IL MATRIMONIO

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IL MATRIMONIO di Laura Randazzo L’arrivo di Maura non passò di certo inosservato. Elena guardò la sua mano destra posarsi su quella che le porgeva il nonno, Stanis Coulter, e la sinistra reggere la gonna dell’abito cremisi, mentre un piede fasciato in uno stivaletto nero si posava sul primo scalino. Quando raggiuse il terreno e sollevò il capo l’ammirazione si dipinse sul volto del nuovo comandante di san Raffaele. Le labbra di Maura erano allungate in un sorriso che le rendeva ancora più seducenti, le sue guance erano leggermente arrossate, ed i suoi occhi verdi sembravano due gemme incastonate in quell’ovale perfetto. I lunghi capelli neri, in parte trattenuti nella parte alta e ricadenti in morbide onde sulla schiena, facevano da cornice e da contralto alla carnagione chiara. Lars strinse la mano di Stanis ed abbracciò la sorella. “Sei sempre bellissima” le disse. Lei lo osservò ed il suo sorriso si allargò. “Tu stai decisamente bene fratello”. E la sua voce non nascondeva la gioia che provava nel vederlo di nuovo sereno e felice. “Sarete stanchi per il viaggio. Riposatevi. Avremo tempo più tardi per chiacchierare” disse Lars porgendo il braccio alla sorella e conducendola verso le scale. Arrivati in cima, Maura allungò la mano verso Elena. “È un vero piacere conoscerti” le disse, “e non soltanto perché sei una Castriota”. Elena le strinse la mano. “Il piacere è mio. Ho finalmente l’opportunità di conoscere la famiglia di Lars”. Poi si rivolse a Stanis Coulter. “È un onore avervi come ospite”. L’uomo, nonostante l’età era ancora eretto ed in perfetta forma, soltanto le rughe del viso ed i suoi capelli candidi ne tradivano l’anzianità. “L’onore è mio” rispose con un lieve cenno del capo.

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ispirato al romanzo di Roberta Ciuffi \"Un cuore nelle tenebre\"

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IL MATRIMONIO

di Laura Randazzo

L’arrivo di Maura non passò di certo inosservato. Elena guardò la sua mano destra posarsi

su quella che le porgeva il nonno, Stanis Coulter, e la sinistra reggere la gonna dell’abito

cremisi, mentre un piede fasciato in uno stivaletto nero si posava sul primo scalino. Quando

raggiuse il terreno e sollevò il capo l’ammirazione si dipinse sul volto del nuovo comandante

di san Raffaele. Le labbra di Maura erano allungate in un sorriso che le rendeva ancora più

seducenti, le sue guance erano leggermente arrossate, ed i suoi occhi verdi sembravano due

gemme incastonate in quell’ovale perfetto. I lunghi capelli neri, in parte trattenuti nella parte

alta e ricadenti in morbide onde sulla schiena, facevano da cornice e da contralto alla

carnagione chiara. Lars strinse la mano di Stanis ed abbracciò la sorella. “Sei sempre

bellissima” le disse.

Lei lo osservò ed il suo sorriso si allargò. “Tu stai decisamente bene fratello”. E la sua

voce non nascondeva la gioia che provava nel vederlo di nuovo sereno e felice.

“Sarete stanchi per il viaggio. Riposatevi. Avremo tempo più tardi per chiacchierare”

disse Lars porgendo il braccio alla sorella e conducendola verso le scale.

Arrivati in cima, Maura allungò la mano verso Elena. “È un vero piacere conoscerti” le

disse, “e non soltanto perché sei una Castriota”.

Elena le strinse la mano. “Il piacere è mio. Ho finalmente l’opportunità di conoscere la

famiglia di Lars”. Poi si rivolse a Stanis Coulter. “È un onore avervi come ospite”.

L’uomo, nonostante l’età era ancora eretto ed in perfetta forma, soltanto le rughe del viso

ed i suoi capelli candidi ne tradivano l’anzianità. “L’onore è mio” rispose con un lieve cenno

del capo.

