Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

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ANNO XLIV . N. 229 . MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 EURO 1,50 CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50 Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamento postale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004 n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013 SIRIA | PAGINA 6, 7 Soddisfazione Usa per i primi raid sull’Isis Cambiare sul demansionamento, sui controlli, sui voucher. E invece non toccare niente sull’art.18. Le minoranze Pd - unite, per una volta - presentano sette emendamenti al senato. Ora sta a Renzi deci- dere: accettare di dialogare con la minoranza inter- na o obbedire ai diktat dell’ex ministro Sacconi. E così approvare il jobs act con i voti degli azzurri. An- che il ministro Poletti è in imbarazzo: «La discussio- ne è aperta, sta al segretario decidere». L’orgoglio di Bersani: «A Renzi dico che le accuse che mi muove lui sono le stesse di Tremonti e Fornero». «Renzi ha preso il 40%? Con il mio 25 Renzi sta governando. Non chiedo riconoscenza ma rispetto» PREZIOSI, SCIOTTO |PAGINA 3 CONTRO RIFORMA Andrea Fabozzi LAVORO La minoranza Pd prova a salvare il 18 in 7 mosse Difendere l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e cambiare l’art. 81 della Costituzione cancellando la mannaia del pareggio di bilancio. Lo propone un ampio schieramento politico, da Fassina a Rodotà, Landini e Sel, in campo per la raccolta delle firme PAGINE 2, 3 C he la parola «riforma» ormai non significhi più niente, o comunque niente di buono, lo prova la storia dell’articolo 81 del- la Costituzione. «Riformato» in ap- pena sei mesi tra la fine dell’ultimo governo Berlusconi e la breve sta- gione di Monti. All’apogeo delle lar- ghe intese, il vincolo del pareggio di bilancio fu inserito nella Carta con 14 voti contrari su 650, accogliendo proposte convergenti di Berlusconi e Bersani. Neanche i più ottusi rigo- risti europei chiedevano di mettere il vincolo direttamente in Costitu- zione; l’Italia minacciata di troika volle strafare. Così oggi Renzi, quando si atteg- gia ad avversario dell’austerità, di- mentica di dire che il nostro paese ha l’austerità scolpita nella legge fondamentale. E che il governo la ri- vendica, altrimenti avrebbe aggiun- to l’articolo 81 alla lista dei quaran- ta e più articoli della Carta che sta imponendo alle camere di riscrive- re. Adesso la sinistra che non era al- lora in parlamento, assieme a un po’ di deputati del Pd rinsaviti, a di- verse associazioni, alla Fiom e ai co- stituzionalisti che non credono troppo nella proposta di referen- dum abrogativo già in campo (per- ché limitata negli effetti e a rischio bocciatura della Consulta) tentano la strada della legge costituzionale di iniziativa parlamentare. Per boni- ficare l’articolo 81, riportandolo dal precetto ragioneristico di quasi 20 righe che è diventato all’originario e semplice principio di copertura delle spese. Se quella era una «rifor- ma», dobbiamo dunque affidarci a una «controriforma» che in realtà ha il segno progressista del riformi- smo vero e recupera i «diritti fonda- mentali delle persone» al centro del- la finanza pubblica. In questo mo- do una legge di bilancio che taglias- se i servizi pubblici essenziali e inve- stisse in armi da guerra, per esem- pio, sarebbe censurabile dalla Con- sulta con più certezza di quanto, a parere di diversi costituzionalisti, non lo sia già oggi. Annichilita dalle sconfitte, la sinistra trova ancora una volta nella Costituzione «forma- le» e nella battaglia per la sua piena applicazione l’ultimo terreno di re- sistenza. Magari il primo dal quale tentare una mossa. La giusta causa «Bisogna invertire la rotta», tutti d’accordo al vertice Onu sul riscaldamento globale. Ma Oba- ma ha le mani legate. Nono- stante i nuovi limiti imposti al carbone, gli Usa sono in pieno boom degli idrocarburi. Le com- pagnie petrolifere la fanno da padrone con l’acquiescenza dell’amministrazione nel nome di un imprescindibile ripresa economica CELADA, FAZIO |PAGINE 8, 9 I gendarmi pontifici hanno arre- stato ieri pomeriggio dietro le mura del Vaticano l’arcivescovo polacco Jozef Wesolowski, 66 anni, accusato di abusi sessua- li su minori quando era nunzio a Santo Domingo tra il 2008 e il 2013. Un anno fa era stato richiama- to a Roma e a giugno era stato «dimesso» dallo stato clericale, la massima pena canonica. KOCCI |PAGINA 4 I l Comitato 3 Ottobre, nato su- bito dopo il naufragio che ha portato alla morte di almeno 366 migranti a poche miglia dalla costa di Lampedusa, ha tra i suoi obiettivi l'istituzione di un Giorno della memoria e dell'accoglienza per gli stranieri. Qualche mese fa, ho presentato un disegno di legge, sottoscritto da decine di senatori di diversi gruppi politici, il cui tito- lo recita così: «Giornata nazionale per la memoria dei migranti vitti- me del mare». CONTINUA |PAGINA 15 U n argomentato j’accuse con- tro le politiche di austerità che dominano la scena eu- ropea e non solo, quello che ieri Jo- seph Stiglitz ha svolto in un incon- tro alla Camera dei deputati. Indice puntato dunque contro il dogma della economia fondata sull’offerta e non sulla domanda, perché se non c’è una inversione di rotta, le già allarmanti disuguaglianze socia- li rischiano di essere esplosive. Per fare tutto questo, occorre una rifor- ma radicale dell’Unione europea. CONTINUA |PAGINA 3 L a società industriale del no- stro tempo ha deragliato dal suo sentiero storico progressi- sta. Almeno dagli anni '30 dell'800 a ogni salto della capacità produtti- va delle imprese ha corrisposto un accorciamento della giornata di la- voro. Così è stato per quasi tutto il '900. Una conquista del tempo di vi- ta per i lavoratori, ottenuta, tutta- via, dopo aspre e prolungate lotte. Negli anni '90 del secolo scorso, ne- gli Usa, l'inversione di rotta. La rivo- luzione informatica imprime una capacità produttiva di rilevante po- tenza. CONTINUA |PAGINA 15 VERTICE ONU Clima unanime ma soltanto belle parole PEDOFILIA Ex arcivescovo arrestato in Vaticano 47 missili Tomawak uccidono decine di jihadisti. E 11 civili. Altro che acccordo con Assad: al via la spartizione del Paese BIANI LAMPEDUSA Un 3 ottobre per non dimenticare Luigi Manconi REDDITO MINIMO Dieci ragioni per una battaglia Piero Bevilacqua JOSEPH STIGLITZ Un Nobel riformista contro l’austerity Benedetto Vecchi Salvatore La Fata, edile licenziato e poi ambulante, si è dato fuoco a Catania. La torcia umana ora mobilita anche la Cgil INTERVENTO Annamaria Rivera pagina 5 Ore 18 Presentazione del libro di Luigi Vinci “Il problema di Lenin” Luigi Vinci, Simone Oggionni, Sandro Valentini Introduce Alessandro Fatigati Ore 20,30 Verso la terza guerra mondiale? Giulietto Chiesa, Luigi Vinci, Francesco Maringiò, Yilmaz Orkan, Yousef Salman, Introduce Danilo Borrelli MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE info: 0522 452323 - [email protected] CAMBIO DI GUARDIA ALLA CISL Dagli accordi separati alla «pace armata» con la Cgil. Dopo otto anni Bonanni lascia la guida del sindacato FRANCHI |PAGINA 2

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Il Manifesto - 24 Settembre 2014

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ANNO XLIV . N. 229 . MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 EURO 1,50

CON LE MONDE DIPLOMATIQUE + EURO 1,50Poste Italiane S.p.A. - Spedizione in abbonamentopostale - D.L. 353/2003 (conv. in L. 27/02/2004n.46) art. 1, comma 1, Aut. GIPA/C/RM/23/2013

SIRIA | PAGINA 6, 7

SoddisfazioneUsa per i primiraid sull’Isis

Cambiare sul demansionamento, sui controlli, suivoucher. E invece non toccare niente sull’art.18. Leminoranze Pd - unite, per una volta - presentanosette emendamenti al senato. Ora sta a Renzi deci-dere: accettare di dialogare con la minoranza inter-na o obbedire ai diktat dell’ex ministro Sacconi. Ecosì approvare il jobs act con i voti degli azzurri. An-che il ministro Poletti è in imbarazzo: «La discussio-ne è aperta, sta al segretario decidere». L’orgoglio diBersani: «A Renzi dico che le accuse che mi muovelui sono le stesse di Tremonti e Fornero». «Renzi hapreso il 40%? Con il mio 25 Renzi sta governando.Non chiedo riconoscenza ma rispetto» PREZIOSI, SCIOTTO |PAGINA 3

CONTRORIFORMA

Andrea Fabozzi

LAVORO

La minoranza Pd provaa salvare il 18 in 7 mosse

Difendere l’art. 18 dello Statuto dei lavoratori e cambiare l’art. 81 della Costituzionecancellando la mannaia del pareggio di bilancio. Lo propone un ampio schieramentopolitico, da Fassina a Rodotà, Landini e Sel, in campo per la raccolta delle firme PAGINE 2, 3

Che la parola «riforma» ormainon significhi più niente, ocomunque niente di buono,

lo prova la storia dell’articolo 81 del-la Costituzione. «Riformato» in ap-pena sei mesi tra la fine dell’ultimogoverno Berlusconi e la breve sta-gione di Monti. All’apogeo delle lar-ghe intese, il vincolo del pareggio dibilancio fu inserito nella Carta con14 voti contrari su 650, accogliendoproposte convergenti di Berlusconie Bersani. Neanche i più ottusi rigo-risti europei chiedevano di mettereil vincolo direttamente in Costitu-zione; l’Italia minacciata di troikavolle strafare.

Così oggi Renzi, quando si atteg-gia ad avversario dell’austerità, di-mentica di dire che il nostro paeseha l’austerità scolpita nella leggefondamentale. E che il governo la ri-vendica, altrimenti avrebbe aggiun-to l’articolo 81 alla lista dei quaran-ta e più articoli della Carta che staimponendo alle camere di riscrive-re. Adesso la sinistra che non era al-lora in parlamento, assieme a unpo’ di deputati del Pd rinsaviti, a di-verse associazioni, alla Fiom e ai co-stituzionalisti che non credonotroppo nella proposta di referen-dum abrogativo già in campo (per-ché limitata negli effetti e a rischiobocciatura della Consulta) tentanola strada della legge costituzionaledi iniziativa parlamentare. Per boni-ficare l’articolo 81, riportandolo dalprecetto ragioneristico di quasi 20righe che è diventato all’originarioe semplice principio di coperturadelle spese. Se quella era una «rifor-ma», dobbiamo dunque affidarci auna «controriforma» che in realtàha il segno progressista del riformi-smo vero e recupera i «diritti fonda-mentali delle persone» al centro del-la finanza pubblica. In questo mo-do una legge di bilancio che taglias-se i servizi pubblici essenziali e inve-stisse in armi da guerra, per esem-pio, sarebbe censurabile dalla Con-sulta con più certezza di quanto, aparere di diversi costituzionalisti,non lo sia già oggi. Annichilita dallesconfitte, la sinistra trova ancorauna volta nella Costituzione «forma-le» e nella battaglia per la sua pienaapplicazione l’ultimo terreno di re-sistenza. Magari il primo dal qualetentare una mossa.

La giusta causa«Bisogna invertire la rotta», tuttid’accordo al vertice Onu sulriscaldamento globale. Ma Oba-ma ha le mani legate. Nono-stante i nuovi limiti imposti alcarbone, gli Usa sono in pienoboom degli idrocarburi. Le com-pagnie petrolifere la fanno dapadrone con l’acquiescenzadell’amministrazione nel nomedi un imprescindibile ripresaeconomica CELADA, FAZIO |PAGINE 8, 9

I gendarmi pontifici hanno arre-stato ieri pomeriggio dietro lemura del Vaticano l’arcivescovopolacco Jozef Wesolowski, 66anni, accusato di abusi sessua-li su minori quando era nunzioa Santo Domingo tra il 2008 eil 2013.Un anno fa era stato richiama-to a Roma e a giugno era stato«dimesso» dallo stato clericale,la massima pena canonica. KOCCI |PAGINA 4

I l Comitato 3 Ottobre, nato su-bito dopo il naufragio che haportato alla morte di almeno

366 migranti a poche miglia dallacosta di Lampedusa, ha tra i suoiobiettivi l'istituzione di un Giornodella memoria e dell'accoglienzaper gli stranieri. Qualche mese fa,ho presentato un disegno di legge,sottoscritto da decine di senatoridi diversi gruppi politici, il cui tito-lo recita così: «Giornata nazionaleper la memoria dei migranti vitti-me del mare». CONTINUA |PAGINA 15

Un argomentato j’accuse con-tro le politiche di austeritàche dominano la scena eu-

ropea e non solo, quello che ieri Jo-seph Stiglitz ha svolto in un incon-tro alla Camera dei deputati. Indicepuntato dunque contro il dogmadella economia fondata sull’offertae non sulla domanda, perché senon c’è una inversione di rotta, legià allarmanti disuguaglianze socia-li rischiano di essere esplosive. Perfare tutto questo, occorre una rifor-ma radicale dell’Unione europea. CONTINUA |PAGINA 3

La società industriale del no-stro tempo ha deragliato dalsuo sentiero storico progressi-

sta. Almeno dagli anni '30 dell'800a ogni salto della capacità produtti-va delle imprese ha corrisposto unaccorciamento della giornata di la-voro. Così è stato per quasi tutto il'900. Una conquista del tempo di vi-ta per i lavoratori, ottenuta, tutta-via, dopo aspre e prolungate lotte.Negli anni '90 del secolo scorso, ne-gli Usa, l'inversione di rotta. La rivo-luzione informatica imprime unacapacità produttiva di rilevante po-tenza. CONTINUA |PAGINA 15

VERTICE ONU

Clima unanimema soltantobelle parole

PEDOFILIA

Ex arcivescovoarrestatoin Vaticano

47 missili Tomawak uccidono decine dijihadisti. E 11 civili. Altro che acccordocon Assad: al via la spartizione del Paese

BIANILAMPEDUSA

Un 3 ottobreper non dimenticare

Luigi Manconi

REDDITO MINIMO

Dieci ragioniper una battaglia

Piero Bevilacqua

JOSEPH STIGLITZ

Un Nobel riformistacontro l’austerity

Benedetto Vecchi

SalvatoreLa Fata, edile

licenziatoe poi ambulante,si è dato fuoco

a Catania.La torcia umana

ora mobilitaanche la Cgil

INTERVENTOAnnamaria Rivera

pagina 5

Ore 18Presentazione del libro di Luigi Vinci

“Il problema di Lenin”Luigi Vinci, Simone Oggionni,

Sandro ValentiniIntroduce Alessandro Fatigati

Ore 20,30 Verso la terza guerra mondiale?

Giulietto Chiesa, Luigi Vinci,Francesco Maringiò,

Yilmaz Orkan, Yousef Salman, Introduce Danilo Borrelli

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE

info: 0522 452323 - [email protected]

CAMBIO DI GUARDIA ALLA CISL

Dagli accordi separati alla«pace armata» con la Cgil.Dopo otto anni Bonannilascia la guida del sindacato

FRANCHI |PAGINA 2

Page 2: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 2 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

Massimo Franchi

I«diritti fondamentali delle persone» ven-gono prima della finanza. Un concettosemplice e al tempo stesso rivoluziona-

rio in quest’epoca neoliberista in cui «l’eco-nomia comanda su tutto». Un concetto cheunisce per la prima volta un fronte di sini-stra largo e plurale: da Fassina a Landini, datutta Sel a Civati, dal terzo settore all’associa-zionismo cattolico, dall’Altra Europa di Tsi-pras a - chissà - perfino una parte del M5s.«Uno schieramento politico - per dirla con leparole di Stefano Rodotà - che abbia la capa-cità di farsi valere». E per farlo punta a cam-biare l’articolo 81 - e altri - della Costituzionee quel pareggio di bilancio che è «vulnus poli-tico». Lo strumento scelto è quello della leg-ge di iniziativa popolare, strumento finoraspuntato - «in 15 anni da parlamentare nonne ho mai discusso uno», ricorda sempre Ro-dotà - che dovrebbe essere rilanciato forte-mente dal nuovo regolamento della Came-ra: il parlamento dovrà obbligatoriamente di-scuterli in tempi certi.

Lunedì il testo che prevede di modificareanche gli articoli 97 - pubblica amministazio-ne - e 119 - autonomie territoriali - inseren-do in entrambi la dizione-condizione «nel ri-spetto dei diritti fondamentali delle perso-ne» e di abrogare la parte della legge Costitu-zionale 20 del 2012 che specifica i criteri di at-tuazione del pareggio di bilancio, è stato de-positato lunedì in Corte di cassazione. Dalprimo ottobre inizierà la raccolta delle firme.La normativa vigente prevede che ne serva-no solo 50mila, l’obiettivo però è molto piùambizioso: «entrare nel dibattito pubblico»,come sintetizza il giurista Gaetano Azzaritiche materialmente ha scritto il testo.

La rilevanza politica sta proprio nella pre-senza di molti esponenti della minoranzaPd. Al di là delle critiche comuni al Jobs act eall’ulteriore modifica dell’articolo 18, la loropresenza segnala un quadro politico real-mente modificato: «il cambiamento lo vo-gliono tutti ma va aggettivato, deve essereprogressivo e non regressivo, con più dirittie non meno». Sentire ad esempio StefanoFassina dire che «abbiamo bisogno di un ra-dicale cambiamento di paradigma, serve ri-politicizzare l’economia, che non è unascienza neutra, astratta dalla politica», che«ci sono energie trasversali in Parlamentoche vogliono cambiare in questo senso la po-litica», fa una certa impressione.

Se i deputati di Sel Giulio Marcon e Gior-

gio Airaudo rilanciano la loro idea di «un So-cial compact che sostituisca il Fiscal com-pact», i veri mattatori della conferenza stam-pa di presetazione sono Rodotà e Landini. Ilprimo - che si autodefinisce «maniaco dei di-ritti» - ricorda i «5 milioni e mezzo di firmeraccolti da Sergio Cofferati e la Cgil nel 2002dopo la difesa dell’articolo 18» come esem-pio di «buona politica» che oggi va declinatacontro «la super Costituzione dettata dal-l’economia» che utilizza «un attacco ai dirittiche non è più neanche dissimulato». Percambiare «la cultura politica del Paese» vadunque detto con chiarezza che «quelle po-che risorse esistenti vanno utilizzate per tute-lare i diritti», sennò si arriva ad «usarle per ilponte di Messina».

Landini invece sottolinea come «l’iniziati-va sia in continuità con "La via maestra"(che riempì piazza del Popolo lo scorso otto-bre, ndr) e cioé con l’idea di cambiare il pae-se attraverso l’applicazione della Costituzio-ne». Un argomento che si salda perfettamen-te con la manifestazione già convocata dallaFiom per il 18 ottobre: «Offriamo quella piaz-za per parlare dell’iniziativa perché se noi sia-mo tornati in Fiat lo dobbiamo alla Corte Co-

stituzionale che ha sancito un diritto e nonalla politica». Quella politica che «oggi vuoleriformare il paese con la contrapposizione,mentre noi vogliamo unirlo, allargare l’alle-anza per cambiarlo davvero».

I promotori ci tengono poi a sottolinearecome l’iniziativa non sia «assolutamente incontrasto» con i quattro referendum abroga-tivi Stop austerità su cui si stanno ancora rac-cogliendo le firme. Rodotà, Airaudo e gli altripromotori avevano avvertito della presenta-zione chi «ha fatto una scelta diversa». La dif-ferenza sta nel fatto che i primi non credonoche la Corte di cassazione darà il via libera aireferendum e quindi hanno cercato «unostrumento diverso». Se qualche velata accu-sa «di non essersi troppo impegnati nella rac-colta delle firme» traspare dalla Cgil, proprioil segretario confederale Danilo Barbi ci tie-ne a precisare che «esiste una complementa-rità di senso fra le due iniziative». A giorni -entro il 30 settembre - si scoprirà se le 500mi-la firme necessarie saranno raggiunte - almomento pare assai difficile - in ogni casotutti assieme dal 1˚ ottobre si ricomincerà araccoglierle con lo stesso obiettivo: abbatte-re la cultura neoliberista imperante.

LA GIUSTA CAUSA

AST TERNI · Undici ore di trattative al ministero, ma la Thyssen Krupp non arretra

Sull’acciaio è guerra di trincea

Presentata alla camera la proposta di legge di iniziativa popolareper modificare la norma sul pareggio di bilancio in Costituzione

I l cambio della guardia erà già sta-to previsto, votato e - pareva - di-gerito. La 56enne genovese An-

namaria Furlan il 24 giugno era stataeletta segretario generale aggiuntoin vista della sostituzione di RaffaeleBonanni per raggiunti limiti di età:66 anni. Il tutto ricalcando quelloche avvenne in Cgil nel 2010 fra Gu-glielmo Epifani e Susanna Camusso.

Ma si sa, in Cisl le poltrone sonofondamentali e sotto la cenere cova-va la contrarietà di buona parte deiterritori - la lombardiadel destro Gigi Petteni- e di chi ambiva al po-sto di segretario gene-rale - il segretario deipubblici - Giovanni Fa-verin - per una sceltache scontentava molti.Poi è arrivato Renzi el’addio alla concerta-zione e a quei tavoliche la Cisl ha semprevisto come ragione divita per spuntare qualche contropar-tita. I mal di pancia sono aumentati- i pensionati della Fnp in testa - e labile di Raffaele è tracimanta. Sem-bra che l’uomo che ha fatto uscire lanotizia risponda al nome di BeppeFioroni, l’amico cattolico che pareaver spifferato tutto a Dagospia.

Raffaele Bonanni, «il devoto mura-tore abruzzese», dunque lascia viaPo dopo 8 anni. Una decisione pre-sa «di pancia» già in estate e accelera-

ta dagli eventi. «Ha voluto dimostra-re a Renzi che il cambiamento c’èanche nel sindacato», dice chi gli èsempre stato vicino. Le conseguen-ze a breve saranno quelle di unamaggiore unità sindacale: Bonanninegli ultimi tempi ha avuto più diuno screzio con Susanna Camusso -l’ultimo sul paragone Renzi-Tha-tcher - e la sua scelta dovrebbe porta-re alla ricucitura tra Cgil-Cisl-Uil nel-la riunione delle segreterie previstaper venerdì. Furlan, che viene dal

feudo Cisl delle Poste,non ha altra strada.Un’unità sindacaleche Bonanni ha dovu-to accettare quasi con-trovoglia, preferendo itempi in cui con Ange-letti, Sacconi e Fini sot-toscriveva il "Patto perl’Italia" del 2002.

Per Bonanni invecec’è da scommettere suun futuro in politica.

Lo scorso anno la sua presenza allaconvention della fondazione - poiabortita - di Luca Cordero di Monte-zemolo portò ad un vero trambustoin Cisl. Ora l’ipotesi più accreditataè un ticket con Corrado Passera e ilsuo "Italia unica" in nome dell’alle-anza sindacati-imprese. Sempre chele voci su dossier sulla pensione cheBonanni si stava mettendo da partelo costringano all’ascesi tra le monta-gne abruzzesi. m.fr.

Austerità •

MERIDIANA · Lupi: stop alla mobilità per affrontare la vertenza«Chiederemo all’azienda un’interruzione delle procedure di mobilità per poter affrontare la vertenzacon tempi certi». Lo ha detto ieri il ministro dei trasporti, Maurizio Lupi, nel giorno della convocazio-ne al ministero del lavoro del tavolo su Meridiana, che ha chiesto la mobilità per circa 1.600 di-pendenti. «Per un confronto serio serve un po’ di tempo», ha aggiunto Lupi a Innotrans a Berlino,dove ieri è stato presentato il nuovo Frecciarossa Etr 1000. «La richiesta di mobilità per 1.600 per-sone è un segnale preoccupante. Dobbiamo ragionare con Meridiana innanzitutto di piani industria-li: si può tutelare l’occupazione se c’è una prospettiva», ha aggiunto Lupi, secondo il quale «Meri-diana deve dialogare e confrontarsi su quale sia la prospettiva di sviluppo dell’azienda». Anche isindacati chiedono la sospensione delle procedure di mobilità: «L’alternativa ai licenziamenti esiste- ha detto ieri Francesco Staccioli, dell’Esecutivo Trasporti Usb - e deve essere accompagnata dalpiano generale sull’occupazione del settore che era stato preannunciato durante i licenziamenti diAlitalia. Siamo pronti a tutto per impedire che i lavoratori di Meridiana siano lasciati in mezzo auna strada».

Riccardo ChiariROMA

Tutto rinviato a domani,dopo undici ore di tratta-tive che non bastano per

far cambiare direzione a Thys-sen Krupp, così come chiedo-no compatti i sindacati me-talmeccanici. La vertenza Astsi conferma una volta di piùguerra di trincea. Con l’azien-da che non arretra, e Fiom &c.pronte all’ennesima mobilita-zione in difesa dello stabili-mento ternano. Nel mezzo ilgoverno, la cui non-politica in-dustriale, che ha fatto della si-derurgia italiana una terra diconquista per le multinaziona-li continentali ed extraeuro-pee, mostra anche in questaoccasione tutta la sua inconsi-stenza. Unica nota positiva del-la giornata, fanno sapere i sin-dacati al termine dell’incon-tro, la teorica disponibilità del-la multinazionale a entrare fi-nalmente nel merito delle vocirelative all’assetto societario,alle strategie commerciali eagli investimenti.

Alla vigilia dell’ennesimo in-

contro al ministero dello svi-luppo economico, le tute bludi Acciai Speciali Terni eranostate chiare: «Avevamo apertoun confronto per costruireuna soluzione condivisa alter-nativa al piano industriale pre-

sentato da Thyssen a luglio. In-vece la multinazionale non si èmossa di un passo dalla suaposizione iniziale, quella di unpiano contraddittorio e fattosoltanto di tagli che di fattovanno a colpire ancora unavolta i lavoratori. E anche il go-verno, dopo l’autorevolezzainiziale che ha consentito di av-viare un percorso, non sta ope-rando per determinare uncambio di passo».

I risultati sono presto detti:al ritiro temporaneo - per solitrenta giorni – del (non) piano

industriale che prevede 550 li-cenziamenti e la chiusura diuno dei due forni fusori di Ast,è seguito un prolungato impas-se, esiziale per il futuro produt-tivo dell’acciaieria umbra. Levoci interne allo stabilimentoraccontano addirittura di unblocco della raccolta degli ordi-nativi, deciso da un manage-ment aziendale che rispondesolo ai desiderata dei vertici te-deschi della multinazionale.Pronti, non per caso, ad affian-care l’ad Lucia Morselli anchenell’ultima maratona verten-ziale di inizio settembre.

Ma anche i lavoratori e i lorosindacati non mollano, purconsapevoli della difficoltà del-l’impresa. «Abbiamo presenta-to dati tecnici, numeri chiari eproposte mirate - osserva Clau-dio Cipolla della Fiom di Terni- eppure non stiamo riuscen-do a fare breccia nel muro alza-to dall’ad Lucia Morselli. E’chiaro, dunque, che non c’è, oforse non c’è mai stata, una re-ale volontà di confronto co-struttivo».

Più in dettaglio, i sindacatihanno presentato un “contro-

piano” che permette di rag-giungere i 100 milioni di rispar-mi chiesti da Thyssen Kruppsenza licenziare i 550 operai(su 2.800) e senza chiudere ilforno fusorio. «La voce del per-sonale incide sul fatturato tota-le di Ast solo per il 5% - spiega-no i metalmeccanici – mentresecondo il piano industriale iltaglio del costo del lavoro do-vrebbe essere di ben 40 milio-ni. Noi invece pensiamo che sipossa lavorare sul restante95% dei costi, per recuperarenon solo le risorse previste,ma anche di più».

Tra le voci su cui intervenirei sindacati indicano le materieprime, dove un risparmio del3% sul reperimento del rotta-me varrebbe 50 milioni di eu-ro, e il capitolo energetico, do-ve normalizzando i costi po-trebbero essere risparmiati cir-ca 25 milioni di euro. «Questopermetterebbe di ottenere so-stanzialmente i risparmi previ-sti - chiudono Fiom, Fim,Uilm, Ugl e Fismic - senza an-dare a toccare gli impianti, i vo-lumi produttivi e l’occupazio-ne in fabbrica».

