Il Massacro Di Bronte - Maria Pia Perrone

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Gli avvenimentiNei primi giorni di agosto del 1860, mentre si accingeva a passare lo stretto, Garibaldi si trovava coinvolto in uno degli episodi pi cruenti dellimpresa dei Mille: la repressione della sommossa scoppiata nella cittadina di Bronte, e presto estesa ai paesi limitrofi. Era, quella di Bronte, una storia insieme raccapricciante e tragica, sulla quale naufragavano gran parte delle speranze di rinnovamento sociale che avevano accompagnato la campagna garibaldina in Sicilia, e che si incentravano in modo particolare sulla possibilit di redistribuzione delle terre demaniali, una richiesta pressante e generalizzata, che il dittatore aveva deciso di esaudire con il decreto del 2 giugno.

In quella data, ad appena pochi giorni dal suo arrivo in Sicilia, Garibaldi aveva invitato le popolazioni ad insorgere, promettendo in premio un posto privilegiato nella ripartizione delle terre, una misura che avrebbe dovuto realizzarsi dopo lo scioglimento delle promiscuit tra ex feudatari e comuni, stabilite dalla legislazione demaniale precedete: le riforme borboniche, infatti, avevano gi inteso spezzare i latifondi, e il vero problema, a Bronte come altrove, erano piuttosto le usurpazioni, che avevano vanificato la portata innovatrice di quelle misure.

Proprio lemanazione del provvedimento garibaldino, tuttavia, era destinata a scatenare un conflitto interno alle comunit che si nutriva del risentimento antico e mai sopito nei confronti degli usurpatori, e che si riaccendeva adesso con nuova violenza, abilmente strumentalizzato dalla classe politica siciliana in funzione di polo daggregazione del consenso popolare.

Le sommosse che erano scoppiate in diverse zone dellisola avevano avuto un focolaio pericoloso nella citt di Bronte: gli eventi si erano svolti nellarco di 4 giorni, durante i quali incendi, saccheggi, macabre torture e omicidi avevano letteralmente sconvolto la cittadina. Erano fatti gi avvenuti in occasione delle rivoluzioni del 1820 e 1848, in cui i contadini avevano richiesto la suddivisione delle terre demaniali e il recupero di quelle usurpate. Tuttavia, in nessuno dei casi precedenti la reazione era stata cos feroce e veloce: dopo la repressione del moto, in soli 5 giorni Bixio aveva applicato le leggi eccezionali, processato i colpevoli e tutti i presunti tali, eseguito le condanne a morte e inviato al Tribunale di Messina tutti gli altri imputati. Probabilmente, la sua durezza rispecchiava da un lato il desiderio di trovarsi vicino a Garibaldi nel momento del passaggio dello stretto, dallaltro lansia del generale e del governo provvisorio di risolvere velocemente la questione. probabile che Garibaldi avesse tenuto conto sia della posizione in cui si trovavano la Sicilia e limpresa garibaldina, soprattutto in rapporto allatteggiamento delle grandi potenze nei confronti della prosecuzione della sua impresa, sia della necessit di un veloce ristabilimento dellordine pubblico in Sicilia. Ne andava, del resto, della possibilit stessa di riuscire a completare la sua impresa. Tuttavia, quello che probabilmente sfuggiva al generale ed ai suoi uomini, come a tutti quelli che per lungo tempo si sarebbero soffermati a riflettere sui fatti di Bronte, era la profonda complessit delle dinamiche del conflitto, che non si esauriva affatto nella semplice dialettica rivoluzione/reazione.

Al partito dei ducali, che si muovevano e speculavano allombra della Ducea, dopo il 1848 si era contrapposto un partito di comunisti, che difendeva invece i diritti del comune. A capo di questa formazione stava una nuova generazione di borghesia: avvocati, medici, imprenditori, tutti liberali ma con vene di radicalismo democratico nel loro sangue. Carmelo e Silvestro Minissale, Luigi Saitta, Nicol Lombardo erano stati coloro che il 23 aprile del 1848 avevano occupato le terre del boschetto di Maniace, scatenando le ire dellamministratore della Ducea, Thovez, che era persino riuscito a far arrestare i due Minissale. I due uomini, comunque, non erano rimasti a lungo in prigione, ed erano stati salvati da un atto legislativo del Parlamento palermitano. Il ritorno del Borbone aveva poi chiuso la questione, liquidando i comunisti dal governo della citt e restituendo le terre al duca e ai ducali. La contesa si era sopita, non cos lodio della comunit nei confronti degli usurpatori. Cos, nel 1860, quando erano giunti gli echi dei decreti di Garibaldi, si erano scardinati i fragili equilibri che avevano retto la vita del paese: la tradizionale divisione tra comunisti e ducali veniva ora attraversata dalla nuova contrapposizione tra liberali e borbonici. Era per, bene precisarlo, una contrapposizione trasversale: non tutti i liberali erano comunisti, non tutti i borbonici ducali. Proprio i Thovez, anzi, imbeccati dal console inglese, avevano assunto in fretta il manto di liberali, appoggiando la missione garibaldina nel tentativo di tutelare i propri interessi. Questa strategia aveva portato ad una maggioranza ducale allinterno del consiglio civico, dando la netta sensazione ai capi comunisti che la partita fosse ormai persa, e che lunica possibilit di riscatto fosse quella di sobillare le masse intorno al problema delle terre, provando ad assumere la leadership politica con la forza. La situazione si faceva sempre pi drammatica: lamministrazione inglese finanziava ben 3 compagnie di guardia nazionale; i comunisti rispondevano con la compagnia di Spatajoli, comandata dallo stesso Lombardo. Quando, la mattina dell8 luglio, Franco Thovez cominciava una lunga scorribanda attraverso la citt con lintenzione di requisire armi ed arrestare i contadini, Lombardo - nel tentativo disperato di dare unestrema sterzata politica al movimento - rispondeva con la promozione di una grande manifestazione per il 5 agosto, che chiedesse democraticamente e legalmente lattuazione del decreto del 2 giugno. Purtroppo era tardi. La sera del 1 agosto la folla, organizzata, ingannando la vigilanza della guardia ducale chiudeva le uscite del paese con presidi armati.

