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  • IL LIBRO DEI MANTRA IL RITMO SACRO DELLA PREGHIERA

    Testi di Gisella Melluso,a cura di Luigi Colli e Pier Giorgio Viberti

    Sulle rive del Gangee dell'Indo

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    Quando la gente dice: onora questo Dio,onora quell'altro dio (uno dopo l'altro)parla gi della sua creazione.Egli stesso tutti gli di

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    La breve citazione che precede proviene dalle Upanishad, una raccolta di testi scritti nell'arco di due secoli, il VII e il VI a.C. Il pensiero religioso indiano, nell'affermazione dell'unit al di l della pluralit, esprime qui compiutamente un punto d'arrivo che a tutt'oggi uno dei suoi caratteri peculiari. Ma quale ne stato il percorso?

    Le Upanishad costituiscono l'ultima parte dei Veda (Conoscenza). Sono questi ultimi un ricco complesso di inni, esorcismi, parole e formule sacre che documentano l'evolversi delle tendenze, delle credenze e delle pratiche di cui intessuta la storia spirituale dell'India. Vi convivono infatti elementi molto diversi. In primo luogo alla cultura indigena originaria si sovrappose quella importata dagli Ari, che invasero la pianura del Gange intorno al 1500 a.C. e vi si stanziarono. Cos possibile distinguere nel pantheon vedico divinit come Vishnu e Shiva, di origine sicuramente non aria, e di ari che incarnano invece forze naturali o sono collegati alle caste dominanti.

    Analogamente, sul piano della spiritualit, si pu cogliere nei Veda la tendenza tipicamente orientale a porre l'accento sulla meditazione e sull'ascesi come mezzi per raggiungere la perfezione interiore, e quella invece derivante dalla cultura aria a sottolineare il ruolo fondamentale del sacrificio. In secondo luogo non pu sfuggire un netto contrasto tra il politeismo popolare e la metafisica 'attiva' (cio non speculazione astratta, ma conoscenza vissuta) dell'lite, per cui tutta la realt intesa come un principio unico di natura spirituale. Tratti cos diversi sono potuti e possono convivere (oggi l'induismo conta circa settecento milioni di fedeli) perch l'Induismo non ha un impianto dogmatico n si propone come una religione rivelata nel senso comune del termine. Si tratta, piuttosto, di un atteggiamento mentale, se non addirittura di un modo di essere, in cui domina la tendenza a comporre i contrasti in un un'unit superiore piuttosto che a quella a farli emergere.

    Da ci, una considerazione preliminare: molte sedicenti 'scuole esoteriche' europee sfruttano l'ansia da noi sempre pi diffusa di una realizzazione spirituale e, manipolando il pensiero ind in modo del tutto improprio, fanno proseliti per fini tutt'altro che nobili. Concetti complessi, come per esempio quello di karman o quello di 'reincarnazione', trovano spesso un'applicazione e un'adesione distorta rispetto alla loro genuinit. Cos il 'vero' karman non , per restare negli esempi, una sorta di fato terribile e immodificabile, ma piuttosto la propensione di una creatura a realizzare in ogni atto che compie il proprio destino; e cos la reincarnazione non la ripresa di una immaginaria vita passata o il ritorno dalla morte di un defunto, ma una sorta di 'eredit psichica' nel complesso tema della trasmigrazione e della rigenerazione dell'anima.

  • D'altra parte non sarebbe ragionevole attribuire all'Oriente, e in questo caso all'India, il monopolio della conoscenza spirituale, perch sarebbe un errore analogo a quello di chi sostiene la superiorit assoluta della cultura europea. Si dovr invece ammettere che la tradizione ind una delle forme in cui si espressa, per usare la definizione di A. Coomoraswamy, la philosophia perennis dell'umanit, nell'ambito della quale l'amore della sapienza e la conquista di verit universali non possono essere rivendicati da nessun popolo e da nessuna epoca come un possesso esclusivo.

    Le scritture sacre

    Il patrimonio scritturale dell'induismo, sorgente e norma di fede, complessivamente definito come Veda. Il riconoscimento della loro sacra autorit il principale criterio di riferimento per decidere se una corrente religiosa delle molte determinatesi in India appartiene o meno all'induismo. I Veda, nel loro complesso, contengono una rivelazione (shruti), e in questo senso si definiscono 'ispirati', ma non si tratta della rivelazione di verit trascendenti, bens, di quali siano i riti che esprimono e realizzano l'ordine (rta) del mondo. La fede, pertanto, consiste nella conoscenza (veda, appunto) di tali riti. Alla testa dei Veda ci sono quattro raccolte di versi, di cui la pi antica costituita dai Rigveda, ovvero da inni per il sacrificio.

    Pare siano stati composti in Iran e che solo in un secondo tempo siano stati adottati in India nei riti sacrificali. La seconda e terza raccolta (Yajurveda e Samaveda) sono costituite rispettivamente da aforismi e melodie liturgiche la cui ispirazione resta comunque connessa al sacrificio. La quarta e pi recente (Atharvaveda) contiene formule magiche ed esorcistiche. Il successivo blocco quello dei Brahamana, commenti in prosa dei suddetti libri rituali. L'ultima raccolta quella degli Aranyaka, o 'testi della selva', la cui parte finale nota con il nome di Upanishad.

    Brahamanesimo e Induismo

    Da un punto di vista diacronico (accostando cio il pensiero religioso dell'India per come andato formandosi attraverso il tempo), il Brahamanesimo ne la forma pi antica.Ai Veda scritti in versi, di formazione, come si detto, molto eterogenea, si aggiunsero attorno all'VIII secolo dei commenti in prosa, i Brahamana: non sono pi i poeti, ma i sacerdoti della casta dominante che rielaborano e interpretano l'antica fede e impartiscono direttive sull'organizzazione del culto.

    - Le caste -

    L'aspetto pi appariscente del primato sociale raggiunto dai sacerdoti fu il consolidamento del sistema delle caste, che essi ebbero buon gioco, per l'ascendente che avevano sul popolo, a far passare come una disposizione dell'Essere Supremo Brahama.

    All'origine le caste erano quattro: al vertice c'erano appunto i sacerdoti, detti brahamani, che Brahama aveva tratto dalla propria testa perch esercitassero un controllo 'ispirato' sul rito e sul culto; venivano poi i guerrieri, tratti dalle braccia di Brahama, con compiti anche di governo; al terzo posto si situavano i contadini e gli artigiani, provenienti dal ventre di Brahama, e infine, provenienti dai suoi piedi, c'erano i servi. Gli individui che non avevano avuto diretta origine da Brahama erano giudicati immondi (paria). Gli studiosi ipotizzano che il rigore con cui venne applicata questa divisione fosse dovuto al tentativo della minoranza aria di tutelarsi rispetto alla grande massa di indigeni.Sta di fatto che, dopo che la situazione determinatasi ebbe un suggello religioso, le caste divennero

  • con il passare del tempo sempre pi numerose, tanto che oggi se ne contano circa duemila. Ogni casta fa risalire le proprie origini a un dio, ha compiti pubblici specifici e pratica una morale interna. Vengono rispettati l'obbligo dell'endogamia (ci si sposa solo all'interno della casta) e il divieto di prender cibo ed esercitare attivit lavorative con i membri di un'altra casta.

    - Culto e rito -

    Ma se il ruolo dei brahamani fu determinante dal punto di vista sociale, con effetti che hanno profondamente inciso sul destino storico dell'India, la loro incidenza in ambito religioso non fu meno significativa. Essi diedero un ulteriore impulso alla tendenza aria (indoeuropea), gi documentabile nei Veda pi antichi, ad assegnare al sacrificio come forma essenziale del culto un'importanza fondamentale nel rapporto tra l'umano e il divino. Secondo i brahamani nell'atto cultuale, correttamente compiuto secondo le regole dettate dagli di, assume concretezza il brahaman (al neutro), ovvero si esplica la stessa energia che presiede a tutto l'universo. La rispondenza tra la formula rituale e la realt cosmica non riduttivamente simbolica, ma efficacemente attiva. Chi esegue correttamente il rito in grado, per il tramite del brahaman, di dominare il mondo e cooperare all'ordine universale; il brahaman (e il termine in questo contesto di genere maschile, indicando l'uomo investito di brahaman) accede dunque a un potere cosmico.

    Si legge per esempio nei Brahamana:

    sacrificio l'uomo. Poich l'uomo lo compie quando lo compie, lo fa nell'esatta misura dell'uomo.La barca che conducono il padre e il figlio non subisce danno. Il sacrificio la barca degli di.Va da s che nel Brahamanesimo, la realizzazione spirituale debba necessariamente passare dalle opere (via delle opere), mentre come si vedr, tale realizzazione pu ottenersi nell'induismo vero e proprio percorrendo cammini interiori, con l'esercizio di particolari tecniche o discipline quali lo Yoga o il Mantra.

    - L'uno, la pluralit, il tutto -

    Il rito precede dunque il pensiero metafisico, che ne una derivazione. Le Upanishad, nominate in apertura di capitolo, documentano questo punto d'arrivo. Sul piano cronologico, non furono elaborate a grande distanza dal periodo in cui nacque la filosofia greca, prima come ricerca della causa o dei principi primi e poi, con i Sofisti e con Socrate, come scoperta della soggettivit. Ma mentre nella nostra cultura speculazione e religione si evolvono in linea di massima su due piani distinti, in ambito ind l'evoluzione del pensiero costantemente alimentata dalla volont di salvezza.Nelle Upanishad al brahaman come realt' delle realt, intelletto supremo e imperscrutabile, si oppone, all'apparenza, l'atman, l'anima individuale. L'opposizione , tuttavia, un mero prodotto dell'imperfezione contingente degli uomini e per conseguenza la causa della loro infelicit.

    Nella realt vera brahaman e atman coincidono: il mio essere profondo non altro dal profondo dell'essere. La beatitudine consiste proprio nella conquista di questa fusione.

    Colui che ha trovato e destato il s,possiede il mondo.Anzi, egli il mondo.

    E ancora, sempre dalle Upanishad:

  • In verit anche se un uomo compie una grande e santa opera, ma non sa che il mondo intero il Brahama o il S, e che io sono il Brahama o il s, quella sua opera alla fine perisce. Solo l'opera di colui che adora il s come realt unica non perisce.L'opera che non perisce non pi l'atto cultuale prescritto dai brahamani come segno tangibile della propria adesione all'ordine del mondo. E non nemmeno il karman di segno positivo (l'azione buona), ovvero l'energia che si sprigiona dall'agire umano che ha potere di interrompere la trasmigrazione dell'anima. E' l'azione senza alcuna partecipazione emotiva; , al limite, astensione dall'azione.

    Per definire l'obiettivo finale nella ricerca della salvezza si sono appena dovuti introdurre il concetto di karman e quello della trasmigrazione dell'anima, il samsara.

    In effetti, risolto sul piano teologico, il problema del rapporto tra brahaman e atman, trattato e indagato all'interno dei sei sistemi ortodossi del pensiero ind (Sankhya, Yoga, Nyaya, Vaisheshika, Mimansa e Vedanta), si deline successivamente la dottrina che interpreta il mondo fenomenico, nell'esperienza individuale, come un fiume di rinascite.