81, lacarta della sinistraTra i promotori Sel, la minoranza Pdcon Fassina e Civati, la Fiom di Landinie vari giuristi. Rodotà: «Così rilanciamoi diritti distrutti dal neoliberismo»

IL LEADER DELLA CISL ANNUNCIA LE DIMISSIONI DOPO 8 ANNI lIL

Bonanni cede a Renzi,il timone passa a Furlan

Oggi nuovo round.Contro-piano deisindacati per evitarei 500 licenziamentiprevisti dall’azienda

Page 3: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 3

LA GIUSTA CAUSA

Daniela Preziosi

Pochi emendamenti ma capaci - seapprovati - di rimaneggiare in pro-fondità il senso della legge delega

sul jobs act. E di rimettere in pace il tor-mentato Pd. Ieri le minoranze dem, do-po una giornata di riunioni che si acca-vallavano da una camera all’altra, hannomesso nero su bianco le loro proposte.Sette emendamenti, tutti all’art.4 dellalegge: chiedono la riforma degli ammor-tizzatori contestuale agli altri provvedi-menti con impegni precisi sulle risorse;

il disboscamento dei contratti inutili;che il contratto a tempo indeterminatosia più conveniente rispetto agli altri; laconferma del tetto di 5mila euro di reddi-to all’anno per i voucer; paletti precisisui controlli dei luoghi di lavoro; la defi-nizione di parametri oggettivi per il de-mansionamento. Li hanno firmati 35 se-natori democratici. «Non siamo unafronda», giura l’ex sottosegretaria MariaCecilia Guerra, che li ha scritti. Ma 35 ènumero ragguardevole: a Palazzo Mada-ma la maggioranza sta in piedi per sei vo-ti. E se Renzi decidesse di non dialogarecon la minoranza interna, il rischio delsoccorso azzurro è reale. Con tutte leconseguenze politiche del caso.

Di mattina, alla camera, si riunisce la

’war room’ degli anti-jobs act. Formazio-ne ristretta: Fassina, D’Attorre, Damia-no, Chiti, Civati, Boccia, Bindi, Chiti, Pol-lastrini, Fontanelli, Cuperlo. Una riunio-ne operativa per coordinarsi, una voltatanto. «Sul merito della legge», sottoli-nea Alfredo D’Attorre, «non vogliamo fa-re il fronte delle opposizioni a Renzi. E di-re che vogliamo impallinarlo è una fesse-ria». La proposta è anzi un mezzo ramo-scello di pace: un incontro per preparareil testo da votare tutti insieme alla dire-zione di lunedì 29. Non c’è Bersani, l’uo-mo simbolo dello scontro con Renzi.L’ex segretario però a sera si presenta al-le telecamere di Dimartedì, su La7 e va

giù duro: «Con il mio 25 per cento Renzista governando. Io non chiedo ricono-scenza ma rispetto». E ancora: «Dall’en-tourage di Renzi mi vogliono spiegare, ame, come si sta in un partito. Ma vorreichiedere: dove sta scritto nel program-ma di cancellare l’articolo 18?».

Nel frattempo, siamo ancora alla mat-tina, al senato il gruppo Pd incontra il mi-nistro Poletti. Viene descritto in imbaraz-zo sulle posizioni drastiche del premier.I licenziamenti discriminatori restano,spiega, («Mancherebbe, stanno nellaCarta dei diritti dell’uomo del 1948»,sbotterà poi Fassina). Sul resto, dice ilministro, «c’è una discussione del Pd»che «guarderà tutte le questioni che so-no aperte»». Poletti stringe le spalle:«Questo posso dire io, io faccio il mini-stro, al resto pensi il segretario del Pd».Alla fine non si vota, e del resto fino alladirezione del Pd non ci sarà nulla da vo-tare o, meglio, ratificare. Così come sem-bra scontato, al senato, lo slittamentodell’avvio della legge alla prossima setti-mana. A dopo la direzione, appunto.

A sera l’ultima riunione è quella del-l’area riformista. Prepara un documentoda portare alla direzione e chiede di di-scutere il jobs act ma anche la legge distabilità: «Lì ci dovranno essere i soldiper la riforma degli ammortizzatori, chedovrà essere in ogni caso contestualeagli altri provvedimenti. Ma soprattuttolì c’è il segno della politica economica»,spiega Fassina.

Il busillis resta cosa deciderà Renzi.Perché decide lui e solo lui. «Noi abbia-mo segnali di apertura da parte di Gueri-ni e di Poletti. Ma anche loro sono appe-si a Renzi. Fino a dieci giorni fa le nostreposizioni erano quelle del ministro. Mapoi il presidente del consiglio ha cambia-to linea», confida un dirigente di area ri-formista. Per capire se è pace o se è guer-ra bisognerà aspettare dunque la finedel viaggio negli Usa, il 26. A quel puntoil premier deciderà se asfaltare le mino-ranze interne. E dar ragione all’ex mini-stro Sacconi (Ncd) per il quale gli emen-damenti della minoranza Pd «sono irrice-vibili. Noi non li voteremo mai». Ma l’ef-fetto-domino che può portare sulla legi-slatura, l’allargamento di fatto della mag-gioranza, è un rischio troppo alto. I dissi-denti disposti alla fine a votare contro lalegge non saranno tutti quelli che ci so-no sulla carta: ma al senato ne basta unamanciata per far saltare il banco.

Molto meno rischioso ’concedere’qualcosa alle minoranze. «Come avevapensato di fare dall’inizio», spiega un di-rigente che ci ha parlato prima della’bomba art. 18’: «Ha fatto presentare unprimo testo indigeribile e molto forzato,proprio per concedere alla sinistra l’illu-sione di poterlo emendare».

I CRITICI PD · Tutela piena dopo 3 anni, niente videocamere e cambio mansioni concordato

Sette emendamenti e salvi il 18Antonio Sciotto

La piena tutela dell’articolo18 per tutti i neoassunti do-po i primi tre anni di con-

tratto a tutele crescenti. È que-sto l’emendamento chiave deisette che la minoranza Pd hapresentato al Jobs Act. Gli altrisei riguardano ugualmente l’arti-colo 4 della contestatissima dele-ga approntata al Senato, e tocca-no altri nodi importanti, comela videosorveglianza, il deman-sionamento, gli ammortizzatorisociali. Molto più nutrito il pac-chetto proposto da Sel, con ben350 emendamenti, a tutto il te-sto e non solo all’articolo 4.

Il primo emendamento chie-de quindi di chiarire quanto nel-la formula scritta dai relatori èstato lasciato volutamente ambi-guo, non venendo citata mai laparola «reintegro». Ponendo il li-mite temporale dei tre anni, pri-ma che venga maturato l’artico-lo 18 (e sempre che il datore dilavoro non ti abbia licenziato,potendolo fare, un giorno pri-ma), ci si avvicina quindi allaproposta originaria del Pd, mu-tuata da Boeri-Garibaldi, cheparlava però di un contratto diinserimento (che avrebbe cioèdovuto essere affiancato all’at-tuale tempo indeteminato, la-sciandolo intatto).

Bisognerà capire (se mai cene sarà occasione, dipende dalla

fortuna di questo emendamen-to) se il riferimento alle tutele«crescenti» per la minoranza Pdvorrà dire inserire un indenniz-zo economico durante i tre an-ni, direttamente proporzionaleall’anzianità, che "sanzioni" inqualche modo anche il licenzia-mento avvenuto prima della ma-turazione dell’articolo 18.

Quanto alla videosorveglian-za, si chiede che avvenga solo su-

gli impianti, e non sui lavoratori.Demansionamento: si potrannocambiare le mansioni di un lavo-ratore, in caso di riorganizzazio-ne, ristrutturazione o conversio-ne aziendale, ma solo sulla basedi «parametri oggettivi» e co-munque soltanto in presenza diun accordo tra le parti, con con-tratto collettivo o aziendale.

Per i voucher, o buoni lavoro,si dà l’ok per continuare a utiliz-zarli, ma senza una liberalizza-zione selvaggia: va confermato iltetto di 5 mila euro di reddito al-l’anno, per evitare che questostrumento possa sostituire rap-porti di lavoro più strutturali.

Ancora, per evitare che sismontino le tutele senza rifor-mare in modo serio gli ammor-tizzatori, si chiede che i due pila-stri siano contestuali: prima la ri-forma degli ammortizzatori, contanto di specificazione delle ri-sorse e l’individuazione delle po-litiche attive – dice un emenda-mento – poi la revisione delle ti-pologie contrattuali.

La minoranza Pd chiede che ilcontratto a tempo indetermina-to venga promosso come «for-ma privilegiata di contratto di la-voro», rendendolo «progressiva-mente più conveniente rispettoagli altri tipi di contratti in termi-ni di oneri diretti e indiretti».

Si chiede poi di verificare la ri-spondenza delle tipologie con-trattuali all’attuale contesto delmercato, cancellando quelle«inutili». Infine, Laura Puppatopropone di dare rappresentanzaai lavoratori nei Cda delle azien-de con più di 50 dipendenti:

«Una misura già prevista in Ger-mania», dice la senatrice Pd.

Gli emendamenti di Sel, spie-ga Giorgio Airaudo, sono moltidi più: «Perché vogliamo che ilgoverno chiarisca tutta la dele-ga: è troppo ampia e scritta inmodo generico. Mentre Renziparla di "cambiamento violen-to", con uno stile incendiario, èun bene che si proponganoemendamenti che spingano asvelare il suo piano». Quale pia-no? Secondo il deputato di Sel,«Renzi sta portando avanti il pro-gramma conservatore dell’auste-rity Ue, altro che innovazione».

Sel propone un periodo diprova dai 6 mesi in su («ma 3 an-ni ci sembrano eccessivi»), pri-ma di maturare l’articolo 18. Di-ce no alle telecamere per con-trollare i lavoratori, al demansio-namento («taglio dei salari sottoricatto della crisi») e chiede chia-rezza, «ma soprattutto risorse»,per ammortizzatori universali.

Camere • Jobs Act, ancora guerra nel Pd. I renziani ai ’dissidenti’:non si accettano veti. Ma si aspetta la risposta del premier

DEMOCRACK · Tentativo di dialogo, ma ora si aspetta la decisione del premier

Pd, mossa delle minoranze

DALLA PRIMABenedetto Vecchi

Lo scettro perdutodei sovrani dell’Euro

«Non facciamo frontecontro Matteo. Ma oradica anche cosa c’ènella legge di stabilità.Dipende tutto da lì»

Joseph Stiglitz ha archiviatoda anni la sua esperienza al-la Banca mondiale, organiz-

zazione abbandonata per dissensisulla «doppia morale», lì dominante,che consentiva ai paesi forti di farecose impedite ai paesi nel Sud delmondo. Premio Nobel per l’econo-mia del 2001 ha scritto volumi assun-ti dai liberal statunitensi come unasorta di bibbia nella critica al neoli-berismo, mentre al di fuori dei confi-ni nazionali sono stati invece assun-ti dalle sinistre cosiddette radicali eambientaliste come testi imprescin-dibili nell’analisi del capitalismocontemporaneo. Strano destino perun economista che radicale proprionon si può definire. Sta di fatto, pe-rò, che nella lectio magistralis hasvolto il ruolo del riformista radicaleche chiede un’inversione di rotta al-l’Unione europea, mentre molti deidiscussant non sono riusciti ad acco-gliere fino in fondo le «provocazio-ni» dell’economista, lamentando ladistanza esistente tra le teorie criti-che dell’austerità e le politiche del-l’Unione europea che vedono unasostanziale convergenza tra il centrodestra e il centro sinistra.

Eppure le persone chiamate a di-scutere con Stiglitz, in particolare ideputati, i senatori e la stessa presi-dente della Camera, sono spessoconsiderati «fuorilinea» rispetto aipropri partiti. Coinciso Giorgio Ai-raudo di Sel che è partito dalla cre-scente disoccupazione per ricordareche in Italia non esiste una politicaindustriale, senza la quale sarà diffi-cile vedere una luce in fondo al tun-nel della crisi, che ha portato i reddi-ti individuali e delle famiglie ai livellidi 25 anni fa. Airaudo ha preferitoparlare di manifattura, argomentoassente nel discorso di Stiglitz, cheauspicava il fatto che i paesi europeipercorrano l’ultimo miglio che li se-para dall’economia della conoscen-za.

Fuori fuoco l’intervento di France-sco Boccia (Pd), che ha ricordato lecompatibilità dettate dalla troika eu-ropea. Proprio quelle compatibilitàche Stiglitz invitava se non a rompe-re, almeno a forzare. Boccia però hamesso involontariamente al centrola subalternità della politica all’eco-nomia, con il conseguente rischio diaccentuare gli effetti autolesionistidell’austerity. Per uscirne la presi-dente della Camera, Laura Boldrini,insiste sul ripristino dell’autorevolez-za del sistema politico nel definire re-gole e convenzioni sociali condivise.Ma se il sovrano ha perso lo scettro,non è detto che possa ritrovarlo inuna generica riforma della politica,come auspicato da Laura Castellidel Movimento Cinque Stelle: l’uni-co intervento interrotto da un ap-plauso.

Se Stiglitz può passare, suo mal-grado, come un riformista radicale,una sponda alle sue tesi non è certovenuta dal riformismo «timido» e«perbene» di Stefano Fassina (pd),che ha più volte lamentato il fattoche la politica ha le mani legate eche forse spetta agli accademici diproporre una vision alternativa aquella dominante. Strano approdoper un politicy makers che vorrebbela ripresa di autonomia della politi-ca, ma poi ne affida le sorti a un acca-demico.

L’unico esponente politico a suoagio è Giulio Tremonti. Cita come fu-nesta l’idea dominante che ha for-mato l’Unione Europa: immaginareuno sviluppo lineare, progressivodell’economia europea. A Bruxellese a Strasburgo la crisi economica èpiombata come un evento inatteso,trovando le istituzioni comunitarieimpreparate. E ancora adesso c’èuna certa difficoltà a fare i conti conplayers globali come la Cina o i fondidi investimento.

Quando la parola ritorna agli stu-diosi, sembra di scendere dalle stellealla terra. Tutto diventa chiaro. La si-prale distruttiva del neoliberismo(Giovanni Dosi), la necessità di ridur-re le disuguaglianze sociali (MauroGallegati), le nuove politiche econo-miche e industriali (Mario Pianta)danno misura di quel movimento diridiscesa sulla terra invocato da Goe-the nel «Faust» che il sistema politi-co non sembra riuscire a perseguire.

/FOTO EIDON

E Sel ne presenta350. Airaudo: servechiarezza su tuttolo Statuto, contro unRenzi «incendiario»

FARINETTI: «L’ARTICOLO 18 VA BENE COSÌ COM’È»Lo dice a Radio24 il fondatore di Eataly Oscar Farinetti, che Renzi avrebbe volutonel governo: «Ho riletto attentamente l’articolo 18 - spiega - perché hol’impressione che molta gente ne parla senza averlo letto, l’ho letto con molta faticaperché è scritto in ’legalese’, come tutte le cose che scrive lo Stato, ma dicesostanzialmente che chi è discriminato, quindi non è licenziato per giusta causa maper problemi discriminativi deve essere o reintegrato o pagato, il che è una cosagiusta». Dunque anche per Farinetti il problema dell’articolo 18 è «moltoideologico» ma «si può tenere così com’è» anche se, aggiunge, il problema è

stabilire «che cos’è la giusta causa». Perché «il problema è che l’articolo 18 dà poimandato alla magistratura di decidere. La magistratura fa il contrario. Nel 90% deicasi reintegra. Quindi bisogna aggiungere che vale la buona fede dell’imprenditore,fatto salvo la dimostrazione che c’è veramente una discriminazione. L’imprenditoreha diritto, nel caso in cui il lavoratore rubi oppure non abbia voglia di lavorareoppure si riducano gli ordinativi, di mandarlo via, mentre se c’è un 10% di casi diimprenditori bastardi che licenziano le persone, anche se hanno voglia di lavorare,anche se si comportano bene o semplicemente perché ne assumono un altro checosta di meno, allora in quel caso lì (il lavoratore) deve essere protetto».

Page 4: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 4 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

certificato n. 7362del 14-12-2011

Domenico CirilloROMA

Con due mesi di ritardo, ilparlamento in seduta co-mune è riuscito ieri pome-

riggio a completare le nomine de-gli otto consiglieri «laici» del Consi-glio superiore della magistratura.Che si insedierà domani con unacerimonia al Quirinale e potrà co-minciare ad affrontare le delicatequestioni che lo attendono, dallanomina del procuratore capo diPalermo (che Napolitano avevachiesto di rallentare a luglio per at-tendere il nuovo plenum) alla solu-zione dello scontro tra il procura-tore aggiunto di Milano Robledo eil capo Bruti Liberati, alla copertu-ra degli organici liberati dal pen-sionamento anticipato dei magi-strati per effetto della riforma del-la pubblica amministrazione; sen-za dimenticare gli attesi pareri sul-la riforma della giustizia portataavanti dal ministro Orlando.

Gli ultimi due eletti dalle came-re sono il senatore di Forza ItaliaPierantonio Zanettin e l’avvocataex deputata dei Verdi Paola Bal-ducci. Quest’ultima è stata indica-ta da Sel, che dunque ha conqui-stato la terza casella tradizional-mente riservata ai consiglieri delCsm eletti in quota opposizione(oltre a Zanettin era stata prece-dentemente eletta un’altra senatri-ce berlusconiana, Elisabetta Casel-lati). Sono rimasti fuori i grillini,che pure contano un gruppo par-lamentare grande quattro volte

quello di Sel (malgrado i vendolia-ni fossero nella maggioranza cheha beneficiato del premio previ-sto dal Porcellum) e che alle ele-zioni hanno raccolto il 25,5% deivoti, contro il 3,2% di Sel. E così iCinque Stelle gridano allo scippo- «è stata calpestata la nostra rap-presentanza politica» - tralascian-do di aggiungere che è stata unaloro scelta quella di non votare icandidati degli altri partiti. Gli altiquorum impongono invece ai par-lamentari, costituzionalmente, di

trovare un accordo per l’elezionedei consiglieri del Csm e dei giudi-ci della Consulta; e così il Pd hascelto Sel che ha accettato di con-vergere su una metà del patto delNazareno tra Renzi e Berlusconi,votando per Luciano Violante manon per Donato Bruno. Il pres-sing finale di Napolitano che nel-l’ultima nota ha piuttosto chiara-mente indicato il M5S come il re-sponsabile dello stallo ha fornitola copertura politica alla estromis-sione - e non per caso l’incontro ri-

solutore tra Sel e il Pd si è chiusocon un pubblico apprezzamentodel Capo dello stato.

Violante, però, non riesce anco-ra e in alcun modo a passarel’ostacolo. Ieri la votazione nume-ro 14 per la Consulta si è chiusacon un’altra fumata nera, Pd eForza Italia hanno votato schedabianca e a questo punto sarebbeclamoroso un ritorno sugli stessicandidati, malgrado ufficialmen-te il Pd dichiari che insisterà conViolante. Ma c’è tutto il tempo per

riflettere perché la prossima sedu-ta comune è stata convocata mar-tedì prossimo, nel pomeriggio. Apenalizzare Violante, ben visto alQuirinale ma sgradito da una par-te consistente sia dei parlamenta-ri di Forza Italia che del Pd al ripa-ro del voto segreto, è l’essere statopresentato in coppia con Bruno,candidato «bruciato» dalla notiziadi un’indagine che lo coinvolge-rebbe a Isernia. La sosta dovrebbeservire anche per avere notizie cer-te circa l’iscrizione del senatoreprevitiano al registro degli indaga-ti (sta a lui chiederle), ma ForzaItalia si sta già orientando a soste-nere un altro candidato. I nomiche circolano sono quelli non par-ticolarmente prestigiosi dell’avvo-cato Paniz (quello di Ruby nipotedi Mubarak) e del giurista Guzzet-ta, ex capo di gabinetto del mini-stro Brunetta. Più coperta la candi-datura del professore e compo-nente uscente del Csm Nicolò Za-non. Per il Pd, qualora si riuscissea convincere Violante al passo in-dietro, l’alternativa più accredita-ta è ancora quella del costituziona-lista Augusto Barbera. Eppure ieriil gruppo dei Popolari per l’Italia,centristi ex montiani, ha in manie-ra imprevista proposto l’assai piùautorevole candidatura dell’anzia-no professore Pietro Rescigno.

Per il Csm, invece, si apre ades-so la partita dell’elezione del vicepresidente, che va scelto tra i laicisulla base, tradizionalmente, delparere informale del Capo dellostato, presidente dell’organo perCostituzione. L’indicazione inizia-le era quella dell’ex sottosegreta-rio Giovanni Legnini, ma la suaprovenienza diretta dal governogli ha fatto perdere qualche posi-zione. In favore del centrista Bal-duzzi che al governo c’è stato conMonti, o, in casa Pd, dell’ex sinda-co di Arezzo Giuseppe Fanfaniche potrebbe incontrare più facil-mente il consenso della compo-nente «togata», decisiva.

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SPAGNA · Il ministro della Giustizia Gallardón, il «grande inquisitore», si dimette e lascia la politica

Aborto, ritirata la legge medievale

tiratura prevista 39.127

PARLAMENTO · Costituito il plenum del Consiglio con Balducci e Zanettin

Csm, dentro Sel fuori M5SE Violante va in bianco

Luca Tancredi BaroneBARCELLONA

La controriforma della legge sul-l’aborto del governo Rajoyscompare per sempre dal pa-

norama politico spagnolo. E si portacon sé il suo principale sponsor, il

ministro della Giustizia AlbertoRuiz-Gallardón, che si è dimesso ie-ri in serata.

Si tratta del primo ministro del go-verno Rajoy che a poco più di un an-no dalle elezioni politiche lascia ilgoverno in maniera volontaria (l’al-tro è stato il capolista alle europee,l’ex ministro dell’Agricoltura MiguelArias Cañete, che per candidarsi hadovuto abbandonare l’incarico per

legge e oggi è commissario in pecto-re della Commissione Junker).

Poco prima di lasciare il paese al-la volta della Cina, ieri in tarda matti-nata il premier Mariano Rajoy avevaannunciato pubblicamente che ilgoverno ritirava il progetto di leggeper riformare la legge sull’aborto va-rata dal governo socialista nel 2010che prevede dei termini entro i qua-li l’aborto è permesso, estensibilinel caso di malformazioni.

La proposta popolare, coerente-mente con il ricorso al tribunale co-stituzionale presentato non appenail governo Zapatero aveva approva-to la legge (e su cui il tribunale nonsi è ancora espresso), prevedeva direstringere significativamente lapossibilità di aborto, fino a renderlopraticamente impossibile.

Nel suo primo intervento pubbli-co dopo aver assunto la guida delministero della Giustizia a gennaiodel 2012, Gallardón si era impegna-to pubblicamente a cancellare la leg-ge socialista. Ma l’impresa - un im-pegno elettorale del Partito popola-re appoggiato entusiasticamente

dalla Chiesa cattolica - si è rivelatamolto più complicata del previsto. Ilconsiglio dei ministri aveva approva-to, con fatica, solo a fine 2013 il pri-mo testo. Nel progetto, l’aborto eraammesso nel caso di stupro (entrole prime 12 settimane) o in caso digrave rischio per la salute della ma-dre (entro le prime 22), ma non permalformazione del feto. Secondo ilprogetto di legge, la minaccia per lasalute della madre sarebbe statamolto più complicata da dimostra-re. Inoltre, al contrario che nella leg-ge attuale, le minori avrebbero dovu-to ottenere un permesso dei genito-ri per poter abortire.

Attualmente in Spagna vengonoeffettuati circa 120mila aborti l’an-no, il 90% dei quali entro le prime14 settimane. La legge in vigore pre-vede la «depenalizzazione» entro leprime 14 settimane, estendibili a 22nel caso di rischi per la salute delladonna o del feto.

Il cammino di questo progetto dilegge è stato fin dal principio moltoaccidentato. Di rinvio in rinvio, cierano voluti cinque consigli dei mi-nistri per poterlo approvare e dal di-cembre scorso la legge è rimastachiusa in un cassetto. Gallardón siera impegnato a presentarla in par-lamento prima della fine dell’estate,ma dopo il consiglio dei ministri divenerdì scorso era chiaro che non cisarebbe riuscito. Domenica variecentinaia di persone avevano mani-

festato nella V marcia per la vita aMadrid minacciando il Partido po-pular di ritirare il loro voto se avesse-ro rinunciato alla legge.

Le dimissioni di Gallardón, chie-ste da tutti i partiti di opposizione, aquesto punto sembravano inevitabi-li. Il ministro, ex presidente della co-munità di Madrid ed ex popolaresindaco di Madrid - che al diventareministro ha lasciato con un buco dibilancio enorme, il maggiore di tut-ta la Spagna - ha annunciato che la-scerà anche il suo seggio in parla-mento. L’ex «promessa» del partito,che quando era sindaco ammiccavaalla sinistra, si ritirerà a vita privata.

Durante il suo mandato, Gallar-dón è riuscito, fra le altre cose, a farapprovare una legge che aumenta letasse giudiziarie, impedendo allepersone senza mezzi di poter fare ri-corso. Ma la sua contestatissima ri-forma del codice penale (che fra l’al-tro introduce l’ergastolo e induriscele pene per i manifestanti) è ancoraparcheggiata in parlamento, così co-me altre norme di funzionamentodella giustizia molto criticate ancheda avvocati e giudici.

Gallardón ha dichiarato nella confe-renza stampa in cui annunciava le suedimissioni che la decisione era statacomunicata a Rajoy la settimana scor-sa, ma che non voleva lasciare il mini-stero prima di aver redatto il (futuro)ricorso contro la legge catalana perl’indizione delle consulte popolari.

Resta in piedisolo l’obbligodel consensodei genitoriper le minorenni

Andrea Colombo

I l solito spettro si aggira di nuovoper i corridoi dei palazzi del pote-re. Difficile dire se sia una concreta

eventualità o un ectoplasma: comun-que indirizza strategie e determinascelte. Si tratta, va sé, delle elezioni an-ticipate. A torto o a ragione, circola am-piamente il sospetto che Matteo Renzimiri proprio a far saltare il tavolo e chel’affondo sulla scatola vuota chiamata«art. 18» sia appunto l’apertura ufficia-le della campagna elettorale, come sus-surrano nelle stanze del Pd al Senato.

Del fatto che la minaccia non sia af-fatto pura fantasia è soprattutto con-vinto Giorgio Napolitano. L’intemera-ta presidenziale di lunedì sembravauna difesa a spada tratta di Renzi, inve-ce lo scudo era a protezione del gover-no. Sembra la stessa cosa ma non lo è.

Il punto dolente non è tanto la leggedelega sul lavoro, ma il capitolo imme-diatamente successivo, la legge di sta-bilità. I soldi, semplicemente, non ci so-no e Renzi, al momento, un’idea di co-me trovarli non ce l’ha. Sarebbe già unbel guaio. A renderlo ancora più in-quietante, per l’imberbe inquilino dipalazzo Chigi, c’è la consapevolezza,del tutto fondata, che nei circoli di po-tere che contano davvero, dunque nonin quelli della politichetta italiana, so-no già in corso grandi manovre conl’obiettivo di imporre al Paese il com-missariamento della troika. Il principa-le sponsor dell’operazione ha un no-me e un ruolo che più pesanti non sipuò: Mario Draghi.

I ragionamenti sono semplici e noninfondati: l’Italia, con Monti e poi, siapure in forme meno martirizzanti, conLetta e con lo stesso Renzi ha pagato esta pagando tutti i prezzi del commis-sariamento senza tuttavia godere degliscarni vantaggi. In secondo luogo, uncommissariamento nel 2015 sarebbediverso da quello ipotizzato nel 2011.Non è che la troika sia diventata piùbuona: è che il quadro è mutato e ilmostro da sconfiggere, ora, si chiamadeflazione. Le politiche dettate daicommissari, con l’imbizzarritissimodebito pubblico italiano, sarebbero co-munque pesanti, ma meno di quantosarebbero state tre anni fa.

Va da sé che il momento per lancia-re l’offensiva (se mai arriverà, e non èdetto) coinciderà con il rischio di tra-collo derivato dal vicolo cieco in cui sidibatte la legge di stabilità. Per il dina-mico di palazzo Chigi il commissaria-mento sarebbe esiziale. Politicamente,una campana a morto. Ma anche solotrovarsi alle prese con l’impossibilitàdi quadrare i conti dovendo ricorrereapertamente a nuove misure draconia-ne metterebbe il suo luminoso futuropolitico a forte rischio.

