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IL CERCAPIETRENOTIZIARIO DEL

GRUPPO MINERALOGICO ROMANO

N. 1-2 / 2010

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Notiziario semestrale del G.M.R.N° 1-2 / 2010Edizione fuori commercioAut. Trib. Roma n° 490/2001 del 6/11/2001

Direttore responsabile:FRANCO CALVARIO

Stampa:Tipografia della Pace - Via degli Acquasparta, 25 - 00186 RomaFinito di stampare nel marzo 2011

Foto di copertinaVishnevite, Casale Rosati Valentano (VT); cristalli di 0,3-1 mm. Coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

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I L C E R C A P I E T R E

Coordinatore del Comitato di Redazione:ROBERTO PUCCI

Comitato di Redazione:VINCENZO NASTIMARCO CORSALETTISALVATORE FIORIGIANCARLO FRATANGELILUIGI MATTEIALBERTO MUSSINOEDGARDO SIGNORETTI

Comitato scientifico:FRANCESCO BURRAGATOGIANCARLO DELLA VENTURAODINO GRUBESSIADRIANA MARASFABIO BELLATRECCIAENRICO CAPRILLIPAOLO ROSSIFABIO TAMAGNINI

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Ricordo di Riccardo Averardi(Gruppo Mineralogico Romano) Pag. 4

Ricordo di Sergio Mastroianni(Gruppo Mineralogico Romano) » 5

La capranicaite, KCaNaAl4B4Si2O18 un nuovo minerale da Capranica (VT)(Fabio Bellatreccia, Massimo Boiocchi, Athos M. Callegari,Enrico Caprilli, Andrea Cavallo e Olaf Medenbach) » 6

La ricerca in località Casale Rosati (Valentano, VT)(Maurizio Burli, Igino Caponera, Rossano Carlini, Roberto Pucci e Edgardo Signoretti) » 13

La Vesuvianite delle Dolomiti. Sulle orme dei ricercatori del secolo XIX(Grisotto Mirko e Grisotto Lodovico) » 31

Mullite e cordierite nella cava di Cellere (VT)(Maurizio Burli, Luciano Nizi, Roberto Pucci e Edgardo Signoretti) » 41

Interpretazione petrologica della roccia a cordierite eallumino-silicati della cava di Cellere (VT)(Francesco Radica) » 49

“Il Cercapietre”, un po’ di storia(Roberto Pucci) » 59

Segnalazioni in breve

Ritrovamento di vicanite-(Ce) a Bassano Romano (VT)(Marco Corsaletti) » 64

Norme per i collaboratori(a cura del C.d.R.) » 66

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S O M M A R I O

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RICORDO DI RICCARDO AVERARDI

Nell’aprile scorso l’amico Riccardo Averardi ci ha la-sciati. Ma non ci ha lasciati soli.Come valente chimico ha svolto per anni incarichi diresponsabilità nell’industria. Dopo la scomparsa deigenitori, la solitudine ha segnato gli ultimi venti annidella sua vita. Una solitudine interrotta un giorno lasettimana, il sabato, quando puntualmente veniva inSede per incontrarsi con tutti gli Amici del GruppoMineralogico Romano. Con la signorilità e l’educa-zione dei comportamenti che l’ha sempre distinto,riusciva a dare il suo prezioso contributo, di tipo or-ganizzativo e gestionale, per migliorare la vita delGMR e del Museo del Collegio Nazareno, per la ria-pertura del quale ha intensamente collaborato. È daricordare anche il suo contributo al Cercapietre conl’articolo “La Collezione delle rocce” (1998).Nella sua vita Riccardo ha sempre scelto, in piena

autonomia e forse con un pizzico di eccessiva riservatezza, a parte le visite degli amicipiù stretti del GMR, gli appassionati con i quali condividere il piacere di intrattenersisulla qualità delle proprie collezioni. Da oggi tutto il Gruppo Mineralogico Romano avràla possibilità di apprezzare le grandi qualità di collezionista di minerali e di fossili non-ché la sua ricca biblioteca scientifica. Infatti, Riccardo Averardi, con un gesto d’immen-sa magnanimità, ha destinato al GMR tutte le sue collezioni e il GMR le conserverà alfine di consentire a tutti, non solo ai Soci attuali e futuri, di apprezzarne la qualità deicampioni, eccezionali per bellezza, rarità e valore storico. Il GMR opererà perché, secondo le volontà di Riccardo, le collezioni rimangano unite esi augura di poter pubblicare, un giorno, una monografia sull’oggetto della passione chelo ha impegnato negli ultimi cinquanta anni della sua vita.Oggi Riccardo non è più solo. Riccardo ha creato le condizioni per essere ricordato, persempre, per le sue qualità umane e per il merito di aver arricchito, con il suo grande ge-sto altruistico, il patrimonio culturale e scientifico del Gruppo Mineralogico Romano edei suoi Soci. Riccardo Averardi ha creato un legame con il mondo di appassionati (studenti, ricerca-tori, collezionisti) di mineralogia e paleontologia per il quale non sarà mai dimenticato. Grazie Riccardo.

Il Gruppo Mineralogico Romano

Il Cercapietre 1-2/2010, 4 G.M.R.: Ricordo di Riccardo Averardi

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RICORDO DI SERGIO MASTROIANNI

Nel luglio scorso l’amico Sergio Mastroianni è scom-parso. Tale evento era purtroppo atteso poiché unagrave malattia lo aveva assalito da un paio di anni epurtroppo non era possibile sperare in un duraturomiglioramento.Di Sergio è impossibile non ricordare la grande com-petenza e la passione per la scienza. Infatti, la suapreparazione scientifica sulla geologia e petrografiaera profondissima, era parte di lui, tanto da trasfor-mare le sue conferenze presso la sede del GMR inun colloquio appassionato e coinvolgente con coloroche hanno avuto la fortuna di assistervi.Sergio Mastroianni ha dato tantissimo al GMR. Trale conferenze con le quali ci ha appassionato, sonoda ricordare “Santorini, perla dell’Arco Egeo”(2008), “Le rocce di Stromboli” (2006), “Le roccedelle Isole di Capo Verde” (2006), “Le rocce delle

Isole Azzorre” (2005) e “Le rocce di Pantelleria e il minerale enigmatite” (2004). Le sueconferenze erano diari di viaggio arricchiti dalla descrizione degli aspetti geologici e na-turalistici del paesaggio, di altissimo livello qualitativo e scientifico, ma nel contempo ca-ratterizzate da una sorprendente semplicità espositiva e, nonostante la complessità dellamateria, da una elevata comprensibilità.In ogni incontro, anche informale, Sergio stimolava tutti a dare la giusta importanza alla“roccia” come strumento di studio del “minerale” e trasferiva agli altri la sua passione,coerente con l’etica deontologica dell’ottimo insegnante che era stato per decenni.Ci mancherà tantissimo la tua serenità, la tua semplicità, la tua signorilità e la tua totaleincondizionata disponibilità a trasferire ad altri il tuo amore per la scienza.Grazie Sergio.

Il Gruppo Mineralogico Romano

Il Cercapietre 1-2/2010, 5 G.M.R.: Ricordo di Sergio Mastroianni

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LA CAPRANICAITE,KCaNaAl4B4Si2O18,UN NUOVO MINERALE DA CAPRANICA (VT)Fabio Bellatreccia 1, Massimo Boiocchi 2, Athos M. Callegari 3, Enrico Caprilli 1,Andrea Cavallo 4 e Olaf Medenbach 5

1 Dipartimento di Scienze Geologiche, Universitàdegli Studi Roma Tre, Largo S. L. Murialdo 1, I-00146 Roma.2 Centro Grandi Strumenti, Università degli Studidi Pavia, via Bassi 21, I-27100 Pavia.3 Dipartimento di Scienze della Terra, Universitàdegli Studi di Pavia, Via Ferrata 1, I-27100 Pavia.4 Istituto Nazionale di Geofisica e Vulcanologia(I.N.G.V.), Via di Vigna Murata 605, I-00143 Roma.5 Institute of Geology, Mineralogy and Geophysics,Ruhr-Universität Bochum, Universitätsstrasse 150,D-44780 Bochum, Germany.

Riassunto

La capranicaite, KCaNaAl4B4Si2O18, èun nuovo inosilicato scoperto nel com-plesso vulcanico di Vico presso Caprani-ca, Viterbo (Callegari et al., 2011). È statarinvenuta nelle cavità miarolitiche di unproietto a K-feldspato.

La capranicaite è monoclina, gruppospaziale P21/n, con:

a = 4,8507(2) Å;b = 16,6156(6) Å;c = 20,5445(7) Å; � = 90,245(1)°;V = 1655,82(17) Å3; Z = 4.La specie è stata approvata dall’IMA

con il numero 2009-086.

Introduzione

Il complesso vulcanico di Vico, con glialtri complessi laziali (Vulsino, Sabatino edei Colli Albani, da nord a sud), fa parte

della cosiddetta “Provincia ComagmaticaRomana” (Washington, 1906). È un com-plesso vulcanico con una caldera sommi-tale ora occupata dal lago di Vico. La suaevoluzione può essere distinta in tre fasiprincipali: • una prima fase, che va da 0,8 a 0,4 m.a.

fa (Sollevanti, 1983), caratterizzata daemissioni di lave da tefrite-leuciticapredominante a trachitofonolite;

• una fase esplosiva, durata fino a 0,2 m.a.fa, durante la quale furono messe in po-sto quattro unità piroclastiche (ignim-brite A, B, C e D; Locardi, 1965);

• una fase finale esplosiva associata con ilcollasso della caldera avvenuto appros-simativamente 0,095 m.a. fa (Laurenzi eVilla, 1985).Tra le diverse fasi accessorie contenute

nei proietti sienitici denominati “sanidini-ti”, sono stati trovati diversi nuovi minera-li: vicanite-(Ce) (Maras et al., 1995; Balli-rano et al., 2002), peprossiite-(Ce) (DellaVentura et al., 1993; Callegari et al., 2000),stoppaniite (Ferraris et al., 1998; DellaVentura et al., 2000) e piergorite-(Ce)(Boiocchi et al., 2006). Sono stati trovati ecaratterizzati, inoltre, altri minerali inte-ressanti o rari come: stillwellite-(Ce) (Cal-legari et al., 1992; Burns et al., 1993), bad-deleyite (Bellatreccia et al., 1998), zircono-lite (Bellatreccia et al., 2002), betafite (Ca-prilli et al., 2006), scheelite e ferberite(Bellatreccia et al., 1999).

Ritrovamento

La capranicaite è stata rinvenuta nellecavità miarolitiche di un proietto olocri-stallino incluso nell’ignimbrite “C” (Lo-cardi, 1965) a Capranica, Viterbo. Il cam-

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pione è stato raccolto da due degli autori(F.B. e E.C.) nel corso del rilevamentogeologico per la tesi di Laurea sulla mi-neralogia delle sanidiniti del complessoVicano.

Il proietto è una sienite a feldspatoidicostituita da un intreccio di cristalli di K-feldspato con minore plagioclasio. I mine-rali associati sono: andradite, anfiboli cal-cici, mica marrone, ossidi di Fe, un feld-spatoide della serie sodalite-haüyna e unafase B-Be-Si attualmente in corso di carat-terizzazione (figg. 1 e 2). Le fasi accessoriesono invece titanite, “apatite” e zircone.

La specie, che è stata approvata dall’I-MA (Commission on New Minerals, No-menclature and Classification), deve ilnome alla località di ritrovamento e l’olo-tipo è depositato presso il Museo di Mi-neralogia dell’Università di Roma La Sa-pienza, con il numero di catalogo 33036/1.

Proprietà fisiche e ottiche

La capranicaite si presenta in sottilicristalli tabulari, incolori con lucentezzavitrea e dimensioni fino a millimetriche(figg. 3, 4 e 5); morfologicamente indistin-guibile dal sanidino se non per una relati-va maggior limpidezza.

Ha striscio bianco e non mostra fluo-rescenza ai raggi UV sia di lunghezzad’onda lunga che corta. I cristalli hannobuona sfaldatura secondo {001} e fratturascheggiosa. Non è stato possibile misurarela durezza per la fragilità e le piccole di-mensioni dei cristalli. Comunque dovreb-be essere inferiore a quella del sanidino(<6 nella scala di Mohs).

La densità calcolata è 2,41 g/cm3.

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Figg. 1 e 2. Fase B-Be-Si: cristalli in lamine “esagona-li” di 0,5-0,6 mm. Coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

Fig. 3. Capranicaite (al centro della foto), cristallo di0,65 mm; coll. F. Bellatreccia, foto R. Pucci.

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La capranicaite otticamente è biassicanegativa con indici di rifrazione α =1,495(1); � = 1,543(1); γ = 1,544(1) (per λ= 590 nm); 2Vmeas = 7,3(2)°. L’orientazio-ne ottica è: α ~ // c, � ~ // a, γ // b e il pia-no degli assi ottici è parallelo al piano(100). I cristalli non mostrano effetti didispersione o pleocroismo.

Composizione chimica

Le analisi chimiche della capranicaite(tab. 1) sono state fatte con la microsondaelettronica applicando una proceduraanalitica particolare per la determinazio-ne del contenuto in boro, elemento a bas-so numero atomico e per questo moltodifficile da misurare con le procedurestandard.

La formula empirica è: (K0,69Cs0,10)Σ0,79(Ca1,19Na0,80)Σ1,99Al3,91B3,99Si2,09O18

La formula semplificata è: KCaNaAl4B4Si2O18, che corrisponde a:K2O 7,88; Na2O 5,19; CaO 9,39; B2O3

23,30; Al2O3 34,13; SiO2 20,11; totale100.00 % in peso.

Struttura cristallina

La struttura cristallina della caprani-caite, determinata con la diffrazione araggi X su cristallo singolo, è monoclina,gruppo spaziale P21/n, con: a = 4,8507(2) Å;

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Fig. 4. Capranicaite (al centro della foto), cristallo di0,35 mm; sopra e sulla sinistra della capranicaite sonovisibili anche le laminette esagonali della fase B-Be-Si.Coll. F. Bellatreccia, foto R. Pucci.

Fig. 5. Capranicaite (al centro della foto), cristallo di1,5 mm; coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

TAB. 1. Composizione chimica (% peso) eformula della capranicaite calcolata sullabase di 18 ossigeni.

% peso formula

SiO2 20,70 Si 2,09Al2O3 32,91 Al 3,91B2O3 22,90 B 3,99K2O 5,36CaO 11,04 Ca 1,19Na2O 4,08 Na 0,80Cs2O 2,20

Totale 99,19 K 0,69Cs 0,10

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b = 16,6156(6) Å; c = 20,5445(7) Å;� = 90,245(1)°; V = 1655,82(17) Å3; Z = 4.

