il Giornale Domenica16settembre2007 Cronache TIPIITALIANI · te del 5-10% le emis-sioni di ossidi...

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STEFANO LORENZETTO U n ingegnere genovese di 63 anni, insieme con una biolo- ga statunitense di 71, ha libe- rato il mondo dalla schiavitù del pe- trolio e dalla morsa dell’inquina- mento per i secoli a venire. Lucia- no Patorno e Nancy Ho sono riusci- ti a rimpiazzare la benzina con l’etanolo ricavato dai rifiuti urba- ni. Un giacimento inesauribile. Lo so, detta così può ricordare la più impraticabile delle trovate: mette- re in moto l’automobile dopo aver fatto pipì nel serbatoio. Ma questa non è una barzelletta. In Canada già funziona una bio- raffineria «made in Italy» che pro- duce il carburante e lo vende alla Shell. E85 è il nome alla pompa del nuovo oro verde: 85% di etanolo, 15% di benzina. Una miscela, per il momento. Con un piccolo ritocco ai motori domani potrà essere utiliz- zato al 100%, essendo un alcol etili- co concentrato pressoché anidro, cioè privo d’acqua. L’etanolo (bioetanolo, per l’esat- tezza) che la professoressa Ho, do- cente universitaria di origine cine- se immigrata da molti anni negli Usa, è stata in grado di fabbricare su larga scala grazie all’impianto creato dall’ingegner Patorno, im- prenditore trasferitosi dalla Ligu- ria a Modena, ha qualche altra ca- ratteristica talmente unica da farlo sembrare un inaspettato dono del cielo all’umanità giunta sull’orlo del baratro: «Può alimentare da su- bito i propulsori Flex fuel montati su numerosi modelli di vetture. Non affama il Terzo mondo e non fa aumentare i prezzi del pane, del- la pasta, del latte, della carne per- ché non fagocita le coltivazioni di cereali destinate all’alimentazione umana e animale, anzi non le intac- ca minimamente, e di conseguen- za non dissipa le già limitate risor- se d’acqua del pianeta. Presenta un contenuto netto di energia tre volte più alto dell’etanolo tradi- zionale. Elimina il 70-75% del peggiore dei gas serra, l’anidri- de carbonica, princi- pale responsabile del- l’innalzamento delle temperature. Abbat- te del 5-10% le emis- sioni di ossidi d’azoto e di zolfo. È privo di metalli pesanti. Azze- ra i particolati, me- glio noti come polveri sottili. È totalmente biodegradabile. Libe- ra il globo da larga parte dell’immondi- zia. E, ultimo ma non ultimo, ha un prezzo alla produzione di 0,30 euro il litro, 580 lire, esattamente co- me la benzina verde. Mentre l’etanolo di- stillato dal mais o dal- la canna da zucchero costa il doppio». Guardatevi intorno, o scoperchia- te la pattumiera: tutta roba buona per far marciare la vostra auto. Giornali, riviste, involucri per ali- menti, fogli di carta, corrisponden- za, cartoncini, cartoni, opuscoli. E poi la lolla del riso e del frumento, i cartocci delle pannocchie, le bagas- se della canna da zucchero, gli steli del mais, i residui e le eccedenze di coltivazioni agricole, il legno, la se- gatura, l’erba, le ramaglie, i rifiuti industriali delle cartiere. Insomma Patorno tramuta in carburante per autotrazione tutto ciò che contiene cellulosa. Contitolare con un socio della Si- patech di Sassuolo, laurea in inge- gneria elettrotecnica e meccanica, l’inventore s’è sempre occupato di automazioni industriali: per la Ca- terpillar, per la New Holland (Fiat), per la Hoechst (Sanofi-Aventis). In campo biomedicale ha brevettato strumenti rivoluzionari, dall’Endo- fixer, una suturatrice endovascola- re che nell’aneurisma dell’aorta consente di fissare un manicotto dentro l’arteria senza intervenire chirurgicamente sul paziente, al- l’Anastomosis, che ricollega elasti- camente i vasi sanguigni recisi in sala operatoria oppure dissecca le vene varicose con le onde elettro- magnetiche evitando il bisturi. Patorno è tornato alla sua antica passione, l’energia, dal 1999, quan- do gli hanno chiesto d’escogitare un sistema per il riciclaggio degli pneumatici usati. Nel nostro Paese se ne accumulano 400.000 tonnel- late