IL LIBRO DI ISAIA: ISRAELE E LE NAZIONI 5° - aclivarese.org · - Babilonia - la morte del re di...

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Fractio Panis Morosolo - Varese: 13 giugno 2 015 IL LIBRO DI ISAIA: ISRAELE E LE NAZIONI - incontro TESTO NON RIVISTO DAL RELATORE Introduce Mirto Oggi parleremo di "Israele e le nazioni". Nei precedenti incontri abbiamo visto che Isaia impreca molto contro i suoi corregionali. Nel testo che esamineremo, se la prende un po' anche con i popoli vicini ad Israele, per lo meno chiarisce quanto sta loro avvenendo: sono in auge e, più forti degli israeliti, sono in procinto di conquistare anche le loro terre. La loro superiorità, però, è dovuta al fatto che non è che siano più bravi degli ebrei, o meritino di più di loro, ma semplicemente è che fanno parte di un "disegno" più largo del Signore, che deve, alla fine, portare ad un "nuovo" che verrà, che noi conosceremo nei prossimi incontri. Oggi analizziamo una serie di batoste provocate non solo da vari principotti, ma anche da grandi nazioni ed imperi, che si sono alternati durante le dominazioni sugli israeliti. Guida la meditazione Luca Moscatelli, cultore di Esegesi biblica Siamo in una raccolta di capitoli, che va dal 13 al 22-23 (a seconda degli studiosi che la fanno terminare un po’ prima o un po’ dopo), che viene chiamata "Oracoli sui popoli stranieri". Ecco è importante avere presente e capire bene due premesse: - la 1^ premessa→ comunque le profezie sui popoli stranieri sono rivolte a Israele. Il profeta parla al popolo di Israele e quindi, in questo senso, prendendo spunto da ciò che succede ai popoli stranieri, lo invita a prestare attenzione a ciò che succede a loro per trarne una lezione a proprio beneficio; - la 2^ premessa→ in quei 9 -10 capitoli non si parla di oracoli "contro" le nazioni, ma "sulle " nazioni": nonostante si constati la rovina di alcuni regni, di alcuni imperi e si riportino alcune pretese assurde (addirittura divine), sulle quali poi il profeta ironizza in maniera sferzante - questo è vero - tuttavia quegli oracoli non sono "contro", ma "sulle" nazioni. 1

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Fractio Panis Morosolo - Varese: 13 giugno 2 015

IL LIBRO DI ISAIA: ISRAELE E LE NAZIONI - 5° incontro

TESTO NON RIVISTO DAL RELATOREIntroduce Mirto

Oggi parleremo di "Israele e le nazioni". Nei precedenti incontri abbiamo visto che Isaia impreca molto contro i suoi corregionali. Nel testo che esamineremo, se la prende un po' anche con i popoli vicini ad Israele, per lo meno chiarisce quanto sta loro avvenendo: sono in auge e, più forti degli israeliti, sono in procinto di conquistare anche le loro terre. La loro superiorità, però, è dovuta al fatto che non è che siano più bravi degli ebrei, o meritino di più di loro, ma semplicemente è che fanno parte di un "disegno" più largo del Signore, che deve, alla fine, portare ad un "nuovo" che verrà, che noi conosceremo nei prossimi incontri. Oggi analizziamo una serie di batoste provocate non solo da vari principotti, ma anche da grandi nazioni ed imperi, che si sono alternati durante le dominazioni sugli israeliti.

Guida la meditazione Luca Moscatelli, cultore di Esegesi biblica

Siamo in una raccolta di capitoli, che va dal 13 al 22-23 (a seconda degli studiosi che la fanno terminare un po’ prima o un po’ dopo), che viene chiamata "Oracoli sui popoli stranieri".

Ecco è importante avere presente e capire bene due premesse:- la 1^ premessa→ comunque le profezie sui popoli stranieri sono rivolte a Israele.

Il profeta parla al popolo di Israele e quindi, in questo senso, prendendo spunto da ciò che succede ai popoli stranieri, lo invita a prestare attenzione a ciò che succede a loro per trarne una lezione a proprio beneficio;

- la 2^ premessa→ in quei 9 -10 capitoli non si parla di oracoli "contro" le nazioni, ma "sulle " nazioni": nonostante si constati la rovina di alcuni regni, di alcuni imperi e si riportino alcune pretese assurde (addirittura divine), sulle quali poi il profeta ironizza in maniera sferzante - questo è vero - tuttavia quegli oracoli non sono "contro", ma "sulle" nazioni.

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Isaia è impressionante: quasi a ventaglio, quasi a 360° (non a 360°, perché da un lato c’ è il mare, però c'è anche un pezzettino di territorio occupato dai Filistei, quindi il profeta si occupa anche di loro), passa in rassegna i popoli stranieri e ce n’ha per tutti. Si occupa di:

- Babilonia - la morte del re di Babilonia- l'Assiro- i filistei- Moab (paese) - la richiesta dei Moabiti e il loro lamento

( il giro dei popoli è interrotto: Isaia "salta" un po’ di qui e di là, però conclude il giro) - Damasco e Israele- Egitto - conversione dell'Egitto- Asdòd (città filistea) →presa da parte degli assiri - caduta di Babilonia- Idumea (forse un'oasi del Nord dell'Arabia, al di fuori di Edom- Arabi- l'entusiasmo di Gerusalemme - Sebnà (forse uno straniero che aveva raggiunto la più alta carica, quella di maggiordomo di Ezechia)

- Tiro.

Quali sono i due punti di riferimento da porre in evidenza, quelli che poi vedremo in maniera più precisa leggendo questa sera in modo particolare il cap.19? Quali sono le due questioni che il profeta mette in evidenza?

La prima questione è legata a una strana dinamica che c’è in questi regni. È come se Isaia volesse mettere in evidenza una logica, meglio una dinamica strana: quella di un re di un piccolo regno, che diventa grande e poi immenso. E ancora non gli basta. Come mai? Perché?A pensarci bene uno potrebbe rispondere che è così che succede. Sì, ma perché succede? Non c'è risposta. È molto strano. E man mano che questa dinamica si incentiva, il re deve mettere in atto tutta una serie di provvedimenti per controllare la situazione, perché diventa man mano impossibile da gestire: più un regno diventa grande, più diventa fragile e più vulnerabile. Infatti è più facile difendere una città che un regno. Se poi un regno da piccola o media dimensione diventa immenso, in quella situazione, il territorio diventa "un colabrodo" e il solo presidiare le frontiere diventa una impresa titanica.

Cos'è questa che i greci chiamerebbero con un termine che viene tradotto con "passione" , una "passione" cattiva, una dinamica per cui non se ne ha mai abbastanza e il potere cerca sempre più potere?

Ecco, dentro questa dinamica il profeta individua un elemento di corruzione radicale.Poi, dato che in realtà quell'elemento di corruzione radicale viene appunto dalla costituzione umana- personale dei sovrani e sociale-collettiva dei regni, per giustificarlo, i profeti hanno bisogno di dire che è divino. E qui c’è esattamente la questione che interessa la profezia:

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la profezia deve indicare il modo in cui Dio è presente nella storia e sta “facendo” la storia con gli uomini e, in modo particolare, con il suo popolo, allora il profeta dice che quel modo è il contrario di Dio: lo chiamano Dio, lo chiamano divino, ma è il contrario di Dio.

Ad esempio, gli imperatori che si fanno fare delle statue, che si fanno adorare, che dicono di essere figli del cielo: quella è la grande corruzione, quella è l’idolatria… è l’idolo!

Capite però qual è il contraccolpo: c'è una politica che appare vincente e di successo, grazie alla potenza militare, alla prepotenza e alla mancanza di pietà nei confronti dei nemici, dei vinti, dei prigionieri, ecc…, ( nel testo vengono elencate delle crudeltà mostruose); quella politica che si crede vincente e proprio perciò divina, in realtà è idolatrica; ce n'è un'altra, quella portata avanti dal profeta, quando insiste con il re di Giuda affinché non faccia alleanze con l’Egitto contro la Siria o con la Siria contro L’Egitto. E gli rimprovera, di volta in volta, il suo modo di far politica, quando nella valutazione e scelta dell'alleato, il re opta per quello più forte ed affascinante.

Ecco, è in quella situazione, che si vede la differenza tra i due modi di far politica. E la differenza è radicale e la si intuisce riflettendo e rispondendo alle seguenti domande:

- Dio governa la storia? La risposta è "sì". - Dio governa la storia attraverso la forza militare, attraverso l’affermazione di un regno? La risposta è: "No, no!".

- Allora, se Israele è preso nella morsa di quelle grandi potenze è perché il loro Dio è più debole delle divinità di Babilonia, dell’Egitto, della Siria, o di qualcun altro? Assolutamente no, perché non è quello il punto – capite? -. È una realtà talmente grande, talmente "strana" rispetto allo schema che verrebbe naturale all’essere umano, che il profeta, appunto, non solo non è compreso dal suo popolo, ma anche viene accusato di vaneggiare, perché se Dio è il Dio di Israele ed è il Dio più potente, loro, gli ebrei, avrebbero vinto... E avrebbero " dato una mano" al loro Dio alleandosi con i forti, con i poteri forti! Il profeta, però, si oppone sostenendo che in quel modo di pensare e di “ fare politica” si annida la corruzione e loro, come popolo dell'Alleanza, si sarebbero persi. Dopo di che, quello che sotto traccia è importante da sottolineare, Isaia lo dice al capitolo 19, al centro più o meno della raccolta di "Oracoli sulle nazioni" .Si riporta di seguito il capitolo 19:

1Oracolo sull'Egitto.Ecco, il Signore cavalca una nube leggeraed entra in Egitto.Crollano gli idoli d'Egitto davanti a luie agli Egiziani vien meno il cuore nel petto.2Aizzerò gli Egiziani contro gli Egiziani:

combatterà fratello contro fratello,uomo contro uomo,città contro città, regno contro regno.3Gli Egiziani perderanno il senno

e io distruggerò il loro consiglio;per questo ricorreranno agli idoli e ai maghi,ai negromanti e agli indovini.4Ma io metterò gli Egiziani

in mano a un duro padrone, un re crudele li dominerà.Oracolo del Signore, Dio degli eserciti.5Si prosciugheranno le acque del mare,

il fiume si inaridirà e seccherà.