Date le ridotte dimensioni dei cristallie la scarsa quantità di materiale disponi-bile, non è stato possibile fare il diffratto-gramma ai raggi X sulle polveri; per cui,utilizzando i dati strutturali, è stato calco-lato il diffrattogramma teorico, i cui sei ri-flessi più intensi sono [d in Å; (I); (hkl)]:[3,234; (10); (124; 044)]; [4,104; (9); (-121,121)]; [3,424; (8); (006)]; [2,184; (4); (048,-164)]; [2,405; (4); (160)]; [2,425; (3); (200)].

La struttura della capranicaite è carat-terizzata da tre strati di poliedri distinti,sovrapposti lungo l’asse c. Il primo, chia-mato strato-A, è formato da tetraedriSiO4 che si uniscono formando cateneSi2O6; il secondo, chiamato strato-B, con-tiene triangoli BO3 e tetraedri AlO4; ilterzo, chiamato strato-C, contiene gli ot-taedri (Ca,Na)O6.

Lo strato-A è costituito da due siti te-traedrici indipendenti occupati dal Si,Si(1) e Si(2), che formano due catene pe-riodiche singole con composizione Si2O6

estese lungo l’asse a (fig. 6).

Nonostante l’unità di base delle singo-le catene Si2O6 sia la stessa dei pirosseni,la disposizione dei tetraedri nella caprani-caite è del tutto particolare. In effetti, neipirosseni, i tetraedri hanno i piani basalitriangolari quasi complanari e i verticiapicali che puntano verso la stessa dire-zione. Al contrario, nella capranicaite idue tetraedri sono ruotati l’uno rispettoall’altro (fig. 7).

Gli strati-B sono costituiti da tetraedriAlO4 e triangoli BO3 connessi a formaredei piani a maglie esagonali distorte quasiperpendicolari all’asse c (fig. 8). Ciascuntetraedro AlO4 ha tre ossigeni basali con-nessi con tre triangoli complanari BO3 e

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Fig. 6. Lo strato-A formato da catene di tetraedri este-se lungo l’asse a.

Fig. 7. Le catene tetraedriche nel pirosseno (sinistra) ecapranicaite (destra).

Fig. 8. Lo strato-B visto lungo l’asse c mostra gli anellidi sei elementi formati da 3 tetraedri centrati da Al e 3triangoli BO3.

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un vertice apicale condiviso con un tetrae-dro SiO4 di un adiacente strato-A (fig. 9).

Ciascun tetraedro SiO4 condivide i duevertici non coinvolti nella catena Si2O6

con due tetraedri AlO4 appartenenti adue differenti strati-B. Il risultato è unsingolo strato-A posto tra due strati-B(come il ripieno di un sandwich).

Nel pacchetto B-A-B sono presentidelle larghe cavità strutturali coordinateda sette ossigeni, parzialmente occupateda K e Cs (fig. 9).

Il basso contenuto di molecole d’acquae CO2, rilevato dalla spettroscopia all’in-frarosso, può essere localizzato in questecavità.

Lo strato-C, costituito da ottaedri iso-lati che sono occupati in modo disordina-to da Ca e Na (fig. 10), si collega allostrato B di un pacchetto B-A-B superioree uno inferiore.

In conclusione la sequenza completadegli strati lungo l’asse c risulta: C-B-A-B-C-B-A-B-C (fig. 11).

Considerazioni finali

In base alle caratteristiche cristallochi-miche la capranicaite può essere posta,secondo la classificazione di Nickel eStrunz, nella classe 09 (silicati), 09.DB(inosilicati con catene singole a periodi-cità 2 Si2O6; pirosseni e minerali connes-si), o, nella classificazione di Dana, nellaclasse 65 (inosilicati), 65.01 (inosilicati acatena singola non ramificata).

È importante comunque sottolineare

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Fig. 9. “Sandwich” B-A-B: le sfere viola rappresentano le grandi cavità occupate da K e/o Cs.

Fig. 10. Proiezione lungo l’asse c dello strato-C.

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che la struttura cristallina del minerale,non mostra somiglianze con gli altri mine-rali di questo gruppi classificativi. Quindisi può concludere che la capranicaite è unmembro di un nuovo gruppo di minerali,il gruppo della capranicaite, che, seguen-do la classificazione di Dana, ha comeformula generale:(K,Cs)x(Ca2-x,Nax)2Al4B4Si2O18, con x chevaria da 0 a 1.

Ringraziamenti

Ringraziamenti sono dovuti a Giancar-lo Della Ventura, per la lettura critica delmanoscritto, e Roberto Pucci per la tra-duzione dell’articolo originale.

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Fig. 11. Struttura cristallina della capranicaite vista lungo l’asse a.

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Il Cercapietre 1-2/2010, 6-12 Bellatreccia F. et. al.: La capranicaite, KCaNaAl4B4Si2O18,…

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LA RICERCA IN LOCALITÀCASALE ROSATI(VALENTANO, VT)Maurizio Burli*, Igino Caponera*,Rossano Carlini*, Roberto Pucci*,Edgardo Signoretti** Gruppo Mineralogico Romano

Riassunto

Casale Rosati è posto nelle vicinanzedi Valentano, sul bordo meridionale dellacaldera di Latera. Le vicende geologichee la successiva azione degli agenti meteo-rici hanno determinato, in questa zona, lamessa in luce di diversi livelli piroclasticiparticolarmente ricchi in inclusi. Diversidi questi inclusi contengono varie speciemineralogiche interessanti. Tra i ritrova-menti effettuati, di particolare rilievo so-no stati quelli di minerali del gruppo del-la cancrinite, con campioni di franzinite evishnevite di notevole qualità.

La ricerca

La ricerca che ci accingiamo a descri-vere si è svolta nei dintorni di Valentano,

nel distretto vulcanico Vulsino, pratica-mente sul bordo meridionale della calde-ra di Latera, posta ad occidente della de-pressione che ospita il Lago di Bolsena(fig. 1).

Osservando la campagna che ci circon-da, pur consapevoli dei modesti rilievi co-stituiti da questa cinta calderica, ci si sor-prende nel constatare che, fatta eccezioneper le alture costituite da centri di emis-sione successivi alla formazione della cal-dera stessa e su cui è edificato Valentano,l’andamento del territorio è costituito dadolci pendii ben raccordati tra di loro checonvergono verso un vasto pianoro.

Una attenta osservazione del territo-rio, l’analisi delle carte geologiche più re-centi (fig. 2), la verifica sul posto dell’an-damento delle diverse formazioni pirocla-stiche ben riconoscibili, ci porta a faredelle considerazioni sulle cause che han-no determinato l’attuale profilo orografi-co. Lo sprofondamento della parte som-mitale e centrale dell’edificio, dovuto allosvuotamento parziale della camera mag-matica che ha provocato la formazionedella caldera di Latera, è stato seguito dalcedimento delle parti mediane che, per-duto l’appoggio laterale e superiore, sono“scivolate” sia all’esterno che all’interno

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Fig. 1. Un tratto del bordo meridionale della caldera di Latera visto dal suo interno. Sulla sinistra uno dei coni discorie di Valentano, nella parte centrale e verso destra il bordo calderico in dolci rilievi, l’ultimo dei quali è M.te Sa-liette. Il Casale Rosati è coperto, nella zona centrale più alta, dalla folta vegetazione. Foto M. Burli.

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Fig. 2. Bordo calderico di Latera a sud-ovest di Valentano; particolare della carta geologica 1:50.000, foglio 344 Tu-scania (in allestimento per la stampa); ISPRA Servizio Geologico d’Italia. Tratto e modificato da:http://www.isprambiente.gov.it/Media/carg/index.html. Per gentile concessione del Direttore di Rilevamento prof. D.M. Palladino.

FNK FORMAZIONE DI FARNESEDeposito massivo, incoerente o debolmente coerente, da colata piroclastica, a matrice cineritico grigio chiara, con-tenente pomici grigio chiare o scure anche decimetriche, a gradazione inversa, a sanidino e leucite analcimizzata, in-clusi lavici e sedimentari anche decimetrici, per lo più concentrati inferiormente; spessore massimo 8 m. Localmen-te al letto affiorano depositi cineritici massivi o in banchi a laminazione piano-parallela e incrociata, con sciami di la-pilli pomicei e diffusi lapilli accrezionari (spessore metrico). Al margine O del Foglio, alla base è presente un oriz-zonte di lapilli pomicei, a gradazione multipla e di spessore decimetrico, da caduta pliniana (Pumice Fall F, PALLA-DINO & AGOSTA, 1997). Il chimismo delle pomici cade a cavallo delle trachiti, fonoliti e latiti.Età: 231-233±4 ka (TURBEVILLE, 1992).

PKA UNITÀ DI POGGIO CAROGNONE Depositi di lapilli scoriacei neri a gradazione multipla, a luoghi saldati da caduta stromboliana, contenenti sporadiciblocchi lavici balistici finanche decimetrici.

PZP TUFI DI POGGIO PINZORipetute alternanze di banchi da centimetrici a metrici di lapilli scoriacei grigio scuri, ben classati e gradati, con spo-radici bombe e blocchi balistici, da caduta stromboliana, e depositi di ceneri e lapilli scoriacei scarsamente vescico-lari, massivi o a laminazione piano-parallela e incrociata a luoghi con strutture a duna, da surge piroclastici idro-magmatici (spessore complessivo di una decina di metri). La composizione chimica delle scorie è fonotefritica.

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SLH UNITÀ DI MONTE SALIETTEDeposito da colata piroclastica saldato, a matrice cineritica da rosata a rosso vinaccia, con fiamme grigio scure finoa centimetriche, isoorientate, con fenocristalli di sanidino e composizione trachitica; affiorante per uno spessore me-trico.

SRK FORMAZIONE DI SORANODepositi cineritici da massivi a stratificati, da incoerenti a stratificati, contenenti lapilli e blocchi pomicei grigio chia-ri e scuri, a sanidino e sporadica leucite analcimizzata, di composizione trachito-fonolitica; inferiormente ricchi di la-pilli accrezionati, riferibili a molteplici unità di flusso piroclastico di spessore metrico. Tipicamente risultano incana-lati nelle unità sottostanti. La base della successione è caratterizzata dall’associazione di un livello cineritico giallo-gnolo e di un orizzonte di lapilli pomicei fini da caduta, in genere di spessore centimetrico.Età: 194±5 - 187±8 ka (TURBEVILLE, 1992, riattribuita).La formazione include inoltre locali depositi da corrente piroclastica, di analogo aspetto e posizione stratigrafica (ades. ad E di Piansano e nei dintorni di Poggio delle Forche), nonché un sottostante deposito massivo da colata piro-clastica, localmente zeolitizzato, di colore avana, a lapilli e blocchi pomicei neri a leucite analcimizzata, talora na-striformi, a chimismo latitico (ad es. dintorni di Tessennano, Arlena di Castro, Fosso La Tomba), relativi ad eruzio-ni minori.

SVK FORMAZIONE DI SOVANAPresenta alla base un orizzonte-guida cineritico giallo pallido, di spessore decimetrico, a lapilli accrezionari, da sur-ge piroclastico (BUS, PALLADINO & TADDEUCCI, 1998) poggiante su un paleosuolo bruno ampiamente diffuso; se-guono depositi massivi da colata piroclastica, da grigio chiari incoerenti a zeolitizzati e rossastri (sillar), a pomici gri-gio chiare e nere anche decimetriche, con sanidino e leucite analcimizzata, di composizione fonolitico-trachitica, ric-chi di litici lavici, ossidianacei e flyshoidi (spessore massimo 15 m).Età: 207±5 - 204±5 - 198±12 ka (TURBEVILLE, 1992).

SZH FORMAZIONE DI STENZANOLa porzione inferiore comprende, per uno spessore massimo complessivo di 25 m, depositi massivi, poco coerenti, dacolata piroclastica, a matrice cineritica, con lapilli e blocchi pomicei grigio chiaro rosati a cristalli millimetrici di sani-dino e composizione trachitica, a luoghi passanti a depositi caotici di brecce a litici lavici e sedimentari anche deci-metrici, associati ad orizzonti di lapilli pomicei grigio chiari e scuri da caduta pliniana, fra i quali il Pyroclastic Fall D(PALLADINO & AGOSTA, 1997; spessore massimo 1,5 m), a composizione trachitico-fonolitica. La porzione superioreè costituita da depositi cineritici grigio chiaro-biancastri, poco coerenti, da massivi a stratificati e laminati, da corren-ti piroclastiche, contenenti lapilli e blocchi pomicei grigio chiari, ricchi in cristalli di sanidino, e abbondanti lapilli ac-crezionari (cfr. Stenzano Eruption Unit, TADDEUCCI & PALLADINO, 2002; spessore massimo 12 m); intercalato è pre-sente un livello di lapilli pomicei da caduta pliniana, ricco di cristalli di sanidino (Pyroclastic Fall E, PALLADINO &AGOSTA, 1997; spessore massimo 30 cm). La composizione delle pomici, sia da flusso che da caduta, è trachitica.

VLN UNITÀ DI VALENTANODepositi di lapilli, bombe e blocchi scoriacei da rosso vinaccia a grigio scuri, in bancate a gradazione multipla, più omeno saldate, da caduta stromboliana, superiormente alternati a orizzonti cineritici ricchi di blocchi lavici e inclusisedimentari, relativi ai centri eruttivi di Valentano, Madonna dell’Eschio, M. Altieri, M. Starnina (VLNa); a que-st’ultimo è associata una colata lavica grigio scura, da scoriacea a compatta, a luoghi con esfoliazione cipollare, scar-samente porfirica (Madonna della Salute; VLNb). Il chimismo delle scorie e della lava è trachibasaltico, al limite conlo shoshonitico.

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della cinta calderica dislocandosi su più li-velli e generando quindi una serie di ter-razze (fig. 3).

Evidentemente queste “frane”, verifi-catesi forse sia contemporaneamente siasuccessivamente all’evento principale, so-no avvenute per sezioni, non interessandola totalità dell’anello spartiacque che si èformato dopo il collasso intracalderico.(fig. 4).

Il profilo dell’anello calderico ne èuscito “seghettato” e con la successivaazione degli agenti meteorici si è addolci-to: le dislocazioni sono divenute terrazzecon balze raccordate e le sezioni hannoformato tante lingue a più livelli proteseverso l’interno della caldera, creando nel-

l’insieme un paesaggio dolce e sinuoso(figg. 4 e 5).

