L’Ego di Napoli», impegnato in un progetto di studio sull’attuale stato della legislazione italiana in materia di esecuzione della pena: «Approfondiremo, in particolare, l’analisi dell’istituto della

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sospensione condizionale della pena previsto dagli articoli 163 e seguenti del Codice penale, ormai divenuto un mero strumento di ”fuga dalla sanzione” e non più rispondente all’originaria ottica di messa alla prova, nonché l’attuale disciplina delle misure alternative che finiscono spesso per incidere sull’esecuzione della pena senza garantire un reale reinserimento nel tessuto sociale». «Subito un testo unico indicato dagli esperti» 23/11/2004 «Incontriamoci subito - è l’appello di Riccardo Villari, deputato della Margherita, agli altri parlamentari napoletani - già venerdì o sabato, se possibile. Non siamo poi così tanti, fissare un appuntamento non è difficile. E credo sia opportuno invitare anche i rappresentanti delle istituzioni locali, per un approfondimento puntuale dei problemi della città». Quali le priorità? «Innanzitutto una proposta di legge bipartisan per la certezza della pena, come suggerisce la bozza del manifesto per la città. Fissato l’obiettivo, bisogna affidare ai deputati e ai senatori più esperti in materia giuridica il compito di tracciare il percorso nella maniera migliore». Esistono i presupposti per lavorare insieme? «Senz’altro. Sia nel centrosinistra che nel centrodestra si trovano molte persone che hanno maturato questo livello di sensibilità. Ma non dobbiamo fermarci al tema del codice e dell’iter processuale. Dobbiamo estendere il ragionamento a tutti i campi nei quali un parlamentare può far sentire la propria voce». Per esempio? «Per esempio, visto che è in discussione la legge Finanziaria, impegnarsi per orientare maggiori risorse economiche sulla sicurezza a Napoli». Con nuovi finanziamenti sarà possibile decretare la sconfitta del crimine? «Attenzione: questo punto è importante, ma bisogna lavorare anche sulle strategie». Cosa c’è che non funziona? «Ho l’impressione che le forze dell’ordine, di fronte all’escalation criminale, stiano cominciando a giocare in difesa. Non voglio attribuire responsabilità agli uomini in divisa, che sono costretti a svolgere un compito massacrante con pochi mezzi a disposizione. Voglio semplicemente dire che continua a mancare il coordinamento. Data la situazione, credo sia arrivato il momento di rivedere completamente il sistema di controllo del territorio». In che modo? «Partendo dal presupposto che non si può mai garantire sicurezza al cento per cento, mi sembra poco funzionale organizzare interventi a pioggia sull’intero territorio urbano. Meglio individuare una o più aree ad alto rischio e concentrare l’impegno in quelle aree, cominciando per gradi e portando avanti l’operazione per almeno due o tre mesi, con l’obiettivo di ripristinare la legalità a tutti i livelli. Soltanto in questo modo si può restituire la speranza ai cittadini onesti che vivono in certi quartieri». p.p. Sì al megaconcerto per sfidare la camorra FABIO JOUAKIM CRISTIANO TARSIA 24/11/2004 Era uno dei punti programmatici del manifesto per la città: far sedere intorno allo stesso tavolo tutti i parlamentari napoletani, di centrodestra e centrosinistra, per raggiungere l’obiettivo comune di pene certe e più severe. E se ne parlerà sabato mattina, in una saletta dell’hotel Majestic, a Chiaia, a partire dalle 10. Un’iniziativa nata spontaneamente a Montecitorio, dopo le interviste, in pieno spirito bipartisan, di Siniscalchi (Ds), Taglialatela (An), Villari (Margherita) e Russo (Forza Italia). Sarà un primo incontro - è ancora da decidere se aprirlo già da sabato alle istituzioni locali e alle altre forze sociali - per stabilire l’agenda delle priorità. Si inizierà a parlare soprattutto di una proposta di legge per la certezza della pena. Ma il manifesto per la città allarga gli orizzonti con un megaconcerto deciso in diretta tv: Regione, Provincia e Comune insieme nell’organizzazione della grande kermesse contro la criminalità, che si chiamerà «Napoli legale» o «Napoli salva Napoli», evento promosso dal Mattino, dal conduttore di Sky Tg24 Pierluigi Diaco e dalla cantante Teresa De Sio. L’appuntamento è per il 6 dicembre a Palazzo Santa Lucia, sede della Regione, alle 11.30. Qui ci si incontrerà per studiare i dettagli dell’organizzazione del concerto, che si svolgerà il 23 dicembre in una piazza di periferia, a San

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Giovanni a Teduccio o nella stessa Scampia, teatro dell’ultima battaglia di camorra: già avviate le adesioni al grande happening musicale. Tra gli artisti ha assicurato la sua partecipazione Raiz, ex leader degli Almamegretta, intervenuto durante la trasmissione. L’impegno è stato preso ieri, durante «C’è Diaco», in onda su Sky Tg24: la trasmissione - che ha visto in collegamento anche il direttore del Mattino Mario Orfeo - è stata dedicata al progetto del megaconcerto in piazza, che nasce con l’obiettivo di scuotere l’orgoglio dei napoletani. «Sarà un modo per risvegliare le coscienze collettive - ha detto Teresa De Sio in trasmissione - il concerto non cambierà il mondo, ma sarà un grande momento per cercare di risolvere i problemi di delinquenza grazie alla musica». In diretta Antonio Bassolino, governatore della Regione e Italo Bocchino, vicecoordinatore di An, si sono «alleati» davanti ai microfoni di Sky, dandosi appuntamento al tavolo del 6 dicembre. «Bisogna reagire - ha detto Bassolino in collegamento telefonico - il concerto può essere un’ottima occasione per diffondere il senso civico e far emergere la Napoli onesta». D’accordo anche Bocchino: «Chi delinque è una minoranza. Dobbiamo far emergere la maggioranza onesta, la musica può aiutare la politica e non fare isolare le istituzioni ma farle stare tra la gente». Anche il sindaco Rosa Iervolino e il presidente della commissione antimafia Roberto Centaro sono intervenuti per aderire alla manifestazione. Le adesioni si possono indirizzare alla e-mail [email protected]: i messaggi più significativi saranno letti durante il concerto. Soddisfatto Pierluigi Diaco: «Non mi aspettavo - dice - un tale riscontro a un progetto nato solo domenica, ma del quale è stata percepita l’autenticità. La caratteristica forte è che sarà un evento bipartisan, che allo stesso tavolo del 6 dicembre siederanno persone che fino a oggi si erano scontrate. Quella del 23 dicembre sarà una serata bella, divertente, efficace, non autoreferenziale. Accenderemo i riflettori su una realtà più viva e più forte di quella della camorra». «Cittadini uniti per partecipare allo sviluppo» 24/11/2004 Si fa sempre più strada l’appello alla mobilitazione per la rinascita della città che è stato proposto dal filosofo Aldo Masullo e rilanciato attraverso le pagine del Mattino. E ancora numerosissimi sono i messaggi di risposta all’iniziativa che arrivano per contribuire al Forum aperto dal nostro giornale, e per raccogliere le proposte attraverso i fax, le e-mail e gli sms. Emerge chiara la voglia di impegno, la volontà di intervenire e di contribuire con proposte e idee concrete al manifesto per la rinascita della città. Vincenzo Esposito, ad esempio, ritiene fondamentale «la rivisitazione di alcune leggi». «Non c’è necessità di leggi speciali ma solo dell’applicazione e del rispetto di quelle esistenti, il primo problema a Napoli non è l’eccezionalità ma la regolarità», sostiene Sergio Majocchi. Mariolina Formisano presidente del centro commerciale di Corso Garibaldi si dice «certa che l’unione della ”maggioranza silenziosa” dei napoletani possa vincere sulla ”minoranza rumorosa”». «Lotta all’evasione scolastica», questa la priorità segnalata da Antonio Parente, mentre Antonio Gentile e Roberto Pasanisi insistono per una «mobilitazione straordinaria di tutta la società civile e delle realtà culturali e sociali esistenti», annunciando l’assenso all’iniziativa dell’Istituto italiano di cultura di Napoli, della scuola di politica Guido Dorso, delle riviste «POLITIKÈ» e «Nuove Lettere». Mentre la redazione di «Nero su Bianco», periodico di informazione della Comunità di Vita Cristiana (CVX) Immacolata al Gesù Nuovo comunica il sostegno all’appello in una nota con le firme di Pio Caso, Pierluigi Conzo, Marilisa Ferrari, Emanuele Alcidi, Francesca Dicè, Cristiano Salvio, Giuseppe De Filippis, Sherith Fernando, Rosario Riccardi, Enzo Citarelli, Salvatore Riccio, Armando Riccio, Mariangela Sesti, Sergio Costa, Luigi Salvio, Giovanni Riccio, Marcello Salvio, Silvia Filippi, Francesca Maffei e Sebastian Nathan. Tra i messaggi di assenso ci sono ancora quelli dello showman napoletano Gianni Simioli, del docente di filosofia Franz Amato, di Silvano Striato, dirigente scolastico del liceo Brunelleschi di Afragola che anzitutto sottolinea l’importanza di coinvolgere «realtà vicine o che hanno a che fare con Napoli, lasciare Napoli è una scelta inaccettabile qui abbiamo forza, intelligenze e risorse per tirar fuori impegno e volontà», e Striato offre anche spazi e locali per un incontro su scuola, istruzione, educazione, saperi. La professoressa Maria Astarita sottolinea «facciamo qualcosa per la scuola napoletana». Sollecitano poi, a loro volta, l’inizio di una nuova era di «risveglio morale e civile» Giuseppe Serio e Francesco Bertenni e di adesione a principi e alle proposte del manifesto parlano anche l’architetto Luciano Fazi e la psicologa Rossana Savino, la partecipazione attiva dei cittadini a «fondamento di uno sviluppo equo, solidale, sostenibile e duraturo», coinvolgendo la provincia, è la proposta di Luigi Montano che suggerisce l’elaborazione di una carta dei cittadini. Gabriella Rubino solleva un altro problema: «Garantire una città

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vivibile anche e soprattutto nei vicoli». E sempre in tema vivibilità ecco il suggerimento di realizzare impianti sportivi di quartiere, avanzato dalla Flegrea Basket con il presidente Francesco Esposito Caserta, ma il territorio va vigilato di più, specialmente nelle periferie, ricordano Dora Mirone e Catia Serio. «L’iniziativa del manifesto per la città non può che essere condivisa. Deve rappresentare il passo decisivo per combattere il degrado e per far questo un’attenzione centrale va riservata alla scuola» rileva Luigi Bifulco, segretario generale Cisl Scuola Napoli e Campania, che lancia un appello: «Va messa in piedi una Cabina di Regia, al cui interno lavorino in sinergia tutti, dalle istituzioni generali a quelle scolastiche, per trovare assieme le soluzioni utili ad aggredire un fenomeno che ci ha riportato indietro negli anni». «Il riscatto del territorio è indispensabile non solo per Napoli ma per tutta l’area metropolitana», sostiene invece l’ingegnere Vincenzo Bonadies. Tanti anche i messaggi pervenuti via sms, da chi propone nettezza urbana oppure criminalità oppure viabilità e traffico come primo tema di confronto. Diretto è l’appello di Alessandra: «Liberare la città dalla spazzatura, affrontando il problema con le istituzioni». Poi un altro sms con un’esortazione «chiedete al sindaco perché non si fanno parcheggi e piani di riqualificazione urbana», punta sulla manutenzione delle opere Nicola Campoli, bisogna «far rispettare ai motociclisti il divieto di transito sui marciapiedi e i controsenso», è ancora scritto in uno degli sms, «esercito nella città», sentenzia un altro messaggio. E ancora da registrare le adesioni di Ignazio Leonetti, Laura Vidal Leonetti, Renato Di Martino, Alfonso Palmieri, Anna Maciello, Claudio Cuomo, Laura Siniscalco, Bianca ed Antonio de Notaristefani, Antonio Saturnino, Enzo e Lucia Giaquinto, Dario De Notaris, Umberto Magrelli, Luigi Evangelista, Letizia Daniele, Monica La Malfa, Francesco Petilli, Giovanna Papa, Marco Salvia, Roberto Cuocolo. L’AFFONDO Santoro: basta cesarismi lo conferma il successo dell’appello di Masullo 24/11/2004 Ancora reazioni alla proposta di un manifesto per la rinascita della città. L’eurodeputato Michele Santoro a Salerno con Gad Lerner per un convegno, dove si sofferma sulla mobilitazione per il manifesto di Napoli e riflette anche sull’esigenza di una politica che dia spazio alla società. «Non è tempo di proclami ma di un impegno nuovo, come stanno dicendo i filosofi, gli intellettuali e i cittadini che a migliaia hanno firmato l’appello lanciato da Masullo attraverso il Mattino. A Napoli Bassolino chiede più polizia, quando a Secondigliano si spaccia droga sotto gli occhi della polizia». Per il Sud servono risposte in termini economici più che di polizia, riflette Santoro; che aggiunge: «Siamo in una fase in cui i partiti debbono offrire spazi ad una nuova generazione che i movimenti hanno fatto crescere». «La camorra gestisce ancora tutti i grandi traffici della droga a Napoli - ha proseguito l’eurodeputato - e manda i quindicenni a morire. La sinistra deve saper guardare anche alle periferie al sottoproletariato, evitando di prendere il ceto medio come riferimento assoluto. È la risposta che si attendono anche gli intellettuali di Napoli. Sono contro i partiti alla guida, attraverso i propri Cesari della società locale. I Diesse in Campania, tra l’altro, sono un arcipelago come le Maldive e non so come possano rispondere a quell’esigenza di unità nella sinistra, di tutte le forze dell’opposizione che sono riunite nell’Alleanza di cui Prodi è alla guida». «Curare vie e giardini» 25/11/2004 Vivibilità e sicurezza. Al Forum aperto dal Mattino attraverso fax, e-mail e sms arrivano sempre più messaggi, sempre più risposte e insieme proposte di contributo - arricchite di contenuti originali - a quel manifesto per la rinascita della città di Napoli invocato dal filosofo Aldo Masullo e rilanciato attraverso le pagine del nostro giornale. Tantissimi anche i messaggi che sono pervenuti via sms, c’è chi - ad esempio - propone di discutere di «cattiva amministrazione degli enti locali», oppure di inciviltà e illegalità, o delle troppo poche presenze di vigili urbani in strada, mentre Angelo Argo sottolinea che «ci