l’anno: metà finiscono in disca- rica e metà vengono trasformati in gomme rigenerate, conglomerati per bitumazioni, materiale per pa- vimenti antiscivolo. L’inventore ha fatto anche qui il miracolo: un bre- vetto che li riconverte negli idrocar- buri d’origine. Come c’è riuscito? «Sono nato ingegnere. Mio padre era tecnico all’Ansaldo di Genova. La nostra casa si trovava dentro lo stabilimento. A 5 anni già giravo per i reparti. Ho visto dal vivo l’infi- nità di sottoprodotti, almeno un centinaio, che escono dal ciclo di depurazione del carbon coke: ben- zolo, naftalina, etilene, catrame». Com’è arrivato all’etanolo ricava- to dai rifiuti cellulosici? «Mi ha contattato la Purdue Univer- sity, che si trova a West Lafayette, nell’Indiana, 200 chilometri da Chi- cago, 100 da Indianapolis. Aveva- no bisogno di alcuni sensori parti- colari per le macchine dei loro labo- ratori. E là ho incontrato Nancy Ho, biologa molecolare premiata al Congresso dal presidente Geor- ge Bush per aver messo a punto do- po 14 anni di ricerche un enzima geneticamente modificato. La pro- fessoressa è partita dai Saccha- romyces cerevisiae, microrgani- smi che hanno una funzione fonda- mentale nelle fermentazioni da cui si ottengono il vino e la birra». Che cosa fa questo enzima? «Trasforma il glucosio e lo xilosio, due zuccheri, in etanolo. Invece chi distilla l’etanolo dai cereali non rie- sce a modificare lo xilosio, e ciò ri- duce del 40% la resa finale di car- burante. Ma alla professoressa Ho mancava l’impianto in grado di in- dustrializzare il processo. Ha chie- sto a me di farlo. Così ho progettato una raffineria di alcol, anziché di petrolio». Vi siete messi in società. «Per gli Usa il brevetto se lo gesti- scono gli americani. Per l’Europa io. Nel resto del mondo siamo part- ner». Ma le bioraffinerie sono di là da venire. «Non direi. Una è già stata aperta a Toron- to dalla Iogen corpo- ration: da una tonnel- lata di paglia spreme 350 litri di etanolo. In quattro anni è già arrivata a 128 milio- ni di litri. Un’altra è in costruzione in Pen- nsylvania. Torno adesso da un viaggio in Cina, dove già ope- ravo con la Aodevi- ces per progettare stabilimenti che puri- ficano il silicio indi- spensabile alla pro- duzione di pannelli fotovoltaici in Euro- pa e Medio Oriente. Gli enti governativi di Pechino mi sono piombati addosso co- me falchi. I cinesi so- no affamati di ener- gia». Gli italiani no? «In Italia è tutto difficile. Ho inter- pellato la Hera, il gruppo quotato in Borsa che eroga elettricità e gas ai Comuni dell’Emilia Romagna: parole. Ho interpellato il Cpl, Con- sorzio productions logistics della Legacoop: parole. Ho interpellato la Confcooperative coinvolta nel ri- gassificatore di Brindisi: parole». Ha interpellato le persone sbaglia- te. «Non ho agganci politici. Ho inter- pellato le banche: parole anche lì». Siamo sicuri che esistano biomas- se cellulosiche sufficienti per estrarre l’etanolo? «Mi offende. Ogni anno l’Italia pro- duce 100 milioni di tonnellate di ri- fiuti: 40 milioni sono urbani. Il 35% di questi sono cellulosici, cioè car- ta, cartone e legni, però non ricicla- bili. Quindi stiamo parlando di 14 milioni di tonnellate che oggi si but- tano in discarica. Si potrebbe rica- varne, con 30 dei miei impianti, 4,8 miliardi di litri di etanolo. Vale a dire il 30% del fabbisogno naziona- le, visto che gli italiani consumano ogni anno 16 miliardi di litri di ben- zina». E il restante 70% del fabbisogno? «Ci sono da sfruttare i residui le- gnosi industriali: cassette della frutta, trucioli di falegnameria, se- gatura, mobili vecchi, pallet, tra- versine ferroviarie, bobine di cavi elettrici, imballaggi. Una città di medie dimensioni, come Perugia, sciupa ogni anno 15.000 tonnellate di potature. Valgono 5 milioni di li- tri di bioetanolo. E poi pensi solo alla pulizia dei boschi». Ma se ancora non bastassero? «Ho letto l’intervista che Mauro Te- deschini, direttore di Quattroruo- te, ha fatto col professor