Inoltre l’attività delle precipitazioni,agendo nelle discontinuità, favorita dallamodesta consistenza dei materiali pirocla-stici dei depositi, ha avuto gioco facilenell’incidere il suolo in modo profondocreando anche fossi e torrenti.

Lungo questi fossi, che creano talvoltadelle vere e proprie forre praticabili soloin alcuni periodi dell’anno, e nelle forma-zioni piroclastiche messe in luce sulle pa-reti, si è andata concentrando la nostra ri-cerca mineralogica.

Queste località sono state in passatooggetto di ricerca da parte di studiosi delsettore e pochi ma esperti mineralogisti.A conferma di ciò c’è la testimonianza diPaolo Rossi, Fabio Tamagnini e altri socidel G.M.R. che venti anni fa erano giova-ni studenti di geologia e che ci hanno re-so partecipi delle loro esperienze. Co-munque, data la vastità del territorio e lepossibili variazioni apportate dall’uomo edalla natura (disboscamenti e dilavazioni)un’accurata ricerca può ancora dare buo-ni frutti.

Dopo un “lavoro” svolto a più ripresein località “Monte Saliette” (Burli et al.,2007), seguendo le caratteristiche morfo-logiche del territorio si è individuata unaformazione molto simile a quella, posta inprossimità del toponimo, riportato sullatav. IGM di Valentano, come Casale Ro-sati (fig. 6).

La ricerca, in questa località, si effet-tua con le stesse modalità adottate neiterritori limitrofi di Farnese e Ischia DiCastro: individuazione di piroclastiti o diaccatastamenti conseguenti l’attività an-tropica, in particolare ai margini delle

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Fig. 3. Scivolamento delle parti mediane del bordo cal-derico.

Fig. 5. Profilo finale della sezione del bordo calderico.

Fig. 4. Pianta delle “frane” che hanno formato le ter-razze.

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aree boschive, esplorazione dei fossi e deicampi ad essi immediatamente adiacenti.

Come accade spesso però, importantiritrovamenti avvengono casualmente, an-

che pochi metri oltre la strada già percorsa.È appunto quanto avvenuto in una dellepiù recenti di queste ricerche, quando unimprovviso allontanamento di “Tufo”, ilcane di uno degli autori (M.B.), faceva sco-prire, sul lato sinistro del greto di un fossoche non mostrava tracce di precedenti “ri-cerche”, un angolo di terreno con diversiblocchi interessanti (figg. 7 e 8).

In queste formazioni si osserva una di-screta abbondanza di proietti in prevalen-za di tipo sanidinitico e lavico, mentre ra-ri sono gli inclusi metamorfici costituiti dagranato, vesuvianite e “pirosseni” moltosimili a quelli rinvenuti in altre localitàvulsine, come per esempio i “classici” diCase Collina.

C’è da notare che nonostante l’abbon-danza di inclusi, quelli veramente utili so-no in numero molto limitato a causa del-l’elevato grado di alterazione di molti edello scarso valore collezionistico di altri.

Naturalmente non si deve pensare ditornare sempre a casa con lo zaino pienodi minerali interessanti, ma talvolta laperseveranza regala quella semplice ma

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Fig. 6. Dintorni di Casale Rosati visti dall’interno dellacaldera di Latera. Foto E. Signoretti.

Fig. 7. Casale Rosati: parete di una forra e terrenoadiacente. Foto M. Burli.

Fig. 8. Casale Rosati: formazione piroclastica sulla par-te alta della parete di una forra. Foto M. Burli.

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indescrivibile felicità, che appaga il cerca-tore: qui, alla rottura di un blocco di tiposanidinitico, apparvero splendidi geodinicontenenti cristalli prismatici allungati fi-no a 1 cm, trasparenti e incolori (fig. 30)con abito esagonale terminati a volte daaccenni di piramide, risultati poi esserevishnevite.

Gli inclusi

Nel descrivere i risultati della ricerca,oltre a ricordare gli inclusi di natura tra-chitica, che in rari geodi contenevano an-dradite, “apatite” e minerali del gruppodella cancrinite di modesta qualità (figg. 9e 10), e inclusi metamorfici, con “pirosse-no” verde, wollastonite, “granato”, tusca-nite e vesuvianite (fig. 11), riteniamo didovere approfondire la descrizione degliinclusi sanidinitici che si presentano di di-verse tipologie.

Negli inclusi più frequenti, la massa èin genere piuttosto compatta ma caratte-rizzata da zone dove le cavità miarolitichesono più ampie per divenire talora veri e

propri geodi (fig. 12). Per la maggior par-te, si presentano con intrecci di cristalli diK-feldspato opachi e giallastri, caratteriz-zati dalla presenza di un minerale delgruppo della sodalite in cristalli più o me-no deformati che conferiscono al tuttouna decisa colorazione azzurrastra. Co-mune la presenza di granati di tipo andra-dite che costituiscono anche aggregati cri-stallini fino a 1 cm, ma le cui facce risul-tano, nella maggior parte dei casi profon-damente tramoggiate.

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Fig. 9. Incluso trachitico con “granato” e “apatite”.Coll. e foto E. Signoretti.

Fig. 10. Incluso trachitico con “granato” e “cancrinite”.Coll. e foto E. Signoretti.

Fig. 11. Incluso metamorfico con “granato” e vesuvia-nite. Coll. e foto E. Signoretti.

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Un numero più limitato di inclusi di ti-po sanidinitico sono formati da cristalli diK-feldspato brillanti ed incolori, di di-mensioni mediamente inferiori a quellidel tipo precedentemente descritto macon una analoga distribuzione nella mas-sa; a differenza dei precedenti è presenteuna più ampia varietà di specie mineralo-giche, tutte di apprezzabile qualità colle-zionistica (“cancrinite”, titanite, badde-leyite, flogopite, “granato”, “epidoto”, zir-cone ecc.) (fig. 13 e 14).

Un altro tipo di incluso sanidinitico ècaratterizzato da cristalli di K-feldspato dicolore da biancastro a grigio chiaro checostituiscono masse piuttosto compatte,con poche cavità miarolitiche concentratein zone ad andamento subparallelo. Taletipo di incluso (fig. 15) è caratterizzatodalla presenza di franzinite in cristalli ce-lesti, titanite e altri minerali accessori dimodesto interesse collezionistico.

Un ultimo tipo di incluso sanidiniticodi colore grigio chiaro, fa pensare in alcu-

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Fig. 12. Incluso sanidinitico con vishnevite. Coll. E. Si-gnoretti, foto R. Pucci.

Fig. 14. Baddeleyite cristallo di 0,8 mm. Coll. e foto M.Corsaletti.

Fig. 13. Incluso sanidinitico con baddeleyite. Coll. e fo-to E. Signoretti.

Fig. 15. Incluso sanidinitico con franzinite. Coll. E. Si-gnoretti, foto R. Pucci.

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ni punti ad una vera e propria trachite(fig. 16). È costituito dal solito intrecciodisordinato di cristalli di K-feldspato,che si presentano però di spessore moltoinferiore al solito, talvolta ad andamentosubparallelo, immersi in una pasta mi-crocristallina contenente, oltre allo stes-so K-feldspato, anche pochi mafici dimorfologia molto incerta (“mica”?, “pi-rosseno”?).

In alcuni punti, contornati da un alonein cui si nota una maggiore concentrazio-

ne di minerali mafici, sono presenti nodu-li microcristallini di un minerale bianco.In alcuni minuti geodi presenti nei nodulistessi, si osservano cristallini submillime-trici lamellari a contorno apparentementeesagonale, ialini o biancastri. Anche nelresto del proietto sono presenti geodinicome pure cavità miarolitiche molto evi-denti, dove sono talvolta presenti minera-li accessori ben cristallizzati come ematite(anche in rosette), “apatite” (figg. 17 e18) e “mica”.

Descrizione di alcuni minerali

Tra i minerali rinvenuti negli inclusisanidinitici, diamo la descrizione di quelliche ci sembrano decisamente più interes-santi dal punto di vista scientifico e/o col-lezionistico.

“ALBITE”

Nel parlare del proietto, dell’ultima ti-pologia descritta (fig. 16), si è accennato amasse microcristalline bianche che, soloalla loro periferia o nei piccoli geodi in-

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Fig. 16. Incluso sanidinitico con “albite” e “apatite”.Coll. e foto R. Pucci.

Fig. 18. “Apatite”, cristallo di 1,2 mm; coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

Fig. 17. “Apatite”, cristallo di 1 mm; coll. E. Signoret-ti, foto R. Pucci.

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terni, sono formate da cristallini lamellariialini a contorno pseudoesagonale delledimensioni di uno o due decimi di milli-metro.

Della loro morfologia, viste le ridottedimensioni, si può dire solo che il lorocontorno sembra esagonale (fig. 19).

Tali cristalli, sottoposti ad analisi alSEM-EDS, presso il Dipartimento diScienze Geologiche della Università Ro-ma Tre, sono risultati essere un feldspatoriconducibile ad albite con abito triclinoproprio della specie.

Il minerale raramente risulta associatoa cristallini ialini e limpidi di “apatite”.

EMATITEÈ un minerale che, seppure non molto

abbondante, si rinviene in diverse tipolo-gie di proietti; si presenta in cristalli daromboedrici a lamellari talvolta disposti arosetta.

Particolarmente apprezzabili dal puntodi vista collezionistico sono alcuni cristallilamellari di color nero, con la tipica lu-centezza metallica e frequenti iridescenze,

posti all’interno delle cavità miarolitichedei blocchi di tipo sanidinitico (fig. 20). Inquesto caso il minerale si osserva in asso-ciazioni di pochi individui fra loro diver-genti che difficilmente superano il milli-metro di spigolo ma che risaltano grade-volmente su di un tappetino formato damicrocristalli bianchi di sanidino. Minera-li associati sono: vishnevite, magnetite,“granato” e “apatite”.

“EPIDOTO”L’analisi SEM-EDS eseguita presso il

Dipartimento di Scienze Geologiche,Università Roma Tre, ci permette di af-fermare solo che si tratta di un mineralecon composizione chimica compatibilecon quella del gruppo dell’epidoto.

È stato rivenuto più volte all’internodelle cavità miarolitiche in proietti diversifra loro, ma sempre di tipo sanidinitico, inassociazione con gli stessi minerali tipovishnevite, “granato” titanite ecc..

In alcuni proietti il minerale si presen-ta in cristalli con abito prismatico moltoallungato e sottile a formare ciuffi di cri-

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Fig. 19. “Albite”, cristalli di 0,1-0,2 mm; coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

Fig. 20. Ematite, cristalli di 0,6 mm; coll. E. Signoretti,foto R. Pucci.

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Fig. 21. “Epidoto”.In alto, ciuffi di cristalli sottili e allungati di 2 mm; coll. e foto R. Carlini. In basso, cristalli prismatici più tozzi: a si-nistra di 0,7 mm, a destra di 0,35 mm (con “granato”); coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

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Fig. 22. “Granati”.In alto: a sinistra 0,5 mm, coll. E Signoretti, foto R. Pucci; a destra 0,35 mm, coll. E. Signoretti, foto R. Pucci. In bas-so: a sinistra 1 mm, coll. e foto R. Carlini; a destra 0,7 mm, coll. E Signoretti, foto R. Pucci.

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stallini divergenti con individui fino almillimetro di lunghezza. In questo caso ilcolore varia dal grigio-verdino al verdeerba, ma, il più delle volte, con modestabrillantezza. In un altro proietto, invece, icristalli, brillanti e trasparenti, mai supe-riori al millimetro di spigolo, mostrano unprisma tozzo ben terminato con individuiassociati fra loro a formare eleganti pac-chetti. Il colore di questi cristalli è verdeintenso con il pleocroismo proprio dellaspecie ben evidente se sottoposti a diver-sa incidenza della luce (fig. 21).

“GRANATO” (probabile andradite)Questi minerali del gruppo dei granati

rinvenuti a Casal Rosati con una certafrequenza, non sono stati mai definiti dalpunto di vista analitico. Considerata la giàaccertata presenza di andradite neiproietti di tipo sanidinitico in tutte le lo-calità limitrofe, anche in questo caso sem-brerebbe lecito pensare a tale specie, an-che perché grossularia nel Vulsino è statasegnalata sempre in proietti di tipo meta-morfico (Stoppani & Curti, 1982); grossu-laria che nel Lazio, alle analisi, mostra co-munque una certa percentuale di ferro(Stoppani & Curti, 1982).

Il minerale si presenta in cristalli daltipico abito rombododecaedrico, più rara-mente icositedraedrico, di dimensioni finoa 5 mm.

Il colore va dal giallo-verdiccio fino alverde bottiglia intenso o bruno-nero per icristalli più spessi (figg. 22 e 23). Tutti icampioni risultano lucenti, mentre quelli fi-no al millimetro sono brillanti e trasparen-ti. Quando è in associazione con vishnevi-te, con “epidoto” e con titanite formagruppi gradevoli dal punto di vista estetico.

Minerali del gruppo della cancrinite

FRANZINITEQuesto minerale è stato identificato

mediante analisi diffrattometrica ai raggiX su cristallo singolo (SC-XRD) effettua-ta presso l’Istituto di Geoscienze e Geori-sorse del C.N.R. di Pavia.

I parametri di cella determinati sono:a = 12,89(1) Å; c = 26,50(1) Å

in buon accordo con i dati di letteratura.La franzinite, trigonale (classe 32, la

stessa del quarzo), si presenta in cristalliesagonali schiacciati di dimensione fino aqualche millimetro. Normalmente i cri-stalli sono in geminazione polisintetica aformare “pacchetti” che raggiungono an-che 8 mm di spessore; rari sono i cristalliisolati.

Il colore va dallo ialino al celeste chia-ro fino ad azzurro intenso, presentando avolte una variazione cromatica all’internodello stesso pacchetto. La brillantezza va-ria da vitrea a lattiginosa a seconda di unprobabile grado di alterazione o del colo-re del cristallo (figg. da 24 a 27).

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Fig. 23. “Granato”, cristallo di 1,5 mm; coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

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Fig. 25. Franzinite, gruppo di cristalli 8 mm; coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

Fig. 24. Franzinite, cristallo di 2 mm; coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

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Fig. 27. Franzinite, gruppo di cristalli 6 mm; coll. I. Caponera, foto R. Pucci.

Fig. 26. Franzinite, gruppo di cristalli 2 mm; coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

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VISHNEVITEÈ uno dei minerali del gruppo della

cancrinite rinvenuto forse con maggiorefrequenza. Anche questa specie è stataidentificata mediante analisi diffrattome-trica ai raggi X su cristallo singolo (SC-XRD) effettuata presso l’Istituto di Geo-scienze e Georisorse del C.N.R. di Pavia.