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L’arrivo di un cavallo al galoppo li fece voltare. Roman volteggiò giù dallo stallone nero

prima che questi si fosse effettivamente fermato e con un balzo superò i gradini. Salutò il

nonno e sorrise alla sorella stringendola poi fra le braccia. “Ben arrivata” le disse. Lei gli

sorrise e gli spostò indietro i capelli scuri che gli erano ricaduti sulla fronte. “Ben trovato” gli

rispose lei. Quindi finalmente superarono l’ampio portone d’ingresso.

La casa, ricostruita sulle antiche rovine del castello dei Castriota era addobbato per

l’imminente matrimonio. Vasi colmi di fiori rallegravano ogni stanza ed ogni tavolino dei

disimpegni portando la primavera anche fra quelle pareti.

Condussero gli ospiti alle loro stanze, lasciandoli alle cure dei domestici, affinchè

potessero riposarsi e rinfrescarsi dopo il lungo viaggio.

Roman li attese nel salotto che dava sul bosco. Si era versato in un bicchiere del cognac e

lo sorseggiava guardando fuori dell’ampia vetrata. All’arrivo dei futuri sposi si volse. “Posso

versarvi da bere?”.

I due annuirono e lui versò del cognac per il fratello ed un cordiale per Elena. Lei non

potè fare a meno di notare la somiglianza fra loro. I capelli scuri, i tratti del viso erano

decisamente simili, anche se Roman era di corporatura più snella e l’aspetto, nel complesso,

molto meno inquietante di Lars, ma non per questo meno affascinante. Maura aveva molte

delle caratteristiche di famiglia: l’altezza – aveva dovuto alzare il capo per poterla guardare

negli occhi – i capelli corvini e gli occhi verdi, addolcite dalle curve femminili.

“A cosa pensi?”. La voce di Lars era poco più di un roco sussurro.

“A tua sorella. È veramente molto bella. Come mai non ha ancora trovato marito?”.

Roman sollevò un sopracciglio. “Dubito che potrà mai trovare qualcuno adatto a lei”.

“Ciò che intende dire Roman” intervenne Lars, “è che Maura ha un carattere assai forte,e

questa non è una caratteristica molto amata dagli uomini. È una Coulter anche lei, ed ha

ereditato parecchie delle… virtù di famiglia”.

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Roman scoppiò a ridere. “Virtù di famiglia! Mio Dio Lars, detto così sembra che siano in

realtà dei terribili difetti. L’avere carattere, il saper badare a se stessi e l’essere indipendenti

non sono affatto un difetto”.

Lars si appoggiò allo schienale. “Non ho mai inteso affermarlo”.

“Ma non hai mai accettato la sua intraprendenza”.

“Sai bene che ammiro nostra sorella e nutro un forte affetto nei suoi confronti. Non posso

negare tuttavia che il suo carattere è stato spesso fonte di preoccupazione”.

Elena spostava il capo dall’uno all’altro dei fratelli, incuriosita.

Roman scrollò le spalle. “È Maura” disse semplicemente, come se questo definisse la

faccenda. Poi, a beneficio di Elena che li guardava ancora in attesa, continuò. “Una volta,

quando aveva appena dieci anni, eravamo in Arcadia al seguito di nostro nonno per degli

scavi, Maura si era allontanata insieme al suo cucciolo Athena. Quando Stanis si accorse

della sua assenza ci mettemmo tutti a cercarla. La trovammo sulla collinetta vicino, in mezzo

al bosco, con gli abiti strappati ed un braccio penzolante coperto di sangue. Aveva lottato

contro un lupo che aveva attaccato il cane. Si era trasformata e, pur essendo soltanto un

cucciolo di likaon, era riuscita a mettere in fuga un lupo”.

Elena si era portata una mano alla bocca e nei suoi occhi si leggeva la sorpresa. Poi si

volse verso Lars. “Avevi detto che le donne non si trasformano”.

“Qui a San Raffaele è così, ma in alcuni posti il capobranco è addirittura una femmina.

Nella nostra famiglia le donne vengono educate a controllare la loro altra metà. Anche loro

effettuano la muta, anche se meno spesso degli uomini”.

Il matrimonio ebbe luogo nel tardo pomeriggio, il dieci di settembre. L’intero paese prese

parte alla funzione, officiata da don Medeot che quasi si commosse quando infine li dichiarò

marito e moglie. I due sposi erano magnifici, e la felicità brillava nei loro occhi.