Carlo Rub- bia nel numero di set- tembre. In questo Pa- ese vi sono un milio- ne d’ettari di terreni non coltivati, ha spie- gato il premio Nobel. Potremmo metterci a dimora piante non commestibili la cui resa energetica è enorme. Il miscan- thus, per esempio. È una canna ricchissi- ma di cellulosa che cresce spontanea- mente in Cina e in Giappone. Supera i 4 metri d’altezza, la densità delle foglie è tale che una persona non riesce a passarci in mezzo, prospera nei climi temperati come il nostro, richie- de poca acqua, dura circa 15 anni e si rac- coglie d’inverno, un momento ideale per gli agricoltori. Idem la canapa, adatta per i terreni aridi del nostro Sud. Idem i pioppi. Un pioppeto lungo 10 chilometri e largo altrettanto po- trebbe alimentare all’infinito, col suo ciclo vegetativo, la più grande delle bioraffinerie che ho progetta- to, 160 milioni di litri di etanolo an- nui». Bioraffineria che costerà un patri- monio, suppongo. «È un investimento da 65 milioni di euro. Calcolati i costi di produzione con l’ammortamento, i ricavi dalla vendita del bioetanolo e l’extra uti- le derivante dalla defiscalizzazio- ne, fin dal primo anno genera un profitto netto di quasi 44 milioni di euro. Tenga presente che in Italia l’etanolo è defiscalizzato al 20%, ma dovrebbe arrivare almeno al 47%, anche perché in Germania, Spagna, Belgio e Slovacchia è al 100%, in Francia al 57%, in Finlan- dia al 55%. Mettiamo che lo Stato o l’Eni aprissero 100 bioraffinerie: con un investimento di 12.500 mi- liardi di vecchie lire, circa un terzo della manovra economica annun- ciata dal governo per il 2007, avrebbero affrancato per sempre il Paese dalla benzina». Non credo che gli sceicchi arabi siano molto contenti di lei. (Allarga le braccia). Non teme per la sua vita? «Le dirò: qualche timore ce l’ho». Il petrolio è destinato a esaurirsi? «Per forza. È un dato di fatto. O en- tro 20 anni o entro 50, ma finirà. Lo dimostra la speculazione sui prezzi: oggi è a 80 dollari il barile, contro i 30 di tre anni fa, mentre dovrebbe costarne non più di 55. E anche se non si esaurissero i giaci- menti, diventerebbe sempre più difficile estrarlo. Per cui i costi, in termini di energia impiegata nel pompaggio, supererebbero i rica- vi. Lo stesso dicasi se andassimo a cercarlo sul fondo degli oceani». Resta il fatto che di auto pronte per l’etanolo non se ne vedono molte in circolazione. «Più che altro mancano i distributo- ri. Ma da fine luglio è in vendita an- che in Italia la Renault New Méga- ne alimentabile a E85. Il gruppo Peugeot-Citroën sta per presenta- re un’ampia gamma di modelli bio- compatibili. Saranno presto sul mercato Ford, Opel, Saab, Volvo e Cadillac. Io stesso ho guidato da Chicago a Lafayette una Ford che funzionava con miscela all’85% di alcol e al 15% di benzina. Non c’è area di servizio d’America dove manchi la colonnina dell’E85». Una Ferrari che va etanolo? «Perché no? Le prestazioni miglio- rano. La formula chimica dell’eta- nolo è C2H5OH: nel radicale OH è presente ossigeno, come in tutti gli alcoli. Equivale a sovralimentare il motore. Per di più nell’etanolo non occorre aggiungere gli antideto- nanti, indispensabili nella benzina. Un tempo la super veniva addizio- nata con tetraetile di piombo, un inquinante micidiale. Oggi la verde richiede il benzene, che inquina meno, però inquina. Al traffico stra- dale si imputa il 93% delle emissio- ni di ossido di carbonio, il 60% di quelle di idrocarburi e ossidi di azo- to e il 12% di quelle d’anidride car- bonica, c’è poco da fare». Il professor Antonino Zichichi so- stiene che l’anidride carbonica è senz’altro aumentata da quando è iniziata l’era industriale, ma che l’uomo incide solo per il 10% sul clima, il resto dipende dai fe- nomeni naturali, a cominciare dai raggi cosmici. In mezzo milio- ne di anni la Terra ha perso e ri- trovato il Polo Nord e il Polo Sud già quattro volte. «Sono d’accordo. Ma il nostro gua- io è che, a causa del massiccio uti- lizzo dei