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6 I suoi canali diventeranno putridi,diminuiranno e seccheranno i torrenti dell'Egitto,canne e giunchi ingialliranno.7I giunchi sulle rive e alla foce del Nilo

e tutti i seminati del Niloseccheranno, saranno dispersi dal vento, non saranno più.8I pescatori si lamenteranno, gemeranno

quanti gettano l'amo nel Nilo,quanti stendono le reti sull'acqua saranno desolati.9Saranno delusi i lavoratori del lino,

le cardatrici e i tessitori impallidiranno;10

i tessitori saranno avviliti,tutti i salariati saranno costernati.11

Quanto sono stolti i principi di Tanis!I più saggi consiglieri del faraone sono uno stupido consiglio.Come osate dire al faraone: "Sono figlio di saggi, figlio di re antichi"?12

Dove sono, dunque, i tuoi saggi?Ti rivelino e manifestinoquanto ha deciso il Signore degli esercitia proposito dell'Egitto.13

Stolti sono i principi di Tanis;si ingannano i principi di Menfi.Hanno fatto traviare l'Egittoi capi delle sue tribù.14

Il Signore ha mandato in mezzo a lorouno spirito di smarrimento;essi fanno smarrire l'Egitto in ogni impresa,come barcolla un ubriaco nel vomito.15

Non riuscirà all'Egitto qualunque opera faccia:il capo o la coda, la palma o il giunco.16 In quel giorno gli Egiziani diventeranno come femmine, tremeranno e temeranno all'agitarsi della mano che il Signore degli eserciti agiterà contro di loro. 17 Il paese di Giuda sarà il terrore degli Egiziani; quando se ne parlerà, ne avranno spavento, a causa del proposito che il Signore degli eserciti ha formulato sopra di esso.18In quel giorno ci saranno cinque città nell'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti; una di esse si chiamerà Città del sole. 19 In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese d'Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: 20sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese d'Egitto. Quando, di fronte agli avversari, invocheranno il Signore, allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà. 21 Il Signore si rivelerà agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. 22 Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.23In quel giorno ci sarà una strada dall'Egitto verso l'Assiria; l'Assiro andrà in Egitto e l'Egiziano in Assiria; gli Egiziani serviranno il Signore insieme con gli Assiri. 24 In quel giorno Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una

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benedizione in mezzo alla terra. 25 Li benedirà il Signore degli eserciti: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità".

Quel capitolo parte con una " tirata" molto forte nei confronti dell’Egitto, per poi approdare a qualcosa che poi vedremo.Il testo dice così:

1 Oracolo sull’Egitto.Ecco, il Signore cavalca una nube leggeraed entra in Egitto.Crollano gli idoli d’Egitto davanti a luie agli Egiziani viene meno il cuore nel petto.

2 Aizzerò gli Egiziani contro gli Egiziani: combatterà fratello (ognuno) contro il proprio fratello, uomo contro uomo (ognuno contro il proprio prossimo), città contro città e regno contro regno. 3 Gli Egiziani perderanno il senno (Lo spirito che anima l’Egitto sarà stravolto) e io distruggerò il loro consiglio (il suo progetto);

(Notate la modernità di questa lettura che porta a constatare che nella storia cambiano i modi, ma le logiche sono sempre le stesse).

Una volta - mi ricordo che ero molto giovane - presenziai ad un raduno missionario, dove conobbi un professore di storia dell’università. Non ricordo nè il suo nome, né l’università nella quale insegnava, ma mi è rimasto impresso un suo insegnamento. Lui mi disse che dal punto di vista del progresso scientifico tecnologico, o come si dice del confort , noi uomini abbiamo fatto dei passi straordinari. Li abbiamo fatti negli ultimi decenni. Tuttavia, dal punto di vista antropologico, l’uomo di oggi è lo stesso uomo di 4 000 anni fa: è identico, come lo sono le logiche che lo spingono ad agire. Sebbene gli strumenti siano diversi, siano diverse le visioni e anche gli strumenti conoscitivi, tuttavia tali cambiamenti non sono stati capaci di modificare così radicalmente l’antropologia, come è successo invece nel "salto" di civiltà tra le civiltà, tra quelle che noi diciamo essere sconosciute o non storiche perché non hanno lasciato testimonianze e quelle che, invece, hanno cominciato a scrivere, a fare monumenti e ad organizzare la vita in un certo modo. Dal punto di vista dell’organizzazione dell’urbanizzazione non c’è differenza sostanziale tra una città dell’impero romano di 2 000 ani fa e una città di adesso, pur essendo più complicata la gestione della città moderna.

E qui sorprende l'espressione di Isaia che dice al vers. 3: 3 (Gli Egiziani perderanno il senno) Lo spirito che anima l’Egitto sarà stravolto e io distruggerò il suo progetto ( il loro consiglio );...

È come se dicesse che una nazione, una civiltà, è tenuta insieme da uno "spirito".

Noi abbiamo cominciato a sentire parlare di "spirito del tempo" con la cultura tedesca, tra 800 e 900.In conseguenza di ciò abbiamo potuto individuare e definire le caratteristiche dello spirito germanico, dello spirito latino… Oppure, parlando di "sogno americano" , cos’è che tiene insieme gli americani, che sono "un'invenzione"? Gli americani sono "un'invenzione", perchè la loro identità di popolo è il risultato di numerose e continue integrazioni di popoli immigrati.Che cos’è che tiene insieme la federazione americana di etnie di immigrati provenienti un po’ da tutto il mondo? Li tiene insieme "un sogno", una "idea", che li unisce come popolo. Allora ci si interroga su quale possa essere l'”idea americana".

Allora lì, nel vers.3, il profeta è come se dicesse che l’Egitto ha uno "spirito", ha un'"idea", ha il suo " progetto".

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Il "progetto dell’Egitto" è anche un invito a porsi le domande: qual è il progetto di ciascuna etnia che lo compone? Esiste? La possiamo definire in sintesi?Notiamo che lì, al vers. 3, la profezia è proprio nell’atto di interpretazione delle culture, nell’atto dello scrutare le caratteristiche che contraddistinguono situazioni e luoghi…; è un'attenta analisi della realtà. C’è una attenta analisi della realtà che, però, non si perde nel dettaglio dell’analisi, ma cerca "il cuore", la sintesi.Tra l’altro lì, in quella profezia, si dice che c’è uno " spirito dell’Egitto" e c’è un progetto che tiene insieme genti di diverse etnie, ma che le tiene insieme in maniera fragile, perché facilmente succederanno guerre civili:

combatterà fratello (ognuno) contro il proprio fratello, uomo contro uomo (ognuno contro il proprio prossimo), città contro città e regno contro regno.

È una ”idea" che tiene insieme una federazione, ma quando viene meno l’"idea" ognuno si riappropria della propria identità e quindi … crolla tutto!

Pensate al dibattito di questi giorni di quelli che invocano una "idea" europea: non è possibile che di fronte all’emergenza dell’immigrazione (migliaia di immigrati fuggiti da zone di guerra o estremamente povere che, a rischio della propria vita in quanto prima vengono sfruttati e vessati dai trafficanti di uomini che poi li costringono ad attraversare su barconi fatiscenti il Mediterraneo tanto che, molto spesso, devono essere salvati da inevitabili annegamenti; e, alla fine, i superstiti sono fatti sbarcare o si riversano sulle coste italiane dei mari del sud) ci siano alcune nazioni europee che ancora oggi “si tirano indietro” e sostengono che sono "affari nostri" e che perciò che non le riguardano!Ma come è possibile? Non si sosteneva che nell'Unione Europea "gli affari" del singolo Stato erano "affari" di tutti gli altri? Non c’erano l’unione e la solidarietà Europea?No, non c’è l’Europa, appunto: manca una "idea", manca uno "spirito" . Manca proprio uno "spirito " europeo? No, in realtà, c'è, però non l'abbiamo coltivato, non l'abbiamo implementato con adeguate istituzioni, ecc…, ecc…. Non comprendiamo che l’unità ha un prezzo: qualche rinuncia da parte di ciascuno… il farsi carico un po’ anche dei problemi degli altri…; dopo pretendere che anche gli altri facciano la loro parte - d'accordo - però occorre, prima di tutto, farsene carico!

Quella allora è la questione: c’è uno "spirito" che anima l'Egitto e - dice Isaia- quando quello "spirito" sarà stravolto e il "progetto" distrutto, allora… - attenzione -

3...per questo ricorreranno agli idoli e ai maghi, ( bellissimo... bellissimo) ai negromanti e agli indovini.

Gli idoli, i maghi, i negromanti e gli indovini chi sono? Gli idoli, i maghi, i negromanti e gli indovini sono quelli che hanno un sapere che sfugge normalmente a tutti.i

Anche il profeta si presenta come uno che sa una cosa che gli altri non sanno, ma il profeta fa una cosa diversa: il profeta non viene richiesto, è Dio che lo manda. Idoli, maghi, negromanti e indovini, invece, sono coloro ai quali ricorrono quelli che hanno paura, che vogliono rassicurazioni sul futuro, che vogliono rassicurazioni sul presente, che vogliono sentirsi dire che le cose andranno in un certo modo, in virtù di un sapere che altri non hanno, perché non conoscono il divino, ma gli idoli, conoscono e sanno fare delle cose, ma la loro è magia; parlano coi morti: sono i negromanti; vedono il futuro: sono gli indovini. Guardate che è pazzesco… è pazzesco.

Nel cap. 28 del Primo Libro di Samuele si parla di una situazione in cui Dio abbandona Saul:si narra che, dopo aver cacciato tutti i negromanti e i maghi da Israele, il re Saul, prima della battaglia di Gilboa, si era rivolto a Dio e ai profeti per ottenere consiglio sul come agire nei confronti dei Filistei. Non avendo ricevuto risposta, si recò in incognito a Endor, un villaggio posto tra il Monte Tabor e la collina di Moreh, per incontrarvi una negromante che era sfuggita alla sua persecuzione ed era nota per il possesso di un talismano in grado di

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evocare gli spiriti dei defunti. Saul le chiese di evocare per lui lo spirito del profeta Samuele deceduto da poco. Lo spirito di Samuele non diede a Saul le risposte che cercava, ma predisse l'imminente caduta del suo regno:

16 Samuele rispose: «Perché mi vuoi consultare, quando il Signore si è allontanato da te ed è divenuto tuo nemico? 17 Il Signore ha fatto nei tuoi riguardi quello che ha detto per mia bocca. Il Signore ha strappato da te il regno e l'ha dato al tuo prossimo, a Davide. 18 Poiché non hai ascoltato il comando del Signore e non hai dato effetto alla sua ira contro Amalek, per questo il Signore ti ha trattato oggi in questo modo. 19 Il Signore abbandonerà inoltre Israele insieme con te nelle mani dei Filistei. Domani tu e i tuoi figli sarete con me; il Signore consegnerà anche l'accampamento d'Israele in mano ai Filistei».

Quindi uno dei momenti in cui Dio abbandona Saul è quando va dalla negromante per avere la certezza che l’esito della battaglia sarebbe stato in suo favore. Samuele gli aveva predetto che Dio lo avrebbe abbandonato, ma a Saul non bastava: lui voleva avere un’altra certezza, voleva avere una conferma... e si è rovinato.

Allora, proseguendo la lettura di Isaia 19, nel testo sta scritto:4 Ma io metterò (consegnerò) gli Egizianiin mano a un duro padrone, un re crudele li dominerà.Oracolo del Signore, Dio (il Signore) degli eserciti.5Si prosciugheranno le acque del mare,

il fiume si inaridirà e seccherà.6I suoi canali diventeranno putridi,

diminuiranno e seccheranno i torrenti dell'Egitto,canne e giunchi ingialliranno (sfioriranno).7I giunchi sulle rive e alla foce del Nilo

e tutti i seminati (tutte le piante) del Niloseccheranno, saranno dispersi dal vento, non saranno più.8I pescatori si lamenteranno, gemeranno

quanti gettano l'amo nel Nilo,quanti stendono le reti sull'acqua saranno desolati.9Saranno delusi i lavoratori del lino,

le cardatrici e i tessitori impallidiranno;10i tessitori saranno avviliti,tutti i salariati saranno costernati.