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vuole legalità sempre, pene certe», e ribadisce l’importanza di allontanare i bambini dalla strada «anche da qui nasce l’illegalità». Altrettanto numerose sono le risposte che indicano l’importanta di discutere di rifiuti e traffico negli incontri tematici mensili del manifesto. E ancora tra le numerose adesioni ci sono quelle di Roberto Ballabio, Olga Germano, Alberto Finamore, Anna Maria Pugliese, Angela De Lilla, Enrico, Pina, Nunzio e Ciro De Florio, Elvira Pietrangioli, dell’associazione turistico-culturale Meridies di Nola, con il presidente Angelo Amato de Serpis, di Amedeo Salerno, presidente del Comitato provinciale del Coni, che suggerisce di considerare tra i temi di confronto da inserire nel manifesto quello delle strutture sportive «impianti sportivi piccoli e funzionali realizzati nelle circoscrizioni potrebbero rappresentare i nuovi centri di aggregazione giovanile», più lavoro e sicurezza sono le priorità indicate al confronto nel contributo di Enrico Schettino che propone «postazioni di polizia 24 ore su 24 nelle principali piazze napoletane», Elio Capriati rilancia sulla manutenzione urbana suggerendo che gli assessori stilino un calendario di visite periodiche in città per verificare le condizioni di strade, marciapiedi, semafori, giardini, trasporti e Nu, e si augura, a sua volta «che si abbia davvero un cambio di rotta» il professor Antonio Postiglione. Ancora temi che vengono suggeriti per il confronto sono quelli che indica Raffaele Biglietto: dall’invito a legiferare per la comunità, a riforme in campo giudiziario, ad una maggiore attenzione per le fasce più deboli e meno acculturate. Un ok alla mobilitazione arriva anche dagli operatori della mobilità locale, associati nel consorzio Taxivagando: «Uniamo la nostra voce alle tante che hanno risposto - scrivono - è necessario un cambio radicale della cultura di governo: la solidarietà e l’interesse collettivo devono essere le coordinate entro cui amministrare il bene comune. Il livello di disintegrazione sociale cui si è giunti a Napoli, chiama tutti in causa. Bisogna impegnarsi per innescare processi inclusivi e partecipativi», ma «anche un marciapiede pulito aiuta la vivibilità e favorisce socialità» evidenzia ancora Mario Fato, puntando sull’importanza di tenere le strade pulite. Pisanu: Napoli reagisce ora tocca al Parlamento MARIO ORFEO 26/11/2004 Ieri un altro omicidio di camorra. Nonostante i rinforzi annunciati, a Napoli è ancora emergenza. Che fare, ministro Pisanu? «Che fare? Combattere la camorra con una strategia di prevenzione e contrasto capace di imporre legalità e rispetto della vita umana. È quello che stiamo facendo. Come ho cercato di dimostrare in Parlamento, la recrudescenza criminale di queste ultime settimane non ci ha colti di sorpresa anche se ha messo a dura prova il sistema di sicurezza della città. Ora la sfida è quella di adeguare continuamente questa strategia alla dura e sanguinosa evoluzione dei fatti. La brillante operazione di ieri a Scampia conferma che siamo sulla strada giusta e perciò abbiamo tutta l’intenzione di continuare così, ben sapendo che è sempre possibile fare di più e meglio». Le strategie del Viminale non trovano concordi tutte le forze politiche. E ci sono cittadini esasperati che invocano l’intervento dell’esercito. Vuole spiegare perché è una soluzione da scartare? «Militarizzare Napoli non sarebbe solo una scelta estrema, di difficile attuazione e dubbia efficacia, ma sarebbe, temo, soprattutto una scelta sbagliata, perché condizionerebbe pesantemente la vita dei cittadini e nuocerebbe all’immagine della città: pensi solo alle conseguenze sul turismo e sul commercio. Dobbiamo invece saper affrontare l’emergenza con calma e determinazione, rispondendo con la massima efficacia alle esigenze immediate e senza mai perdere d’occhio la strategia di lungo periodo impostata due anni fa. In questo senso vanno sia le misure che ho adottato dopo la riunione al Viminale del 9 novembre, sia gli ultimi interventi di emergenza che ho disposto lo scorso fine settimana». Sul piano investigativo ci sono obiettive carenze. Perché non si riesce ad avere un quadro preciso della camorra napoletana, con l’individuazione di mandanti ed esecutori dei delitti? «Per la verità le forze dell’ordine e i servizi di informazione mi hanno fornito analisi profonde e puntuali sull’argomento. Certo, la camorra è un fenomeno criminale assai articolato, tanto che si potrebbe parlare correttamente di molte camorre. Comunque, possiamo dire di conscerne struttura e comportamenti quanto basta per combatterla efficacemente, rispondendo colpo su colpo. Non a caso, gran parte delle vittime della faida in corso era ben nota alle forze di polizia. Detto questo, occorre anche aggiungere che negli ultimi anni la disarticolazione di clan storici e l’arresto di esponenti carismatici hanno aperto larghi spazi, che oggi sono contesi, armi in pugno, dai cosiddetti scissionisti, da nuovi gruppi e da singoli individui provenienti

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dalla criminalità giovanile e dall’immigrazione clandestina. Perciò l’attività di intelligence ed investigazione è ora rivolta a cogliere in tempo reale, o meglio ad anticipare, i mutamenti di questa realtà criminale, per fronteggiare al meglio ogni evenienza». Lei ha detto in Parlamento che la politica a Napoli ha fallito. Con chi ce l’aveva in particolare, e perché? «Non ce l’avevo in particolare con nessuno. La ”questione napoletana” è un vasto e complesso fenomeno di disgregazione sociale ed economica, nel quale i conflitti degenerano troppo spesso in forme di protesta esasperata, illegale e violenta. Ed è da qui che in larga misura scaturiscono i problemi della sicurezza e dell’ordine pubblico. Va da sé che in una simile situazione la politica deve recuperare spazio, iniziativa, capacità di mediazione e, lo sottolineo ancora una volta, quello spirito di collaborazione che, soprattutto nelle sedi isituzionali, è indispensabile dinnanzi a fenomeni degenerativi di così vasta portata. In nessun caso si deve cedere alla tentazione di strumentalizzare a fini di parte vicende così gravi per l’intera collettività. Sono convinto che se le forze politiche e sociali dovessero dividersi in questo modo, farebbero soltanto il gioco dei camorristi». È in atto una iniziativa bipartisan - uno dei punti del manifesto per la città promosso dal Mattino su un’idea del filosofo Aldo Masullo - che vede parlamentari napoletani di maggioranza e opposizione lavorare a una proposta di legge comune che assicuri pene più severe e, soprattutto, la certezza che vengano eseguite. Ieri anche il ministro della Giustizia ha annunciato un pacchetto di norme simili. Come giudica queste iniziative? «Nella situazione in cui ci troviamo, per fermare i camorristi non basta conoscerli e, in molti casi, non basta neppure arrestarli una o più volte, perché il gioco delle norme penali è tale che troppo spesso le teste dell’idra camorrista, una volta recise, tornano al loro posto. E poiché magistratura e forze dell’ordine operano sulla base delle leggi vigenti, diventa allora obbligatorio interrogarsi sull’adeguatezza delle norme ed augurarsi che Parlamento e governo aprano su questo tema una scrupolosa riflessione. Non conosco nel dettaglio le proposte cui lei ha fatto riferimento ma considero sicuramente utile ogni iniziativa che vada in questa direzione. Peraltro, ho sempre sostenuto che in materie complesse e delicate come questa, è opportuno rivolgersi innanzitutto alla sovranità del Parlamento». Nel dibattito su Napoli ci si divide sempre sul tema di fondo: è un problema sociale o puramente criminale? «Nessuna realtà umana può essere tagliata con l’accetta, e tantomeno questa. L’ho accennato prima: al fondo c’è la ”questione napoletana”, con le sue radici antiche e i suoi mali più recenti che, come dice Nicola Tranfaglia, hanno impedito alla città di ”trovare da molti decenni una dimensione nuova”. Non possiamo tuttavia trasformare la ”questione napoletana” in un gigantesco alibi storico-sociale per il crimine e l’illegalità. I delinquenti sono delinquenti e vanno puniti per quel che meritano». Lei ha invitato i cittadini napoletani «inerti e rassegnati» a reagire. A tre settimane da quelle dichiarazioni, e dopo essere venuto a Napoli, conferma la sua opinione? «Non ho mai generalizzato e, infatti, mi sono rivolto a tutti i napoletani onesti e laboriosi, che sono la grande maggioranza. Da quelle dichiarazioni è nato un forte e appassionante dibattito che ha coinvolto le forze vive della società napoletana e ha avuto larga eco sulla stampa nazionale. Non c’è dubbio che, polemiche a parte, Napoli stia reagendo con dignità e compostezza. Con vero piacere vedo in prima fila la stampa cittadina e in particolare voi del Mattino». Alla mobilitazione hanno deciso di partecipare anche gli artisti napoletani, i quali, con Teresa De Sio in testa, hanno annunciato un concerto per Napoli da tenersi il 23 dicembre in una piazza della periferia della città. Il programma è stato immediatamente appoggiato dal presidente della Regione Bassolino, dal sindaco Iervolino e da esponenti del centrodestra. Le sembrano segnali utili e positivi? «Ammiro Teresa De Sio e plaudo all’iniziativa. L’arte e la cultura sono una grande risorsa per Napoli, e questo è il momento di metterle in campo e farle valere. Con la sua storia Napoli non ricomincia certo da zero e neppure da tre». Quando la rivedremo a Napoli? «Spero prestissimo, e questa volta non per parlare di sicurezza, ma proprio di arte. Il 4 dicembre prossimo dovrei infatti presentare un prezioso volume fotografico su quindici splendide chiese napoletane di proprietà del Fondo edifici di culto, amministrato dal ministero dell’Interno. E poiché il 4 dicembre è dedicato a Santa Barbara, patrona dei Vigili del fuoco, celebreremo a Napoli la festa nazionale del Corpo». Ministro, liberare le energie positive di Napoli, garantendo la sicurezza e sostenendo lo sviluppo, è una priorità che sta a cuore anche al presidente della Repubblica. Quali assicurazioni può dare al «cittadino onorario» Ciampi? «Le stesse assicurazioni che ho dato al Parlamento e che gli ho ripetuto ieri, ringraziandolo, ancora una volta, per il grande sostegno che continua a dare alle donne e agli uomini delle forze di polizia impegnati quotidianamente sul fronte della sicurezza e dell’ordine pubblico. Proprio ieri il presidente Ciampi ha voluto rivolgere parole di apprezzamento per l’operazione di Scampia, che ha assicurato alla giustizia un pericoloso gruppo di malviventi e ha confermato l’impegno dello Stato per difendere a Napoli, me lo lasci ripetere, le ragioni del diritto e il valore della vita umana».

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INTERVIENE IL GUARDASIGILLI SUL PACCHETTO SICUREZZA Pene certe, ok anche di Castelli DARIO DEL PORTO 26/11/2004 Buon ultimo dopo il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu e il capo dello Stato Carlo Azeglio Ciampi, anche il ministro della Giustizia Roberto Castelli interviene sull’emergenza Napoli. Lo fa a margine di un convegno al Campidoglio per confermare, senza però scendere nei particolari, che il governo sta preparando una serie di misure sul caso. Il guardasigilli rompe così un lungo silenzio. E nel fare riferimento all’iniziativa, che nasce dalla proposta bipartisan di un gruppo di parlamentari campani avanzata attraverso il Mattino, coglie anche l’occasione per polemizzare ancora una volta con il centrosinistra. «Dopo anni in cui sembrava che il ministro della Giustizia era cattivo - ha affermato Castelli a margine di un convegno a Roma - perché teneva dentro i delinquenti, adesso gli si chiedono misure più severe. Mi fa specie che la richiesta arrivi anche dai parlamentari della sinistra che hanno voluto l’indultino». All’opposizione, Castelli dice: «Dovrebbero mantenere un atteggiamento meno ondivago, come sta facendo il governo che lavora per mettere a punto un pacchetto-Napoli fatto di misure coerenti nell’ottica della razionalità». Il ministro non è entrato nel merito delle riforme, ma si è limitato a ad aggiungere, che per quanto riguarda l’ipotesi di modificare i procedimenti sulla custodia cautelare nell’intento di renderli più veloci, potrebbero rendersi necessarie modifiche sia al codice penale che al codice di procedura penale. Una proposta di inasprimento complessivo della legislazione attuale è stata avanzata anche dal presidente della commissione Antimafia, Roberto Centaro, che nei giorni scorsi aveva incontrato a Palazzo Chigi il sottosegretario alla presidenza del Consiglio Gianni Letta. Centaro ipotizza fra l’altro, oltre a un giro di vite sulla custodia cautelare, anche un rafforzamento delle competenze di prefetto e questore. Pene certe, domani nasce il testo bipartisan PAOLA PEREZ 26/11/2004 Adeguamento delle pene, certezza della pena. La proposta di legge bipartisan nata attraverso il manifesto per la città lanciato dalle pagine del Mattino comincerà a prendere corpo domani alle 10, all’hotel Majestic, durante l’incontro tra i parlamentari napoletani che hanno aderito all’appello. Cresce il numero dei partecipanti annunciati, di entrambi i poli. E sarà soltanto il primo di una serie di appuntamenti: senatori e deputati del centrodestra e del centrosinistra hanno invitato a un confronto (anche questo da tenersi nel breve termine) il procuratore della Repubblica Giovandomenico Lepore, per discutere insieme sul corretto funzionamento della macchina giustizia. I contributi al dibattito sono già numerosi. «Per motivi di salute non potrò partecipare alla riunione - spiega Tommaso Casillo, senatore dello Sdi - ma ne condivido i princìpi. L’iniziativa è molto importante, bisogna trovare una linea comune per affrontare un argomento tanto delicato e complesso. Credo sia necessario intervenire sui termini di custodia cautelare e sulla concessione di benefici come la semilibertà, per evitare che un criminale incallito lasci facilmente il carcere. Ancora, ritengo sia indispensabile agire con maggiore severità sullo spaccio di droga. Lo Stato è riuscito a liberarsi dal contrabbando di sigarette: perché non può fare lo stesso con gli stupefacenti?». «Più che opportuno un confronto bipartisan tra parlamentari - interviene Antonio Iervolino, senatore Udc - non possiamo star qui a lamentarci per l’inadeguatezza delle leggi, perché i legislatori siamo noi. Questo è il mandato che abbiamo ricevuto dai nostri elettori, e noi siamo tenuti a liberarli dalla sensazione di insicurezza con la quale sono costretti a convivere. Al di là degli schieramenti politici, l’obiettivo mi sembra condivisibile e condiviso: garantire certezza della pena attraverso uno snellimento delle procedure processuali». «Certezza della pena, rapidità dei processi, niente permessi speciali o altri benefici per i recidivi, detenzione in carcere alla prima condanna per chi commette reati di camorra o crimini di forte impatto sociale - questi i punti fermi individuati da Gerardo Bianco, deputato della Margherita - un accordo bipartisan su questi temi è senz’altro possibile. Ma bisogna andare oltre. Offrire sostegno economico, per esempio, alle associazioni e ai comitati civici che continuano a sorgere in tutti i quartieri e che mostrano volontà di lavorare per il bene di Napoli». «L’interesse di tutti è che chi delinque vada in galera e ci rimanga per il

