Il giudizio di ottemperanza · puramente cassatoria previsto nel 1889 all’odierno giudizio sul...

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Il giudizio di ottemperanza Ignazio Francesco Caramazza 1

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Il giudizio di ottemperanza

Ignazio Francesco Caramazza

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I. PREMESSA

Mi sia consentito, anzitutto dire qualcosa sul bel commentario alCodice del Processo Amministrativo curato da Mario Sanino checostituisce occasione di questo convegno prima di passare al temadi cui sono chiamato a parlare.

Si tratta del commentario accurato ed approfondito di un testonormativo che costituisce il precipitato storico di 120 anni difaticosa evoluzione della giustizia amministrativa. Una evoluzioneche, come sottolinea Sanino nel suo capitolato introduttivo, ha vistosegnate le sue tappe, almeno fino a pochi anni fa, più che dalleinnovazioni normative dalle conquiste giurisprudenziali. Il che èd’altronde coerente con la vocazione pretoria della giustiziaamministrativa italiana.

Il processo amministrativo, come sappiamo, si è evolutodall’originario sistema di giustizia interna sull’atto a valenzapuramente cassatoria previsto nel 1889 all’odierno giudizio sulrapporto, munito di tutte le garanzie della giurisdizione e dotato ditutto l’instrumentario istruttorio, cautelare, decisorio ed esecutivoatto a garantire il conseguimento del bene della vita quale anchel’interesse legittimo è – secondo dettato costituzionale – con paridignità rispetto al diritto soggettivo.

Ciò è avvenuto – come ben mette in luce Sanino – attraverso unalenta, secolare evoluzione bruscamente acceleratasi sul finire delsecolo scorso, in un sorta di fuoco pirotecnico di fine millennio (poiprolungatosi anche nel millennio attuale) in cui legislatoredelegante, legislatore delegato, legislatore ordinario, CorteCostituzionale, Corte di Cassazione e Consiglio di Stato, ognuno perla sua parte, hanno contribuito alla accelerazione ed al compimentodi tutte le linee evolutive che si erano venute lentamente dipanandonel tempo.

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In sintesi: attribuzione al G.A. della tutela risarcitoria accanto aquella cassatoria e pienezza di poteri cautelari, istruttori edesecutivi. In una parola, quindi, trasformazione del giudizio sull’attoin giudizio pieno ed effettivo sul rapporto.

Il codice del processo amministrativo costituisce lasistematizzazione di questa trasformazione epocale della giustiziaamministrativa in giurisdizione amministrativa.

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II IL GIUDIZIO DI OTTEMPERANZA

1.- L’origine storica dell’istituto

Una prima interessante notazione sulle vie e sulle tecnicheseguite dalla giurisprudenza nella sua spinta evolutiva in un quadronormativo sostanzialmente immobile fino alla soglia del millennio èl’individuazione di una serie di “cavalli di troia” utilizzati perpenetrare nella ben munita cittadella del “processo sull’atto” ecercare di fornire tutela sostanziale al bene della vita rendendogiustizia sul rapporto.

Si tratta di una serie di strumenti indiretti quali – elencandoliesemplificativamente e non esaustivamente – il potenziamentodello strumento cautelare (segnatamente la sua estensione allatutela degli interessi pretensivi), l’abbandono della praticadell’assorbimento dei motivi e, più in generale, l’adozione distatuizioni atte a produrre effetti ordinatori o conformativi, infine larielaborazione del giudizio di ottemperanza, passato nell’arco di unsecolo da rozza e poco efficiente procedura al rango di processoaffinato, articolato e satisfattivo.

Non a caso due importanti giudici di palazzo Spada, nel corso dellafase più dinamica dell’evoluzione del processo di ottemperanza(anni 80-90 del secolo scorso) avevano autorevolmente affermatoche il giudizio di ottemperanza costituisce la chiave di volta dellagiustizia amministrativa1 in quanto è funzione del suo oggetto emisura della sua effettività2.

Converrà a tal punto, ripercorrere per grandi linee la storiadell’istituto.

1 C. Calabrò, Il giudizio di ottemperanza, in “Studi per il centocinquantenario del Consiglio di Stato”, Roma, 1981, 171,2007.2 R. Vivenzio, La sentenza amministrativa fra esecuzione e ottemperanza; ricostruzione e rivisitazione critica degli itinerari giurisprudenziali e prospettive di riforma, in “Quaderni regionali”, 1990, 1111.

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Come è noto il self restraint della magistratura ordinaria tradì lospirito liberale della riforma del 1865 e fece rimpiangere i vecchiTribunali del contenzioso. Venne introdotta, quindi, nel sistema, unquarto di secolo dopo, nel 1889, la IV Sezione del Consiglio di Statocome organo amministrativo deputato ad un controllo interno dilegalità, ma sempre nel quadro di una giurisdizione unica radicatain capo al giudice ordinario.Al Consiglio di Stato in quanto collegio amministrativo venneattribuito il potere – che mai allora sarebbe stato concepito in capoad un giudice, ancorché speciale – di annullare gli attiamministrativi a seguito di un sindacato cassatorio di meralegittimità.Il sistema del 1889 forniva quindi all’amministrato due tutelenettamente distinte: una giurisdizionale di diritto soggettivosostanzialmente risarcitoria ed una amministrativa e formale didiritto obiettivo, risolventesi nell’annullamento degli atti illegittimiimpugnati.Il logico anello di chiusura di tale sistema fu il ricorso inottemperanza, introdotto dall’art. 4 della legge del 1889, con unaformula rimasta fino a tempi recenti immutata, che conferiva allaparte che non si contentava degli effetti civili della decisionedell’autorità giudiziaria ordinaria “il mezzo di far cadereinteramente il provvedimento illegittimo che il giudice avevadisapplicato”3 attraverso un “ricorso diretto ad ottenerel’adempimento dell’obbligo dell’autorità amministrativa diconformarsi al giudicato dei Tribunali”.Il ricorso in ottemperanza fu ricompreso fra quelli per i quali ilConsiglio di Stato aveva competenza estesa al merito: si usa inproposito tradizionalmente spiegare tale attribuzione attraverso lasua coessenzialità con il potere sostitutivo che compete al giudicedell’ottemperanza.In realtà sembra che il riconoscimento di un potere sostitutivo algiudice dell’ottemperanza sia molto meno risalente nel tempo inquanto, nel 1889, alla locuzione “giudizio di merito” si attribuiva il

3 Relazione governativa alla legge 31.3.1889 n. 5992.

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significato processual-civilistico della cognizione del giudice estesaal fatto e non quello amministrativistico – che doveva maturaredecenni dopo – di un potere di giudizio diverso sulla base di unparametro di valutazione altro dalla norma giuridica, cioè delparametro della opportunità e della convenienza:4 ancora nel 1907si distingueva, infatti, fra competenza della IV e della V Sezione aseconda che si ritenesse la cognizione estesa o meno al fatto.5

Il legislatore del 1889, in realtà, quando istituì la IV Sezione delConsiglio di Stato intese insediare un organo amministrativo divertice con poteri giustiziali di annullamento che si poneva, in unsistema di giustizia interno, rispetto a quelli sottordinati, nellastessa posizione in cui si pone nel giudizio civile la Cassazionerispetto ai giudici di merito. Logica, quindi, la previsione diattribuire eccezionalmente la cognizione anche del fatto al Consigliodi Stato in sede di giudizio di ottemperanza, attesa la carenza, inquel giudizio, di una preventiva fase di merito.L’assunto sembra d’altronde anche dimostrato dal timidissimo estentato avvio della giurisprudenza in materia: le prime pronunce sifaranno attendere per circa venti anni e saranno di portataestremamente riduttiva, escludendo che la conformazione algiudicato della p.a. fosse un vero e proprio dovere giuridico (tantovero che per gravi ragioni poteva essere mantenuta in vita lasituazione illegittima corrispondendo al privato l’id quod interest)6 eriducendosi il potere decisorio del Consiglio di Stato a una “autoritàesclusiva di interpretare la volontà inclusa nel giudicato”7.