I parametri di cella determinati sono:a = 12,70(1) Å; c = 5,199(4) Å

in buon accordo con i dati di letteratura.La vishnevite è stata rinvenuta sia nel-

le cavità miarolitiche degli inclusi, sia inveri e propri geodi di dimensioni più checentimetriche; in questi casi era spessopresente in un intreccio di cristalli che al-la rottura, inevitabilmente, si distaccava-no. La vishnevite si presenta in cristalliprismatici esagonali più o meno sottili, al-lungati fino a 8 mm (comunemente fino a2-4 mm) (figg. da 28 a 33).

In genere il prisma è terminato dal pi-nacoide basale, in alcuni casi è presenteuna bipiramide troncata dal pinacoide. Icristalli sono perfettamente trasparenti eialini, fatta eccezione per alcuni individui

con una leggera colorazione celestinochiaro.

Altri cristalli, simili a quelli analizzati,sono stati rinvenuti in proietti diversi,seppure di analoghe caratteristiche. Pro-babilmente per questi, che sono ancora infase di studio, si tratterà ancora di vishne-vite; anche se, la affinità di questa speciecon la pitiglianoite (Bellatreccia e DellaVentura, 2005), (altra cancrinite rinvenutain aree limitrofe a quella della nostra ri-cerca), suggerisce molta cautela.

Altre “Cancriniti”

Nello stesso proietto in cui è stata rin-venuta la vishnevite sono stati rinvenutialtri cristallini attribuibili, per morfologia,a minerali del gruppo della cancrinite edancora in fase di studio.

Alcuni di questi, molto brillanti, ialinie sempre di dimensioni submillimetriche,hanno un abito esagonale con il prismamolto compresso e la bipiramide troncatadal pinacoide (fig. 34). Altri mostranoprismi esagonali e bipiramidi terminate

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Fig. 28. Vishnevite, cristalli di 8 mm; coll. e foto R.Carlini.

Fig. 29. Vishnevite, cristallo di 0,7 mm; coll. e foto R.Pucci.

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Fig. 30. Piccolo geode con cristalli di vishnevite di 5-6 mm; coll. e foto R. Pucci.

Fig. 31. Vishnevite, cristalli di 0,7 mm; coll. M. Burli, foto R. Pucci.

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Fig. 32. Vishnevite, cristalli di 2 mm; coll. e foto R. Carlini.

Fig. 33. Vishnevite, cristalli di 2 mm; coll. e foto R. Carlini.

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da pinacoide sia del primo che del secon-do ordine.

Altre “cancriniti” hanno sia il prismache le bipiramidi molto schiacciati e i cri-stalli sono uniti, in geminazione polisinte-tica attraverso il pinacoide, fino a forma-re “pacchetti” spesso racchiusi all’internodegli interstizi del sanidino.

In questo caso i campioni, che talvoltasuperano il millimetro, appaiono incolorima meno brillanti degli individui prece-dentemente descritti (fig. 35).

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano il prof. DaniloM. Palladino, Responsabile della Sezionedi Geodinamica e Vulcanologia del Dipar-timento di Scienze della Terra - Universitàdi Roma La Sapienza, per aver concessol’uso dell’immagine di una parte della car-

ta geologica, foglio 344 – Tuscania (pro-getto CARG), di cui è Direttore di Rile-vamento e il prof. Raffaello Trigila, dellostesso Dipartimento, per la lettura criticadella parte di manoscritto riguardante gliaspetti vulcanologici. Si ringraziano inol-tre il dott. Fabio Bellatreccia, dell’Univer-sità Roma Tre, per le analisi al SEM-EDSe il dott. Fernando Càmara, dell’Istituto diGeoscienze e Georisorse del C.N.R. diPavia, per le analisi ai raggi X.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

BELLATRECCIA F., DELLA VENTURA G., (2005) - Iminerali del gruppo della cancrinite - Il Cerca-pietre, Notiz. del G.M.R., 1-2/2005, 14-24.

BURLI M., CAPONERA I., SIGNORETTI E., (2007) - Le“sanidiniti” di Monte Saliette - Il Cercapietre,Notiz. del G.M.R., 1-2/2007, 13-18.

STOPPANI F.S., CURTI E., (1982) - I minerali del La-zio - Ed. Olimpia, FI, pp. 291.

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Fig. 34. “Cancrinite”, cristallo di 0,3 mm su “granato”;coll. E. Signoretti, foto R. Pucci.

Fig. 35. “Cancrinite”, cristallo di 1 mm; coll. e foto R.Carlini.

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LA VESUVIANITE DELLE DOLOMITISulle orme dei ricercatori del secolo XIXGrisotto Mirko*, Grisotto Lodovico*** Via F. Broger, 4 - 39055 Laives (BZ)

** Via Lichtenstein, 17 - 39055 Laives (BZ)

Riassunto

Le Dolomiti sono state recentementedichiarate Patrimonio Naturale dell’Uma-nità sotto tutela Unesco, per le particola-ri caratteristiche geologiche e morfologi-che che le rendono uniche al mondo.

Sul territorio della Provincia Autono-ma di Trento e più specificatamente nel-l’area di Predazzo e dei monti Monzoni,oltre alle rocce di natura sedimentaria,prevalgono rocce intrusive e vulcaniche divario chimismo, a testimonianza di antichieventi eruttivi 1.

L’interazione tra le rocce intrusive e lerocce di origine sedimentaria ha prodottofenomeni di metamorfismo di contattoche hanno portato alla formazione di nu-merose specie minerali, tra cui la vesuvia-nite 2 oggetto di questo articolo.

La scoperta di questi fenomeni, nel di-ciannovesimo secolo, ha portato numero-si studiosi, specialmente dall’area tedesca,a documentare la geologia e la mineralo-gia di queste zone.

In questa nota vengono descritte leprincipali località di ritrovamento dellavesuvianite: i Canzoccoli di Predazzo, lePale Rabbiose, il Toal de la Foa, il Toaldel Mason, la cima Malinverno e la zonadetta “delle Selle” tra il rifugio Taramellie la Punta D’Allochet sui Monzoni.

Introduzione

Nel diciannovesimo secolo i mineralidelle Valli di Fiemme e di Fassa suscitaro-no l’attenzione di molti studiosi di geolo-gia e mineralogia. Si deve a Giovanni

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1 Si tratta di monzoniti, graniti e lave, la loro ori-gine risale al trias medio circa 232 milioni di anni fa(Dellantonio, 1996).

2 Specie mineralogica del gruppo della vesuvianite(unitamente a fluorvesuvianite, manganvesuvianite ewiluite), sistema tetragonale, sorosilicato con formulachimica Ca19(Al,Mg,Fe)13Si18O68(O,OH,F)10.

Malinverno parete nord visto dalla Valle dei Monzoni.

Ubicazione delle zone di ricerca:1 - Canzoccoli di Predazzo.2 - Pale Rabbiose; Toal de la Foa; Toal del Mason; C.Malinverno; Rifugio Taramelli.

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Battista Brocchi3 la prima pubblicazioneimportante riguardante la mineralogiadella Val di Fassa, risalente al 1811 (Me-moria mineralogica sulla Valle di Fassa inTirolo).

La fama riconosciuta a livello interna-zionale di questa area si deve al conte vi-centino Giuseppe Marzari Pencati 4 chesvolgeva l’attività di ispettore delle minie-re. Nel 1820 pubblicò, sul supplementodel giornale Nuovo Osservatore Venezia-no, le osservazioni da lui fatte l’anno pri-ma sui Canzoccoli di Predazzo: un granitostava sopra il calcare, per cui doveva esse-re di origine più recente.

La riflessione di Marzari Pencati mina-va alle radice la teoria detta del nettuni-smo 5: teoria portata avanti dalla scuoladei geologi tedeschi. Leopold von Buch,allievo di Werner, considerato all’epocauno dei più importanti geologi, con il pre-ciso scopo di riuscire a negare quantoscritto da Pencati, intraprese per due vol-te il viaggio dalla Sassonia. Nel secondoviaggio fu affiancato da Alexander vonHumbolt, ciambellano del re di Prussia enoto geografo.

Ma nonostante i tentativi di trovareuna alternativa, non fu possibile negarel’evidenza: il calcare era di origine prece-dente al granito e risultava avere subìtouna “cottura”. La teoria del Nettunismovenne così superata e tutto quello che se-guì portò a numerose scoperte, prima nel-l’area di Predazzo e successivamente suiMonzoni (Dellantonio, 1996).

I giacimenti di contatto di Predazzo edei Monzoni furono studiati e descritti danumerosi autori, alcuni dei quali si occu-parono in particolare dei giacimenti a ve-suvianite; basti citare Victor Leopold Rit-ter von Zepharovich6, Cornelius Doelter7,Georg Gasser 8 a cui si deve il celebre te-sto Die Mineralien Tirols EinschliesslichVoralbergs und der Hohen Tauern.

La geologia di Predazzo e dei Monzonimeriterebbe un ampio spazio, ma, per co-modità di lettura, verrà fatto un accennosoltanto alla parte relativa ai fenomeniconnessi al metamorfismo di contatto. Lecamere magmatiche dei vulcani di Predaz-zo e dei Monzoni solidificandosi in profon-dità provocarono un intenso metamorfi-smo termico sulle rocce sedimentarie in-cassanti. Nelle rocce carbonatiche a direttocontatto con i corpi intrusivi monzonitici9,

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3 Brocchi Gian Battista (1772-1826), geologo e pa-leontologo, si occupò di mineralogia, botanica e zoolo-gia.

4 Marzari Pencati Giuseppe (1779-1836), studiosodi botanica, geologia e mineralogia.

5 Teoria elaborata da Abraham Gottlob Werner(1749-1817), mineralista e geologo tedesco dell’accade-mia mineraria di Freiberg in Sassonia, secondo cui tut-te le rocce esistenti si sarebbero originate in un mareprimordiale e tutte le rocce intrusive, gli gneiss, gli sci-sti avrebbero avuto una origine sedimentaria; successi-vamente, con il graduale ritiro del mare primordiale, sisarebbero depositati i basalti e infine le rocce sedimen-tarie quali i calcari. Questa teoria non prevedeva alcu-na variazione della sequenza di deposito. A Werner siattribuisce il merito di aver individuato nella vesuvia-nite una nuova specie mineralogica sulla base di unrinvenimento nel 1795 sul Vesuvio.

6 Zepharovich, Victor Leopold Ritter von, 1830-1890, mineralista geologo nell’Ufficio geologico impe-riale austriaco (1852-56), si dedicò in modo particolarea ricerche di cristallografia.

7 Doelter Cornelio (1850-1930), mineralogista epetrografo.

8 Gasser Georg (1857-1931), bolzanino, naturalistae artista, è l’effettivo padre del Museo di Scienze Na-turali di Bolzano. Sul finire del XIX secolo, con la rea-lizzazione della sua collezione naturalistica, unica nelsuo genere in Alto Adige, gettò infatti le basi per lanascita dell’attuale Museo.

9 Monzonite: roccia magmatica intrusiva di com-posizione mineralogica e chimica intermedia tra le dio-riti e le sieniti.

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oltre al fenomeno del metamorfismo ter-mico, vi fu uno scambio di nuovi elementi.Tale interazione (metasomatismo) portòalla formazione di numerosi minerali dicontatto, a volte in cristallizzazioni macro-scopiche (Dellantonio, 1996). I cristalli divesuvianite presenti nelle rocce di meta-morfismo di contatto hanno questa origine.

Giacimenti

Tutti i giacimenti di contatto a vesuvia-nite presenti nelle zone oggetto di questoarticolo presentano caratteristiche identi-che. Sono tutti localizzati al contatto tra lamonzonite e le rocce sedimentarie. La va-rietà dei minerali associati è modesta. Ol-tre alla vesuvianite i minerali presenti so-no: granati di tipo grossularia, gehlenite,diopside varietà fassaite, lizardite, clintoni-te e wollastonite; come rarità si hannogranelli di calcopirite e malachite.

Le zone mineralizzate a vesuvianite avolte costituiscono bancate con andamen-to costante, altre volte si presentanoframmentate a formare delle bolle neicalcari; in alcuni casi si hanno degli inclu-si metamorfosati a prevalente vesuvianitenella monzonite.

Ai Canzoccoli di Predazzo, alla cimaMalinverno e alle Selle le mineralizzazio-ni a vesuvianite hanno andamento per lopiù orizzontale e seguono l’originariastratificazione delle rocce sedimentarie.Al Toal del Mason la mineralizzazione avesuvianite ha andamento verticale. Lemigliori cristallizzazioni si rinvengono adiretto contatto con la monzonite e de-crescono se ci si allontana anche di pochidecimetri. Ai Canzoccoli di Predazzo so-no stati estratti campioni con cristalli di

vesuvianite verde e marrone a direttocontatto con la monzonite. Su bande didimensione metrica di calcari metamorfo-sati inclusi nella monzonite gli autori han-no rinvenuto gli esemplari di maggiorpregio estetico, mentre dove si ha contat-to tra monzonite e calcare incassante, lavesuvianite è frequente, ma scarseggianole cristallizzazioni ben formate.

Normalmente la vesuvianite si rinvie-ne nel classico colore marrone, mentrenegli inclusi metamorfosati incassati nellamonzonite si ha vesuvianite di coloremarrone, giallo e verde. Ai Canzoccoli diPredazzo e nella zona compresa tra il ri-fugio Taramelli e il lago delle Selle, sonostati rinvenuti gruppi di cristalli di vesu-vianite di colore marrone con sovracresci-ta di colore verde. La presenza di più ge-nerazioni di vesuvianite sullo stesso cam-pione è la testimonianza dei complessi fe-nomeni connessi al metamorfismo di con-tatto, come quello tipico delle pseudo-morfosi di grossularia su gehlenite moltofrequenti a Predazzo e sui Monzoni (De-martin, 1998).

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Malinverno parete nord; contatto tra calcare e monzo-nite.

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Come assoluta rarità sono stati rinve-nuti ai Canzoccoli di Predazzo scalenoedridi calcite su cristalli di vesuvianite marro-ne e verde scuro, e pseudomorfosi di cri-stalli di gehlenite su vesuvianite verde.

Descrizione delle zone di ricerca

Predazzo

I Canzoccoli di Predazzo si trovano aoccidente dell’abitato di Predazzo, allependici del monte La Forcella. La fasciadi contatto inizia dall’omonima cava dimarmo (Cava Canzoccoli) ad una quotadi 1200 m e termina ad una quota di 1700m. I giacimenti a vesuvianite iniziano dasopra la cava di marmo abbandonata eproseguono lungo il ripido pendio bosco-so fino ad una quota di circa 1700 m.