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tempo dovuto - commenta Massimo Villone, senatore Ds - l’obiettivo della certezza della pena, però, non si centra soltanto con una modifica legislativa. Bisogna affrontare il sistema nel suo complesso, partendo dal momento investigativo per finire con la sentenza. La giustizia, oggi, è un colossale imbuto che accoglie un gran numero di persone e ne lascia uscire poche con una condanna adeguata. Per sciogliere questo nodo occorrono risorse economiche e risorse umane. I parlamentari non devono limitarsi a riscrivere un articolo del codice ma impegnarsi su tutti i fronti, cominciando in sede di discussione della legge Finanziaria». Tra tante dichiarazioni d’intento comune c’è anche una voce polemica. Quella di Michele Florino, senatore An: «Non parteciperò all’incontro bipartisan, non ritengo ci siano i presupposti per un percorso di questo tipo». Barra: «Tante voci, una speranza» FEDERICO VACALEBRE 26/11/2004 L’elenco s’allunga: con Teresa De Sio il 23 (o il 26) al concerto grosso per una «Napoli legale» nella piazza di San Giovanni a Teduccio oltre a Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana e Mauro Pagani ci sarà anche Peppe Barra, mentre arrivano disponibilità a partecipare dagli ’A67, posse rap di Scampia che ha appena vinto il Premio Siae e sogna di esserci «come voce di una periferia che non è soltanto camorra», da Nello Daniele, da Monica Sarnelli, da Pino De Maio. Pierluigi Diaco, che ha tenuto a battesimo il progetto a Sky, promette le sue telecamere, mentre la De Sio si fa in tre (è in uscita l’album «A Sud! A Sud!», staserà sarà a Foggia per un omaggio a Matteo Salvatore con Vinicio Capossela e intanto contatta amici e colleghi di cui non fa ancora il nome «per scaramanzia e rispetto»), Peppe Barra è ad Algeri per un concerto. Ci sarà anche la voce del magnifico sessantenne Barra tra quelle dello show anticamorra, allora? «Farò di tutto per conciliare la mia presenza con gli appuntamenti teatrali, dal 18 sarò in scena al Trianon con ”La cantata dei pastori”. Il teatro e la musica sono avamposti di cultura, accendono una luce dove altrimenti le tenebre regnerebbero sovrane. Succede col Trianon a Forcella, succederà col nostro concerto a San Giovanni». Le radio che trasmettono «Napule è», i cantanti autoconvocati contro la criminalità armata. Basta? O, almeno, serve? «Non basta, ma serve. La gente che verrà a cantare con noi, almeno per una sera, crederà di poter vincere quella malapianta. Riempirà la piazza, scaccerà lontano i bravi, i malamente. Il giorno dopo bisognerà darle altri motivi di speranza, continuando a tenere lontani, non con le canzoni ma con i mezzi della legge, quei farabutti». Teresa De Sio ha voluto Pagani al suo fianco e ha chiesto l’appoggio morale di Dori Ghezzi, le piacerebbe una serata «in stile» De Andrè. Lei ha cantato «Bocca di rosa» in napoletano, ma soprattutto ha ripreso «Don Raffaè»: perché il ligure, sia pur partenopeo adottivo, De Andrè ha scritto quella tarantella amaramente ironica su camorra, stato e antistato che a nessun napoletano è venuta in mente? «La domanda è di quelle che insinuano dubbi, che meritano riflessioni approfondite. Fabrizio comunque, era uomo di mare, la sua Genova e la nostra Napoli devono essere collegate da una sorta di ”Creuza de ma” che solo lui conosceva». Il caso Napoli arriva in Consiglio dei ministri 27/11/2004

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Il caso Napoli approda in Consiglio dei ministri. Nella seduta di ieri sera, dedicata prevalentemente alla Finanziaria, il ministro della Giustizia Roberto Castelli ha annunciato la presentazione, a nome del governo, di una serie di emendamenti alla legge Cirielli, il testo sull’inasprimento delle pene per i recidivi definito anche «salva Previti» perché prevede anche l’abbassamento della prescrizione per tutti reati salvo quelli di mafia e terrorismo. L’iniziativa di Castelli si affianca a quella parlamentare e bipartisan, «benedetta» dal ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu nell’intervista pubblicata ieri dal Mattino, sostenuta da un gruppo di parlamentari eletti a Napoli e provincia. Oggi alle 10, all’hotel Majestic, deputati e senatori di entrambi gli schieramenti si incontreranno proprio per mettere a punto le proposte di riforma, uno dei punti principali del manifesto per la città lanciato nei giorni scorsi dal filosofo Aldo Masullo. Dopo la tappa napoletana, il pacchetto arriverà a Roma. Tanto che dai banchi parlamentari dell’opposizione il capogruppo diessino alla Camera, Luciano Violante, già afferma: «Darò il mio contributo al pacchetto bipartisan. Se ne condividerò il contenuto non esiterò a schierarmi a favore. Penso che gli elementi positivi sui quali discutere non mancheranno. Ritengo molto importante individuare gli strumenti più adatti per disboscare il processo penale dagli impedimenti frapposti da questa maggioranza. Al tempo stesso però occorre anche un intervento di tipo sociale: è stato tagliato il reddito di cittadinanza, gli aiuti alle fasce deboli sono stati ridimensionati» Una volta messo a punto, il pacchetto sarà portato dai promotori alle Camere. Spiega il capogruppo di Forza Italia in commissione Affari costituzionali della Camera Michele Saponara: «Il presidente del ramo del Parlamento al quale la proposta sarà presentata la assegnerà in prima battuta alla commissione Giustizia. Un parere sarà richiesto anche alla commissione Affari Costituzionali. Farò il possibile per far entrare il dibattito nel vivo entro Natale». Saponara si dice d’accordo con l’iniziativa. «Naturalmente vanno rispettate le garanzie. Però, ad esempio, qualcosa sulla legge Gozzini potrebbe essere rivisto». d.d.p. Via al confronto per la legge bipartisan PAOLA PEREZ 27/11/2004 È il giorno del confronto su un punto cardine del manifesto per la città lanciato dal Mattino: messe da parte le logiche di schieramento politico, i parlamentari napoletani si riuniscono oggi alle 10 all’hotel Majestic per avviare un percorso bipartisan verso una proposta legislativa sull’adeguamento e la certezza della pena. Esponenti del centrodestra e del centrosinistra continuano a manifestare la loro adesione all’iniziativa. «Una mobilitazione trasversale è necessaria - commenta Sergio D’Antoni, deputato dell’Ulivo - in materia di certezza della pena ci sono norme da valutare, discutere, riformulare. Ma dobbiamo anche confrontarci sui temi del lavoro e dello sviluppo». «Va rivista la regolamentazione sulla recidiva per i reati di camorra e per la cosiddetta microcriminalità, non meno grave dal punto di vista dell’impatto sociale - suggerisce Pasquale Giuliano, senatore di Forza Italia - ritengo opportuno,

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poi, insistere sulla confisca dei beni ai clan e su un alto livello di controllo del territorio». «Altri impegni mi impediscono di partecipare alla riunione - fa sapere Francesco Pontone, senatore di An - ma condivido in pieno lo spirito dell’iniziativa. Napoli è stata per troppo tempo abbandonata a se stessa: ora è necessario superare ogni polemica e lavorare insieme». «Occorrono nuove norme - interviene Nello Formisano, senatore di Italia dei Valori - ma bisogna anche fare in modo che quelle esistenti siano applicate con saggezza dai magistrati negli ambiti affidati alla loro discrezione. Serve maggior rigore in caso di recidiva». «Il Mattino ha chiamato a raccolta le forze sane della città - dichiara Salvatore Lauro, senatore di Forza Italia - molto opportunamente si è fatto appello alla necessità di leggi bipartisan che siano un minimo comune denominatore per riaffermare valori condivisi. Aderisco alla mobilitazione, perché la gravità dell’ora impone di radunarci intorno alle istituzioni democratiche». Bobbio: «Scarcerazioni facili un dato nero su cui riflettere» 27/11/2004 «Ci sarò. Le iniziative bipartisan hanno sempre un grande valore e un grande significato - dichiara Luigi Bobbio, senatore di An - però bisogna stare molto attenti, perché il tema da affrontare è delicato». Quali i presupposti necessari perché il progetto vada a buon fine? «È indispensabile che i partecipanti riescano a calibrare la loro volontà di trovare un punto d’incontro, una via di mezzo comune, altrimenti si corre un duplice rischio: creare confusione tra i cittadini e snaturare il senso della battaglia che si intende portare avanti tutti insieme». Ritiene che questa convergenza, oggi, sia possibile? «Senz’altro. Anche nello schieramento di centrosinistra, finalmente, ci si è resi conto dell’importanza di una svolta in senso punitivo e repressivo. È esattamente quello che chiedono il sindaco Rosa Iervolino e il presidente della regione Antonio Bassolino». Obiettivo condiviso, la certezza della pena. Come raggiungerlo? «Intervenendo nei campi che sono affidati alla discrezionalità del magistrato. Ogni anno, a Napoli, vengono fermate o arrestate in flagranza di reato 3500 persone. Di queste, il 70 per cento esce dal carcere nelle 48 ore successive. Il dato è inquietante e deve far riflettere». Suggerimenti operativi? «Posso citarne due, inseriti nel disegno di legge che presenterò la settimana prossima. Obbligo di misura cautelare a partire dal secondo arresto o dal secondo fermo; sospensione della pena da concedere una volta soltanto, e non più due, e per il massimo di un anno». Modifiche da apportare in senso generalizzato o da applicare soltanto ad alcune categorie di reato? «Questa è la parte più complessa del discorso. Da un lato sarebbe opportuno agire su tutti i fronti, perché le maglie della giustizia diventino sempre più strette. Dall’altro è necessario focalizzare l’attenzione sui crimini che hanno un maggiore impatto sociale, quelli che se non efficacemente perseguiti incidono sulla percezione di sicurezza dei cittadini e sul livello di motivazione delle forze dell’ordine: scippi, rapine, possesso di armi, spaccio di stupefacenti». p.p. Pagano: «Un terreno di scontro ma finalmente se ne discute» 27/11/2004 «Ci sarò. Lo sforzo comune rispetto a un disegno di legge che riguarda la giustizia - spiega Maria Grazia Pagano, senatrice Ds - rappresenta una novità di grande rilievo, un’occasione da non sprecare». Perché la definisce una grande novità? «Perché non è mai accaduto, in precedenza, che parlamentari di opposto segno politico manifestassero l’intento di elaborare una proposta congiunta su un tema tanto complesso. Anzi, è stato proprio sul terreno della giustizia che si è consumato lo scontro più acceso». Sembra, però, che qualcosa stia cambiando. «La città sta attraversando un momento molto delicato. Senatori e deputati napoletani sentono finalmente l’esigenza di rappresentare in modo unitario le necessità del territorio: la partecipazione all’iniziativa è segno di grande responsabilità da parte della classe dirigente. Vorrei, però, che il percorso comune non si fermasse all’individuazione di

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strumenti legislativi per contastare la camorra». Quale altro passaggio è necessario? «Spero che l’incontro bipartisan riesca a tradursi, da parte di qualcuno o di tutti gli esponenti della maggioranza, nella volontà di schierarsi in una posizione indipendente dal governo in materia di risorse economiche per il Mezzogiorno. La legge Finanziaria, attualmente in discussione, impone sostanziosi tagli al budget degli enti locali. Questo impedirebbe l’elaborazione di nuovi progetti per le cosiddette aree a rischio. Trovo incoerente impegnarsi per individuare un punto d’incontro sul tema sicurezza perdendo di vista il versante sociale, del lavoro e dello sviluppo. Sono argomenti che non possono viaggiare su binari diversi ma confluire nello stesso ”pacchetto Napoli”. Il primo obiettivo, comunque, resta la certezza della pena». Come centrare il bersaglio? «Un problema da risolvere è quello dei delinquenti abituali che, per la lentezza dei processi, continuano a risultare incensurati. Al reato deve corrispondere una giusta condanna e la condanna deve essere scontata». p.p. MAXICONCERTO PER LA LEGALITÀ

Adesioni da tutto il Sud: «Musica per la svolta» 27/11/2004 Sul palco di San Giovanni a Teduccio il 23 dicembre saranno in tanti, ma sarà impossibile ospitare tutti gli artisti che stanno rispondendo in queste ore all’appello di Teresa De Sio, ideatrice del concerto grosso per una «Napoli legale» che ha il supporto bipartisan del governo locale (Bassolino, Iervolino e Di Palma) e centrale (Pisanu). Peppe Barra, Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana e Mauro Pagani i primi nomi certi, a cui ieri si è aggiunto quello del Parto delle Nuvole Pesanti, il gruppo calabrese che ha da poco pubblicato il suo nuovo ottimo album, intitolato semplicemente «Il Parto». «I contatti con i più grandi artisti napoletani sono ormai tutti - o quasi - avviati, la disponibilità è massima, bisogna soltanto riuscire a conciliare gli impegni di ognuno: il cast sarà magnifico, rappresenteremo i tanti volti sonori della città», annuncia la cantautrice, «ma mi stanno chiamando tanti colleghi ”stranieri”, soprattutto sudisti, che vogliono essere con noi. ”Non possiamo non dirci anche noi napoletani”, mi hanno detto Peppe Voltarelli del Parto e gli Après la Classe, come Mauro Pagani: per loro il caso Napoli è un probema nazionale che va risolvelto con l’aiuto di tutti. La musica è resistenza, alla cammorra come alla guerra, a tutte le forme di violenza. Certo, sappiamo bene che non basterà un concerto per risolvere il problema, ma vogliano dare il nostro contributo facendo quello che sappiamo fare». Per fare quel che sanno fare a San Giovanni vorrebbero esserci anche Lorenzo Hengeller, pianista jazz con la passione per la canzone, e Alessio Caraturo, che è arrivato nella hit parade dei singoli più venduti con la sua versione rallentata della famigerata sigla di «Goldrake», oltre a Nello Daniele, Monica Sarnelli, Pino De Maio. «A volte nei confronti della criminalità organizzata ci si sente disarmati, impotenti. Seduto ad un pianoforte, in mezzo ad artisti bravi e importanti, forse riuscirei anch’io a dare il mio contributo: portare la gente in piazza per dire no alla camorra, invece che restarsene spaventata in casa», spiega Hengeller. f.v. Vittime innocenti, ecco l’alfabeto anticlan 27/11/2004