combustibili fossili, per la prima volta nella storia dell’umani- tà l’anidride carbonica si accumu- la in tempi troppo veloci e si con- centra nelle aree urbane e indu- strializzate. Ristagnasse sull’ocea- no, sarebbe diverso». Però del Brasile, che fa il 48% del- l’etanolo per autotrazione prodot- to nel mondo, io ricordo il lezzo pestilenziale dei biocarburanti. «Invece l’etanolo ricavato dagli scarti di cellulosa è inodore». Ma ho letto che corrode i motori. «Lo escludo. Ai metalli non può far nulla». La sua bioraffineria non provoca odori e fumi? «No. La fermentazione avviene in autoclave. È un sistema che richie- de la mancanza di contatto con l’aria. Gli enzimi sono anaerobi, vi- vono solo in assenza di ossigeno». Avrà bisogno di una discarica per i residui della lavorazione. «Al contrario. Sono io che devo in- sediarmi vicino alle discariche per recuperare quanto di buono vi è contenuto». La sua bioraffineria non produce scarti? Impossibile. «Certo che li produce. Ma non li chiamerei scarti, bensì sottoprodot- ti: mangimi, fertilizzanti chimici per l’agricoltura, polimeri della pla- stica, lubrificanti, adesivi. Tutta ro- ba che è fuori dal con- to economico di cui le ho parlato prima e che va dunque ad am- pliare il margine di guadagno». Avrà bisogno di mol- ti dipendenti e di tan- ta energia elettrica. «La forza lavoro per il ciclo produttivo di 24 ore su 24 assomma a un centinaio di perso- ne. L’energia me la produco da solo: il pri- mo elemento da to- gliere nella fase di pretrattamento dei ri- fiuti cellulosici è la li- gnina, che ha un alto potere calorifero». Avrà bisogno di una vasta area. «La bioraffineria più grande si estende su 60.000 metri quadra- ti. È la superficie occu- pata dall’incenerito- re di rifiuti urbani del- la città di Brescia, quello dipinto con i co- lori del cielo che si vede dall’auto- strada A4». Una direttiva europea fissava al 2% la quota di mercato dei biocar- buranti che gli Stati membri era- no invitati a raggiungere entro il 2005. Il quantitativo salirà al 5,75% nel 2010. L’Italia che co- s’ha fatto? «Niente. Però l’11 marzo 2006 il go- verno ha varato la legge 81 che pre- vede l’obbligatorietà dell’integra- zione di bioetanolo nelle benzine in percentuali crescenti: dai 320 mi- lioni di litri nel 2006 fino ad arriva- re ai 920 milioni di litri nel 2010». E quanti ne abbiamo prodotti fino- ra? «Neanche mezzo litro». (390. Continua) [email protected]t , , TIPI ITALIANI In Canada stiamo usando la paglia Il mio carburante non affama il Terzo mondo, elimina il 70-75% di anidride carbonica, azzera le polveri sottili e ha lo stesso prezzo della verde, mentre ricavarlo dalle colture costa il doppio. Ci bastano 100 impianti Gli scarti cellulosici oggi si sprecano Con quei 14 milioni di tonnellate gettati in discarica si soddisfa il 30% del fabbisogno energetico nazionale: 4,8 miliardi di litri. Il restante 70% da scorie industriali e piante adatte ai terreni aridi, come il miscanthus «La benzina? Non ci servirà mai più Raffino i rifiuti al posto del petrolio» LUCIANO PATORNO I ngegnere,titolare di brevetti rivoluzionari dalla chirurgia al riciclaggio. In società con una biologa molecolare ha progettato un impianto per produrre un bioetanolo che vale tre volte quello ottenuto dai cereali UN PIENO DI IDEE Luciano Patorno, 63 anni, ingegnere genovese contitolare della Sipatech di Sassuolo (Modena). Si è occupato di automazioni industriali per Caterpillar, Fiat e Sanofi-Aventis. Ha anche brevettato un sistema per riconvertire in idrocarburi 200 milioni di tonnellate di pneumatici usati che ogni anno in Italia finiscono nelle discariche L’ingegner Luciano Patorno con la professoressa Nancy Ho della Purdue University, nell’Indiana, creatrice dell’enzima che trasforma i rifiuti urbani Nancy Ho, socia di Patorno, fotografata con George e Laura Bush alla Casa Bianca. Il presidente americano ha premiato al Congresso la biologa molecolare il Giornale Domenica 16 settembre 2007 Cronache 13