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Quando la cerimonia si era conclusa, l’intera comunità si era trasferita nel giardino del

castello – l’abitazione di Lars ed Elena, ricostruita sulle antiche rovine del castello dei

Castriota –, dove gli sposi avevano allestito un rinfresco.

Il sole stava tramontando ed il cielo era tinto dei colori del viola. Lars guardò ancora una

volta Elena, incantato dalla sua bellezza. I capelli raccolti lasciavano ricadere qualche

morbida onda ad incorniciare il suo viso chiaro. Le gote erano leggermente arrossate ed i suoi

occhi, quando si voltarono a guardarlo, erano colmi d’amore. Gli sorrise e tutti gli anni di

sofferenza e dolore gli sembrarono finalmente parte del passato: un nuovo futuro lo

attendeva, promettente nuove gioie e degno di essere vissuto. I coniugi Petiziol li raggiunsero

fendendo la folla, e la moglie del dottore cominciò a profondersi in complimenti per la

cerimonia, gli addobbi floreali, il rinfresco.

Andrea Feletig sfiorò la spalla di Lars. Quando lo sposo si volse a guardarlo e vide il suo

viso preoccupato, il sorriso svanì dalle sue labbra. “Cos’è successo?”.

“Una dozzina di uomini sono entrati in paese e stanno venendo verso il castello” rispose

in un sussurro che non nascondeva l’urgenza.

“Chi sono?”.

“Stranieri”.

Gli occhi di Lars si socchiusero. Non attendevano altri ospiti. “Torno subito” sussurrò alla

moglie, allontanandosi in mezzo alla folla. Era giunto al limitare delle siepi quando vide gli

uomini a cavallo avanzare. Alla poca luce del crepuscolo non si riuscivano a distinguere le

loro sembianze, nascoste da mantelli e cappucci. Un brivido corse lungo la schiena di Lars e

la sensazione di pericolo mise in allarme tutti i suoi sensi. “Fa entrare tutti dentro il castello!”

disse ad Andrea che l’aveva seguito. Poi andò incontro ai cavalieri.

“Chi cercate, signori?”.

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“Siamo venuti a porgervi i nostri auguri, signor Coulter”. Era stato il primo cavaliere a

parlare. Il suo accento ne denotava la provenienza d’oltralpe. “Ed i nostri omaggi”. Da sotto il

mantello l’uomo trasse fuori il fucile e sparò. Lars si gettò di lato, nella siepe. Mentre

atterrava sull’erba umida sentì la spalla avvampare per il dolore. Ignorandolo si alzò in piedi

e vide i cavalieri che proseguivano verso il castello. Poi i primi spari riecheggiarono nell’aria.

Incurante del dolore e del sangue che fuorisciva copioso dalla ferita cominciò a correre verso

il castello. Udì le urla spaventate degli invitati e vide i primi corpi cadere in terra. Un ruggito

gli fuoriuscì dal petto, mentre raggiugeva l’ultimo dei cavalieri e lo scaraventava a terra,

torcendogli poi il collo. Gli invitati si accalcavano verso il portone, spingendo per entrare.

Dietro di loro i cavalieri continuavano a sparare sulla folla inerme. Lars sentì le giunture

dolergli ed i muscoli tirargli. La bestia premeva per uscire. I suoi occhi cercarono Elena,

senza riuscire a trovarla. Un ruggito, ancora più potente eruppe dai suoi polmoni, e ad esso

fecero eco altri ululati. I fratelli del sangue avevano fatto entrare nel castello le loro femmine

ed i bambini, insieme agli altri. Disarcionò un altro dei cavalieri, ed altri ne vide cadere in

terra sotto l’assalto dei suoi simili.

“Fermi!”. Una voce sovrastò gli altri suoni e tutti si volsero verso l’uomo che, in piedi su

un tavolo, puntava una pistola alla tempia di una donna. Non una donna. La sua donna. Gli

occhi di Lars scintillavano di furore e si fece avanti. “Cosa vuoi?” chiese in un ringhio

possente.

L’uomo abbassò il cappuccio mostrando alfine il suo viso. Era Bostedo, il patrigno di

Elena. “Vendetta! Per ciò che voi mostri avete fatto alla mia famiglia!”.

Lars dignignò i denti. Avrebbe dovuto ucciderlo quando ne aveva avuto la possibilità.