2.- L’estensione del rimedio al giudicato amministrativo.

La IV Sezione del Consiglio di Stato, nata come organoamministrativo, si trasformò ben presto in organo giurisdizionale.

4 U. Pototschnig, Origini e prospettive del sindacato di merito nella giurisdizione amministrativa, in “La giurisdizione amministrativa di merito” Firenze 1969, 29 ss..5 L. Migliorini, L’istruzione nel processo amministrativo di legittimità, Cedam, Padova, 1977, 14.

6 Cons. Stato, V, 30.12.1910, in Giur. it. 1911, 111, c. 87.7 Cass. 18.1.1909 in foro it. 1909, 1, c. 227.

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E’ noto, infatti, che la Cassazione di Roma a Sezioni Unite, consentenza, 21.3.1893 n. 177 riconobbe natura giurisdizionale alla IVSezione del Consiglio di Stato.

Una delle conseguenze di tale trasformazione fu la estensionedel giudizio di ottemperanza – congruente per ragioni storiche,logiche, letterali solo con il giudicato civile – al giudicatoamministrativo.

La decisione della IV Sezione che affermò il principio8 vienegenericamente tacciata di apoditticità, come esempio di “brutanormazione giurisprudenziale”9. A ben leggerla mi pare, invece, cheessa contenga una motivazione scarna ma di singolare modernità,in quanto equipara nella esigenza di tutela l’interesse legittimo fattovalere dinanzi al Consiglio di Stato al diritto soggettivo fatto valeredinanzi al giudice ordinario. Si legge infatti nella decisionerichiamata: “sempre sta fermo il principio che logico inscindibilecontenuto della pronuncia di annullamento di atto amministrativo siè la pronuncia dichiarativa della lesione da partedell’amministrazione di un interesse giuridicamente protetto epertanto dell’obbligo dell’amministrazione alla restaurazione delmedesimo”. Segue da tali premesse ... “che se l’amministrazione,di fronte al giudicato amministrativo, siasi mantenuta inatteggiamento negativo, poiché la perdurante omissionedell’amministrazione sempre importa lesione di un legittimointeresse del privato, riconosciuto e dichiarato dal giudicato, bene èa ritenersi in tal caso ammissibile il ricorso del privato all’autoritàgiurisdizionale” (in sede di giudizio di ottemperanza).L’equiparazione fra diritto soggettivo e interesse legittimo in sede diottemperanza è evidente ed altrettanto evidenza è come laesigenza sostanziale della effettività della tutela abbia fatto premiosulle esigenze logiche e sistematiche che non consentirebbero diequiparare le due ipotesi. A fronte delle sentenze del giudice civile,infatti, l’annullamento dell’atto ed eventuali ulteriori provvedimentiamministrativi sono dati esterni ed ulteriori, mentre a fronte della

8 Cons. Stato, IV, 9.3.1928 n. 181 e 182 in Giur it. 1928, III, 123. In senso conforme Cass. SS.UU. 8.7.53 n. 2157.9 M. Nigro, Il giudicato amministrativo e il processo di ottemperanza, in “Atti del XXVII congresso di studi di scienza dell’Amministrazione, il giudizio di ottemperanza”, Milano, 1983, 65.

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decisione del giudice amministrativo l’annullamento dell’attocorrisponde alla sua intrinseca essenza e gli ulteriori provvedimentisono atti conseguenziali.

Altra interessante affermazione contenuta nella decisionecitata è quella relativa al contenuto della statuizione diottemperanza, che “riconfermando, col sigillo di nuova pronuncia,la perdurante violazione del legittimo interesse del privato el’obbligo dell’Amministrazione di ripararlo, costituirà, ove permangasine iuxta causa, l’inazione dell’autorità amministrativa, legale titoloall’interessato per l’istanza, dinanzi alla competente autorità, dirifazione del danno”.Si conferma così la portata riduttiva e meramente dichiarativa chetendenzialmente il giudice amministrativo assegnava alle decisionidi ottemperanza. Una portata riduttiva che con poche evoluzioni leavrebbe accompagnate praticamente fino all’istituzione dei T.A.R.10

e che trova un preciso crisma legislativo nell’art. 26 del t.u. sugliimpiegati civili dello Stato che definisce la decisione del Consiglio diStato conclusiva di un giudizio di ottemperanza a giudicatoamministrativo come quella che “dichiara l’obbligo dell’autoritàamministrativa di conformarsi al giudicato”.In effetti, e pur in presenza di alcune eccezioni, fino all’istituzionedei tribunali amministrativi il giudice dell’ottemperanza ha utilizzatopoteri sostitutivi solo in presenza di attività vincolatadell’amministrazione ed il commissario ad acta nominato perl’ipotesi di perdurante inerzia dell’Amministrazione, venivaqualificato come organo straordinario dell’amministrazioneinadempiente, con ogni naturale conseguenza sul regime diimpugnazione dei suoi atti. D’altra parte il giudizio di ottemperanzaveniva ritenuto ammissibile solo in presenza di assoluta inerzia o dirifiuto dell’Amministrazione: l’interposizionew di un atto purchessia(e purché, negli ultimi tempi, non macroscopicamente elusivo)escludeva l’azione di ottemperanza e postulava l’ordinario regimeimpugnatorio.

10 S. Giacchetti, Un abito nuovo per il giudizio di ottemperanza, in “Foro Amm.”, 1979, 1, 2611.

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In una parola, come incisivamente osservava Franco Scoca,“all’epoca della istituzione dei Tribunali amministrativi lagiurisprudenza prevalente del Consiglio di Stato riteneva che ilricorso per ottemperanza fosse inammissibile ove l’Amministrazioneavesse comunque adottato nuovi provvedimenti o l’ottemperanzacomportasse attività discrezionali”, sicché il processo diottemperanza “si presentava come un tronco improduttivo”11.D’altronde la costruzione pretoria elaborata fino ad allora mi parefosse coerente con la concezione del giudizio amministrativo comegiudizio sull’atto, sufficiente a fornire garanzie estrinseche dilegalità, ma inidoneo a garantire all’amministrato l’effettività dellatutela, il godimento sostanziale dell’utilità perseguita.Il giudizio di ottemperanza riproduceva, in altri termini, i limiti diquello generale di legittimità: un giudizio che era stato, tuttosommato, adeguato ad un ordinamento in cui il privato aveva dafar valere nei confronti del potere pubblico soprattutto interessioppositivi ed in cui la tradizione della pubblica amministrazione eraancora ispirata a criteri di competenza e correttezza.

Un importante risultato era stato comunque raggiunto: il giudizio diottemperanza era stato esteso al giudicato amministrativo e la suaqualificazione come giudizio esteso al merito attribuiva al giudicedell’ottemperanza quei poteri sostitutivi che comportava lanuovaaccezione della contrapposizione legittimità-merito che nelfrattempo era venuta maturando.Tali poteri sostitutivi erano stati fino allora poco o punto esercitati,ma di essi il giudice amministrativo negli anni successivi, pur asituazione normativa immutata, avrebbe dimostrato di saper farebuon uso.

3.- L’istituzione dei Tribunali amministrativi regionali

11 F. Scoca, Modello tradizionale e trasformazione del processo amministrativo dopo il primo decennale di attività dei T.A.R., in “Dir. Proc. Amm.vo”, 1985, I, 270.