LUIGI ROANO Voci bianche, quelle di centinaia di bambini delle scuole medie, per leggere l’infinito elenco delle vittime innocenti di mafia e camorra. È durata cinque minuti la lettura, ed è stato il momento più toccante della tappa che la carovana antimafia organizzata

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da «Libera» ha fatto a Forcella. Sul sagrato della chiesa di San Giorgio ai Mannesi, quella di don Luigi Merola: si parte dal 1945, e si finisce al 2004, in mezzo centinaia di morti come Davide Sannino, il giovane di Ponticelli ammazzato nel 1996 a Massa di Somma perché «osò guardare negli occhi il rapinatore che gli stava rubando lo scooter» ad Annalisa Durante trucidata a Forcella dai killer della camorra. Sotto il balcone di casa sua un proiettile la centrò alla testa. Voci bianche che hanno dato speranza, a chi alla carovana ha aderito malgrado un dolore inestinguibile, come il papà di Claudio Taglialatela, ammazzato in corso Umberto e Giovanni Durante, il papà di Annalisa. Una stretta di mano e un abbraccio commovente quello fra i due papà, sotto gli occhi dei bambini che con decine di fiaccole hanno sfilato fin dentro la scuola intitolata ad Annalisa al grido di «libertà libertà». È stata «Giovanniniello», come lo chiamano a Forcella, a dare coraggio a tutti: «La forza di andare avanti ce la danno questi giovani, loro sono l’esempio. Io non mi sento solo, qui a Forcella lo Stato c’è e non solo nelle grandi occasioni. Anche se Napoli è malata e difficile da guarire ci dobbiamo riuscire». Parole che suonano ancora più forti se si considera che Angela Durante, la sorella di Giovanni, ieri ha denunciato di essere stata minacciata «con offese verbali» dalla famiglia di Salvatore Giuliano, il ventenne accusato di aver ucciso Annalisa. In particolare dalla madre di Salvatore Giuliano: «Ho avuto paura - spiega la donna - per me, i miei figli e i miei nipotini - e allora ho denunciato l’accaduto alla polizia. Quando vedo i componenti di quella famiglia cerco sempre di evitarli». Forcella, quartiere simbolo per anni della camorra e oggi dunque quartiere simbolo di chi alla camorra dice no. Emblematico il primo seminario organizzato da Libera, con Geppino Fiorenza, don Tonino Palmese, don Luigi Ciotti e padre Alex Zanotelli nella casa ora confiscata di quello che un tempo era considerato il re della camorra, Luigi Giuliano. L’appartamento ha sale da bagno (fra cui quella famosa con la vasca a conchiglia dove Diego Maradona si lasciò fotografare tra i Giuliano) stucchi e fregi. La Iervolino è entrata nell’abitazione: «È un sogno essere qui, sono queste le immagini della città da spedire in tutto il mondo». Gli fa eco l’assessore antiracket Roberto De Masi: «Io e il sindaco vogliamo che questa casa diventi un simbolo di legalità e di rinascita per tutta Napoli. Non deve essere un luogo lugubre ma di vita, noi ancora dobbiamo chiederglielo formalmente ma la prossima manifestazione la faremo prima di Natale e con noi sono sicuro che ci saranno Pino Daniele e Luca De Filippo». Istituzioni in prima linea anche con l’assessore regionale alla Sicurezza urbana Maria Fortuna Incostante: «Essere qui è la dimostrazione che la camorra si può e si vuole combattere. Perché ciò avvenga servono alcune parole chiave come continuità, concretezza, progettazione, partecipazione». I giovani protagonisti della carovana e da loro arrivano i segnali più incoraggianti, quella non rassegnazione invocata dalle più alte cariche dello Stato a cominciare dal presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi. Ci sono i ragazzi del Liceo Flacco, dove insegna la mamma del povero Taglialatela che hanno scritto una lettera emozionante che è un monito a tutti i napoletani: «La città è stata sempre toccata dai grandi problemi come la disoccupazione e la criminalità. È tuttavia nella stessa mentalità dei napoletani che si trova la radice di tutti questi problemi, il chiudere un occhio su tutto fa parte della nostra cultura. Ci arroghiamo il diritto di dire ai nostri concittadini: aprite gli occhi, noi non fuggiremo via, dimostriamo che l’urlo di Eduardo fuitevenne era un grido provocatorio di allarme». Ancora giovani in prima linea, al teatro Trianon per un’assemblea: «Noi restiamo a Napoli perché è un grande centro di cultura e lottiamo contro la camorra perché distrugge il nostro tessuto economico», le frasi riportate sul volantino distribuito dell’associazione studenti napoletani che insieme alla Sinistra giovanile e Cds hanno organizzato la manifestazione. I ragazzi si stanno organizzando per altre giornate di mobilitazione: il 10 dicembre si terrà a Scampia un’assemblea cittadina contro la camorra con il Comune disponibile a concedere locali per le riunioni.

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Il Mattino di Napoli e Pantarei Manifesto degli intellettuali

Rassegna stampa del 28 novembre 2004 Manifesto: arrivano ancora adesioni e nuove proposte 28/11/2004 Continuano ad arrivare, numerose, le adesioni al manifesto per la città proposto dal filosofo Aldo Masullo e lanciato dal Mattino. Alla grande mobilitazione si aggiungono i nomi di Carmela Capasso, dirigente scolastica dell’Ipc di Arzano («La nostra scuola ha fatto della legalità la sua bandiera, la nostra proposta è quella di partire dal territorio e dai giovani); Paolo Russo, docente di scuola superiore; Gabriele Hasson; Maria Carmen Labanca, Rosario De Stefano, Silvia De Stefano, Mariapaola De Stefano. Un contributo interessante in materia di certezza della pena viene trasmesso dal comitato di avvocati «L’Ego di Napoli» che, dopo aver annunciato una riflessione sugli articoli 164 e 165 del codice penale (sospensiona condizionale), ha elaborato la sua proposta di modifica e si prepara a inviarla al ministro della Giustizia. Accordo tra i parlamentari svolta sulla certezza della pena PAOLA PEREZ 28/11/2004 Un parlamento formato Napoli si è riunito, ieri mattina, nell’hotel Majestic per mettere a punto il documento bipartisan sulla certezza della pena e sulle altre misure da mettere in campo per raggiungere l’obiettivo sicurezza. Era questo uno dei punti cardine del manifesto per la città lanciato dal Mattino; è questa l’ipotesi di lavoro sostenuta dal ministro dell’Interno Pisanu. E alla fine si centra il bersaglio, a dispetto di chi riteneva che lo spirito trasversale fosse destinato a restare per sempre nel limbo dell’utopia. Raccolto l’invito a mettere da parte ogni logica di schieramento per il bene comune, ventiquattro tra senatori e deputati napoletani hanno preso posto intorno al tavolo (altri, nell’impossibilità di partecipare, hanno trasmesso le loro proposte attraverso i colleghi di partito) e si sono messi d’impegno per elaborare un documento unitario. Percorso non facile, soprattutto quando ci si allontana dall’argomento centrale per discutere di Finanziaria, fisco, provvedimento «salva Previti». La discussione, a porte chiuse, è piuttosto animata. Ma bastano tre ore per sgombrare il campo dalle incomprensioni e stendere, tutti insieme, una nota pienamente condivisa. Questi i punti chiave dell’accordo: richiesta di un confronto con i ministri dell’Interno e della Giustizia per individuare modifiche legislative nel segno della certezza della pena; appello al governo e agli enti locali per la messa a punto di misure che consentano a Napoli e al Sud di superare l’attuale disagio, civile ed economico; istituzione di un gruppo di lavoro che continui a riunirsi, già della settimana prossima, in sede romana. L’obiettivo prioritario resta quello di stendere una proposta di legge che possa mettere un freno alle scarcerazioni facili e accelerare i tempi dei processi. Formulato il testo, i promotori formalizzeranno al presidente della Camera una richiesta di «corsia preferenziale» nelle procedure di discussione e approvazioni. Perché l’emergenza resta, c’è tanta voglia di fare e - nell’interesse di Napoli - non ci si può permettere di sprecare neanche un minuto.

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Pene certe, firmato l’accordo bipartisan PAOLA PEREZ 28/11/2004 Tre ore di discussione a porte chiuse, a tratti anche vivace, perché gli argomenti sul tappeto - certezza della pena e adeguamento della macchina giustizia - sono di quelli che farebbero tremare i polsi anche agli spiriti più trasversali. Ma alla fine l’accordo c’è (un accordo bipartisan, in linea con gli auspici del manifesto lanciato dal Mattino e con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Pisanu) e viene condensato in un documento condiviso da tutti, deputati e senatori, centrodestra e centrosinistra. Tutti pronti a far retrocedere le logiche di partito e a privilegiare la voglia di lavorare insieme per la rinascita della città: con la benedizione del sindaco, Rosa Iervolino, che plaude all’iniziativa e si augura riesca presto a tradursi in un risultato concreto. La lettura della nota conclusiva è affidata a Sergio D’Antoni, deputato dell’Ulivo. Premesso che «si ritiene necessaria una forte azione unitaria contro la criminalità organizzata e comune a partire dalla certezza della pena, attraverso le modifiche legislative utili al raggiungimento dello scopo», i parlamentari napoletani «giudicano indispensabile avviare un confronto con i ministri dell’Interno e della Giustizia» per individuare la migliore soluzione del problema. Viene poi lanciato «l’allarme sul disagio sociale, civile ed economico di Napoli e del Mezzogiorno» e, riallacciandosi all’appello del presidente della Repubblica, si richiede «l’assunzione di responsabilità da parte di tutte le istituzioni nazionali e locali, e dei relativi governi, per trovare misure atte a fronteggiarlo». Un passaggio è riservato all’espressione di «solidarietà nei confronti delle forze dell’ordine e degli organi giudiziari impegnati nella lotta alla criminalità», quindi l’azione concreta. Si decide di dar vita a un gruppo di lavoro per definire una proposta di legge nel segno della certezza della pena da elaborare attingendo a diverse ipotesi già portate all’attenzione del parlamento e senza escludere il ricorso al supporto tecnico di magistrati e penalisti campani «non schierati». Il gruppo di lavoro tornerà a riunirsi nei prossimi giorni in sede romana e, una volta messo a punto il testo, richiederà al presidente della Camera Pier Ferdinando Casini un percorso preferenziale per portarlo in discussione e approvazione. «Siamo di fronte a un’iniziativa molto apprezzabile e piena di significato - commenta il sindaco Rosa Iervolino - perché fissa paletti condivisi da tutti i parlamentari. Penso alla certezza della pena e soprattutto al fatto che, al di là di ogni colore, si è ritenuto opportuno inserire nel documento l’aspetto sociale ed economico della questione, l’importanza di sollecitare nuovi investimenti su Napoli, con una sensibilità tale da non irritare nessuno. Dopo la riunione ho incontrato il senatore Fulvio Tessitore e il deputato Sergio D’Antoni, che mi hanno illustrato i contenuti della proposta. Spero si possa avere un esito concreto di qui a breve». Intorno al tavolo di confronto, all’hotel Majestic, ventiquattro persone. Ventitré parlamentari e, in rappresentanza del senatore Tommaso Casillo dello Sdi (fortemente motivato ma impossibilitato a partecipare per motivi di salute), il segretario provinciale Felice Jossa. Ma c’è anche chi, pur senza essere in sala per altri impegni o seri impedimenti, tiene a rimarcare la propria adesione al progetto e far pervenire le sue proposte tramite i colleghi di partito. È il caso di Aldo Cennamo (Ds); Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi); Aldo Perrotta, Antonio Russo, Sergio Iannuccilli, Paolo Russo e Pasquale Giuliano (Forza Italia); Gerardo Bianco (Margherita); Italo Bocchino e Francesco Pontone (An). Pacchetto Napoli, Pisanu boccia Castelli MARIA PAOLA MILANESIO 28/11/2004 Roma. Lo aveva detto il ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu. Lo aveva ripetuto più volte, mentre Napoli viveva altri capitoli della lunga guerra di camorra, una guerra continuata anche ieri. «Risponderemo colpo su colpo». Venerdì sera, erano le 22, la polizia ha fatto irruzione in un villino a Scampia: tre arrestati, due erano latitanti del clan Di Lauro. Pisanu da buon sardo non è facile agli entusiasmi ed è uomo di poche parole. Eppure la sua soddisfazione è tale che traspare netta da quel comunicato del Viminale, dalla nota di «congratulazioni al questore Malvano e ai suoi collaboratori»: «E

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tre. Dopo l’arresto dei sette camorristi a Scampia e dei presunti responsabili di due efferati omicidi, la polizia mette a segno il terzo duro colpo contro la camorra. Stiamo puntualmente mantenendo la parola», commenta il ministro. Non dice di più Pisanu, sicuro che la strada intrapresa sia quella giusta e che l’emergenza Napoli si possa affrontare solo in un clima di collegialità. Per questo ha manifestato apprezzamento per l’iniziativa bipartisan dei parlamentari napoletani, sul cui esito si è detto fiducioso. È silenzio, invece, su quel pacchetto di misure anticrimine che il Guardasigilli Roberto Castelli ha presentato durante l’ultimo consiglio dei ministri, come risposta alla guerra di camorra. «Le norme per l’inasprimento delle pene sono state discusse e votate all’unanimità. Non ho capito perché questo passaggio non sia stato scritto nel comunicato finale. Forse è sfuggito», ha detto ieri Castelli. Non è sfuggito a nessuno, invece, che Pisanu - che avrebbe lasciato la seduta proprio mentre il Guardasigilli prendeva la parola - non abbia gradito l’iniziativa del collega. E non bastano le spesse mura del Viminale a celare l’irritazione del ministro, il quale - riflettendo con i suoi collaboratori - ha sottolineato di non avere concertato nulla con nessuno su questo argomento. Non solo: ha riaffermato la convinzione che, in materie delicate come questa, il confronto debba svilupparsi al di sopra delle tradizionali divisioni tra maggioranza e opposizione. Castelli mostra sorpresa: «Era sembrato d’accordo. Ma il testo è emendabile». Non bastano i chilometri che separano il Viminale da Via Arenula, sede del ministero della Giustizia, a dare contezza dell’abisso che divide i due ministri. Castelli, da parte sua, assicura che il pacchetto Napoli confluirà già martedì nella proposta di legge sulla recidiva, quella stessa che - tuona l’opposizione - riscrivendo la prescrizione consente a Cesare Previti di chiudere definitivamente i suoi conti con la giustizia. Luigi Vitali, il relatore, assicura che il pacchetto Napoli sarà presentato come «emendamento del governo», che non è necessario ricorrere a un apposito decreto legge in quanto la Camera - in prima lettura - può licenziare il testo prima di Natale, che non c’è alcuna schizofrenia nel voler ridurre i tempi di prescrizione e aumentare le pene. «La filosofia è favorire gli incensurati e usare la mano pesante con i recidivi», assicura il relatore, che con il presidente dell’Antimafia Roberto Centaro sta limando il testo. Una tesi, questa, che avrebbe convinto anche l’Udc, recalcitrante a votare una norma che riduca solo i tempi della prescrizione. L’emendamento prevede pene aumentate per i recidivi; possibilità di ricorrere alla videoconferenza anche per parti civili e testimoni; aumento di tutte le pene per associazione mafiosa, per evitare che si ricorra al patteggiamento e si possa poi godere dei benefici carcerari; pene più pesanti anche per chi aiuta i malavitosi (tra i 2 e 4 anni, ora il massimo è 2 anni).