Di qui, secondo i moltissimi malpen-santi, il rischio che il premier, chequanto a spregiudicatezza non sta mes-so male, voglia accelerare i tempi co-gliendo la prima occasione possibile.Napolitano è sceso in campo a difesadella delega sul lavoro proprio per drib-blare in anticipo il possibile casus belli.E’ infatti ovvio che, ove la fiducia si ren-desse necessaria e poi passasse con ivoti determinanti di Fi, le porte per lacrisi e per le elezioni sarebbero spalan-cate. Per parare la minaccia, re Giorgioha anche già messo in campo una se-conda trincea. Ha avvertito Renzi chelui non potrebbe in ogni caso gestireuna nuova fase crisi-elezioni-formazio-ne del governo. A eleggere il nuovo pre-sidente, previa sua abdicazione, sareb-bero queste e non le prossime camere.

ACCUSATO DI PEDOFILIA

Arrestatoin Vaticanol’ex arcivescovoWesolowski

Settimana di pausaprima del voto perla Consulta.Il candidato di FiBruno verso il ritiro:costringerà ancheil Pd a cambiare

GOVERNO

Napolitano in trinceaIl Colle teme la crisie gioca d’anticipo

I gendarmi pontifici han-no arrestato ieri pomerig-gio in Vaticano l’arcive-scovo polacco Jozef We-solowski, accusato diabusi sessuali su minori.La notizia è stata datada Enrico Mentana duran-te il tg de La7 delle 20 epoco dopo confermatadalla Sala stampa di Ol-tretevere.Wesolowski, 66 anni, èstato arrestato su dispo-sizione del promotore digiustizia vaticano (unasorta di pm) per reati dipedofilia compiuti quan-do era nunzio nella Re-pubblica Dominicana trail 2008 e il 2013.Un anno fa era stato ri-chiamato a Roma e po-chi mesi dopo il Vatica-no aveva rifiutato la ri-chiesta di estradizionearrivata dalla Polonia:una decisione, giustifica-ta con l’immunità diplo-matica di cui il nunziogodeva, che aveva susci-tato diverse critiche alivello internazionale, an-che da parte dell’Onuche più volte ha accusa-to la Santa sede di omis-sioni e silenzi sui casi dipedofilia.Nello scorso mese di giu-gno, la Congregazioneper la dottrina della fede(l’ex Sant’Uffizio) lo hadimesso dallo stato cleri-cale, la massima penacanonica, contro la qua-le però Wesolowski hafatto ricorso (il giudizioarriverà nelle prossimesettimane).Ieri l’accelerazione, conl’esecuzione dell’arresto.E la prossima apertura,salvo sorprese, del pro-cesso penale in Vatica-no. lu.ko.

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MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 5

E. Ma.ROMA

«Tutti colpevoli, compre-si poliziotti penitenzia-ri e infermieri». Quasi

un colpo di scena, la richiestadel procuratore generale MarioRemus alla I Corte d’Assise d’Ap-pello di Roma che ieri ha riaper-to il processo per la morte di Ste-fano Cucchi. Un ribaltamentodella sentenza di primo gradoche il 5 giugno scorso ha con-dannato per omicidio colpososolo cinque medici dell’ospeda-le Pertini – dove il giovane tossi-codipendente romano morì nel-l’ottobre 2009, sei giorni dopo es-sere stato arrestato e rinchiusonel carcere di Regina Coeli – pro-sciogliendo invece tutti gli altriimputati. Perché, come motivòla III Corte d’Assise di Roma, Ste-fano Cucchi venne sì pestato, co-me dimostrano le lesioni verte-brali sul corpo del giovane, ma«plausibilmente» dai carabinieriche lo avevano in custodia du-rante il suo arresto e non dagliagenti della penitenziaria. E in-vece il Pg Remus sostiene cheCucchi fu picchiato dopol’udienza di convalida del suo ar-resto, contrariamente a quantoipotizzato dalla stessa accusa du-rante il primo grado di giudizio.«Finalmente non ci sentiamo so-li in un’aula di tribunale, per laprima volta non ho sentito insul-tare mio fratello», è stata le rea-zione a caldo di Ilaria Cucchi.

«C’è la prova che Stefano nonavesse segni di aggressione vio-

lenta prima di arrivare in udien-za», ha detto il procuratore gene-rale confermando quanto ipotiz-zato anche dalla famiglia dellavittima. L’aggressione «volonta-ria e intenzionale», secondo l’ac-cusa, da parte «degli agenti dellaPolizia penitenziaria che lo ave-vano in custodia», è «avvenutadopo l’udienza di convalida del-l’arresto e prima della sua tradu-zione in carcere». E infatti, Cuc-chi «in udienza ha battibeccato,si è alzato più volte, ha scalciatoun banco. Certo non avrebbe po-tuto farlo se fosse stato frattura-to». Di qui la richiesta di 2 annidi reclusione per lesioni perso-nali aggravate per i poliziotti pe-nitenziari Menichini, Santanto-nio e Domenici, assolti in primogrado. Ma secondo Remus an-che gli infermieri del Pertini, alpari dei medici, fornirono all'uo-mo cure inadeguate, con una«trascuratezza» che «appare in-giustificabile»: «Cucchi - ha accu-sato il Pg – entra in stato di de-tenzione in condizioni clinichegià precarie, emaciato, con pocamassa muscolare; era un pazien-te fisicamente difficile che richie-deva cure particolari e non ordi-narie». Perciò, ha aggiunto, «lecondotte contestate agli infer-mieri dei quali si chiede ora lacondanna sono accomunabili aquelle dei medici, anche se perentrambi non ci fu una delibera-ta volontà di non curare Cuc-chi». La richiesta del Pg è di con-dannare per omicidio colposomedici e infermieri, con 3 annidi reclusione per il primario,Fierro; 2 anni ciascuno per i me-dici Corbi, Bruno, De MarchisPreite e Di Carlo; un anno per gliinfermieri, assolti in primo gra-do, Flauto, Martelli e Pepe; e laconferma di 8 mesi di carcereper falso al medico Caponetti.

«Condivido ogni parola di cri-tica espressa dal Pg – ha com-mentato l’avvocato Fabio Ansel-mo, legale della famiglia Cucchi– Sono rimasto colpito dall’effi-cacia del suo intervento. Riten-go che ci abbia aperto le porteper il riconoscimento della no-stra tesi dell’omicidio preterin-

tenzionale». Di tutt’altro avvisoovviamente i difensori dei poli-ziotti penitenziari: «L’assunto ac-cusatorio sostenuto finora ècompletamente caduto – ha sot-tolineato Diego Perugini, avvoca-to di uno degli agenti – Il Pg nonci ha detto chi avrebbe picchia-to Stefano tra i carabinieri che lohanno portato nelle celle e gliagenti, e sulla base di quale testi-monianza può sostenere ciò cheha detto nella sua relazione».

Ma è ancora una volta IlariaCucchi ad alzare lo sguardo alproblema generale: «Il procura-tore generale in udienza ha esor-dito descrivendo un vero e pro-prio pestaggio di Stato e una gra-ve compromissione e negazionedei diritti umani in danno dimio fratello – scrive in una nota– Dedico queste parole al senato-re Giovanardi e al signor Capeceche mi attaccano sistematica-mente, ed al ministro della Giu-stizia che prenda provvedimen-ti. Affinché si possa avere un sin-cero momento di riflessione suiterribili fatti che hanno portatoa morte Stefano. Penso anche al-la tanto auspicata approvazionedella legge sulla tortura che il no-stro Paese continua a rifiutarsidi adottare a dispetto dei monitiche ci vengono rivolti dall’Onu».

CATANIA CON SALVATORE LA FATA, EDILE LICENZIATO E AMBULANTE

Apriamo gli occhi sulle torce umane

ITALIA

Sebbene Salvatore La Fata, disoccupato ca-tanese di 56 anni, non sia la prima torciaumana a bruciare in una piazza italiana,

la sua vicenda è tragicamente esemplare. A talpunto che, questa volta, anche sul versante sin-dacale v’è qualche reazione adeguata. Dopo iltempestivo sit-in di solidarietà nei suoi confron-ti e di condanna del comportamento della poli-zia municipale, promosso dal circolo «Città Fu-tura», pure la Cgil si è attivata. Ha, infatti, an-nunciato una conferenza-stampa per oggi,mer-coledì 24 e una manifestazione unitaria, con lealtre centrali sindacali, per il pomeriggio di ve-nerdì 26, nella stessa piazza Risorgimento che èstata teatro dell’atroce protesta.

Operaio edile specializzato, spesso parteciped’iniziative sindacali, La Fata era stato licenzia-to due anni fa. Il cantiere in cui lavorava era sta-to costretto a chiudere, come tanti: a Catania, ri-ferisce la Fillea, ben diecimila edili hanno persoil lavoro negli anni recenti. Per un po’ Salvatore(sposato, due figli a carico) aveva sopportatoumiliazione e vergogna. Poi, pur di non starecon le mani in mano, da alcuni mesi s’era mes-so a vendere qualcosa in piazza Risorgimento:nient’altro che due o tre cassette di olive e fichid’india, appena venti euro di merce. Troppoper la squadra di vigili urbani, agguerrita e ul-tra-motorizzata, che al mattino del 19 settem-bre fa irruzione in piazza. In tempi di crisi e didisperazione sociale è quel che ci vuole: non siamai che le classi pericolose si mettano a far ditesta loro per sbarcare il lunario, invece che sop-portare pazientemente la morte civile, contri-buendo così al disegno deciso in alto loco. Fuordi sarcasmo, è da notare come, parallelo allo sfa-celo sociale provocato dalle politiche di austeri-tà, vada intensificandosi un crudele accanimen-to repressivo contro attività informali di nessun

rilievo penale, volte alla pura sopravvivenza.Ma torniamo a quel mattino catanese. Salva-

tore è lì, con le sue cassette, quando i vigili urba-ni minacciano di multarlo e di sequestrargli lamerce. Secondo dei testimoni, lui li scongiuradi evitargli almeno il sequestro. I vigili lo pren-dono in giro e, quando lui grida che è pronto adarsi fuoco, uno degli agenti replica che lo fac-cia pure, ma spostandosi un po’ più in là. Sta difatto che nessuno di loro interviene per tutto iltempo in cui va a rifornirsi di carburante, tornain piazza, si cosparge di benzina e si dà fuoco. Eneppure mentre è già avvolto dalle fiamme. Lo

ammette implicitamente il comandante dellaPolizia municipale, nel tentativo di giustificare isuoi: «Se c’è stata qualche incertezza da partedei vigili, è perché siamo impreparati a questotipo di soccorso». Così che, mentre scrivo, Salva-tore è in prognosi riservata nell’ospedale di Aci-reale. I suoi familiari hanno annunciato che in-tendono querelare i vigili urbani. «Non è possi-bile - ha detto il fratello nel corso del sit-in - chetutto passi sotto silenzio solo perché noi siamofigli di nessuno».

È quasi pleonastico osservare quanto questastoria somigli a quella di Mohammed Bouazizi,«la scintilla» della rivoluzione tunisina. Quanto

sia simile, anche, alla vicenda del giovane ma-rocchino Noureddine Adnane, morto il 19 feb-braio 2011, dopo nove giorni d’agonia dacchés’era dato fuoco in una piazza di Palermo: an-ch’egli ambulante, ma regolare, eppure vittimadi vessazioni da parte d’una «squadretta» di vigi-li urbani in odore di neonazismo. Peraltro, loschema di queste due storie è del tutto sovrap-ponibile a quello delle centinaia di casi che horaccolto nei paesi del Maghreb, nonché in Euro-pa e in Israele.

Ad accomunarne molti v’è uno stesso «detta-glio», cioè il comportamento arrogante, persinodi sfida, delle forze dell’ordine: un’autentica isti-gazione al suicidio. E in tutti i casi il suicidio perfuoco è un grido disperato di ribellione e prote-sta, un gesto sovversivo di sottrazione violentadel proprio corpo alla violenza del sistema, percitare Baudrillard. Destinato, delle volte, a cade-re nel vuoto; altre volte, come in Maghreb, a per-petuare il ciclo rivolta-immolazione-rivolta; inun caso, quello tunisino, a scatenare un’insurre-zione popolare.

Da noi, c’è uno iato profondo fra la drammati-cità dell’autoimmolazione pubblica - atto nonsolo disperato, ma anche di speranza nel gene-re umano, in fondo - e la nostra impotenza. Danoi, non c’è alcun soggetto collettivo che riven-dichi come proprio «martire» chi si è immolatoo che sia capace di cogliere fino in fondo il nes-so fra le proprie rivendicazioni e la disperazio-ne sociale che spinge alcuni a suicidarsi in pub-blico. Eppure le torce umane e più in generale isuicidi «economici» sono indizio di un conflittosociale latente. Quello che la politica, i sindaca-ti, perfino i movimenti non sempre sanno ren-dere esplicito, né sempre organizzare in formerazionali ed efficaci, tali da impedire che altricorpi umani ardano nelle piazze.

Ernesto MilanesiROVIGO

La strage sul lavoro di Adriaè insieme lo specchio del«modello veneto» e del la-

to B della green economy a NordEst. I quattro morti alla Co.Im.Po. non sono soltanto vittime diun «tragico incidente», ma laconseguenza tutt’altro che inevi-tabile nella nicchia economica acavallo fra trasporti eccezionali,smaltimento di rifiuti speciali,immobiliarismo spicciolo e vo-cazione imprenditoriale al fai-da-te. La Procura della Repubbli-ca già indaga l’intero vertice del-l’azienda di via America 7 nellafrazione Ca’ Emo di Adria, insie-me al titolare della mega-vascadi trattamento che ha innescatola micidiale reazione chimica.Oggi sono previste le autopsie in-dispensabili a certificare i detta-gli della morte dei tre dipenden-ti (Nicolò Bellato, 28 anni, e Pao-lo Valesella, 53 anni, entrambi diAdria; Marco Berti, 47enne vene-ziano di Campolongo Maggiore)e di Giuseppe Valdan, 47 anni,che da Mira aveva guidato l’auto-cisterna di Psc Prima con unatrentina di quintali di acido sol-forico.

«Che fumo…» sono state le ul-time parole dell’autista lunedìmattina al cellulare. Senza ma-schere di protezione, versato di-rettamente da un tubo in vascal’acido aveva «reagito» con i re-flui. In teoria, l’operazione esigeun serbatoio di stoccaggio e ap-positi strumenti di dosaggio du-rante la delicata esecuzione. Inpratica, si produce l’altissimaconcentrazione di acido solfidri-

co che letteralmente toglie il re-spiro a tutti. Rossano Stocco(ora indagato perché l’ex carabi-niere sarebbe il proprietario del-la vasca) indossa la maschera an-tigas, salvando la vita di Massi-mo Grotto inerme sulla ruspa fi-nita a sbattere contro un muro.Anche Berti, figlio dell’ex titolareCo.Imp.Po., dalla telecamera de-gli uffici realizza cos’è accaduto.Insieme a Bellato si precipita abordo di un furgone: scesi da-vanti all’autocisterna sono stron-cati a pochi passi dal corpo sen-za vita di Valdan. A circa 300 me-tri verrà ritrovato dalle squadredi soccorso anche il cadavere diValesella che aveva provato asfuggire alla nube tossica.

Ma nella frazione di Adria, po-co più di 500 anime in mezzo al-la campagna polesana, la storiadell’impresa creata negli anni’90 al posto dell’originale fatto-ria è ben conosciuta. È la quoti-diana convivenza con gli effettipoco piacevoli del trattamentodi liquame zootecnico, rifiutispeciali, scarti delle produzioninelle industrie tessili, del pella-me o del legno. Proteste, segna-lazioni, lamentele ridotte adun’eco insignificante e periferi-ca perfino per il municipio go-vernato da un ex pilota di rallyche rincorre lo stile del centrode-stra che conta davvero. Co.Im.Po. è sinonimo di Mauro Luise,53 anni, padronicino locale chetrasporta latte ma intuisce il bu-siness dello smaltimento «am-bientale». Nel 1997 ottiene l’au-torizzazione per 3 mila tonnella-te di «fanghi di depurazione pa-labili», ma dalla Provincia di Ro-vigo in un paio di lustri la quanti-tà lievita oltre le 100 mila tonnel-late. Nel 2003 la sentenza nume-ro 171 del Tribunale di Rovigoconfermata in Cassazione con-danna Luise a 5 mila euro di am-menda per «trasporto rifiuti spe-ciali non tossici senza veicoloidoneo». Va meglio con l’inchie-sta della Procura di Forlì e luiostenta il rombo della fuoriserierampante, sponsorizza la squa-dra di calcio e frequenta il «girogiusto». Alla fine del 2012 la Co.Im.Po. passa nelle mani di Gian-ni Pagnin, 63 anni di Noventa(Padova) che la amministra in-sieme alla figlia Alessia e a Glen-da Luise, 25 anni, figlia di Mau-ro. All’epoca il bilancio azienda-le è in rosso per quasi un milio-ne di euro, tuttavia nel 2013 il fat-turato risulta di 6,7 milioni e leperdite sono contenute a 45 mi-la euro. Del resto, le attività im-prenditoriali delle due famigliericalcano le orme caratteristichedel Nord Est che fa affari. Pa-gnin aveva cominciato con glispurghi, prima di dar vita a Eco-logia Noventana e applicarsi alcontiguo «ciclo del mattone»con l’Immobiliare G. & G. checlona anche a Timisoara. E conLuise che si è innamorato dellaRomania, avrebbe aperto una«succursale» sull’onda della colo-nizzazione affaristica nell’ottavaprovincia della Serenissima inversione Lega & berluscones(ma non solo…).

Questo lo scenario in cui ma-tura la strage da lavoro nel cuo-re del Polesine, vera e propria“pattumiera” del Veneto. Il pmSabrina Duò ha cominciato subi-to a sporcarsi le mani con la sicu-rezza virtuale rispetto alla legge81, l’aziendalismo formato par-rocchiale, gli ambienti tossici ele connessioni nocive…

POLIZIA PENITENZIARIA · Crisi sulla riforma del corpo

Dap, Renzi contro Orlando

STEFANO CUCCHI · La richiesta dell’accusa alla Corte d’Assise d’Appello di Roma: «Tutti colpevoli»

Il Pg: «Condannare gli agenti»

Dopo il sit-in di solidarietàdel circolo «Città Futura»,oggi conferenza stampa

della Cgil e venerdì 26 tuttiin Piazza Risorgimento

Per il procuratoregenerale Remus,fu aggreditodopo la convalidadell’arresto

ADRIA · Ricostruita la dinamica della strage

Per la morte dei 4 operaiindagati i vertici aziendali

LA FOTO DI STEFANO CUCCHI DURANTE IL PROCESSO/FOTO EIDON. A DESTRA, L’ESTERNO DELLA DITTA DI RIFIUTI SPECIALI DI ADRIA

Annamaria Rivera

Doveva essere designato già al-la fine di agosto, il nuovo ca-po del Dap, carica ricoperta

da Giovanni Tamburino fino al 27maggio scorso. Ma di settimana insettimana la nomina viene rinviata,perché sul riassetto dell’amministra-zione penitenziaria si sta consuman-do quasi una piccola crisi di gover-no. Il Guardasigilli Andrea Orlandosembra infatti deciso a resistere stre-nuamente all’ipotesi, caldeggiata daMatteo Renzi e dal ministro Alfano,di far confluire la Polizia penitenzia-ria dentro il corpo della Polizia di Sta-to. Che poi al momento sarebbel’unica possibilità per il premier didare seguito alla sua promessa di im-porre una «cura dimagrante» ai 5 cor-pi delle forze dell’ordine. Troppo dif-ficile infatti tentare lo scioglimentodell’Arma dei carabinieri, per esem-pio, o proporre di rimettere mano al-le funzioni della Guardia di finanza.

Ma sembra che per il ministro Or-lando l’autonomia degli agenti peni-tenziari vada salvaguardata. E in ef-fetti non è l’unico a pensarlo, nonfosse altro per una questione di mis-

sione che differenzia i due corpi dipolizia: il trattamento del detenutoin un caso, il controllo e la repressio-ne dei crimini nell’altro. «Sarebbe pe-ricolosissimo far dipendere la Poliziapenitenziaria dal ministero degli In-terni – è il parere di Patrizio Gonnel-la, presidente di Antigone –, sarebbeuna situazione di regime contro cuil’Onu si è già espressa. È invece au-spicabile la costituzione di un corpounico di funzionari non armati ope-rante dentro il carcere che compren-da educatori ed (ex) poliziotti. La-sciando alla polizia di Stato il control-lo esterno e i trasferimenti». Secon-do il sito polpen.it, il braccio di ferrotra Renzi e Orlando potrebbe però"risolversi" a breve, già intorno a me-tà ottobre, con la nomina a capo delDap dell’attuale capo Gabinetto divia Arenula, Giovanni Melillo: «Tan-to lavoro, tanti soldi spesi – è il com-mento del sito diretto da DomenicoNicotra, il segretario generale del sin-dacato autonomo Osapp – e poi pa-re che non avverrà alcuna svolta epo-cale e nessuna drastica riorganizza-zione». eleonora martini

Page 6: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 6 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

Anna Maria MerloPARIGI

La Francia è in prima linea in Iraq,solo paese occidentale a partecipa-re agli attacchi aerei contro Daech

accanto agli Usa. Ancora prima che ve-nissero diffuse su Internet lunedì le mi-nacce in varie lingue del portavoce del-l’Isis, Abu Mohammed Al-Adnani, che in-vita a uccidere «in particolare i cattivi esporchi francesi», in Algeria è stato rapi-to domenica sera un cittadino francese.Si tratta di Hervé Gourdel, 55 anni, guidadi alta montagna originario di Nizza, cheera nel nord dell’Algeria per un trekingdi una decina di giorni. In un video, do-ve Gourdel compare in mezzo a due uo-mini armati, l’ostaggio si rivolge a Hol-lande: «questo gruppo armato mi chiededi rivolgersi la richiesta di non interveni-re in Iraq. Mi tengo-no in ostaggio. Lascongiuro, signorpresidente, di faretutto ciò che è insuo potere per tirar-mi fuori da questabrutta situazione».I rapitori minaccia-no di uccidereGourdel entro 24ore se la Francianon rinuncia allapartecipazione attiva alla coalizione inIraq. È il primo rapimento di uno stranie-ro che ha luogo in Algeria dopo la finedel conflitto interno degli anni ’90. Il rapi-mento è stato rivendicato dal gruppojihadista algerino Jund al-Kalifa (i soldatidel Califfato), che avrebbe fatto secessio-ne dall’Aqmi (Al Quaeda nel Maghrebislamico), a sua volta erede del Gia deglianni ’90, per legarsi a Daech. Le zonemontagnose della Kabylia, un tempo zo-na turistica, sono oggi un rifugio per glijihadisti. «Non cederemo a nessun ricat-to, a nessun ultimatum», ha affermatoFrançois Hollande, che è a New York perl’Assemblea generale dell’Onu. Il presi-dente ha parlato di «combattimento lun-go» e fatto appello «all’unità nazionale»per difendere «libertà e democrazia». Ilministro degli esteri, Laurent Fabius, daNew York ha confermato l’autenticitàdel video dell’ostaggio e ha precisato che«l’attitudine della Francia è costante, ungruppo terrorista non può modificare laposizione della Francia. Cerchiamo di fa-re il massimo per la libertà degli ostaggi,

tutto è messo in opera in stretta concer-tazione con le autorità algerine per otte-nere la liberazione del nostro compatrio-ta». Oggi, all’Assemblea a Parigi c’è un di-battito parlamentare sulla partecipazio-ne francese agli attacchi aerei control’Isis in Iraq. Un dibattito che arriva do-po l’inizio delle ostilità da parte dell’avia-zione francese e dopo la conferenza sul-la pace in Iraq, che si è tenuta il 15 set-tembre. Con procedura d’urgenza, il go-verno ha fatto votare la scorsa settimanaun progetto di legge anti-terrorista, unaspecie di Patriot Act alla francese, che al-cuni criticano perché mette sotto con-trollo Internet, oltre a proibire l’uscitadal territorio per i sospetti jihadisti chevogliono andare a combattere in Siria ea istituire il reato di «impresa individualeterroristica», che permette di agire pre-ventivamente sulla base di sospetti.

Il primo mini-stro, Manuel Valls,è grave: «Non vo-glio fare paura, maconvincere i concit-tadini che mai, inFrancia e in Euro-pa, abbiamo dovu-to far fronte a unatale minaccia». LaFrancia teme un at-tentato. Il ministrodegli interni, Ber-

nard Cazeneuve, è intervenuto afferman-do che «la Francia non ha paura». È la ri-sposta all’attacco su Internet del portavo-ce dell’Isis, Al-Adani, che si è rivolto a po-tenziali terroristi in Francia: «Se non po-tere trovare un meccanismo esplosivo odelle munizioni, allora isolate il franceseinfedele. Schiacciategli la testa a colpi dipietra, uccidetelo con un coltello, mette-telo sotto con la macchina, buttatelo nelvuoto, soffocatelo o avvelenatelo». Caze-neuve ha fatto appello alla «solidarietàdi tutti i cittadini, quali che siano le loroorigini o la loro confessione religiosa». Ilpiano «Vigilance» è in atto ormai peruna durata illimitata: pattugliamenti dimilitari nelle stazioni e negli aeroporti,rafforzamento della sicurezza in occasio-ne di avvenimenti sportivi o altro. Il go-verno teme l’azione di un individuo iso-lato, fanatizzato in Siria e di ritorno a ca-sa. Ieri, sono stati arrestati a Orly tre fran-cesi provenienti dalla Turchia, tra essic’è il cognato di Mohammed Merah, au-tore del massacro alla scuola ebraica diTolosa nel marzo 2012.

Michele Giorgio

«Un successo». Sprizzava soddi-sfazione da tutti i pori ieri ilportavoce del Pentagono,

John Kirby, commentando i risultati deibombardamenti dal cielo e dal mareche gli Stati Uniti assieme a cinque allea-ti di ferro nel mondo arabo – Bahrain,Emirati, Giordania, Qatar e Arabia saudi-ta – hanno compiuto nella notte tra lu-

nedì e martedì e ieri contro uomini, de-positi di munizioni, posti di blocco, au-tomezzi, campi d’addestramento, cen-tri di comando e controllo dello StatoIslamico in quattro regione siriane - Raq-qa, Dayr az Zawr, al Hasakah e Abu Ka-mal - più i raid nei pressi di Kirkuk(Iraq). Senza dimenticare quelli, neipressi di Aleppo, contro i miliziani delKhorasan, un gruppo di veterani di alQaeda di origine pakistana e afghanache «intendevano colpire in Occidente».I jihadisti uccisi sarebbero decine, oltrecento per alcune fonti. Di sicuro ci sonoanche bambini e ragazzi e due donne,tra le 11 vittime civili dei raid. I missili dacrociera e a lunga gittata Tomahawk rap-presentano una novità nella sviluppodella campagna contro lo Stato Islami-co lanciata dalla coalizione guidata daBarack Obama. Ne sono stati lanciati47. Ma Washington per questo primo at-tacco in Siria ha voluto esporre tutto ilsuo potenziale bellico facendo decollareper la prima missione di guerra anche inuovi caccia F-22. Non è chiaro però setra gli obiettivi colpiti ci siano anche i mi-

liziani e postazioni del Fronte Al Nusra,il ramo siriano di al Qaeda, che sebbenefiguri nell’elenco delle organizzazioniterroristiche del Dipartimento di statoera e resta un alleato di ferro dell’Eserci-to libero siriano, la milizia (in netta deca-denza ma sempre ben finanziata dai ne-mici di Damasco e di Bashar Assad), edel Fronte Islamico (creato e sponsoriz-zato dall’Arabia saudita) che riunisce ijihadisti «non globali» e che hanno solouna «agenda siriana». Un alleato scomo-do che l’Amministrazione Obama sfiorasoltanto perché la sua dimostrata capa-cità di combattimento è fondamentalenella guerra contro i governativi siriani ei combattenti di Hezbollah schierati dal-la parte di Damasco.