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  • STEFANO LORENZETTO

    Un ingegnere genovese di 63anni, insieme con una biolo-gastatunitensedi 71,ha libe-rato il mondo dalla schiavitù delpe-trolio e dalla morsa dell’inquina-mento per i secoli a venire. Lucia-no Patorno e Nancy Ho sono riusci-ti a rimpiazzare la benzina conl’etanolo ricavato dai rifiuti urba-ni. Un giacimento inesauribile. Loso, detta così può ricordare la piùimpraticabile delle trovate: mette-re in moto l’automobile dopo averfatto pipì nel serbatoio. Ma questanon è una barzelletta.

    In Canada già funziona una bio-raffineria «made in Italy» che pro-duce il carburante e lo vende allaShell. E85 è il nome alla pompa delnuovo oro verde: 85% di etanolo,15% di benzina. Una miscela, per ilmomento. Con un piccolo ritocco aimotori domani potrà essere utiliz-zatoal 100%, essendo unalcol etili-co concentrato pressoché anidro,cioè privo d’acqua.

    L’etanolo (bioetanolo, per l’esat-tezza) che la professoressa Ho, do-cente universitaria di origine cine-se immigrata da molti anni negliUsa, è stata in grado di fabbricaresu larga scala grazie all’impiantocreato dall’ingegner Patorno, im-prenditore trasferitosi dalla Ligu-ria a Modena, ha qualche altra ca-ratteristica talmente unica da farlosembrare un inaspettato dono delcielo all’umanità giunta sull’orlodelbaratro: «Puòalimentaredasu-bito i propulsori Flex fuel montatisu numerosi modelli di vetture.Non affama il Terzo mondo e nonfaaumentare i prezzi del pane, del-la pasta, del latte, della carne per-ché non fagocita le coltivazioni dicereali destinate all’alimentazioneumanaeanimale,anzinon le intac-ca minimamente, e di conseguen-za non dissipa le già limitate risor-se d’acqua del pianeta. Presentaun contenuto netto dienergia tre volte piùaltodell’etanolo tradi-zionale. Elimina il70-75% del peggioredeigas serra, l’anidri-de carbonica, princi-pale responsabiledel-l’innalzamento delletemperature. Abbat-te del 5-10% le emis-sioni di ossidi d’azotoe di zolfo. È privo dimetalli pesanti. Azze-ra i particolati, me-glio noti come polverisottili. È totalmentebiodegradabile. Libe-ra il globo da largaparte dell’immondi-zia. E, ultimo ma nonultimo, ha un prezzoalla produzione di0,30 euro il litro, 580lire, esattamente co-me la benzina verde.Mentre l’etanolo di-stillato dal mais o dal-la canna da zuccherocosta il doppio».

    Guardatevi intorno,o scoperchia-te la pattumiera: tutta roba buonaper far marciare la vostra auto.Giornali, riviste, involucri per ali-menti, fogli di carta, corrisponden-za, cartoncini, cartoni, opuscoli. Epoi la lolla del riso e del frumento, icartoccidellepannocchie, lebagas-se della canna da zucchero, gli stelidel mais, i residui e le eccedenze dicoltivazioni agricole, il legno, la se-gatura, l’erba, le ramaglie, i rifiutiindustriali delle cartiere. InsommaPatorno tramuta in carburante perautotrazione tutto ciò che contienecellulosa.

    Contitolare con un socio della Si-patech di Sassuolo, laurea in inge-gneria elettrotecnica e meccanica,l’inventore s’è sempre occupato diautomazioni industriali: per la Ca-terpillar, per la New Holland (Fiat),per la Hoechst (Sanofi-Aventis). In

    campo biomedicale ha brevettatostrumenti rivoluzionari, dall’Endo-fixer, unasuturatrice endovascola-re che nell’aneurisma dell’aortaconsente di fissare un manicottodentro l’arteria senza intervenirechirurgicamente sul paziente, al-l’Anastomosis, che ricollega elasti-camente i vasi sanguigni recisi insala operatoria oppure dissecca levene varicose con le onde elettro-magnetiche evitando il bisturi.

    Patorno è tornato alla sua anticapassione, l’energia,dal1999,quan-do gli hanno chiesto d’escogitareun sistema per il riciclaggio deglipneumatici usati. Nel nostro Paesese ne accumulano 400.000 tonnel-late l’anno: metà finiscono indisca-rica e metà vengono trasformati ingomme rigenerate, conglomeratiper bitumazioni, materiale per pa-vimenti antiscivolo. L’inventore hafatto anche qui il miracolo: un bre-

    vettoche li riconvertenegli idrocar-buri d’origine.