    L'uomo, di fatto, agisce e ciascuna delle azioni (karman) che impegnano la sua esistenza condiziona il suo futuro. Ogni atto, a seconda della minore o maggiore consapevolezza spirituale con cui compiuto, vincola pi o meno l'atman al mondo dei fenomeni e lo condiziona proporzionalmente a proseguire o a interrompere il ciclo di reincarnazione.

    - Le scuole ortodosse -

    Per raggiungere la consapevolezza come liberazione delle catene della materia, onde recuperare una condizione umana integrale (affine per certi aspetti all'immortalit edenica perduta da Adamo ed Eva), l'induismo classico propone diversi percorsi, o punti di vista (in sanscrito: darshana).

    SANKHYA

    Questo punto di vista entra nel merito della natura della sostanza primordiale. Essa rappresenta lo stato di equilibrio di tre componenti (guna): la bont (sattva), l'affettivit (rajas) e l'ignoranza o oscurit (tamas). Queste tre componenti sono le parti costitutive, in proporzioni diverse, di tutte le cose evolute; la natura peculiare di ogni cosa, o di ogni individuo, si determina in base alla predominanza dell'una o dell'altra. Esse sono comunque in se stesse le sostanze elementari alla base della materia primitiva (prakriti), ci per cui essa si distingue dallo Spirito eterno (purusha).La dottrina analizza cos i diversi modi in cui si struttura il mondo fenomenico nella sua molteplicit.Per quanto riguarda gli esseri viventi, sono tra l'altro ad essi attribuite delle specifiche qualit: la qualit sonora (shabda), tattile (sparsha), visiva (rupa), gustativa (rasa) e olfattiva (gandha). Tali qualit si possono concepire solo idealmente, poich appartengono alla realt sottile, che invisibile e include appunto anche gli organi sottili dei sensi.

    Esse si manifestano in effetti nei cinque elementi del corpo tangibile (bhutas), ma sono riassorbite dalla realt sottile al momento della morte fenomenica.

    YOGA

  • La parola significa 'unione', ma anche 'regola'. Si tratta di una tecnica ascetica che ha un punto di partenza fisiologico nel controllo della respirazione, o meglio dell'intervallo di tempo tra un'ispirazione e un'espirazione, che viene notevolmente allungato. L'obiettivo spirituale sottostante quello di favorire l'azione del prana (la forza vitale, che esplicazione dell'anima universale intesa come soffio divino che permea tutta la realt). Il passo successivo consiste nel controllo delle facolt legate alla sensazione e all'azione, favorito da esercizi corporei particolari. Ci si concentra poi su un punto, esterno o interno al corpo, che pu essere anche un pensiero, un'immagine, una parola o un simbolo. Il prolungarsi di questa concentrazione arriva ad abbattere di fatto il dualismo soggetto oggetto: gli oggetti cosiddetti reali perdono di rilievo, cos come possono essere vissuti come reali degli oggetti intangibili. A questo punto mondo interno e mondo esterno si sono integrati, realizzando quell'unione intima con il divino che lo scopo ultimo della disciplina.

    NYAYA

    Con il significato di metodo, o logica, il darshana da assumere nell'interpretazione delle Scritture Sacre, i Veda. La logica, ovvero la facolt di pensare, di riconoscere e distinguere i particolari, di valutare le cose e i loro rapporti, di giungere a cogliere le relazioni intime fra le componenti del reale superando i limiti dei sensi, lo strumento in cui l'uomo deve far uso nel perseguire la conoscenza. Al di l della divisione interna in sedici parti, con dettagliate istruzioni applicative, interessante sottolineare che la logica ind non affatto di tipo formale. Identica attenzione infatti riservata tanto agli strumenti razionali che l'uomo applica al mondo fenomenico per acquisirne la conoscenza, quanto al mondo fenomenico in s: non ci sarebbe nulla di reale se la conoscenza fosse separata dal suo oggetto.

    - VAISHESHIKA -

    La parola significa in sanscrito 'cosa individuale' ed quella che definisce il punto di vista cosmologico, onde giungere alla conoscenza dell'effettiva natura del singolo oggetto appartenente al mondo manifesto. Si danno pertanto una definizione e un'analisi dei cinque elementi costitutivi dei corpi (buthas), che sono l'etere (akasha), l'aria (vayu), il fuoco (tejas), l'acqua (ap) e la terra (prithvi). Il Vaisheshika al suo interno si articola in una prima parte che tratta della sostanza, intesa come esistenza corporea, e dei suoi rapporti con il soggetto (per esempio lo spazio e il tempo);in una seconda parte che prende in esame le qualit o gli attributi degli esseri manifesti in rapporto alla sostanza, in una terza che definisce l'azione che un soggetto deve compiere e il modo in cui deve porsi nei confronti delle cose (karman); in una quarta che analizza le diverse qualit del molteplice; in una quinta che si diffonde sulle particolarit delle suddette qualit; infine in una sesta e ultima parte che affronta il tema dell'unione tra la sostanza e i suoi attributi.

    - MIMANSA -

    E' il quinto darshana. Significa 'riflessione profonda' e si applica a sua volta allo studio dei Veda. All'interno di un approccio unico si distinguono due punti di vista: quello relativo alla riflessione sul karman, che entra nel merito dell'atto (o azione che dir si voglia) e degli effetti che ne derivano, e quello che si addentra nella conoscenza di Brahama.

    Nel trattare del modo e delle condizioni in cui si devono eseguire i riti, si spiega anche il significato degli elementi simbolici che in essi intervengono e ci si occupa anche dei mantra, per suggerire che uso farne a seconda delle situazioni e classificarli secondo i loro ritmi.

    - VEDANTA -

  • E' il punto di vista che si fonda essenzialmente sulle Upanishad e documenta la profonda riforma dell'Induismo operata da Sankaracarya (788-820 d.C.). Vi sono elaborati i concetti fondamentali di brahaman, atman, karma, samsara e cos via, cui si gi accennato, e vi proposto il fine ultimo della liberazione (moksha), come risultato di una piena adesione alla dottrina della non dualit (advaita).La distinzione tra uomo e uomo, e uomo e assoluto, dunque illusoria. Questo non significa tuttavia generico panteismo, perch il divino resta sempre qualcosa di pi rispetto al mondo, e racchiude in s tanto l'assoluto quanto la realt fenomenica. Si pu allora parlare piuttosto di 'panenteismo': tutto in dio.

    - Un dio, tanti di -

    Nelle scuole ortodosse cos rapidamente passate in rassegna si esprime quella sostanziale identit tra ricerca della conoscenza e volont di salvezza che abbiamo detto costituire una delle principali differenze tra il pensiero ind e la speculazione occidentale. Assumendo dunque, con questa importante precisazione, la metafisica monistica del Vedanta come un punto di arrivo, resta da vedere come tale impostazione si sia potuta conciliare tanto con le credenze politeistiche del popolo, quanto con quelle pi raffinate, ma comunque sempre politeistiche, dell'lite, incentrate su tre divinit: Brahama, Shiva con la sua sakti Parvati (o Kali, che un aspetto di quest'ultima) e Vishnu con la sua sposa.In effetti il pantheon ind uno dei pi affollati di tutta la storia delle religioni senza parlare delle varie categorie di 'demoni' di cui pullula il mondo, da quelli che disturbano i riti per vanificarne l'efficacia a quelli che portano le malattie e le disgrazie. Tanta variet trova spiegazione, oltre che nell'originaria confluenza della religiosit indigena con quella indoeuropea, nell'atteggiamento spirituale di fondo dell'indiano, che lo induce a dare un nome e un volto alla presenza divina, avvertita e scoperta ovunque.La piet popolare pu ben convivere con il pensiero e il misticismo monistico perch gli di sono vissuti da una parte e dall'altra come teofanie particolari, e transitorie, dell'Assoluto. E ci vale sia per la spiegazione (minoritaria) del politeismo secondo la quale le varie divinit non sono che nomi diversi dello stesso dio, sia per quella, pi diffusa, secondo cui ne sarebbero le successive incarnazioni.All'interno di questa cornice generale si sono tuttavia sviluppate correnti religiose particolari, che meritano qualche parola di spiegazione.

    - SHIVAISMO -

    Shiva costituisce con Brahama e Vishnu la Trimurti (Trinit, o Triade) del pantheon ind, ed il dio al quale sono dedicati pi templi che a qualsiasi altri. Di origine assai probabilmente non aria, compare nei Rigveda con il nome di Rudra, il signore degli animali, e incarna in questo caso la forza distruttrice. Un impulso particolare al culto di Shiva venne a seguito del movimento religioso fondato da Lakulin nel II secolo a.C. (devoti di Pasupati) e successivamente da quello detto shaiva, i cui seguaci sono chiamati shakta. In entrambi i sistemi si adottano pratiche yoga e in entrambi resta ferma l'articolazione interna della Trimurti in cui Brahama, il creatore, estraneo ai mutamenti del mondo, mentre Vishnu incarna il principio conservatore e Shiva quello di trasformatore e distruttore. Ma Shiva anche il prototipo e il signore degli asceti. Sdoppiato nella propria shakti Kali che, come elemento femminile, ne assorbe e ne esprime l'energia, pu cos essere rappresentato immotamente seduto, assorto nella meditazione yoga.

    - SHAKTISMO -

  • Shakti dunque l'energia del dio, quel principio dinamico che spiega l'esistenza del mondo sensibile senza compromettere l'unit dell'Assoluto. In questo senso ogni divinit della Trimurti ha la sua shakti, anche se i nomi possono variare a seconda dei contesti. Nella coppia Shiva Shakti, entit non divise, ma formanti l'uno, Shiva l'aspetto statico e Shakti l'aspetto dinamico della coscienza. L'Energia Suprema di Shiva, femminilmente gestita, l'unica causa del mondo. La principale differenza tra lo Shivaismo e lo Shaktismo consiste nel fatto che il primo indirizza la meditazione e la concentrazione su Shiva come coscienza statica e il secondo su Shakti come energia dinamica. Si individua poi una parentela con la dottrina della non dualit (advaita) del Vedanta, per cui il mondo una manifestazione illusoria, ma nel contempo tutte le manifestazioni sono reali, come aspetti dell'ultima realt.

