Il kemençé turco (polutikh lyra)

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Tutorial per Kemençé turco. 1 Introduzione. Va innanzi tutto detto che questo strumento trova origini più o meno comune in buona parte dell’Asia minore, trovandosi con diverse morfologie e appellativi non solo in Turchia, ma anche in Armenia, Nord-Est della Grecia, Bulgaria meridionale, zone del Mar Nero e, ovviamente anche nelle Isole meridionali della Grecia, quali Creta, Kassos e Karathos. Lo strumento nell’immagine a lato, a dipendenza delle zone, viene chiamato Kemençé che è l’appellativo Turco (pronuncia: Keme-ngé) ma anche Kamancha. I termini usati Nella varie regioni al di fuori di Grecia e Turchia, non mi è stato possibile tradurli poiché scritti nell’alfabeto locale (armeno, arabo, cirillico russo). Si tratta in ogni caso di uno strumento abbastanza antico quanto assai difficile da suonare, vuoi per la tecnica, ben diversa da quella di un violino o di altri strumenti ad arco, quanto per la notazione particolare utilizzata in questi luoghi che ha un concetto un poco diverso dalla nostra occidentale. Questa immagine, mostra le accordature di un Kemençé e di una Lyra cretese nelle intonazioni attuali. La morfologia degli strumenti indicati entra pure in considerazione per gli appellativi, soprattutto in Grecia dove lo strumento nella prima immagine viene chiamato PONTIAKO’ LYRA, mentre lo strumento più a sinistra nello schizzo a lato, viene chiamato alla turca, cioè kemençé oppure polytikì lyra oppure ancora lyraki, cioè piccola lira. L’accordatura 5a – 1a – 4a della Kemençé, identico a quello dell’antica lyraki era dovuto essenzialmente al fatto che la corda centrale serviva solo parzialmente da corda melodica e molto più come bordone. In questo modo si poteva suonare brani fino a sei toni sulla parte accordata per quinte mentre con un tono in meno per la parte accordata per quarte. Va anche detto che i ritmi e le danze popolari suonate con questo strumento, venivano accompagnate da una serie assai limitata di altri strumenti, di solito una percussione, una zampogna locale, oppure da alcune forme di liuto a manico lungo che, mantenendo dei legacci, si potevano adattare entro certi

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Tutorial per la sua costruzione

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Tutorial per Kemençé turco.

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Introduzione. Va innanzi tutto detto che questo strumento trova origini più o meno comune in buona parte dell’Asia minore, trovandosi con diverse morfologie e appellativi non solo in Turchia, ma anche in Armenia, Nord-Est della Grecia, Bulgaria meridionale, zone del Mar Nero e, ovviamente anche nelle Isole meridionali della Grecia, quali Creta, Kassos e Karathos. Lo strumento nell’immagine a lato, a dipendenza delle zone, viene chiamato

Kemençé che è l’appellativo Turco (pronuncia: Keme-ngé) ma anche Kamancha. I termini usati Nella varie regioni al di fuori di Grecia e Turchia, non mi è stato possibile tradurli poiché scritti nell’alfabeto locale (armeno, arabo, cirillico russo). Si tratta in ogni caso di uno strumento abbastanza antico quanto assai difficile da suonare, vuoi per la tecnica, ben diversa da quella di un violino o di altri strumenti ad arco, quanto per la notazione particolare utilizzata in questi luoghi che ha un concetto un poco diverso dalla nostra occidentale.

Questa immagine, mostra le accordature di un Kemençé e di una Lyra cretese nelle intonazioni attuali. La morfologia degli strumenti indicati entra pure in considerazione per gli appellativi, soprattutto in Grecia dove lo strumento nella prima immagine viene chiamato PONTIAKO’ LYRA, mentre lo strumento più a sinistra nello schizzo a lato, viene chiamato alla turca, cioè kemençé oppure polytikì lyra oppure ancora lyraki, cioè piccola lira. L’accordatura 5a – 1a – 4a della Kemençé, identico a quello dell’antica lyraki era dovuto essenzialmente al fatto che la corda centrale serviva solo parzialmente da corda melodica e molto più come bordone. In questo modo si poteva suonare brani fino a sei toni sulla parte accordata per quinte mentre con un tono in meno per la parte accordata per quarte. Va anche detto che i ritmi e le danze popolari suonate con questo strumento, venivano accompagnate da una serie assai limitata di altri strumenti, di solito una percussione, una zampogna locale, oppure da alcune forme di liuto a manico lungo che, mantenendo dei legacci, si potevano adattare entro certi

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limiti. La tecnica esecutiva, essendo anticamente uno strumento privo di anima e di tastiera, utilizza l’appoggio delle unghie della mano sinistra a diverse altezze (un po’ come avviene per i martelletti dei tangenti di una ghironda o di una symphonia) stabilite e quindi non tastandole come avviene su altri strumenti ad arco. Il che comporta una condotta della mano sinistra assai diversa, con le dita che in qualche modo devono rimanere verticali rispetto alle corde per poterle tastare con l’unghia.