    Come c’è riuscito?«Sononato ingegnere. Mio padre

    era tecnico all’Ansaldo di Genova.La nostra casa si trovava dentro lostabilimento. A 5 anni già giravoper i reparti. Ho visto dal vivo l’infi-nità di sottoprodotti, almeno uncentinaio, che escono dal ciclo didepurazione del carbon coke: ben-zolo, naftalina, etilene, catrame».Com’è arrivato all’etanoloricava-to dai rifiuti cellulosici?«Mihacontattato laPurdueUniver-sity, che si trova a West Lafayette,nell’Indiana,200chilometri da Chi-cago, 100 da Indianapolis. Aveva-no bisogno di alcuni sensori parti-colariper le macchinedei loro labo-ratori. E là ho incontrato NancyHo, biologa molecolare premiataal Congresso dal presidente Geor-

    geBushper aver messoa punto do-po 14 anni di ricerche un enzimageneticamente modificato. La pro-fessoressa è partita dai Saccha-romyces cerevisiae, microrgani-smi chehanno una funzione fonda-mentale nelle fermentazioni da cuisi ottengono il vino e la birra».Che cosa fa questo enzima?«Trasforma il glucosio e lo xilosio,due zuccheri, in etanolo. Invece chidistilla l’etanolodai cereali non rie-sce a modificare lo xilosio, e ciò ri-duce del 40% la resa finale di car-burante. Ma alla professoressa Homancava l’impianto in grado di in-dustrializzare il processo. Ha chie-sto a me di farlo. Così ho progettatouna raffineria di alcol, anziché dipetrolio».Vi siete messi in società.«Per gli Usa il brevetto se lo gesti-scono gli americani. Per l’Europaio. Nel resto del mondo siamo part-

    ner».Ma le bioraffineriesono di là da venire.«Non direi. Una è giàstataapertaa Toron-to dalla Iogen corpo-ration:daunatonnel-lata di paglia spreme350 litri di etanolo.In quattro anni è giàarrivata a 128 milio-ni di litri. Un’altra èincostruzione inPen-nsylvania. Tornoadesso da un viaggioinCina, dovegià ope-ravo con la Aodevi-ces per progettarestabilimentichepuri-ficano il silicio indi-spensabile alla pro-duzione di pannellifotovoltaici in Euro-pa e Medio Oriente.Gli enti governatividi Pechino mi sonopiombatiaddossoco-me falchi. I cinesi so-no affamati di ener-gia».

    Gli italiani no?«In Italia è tutto difficile. Ho inter-pellato la Hera, il gruppo quotatoin Borsa che eroga elettricità e gasai Comuni dell’Emilia Romagna:parole. Ho interpellato il Cpl, Con-sorzio productions logistics dellaLegacoop: parole. Ho interpellatola Confcooperative coinvolta nel ri-gassificatore di Brindisi: parole».Hainterpellato lepersonesbaglia-te.«Non ho agganci politici. Ho inter-pellato le banche: parole anche lì».Siamosicuri che esistano biomas-se cellulosiche sufficienti perestrarre l’etanolo?«Mi offende. Ogni anno l’Italia pro-duce 100 milioni di tonnellate di ri-fiuti: 40 milioni sono urbani. Il 35%di questi sono cellulosici, cioè car-ta, cartone e legni, però non ricicla-bili. Quindi stiamo parlando di 14