Si fonda su ambiguità profonde tuttoquello che è avvenuto nelle ultime setti-mane e nelle ultime ore, da quando ilpresidente Obama si è messo l’elemettoper combattere il «califfato» in Iraq e Si-ria proclamato dall’emiro dello StatoIslamico Abu Bakr al Baghdadi. Ieri piùparti cercavano di accreditare la tesi diuna intesa segreta tra Washington e Da-masco. Il ministero degli esteri sirianoha riferito che il suo paese è stato infor-mato in anticipo degli Usa dei raid ae-rea. L’Amministrazione Obama ha con-fermato in parte escludendo categorica-mente ogni coordinamento con Assad.La tesi del nemico, la Siria, che gli Usasoltanto un anno fa volevano bombar-dare e che oggi sarebbe un alleato segre-to nella lotta allo Stato Islamico, è privadi senso. Lo sviluppo della campagna diattacchi in Siria, dopo l’Iraq, alla qualeaccanto agli Usa prendono parte nemi-ci giurati di Damasco, come Arabia sau-dita e Qatar, non è altro che una nuovafase della strategia volta proprio a rove-sciare Bashar Assad.

Aerei israeliani abbattono jet sirianoWashington e le monarchie sunnite

puntano ad indebolire e cacciare dallesue posizioni lo Stato Islamico – chehanno sponsorizzato in molti modi inquesti ultimi anni allo scopo di conte-nere il revival sciita nella regione el’ascesa dell’Iran – nella speranza o nel-la convinzione che i territori lasciati li-beri finiscano sotto il controllo dell’eva-nescente Coalizione Nazionale dell’op-posizione siriana. Il via libera america-no, attraverso l’approvazione di emen-damenti poco ortodossi, di finanzia-menti per centinaia di milioni di dollaridestinati ad armare e pagare le miliziesunnite anti-Assad, spiega bene la stra-tegia Usa. E non è certo quella di ricuci-re i rapporti con Damasco in nome del-la lotta al «nemico comune».

Sull’ambiguità si regge anche la lineaadottata da Israele nei confronti dellaSiria in guerra civile. Tel Aviv, approfit-tando del rafforzamento dell’AllenzaMeridionale, che riunisce tutte le fazio-ni anti-Damasco (inclusa al Nusra), edel lento ma costante indebolimento asud dell’esercito regolare siriano (impe-gnato su troppi fronti), cercherebbe, se-condo alcune fonti, di arrivare a uncompromesso politico e territorialecon i «ribelli». Lo scopo sarebbe quellodi realizzare una zona-cuscinetto in Si-ria che, in ogni caso lasci a Israele tuttoil Golan occupato nel 1967. La visita inIsraele nei giorni scorsi di Kamal al La-bwani, un esponente dell’opposizionesiriana, che già da tempo ha offerto ilGolan a Israele in cambio di aiuto mili-tare, dice molto su quanto si sta mate-rializzando a sud. Ieri un missile Patriotisraeliano ha abbattuto, per la primavolta dal 1985, un jet militare siriano en-trato per errore e solo per qualche se-condo nello spazio aereo di Israele.

Intanto se la jihad globale in questeore accusa il colpo subito in Siria allostesso tempo continua a lanciare la suasfida. I miliziani dello Stato Islamicohanno pubblicato il secondo video del-l’ostaggio britannico John Cantlie. Ilgiornalista anche in questa occasioneripete che i Paesi occidentali hanno sot-tovalutato la forza e lo zelo del loro op-positore e che vanno incontro a un «ca-os potenziale» come quello in Vietnam.

GUERRA IN MEDIO ORIENTE

Costantino CossuOLBIA

Ieri gli ordigni bellici contenuti nel de-posito bunker di Santo Stefano han-no lasciato via mare l’arcipelago del-

la Maddalena. Sono una parte delle armiche il governo Renzi si è impegnato a for-nire ai peshmerga per contrastare l’avan-zata dell’Isis nel Nordest dell’Iraq. Nellastiva del cargo Maior, che il ministerodella Difesa ha preso a nolo dalla compa-gnia di navigazione “Levantina Traspor-ti” di Bari, sono stati caricati, l’altroieri,2.000 razzi Rpg modello 7.9 e munizioniper fucili mitragliatori Ak 47 Kalashnikov(mezzo milione di car-tucce). Ieri la nave ha la-sciato Santo Stefano cari-ca di armi. Destinazionesconosciuta. È probabi-le che attracchi in unporto italiano, forse Li-vorno, dal quale il caricoverrà poi trasportato inuna base militare e daqui trasferito via aerea in Iraq. L’impe-gno italiano nella guerra che infiamma ilMedioriente viene dunque puntualmen-te rispettato. Ampie assicurazioni agli al-leati atlantici, del resto, sono state forni-te dal ministro degli esteri Federica Mo-gherini nelle sue ultime esternazioni.

Durante la conferenza internazionalesulla sicurezza a Parigi, e poi al palazzodi vetro di New York, il capo delle diplo-mazia italiana ha ribadito l’impegno con-tro l’Isis. «Siamo tutti d’accordo - ha det-to all’Onu - sulla necessità di agire insie-me e sull’urgenza di farlo. L’Italia ha giàavviato il ponte aereo per la consegna diarmi e aiuti ai curdi, e proseguirà con al-

tri 18 voli entro settembre».Intanto ieri sono riprese le esercitazio-

ni nel poligono di Capo Teulada. Con-temporaneamente nella base proseguo-no le attività di bonifica da parte dei mili-tari del V reggimento genio di Macomer,annunciate nei giorni scorsi subito dopola grande manifestazione di Capo Frascacontro le servitù militari. «Le attività ad-destrative – ha annunciato il comandodella base - proseguiranno secondo il ca-lendario prefissato nei 72 km quadrati diproprietà del demanio». Escluso dalleesercitazioni a fuoco il cosiddetto «Poligo-no D», che comprende la penisola dovesono in corso le bonifiche, quindi zona

interdetta. Qui le attivitàsono state rinviate e ladata non è stata fissata.

A giugno a innescarela polemica sulle servitùmilitari in Sardegna erastata la notizia che l’ae-ronautica israeliana ave-va chiesto, come ognianno, di poter usare,

per una esercitazione di addestramento,il poligono di Capo Frasca, sulla costa oc-cidentale dell’isola, proprio mentre era-no in corso i bombardamenti a Gaza. Lasituazione era poi diventata ancora piùtesa lo scorso 4 settembre, quando, du-rante le esercitazioni, alcuni Tornado te-deschi, sempre a Capo Frasca, avevanoscatenato un incendio che ha distrutto32 ettari di macchia mediterranea, do-mato dagli uomini del corpo foresatale.Lo sdegno per il rogo è sfociato, lo scor-so 13 settembre, in una manifestazionedi protesta, alla quale hanno partecipatocirca 10 mila persone: una delle più par-tecipate degli ultimi anni.

47 missili Tomahawk, della coalizione guidata dagli Usa (con Bahrain, Emirati,Giordania, Qatar e Arabia saudita) sull’Isis ora diventato «nemico»Jihad •

Raid sulla Siria, un «successo»Decine i jihadisti uccisi, anche 11civili tra le vittime. Nessuna intesaWashington-Damasco: l’attaccoavvia la spartizione del Paese

Francia/ RAPITO DAI «SOLDATI DEL CALIFFATO» ALGERINI

Gourdel ostaggio per i raidsull’Iraq. Hollande: no ricatti

Riprendonole esercitazioni

nel poligono di CapoTeulada, dove sonoin corso le bonifiche

SARDEGNA · Ordigni bellici per i curdi lasciano il porto

L’Italia rispetta gli impegni,partono le armi di Renzi

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MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 7

GUERRA IN MEDIO ORIENTE

GERUSALEMME

«Eliminati gli assassini dei treadolescenti». Così titolava ie-ri il sito del quotidiano Yisra-

el HaYom un servizio sull’uccisione daparte di una unità speciale dell’eserci-to di Amer Abu Aisha e Marwan Qawa-sme, i palestinesi sospettati del rapi-mento e dell’omicidio di tre giovaniebrei, lo scorso giugno nei pressi di He-bron. Una «eliminazione» che i palesti-nesi non hanno tardato a definire un«omicidio mirato» che chiude per sem-pre la bocca ai due uomini che non po-tranno più raccontarci la loro versionedi un caso che ha fatto esplodere la ten-sione in Cisgiordania e a Gerusa-lemme e poi è stato il motivo o il prete-sto per l’attacco israeliano contro Gazae Hamas e della confisca di altri 400 et-tari di terra palestinese per espandereuna colonia.

Troppi punti rimangono avvolti nelmistero. L’unica certezza al momentoè che Abu Aisha e Qawasme, erano ef-fettivamente dei militanti di Hamas. Ilmovimento islamico ieri li ha ricono-sciuti. L’«eliminazione» ha avuto unaimmediata ricaduta politica perché, al-la notizia la delegazione palestinese,giunta lunedì al Cairo per riprendere inegoziati con Israele sul prolungamen-to del cessate il fuoco a Gaza, ha sospe-so la sua partecipazione in segno diprotesta. Le trattative, forse, partiran-no dopo il Capodanno ebraico che co-mincia questa sera.

Abu Aisha e Qawasme sarebbero sta-

ti uccisi, secondo un comunicato israe-liano, durante uno scontro a fuoco nelloro rifugio, individuato una settimanafa. Non ha risparmiato munizioni ebombe a mano l’unità speciale del-l’esercito incaricata di «arrestare» i duericercati. Una lunga colonna di fumonero si è alzava ieri dall’edificio presodi mira, a conferma della violenza delblitz.

Gilad Shaer (16 anni), NaftaliFrenkel (16) e Eyal Ifrach (19) scompar-vero in Cisgiordania il 12 giugno, traBetlemme e Hebron. Israele impegnònelle ricerche oltre 3mila soldati, lan-ciando raid in campi profughi e città.Centinaia di palestinesi furono arresta-

ti, tra i quali decine di leader, deputatie attivisti di Hamas. Un’altra dozzinafurono uccisi durante i raid. «Mi aspet-to un suo aiuto per riportare a casa igiovani rapiti e per catturare i loro rapi-tori», intimò perentorio il primo mini-stro israeliano Netanyahu al presiden-te dell’Anp Abu Mazen. In seguito si èappreso, dalla stessa stampa israelia-na, che le autorità politiche e militariin realtà sapevano sin dall’inizio che itre giovani erano stati uccisi subito dailoro rapitori, grazie alla registrazionedi una telefonata ricevuta dalla polizia.Le «ricerche» invece andarono avantiugualmente, come se i tre fossero anco-ra in vita, allo scopo di infliggere un col-po ad Hamas e mettere in imbarazzopolitico e diplomatico Abu Mazen.Quest’ultimo all’inizio di giugno avevaufficializzato la nascita del primo go-verno palestinese di consenso naziona-le dal 2007, con la partecipazione diHamas. Governo riconosciuto dagliUsa, Onu e Unione europea per lo sgo-mento di Netanyahu.

La tensione si trasformò in una esca-lation dopo il ritrovamento dei corpidei rapiti. Un gruppo di israeliani ven-dicò a fine giugno l’uccisione dei tre ra-gazzi assassinando a Gerusalemme unadolescente palestinese, MohammedAbu Khdeir. Poi a inizio luglio il gover-no Netanyahu è andato alla resa deiconti con Hamas lanciando un attaccodevastante contro Gaza, costato la vitaa circa 2200 palestinesi, in gran partecivili (72 i morti israeliani, quasi tuttisoldati caduti in combattimento).

mi. gio.

Luisa Morgantini

Si apre oggi, per due giorni, nell’Al-berto Hall di Bruxelles, la sessionestraordinaria del Tribunale Russell

sulla Palestina che esaminerà gli attacchisistematici sferrati da Israele contro i civi-li e le infrastrutture durante l’«Operazio-ne Margine Protettivo» nel luglio e agostoscorsi; raccogliendo le dichiarazioni diesperti e testimoni che erano sul postodurante l’attacco, tra cui il giornalista bri-tannico Paul Mason, del Channel 4 News,il Direttore del Raji Sourani, i chirurghiMads Gilbert e Mohammed Abou-Arab,il giornalista Martin LeJeune e AshrafMashharawi .

Recentemente, Human Rights Watchha accusato Israele di aver commesso cri-mini di guerra in un rapporto che analiz-za tre attacchi contro le scuole di Jabalya,Beit Hanoun e Rafah, in cui sono rimasteuccise 45 persone, tra cui 17 bambini. An-che l’Onu e Amnesty International han-no trovato prove di crimini di guerra e cri-mini contro l’umanità. Nei 51 giorni del-l’offensiva israeliana, 2.131 palestinesi so-no rimasti uccisi, 501 erano bambini,70% dei casi sotto 12 anni, sono 10.918 fe-riti, tra cui 3.312 bambini e 2.120 donne.Secondo l’Onu 244 scuole sono statebombardate e che una è stata utilizzatacome base militare. Almeno 10.920 abita-zioni private sono state danneggiate o di-

strutte; tra queste, 2.853 sono state rase alsuolo. Inoltre, sono stati colpite anche161 moschee, otto ospedali (sei resi inagi-bili), 46 Ong, 50 pescherecci e 244 veicoli.Più di 400 mila sono gli sfollati.

È di ieri la relazione presentata da Fla-via Pansieri al Consiglio dei Diritti UmaniOnu, raccomanda di deferire Israele alTribunale Penale Internazionale dell’Aja,mentre il governo israeliano ancora unavolta impediva l’entrata in Israele e neiterritori occupati della Cisgiordania alladelegazione dell’Onu, guidata da Maka-rim Wibisono, che si recherà a Gaza viaEgitto. Intanto il governo israeliano nonsi ferma, e decide, nell’area occupata diGerusalemme Est, la costruzione di 12grattacieli, ministeri ed un centro com-merciale, mentre il parlamento, nelle ma-ni dei coloni e dei nazionalisti più oltran-zisti, cosi come gran parte dei giudici deitribunali, presentano leggi per confischedi terre, per impedire che vi siano amni-stie per i prigionieri palestinesi, e i giudiciusano la mano dura, contro i minori a Ge-rusalemme Est e comminando alte pena-li anche quando i giovani vengono rila-sciati. In Cisgiordania, i coloni semprepiù aggressivi attaccano villaggi, raccoltie popolazione palestinese, ed i soldatifanno incursioni notturne terrorizzandofamiglie ed arrestando giovani che parte-cipano alle manifestazione dei comitatipopolari per la resistenza non-violenta.

A Gaza con la «tregua» non ha cambia-to molto. Israele applica la solita tattica di-latoria. Il governo di unità nazionale pale-stinese va al rallentatore. Qualche magliasi è allargata per importazioni ed esporta-zioni, ma a Rafah il valico dall’Egitto edEretz, il valico per Israele, restano di fattochiusi, l’assedio non è cessato. E i giovanifuggono da Gaza, attraverso i tunnel ver-so una libertà mai respirata ed alcuni co-

minciano a morire nel Mediterraneo.Una ingiustizia infinita, che ricade su

di noi, su Unione europea, Usa, Paesi Ara-bi, Onu, che mai impongono sanzioni adIsraele, in perenne violazione dei dirittiumani e della legalità internazionale. For-ti le responsabilità del governo italiano,ma non sembra che né il premier Renzi acapo del semestre Ue, né la Mrs Pesc Mo-gherini, abbiano il coraggio morale e poli-tico per dire al governo israeliano chenon è al di sopra delle leggi.

* www.assopacepalestina.org

LE COMUNITÀ PALESTINESI IN ITALIASabato 27 a Roma manifestazionenazionale di solidarietà

«Ci troviamo ormai di fronte all’ennesima aggressione Israelia-na contro il popolo palestinese, dalla pulizia etnica del 1948 edel 1967, al muro dell’apartheid dichiarato illegale dall’Onunel 2004, ai massacri compiuti in questi decenni,dall’embargo

illegale imposto alla Striscia di Gaza, alle violenze, alle discriminazioni ed ai sistematici omicidi di an-ziani, uomini, donne e bambini compiuti nell’ultimo tentativo di sterminio del nostro popolo con unsilenzio assordante della comunità internazionale. L’occupazione israeliana della Palestina è questo:colonie illegali, stermini, negoziati interminabili, rifiuto di qualsiasi forma di una pace giusta e confor-me al diritto internazionale. Il Coordinamento delle Comunità Palestinesi in Italia indice questa manife-stazione nazionale di solidarietà per chiedere: la fine dell’occupazione israeliana; il diritto all’autodeter-minazione ed alla resistenza del popolo palestinese; l’istituzione di uno stato democratico e laico pale-stinese con Gerusalemme Est capitale; l’unità territoriale dello Stato di Palestina; la fine di ogni accor-do militare con Israele: la fine dell’embargo illegale imposto alla Striscia di Gaza e la riapertura di tuttii valichi; la libertà di tutti i prigionieri politici palestinesi detenuti nelle carceri israeliane; l’attuazionedella Risoluzione 194 dell’Onu che afferma il diritto al ritorno dei profughi palestinesi.Al governo italiano in qualità di presidente del semestre Ue di adoperarsi per un riconoscimento totaleed effettivo dello stato palestinese da parte di tutti i paesi membri della Comunità europea. A tutte leforze democratiche e progressiste: URLATE contro le ingiustizie che da quasi 70 anni il popolo palesti-nese è costretto a subire». Il Coordinamento delle comunità palestinesi in Italia chiede a tutte le forzepolitiche e sindacali e a tutte le associazione e i comitati che lavorano per la pace e la giustizia di ade-rire alla nostra manifestazione a questo indirizzo email: [email protected]

Israele • «Chiuso» per Tel Aviv il caso, esploso in Cisgiordania,diventato il pretesto dell’attacco contro Hamas a Gaza

TERRITORI OCCUPATI · Crimini a Gaza: l’Onu raccomanda di deferire Israele al Tpi

Oggi a Bruxelles il «Tribunale Russell»

CISGIORDANIA · Il governo Netanyahu: «Eliminati gli assassini dei tre ragazzi ebrei»

Esecuzione mirata a Hebron

Cinque anni fa, nell’ottobre 2009,il presidente Barack Obama fuinsignito del Premio Nobel per

la Pace in base alla «sua visione di unmondo libero dalle armi nucleari, e allavoro da lui svolto in tal senso, che hapotentemente stimolato il disarmo».Motivazione che appare ancora piùgrottesca alla luce di quanto documen-ta oggi un ampio servizio del New YorkTimes: «L’amministrazione Obama stainvestendo decine di miliardi di dollarinella modernizzazione e ricostruzionedell’arsenale nucleare e degli impiantinucleari statunitensi». A tale scopo èstato appena realizzato a Kansas Cityun nuovo enorme impianto, più gran-de del Pentagono, dove migliaia di ad-detti, dotati di futuristiche tecnologie,«modernizzano» le armi nucleari, te-standole con avanzati sistemi che nonrichiedono esplosioni sotterranee.L’impianto di Kansas City fa parte diun «complesso nazionale in espansio-ne per la fabbricazione di testate nucle-ari», composto da otto maggiori im-pianti e laboratori con un personale dioltre 40mila specialisti. A Los Alamos(New Mexico) è iniziata la costruzionedi un nuovo grande impianto per laproduzione di plutonio per le testatenucleari, a Oak Ridge (Tennessee) sene sta realizzando un altro per produr-re uranio arricchito ad uso militare. I la-vori sono stati però rallentati dal fattoche il costo del progetto di Los Alamosè lievitato in dieci anni da 660 milionia 5,8 miliardi di dollari, quello di OakRidge da 6,5 a 19 miliardi.

L’amministrazione Obama ha pre-sentato complessivamente 57 progettidi upgrade di impianti nucleari milita-ri, 21 dei quali sono stati approvati dal-l’Ufficio governativo di contabilità,mentre 36 sono in attesa di approvazio-ne. Il costo stimato è allo stato attualedi 355 miliardi di dollari in dieci anni.Ma è solo la punta dell’iceberg. Al co-sto degli impianti si aggiunge quellodei nuovi vettori nucleari.

Il piano presentato dall’amministra-zione Obama al Pentagono prevede lacostruzione di 12 nuovi sottomarini daattacco nucleare (ciascuno in grado dilanciare, con 24 missili balistici, fino a200 testate nucleari su altrettanti obiet-tivi), altri 100 bombardieri strategici(ciascuno armato di circa 20 missili obombe nucleari) e 400 missili balisticiintercontinentali con base a terra (cia-scuno con una testata nucleare di gran-de potenza, ma sempre armabile di te-state multiple indipendenti).

Viene così avviato dall’amministra-zione Obama un nuovo programma diarmamento nucleare che, secondo unrecente studio del Monterey Institute,verrà a costare (al valore attuale del dol-laro) circa 1000 miliardi di dollari, cul-minando come spesa nel periodo2024-2029. Essa si inserisce nella spesamilitare generale degli Stati uniti, com-posta dal bilancio del Pentagono (640miliardi di dollari nel 2013), cui si ag-giungono altre voci di carattere milita-re (la spesa per le armi nucleari, adesempio, è iscritta nel bilancio del Di-partimento dell’Energia), portando iltotale a quasi 1000 miliardi di dollariannui, corrispondenti nel bilancio fe-derale a circa un dollaro su quattro spe-so a scopo militare. L’accelerazionedella corsa agli armamenti nucleari,impressa dall’amministrazione Oba-ma, vanifica di fatto i limitati passi sul-la via del disarmo stabiliti col nuovotrattato Start, firmato a Praga da Statiuniti e Russia nel 2010 (v. il manifestodel 1˚ aprile 2010). Sia la Russia che laCina accelereranno il potenziamentodelle loro forze nucleari, attuando con-tromisure per neutralizzare lo «scudoanti-missili» che gli Usa stanno realiz-zando per acquisire la capacità di lan-ciare un first strike nucleare e non esse-re colpiti dalla rappresaglia.

Viene coinvolta direttamente nelprocesso di «ammodernamento» delleforze nucleari Usa anche l’Italia: le70-90 bombe nucleari statunitensiB-61, stoccate ad Aviano e Ghedi-Tor-re, vengono trasformate da bombe acaduta libera in bombe «intelligenti» aguida di precisione, ciascuna con unapotenza di 50 kiloton (circa il quadru-plo della bomba di Hiroshima), parti-colarmente adatte ai nuovi caccia UsaF-35 che l’Italia si è impegnata ad ac-quistare. Ma di tutto questo, nei talkshow, non si parla.

HEBRON, FORZE SPECIALI DELL’ESERCITO ISRAELIANO NELL’«OPERAZIONE» DI IERI/FOTO REUTERS

ARMAMENTI USA

Il riarmo nuclearedel Premio Nobel

per la pace

Manlio Dinucci

2.131 palestinesi uccisi,501 erano bambini, 400milai senza casa. Il Tribunaleraccoglierà moltetestimonianze dirette

GOLFO ARABICO,LA PORTAEREI GEORGE

BUSH AVVIA L’ATTACCO.A SINISTRA, PROFUGHI

CURDI ALLA FRONTIERATURCA. FOTO REUTERS

YEMEN, I RIBELLI SCIITI CONTROLLANO SANAA La capitale delloYemen, Sanaa, è sotto il controllo quasi totale dei ribelli sciiti di Ansar Allah. Ilcapo della rivolta, Abdel Malek al Houthi, ha gridato «vittoria», dicendosi fautoredella ricomposizione di tutte le componenti del paese: «Mi congratulo con ilnostro popolo per la vittoria della sua rivoluzione», ha affermato. Poco prima, ilpresidente Abd Rabbo Mansour Hadi aveva denunciato un complotto conramificazioni esterne «in grado di scatenare una guerra civile» e assicurato chel’autorità dello stato sarebbe stata ripristinata. In passato, Sanaa avevaaccusato l’Iran di sostenere i ribelli sciiti nel paese a maggioranza sunnita. Meno

di 48 ore dopo un accordo concluso sotto l’egida dell’Onu che avrebbe dovutoriportare la pace, i combattenti sciiti di Ansar Allah hanno ripreso il controlloquasi totale di Sanaa, istituendo posti di blocco e controlli e pattuglie mobili.Solo pochi abitanti si sono recati al lavoro e la maggior parte degli esercizi èrimasta chiusa. Alcuni schermi giganti, in una piazza della capitale, hannotrasmesso il discorso televisivo di Houthi, tra l’esplodere dei fuochi d’artificio.Houthi, che ha la propria roccaforte a Saada (nel nord), ha affermato di voler«tendere la mano» al partito islamico sunnita Al-Islah, nemico giurato degli sciiti,e di voler difendere il Movimento sudista per «ripristinare l’unità nazionale».

Page 8: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 8 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

Clima, soloemission

I MOVIMENTI · I presidenti progressisti dell’America latina raccolgono le istanze della piazza

Evo Morales: «L’atto d’accusa dei popoli indigeni»

Luca CeladaLOS ANGELES

Nella time line dei summit ambien-tali quella di ieri a New York è sta-ta una tappa più che altro simbo-

lica in attesa del vertice «di lavoro» inprogramma a Parigi a fine 2015 da cuidovrebbe scaturire un vero programma.Dal quartiere generale Onu, allagato du-rante l’uragano Sandy due anni fa, il se-gretario generale Ban Ki-Moon ha dichia-rato che è essenziale che il mondo diven-ti carbon-neutral entro la fine del secolo.Sul podio ieri si sono succeduti oratoricome il sindaco di New York Di Blasio,Al Gore e Leonardo di Caprio, ognunoha parlato degli effetti distruttivi ormaiincontrovertibili di un clima in uno sta-dio avanzato di mutamento e del tempoormai in scadenza per agire.

Ma il summit sul clima ha visto il presi-dente degli Stati Uniti in una posizionefin troppo consueta. Obama ha esortatoi 125 capi di stato che hanno accolto l’in-vito del segretario Ban Ki-Moon, a «intra-prendere passi concreti» per limitare leemissioni serra, ribadendo che non agi-re oggi sul riscaldamento globale equi-varrebbe a un tradimento delle genera-zioni future. Purtroppo anche questa vol-ta, come in tanti precedenti consessi, ileader in platea hanno lecitamente potu-to chiedersi da che pulpito è arrivata lapredica.

Il fatto è che dalla disfatta di Kyoto laposizione americana sul clima è stata se-gnata dall’impotenza se non dalla colpe-vole inerzia. Il protocollo di Kyoto vennesotto scritto nel 1997 da Bill Clinton manon fu mai ratificato da un congressoostile e fortemente influenzato dalle po-tenti lobby petrolifere Usa. A quella scon-fitta ne seguì una incassata personal-mente da Obama con il nulla di fatto aCopenhagen nel 2009, all’inizio del suomandato.

Le prospettive per Parigi non si profila-no migliori. La firma di un accordo inter-nazionale vincolante richiede una mag-gioranza di due terzi nel parlamentoamericano. Impensabile nell’attuale cli-ma politico che fra meno di due mesi po-trebbe addirittura vedere entrambe le ca-

mere in mano a un partito che sposa uffi-cialmente il negazionismo climatico. Frai principali ostacoli alle effettive riformespicca quindi un sostanziale eccezionali-smo americano per cui gli Usa non han-no ad esempio mai sottoscritto i trattatiinternazionali contro la discriminazionedelle donne e per l’eliminazione dellatortura, delle mine anti-uomo e dellebombe a grappolo. In ognuno di questicasi l’argomento ufficiale è stata la tutela

della prerogativa «indipendente» degliStati Uniti.

Precedenti che non depongono certoa favore della battaglia contro le emissio-ni atmosferiche, dove sono in gioco mi-liardi di fatturati e profitti industriali.Obama ha quindi avuto un bel esortarema la realtà è che ha le mani legate. Ep-pure senza una piena partecipazioneamericana non sono realistiche le pro-spettive per invertire la rotta. Il presiden-

te Usa ieri ha rimandato l’annuncio dinuovi obiettivi a lungo termine al 2015.John Podesta, segretario per il clima el’energia, ha confermato che bisogneràaspettare il primo trimestre del prossi-mo anno.

Obama si è dunque limitato a dichiara-zioni di generico intento e a ricordare lesue recenti riforme come le normativevarate a giugno per il contenimento del-le emissioni e la riduzione del 30% entro

il 2030 dell’inquinamento delle centralitermiche a carbone rispetto ai livelli del2005. Un passo concreto che gli è valsol’aperta opposizione di molti esponenti,anche democratici, degli stati in cui l’in-dustria carbonifera è più forte. E questoè il discorso emerso come centrale aNew York. Tutti gli intervenuti hanno in-fatti ripetuto che una efficace politicaambientale presuppone una effettiva ri-forma economica, che non può esserciprogresso sul clima senza una fonda-mentale revisione delle pratiche indu-striali. Nelle manifestazioni popolari or-ganizzate alla vigilia del summit NaomiKlein aveva ribadito il concetto di sostan-ziale «incompatibilità ambientale» del-l’imperante liberismo capitalista. Unconcetto ripreso anche da molti relatoriall’interno del palazzo di vetro, come Le-onardo Di Caprio. «Dobbiamo smetteredi dare agli inquinatori la licenza chehanno avuto nel nome del libero merca-to - ha detto l’attore rivolto ai capi di sta-to - non meritano i nostri contributi fi-scali ma semmai il nostro attento scruti-nio». Un idea ribadita anche dall’ex presi-dente messicano Felipe Calderón che haricordato che globalmente il compartoenergetico gode ancora di 600 miliardidi dollari di sussidi e incentivi pubblici ri-spetto ai soli 100 a favore delle energierinnovabili.