Lalba del giorno dopo rischiarava i contorni di una citt assediata. 12.000 persone si riversavano per le vie. Verso mezzogiorno la folla si radunava dinanzi al casino dei civili, chiedendo la divisione delle terre. Alle 23, il suono delle campane dava inizio alla mattanza. Delinquenti evasi, facinorosi dei paesi vicini che si erano uniti alla folla dei contadini cominciavano cos la loro caccia: le case dei ducali, il casino dei civili, larchivio comunale, il teatro erano gli obiettivi di quella folla tumultuosa. Cantavano, bevevano, e intanto davano lassalto a uomini e palazzi. Giorno 3 Lombardo e Saitta venivano prelevati dalle loro case e acclamati presidenti del Municipio e del Consiglio. Nellafa soffocante del pomeriggio cominciava labarbarie: il notaio della Ducea, Cannata, veniva nascosto in un covone di letame, dopo di che tirato fuori e mutilato, e ancora trascinato sin sotto il balcone della casa del figlio Antonino. La rivolta era diventata una caccia alluomo.

Alle 5 del pomeriggio cadeva anche Antonino Cannata, poi Mariano Zappia, Mariano Mauro, Nunzio Lupo, Nunzio Battaglia, Francesco Aidala ed altri. Alle 4 del pomeriggio del 4 agosto il tumulto si sposava davanti al collegio, dove la mattina, nellestremo tentativo di Lombardo di dare parvenza legale al moto, erano stati rinchiusi, con la promessa di essere processati, il segretario della ducea, Rosario Leotta, lusciere Giuseppe Martinez, Illuminato Lo Turco e Giuseppe Spedalieri. La folla chiedeva soprattutto la consegna di questultimo, impiegato del catasto e responsabile a loro dire dellaggravio dei tributi delle terre dei contadini. Si decideva cos di erigere un tribunale rivoluzionario e condannare a quei prigionieri, insieme al giovane chierico Vincenzo Saitta.

Le forze dellordine, intanto, si erano finalmente mobilitate, e allalba del 5 agosto un battaglione al comando del colonnello Poulet faceva il suo ingresso nel paese. La rivolta era finita: 16 morti, 46 case saccheggiate e incendiate, 300.000 di danni. Era il tempo della vendetta. Bixio era a Bronte gi nella mattina del 6 agosto , mentre il suo battaglione giungeva a sera, dichiarando la cittadina colpevole di lesa umanit. Il generale garibaldino decideva cos di requisire le armi e arrestare tutti i responsabili delle rivolte, servendosi di delazioni il pi delle volte infondate. Poneva poi lo stato dassedio e il coprifuoco. Lavvocato Lombardo, che si era presentato spontaneamente, veniva subito tratto in arresto, con laccusa di essere il promotore e listigatore del moto. Le calunnie dei suoi nemici, che prendevano voce soprattutto dalle delazioni del deposto presidente del municipio Sebastiano De Luca, ottenevano cos il primo successo. I ducali, che allarrivo di Garibaldi erano riusciti a camuffarsi da liberali e ad accreditarsi come rappresentanti del nuovo regime, capovolgevano ora su Lombardo persino laccusa di fedelt borbonica. E Bixio, del resto, decideva di assumere senza batter ciglio la prospettiva ducale. In quel momento, era necessario trovare delle vittime che facessero da terribile esempio agli altri rivoltosi della Sicilia; era necessario inoltre liquidare i capi politici pi autorevoli del mondo contadino, restituendo alla ducea il controllo del territorio e lesercizio dei suoi affari, nella fattiva collaborazione con quel ceto di civili locali che ad essa si erano avvinti. Il finale di quellagosto brontese era cruento. La commissione di guerra istituiva sommariamente il processo, dando appena unora alla difesa e consegnando alla storia la sentenza di giorno 9 :fucilazione per Nicola Lombardo, Nunzio Sampieri, Nunzio Longhitano Longi , Nunzio Spitaleri Nunno, Nunzio Ciraldo Frajunco.