    L'energia che Shiva esprime attraverso la Shakti un movimento che provoca le distinzioni tra il suono (shabda), l'oggetto (artha) e la cognizione (pratyaya). Il mondo dei suoni, delle cose e dei pensieri dunque la manifestazione dello Spirito non dualistico. L'evoluzione si compie dal sottile al materiale, ma la realt, di per s trascende il piano della materia, della vita e dello spirito. Nel processo evolutivo si sono distinte una prima creazione 'pura', riconducibile a cinque categorie (tattvas), e una successiva creazione impura, distinguibile in trentuno categorie. La prima di queste Maya, la potenza che rende possibile nel suo moto costante la determinazione di una moltitudine di anime e di cose, che noi confondiamo con la vera realt. Per questo spesso chiamata 'velo dell'illusione' e la sua magnifica danza ci affascina e ci distrae al punto di impedirci di vedere che tutta la materia sostanzialmente identica.A Maya seguono le categorie degli 'involucri', come i limiti temporali o spaziali, l'attaccamento a cose particolari, i saperi settoriali... l'anima, categoria successiva, appunto avviluppata in essi. Poi viene Prakriti, la sostanza universale.Il processo evolutivo si attua a questo punto con la manifestazione dell'intelletto, quella dell'individualit (che si dettaglia in seguito nei cinque organi dei sensi, in quelli dell'azione e nelle cinque essenze degli elementi) e infine nel mentale. Dalle cinque essenze degli elementi derivano i cinque elementi fisici: etere, aria, fuoco, acqua e terra.Tutto ci riguarda l'evoluzione del mondo degli oggetti (arta prapanca). E' interessante osservare, nel contesto di un libro sui mantra, come il mondo dei suoni presenti un'evoluzione analoga (shabda prapanca).

    VISHNUISMO: LA VIA DELLA BHAKTI

    La base dottrina della corrente vishnuita deriva dal Vedanta, mentre lo spirito religioso che la pervade centrato sulla 'partecipazione' affettiva (bhakti) dei fedeli all'amore personale del dio e sull'abbandono alla sua grazia salvifica.

    Vishnu, come si detto, nella Trimurti la divinit benevola, che conserva e redime il mondo. Nel Vishnuismo lo si adora sotto quattro emblemi e gli si dedica la recitazione di un mantra particolare. La corrente prese il via attorno al sesto secolo a.C. con i Bhaghavada, o adoratori del Signore, ma si espresse compiutamente nel suo afflato spirituale circa tre secoli dopo nel Bhagavad Gita (cantico del beato), che costituisce il sesto libro della lunga epopea Mahabharata.In esso Krishna, che come il forte e virile principe Rama nell'epopea del Ramayana, un'incarnazione di Vishnu, un dio personale, conosce e ama le sue creature e insegna loro la via della salvezza. Nella ricerca spirituale possono essere utili lo yoga, purch finalizzato all'unione con il dio o l'azione buona (karman) purch compiuta per solo amore di dio. Comunque questi salva, se nei suoi disegni, con la sua grazia, indipendentemente dai meriti personali, dal culto e dai riti.

    All'uomo non resta che avere una fiducia totale nella sua bont e affidarglisi totalmente: in ci

  • consiste la via della bhakti o della donazione del s.

    Un tardo esempio del culto particolare dedicato a Vishnu il seguente inno rivolto al dio, opera di Thukaram (XVI secolo d.C.).

    - Il patrimonio epico -

    L'opera scritta pi voluminosa (circa centoventimila strofe) di tutta l'India, anzi, di tutto il mondo, s'intitola Mahabharata (La grande lotta dei Bharhata), ed il risultato di aggiunte progressive attorno a un nucleo centrale (le vicende di un'antica stirpe regale indiana) che ebbero luogo nel corso di vari secoli, per opera di autori che ci sono ignoti. Va da s che presenti un carattere enciclopedico e che racchiuda praticamente tutto il patrimonio religioso e narrativo sacro e profano dell'India antica. Il Bhagavad Gita, o Cantico del beato, fa parte del sesto libro ed incentrato sul dialogo tra Krishna, il dio incarnato, e Arjuna, il guerriero simbolo di tutti gli uomini. Carattere pi unitario ha il Ramayana. La tradizione lo attribuisce a Valmiki, l'Omero, ovvero il primo poeta dell'India antica (quarto secolo a.C. circa). Come dice il titolo, l'argomento costituito dalle 'gesta di Rama', un eroe mortale che per le sue virt e il suo coraggio, considerato un'incarnazione di Vishnu.

    Mi sottometter ora al tuo volere,che tu mi voglia salvare o far perire,che tu mi voglia tener vicino o scacciare,o gettare nella guerra dei sensi.

    Ti ho cercato nella mia ignoranza,non sapendo nulla della vera devozione.

    Ben poco potevo sapere io, uno sciocco,pi abietto degli abietti.

    Non posso tener ferma la mia mente;non so controllare i miei sensi.

    Ah, come ho cercato la pace!Invano: non c' sollievo per me.

    Ora vengo a te con una fede totale,depongo la mia vita ai tuoi piedi.

    Fa', o dio, quello che credi meglio;in te, solo in te, la pace.

    Confido in te e, misero essere umano,mi aggrappo alle tue vesti con tutta la forzache ho.

    Poca la mia forza, dico io, Tuka;la forza, da ora, compito tuo.

  • - SIKHISMO -

    Nel passaggio tra l'antico Brahamanesimo e il pi moderno induismo, fallito il tentativo dei grandi filosofi dell'ottavo secolo di estendere a tutto il territorio indiano una riforma che recuperasse lo spirito delle origini, la figura pi significativa fu Kabir (1440-1518). Egli polemizz contro l'esteriorit del culto, l'idolatria, le caste, la stessa autorit dei Veda. Con lui prese il via un movimento che, per iniziativa di Nanak (1469-1538), avrebbe poi assunto un carattere politico.Dal punto di vista religioso tale movimento mir a trasformare l'induismo in una sorta di teismo scevro di pratiche idolatre, che potesse raccogliere, senza distinzioni di caste, i credenti in un unico Dio. Ben presto all'impulso religioso fece seguito un'organizzazione potente e centralizzata, che la lotta contro i sovrani mongoli e musulmani trasform in una chiesa militante. Il decimo guru, Govind Singh, ne fece una teocrazia militare, dichiarando chiusa la successione dei guru terreni e proclamando il Granth Sahib, il libro sacro, l'unica guida dei Sikh. Nel loro tempio di Amritsar non ci sono immagini, e il culto si esprime esclusivamente in recitazioni e canti trattati dai testi sacri.

    Fuori dall'induismoPer quanto i confini dell'induismo, data l'abbondanza delle sette, a loro volta differenziate all'interno da un'infinit di varianti, siano estremamente dilatati ed elastici, difficile dire se il Sikhismo ne faccia propriamente parte perch, al di l di alcuni elementi comuni come certi riti privati, l'adesione al panenteismo del Vedanta o il culto del guru (il maestro spirituale), resta pur sempre messa in discussione l'autorit assoluta dei Veda. E' invece meno problematico considerare decisamente esterni all'induismo tanto il Kainismo quanto il Buddhismo, sorti a un secolo di distanza l'uno dall'altro.

    JAINISMO

    Questa forma di spiritualit eterodossa rispetto all'induismo nacque come reazione alla dittatura clericale esercitata dai brahamani sulla vita religiosa degli Ind.Prese origine dalla predicazione di Parsva (settimo secolo a.C.), ma fu Jina (il vittorioso) Mahavira, asceta e predicatore errante vissuto un secolo dopo, contemporaneo del Buddha, a conferirgli una definitiva sistemazione. Anche il Jainismo come il Buddhismo rifiuta i Veda e il sistema delle caste. Ogni uomo vale non per la sua collocazione sociale, ma per l'esistenza che conduce. La forma di vita ideale quella monastica, tanto per gli uomini quanto per le donne, bench non sia esclusa la possibilit della condizione secolare. Non esiste una divinit suprema, anzi, pi propriamente non esistono gli di, ma solo santi, cio individui che hanno raggiunto la perfezione. Le anime sono eterne e sottoposte a continue reincarnazioni, fino a quando non sono riuscite a liberarsi dal peso del karman, che in questo contesto ha il significato di impurit materiale. Raggiunto l'obiettivo della redenzione, possono godere della beatitudine dell'Isatpragbhara, il paradiso che si trova al di sopra dei cieli.Il credo jainista comporta una severa condotta ascetica. I fedeli non ricercano la sofferenza, ma mortificano comunque la carne astenendosi dal cibo e dall'igiene. Poich professano un rispetto assoluto per la vita, anche nei suoi pi bassi stadi di evoluzione, badano a non recare il minimo danno ad alcun essere vivente, e ritenendo forme di vita anche le pietre e l'acqua, non praticano l'agricoltura.

    BUDDHISMOLe origini del Buddhismo sono da ricercarsi nella predicazione di Siddharta Gautama (o Gotama), discendente di una nobile famiglia dell'India settentrionale, nato attorno al 560 a.C.

    Non ancora trentenne, lasci la moglie e il figlio per mettersi alla ricerca della verit, conducendo

  • una vita eremitica. Una notte, mentre era assorto in meditazione, ebbe un'illuminazione, che costitu il punto di partenza di un'esperienza spirituale privilegiata. Da allora venne detto Buddha, l'illuminato. Datosi alla predicazione, espose a Benares la sua dottrina, che gli fece trovare da subito dei discepoli.

    La spinta alla ricerca fu, per Buddha, lo scontro con il problema del dolore: nascita, malattia, infelicit, morte... Questa consapevolezza, relativa alla condizione umana, anche la prima tappa della meditazione buddhista tradizionale, oltre che la prima delle 'quattro nobili verit' predicate dal Buddha a Benares. Lo stadio successivo consiste nel riconoscere che tutte le forme di sofferenza nascono dal desiderio; il punto d'arrivo diventa, inevitabilmente, la necessit di eliminare il desiderio. E questa la via di mezzo, tra i piaceri e l'ascesi vera e propria, proposta dal dharma, la dottrina del Buddha. L'eliminazione del desiderio, tuttavia, non passa dall'esercizio della volont, ma dal superamento dell'ignoranza, che induce a fissarsi sull'io e sul mondo visibile. Il primo passo il rispetto dei cinque precetti (non uccidere, non rubare, non fornicare, non mentire, non bere bevande inebrianti), ma la spinta all'ascesi spirituale viene dalla meditazione che, con la conquista dell'autocoscienza, rende possibile la pace interiore e fa acquistare una capacit di penetrazione intuitiva della realt. Raggiunto questo stadio, si passa, per vari gradi, all'estasi (samadhi), che comporta una sorta di 'svuotamento' della coscienza dai suoi contenuti limitati per una fusione con la realt unica e totale. La meta ultima il nirvana, ovvero, la liberazione in cui l'io, senza per altro annullarsi, si fonde nel tutto come la goccia d'acqua nel mare, e diviene purezza assoluta, pienezza di libert, sapienza e beatitudine.

    Con la protezione e l'impulso datogli dall'imperatore Asoka (272-231 a.C.) il Buddhismo da piccola setta di asceti, si dispose a diventare un orientamento spirituale tra i pi importanti di tutto l'oriente. L'elemento pi antico della tradizione buddhista costituito dal Vinaya, nato per disciplinare la vita monastica e indicare le condizioni ideali per la meditazione. Storicamente, segna il passaggio dal monachesimo individuale e itinerante a quello comunitario e stabile. Sul piano dottrinale i seguaci del buddhismo arrivarono cos a disporre di tre gioielli: il Buddha, la sua dottrina (dharma) e la vita monastica comunitaria (sangha). L'accentuazione dell'aspetto monastico sfoci nello Hinayana (piccolo veicolo), una forma di buddhismo molto severa ed elitaria, che rivendica a s l'ortodossia della dottrina e, pur convenendo sul fatto che lo stato di buddha non abbia costituito una prerogativa del solo Gautama, lo ritiene raggiunto o raggiungibile da pochissimi. D'altra parte, visto che il Buddha ha conseguito il nirvana, non ha pi alcun rapporto con il mondo sensibile ed pertanto inutile invocarlo. Infine la salvezza resta un fatto individuale, frutto della disciplina e della meditazione al di fuori da qualunque contatto con l'esterno della comunit.

