Il futuro del Mediterraneo. Studio preliminare sui rifugiati ambientali a cura di Immacolata Caruso...

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Il futuro del Mediterraneo. Studio preliminare sui rifugiati ambientali a cura di Immacolata Caruso Il Mediterraneo: uno studio e una passione 28 giugno 2011 Università degli Studi di Bari Aldo Moro Palazzo Ateneo • Salone degli Affreschi

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Il futuro del Mediterraneo.Studio preliminare sui rifugiati ambientali

a cura di Immacolata Caruso

Il Mediterraneo:uno studio e una passione

28 giugno 2011Università degli Studi di Bari Aldo MoroPalazzo Ateneo • Salone degli Affreschi

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Lo studioObiettivo: offrire un contributo preliminare all’analisi dei problemi complessi relativi ai rifugiati ambientali nel Mediterraneo con l’obiettivo di chiarirne, nel dibattito in corso, il quadro teorico e, al contempo, delinearne, il percorso empirico.

Indagine: 1) Le variabili in gioco: terminologia e definizioni chiave sui rifugiati ambientali; i concetti di vulnerabilità, adattabilità e capacità di recupero; 2) Ambiente e mobilità nel Mediterraneo.

Conclusioni: key findings “ in prospettiva”……

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Chi è il rifugiato ambientale? anni 70- Lester Brown, fondatore del Worldwatch Institute

1984 - documento dell’International Institute for Environment and development

1985 -Rapporto redatto per l’United Nation Development Program (UNEP) Chi é costretto ad abbandonare il suo tradizionale habitat a causa di un marcato

degrado ambientale che mette a repentaglio la sua esistenza e/o influenza sensibilmente la qualità della vita (El Hinnawi 1985)

1. disastri naturali reversibili, come terremoti o cicloni, causa di migrazioni temporanee che si risolvono una volta ripristinato l’habitat.

2. forma di degrado ambientale irreversibile che, come nel caso di una graduale desertificazione, incide sull’habitat, rendendolo insufficiente a garantire la soddisfazione dei bisogni vitali di base, e provocando un flusso migratorio permanente.

3. prodotto dall’ intervento diretto dell’uomo attraverso la realizzazione di grandi opere infrastrutturali (es. la costruzione di dighe) che, alterando l’habitat, innescano anche in questo caso flussi migratori permanenti

4. conseguente a incidenti industriali o conflitti armati (Trolldalen J. M.,Birkeland N., Borgen J., Scott 1992)

Criteri legati: alla causa della migrazione, situazioni di lento e progressivo declino delle condizioni ambientali oppure catastrofi acute e immediate; alla durata della migrazione, temporanea o definitiva; all’origine del degrado ambientale che può essere naturale o tecnologico, ossia prodotto dall’attività umana (Bates 2002)

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Il dibattito:obiezioni e nuovi approcciDistinzione tra categorie non facile e nella realtà alquanto imprecisa:

spostamenti permanenti, dovuti, però, a cause che avrebbero richiesto solo spostamenti temporanei.; fenomeni naturali incrementati nei loro effetti o addirittura prodotti dall’attività dell’uomo e/o dalla sua negligenza

Negli studi empirici si raggruppavano le due categorie, globalmente riconosciute e condivise, di “rifugiati” e “internally displaced persons” (IDPs):

Difficile valutazione dell’effettiva incidenza del fenomeno ambientale sull’abbandono permanente del proprio territorio

incremento in modo esponenziale della dimensione quantitativa della categoria distacco dalla figura tradizionale di rifugiato (passaggio di confini internazionali) con conseguenti

problemi di protezione della categoria

Nessun quadro organico e omogeneo sulle reali dimensioni del fenomeno 1995 - N. complessivo rifugiati ambientali nel mondo: 500 milioni di persone (Schnabel e Van

Geest ); 25 milioni di persone (Myers e Kent )

Relazione multi causale alla base della mobilità umana causata dal degrado ambientale naturale e/o antropico:

Migrazioni non soltanto legate a questioni ambientali ma anche a cause di natura economica, sociale, politica e problemi connessi, quali pressioni demografiche e situazioni di estrema povertà (Jacobson 1988; Myers 1995)

Migrazioni forzate: assenza di volontarietà e stato di necessità (Reuveny 2005,2007; l’International Association for the Study of Forced Migration, Christian Aid 2006,2007)

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“Human security”: vulnerabilità, adattabilità, capacità di recupero

“Human security”, un utile framework per analizzare il degrado ambientale, prevederne l’impatto sui territori e sulla mobilità delle risorse umane, e gestirne, di conseguenza, i rischi e gli effetti. (“Global Environmental Change and Human Security (GECHS-IHDP)”

Le persone sono vulnerabili ai cambiamenti degli ecosistemi in base alla loro dipendenza da tali ecosistemi per il loro sostentamento, nella misura in cui tali ecosistemi sono sensibili ai cambiamenti climatici, e secondo la loro capacità di adattarsi a questi cambiamenti.