È una realtà particolarmente evidentenel paese ospite. Nonostante i nuovi limi-ti imposti al carbone infatti, gli Stati Unitisono nel pieno del maggiore boom petro-lifero dagli anni 40, un enorme revival de-gli idrocarburi che ha il tacito appoggiodi un’amministrazione che ha autorizza-to un numero record di esplorazioni offshore. Grazie a nuove tecniche di estrazio-ne super inquinanti come il fracking, so-no diventate accessibili enormi riserve digas e petrolio. Acqua e agenti chimiciiniettati ad alta pressione hanno «libera-to» metano profondo e petrolio. Nuovioleodotti si snodano dai pozzi del Dako-ta e dalle sabbie bituminose del Canadaverso le raffinerie del Golfo del Messico.

Il bda imidrocadiminni e ilsufficpagnigran lne diinterngas eIn qumentcarbuopposdiscor

In qpoliticza nelsa ecoforsemutammi neno, adnel parapidirannore trop

CAMBIO DI STAGIONE

Geraldina Colotti

«Siamo inarrestabili, un al-tro mondo è possibile».Le manifestazioni che

hanno accompagnato il verticeOnu sul clima, nei dintorni diWall Street, hanno riempito dicontenuto le dichiarazioni diprincipio e le promesse non vin-colanti, enunciate in buona o incattiva fede. «Bisogna collocare ilmondo in una nuova direzione»,ha detto il segretario generale del-le Nazioni unite, Ban Ki- moon.Per i movimenti, la direzione giu-sta implica un'inversione di rottarispetto allo sviluppo capitalisti-co e alle speculazioni finanziarieche subordinano risorse umanee naturali ai diktat del profitto.

Le manifestazioni che si sonosvolte domenica a livello mondia-le e gli scontri scoppiati a NewYork hanno messo in evidenzal'ampiezza di una nuova coscien-za ambientalista: legata al ripu-dio di un modello economicoche «causa miseria, disuguaglian-

za e crisi ricorrenti» e rivolta con-tro quei «simulacri di democra-zia» che demoliscono i diritti so-ciali e individuali e consentonol'ulteriore «concentrazione di ric-chezza in poche mani, calpestan-do la volontà popolare». Questohanno scritto e gridato i movi-menti mostrando il legame inelu-dibile tra l'ambito economico,politico e ambientale.

Un'indicazione emersa dai 5«blocchi» in cui si è organizzatala marcia: «La prima linea dellacrisi, avanguardia del cambia-mento», in cui hanno sfilato i rap-presentanti dei popoli indigeni ealtre comunità colpite dall'estra-zione di combustibili fossili e da-gli effetti del cambio climatico; isindacati dei lavoratori e deglistudenti con lo slogan: «Possia-mo costruire il futuro»; i gruppiin favore delle energie alternati-ve, gli alimenti sostenibili e l'ac-qua che dicevano: «Abbiamo lesoluzioni»; il blocco «Conoscia-mo i responsabili», che ha denun-ciato le imprese di combustibili

fossili, le banche e altri contami-natori. Gli scienziati e gli attivistidi diverse religioni con lo slogan:«Il dibattito è finito». E infine ilblocco «Per cambiare tutto, ab-biamo bisogno di tutti».

Movimenti cresciuti, in Ameri-ca latina, nel generale rinasci-mento che ha portato in sella go-verni socialisti o progressisti. Il lo-ro impegno al vertice, ha messoin luce quella maturità evidenzia-ta dalle piazze: «Nel 2025, il 45%dell'energia prodotta in Cile saràrinnovabile», ha promesso la pre-sidente Cilena, Michelle Bache-let. «Il costo per affrontare il cam-

biamento climatico è elevato maper i benefici che implica ne valela pena», ha affermato la suaomologa brasiliana, Dilma Rous-seff, manifestando il proposito diridurre ulteriormente la defore-stazione, già diminuita del 70%.

«Chiedo ai giovani dei popoliindigeni di appropriarsi deglistrumenti internazionali per farlivalere a livello nazionale», ha det-to la Nobel guatemalteca, Rigo-berta Menchu durante il Verticedei popoli indigeni, facendo rife-rimento alla dichiarazione Onusui diritti dei nativi approvata nel2007. Secondo la Cepal, in Ameri-

ca latina vi sono 826 popoli origi-nari, per un totale di 45 milioni dipersone: l'8,3% della popolazio-ne complessiva della regione. Idati dell'Onu dicono che gli indi-geni – il 5% della popolazionemondiale – costituiscono un ter-zo dei 900 milioni di persone chevive in povertà estrema nelle zo-ne rurali. Ieri come oggi, dal Gua-temala al Messico, sono quelliche più scontano i costi del neoli-berismo. Il primo presidente indi-geno della Bovilia, Evo Morales,ha accusato l'inconseguenza deipaesi sviluppati rispetto al proto-collo di Kyoto. «Se vogliamo cam-biare il clima, dobbiamo cambia-re il sistema», ha detto il suo omo-logo venezuelano, Nicolas Madu-ro, riprendendo lo slogan dei mo-vimenti ambientalisti. Ha ricorda-to che «il 20% dei paesi più ricchidel mondo consuma l'84% dellerisorsei» ed ha accusato quei mo-delli predatori che parlano dienergia verde. Da qui, l'impegnodel Venezuela per una societàeco-socialista: «Il Venezuela – hadetto – sostiene il 70% della suadomanda di energia con l'idroe-lettrica e ha posto nel 60% delsuo territorio oltre 22 aree protet-te, preservando 58 milioni di etta-ri di bosco, inclusi parchi, riservedella biosfera e fauna».

NEW YORK, IMMAGINIDELLA PROTESTAAMBIENTALISTA «FLOODWALL STREET» DURANTEIL VERTICE ONUSUL CLIMA, QUI SOPRAL’INTERVENTO DILEONARDO DI CAPRIOE IN BASSO DI EVOMORALES /REUTERS

«Bisogna invertire la rotta»,tutti d’accordo al vertice Onusul riscaldamento globale.Ma Obama ha le mani legate.Gli Usa, in pieno boompetrolifero, non firmerannotrattati internazionali

Page 9: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 9

ni di intenti

CAMBIO DI STAGIONE

boom sta trasformando l’Americamportatrice a esportatrice netta di

arburi. Le importazioni infatti sononuite del 50% solo negli ultimi 7 an-

paese sarebbe praticamente auto-iente se non fossero le stesse com-e petrolifere a non volerlo. È diunga più lucroso gestire un margi-scarsità, non saturare il mercato

no e ottimizzare invece quote dipetrolio su quello internazionale.este condizioni si prevede un au-o del 60% della domanda di idro-

uri nei prossimi 20 anni - l’esattosto di ciò che è stato auspicato neirsi di ieri.questa sbornia di carbonio, il ruoloco è stato di colpevole acquiescen-l nome di un imprescindibile ripre-onomica. Ennesima conferma chesolo quando i danni economici delmento climatico - il calo dei consu-el vortice artico dello scorso inver-d esempio, o la drammatica siccitàaniere californiano - supereranno ii profitti petroliferi, i politici ritrove-

o la «lungimiranza». Salvo poi esse-ppo tardi.

INTERVISTA · Stefano Caserini, ingegnere ambientale al Politecnico

«Dobbiamo cambiareil sistema energetico»Luca FazioMILANO

Stefano Caserini è inge-gnere ambientale e tito-lare del corso di mitiga-

zione dei cambiamenti clima-tici al Politecnico di Milano. Sioccupa delle strategie di ridu-zione dei gas serra e della co-municazione del problemadei cambiamenti climatici.

Improvvisamente il mondosi scopre ambientalista e lalotta ai cambiamenti clima-tici sembra essere in cimaai pensieri dei potenti. In re-altà quali aspettative gene-ra il vertice Onu di New Yorktra gli addetti ai lavori?Purtroppo la lotta ai cambia-

menti climatici non è in cimaai pensieri dei potenti, o del-l'opinione pubblica. L'appun-tamento di New York si inseri-sce nei lavori della Convenzio-ne sul Clima dell'Onu, sono22 anni che si sta negoziandosu questo tema. Il protocolloche oggi è in discussione èmolto più ambizioso di quelloapprovato a Kyoto. Nel 1997 siera deciso di assegnare impe-gni di riduzione dei gas serrasolo ai paesi industrializzati, ec'era molta differenza con i co-

siddetti paesi in via di svilup-po; oggi la situazione è moltocambiata, è essenziale coinvol-gere in un nuovo accordo pae-si come Cina, Brasile o Sudafri-ca. Certo con impegni diffe-renti, ma il nodo è «quanto dif-ferenti». Ecco perché è un ac-cordo difficile: si tratta di decli-nare nel concreto il principiodi equità alla base della Con-venzione sul Clima, con conse-guenze anche sugli equilibrigeopolitici mondiali.

Quali sono i problemi più se-ri da affrontare per far sì chela decisiva conferenza di Pa-rigi del 2015 non si conclu-da con un nulla di fatto?Gli Stati Uniti vogliono otte-

nere più impegni vincolantidalla Cina, e la Cina sostieneche sono gli Usa e altri paesiindustrializzati a non fare ab-bastanza. Con l'amministra-zione Obama gli Usa hannofatto passi avanti, anche se ilSenato continua ad essere inmano alle lobby del petrolio edel carbone. E’ cruciale avereil consenso di Usa e Cina, edevitare frenate o voltafaccia,come quelli di Giappone, Ca-nada, Russia o Australia.

Detta così, sembra impossi-bile trovare un accordo.A mio parere i gruppi diri-

genti di molte delle principalipotenze hanno chiara la gravi-tà della situazione e alcunihanno anche compreso chepuntare sulla lotta ai cambia-menti climatici può essere lachiave per dare forma a unnuovo modello di sviluppo.Ma le lobby sono potentissi-me e riescono a condizionarei parlamenti, oltre a una largafetta dell'opinione pubblica.Pochi hanno chiaro che per ipaesi di più antica industrializ-zazione, più responsabili degliattuali livelli di CO2, come noi

Europei, la strada è segnata,non c'è alternativa: entro il2050 dovremo ridurre di alme-no l'80% le emissioni. Signifi-ca cambiare radicalmente il si-stema energetico basato suicombustibili fossili, indipen-dentemente da quello che de-cideranno di fare Cina o India.

L'obiettivo del contenimen-to del riscaldamento globa-le entro 2 gradi è raggiungi-bile? E sarebbe sufficiente ?Visti i livelli attuali di gas ser-

ra, e la tendenza all'aumento,è inevitabile che nei prossimidecenni si verifichi un ulterio-re aumento delle temperaturemedie globali, di poco menodi 1 grado. Oggi siamo a + 0,9,quindi il livello massimo di 2gradi da non superare entro2050 è un obiettivo raggiungi-bile. Richiede però sforzi enor-mi, bisogna iniziare entro po-chissimi anni a frenare e poidiminuire le emissioni, men-tre oggi le stiamo aumentan-do del 2% all'anno. C'è un pro-blema legato all'«inerzia» delsistema tecnologico, ma ilblocco vero è politico. Quei 2gradi non sono una soglia dinon ritorno; sono una sorta difrontiera psicologica, per chida anni si è dato quell'obietti-vo. Con 2,1 gradi di aumentonon sarà molto diverso da 1,9gradi, e i danni li stiamo già ve-rificando ora che siamo solo ametà di questo aumento.

Ma se la catastrofe ha origi-ne nel sistema capitalista,lottare contro i cambiamen-ti climatici non significa difatto chiedere la rivoluzionesenza fare la rivoluzione?C'è la tesi sostenuta nell'ulti-

mo libro di Naomi Klein, ecioè che il capitalismo non ècompatibile con il pianeta. Se-condo altri economisti il riscal-damento globale rappresentauna distorsione del mercato,perché chi emette i gas serranon paga per i danni che cau-sano; quindi la soluzione sa-rebbe far pagare un prezzo al-la CO2, e si discute su come sidovrebbero ripartire i proven-ti: c'è chi propone di usarli percombattere le disuguaglianze

e favorire l'accesso alle ener-gie pulite dei più poveri.

E lei da che parte sta?Da un lato penso che gli eco-

nomisti liberali dovrebberospiegare come mai questa ri-cetta non è stata applicata ne-gli ultimi anni; chi sostieneche l'attuale modello finanzca-pitalistico, per dirla con Lucia-no Gallino, sia strutturalmen-te incapace di porsi dei limiti,ha argomenti solidi. D'altraparte non possiamo aspettaredi cambiare il sistema econo-mico per ridurre le emissioni,i correttivi all'attuale modellosono necessari da subito. La ri-voluzione dei prossimi decen-ni dovrà riguardare il sistemaenergetico mondiale; poi il si-stema economico globale hatanti altri problemi che è co-munque urgente affrontare.

Cosa ne pensa delle manife-stazioni di New York?Più di un milione di perso-

ne in tutto il mondo sono sce-se in piazza. È un movimentoconcreto e ambizioso, chechiede alla politica di cambia-re direzione. Ma se guardo lereazioni di molti commentato-ri, vedo forte la tentazione di«buttarla in politica», di affron-tare il tema del cambiamentoclimatico come se si trattassesolo di una battaglia ideologi-ca; questo atteggiamento po-trebbe farci perdere altri anni.

Sarebbe sufficiente agire al-l'interno di questo sistemafavorendo tecnologie com-patibili con il pianeta? In-somma, la green economy.Se per green economy si in-

tende riconvertire il sistemaproduttivo per renderlo com-patibile con i limiti del piane-ta, mi sembra il minimo. Madobbiamo ricordare che le so-luzioni buone per un'élite dicittadini non bastano, nelmondo ci sono miliardi di per-sone che non hanno accessoall'energia o che hanno una fa-me di energia che nemmenoriusciamo ad immaginare. Leazioni dal basso servono, maper cambiare il sistema ener-getico a scala globale servonoinvestimenti ingenti, sonoscelte che devono essere di-scusse dai governi, a questoservono i servono i negoziati.

E più dal basso? C’è co-scienza del problema?Non direi. Alle primarie, nel-

le campagne elettorali, alle ele-zioni europee, non si è maiparlato di cambiamenti clima-tici. Non è un tema dell'agen-da politica in Italia. La consa-pevolezza di quanto la questio-ne sia importante è scarsa, e lecolpe sono anche dei mezzi diinformazione, che parlano po-co e male della questione cli-matica. Oggi le politiche di au-sterità imposte impedisconoai Comuni di investire perqualsiasi progetto innovativo.

Ecco un'altra rivoluzione...Un primo passo sarebbe col-

locare gli investimenti sul cli-ma e sull'energia fuori dal pat-to di stabilità per rimettere incircolo politiche virtuose. Que-sto tema dovrebbe essere cen-trale in tutte le politiche cheguardano al futuro. Non solosul modo di produrre e consu-mare energia. Ma sui sistemiinsediativi, i trasporti, i proces-si industriali, agricoltura e ali-mentazione

A proposito, non mi sembrache si parli di clima in Expo.Si dovrebbe fare di più. La

questione dei cambiamenti cli-matici dovrebbe essere centra-le per il tema di Expo 2015,«Nutrire il Pianeta, Energiaper la Vita». I cambiamenti cli-matici avranno enormi riper-cussioni sulla sicurezza ali-mentare di molte nazioni. Eagricoltura e alimentazione so-no settori che possono aiutarea far cambiare direzione alletemperature del pianeta.

Page 10: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 10 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

CULTURE

Riccardo Mazzeo

Elisabeth Beck-Gernscheimha una formazione culturaleche nelle facoltà italiane po-

trebbe essere considerata eccentri-ca, anche se ormai la transdiscipli-narietà tra filosofia, sociologia epsicologia comincia ad essere pre-sente. Almeno tra chi riesce a supe-rare le forche caudine dei tagli allaricerca scientifica, che caratterizzada oltre un ventennio l’Italia.

Apprezzata studiosa sull’«istitu-zione famiglia», è docente da mol-ti anni presso l’Università di Mona-co. In Italia è stato tradotto solo ilvolume scritto assieme a Ulrich Be-ck, teorico della «società del ri-schio», nonché suo compagno divita (L’amore a distanza, Bollati Bo-ringhieri). Elisabeth Beck è stataospite a Pordenonelegge. Ed è nel-la città friulana che è avvenuta l’in-tervista.

Il suo nuovo libro «L’amore a di-stanza», scritto con Ulrich Beck,è un’analisi ricca e sfaccettatadello scenario, profondamentecambiato, delle relazioni d’amo-re nel mondo globalizzato. Esa-mina le modificazioni che si so-no prodotte, i rischi insiti nei dif-ferenti codici culturali di cui, ilpiù delle volte, si è ignari, i para-dossi e le opportunità inatteseche offrono per alimentare lamixofilia, cioè il piacere di incon-trare e interagire con chi è diver-so da noi. Lei scrive di «famiglieglobali». Cosa intende con que-sta espressione?

Il problema, quando si parla dellenuove configurazioni familiari checoinvolgono appunto l’amore a di-stanza e l’intersecarsi del Primo edel Terzo Mondo, è la focalizzazio-ne su ambiti specifici come le cop-pie binazionali o le adozioni tran-snazionali. Le famiglie globali coin-volgono questi ma anche molti al-tri aspetti e a noi interessava svi-scerare, sullo sfondo di un quadrodrammaticamente diseguale, l’in-terconnessione di tutte queste te-matiche: per descriverle, dalle «fa-miglie globali multilocali» in cui ipartner vivono in nazioni o conti-nenti diversi ma condividono lastessa cultura, alle «famiglie multi-nazionali o multicontinentali» incui le coppie vivono insieme ma icui membri provengono da cultu-re differenti.

Ma anche per cercare di com-prendere se tutti gli sforzi e spessole sofferenze a cui si assoggettanoi protagonisti di queste nuove co-stellazioni familiari contengano ilgerme di un miglioramento dellasalute del nostro mondo.

Il «quadro drammaticamente di-seguale» che menziona è resocon acutezza quando parla deitrapianti di organi dei poveri delmondo in corpi dei ricchi chepossono comprarli, in una «mo-derna forma di simbiosi» in «pae-saggi corporei degli individui» do-ve «si fondono ’razze’, classi, na-zioni e religioni», con i «corpi deiricchi (che) si trasformano in pa-

tchwork composti artificialmen-te, mentre quelli dei poveri di-ventano magazzini di ricambio».O quando descrive le donne chedevono abbandonare i loro figlie mariti per andare in un altropaese per prendersi cura di figlidi persone agiate. Come si puòimmaginare che questo spec-chio del capitalismo globalepossa migliorare il mondo in cuiviviamo?

L’Occidente, come è noto, preferi-sce in prevalenza non vedere lecondizioni di povertà, instabilità,tensioni e guerra in cui vivono tan-tissimi abitanti del pianeta, e men-tre, prescindendo dai fascismi chericominciano a rispuntare in Euro-pa come conseguenza della crisi edel risentimento che suscita, sia-mo tutti a parole favorevoli al-l’uguaglianza e all’apertura, conti-nuiamo a costruire fortezze perproteggerci dalle minacce locali(che spesso assumono le sembian-ze di uno straniero) e rinsaldiamoi confini dei nostri paesi per impe-dire che «gli altri» vi entrino, o chene entrino troppi.

In realtà, per un verso, mentre siproclama la fine del cosmopoliti-smo, che si occupa di norme, noiconfidiamo nella cosmopolitizza-zione, cioè l’interdipendenza nonsolo economica e politica, ma an-che etica tra singoli, gruppi e na-zioni, che si occupa di fatti e che sisviluppa dal basso e dall’interno,in ciò che avviene quotidianamen-te, e che spesso resta inavvertita.Per esempio, le donne che dal Suddel mondo arrivano in Occidente,prendono atto di una tangibilepossibilità di vivere il rapportocon l’uomo su un altro piano, mol-to meno avvilente per loro.

Pare però che l’Occidente, an-che nelle relazioni amorose, sistia avvitando su se stesso inuna dimensione individualisticache prescinde dalle «persone»,dove il verbo «per-sonare» impli-

ca il «sonare attraverso» altrepersone, intendendo la libertàcome un qualcosa che si realiz-za insieme agli altri, come scri-ve Magatti nel suo ultimo libro«Generativi di tutto il mondo, uni-tevi». Jacques Attali nel 2007ha pubblicato « Amours», in cuiesaltava l’amore multiplo, la po-liunione, la polifedeltà e immagi-nava un futuro di relazioni apertein cui la bisessualità sarebbe lanorma, un netloving in cui «per-sonne n’appartiendra à person-ne». Ma il «nostro» mondo è soloun ottavo del mondo intero, e al-trove il desiderio di una famigliastabile, di un luogo dove sentirsidavvero «a casa» è particolar-mente sentito...

Ogni movimento implica una bidi-rezionalità, e certo le trasformazio-ni avvengono attraverso un reci-proco condizionamento. Il rispet-to e l’onore, che governano le tran-sazioni e gli equilibri di tanta partedel Sud del mondo, sono statismarriti nella sfrenatezza indivi-dualistica della nostra civiltà, magrazie alle nuove rappresentazioniche emergeranno potremo forsetornare a considerarli valori fon-danti.

OSPITI · David Grossman e Massimo Recalcati, dal conflitto israelo-palestinese alla scuola mancata

Il fallimento non è fine a se stessoRi. Ma.

Nel fitto calendario di «Por-denolegge», gli incontricon David Grossman e

Massimo Recalcati sono emersisoprattutto per l’atmosfera chehanno saputo creare toccandocorde essenziali quanto ardueda catturare.

Grossman ha parlato dei suoiultimi due libri, A un cerbiatto so-miglia il mio amore, del 2008, eCaduto fuori dal tempo, del2011. Entrambi sono influenzatidalla difficoltà di porre fine alconflitto israelo-palestinese edalla morte del suo figlio minore

Uri, ucciso in Libano nel 2006, ilsecondo in modo più esplicitopoiché prende l’avvio dal gestodi un uomo che ha perso suo fi-glio ed esce di casa per andare«laggiù», per trovare il punto d’in-tersezione fra la vita e la morte.Inizia a girare attorno alla città ea lui si uniscono altre personeche hanno perso i loro figli, ben-ché la coralità delle loro riflessio-ni trasfuse spesso in poesia siarielaborata dal Centauro, unoscrittore che non può lasciare lasua stanza perché da quandosuo figlio è morto la metà inferio-re del suo corpo si è trasformatain una scrivania e lui tenta con di-

sperazione e al tempo stesso conironia di lambire la morte con leparole che scrive.

«Giunse il momento in cui do-vetti dare un nome alle sfumatu-re della mia catastrofe - ha dettoGrossman - Per farlo avevo biso-gno di diversi personaggi, di pro-vare a mappare l’isola, dare i no-mi, come dice il Centauro. Scrive-re per me è Essere con la S maiu-scola. Non posso penetrare quelche c’è al di là della morte, maposso percepirne qualcosa e poitornare: straordinariamente vivoma con una grande consapevo-lezza della morte».

A proposito di A un cerbiatto

somiglia il mio amore, si è chie-sto: «Come si può proteggere lafragile bolla di una famiglia inmezzo alla guerra? In una realtàcosì inumana? Far crescere i pro-pri figli che a 18 anni devono an-dare a combattere?», e poi ha ag-giunto: «Da noi si tende a schiva-re la realtà, questo circolo vizio-so di violenza, e lo facciamo sianoi sia i palestinesi. Lotto ormaida trent’anni contro l’occupazio-ne. Finché i palestinesi nonavranno uno Stato non lo avre-mo neanche noi. La tragedia dinoi ebrei è che non ci siamo maisentiti a casa. Dopo 65 anni inIsraele non ci sentiamo ancora a

Un incontro a Pordenonelegge con la studiosa dell’«istituzionefamiglia», in Italia per presentare il libro «L’amore a distanza»,

scritto con il marito Ulrich Beck. «Il rispetto e l’onore, che governanole transazioni e gli equilibri di tanta parte del Sud del mondo, sono stati

smarriti nella sfrenatezza individualistica della nostra civiltà»

ELISABETH BECK

Iparadossisentimentali

KEITH HARING,«UNTITLED»;SOPRA,RITRATTODI ELISABETHBECKGERNSCHEIM;SOTTO, DAVIDGROSSMAN

Page 11: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 11

Roberto Ciccarelli

La settima edizione del Fe-stival del diritto a Piacen-za (da domani fino al 28) è

fondato su due concetti ricor-renti nella riflessione politica egiuridica del suo direttore scien-tifico, Stefano Rodotà: la parteci-pazione e l’esclusione. Promos-so dal Comune di Piacenza,l’Università Cattolica del SacroCuore, il Politecnico di Milano ela Fondazione di Piacenza e Vi-gevano, quest’anno il festivalpropone anche una riflessionesull’autogoverno.

«Partecipazione e autogover-no sono le promesse fondamen-tali della democrazia moder-na», sostiene Rodotà. Pratichelontane da quella teoria della so-vranità dove è l’Uno a decideree a impartire il comando dall’al-to. Uno dei tanti esempi è la go-vernance tecnocratica europeache oggi progetta di attribuiremaggiori poteri alle istituzioniUe sulle finanze pubbliche o ilmercato del lavoro. Non moltodiverso è l’assetto dei poteri al-l’interno degli Stati. In Italia stamaturando una riforma autori-taria del modello parlamentarevigente, in direzione di una pre-sidenzializzazione del sistema.Un modello di governo che ne-ga alla base l’autogoverno dei

cittadini. Su questo punto la de-nuncia di Rodotà è ferma: «Esi-stono dinamiche neoautorita-rie, o comunque una notevolediffidenza, rispetto al dissenso ealle istanze critiche dei cittadi-ni». Quest’anno, assicura Rodo-tà, la riflessione verterà su un’al-tra tradizione della modernitàpolitica: una sovranità orizzon-

tale costruita dal basso con lapartecipazione. E prospetta unordinamento giuridico dove ladecisione è il risultato della vo-lontà dei consociati ed è in gra-do di rispondere ai loro bisogni.Da questa tradizione dell’auto-governo è nata la democraziadei consigli operai, quella deiSoviet, e i tentativi di rivoluzio-ne sociale più o meno riuscitinel corso del Novecento. Anco-ra oggi questa tradizione nutrel’immaginario, e le pratiche po-litiche, dei movimenti sociali.

Rodotà preferisce rileggerequesta vicenda all’interno del-lo Stato costituzionale di dirit-to: «Oggi la democrazia è diven-

tata una forma di legittimazio-ne complessiva dell’ordine manon può ridursi a un momentoelettorale – sostiene – Essa sirinnova attraverso la garanziadei diritti sociali, il libero asso-ciazionismo, la riorganizzazio-ne degli apparati statali secon-do principi antiautoritari, la fio-ritura di nuovi diritti civili han-no allargato e arricchito la no-zione di cittadinanza». È ciòche il giurista definisce «cittadi-nanza attiva».

Questa impostazione caratte-rizza anche i temi del festival.Nell’incontro Europa, lasciamientrare! previsto sabato alle 15all’Auditorium Sant’Ilario si par-lerà del diritto alla cittadinanzadei migranti e la loro inclusionereale nel continente della «For-tezza Europa». C’è anche il di-scorso sui diritti sociali a garan-zia del lavoro, tema rovente neigiorni delle polemiche sul JobsAct voluto da Renzi. Ne parle-ranno il 28 Maurizio Landini,Umberto Romagnoli e Tito Boe-ri nel salone Gotico dalle 12. Lapartecipazione, e l’esclusione,cioè il «diritto alla città», rappre-senta un problema per gli archi-tetti, i territorialisti e gli urbani-sti. Se ne parlerà venerdì 26 al-l’associazione Amici dell’Arte.

Al sesto anno della crisi, on ilrafforzamento dei poteri vertica-

li della finanza, sul tavolo c’è ilproblema del divorzio tra «de-mocrazia e capitalismo». Per Ro-dotà è ormai accertata «unadrammatica crisi di legittimitàdella democrazia». Una crisiche non può essere risolta ricor-rendo «a una forma di sempli-ficazione autoritaria dellacomplessità». «È pericoloso,ma anche perdente» ribadi-sce. Un punto di vista espostopiù volte commentando le ri-forme costituzionali volutedal governo Renzi.