    L'altra importante forma che assunse il Buddhismo, a prescindere dalle molteplici sette secondarie, il Mahayana, o grande veicolo. Elemento centrale di questo orientamento la concezione del Buddha come bodhisattva, ovvero come colui che destinato all'illuminazione. Gautama ritard volontariamente il suo accesso al nirvana per aiutare gli altri a trovare il cammino della salvezza, esprimendo concretamente virt della carit e della compassione, non conciliabili con il proposito della sola salvezza personale.Per questo legittimo, anzi, doveroso, tributargli un culto. La pratica di queste virt pu benissimo essere perseguita nella vita secolare; la compassione ha lo stesso valore della sapienza contemplativa e a nessuno preclusa la possibilit di diventare un bodhisattva.

    LA MUSICA INDIANA

    In quest'occhiata panoramica sul patrimonio religioso dell'India occorre prendere ancora rapidamente in considerazione la musica e in particolare il suo uso nell'antica liturgia vedica, poich

  • i mantra sono 'anche' espressioni musicali. La civilt musicale indiana presenta una singolare complessit storica e geografica: numerose teorie e pratiche compositive, tra loro dissimili, si sono sviluppate le une accanto alle altre, sovrapponendosi, senza annullarsi reciprocamente, come invece avvenuto all'interno delle culture occidentali. Questo ha salvaguardato l'esistenza delle forme musicali pi antiche, particolarmente di quelle legate all'Induismo. Ne prova il fatto che, ancora oggi, degli appartenenti alle caste pi umili conoscono interi canti tratti dai testi classici della oro fede. Ci stato in parte reso possibile dal fatto che, intorno al 200 a.C., ai primi quattro Veda, patrimonio esclusivo della casta pi elevata, si affianc il natyaveda, destinato a tutte le caste. Uno pseudo attore, conosciuto come Bharata, estrasse dai quattro Veda antichi gli elementi per comporre una specie di trattato di musica vocale, destinata al culto di Brahama. Quella strumentale invece collegata al culto di Shiva.

    Al di l degli aspetti tecnici resta ferma in tutta la civilt musicale indiana una fede ben precisa nella natura sovrumana delle divinit o delle leggi che regolano l'universo. Si ritiene che ogni sonorit (ahatanada) discenda da un suono non manifesto (anahatanada), la cui essenza spirituale. Quest'ultimo pu essere percepito anche dall'uomo se si mette sulla via dell'ascesi e dello yoga: quando la musica sovrumana gli si riveler, dovr ricercarvi solo la beatitudine liberatrice dai sensi.

    Anche nell'ambito delle musiche liturgiche o d'ispirazione spirituale si possono incontrare atteggiamenti esterni e accenti musicali differenti gli uni dagli altri, in quanto la fede dei popoli indiani si presenta con mille sfumature e volti diversi a seconda che prevalga la spinta devozionale (collettiva) o la meditazione (individuale). Nel testo induista Vakya padiya scritto: "Il suono intesse tutta la conoscenza. Tutto l'universo poggia sulla risonanza". Questo concetto si collega al mito di Shiva, il dio creatore dei cinque poteri cosmici (produzione, conservazione, distruzione, incarnazione e liberazione) e allo stesso tempo distruttore del mondo: la distruzione avverr quando Shiva ripeter la danza cosmica da cui prese vita tutto ci che nasce, si muove e si deteriora sulla Terra.

    Uno dei filoni pi antichi della musica indiana risale al VI secolo a.C. ed conosciuto con il nome di bhairava. Basato su una scala di cinque suoni (do, re bemolle, fa, sol, la) e praticato dalle popolazioni agricole dell'India settentrionale, esso ha influenzato tutta la musica indiana.Il secondo sistema si svilupp con la ripresa, cui si gi accennato, della tradizione vedica: si tratta di musica vocale e monodica, che fu presentata da Baratha ma risale a pratiche antichissime.Dei libri vedici quello che propone la forma pi solenne di musica religiosa il Samaveda, che prevede una completa articolazione delle sillabe e delle parole, in un ambito che tocca l'intera ottava. I testi del Rigveda erano invece eseguiti come dei recitativi sillabici nell'ambito di tre soli toni, mentre lo Yayurveda prevedeva un'intonazione per ogni versetto sacrificale.

    Il sistema musicale indiano poggia su una grammatica che regola e controlla lo sviluppo melodico e ritmico della composizione trascurando la componente armonica (i sette gradi a denominazione fissa sono: sha, ri, ga, ma, pa, dha, ni). Nei tempi vedici il ritmo e la melodia s'articolavano nella sfera sacrale, sulla scala discendente di fa (fa, mi, re, do, si, la, sol) mentre la musica profana, che allora muoveva i primi passi, preferiva gli andamenti ascendenti.

    Questa grammatica, successivamente, si arricch sino a comprendere scale a nove suoni, ciascuno dei quali veniva posto in correlazione con una delle vocali dell'alfabeto sanscrito e con i pianeti visibili e invisibili del sistema solare. La codificazione teorica di questo ampliamento delle scale si ritrova in trattati anteriori all'et cristiana. Ci fu poi un'ulteriore evoluzione che port a contenere ventidue suoni ineguali (shruti), ordinati secondo sottili affinit espressive e non, come presso i Greci, sulla base di un sistema matematico. Gli shuri (dal verbo shuri, udire), divennero poi sessantasei, perch l'intonazione degli strumenti indiani, specialmente quelli a corda, era libera e

  • pertanto poteva cambiare anche di un minimo intervallo percepibile dall'orecchio, se emesso in successione melodica.

    La varia combinazione dei sette suoni e la particolare disposizione degli shruti nella scala davano origine a diverse tecniche con le quali erano composti i canti (raga), ognuno dei quali possedeva una precisa fisionomia, a cominciare dalle intonazioni della scala di base (i principali erano 36, di cui 6 raga e 30 ragini). Altri modi che costituiscono i raga sono: una scala di base da cinque a nove suoni fondamentali, come modalit d'attacco di ciascuna variazione o esposizione del tema e la periodica apparizione di due note che stanno tra loro in rapporto di quarta e che segnano l'inizio di ogni nuovo periodo del discorso musicale.

    Nell'area indiana esistono pi di 1600 raga, che per non sono tutti in uso (un musicista ne studia circa un centinaio). Ai nostri tempi, la musica indiana assai diversa dall'antica, anche se nei libri musicali in uso si continua a parlare di shruti, di raga e di ragini. A trasformarla hanno contribuito, nonostante l'attaccamento degli Ind alle tradizioni, le usanze e le forme straniere che le conquiste e i rivolgimenti politici hanno introdotto nel Paese.

    IL RITMO DEL RISVEGLIO SPIRITUALE

    Quanto detto finora ci consente finalmente di entrare nel merito dei mantra, che della spiritualit orientale costituiscono uno degli aspetti pi profondi e originali.Assimilarli alla preghiera, cos come noi la intendiamo, pu generare degli equivoci. Cos come il pensiero metafisico e la prassi rituale, anche il significato di mantra ha subto, con il passare dei secoli, un'evoluzione. Da strumento di devozione nei Veda pi antichi, diventa vera e propria formula magica nell'Atharvaveda, impiegata per accattivarsi il favore delle varie divinit. Pertanto in questo testo sacro sono indicati i mantra per scongiurare i malefici, per avere dei figli, allontanare le malattie, e cos via. Nei Brahamana il mantra un aspetto fondamentale del rito sacro di cui non tutti sono in grado di penetrare il significato occulto. Infine, nelle Upanishad, pu definirsi s una forma di preghiera, ma solo nel senso tipicamente orientale del termine: non cio, come richiesta di protezione o atto di lode e devozione nei confronti di una divinit trascendente con parole scelte dal fedele, ma come strumento potente, se non lo strumento per eccellenza, mediante il quale la sua mente pu sperimentare la realt assoluta.Per comprendere come ci sia possibile occorre precisare come il pensiero induista concepisce la parola (vak) e il suono (shabda).

    LA PAROLA (O VERBO)

    Vak, elemento fondamentale di ogni formula mantrica, sia un verbo (parlare) sia un sostantivo femminile; quest'ultimo, a sua volta, ha la doppia valenza di parola e di voce, ovvero del suono che la produce. Ogni parola contiene poi intrinsecamente un significato supremo (para), sottile (sukshma) e materiale (sthula). Pertanto, nel suo senso pi elevato, Vak il Verbo divino nella sua funzione creatrice e nello stesso tempo il suo effetto sottile e il suo effetto materiale. Nel momento in cui la divinit produce un movimento attraverso il verbo, questo diventa para vak, la parola suprema. In seguito l'impulso creativo, sempre mediante il verbo, diventa parola sottile che avvia la creazione e, infine, entra nella realt sotto forma di suono dell'uovo d'oro, vale a dire dell'uovo cosmico nel cui stadio pi alto si trova il brahaman (nel significato neutro del termine). Da questo stato matrice si genera Shabda, il suono. Infine questo si manifesta nell'uomo mediante le lettere e il linguaggio parlato.

  • Gli Ind ritengono che prima che la creazione avesse luogo l'essere supremo si trovasse in uno stato di riposo, che rappresenta il primo grado della realizzazione dell'assoluto. Questo stato non comporta n suoni, n oggetti, n idee divine; pertanto non ci sono n nomi (nama), n forme (rupa). Qui il punto d'origine dell'impulso creativo (Bindu), da qui si attiva l'energia che mette in azione le forze e che promuove attraverso il Verbo, il movimento delle forze nell'universo.Tale stimolazione la causa della manifestazione del mondo.

    In un antico testo vedico detto: "Dio pronuncia la parola, e le cose appaiono". Lo stesso concetto espresso nelle Sacre Scritture ebraiche dove il verbo divino a sua volta dotato di potere creativo. Come attesta la Genesi: "Dio disse 'Luce sia' e la luce fu". E ancora nei Veda si legge: "All'inizio era Brahaman, e con lui era Vak". La parola potenzialmente contenuta in Brahaman, nasce da lui come energia creatrice. Pertanto Vak anche da intendersi come la Shakti di Brahaman.

    I MOLTI VOLTI DI VAK

    Ci che induce l'uno a farsi multiplo per uniformarsi a tutti gli esseri e comprenderli Kama, il desiderio sessuale nel significato pi nobile e sacro, come slancio iniziale creativo. Il desiderio umano, e la conseguente procreazione, ne sono delle emanazioni limitate.

    In questo senso Kama, dio dell'amore, il primo dio di cui l'Atharvaveda propone l'adorazione e disciplina il culto. Egli l'origine di tutte le cose e Vak, che rappresenta la volont divina, ne la figlia.