Viene descritta una grande crisi economica; di più, è una crisi economica che nasce da una crisi del creato. Anche qui è interessante notare che , sia pure con un'avvertenza scientifica che non è paragonabile a quella che abbiamo noi, già a quel tempo fosse chiaro l’equilibrio organico tra iniziativa umana e equilibrio naturale. Isaia allora ci mette in guardia sugli effetti disastrosi che possono verificarsi qualora vengano sconvolti gli equilibri umani: se l’umano impazzisce, la natura ritorna nel caos e non per motivi magici, ma perché si rovina tutto!Ai nostri tempi è diventato di moda parlarne, a seguito anche della lettura dell’Enciclica di Papa Francesco, “Laudato sii”: c’è una ecologia umana che quando viene intaccata intacca l’ecologia naturale. È così, è fatale, perché c’è una interconnessione profonda.

Uno dei presenti chiede a Luca, perché Isaia se la prende con l’Egitto.

Isaia se la prende con tutti i paesi vicini ad Israele, Egitto compreso.

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(A tale proposito Luca Moscatelli precisa che dobbiamo leggere questo testo di Isaia - almeno questa è la sua proposta, proposta che fa l’esegesi critica - non pensando che il profeta dica quello che succederà perché si ritiene un indovino e ne è consapevole. No, il profeta non agisce così: dopo aver fatto la lettura della realtà, riflette sulle possibili conseguenze per gli uomini e l'ambiente e le denuncia.Noi, normalmente, pensiamo alle epoche antiche come a delle epoche dove uno non conosceva ad esempio cosa succedeva in Egitto, in Assiria in Grecia….In realtà, leggendo non solo testi della Bibbia, ma anche testi più antichi, ci si è resi conto che quella gente, viaggiando continuamente per terra e per mare, diffondeva le notizie di ciò che capitava nei vari paesi. Certo, non erano diffuse in tempo reale, tuttavia il loro flusso era continuo. L'informazione avveniva attraverso scambi fittissimi tra i popoli, per via anche dei movimenti di truppe durante le guerre, ma soprattutto grazie ai commercianti che si spostavano da un luogo all'altro del mondo conosciuto allora).

Quindi , nel cap.19, il profeta individua già i segni di corruzione di quella realtà, perche c’è uno "spirito" in Egitto che è corrotto: finché tiene tiene, ma quando non tiene più, è lo sfascio!Ed è lo spirito, appunto, che il profeta individua in quello sfascio: quando c’è la crisi, c’è l’Apocalisse, cioè “la rivelazione”(lo svelarsi degli eventi che capiteranno) e si rivela il "nodo".E qual è il "nodo"? Il " nodo" è quello secondo il quale la gente cerca gli idoli, i maghi, i negromanti e gli indovini. Cerca la rassicurazione, cerca di mettersi in salvo: è un " si salvi chi può!".

Sembrava che ci fosse grande solidarietà, perché c’era un sogno che li univa, perché c’erano un'idea, un progetto? No! Basta poco, la solidarietà si incrina e poi nel popolo emerge il peggio!

Tra l’altro, la descrizione di questa situazione è impressionante, perché richiama un po' quello che era successo agli ebrei in Egitto (Esodo 1). Che cosa era successo?

In Esodo 1, 7-10 sta scritto che c’è il popolo ebreo che si moltiplica e gli egiziani sentono come un incubo il fatto che Israele "riempia la terra":

7 I figli d’Israele prolificarono e crebbero, divennero numerosi e molto forti, e il paese ne fu pieno.8Allora sorse sull’Egitto un nuovo re, .... 9 Egli disse al suo popolo: «Ecco che il popolo dei figli d’Israele è più numeroso e più forte di noi. 10 Cerchiamo di essere avveduti nei suoi riguardi per impedire che cresca, altrimenti, in caso di guerra, si unirà ai nostri avversari, combatterà contro di noi e poi partirà dal paese».

Tuttavia, in Genesi 1, 21-22 si diceva che quella era la benedizione che Dio aveva dato agli esseri viventi dopo averli creati con l'invito ad essere fecondi, a moltiplicarsi e a riempire la terra:

21 Dio creò i grandi mostri marini e tutti gli esseri viventi che guizzano e brulicano nelle acque, secondo la loro specie, e tutti gli uccelli alati secondo la loro specie. E Dio vide che era cosa buona. 22 Dio li benedisse: «Siate fecondi e moltiplicatevi e riempite le acque dei mari; gli uccelli si moltiplichino sulla terra».

In Egitto quindi Israele è descritto come un popolo che, dove arriva, riempie la terra, cioè come un popolo benedetto, che è il compimento della creazione di Dio.Il faraone però si oppone alla creazione di Dio e diventa l’anti-creazione. Prima riduce gli ebrei in schiavitù:

11 Perciò vennero imposti loro dei sovrintendenti ai lavori forzati, per opprimerli con le loro angherie,... 12 Ma quanto più opprimevano il popolo, tanto più si moltiplicava e cresceva, ed essi furono presi da spavento di fronte agli Israeliti. 13 Per questo gli Egiziani fecero lavorare i figli d’Israele trattandoli con durezza. 14 Resero loro amara la vita mediante una dura schiavitù,...

Poi ordina alle levatrici e, in seguito, a tutto il popolo di ucciderli::

15 Il re d’Egitto disse alle levatrici degli Ebrei, ...: 16 «Quando assistete le donne ebree durante il parto, osservate bene tra le due pietre: se è un maschio, fatelo morire; se è una femmina, potrà vivere».…20…. Il popolo aumentò e divenne molto forte. … 22Allora il faraone diede quest’ordine a tutto il suo popolo: «Gettate nel Nilo ogni figlio maschio che nascerà, ma lasciate vivere ogni femmina».

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E più gli egiziani ci danno dentro e più il popolo ebreo è incontenibile. Allora il faraone è presentato fin dall’inizio come l’anti-creazione, perché è presentato come quello, insieme al re-imperatore assiro babilonese, che ha l’ardire di presentarsi come incarnazione della divinità.Poi, nella letteratura apocalittica, ci vorrà poco a fare il tris con l’imperatore romano: anche lui, fa le statue, le distribuisce nell’impero e costringe i sudditi ad un culto imperiale.

Allora qual è il collante? Qual è l’idea dell’Egitto? Qual è il progetto dei grandi regni ? È un progetto religioso, è un collante religioso: anche quando non parla esplicitamente di Dio, è qualcosa che interpella e che richiama una mistica.

Allora Dio viene esplicitamente invocato dagli uomini, attraverso espressioni religiose del tipo «Dio salvi la regina» , «Dio benedica l’America», affinché intervenga nelle vicende umane.Anche il presidente americano Bush padre, non più tardi di qualche decennio fa, invocò la benedizione di Dio sulle truppe in partenza per l’Iraq con lo scopo di distruggere il "diavolo" (Saddam Husseim)!C'è chi commenta quest'ultima strumentalizzazione di Dio sostenendo che non è possibile che sia accaduta, perché siamo nell’epoca moderna, post illuministica e dopo altre epoche significative. Sì, ma, purtroppo, non siamo in un'epoca post bellica. Allora, per giustificare una guerra e una guerra di aggressione, occorre un movente teologico, una autorizzazione dall’alto, dal cielo!

Interviene uno dei presenti che sintetizza quest'ultima affermazione di Luca Moscatelli con lo slogan «Dio con noi ».

«Dio con noi», esattamente. «Dio con noi» e ( Luca conclude quello slogan ) «io, comandante in capo, sono rappresentante di Dio sulla terra».Si verificava nell’Europa cristiana ogni volta che gli imperatori chiedevano una benedizione al Papa, non se la davano da soli. Ai giorni nostri nessuno la richiede. Anzi, i Papi si sono un po’ smarcati da quella teologia, l’hanno finalmente riconosciuta come blasfema.Era già però scritto nell’Apocalisse che “la bestia" si accredita in toni religiosi, la bestia intesa come un’emanazione di satana. È la grande idolatria - dice Giovanni nell’Apocalisse -.Noi, però, siamo cascati e e ricascati più volte nella grande idolatria.

Interviene un altro per far presente che quella usata dagli americani ( il "diavolo" Saddam Husseim) per combatterlo era una figura retorica a cui nessuno ci credeva.

Non lo so. Non sono convinto che nessuno ci credesse. Le retoriche, anche quando uno sa che lo sono, perché vengono usate? (Risponde di uno dei presenti ima: funzionano).Le usiamo perché in qualche modo e in qualche momento funzionano. Certo, poi la stessa persona è capace di negare la loro validità.Lì si vede il tipico tratto della modernità di chi dice molte cose, non crede più fino in fondo, crede poco, ci crede per niente, però le dice. Allora ciò è sorprendente. Perché? E in ogni caso l'uso delle retoriche ha funzionato fino a qualche decennio fa: tutto il 900 è stato stravolto da retoriche di tipo religioso, politico-religioso, che hanno provocato milioni di morti.

Era lo spirito, in nome del quale, ad esempio, padri "cattivi" fecero morire milioni di figli… in nome di una "patria!". Lo slogan infatti era: “padre e patria”. Pazzesco!Oggi alcuni sostengono che, però, è brutto che sia tramontata la figura del padre… È vero, ma se ritorniamo indietro a quel periodo e ai danni che i padri fecero nei confronti dei figli, capiamo perché quest'ultimi abbiano voluto difendersi prendendo le distanze da loro.Allora si ribatte che oggi siamo diventati tutti individualisti, perché una volta c’era più spirito di patria.È vero, però in nome di quello, si fecero disastri immani! Si fecero e si fanno ancora, perché noi abbiamo ereditato quello spirito, ci piaccia o no.Questo è un punto interessante: sono retoriche e pur essendone consapevoli, le usiamo.Quella che pratica Salvini, è una retorica? Sicuramente

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Perché la usa? La usa perchè funziona.Vi espongo un caso recente: a seguito di un episodio di cronaca nera, in cui un immigrato latinoamericano ha ferito un capotreno, Salvini ha colto nella gente un po’ di spavento e ha detto: " Adesso,cosa ce ne facciamo di tutti questi… che poi ci tagliano le braccia?".Ha generalizzato un comportamento particolare: "un immigrato ha tagliato un braccio a un capotreno" è diventato "gli immigrati ci tagliano le braccia!” . È stato un attimo.

Perdere la lucidità è un attimo. Generalizzare è un attimo. Poi chi non è abituato a riflettere facilmente arriva a conclusioni sbagliate.

In quel caso la conclusione è stata: i latino americani sono tutti come quell'immigrato squilibrato che ha compiuto quel gesto! Al contrario, si sarebbe dovuto riflettere sul fatto che chi ha commesso quell'episodio era un individuo legato ad una delle gang giovanili che prosperano nel territorio di immigrazione per vari motivi: ad es. quando manca l'integrazione; oppure, comunque, in quella comunità si vuole coltivare un'identità latino americana in contrapposizione alla società presente nel territorio dove si risiede, un'identità che spesso viene manifestata in modo violento. Infatti capita che, pur essendo quello il luogo dove sono nati e cresciuti, o vi sono arrivati piccoli piccoli, non lo sentano "loro", quindi si sentano "fuori" posto e allora reagiscano in modo violento: tutto quello che trovano distruggono. Così agiscono gli immigrati nelle banlieau francesi; sta succedendo qui, in Italia; succede in America, negli Stati Uniti, dove quegli immigrati sono già di terza, di quarta e di quinta generazione: sono nati lì, parlano l'inglese americano e poco lo spagnolo.Eppure c’è una retorica, in quel caso, dell’identità latino americana, che funziona. Eccome se funziona! Funziona così bene che chi la usa è disposto a dare e a prendere la vita altrui, in nome di quella retorica.