Per riassicurare un equilibriotra gubernaculum e iurisdictio,aggiunge, «bisogna recuperareuna forte cultura costituzionaleche dovrebbe nutrire una capa-cità di iniziativa politica capacedi confrontarsi con le trasfor-mazioni sociali in atto». Rodotàrivolge un coraggioso invito alpubblico del festival piacenti-no. Considerare il «rifiuto delladelega», «il volersi esprimere inprima persona» come l’occasio-ne per rilanciare una democra-zia radicale (o «diretta»). «Masenza contrapporre la democra-zia diretta a quella rappresenta-tiva» precisa. In sintesi, eccospiegato il laboratorio teoricodi Rodotà.

Oltre alle tavole rotonde, allelezioni e ai dibattiti, l’edizionedi quest’anno del Festival del di-ritto prevede il coinvolgimentodi scuole e associazioni di volon-tariato. Annunciata la partecipa-zione del presidente del SenatoPiero Grasso, del ministro deiBeni culturali Dario Franceschi-ni e Giovanni Canzio, presiden-te della Corte d’Appello di Mila-no. Per le informazioni: www.fe-stivaldiritto.it.

Anna Maria Merlo

Niki de Saint Phalle accogliei visitatori al Grand Palaiscon la carabina puntata: è

la fotografia di una performancedei Tiri, iniziati nel ’61, dove l’arti-sta, discendente di una famigliaaristocratica francese, mannequinper Vogue e Harper’s Bazaar, spa-ra contro un’opera per colpireuna visione tradizionale dell’arte,un’idea di religione, la società pa-

triarcale, la situazione politica, leingiustizie. Il colore cola sotto lepallottole, ma il gesto è controlla-to, come in un dripping di Pol-lock, la violenza si trasmette attra-verso il gioco.

La dialettica tra violenza e aspet-to gioioso è anche la caratteristicadelle opere più famose di questaartista franco-americana, nota so-prattutto per le Nana, a cui a dodi-ci anni dalla morte il Grand Palaisdedica la prima grande esposizio-ne in Francia (fino al 2 febbraio2015), con un percorso cronologi-co e tematico attraverso centoset-tantacinque opere. Una mostrache rappresenta una scoperta dimolti aspetti della produzione diquella che la curatrice, CamilleMorineau, definisce senza incer-tezze «la prima grande artista fem-minista del XX secolo».

Niki de Saint Phalle è stataun’autodidatta. Cominciò a dipin-gere all’inizio degli anni ’50, tra Pa-rigi e New York (dove visse per uncerto periodo con il primo marito,lo scrittore Harry Mathews, che ab-bandonerà per l’artista Jean Tin-guely, lasciandogli anche la curadei figli), sempre a contatto con leavanguardie delle due sponde del-l’Atlantico. Fu proprio vedendouno dei Tiri che il critico Pierre Re-stany propose a Niki de Saint Phal-

le di far parte del Nouveau Réali-sme, unica donna del gruppo.

Anche il quadro tradizionale,benché preso a fucilate e costruitocon rilievi, risultava angusto per leribellioni di Niki de Saint Phalle.La donna diventò ben presto il sog-getto prediletto: sono i grandi per-sonaggi dei corpi femminili, le Ma-riées (Spose) sculture di assembla-ge costruite con un’accumulazio-ne di oggetti simbolici e coloratedi bianco su pizzi rappresi, i Particon dei bambolotti che vengonoalla vita, le Dee, le Prostitute, leStreghe. Giocattoli di plastica, ra-gni che spuntano, ma anche armicome simbolo del potere maschi-le, oggetti vari, quotidiani e oniri-ci, compongono questi corpi gi-

ganteschi che, venati di ironia, do-nano potere alla donna. «Avevo de-ciso di diventare un’eroina – haraccontato in una delle numeroseinterviste, alcune delle quali sonoritrasmesse nel percorso della mo-stra – Chi sarei stata? GeorgeSand? Giovanna d’Arco? Napoleo-ne in gonna?». L’importante è farsapere a Mummy, la madre checompare nel terribile film Daddy(che evoca tardivamente il doloro-so incesto subìto nell’infanzia):«Madre mia, non vi assomiglierò.Avete accettato ciò che vi era statotrasmesso dai vostri genitori: la re-ligione, i ruoli maschile e femmini-le, le idee sulla società e la sicurez-za». Invece «io passerò la vita a far-mi domande, mi innamorerò del

punto interrogativo».Le Nana colorate, gioiose e po-

tenti sono l’espressione di un fem-minismo sorridente, individuali-sta (l’artista non militerà nei movi-menti): «Voglio essere superiore:avere i privilegi degli uomini e inpiù conservare quelli della femmi-nilità, continuando a portare deibei cappelli». Le Nana si ingiganti-ranno fino a diventare delle Na-na-case, come la monumentale eprovocatoria Hon, costruita per ilmuseo di Stoccolma, dove si puòentrare dalla vagina (di cui resta-no la maquette, alcuni disegni eimmagini). «Le mie sculture rap-presentano il mondo della donnaamplificata, la follia di grandezzadelle donne...». Ma nulla è certoper Niki de Saint Phalle: dopo le al-legre Nana (un insieme è, peresempio, un omaggio alla Danzadi Matisse), arrivano le Madri divo-ratrici, grottesche, terrorizzanti,castranti, l’altra faccia del potere.

L’opera di Niki de Saint Phalle èanche direttamente politica, impe-gnata. Il Nana Power evoca ilBlack Power (alcune Nana sononere). In King Kong, un’opera del’63, gli uomini politici del momen-to, da De Gaulle a Kennedy o Khru-tchev sono trasformati in bassori-lievi su un campo di rovine, dovetutto è bombardato e il sole guar-da dall’alto, facendo linguacce allingua al mondo. In Global War-ning ci sono già i temi ecologici.Un Altare dorato evoca i criminidell’Oas in Algeria. Bush padre èper Niki de Saint Phalle l’«idiotamegalomane» che compare in al-cune opere con tutti i simboli, daidollari al capello da cow boy.

Niki de Saint Phalle è stata fra leprime artiste ad affrontare il dram-ma dell’Aids (un cranio monu-mentale è esposto contemporane-amente al Centquatre-Paris). Co-me Warhol, sapeva maneggiare imedia e desiderava realizzareun’arte popolare: in particolare, inItalia, lavorò per una ventina di an-ni alla costruzione dell’immaginifi-co Giardino dei tarocchi, vicino aCapalbio, un parco di 22 sculturemonumentali, che si ispira allo sti-le del catalano Gaudi.

CULTURE

Sono numerosissimi gli esempiletterari che punteggiano la suaricerca sociologica, etnograficae antropologica. Si impara moltodal romanzo di Mohsin Hamid «Ilfondamentalista riluttante», nonsolo rispetto allo scontro di civil-tà e all’«inversione biografica» dicui lei parla nel libro, ma ancherispetto alla relazione del prota-gonista con la ricca e fragile ra-gazza americana di cui si inna-mora. Zygmunt Bauman sostie-ne nella sua ultima opera «Lascienza della libertà» che la let-teratura è una sorella della so-ciologia. Può essere preziosaperché le permette di coglierequegli elementi dell’esperienzasoggettiva che sono costitutividel nostro essere nel mondo eche finirebbero altrimenti nel di-menticatoio qualora ci si limitas-se ad analisi quantitative pun-tuali quanto aride. È d’accordocon lui?

Certamente. Infatti, fin dal primocapitolo, puntello il mio studiomenzionando tre romanzi che so-no diventati dei best-seller e cherendono più vivido il mio discor-so. Il primo, di Marina Lewycka,che riprendo poi nel quinto capito-lo per parlare delle migranti checercano marito in paesi più fortu-nati, rende con evidenza sensibile«l’altra faccia della luna» dell’emi-grazione femminile, volitiva e rapa-ce, attraverso la storia di una bellis-sima donna ucraina di 36 anni chesposa un inglese ottantaquattren-ne e ricorrendo alle sue affilate ar-mi di seduzione lo spreme comeun limone finché il suo patrimo-nio si esaurisce e con esso finisceanche il matrimonio.

Il secondo, di Betty Mahmoody,è la storia autobiografica di unadonna del nordamerica che sposaun iraniano e si lascia convincereda lui a seguirlo nel suo paesed’origine con la figlia per ritrovarvi-si sequestrata, defraudata di qua-lunque libertà d’espressione, fin-ché dopo un anno e mezzo nonriesce a fuggire e a ridare così a sée alla figlia la libertà. È molto im-portante cogliere il punto di vista,le percezioni e le emozioni di chivive una situazione e senza narrar-ne la storia tutto questo ovviamen-te non è possibile.

Nel terzo romanzo menzionatopredomina l’umorismo che scatu-risce dal confronto-scontro fra lagioiosa tendenza all’improvvisa-zione degli italiani e il rigore talvol-ta un po’ cupo dei tedeschi. Pensoche anche il cinema rivesta un ruo-lo importante nel rendere «carne esangue» le trasformazioni in atto.Parlo anche del libro trasposto nelfilm Lost in Translation dove perla protagonista si alternano, alladomanda «sposarsi, sì o no?», la ri-sposta polacca, di ripulsa, e quellaamericana, di accettazione.

In questa metamorfosi che stia-mo vivendo, le nostre ambivalen-ze si accresceranno, ma alla finesperiamo prevalgano risposte cherendano migliori le nostre vite co-muni.

RASSEGNE · La settima edizione del Festival del diritto a Piacenza

Quando l’autogoverno è possibile.In cammino verso la partecipazione

Un percorso artisticoche rende tangibilela dialettica (creativa)fra la violenzae gli aspetti giocosi

casa. Tutta l’energia che si spre-ca cercando di impersonare ‘ilnemico’ ci depriva delle risorsepiù preziose. Le persone diventa-no agenti di odio e di violenza,poiché se getto un’ombra suqualcuno lui la getterà su di me.Manca il senso di benessere, di fi-ducia che si prova quando si puòchiudere la porta e sentirsi al si-curo. Vorrei che gli ebrei immagi-nassero un futuro senza paura,in cui saranno accettati da tuttoil mondo».

Massimo Recalcati ha invececatturato l’attenzione del pubbli-co con la sua lectio su L’ora di le-zione, il suo ultimo libro appenauscito. Lo psicoanalista ha rac-contato i suoi fallimenti da stu-dente bocciato non solo in secon-da superiore ma perfino in se-conda elementare, la vergognache provava per il disonore chearrecava alla sua famiglia, ma an-che la ripulsa non tanto per il sa-

pere quanto per una maestra sa-dica al punto di punire i bambinifacendoli restare per tre minuticon le mani sotto la neve, quan-do nevicava, o escogitando altretrovate crudeli. Era stato necessa-rio l’incontro con una insegnan-te così innamorata del sapere dariuscire a contagiare i suoi alun-ni e per lui era iniziata una nuo-va vita meravigliosa. Da alloranon ha più smesso di studiare edi insegnare.

L’unico modo efficace di inse-gnare non è travasare conoscen-ze in teste vuote per riempirle,ma produrre un vuoto nelle loroteste, accendendovi il desideriodi inseguire il sapere che non ètrasmissibile, che al sapere sfug-ge e che lo attraversa, ciò chenon si può dire, il mistero dellavita, della morte, del sesso. Ren-dendo il libro un oggetto eroticocome il corpo della persona ama-ta, capace di schiudere mondi.

La riflessione politicae giuridica sullasovranità dal bassosecondo il direttoreStefano Rodotà

MOSTRE · Al Grand Palais di Parigi, l’esposizione dedicata a Niki de Saint de Phalle

La follia del corpo femminile

«NIKI DE SAINT PHALLE EN TRAIN DE VISER», 1972 /© PETER WHITEHEAD

CORRAINI Dal 27 settembre al 9 novembre, Palazzo Pigorini accoglierà unamostra per raccontare la quarantennale avventura di Corraini Edizioni. Le stanzesaranno utilizzate come se fossero i divdersi capitoli di un libro. Sfileranno gli artisti(Pistoletto, Jim Dine, Ceroli, Munari, Mari, Fioroni), il design, le grafiche, gli albi perbambini, gli illustratori (Maggioni, Guarnaccia, Gilberti, Miura, Suzy Lee).

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pagina 12 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

VISIONI

Giulia D’Agnolo VallanNEW YORK

Qualche americano a Parigi. Ilmilieu ricorda gli «espatriati»Hemingway e Fitzgerald con

un po’ del tardo Woody Allen. Ma ipersonaggi –giovani, belli, «seri» e be-nestanti - il loro fraseggio, il modo incui vengono tratteggiati a tocchi brevisicuri, sullo sfondo della città, quel lo-ro essere quasi cocciutamente fuoridal tempo è puro Whit Stillman. Unaragazza del Sud trattata male dal boy-friend francese, un ragazzo waspissi-mo torturato da una fidanzata, unagiornalista di moda, un party boy chesi chiama Fritz…il regista di Damselsin Distress (2011) e del miliare Metro-politan (1990) torna in Europa (doveaveva girato Barcelona) con una nuo-va commedia di maniere, prodotta daAmazon Studios, The Cosmopolitans,con Chloe Sevigny, Adam Brody eAdriano Giannini. Per ora in rete c’èsolo l’episodio pilota, in cui Stillmangetta le basi del suo nuovo, elegante,microcosmo socio-esistenziale. Lo ab-biamo raggiunto a Parigi per questa in-tervista.

È stata tua l’idea o di Amazon?Amazon mi ha contattato perché vo-

levano una serie ambientata a Parigi.Credo intendessero comprare unamia vecchia sceneggiatura. Avendovissuto a Parigi per nove anni avevomoltissimo materiale, quindi ho prefe-rito scrivere una storia originale. Equesta mi sembrava molto adatta al lo-ro formato, con i due personaggi, Au-brey e Hal, che hanno il cuore spezza-to, il folle europeo Fritz, che li risuc-chia nel turbine della sua vita socia-le…Ho sempre voluto fare un film inti-tolato Cuori infranti.

Quanto ci hai messo della tua vita aParigi? E quanto di Fitzgerald, che èuno dei tuoi scrittori preferiti?Riflette molto da vicino la mia espe-

rienza personale –anche se con dellevariazioni. Avendo poco preavviso, ciè stato impossibile trovare un apparta-mento adatto alla scena del party.Quindi siamo finiti a girarla in un pa-lazzo che solitamente affittano permatrimoni e ricevimenti. Così sembra-no tutti molto più ricchi. Fitzgerald èuno scrittore che adoro, ma credo cheil suo romanticismo vada condito dihumor. Se no diventa troppo triste,senza speranza

Come descriveresti l’evoluzione trai debuttanti della Park Avenue a ca-vallo tra anni ottanta e novanta, chehai raccontato in Metropolitan,e icosmopolitans?Non c’è stata nessuna evoluzionePerché pensi che siano rilevanti perla cultura del 99%?Non credo che l’umanità degli indi-

vidui sia definita dal loro posto nellascala sociale. E poi perché i miei perso-naggi frequentano feste di ricchi nonsignifica che siano ricchi. Persino quel-li che danno feste sontuose non sonosempre quello che sembrano (comespero di rivelare in un futuro episodio)

Hai sempre avuto un certo gustoper l’anacronismo. Vedi The Cosm-politans come un antidoto a Girls?Credo che alcuni di noi siano genui-

namente anacronistici, a prescindereda quello che stanno facendo gli al-tri. Fino a che il pendolo della cultu-ra non oscillerà in direzione oppostae allora saranno gli altri a essere ana-cronistici.

Da dove viene il personaggio italia-no?Nel gruppo c’era un parigino di

un’altra nazionalità, molto mondanoma anche molto ironico. Inizialmentedoveva essere olandese ma AdrianoGiannini era l’attore che ci piaceva dipiù. Quindi il personaggio è diventato

un italiano, Sandro. Adriano ha un’eti-ca e una conoscenza del mestiere del-l’attore che ammiro molto.

Un pilota come questo è finanziatoda Amazon o sono gli autori che de-vono produrlo?Il nostro pilota è stato interamente

prodotto da Amazon. Credo che duedegli altri siano stati finanziati diversa-mente.

Quanto tempo ti hanno dato per le ri-prese?Abbiamo girato otto giorni. E ce ne

hanno dato uno in più quando abbia-mo deciso di fare un cambiamentonel cast. Il budget non me l’hannomai fatto vedere. Ma, dal punto di vi-sta di un cineasta indipendente, èstata un’esperienza di lusso. È statomolto piacevole girare con un nume-ro di giorni adeguato e una troupeben pagata. Ed è stato interessantemodificare la sceneggiatura «in cor-sa», durante le riprese. Gli executivevolevano più scene con Chloe Sevi-gny. Quindi ho aggiunto quella incui lei e Carrie MacLemore parlanodella guerra civile. Adesso è una del-le mie scene favorite

È cambiato il tuo lavoro con gli atto-ri?Gran parte di quel lavoro per me è

fatto prima di arrivare sul set. E poiogni attore è diverso. Ci sono quelli fintroppo coscienziosi che inseguono ilciak perfetto di uno script che cono-scono fin troppo bene. In questo caso,il giorno extra è stato magnifico per-ché ci ha permesso di movimentareun po’ le cose e quindi e ottenere delleinterpretazioni più spontanee.

Se la serie viene messa in produzio-ne, dove intendi portare la storia?Devo mandare il canovaccio entro

oggi! Una cosa che detesto perché cre-

do che le cose migliori e più frescheemergano quando uno sta scrivendole singole scene. Tutto viene dai perso-naggi. Non dalla trama…. Non so esat-tamente quando arriverà la decisionedi andare aventi o meno. Ma credo siaimminente. Se ci danno il via, realizze-remo almeno altri sei episodi, e cioèl’equivalente di due lungometraggi!

John Milius mi ha detto qualche an-no fa che le serie TV sono il nuovo«grande romanzo americano». Si rife-riva a The Sopranos e Mad Men. Seid’accordo?Interessante. Ricordo quella che cre-

do sia la prima, o comunque una delleprimissime miniserie, quarant’anni fa– The Blue Knight con William Hol-den. E di aver pensato la stessa cosa.Però succede raramente che le serie si-ano a quell’altezza. Se The Cosmopoli-tans continua, vorrei fare qualcosa diveramente nuovo narrativamente par-lando, e ne sto discutendo con Ama-zon. Mi piacerebbe far dimenticare laparola «televisione».

MEDIA · Il colosso web fa un passo avanti verso la dimensione on demand del consumo tv

Presente e futuro sempre più streamingG.D.V.NEW YORK

Una townhouse/fra-thouse di Washingtondove vivono quattro

trafficonissimi senatori repub-blicani, un country club delNew Jersey, Los Angeles deva-stata da un cataclisma miste-rioso, una sitcom famigliareclassica se non fosse per il pa-pà transgender, la Parigi rare-fatta di giovani, benestanti,espatriati americani…Questialcuni degli sfondi su cui èambientata la TV made inAmazon Studios.

Seguendo l’esempio di Net-flix (casa madre dei successidi critica e di pubblico Houseof Cards e Orange Is the NewBlack), il colosso di Jeff Bezosha intrapreso già dall’annoscorso la strada della produ-zione di serie originali. Posso-no essere consumati su qual-siasi schermo, via streaming,da tutti i membri di AmazonPrime (oltre 20 milioni solo inUsa. Quelli di Netflix sono36), che costa 99 dollari all’an-

no e prevede la spedizione gra-tuita di quanto acquistato suAmazon.com. Tra le prime acui è stato dato il via, l’annoscorso, Alpha House, la rispo-sta di Amazon ad House of Car-ds, e una graffiante sitcom po-litica firmata dall’autore Garry

Trudeau (ideò Tanner 88, in-sieme a Robert Altman). Al Fic-tionfest di Roma è appena pas-sato il pilota di The After, scrit-to e diretto da Chris Carter, (ilproduttore di X Files).

La formula è infatti quelladella televisione di qualità, co-

dificata da HBO e adottata an-che da Netflix: registi, attori, esceneggiatori noti, spesso for-mati da anni di lavoro nellescena del cinema indipenden-te, come Whit Stillman (di cuiparliamo qui accanto), DavidGordon Green (regista del pi-lota di Red Oaks, che è prodot-ta da Steven Soderbergh) oJill Soloway (produttrice perHBO di Six Feet Under, e crea-trice del genitore transgenderdi Transparent). Agile, taglien-te, libera di osare più deinetwork ma anche delle retivia cavo istituzionali comeHBO e Showtime, la tv viastreaming aggiunge un altrotassello al ricchissimo mosai-co della fiction Usa.

Rispetto a Netflix, AmazonStudios fa un passo ulterioreverso la dimensione semprepiù «on demand» del consu-mo televisivo. È il pubblicostesso che decide quali serieverranno effettivamente rea-lizzate, scegliendo tra ungruppo di piloti caricati in re-te. Quelli più votati entranoin produzione, gli altri no.

Intervista • Il regista Whit Stillman racconta il suo ultimo lavoro«The Cosmopolitans», pilot per una possibile fiction on line prodotta da Amazon Studios

«C’è molta della miaesperienza in Francia.Se la serie continua,vorrei fare qualcosadi nuovo dal puntodi vista narrativoe far dimenticarela parola televisione»

Americani a Parigicaduti nella «rete»

NELLA FOTO GRANDE IL CASTDI «THE COSMOPOLITANS»,

SOTTO UNA SCENADAL PILOTA DI «RED OAKS»,

A DESTRA UN FRAMEDALLA FICTION TRANSGENDER

«TRANSPARENT»

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Page 13: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 13

MEI · I vent’anni del meeting ma Sangiorgi annuncia «sarà l’ultima edizione»

La battaglia «indie» oggiè tutta sul fronte digitaleStefano Crippa

I l Mei, il Meeting delle Etichet-te Indipendenti compie 20 an-ni e si «regala», il 26, 27 e 28

settembre a Faenza un’edizionericca di eventi live incontri e pre-sentazioni e dove verranno pre-miati gli Afterhours per il remakedel loro storico album del 1997Hai paura del buio? come «mi-glior album indie». Ma sarà an-che la sua ultima edizione, cosìha annunciato Giordano Sangior-gi, il patron artistico della manife-stazione, presentandola a Roma:«Riteniamo si sia chiuso un cicloe che sia necessaria una nuovainiziativa più aperta al mondo. Ènecessario chiudere questa faseperché ci siamo resi conto che laframmentazione in tante iniziati-ve che c’è in Italia non aiuta a farcrescere il pubblico per la musicaindipendente».

Scelta dolorosa ma forse inevi-tabile perché tutta l’industria del-le sette note ha subito un terre-moto negli ultimi anni, e anche ilMei dal 1994 ad oggi si è radical-mente trasformato. Il mercato for-mato da major che lo dominava-no e poi a barcamenarsi le picco-le etichette, con l’avvento del digi-tale ha cambiato le gerarchie so-stituendo gli attori. Di fatto, tuttigli artisti – anche i big- in qualchemodo lavorano in proprio. Da in-dipendenti, appunto..: «È così -conferma Sangiorgi, la manifesta-zione ha subito ogni 4 o 5 annidei cambiamenti, spesso antici-pando qualche volta rincorrendoi tempi. Durante la prima edizio-ne avevamo più richieste di ban-chetti che di palchi su cui suona-re. Di internet non si parlavaquindi il Mei divenne un puntodi riferimento per i circuiti alter-nativi underground: era un dilu-vio di t-shirt, cassette, cd. Oggisiamo al fenomeno opposto, il

prodotto non è più il disco ma il’live’ con l’autopromozione affi-data quasi sempre alla rete. Sia-mo di fronte alla morte della di-scografia indipendente che ha ge-nerato un grande sviluppo dellaproduzione indipendente. Tant’èche oggi il made in Italy con laglobalizzazione è tutto indipen-dente, ed è una grande vittoriadel Mei e di tutti coloro che han-no operato nella filiera indie an-che a discapito della major chevent’anni fa le osteggiavano. Oraquesto know how è a vantaggioanche dei big italiani diventatinei fatti indipendenti».

Molta miopia l’hanno dimo-strata i grandi gruppi discografi-

ci, non comprendendo per tem-po la portata della rivoluzione...:«Una miopia generale, va ricono-sciuto. Anche il mercato indie hacommesso una leggerezza nontrasformando in digitale tutto unpatrimonio musicale degli ultimivent’anni. Nel 2001 come Mei - aitempi di Vitamic - tentammo dicreare attraverso un portale, Vola-re, una sorta di aggregazione diproduzioni indipendenti. C’eraanche la disponibilità della disco-teca di stato di darci materiale de-gli anni ’70 riversato su digitale.Ma non se ne è fatto nulla. Ormaiil disco è destinato a diventaremateriale per presentazioni o pernicchie come è oggi la produzio-ne del vinile».

La tecnologia corre veloce e og-gi anche l’Mp3 su cui tutti punta-vano in realtà è stato già superato

dallo streaming. L’operazione Ap-ple-U2 in qualche modo ha sanci-to che la discografia tradizionaleè ormai nei fatti surclassata dainuovi colossi web, il «dispositivo»sopravanza il contenuto, ovverola musica...: «La battaglia è pro-prio sul digitale. Lo sanno benissi-mo quelli di YouTube che hannoproposto qualche mese fa queicontratti capestro che se non ac-cettati, avrebbero visto cancellatitutti i video indie dalla piattafor-ma. È un serio ammonimento,perché se i gruppi indipendenti -che pure fatturano cifre non indif-ferenti - non si coalizzano rischia-no di perdere questa guerra. An-che la vicenda degli editori con-tro Amazon, come è successo inFrancia recentemente, deve in-durci a delle serie riflessioni. Senon si trovano delle opportunitàalternative si finirà in mano a set-te otto monopolisti che alla fine tiuccideranno». È la grande «con-traddizione» della globalizzazio-ne: «Negli ultimi vent’anni con fa-tica, gli indipendenti erano riusci-ti a conquistarsi un 25% del mer-cato grazie al supporto fisico, enon solo nel campo musicale atrarne beneficio sono stati cine-ma e dell’editoria».

L’edizione 2014 «finale» delMei è nel segno di Freak Antoni,il leader degli Skiantos morto afebbraio: «Lui è stato il più indi-pendente di qualunque altro indi-pendente. Un amico personale esoprattutto del Mei dove è venu-to sempre. Lo ricorderemo conuna serie di iniziative: presenta-zioni di novità e ristampe riguar-danti gli Skiantos e lanceremouna raccolta fondi attraversoun’asta di cimeli a lui dedicataper allestire una mostra». Il futu-ro del dopo Mei: «Non c’è ancorauna idea concreta, ma vorremmomettere insieme le menti miglioridel settore. Ci proviamo».

Arianna Di Genova

C’era una volta la poesiadadaista Toto-vaca cheTristan Tzara si divertì a

declamare, ricreando in propriole assonanze maori. Poi arrivò Jo-an Mirò ad illustrare quei suoniastrusi. E il cerchio non si chiuselì: quasi cent’anni dopo, AkramKhan e Israel Galván hanno deci-so di riportarla in vita quella poe-sia giocosa piena di allitterazionisconosciute. Semplicemente bal-landola e prendendola comespunto. Reinventando un ritmocorporeo da sovrapporre a quelprincipio solo fonetico. Passi alposto di parole, questa volta ispi-rati ad animali sacri.

Torobaka, cui Romaeuropa fe-stival affida l’apertura della29/ma edizione (da stasera e fi-no al 26, all’Auditorium dellaConciliazione), è la nuova creaio-ne coreografica che vede la colla-borazione, inedita, di due iconedella danza contemporanea. Sulpalco romano si intreccerannole figure del solitario flamenco diGalván con le movenze narranti

storie di dei ed eroi del kathakreinterpretato da Khan. Duemondi che si incontrano e scar-dinano lo scrigno dove sono ri-posti i loro segreti (le radici, latradizione) per permettere aglispettatori più giovani di dareuna sbirciatina, attraverso unaserie di workshop che accompa-gneranno il «pezzo».

Una componente centrale deldialogo con il pubblico è la musi-

ca dal vivo – eseguita da David,Azurza, Bobote, Christine Le-boutte, Manjunath, BernhardSchimpelsberger – che, nella suamiscela, coinvolgerà anche i duedanzatori sulla scena.