    In altri testi Kama identificato in Prajapati, il Signore delle creature. Anch'egli "manifest", cos scritto, "una volont: Possa io essere moltiplicato! Egli possedeva Vak. Era nata da lui e permeava ogni cosa esistente". E, dopo l'emissione di Vak: "Tramite il suo spirito Egli si unito a lei che rimase gravida. Vak era sorta da lui e penetrava ogni cosa, e nuovamente rientr in lui".

    Nel Mahabharata invece Vak che assume un altro nome, quello di Sarasvati. Fu Sarasvati a inventare la scrittura, perch potessero essere conservati tutti i canti che traevano da lei ispirazione; fu lei a creare la musica, perch potesse essere cantata la grazia del suo essere. Nella sua identit con Vak fece venire in essere tutte le parole della lingua sanscrita, comprese le Scritture Sacre, per cui chiamata Madre dei Veda. Essa diventa la sposa di Brahama, che se ne serve per portare in esistenza il mondo. In proposito si pu leggere in un testo vishnuitico: "Brahama trasse dalla sua stessa sostanza una femmina, che prende i nomi di Satarupa (dalle mille forme), Sarasvati, Gayatri e Brahamani".In un commento a un verso che abbiamo riportato in riferimento a Prajapati (tramite il suo spirito egli si unito a lei) spiegato che i Veda collocano prima della creazione la Parola, da cui sono derivati l'universo degli di (devata) e la vita terrestre, in tutte le sue manifestazioni.La creazione prende il via da un movimento nella sostanza cosmica, e il suono di questo movimento il mantra OM. Cos si posta la dualit, cos la divisione della coscienza in Spirito e Materia.

    IL SUONO

    L'uomo riconosce il movimento del mondo attraverso l'applicazione dei sensi (indryas) che, nella dottrina indiana, non sono da intendersi come le facolt percettive di un soggetto, ma le facolt mentali dei sensi stessi. Tale movimento colto dall'intelletto e dall'orecchio come suono, cos come l'occhio lo scorge in una forma o in un colore e la lingua nel gusto. Se avessimo la possibilit di udire il suono prodotto dalla forza creatrice, avremmo scoperto il nome

  • archetipo di tutte le cose, ma il nostro orecchio non ha tali capacit. Secondo le Scritture, oggi lo Yogi pu giungere a questa meta ambita tramite l'approfondimento dello yoga, che poi trasmette ai suoi discepoli. Il Mantra shastra cio i mantra 'rivelati', indicano attraverso i Bija Mantra (mantra 'semi'), i nomi archetipi delle cose.

    Per esempio il suono spirituale della forza energetica del fuoco udibile per lo Yogi attraverso il suono RAM. E ancora il suono che causa e crea una funzione vitale, come la respirazione, rappresentato dall'energia contenuta nel suono archetipo HAMSA: se potessimo cogliere il suono della nostra respirazione ci accorgeremmo che l'espirazione ha il suono di SA e l'inspirazione quello di HAM.

    La dottrina tradizionale insegna dunque che la totalit del mondo nata dal 'suono spirituale', per cui il supremo signore che porta a compimento la creazione servendosi di tale suono detto Shabda Brahaman. Anche in ci si conferma la convinzione per cui la via evolutiva procede dal sottile, o spirituale (ci che non si riesce a vedere con gli occhi, cio dal mondo non-manifesto), al materiale (ci che Maya ci fa scorrere).

    L'insegnamento ind sostiene ancora che, corrispondenti alle categorie della creazione pura, ci sono anche tre stadi dell'emanazione del suono spirituale: il primo il piano sottile (para); il secondo vi fa ancora parte, ma a un livello inferiore, ed Pashyanti; il terzo, pi vicino al piano materiale, ma non ancora distinto in esso, Madhyama.

    Il suono articolato ha a sua volta due forme, una sottile e una materiale ed dal suono articolato che le singole lettere, le sillabe e le frasi si sono manifestate.Anche il buddhismo fa ampiamente ricorso ai mantra, accentuandone il potere sonoro rispetto a quello verbale. Succede tranquillamente che devoti buddisti estranei alla cultura indiana, per esempio in Tibet o in Cina, recitino lunghi mantra in sanscrito (un sanscrito per di pi, modificatosi nei secoli dalle varie transizioni geografiche e religiose) senza assolutamente conoscere il significato delle sillabe che impiegano. In realt, come si cercato almeno in parte di spiegare, a differenza delle nostre preghiere, inni di lode a Dio o invocazioni, i mantra non promuovono il pensiero concettuale, che si basa sulle parole e involve la mente nel dualismo. Il mantra cerca e trova una corrispondenza con potenzialit radicate 'nel profondo' della coscienza (per non usare la parola 'inconscio', che potrebbe generare ulteriori equivoci). La reazione della mente non dunque mediata dal pensiero, ma consiste nel suo passaggio diretto a uno stato, in altri modi difficilmente raggiungibile in cui mente e menti sono una cosa sola.

    OBIETTIVI E METODI DELLA TECNICA MANTRICA

    Quando si appreso a utilizzare correttamente la tecnica mantrica si riesce a percorrere, in un certo senso, la via evolutiva a ritroso.Gli esseri umani hanno la possibilit di liberarsi dai legami con la materia in due modi. Il primo consiste nella sperimentazione diretta della conoscenza sensoriale, per giungere progressivamente a superare i limiti che i legami con i sensi comportano. L'altro costituito dal veicolo della ragione intelligente. Per gli ind infatti l'essere umano ha la facolt di comprendere le cose da un punto di vista divino, utilizzando, oltre alla ragione immanente (legata cio al mondo materiale), una ragione trascendente (legata al mondo spirituale).

    Una realizzazione cos ottenuta porta sul pi puro piano della coscienza, liberando dalla schiavit nei confronti della materia.

  • IL TANTRISMO

    Tantra significa 'Libri'. Il termine viene spesso usato in modo generico per indicare un folto gruppo di testi vishnuiti e shivaiti, oltre che i veri e propri Tantra. Questi documentano un particolare sviluppo della spiritualit induista, denominato appunto Tantrismo. La produzione di testi tantrici non si a tutt'oggi interrotta e abbraccia, dal punto di vista dei contenuti, un arco di temi che va dalla descrizione minuziosa di rituali simbolici e di adorazione alla proposta di particolari e complesse tecniche yoga.In effetti il Tantrismo rappresenta uno sviluppo autonomo dello yoga e propone al suo interno un duplice approfondimento. Una delle vie indicate per riplasmare l'energia psichica individuale quella detta della mano destra.

    Si fonda sulla certezza che esistano nel corpo sei punti, o nodi, energetici (chakra) in comunicazione tra loro, culminanti in un settimo punto collocato al vertice della testa. Il centro inferiore alla base del tronco la sede della dea Kundalini, rappresentata come un serpente attorcigliato su se stesso e simbolo dell'energia cosmica del non cosciente. Il centro pi elevato invece la sede di Shiva. Questa via insegna a giungere al controllo, attraverso tecniche yoga, dell'energia di Kundalini, facendola risalire di centro in centro fino al vertice dove, con l'effetto di una beatitudine infinita, si realizza l'identificazione con il brahaman. La via della mano sinistra indica il modo di raggiungere la liberazione non attraverso l'esercizio di una severa disciplina fisica e morale, ma un libero sfogo delle pulsioni, delle sensazioni e delle passioni erotiche. L'obiettivo quello di arrivare a cogliere la vanit di queste gioie, per rimuovere l'io che poggia solo su un cumulo di desideri illusori.

    Il ricorso ai mantra uno dei pi formidabili supporti nella ricerca di questa liberazione della mente. Ci gi implicito nell'etimologia della parola, che associa mana, mente, a traya, liberazione appunto. Dagli aspetti che finora se ne sono sottolineati, soprattutto in rapporto alla concezione di suono spirituale collegato alla creazione cui l'essere primordiale ha dato origine grazie alla sua shakti, si pu comprendere come la pratica mantrica sia strettamente in collegamento con la pratica pi generale della meditazione e della contemplazione yogica. Il contesto della meditazione (che pur non l'unico contesto in cui si esplica, come vedremo, la potenza dei mantra) impone a questo punto di prendere in considerazione gli altri mezzi cui la recitazione dei mantra viene di solito associata.

    IL TRIANGOLO KAMAKALA

    La dottrina ind si serve di molti simboli, che traducono nell'immediatezza concetti assai complessi. Il triangolo Kamakala uno dei simboli pi importanti, perch rappresenta graficamente la matrice di tutti i mantra. I suoi lati raffigurano infatti i tre aspetti del bindu (il punto iniziale da cui prende avvio la spinta divina che crea l'universo), e sono tracciati con colori a loro volta simbolici: bianco (sira), rosso (shona) e bianco mischiato con il rosso (mishra). Il disegno fa da supporto alla meditazione e, come strumento che facilita la concentrazione, funge da mandala.

    Nel rituale tantrico i lati del kamakala vengono fatti corrispondere ad altre funzioni simboliche. Possono essere la Luna, il fuoco e il sole, che a loro volta si identificano con il desiderio, la conoscenza e l'azione. A tali funzioni l'Essere Supremo ha dato l'incarico di creare il mondo.

    E ancora, per confermare ulteriormente il potere creativo rappresentato dal Kamakala, a ogni lato del triangolo vengono fatte corrispondere le tre divinit della Trimurti.

  • Meditando sul kamakala lo Yogi pu arrivare alla percezione dei suoni sottili (Matrika: piccole madri), da cui nascono i suoni materiali costituiti dalle lettere, dalle parole e dalle frasi.

    YANTRA

    Frequentemente i mantra che supportano la meditazione sono definiti con il nome di una divinit. Ci richiede delle precisazioni. La divinit della meditazione, qualunque essa sia, non d intendersi come l'interlocutore divino che il fedele mira a evocare dall'esterno. Se vero infatti che vengono invocate, o ancor meglio evocate, le personificazioni di energie cosmiche invisibili e intangibili, altrettanto vero che queste energie hanno una corrispondenza all'interno della coscienza profonda dell'adepto, e che la pratica meditativa mira proprio a liberare questa o quella energia (mediante la meditazione su questa o quella divinit) che dorme nella sua mente.

    Oltre che con un singolo suono, una serie di sillabe che gli ruotano intorno (mantra cuore), e talvolta una frase di una certa estensione, la divinit della meditazione pu essere rappresentata in un diagramma astratto, disegnato su carta, metallo, o altri materiali: lo yantra. L'essenza suono della divinit sta al mantra come la sua essenza forma sta allo yantra, per cui tra i due supporti, o strumenti (yantra significa appunto strumento) della meditazione c' una stretta relazione, e ci vale soprattutto per il Tantrismo.

    Nella loro grande variet, elementi ricorrenti in uno yantra sono un punto centrale, detto bindu, che nella corrispondenza macrocosmo microcosmo rappresenta tanto il punto metafisico dell'impulso originario della creazione quanto il centro del s di ogni individuo. Un altro elemento chiave il triangolo. Quello con il vertice rivolto verso l'alto un simbolo di origine remotissima, antecedente all'invasione aria, e rappresenta l'energia riproduttiva, Shakti, come Grande Dea Madre universale. Quello con il vertice rivolto verso l'alto rappresenta Purusha Shiva, il fuoco. I cerchi sono connessi a Brahaman; il quadrato alla Terra e ai caratteri della scrittura sanscrita.