I principali giacimenti storici sono la“Palacia” (1630 m), il giacimento classicodella gehlenite e quello denominato “Tofde Vena” 10 a una quota di circa 1700 m(Demartin et al., 2006). I campioni prove-nienti da questi siti vennero descritti daZepharovich (1859) e successivamente daGasser (1913).

La vesuvianite è diffusa, in gruppi dicristalli, in cavità dello stesso mineralemassivo oppure sui calcari metamorfosati.Il colore varia dal marrone chiaro al nero.

I cristalli marroni sono stati rinvenutiin gruppi, in geodi e raramente in esem-plari flottanti in argilla al centro di alcunigrossi geodi.

In passato sono stati estratti gruppi dicristalli di colore verde rinvenuti in relativaabbondanza, mentre caratteristici di questazona sono i cristalli di vesuvianite marronecon rivestimento di vesuvianite verde.

I più grandi hanno raggiunto la dimen-sione massima di 7 cm.

Sono stati rinvenuti cristalli con questecaratteristiche delle dimensioni massimedi 5 cm, anche se per gli esemplari dimaggiore qualità si arriva fino ai 20 mm(Demartin et al., 2006).

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10 Il toponimo “Tof de Vena” indica il ripido cana-lone che scende dal Monte La Forcella, visibile dall’a-bitato di Predazzo. Il giacimento della vesuvianite sitrova su uno sperone roccioso ad una quota di circa1700 m alla confluenza tra l’omonimo canalone e unaltro solco vallivo.

Canzoccoli, il giacimento a vesuvianite del Tof de Venacitato da Gasser.

Vesuvianite, Canzoccoli. Gruppo di cristalli di 50 mmcon insolito accrescimento elicoidale, tipico invece nelquarzo delle fessure delle Alpi Svizzere.

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Recentemente è stata rinvenuta unabancata di calcari metamorfosati con fre-quenti geodi e gruppi di cristalli di vesu-vianite verde con caratteristiche differentidai giacimenti classici. Il colore è verdechiaro e i cristalli molto lucenti risaltanosul bianco del calcare metamorfosato. So-no frequenti cristalli centimetrici con ter-minazione piatta e sezione quadrata. Par-ticolarmente interessanti sono esemplaricon abito scheletrico e con accrescimentidi più cristalli.

Altri giacimenti dove è possibile rinve-nire la vesuvianite in discreti esemplari,sono ubicati a oriente dell’abitato di Pre-dazzo sulla Malgola.

I Monzoni

I monti Monzoni si trovano sul territo-rio della Provincia Autonoma di Trento eprecisamente tra la testata della valle deiMonzoni, confluente nella valle di SanNicolò a nord e la valle di San Pellegrinosul versante sud.

Formano un aspro massiccio che iniziadalla Punta Valacia a ovest, e terminano alPasso delle Selle a oriente. I Monzoni sidifferenziano dal paesaggio circostante do-ve prevalgono le rocce di origine sedimen-taria e denotano la loro natura intrusiva.

Le principali cime della catena sono:Cima Valacia 2637 m, cima Malinverno o“Spiz del Malinvern” 2630 m, cima Rico-letta o “Spiz da Tariciogn” 2647 m, PuntaD’Allochet 2582 m.

Molti autori del passato riportano co-me località classiche di ricerca i vari

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Vesuvianite, Canzoccoli. Gruppo di cristalli di 60 mmrinvenuto flottante nell’argilla.

Vesuvianite, Canzoccoli. Cristallo di 60 mm rinvenutoflottante nell’argilla.

Vesuvianite, Canzoccoli. Cristallo di 12 mm; è evidenteil nucleo di colore marrone con la sovracrescita di co-lore verde.

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“Toal”11. Viene menzionato il rinveni-mento di minerali costantemente resopossibile dai continui fenomeni di erosio-ne meteorica (De Michele, 1974 e Gra-maccioli, 1975).

Per esperienza personale degli autori,allo stato attuale, per il versante sud inmassima parte erboso, gli unici mineralirinvenibili sono presenti nei detriti trasci-nati a valle dalle valanghe e/o provenien-ti da scavi eseguiti dai collezionisti di mi-nerali. Per il versante nord, dove le franesono più frequenti, non sono mai stati rin-venuti esemplari degni di nota.

Oggi per poter rinvenire qualche cam-pione interessante è necessario eseguirenumerosi sondaggi. Quasi due secoli di ri-cerche hanno causato un notevole impo-verimento di molte zone e ancora ogginumerosi scavi rimangono a testimonian-za di questo.

Le mineralizzazioni a vesuvianite sonolocalizzate sempre al contatto tra la mon-zonite e le rocce sedimentarie e sono pre-valentemente diffuse tra le quote di 2100e 2600 m. Le località sotto elencate sononote da lungo tempo e citate nei lavori diZepharovich (1859), Doelter (1875) eGasser (1913).

Vengono di seguito elencate le princi-pali zone dove sono stati rinvenuti cam-pioni di vesuvianite.

Le Pale Rabbiose: nella cresta compre-sa tra il Toal de la Foa e la Val Pizmeda, sirivengono rare lenti a vesuvianite nei cal-

cari metamorfosati. Raramente compaio-no cristalli grandi anche alcuni centimetri,dei quali però, a causa del “concrescimen-to”, si possono apprezzare solo poche fac-ce. Le specie associate sono granato gros-sularia e diopside varietà fassaite.

Toal de la Foa: è il ripido solco vallivosul versante sud dei Monzoni compresotra la Cima Uomo a est e le Pale Rabbio-se. Vi si trova vesuvianite in masse infor-mi associate a diopside varietà fassaite,raramente si rinvengono cristalli di coloremarrone, della grandezza di diversi centi-metri, inclusi in vesuvianite compatta e ri-vestiti di un velo di calcite, e per questoscarsamente lucenti.

Toal del Mason: vi si accede dalla val-le di San Pellegrino partendo dalla loca-lità Fango. Geograficamente corrispondeal versante sud della cima Malinverno. Viè ubicato il giacimento classico dal qualeprovengono le famose vesuvianiti nellacalcite azzurra (De Michele, 1974). Que-sto giacimento può considerarsi pressochéesaurito per via degli intensi lavori di sca-vo eseguiti in modo insensato; la vena èstata coperta dai detriti gettati da chi se-guiva la mineralizzazione in profondità.

Nel 2000 gli autori rinvennero un trat-to di mineralizzazione lasciato integro dalquale furono estratti numerosi geodi concristalli fino a 30 mm, in associazione condiopside della varietà fassaite. Purtroppola calcite era stata dilavata dagli agentimeteorici e le geodi si presentavano puli-te. Andando in profondità la mineralizza-zione si presentava fortemente alterata e,una volta asciutti, i cristalli opacizzavanoe tendevano a polverizzarsi.

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11 Nel dialetto locale per “toal” si intendono i ripi-di solchi vallivi che scendono dalla catena dei Monzo-ni. Sono la via naturale di distacco delle slavine e di ac-cumulo dei detriti.

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Tra il Toal del Mason, la valle Ricolet-ta e il versante sud della cima Malinver-no, si rinvengono mineralizzazioni dove lavesuvianite compare in rari cristalli centi-metrici da giallo e verde chiaro. La vesu-vuanite è spesso alterata e i cristalli unavolta asciutti si sbriciolano. La zona di ri-cerca è compresa tra una quota di 2300 me la cresta che dà sul versante nord.

Spiz del Malinvern (Cima Malinverno).È uno dei punti più panoramici di tutto ilmassiccio dei Monzoni; se la visibilità èbuona si possono vedere tutte le Dolomi-ti, e lo spazio dall’Adamello all’Ortles-Ce-vedale fino alle Alpi Aurine. Il che da so-lo ripaga della fatica del cammino.

L’itinerario di accesso è lo stesso delToal del Mason. I giacimenti a prevalentevesuvianite si trovano tra la cima Malin-verno (2630 m) e la forcella Ricoletta esono ubicati sul versante nord.

Si tratta di una instabile parete che in-combe sulla valle dei Monzoni. La zona èvisibile da tutta la valle sottostante pervia del grande incluso di rocce sedimenta-

rie metamorfosate di colore chiaro che ri-salta sulla monzonite più scura.

Questa è la zona più ricca di minera-lizzazioni a vesuvianite, ma è anche la piùimpervia e pericolosa a causa della preca-ria stabilità, del frequente distacco dimassi e della presenza di ponti di neve fi-no ai mesi di luglio e agosto. La vesuvia-nite costituisce estese bancate tra la mon-zonite incassante e i calcari metamorfosa-ti, che si alternano in tutta la parte som-mitale della parete.

Normalmente si ha vesuvianite massi-va di colore verde, giallo e marrone, conabito semplice (Gasser, 1913), raramente,e solo in pochi punti, sono stati estratticristalli di vesuvianite di dimensioni con-siderevoli, fino a 17 cm per 14 cm (ritro-vamento degli autori).

Da uno strato di calcare metamorfosa-to sono stati estratti notevoli cristalli dicolore verde che risaltano sul colore bian-co della matrice. In alcuni casi i cristalli divesuvianite sono isolati a causa dello scio-glimento del rivestimento di calcite inter-posto tra i cristalli e la matrice calcarea.

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Toal del Mason, storico giacimento di vesuvianite concalcite azzurra e diopside.

Il grande incluso termometamorfosato della paretenord del Malinverno visto dall’alto.

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La varietà dei minerali associati è mo-desta e annovera: granato grossularia, dio-pside varietà fassaite, lizardite, clintonite eraramente granuli di calcopirite con pati-ne di malachite. I geodi, con cristalli di ve-suvianite inclusi in calcite spatica, sono ra-rissimi. Cristalli di vesuvianite, anche inaggregati, sono rinvenibili in un materialeincoerente, simile alla cenere, dal quale sipossono facilmente evidenziare.

Caratteristici di questa zona sono par-ticolari accrescimenti di cristalli gialli co-lonnari di calcite associati a clintonite.

Le Selle: questa zona di contatto è lo-calizzata tra il rifugio Taramelli, il Lagodelle Selle e la Punta D’Allochet. Vi siaccede dalla valle dei Monzoni. La vesu-vianite è diffusa in masse di colore gialloe marrone. Alcune lenti hanno datoesemplari molto simili a quelli dei Can-zoccoli di Predazzo, ovvero cristalli centi-metrici di vesuvianite marrone con sovra-crescita di vesuvianite verde. La parage-nesi comprende granato grossularia da

bianco a verde e raramente gehlenite. Algiacimento della gehlenite in prossimitàdel lago delle Selle prevale il granatogrossularia e i cristalli di vesuvianite sonoda considerarsi una rarità. Salendo diquota, tra il lago delle Selle e la PuntaD’Allochet, vi sono bancate di calcarimetamorfosati a prevalente vesuvianiteche raramente si rinviene in cristalli mar-roni e gialli in piccole cavità ricolme dicalcite spatica.

Conclusioni

I campioni di vesuvianite illustrati inquesto articolo sono il risultato di ricer-che eseguite dagli autori nel corso degliultimi anni e provengono in parte dai gia-cimenti classici citati in letteratura, in altricasi da giacimenti nuovi.

La riscoperta di molte località citateda autori quali Zepharovich, Doelter,Gasser, ha richiesto molta pazienza e unaconoscenza accurata del territorio acqui-sita con numerose escursioni.

Confrontando le fonti bibliografichedel diciannovesimo secolo con quelle piùrecenti si nota che gli autori del passatodescrissero i campioni e le mineralizza-zioni con dovizia di particolari, ma i gia-cimenti studiati nel ventesimo secolo inmassima parte, sono ubicati in zone diffe-renti rispetto a quanto citato nei relativitesti.

Quanto scritto è opinione personaledegli autori, e segue solo un ragionamen-to di ordine pratico dettato dall’esperien-za maturata durante le numerose escur-sioni di ricerca. Negli anni sessanta e set-tanta del secolo scorso le zone di Predaz-zo e dei Monzoni sono state oggetto di in-

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Malinverno parete nord. Dettaglio di un affioramentomineralizzato a vesuvianite. Si nota la monzonite, ilcalcare metamorfosato al contatto e la fascia a vesu-vianite con le geodi a calcite.

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tensi lavori di ricerca; molti giacimenti so-no stati esauriti o considerati tali.

Di conseguenza i collezionisti in massi-ma parte si sono limitati a eseguire ricer-che sui soliti “buchi”, trascurando la ri-cerca di nuove zone. Questa trascuratezzaha permesso agli autori di concentrare lericerche in zone considerate improdutti-ve, con il risultato di rinvenire mineraliz-zazioni integre.

* * *

Tutti i campioni illustrati appartengo-no alla collezione degli autori. Tutte le fo-to sono state eseguite da Grisotto Mirko.

Per chi volesse eseguire delle ricerchemineralogiche si ricorda che, sul territoriodella Provincia Autonoma di Trento, l’e-strazione di minerali non è libera. La ri-cerca è disciplinata dalla Legge Provincia-le del 31 Ottobre 1983 n. 37 e successivemodificazioni, che dispone il rilascio diuna apposita autorizzazione del ServizioGeologico Provinciale.

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MULLITE E CORDIERITE NELLA CAVA DICELLERE (VT)Maurizio Burli*, Luciano Nizi*,Roberto Pucci*, Edgardo Signoretti** Gruppo Mineralogico Romano

Riassunto

In un blocco raccolto nella cava di sco-rie di Cellere (VT), sono state rinvenutecordierite e mullite. La cordierite si pre-senta in granuli informi di colore blu-vio-laceo; la mullite è in cristallini prismaticiallungati e sottili, anche millimetrici, daicontorni non sempre ben definiti, incolo-ri. Le due specie, che sono entrambe dif-fuse in tutta la roccia, sono state identifi-cate mediante analisi diffrattometriche airaggi X su cristallo singolo.

Il ritrovamento

La gita di ricerca mineralogica di saba-to 6 giugno 2009, organizzata dal GruppoMineralogico Romano nel Distretto Vul-canico Vulsino, si concludeva con un fuo-ri programma: una breve visita alla cavadi pozzolana rossa di Cellere in prossi-mità della S.P. 312 “Castrense”, stradache comunque avremmo dovuto seguirenel rientro a Roma.

La cava (fig. 1) si trova a 4 km circa daValentano, magnifico borgo medievalecon il castello che ospita il Museo dellapreistoria e protostoria della Tuscia, e,viaggiando in direzione di Montalto diCastro, è situata sulla destra della strada

ed è indicata da un cartello giallo ben vi-sibile. La cava, da cui vengono estrattescorie incoerenti di ottima qualità per di-verso uso industriale, è molto interessanteda un punto di vista geologico-vulcanolo-gico per la presenza di numerose bombevulcaniche di enormi dimensioni con lecaratteristiche strutture da impatto (fig. 2).Purtroppo non lo è altrettanto dal puntodi vista del collezionismo di minerali: quifu trovata solo una volta una scoria conmicrocristalli di ematite di genesi fumaro-lica (Caponera, 2005).