La nuova parola coniata Toro-baka riconduce agli animali sa-cri e simbolici di due culture (iltoro per la Spagna e la vacca perl’India) e la fusione dei due mon-di rotola fra i piedi degli artisti.Dovranno «raccontare» le miste-riose assonanze e le trasforma-zioni in corso. «Galván mi haaperto gli occhi sulle possibilitàinfinite del flamenco, come sipuò decostruire, ricrearlo perdar vita a nuove narrazioni», di-ce Akram Khan, il danzatore in-glese con origini bengalesi che atredici anni era già nel cast delMahabharata di Peter Brook.

«Ci sono dei veleni che hannola capacità di guarire... Il kathakè uno di questi, io ormai ce l’hodentro la mia pelle», incalza Gal-ván, riconoscendo a Khan unaproprietà demiurgica. Il set èl’arena delle corride e le stradedove si aggirano le mucche in-toccabili. Difficile schivare tuttiquesti segni «celesti», meglio im-pregnarli della terra, mimandofughe improvvise, passi antichi erepentini confronti serrati sulpalco.

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Il 21 ottobre saranno trent’anni dalla morte di uno dei maestridel cinema francese, François Truffaut. La Cineteca di Bolognainaugura la nuova stagione del suo progetto distributivo «Il Cine-ma Ritrovato» - che riporta nelle sale cinematografiche in sala iclassici restaurati, sostenuto dal Gruppo Unipol - proprio con ilsuo film d’esordio «I 400 colpi». Da domani tornerà nei cinemaitaliani, distribuita dalla Cineteca di Bologna in collaborazionecon BIM, la versione restaurata da Mk2 del film con cui il 27en-ne François Truffaut conquistava il premio per la Miglior regia alFestival di Cannes del 1959: film manifesto della Nouvelle Va-gue che rivelò la modernità e il talento unico del suo autore e diun adolescente, Jean-Pierre Léaud.

ROMAEUROPA FESTIVAL · Si apre stasera con «Torobaka» di Khan e Galván

La danza giocosa degli animali sacrial ritmo del flamenco e del kathak

VISIONI

Stanno nascosti negli spazi di unmercato di paese o di città, si affac-ciano su una strada di campagna,

guardano il mare o le montagne davantia loro. Aspettano il viaggiatore, lo stranie-ro, perché sanno che lui spera di incon-trarli. Per trovarli ha una buona traccia: iprofumi mandati in cielo da una cucinanella maggior parte dei casi all’aperto, oricavata dentro spazi modestissimi.

E quando i profumi si fanno più forti,la loro attrazione irresistibile, allora lui,il viaggiatore, lo straniero, sa di essere ar-rivato a destinazione: chioschi, forni,bancarelle, capanni, furgoni attrezzati,carretti, dentro cui, da sempre, si cele-bra il rito del cibo di strada. Dimentica-to per troppo tempo, più probabilmen-te snobbato, da guru e sotto guru dellagastronomia, oggi il cibo di strada sta co-noscendo nuova vita e giusti meriti. Per-ché non è solo questione di palato. È sto-

ria, tradizione, quotidianità della gentedi tutto il mondo. Tornando al viaggiato-re, allo straniero, in Toscana, sceglieràlampredotto bollito e trippa alla fiorenti-na; in Liguria fugassa (focaccia) con for-maggio, con pesto, con acciughe; in Ro-magna piadina e crescioni, pesce frittoal cono, tortello nella lastra; a Napoli ca-drà nella golosa trappola del Mangia-maccheroni; mentre in Sicilia diventeràseguace convinto del Pani ca’meusa, de-gli sfincioni, delle arancine di riso.

E spingendosi più lontano, ad esem-pio nel Maghreb, come saprà resistere acous cous e tajine; come potrà non cede-re, in Messico, a tacos (quelli veri, non dabar giovanilista) e burritos; in Argentina

all’empanada criolla, in India al pakora eal biriani? Ci vorrebbero molti viaggi perprovare tutto il cibo di strada del pianeta.E invece ne basta uno, dal 3 al 5 ottobre,a Cesena.

Meta da raggiungere l’ottava edizionedel Festival Internazionale, dedicata, ap-punto, al cibo di strada. Ogni due anni,tra le vie del centro storico, spuntanouna ventina di isole gastronomiche, do-ve regnano cuochi italiani e stranieri, ma-estri di capolavori da divorare cammi-nando, oppure da consumare con calmaa un tavolo. La lista delle regioni della no-stra penisola e dei Paesi è lunga. Curiosesaranno di certo le esperienze in Giappo-ne, Kurdistan e Romania. Fonte di ap-

prendimento arriverà grazie alle OfficineGastronomiche, affidate alla direzionedel giornalista Vittorio Castellani, in arteChef Kumalè, eteronimo simil arabo –piemontese traducibile in ‘Chef Comeva?/Come stai?’.

Giamaica, Mauritius, Antille, India, cia-scuna con un piatto molto particolare,sono le mete che Chef Kumalè ha scel-to. Tra un boccone e l’altro, il Festival of-frirà musica, teatro di strada, talk food,incontri. Nessun biglietto per entrare, einvece (consiglio nostro) un buon postoper dormire: Bed & Breakfast Armonie,piazzetta Isei 24, 0547/26018,338/5073590, 335/6304912, la doppia59/68 . Centralissimo, silenzioso, acco-gliente. La prima colazione è pensataanche per celiaci, vegetariani e cultoridel biologico. Info sul festival: cibodi-strada.com.

[email protected]

TRUFFAUT · «400 colpi» restaurato in sala

IN SCENA · Il «Cemento» cola sul Giardino di Monk

SanaMente

Cucine a cielo aperto. Lunga vita allo street foodLuciano Del Sette

UN MOMENTODELL’EDIZIONE 2013DEL MEI A FAENZA

BRYAN SINGERIl regista dirigerà il sequel «X-Men: Apocalypse» dopo aver firmato i primi tre capitoli dellaserie. Una regia messa in stand by dagli studios, dopo la denuncia per molestie sessualimossa ad aprile da Michael Egan, querela fatta cadere lo scorso agosto. La sceneggiaturadel film, uscita probabile nelle sale maggio 2016, sarà firmata da Simon Kinberg.

«Se non facciamofronte comunecontro i colossidella rete verremoalla fine schiacciati»

Il 27 settembre presso «Il giardino di Monk» a Roma si terrà lo spettacolo«Cemento» della coreografa Alessia Gatta per la compagnia Ritmi Sotter-ranei, che nasce dall’idea di far dialogare insieme artisti con linguaggidifferenti. «Cemento» è una produzione del 2011 che contamina hip hope danza contemporanea (su musiche di Alva Noto e pezzi originali di Fede-rica Italiano, performer in scena Alessia Gatta, Eleonora Colasanti, GiglioGioia, Marco Grossi, Viola Pantano, Gioele Coccia, Giacomo Sabellico).La materia pesante a cui si fa riferimento nel titolo finisce per rappresen-tare la possibilità di organizzare il caos, è un principio razionale e geome-trico a cui il corpo cerca di sottrarsi. È una «misura» dello spazio: il palcodel teatro diventa così un luogo da scoprire, un rifugio in cui nascondersi,un’immagine di fuga, una resistenza alle oppressioni e una perenne ricom-posizione di quelle spinte centrifughe verso l’altrove. Cielo e terra, volo eancoraggio. Ritmi Sotterranei tornerà nella capitale anche il 9 ottobrepresso il Teatro Greco, con «Weltflucht», liberamente ispirato alla poesia«Verso di me» della scrittrice tedesca Else Lasker-Schüler. Qui gli spaziridotti e i giardini verticali mobili costringeranno i danzatori a trovare imovimenti per liberarsi non soltanto dalle costrizioni esterne, ma soprat-tutto da quelle interiori.

Page 14: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 14 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

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Letteradi un pensionatoa Matteo Renzi

«Tasse, in Francia sarei felice»CAMPANIAMercoledì 24 settembre, ore 9NORD AFRICA Si svolge in questi giorni ilconvegno internazionale «North Africa Transi-tion and emerging actors. Berber Movements,gender Mobility and Social Activism» (22-26settembre). Il convegno si propone di esplorarei cambiamenti intervenuti nei paesi del NordAfrica nei tre anni successivi alle primaverearabe, soprattutto in riferimento a tre temati-che di particolare interesse: la nuova questio-ne berbera, l’associazionismo e il riposiziona-mento dei rapporti di genere, con particolareriferimento alla maggiore visibilità e mobilitàfemminile. Alla questione berbera sarà dedica-ta la giornata di chiusura del convegno, il 26settembre, che vedrà tra gli oratori l’ambascia-tore del Marocco, Hassan Abouyoub, e il Retto-re dell’Ircam di Rabat, Ahmed Boukous. Ledocenti organizzatrici sono Anna Maria Di Tol-la, professore di Lingua e letteratura berberaed Ersilia Francesca, professore di Storia Con-temporanea dell’Economia del Medio Oriente eNord Africa. Info: 0816909171■ Palazzo Du Mesnil, via Chiatamone62, Napoli

LAZIOGiovedì 25 settembre, ore 11.30EDITORIA E PLURALISMO Nella sala stam-pa di Montecitorio, presentazione dell’«Appelloa tutela del pluralismo e dell’editoria nazionalee locale». Un’occasione per sensibilizzare ilParlamento e il Governo sull’assoluta urgenzadi un intervento e per raccontare, all’opinionepubblica, perché sia importante sostenerel’editoria locale ed il lavoro giornalistico profes-sionale nel quadro di urgenti progetti di rifor-ma dell’intero settore editoriale. L’iniziativa èorganizzata dall’Alleanza delle CooperativeItaliane Comunicazione, insieme a Fnsi, Media-coop, File, Fisc, Assoc. Articolo 21, Anso, Uspi,SLC-Cgil.■ Roma

Giovedì 25 settembre, ore 17.30PALESTINA Incontro sulla Palestina per parla-re della drammatica situazione e per promuove-re la manifestazione nazionale promossa dallecomunità palestinesi in Italia. Parteciperà You-sef Salman, portavoce in Italia della MezzalunaRossa palestinese; Stephanie Westbrook, dellacampagna BDS Italia, appena rientrata dallaPalestina dove si è recata con i movimenti perl'acqua pubblica per sostenere la campagnacontro l'accordo Acea-Mekorot; Fabio Amato,della segreteria nazionale di Rifondazione eresponsabile nazionale Esteri, in collegamentoskype dalla Palestina.■ Circolo P.R.C. Tiburtino «E. D'Onofrio»,via Grotta di Gregna, 48a, Roma

SICILIAGiovedì 25 settembreFESTIVAL LAMPEDUSA Dal 25 al 30 Set-tembre, l’isola più a sud d’Europa sarà il palco-scenico del LampedusaInFestival, concorsocinematografico su migrazione, piccole comuni-tà, lotte sociali e storie di mare. L'evento, allasua sesta edizione, ha negli anni cercato diaffrontare i vari aspetti della migrazione, sce-gliendo un tema su cui approfondire nellediversi nelle sue edizioni. Molti ospiti internazio-nali: Sadou Bah dell'Autonom Schule Zurich(Scuola Autonoma di Zurigo), progetto gestitoda migranti e cittadini Svizzeri per i newco-mers, Asuquoe Okou Udo e Hannimary Jokinendel gruppo Lampedusa in Hamburg, associazio-ne formata da migranti passati per Lampedusanegli ultimi anni, e il collettivo Cucula, laborato-rio artistico e artigianale creato da rifugiati aBerlino. Molte le compagnie teatrali internazio-nali che metteranno in scena opere sulla migra-zione. Info: www.lampedusainfestival.com■ Lampedusa

Tutti gli appuntamenti:[email protected]

Art. 18 e disinformazionePuntualmente si ritorna arichiedere l’abolizionedell’articolo 18 dello Statutodei Lavoratori, quello cheregola il reintegro dei lavoratorilicenziati, come soluzione(quasi una bacchetta magica)dei problemi dell’economiaitaliana.Purtroppo a richiedernel’abolizione, o una forteriduzione, sono anche degli altiesponenti dell’industria e dellapolitica italiana, che dannol’impressione di non aver mailetto l’articolo 18 dello statutodei lavoratori; perché, se loavessero letto, saprebbero chegià prima della modifica volutadall’ex ministro Fornero circadue anni fa, era possibilelicenziare i lavoratori e lodimostrano i tanti casi deglianni scorsi avvenuti a seguitodella crisi, tanto più che nonera applicabile per le aziendecon meno di 15 dipendenti.Mentre la modifica di due annifa non ha fatto altro cheliberalizzare i licenziamenti,con la causale dei motivieconomici. Come se illicenziamento di un paio didipendenti potesse sollevare lesorti di un’azienda, ma che, inrealtà, non è altro che unasorta di riduzione «selettiva»del personale.Quella in atto in questi giornisembra di più un’operazione didisinformazione e demagogica;di disinformazione perché aforza di parlarne male siinstaura nell’opinione pubblical’idea che l’articolo 18 sia unfreno alla ripresadell’economia e che è giustoeliminarlo. Ma è anche

un’operazione demagogicaperché dimostra l’incapacitàdell’attuale classeimprenditoriale e politica asviluppare seriamentel’economia italiana, dando lacolpa ad altri fattori invece ditrovare le vere cause cheimpediscono lo sviluppodell’economia e quindi lacreazione di nuovi posti dilavoro. E questi personaggidanno l’impressione di queglistudenti che, a seguito di unabocciatura o brutto voto, nonammettono le loro colpe, maaccusano gliinsegnanti,evitando così dimigliorarsi.Infine dimenticano anche didire che in molti stati europeieconomicamente eindustrialmente sviluppati,esistono delle analogheprotezioni dei lavoratori e chenessuno ha mai pensato diabolirle.Giacomo Moretti

Il razzismo negatoSabato sera, nellatrasmissione di rai2 «Sabato

sprint», il signor Italo Cuccinegava con forza che i buu delpubblico rivolti a Zapatadurante la partita Milan-Juvefossero riconducibili alrazzismo. A suo dire solonormali contestazioni dei tifosiverso un giocatore avversario.Ci risiamo. Evidentemente «ilcaso Tavecchio» per alcuninon ha insegnato nulla. C’èsolo da vergognarsi: per quelloche dice e perché lo dice dauna televisione pubblicapagata con i soldi deicontribuenti. Al rispetto delleidee penso che bisognaanteporre il rispetto dellepersone; minimizzare o,peggio, negare sfacciatamentequesti episodi è un modo perlegittimare comportamenti chedovrebbero appartenere alpassato di una società che siritiene civile.Rudi Menin Mira (VE)

Omogenitorialità parzialeHo assistito con moltadelusione alla puntata di«Porta a porta» del 17settembre sul tema della

omogenitorialità, avversatadalla ministra Lorenzin condichiarazioni del tuttoinfondate. Gravi oltretutto perignorare non solo leacquisizioni e le dichiarazionidel mondo scientifico, masoprattutto il riconoscimento,avvenuto da tempo in quasitutte le nazioni occidentali:Francia Spagna, Lussemburgo,Germania, Svezia, Danimarca,Gran Bretagna, Israele, StatiUniti e tante altre. Si pensiche proprio giorni prima horicevuto la foto della mianipotina, ammessa afrequentare la scuola maternapubblica ad Harvard (Boston)insieme a due bimbe dimamme omosessuali, mammeuna bianca e una nera.Ritengo vada sollevata laquestione della nonimparzialità del conduttoreVespa che ha lasciato isolata,perchè in minoranza, lagiovane Francesca Vecchioni,nel confronto coninterpretazioni distorte edoffensive espresse dagliintervenuti sul valore dellagenitorialità, come capacità diamare i minori, prescindendodai sessi. Non imparzialitàanche per la mancatapartecipazione, dato il tema,di un rappresentantedell’Ordine degli psicologi,come preventivamenterichiesto dalla invitataAssociazione FamiglieArcobaleno e comedenunciato in una nota daloro diffusa, al pari dell’Agedo(Associazione genitori figliomosessuali). GiacomoGrippa Lecce

COMMUNITY

Signor presidente Renzi,mi rivolgo a lei, e di riflesso ai direttori dei quotidia-ni per chiederle se fra un gelato alla crema ed unoalla panna, avrà il tempo di spiegarmi alcune sem-plici cose sulla situazione del nostro paese. Premet-to che vivo in Francia da circa quattordici anni e daquattro, dopo la pensione della mia campagna, virisiedo stabilmente. Come lei certamente saprà, vi-vendo esclusivamente del reddito da pensione matu-rata in Italia, assolvo al dovere fiscale pagando leimposte sul reddito al nostro paese. Inoltre lei sa-prà egualmente che debbo comunque presentareregolare dichiarazione dei redditi anche nel paeseche mi ospita. Orbene, al nostro paese, a fronte diun reddito da pensione di 32.859 euro pago unaimposta sul reddito di 8.112 euro e a ciò vannoaggiunti 568 euro per addizionale regionale ed296 euro per addizionale comunale per un totaledi 8.976 per un prelevamento totale pari al27,32% del mio reddito. Dalla dichiarazione deiredditi che sono obbligato a consegnare alla Fran-cia ricavo che se il mio reddito da pensione fossematurato in Francia le mie imposte totali sul reddi-to ammonterebbero a 3.261 pari al 9,93% del mioreddito. Sottolineo che da cittadino residente al-l’estero non posso accedere alla compilazione delmod. 730 e che non posso detrarre alcuna spesa(sanitaria, assicurazione, ecc.) laddove necessariodebbo solo compilare il modello Unico. Per doveredi maggiore informazione vivo in Francia in una ca-sa di proprietà di 56 mq. «francesi» completa digarage per la quale pago imposte pari a 2.157 eu-ro (compresi 131 di canone tv e 94 di smaltimentorifiuti). Ricordo a lei che i «mq. francesi» si riferi-scono alla superficie netta calpestabile ed effettiva-

mente abitabile di un immobile, esclusi armadi amuro, balconi, terrazzi, muri, cantine e parti comu-ni, etc e sono certificati con procedure di legge. Seanalizzo il carico fiscale ufficiale sul Pil dai datiBankitalia del 2012 rilevo che il nostro paese haun carico fiscale pari al 44% contro un carico fisca-le della Francia del 46,9%. Le sottolineo che inFrancia tutti gli immobili sono tassati compresiquelli ecclesiastici, prime case e quant’altro, sonopoi ammesse deroghe per casi particolari (portatoridi handicap, famiglie numerose, etc). Le renditetutte, sia da beni mobili che immobili, sono tassa-te, come logico sia, e in misura che permette dinon gravare sui redditi da lavoro, compreso l’equi-valente dei titoli di stato.Tutto ciò spiega, ai miei occhi, come sia possibile«raddrizzare» i conti del nostro paese e dare davve-ro la scossa necessaria alla nostra economia; nonsi è mai intrapresa quella strada perché occorrereb-be rottamare tutte le guarentigie ecclesiastiche enon, tassare davvero tutti gli immobili, finirla defini-tivamente con gli 8 e i 5 per mille vari e se propriovuole fare una grande riforma ripensi alle cifre so-pra indicate, intanto si aboliscano le regioni e l’art.7 della Costituzione. La finzione dell’abolizione del-le provincie e le modifiche che si intendono appor-tare al Senato della Repubblica sono un insultoalla sua intelligenza.Un deferente saluto nella speranza che non conti-nui a crogiolarsi in un «consenso» da moneta spic-ciola, faccia davvero, anche misure che sembrereb-bero impopolari, ma, che se attuate davvero, rin-vigorirebbero i magri redditi dei nostri concittadi-ni: sarà per lei, questa sì, una vera vittoria.Giovanni Maiorano Nizza (Francia)

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FUORILUOGO

Un’alternativa ai coffeeshopSalvina Rissa

Domattina alla Camera dei deputatisi terrà una conferenza stampa sul-la crisi (finale?) dell’editoria pro-

mossa unitariamente da: Alleanza delle co-operative italiane della comunicazione, Fe-derazione della stampa, Federazione setti-manali cattolici, Federazione dei liberi edi-tori, Associazione stampa online, Unionestampa periodica, Cgil, Articolo 21 e Me-diacoop.

Vuole essere un appello al Governo e alParlamento per salvare il pluralismo del-l’informazione nazionale e locale. Mentre,infatti, si ipotizzano Stati generali del setto-re, riforme più o meno organiche, quaran-ta testate del mondo cooperativo e nonprofit hanno già chiuso i battenti e altri mil-le professionisti hanno perso il posto di la-voro. Innumerevoli volte è stato denuncia-to un simile rischio, dopo i tagli costanti su-biti dal Fondo per l’editoria, pur rivisto ne-gli anni recenti con un’opera di moralizza-zione dei criteri di attribuzione dei contri-buti. Si è passati da 506 milioni di euro del2007 agli attuali 140, comprensivi del debi-to con le Poste e della quota prevista per leconvenzioni della Rai (non poteva il Gover-no tagliare 100 e non 150 milioni all’azien-da pubblica?).

Quindi, ai giornali vanno solo 50 milio-ni, che diverranno sì e no 40 il prossimo an-no. Per arrivare alla linea di galleggiamen-to ne mancano una settantina. Mentre i co-siddetti «Over the top» (Google e i suoigrandi fratelli) prosperano, la carta stampa-ta muore. Il caso recente de l’Unità e quel-lo annunciato di Europa sono le punte del-l’iceberg di una desertificazione allarman-te. La conclamata transizione alla diffusio-ne on line e all’era digitale ha effetti «colla-terali» mostruosi: un cimitero piuttostoche un pranzo di gala.

Ecco, si chiede di vivere, di immaginareil definitivo passaggio alla stagione della re-te come un percorso da governare con sa-pienza; non come una resa incondizionataagli «spiriti animali» del capitalismo. Que-st’ultimo –prima che sia troppo tardi, ciammonisce Thomas Piketty nel suo straor-dinario recente volume - va controllato de-mocraticamente. Qui sta il punto. Se si do-vesse verificare la moria delle testate menoinserite nel «libero» mercato, sarebbe trafit-ta nelle fondamenta la costruzione delloStato moderno. Altro che innovazione.

Senza una pluralità di voci e di espressio-ni culturali vincerebbe un terribile pensie-ro unico, degno del passato più oscuro.

Davanti a simile precipitazione della cri-si è doveroso un immediato interventonormativo, in attesa della riforma. Serveuna normativa aggiornata del sistema deimedia, figlia di una stagione di soggezionealla televisione del conflitto di interessi.

Che senso ha spezzettare l’iniziativa, in-tervenendo – ad esempio - sul canone del-la Rai con un decreto legge (così parrebbe,almeno), lasciando in agonia decine e deci-ne di quotidiani e periodici?

Si riveda una volta per tutte la naturaFondo dell’editoria, trasformandolo in unvero e proprio Fondo per la libertà di infor-mazione, in grado di evitare la caduta agliinferi delle componenti fuori dal coro.

Dove si trovano le risorse? Si guardino ibilanci del settore integrato delle comuni-cazioni e si vedrà che non è così difficile.

E poi, un intervento dello stato –magaria termine- rimane essenziale per contribui-re al rilancio dell’informazione. O si preferi-sce un’Italia via via marginalizzata e senzacultura? Lettrici e lettori stanno diminuen-do pesantemente e un giorno dopo l’altro– come cantava Luigi Tenco - l’editoriaesce di scena, senza neppure lacrime epentimenti da parte di chi dovrebbe parla-re, ma non dice e non decide.

I Cannabis Social Club (Csc) sono sortisu iniziativa di gruppi di consumatori,per produrre collettivamente la canna-bis destinata ad uso personale. L’inizia-tiva è possibile nei paesi in cui la colti-vazione su scala ridotta è equiparataalla detenzione e al consumo di canna-bis (ad uso personale), e tutte questecondotte sono depenalizzate, o comun-que non perseguite in quanto non con-siderate come priorità dell’azione pena-le. Nati in Spagna verso la metà dellascorsa decade, i Csc si sono diffusi indiversi paesi europei. In Belgio, le li-nee guida emanate dal Ministero dellaGiustizia nel 2005 stabiliscono i confi-ni dell’uso personale: non perseguitose la detenzione non supera i 3 gram-mi o se si coltiva una sola pianta.Dal punto di vista dei consumatori, iCsc hanno il merito di proteggere dalle

insidie del mercato clandestino; sulpiano politico, suscitano interesse poi-ché possono costituire una via interme-dia fra la proibizione totale e la legaliz-zazione/commercializzazione su largascala. Per una ragionata valutazionepolitica, è necessaria un’analisi in pro-fondità dell’esperienza, alla ricerca deipunti forza, ma anche delle aree pro-blematiche e delle possibili insidie. E’quanto offre lo studio di Tom Decorte,Cannabis Social Clubs in Belgium: Or-ganizational strenghts and weaknes-ses, and threats to the model, che staper uscire su International Journal of

Drug Policy.In Belgio esistono 6 club, di dimensio-ni assai diverse: si va dai 237 membridi Trekt uw Plant (Tup) di Anversa, ai13 membri di WeedOut di Andenne.Sono aperti ai soli residenti, maggio-renni, che siano già consumatori dicannabis. La quota associativa è di 25euro all’anno per tutti i club. Tra le re-gole principali: il divieto di vendere adaltri la cannabis del Csc; l’obbligo dinon causare disturbo dentro e nellevicinanze del club. La gran parte degliassociati sono consumatori ricreaziona-li ma c’è anche una minoranza che la

usa a fine medico.Quanto alla cura delle piante, in alcuniclub i coltivatori sono membri del circo-lo stesso, in altri sono assunti a con-tratto con regole precise: non possonocoltivare altre piante oltre il numerostabilito e ad ogni pianta deve corri-spondere il nome di un membro delclub. La coltivazione è organica e tuttii club si stanno dotando di certificazio-ne di qualità, compreso l’esatto conte-nuto di Thc. In genere, il raccolto vienedistribuito ogni due, tre mesi. I limiti disostanza consentiti per socio consuma-tore variano molto a seconda del club,

dai 10 ai 30 grammi al mese e così iprezzi (dai 5 agli 8 euro per grammo),destinati a coprire i soli costi di produ-zione, di immagazzinamento e condu-zione del club.Tra i punti forza del modello: la rigoro-sa autoregolamentazione, col divieto divendita ai non soci, è un’alternativadiscreta al modello troppo “visibile”dei coffeeshops e offre ai consumatoriun ruolo attivo di controllo sulla sostan-za. Il problema sta nella mancanza dibase giuridica certa e nell’assenza dicontrolli di legge. Da un lato i Csc so-no esposti al rischio di una recrude-

scenza proibizionista, come accaddenel 2006, quando i membri del Tupfurono accusati di associazione crimi-nale per coltivazione illegale. Dall’al-tro, i club subiscono le pressioni dellanarcocriminalità a produrre su largascala. Stanno così emergendo i “clubombra”, che abusano del marchio diCsc: ad esempio nel 2013 la poliziascoprì che il club Eureca coltivava 60piante, a fronte di soli 16 membri.Conclude l’autore: sarebbe bene defini-re per legge le regole chiave, dal nume-ro massimo di soci, alle procedure diqualità, alla quantità massima di Thc;perché mantenere l’autoregolamenta-zione e l’etica no-profit sotto la spintadella speculazione è difficile, senzaalcun controllo legale.Lo studio di Tom Decorte su www.fuori-luogo.it

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RI-MEDIAMO

Editoria al FondoVincenzo Vita

Page 15: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014 il manifesto pagina 15

COMMUNITY

Una base minimaper nuove alleanze

La battaglia per il reddito minimo puòcostituire l’occasione per aggregare forze,risvegliare energie, cementare un vasto

fronte di lotta attorno a un obiettivo

Una ricorrenza perpromuovere, all'inter-no dell'opinione pub-

blica nazionale, la consapevo-lezza di quell'immane trage-dia, rappresentata dalle stragiche si susseguono nel Medi-terraneo da ormai un quartodi secolo.

Non va mai dimenticato, in-fatti, che prima e dopo quelmaledetto 3 ottobre 2013 sisono ripetuti naufragi e deces-si. Prima, al ritmo di circa 6-7morti per ogni giorno che Diomanda in terra, e dopo - no-nostante la benemerita opera-zione Mare nostrum - ancoracirca 2500, nel corso degli ulti-mi otto mesi. Anche da que-sta ragione, così dolente e cru-dele, e dalla proposta degliabitanti di Lampedusa e delletante associazioni che, di im-migrazione, si occupano quo-tidianamente, nasce il mio di-segno di legge.