    LA TECNICA

    Per omogeneit con quanto detto fino a questo punto, avendo scelto di privilegiare la nozione di mantra in stretta relazione con il complesso concetto di suono spirituale (shabda) si dovr in primo luogo accennare alla tecnica per eseguirlo cos come la propone questo sistema concettuale: il mantra sadhana.

    Un mantra dunque composto da lettere che, combinate in sillabe e parole della lingua sanscrita (emesse con la bocca) e dotate di un suono fisico (ascoltato dall'orecchio), danno forma e consistenza materiale al suono sacro (colto dallo spirito). In teoria ogni elemento o categoria dell'universo ha il proprio suono archetipo. Ci vale, per esempio, per i cinque elementi etere, aria, fuoco, acqua e terra, i cui suoni (HAM, YAM, RAM, VAM E LAM) possono gi di per s costituire dei mantra. Ma ci che caratterizza normalmente i mantra mistici sono i suoni particolari di cui si serve la tecnica (shadana, appunto) impiegata per mettersi in relazione con le divinit.L'operazione consiste nel porre le lettere in una sequenza precisa e definita di suoni.

    La relazione tra le lettere (vocali e consonanti) pi nada (uno dei due aspetti del Grande Potere in cui cresce il germe dell'azione per creare il mondo) e bindu (il punto metafisico dell'impulso creativo) costituiscono in un mantra la manifestazione della divinit evocata, che in questo modo si rivela alla coscienza di chi pratica il sadhana. Per esempio il mantra dell'Energia primordiale, personificata in Maya o in Shakti, suona HRIM. Le lettere che compongono tale suono (ha, ra, i e

  • ma) rappresentano rispettivamente l'etere, il fuoco, lo Shiva androgino (l'unione di Shiva con Parvati) e l'unione tra nada e bindu.

    Ogni mantra recitato (o cantato: non esiste nella nostra lingua un termine in grado di rendere esattamente quest'uso particolare della voce) in modo appropriato alle lettere che lo compongono e al ritmo che possiede. Per questo quando tradotto perde la sua funzione di mantra, ovvero il suo potere perch viene meno la relazione con 'quelle' lettere e 'quel' suono che sono specifici delle energie sottili a cui collegato. Ci, abbastanza misteriosamente, non avviene quando un determinato mantra ha subto, rispetto alla forma originaria, consistenti cambiamenti fonetici per ragioni storiche e geografiche (si pensi ai mantra in uso nel Buddhismo tibetano o in quello cinese). Ci ribadisce il concetto che l'efficacia di un mantra non risieda nelle lettere, nelle parole e nei suoni prodotti, bens negli stessi archetipi che riproducono. Si pu pensare a una sua affinit con qualcosa che racchiuso nella coscienza di chi lo usa e con qualcosa di identico nell'energia che si vuole evocare. Non deve essere poi trascurato un suo assai probabile potere d'accumulo, derivato dalle associazioni sacre di cui stato investito nel corso di millenni dalle menti di innumerevoli individui: chi ha presente il concetto junghiano di 'archetipo collettivo' non avr difficolt ad accogliere questa ipotesi.

    Resta comunque fermo che il mantra non un'elaborazione individuale, come la preghiera intesa all'occidentale, ma un insieme di suoni e parole provenienti dalle Sacre Scritture e offerti al fedele affinch, apprendendone la tecnica, possa procedere sulla via che lo porta alla consapevolezza della natura e dell'essenza dell'universo. Per questo, anche se non assimilabile alla preghiera come atto individuale di devozione o richiesta d'aiuto, comunque necessario che chi recita un mantra ne conosca il significato e sappia adeguatamente controllare l'emissione della voce. In caso contrario, non si tratta d'altro che di un vano movimento delle labbra.

    SULLE ORME DELLA TRADIZIONE MANTRICA

    Come si detto, il numero dei mantra virtualmente infinito, possedendone uno proprio ogni cosa esistente nel creato. Le diverse tradizioni spirituali si avvalgono tuttavia di un patrimonio mantrico specifico, per cui si possono distinguere mantra vedici, tantrici, buddhisti, e cos via. Non ha senso farne in questa sede una classificazione, e ancora di meno pretendere di offrirne un campionario esauriente. L'obiettivo, nel presentarne un certo numero, quello di offrire degli spunti di riflessione per arricchirsi interiormente e di avviare l'incontro con una disciplina che potrebbe essere foriera di autentici benefici spirituali.

    OM: IL BIG BANG DA UN PUNTO DI VISTA SPIRITUALE

    Si gi avuto modo di dire che alla prima vibrazione della sostanza cosmica corrisponde OM, che dunque il mantra del suono primordiale.

    Gli antichi ind avevano il raro talento di dire moltissime cose in forma essenziale. OM ne un esempio: tre sole lettere (vedremo subito che OM viene da AUM) raccontano la creazione, la conservazione e il suo riassorbimento nella totalit dell'uno, correlate come sono a Brahama, Vishnu e shiva.

    Recita un inno di lode a Shiva: "O tu che dai rifugio, con le tre lettere AUM, che indicano i tre Veda, i tre stati, i tre mondi e i tre di: la parola OM li nomina separatamente. Unita ai suoni sottili, la parola OM nomina Te (il Brahaman) nel tutto, nomina il tuo stato assoluto e trascendente". Questa sacra sillaba, dunque, significa Brahaman, l'anima suprema, la trinit dell'unit.

  • Il mantra dei mantra, composto da tre lettere: A, U e M, di cui le prime due vocali si uniscono nella O. A rappresenta il piano materiale dell'universo, U quello sottile e M quello causale, non manifesto. Nella rappresentazione grafica sopra OM posto il candra bindu, un segno a forma di mezzaluna sormontata da un punto. Tale segno designa nada e bindu, i due aspetti del grande potere necessari alla creazione dell'universo, perch in essi cresce il germe dell'azione per produrre la manifestazione. La creazione cos prodotta si ripartisce nella triade di Energia simboleggiata dalle tre lettere A, U e M. Pertanto nada e bindu rappresentano lo stadio non manifesto che precede la comparsa del mondo, in cui la vita animata presente nelle condizioni di sonno, sogno e risveglio (A materiale, U sottile e M causale). Nell'essere umano A in relazione al corpo materiale, U al corpo sottile o psichico, e M al corpo causale, o puro spirito.

    Il fonema mantrico OM viene anche nominato talvolta come il Pranava, che significa 'veicolo dei prana'. Prana un modo di definire la forza, il soffio divino che presiede alla vita di ciascuno e che alla vita, in senso cosmico, ritorna, quando il corpo esala l'ultimo respiro.

    Anche attraverso il concetto di prana, insomma, si ribadisce il principio della 'continuit vitale', su cui poggia il pensiero indiano. "Nulla ha un inizio e una fine assoluti. Tutto trasformato e trasformabile. Nascita e morte sono modalit della trasformazione universale. Ogni esistenza il nodo di una corda, che viene fatto alla nascita e sciolto alla morte". Comunque, anche al di fuori dei pi elevati obiettivi spirituali, OM come Pranama si rivela efficace nelle pratiche di respirazione che, se correttamente compiute, consentono che l'energia vitale fluisca pi liberamente nel corpo e sciolga le tensioni interne che impediscono una respirazione profonda.

    COME SI RECITA OM

    La recitazione di Om pu essere pi o meno prolungata, ma importante che termini con la vibrazione della M in tono pi acuto del resto, anche se, come consonante labiale, prodotta a labbra chiuse. All'attacco si fanno vibrare il respiro e la lingua per mezzo della laringe e del palato come fossero una cassa di risonanza. Il suono di A gutturale, e parte dal fondo della cavit boccale. U si ottiene dal movimento in avanti della lingua, provocato dall'emissione della forza energetica dell'espirazione e finisce sulle labbra, che a questo punto si chiudono per dare luogo alla M.

    Se con la OM si vuole attivare il prana alle tre lettere corrispondono tre fasi respiratorie, addominale per la A, toracica per la U e clavicolare per la M. L'obiettivo finale, dopo la presa di coscienza del movimento del respiro e l'interiorizzazione del suono, quello di un controllo della propria energia respiratoria.

    Om, TAT, SAT.

    Queste tre sillabe sacre designano Brahaman nei Veda e nei Brahamana e, di conseguenza, nei sacrifici. Perci i devoti di Brahaman non si accingono mai a compiere un atto di sacrificio, di offerta o di penitenza, come comandato nelle Scritture, senza prima aver recitato il mantra OM.

    Nell'evoluzione del rito o degli atti di devozione e penitenza pronunciano TAT.

    SAT indica l'atto degno di lode, ed pertanto il termine correlato alla costanza nel fare sacrifici, offerte e penitenza, alle azioni, insomma, di cui Brahaman la meta. Perch questi atti siano efficaci, devono comunque essere compiuti con fede. In caso contrario l'atto Asat, non esistente, e come si legge nella Bahagvad Gita, non conta nulla n prima n dopo la morte.

  • I MANTRA DELLE RUOTE D'ENERGIA

    Si visto come OM venga tra l'altro definito veicolo del prana'. Questa energia sottile nello Yoga e nel tantrismo rende conto della vita nel corpo astrale e in quello fisico di ogni essere vivente. Come nella concezione induista della creazione il progressivo addensamento di una vibrazione iniziale del tutto rarefatta e sottile d luogo a piani successivi sempre pi grossolani, fino alla materia, cos il rapporto spirito materia non da intendersi nel microcosmo uomo come un'opposizione di tipo dualistico, ma come una differenziazione in forme sempre pi dense, bench sempre interagenti dell'energia vitale. Queste forme, i chakras o ruote dell'energia, dove si concentra e si distribuisce l'energia vitale, sono disposte lungo un asse che va dalla sommit del capo fino alla base della colonna vertebrale.

    Per facilitare alla mentalit occidentale la comprensione di questo modo complesso di intendere l'energia vitale il processo di solidificazione dell'energia dall'alto verso il basso stato paragonato al "depotenziamento (qualitativo e quantitativo) degli effetti vibratori prodotti in scala (dalla nota pi alta a quella pi bassa) dalla corda di uno strumento.L'affinit dei chakras con il suono colta anche all'interno delle pratiche yogiche e tantriche, che prevedono la recitazione di un mantra particolare per risvegliare e attivare i vari chakras. Oltre che a un mantra, ogni chakra anche associato a un elemento (etere, aria, fuoco, acqua e terra), a una qualit sensibile del corpo, a uno yantra, a un animale e a una coppia divina (il dio e la sua Shakti). I chakras sono rappresentati all'interno di un fiore di loto, con un numero variabile di petali, e ogni petalo reca inscritta una delle cinquanta lettere dell'alfabeto sanscrito che, come si detto, sono considerate sacre perch espressione della parola e del suono divino.Nel prendere ora in considerazione i vari chakras si seguir il percorso dal basso verso l'alto.