Tale visita era stata suggerita, più cheper offrire un’ultima opportunità di farequalche ritrovamento (aspirazione co-munque sempre presente nel DNA delcercatore), dall’interesse suscitato dallapresenza delle bombe vulcaniche che al-cuni soci (M.B. e E.S.), grazie alla cortesedisponibilità dei signori Giuseppe e Pie-tro Bonini, titolari della soc. Monteneroche gestisce la cava, avevano già avutomodo di osservare.

In quella occasione aveva destato par-ticolare interesse, sul fronte di scavo, lasezione di una colata lavica nascosta sotto

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Fig. 1. Fronte della cava di Cellere. Foto E. Signoretti.

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sette metri di pozzolana e messa in lucedurante i lavori (fig. 3).

Al momento della visita in cava tale co-lata era stata già in parte rimossa o rico-perta dalle maestranze, ma, a testimonianzadi quanto fosse imponente, restavano sulpiazzale enormi blocchi di roccia (fig. 4).

All’interno della roccia, molto com-patta e priva di fessurazioni, raramente siosservavano dei noduli fino a 20 cm didiametro (fig. 5). Tali noduli risultavanodifficilmente asportabili e con l’aiuto del-

lo scalpello se ne riuscirono a rimuoveresoltanto piccoli frammenti. Ad una suc-cessiva osservazione al microscopio bino-culare, all’interno di questi frammenti sipotevano osservare cristalli di sanidino,“pirosseno” e qualche piccola titanite, ol-tre a cristalli giallini parzialmente alterati,che ad un successivo esame al SEM-EDS,risultavano attribuibili ad un termine delgruppo degli anfiboli.

Fra i blocchi lavici fin qui descritti, si po-tevano osservare altri massi di natura senza

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Fig. 2. Cava di Cellere, bombe vulcaniche. Foto E. Si-gnoretti.

Fig. 3. Sezione di una colata lavica sul fronte di scavo.Foto E. Signoretti.

Fig. 4. Grandi blocchi di lava sul piazzale della cava.Foto E. Signoretti.

Fig. 5. Nodulo in un blocco di lava. Foto E. Signoretti.

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dubbio diversa (fig. 6). Alcuni fra questi, dicolorazione rossastra, presentavano dellefratturazioni radiali simili a quelle che si os-servano nelle lave a “pillow” (fig. 7).

Tutto ciò che si osservava apparivamolto interessante, ma poco “redditizio”dal punto di vista della ricerca mineralo-gica che più ci riguarda. Frammenti diroccia staccati qua e là rappresentavanocomunque un ricordo della gita e alcunicampioni furono raccolti per essere osser-vati poi a casa prima di decidere se con-servarli o gettarli.

Uno di questi campioni, raccolto daLuciano, ad un esame più accurato si di-mostrò molto interessante, poiché la roc-cia (fig. 8) di colore grigio, completamen-te micro-vescicolata, era disseminata dimasserelle allungate, bianche o ialine conaspetto cristallino e, in alcuni punti, eranopresenti spalmature di materiale di aspet-to vetroso con spiccata colorazione azzur-ro-violacea (fig. 9).

Si pensò subito alla cordierite, minera-le già segnalato, nel Lazio, nella cava diCampomorto in località Pietra Massa

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Fig. 6. Blocchi lavici. Foto E. Signoretti. Fig. 8. Frammento della roccia esaminata. Foto R. Pucci.

Fig. 7. Blocco lavico con fratturazioni radiali. Foto E.Signoretti.

Fig. 9. Cordierite diffusa in tutta la roccia, l’area dellafoto è di circa 1 cm 2. Coll. e foto R. Pucci.

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presso Montalto di Castro (Passaglia eTurconi, 1982) e più recentemente vicinoAllumiere nell’apparato vulcanico Tolfe-tano-Cerite (Della Ventura et al., 2006).Questo secondo ritrovamento era statoeffettuato in un incluso olocristallino inuna formazione ignimbritica e il mineralesi presentava in cristalli millimetrici, pri-smatici e ben formati di colore blu scuro(Della Ventura et al., 2006). L’aspetto delminerale di Cellere ricordava quello dellaCava di Campomorto, dove rari e piccoligranuli di cordierite erano immersi in unapasta vitrea granulare composta essen-zialmente da quarzo (Passaglia e Turconi,1982). Nel nostro frammento però, la mi-neralizzazione era di dimensioni maggiorie piuttosto diffusa. Come fu possibileconstatare giorni dopo, tale caratteristicaera presente anche nella parte del blocco,da cui il frammento era stato staccato,che era rimasto in cava.

La roccia in questione fu divisa fra al-cuni soci come campione di probabilecordierite, ma altre insolite mineralizza-zioni furono oggetto di riflessione e di-scussione. Infatti, come si è già detto, la

massa era disseminata di aggregati di cri-stalli vitrei a volte bianchicci, di dimensio-ni da submillimetriche a millimetriche,con abito prismatico molto allungato espesso malformato, disposti in apparenteassociazione parallela o raggiata. Tali cri-stallini erano spesso immersi in una pastamicrocristallina bianca (fig. 10).

Cordierite e mullite

I campioni, sottoposti all’attenzionedel Dipartimento Scienze Geologiche,Università di Roma Tre sono risultati es-sere cordierite (granuli bluastri) e mullite(cristalli prismatici vitrei).

La cordierite (figg. 11 e 12) è stataidentificata mediante analisi diffrattome-triche ai raggi X su cristallo singolo 1.

Il minerale è ortorombico con parame-tri di cella:

a = 17,227(8) Å;b = 9,791(3) Å;c = 9,35(5) Å.

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Fig. 10. Masse microcristalline bianche disseminatenella roccia. Coll. e foto R. Pucci.

Fig. 11. Cordierite, granuli di 0,3 mm. Coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

1 Analisi effettuate presso l’Istituto di Geoscienzee Georisorse del C.N.R. di Pavia.

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La mullite, (fig. 13, 14 e 15) è stataidentificata preliminarmente attraversoanalisi chimica qualitativa (SEM-EDS)2

(spettro e foto al SEM in figg. 16 e 17). Inseguito sono state effettuate analisi diffrat-tometriche ai raggi X su cristallo singolo1.

Il minerale è ortorombico con parame-tri di cella:

a = 7,515(3) Å; b = 7,639(7) Å;c = 2,877(4) Å.

Questo, silicato (Al4+2xSi2-2xO10-x; con x�0,4), che deve il suo nome all’isola scozze-se di Mull dove è stato identificato per laprima volta (Borwen et al., 1924), fu rin-venuto in argille fuse, incluse in rocce vul-caniche Terziarie, associato a rari cristallidi corindone. Il minerale cristallizza in pri-smi ortorombici con sfaldatura parallelaall’asse (010). Incolore o leggermente ro-sato quando si presenta in masse, normal-mente non pleocroico lo diviene, assu-mendo colore rosa, per un alto contenuto

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Fig. 12. Cordierite, granuli di 0,5 mm. Coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

Fig. 14. Mullite, cristallini di 0,5-1 mm. Coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

Fig. 13. Mullite, cristallino malformato di 1 mm. Coll. efoto R. Pucci.

Fig. 15. Mullite, cristallini di 0,5-1 mm. Coll. E. Signo-retti, foto R. Pucci.

2 Analisi effettuata presso il Dipartimento Scien-ze Geologiche, Università di Roma Tre.

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Fig. 17 a) e b). Cristallini di mullite al SEM. Gli aggregati cristallini al centro della foto b) sono di K-feldspato.

Fig. 16. Spettro dell’analisi al SEM EDS della mullite.

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di titanio. La mullite è normalmente pre-sente in prodotti artificiali di cottura delleargille, dove il minerale era già stato nota-to prima ancora che fosse cercato in rocceargillose soggette ad alte temperature percause naturali (Foshag, 1924).

Date le sue condizioni di formazione, èfacile immaginare come la mullite sia sta-ta rinvenuta in molte altre parti del mon-do ove rocce argillose siano state interes-sate da fenomeni vulcanici e/o metamorfi-ci. Limitandoci ai ritrovamenti di mineraleben cristallizzato e più vicini a noi, segna-liamo soltanto l’unico ritrovamento italia-no nella cava di pietra del Monte Arci,presso l’abitato di Marrubio (OR) (Borto-lozzi G., 1986) e, considerando la grandeaffinità con la storia vulcanica del Lazio,quelli avvenuti in Germania, in numeroselocalità nella zona vulcanica dell’Eifel.

Del ritrovamento sardo sappiamo(Bortolozzi G., 1986) che il minerale, suuna matrice non descritta (riolite?), sipresentava in aggregati di cristallini acicu-lari bianchi o bianco-giallastri in forma disferule di 0,2-0,6 mm disposte su tridimi-te, in associazione con ematite e un mine-rale in cristallini allungati rossicci o brunidi probabile pseudobrookite.

All’Eifel la mullite è stata rinvenuta inframmenti di rocce argillose rimasti inclu-si nella lava. Il minerale si presenta in cri-stallini aciculari o prismatici a sezionequadrata, fino a 2 mm, riuniti in fasci o araggiera, ma anche in insiemi disordinatiialini, biancastri o debolmente colorati,dal rosa chiaro al rosa, al lilla-blu, al lillaintenso, al marrone rossiccio, dal giallo alverde-giallo (fig. 18).

È associato a: sanidino, biotite, quar-zo, tridimite, cristobalite, sillimanite, cor-

dierite, osumilite, topazio, ematite, pseu-dobrookite e wagnerite (Blaß, 2008).

Per quello che ne sappiamo, la mullitedi Cellere rappresenta il secondo ritrova-mento di questa specie mineralogica, incampioni ben cristallizzati (anche se nem-meno paragonabili a quelli dell’Eifel), sulterritorio nazionale; la prima per il Lazioed è questo che maggiormente ci interessa.

Ringraziamenti

Gli autori ringraziano: il dott. Fernan-do Càmara dell’Istituto di Geoscienze eGeorisorse del C.N.R. di Pavia per leanalisi ai raggi X, il dott. Fabio Bellatrec-cia del Dipartimento di Scienze Geologi-che dell’Università Roma Tre per le ana-lisi e le foto al SEM e l’amico Luigi Mat-tei per la foto della mullite dell’Eifel.

Si ringraziano inoltre i sig.ri Giuseppe ePietro Bonini, titolari della soc. Montene-ro che gestisce la cava di Cellere, per averconsentito l’accesso alla cava e il sig. Ber-nardino Pampani, dipendente della stessaSocietà, per l’assistenza durante la ricerca.

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Fig 18. Mullite, cristallini di 1 mm; vulcano Bellerberg,Ettringen, Mayen, Eifel, Rhineland-Palatinate, Germa-nia. Coll. e foto L. Mattei.

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INTERPRETAZIONEPETROLOGICA DELLA ROCCIA A CORDIERITEE ALLUMINO-SILICATI DELLA CAVA DICELLERE (VT)Francesco RadicaDipartimento di Scienze Geologiche, UniversitàRoma Tre, Largo S. L. Murialdo 1, 00146 Roma

Premessa

In questa nota riporto una parte dellamia tesi di Laurea Specialistica sullo stu-dio cristallochimico della cordierite conparticolare riferimento alla distribuzionedi acqua e anidride carbonica nel minera-le. Grazie al campione rinvenuto nella ca-va di Cellere, il mio lavoro si è arricchitodi significato consentendomi di applicare

i miei risultati sperimentali ad un casoreale e verificarne quindi le potenzialitàcome mezzo di indagine petrologica.

Introduzione

L’associazione cordierite/allumino-sili-cati è un sistema estremamente importan-te poiché consente di ricostruire le condi-zioni di pressione e temperatura a cui si èformata la roccia che la contiene.

Per questo motivo la roccia raccoltanella cava di Cellere (vedi l’articolo“Mullite e cordierite nella cava di Cellere(VT)” in questo stesso notiziario), è stataoggetto di uno studio minero-petrograficoche, seppure ancora in fase preliminare,consente di avanzare delle ipotesi sullasua genesi.

Il gruppo degli allumino-silicati è costi-tuito da: sillimanite, andalusite, cianite emullite. In verità la mullite, che ha unastruttura molto simile a quella della sillima-nite, può essere considerata come una fase

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Fig. 1. Cava di Cellere, fronte di scavo.

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intermedia tra due fasi ordinate sillimanitee andalusite, con parziale sostituzione di si-licio con alluminio (Deer et al., 1994).

Nella roccia studiata coesistono en-trambi le fasi che possono essere distintesolo sulla base della chimica e dei raggi Xpoiché sono indistinguibili in sezione sot-tile al microscopio polarizzatore. Nellamassa della roccia, risulta che la sillimani-te è di gran lunga più abbondante dellamullite. Tuttavia, come vedremo in segui-to quest’ultima si rivelerà molto impor-tante per circoscrivere in maniera più ac-curata l’intervallo termico di formazionedella roccia esaminata.

Descrizione dell’affioramento

La cava di Cellere (fig. 1) è inserita nelcontesto geologico del complesso vulcani-co dei monti Vulsini, caratterizzato dauna attività areale principalmente di tipoesplosivo, il cui maggior elemento struttu-rale è il vasto bacino del lago di Bolsena.L’attività del complesso si è concentratain quattro centri eruttivi principali situatiai margini del lago.

In particolare la cava di Cellere è im-postata nell’unità di monte Cellere, checonsiste in depositi di lapilli, bombe eblocchi scoriacei da caduta stromboliana,relativi ai centri eruttivi di monte di Cel-lere e monte Marano, con associate lavein colata grigio scure, connesse all’attivitàdel cono di scorie di Monte Cellere, risa-lente al periodo pleistocenico-olocenico(~ 150.000 anni fa).

L’affioramento esposto nella cava con-siste in un deposito stratificato di pozzo-lana di colore rosso, o localmente bruna-stro, tipico di una attività stromboliana dicono di scorie. All’interno della successio-ne si ritrovano livelli ricchi in blocchi lavi-ci molto compatti di colore grigio chiaro,in cui si notano fenocristalli di feldspato odi leucite di dimensioni fino al centime-tro. In alcuni casi si osserva la presenza dibombe vulcaniche di dimensioni anchemetriche (vedi fig. 2). I livelli di lava sonodiscontinui e costituiti da blocchi fram-mentati, hanno spessori variabili dal me-tro fino a pochi metri; non è ancora chia-ro se questi livelli lavici siano da conside-

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Fig. 2. Bombe vulcaniche.