Si prevede che la Giornatanazionale per la memoria deimigranti venga dedicata nonsolo al ricordodelle tante vitti-me, ma anchealla riflessionesul diritto inalie-nabile alla libe-ra circolazionedegli esseriumani, alla di-gnità di quanticercano lonta-no dalla pro-pria terra un'op-portunità di vi-ta e di futuro e alla ineludibilenecessità di tutelare i fuggia-schi, i richiedenti asilo, i rifu-giati. Si dispone, inoltre, cheLampedusa - testimone acco-rata e partecipe di tante trage-die del mare - sia sede di unacommemorazione annuale,che trasformi la sofferenza inun impegno attivo e che solle-citi politiche pubbliche ade-guate, affinché quanto è acca-duto non abbia a ripetersi.Un atto simbolico, certo, mariferito a un campo di conflit-ti ideologici e di battaglie cul-turali, dove pregiudizi anti-immigrati e pulsioni xenofo-be tendono ad affermarsi e adiffondersi. E dove, di conse-guenza, anche i gesti a forteintensità emotiva e i messag-gi che trasmettono senso e va-lori giocano un ruolo impor-tante. Tanto più in un paeseche ha dissipato - senza tra-sformarla in identità rivendi-cata e in narrazione condivi-sa - la storia grandiosa e dolo-rosa di decine di milioni di ita-liani che, nel corso di un seco-lo, sono emigrati in tutto ilmondo.

In questa prospettiva laGiornata per la memoria deimigranti può avere una suafunzione. Ed è, dunque, unaprima piccola buona notiziail fatto che, proprio ieri, quel-la proposta è stata assegnataalla Commissione Affari costi-

tuzionali. C'è solo da augurar-si che, alla vigilia dell'anniver-sario del naufragio, il Senatotrovi il passo spedito per ap-provare tempestivamentequella legge. Certo, c'è tuttoil resto da fare ed è qualcosadi enorme. All'indomani del3 ottobre, unitamente al sin-daco di Lampedusa Giusi Ni-colini, abbiamo elaborato unPiano di ammissione umani-taria: una proposta concretis-sima e ragionevolissima perarginare il ripetersi inesorabi-le di quelle morti nel Mediter-raneo.

Il piano è stato presentatoalle più alte cariche dello Sta-to, ai membri del Governoche hanno competenza sullamateria, ai parlamentari ita-liani ed europei, alle principa-li organizzazioni internazio-nali e alle grandi associazioniumanitarie. Questi i punti es-senziali: l'urgenza di una poli-tica comune europea perl'asilo e la necessità di tradur-la in azioni condivise; l'urgen-za di porre fine alla lunga teo-ria di morti nel Mediterraneoe di garantire a migranti e ri-chiedenti asilo viaggi legali esicuri fino al continente euro-peo; l'urgenza di distribuirein maniera più equa e razio-nale l'afflusso di fuggiaschi eprofughi sull'intero territoriodella Ue.

Ciò può esse-re perseguito at-traverso unastrategia di avvi-cinamento/an-ticipazione del-la richiesta diprotezione in-ternazionale inquei paesi dovei movimenti difuggiaschi e pro-fughi si adden-sano e transita-

no (Algeria, Marocco, Tuni-sia, Giordania, Libano, Egit-to); e attraverso un sistema dipresidi assicurato dalla strut-tura del Servizio europeo perl'azione esterna, dalla rete di-plomatico-consolare dei pae-si dell'Unione, dall'Unhcr edalle organizzazioni umanita-rie. Un Piano per l’ammissio-ne umanitaria da affiancareed eventualmente combinaree integrare con altre propo-ste, quale il programma di re-insediamento, i progetti dicorridoio umanitario, le misu-re di ingresso protetto e ricon-giungimento, di cui si discutenel nostro paese e in Europa.

É un piano, ovviamente,che può essere modificato emigliorato, ma di cui pensia-mo sia essenziale ciò che nerappresenta il cuore: ovverol'avvicinamento/anticipazio-ne della richiesta di protezio-ne internazionale nei paesidove ciò sia oggi possibile; ela garanzia di viaggi legali e si-curi che consentano di evita-re quella trappola mortaleche è ormai il cimitero sotto-marino del canale di Sicilia.Realizzare questo piano è cer-tamente un'impresa ardua,ma la sua ragionevolezza e lasua concretezza dovrebberoindurci a farne oggetto di bat-taglia politica. Ne vale la pe-na. Sono in gioco migliaia divite umane.

Come ha scritto Joseph Sti-glitz «Nei ruggenti anni No-vanta, la crescita è aumenta-

ta a livelli per i quali di solito non ba-sta una intera generazione».

A questo salto avrebbe dovutocorrispondere un significativo ac-corciamento della giornata lavorati-va, un'ampia redistribuzione del la-voro. Avviene il contrario. Ai primianni del nuovo millennio operai eimpiegati americani lavoravano inmedia due mesi in più all'anno deiloro corrispettivi europei. Che cosaè accaduto? Il capitalismo america-no non aveva più opposizione, l'an-tagonista storico, l'Urss era crollato,il neoliberismo aveva colonizzatol'intero Occidente, ed esso impone-va le proprie strategie con una liber-tà forse mai posseduta nella sua sto-ria.Per giunta, la rivoluzione infor-matica riproduceva su scala assaipiù ampia il passaggio, realizzatosiin Inghilterra, dalla prima alla se-conda rivoluzione industriale. Allo-ra l'uso del carbone e dell'energia avapore aveva liberato l'impresa daivincoli territoriali che per tutto il'700 avevano costretto le fabbrichetessili a sorgere lungo i fiumi, for-nendole una libertà di espansionesenza precedenti.

Negli Usa comincia l'era, destina-ta a estendersi in tutti i paesi, in cuivengono definitivamente aboliti i li-miti di spazio e tempo delle localiz-zazioni industriali. Nasce "il capita-le-mondo", in grado di porre il sala-rio più misero del pianeta a stan-dard di riferimento per trascinareverso il basso tutti gli altri. Si formail più vasto "esercito di riserva" diforza-lavoro della storia. In Europale residue resistenze sindacali impe-discono l'allungamento dell'orariodi lavoro, ma viene bloccato il pro-cesso di riduzione ed esplode la pra-tica del lavoro precario. Così a unacapacità produttiva del capitale al-l'altezza del nuovo millennio corri-sponde oggi una organizzazione del-la vita e della società che indietreg-gia verso l'800.

1)Tutte le analisi di tendenza og-gi mostrano come la crescita dellaproduttività del lavoro per operadell' avanzamento tecnico-scientifi-co (intelligenza artificiale, robotica,ecc) ridurranno sempre più il ruolodel lavoro vivo, non solo nelle man-sioni ripetitive, ma anche nei servizie nelle professioni. Il capitale finan-ziario trova sempre meno ragioniper investire nelle attività produtti-ve in una fase di rapida obsolescen-za dei prodotti innovativi, di aspracompetizione intercapitalistica, disovraproduzione sistemica, di sta-gnazione tendenziale. Far scarseg-giare il lavoro è una strategia del ca-pitale: indebolisce i lavoratori e limette in reciproca concorrenza, licostringe ad accettare qualsiasi oc-cupazione, emargina il sindacato,pone sotto controllo la dinamica sa-

lariale. Mentre viene ristretta la ca-pacità di investimento da parte delpotere pubblico, l'impresa privataappare l'unico agente che crea oc-cupazione, assumendo nella socie-tà un ruolo egemonico assoluto. Lapiena occupazione scompare dal-l'orizzonte del prossimo decennio.

2)Il reddito minimo di base èdunque necessario per svincolarele condizioni minime di esistenzadegli esseri umani dalla violenza delmercato e dal lavoro, in una fase incui questo è sempre più scarso, pre-cario, destinato a diminuire.

3)Esso verrebbe a svolgere unafunzione economica anticongiuntu-rale rilevante. Accrescerebbe e ren-derebbe stabile la domanda internain una fase in cui tende a diminuire.

4)Darebbe a tanti cittadini unabase minima per intraprendereuna qualche attività nella produ-zione di beni e nei servizi. Forni-rebbe a tanti giovani la possibilitàdi proseguire gli studi e le ricercheavviate, spingerebbe tante dellenostre intelligenze emigrate al-l'estero e non stabilizzate, a rien-trare in Italia.

5)Il reddito minimo riconsegne-rebbe al potere pubblico il suo ruo-lo di redistributore di ricchezza e diricompositore di un tessuto socialecomunitario. Oggi esso viene mi-nacciato non solo dalla tendenza atrasferire i servizi pubblici, statali elocali, al capitale privato, ma anchedalla strategia di diminuzione dellaspesa per liberare le imprese daogni peso fiscale. La tendenza estre-mistica del neoliberismo è la ridu-zione dello stato a mero controlloredi regole e il dissolvimento della na-zione come comunità nell'atomi-smo individualistico del mercato.

6)Rassegnarsi ad accettare che"non ci sono i soldi" significa guar-dare la realtà con gli occhi dell'av-versario. I soldi per il reddito mini-mo ci sono. Essi sono incorporatinella ricchezza privata distribuitain maniera disuguale nella societàitaliana, nella rendita fondiaria, nel-le fortune finanziarie depositate nel-le banche e nei paradisi fiscali, nel-l'evasione, negli stipendi degli altidirigenti e nelle loro pensioni, nel si-stema fiscale non progressivo, nelleagevolazioni alle imprese, nelle

grandi opere inutili, nelle ragnateleclientelari, centrali e regionali. Ci so-no per gli armamenti e per le missio-ni militari. Il presidente della Repub-blica ha detto che la «coperta è cor-ta» per giustificare la spesa in arma-menti, sottratta ai bisogni dei citta-dini. Quella coperta dobbiamostrapparla alla guerra e tirarla dallanostra parte, opporre le ragioni del-la vita a quelle della morte.

7)I soldi si ricavano anche da unagenerale riorganizzazione del siste-ma degli ammortizzatori sociali

8)La lotta per il reddito minimopuò fare uscire dalla disperazioneindividuale milioni di persone, at-trarle in una battaglia comune, dareun senso e una direzione al conflit-to, grazie a una controparte visibileda battere, ridando credito alla poli-tica come strumento razionale e col-lettivo di lotta alle ingiustizie.

9)Anche a sinistra c'è chi teme dicreare un popolo di assistiti. Si puòrispondere: sempre meglio per tuttiuna persona assistita che disperata.Ma in una società competitiva co-me l'attuale, bombardata da millesollecitazioni consumistiche, chi sicontenta del reddito minimo? Ma sipuò fare di più. In Italia abbiamo da-vanti un grandissimo progetto:riempire di vita e di attività econo-miche le aree interne della Penisolache si vanno spopolando, i territoridove per secoli le popolazioni han-no fondato la nostra civiltà. Per talecompito, che comporta la cura delterritorio, la rivitalizzazione del-l'agricoltura e della silvicultura, so-no utilizzabili i fondi strutturali eu-ropei, così come per il restauro del-le nostre città. Quanto lavoro volon-tario, ma anche iniziative di piccolaimpresa, potrebbe attrarre taleobiettivo tra i detentori di un reddi-to minimo?

10)La lotta per il reddito minimopuò costituire l'occasione per aggre-gare nuove alleanze politiche nel pa-ese, risvegliare energie, cementareun vasto fronte di lotta. Esistono leforze, sia nella società che in parla-mento, spesso impegnate in batta-glie infruttuose, che possono unirsiattorno a un obiettivo così rilevan-te. Si può coinvolgere il vasto mon-do cattolico in una battaglia di civil-tà. Come può la Chiesa di papaFrancesco, la moltitudine dei cre-denti, tollerare che la persona uma-na sia posta in condizioni umiliantidentro società grondanti ricchezza,sia ridotta a mero deposito di ener-gia lavorativa, a materia primascambiata nel mercato come unaqualunque merce?

L'Italia può uscire dalla crisi, oper meglio dire dalla sua progressi-va e certa rovina, solo con una radi-cale revisione dei trattati europei eun nuovo ciclo di investimenti. Op-pure con una poderosa redistribu-zione della ricchezza interna, capa-ce di alimentare un vasto progettodi riconversione ecologica. Il reddi-to minimo non è la rivoluzione, mapuò aprire questa strada. Hic Rho-dus, hic salta!

DALLA PRIMALuigi Manconi

3 ottobre, unabuona notizia

La proposta dilegge per il giorno

della memoriaè stata assegnataalla commissione

affari costituzionalidel senato

Ore 18 Presentazione del librodi A. Cervi “Io che conosco il tuo cuore”A. Cervi, G. Giacchetti, G. Notari, M. Zanoni, Introduce A. Magri

Ore 20,30 30 anni da Berlinguer e 50 da TogliattiP. Ciofi, C. Salvi, U. Sposetti, R. Terzi, Introduce A. Petrini

Ore 18 Presentazione del libro di L. Vinci “Il problema di Lenin”L. Vinci, S. Oggionni, S. Valentini, Introduce A. Fatigati

Ore 20,30 Verso la terza guerra mondiale?G. Chiesa, F. Maringiò, Y. OrkanY. Salman, L. Vinci, Introduce D. Borrelli

Ore 18 L’Emilia-Romagna migliore. Bilanci e prospettive della Sinistra in RegioneP. Bianchi, G. Naldi, G. Scaltriti, R. Sconciaforni Introduce I. Bregola

Ore 20,30 La nostra Costituzione, la nostra idea di RepubblicaA. Burgio, V. Chiti, L. De PetrisM. Villone Introduce S. Cristiano

Ore 18 presentazione del libro di A. Burgio “Gramsci. Il sistema in movimento”Alberto Burgio, Alfonso Gianni,Tiziano Rinaldini, Introduce F. d’Agresta

Ore 20,30 Tra la lista Tsipras e il futuroR. Bolini, N. Fratoianni, C. Oddi, S. Oggionni, C. Riccio, Introduce L. Santilli

Ore 10 Al centro il lavoro. Ripartiamo da qui.Delegati Rsu: Electrolux, Marcegaglia, Bondioli-Pavesi, Ilva, Bormioli, pubblico impiegodiscutono con M. Gaddi, G.P. Patta, G. Rinaldini, Introduce V. Todeschini

Ore 15 presentazione del libro di R. Gramiccia“Vita di un matematico napoletano. Renato Caccioppoli, la regola e il disordine”R. Gramiccia, A. Petrini, S. Fucito,Introduce D. Quatrano

Ore 18 presentazione del libro di G. Rinaldini e G. Polo “In basso a sinistra”G. Rinaldini, G. Polo, M. Furfaro, G. Mora, Introduce B. Casati

Ore 20,30 Un’Italia senza sinistra o una nuova Sinistra per il nostro Paese?Pippo Civati, Nichi Vendola, Claudio GrassiIntroduce Maria Campese

Ore 10 - 14 L’associazione SINISTRA LAVORO si presentaIntroduce Claudio GrassiSaranno presenti e interverrannoF. Barra, F. Bartolomei, S. Belfiore, M. Belisario, E. Biancardi, R. Billero, Danilo Borrelli, I. Bregola, M. Brotini, S. Brunini, A. Burgio, M. Campese, F. Cancelliere, F. Cannizzo, M. Caporusso, A. Caputo, B. Casati, B. Ceccarelli, M. Cimaschi, C. Cirigliano, A. Coppa, A. Corsini, G. Costa, T. Costa,

S. Cristiano, F. D’Agresta, M. Dal Toso, P. De Stasio, P. Di Siena, A. Fatigati, E. Francani, S. Fucito, M. Gaddi, S. Galvani, S. Garambois, N. Gherarducci, R. Giordano, R. Gramiccia, C. Granieri, D. Guagliardi, I. Kocijancic, L. Landriani, M. Lenzi, G. Lombardi, F. Loria, C. Mangianti, R. Mapelli, A. Maurino, M.G. Meriggi, G. Mele, M. Navari, M. Nesti, N. Nicolosi, V. Nocera, A. Novarini, S. Oggionni, N. Ollino, M. Ortu, G. Pagliarini, F. Pallone, G.P. Patta, S. Pennacchi, G. Pennacchio, F. Perini, A. Petrini, D. Quatrano, R. Rossi, G. Saccoman, L. Santilli, C. Salvi, R. Sconciaforni, G. Secondulfo, C. Sorrentino, M. Trevisani, V. Todeschini, A. Trotta, S. Valentini, G. Vigilante, M. Villone, L. Vinci, S. Vinti.

Ore 14 pranzo collettivo di autofinanziamento

info sul sito: www.esserecomunisti.it

martedì 23 settembre

mercoledì 24 settembre

giovedì 25 settembre sabato 27 settembre

venerdì 26 settembre

domenica 28 settembre

DALLA PRIMAPiero Bevilacqua

Page 16: Il Manifesto Del 24 Settembre 2014

pagina 16 il manifesto MERCOLEDÌ 24 SETTEMBRE 2014

L’ULTIMA

SottoilcofanoAvi Asher-Schapiro

Kazi guida una Toyota Prius perUber a Los Angeles. È un lavoroche odia. Riesce appena ad arriva-

re al salario minimo, e dopo i lunghi tur-ni la sua schiena fa male. Però ogni voltache un passeggero gli chiede com’è lavo-rare per Uber, dice una bugia: «È comeavere una mia attività, lo adoro». Kazi ècostretto a mentire perché il suo lavorodipende da questo. Dopo la corsa, infat-ti, Uber chiede ai passeggeri di valutarel’autista su una scala da una a cinquestelle. Gli autisti con una media al di sot-to di 4,7 stelle possono essere «disattiva-ti», che in gergo tecnico significa «licen-ziato». Anche Gabriele Lopez, un altroautista di L.A. si trova a mentire: «Ce nestiamo lì seduti a sorridere, a dire a tuttiche è un lavoro magnifico perché è quel-lo che vogliono sentirsi dire». Lopez gui-da per UberX, il servizio low cost con au-to di fascia bassa aperto dalla societàl'estate scorsa.

In realtà, se si chiede a un autista diUber fuori orario cosa pensa della socie-tà, spesso la verità viene fuori. «Uber ècome un magnaccia – racconta Arman,un autista di Los Angeles che ha chiestodi non riportare il cognome per il timoredi atti di ritorsione - si prende il 20% deimiei guadagni e mi tratta come una mer-da. Tagliano i prezzi come e quando vo-gliono. E mi possono “disattivare” in unsecondo. Quando mi sono lamentato mihanno detto di andare a farmi fottere».

Calano i prezzi, crescono le protesteA Los Angeles, San Francisco, Seattle e

New York, negli ultimi mesi la tensionetra gli autisti e il management ha traboc-cato. E anche se il modello di business diUber scoraggia le azioni collettive (tecni-camente tutti i lavoratori sono in concor-renza tra loro) alcuni autisti stanno pro-vando a organizzarsi.

I driver di Uber a Los Angeles, il piùgrande mercato di car sharing degli Sta-ti uniti, hanno convocato durantel’estate decine di proteste per opporsial calo delle tariffe. Alla fine del mesescorso, i conducenti che lavorano conil sindacato dei Teamster Local 986hanno lanciato Cada (California App-based Drivers Association), una sorta disindacato dei lavoratori dei servizi dimobilità basati su app. Anche a Seattlegli autisti di Uber hanno iniziato a pro-testare e a riunirsi, costituendo la Seatt-le Ride-Share Drivers Association. Al-l’inizio di settembre, a New York, gli au-tisti del servizio di lusso UberBlack han-no minacciato uno sciopero, riuscendocon successo a rovesciare la decisioneunilaterale con cui l’azienda li volevacostringere a prendere anche le menolucrative corse UberX. Il 15 settembrehanno protestato di nuovo.

«Vogliamo che la società capisca chenon siamo formiche», mi racconta Jose-ph DeWolf, un membro del comitato di-rettivo del Cada nella sala del sindacatodei Teamster a El Monte, California.«Quello che vogliamo è un salario che ciconsenta di vivere, un canale aperto dicomunicazione con la società e il rispet-to di base». DeWolf spiega che Cada staraccogliendo le iscrizioni e le quote so-ciali, e prevede di scioperare a Los Ange-

les se Uber si rifiuta di venire al tavolo diconfronto.

Non sarà facile. Gli autisti stanno an-dando contro un Golia ricchissimo, chevale 18 miliardi di dollari. La società haappena assunto David Plouffe - il mana-ger delle campagne presidenziali di Ba-rack Obama -, è attiva in 130 città e se sicrede ai piani dei dirigenti il fatturatoraddoppia ogni sei mesi.

I ricavi di Uber dipendono da una retedi migliaia di automobilisti che tecnica-mente non sono dipendenti della socie-tà ma piuttosto sono appaltatori autono-mi - l’azienda li chiama «driver-partner»(autisti-soci, ndt) - che ricevono una per-centuale delle sue tariffe.

Fin dall’inizio, Uber ha preso all’amogli autisti con un prezzo esca. Prendia-mo il lancio di Uber a Los Angeles. Amaggio 2013 l'azienda addebitava aiclienti un prezzo di 2,75$ per miglio (più60 cent al minuto inferiore alle 11 migliaall’ora). Gli autisti avrebbero ricevutol’80% della tariffa.

Lavorando a tempo pieno, avrebberopotuto arrivare a un salario decente, tra i

15 e i 20 dollari l’ora. E così si precipitaro-no a firmare a centinaia, comprando au-to e accendendo leasing solo per lavora-re per Uber. Si trattava soprattutto di im-migrati e persone a basso reddito, alla di-sperata ricerca di un lavoro ben pagatoin questa terribile crisi economica. Tutta-via nel corso dell’ultimo anno, l’aziendaha dovuto affrontare la concorrenza ag-guerrita di un suo rivale, Lyft. E così peraumentare la domanda e spingere Lyftfuori dal mercato di L.A., Uber ha taglia-to le tariffe di UberX a meno della metà:1,10 $ per miglio più 21 cent al minuto.

Gli autisti non hanno alcuna voce incapitolo nella determinazione dei prez-zi ma devono provvedere da sé alla pro-pria assicurazione e pagare il contoper la benzina e le riparazioni, un co-sto di 56 centesimi a chilometro secon-do le stime dell'agenzia fiscale Irs.

Con il nuovo modello di prezzi, i con-ducenti sono costretti a lavorare conmargini sottili come un rasoio. Arman,per esempio, faceva circa 20 dollari l’oraappena un anno fa. E adesso? In certigiorni non arriva nemmeno ai livelli delsalario minimo.

Autisti soci? No, robotLa sua esperienza è abbastanza comu-

ne tra i conducenti Uber di L.A. con cuiho parlato. Per molti, guidare per Uber èdiventato un incubo. Arman lavora spes-so fino a 17 ore al giorno per portare a ca-sa quello che prima riusciva a fare in unnormale turno di otto ore. E quando hascritto una email a Uber lamentandosidella situazione la società lo ha cancella-to. L’atteggiamento prevalente di Uber èche i conducenti sono liberi di smetteredi lavorare se non sono soddisfatti, ma

per persone come Arman, che hanno in-vestito soldi veri nelle proprie auto, smet-tere non è un’opzione. «Questi lavorato-ri sono molto vulnerabili se non impara-no ad agire insieme - dice Dan McKib-bin, organizzatore dei Teamster dellaWest Coast - in questo momento nonhanno nessuno a proteggerli».

Uber non ha risposto alle mie doman-de su Cada, i Teamster o su come trattale lamentele degli autisti. Ma sembra fa-re spallucce di fronte alle richieste dichiunque.

Stando ai racconti, quando il leader diCada DeWolf ha incontrato il direttoredi Uber a Los Angeles William Barnes al-l’inizio di questa estate, Barnes gli ha ri-so in faccia. Secondo DeWolf, quandoha detto a Barnes che gli autisti avevanoin programma di organizzarsi con il sin-dacato dei Teamster, Barnes ha risposto:«Uber non negozierà mai con nessunaorganizzazione che pretende di rappre-sentare gli autisti». L’azienda ha ripetuta-mente ignorato le mie richieste di com-mento su questo scambio. Ha inveceemesso un comunicato accusando i Te-amster di cercare di «riempirsi le casse»con i nuovi membri di Uber.

«Non tratteremo mai col sindacato»L’azienda sostiene che non c'è nessun

bisogno di un sindacato: chiede inveceai conducenti di avere fiducia che la so-cietà agisce nel loro interesse.

Uber si è rifiutata di mostrarmi i daticompleti che dettagliano il ricavo medioorario per i conducenti. Tuttavia conti-nua ad asserire che gli autisti di UberXstanno facendo più soldi ora che primadei tagli di prezzo di questa estate. «Le ta-riffe medie orarie di un driver partner diUberX a Los Angeles nelle ultime quat-tro settimane sono state del 21,4% supe-riori alla media settimanale di dicembre

2013», mi ha detto il portavoce EvaBehrend. «E gli autisti in media hanno vi-sto le tariffe aumentare del 28% rispettoa dove erano a maggio di quest'anno».

Io non sono riuscito a trovare un sin-golo conducente che dica di stare facen-do più soldi oggi con i prezzi più bassi.Quello che è chiaro è che tutti gli autististanno facendo più corse per turno. Euna volta tanto Uber lo ammette indi-rettamente. Dice Behrend: «Con i taglidi prezzo, i viaggi orari per driver-part-ner sono aumentati grazie alla maggio-re domanda».

Così, se gli autisti guadagnano menoper ogni corsa, Uber li consiglia sempli-cemente di ripianare le perdite guidan-do per più miglia. Un suggerimento ra-gionevole, forse, per un analista che sgra-nocchia numeri nella Silicon Valley. Maper i conducenti fare più miglia significalavorare il più possibile per mantenere ipiccolissimi margini di utile.

«In questi giorni, prendo qualunquecoglione senza fermarmi mai. Io guido ebasta, a volte fino a 15 ore al giorno», rac-conta Dan dopo una nottata passata a ri-portare a casa la gente ubriaca dai bar,«è molto umiliante», dice.

Prezzi più bassi significa anche che pa-gano di più di tasca propria per la benzi-na. E le loro auto si deprezzano più velo-cemente per le miglia extra.

Nel frattempo, Uber agisce come sestesse facendo un favore a offrire un la-voro. L’amministratore delegato TravisKalanick, che ama fare grandi discorsisull’innovazione, spesso sostiene cheUber aiuta le persone «a diventare im-prenditori di se stessi». «Ma quali im-prenditori – sbotta DeWolf – parliamo dipersone che lavorano per turni lunghissi-mi e pagano il 20% dei guadagni a ungruppo di ingegneri della Silicon Valley.Non è come avere una piccola impresa.La verità - aggiunge il sindacalista - è chepensano che siamo un branco di perden-ti che non riesce a trovare uno stracciodi lavoro. Ecco perché ci trattano comerobot, perché siamo sostituibili».

Uber, ovviamente, contesta questa ca-ratterizzazione. «Uber ha successo quan-do i nostri driver-partner hanno succes-so», risponde Behrend.

Una forma di nudo sfruttamentoMa questo è solo un modo di dire: gli

autisti non sono né partner né soci. So-no lavoratori sfruttati dalla loro impresa.Non hanno voce in capitolo nelle deci-sioni aziendali e possono essere licenzia-ti in qualsiasi momento. E invece di pa-gare un salario ai propri dipendenti,Uber intasca una parte dei loro guada-gni. Gli autisti si assumono tutti i rischi etutti i costi - la macchina, la benzina, l'as-sicurazione - mentre dirigenti e investito-ri si arricchiscono.

Uber naturalmente è solo l’esempiodi una nuova ondata di aziende che com-pongono quella che viene chiamata l'«economia della condivisione» (sharingeconomy). La premessa è seducente nel-la sua semplicità: «Le persone hanno lecompetenze, i clienti vogliono i servizi».Silicon Valley fa la parte del sensale, il tra-mite che sforna applicazioni in cui i lavo-ratori fanno coppia con il lavoro.

Ora, chiunque può affittare un appar-tamento con Airbnb, diventare un tassi-sta attraverso Uber, o fare le pulizia in ca-sa utilizzando Homejoy.

Ma sotto l’apparenza di innovazione eprogresso, le aziende stanno spogliandole tutele dei lavoratori, spingendo versoil basso i salari e violando i regolamentigovernativi.

Al suo cuore, l’economia della condivi-sione è uno schema per spostare i rischidalle imprese ai lavoratori, per scoraggia-re l'organizzazione del lavoro e per ga-rantire che i capitalisti possano trarreenormi profitti con costi fissi sempre piùbassi.

Non c’è niente di innovativo o nuo-vo in questo modello di business.Uber è solo il capitalismo, nella suaforma più cruda.

traduzione di Matteo Bartoccicopyright Jacobin Magazine

La app californiana che vuolerivoluzionare il «car sharing»e il servizio taxi sta sollevandomolte polemiche negli Stati uniti.E gli autisti ora cercano di ribellarsi.L’inchiesta di Jacobin Magazine

DI UBER

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