    MULADHARA: MANTRA LAM

    Mula significa radice, adhara supporto: questo chakra dunque localizzato alla base della colonna vertebrale, la terra (tale infatti l'elemento cui collegato) in cui si radica l'albero della vita di ciascuno ovvero, come sede di Kundalini, il centro in cui l'energia suprema nell'uomo addormentata, presente soltanto a livello potenziale. La qualit sensibile correlata a Muladhara l'olfatto.

    Nella sua rappresentazione simbolica il loto quello che presenta il minor numero di petali. La coppia divina del mantra Brahama Savitri. Di quest'ultimo la mitologia ind racconta che venne fecondata da Brahama prima della Creazione e che fu dal suo utero che emersero, a partire dalla musica, innumerevoli figli, compresa la morte.

    SVADHISTHANA: MANTRA VAM

    Questa ruota d'energia situata nella regione addominale, sotto l'ombelico, pi o meno alla radice degli organi genitali. L'elemento correlato l'acqua e la qualit sensibile il gusto. Se l'energia di Muladhara si manifesta nella sessualit animalesca, nel puro istinto che spinge alla riproduzione, quella di Svadhisthana si manifesta nella sessualit gi individualizzata, come ricerca di un ponte, attraverso il sesso, tra l'io e il mondo esterno. Nel simbolo il loto ha ora sei petali e ingloba una falce di luna con i corni rivolti verso l'alto. La coppia divina del mantra quella di Varuna e Sarasvati. Varuna Brahama nella sua veste di Signore delle acque, cos come Sarasvati uno dei

  • molti aspetti che nel pantheon ind assume Devi, la dea, ovvero il principio divino femminile che promuove tutte le forze e determina tutte le forme, creando la separazione a partire dall'Unit.

    MANIPURNA. MANTRA RAM

    Questo chakra localizzato all'altezza dell'ombelico e nella sua espressione grafica i petali del loto sono diventati dieci. La parola allude etimologicamente a un'abbondanza di gemme preziose, e il tipo di energia che qui si raccoglie e distribuisce quella del calore.

    A Manipurna infatti collegato l'elemento fuoco: l'essere, fattosi stabile nella terra di Muladhara e incanalato dal desiderio, gi individualizzato ma fluttuante, nell'acqua di Svadhisthana, si determina verso l'esterno esercitando sul mondo un'azione potente, paragonabile a quella del sole. Cos Manipurna collegato alla qualit sensibile della vista, che consente la percezione dei colori e delle forme. Le divinit del mantra sono Agni, Signore del fuoco, altrimenti incarnato da Rudra (il fuoco come elemento distruttore) con la sua Shakti, 'La nata dalla furia di Devi'. Il fuoco in effetti un'energia dal duplice aspetto, e il Brahamanesimo lo sottolinea meglio di qualunque altro sistema mitologico. Agni nato dallo sfregamento di due pezzi di legno ed la vita che sboccia dal legno morto e secco. Dimora nel cielo perch dardeggia nel sole, ma in stretto rapporto con l'acqua perch, in forma di lampo, squarcia le nuvole, aprendo un varco alle acque benefiche che fertilizzano la terra. Nel mondo fisico, potendo divorare ogni cosa, anche colui che purifica: le passioni e le emozioni del mondo sono il fumo di ci che Agni divora e, quando il fuoco si spegne, anche il fumo a poco a poco svanisce nell'aria. Il Buddhismo accentua invece l'aspetto negativo del fuoco, tendendo a identificarlo con il vissuto emozionale dell'individuo.

    Dice il Buddha: "Tutto in fiamme; l'occhio e tutti i sensi sono in fiamme; il mondo intero avvolto nel fumo; il mondo intero si consuma nel fuoco. Lo spirito avvolto dal fuoco. La coscienza dello spirito, le impressioni raccolte dallo spirito e le sensazioni che nascono dalle impressioni raccolte dallo spirito sono anch'esse avvolte dal fuoco."

    Nonostante la distanza tra le due impostazioni dall'una e dall'altra si ricava la consapevolezza di come sia fondamentale il controllo di questa energia.

    ANAHATA. MANTRA YAM

    Anahata la ruota d'energia situata dietro lo sterno, in corrispondenza del cuore. Nel suo loto di dodici petali un triangolo con la punta rivolta verso il basso e un altro triangolo con la punta rivolta in alto si compenetrano a formare una stella a sei punte. L'unione dell'uomo e della donna nel sentimento dell'amore? La copiosa simbologia legata al cuore nella nostra cultura incoraggia una simile interpretazione, ma quella di Anahata ancora un'energia ambivalente, perch se presuppone un'elevazione spirituale e quindi pu alimentare quell'amore che alla base tanto della carit cristiana quanto della compassione buddhista, pu anche irretire nell'egoismo per cui l'altro vissuto come un possesso o nel compiacimento per il proprio altruismo e la propria generosit. Qui l'elemento di riferimento l'aria, mentre la qualit sensibile il tatto. La coppia di divinit del mantra costituita da Ishvara (uno dei nomi di Shiva) e dalla sua Shakti Bhuvaneshvari.

    VISHUDDHA. MANTRA HAM

    Simbolizzata in un loto a dodici petali, Vishudda il chakra che, per il tipo di energia che vi ha

  • sede, pu per certi aspetti rendere conto della stessa potenza del mantra. Infatti localizzato nel plesso laringeo, e quindi correlato alla formazione del suono.La qualit sensibile di riferimento l'udito e l'etere, che dei cinque elementi esprime le vibrazioni pi sottili. Infine, il termine significa 'centro di purezza', o di 'purificazione', e l'energia che esprime quindi quella che consente il passaggio tra la limitazione delle energie inferiori e la libert di quelle superiori. D'altra parte, leggendo il collegamento dall'alto verso in basso, per l'energia di Vishuddha che il mentale assume un rivestimento vocale e pu cos manifestarsi e diventare mezzo di comunicazione. La coppia di divinit del mantra costituita da Shiva con una delle sue Shakti, Shakini.

    AJINA: MANTRA OM

    L'Ajna, posto nel cervello pi o meno a met della distanza tra le sopracciglia, come sede del mentale non ha elemento o facolt sensibile di riferimento, ed rappresentato con un loto a due petali che simboleggiano Ida e Pingala, i canali di scorrimento del prana rispettivamente a sinistra e a destra della colonna vertebrale. La parola significa 'comando', perch al mentale che arrivano i messaggi dei sensi ed il mentale che impartisce gli ordini per conseguenti azioni. E' anche detto il chakra del Guru perch questa l'energia che permette di mettersi in relazione con il carisma spirituale del Maestro. Ajna viene infine definito terzo occhio ovvero l'occhio della conoscenza trascendente che consente di vedere l'illusoriet del desiderio. Del suo mantra, OM, si gi parlato abbastanza ampiamente, ma interessante notare che l'energia al vertice del corpo fisico dell'uomo corrisponde alla vibrazione che ha dato origine alla creazione. La coppia divina del mantra costituita da Para Shiva e dalla sua Shakti Siddha Kali (Kali perfetta).

    SAHASRARA

    Generalmente collocato al di sopra della testa, non fa pi parte del corpo fisico, perch lo stato energetico cui si riferisce (la perfetta unit della coscienza con l'energia cosmica) al di l della manifestazione. Noto come loto dai mille petali, rappresenta il mondo di Brahama ove tutto realizzato. Chi riesce a risvegliare questo chakra si del tutto liberato dal tempo e dallo spazio, e ci significa che ha raggiunto la liberazione dal ciclo delle rinascite e che pu vivere nella beatitudine conseguente al superamento dell'individualit.

    I MANTRA SEME

    Da un punto di vista formale il bija mantra, vale a dire il mantra seme, un monosillabo e tali sono dunque i mantra presi in considerazione finora, a partire da OM. In realt all'interno del tantrismo 'seme' allude a ben altro che a questo aspetto esteriore. Oltre al fatto che le lettere sanscrite impiegate, come si detto, hanno carattere sacro come dono divino, occorre rifarsi ancora una volta alla fede nell'esistenza, al di l del mondo fenomenico, di un mondo sovrasensibile o sottile, dove determinati suoni sono la vibrazione dei vari di e delle loro Shakti. Con il bija mantra le lettere e le sillabe dell'alfabeto umano entrano in relazione con le loro corrispondenze del piano sottile.

    Il bija di una sola lettera (per esempio KA) KAM, perch tutti i bija mantra si completano con la lettera M e la vocale non pu essere pronunciata senza l'abbinamento con questa consonante.

    M una risonanza nasale che non raggiunge le labbra, scelta perch considerata un suono equilibrante i cinque elementi della materia sensibile che corrispondono, nell'ordine, a LA, VA, RA,

  • YA e HA.

    A titolo di esempio verranno ora presi in considerazione alcuni altri bija mantra.

    AIM

    Si pronuncia em ed il bija di Sarasvatim la Shakti di Brahama, dea delle acque, inventrice delle arti, delle scienze, della scrittura e dea dell'eloquenza, che scorre come un fiume. Anticamente il mantra di Sarasvati era recitato dal Guru per aiutare il discepolo nello studio difficile delle Scritture. La lettere di Sarasvati ai, mentre con m si evoca Bindu, dissipatore della pena.

    DUM

    Dum composto dalla consonante da, corrispondente a Durga, dalla vocale u, che ha il significato di salvare, e da m, in questo caso rappresentante nada, l'aspetto del Grande Potere, in cui nasce il germe per creare il mondo, e bindu, il punto di origine dell'impulso creativo. Durga la prima manifestazione della shakti come moglie guerriera di Shiva, nata dalle fiamme emesse dalle bocche degli di in guerra con i demoni, che Durga sconfisse. Questa forma della divinit femminile rappresenta non solo l'energia di chi determinato a combattere il male, ma anche l'energia dell'intelletto, perch cercare di capirla significa incamminarsi sul terreno dell'indagine intellettuale pi ardua.GAM

    Questo bija composto dalla consonante ga, riferita a Ganesha, il dio con la testa d'elefante figlio di Shiva e Parvati e patrono della buona sorte, e da m, anche qui come Bindu dissipatore della pena.

    GLAUM

    Ga sempre la consonante di Ganesha, la sta per colui che si pente, au tejas (l'elemento fuoco) e m ancora Bindu dissipatore della pena.

    HAUM

    E' un bija di Shiva, che compare tanto sotto forma di ha quanto sotto forma di au, che si riferisce alla stessa divinit come Sadashiva. Contemporaneamente si esprime in m la venerazione per Shunia, l'elemento che fa cessare le pene.

    HRIM

    Compare ancora ha per Shiva (la pronuncia della h comporta comunque solo una lieve aspirazione), qui unito a r che collegato a Prakriti (la Sostanza primordiale, matrice dell'universo, esistente ovunque ma non manifesta in nessun luogo, che assume tuttavia una quantit incommensurabile di forme individuali ed anche nominata come Bhuvaneshvari, dea delle sfere), nonch alla vocale i che indica Mahamaya (un modo di nominare Maya). La m indica nada e bindu, nel significato gi chiarito per DUM.