Fig. 3. Cumulo di blocchi lavici in cui è stato rinvenutoil campione studiato.

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rarsi come vere e proprie piccole colateintercalate al deposito scoriaceo, o comeaccumuli di bombe e frammenti eiettati.

La roccia studiata è parte di un grossoblocco lavico (fig. 3)

Descrizione macroscopica del campione

La roccia, di colore grigio-nerastro condiffuse chiazze biancastre (fig. 4) è stataprelevata in una zona a contatto con ilmateriale scoriaceo rossastro, che costi-tuisce il deposito di origine stromboliana.Ad una osservazione più dettagliata, laparte più scura è costituita da una massadi fondo vetrosa fortemente bollosa e ric-ca di piccole cavità oblunghe ed iso-orien-tate, foderate da un sottile strato rossa-stro di ossidazione.

All’interno della massa vetrosa sono ri-conoscibili dei cristallini trasparenti ed in-colori sub-arrotondati ed altri di forma al-lungata; si notano inoltre molti cristalliblu-violacei di cordierite di dimensione fi-no a millimetrica e dall’abito non ben de-finito. Nelle chiazze biancastre si osserva-no cristalli prismatici allungati fino ad aci-

culari iso-orientati con presenza diffusa dicristalli più tozzi sia lattiginosi che traspa-renti. Oltre alla diffusa presenza di mine-rali nerastri (ossidi di ferro e titanio) si os-servano i cristallini di colore blu-violaceo.

La parte scoriacea è composta da unmateriale amorfo poroso e di colore ros-sastro; localmente possono essere presen-ti aggregati di cristalli trasparenti dall’abi-to non ben definito e cristalli nerastri piùallungati.

Osservazioni in microscopia ottica edelettronica

A partire dalla roccia sono stati prele-vati due frammenti, uno appartenente al-la parte grigio-nerastra ed un altro in cor-rispondenza del passaggio con la partescoriacea, da cui sono state ricavate le se-zioni sottili. Le osservazioni delle sezionial microscopio ottico polarizzatore hannoevidenziato una struttura porfirica 1 costi-tuita da una massa di fondo vetrosa contessitura pseudo-fluidale (fig. 5 in alto asinistra) a volte perlitica 2 e fenocristalli dicordierite, sillimanite e ossidi metallici(fig. 5 in alto a destra). Sono presenti nu-merosi cristalli arrotondati di quarzo (fig.5 in basso).

L’osservazione al microscopio elettro-nico delle sezioni sottili evidenzia altri in-teressanti dettagli tessiturali e composi-zionali. Ad esempio si osserva che il pla-gioclasio (Plg) tende ad essere riassorbito

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Fig. 4. Frammento della roccia studiata.

1 Una struttura porfirica è caratterizzata da cristal-li di dimensioni apprezzabili anche ad occhio nudo im-mersi in una pasta di fondo vetrosa, è tipica delle roc-ce magmatiche effusive.

2 Tessitura perlitica, ossia caratterizzata dalla pre-senza di microfratture concentriche solitamente pro-dotte durante il raffreddamento.

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Fig. 5. Fotografie delle sezioni sottili al microscopio ottico polarizzatore.(Crd = cordierite, Gls = Vetro, Qz = quarzo, Sill = sillimanite) In alto a sinistra, struttura fluidale del vetro (Gls) e cristalli di cordierite (Crd) e sillimanite (Sill). In alto a destra intreccio di aghi di sillimanite.In basso un cristallo di quarzo (Qz) arrotondato e circondato da un bordo di fusione(a sinistra al solo polarizzatore; a destra a polarizzatori incrociati).

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Fig. 6. Immagini al microscopio elettronico (SEM-BSE)3 delle sezioni sottili (Crd = cordierite, Plg = plagioclasio,Gls = Vetro, Qz = quarzo, Sill = sillimanite, Cpx = clinopirosseno, Sp = spinello, Kf = K-feldspato).

3 Una immagine SEM-BSE (Scanning Electron Microscope-Back Scattered Electrons) è il risultato di una tec-nica di acquisizione del microscopio elettronico a scansione per cui l’intensità del tono di grigio è proporzionale alnumero atomico Z dell’elemento presente nel campione.

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dal vetro (Gls) che a sua volta ingloba an-che della cordierite (Crd) (fig. 6a). In fig6b è possibile osservare un granulo diquarzo (Qz) circondato da vetro con tes-situra perlitica. In fig. 6c si osserva il con-tatto tra la lava vetrosa a cordierite (in al-to nell’immagine) e la roccia scoriaceache la ingloba (più in basso), costituita es-senzialmente da fenocristalli di pirosseno(Cpx), totalmente assenti nella parte nonscoriacea; nell’immagine inoltre sono visi-bili degli individui di sillimanite (Sill). Lafig. 6d è un particolare dell’immagine pre-cedente in cui è mostrato uno spinello s.l.(Sp) circondato da cristallini aciculari diK-feldspato (Kf) in accrescimento; si noti-no all’interno del granulo di spinello dellezone a differente colorazione, dovute apiccole variazioni composizionali con lezone più chiare maggiormente ricche inFe rispetto al vicariante Mg.

Analisi chimiche dei minerali e del vetroin microsonda elettronica

Le analisi chimiche dei minerali sonostate effettuate attraverso la microsondaelettronica (osservazioni condotte pressol’INGV di Roma).

In tab. 1 sono riportate le analisi chi-miche del vetro, di cordierite e sillimanitecon relative formule cristallochimiche.

Oltre agli ossidi, riconducibili compo-sizionalmente a delle erciniti, ilmeniti e ti-tano-magnetiti, tra i minerali accessori so-no stati individuati alcuni granuli le cuianalisi riconducono a composizioni vicinea fosfati di calcio ricchi in torio, uranio eterre rare (monazite-cheralite).

I felspati alcalini hanno composizioniche si aggirano intorno a Or90Ab10, men-

tre i plagioclasi mostrano una variazionecomposizionale che oscilla tra Ab15An85 eAb40An60.

Le composizioni dei vetri sono staterappresentate sul diagramma TAS4 per laclassificazione delle rocce effusive (fig. 7).Tutte le analisi ricadono nel campo dellerioliti (rocce effusive molto ricche in silice).

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Tabella 1. Analisi chimiche delle fasi ana-lizzate.

Cordierite Sillimanite Vetro

SiO2 48,63 38,05 73,65Al2O3 33,24 59,34 12,46MgO 8,38 0,04 0,14FeO 8,59 1,46 0,92TiO2 0,02 0,04 0,55CaO 0,08 0,03 0,62Na2O 0,02 0,06 1,24K2O 0,06 0,34 7,60Totali 99,02 99,36 97,18

Si 4,977 2,080

Al 4,010 3,818

Mg 1,278 0,003

Fe2+ 0,737 0,066

Ti 0,001 0,002

Ca 0,009 0,002

Na 0,003 0,00

K 0,008 0,024

4 Il diagramma TAS (Total Alkali versus Silica) èun metodo di classificazione delle rocce magmaticheeffusive, dove i prodotti vulcanici vengono discriminatiin base alla somma degli elementi alcalini (Na2O+K2O)ed il contenuto in silice (SiO2).

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Spettroscopia Infrarosso

L’analisi in microspettroscopia di as-sorbimento all’infrarosso della cordieritemostra che il minerale non contienequantità rilevabili di acqua e anidride car-bonica all’interno dei canali strutturali.

Considerazioni genetiche

I risultati di queste analisi permettonodi formulare alcune interessanti ipotesi espunti di lavoro futuro. La presenza diuna abbondante componente vetrosa, sti-mabile nell’ordine del 20-30% in volume,insieme alla presenza di granuli di quarzoarrotondati, indicano che la roccia origi-naria ha subito processi significativi di ri-

fusione. Inoltre la composizione rioliticadel vetro e l’associazione mineralogica os-servata, silicati di alluminio e cordierite dinuova formazione, indicano che la roccia,che ha subito la rifusione, era di tipo are-naceo-pelitico o pelitico. Si può conclude-re quindi che la roccia in questione è unapirometamorfica, che, secondo la recentenomenclatura (Callegari e Pertsev, 2007),deve essere classificata come una buchitearenacea. Un esempio di questo tipo diroccia è stato descritto di recente nei pro-dotti del sistema vulcanico di Stromboli(Del Moro, 2008), in una giacitura chepresenta forti analogie con quella descrit-ta in questo paragrafo (fig. 8).

La figura 9 rappresenta la griglia pe-trogenetica del metamorfismo delle rocce

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Fig. 7. Diagramma TAS (Total-Alkali vs Silica); in rosso sono stati riportati i risultati ottenuti per i vetri analizzati.

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a composizione quarzo-feldspatica (daGrapes, 2006). Essa rappresenta l’associa-zione mineralogica osservata in condizio-ni di alta temperatura e bassa/bassissimapressione. Una griglia petrogenetica è unpotente strumento dei petrografi che per-mette di ricostruire, in base alle associa-zioni mineralogiche presenti nella roccia,le condizioni di temperatura e pressionein cui questa si è formata. Nella figura so-no indicati i campi di stabilità di singoliminerali e/o associazioni mineralogiche.

Riprendendo le considerazioni fatte inprecedenza, si possono circoscrivere lecondizioni termiche in cui si trovava que-sta roccia durante la sua formazione:

1) il polimorfo della SiO2 presentenella roccia è il quarzo e non la tridimite;

2) la coesistenza di sillimanite e mulli-te (più rara) è importante in questo con-

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Fig. 8. Rappresentazione schematica dell’interazione,all’interno del condotto vulcanico, tra magma e bran-delli di roccia sedimentaria del basamento già alteratada idrotermalismo (Modificato da Del Moro, 2008).

Fig. 9. Griglia petrogenetica del pirometamorfismo di rocce a composizione quarzo-feldspatica. Le aree puntinate si-glate con A e B fanno riferimento rispettivamente alla composizione di grovacche ed argilliti. L’area in rosso indicale condizioni approssimative di cristallizzazione della roccia di Cellere (modificato da Grapes, 2006).

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testo perché permette di restringere lecondizioni di formazione della roccia al-l’intervallo termico compreso tra 850° e950°C circa (fig. 9).

Una indicazione sulle condizioni dipressione è fornita sia dalla composizionestessa della cordierite, nello specifico dalrapporto tra il ferro ed il magnesio; masoprattutto dal contenuto in H2O e CO2.

Esiste uno stretto legame tra le condi-zioni di pressione e temperatura di for-mazione della cordierite e il suo rapportoH2O/CO2. Sulla base di questi dati sonostati calibrati molti diagrammi di stabilità;due di questi, particolarmente interessan-ti sono riportati in figura 10. Questi dia-grammi mostrano i risultati sperimentalidi diversi autori riguardo al contenuto inH2O della cordierite, in assenza di CO2,per diverse condizioni pressione e tempe-ratura. Come si può osservare, esiste unacerta variabilità nel contenuto in H2O al-le diverse condizioni pressione e tempera-

tura, ma un punto è comunque chiaro:l’assenza di H2O, in assenza di CO2 ècompatibile, per temperature > 500°C, so-lo con pressioni molto basse, sicuramente< 0.5 kbar.

Quindi la totale assenza di molecole diH2O e CO2 all’interno dei canali dellacordierite indica condizioni di formazionea bassissima pressione (fig. 10).

In sintesi, le condizioni termo-barichedi cristallizzazione del campione studiatopossono essere rappresentate approssima-tivamente dall’area evidenziata in rossonel diagramma di figura 9.

Le osservazioni di campagna unita-mente alle analisi minero-petrografichepermettono quindi di formulare come ipo-tesi genetica una interazione, all’intornodel condotto vulcanico, tra il magma caldoin risalita e un livello arenaceo-pelitico in-tercettato a bassissima profondità. È notoche tutta l’area vulcanica di Canino-Celle-re è impostata su un alto strutturale con

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Fig. 10. Curve del contenuto totale in H2O nella cordierite in assenza di CO2. In rosso i punti rappresentativi dellecondizioni di formazione della cordierte studiata (modificati da: Mirwald e Schreyer, 1977 a sinistra e Mirwald et al.,1979 a destra).

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presenza in profondità di notevoli spesso-ri di sequenze flyschoidi (De Rita e Di Sa-batino, 1987), che in questo quadro po-trebbero ragionevolmente costituire laroccia che ha dato origine al campioneesaminato; per cui è da escludersi la possi-bilità che il fenomeno termometamorficosia avvenuto al livello del basamento ver-rucano, i cui proietti non contengono ve-tro e hanno delle caratteristiche mineralo-giche peculiari e più complesse.

Questo studio dimostra che un attentoesame dei prodotti vulcanici e della loromineralogia può fornire utili indicazioniper la ricostruzione dei processi di intera-zione magma/basamento e per la ricostru-zione dell’evoluzione geologica e struttura-le dell’area peritirrenica dell’Italia centrale.

Ringraziamenti

Si ringrazia il dott. Andrea Cavallodell’Istituto Nazionale di Geofisica e Vul-canologia (I.N.G.V.) di Roma per le ana-lisi chimiche alla microsonda elettronica;il dott. Fernando Càmara dell’Istituto diGeoscienze e Georisorse del C.N.R. diPavia per le analisi diffrattometriche airaggi X su cristallo singolo di cordierite e

mullite (vedi l’articolo “Mullite e cordie-rite nella cava di Cellere (VT)” in questostesso notiziario).

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

CALLEGARI E., PERTSEV N. N., (2007) - A systema-tic nomenclature for metamorphic rocks: 10Contact metamorphic rocks. Recommendationsby the IUGS Subcommission on the Systema-tics of Metamorphic Rocks. Recommendations- web version of 01.02.07 www.bgs.ac.uk/scmr/home.html.

DE RITA D., DI SABATINO B., (1987) - Evoluzionegeologico-petrografica del complesso vulcanicovulsino: un’ipotesi di lavoro - Geol. Rom., 26,371-387.

DEER W.A., HOWIE R.A., ZUSSMAN J., (1994) - In-troduzione ai minerali che costituiscono le rocce- Ed. Zanichelli s.p.a. Bologna, 47.

DEL MORO S., (2008) - Pyrometamorphic processes atthe interface between magma and products of thehydrothermal system in active volcanoes: evi-dence from the ejecta of Stromboli (Aeolian is-lands, Italy) - Tesi di dottorato - Plinius, 34, 52-57.

GRAPES R.H., (2006) - Pyrometamorphism - Sprin-ger, 275.