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Il sistema di giustizia amministrativa italiano, così come costruitodalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, con tutte le suepeculiarità (prima fra tutte la categoria dell’interesse legittimo) ed ilsuo singolare “giudizio di ottemperanza” fu costituzionalizzato dallaCarta repubblicana del 1948 in modo quasi notarile, con tutte le sueoriginalità e le sue contraddizioni: basti pensare a quella che vedecontrapporre da un lato la qualificazione dell’interesse legittimocome posizione soggettiva sostanziale, dall’altro la qualificazionedel giudizio amministrativo come giudizio sull’atto e quindi comegiudizio cassatorio, inidoneo a garantire il riconoscimento di unbene della vita (art. 113). Unico, modesto, elemento innovativo,l’introduzione del principio del doppio grado, con la previsione (art.125) dell’istituzione a livello regionale di organi di giustiziaamministrativa di primo grado. Previsione cui doveva dareattuazione la legge istitutiva dei Tribunali amministrativi regionali(6 dicembre 1971 n. 1034) che, come è noto,non contiene alcunarivoluzionaria innovazione normativa ed appare anzi, in largamisura, rispettosa delle formule tradizionali. In particolare, perquanto riguarda il giudizio di ottemperanza, il comportamento dellegislatore appare paradigmatico, in quanto, da un lato, riproducela vecchia formula che testualmente si riferisce al solo giudicato delgiudice ordinario, dall’altro dà per presupposta ed avallatal’innovazione giurisprudenziale della estensione dell’istituto algiudicato amministrativo, ripartendo la competenza fra T.A.R. eConsiglio di Stato (art. 37 legge T.A.R.).Normativa costituzionale e normativa ordinaria sui T.A.R.sembravano dunque segnare, a prima vista, il consolidamento delsistema tradizionale di giustizia amministrativa. L’evoluzione dellagiurisprudenza, mostra invece una rapida e progressiva evoluzionedovuta a tutta una serie di fattori che trascendono il datonormativo.Vi è innanzitutto la creazione di una nuova classe di giudiciamministrativi italiani, di estrazione diversa da quella tradizione delConsiglio di Stato e sganciati da ogni funzione di consulenza. Ciò hafatto sì che nei confronti dell’Amministrazione la giurisdizione

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amministrativa abbia manifestato, per la prima volta nella suastoria, un netto distacco, cui si aggiunge una nota di diffidenza esospetto ogni qualvolta la questione sottoposta al giudizio abbiauna particolare rilevanza politica o comunque incida su fattipoliticamente rilevanti12.La diffusione “sul territorio” dei giudici amministrativi, il diffondersidella cultura ed il miglioramento del tenore di vita, hanno reso, poi,di massa una domanda di giustizia che era prima solo elitaria.A ciò si aggiunga la comparsa sulla scena del giudizio di nuovisoggetti, di parte privata e pubblica.Da un lato comparvero, infatti, gli enti esponenziali di interessidiffusi, dall’altro le amministrazioni locali nella nuova dimensioneportata dalla riforma regionale e dal decentramento, che hannospostato il livello decisionale amministrativo da organi burocraticiperiferici ad organi politici elettivi, con un sicuro aumento didemocraticità del sistema ed da ultimo, la perdita del bene dellacertezza del diritto, in presenza di una legislazione caotica,ridondante e oscura che sembra ispirata alla contraddizione delfamoso ammonimento di Tommaso Campanella: “ottime leggi sonole poche e chiare”, con conseguente ipertrofia della funzionegiudiziaria.La forza delle cose ha imposto quindi al nuovo giudiceamministrativo di soddisfare un’esigenza di giustizia sostanziale. Larichiesta, sempre crescente, montante dalla società era che egli sitrasformasse da giudice dell’atto in giudice del rapporto e dellapretesa per la conseguibilità nel processo amministrativo di quel“bene della vita” che dovrebbe pur essere conseguibile se è veroche l’interesse legittimo è una situazione sostanziale. Orbene,benché stretto nelle angustie di una giurisdizione generale dilegittimità che rimane pur sempre una giurisdizione diannullamento (del tutto insufficiente alla tutela della semprecrescente schiera degli interessi pretensivi), il giudiceamministrativo italiano è riuscito, come si è già accennato, arendere giustizia nel rapporto attraverso una serie di strumenti12 F. Piga, 150 anni del Consiglio di Stato, in “Atti del Convegno celebrativo del 150° anniversario”, Milano, 1983, 391.

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indiretti, quali – elencandoli esemplificativamente e nonesaustivamente – il potenziamento dello strumento cautelare(segnatamente la sua estensione agli atti negativi) l’abbandonodella pratica dell’assorbimento dei motivi e, più in generale,l’adozione di statuizioni atte a produrre effetti ordinatori oconformativi e quindi a vincolare i futuri provvedimentidell’amministrazione e, infine, la rielaborazione del giudizio diottemperanza che, a seguito della sua rivisitazione nell’ultimoquarto di secolo, appariva istituto totalmente diverso rispetto alpassato, trasformato da rozza e poco efficiente procedura inprocesso affinato, articolato e satisfattivo.

4.- Il nuovo giudizio di ottemperanza.

La tumultuosa elaborazione giurisprudenziale dell’istituto,soprattutto a partire dalla famosa decisione dell’Adunanza Plenarian. 73 del 14.7.1978, aveva reso effettiva quella “esecuzione forzataamministrativa”13 nata sulla carta – ma solo sulla carta – sindall’estensione al giudicato amministrativo del giudizio diottemperanza14.La giurisprudenza ha innovato profondamente sia nellaindividuazione dei presupposti di esperibilità del rimedio, sia nellaindividuazione dei poteri del giudice e del commissario ad actaeventualmente nominato, sia nella creazione di giudizi diottemperanza atipici.Tutte tali innovazioni – che si prenderanno in esame solo persommarie ricognizioni di grandi linee di tendenza – sonoaccomunate da un dato finalistico di effettività: il preordinamentodel giudizio di ottemperanza al totale soddisfacimento della pretesasostanziale del ricorrente vittorioso, al di là dei limiti oggettivi tipicidel giudicato di annullamento15.

13 A. Pajno, Il giudizio di ottemperanza come processo di esecuzione di esecuzione in “Foro amm.”, 1981, I, 1648.14 M.S. Giannini, Contenuto e limiti del giudizio di ottemperanza, Milano, 1962 (Estratto degli atti del Convegno sull’adempimento del giudicato amministrativo 141, nota 14).15 R. Vivenzio, op. cit., 1153.

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In tema di presupposti, a seguito di una tormentata evoluzione cheha visto porre in discussione la proponibilità o meno del ricorso inpresenza di atti più o meno macroscopicamente elusivi, di atti cherappresentano esecuzione solo parziale, di atti preparatoridell’esecuzione e così via enumerando, è emersa una linea ditendenza assai precisa volta ad individuare il motivo fondante tipicodella azione di ottemperanza nella violazione del regolamento postoattraverso la pronuncia definitiva del giudice.In altri termini il ricorso in ottemperanza è stato ritenutoammissibile ogniqualvolta il petitum sostanziale attenga all’oggettoproprio di quel giudizio, cioè quando il ricorso denuncicomportamenti omissivi o commissivi che abbiano sostanzialmenteviolato l’obbligo di attenersi alle prescrizioni della sentenza o didarne attuazione16.In correlazione con tale statuizione, vanno ricordate l’affermazionedi applicabilità del termine decennale di prescrizione all’actioiudicati e la fungibilità del ricorso in ottemperanza con quellogenerale di legittimità in ragione del petitum sostanziale17.In tema di poteri del giudice, è stata rivendicata la più assolutapienezza di poteri sostitutivi; pienezza tale da consentire al giudice– o al commissario ad acta da lui, o su sua indicazione, nominato –di inserirsi nel “circuito decisionale” e “nell’ambito operativo” dellaP.A. per ripristinare il continuum dell’attività amministrativa, al finedi consentire all’interessato il vantaggio riconosciutogli dallesentenze18. Di più, il Commissario ad acta – anch’esso puracreazione giurisprudenziale – legato al giudice amministrativo da unnesso di strumentalità19 quale suo delegato, ausiliario ocollaboratore20, opera sotto il suo immanente controllo. I suoi atti –o quanto meno quelli adottati in sede propria – non sonoimpugnabili attraverso l’ordinario rimedio del ricorso generale di