    Si tratta quindi di un bija mantra strettamente connesso al suono primordiale e questo spiega anche perch, insieme con altri, un mantra utilizzato per il risveglio di Kundalini.

    HUM

  • Ha per Shiva, u uno dei piani di esistenza, m nada e bindu. Anche questo uno dei mantra cui si ricorre per il risveglio di Kundalini: associato alla tecnica di controllo del respiro (pranayama) lo si recita mentalmente nella fase di ritenzione. Anche a livello popolare vi si ricorre per proteggersi dalla collera e dai demoni che, come la collera, sono forze negative interiori.

    KLIM

    Le divinit associate in questo bijia mantra sono Kama, dio dell'amore e Krishna (in ka), nonch Indra, dio delle battaglie (in la). Nella i espressa l'idea di accontentarsi.

    KRIM

    E' il bija mantra usato di preferenza dai testi induisti per evocare la dea Kali, Shakti di Shiva. Si tratta di una delle divinit complesse del pantheon induista, che di Shiva potenzia l'aspetto di distruttore. Collegata alla morte e al tempo, che tutto distrugge, quindi un'energia tra le pi potenti, ma ci non autorizza a fermarsi all'immagine tramandata dai libri di avventura. Sul piano spirituale, incarna le nostre paure pi profonde come il terrore dell'annullamento.Placandola, si compie un passo verso il distacco dal mondo e dalle forme, nella loro illusoriet. Ka dunque rappresenta qui Kali, ra Brahama, i sta per Maya, l'illusione e m, come si gi visto in altri casi, l'annullamento della sofferenza.

    KASHRAUM

    Ksa si riferisce all'avatara (incarnazione divina) di Vishnu come uomo leone (il mito di riferimento quello di un combattimento con un demone potente), seguito da ra, per Brahama, da au che reca l'immagine dei denti puntati verso l'alto, e infine da m come Bindu dissipatore delle pene.

    SHRIM

    E' il mantra seme di Lakshmi (sha). Ra indica qui la salute, i la soddisfazione, m Bindu dissipatore delle pene. Di origine antichissima come divinit della terra e della sua umidit fecondatrice, Lakshmi divenuta nel pantheon induista la Shakti di Vishnu, il conservatore della vita. Gli ind colgono la sua forza potente in ogni forma di ricchezza terrena (compresa quella costituita dalle vacche, non casualmente chiamate con il nome comune lakshmi), ma anche nella ricchezza dell'animo e nella gioia interiore che ne proviene. Per questo, con il nome di Padma, la dea loto, simbolo in tutta l'Asia dell'illuminazione spirituale.

    STRIM

    Questo bija composto da sa, che indica la liberazione dalle difficolt, da ta, 'salvatore', da ra, come forma di saluto, da i, che evoca la grande dea Maya, infine da n. nada e bindu.

    IMPIEGO DEI BIJA MANTRA

    Il bija viene recitato da solo, in composizione con altri o all'interno di una sequenza di sillabe sacre che formano delle parole e possono arrivare a una lunghezza notevole. A seconda del numero delle sillabe, un mantra assume un nome diverso: per esempio un mala mantra formato da pi di venti sillabe.Al di fuori dei rituali o di un'impostazione ascetica della propria vita, un bija mantra pu costituire per chiunque una pratica quotidiana, nell'ambito della quale si perseguono obiettivi non necessariamente elevati fino alla liberazione spirituale, come il potenziamento delle proprie facolt

  • intellettuali o il raggiungimento del benessere materiale. Ancora una volta non si tratta, come nella nostra preghiera, di chiedere a Dio un beneficio dall'esterno, ma di mettersi in sintonia dall'interno con il suono di quell'energia che determina la condizione desiderata. Nei due esempi fatti, il mantra per il potenziamento delle facolt intellettuali sar quello in relazione con Sarasvati, mentre il mantra per il raggiungimento del benessere intellettuale sar quello in relazione con Lakshmi.Poich in questi casi prevista la ripetizione mentale del mantra per un numero elevatissimo di volte, si rivela prezioso il supporto del rosario indiano, chiamato a sua volta mala, formato da centootto grani, che viene tenuto appoggiato sull'anulare e fatto scorrere in avanti dal pollice e dal medio; l'indice di norma non tocca il rosario.Per facilitare la concentrazione e il raccoglimento si usa anche accendere bastoncini di incenso e delle piccole lampade in cui brucia dell'olio o del ghee (burro chiarificato).

    IL MANTRA DEL SOLE

    A proposito dell'astro del sole si dice nel Rigveda:

    Sorgi giocondo Sole che vede ogni cosa,e che tutti gli uomini vedono,occhio degli di Mitra e Varuna,colui che rotola sulle tenebre e le squarcia.

    Il verso impiegato nel Rigveda detto gayatri e questo anche il nome che definisce uno dei mantra pi sacri degli ind rivolto a Surya, il dio solare, nella forma di Savituh. Vediamo dunque il gayatri mantra, seguito dalla traduzione.

    OMBHUR BHUVAH SVAHTAT SAVITUH VARENYAMBHARGAH DEVASYA DHINANHIDHIYO YO NAH PRACODAYATOM

    OM

    Divino stimolatore della sfera terrestre, atmosferica e celeste: noi meditiamo su questo adorabile Savituh, splendore raggiante, che divide, colora e muove la creazione. Noi lo contempliamo. Che egli ci possa dirigere.

    OM.

    Il Rigveda parla del Sole, il cui culto presso gli ind uno dei pi radicati e importanti, tanto da un punto di vista fisico quanto da un punto di vista metafisico.Come astro crea il giorno e d la vita alla terra e a tutta la natura, ed pertanto la causa di tutto ci che esiste; grazie al solo Brahama, principio attivo della Creazione, si manifesta in questo mondo. Da un punto di vista metafisico Surya diventa Savituh, lo Stimolatore, il creatore della manifestazione. A Savituh, che viene rappresentato con occhi, mani e lingua d'oro, sono dedicati undici inni completi. Come attesta il Rigveda, gli uomini gli chiedono la remissione delle colpe: "Qualunque sia l'offesa che abbiamo commesso contro di te, per debolezza o fragilit, o Savituh, allontana da noi il peccato". Anche nello Yajurveda gli si riconosce il potere di rimuovere gli ostacoli che si incontrano nella vita, di natura oggettiva o soggettiva: "O dio Savituh, creatore di tutto, allontana ogni impedimento ed elargisci le tue benedizioni".

  • Nel gayatri mantra riportato OM, che come sappiamo definisce il triplice aspetto e la cosmogonia della creazione, posto all'inizio e alla fine. Il primo verso definisce i tre mondi: Bhu la terra, Bhuva l'atmosfera e Svah il cielo. Tat ha qui il significato di quello e varenym vuole dire adorabile, venerabile. Bhargah parola composta da bha, che fa riferimento alla classificazione delle cose create, da ra, che ne chiama in gioco il colore, e da ga, che richiama il costante movimento della creazione manifesta. Bhargah si identifica cos con la divinit primordiale che dimora nella regione del Sole con tutto il suo splendore e la sua gloria, il sole che d la vita e la colora nel suo quotidiano andirivieni. Devasya, genitivo (il sanscrito una lingua flessiva, come il greco antico o il latino) di Deva, indica la divinit di Savituh, che ha il compito di presiedere alla creazione materiale e di provvedere alle necessit di tutti gli esseri in cui si manifesta.

    Dhimanhi il verbo della meditazione; pertanto l'andamento logico della frase 'io (anche collettivizzabile in 'noi') medito su quell'adorabile Savituh...' e si conclude con una dichiarazione di devozione (dhiyo appunto il contemplare) e con una formula desiderativa (yo nah pracodayat: che possa dirigerci).

    UN'ALTRA FORMA DI SALUTO AL SOLE

    Quello proposto e commentato non l'unico mantra connesso al culto del sole n, d'altra parte la recitazione dei mantra solari solo l'espressione di una forma di culto. Nello Yoga sono impiegati per meditare e arrivare al controllo di quell'energia che presiede alla vita e che ha tanto una dimensione fisica (la recita del mantra per questo associata alla tecnica respiratoria) quanto una dimensione psichica (quella che nel linguaggio comune definiamo vitalit). Uno dei mantra pi semplici e nel contempo molto efficaci di saluto al sole, suggerito da Swami Gitananda, che annoverabile fra i maggiori cultori contemporanei dello Yoga :

    OM SURYAYA NAMAH

    dove namah indica nel mantra la parola che si riferisce al culto di una divinit.

    Le sacre formule del culto di Brahama

    Il mantra del culto di Brahama pu avere l'obiettivo finale della liberazione, o, riduttivamente, quello di conseguire il benessere o di acquistare dei meriti.Secondo le regole della grammatica sanscrita, il mantra pu variare combinando le sillabe iniziali e finali delle parole nel rispetto di determinati criteri. Cos le parole singole del mantra sono Om Sat Chit Ekam Brahama, ma il mantra diventa:

    ONG SACHCHITEKAM BRAHAMA

    (ONG, unica esistenza e intelligenza assoluta di Brahama)

    dove ONG la pronuncia gutturale di OM e ne costituisce una variante comune (il discorso vale per tutti i bija mantra terminanti in m).Nella recitazione yogica di questo mantra, arricchito da altre parole sacre (per esempio namah, di cui si gi detta la funzione, o il nome di altre divinit), si pratica una respirazione particolare, che consiste nel chiudere la narice sinistra con l'anulare per respirare attraverso la destra; il mantra viene cos ripetuto per otto volte; successivamente si chiude la bocca e con il pollice si blocca la narice destra; infine si inverte la respirazione e si ripete il mantra per altre sedici volte.

  • La fase successiva del rito comporta la meditazione sulla shakti di Brahama mediante il suo bija e un'offerta di gemme, profumi o comunque cose di valore al supremo Signore:

    Egli l'offerta, il fuoco e l'officiante stesso. Egli la meta verso cui procede colui che medita sul pensiero, la cui azione stessa Brahaman (Bhagavad Gita, IV, 24).

    Al termine del rito vengono recitati un mantra che impetra protezione e un mantra conclusivo di saluto:

    Possa l'anima suprema proteggere la testa,possa il supremo signore proteggere il cuore,possa il protettore del mondo proteggere la golapossa il signore ovviveggente proteggereil volto,possa l'anima dell'universo proteggerele manipossa colui che l'intelligenza stessaproteggere i piedi,possa l'eterno Brahaman proteggere sempretutto il mio corpo.

    ONG, io mi inchino al supremo Brahaman, all'anima suprema, a colui che al di sopra di tutte le qualit. Io mi inchino al Sayuiya, il sempre esistente.

    PREGHIERE AD ALTRE DIVINIT POTENTI

    La natura del tutto particolare della preghiera mantrica obbligherebbe a riportarne la forma originaria, perch la traduzione ne inficia, come si detto, la sostanza. Ma ci, per i mantra molto lunghi, renderebbe ancora pi ostica e lontana per il lettore questa breve panoramica, per cui la scelta stata quella di un compromesso: fornire nei limiti del possibile la forma originaria e ricorrere alla traduzione, a fini semplicemente