    milionidi tonnellate che oggi si but-tano in discarica. Si potrebbe rica-varne, con 30 dei miei impianti, 4,8miliardi di litri di etanolo. Vale adire il 30% del fabbisogno naziona-le, visto che gli italiani consumanoogni anno16 miliardi di litri di ben-zina».E il restante 70% del fabbisogno?«Ci sono da sfruttare i residui le-gnosi industriali: cassette dellafrutta, trucioli di falegnameria, se-gatura, mobili vecchi, pallet, tra-versine ferroviarie, bobine di cavielettrici, imballaggi. Una città dimedie dimensioni, come Perugia,sciupaogni anno 15.000 tonnellatedi potature. Valgono 5 milioni di li-tri di bioetanolo. E poi pensi soloalla pulizia dei boschi».Ma se ancora non bastassero?«Ho letto l’intervista che MauroTe-deschini, direttore di Quattroruo-te, ha fatto col professorCarlo Rub-bianelnumerodi set-tembre. InquestoPa-ese vi sono un milio-ne d’ettari di terreninoncoltivati, haspie-gato il premio Nobel.Potremmo mettercia dimora piante noncommestibili la cuiresa energetica èenorme. Il miscan-thus, per esempio. Èuna canna ricchissi-ma di cellulosa checresce spontanea-mente in Cina e inGiappone. Supera i 4metri d’altezza, ladensità delle foglie ètale che una personanonriesce a passarciin mezzo, prosperanei climi temperaticomeilnostro, richie-de poca acqua, duracirca15anni e si rac-coglie d’inverno, unmomento ideale pergli agricoltori. Idemla canapa, adattaper i terreni aridi del nostro Sud.Idem i pioppi. Un pioppeto lungo10chilometri e largo altrettantopo-trebbe alimentare all’infinito, colsuo ciclo vegetativo, la più grandedelle bioraffinerie che ho progetta-to, 160 milioni di litri di etanolo an-nui».Bioraffineriache costeràunpatri-monio, suppongo.«È un investimento da 65 milioni dieuro. Calcolati i costi di produzionecon l’ammortamento, i ricavi dallavendita del bioetanolo e l’extra uti-le derivante dalla defiscalizzazio-ne, fin dal primo anno genera unprofitto netto di quasi 44 milioni dieuro. Tenga presente che in Italial’etanolo è defiscalizzato al 20%,ma dovrebbe arrivare almeno al47%, anche perché in Germania,Spagna, Belgio e Slovacchia è al100%, in Francia al 57%, in Finlan-

    dia al 55%. Mettiamo che lo Stato ol’Eni aprissero 100 bioraffinerie:con un investimento di 12.500 mi-liardi di vecchie lire, circa un terzodella manovra economica annun-ciata dal governo per il 2007,avrebbero affrancato per sempreil Paese dalla benzina».Non credo che gli sceicchi arabisiano molto contenti di lei.(Allarga le braccia).Non teme per la sua vita?«Le dirò: qualche timore ce l’ho».Il petrolio è destinato a esaurirsi?«Per forza. È un dato di fatto. O en-tro 20 anni o entro 50, ma finirà.Lo dimostra la speculazione suiprezzi: oggi è a 80 dollari il barile,contro i 30 di tre anni fa, mentredovrebbe costarne non più di 55. Eanche se non si esaurissero i giaci-menti, diventerebbe sempre piùdifficile estrarlo. Per cui i costi, intermini di energia impiegata nel

    pompaggio, supererebbero i rica-vi. Lo stesso dicasi se andassimo acercarlo sul fondo degli oceani».Resta il fatto che di auto pronteper l’etanolo non se ne vedonomolte in circolazione.«Piùchealtromancano idistributo-ri. Ma da fine luglio è in vendita an-che in Italia la Renault New Méga-ne alimentabile a E85. Il gruppoPeugeot-Citroën sta per presenta-reun’ampia gammadi modelli bio-compatibili. Saranno presto sulmercato Ford, Opel, Saab, Volvo eCadillac. Io stesso ho guidato daChicago a Lafayette una Ford chefunzionava con miscela all’85% dialcol e al 15% di benzina. Non c’èarea di servizio d’America dovemanchi la colonnina dell’E85».Una Ferrari che va etanolo?«Perché no? Le prestazioni miglio-rano. La formula chimica dell’eta-

    nolo è C2H5OH: nel radicale OH èpresente ossigeno, come in tutti glialcoli. Equivale a sovralimentare ilmotore. Per di più nell’etanolo nonoccorre aggiungere gli antideto-nanti, indispensabili nella benzina.Un tempo la super veniva addizio-nata con tetraetile di piombo, uninquinante micidiale. Oggi la verderichiede il benzene, che inquinameno,però inquina.Al traffico stra-dale si imputa il 93% delle emissio-ni di ossido di carbonio, il 60% diquelledi idrocarburi eossididi azo-to e il 12% di quelle d’anidride car-bonica, c’è poco da fare».Il professor Antonino Zichichi so-stiene che l’anidride carbonica èsenz’altro aumentata da quandoè iniziata l’era industriale, mache l’uomo incide solo per il 10%sul clima, il resto dipende dai fe-nomeni naturali, a cominciaredai raggi cosmici. In mezzo milio-ne di anni la Terra ha perso e ri-trovato il Polo Nord e il Polo Sudgià quattro volte.«Sono d’accordo. Ma il nostro gua-io è che, a causa del massiccio uti-lizzo dei combustibili fossili, per laprimavoltanella storia dell’umani-tà l’anidride carbonica si accumu-la in tempi troppo veloci e si con-centra nelle aree urbane e indu-strializzate. Ristagnasse sull’ocea-no, sarebbe diverso».Però del Brasile, che fa il 48% del-l’etanoloperautotrazione prodot-to nel mondo, io ricordo il lezzopestilenziale dei biocarburanti.«Invece l’etanolo ricavato dagliscarti di cellulosa è inodore».Ma ho letto che corrode i motori.«Lo escludo. Ai metalli non può farnulla».La sua bioraffineria non provocaodori e fumi?«No. La fermentazione avviene inautoclave. È un sistema che richie-de la mancanza di contatto conl’aria. Gli enzimi sono anaerobi, vi-vono solo in assenza di ossigeno».Avrà bisogno di una discarica peri residui della lavorazione.«Al contrario. Sono io che devo in-sediarmi vicino alle discariche perrecuperare quanto di buono vi ècontenuto».La sua bioraffineria non producescarti? Impossibile.«Certo che li produce. Ma non lichiamerei scarti, bensì sottoprodot-ti: mangimi, fertilizzanti chimiciper l’agricoltura,polimeridellapla-stica, lubrificanti, adesivi.Tutta ro-