Allora, oggi noi abbiamo il problema di essere estremamente sensibili, dopo che tanti hanno fatto esperimenti brutali - che hanno funzionato - di propaganda durante il 900: dobbiamo stare estremamente attenti a non perpetuare l'uso di questa retorica e a non farci condizionare da essa.E allora qual è l’antidoto? Conoscere meglio la realtà, non essere preda di schematizzazioni troppo facili, troppo rassicuranti proponendo “idoli”, come fanno indovini, maghi, negromanti…. persone che si inventano un sapere, una consapevolezza, che di fatto non hanno!

Interviene uno dei presenti sostenendo che è un problema di cultura.

Nella gente ci vuole un po’ più di cultura, certo. Ci vuole un po’ più di cultura e più intellettuali onesti, perché anche molti di loro hanno venduto il corpo, l’anima e anche la mente a chi pagava di più, al padrone del momento. Tra loro ci sono anche intellettuali di una certa formazione, che qualche volta non si sono lasciati coinvolgere direttamente e si sono limitati a tacere. Anche il tacere, che è una omissione, in certi momenti non va bene, perché si deve avere il coraggio di denunciare ciò che non va, anche se ciò che si dice è impopolare.Sono atteggiamenti che riscontriamo ancora ai nostri giorni. Noi siamo un caso, per alcuni aspetti esemplare, di logiche umane che accadono ovunque. Questo, però, non giustifica i nostri comportamernti e neppure quello degli altri.

A proposito di retorica ( propaganda) e di strumenti dicomunicazioni “efficaci” ieri ho sentito alla televisione il commento ad un libro scritto da un esperto di comunicazione che ha studiato la propaganda del califfato, nel quale si dice che dietro all'Isis c’è proprio un pensiero raffinatissimo sul modo di fare i video e di propinarli all’occidente, sul quando e come farli (è la propaganda per terrorizzare l’occidente); e, parallelamente, c'è quella per affascinare alla loro causa ( quella che passa su internet, quella che passa attraverso le persone indottrinate a farlo, ecc.…).

Rispetto a ciò, noi possiamo studiare sotto quel profilo - qualcuno l’ha fatto - addirittura quella che viene chiamata con un termine che sembra asettico, ma non lo è, tutta l’apologetica cristiana, cattolica in particolare.

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Noi cristiani abbiamo elaborato tutto un armamentario concettuale non solo per difenderci dal mondo ma, in realtà, per aggredirlo e farne terra di conquista per il cattolicesimo, non per il vangelo, ma per il cattolicesimo che era ed è ancora un “sistema”. Finché non si spazzano via gli ultimi resti del paradigma tridentino c’è ancora il sistema.Noi cristiani avevamo messo in atto tutto un armamentario di propaganda. Infatti la congregazione per l’evangelizzazione dei popoli si chiamava “Propaganda Fide” . (1)

Dovevamo sottoporci in maniera più avveduta alla critica profetica. Non l'abbiamo fatto colpevolmente. Anzi, a quei tempi, neanche più leggevamo la Bibbia, pensavamo che non ci servisse più e, siccome lo facevano i protestanti, noi non lo facevamo apposta, per essere diversi. E ci siamo persi quel che ci siamo persi!Concludendo l'analisi sulla descrizione che Isaia fa al capitolo 19 riguardo alla crisi economica che nasce da una crisi del creato ( vedi pag. 7) è interessante notare, appunto, che c'è un connubio, una interrelazione profonda tra l’uomo, da una parte, e la natura, il cosmo, ecc… dall'altra parte. Quindi il venir meno di un equilibrio naturale comporta necessariamente una spaventosa crisi economica.Qui, nel testo di Isaia, si parla di disoccupati, di gente che resta senza la materia prima, quindi di conseguenza c'è la crisi dei commerci, ecc…

5Si prosciugheranno le acque del mare,

il fiume si inaridirà e seccherà.6I suoi canali diventeranno putridi,

diminuiranno e seccheranno i torrenti dell'Egitto,canne e giunchi ingialliranno (sfioriranno).7I giunchi sulle rive e alla foce del Nilo

e tutti i seminati (tutte le piante) del Niloseccheranno, saranno dispersi dal vento, non saranno più.8I pescatori si lamenteranno, gemeranno

quanti gettano l'amo nel Nilo,quanti stendono le reti sull'acqua saranno desolati.9Saranno delusi i lavoratori del lino,

le cardatrici e i tessitori impallidiranno;10

i tessitori saranno avviliti,tutti i salariati saranno costernati. È davvero impressionante!.

Poi Isaia riprende:11

Quanto sono stolti i principi di Tanis!I più saggi consiglieri del faraone sono uno stupido consiglio (formeranno un consiglio insensato)Come osate dire al faraone: "Sono figlio di saggi, figlio di re antichi"?12

Dove sono, dunque, i tuoi saggi?Ti rivelino e manifestinoquanto ha deciso il Signore degli esercitia proposito dell'Egitto. (si intende se sono saggi)---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------

(1) La Congregazione per l'evangelizzazione dei popoli (Congregatio pro gentium evangelizatione) è una delle nove congregazioni della Curia romana. Le sue funzioni, in origine, erano attribuite alla Congregazione de Propaganda Fide, istituita da papa GregorioXVcon la bolla Inscrutabili Divinae del 22 giugno 1622, che esercitava anche le funzioni oggi attribuite alla Congregazione per le Chiese orientali. Quest'ultima ne venne separata il 1º maggio 1917; il 15 agosto 1967, con la bolla di Paolo VI Immortalis Dei, ha assunto l'attuale denominazione.11

13Stolti sono i principi di Tanis;

si ingannano i principi di Menfi.Hanno fatto traviare l'Egittoi capi delle sue tribù.14

Il Signore ha mandato in mezzo a lorouno spirito di smarrimento;essi fanno smarrire l'Egitto in ogni impresa,come barcolla un ubriaco nel vomito.15

Non riuscirà (gioverà) all'Egitto qualunque opera faccia:il capo o la coda, la palma o il giunco.

Poi Isaia prosegue così:

16In quel giorno gli Egiziani diventeranno come femmine,

tremeranno e temeranno all'agitarsi della mano (al vedere la mano) che il Signore degli eserciti agiterà contro di loro. 17

Il paese (La terra) di Giuda sarà il terrore degli Egiziani; quando se ne parlerà, ne avranno spavento, a causa del proposito (della decisione) che il Signore degli eserciti ha formulato sopra di esso (ha preso contro di loro).18

In quel giorno ci saranno cinque città nell'Egitto che parleranno la lingua di Canaan e giureranno per il Signore degli eserciti;

una di esse si chiamerà Città del sole (Eliopoli)

(Luca si rivolge alle donne presenti: "scusate sorelle, qui si paga dazio a una cultura un po’ maschilista e patriarcale".)

Vi ricordo che tutte le volte che nella Bibbia c’è la traduzione “Signore”, sotto, c’è il nome proprio del Dio di Israele. Qui il profeta sta dicendo che l’Egitto è votato ad una disfatta, che Giuda avrà un ruolo in quella disfatta e che, tuttavia, in Egitto ci saranno cinque città che parleranno la lingua di Canaan (( l’ebraico) e che giureranno per Jahvè degli eserciti.La Città del sole è la città di Ra che era una delle divinità egizie maggiori.

Allora qualcuno sostiene che qui il profeta dà sostegno e dà un ruolo alla diaspora ebraica, perché c’erano già dei centri ebraici ben prima dell’esilio. Già prima gli ebrei hanno incominciato a sparpagliarsi in giro per il mondo; già prima qualcuno andava in giro, poi si fermava anche lì, in Egitto. Quella era una delle comunità ebraiche sparse un po’ dappertutto.Quindi qui si vuol dire che c’è una presenza ebraica piantata in Egitto. È interessante anche la seguente riflessione: l’Egitto è non solo “il simbolo della schiavitù" per il popolo ebreo, ma è anche, nella storia di Giuseppe," il simbolo del mondo", "nel" quale e "per" il quale Israele deve vivere la sua testimonianza. Infatti qui arriva la questione sorprendente, l’aspetto sorprendente di questo testo di Isaia 19 :

19 In quel giorno ci sarà un altare dedicato al Signore in mezzo al paese (alla terra) d'Egitto e una stele in onore del Signore presso la sua frontiera: 20 sarà un segno e una testimonianza per il Signore degli eserciti nel paese(nella terra) d'Egitto. Quando, di fronte agli avversari, (gli egiziani) invocheranno il Signore(si intende il Dio di Israele), allora egli manderà loro un salvatore che li difenderà e li libererà....

È esattamente quel che si legge di Israele alla fine del cap. 2 di Esodo:23 Nel lungo corso di quegli anni, il re d'Egitto morì. Gli Israeliti gemettero per la loro schiavitù, alzarono grida di lamento e il loro grido dalla schiavitù salì a Dio. 24 Allora Dio ascoltò il loro lamento, si ricordò della sua alleanza con Abramo e Giacobbe. 25Dio guardò la condizione degli Israeliti e se ne prese pensiero (cioè decise di intervenire).

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21Il Signore si rivelerà (si farà conoscere) agli Egiziani e gli Egiziani riconosceranno in quel giorno il Signore, lo serviranno con sacrifici e offerte, faranno voti al Signore e li adempiranno. 22Il Signore percuoterà ancora gli Egiziani ma, una volta colpiti, li risanerà. Essi faranno ritorno al Signore ed egli si placherà e li risanerà.

… "faranno ritorno" è la traduzione letterale di una espressione che vuol dire "si convertiranno" al Signore. Tuttavia è anche interessante tenerla alla lettera: "faranno ritorno" vuol dire che gli egiziani si erano allontanati, vuol dire che erano "suoi" (del Signore), come per altro già si legge nel Libro dell’Esodo, quando al cap. 4, 22-23 si dice:

(È Signore che parla a Mosé) 22Allora tu dirai al faraone: Dice il Signore: Israele è il mio figlio primogenito (non unigenito). 23Io ti avevo detto: lascia partire il mio figlio perché mi serva! Ma tu hai rifiutato di lasciarlo partire. Ecco io faccio morire il tuo figlio primogenito!”.

Quindi il Signore dice che Israele è suo figlio primogenito, non è unigenito.Quindi Dio ha altri figli, ha altri popoli. Anche gli egiziani sono suoi e il Dio di Israele ne ha cura.È il profeta Isaia che parla al popolo eletto facendogli presente cosa succede, sta per succedere e cosa succederà in Egitto.Gli ricorda però che anche il popolo egiziano è “gente di Dio” e che il Signore, il Signore di Israele ne ha cura: vuole la vita degli egiziani, come vuole quella degli Ebrei …come la volle quando erano schiavi in Egitto. Quindi, in quel momento, davanti alla rovina dell’Egitto, Dio si impietosice ed ne ha misericordia.