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Il Mattino di Napoli e Pantarei Manifesto degli intellettuali

Rassegna stampa dal 29 novembre al 2 dicembre 2004 Sì del procuratore al documento bipartisan PAOLA PEREZ 29/11/2004 «Ottima iniziativa quella dei parlamentari napoletani che si sono riuniti per elaborare una proposta di legge bipartisan sulla certezza della pena - commenta il procuratore Giovandomenico Lepore (nella foto) - si dimostra, così, la volontà di superare ogni barriera e ogni divisione politica nell’interesse della città. So che senatori e deputati hanno manifestato l’intenzione di incontrarmi e, naturalmente, sono disponibile. Non tanto per il contributo che potrei offrire a titolo personale, ma perché sarebbe questa un’occasione per metterli a confronto con i responsabili dei diversi uffici e offrire un quadro chiaro su quale sia il livello del nostro impegno e quali siano le difficoltà nelle quali ci troviamo a operare, soprattutto dal punto di vista amministrativo». Una visita guidata indispensabile, continua il procuratore, «se si intende portare a Roma un pacchetto di norme tagliato su misura per Napoli o, più in generale, per le grandi città italiane che vivono i nostri stessi problemi e hanno le nostre stesse esigenze». Partendo da uno dei punti cardine del manifesto per la città lanciato dal Mattino - la necessità di elaborare un’ipotesi trasversale e condivisa per accelerare l’iter dei processi e garantire che le condanne vengano scontate - i parlamentari hanno tracciato un piano di lavoro che prevede, già in questa settimana, una serie di riunioni in sede romana e una richiesta di confronto con i ministri dell’Interno e della giustizia. Nello stesso tempo, è stata espressa l’intenzione di integrare il percorso con il contributo tecnico dei magistrati che operano sul territorio. E l’invito viene subito raccolto. «Non chiedevamo altro che di essere ascoltati - interviene Armando D’Alterio, segretario generale della Rete europea di formazione giudiziaria - credo possa essere molto utile fermarci a ragionare su come funziona il sistema negli altri paesi, cercando di prendere il meglio dalle loro normative. L’ideale, secondo me, sarebbe mettere insieme le garanzie della Francia e della Spagna con l’efficienza del mondo anglosassone. Le strade che portano alla certezza della pena sono diverse e tutte praticabili: basta decidere qual è il modulo che si preferisce adottare e costruirci intorno un meccanismo funzionante. Per centrare il bersaglio, però, occorrono risorse economiche. Questo non dobbiamo dimenticarlo ed è questo l’impegno che chiediamo ai nostri parlamentari». «Un momento di confronto con gli ”addetti ai lavori” - aggiunge il sostituto procuratore generale Aldo De Chiara - è senz’altro auspicabile quando si comincia a lavorare su una modifica legislativa. Una cosa è scrivere il testo, altra cosa è applicarlo quotidianamente. Nel caso specifico, inviterei i parlamentari ad ascoltare le ragioni di tutti gli operatori del diritto: magistrati, avvocati, forze di polizia. È singolare, comunque, che si debba fare un passo in avanti nel percorso soltanto perché siamo sotto pressione e in una situazione di particolare emergenza. Ci sono problemi che rappresentiamo da anni, senza essere ascoltati. Ma questa, forse, potrebbe essere l’occasione buona». «Ogni volta che la camorra alzato il tiro si aprono dibattiti, si fanno riunioni, si chiede la certezza della pena - ricorda Laura Triassi, presidente XII sezione del Riesame - e ogni volta, in concreto, non cambia nulla. Oggi c’è una volontà politica condivisa di modificare le leggi? Se davvero è così, sappiamo da dove cominciare: liberiamo il processo dagli eccessi di burocrazia. È impensabile che un banale difetto di notifica porti meccanicamente alla scarcerazione». «La proposta bipartisan è iniziativa che fa onore ai nostri parlamentari - conclude Enzo Russo, presidente III sezione penale del Tribunale - ed è auspicabile che i magistrati possano offrire il loro contributo, ragionando da giuristi e tenendosi lontani da ogni logica di schieramento. Mi fa piacere, poi, che nel documento di senatori e deputati sia stato inserito un passaggio sulla necessità di intervenire anche sul versante economico e sociale. Perché l’educazione alla legalità è importante quanto l’inasprimento delle pene. Anzi: di più».

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Gragnaniello: «Noi, voci di speranza» FEDERICO VACALEBRE 29/11/2004 «Impegni permettendo, ci sarò anch’io con Teresa De Sio, Peppe Barra, Raiz, Mauro Pagani, Sal Da Vinci, gli Zezi e quanti altri il 23 dicembre a San Giovanni a Teduccio», annuncia Enzo Gragnaniello, «è giusto che pure gli artisti contribuiscano a dimostrare che Napoli non è solo la città insanguinata che mostrano i tg, anche se c’è il rischio di passare per quelli che credono di poter nascondere il dolore, le sofferenze, i crimini, i morti ammazzati dietro una piedigrotta anticamorra». «Un rischio che può essere evitato solo dalle istituzioni», precisa Gragnaniello: «Tocca a loro, sopratttutto al governo, togliere l’acqua in cui galleggia e prospera la criminalità: chi vive nei quartieri più degradati ha diritto a un futuro, al lavoro, ad una vita civile. Altrimenti, resta solo la camorra. Noi possiamo cantare per la legalità, anzi lo dobbiamo fare. La musica è contro la violenza, è armonia, è amore, è buone vibrazioni. Chi spara a Secondigliano o in Iraq ha altri suoni nelle orecchie e nel cuore, non certo Mozart o Murolo. Ma come non basta cantare, così non basta punire, reprimere. Anzi, la militarizzazione del territorio è da evitare, a Napoli come a New York e a Baghdad non si risolvono i problemi con le armi. Bisogna togliere al camorrista l’aura di invincibilità, di potere. C’è troppa gente che vive la dittatura del consumismo senza poter consumare: ecco, noi musicisti possiamo portare il nostro carisma, mostrare che un altro modo di vivere è possibile, un’altra Napoli è possibile. Poi servono psicologi, sociologi, assistenti sociali e, soprattutto, lavoro, integrazione sociale». Il cantautore parla per esperienza diretta: «Io sono dei Quartieri Spagnoli, di stupidaggini da ragazzo ne ho fatte tante, pagandole tutte. La mia vita è cambiata il giorno in cui mi sono ritrovato una chitarra in mano: ecco, il concerto di San Giovanni dovrebbe dare ai ragazzi la voglia di fare altro, di sottrarsi al giogo della piccola illegalità diffusa che facilmente conduce al crimine organizzato. Ma, poi, il governo, Berlusconi, Bassolino, la Iervolino dovrebbero dar loro la possibilità di inseguire i propri sogni: studiare, lavorare, formare una famiglia, suonare una chitarra». Enzo ha paura che, passata la mobilitazione del momento, si torni all’ignavia quotidiana: «Se non ci fosse un conflitto interno alla camorra oggi non organizzeremmo concerti, non si stenderebbero manifesti degli intellettuali. Ma quando i camorristi non si sparano tra di loro la camorra è più viva e forte che mai».

Pene certe, si accelera sul testo bipartisan GINO GIACULLI 01/12/2004 Cresce la mobilitazione dei parlamentari. Dopo l’incontro di sabato in città, si accelera sull’elaborazione di un testo bipartisan - uno degli obiettivi del manifesto per la città promosso dal Mattino, in linea anche con le dichiarazioni del ministro dell’Interno Pisanu - sull’adeguamento e la certezza della pena. Annunciato a giorni a Roma un primo vertice tra i deputati e senatori napoletani di entrambi gli schieramenti: un tavolo dal quale povrebbe materialmente uscire il testo della nuova proposta di legge. L’iter dovrebbe essere quello ordinario delle leggi. Ma fino a un certo punto. Scritta la proposta, questa verrà presentata in commissione a Montecitorio dove si svilupperà il dibattito. Il testo, quando sarà approvato, magari con una buona dose di consensi vista la sua natura bipartisan, passerà all’aula della Camera accompagnato dal parere della commissione: ci sarà il nuovo esame e quindi - in caso di approvazione - il testo viaggerà per la seconda lettura al Senato dove, se approvato, diventerà legge. Nella fase del confronto alla Camera c’è l’intenzione di chiedere al presidente Pier Ferdinando Casini una corsia preferenziale per accorciare i tempi e calendarizzare al più presto il dibattito. Inoltre, ci sarà una ricognizione su eventuali proposte e testi già depositati e che vadano in questo senso, da poter recuperare. Infine, e sempre all’interno di questo percorso, si punterà a un confronto con i ministri dell’Interno e della Giustizia, così come indicato nel documento comune redatto sabato scorso nell’incontro dei parlamentari autoconvocatisi a Napoli. Dunque presto si entrerà nel vivo. Ma tiene banco anche la presa di posizione del procuratore Giovandomenico Lepore che, nel giudicare positivamente l’iniziativa e la proposta di un incontro con lui, avanzata dai parlamentari, ha rilanciato chiedendo che deputati e senatori si confrontino anche con i vertici degli uffici onde «offrire un quadro chiaro su quale sia il livello del nostro impegno e quali siano le difficoltà nelle quali ci troviamo a operare, soprattutto dal punto di vista amministrativo». Parole chiare, insomma. Riccardo Villari, deputato della Margherita, conferma che nella fase del confronto alla Camera «a Casini possiamo chiedere di anticipare i tempi del dibattito». Poi Villari insiste sull’altro aspetto: «Sono pronto a raccogliere lo stimolo di Lepore, ci sono tanti motivi per cui le cose non vanno bene, alcune sono più difficili da risolvere ma altre si possono affrontare: sulle carenze segnalate da Lepore si può intervenire.

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Bisogna sollecitare tutti perché nella Finanziaria si possano trovare le risorse necessarie per l’attività ordinaria della Procura. A questo punto un incontro con il procuratore Lepore mi sembra doveroso». Il momento della verità si avvicina. Lo conferma il senatore dell’Udc Antonio Iervolino, che annuncia: «In settimana noi parlamentari dei due schieramenti ci incontreremo per stabilire una linea di intesa comune e elaborare un testo per la modifica delle leggi vigenti, soprattutto per quanto riguarda certezza della pena e elevazione dei limiti di pena per reati particolarmente efferati». Ma anche il senatore Iervolino coglie gli aspetti evidenziati da Lepore, e sottolinea: «Le buone intenzioni del procuratore Lepore ci trovano particolarmente sensibili. La collaborazione tra le istituzioni, in questo caso tra politica e magistratura è estremamente auspicabile al di là delle polemiche in corso». Un altro terreno di sfida. Pene certe, si parte dal pacchetto Pisanu GINO GIACULLI 02/12/2004 Non si sono neanche seduti. Ma ad alcuni deputati napoletani dei due poli è bastato un colloquio rapido ieri a Montecitorio per individuare un chiaro percorso dal quale partire per elaborare un testo bipartisan sulla certezza della pena. Uno degli obiettivi indicati nel manifesto per la città promosso dal Mattino e in linea con le parole del ministro dell’Interno Pisanu. Ed è dal lavoro del titolare del Viminale in materia di certezza della pena che i deputati napoletani intendono cominciare. Un’idea che viene condivisa sia dagli esponenti della Cdl e che da quelli del centrosinistra. Così Riccardo Villari, deputato della Margherita, spiega la strada che è stata individuata: «Possiamo partire dal testo istruttorio preparato dal ministro Pisanu in materia di certezza della pena: siamo tutti d’accordo su questo punto di inizio». Individuato a questo punto il primo mattone, la costruzione da realizzare si gioverà quindi del contributo dei responsabili del settore giustizia delle varie forze politiche, riuniti in un gruppo di lavoro ristretto, per arrivare in questo modo alla stesura materiale del testo bipartisan. Ma non è l’unico punto in calendario. Infatti si insiste sull’importanza di ottenere una fase di confronto per l’iniziativa sia con Pisanu sia con il ministro della Giustizia Roberto Castelli. «L’importante è che si lavori con discrezione e concretezza, sulle grandi questioni vanno trovate soluzioni condivise», dice il deputato. Mentre è pronta la richiesta di un appuntamento al procuratore Giovandomenico Lepore, per realizzare un momento di verifica ma anche per entrare nel merito di quelle che sono le esigenze ordinarie per l’attività della Procura. Insomma, cresce la mobilitazione per arrivare all’obiettivo del testo bipartisan sulla certezza della pena. E quei princìpi che erano stati enunciati sabato scorso, durante la lunga riunione dei parlamentari napoletani che si sono autoconvocati in città, cominciano a tradursi in ipotesi di lavoro più fattive. Tra le idee avanzate nel corso del meeting tenutosi a Napoli c’è anche quella di chiedere al presidente Pier Ferdinando Casini, nella fase del confronto alla Camera sulla proposta di legge, una corsia preferenziale per calendarizzare quanto prima possibile il dibattito in aula. Ma per ora è l’idea di partire dal lavoro del ministro Pisanu che tiene banco. Claudio Azzolini, deputato di Forza Italia, evidenzia dal suo punto di vista anche un’altra necessità, quella di un «percorso velocissimo» dell’iniziativa. Anche Azzolini insiste nel merito: «Penso tutto il bene possibile sia di questo percorso condiviso sia di quanto è stato individuato dal ministro Pisanu». E, a sua volta, il rappresentante della Casa delle Libertà spinge per l’obiettivo della concretezza, sottolineando: «Sul piano dell’operatività uno strumento adeguato, che derivasse da un accordo bipartisan, agevolerebbe l’azione di chi è chiamato a operare». «Rilanciare l’occupazione» 02/12/2004 Il dibattito si fa sempre più concreto. È sempre più vasto il ventaglio di proposte, inziative, suggerimenti pervenuti al Forum aperto da Mattino con fax, e-mail e messaggi sms sul manifesto per la città, lanciato attraverso le pagine del nostro quotidiano dal filosofo Aldo Masullo. Idee di partecipazione, contributi fattivi, suggerimenti per un confronto sul futuro della città. E così Raffaele Giglio, presidente del Collegio dei ragionieri di Napoli, ritiene che bisogna «rilanciare l’occupazione con una pianificazione di