16 V. Caianiello, Manuale di diritto processuale amministrativo, Torino, 1994, 856, Cons. Stato V, 27.5.91 n. 874; VI, 3.2.92 n. 59 cfr. anche Cons. Giust. Sic. 21.12.82 n. 92 ivi cit.17 Cons. Stato Ad. Plen. 30.4.1982 n. 12 in Cons. Stato, 1982 I, 413; S. Giacchetti, La crisi di effettività della giustizia amministrativa e il ruolo del giudizio di ottemperanza in “Foro Amm.”, 1988; II 1604.18 Cons. Stato Ad. Plen. 1.7.1978 n. 23 in Foro it. 1978, III, 449.19 Corte Cost. 12.5.77 n. 7520 Contra C.G.A. che propende per la tesi dell’organo “dimidiato”. Cfr. S. Giacchetti, Il Commissario ad acta nel giudizio di ottemperanza: si apre un dibattito in “Foro Amm.”, 1986, II, 1967.

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legittimità, ma vanno contestati dinnanzi al giudicedell’ottemperanza. Il processo di ottemperanza rimane dunque“aperto” finché la pretesa sostanziale del ricorrente non possaconsiderarsi completamente soddisfatta, in modo conforme allasentenza da eseguire, dando vita a quella che è stata definita unaipotesi di “giudicato a formazione progressiva”21. Un giudicato chedeve far conseguire “al vincitore della lite non solo una giustiziaformale e cioè una pronuncia che riconosce le sue ragioni ma anche(e soprattutto) una giustizia effettiva e cioè il conseguimento realedel bene o dell’utilità riconosciuti dal giudicato”22.Infine, per quanto attiene ai giudizi atipici, giova considerare comela giurisprudenza amministrativa, anticipando il legislatore delnuovo processo civile, abbia costruito un’azione di ottemperanzaavente ad oggetto l’ordinanza di sospensiva, attribuendo allo stessogiudice che ha adottato il provvedimento cautelare il potere diordinarne l’esecuzione all’Amministrazione, eventualmente anchemediante sostituzione diretta o nomina di commissario ad acta23 edargomentando dal principio della concentrazione, dinanzi al giudicedella cautela, della fase cognitoria e di quella esecutiva.

Al quadro evolutivo giurisprudenziale sopra delineato, vannoraggiunte alcune innovazioni legislative introdotte a cavallo delpassaggio di millennio: innanzitutto la l. n. 205 del 2000, la qualeha aggiunto all’art. 33, l. 6 dicembre 1971, n. 1034, la seguenteprevisione: “Per l’esecuzione delle sentenze non sospese dalConsiglio di Stato il tribunale amministrativo regionale esercita ipoteri inerenti al giudizio di ottemperanza al giudicato di cuiall’art.27, comma1, n. 4), del testo unico delle leggi sul Consiglio diStato, approvato con r.d. 26 giugno 1924, n. 1054 e successivemodificazioni”.Anche la l. n. 15 del 2005 ha previsto una nuova regola in materia.Essa infatti ha introdotto, con l’art. 14, l’art. 21 septies, l. n. 241del 1990 (oggi abrogato dal Codice), che disponeva: “E’ nullo il

21 Cons. Stato Ad. Plen. 15.3.1989 n. 7 in Cons. Stato 1989, I, 227.22 Cons. Stato, IV, 20.8.1991 n. 660, in Giur. It. 1992 III, 1, 382.23 R. Vivenzio, op. cit., 1167 e Cons. Stato, Ad. Plen. 30.4.1982 n. 6 ivi cit..

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provvedimento amministrativo che manca degli elementi essenziali,che è viziato da difetto assoluto di attribuzione, che è statoadottato in violazione o elusione del giudicato, nonché negli altricasi espressamente previsti dalla legge”.

5.- La sistematizzazione operata dal Codice del processoamministrativo

Il codice ha disciplinato in quattro soli articoli (112-115) la massa diconquiste legislative e – soprattutto – giurisprudenziali sopraaccennate avendo cura, peraltro, di tener presente la nuovadimensione “multilivello” nella quale deve ormai muoversil’ordinamento giuridico italiano, condizionato com’èdall’ordinamento sovranazionale ed internazionale (il nuovo art. 117della Costituzione docet).Non a caso l’incipit del codice (art. 1) recita “La giurisdizioneamministrativa assicura una tutela piena ed effettiva secondo iprincipi della Costituzione e del diritto europeo”.In tale rinnovata cornice oramai “comunitarizzata”, il giudiziod’ottemperanza risulta servente rispetto agli obiettivi di unordinamento giuridico multilivello, ove l’effettività delle tutelagiurisdizionale non può e non deve essere più commisurata ai solidettami della nostra Carta costituzionale (artt. 24 e 113), ma deveparametrarsi ai valori dell’ordinamento comunitario einternazionale, espressi con particolare pregnanza nellaConvenzione Europea dei diritti dell’uomo e delle libertàfondamentali.In altri termini, quello che emerge dalle modifiche apportate, daultimo, al sistema di giustizia amministrativa dal D.lgs. 2 luglio2010 n. 104, è la volontà del Legislatore di leggere il processoamministrativo, e, quindi, per quello che qui interessa, il giudiziod’ottemperanza, in un’ottica di più ampio respiro, idonea ad attuarein concreto i principi nei quali si snoda un processo pienamente

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garantistico. Ossia, un processo perfettamente rispondente aicanoni del “giusto processo”.

6.- I principi del giusto processo come chiave di lettura delladisciplina codicistica del giudizio di ottemperanza.

Già ai suoi tempi Calamandrei asseriva: “Bisogna, avvocati egiudici, far di tutto… perché veramente il processo serva allagiustizia”. Con la riforma costituzionale del 199924, l’art. 111, Icomma, Cost. ha stabilito che “la giurisdizione si attua mediante ilgiusto processo regolato dalla legge” e ha aggiunto, nel II comma,che “ogni processo si svolge nel contraddittorio tra le parti, incondizioni di parità, davanti a un giudice terzo e imparziale” e che“la legge ne assicura la ragionevole durata”. Al VI comma, infine,l’art. 111 stabilisce che “tutti i provvedimenti giurisdizionali devonoessere motivati”25.Si tratta di formulazioni nelle quali, alle vecchie regole, siaffiancano principi processuali nuovi che devono regolare l’attivitàdegli operatori giudiziari. Innanzitutto, si ribadisce che non bastache l’attività processuale venga strutturata in una formaprocessuale qualsiasi, occorre che sia attuata mediante un processo“giusto” che oltre ad assicurare l’osservanza formale delle regoleprocessuali, recuperi l’aspetto etico e logico del processo, acominciare dal comportamento leale della parti. Ad un ulterioreapprofondimento, diremo, quindi, che “giusto processo” èun’espressione riassuntiva che sta ad indicare un fascio di dirittifondamentali, i c.d. diritti giudiziari inviolabili, che, da un lato, inchiave di garantismo, dall’altro, in chiave di effettività, vengonoridotti ad unitaria, ma comunque composita, definizione.

24 Legge costituzionale 23 novembre 1999 n. 225 Cfr. “Il nuovo art. 111 della Cost. e il giusto processo civile”, Atti del Convegno organizzato dalla riv. Quest.Giustizia del 2000, a cura di Civinini e Verardi, Milano 2001 e, in particolare, le relazioni di Chiarloni e Trocker; “Ilgiusto processo”, Atti del Convegno dell’Accademia Naz. Dei Lincei del 2002, Roma 2003, ed ivi, in particolare, lerelazioni di Comoglio, Fazzalari, Tarzia e Proto-Pisani, Comoglio, “Etica e tecnica del giusto processo, Torino 2004.