Questo video ne mostra brevemente la tecnica e le peculiarità tecniche, mentre l’immagine a lato mostra la tecnica con l’unghia, che è identica anche per la lyra cretese. http://www.youtube.com/watch?v=uvNEtHaHkWk Per questo secondo strumento che è un’evoluzione della polytikì lyra, va detto che la trasformazione morfologica (aggiunta della tastiera e del capotasto) è cosa relativamente recente e dettata dalle necessità di rendere lo strumento fruibile in un contesto di orchestrina popolare, quindi accompagnabile da una

discreta gamma di strumenti di genere diverso, dal clarinetto, alla chitarra, dal laoùto al bouzouki, sino alle classiche tastiere elettriche.

Anche l’arco è costituito ed assemblato in modo assai semplice e rudimentale, col crine che viene teso inserendo le dita medio ed anulare della mano destra per impugnarlo, analogamente a ciò che avviene con un arco da contrabbasso di tipo tedesco (col nasetto alto). Inoltre, dalle informazioni in mio possesso, tutto lo strumento ha una lunghezza che non supera i 260 mm, mentre la larghezza massima corrisponde a circa un terzo della lunghezza globale. Il manico misura 70 mm di lunghezza mentre il cavigliere va dai 70 agli 80 mm. Per la pontiako lyra le dimensioni variano discretamente ed inoltre lo strumento è munito di capotasto e

possiede una sorta di tastiera, come si può vedere dall’immagine qui sopra. Per quanto consta i legni, vengono indicati prugno e/o noce per cassa, manico e tastiera, mentre la tavola viene eseguita in cedro. Come si può vedere qui sopra, il noce è utilizzato pure per il ricavo della tastiera, della cordiera e dei piroli, questi ultimi molto lunghi (dai 120 ai 150 mm complessivi) per il kemençé. Nel video indicato sopra si vede chiaramente la funzione di un piroli tanto lungo.

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Le immagini seguenti illustrano una kemençé finita e alcune fasi della sua lavorazione.

1-Fronte con tavola armonica 2-Lato con vista posteriore

3-Vista di lato e posteriore 4-Vista del fianco

5-Vista posteriore 6-Particolare del fondo

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7-Strumento ed arco 8-Lavorazione della cassa. Fondo.

9-Lavorazione dello strumento. 10-Interno della cassa e placcatura del manico.

11-Parti componenti lo strumento e sagome. 12-Laboratorio e parte dell’attrezzatura.

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13-Lavorazione della cassa. 14-Incollaggio della tavola e della placcatura.

Schizzi e dimensioni

Nella serie di immagini in bianco e nero seguenti, sono illustrate le dimensioni dello strumento e dell’arco. Le ho trovate su un sito turco che ne indica una breve storia e le dimensioni.

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Completo la serie di informazioni visibili sugli schizzi qui sopra, dicendo che il ponticello per avere le caratteristiche migliori, dovrebbe essere dello spessore di 3 mm nella sua parte più spessa, mentre la tavola parte da 3 – 3,2 mm in centro per assottigliarsi sino ai 2 mm ai bordi. Il manico (compreso il cavigliere) ha una lunghezza tra i 140 ed 150 mm, mentre gli spessori sono compresi tra 50 e 60 mm vicino alla cassa per assottigliarsi tra i 30 ed i 50 mm in prossimità del cavigliere. Pure importante è il solco (sguscia) nella cassa, cassa che avrà spessori compresi tra i 3 ed i 4 mm per raggiungere i 2 mm all’interno della sguscia. Anche l’anima avrà un diametro compreso tra i 3 ed i 4 mm. La lunghezza delle corde vibranti (diapason) hanno lunghezze comprese tra i 250 – 260 mm sino a 290 – 295 mm, mentre i diametri consigliati per le corde sono 0.8 mm – 1.5 mm – 1 mm. Infine l’arco è costituito con una mazzetta di crini pettinati comprendente un centinaio di setole. Qui il signore che s’è prestato alla traduzione dal turco non è riuscito ad essere più chiaro, in quanto il testo reca un numero compreso tra 150 e 200 setole che, per una mazzetta d’un arco mi paiono decisamente eccessive (una mazzetta per violino ne contiene circa 70 – 72 per arrivare alle circa 90 setole della mazzetta per contrabbasso). E’ pure da presumersi che alcuni tipi di corda possano essere costituite da crini attorcigliati, da cui i diametri indicati sopra riguardo alle corde. Dalle immagini che si osservano nel filmato linkato, emerge però chiaramente trattarsi di corde in budello o perlon, di cui una rivestita in metallo (argento?), è quindi da supporre che il crine venisse forse usato anticamente e nemmeno dappertutto, per dare qualche probabile sfumatura musicale particolare.