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I dibattiti e le ricostruzioni

Benedetto Radice Una minuziosa, attenta ricostruzione dei sanguinosi episodi avvenuti a Bronte nellAgosto del 1860 stata fatta dallo storico brontese Benedetto Radice, ancora bambino quando scoppiarono, nei suoi due libri Memorie Storiche di Bronte e Nino Bixio a Bronte, questultimo ripubblicato nel 1963 con prefazione di Leonardo Sciascia dalleditore Salvatore Sciascia. Il Radice, traendo spunto da ricordi suoi personali, da attestazioni di attori e testimoni, da documenti originali compulsati e trascritti con ammirevole diligenza, con una narrazione colorita e particolareggiata, mette una nuova luce sui Fatti, reintegrando quei dolorosi avvenimenti nelle giuste proporzioni, sine ira, senza attenuare, ma anche senza esagerare, con serena obiettivit. Di questi fatti - scrisse il Radice - narrer quanto simpresse nella mia mente di fanciullo: avevo allora cinque anni e mezzo, quanto ho potuto raccogliere dalla bocca di superstiti dogni partito, che furono dei fatti attori e testimoni, e quanto ho desunto dalla lettura del processo dei colpevoli, che si dibatt in Catania nellagosto del 1863. E, nella nota (1) della pagina 427 delle sue Memorie storiche di Bronte, chiarisce quanto segue: Debbo alla benevolenza ed autorit del compianto Cav. Giuseppe Lodi, che fu segretario ed anima della Societ di Storia Patria in Palermo, incoraggiatore degli studiosi e protettore, e alla gentilezza del sig. Vincenzo Percolla, archivista nellarchivio provinciale di Catania, se mi fu dato leggere i 19 volumi del processo. I fatti ivi descritti ho potuto confrontare con quelli narratimi, e nulla vi ho trovato che io non sapessi o che non rispondesse al vero, se ne togli qualche dimenticanza, qualche documento, qualche data che han dato maggior luce alla conoscenza del tragico avvenimento. Cos le notizie da me raccolte e quelle ricavate dal processo completano interamente la narrazione di quelle memorande e sanguinose giornate. Leonardo Sciascia parla di uno scheletro nellarmadio di cui tutti conoscevano lesistenza, ma di cui nessuno parlava e che Benedetto Radice, attraverso uno studio minuzioso ed attento delle fonti storiche scopre e rivela, spinto dallamore del natio loco, ma anche dal desiderio di restituire dignit e giustizia al liberale avvocato Lombardo, che Bixio aveva troppo sbrigativamente fatto fucilare come capo della rivolta. Lo stesso editore Salvatore Sciascia, nel 1985, ha pubblicato Il Processo di Bronte, che riporta integralmente gli atti del primo sommario processo svoltosi nella cittadina etnea. Larringa dellavvocato Michele Tenerelli Contessa, che difese davanti alla Corte dassise di Catania gli imputati del secondo processo per i fatti di Bronte (quelli scampati alle fucilazioni sommarie ordinate tre anni prima da Nino Bixio), stata pubblicata dalla C.u.e.c.m. (Catania, 1989) con una introduzione del prof. Gino Longhitano.

Giovanni Verga Oltre a Giuseppe Cesare Abba e Guerzoni, anche un grande narratore della statura di Giovanni Verga, che allepoca dei fatti aveva 20 anni, ha dedicato alla drammatica rivolta contadina di Bronte una sua novella, Libert. Libert pagata a carissimo prezzo, tragico epilogo del secolare vassallaggio nutrito e cresciuto allombra dei Nelson, nella ricca Ducea dal 1799 allogata nel castello. Libert e lesempio pi significativo di novella che il Verga scrisse ispirandosi allo scontro fra ceti contrapposti ed alla violenza perenne del loro rapporto. Nelle varie parti della novella fa corrispondere un momento storico ed un punto di vista diversi. La parte iniziale ha sabato, 4 Agosto, come collocazione temporale in cui la rivolta contro i galantuomini esplode in tutta la sua violenza e ferocia. Viene qui evidenziato il punto di vista dei popolani che si afferma in un crescendo di entusiasmo e di violenza. Tutto appare giusto e possibile sia lanelito di uguaglianza economica e sociale che la sete di vendetta nei confronti della classe dominante accentratrice di ricchezza e potere. Nella parte centrale la novella descrive i fatti di domenica 5 agosto; si rafforza la visione della libert come equa distribuzione delle terre e da essa traspare una visione maggiormente utilitaristica ed individualistica dei fatti. La terza parte si articola in un periodo di tre anni, dallarrivo dei garibaldini allemissione della sentenza della Corte di appello nei confronti dei rivoltosi. Qui Verga fa prevalere il punto di vista borghese: libert vuol dire solo violenza e turbamento di un ordine costituito. Gli avvenimenti scorrono lentamente, in un crescendo di disinteresse, mentre gli imputati sono presi dal fatalismo di chi non riesce a spiegarsi i motivi della propria sconfitta. Della sanguinosa rivolta rimane cos solo la sofferenza degli accusati, mentre la vita torna a scorrere come prima. Tutto resta uguale, tutto stato inutile, allaria ci vanno i cenci.

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