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E’ stato, così, sussunto a livello costituzionale il concetto di “giustoprocesso”, già operante nel nostro ordinamento in virtù dell’art. 6C.E.D.U. e consacrato, da ultimo, anche nel “nuovo” Codice delProcesso Amministrativo.Come si è detto in precedenza, il giudizio di ottemperanza haricevuto una organica sistemazione ad opera del D.lgs. n.104/2010. La sua disciplina, per quanto contenuta negli artt. 112 esegg., rimanda pur sempre ai Principi Generali di cui al Capo I delCodice. Questo significa che (anche) le norme regolanti il processodi esecuzione devono essere lette e interpretate attraverso il filtrodelle Disposizioni Generali, in primis dell’art. 2, codificante proprio ilgiusto processo. L’art. 2 del codice, intitolato al giusto processo, così testualmenterecita:1.Il processo amministrativo attua i principi della parità delle parti,del contraddittorio e del giusto processo previsto dall’art. 111,primo comma, della Costituzione.2.Il giudice amministrativo e le parti cooperano per la realizzazionedella ragionevole durata del processo.la lettura di tale norma in combinato disposto con quelle specifichesul giudizio di ottemperanza consente di scorgere la precisa volontàdel legislatore di applicare i canoni del giusto processo al giudizio diottemperanza. Tanto risulta particolarmente evidente in alcunedisposizioni codicistiche che, per ragioni di semplificazione echiarezza espositiva, possono essere raggruppate in 4 punti.

6.1 Emersione del principio di parità delle parti – obbligo dicollaborazione tra la stesse – dovere di lealtà processuale

Il riferimento alla giustizia del processo implica in primis il recuperodi una fattiva e collaborativa partecipazione leale di tutte le partidel giudizio allo svolgimento dello stesso in ogni suo stato e grado.

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Tale esigenza era avvertita in generale nell’ambito dellagiurisdizione amministrativa, soprattutto in ragione dell’inevitabilesquilibrio di posizioni che, generalmente, vedono contrapposti unsoggetto privato e un’Amministrazione pubblica. I protagonisti delprocesso innanzi al Giudice amministrativo sono, infatti, portatori diinteressi disomogenei e confliggenti, oltre che per valore, perintrinseca natura, dal che la delicatezza di comporre, giudizialmenteparlando, tale eterogeneità, con necessaria sollecitazione deglistessi al mantenimento di un comportamento improntato al rispettodi un canone deontologico.Correttezza ed etica procedimentale hanno trovato garanzieapplicative nel giudizio di ottemperanza attraverso l’inserimento delprincipio di parità tra le parti, obbligo di collaborazione e dovere dilealtà processuale. Il primo comma dell’art. 112 è fonte del dovere di dare esecuzionealla sentenza amministrativa. L’obbligo in questione era giàpresente nel r.d. 17 agosto 1907, n. 642: sia nell’art. 65, n. 5, inbase al quale il dictum “deve contenere … l’ordine che la decisionesia eseguita dall’autorità amministrativa”; sia nell’art. 88, secondocui: “L’esecuzione delle decisioni si fa in via amministrativa, eccettoche per la parte relativa alle spese”26.La norma in commento, tuttavia, è munita anche di un contenutoinnovativo, laddove dispone che l’obbligo di esecuzione dellasentenza del giudice amministrativo grava sulle parti del processo.il che sembra trascendere il dato meramente lessicale.Lo stesso dovere di lealtà processuale (art. 88 c.p.c.), che grava suciascuna parte in causa, impone – e presuppone – quellaconformazione al giudicato, per la cui attuazione l’azione diottemperanza non costituisce più uno strumento che identifica laPubblica Amministrazione come parte la cui legittimazione non puòche essere passiva. Il Codice innova, quindi, la disciplina precedente, la quale sipremurava di menzionare soltanto l’Amministrazione. Inoltre,

26 A. Travi, “L’esecuzione della sentenza”, in Tratt. Dir. amm., a cura di S. Cassese, Diritto amministrativo, tomo IV, Milano, 2000, 3510.

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nonostante la formulazione letterale indurrebbe a ritenere chepossa essere soggetta al giudizio di ottemperanza la sola P.A. insenso stretto, non sembra si possa dubitare della perdurantevalidità di quella giurisprudenza che, formatasi sull’art. 37 l. Tar,pacificamente riconosceva che la locuzione “autoritàamministrativa”, vada intesa in senso lato. Il riferimento è, cioè,alla Pubblica Amministrazione inadempiente, come definita ai sensidell’art. 7, II comma del codice, vale a dire comprensiva anche deisoggetti ad essa equiparati o comunque tenuti al rispetto deiprincipi del procedimento amministrativo. La definizione, cherisente delle previsioni di cui all’art. 1, comma 1-ter, l. n. 241/90 edell’art. 29, I comma, della stessa legge, prevede, pertanto, chel’ottemperanza possa essere esperita anche nei confronti di unsoggetto privato che, in quanto succeduto ad un soggetto pubblico,è tenuto ad adempiere ad un giudicato amministrativo27 o disoggetti privati tenuti all’applicazione dei principi del procedimentoquali, ad esempio, gli organismi di diritto pubblico (intesi in sensocomunitario). Il richiamo, poi, al fatto che la sentenza debba essereeseguita anche dalle altre parti è un chiaro e inequivocabile indicedel fatto che all’esecuzione del giudicato non sono tenute solo leamministrazioni intimate nell’ambito del giudizio di cognizione, maanche quelle ad esso estranee aventi, però un interesse concretoall’esecuzione ovvero soggetti (anche privati) chiamati a porre inessere un facere complementare a quello dell’amministrazione oenti pubblici tenuti a svolgere un’attività vincolata o adempitiva28, alfine di dare integrale attuazione al dictum giudiziale. Il tutto, ovviamente, colorando di lealtà e correttezza le rispettiveprestazioni.

6.2 Principio della effettività della tutela

27 Tar Lazio, sez. III, 21 gennaio 2009, n. 446.

28 C. Stato, sez. VI, 6.10.2008, n. 4934.

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Si è già detto come pienezza ed effettività della tutela siano deicapisaldi del processo amministrativo; non a caso il Codice delProcesso esordisce enunciando proprio il principio di effettività (art.1 “La giurisdizione amministrativa assicura una tutela piena edeffettiva secondo i principi della Costituzione e del diritto europeo”),ripreso dal comma VII, dell’art. 7, laddove si statuisce che “Ilprincipio di effettività è realizzato attraverso la concentrazionedavanti al giudice amministrativo di ogni forma di tutela degliinteressi legittimi e, nelle particolari materie indicate dalla legge,dei diritti soggettivi”. Alla rilevanza del principio è però direttamente proporzionale ladifficoltà applicativa dello stesso, alla quale si è cercato di ovviareattraverso una serie di espedienti pratici. a) Innanzitutto, il rafforzamento del dovere di adempimento degliobblighi aventi fonte nel decisum viene, ora, assicurato dallaproponibilità di una concorrente azione risarcitoria tesa ariequilibrare il patrimonio della parte che, in rapporto di causa adeffetto, ha subito un pregiudizio dall’inesecuzione della sentenzadefinitiva.Trattasi di uno strumento additivo che va a cumularsi con quelloavente ad oggetto l’accertamento dell’inadempimento allapronunzia e la cui esperibilità nel giudizio di ottemperanza integrauna novità di sicuro interesse, sia perché la stessa possibilità venivaesclusa dall’indirizzo giurisprudenziale antecedente all’entrata invigore del Codice29, sia perché valorizza i profili cognitividell’ottemperanza.La possibilità di agire in ottemperanza anche al fine di ottenere lacondanna dell’amministrazione al risarcimento del danno ècontemplata in due diverse disposizioni, ossia nell’art. 112, commiIII e IV.Il III comma dell’art. 112, per la verità, non presenta un contenutoparticolarmente innovativo, limitandosi a recepire quel pacificoorientamento giurisprudenziale che ammetteva la proposizione29 Si riteneva, infatti, che la proponibilità di una domanda risarcitoria nell’ambito di un giudizio di ottemperanzaesulasse dal petitum del giudizio di cognizione. Si trattava, cioè, di una domanda nuova e oltretutto presentata dinnanzia un Giudice i cui poteri cognitori venivano circoscritti alla puntualizzazione dei prinicpi di diritto esposti nellasentenza.