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lungo periodo, fatta di ricerca, investimenti in tecnologia e infrastrutture. Le istituzioni devono assumersi un compito gravoso, la cittadinanza farà altrettanto. I professionisti economici, come i ragionieri, offrono le proprie energie, competenza e esperienza in questo momento delicatissimo». Nicola Schiavone rilancia sottolineando la necessità di «lavoro per i giovani e certezza della pena per i criminali». Elisa e Anna Aprile sperano «vivamente nel ripristino della legalità e della civile convivenza», proponendo un corso di Educazione civica obbligatorio in tutte le scuole. Sull’importanza di «porre l’accento sul rapporto istituzioni-cittadino» si sofferma Rossana Lenzi Piccirillo, mentre Gaetano Di Stefano espone un’idea: riorganizzare i quartieri a «matrice» come ad esempio il Vasto, con nuova circolazione e vigili urbani presenti, e pedonalizzare il corso Umberto. Discutere di sicurezza indica Marcella Cianchetti Candido, Marisa Lodovici Giuliani suggerisce invece di «coinvolgere gli intellettuali che non hanno cariche istituzionali e dare loro l’opportunità di formare gruppi di cittadini per discutere dei mali della città e poi redigere un documento da presnetare alle istituzioni», e ancora indicano alla discussione il tema criminalità le professoresse della Federico II Filomena Rossi e Maria Grimaldi. E ancora adesioni da Michele Coppola, Luca Delgado, Adolfo Giuliani, Antonio Vitolo, Ciro Di Nardo, Fabio De Gregorio, Donatella Corrado, Fabio Rossi, Anna Merlino, Carolina Zoroli, Rosaria Colaizzi, Davide De Rosa, Giacinto Adamo.

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Il Mattino di Napoli e Pantarei Manifesto degli intellettuali

Rassegna stampa dal 3 al 17 dicembre 2004

Educazione civica, la scuola raccoglie la sfida ANNA MARIA ASPRONE 03/12/2004 «Educarsi a vicenda. È questo l’obiettivo che raggiungeranno padri e figli se ascolteranno, seduti fianco a fianco, nello stesso banco, norme elementari del vivere civile, semplici regole di Educazione civica, dal non sfrecciare a tutto gas quando c’è il rosso all’indossare il casco, dal non attraversare sulle strisce alla guida senza cintura. Discutendone insieme, seguendo lezioni di educazione civica nelle aule scolastiche non potranno, una volta in strada, violare le norme della legalità e poi guardarsi in viso senza poi arrossire». Alberto Bottino, direttore scolastico regionale, rilancia uno dei punti chiave del manifesto per la città, promosso dal Mattino e nato da un’idea del filosofo Aldo Masullo. Tra le «azioni» indicate dal manifesto, infatti, si parla di «potenziamento dei servizi scolastici e proposta di due ore al mese di Educazione civica nelle scuole con i genitori». E la scuola risponde. L’idea è dunque quella di discutere insieme, alunni e famiglie, all’interno della struttura scolastica, non solo di legalità ma del rispetto delle più elementari regole di convivenza civica nella società. Bottino, poi, entra nei dettagli: «Qualunque iniziativa per smuovere le coscienze e per risvegliare il senso civico, ma naturalmente che sia pro e non contro qualcuno, non può che trovarmi favorevole». Da tempo dalla direzione scolastica sono partiti gli input per le scuole che avessero l’intenzione di realizzare incontri e progetti finalizzati alla legalità e alla sicurezza. Incontri che hanno via via coinvolto forze dell’ordine come carabinieri e polizia, polizia municipale, vigili del fuoco ma anche magistrati e politici. Tutto per favorire la formazione di una coscienza, di una cultura della legalità. E i capi d’istituto hanno raccolto la proposta e da qualche tempo realizzano nelle loro scuole progetti e incontri sui temi di scottante attualità: dall’educazione stradale alla legalità, dalla lotta al racket all’usura. «Avere le stesse esperienze e discuterle insieme - precisa Bottino - favorire il dialogo ed il confronto tra genitori e figli sul rispetto delle regole civiche. Convincere i genitori a partecipare attivamente agli incontri formativi nella scuola soprattutto nei quartieri più degradati, più poveri e quindi più ”a rischio” servirà sicuramente a gettare le basi affinché il ragazzo, dopo aver appreso ed imparato, traduca quei concetti in termini di atteggiamenti in famiglia e la famiglia a sua volta li riprenda da lui». Negli obiettivi a lungo termine potrebbe anche accadere, dunque, che un ragazzo, salendo in auto con suo padre e notando la dimenticanza, gli direbbe: «Perché non hai allacciato la cintura di sicurezza?». «L’obiettivo più importante da raggiungere - aggiunge il direttore generale - è quello di inculcare nelle menti più giovani il rispetto delle regole. Il punto debole della catena è proprio il primo, cioè il mancato rispetto delle norme civiche, che ancora non sono un sintomo sicuro di devianza, ma che possono diventare un facile sottobosco in cui può andare a pescare la delinquenza organizzata». Sono i genitori, o meglio la loro frequenza ai minicorsi insieme ai figli, la vera novità della proposta contenuta nel manifesto. Non tanto dunque le ore di Educazione civica, che fanno già parte di una normale programmazione delle attività didattiche. «Naturalmente - conclude

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Bottino - ci sono piccole questioni da definire, dal punto di vista pratico, logistico ed economico. Ma le supereremo, certamente vista l’importanza dell’obiettivo da raggiungere, fermo restando l’autonomia delle singole scuole. Non obbligheremo nessuno ma faremo di tutto per allargare sempre più il numero di istituti che aderiranno all’iniziativa».

La prima lezione in cinque istituti a.m.a. 03/12/2004 Accompagneranno i figli non solo fino al portone della scuola ma dentro. Entrambi come studenti, almeno due volte al mese, seguiranno lezioni di educazione civica. Una proposta destinata a far discutere quella lanciata dal manifesto per la città e che prevede due ore mensili di educazione civica da impartire periodicamente agli studenti e ai loro genitori. Bisognerà fare i conti con le diverse realtà territoriali. Ne abbiamo parlato con i capi d’istituto di alcuni quartieri in cui la scuola vive in trincea. «Ci battiamo da sempre per le regole, per farle accettare e rispettare dai ragazzi - spiega Teresa Incarnato, preside della scuola media ”Marta Russo” di Secondigliano - Non può, quindi che trovarci del tutto favorevoli l’idea-proposta di Aldo Masullo. I ragazzi della mia scuola sono ogni giorno di più a contatto con fatti di cronaca negativi. Penso che un risultato maggiore si otterrebbe dall’esperienza diretta magari raccontata in prima persona da qualcuno che l’ha vissuta e superata, ad un esempio da chi è stato vittima di un incidente stradale perchè non indossava il casco». Favorevole all’iniziativa anche Giuseppe Pecoraro, preside della Media «Giotto» a san Giovanni a Teduccio. «La realtà spesso è degradata ma anche nei ragazzi c’è l’aspiraziobe al benessere che contraddistingue i giovani. Se lo spiraglio per una vita più agiata viene dalla malavita difficilmente riescono a restare insensibili a meno che in loro non sia forte la spinta dei veri valori. Bisogna dunque lavorare sulle loro coscienze. Da qualche anno abbiamo realizzato un mini consiglio circoscrizionale in cui gli studenti-consiglieri si confrontano su alcuni temi con gli adulti». «Da tempo lavoriamo in questa direzione - precisa Giuseppe Signudi, capo d’istituto alla Media Sogliano al Ponte di Casanova - la difficoltà sarà coinvolgere i genitori che spesso non hanno tempo». Lodevole, secondo Maria Teresa Napolitano, preside della Media «Gigante» a Cavalleggeri, l’iniziativa di Masullo. «Trovo giusta l’idea di allargare le lezioni ai genitori, di solito restii a partecipare. I ragazzi hanno incertezze, ansie e paure da colmare e la scuola deve essere presente. Deve essere tenace e caparbia». «Il mio istituto raccoglie realtà giovanili molto diverse - dice Ugo Saggese, preside della Media «Guarino» a San Pietro a Patierno - ragazzi che fanno volontariato e anche bulli, facili prede per la malavita. È giusto quindi parlare di senso civico. Devo ammettere però di essere scettico sulla possibilità che i genitori possano seguirli a scuola. Alcuni hanno i genitori addirittura in carcere, altri ne hanno uno solo, troppo preso a sbarcare il lunario per avere tempo».

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Concerto, stretta finale domani vertice in Regione 05/12/2004 Stamane la ricognizione definitiva a San Giovanni a Teduccio per scegliere la piazza, o il parco, più adatta ad ospitare il concerto grosso del 13 per una «Napoli legale». Stasera l’incontro tra la promotrice e direttrice artistica Teresa De Sio e Pierluigi Diaco, che ha battezzato l’evento in diretta tv e promette di seguirlo passo passo. Domattina la prima riunione esecutiva a Santa Lucia con la De Sio, il governatore Bassolino, il sindaco Iervolino, il presidente della Provincia Di Palma e rappresentanti dell’opposizione come Bocchino (l’iniziativa è bipartisan, ha avuto il plauso anche del ministro Pisanu). Subito dopo, dalle 14.35, la diretta su Sky Tg 24 di «C’è Diaco» interamente dedicata all’argomento: tra i partecipanti, insieme alla cantautrice ed ai rappresentanti delle istituzioni coinvolte, anche il direttore del «Mattino» Orfeo. CantaNapoli, Napoli legale: l’operazione entra ormai nella fase organizzativa e sia dalla Regione, dove seguono passo dopo passo i preparativi, sia dallo staff della De Sio si preferisce evitare qualsiasi annuncio: dalla riunione di domani dovrebbero uscire le prime notizie ufficiali, e, soprattutto, la scelta del profilo dello spettacolo a cui hanno garantito la loro presenza Raiz, Sal Da Vinci, i 24 Grana, Peppe Barra, Enzo Gragnaniello, il Parto delle Nuvole Pesanti, gli Zezi, Mauro Pagani con l’orchestra mediterranea con cui ha riletto «Creuza de ma» vent’anni dopo. Per un omaggio a De Andrè partenopeo adottivo si sono proposti anche Nello Daniele, Carlo Faiello ed Alan Wurzburger, che hanno dato la loro adesione come Enzo Avitabile, Tony Cercola, Amelia e Francesca Rondinella, gli ’A 67, Lorenzo Hengeller, Pino De Maio, Monica Sarnelli... Ma la mobilitazione non riguarda solo il mondo artistico: due imprenditori dello showbusiness - che preferiscono restare anonimi per evitare il sospetto di cercare pubblicità - hanno messo a disposizione gratuitamente palco e strutture per l’allestimento.

Oggi a Napoli la bozza bipartisan PAOLA PEREZ 09/12/2004 Senatori e deputati napoletani si ritrovano, oggi a mezzogiorno, in una sala dell’hotel Majestic per aggiungere un altro importante tassello al percorso verso la proposta di legge bipartisan sulla certezza della pena. Al termine della prima riunione era stato stilato un documento d’indirizzo comune sulle priorità da affrontare. Stavolta si scende nel concreto, partendo dai tre punti-chiave individuati dal ministro dell’Interno Pisanu - durata della custodia cautelare, ripristino dell’arresto obbligatorio per determinati reati, maggiore severità in caso di recidiva - e integrandoli con le ipotesi d’intervento tracciate negli ultimi giorni dai singoli parlamentari. I documenti che compariranno sul tavolo verranno messi insieme, confrontati, discussi, valutati e compressi nei capitoli di un’unica bozza condivisa da tutti. La stesura definitiva del testo sarà poi affidata a un comitato ristretto composto da quattro o cinque esponenti politici e da esperti scelti tra i consulenti delle commissioni bicamerali. L’intento è quello di centrare l’obiettivo nel breve termine, avviare l’iter della proposta di legge entro un paio di settimane, stringere i tempi di discussione e

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approvazione richiedendo un esame del testo da parte della commissione giustizia in sede deliberante. Ancora ieri pomeriggio proseguiva la chiamata a raccolta dei parlamentari che hanno promosso e sostenuto l’iniziativa, sollecitata dal Mattino nell’ambito del «Manifesto per la città». Molti senatori non potranno partecipare alla riunione perché proprio oggi inizia la discussione in aula della Finanziaria; qualche deputato, trattenuto fuori città da altri impegni, potrebbe non fare in tempo a raggiungere il Majestic. Ma tutti quelli che erano presenti al primo incontro, e tutti quelli che pur non essendo presenti avevano espresso la loro adesione al progetto, hanno raccolto l’appello. Chi non ci sarà fisicamente invierà il suo contributo tramite i colleghi di partito. Un lungo elenco di nomi va dunque a comporre il parlamento napoletano che torna a confrontarsi sulla certezza della pena: Ciro Alfano (Udc), Claudio Azzolini (Fi), Gerardo Bianco (Margherita) Luigi Bobbio (An), Italo Bocchino (An), Antonio Capuano (Fi), Enzo Carra (Margherita), Tommaso Casillo (Sdi), Aldo Cennamo (Ds), Marco Cicala (Fi), Edmondo Cirielli (An), Sergio Cola (An), Sergio D’Antoni (Ulivo), Nello Formisano (Idv), Giuseppe Gambale (Margherita), Pasquale Giuliano (Fi), Sergio Iannuccilli (Fi), Antonio Iervolino (Udc), Francesco Maione (Fi), Riccardo Marone (Ds), Maria Grazia Pagano (Ds), Alfonso Pecoraro Scanio (Verdi), Aldo Perrotta (Fi), Pino Petrella (Ds), Francesco Pontone (An), Umberto Ranieri (Ds), Antonio Russo (Fi), Paolo Russo (Fi), Vincenzo Siniscalchi (Ds), Tommaso Sodano (Prc), Marcello Taglialatela (An), Fulvio Tessitore (Ds), Mimmo Tuccillo (Margherita), Riccardo Villari (Margherita)