    bache è fuoridal con-to economico di cui leho parlato prima echevadunque adam-pliare il margine diguadagno».Avrà bisogno di mol-tidipendenti edi tan-ta energia elettrica.«La forza lavoro per ilciclo produttivo di 24ore su 24 assomma aun centinaio di perso-ne. L’energia me laproducodasolo: il pri-mo elemento da to-gliere nella fase dipretrattamentodei ri-fiuti cellulosici è la li-gnina, che ha un altopotere calorifero».Avrà bisogno di unavasta area.«La bioraffineria piùgrande si estende su60.000 metri quadra-ti.È lasuperficieoccu-pata dall’incenerito-redi rifiutiurbanidel-la città di Brescia,quellodipintocon ico-

    lori del cielo che si vede dall’auto-strada A4».Una direttiva europea fissava al2%laquota di mercato deibiocar-buranti che gli Stati membri era-no invitati a raggiungere entro il2005. Il quantitativo salirà al5,75% nel 2010. L’Italia che co-s’ha fatto?«Niente.Però l’11marzo2006 il go-vernohavarato la legge81 chepre-vede l’obbligatorietà dell’integra-zione di bioetanolo nelle benzine inpercentuali crescenti: dai 320 mi-lioni di litri nel 2006 fino ad arriva-re ai 920 milioni di litri nel 2010».Equantineabbiamoprodotti fino-ra?«Neanche mezzo litro».

    (390. Continua)[email protected]

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    TIPI ITALIANI

    ‘ ‘In Canada stiamo usando la pagliaIl mio carburante non affama il Terzomondo, elimina il 70-75% di anidridecarbonica, azzera le polveri sottilie ha lo stesso prezzo della verde,mentre ricavarlo dalle colture costail doppio. Ci bastano 100 impianti

    Gli scarti cellulosici oggi si sprecanoCon quei 14 milioni di tonnellategettati in discarica si soddisfa il 30%del fabbisogno energetico nazionale:4,8 miliardi di litri. Il restante 70%da scorie industriali e piante adatteai terreni aridi, come il miscanthus

    «La benzina? Non ci servirà mai piùRaffino i rifiuti al posto del petrolio»

    LUCIANO PATORNO

    Ingegnere, titolare di brevetti rivoluzionaridalla chirurgia al riciclaggio. In societàcon una biologa molecolare ha progettatoun impianto per produrre un bioetanoloche vale tre volte quello ottenuto dai cereali

    UN PIENO DI IDEELuciano Patorno, 63 anni,

    ingegnere genovesecontitolare della Sipatech

    di Sassuolo (Modena). Si èoccupato di automazioni

    industriali per Caterpillar,Fiat e Sanofi-Aventis. Ha

    anche brevettato unsistema per riconvertire inidrocarburi 200 milioni ditonnellate di pneumatici

    usati che ogni anno in Italiafiniscono nelle discariche

    L’ingegnerLucianoPatorno con laprofessoressaNancy Hodella PurdueUniversity,nell’Indiana,creatricedell’enzima chetrasformai rifiuti urbani

    Nancy Ho, sociadi Patorno,fotografata conGeorge e LauraBush alla CasaBianca.Il presidenteamericanoha premiatoal Congressola biologamolecolare

    il Giornale � Domenica16settembre2007 Cronache 13