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innanzi al Giudice dell’ottemperanza della domanda di risarcimentodei danni successivi, ossia nascenti dalla mancata esecuzione deldictum giudiziale. Di particolare rilievo è, invece, il comma IV, laddove, sovvertendola giurisprudenza precedente, si ammette espressamente lapossibilità di domandare, per la prima volta in sede diottemperanza, il risarcimento del danno scaturente dall’attoillegittimo di cui all’art. 30, V comma, “nel termine ivi stabilito”(ossia centoventi giorni decorrenti dal giorno in cui il fatto si èverificato ovvero dalla conoscenza del provvedimento se il dannoderiva direttamente da questo). Se, però, è stata proposta azionedi annullamento, la domanda risarcitoria può essere formulata nelcorso del giudizio o, comunque, sino al termine decadenziale di 120giorni dal passaggio in giudicato della relativa sentenza (V comma).Tuttavia, se il giudizio di ottemperanza investe anche ilrisarcimento, il giudizio perde la caratteristica di rito e segue lestesse forme, nei modi e nei termini dell’ordinario giudizio dicognizione (IV comma art. 112).b) Oltre allo strumento risarcitorio, il Codice ha previsto lapossibilità di incardinare il giudizio di ottemperanza anche al solofine di chiedere delucidazioni sulla modalità esecutive. Ladisposizione in questione, il V comma dell’art. 112, se da un lato èstata accolta con favore ed entusiasmo da una parte delladottrina30, dall’altro è stata tacciata di porgere il fianco a pericolosepratiche31, in quanto sarebbero tese a favorire l’Amministrazionesoccombente.Il comma VII dell’articolo 113 prevede che, in questo specifico caso,il Giudice fornisce chiarimenti in ordine alle modalità diottemperanza, anche su richiesta del Commissario ad acta.Sembra, quindi, delinearsi una particolare fase processuale che siinnesta nel giudizio di ottemperanza già avviato; esso potrebbe,infatti, esser proposto a fronte di una sentenza già resa nel giudiziodi ottemperanza vero e proprio, ma rispetto al cui contenuto

30 Cfr. Sandulli, M.A., “Anche il processo amministrativo ha finalmente un codice”, in Federalismi.it

31 Cfr. Volpe, “L’ottemperanza di chiarimento. Un istituto inutile o dannoso?”, in www.lexitalia.it

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sussistano dubbi interpretativi sulle modalità con cui garantirel’esecuzione e dunque l’interesse del ricorrente. Ci si chiede peraltrose, poiché tale particolare giudizio può essere avviato anche surichiesta del Commissario ad acta appositamente nominato, anchein questo caso sia necessaria la proposizione di un ricorso. E’ certoche oggetto del chiarimento sono solo le modalità esecutive e chetale fase dunque non può consentire un’interpretazione oaddirittura una modifica del giudicato, oggetto dell’ordinariogiudizio di ottemperanza. c) L’effettività della tutela viene, infine, garantita ancheattraverso l’espediente della tutela esecutiva indiretta di cui all’art.114, IV comma, lett. e), a mente del quale il giudice, in caso diaccoglimento del ricorso, “salvo che ciò sia manifestamente iniquo,e se non sussistono altre ragioni ostative, fissa, su richiesta diparte, la somma di denaro dovuta dal resistente per ogni violazioneo inosservanza successiva, ovvero per ogni ritardo nell’esecuzionedel giudicato; tale statuizione costituisce titolo esecutivo”. La consapevolezza dell’insufficienza di una tutela esecutiva direttaha, infatti, spinto il Legislatore a prevedere meccanismi coercitivipiù efficaci. Il continuum con il processo civile è qui particolarmenteevidente: si rammenta, per l’appunto, come, con l’art. 614 bisc.p.c, sia stata apportata un’importante novità nella tramaprocessuale civilistica, introducendovi una disciplina generale egeneralizzata dell’esecuzione indiretta della quale esistevano, primadi allora, solo sporadiche applicazioni (cfr. artt. 83, co. II, e 86, co.I R.D. n. 1127/1939, e art. 66, co. II, R.D. n. 929/1942relativamente ai Brevetti per Invenzioni industriali e per Marchid’impresa; Statuto dei Lavoratori, art. 18, co. XI; art. 44, co. VIII,d.lgs. n. 286/1988 sull’ Immigrazione; art. 140,7° comma, Codicedei Consumatori). Nonostante un primo tentativo di introduzionedella tutela esecutiva indiretta fosse stato inserito nel progettoCarnelutti del 192632 e in quello Vaccarella del 200333, fu solo con

32 Il progetto Carnelutti del 1926 prevedeva agli artt. 667 e 668, che in caso di mancata esecuzione di un obbligo di fareo di non fare, l’avente diritto poteva domandare la condanna dell’obbligato al pagamento di una somma di denaro perogni giorno di ritardo, a partire dal giorno stabilito dal giudice.33 Il progetto Vaccarella del 2003 prevedeva all’art. 42 l’introduzione di una misura coercitiva di natura patrimonialedella quale avrebbe beneficiato il creditore e in via residuale anche lo Stato.

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l’art. 49 della legge n. 69/2009 che è stata prevista l’applicazione diuna misura coercitiva indiretta per gli obblighi di fare infungibili eper gli obblighi di non fare. L’esempio d’Oltralpe ha senza dubbiosollecitato il nostro legislatore, dal momento che diverse forme diesecuzione indiretta erano già previste in altri ordinamenti europei.Emblematico è l’istituto della astreinte del diritto francese, in baseal quale il giudice, oltre alla condanna principale, pronuncia unacondanna accessoria del debitore a pagare al creditore una sommadi denaro, la cui misura aumenta in rapporto al prolungamentodell’inadempienza o alla ripetizione delle infrazioni.In Germania ed in Austria esiste un istituto analogo (Zwangsgels),ma con caratterizzazione accentuatamente pubblicistica: la penapecuniaria è devoluta allo Stato e, a volte, è previsto addirittural’arresto. Peraltro, la previsione di una sanzione penale a caricodell’inadempiente resta connotato tipico del contempt of the Court,nella forma del civil o procedural contempt, istituto propriodell’ordinamento inglese: in tali sistemi al giudice è consentito,avolte, di disporre l’arresto o irrogare un’ammenda a caricodell’inadempiente al fine di assicurare l’esecuzione delprovvedimento giurisdizionale.Ora tale espediente è espressamente previsto altresì nel processoamministrativo con l’evidente intento di disincentivare condottedolosamente o colposamente remissive, di favorire, quindi, laconformazione a diritto della condotta della parte inadempiente e dievitare conseguentemente la produzione del danno o per lo meno diridurre l’entità del possibile pregiudizio.La norma di cui all’art. 114 IV comma, lett. e) contiene un istitutoche, benché affine a quello del processo civile, se ne distingue peròper una serie di profili. La prima differenza attiene alla circostanza che nel processo civilelo strumento può essere applicato rispetto a tutte le sentenze,mentre nel caso del giudizio amministrativo sembra applicabile soloalle sentenze di ottemperanza34. La norma sembra limitare il suo

34 Cfr. Clarizia, “Resoconto del seminario sui Libri IV e V (ottemperanza, riti speciali e norme finali) del progetto diCodice del processo amministrativo svoltosi il 7 maffio 2010 presso l’Istituto per ricerche e attività educative (I.P.E.)-Napoli.