La provocazione di Calderoli: «Trasferiamo l’esercito dall’Iraq a Napoli». Ma scoppia la polemica GINO GIACULLI 13/12/2004 Certezza ed efficacia della pena. La proposta di un testo di legge bipartisan, contenuta nel manifesto per la città promosso dal Mattino, ha visto riunirsi due volte i parlamentari campani. Ora serve uno sbocco concreto. Specie di fronte alla scia di morti degli ultimi giorni. Intanto è polemica su un’esternazione del ministro per le Riforme Roberto Calderoli: «Se le cose dovessero proseguire in questa maniera a Napoli, allora, dopo il prossimo ritiro delle truppe dall’Iraq, sarà bene pensare di spostare il nostro esercito nel capoluogo partenopeo, visto che Baghdad sembra essere una città tranquilla rispetto a Napoli». Ma torniamo al documento unitario: in settimana, a Roma, dovrebbe essere steso l’articolato. Il deputato diessino Umberto Ranieri, spiega: «L’allarme lanciato dal Mattino è del tutto comprensibile e fondato. Nei due incontri si è giunti a una convergenza sulla necessità di adottare misure ai fini della celerità dei processi, della certezza della pena per evitare scarcerazioni facili e in più l’inasprimento delle pene per alcuni reati. Occorre ora adottare le misure più celeri per giungere a decisioni parlamentari, evitando sia scorciatoie ambigue sia il boicottaggio. Personalmente non escludo nemmeno - se fosse l’unica via per accelerare i tempi e sulla base di un’intesa politica e di merito - di valutare per alcuni aspetti lo strumento del decreto». La sollecitazione ad andare avanti in fretta è colta dal deputato di Forza Italia Paolo Russo: «Capisco che rispetto all’emergenza criminalità servano tempi celeri, ma la delicatezza della materia che tocca le libertà personali e il sistema delle garanzie, comporta degli approfondimenti. Al secondo incontro sono stati individuati quattro punti partendo dalla proposta Pisanu: in settimana contiamo di avere un articolato. Basta una norma sulla quale più facilmente coordinarsi ma che soprattuto testimoni senso dello Stato, una norma che non passi a maggioranza risicata e sia

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condivisa dagli enti locali. Non solo il governo fa la lotta alla criminalità organizzata ma il Paese in tutte le sue articolazioni». No, tempo non ce n’è più. E di fronte alla nuova catena di omicidi di questi giorni la politica deve dare segnali forti. Ciro Alfano, deputato dell’Udc, rilancia: «L’iniziativa del Mattino ci stimola a far presto. La politica deve dare risposte ferme e trasferire fiducia. Ora ci sono le condizioni per fare il testo bipartisan e se c’è chi rema contro, non ci fermerà. Credo che l’articolato del documento si possa combinare quanto prima nei prossimi giorni, sulla base della proposta del ministro Pisanu». Appuntamento in Parlamento, in settimana, per scrivere gli articoli del testo bipartisan. Lo conferma Riccardo Villari, deputato della Margherita: «Le proposte sul terreno, l’intesa sulle quattro priorità e le riflessioni dei parlamentari si andranno a condensare in settimana in un testo condiviso. Poi il percorso da seguire dovrà essere il più rapido possibile. L’aver avuto due incontri è positivo. Spero che in settimana si chiuda: non voglio neanche pensare a boicottaggi».

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18/12/2004

«Insegnare le regole questa la vera svolta» Discutere, come facciamo in questo forum, di «diritti dell’uomo della città» con riferimento alla situazione napoletana può apparire come parlare di corda in casa dell’impiccato. Ma per il nostro giornale è un’ulteriore tappa del percorso inaugurato dalla brillante idea del filosofo Aldo Masullo di un manifesto per la città lanciata nell’incontro dei giorni scorsi a Largo San Marcellino. A quell’iniziativa ha fatto seguito l’altra, del tavolo bipartisan di parlamentari napoletani sulla certezza della pena, e ancora il 23 dicembre ci sarà un concerto per la legalità. Tutto questo nella convinzione che proprio da un momento buio come quello che la città sta vivendo può venire la sollecitazione al cambiamento, riprendendo l’ottimistico suggerimento di un grande napoletano come Vico: ”Paiono traversie, sono opportunità”. Ma come recuperare i diritti negati? Ne parliamo con il filosofo Masullo, l’economista Mariano D’Antonio, il rettore della «Federico II» Guido Trombetti, il procuratore generale Vincenzo Galgano, il giurista Michele Scudiero, l’imprenditrice Carmen Verderosa. ALDO MASULLO - Quello intrapreso dal ”Mattino” è un cammino di servizio alla città, che discende da un principio: dalla seconda metà del XX secolo la fonte normativa è sempre meno limitata all’area dello Stato. Tende a allargarsi a soggetti pubblici che introducono vincoli d’onore etico-politici. Ne è un esempio la Carta europea dei diritti dell’uomo nella città redatta nel 2000 a Saint Denis, dove si parla di diritto di ogni abitante a vedersi trattato alla pari di tutti gli altri. Dunque, è da molteplici soggetti pubblici che dipende la sorte di una collettività, avvertita del «diritto di avere diritti». I quali sono impensabili senza doveri. E Napoli è un caso esemplare di quest’evoluzione. MARIANO D’ANTONIO - Voglio partire con una notazione ottimistica: in questi giorni noto segnali di ripresa della coscienza civile in città. Molti elementi vi hanno contribuito, tra cui l’azione delle forze dell’ordine, quella della magistratura e l’iniziativa del ”Mattino”. Per esempio, si è visto che non sempre gli interventi della forza pubblica suscitano reazioni dolorose e scomposte dei familiari dei colpiti. Ci sono anche consensi e plausi di quei cittadini che ci dicono come Napoli non sia solo la città della sregolatezza diffusa, ma anche un luogo in attesa di ristabilimento dei diritti. Il primo di questi è il ripristino della legalità, collegato al diritto alla sicurezza. Ora, negli ultimi anni la riflessione degli economisti si è spostata su temi una volta appannaggio esclusivo di sociologi, politologi, filosofi. Gli economisti non considerano più lo sviluppo economico legato solo a fattori materiali: lo mettono in rapporto con gli investimenti nell’istruzione, in capitale umano, cioé in cose non quantificabili che rientrano nella sfera dello stato di diritto. È questa la grande infrastruttura immateriale di base senza di che, non essendovi certezza, non può esserci sviluppo economico. Si è capito che la sfera dei diritti interagisce con l’economia, anzi ne è il presupposto. Così il ripristino della legalità e della sicurezza diventa fattore primo dello sviluppo. In altri termini, non è vero che la criminalità è generata dalla miseria: bisogna rovesciare i termini, è la criminalità a determinare povertà. Altro punto centrale posto da Masullo è quello dei doveri, cioé delle responsabilità. Ma queste non sono uguali per tutti: ci sono doveri comuni a chiunque, ma poi c’è una graduatoria per cui coloro che hanno più voce e potere devono rispettarne di più. Voglio dire: se il professore universitario non rispetta i suoi impegni, se il medico è sciatto o non rilascia la ricevuta, si diffondono esempi devastanti. Che non solo danneggiano le singole persone, ma generano atteggiamenti di imitazione perversa. IL MATTINO - Questo è importantissimo: creare un circuito virtuoso di atti che contrastano l’illegalità è soprattutto compito delle classi dirigenti. C’è un’etica della responsabilità da recuperare, a partire da tutti quelli che ne fanno parte. Ma come ci si può arrivare? GUIDO TROMBETTI - Distinguendo innanzi tutto

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i problemi specifici di Napoli e quelli condivisi con le altre metropoli. Qui io mi chiedo se ci sia davvero un’emergenza criminale o se invece non ci siano stati altri momenti peggiori di quello attuale. Credo che fosse assai peggio ai tempi di Cutolo, che cercò di dare un’organizzazione strutturale alla malavita, assai più sistematica della frammentata realtà attuale. Ma in un luogo come Napoli, dove l’instabilità è altissima, basta poco per mettere in crisi l’intero tessuto urbano. Un’aggravante viene dal fatto che la borghesia napoletana, abituata a considerarsi un unicum, tende a dare una lettura distorta di tutte le violazioni di legalità, interpretate spesso con sociologismi da caffetteria. Ecco perché far avanzare una lettura coerente dell’illegalità per contrastarla non è tanto un problema di forze dell’ordine, ma di formazione. Io voglio mettere l’accento su questo: ci vuole un intervento radicale, profondo, che parta dalla scuola e faccia di essa il primo decisivo momento per costruire sul serio la coscienza dei diritti. Che cosa si fa per produrre un processo educativo adeguato ad agire sulle coscienze, a obbligare al rispetto della legalità? Davvero non abbastanza. Mi viene in mente un mio amico, che un giorno si è seduto al bar Gambrinus e ha preso ad annotare le piccole violazioni della legalità: in un quarto d’ora ne ha segnate 50. Ecco dove dovremmo dare esempi positivi, come dice D’Antonio, e a cominciare dovrebbe essere la classe dirigente della città, che invece è in prima fila nella piccola illegalità quotidiana. Ecco dove siamo diversi da Berlino, Barcellona, New York. IL MATTINO - Noi cronisti però non siamo dei visionari, e certo non c’inventiamo i morti ammazzati di Scampia e l’escalation criminale di questi ultimi mesi. Il professor D’Antonio sottolinea giustamente la necessità di una gradazione di responsabilità: questo non riguarda soprattutto gli apparati dello Stato? Quella in atto si direbbe la guerra di una camorra molto diversa dell’altra dei tempi di Cutolo, meno intelligente e evoluta dal punto di vista della tecnica criminale ma più feroce. Perché questo fenomeno non è stato capito in tempo? Perché non ci si è dotati di gruppi investigativi con conoscenze specifiche su varie aree, capaci di attaccare forza, patrimoni e violenza dei nuovi camorristi? VINCENZO GALGANO - Chiariamo una cosa: abbiamo avuto un lungo periodo di nebbia su Napoli. Ciò ha consentito lo sviluppo e la formazione di gruppi criminali che sono, secondo me, tutt’altro che privi d’intelligenza. Agiscono, mediante la lotta fisica e la soppressione degli avversari, in base alle regole della violenza e dell’arricchimento, del tutto simili a quelle che caratterizzavano l’imperialismo europeo ottocentesco. I loro moventi non scaturiscono dalla stupidità ma dalla volontà di arricchirsi. Ragione economica, dominio e potere sono la molla delle loro azioni. Possibilità di prevenire tutto questo? Sono molto difficili, scarse, esigue, perché la nostra legislazione elimina ogni possibilità di azione preventiva in ordine alla commissione di reati. Il nostro codice di procedura penale è un intrico di disposizioni contraddittorie che a volte hanno come sanzione l’inutilizzabilità dei dati e delle conoscenze raccolti. Bisogna fare i conti anche con questo. Però abbiamo avuto fasi passate in cui il numero dei morti ammazzati era molto maggiore di oggi. Il vero problema dei napoletani però non è contare i morti di Scampia, che appare come un altro continente rispetto a Napoli, e inoltre è una dimensione non esclusivamente napoletana: ci sono ”Scampie” a Roma, a Milano e altrove. Non dimentichiamo che siamo un Paese in fase di appiattimento generale su condizioni di sottosviluppo che si allargano sempre più. Quello da cui dobbiamo partire è il recupero del senso del giusto, prima ridotto poi cancellato quasi del tutto. Parliamo dei diritti dell’uomo proprio perché quelli principali sono negati: il diritto all’incolumità, a spostarsi, a lavorare. È vero, le nostre classi dirigenti locali non sono per nulla attente all’impoverimento generale, né rappresentano modelli da indicare ai giovani. Mentre una città come Palermo appare in ripresa, contro la barriera-Napoli sembrano infrangersi quasi tutti i processi emotivi e morali. Dunque, dobbiamo insieme produrre una nuova cultura della socialità e auspicare che si arrivi a forme normative più serie, capaci di produrre risultati. IL MATTINO - Come fare in modo che norme più efficaci producano anche valori

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condivisi diversi? E come lavorare tutti insieme per contrastare, soprattutto agli occhi dei giovani, il modello vincente di chi trova scorciatoie per fare soldi? Come agire, insomma, perché quello del camorrista appaia a tutti come un esempio negativo, da non seguire, e a diventare di moda nell’immaginario dei ragazzi sia invece il rispetto della legalità? MICHELE SCUDIERO - Innanzi tutto dovremmo distinguere l’emergenza criminale dal senso diffuso di disagio, di insoddisfazione e precarietà in cui si trova il cittadino comune. Dell’emergenza criminale deve occuparsi l’autorità preposta ad assicurare l’ordine pubblico. Della seconda emergenza, cioé del diritto del cittadino a vivere nella città, dobbiamo occuparci tutti. E certamente c’è chi è favorito rispetto ad altri, ma ad accomunare i primi e i secondi non sono le condizioni materiali bensì il bene comune. Se pensiamo a questo, non c’è formula più felice di «diritto alla legalità-rispetto delle regole». Non sto parlando di issare una bandiera astratta che sventola su un pennone lontano, ma di far assumere concretezza all’idea che soddisfare la regola significa fare l’interesse di tutti. Che rispettare le norme, da quella di parcheggiare correttamente l’auto ad altre più impegnative, conviene a ciascuno, in un contesto comunitario. Il sentimento di far parte di un organismo collettivo è molto debole, a Napoli. Certo, la scuola deve fare di più la sua parte: noi a Giurisprudenza facciamo, in questo senso, la formazione più efficace perché richiamiamo la necessità del diritto. Ma ancora non basta, se mettiamo in conto anche il cedimento subìto da strutture come la famiglia. Allora, occorre un primo livello forte capace di promuovere quel senso comunitario mancante, e non può che essere questo: la violazione della regola comporta la sanzione. È una grande operazione culturale, difficilissima a compiersi ma necessaria. Ciò pone un problema enorme: c’è, esiste il dovere del coraggio? Ne siamo tutti titolari, e a quali condizioni? IL MATTINO - Un esempio di coraggio sostenuto dalla comunità e dalle istituzioni è venuto, in questi giorni, da Silvana Fucito, l’imprenditrice che ha denunciato i suoi taglieggiatori. È così difficile fare come lei o il coraggio, come nel caso di don Abbondio, se uno non lo ha non se lo può dare? CARMEN VERDEROSA - Io penso che siano molti i giovani imprenditori dotati di coraggio. L’altro giorno eravamo in piazza a sfilare con i sindacati per riaffermare il principio della necessità di lottare insieme. Ma non c’è solo l’esempio pur importantissimo dell’imprenditrice Silvana Fucito, né c’è unicamente la denuncia come metodo per evidenziare una situazione grave come quella napoletana. Anche al parlamentino romano dei giovani industriali si è parlato di Napoli come questione nazionale, e non solo come luogo di criminalità ma anche di valori positivi e di risorse. E si è deciso di organizzare qui, nel prossimo febbraio, il Comitato centrale nazionale dei giovani di Confindustria. Quello che occorre è un rinnovamento fondato su un metodo, l’alleanza tra le classi dirigenti, che faccia leva su due valori-chiave: il merito e la conoscenza. Solo una coalizione riformatrice tra segmenti dell’élite può sostenere una pratica che appoggi la politica dei migliori. E solo la conoscenza può valorizzare alcune eccellenze di Napoli, come le università, in grado di rilanciarne i talenti e di attirarne qui anche di nuovi. Evitando la migrazione di cervelli e convogliando ricercatori di nuovi paesi, come la Cina, che si affacciano sul mercato. GUIDO TROMBETTI - Evitiamo, però, che allo stereotipo di ”mandolino e pizza” si aggiunga l’altro della criminalità. Non dimentichiamo così facilmente gli aspetti positivi della nostra città: Napoli ospita anche l’università che ha prodotto il maggior numero di progetti nazionali finanziati dal ministero, la Federico II è stata scelta da Piero Ferrari per l’accordo per la Piaggio Avio, qui è tornato dagli Usa un ”cervello” come il genetista Antonio Nanni, tra i maggiori in circolazione. E qui si deve insistere per quel gran lavoro di educazione civica di cui ho già parlato: dove farlo se non nelle scuole e nelle università, visto che anche i partiti hanno perso la funzione formativa che avevano un tempo? ALDO MASULLO - Voglio ripetere una cosa che dico a chi, da fuori, mi dice ”ah, com’è bella la tua città”. Io rispondo sì, è come una bellissima donna con la quale non si può convivere. Bella da visitare, non da starci. Ma il problema è vedere Napoli dal punto di vista di chi ci