MIRWALD P. W., SCHREYER,W., (1977) - Die stabileund metastabile Abbaureaction von Mg-Cordie-rit in Talk, Disthen und Quartz und ihre Abhan-gigkeit vom Gleichgewichts Wasser Gehalt desCordierits - Fortschr. Min., 55, 95-97.

MIRWALD P.W., MARESCH W.V., SCHREYER W., (1979)- Der Wasser Gehalt vom Mg-Cordierit zwischen500’ und 800’C sowie 0.5 und 11 kbar - Fort-schritte der Mineralogie, 57, Beiheft 1, 101-102.

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“IL CERCAPIETRE”, UN PO’ DI STORIARoberto PucciGruppo Mineralogico RomanoCoordinatore del C. di R. de “Il Cercapietre”

Nel gennaio del 1973, Domenico Paga-no, allora Presidente del Gruppo Minera-logico Romano, apriva con un messaggiodal titolo “AI SOCI DEL GMR” la primapagina del primo numero de Il Cercapie-tre, notiziario pubblicato “con l’intento distimolare la vita del Gruppo e di invitaretutti i soci a collaborare per quanto è nelleloro possibilità”. L’Associazione era natada poco più di un anno ed il notiziario era

costituito da quattro fogli dattiloscritti eciclostilati riuniti da punti metallici; maevidentemente l’entusiasmo era molto se,come risulta, l’intenzione era di rendere lapubblicazione mensile! Sempre con lastessa veste, i primi nove numeri, da gen-naio a settembre, scorrono tranquilli, poinel 1974 compare un solo numero, il 10;nel 1975 i numeri sono due (11 e 12), nel1976 torna ad essere uno, il 13.

Nel 1977 una sorpresa! La veste de IlCercapietre n. 14 assume un aspetto com-pletamente diverso: stampato in tipogra-fia (non sappiamo in quante copie) conautorizzazione del Tribunale di Roma, co-pertina in cartoncino, comparsa di qual-che buona fotografia in bianco e nero, ma

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“Il Cercapietre”, n. 1 del 1973

“Il Cercapietre”, n. 14 del 1977

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soprattutto la comparsa, tra gli autori, dinomi di soci che lasceranno un segnoprofondo nella storia della ricerca e dellamineralogia laziale. Gli articoli sono mol-to meno generici di quelli, seppure rispet-tabili, apparsi nei numeri precedenti, lamineralogia del Lazio sembra divenire ilperno principale attorno al quale ruotanogli interessi dell’Associazione. Il notizia-rio, seppure con frequenza un po’ irrego-lare prosegue questa via per i successivitre anni con la pubblicazione di altri trefascicoli (i n. 15 e 16 in un unico fascico-lo, il n. 17 e il n. 18).

A questo punto sembra che la storiadel notiziario si interrompa: problemi fi-nanziari? È probabile; qualcuno degli au-tori più impegnati è forse preso da com-prensibili adempimenti di studio o di la-voro; non dimentichiamo che nel 1982sarà dato alle stampe il primo, e per oraunico, libro sui minerali del Lazio (Mine-rali del Lazio di F.S. Stoppani ed E. Cur-ti, ed. Olimpia).

Chi scrive approdò al GMR nel 1983,quando del notiziario non se ne parlavapiù ed erano ormai poche le copie rima-ste degli ultimi numeri usciti.

Negli anni successivi il GMR vive mo-menti di grande incertezza per la tempo-ranea mancanza di una sede propria dovecustodire le proprie cose e dove poter or-ganizzare le attività. La pubblicazione delnotiziario Il Cercapietre riprende nel 1986grazie alla buona volontà e alla tenacia diPaolo Maria Ruali. La veste grafica rias-sume un aspetto un po’ dimesso, seppuremigliore dei numeri iniziali; conserva lacopertina in cartoncino ma le pagine sonodattiloscritte e i fascicoli riprodotti in fo-tocopia, inutile parlare di fotografie! Gli

articoli tornano un po’ generici e se nonfosse per l’opera del compianto Ruali(che spesso, oltre all’onere di scrivere ar-ticoli attribuiti poi ad altri, se ne accollasicuramente anche le spese) forse non siandrebbe avanti. Sono passati anni di si-lenzio, è scaduta l’autorizzazione del Tri-bunale e Paolo, fa uscire dieci fascicoli,seppure con cadenza piuttosto irregolare,distribuiti negli anni 1986, 1987 e 1988.L’anomalia in queste uscite è nella loronumerazione; forse per la mancanza di unDirettore Responsabile e della autorizza-zione del Tribunale (anche se il notiziariorimane, per ora, nello stretto ambito deiSoci del GMR) i fascicoli vengono pre-

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“Il Cercapietre” 1° supplemento al n. 19, marzo 1986

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sentati come supplementi all’ultimo nu-mero che si ritiene uscito con regolare au-torizzazione, il n° 19, ma si commette unerrore perché del numero 19 non se ne ètrovata traccia e forse ci si doveva riferireal numero 18; inoltre agli ultimi cinqueviene dato un numero progressivo (dal n.10 del fascicolo di giugno 1987 fino al n.14-15 del fascicolo di giugno-dicembre1988) senza che tale numerazione abbia unnesso con i fascicoli usciti in precedenza.

Nel 1989 nuovo colpo di scena! Dopolunghe riflessioni il Consiglio Direttivodel GMR decide di dare nuovo impulsoal notiziario Il Cercapietre. Si ritorna allastampa tipografica, alle fotografie, conqualche concessione anche per il colore,

ma soprattutto al vaglio dei contenuti cuisi cerca di dare sempre maggior rigorescientifico. In questo intento si coinvol-gono anche quei soci che venivano a farericerca ancora ragazzi con i pantalonicorti e che ormai si stanno avviando aglistudi universitari in geologia o, avendoliterminati, sono rimasti nell’ambito uni-versitario. Unico errore commesso inpartenza è stato l’aver proseguito con lanumerazione adottata da P. M. Ruali dicui si è già detto.

Da allora il notiziario, che ha assuntocadenza annuale, ha pian piano assuntouna veste che ormai lo caratterizza, siadal punto di vista grafico, sia dal punto divista dei contenuti che, senza tralasciaregli aspetti umani e sociali che spesso ac-compagnano la ricerca mineralogica, sonostati sempre più curati dal punto di vistascientifico.

Nel 1991 il GMR pubblica, come sup-plemento al n.18, un lavoro di DomenicoPagano, Lezioni di Cristallografia – Cri-stallografia morfologica, a cura di Vincen-zo Nasti. È la raccolta delle lezioni di cri-stallografia morfologica tenute da Dome-nico Pagano, dal 1979 al 1980, presso lasede del GMR.

Ad aprile dell’ anno 1996, in occasionedella VI Settimana della Cultura Scienti-fica e Tecnologica nell’ambito del Tema“I percorsi della conoscenza”, in collabo-razione con il Dipartimento di Scienzedella Terra dell’Università degli Studi diCamerino, esce un numero speciale mo-nografico dal titolo Il quarzo: viaggio nel-la storia alla scoperta del minerale “custo-de del tempo”; ma gli impegni di energieed economie profusi in tale numero impe-discono la normale uscita dell’edizione

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“Il Cercapietre”, n.° 16 del 1989

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che ormai da anni accompagna la Mostradi Minerali, Fossili e Conchiglie che si or-ganizza tra novembre e dicembre.

Nei due anni successivi si farà meglioe, ai numeri speciali editi in occasione dinuove partecipazioni del GMR alla Setti-mana della Cultura Scientifica e Tecnolo-gica (particolarmente importante quellodel marzo 1997 in occasione della riaper-tura al pubblico del Museo NaturalisticoMineralogico del Collegio Nazareno), faràseguito anche l’edizione di fine anno.

Dall’anno 2000 Il Cercapietre ha defi-nitivamente assunto la sua connotazioneattuale; è stata abbandonata la vecchianumerazione progressiva; è autorizzatodal Tribunale di Roma – n.° 490/2001 del6/11/2001 – come semestrale, anche seper ora si è riusciti solo a raccogliere i fa-scicoli 1 e 2 di ogni anno in un unico nu-mero. Le pubblicazioni vengono vagliateda un comitato scientifico altamente qua-lificato che tuttavia mantiene uno strettorapporto con il mondo del collezionismo.

Il notiziario ha cominciato a circolareanche fuori del ristretto ambito dell’Asso-ciazione tra collezionisti ed altre Associa-zioni simili al GMR come pure in Istitu-zioni pubbliche.

I progressivi salti di qualità hanno ri-chiesto un impegno sempre maggiore edun lavoro ai limiti di una “puntigliosità”,che talvolta ci viene rimproverata ed in-terpretata come un freno, ma occorre te-nere presente che il confine tra la novità el’abbaglio è spesso molto sfumato e, nelnostro campo, sono necessari interventiche vanno ben oltre le competenze del ri-cercatore dilettante, seppure esperto e inbuona fede. Tali interventi richiedonotempi legati alla disponibilità di ricercato-

ri o docenti universitari, per non parlarepoi dei necessari laboratori specializzatisparsi per l’Italia o per il mondo. Ci ren-diamo conto dell’ansia del ricercatore, maseppure con tempi che qualche volta simisurano in anni, soltanto questa è la viache ci consente di dare notizie che nonsiano costituite soltanto di forse, potrebbeessere, o di identificazioni fatte sulla scor-ta di somiglianze con quanto rappresenta-to su riviste o siti web. Qualche volta ci sideve accontentare di risultati parziali che,pur non definendo esattamente una spe-cie, ne escludano comunque la necessitàdi uno studio approfondito. In tanti annidi pubblicazioni, di errori grossolani ne ri-

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“Il Cercapietre”, n. 1-2 del 2000

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cordiamo solo un paio, commessi entram-bi per aver voluto dare le notizie dopovalutazioni soltanto superficiali di datianalitici incompleti.

Prospettive future? Ammesso di trova-re i mezzi per soddisfare un impegno eco-nomico sempre crescente e le energieumane necessarie a supportare l’attualeRedazione – operando anche un cambiogenerazionale – mantenendo buono lostandard qualitativo del notiziario (almenoquesta è la valutazione che percepiamo

dagli apprezzamenti che ci pervengono daambienti, anche qualificati, esterni alGMR), sarebbe auspicabile una maggioredisponibilità da parte di ricercatori e colle-zionisti a cimentarsi con pazienza nel co-municare le loro esperienze, e, dando agliarticoli il loro necessario tempo di gesta-zione, lavorare un anno per l’altro senzal’ansia dell’uscita. Si potrebbe così rispon-dere all’appello fatto da Domenico Paga-no nel 1973 e forse raggiungere anche ladovuta regolarità nelle pubblicazioni.

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SEGNALAZIONI IN BREVE

RITROVAMENTO DI VICANITE-(CE)A BASSANO ROMANO (VT)Marco CorsalettiGruppo Mineralogico Romano

Sono molto legato affettivamente allazona di Bassano Romano perché è pro-prio da qui che ho iniziato a fare ricercanel Lazio e il primo colpo di martello, as-sestato su una sanidinite, non si scordaveramente mai.

Questa zona è forse l’unica rimasta nelLazio dove è possibile reperire proiettiutili con relativa facilità.

La zona di ricerca è quella descrittanell’articolo di Carloni e Signoretti (2002)e a esso si rimanda per quello che riguar-da il contesto geologico e i minerali che èpossibile rinvenire.

Nell’ultima di una lunga serie di ricer-che, effettuata nel mese di dicembre 2010insieme all’amico Roberto Begini, ho rac-colto un frammento di sanidinite che, purpresentando quelle caratteristiche cherendono i proietti sanidinitici di Bassanoassolutamente inconfondibili, si distingue-va per le seguenti particolarità:

• conteneva zirconi, dal classico colorerosa carico, ma con il prisma molto al-lungato;

• erano presenti geodini completamentetappezzati da un minerale, del gruppodel pirosseno, di colore verde scuro.

Ebbene negli interstizi di questa parti-colare sanidinite ho scovato dei piccolicristalli che, per morfologia e colore, sem-

brano attribuibili a vicanite-(Ce). I cristal-li (figg. 1 e 2) hanno un aspetto del tuttosimile a quelli che si trovano con relativafrequenza nei proietti sanidinitici delComplesso Vulcanico Vicano. I cristalli,della dimensione di pochi decimi di milli-metro, sono di notevole trasparenza e sipresentano con il classico abito complessodi colore verde oliva.

La vicanite-(Ce) è associata nell’inclu-so ad un minerale riconducibile ad “hel-landite” che si presenta sia in esili lamel-le, sia in cristalli tabulari più tozzi (fig. 3).

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Fig. 1. Vicanite-(Ce), Bassano, 0,3 mm; coll. e foto M.Corsaletti.

Fig. 2. Vicanite-(Ce), Bassano, 0,3 mm; coll. e foto M.Corsaletti.

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Nello stesso incluso è stato rinvenuto an-che un unico minuscolo cristallino nerocon forma di parallelepipedo che ricordaun minerale del tipo uraninite/thorianite.Altri minerali associati sono, oltre ai giàcitati zircone e “pirosseni”, thorite, ma-gnetite e naturalmente il K-feldspato checostituisce la massa dell’incluso.

La presenza inconsueta di vicanite-(Ce), “hellandite” e la probabile uranini-te/thorianite nei prodotti piroclastici diBassano, indiscutibilmente appartenential Complesso Sabatino 1, e la contempora-

nea vicinanza con il Complesso Vicanosuggeriscono delle interconnessioni tra iprodotti piroclastici dei due complessi chesarebbe molto interessante approfondire.

Sono in corso degli accertamenti anali-tici per confermare l’identificazione dellespecie.

BIBLIOGRAFIA ESSENZIALE

CARLONI L., SIGNORETTI E., (2002) - Le sanidiniti diBassano Romano - “Il Cercapietre” notiziario delGruppo Mineralogico Romano, 1-2/2002, 28-36.

DE RITA D., FUNICIELLO R., CORDA L. SPOSATO A.,ROSSI U., (1993) - Volcanic Units, in: Sabatinivolcanic complex – Quaderni de “La ricercascientifica”, Progetto finalizzato “Geodinamica”n. 114 - C. N. R., Vol. 11, 33-79.

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Fig. 3. “Hellandite”, Bassano, 0,7 mm; coll. e foto M.Corsaletti.

Fig. 4. Uraninite/thorianite?, Bassano, 0,1 mm; coll. efoto M. Corsaletti.

1 Prodotti piroclastici dei centri a nord del lago diBracciano. Unità numero 24 nella Carta Geologica delComplesso Vulcanico Sabatino allegata a De Rita et al.(1993).

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