E qui è l’apoteosi:23In quel giorno ci sarà una strada dall’Egitto verso l’Assiria; l’Assiro andrà in Egitto e l’Egiziano in Assiria, e gli Egiziani renderanno culto insieme con gli Assiri. 24In quel giorno Israele sarà il terzo con l’Egitto e l’Assiria,

una benedizione in mezzo alla terra.

25Li benedirà il Signore degli eserciti (dicendo): "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità".

Infatti per andare dalla Siria all’Egitto bisogna passare per Canaan, bisogna passare per Israele, che sarà il terzo. Proprio al centro del cammino tra la Siria e l’Egitto c’è Israele ed è una benedizione in mezzo alla terra.

Pazzesco! Se questi oracoli sono posteriori alla distruzione di Samaria, del regno del nord, siamo un periodo in cui è minacciato quel che resta di Israele, il regno di Giuda. In ogni caso -mettiamo che sia questo il caso- la Siria ha già distrutto Israele e insidia Giuda. Giuda ha la tentazione di allearsi con gli egiziani per contrastare gli assiri. Il profeta Isaia però rifiuta quell'alleanza e l'invita a riflettere sul fatto che il sistema, lo spirito, il sogno e la retorica degli egiziani sono "viziati". ( In ogni caso, assiri ed egiziani sono i suoi due grandi nemici, perché non si scappa da quella morsa: Israele deve diventare "servitore" degli uni o degli altri, per aver ragione del nemico che a quel punto diventa nemico comune).(2) Bene, in quella situazione, il profeta esorta Israele a non farsi abbagliare dalla potenza degli egiziani, perché "è malata" e glielo dimostra, spiegandogli "come" e "dove".Poi , però, aggiunge che non deve godere della loro distruzione, perché sono fratelli! Questo è pazzesco: nella prospettiva del governo della storia da parte di Dio, Israele è destinato a fraternizzare e a fare un culto al Signore "insieme" agli assiri e agli egiziani, senza escluderli.---------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------------- (2) Nel 701 a.C. Ezechia di Giuda formò un'alleanza con l'Egitto contro l'Assiria, e Sennacherib di conseguenza si mosse verso Gerusalemme, distruggendo 46 città sul suo cammino. La vicenda viene descritta in Isaia 10,5-15.27b-32; i fatti accaduti in seguito non sono chiari (la Bibbia dice che un angelo del Signore colpì l'esercito assiro a Gerusalemme; Erodoto afferma che furono decimati da una malattia diffusa dai topi d'Egitto; gli storici moderni danno credito alla teoria della pestilenza); tuttavia, ciò che è certo, è che l'esercito invasore fu in qualche modo decimato, e che Sennacherib non riuscì a catturare Gerusalemme.

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Interviene uno dei presenti che vuole conoscere in quale periodo storico avviene questa vicenda

Anche su questo punto c’è un dibattito: .per qualcuno questi oracoli sono post esilici, o contemporanei, o addirittura posteriori a quello che sembra essere il Secondo Isaia. Quindi, in quest'ultimo caso, sarebbero degli oracoli post evento: è già successo tutto e in qualche modo ricostruiscono la logica di quello che è successo; - per qualcun altro, invece, (e questa ipotesi è la più frequente) sono piazzati lì, nella Bibbia, poco prima dell’esilio babilonese del regno di Giuda: molta parte del resto di Israele è già stato distrutto dagli assiri, comandati dal re Sennacherib. Giuda quindi non è ancora caduta sotto i colpi del re babilonese Nabucodonosor.

In entrambi i casi, comunque, la minaccia viene da nord, dagli assiri e dai babilonesi, non dagli egiziani.Qui, nel testo, il profeta però dice che degli egiziani non ci si deve fidare, almeno sotto il profilo della loro potenza politica: è corrotta e corromperebbe anche loro e li trascinerebbe in una idolatria. Nonostante quell'errore di Isaia, non è che i profeti non fossero capaci di suggerire ai re di Israele una politica di buon senso, una realpolitik. Infatti avevano continuamente invitati i re del nord e quelli del sud a restare neutrali, perché punto fondamentale per gli ebrei era dover sopravvivere; e non essendo potenti non dovevano "spaventare" i loro nemici. Avrebbero dovuto, in qualche modo, barcamenarsi tra quelle grandi potenze nemiche senza cedere al loro fascino (ritenendo che fossero abitate da uno spirito divino capace di dar loro grandezza, potenza, ecc... ) e vendersi a qualcuna di loro…Non solo, non avrebbero dovuto guardare con godimento al loro venir meno.Ciò mi sembra straordinario perché, in ogni caso ( o prima, o durante o dopo il suo esilio) il popolo d'Israele aveva mille e una ragione di essere risentito nei confronti di quei nemici che gli avevano comunque fatto del male.

A tale proposito vale davvero ricordare l’immagine geniale del profeta che scrive il Libro di Giona:il Signore dice ad un israelita, Giona, di andare a predicare ( denunciando la malvagità degli abitanti) a Ninive, città assira che, insieme a Babilonia e alle città dell'Egitto (non una in particolare), è il simbolo del male dell’aggressione nei confronti di Israele. E allora lì la questione diventa veramente sovrumana: è lì che si capisce che è divina, appunto, è lì che si capisce che questo spirito non è uno spirito fintamente divino, ma veramente divino, perché invita a fare ciò che non ci viene per niente in mente: avere a cuore il destino di Ninive, ma non desiderare che venga distrutta. È un po’ impressionante!

Pensate anche a come parla il Libro l’Apocalisse a proposito di Roma. Parla così anche di Gerusalemme, di per sè, perché la grande "prostituta" è sicuramente Roma, ma forse anche Gerusalemme lo è. Comunque, Roma che cosa diventa? Roma diventa la Chiesa di riferimento della cristianità! È pazzesco: ma come è possibile che nel cuore della grande " prostituta" (Roma) Dio impianti la Chiesa di Pietro e di Paolo, morti martiri di Dio? Che ironia!

E che dire di Gerusalemme, città nella quale si uccide il Figlio di Dio? Viene eliminata e maledetta nella prospettiva cristiana? No! Assolutamente no! Anzi, in Ap 21,2 Giovanni vede la " nuova" Gerusalemme che scenderà dal cielo, quale immagine simbolo della salvezza escatologica:

2 Vidi anche la città santa, la nuova Gerusalemme, scendere dal cielo, da Dio, pronta come una sposa adorna per il suo sposo. 3 Udii allora una voce potente che usciva dal trono:«Ecco la dimora di Dio con gli uomini!Egli dimorerà tra di loroed essi saranno suo popoloed egli sarà il "Dio-con-loro".

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Ecco, bisogna che ci alleniamo a questa "ginnastica mentale". E la Bibbia ce la fa fare sempre, non ci acquieta in uno schema di giudizio netto, definito e sempre uguale, secondo il quale gli uomini vengono suddivisi in due gruppi: da una parte "i buoni" senz’altro e sempre; dall'altra "i cattivi" senz’altro e sempre. No, no! Tuttavia, ciò che veramente mi lascia di stucco e mi commuove è quanto segue: Dio dice, attraverso il profeta Isaia, al "suo" popolo, che è sottoposto alla minaccia assira-babilonese ed egiziana, che anche quelli sono popoli "suoi" e che, nel Suo desiderio, dovranno ritrovarsi "uniti" nel culto al Signore: la Siria si incontrerà con l’Egitto, grazie alla mediazione di Israele:

24 In quel giorno Israele sarà il terzo con l'Egitto e l'Assiria, una benedizione in mezzo alla terra.

"Israele sarà il terzo" non vuol dire che quei due popoli si incontrano e poi Israele, se ne ha voglia, fa il terzo. No, Israele è "il luogo dell’incontro", perché è il luogo dove il popolo assiro deve passare per andare in Egitto e quello egiziano deve passare per andare in Assiria. Lì si incontrano. Allora si ridisegna esattamente il ministero del popolo "eletto": il popolo d'Israele è stato "eletto" per essere " luogo di incontro" tra nemici, nemici non solo suoi, ma anche nemici tra loro.

Qui non c’è scritto: "amate i vostri nemici ". Quello sarà il passo clamoroso, in quanto esplicitamente formulato, da Gesù di Nazareth, che invierà i suoi discepoli presso tutti i popoli. Saranno odiati, ma loro annunceranno la “ buona notizia” della salvezza e non “distruzione e morte”. Poi ci saranno anche distruzioni, terremoti, guerre, ecc.... , purtroppo la storia è fatta così, anche da eventi negativi. Dentro la storia Gesù invia i discepoli ad annunciare la salvezza.E, se gli uomini vogliono, possono distruggersi? Si. Distruggeranno gli apostoli e si distruggeranno anche loro. Si distruggeranno, perché il male è distruzione.Il male è la distruzione; il male è anche godere della distruzione. Alla fine un potente capisce - lo capisce, perché se è arrivato ad essere potente non è uno stupido - capisce che il male implode, ma almeno ci gode. Il suo è un continuo andare al rialzo, come fa il famoso giocatore descritto nel "Il giocatore" di Dostoevskij: rischiare tutto e poi ripianare il debito.Il potente, quando capisce che si sta rovinando, continua ad alzare la posta fino a quando avviene il tonfo. Diventa un essere destinato alla morte, ormai vive un cupio dissolvi, cioè il godimento dell’annientamento non solo altrui, ma anche proprio: a lui non importa se deve morire.

Isaia prosegue:25

Li benedirà il Signore degli eserciti: "Benedetto sia l'Egiziano mio popolo, l'Assiro opera delle mie mani e Israele mia eredità".

Sappiamo che, per il Primo Testamento, "benedire" da parte di Dio è "dare vita". La benedizione è la fecondità. Quindi qui,al vers. 25, il profeta dice che

- l’egiziano “é popolo di Dio” come lo è l’assiro e Israele , naturalmente;- Israele ha un ruolo di mediazione, di intermediario, di intercessore.

Tuttavia lo scopo è che anche l’Egitto viva, che anche la Siria viva e che Israele viva.Quindi, se in quei popoli c’è la morte, non si incominci a dire che la causa è Dio che li fa morire e che gli sta bene. Se si ragiona così - dice Isaia - si capisce nulla, perché " Dio vuole la vita", anche la vita di quei popoli.

Facciamo un esempio attuale (e sarà bene che riflettiamo, se ancora non l’abbiamo ancora fatto, interrogandoci sul perché non l’abbiamo fatto… certo non per pietà!) chiedendoci: sarà bene, prima o poi, coalizzarsi contro l’ISIS e fermare quella minaccia? Forse sì.Quella coalizione contro l’ISIS andrà fatta con odio? Senz’altro no!Capisco che combattere senza odio, è quasi impossibile, però bisognerà sforzarsi di farlo, perché altrimenti la logica del male non si spezza.

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Interviene una delle presenti per chiedere se la Chiesa può quindi diventare intermediario.

Facciamo l’esempio di Abramo: Abramo è "benedetto" - meglio - è "chiamato da Dio", è "mandato", perché possa essere motivo di benedizione per tutte le famiglie della terra. Il testo di Genesi 12,3 dice così:

3 Benedirò coloro che ti benedirannoe coloro che ti malediranno malediròe in te si diranno benedettetutte le famiglie della terra».