“Questo paese è il covo dei figli di satana. Noi siamo i cavalieri che vi distruggeranno!”. I

suoi occhi brillavano della luce della follia. Lars volse lo sguardo intorno a sé, osservando i

cavalieri. Sui loro mantelli era intessuto con filo d’argento una testa di lupo.

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“Siamo i Cacciatori” gli disse Bostedo. “Siamo i guerrieri di Cristo in terra. Noi abbiamo

il compito di distruggere voi esseri del male”.

“Dopo ciò che è accaduto, ho parlato col vescovo di Firenze” continuò poi all’orecchio di

Elena. “Lui mi ha arruolato nell’esercito di Cristo e mi ha mandato a distruggervi”. Elena

sentiva il respiro caldo di lui sul proprio viso. La sua mano le stringeva il braccio diettro la

schiena. Non era il dolore che la infastidiva, ma il suo tocco. Non le piaceva sentirsi indifesa

ed alla mercè di qualcuno, soprattutto se quel qualcuno era Bostedo. La rabbia le montò come

un fiume in piena facendole scorrere veloce il sangue nelle vene e dissipando la paura. Lei

era Elinai Castriota, il comandante di San Raffaele. Non avrebbe permesso a Bostedo di

umiliarla davanti alla sua gente. Un ringhiò montò nel suo petto. Negli occhi di lui passò un

lampo di paura e premette la pistola contro la sua tempia. “Sta buona, cagna!”. Lo scatto di

Elena fu repentino. I suoi denti affondarono nel viso di Bostedo ed il sangue di lui scorse

nella sua bocca. L’uomo l’allontanò da sé bruscamente afferrandosi il viso con un urlo di

dolore. La sua pistola si alzò verso di lei, ma prima che riuscisse a premere il grilletto un

grosso lupo nero gli azzannò il braccio facendolo cadere dal tavolo. Bostedo rotolò sulla terra

battuta insieme all’animale. Dal fodero che aveva al fianco estrasse in fretta un pugnale e lo

conficcò nel fianco della bestia. Un urlo di dolore eruppe dalla gola del lupo, ma si tramutò

immediatamente in un ringhio di rabbia. I suoi occhi incontrarono quelli di Bostedo che si

bloccò per la paura. Ebbe appena il tempo di vedere le fauci che si chiudevano sul suo viso.

Poi più niente.

Quando rialzò il muso sporco di sangue Lars vide che nessuno dei cavalieri era ancora in

piedi. Sentì l’odore del sangue misto alla terra e gettò indietro la testa. Il suo ululato riempì la

notte, insieme all’eco di quelli dei fratelli.

Elena raggiunse Lars di corsa. “Sei ferito!” il suo sguardo preoccupato passava dalla

spalla al fianco. Lui le sorrise e le carezzò lieve una guancia su cui una lcrima solitaria stava

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tracciando la sua strada. “Guarirò” le disse. Poi, col suo aiuto, si rimise in piedi ed indossò gli

abiti che Andrea gli porgeva.

Il portone del castello si aprì e gli altri uscirono in giardino. Videro i loro compaesani con

gli abiti sporchi di sangue e gli stranieri in terra, coperti dai loro stessi mantelli. Il dottor

Petiziol raggiunse Lars. “Cos’è accaduto?”. Le femmine del sangue infatti avevano impedito

agli altri di osservare la scena dalle finestre. “Il patrigno di Elena era tornato per vendicarsi.

Quando Elena ha lasciato la sua casa, lui ha perso le sue ricchezze, e questo gli ha fatto

perdere il senno. Era venuto per ucciderla”.

Petiziol annuì, senza distogliere gli occhi da Lars. “Siete ferito”.

“Soltanto un graffio”.

“Se mi permettete vi medicherò”.

“Non è necessario, davvero. Grazie”.

Il medico annuì. “È meglio che vada a controllare i feriti allora” disse. E con un cenno del

capo si allontanò.

I due sposi guardarono dalla scalinata gli abitanti di San Raffaele allontanarsi per tornare

nelle loro abitazioni. Lars allungò il braccio sano e contornò le spalle di Elena, traendola a sé.

Le posò un bacio sul capo. Poi insieme entrarono dentro casa.