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Procedimento per il taglio a sgrosso.

- Si parte squadrando il blocco di legno su tutte le facce e si procederà quindi a collocare la sagoma longitudinale sul fianco (spessore) del blocco stesso e si riporterà a punta da segno il modello da ritagliare. Il taglio può avvenire con sega a nastro oppure a voltino, considerando che l’altezza del pezzo da tagliare sarà di 160 mm.

- Dopo di ché si procederà alla rettifica del piano (manico e cavigliere) dove andrà incollata la placcatura che dovrà essere di almeno 4 mm. Si traccerà con un graffietto la mezzaria centrale tutt’attorno i modo da avere sempre un riferimento preciso a cui fare capo.

- Si passa quindi alla rifinitura di ciò che diventeranno le superfici d’incollaggio della tavola o bordi che dir si voglia.

- Si passa quindi alla tracciatura e conseguente taglio delle 2 sagome frontali: una per la forma della cassa armonica e l’altra per manico e cavigliere. Taglio che suggerisco di effettuare a voltino (a mano) poiché non avremo più un’inclinazione costante a 90° che ci permetta di ottenere un taglio ottimale e in secondo luogo, risulta pericoloso lavorare a sbalzo con una sega a nastro, cioè con delle parti vuote sotto il filo di taglio e quindi senza appoggio sul piano di lavoro.

- Una volta ricavato anche il taglio frontale, si inizierà a bombare la cassa e rifinire il manico ed il cavigliere che vanno di pari passo con la bombatura della cassa ed a ricavare la sguscia sul suo colmo. L’inserimento di filetti, come mostrato nell’immagine, non ha nessuna importanza sul suono, essendo solo un abbellimento. E’ pure possibile creare dei decori a basso rilievo.

- Successivamente si passa allo scavo della cassa con sgorbie a cucchiaio e dapprima praticando una serie ravvicinata di fori con un trapano a mano per facilitare un poco l’operazione di svuotamento. Da ciò che si avvince dagli schizzi qui sopra, la cassa ha uno spessore compreso tra 3 e 4 mm, per cui la sgrossatura andrà portata sino ad avere 5 – 6 mm costanti e rifinita successivamente portandola a spessori definitivi.

- Si passa quindi ad incollare la placcatura al cavigliere e manico che avrà uno spessore di 4 mm ca., e ad incollare la tavola con spessori identici alla placcatura. Come si nota nella sezione trasversale degli schizzi della pagina precedente, la pretensionatura è minima e raggiunge a stento i 2 mm per parte. Gli spessori della tavola sono creati dall’esterno dandole una leggera arcuatura trasversale.

- I fori acustici, seguendo le indicazioni date dagli schizzi e dalla foto precedente, sono ricavati a cassa chiusa, consiglio però di effettuarli prima di aver incollato la tavola alla cassa. Ciò permetterà una migliore rifinitura del lavoro ed eviterà possibili strappi di fibre all’interno.

- Nella sagoma frontale relativa al manico ed al cavigliere, si faccia attenzione al disassamento dei fori dei piroli come indicato nello schizzo stesso!!!

- Una volta rifinito lo strumento si procederà alla sua verniciatura e quindi al montaggio finale. Essendo leggermente arcuata la superficie della tavola, i o il piede del ponticello andrà perfettamente adattato alla stessa, ponticello che consiglio di eseguire in acero.

- Alla fine, quale ultima operazione, si tratterà di collocare l’anima in corrispondenza del piedino del ponticello dalla parte destra guardando lo strumento di fronte. L’anima in legno di abete o cedro dovrà avere un minimo di 5 fibre chiare e scure ed avere un diametro leggermente superiore allo spessore del piedino del ponticello, quindi se il piedino del ponticello avrà uno spessore di 3 – 3.5 mm, il diametro dell’anima sarà compreso tra 4 e 4.5 mm. Inoltre l’anima NON VA MAI incollata ma deve stare, aderendo perfettamente sia alla superficie del piedino quanto a quella della cassa, in quella posizione forzando leggermente.

Buon lavoro.