Dopo, andando avanti nella narrazione, in Genesi 18, noi incappiamo nel seguente episodio:Dio ha deciso di distruggere Sodoma. Possiamo immaginare l'imbarazzo di Dio verso Abramo: non può non comunicare la sua decisione al suo "eletto", perché lo ha scelto esattamente per essere "benedizione per tutte le famiglie della terra", quindi anche per Sodoma. Se "benedizione" vuol dire "vita" e Dio ha deciso di distruggere Sodoma, cioè di farla morire, non può non comunicare ad Abramo la Sua intenzione di distruggerla, perché la vita o la morte di qualcuno lo riguarda, l'ha scelto opposta!

1 Poi il Signore apparve a lui alle Querce di Mamre, mentre egli sedeva all'ingresso della tenda nell'ora più calda del giorno. 2 Egli alzò gli occhi e vide che tre uomini stavano in piedi presso di lui. Appena li vide, corse loro incontro dall'ingresso della tenda e si prostrò fino a terra, 3 dicendo: «Mio signore, se ho trovato grazia ai tuoi occhi, non passar oltre senza fermarti dal tuo servo. ...16 Quegli uomini si alzarono e andarono a contemplare Sòdoma dall'alto, mentre Abramo li accompagnava per congedarli. 17 Il Signore diceva: «Devo io tener nascosto ad Abramo quello che sto per fare, 18 mentre Abramo dovrà diventare una nazione grande e potente e in lui si diranno benedette tutte le nazioni della terra? 19 Infatti io l'ho scelto, perché egli obblighi i suoi figli e la sua famiglia dopo di lui ad osservare la via del Signore e ad agire con giustizia e diritto, perché il Signore realizzi per Abramo quanto gli ha promesso».

Dio allora gliela comunica:20 Disse allora il Signore: «Il grido contro Sòdoma e Gomorra è troppo grande e il loro peccato è molto grave. 21 Voglio scendere a vedere se proprio hanno fatto tutto il male di cui è giunto il grido fino a me; lo voglio sapere!».33 Poi il Signore, come ebbe finito di parlare con Abramo, se ne andò e Abramo ritornò alla sua abitazione.

Abramo cosa fa? D'istinto intercede:22 Quegli uomini partirono di lì e andarono verso Sòdoma, mentre Abramo stava ancora davanti al Signore. 23 Allora Abramo gli si avvicinò e gli disse: «Davvero sterminerai il giusto con l'empio? 24 Forse vi sono cinquanta giusti nella città: davvero li vuoi sopprimere? E non perdonerai a quel luogo per riguardo ai cinquanta giusti che vi si trovano? 25 Lungi da te il far morire il giusto con l'empio, così che il giusto sia trattato come l'empio; lungi da te! Forse il giudice di tutta la terra non praticherà la giustizia?».

Abramo riconosce che la città è malvagia, ma fa presente a Dio che non può distruggerla, se si riesce a trovare 50 giusti che l'abitano. Tra l’altro Abramo "raddoppia", perché è come se dicesse: «Io, che sono eletto, sono qui a intercedere per Sodoma; ma dentro Sodoma ci sono dei giusti la cui esistenza è già un'intercessione presso di Te, cioè quei giusti "giustificano" Sodoma e la salvano dalla distruzione».Dio non deve distruggere Sodoma, non perché è Abramo a chiederglielo, ma perché in città ci sono, forse, 50 giusti: nel caso in cui venissero distrutti insieme, verrebbe messa in discussione la giustizia di Dio. Per quei giusti (sono 50 poi, nei successivi dialoghi, scendono a 45…40… 30… 20… 10) Dio non può distruggerla. Il Signore, di volta in volta, acconsente ed è disposto a perdonarla:

... 26 Rispose il Signore: «Se a Sòdoma troverò cinquanta giusti nell'ambito della città, per riguardo a loro perdonerò a tutta la città». 27 Abramo riprese e disse: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore, io che sono polvere e cenere... 28 Forse ai cinquanta giusti ne mancheranno cinque; per questi cinque distruggerai tutta la città?». Rispose: «Non la distruggerò, se ve ne trovo quarantacinque». 29 Abramo riprese ancora a parlargli e disse: «Forse là se ne troveranno quaranta». Rispose: «Non lo farò, per riguardo a quei quaranta». 30 Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora: forse là se ne troveranno trenta». Rispose: «Non lo farò, se ve ne troverò trenta». 31 Riprese: «Vedi come ardisco parlare al mio Signore! Forse là se ne troveranno venti». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei venti». 32 Riprese: «Non si adiri il mio Signore, se parlo ancora una volta sola; forse là se ne troveranno dieci». Rispose: «Non la distruggerò per riguardo a quei dieci».

16

Un midrash rabbinico sostiene che Abramo è da rimproverare, perché s’è fermato a 10, doveva andare avanti a contrattare: doveva arrivare a 5 giusti… doveva arrivare a 2!

E Paul Beauchamp in L'UNO E L'ALTRO TESTAMENTO VOL 2 aggiunge che "Uno", Gesù di Nazareth, ha salvato tutti!

È sicuro che è così, altrimenti l'"elezione" sarebbe una ingiustizia. Infatti un ebreo potrebbe interrogarsi sul perché Dio ha scelto proprio loro e non altri. Perché ha scelto Israele e non gli egiziani? Israele stesso se lo chiede in Deuteronomio 7,7-9:

7 Il Signore si è legato a voi e vi ha scelti, non perché siete più numerosi di tutti gli altri popoli - siete infatti il più piccolo di tutti i popoli -, 8 ma perché il Signore vi ama e perché ha voluto mantenere il giuramento fatto ai vostri padri, il Signore vi ha fatti uscire con mano potente e vi ha riscattati liberandovi dalla condizione servile, dalla mano del faraone, re di Egitto. 9 Riconoscete dunque che il Signore vostro Dio è Dio, il Dio fedele, che mantiene la sua alleanza e benevolenza per mille generazioni, con coloro che l'amano e osservano i suoi comandamenti;

Quelli (gli egiziani) erano più forti, più numerosi, più civili, più sapienti, perché ha scelto gli ebrei? Dio ha scelto gli ebrei perché li ama. Ma è abbastanza dire così? No, perché non solo li ama, ma li incarica anche di essere nella storia la mediazione della sua volontà salvifica per tutti gli altri popoli.

La volontà di Dio è salvifica ed è per tutti: è un'affermazione faticosa da capire e da accettare per Israele; lo è altrettanto per la Chiesa, tanto che, ancora oggi, siamo in cammino su questo argomento.Tuttavia dobbiamo arrivare ad averne una piena consapevolezza.… Altrimenti si arriva a concludere che l’elezione è una ingiustizia. A tale proposito Agostino si fermerà lì e dirà che ci sono alcuni predestinati alla salvezza e altri non lo sono. Purtroppo, il grande Agostino, che ha fatto buone riflessioni, qualcuna l’ha proprio toppata!

Uno dei presenti commenta quest'ultima riflessione di Luca Muscatelli " La volontà di di Dio è salvifica ed è per tutti" aggiungendo che bisogna ricordarla ai ciellini.

Bisognava anche ricordarla a qualche pontefice che era particolarmente innamorato di Agostino.Lì, lo schema contrappositivo è chiarissimo: la città di Dio contrapposta alla città degli uomini.Quello è un bello schema che giustifica tante cose, però fa perdere di vista un punto fondamentale del Vangelo, quello secondo il quale ci si domanda come leggere, per esempio, il martirio.

Il martirio è affermare ad esempio che chi ha ammazzato qualcuno è dannato, non subito, ma verrà il giorno della sua dannazione. Dov’è la differenza, per esempio, tra il modo in cui viene ritratto il martire ebreo nel Libro dei Maccabei e quello in cui viene ritratto, per non dire Gesù, Stefano nel Libro degli Atti?

La differenza è la seguente: il martire ebreo muore spesso con una minaccia sulla bocca rivolta all’oppressore:(2 Mac 7):

Giunto all'ultimo respiro, (il primo figlio) disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».... 9 Giunto all'ultimo respiro, (il secondo figlio)disse: «Tu, o scellerato, ci elimini dalla vita presente, ma il re del mondo, dopo che saremo morti per le sue leggi, ci risusciterà a vita nuova ed eterna».... 10 Dopo costui fu torturato il terzo, che alla loro richiesta mise fuori prontamente la lingua e stese con coraggio le mani 11 e disse dignitosamente: «Da Dio ho queste membra e, per le sue leggi, le disprezzo, ma da lui spero di riaverle di nuovo»;... 13 Fatto morire anche costui, si misero a straziare il quarto con gli stessi tormenti. 14 Ridotto in fin di vita, egli diceva: «E' bello morire a causa degli uomini, per attendere da Dio l'adempimento delle speranze di essere da lui di nuovo risuscitati; ma per te la risurrezione non sarà per la vita». 15 Subito dopo, fu condotto avanti il quinto e fu torturato. 16 Ma egli, guardando il re, diceva: «Tu hai potere sugli uomini, e sebbene mortale, fai quanto ti piace; ma non credere che il nostro popolo sia stato abbandonato da Dio. 17 Quanto a te, aspetta e vedrai la grandezza della sua forza, come strazierà te e la tua discendenza».

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18 Dopo di lui presero il sesto; mentre stava per morire, egli disse: «Non illuderti stoltamente; noi soffriamo queste cose per causa nostra, perché abbiamo peccato contro il nostro Dio; perciò ci succedono cose che muovono a meraviglia. 19 Ma tu non credere di andare impunito dopo aver osato di combattere contro Dio»....30 Mentre essa ( la madre) finiva di parlare, il giovane (il settimo) disse: «Che aspettate? Non obbedisco al comando del re, ma ascolto il comando della legge che è stata data ai nostri padri per mezzo di Mosè. 31 Ma tu, che ti fai autore di tutte le sventure degli Ebrei, non sfuggirai alle mani di Dio. 32 Per i nostri peccati noi soffriamo. 33 Se per nostro castigo e correzione il Signore vivente si adira per breve tempo con noi, presto si volgerà di nuovo verso i suoi servi. 34 Ma tu, o sacrilego e di tutti gli uomini il più empio, non esaltarti invano, agitando segrete speranze, mentre alzi la mano contro i figli del Cielo; 35 perché non sei ancora al sicuro dal giudizio dell'onnipotente Dio che tutto vede. 36 Gia ora i nostri fratelli, che hanno sopportato breve tormento, hanno conseguito da Dio l'eredità della vita eterna. Tu invece subirai per giudizio di Dio il giusto castigo della tua superbia. 37 Anche io, come gia i miei fratelli, sacrifico il corpo e la vita per le patrie leggi, supplicando Dio che presto si mostri placato al suo popolo e che tu fra dure prove e flagelli debba confessare che egli solo è Dio; 38 con me invece e con i miei fratelli possa arrestarsi l'ira dell'Onnipotente, giustamente attirata su tutta la nostra stirpe».