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ambito di applicazione al caso di condotta inadempiente rispetto auna sentenza passata in giudicato ad esclusione dunque dellesentenze non definitive e delle ordinanze.La fissazione del quantum avviene su espressa richiesta di parte enon viene disposta direttamente dal giudice, il quale può tuttaviadeterminare la somma dovuta sulla base di un giudizioinsindacabile. Non è richiesta la prova di un danno che il ricorrentepotrebbe subire e la statuizione costituisce titolo esecutivo. E’ statotuttavia rilevato che tale disposizione potrebbe attribuire al giudicedell’ottemperanza il potere di decidere questioni sulle qualipotrebbe non essere garantito il doppio grado di giudizio.

6.3 Principio del contraddittorio

E’ stato autorevolmente osservato come il contraddittorio sial’elemento di differenziazione tra procedimento e processo35, inquanto caratterizza gli atti processuali che compongono l’attivitàgiurisdizionale entro una struttura policentrica e dialettica36.Abbandonata la concezione classica che ricostruiva il processo inun’ottica scientifica e meccanica e ove la funzione delcontraddittorio si esauriva nel garantire alle parti la possibilità diinterloquire in giudizio (audiatur et altera pars), si è fatto strada unnuovo orientamento volto a impostare il contraddittorio sulla basedi rapporti paritetici, su quello che è stato chiamato l’ ”ordineisonomico”. Secondo questa nuova impostazione, il contraddittoriosi risolve, cioè, nella regolamentazione del dialogo, in modo daassicurare reciprocità e uguaglianza non solo fra le parti, ma anchefra il giudice e le parti. Da questa angolazione, il contraddittoriodiventa quindi momento fondamentale e imprescindibile del

35 Picardi N. “Manuale del processo civile”, Giuffrè Editore, 2006, 209.

36 Cfr. Fazzalari, “Diffusione del processo e compiti della dottrina”, R.T.D.P.C. 1958, 861 ss; ID., “Procedimento eprocesso (teoria generale), E.D. XXXV, Milano 1986, 819; Taruffo, “Giudizio: processo, decisione”, R.T.D.P.C. 1998,788.

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giudizio, una metodologia di ricerca della verità probabile cheattinge alla confutazione reciproca delle parti, alla autorevole – manon più autoritaria – professionalità del giudicante (su di luiincombe l’onere di selezionare ed eliminare le argomentazionierronee e scorrette) e alla c.d. funzione compensativa delleineguaglianze che, per la natura delle cose, esistono fra le parti37. Il Codice del Processo mostra di aver recepito tale orientamento,sostanziando in maniera più incisiva il principio del contraddittorionel giudizio di ottemperanza. Esso, nel sistema previgente, si proponeva con domanda diretta alPresidente del Tar o del Consiglio di Stato. La legge (art. 90, r.d. n.642 del 1907) non prescriveva che il ricorso fosse notificato dalricorrente né alla Pubblica Amministrazione resistente né aicontrointeressati, ma si limitava a stabilire che la proposizione dellostesso avvenisse con il deposito dell’atto in segreteria unitamentealla copia autentica della sentenza attestante il passaggio ingiudicato. Sarebbe stata poi la segreteria del Giudice adito in sededi ottemperanza a fornire comunicazione dell’intercorsapresentazione del ricorso alla P.A., la quale aveva termine di 20giorni per far pervenire le sue osservazioni. Il D.lgs. 104/2010 interviene in questo sistema, modificandoprofondamente le regole processuali. L’art. 114, comma I, dispone,infatti, che il giudizio di ottemperanza venga introdotto “con ricorsonotificato alla pubblica amministrazione e a tutte le altre parti delgiudizio definito dalla sentenza o dal lodo della cui ottemperanza sitratta”.L’atto introduttivo del giudizio non è più una domanda diretta alPresidente del Tar o del Consiglio di Stato, ma ha la forma propriadel ricorso che comunque deve essere munito di apposita procuradel difensore incaricato; non vale, dunque, la procura rilasciata nelprecedente grado di giudizio che ha condotto alla sentenza di cui sichiede l’esecuzione.

37 Quanto al contraddittorio, cfr. Calamandrei, “Il processo come giuoco”, in Scritti in onore di F. Carnelutti, II, Padova1950, 485 ss., e R.D.PROC. 1950, I, 2; Carnelutti, “Giuoco e processo”, ivi 1951, I, 101; Picardi, “Audiatur et alterapars”. Le matrici storico-culturali del contraddittorio, R.T.D.P.C. 2003, 7 ss.

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La relazione generale al Codice del Processo ha, del resto,sottolineato come la previsione relativa alla notificazione del ricorsoper ottemperanza prima del suo deposito – pur richiesta nellaprassi – sia stata introdotta proprio “in ossequio al principio delcontraddittorio, affermato dalla Corte Costituzionale anche conriguardo al giudizio di ottemperanza”.La norma, benché scarna, introduce quale requisito di procedibilitàdel ricorso per l’ottemperanza la notifica del ricorso da partedell’interessato a tutte le parti (amministrazioni resistenti econtrointeressati) intervenute nel giudizio.

6.4 Snellezza – unitarietà procedimentale – economia processuale

I principi del giusto processo emergono, infine, sotto un altroprofilo, quello dato dalla rispondenza alle esigenze di rapidità esemplificazione dello schema procedimentale.Del resto, il principale elemento di rottura con il regimepreesistente è rappresentato proprio dall’unitarietà del rito, checontraddistingue, attualmente, il giudizio di ottemperanza. Taleunitarietà va configurata sotto due concorrenti angolazioni: sulpiano soggettivo, in riferimento alla giurisdizione che ha emesso lapronunzia rimasta, in tutto o in parte, inadempiuta; sul pianooggettivo, in riferimento, invece, al tipo di provvedimento che siassume ineseguito e, segnatamente, alla natura provvisoria odefinitiva dello stesso38. A ben guardare, si nota agevolmente comel’ottemperanza al dictum del Giudice amministrativo sia sempregovernata dal medesimo procedimento, esperibile entro il consuetotermine decennale (art. 90, comma II, del già citato r.d. n.642/1907) previsto anche per l’actio judicati (art. 2953 c.c.). IlCodice del Processo ha, cioè dato armonica sistemazione all’interogiudizio, tant’è che il Titolo I del Libro Quarto trattacongiuntamente delle sentenze del Giudice amministrativo, di quelledel Giudice ordinario, di quelle degli altri Giudici, nonché delle38 Picozza, “Codice del processo amministrativo”, Giappichelli Editore, 2010, 211 e ss.

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sentenze non ancora passate in giudicato e dei provvedimenticautelari. Inoltre il Legislatore ha concentrato nell’ambito delgiudizio di ottemperanza azioni cognitorie connesse e, questo, perevidenti ragioni di economia processuale. Al fine di conseguire taleobiettivo di concentrazione, quindi, sono confluite nel giudizio “tuttele questioni di inesecuzione, elusione, violazione del giudicato, oltreche tutte le questioni che insorgono nel corso del giudizio a seguitodegli atti del commissario ad acta”, così ponendo fine “alle disputee disquisizioni sulla necessità di distinguere violazione ed elusionedel giudicato, atti autonomi e atti dipendenti dal giudicato, al finedella proposizione di un’autonoma azione di cognizione o diun’azione di ottemperanza. Una volta che vi è una sentenza che hadettato la regola del caso concreto, ogni provvedimento successivova rapportato al giudicato e sindacato nel giudizio diottemperanza”39. Una significativa innovazione in quello che potremmo definire“giudizio di ottemperanza unificato” è costituita, inoltre, dalladiretta proponibilità del ricorso apud judicem, non più condizionatadalla preventiva diffida dell’autorità amministrativa a provvedere,diffida che nell’impianto precedente, costituiva condizione diammissibilità del giudizio (salvo i casi nei quali la giurisprudenzaaveva comunque escluso la sua obbligatorietà 40). In tale rinnovato sistema, la diffida è, infatti, demansionata a merafacoltà rimessa alla scelta della parte. L’art. 114, I comma, disponeche l’azione con la quale si introduce il giudizio di ottemperanza “sipropone, anche senza previa diffida, …”. Ne deriva che lacomunicazione o notifica della diffida è possibile, ma non è più attonecessario o condizione imprescindibile per l’introduzione delgiudizio di ottemperanza.