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abita. Quello dell’abitare è un problema filosofico tra i maggiori. Definisce chi sono io, qual è il mio rapporto con il mondo. E da questo punto di vista si elaborano i diritti dell’uomo nella città. Allora, sgombriamo il terreno dal problema della criminalità. Non spetta a noi come città difendercene, ma allo Stato. Il nostro disagio profondo, per il quale è nato il manifesto per la città, è quello del comune cittadino onesto che vive tra altri comuni cittadini onesti. Il disagio è quello del rapporto tra cittadino e pubblica amministrazione, che costituisce il sistema nervoso del grande organismo chiamato città. Il procuratore Galgano ha giuistamente parlato della bassa cultura di governo. A Napoli è un fenomeno legato a situazioni successive al 1994 e alla perdita di ruolo dei partiti richiamata dal rettore Trombetti. I partiti oggi sono ridotti a semplici gerarchie. L’amministrazione pubblica così diventa meno capace di rispondere al dialogo con i cittadini. Ma le istituzioni elettive hanno il dovere di rispondere alla cittadinanza, com’è sancito anche nella famosa Carta di Saint Denis. Quando viene meno questo tipo di democrazia, c’è un abbassamento generale di cultura, che non è solo libresca ma soprattutto popolare, e collettiva. Non può esserci sviluppo economico senza sviluppo culturale, ha detto il professor D’Antonio: è un caso se a Napoli non esiste una grande casa editrice, un’azienda che coniuga economia e cultura? E a proposito di dovere del coraggio richiamato dal professor Scudiero: non è solo quello di denunciare il racket, ma è anche quello del cittadino nei confronti del potente, di colui che detiene le leve decisionali. A Napoli è diffusa una ”mala tolleranza”, un’abitudine a obbedire al sopruso del potente che viene da antiche dominazioni. Ciò che caratterizza il passato del Sud è il binomio «rendita-protezione». Ciò che caratterizza la modernità è invece «profitto-legalità». Oggi siamo in una fase di transizione in cui da un lato esiste ancora il potente, anche camorrista, che rende dominante la rendita e la protezione. Dopo la benefica scossa di Tangentopoli c’è stata comunque una crisi, e una realtà meno strutturata come la napoletana ha avuto problemi in aggiunta, essendo peraltro un luogo dove non valgono i valori medi ma quelli dell’eccezionalità, quelli della normalità latitano. Ma il progresso è affidato ai valori medi. Dunque, l’impegno coomune che tutti dobbamo prendere, il senso del nostro Manifesto, è che ciascuno si assuma la responsabilità della propria guida nella società. A Napoli ci sono molti bravi borghesi, ma manca una borghesia: altrove la trasformazione europea del Rinascimento è avvenuta con la nascita di classi portatrici del senso di responsabilità. Napoli non si risolleverà fin quando non avrà abbandonato il suo spirito di cortigianeria e di protezione. È questo il senso del nostro Manifesto. E di un impegno che continua. A cura di TITTI MARRONE 23/12/2004

La forza di cambiare Ma stasera ci saranno soprattutto loro, i giovani, i ragazzi di Napoli, il futuro vicino e lontano di una città che ancora non riesce a scrollarsi di dosso la definizione settecentesca di «paradiso abitato da diavoli». Saranno loro i veri protagonisti, cantando e ballando sulle note degli artisti preferiti, da Piero Pelù a Raiz e gli Almamegretta, da Teresa De Sio a Sal da Vinci e Peppe Barra. E verrà soprattutto da loro la risposta più forte alla camorra e alla cultura di camorra, perché i giovani sono le prime vittime «immateriali» della cultura di camorra e dell’indebolimento dello Stato di diritto. Boss e camorristi, gregari e killer, ma anche piccoli e grandi artefici delle illegalità quotidiane rubano giorno dopo giorno il futuro ai ragazzi di Napoli, si impadroniscono arbitrariamente del loro sogno, quello di poter continuare a vivere in una città che, nonostante tutto, è di una bellezza più unica che rara.

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Una festa, un concerto. Ci sarà tanta musica, bella musica, il linguaggio più universale e più trasversale per inviare anche messaggi importanti, per dare risposte anche forti e dure. C’è chi, nei giorni scorsi, ha ironizzato sulla forza di un concerto nella lotta alla camorra e per il ripristino delle legalità. Sciocchezze. È accaduto in passato che grandi happening musicali abbiano lasciato il segno, potrebbe accadere anche stasera. Anzi, qualcosa che ha lasciato il segno nella storia di Napoli è già accaduto con la mobilitazione popolare lanciata dal Mattino qualche mese fa. E l’appuntamento a San Giovanni è nell’alveo di questo processo, è un passaggio significativo della mobilitazione che ha visto il risveglio delle coscienze, lo scatto d’orgoglio dei napoletani che rispettano le regole e che non intendono rassegnarsi a sopravvivere in «un inferno abitato da diavoli». Una festa, un concerto. Ma anche una sfida, anzi la tappa di una sfida lanciata non solo alla camorra, ma anche ai responsabili del degrado sociale e ambientale, a quel processo di declino della città che fino a un paio di mesi fa sembrava inarrestabile per l’insostenibile leggerezza di alcuni settori della classe dirigente locale. Il Mattino, tra i promotori anche del concerto di stasera, è stato in prima fila in questo impegno, aprendo la campagna di adesioni all’appello lanciato dal professor Also Masullo per il manifesto della città e mettendo in rete migliaia e migliaia di napoletani che volevano dire basta alla «malavita», alla «malatolleranza», alla «malamministrazione» e alla «malapolitica». Ha riunito in pubblico intellettuali e professionisti, cittadini che rivendicano i diritti (e i doveri) di cittadinanza in una Napoli europea e giovani che non intendono veder restringere a una sola dimensione, l’emigrazione, il proprio futuro. Un’assise permanente per dare una scossa ai politici e a chi governa le istituzioni locali, per dimostrare al ministro Pisanu che la città non era né inerme né rassegnata, ma anche per ricordare a ogni napoletano che il cambiamento della città non dipende solo da altri, non dipende solo da Roma e da palazzo San Giacomo, dalla questura e dalla prefettura, ma dai comportamenti quotidiani di ognuno di noi. Dipende anche da come si parcheggia l’auto, dall’orario in cui si deposita la spazzatura, dal fatto di indossare il casco e la cintura di sicurezza. Dipende dal vigile e dallo spazzino che fanno il proprio dovere, dal professionista che dà l’esempio, che rispetta le regole e che non cerca impunità tra i potenti nel momento in cui non le rispetta. Quella mobilitazione è cresciuta di giorno in giorno, si è arricchita spontamente, tanta era forte (ma inespressa) la voglia dei napoletani di reagire, di fermare il degrado, di dire al sindaco che la città stava andando a rotoli. Sotto la spinta propulsiva del manifesto per la città, dietro e dentro lo slancio del professor Masullo e del Mattino, si è messo in moto un circolo virtuoso che ha prodotto altre iniziative sul territorio, altre mobilitazioni, altri appuntamenti di riflessione e anche di sfida alla camorra. Un fiume in piena contrapposto al fiume di sangue che la faida di Scampia ha continuato a produrre. È ancora poco, certo. È necessario continuare a strigliare chi amministra; è necessario che la politica e i responsabili delle istituzioni «caccino» dal tempio mercanti e incapaci, quelli che hanno consentito il lento, inesorabile ritorno all’indietro in settori nevralgici della città; è necessario che la pubblica amministrazione, con la riscoperta dell’etica della responsabilità e con un’opera di ordinario governo del territorio, ricostruisca una degna «reputazione della città», considerata ormai la leva fondamentale anche per lo sviluppo economico e sociale. C’è ancora molto da fare, eppure la sensazione è che la città, dopo aver toccato il punto più basso degli ultimi dieci anni, si sia rimessa in cammino, stia ritrovando gli antidoti a mali antichi. Un concerto, una festa, una sfida. Ma non solo. Da San Giovanni può venire anche un altro tassello che si incastona nel mosaico della Napoli che preferiamo, la Napoli che in questi giorni sta tornando alla ribalta nazionale e internazionale non per i morti ammazzati, ma per l’eccezionale vivacità culturale, per le mostre di Caravaggio e Damien Hirst, di Mimmo Paladino, Gordon Matta-Clark e Julian Schnable, per l’installazione di Luciano Fabro in piazza Plebiscito e per le magie natalizie

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dei Decumani e di San Gregorio. Ore 20, parco Troisi: per tutte queste ragioni è importante esserci. E noi ci saremo. Claudio Scamardella 31/12/2004

La sfida della camorra alla città la reazione con il Manifesto FABIO JOUAKIM L’anno del terrore. Più di centotrenta omicidi, un fiume di sangue che scorre soprattutto nella zona orientale, dove si concentra la faida tra il clan Di Lauro e gli «scissionisti». Ma c’è anche una città che prova a reagire all’arroganza della camorra. Come l’imprenditrice Silvana Fucito, che vede condannati i suoi estorsori. O come i migliaia di napoletani che aderiscono all’appello lanciato dal filosofo Aldo Masullo sul «Mattino», al fine di creare un manifesto per i diritti dei cittadini nella città. L’emergenza criminalità. «La sicurezza a Napoli è una questione nazionale». Le parole del ministro dell’Interno Giuseppe Pisanu, pronunciate lo scorso novembre, arrivano mentre a Secondigliano e dintorni infuria la faida di camorra. Ma l’anno della violenza è iniziato molto prima. Il 16 febbraio, quando Francesco Estatico, 18 anni, di Soccavo, viene accoltellato e ucciso nella zona degli chalet di Mergellina, per un complimento a una ragazzina. Lo sdegno della città cresce, ed esplode definitivamente il 27 marzo, dopo l’ultima vittima innocente. Si chiamava Annalisa Durante, aveva solo 14 anni. Università negata. La storia dell’ammissione ai corsi universitari di Medicina comincia già a settembre del 2003. I non ammessi presentano ricorsi al Tar e al Consiglio di Stato, poi attuano lo sciopero della fame, finché non hanno un’altra chance il 22 aprile del 2004, con una nuova prova. Una telenovela che finisce in tragedia: un infarto uccide Giuseppe Berritto, 49 anni, di Scafati, mentre attende che la figlia termini la prova. Arrivano le ganasce. Contro il sempre più praticato sport della «sosta selvaggia», anche a Napoli arrivano le ganasce. Il nuovo servizio di Napolipark fa il suo esordio in via Carducci il 18 dicembre: in otto ore vengono applicate 25 ganasce ad altrettante automobili. Fallimento e calcioscommesse. Un’altra telenovela è quella del Calcio Napoli: dopo mesi di agonia, ad agosto il Napoli viene dichiarato fallito. Ripartirà dalla C1 con un nuovo presidente, il produttore cinematografico Aurelio De Laurentiis. Da Napoli parte poi l’inchiesta, condotta dai magistrati Filippo Beatrice e Giuseppe Narducci, che investe come un ciclone il calcio italiano. Il 12 maggio vengono notificati i primi avvisi di garanzia. A settembre la Corte d’Appello Federale conferma i tre anni di squalifica per Antonio Marasco (ex Modena), l’anno a Generoso Rossi, i sei mesi a Roberto D’Aversa (entrambi del Siena) e i cinque mesi a Stefano Bettarini della Sampdoria. Quattro punti di penalizzazione per il Modena. Il caso Bufalo. Dopo la gestione di Giosuè Candita, la scelta del nuovo comandante dei vigili urbani a fine gennaio cade su Andrea Bufalo, ex questore di Arezzo, dopo una consultazione tra il sindaco Iervolino ed il numero uno del Viminale Giuseppe Pisanu che diede il suo ok. Ma in breve tra il sindaco e Bufalo nascono divergenze su come portare più vigili in strada e sulla necessità di una riforma di sistema. Bufalo viene «dimissionato» il 22 aprile ed esplodono i veleni. L’ex comandante denuncia di aver subito almeno tre pedinamenti, tra i quali un vero e proprio inseguimento alla sua auto, dopo il quale Bufalo presenta un esposto in Procura. Il nuovo Prg. Dopo trentadue anni ad agosto Napoli ha un nuovo piano regolatore: una svolta epocale. Ma il 2004 porta in dote anche l’aggravamento della crisi del lavoro, Dopo il nodo Alitalia-Atitech, a ottobre la multinazionale sudafricana Sab Miller (subentrata nella gestione) annuncia la chiusura

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dello stabilimento di Miano della birra Peroni: in ballo ci sono 120 posti di lavoro, più i cinquecento dell’indotto.