Il martire cristiano, come nel caso di Santo Stefano, muore chiedendo a Dio di perdonare i suoi persecutori:

(At 7,59-60) 59

Mentre gli scagliavano addosso le pietre, Stefano pregava così: 'Signore Gesù, accogli il mio spirito'. 60

E cadendo in ginocchio, gridò forte: 'Signore, non tener conto di questo loro peccato'. Poi morì.

Quale cambiamento è avvenuto tra il martire ebreo e quello cristiano? Gesù di Nazareth, col suo esempio, ha mostrato un radicale cambiamento del martire nei confronti dei suoi persecutori: (Lc 23,34) :34 E Gesù diceva: Padre, perdona loro, perché non sanno quello che fanno. E se non si arriva lì, si "perde " il vangelo.Dopo di che uno potrebbe affermare che, conoscendo i propri limiti, non è capace di morire così, come un martire. E allora tutta la grande teologia riconosce che il martire è assistito da una grazia particolare. ( Se per me dovesse venire quel momento, spero che il Signore mi aiuti a morire come Gesù).

Uno dei presenti chiede se si possono considerare “martiri” come quelli cristiani, anche i non credenti.

Naturale. Poi questa è un'altra questione, che tra l’altro attiene al testo di Isaia che analizziamo:se ci sono popoli "eletti" che non sono semplicemente Israele o la Chiesa, ma anche, addirittura, tutti gli altri, se ci sono dei giusti che non sono solo dentro Israele o la Chiesa, ma anche fuori, è ovvio che ci siano dei martiri non solo in Israele e nella Chiesa, ma anche fuori… sicuramente, sebbene, a volte, non abbiamo gli occhi per vederli! E vanno riconosciuti come martiri.A chi contesta quest'ultima affermazione e chiede il motivo del perché si deve riconoscere "martire" anche chi è “fuori” dalla Chiesa e giustifica la sua non accettazione appellandosi al significato di " martire" che vuole dire "testimone", concludendo perciò che martire è “solo” chi è testimone della fede cristiana, gli si risponde che " martire è chi è testimone della fede nel Padre e della fede in una fraternità tra gli uomini. Questa è la fede che salva, la fede decisiva, la stessa fede a cui si appellava Gesù quando predicava il Regno!... E c’è gente che è capace di morire per questa fede... E di morire per questa fede in una maniera assolutamente non violenta: è successo e succederà.

Tuttavia, coloro che non vogliono riconoscere i martiri al di fuori dalla Chiesa obiettano che non si può riconoscere come "martiri" coloro che "tecnicamente" non erano cristiani →non li riconoscono per principio e non mettono in discussione le proprie certezze); oppure erano cristiani, ma siccome sono stati uccisi per un motivazione politica (avevano difeso, per esempio, i contadini espropriati, ecc…) o in quanto sindacalisti, quindi non è da considerarsi " martirio" la loro morte, perché non sono stati uccisi in odio alla fede.

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Accidenti! Essere stati uccisi in odio all’umanità dei campesinos che cos’è? Morire per la causa dei campesinos, nostri fratelli: questa è la fede, perché

1°- i campesinos sono nostri fratelli, perché Dio è Padre di tutti;2°- non nascondiamoci dietro un dito! Sulla Croce di Gesù hanno messo una motivazione politica: INRI, iniziali dell'espressione latina "Iesus Nazarenus Rex Iudaeorum" (letteralmente, "Gesù il Nazareno, Re dei Giudei" . “Gesù Nazzareno re dei giudei”: la motivazione, che è stata messa sulla testa di Gesù o appesa al suo collo ( non lo sappiamo esattamente) era politica. Quindi i primi martiri cristiani venivano condannati dai tribunali romani come atei e come pericolosi per l’impero, perché il loro ateismo li emancipava dal culto all’imperatore."Ma questi chi credono di essere? - dicevano di loro - non prestano culto a colui al quale debbono la loro vita!". I cristiani, quando ribattevano facendo presente che dovevano la propria vita non all’imperatore, ma a Dio Padre, venivano accusati di essere atei. La motivazione, però era schiettamente politica: i cristiani erano ritenuti un pericolo per l'impero!

Purtroppo queste vicende sono state dimenticate…

Addirittura, a taluni non è bastato riconoscere come "martire" (testimone della fede) neppure chi è stato ammazzato mentre celebrava messa, durante l'elevazione dell’Ostia! Quello è il caso dell'arcivescovo salvadoregno Oscar Romero, assassinato il 24 marzo 1980.Qualcuno di loro sostiene che l’hanno ucciso perché era un comunista!Da allora sono trascorsi 30 anni e più perché il più evidente dei martiri fosse riconosciuto tale.

(Papa Francesco, con proprio decreto del 3 febbraio 2015, ha riconosciuto il martirio in odium fidei di monsignor Romero, che è stato elevato alla gloria degli altari, come beato, in una solenne celebrazione in San Salvador, il 23 maggio 2015).

A qualcuno che giustifica quel ritardo sostenendo che in quella vicenda c'era troppa politica, si deve rispondere che il problema è inverso: si deve dimostrare come uno che prende sul serio il vangelo di Gesù non abbia, nella sua testimonianza, implicazioni politiche. Le ha per forza...anche se sta chiuso in un monastero: basta che scriva, o che predichi alla gente che lo raggiunge nel luogo dove si trova , lì c'è già un'implicazione politica. Se, ad esempio, condanna chi sfrutta il salariato, c’è subito qualcuno che lo taccia d'essere un comunista! E’ pazzesco, anche perché la condanna dello sfruttamento del salariato è scritta in Amos,( 3) che il comunismo non sapeva neanche che cosa fosse.

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( 3) (Amos 8,4-7):4 Ascoltate questo, voi che calpestate il poveroe sterminate gli umili del paese,5 voi che dite: «Quando sarà passato il novilunioe si potrà vendere il grano?E il sabato, perché si possa smerciare il frumento,diminuendo le misure e aumentando il sicloe usando bilance false,6 per comprare con denaro gli indigentie il povero per un paio di sandali?Venderemo anche lo scarto del grano».7 Il Signore lo giura per il vanto di Giacobbe:certo non dimenticherò mai le loro opere.

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Uno dei presenti chiede chiarimenti su un'affermazione fatta all'inizio della lectio da Luca Moscatelli:«Dio governa la storia, ma non con gli eserciti ». Poi però si leggono affermazioni tipo " Dio degli eserciti". Più che altro si vuol sapere quale significato dare a " il governo di Dio": pur sapendo che il suo significato è diverso da quello attuale, si chiede se è da intendersi come "un fare andare le cose come vuole Lui" (a tal proposito si ricorda un detto popolare che diceva: "Non si muove foglia che Dio non voglia") ; oppure - da come è stata capita la spiegazione di Luca - " il governo di Dio" viene a coniugarsi con una libertà sempre più crescente dell'uomo. È il governo di Dio che libera, anche nei ruoli: ad esempio togliere ricchezza ad Israele (popolo privilegiato), vuol dire anche liberarlo, in un certo senso, da una condizione di protezione ( sentirsi popolo eletto) per renderlo più responsabile.

Si usa la parola "governo"della storia da parte di Dio - ma io mutuo la parola “governo”da altri studi - per dire due cose:

1 - certamente Dio è presente nella storia umana, l’ha sposata, non può mollarla e non l’abbandona; neanche la guarda semplicemente dall’alto, ma è proprio dentro. Infatti dire che «Gesù è la piena rivelazione di Dio - e aggiungere - in quanto si è incarnato» è riconoscere che l’incarnazione era già una logica presente nella rivelazione di Dio in Israele: è un Dio che vuole incarnarsi, che " - vuole abitare la storia degli uomini, "piantare la sua tenda" - come si leggerà in Giovanni 1,14, citando l’Esodo:

14 E il Verbo si fece carne e venne ad abitare (venne ad abitare in greco è "eskènosen", cioè "piantò la sua tenda") in mezzo a noi;

Quindi dire "il regno di Dio" è dire che "Dio è presente nella storia" e che Dio è presente nella storia in maniera efficace, cioè Dio regna.

Il " regno di Dio" vuol dire che Dio regna e, in questo senso, governa;

2 - Il problema però è che la metafora di "un Dio che regna e quindi governa", appena viene applicata al Dio di Israele, viene immediatamente sconvolta: non si può rinunciare all'idea di un Dio che regna e quindi governa, come non si può rinunciare a chiamare Dio "Signore" ("Signore" vuol dire "padrone"). E tuttavia Gesù insiste con un'altra spiegazione della metafora:

« Sto in mezzo a voi come colui che serve» (Lc 22,27) e « chi vede me vede il Padre »(Gv 12 , 44-45). 4 Sorse anche una discussione, chi di loro (gli apostoli) poteva esser considerato il più grande. 25 Egli (Gesù) disse: «I re delle nazioni le governano, e coloro che hanno il potere su di esse si fanno chiamare benefattori. 26 Per voi però non sia così; ma chi è il più grande tra voi diventi come il più piccolo e chi governa come colui che serve. 27 Infatti chi è più grande,chi sta a tavola o chi serve? Non è forse colui che sta a tavola? Eppure io sto in mezzo a voi come colui che serve

44 Gesù allora gridò a gran voce: «Chi crede in me, non crede in me, ma in colui che mi ha mandato; 45 chi vede me, vede il Padre che mi ha mandato.

Riguardo l'essere chiamato “ Signore”, Gesù precisa che gli sta bene, ma intende "Signore” non come colui che è servito, ma come colui che serve. E lo dimostra con l'esempio di lavare i piedi agli apostoli. (Gv 13 , 13)12 Quando dunque (Gesù)ebbe lavato loro(agli apostoli) i piedi e riprese le vesti, sedette di nuovo e disse loro: «Sapete ciò che vi ho fatto? 13 Voi mi chiamate Maestro e Signore e dite bene, perché lo sono. 14 Se dunque io, il Signore e il Maestro, ho lavato i vostri piedi, anche voi dovete lavarvi i piedi gli uni gli altri. 15 Vi ho dato infatti l'esempio, perché come ho fatto io, facciate anche voi. Gesù approva che gli apostoli lo chiamino Maestro e Signore ( padrone), ma con l'esempio e con le parole fa presente di essere in mezzo a loro come uno che serve!

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E chi ha mai visto un "patriarca", ad esempio, mettersi a servire a tavola? Gesù, però, lo descrive così, capite?. A proposito di Dio, c'è allora chi propone di non chiamarlo più "Signore" … No, è importante usare la parola "Signore" per dire che Lui è davvero è l’origine, Lui davvero è il Padre, Lui davvero è colui che accompagna la storia degli uomini e, tuttavia, non come un imperatore: il suo regno non è come i regni di questo mondo - lo dirà chiaramente Gesù (figlio di Dio) davanti a Pilato .In Giovanni 18 , 36 si legge:

36 Rispose Gesù: «Il mio regno non è di questo mondo; se il mio regno fosse di questo mondo, i miei servitori avrebbero combattuto perché non fossi consegnato ai Giudei; ma il mio regno non è di quaggiù»

I profeti, da parte loro, cominciano a porre il germe dell'intuizione che avrà Gesù. Infatti Gesù l’ha poi imparata leggendo le Scritture di Israele.

Uno dei presenti vuol sapere come gli ebrei s'immaginavano Dio.