39 Relazione finale di accompagno al Codice del Processo Amministrativo.

40 In particolare, si riteneva che essa non fosse necessaria quando l’Amministrazione avesse inequivocabilmentemanifestato la volontà di non adempiere (C. St., sez. VI, 23.6.2008, n. 3160), ovvero con il proprio comportamentoavesse lasciato chiaramente intendere di non voler adempiere (C. St., sez. IV, 28.8.2001, n. 4568); inoltre la diffida nonoccorreva in presenza di un atto nullo per violazione o elusione del giudicato (C. St., sez. IV, 15.1.2009, N. 158).

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Del resto, si noti come la specifica funzione assolta in passato dalladiffida (ossia di informare l’Amministrazione dell’intenzione delprivato di proporre ricorso per ottenere l’adempimento dell’ordinedel giudice e consentire alla stessa di provvedere ad eseguirespontaneamente la decisione), venga ora garantita dallaobbligatorietà della previa notificazione, che ha così privatototalmente la diffida della sua utilità41.

7. Perplessità e notazioni conclusive

Due perplessità sorgono in ordine alla conformità a Costituzionedella nuova disciplina del giudizio di ottemperanza.La prima riguarda il rispetto del principio del doppio grado digiurisdizione nel giudizio amministrativo.Non si ignora la ordinanza 31.3.88 n. 395 con cui la CorteCostituzionale ha dichiarato manifestamente infondata la questioneperchè l’art. 125 Costituzione se ha escluso che i TAR possanoessere giudici sottratti al sindacato di appello non ha affatto esclusoche il Consiglio di Stato possa essere giudice di unico grado. Contutto il rispetto per la Consulta la motivazione – oltretutto risalente– appare alquanto sommaria e viene comunque da chiedersi se siarazionale – come conseguente alla disciplina del codice del processoamministrativo di cui all’art. 113 – che la scelta legislativa dellasottrazione – o meno - di una causa ad uno dei due gradi di giudiziodipenda, in caso di conferma in appello della sentenzaottemperanda, dalla specificità della motivazione. Il dubbio siaggrava, poi, in caso di domanda risarcitoria proposta per la primavolta in sede di ottemperanza se il relativo giudizio penda dinanzi alConsiglio di Stato in quanto in tal caso la scelta del grado unico digiudizio sarà stata fatta ad insindacabile decisione dell’attore.

41 Cfr. Relazione generale al Codice: “l’introduzione della previa notificazione del ricorso per ottemperanza ha reso nonpiù necessario l’adempimento, finora prescritto, della previa diffida e messa in mora. Tale adempimento rimane,pertanto, una facoltà rimessa alla scelta della parte”.

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Il trattamento diversificato fra le diverse fattispecie assoggettate omeno al doppio grado non sembra quindi congruente con glielementi differenziali che le caratterizzano.La seconda perplessità riguarda l’ampiezza del sindacato di meritoche compete al giudice dell’ottemperanza, deputato a sostituirsiall’amministrazione non solo nell’adozione del provvedimento, maaddirittura nello svolgimento di tutta l’attività amministrativacorrelata, secondo lo schema del “giudicato a formazioneprogressiva”42 idoneo a tagliare le unghie a “comportamentirecidivanti” dell’Amministrazione43.Si noti la poliedrica gamma di poteri attribuita al giudicedell’ottemperanza dall’art. 114, una gamma di poteri che potrebbeindurre il giudice dell’ottemperanza a ritenersi legittimato aprovvedere anche quando la decisione di merito avesse lasciatoall’Amministrazione un considerevole margine di discrezionalità nelprovvedere nuovamente.Probabilmente un ampliamento dei poteri del giudicedell’ottemperanza in tale caso realizzerebbe una illegittimainvasione del potere esecutivo per violazione degli artt. 97, 101,103 e 111 Costituzione.44 E’ auspicabile che soccorra in proposito,ad opera del giudice amministrativo, una esegesi della norma“costituzionalmente orientata”.

Giungendo alle conclusioni, converrà osservare come la storia delgiudizio di ottemperanza non si sottragga alle paradossalicaratteristiche proprie della storia della nostra giustiziaamministrativa.La sofferta riforma di fine ottocento, articolata in ben quattro tappe,(1865-1877-1889-1890) era stata ispirata dal principio-guida dellaunicità della giurisdizione in capo al giudice ordinario, cui venivaaffiancato non un giudice ma un organo amministrativo deliberantea garanzia oggettiva di legalità. A chiusura e chiave di volta del

42 Cfr. Trebastoni “Il giudizio di ottemperanza: difficoltà pratiche e proposte di riforma”, in www. lexitalia.it.43 Cons. Stato, IV, 2 febbraio 2010 n. 47344 Vedi già M. Nigro, Giudizio Amministrativo, VI ed., Milano 2002, 238-239.

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sistema, veniva istituita l’azione di ottemperanza che consentiva,dopo la sentenza del giudice ordinario, l’adeguamento in viaamministrativa dell’Amministrazione al pronunciato per una pienagiustizia nell’amministrazione e nel rispetto del principio dellaseparazione dei poteri.Da quella riforma che negava qualunque giudice amministrativo,nacque, come tutti sappiamo, un giudice amministrativosull’esempio del modello francese, con un magistero cassatorio diannullamento e che però estese ai suoi pronunciati – pur con tuttele cautele e le timidezze del caso – il rimedio dell’ottemperanza conconseguenze teoriche immediate di implicazione fra giudiziario edesecutivo e con implicazioni pratiche future che sono diventateadesso attuali.La crisi di trasformazione che la nostra giustizia amministrativa haattraversato, ha realizzato un modello di tutela effettiva tendente afar conseguire all’amministrato nel processo l’utilità sostanzialeperseguita e non solo il mero valore formale della eliminazionedell’atto. Momento importante di questo processo di trasformazioneè stato, come si è visto, la costruzione pretoria di un giudizio diottemperanza totalmente nuovo, oggi trasfuso in dettatonormativo.Decisamente l’effetto paradosso caratterizza da sempre le leggiamministrative: la stessa nascita del diritto amministrativo nellaFrancia post rivoluzionaria ebbe, secondo gli storici più accreditati,il compito di fornire alla borghesia emergente nuovi manici permeglio maneggiare antiche mannaie. la matrice autoritaria nonimpedì però al nuovo diritto di esprimere l’effetto paradosso dellacreazione di valori di libertà e di giustizia attraverso l’operacoraggiosa del Consiglio di Stato francese.Qualcosa di simile è accaduto al nostro giudizio di ottemperanza:creato per garantire la piena conformità dell’azionedell’amministrazione al giudicato del giudice ordinario nell’assolutorispetto delle rispettive competenze, ha finito per consentire algiudice amministrativo, in un singolare processo di eterogenesi, di

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sostituirsi all’amministrazione al fine di far conseguireall’amministrato una piena effettività di tutela.Il tutto nel quadro di un codice del processo amministrativoautorevolmente definito leggero, o a maglie larghe, idoneo, quindi,a recepire tutti i suggerimenti di quella attività pretoria che dasempre costituisce una delle più nobili tradizioni del nostro giudiceamministrativo.

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