Detta così, gli ebrei risponderebbero: "Guai ad immaginarsi Dio!" perché il rischio era quello di morire. Che non vuol dire però… (Luca viene interrotto da chi gli ha posto la domanda, che la corregge in: Dio, come lo pensavano? ).

Sì, gli ebrei pensavano e pensano Dio, chiamandolo, ad esempio, "marito" , "sposo"… Applicano a Dio una serie di metafore. E le metafore sono immagini. Il problema, però, di " non farsi immagini di Dio", non vuol dire non farsene qualcuna, ma bensì non fissarsi su una in particolare; non si deve cioè pretendere di " chiudere" Dio in qualche immagine : appena si dice che Dio è Padre, siccome la applichi a Lui questa immagine, si deve essere disposti a cambiare definizione.

Di nuovo interviene chi aveva posto la domanda dicendo che era stato Gesù a chiamare Dio con l'appellativo di "Padre".

Nel Primo Testamento, addirittura, si parla di Dio come di una "Madre", proprio in Isaia. Forse tratterete l'argomento con fra Luca, comunque anch' io avrò modo di ritornare alle definizioni di Dio, visto ad esempio come "consolatore", "madre", "misericordioso", ecc… Quelle sono immagini isaiane. Quindi la definizione di Dio "Padre" risale a prima di Gesù.

Perché non c’è una denominazione di Dio così chiara e schietta come invece si produrrà nel cristianesimo?Israele aveva un enorme paura a definire Dio in modo chiaro e schietto, meglio aveva, più forte dei cristiani, l’esigenza di marcare una differenza tra sé e gli altri popoli. Allora, siccome la divinità maggiore dei babilonesi era chiamata “padre”, siccome così venivano denominate alcune divinità dei popoli vicini ( in particolare così era definita una divinità in Egitto, una divinità della quale il faraone si concepiva figlio), allora negli ebrei c’era un po’ il timore ad usare quell'appellativo per Dio.Da « La Bibbia di Gerusalemme»:

A proposito del re, ci sono dei salmi (2; 72; 110) che possono essere stati salmi di intronizzazione. Il re è detto figlio adottivo di Dio; il suo regno sarà senza fine; la sua potenza si estenderà fino all'estremità della terra; farà trionfare la potenza della giustizia; sarà il salvatore del suo popolo. Simili espressioni possono sembrare esagerate, ma non oltrepassano ciò che popoli vicini dicevano del loro sovrano e ciò che Israele sperava del suo. In Israele, però il re riceve l'unzione che fa di lui il vassallo di Jahve, il suo rappresentante sulla terra. Egli è l'unto di Jahve, in ebraico il «Messia» ; e questo rapporto religioso contratto con Dio specifica la concezione israelita della regalità e la differenzia da quelle attestate in Egitto o in Mesopotamia, nonostante l'uso di una fraseologia comune.

Nel salmo 2, 7 si dice a proposito dell'intronizzazione del re: 7 Annunzierò (prende la parola il Messia) il decreto del Signore. Egli mi ha detto: « Tu sei mio figlio, io oggi ti ho generato”,…

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Consacrandolo re, Dio ha dichiarato Israele «suo figlio», secondo una formula familiare all'antico Oriente, però - attenzione! - non nel senso in cui lo intendevano gli altri popoli. Quindi negli ebrei c'era una prudenza a usare certi simboli per definire Dio, ma ciò non vuol dire che non lo pensassero in quei termini, assolutamente. Di conseguenza succede che, durante la storia degli ebrei e soprattutto nella loro storia post esilica, la profezia si ponga forte la seguente domanda sul “governo” di Dio in rapporto alla condizione del popolo ebreo:

Dio non soltanto aveva permesso il suo esilio, ma anche lo ha fatto ritornare, sia pure un piccolo resto. Allora, si pensava che ritornasse tutto come prima e meglio di prima ( "in termini mondani" direbbe san Paolo) e invece niente si è avverato: si ritrovano nel proprio paese con niente, neanche la propria monarchia, in pochi, assaliti come prima da altri popoliAllora, in quella situazione, la loro domanda a Dio diventa acuta e dice: "Ma tu governi la storia o no?".

La risposta sarà: Dio è presente nella storia, ma non la governa come un imperatore che fa accadere gli eventi. In Gesù questa affermazione sarà chiarissima.

Oggi alcuni teologi ci suggeriscono questa considerazione, in analogia con l’atto creativo di Dio che crea il mondo e poi lo mette nelle nostre mani: l’ultimo capitolo dell’incarnazione di Dio siamo noi: a noi Dio ha dato il suo Spirito, a noi ha dato la responsabilità di rendere Dio presente nella storia.Dio arretra, lascia spazio, la sua presenza è questa; non è la presenza di un essere dotato di super poteri che interviene, spacca, mette a posto, risolve i problemi; dove non ci arriva con la forza, ci arriva con la magia. Quello lì, però, è il pensiero delle fiabe che serve al bambino perché ha bisogno di un pensiero magico, durante l'infanzia, per consolidare la sua speranza e vivere in un mondo fatto di certezze…, ma dopo bisogna crescere!

Chi interviene chiede un chiarimento riguardo ad un passaggio della lectio di Luca, secondo il quale dobbiamo coalizzarci contro ISIS, ricordandoci però che i suoi seguaci sono anch'essi figli di Dio e pertanto non dobbiamo fare loro violenza.

No, ho ribadito che non dobbiamo odiarli. Se ci coalizziamo e facciamo una guerra per fermare un oppressore, prima gli intimiamo di fermarsi ma, se non si ferma, è lecito sparargli.

Chi era intervenuto prima aggiunge che, operando in tal modo, si crea odio.

Questa è la "maledizione" che c’è nella storia: quando si assume la violenza, si entra in una dinamica, in un meccanismo da cui è difficile uscirne. Tuttavia ci sono dei momenti in cui non si può fermare un ingiusto aggressore se non con la violenza.

Interviene un altro proponendo la forza, come soluzione per fermare l'aggressore.

La forza è un esercizio di una violenza " regolata", comunque è violenza. Io posso decidere per me di non reagire, di non attuare una legittima difesa, non posso già più decidere per mia figlia: qualora venisse aggredita non posso dirle che non la difendo. Le si possono palesare le proprie decisioni riguardo alla non-violenza: da obbiettore di coscienza quindi, ad esempio, il rifiuto di avere per tutta la propria vita un porto d’armi, il ripudio per l’uso delle armi nelle controversie politiche, ecc.…. Questo però non vuol dire che, se qualcuno, in un vicolo oscuro, a mezzanotte, aggredisce mia figlia per violentarla, io non desideri ardentemente la presenza sul posto di un poliziotto in grado di difenderla. E se non c’è alcuna possibilità di fermare l'aggressore, auspico che sia armato e capace di una buona mira. Se non agissi così, sarei un irresponsabile. Ogni individuo può decidere solo per sè e rinunciare a reagire con violenza alla violenza. Se però si pone in una prospettiva politica, cioè di bene comune, l'individuo non può decidere per gli altri e proclamare, ad esempio, il disarmo dell’esercito e poi succeda quello che deve succedere!

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Purtroppo il mondo è pieno di pazzi e con la follia qualche volta si può ragionare, qualche volta la si può tollerare pur contenendola, qualche altra volta la si deve fermare anche con l'uso della forza.

Chi interviene fa presente che, tra le righe, gli è parso di capire che il male, di per sé, va a finire che implode, quindi basta aspettare la sua implosione …..

Il problema è rappresentato dal numero dei morti e dei feriti che, nel frattempo, gli aggressori hanno procurato. Dopo di che, nei paesi martoriati dalle guerre, quello che stanno facendo l’Europa e gli Stati Uniti non è attendere e non intervenire con la forza per fermarli… Al contrario non hanno alcuna voglia di impegolarsi, alcun interesse particolare da difendere! Infatti stanno dicendo agli arabi che è una questione unicamente loro se vengono ammazzati: sebbene muoia anche qualche cristiano, sono soprattutto mussulmani quelli che vengono uccisi, quindi devono essere unicamente loro a sobbarcarsi le spese militari per difendersi. Al massimo sono disposti a vendere ai contendenti le proprie armi ad un buon prezzo, favorendo la prosperità delle proprie industrie belliche. guerre.

A tale proposito, è interessante, per esempio, come un uomo buono come Papa Francesco , che ha messo al centro del suo pontificato la misericordia, ecc… abbia parlato non di una guerra "giusta" – attenzione - ma della legittimità di opporsi ad un ingiusto aggressore. Fare questo è legittimo. Non è legittimo, invece, per la bellezza dei propri ideali pacifisti, fare niente per difendere migliaia di innocentii e lasciarli morire.

Chi interviene fa presente che è altrettanto illegittimo l'omicidio.

È vero, e il ricorso alla forza armata deve essere sempre a cui ricorrere eccezionalmente e va pianificato nei modi e nei tempi. Infatti, dopo che si è preso atto che la politica in quelle vicende belliche ha fallito, si può sostenere che occorre intervenire militarmente. Discutiamone a partire dalla politica: la politica ha veramente fallito? Ma non si è neanche mossa! Si cominci a fare allora un'azione diplomatica prima di quella militare ... che continua anche nel corso della guerra! E invece no, cosa si fa? Si sospende tutto, si guadagnano più posizioni sul campo e poi si chiede di discutere con l'avversario solo quando si è conquistata una posizione dominante!Allora, è proprio un’altra cultura da inventare, anche nella gestione di queste crisi internazionali. E il luogo dell'incontro dovrebbe essere l’ ONU… ma è lì da vedere come è ridotto: qualcosa fa, ma il suo intervento è per lo più inefficace.

Chi interviene chiede se, in questa situazione, Gandhi può insegnarci qualcosa.

Si, Gandhi può insegnarci qualcosa. Attenzione però che il contesto culturale del popolo indiano è diverso: in India, in quel periodo storico, Gandhi su che cosa ha potuto contare? Gandhi ha potuto contare su una coesione culturale ( parlava agli indiani) e su una coesione religiosa (certo non perché in India ci fosse una sola religione, ce n'erano tante ) intesa come spirito religioso di un certo tipo. Inoltre aveva di fronte, come oppressori, gli inglesi, che non erano proprio dei barbari, tagliatori di teste… Non che fossero delle "signore raffinate", ma insomma. Gandhi aveva studiato legge a Londra, pertanto si opponeva agli inglesi, anche a suon di diritto, quindi era avvantaggiato in certe sue rivendicazioni. In certe situazioni la scelta della non violenza di Gandhi è estremamente costosa, ma può funzionare, anche a livello politico.Certamente, secondo me, per noi come Chiesa dobbiamo operare scegliendo la modalità della non violenza : se cominciano a far del male a noi cristiani, guai a noi se facciamo una polizia privata, munita di una croce sulla divisa, che spara a chi insidia i luoghi di culto! In quella circostanza si chiederà di essere difesi dalle forze dell’ordine, perché è un problema di bene comune: quella violenza non solo tocca a noi, ma anche la società intera. Infatti, se si trascura di affrontarlo, quel problema potrebbe estendersi ad altri gruppi sociali : adesso tocca ai cristiani… fra un po’, ad esempio, potrebbe riguardare agli interisti (se ce ne sarà ancora qualcuno!) Capite che non va bene non va bene.

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