La capacità di adattamento è una funzione di accesso alle risorse economiche, alle tecnologie, alle informazioni e competenze

L’adattabilità è fortemente correlata al grado di equità esistente in una determinata società, e, quindi, alla qualità della governance.

In genere, i soggetti più vulnerabili ai cambiamenti climatici sono le persone e le società caratterizzate da un basso reddito, la presenza di istituzioni scarsamente o per niente efficaci, e una qualità della governance di livello medio-basso

La capacità di recupero è generalmente definita come la capacità di assorbire stress, di cambiare e riorganizzarsi, ritornando al suo stato originario con la stessa struttura di base e modalità di funzionamento

Tale definizione si discosta da una prospettiva puramente di crescita e di efficienza, privilegiando, invece, il recupero e la flessibilità che comprendono l’abilità di imparare dallo stesso stress subito

In un sistema che ha la capacità di recupero il cambiamento ha il potenziale per creare opportunità di sviluppo e innovazione

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Lo sviluppo sostenibile, l’EVI e l’ EPI United Nations General Assembly (2005). 2005 World

Summit.

EVI 2005

South Pacific Applied Geoscience Commission (SOPAC),

United Nations Environment Programme (UNEP) and their partners

EPI (ESI 1999 -2005)

Yale University ,Columbia University, World Economic Forum

Joint Research Centre of the European Commission

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VULNERABILITÁL’EVI nei Paesi MED

COUNTRY EVI DATA% STATUS Albania 330 94 Highly vulnerable

Bosnia & Herzegovina 306 70 Vulnerable Algeria 275 96 Vulnerable Egypt 298 96 Vulnerable Spain 352 96 Highly vulnerable France 361 98 Highly vulnerable Greece 353 98 Highly vulnerable Croatia 343 92 Highly vulnerable Israel 380 90 Extremely vulnerable Italy 386 98 Extremely vulnerable Jordan 310 96 Vulnerable Libyan Arab Jamahiriya 256 90 At risk Morocco 315 96 Vulnerable Malta 368 68 Extremely vulnerable Portugal 335 98 Highly vulnerable Syrian Arab Rep 350 92 Highly vulnerable Tunisia 306 94 Vulnerable Turkey 353 94 Highly vulnerable

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Ambiente nel MediterraneoIl bacino del Mediterraneo è uno dei 34 hotspot mondiali

Grande biodiversità/ specifici i rischi ambientali a causa di condizioni bio-climatiche limitanti

Sistemi naturali fragili ed a rigenerazione lenta

Intenso processo di antropizzazione del territorio, soprattutto lungo le zone costiere

Frammentazione dei sistemi naturali e comparsa di importanti processi di degrado

Tra i principali fattori di tale degrado sono da annoverare gli incendi boschivi, lo sfruttamento non sostenibile delle risorse idriche, le condizioni di crisi dell’agricoltura tradizionale, l’allocazione delle attività economiche concentrata lungo le coste, la massiccia urbanizzazione, il turismo e l’agricoltura intensivi .

Nell’area MENA l’89,6 % del territorio è caratterizzato da un forte degrado, localizzato per il 35,6 % nella sub regione del Mashreq, il cui territorio è quasi al 50% vulnerabile alla desertificazione

In particolare, in Egitto e nei Territori Palestinesi la scarsità di territorio abitabile e di risorse idriche, aggravate da un’insostenibile densità della popolazione, esercitano una notevole pressione sul territorio dal punto di vista del deterioramento ambientale, che potrebbe intensificare la mobilità

Per quanto riguarda le risorse idriche rinnovabili, solo 5 paesi nella regione MENA, ossia Iran, Iraq, Mauritania, Sudan e Turchia, sono al di sopra della soglia di stress idrico; Libano e la Siria, invece, con una dotazione pari a circa 1000 metri cubi per anno pro capite, risultano in una posizione intermedia tra la soglia di stress e quella di scarsità, mentre i rimanenti paesi sono al di sotto del limite minimo di dotazione delle risorse idriche rinnovabili già dal 2005

In molti paesi esistono potenziali o manifesti conflitti sulla gestione delle acque ( Nilo: Egitto, Sudan; Eufrate: Turchia, Iraq e Siria ; Oronte: Siria e Libano; Giordano: Israele, Giordania, Palestina)

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I “drivers” non climatici del cambiamento: trend economiciDecresce la quota del settore primario in tutti i paesi MED con andamenti differenziati

Agricoltura/PIL =10% (Tunisia, Algeria);>20% (Albania, Siria); <5% (Francia, Spagna, Italia, Malta o Israele).

forza lavoro: 50% in Albania, tra 1/3 e 1/4 in Marocco, Egitto, Tunisia e Siria, < del 4% in Francia

Settore della pesca:tra il 1980 e il 2000 +20% delle imbarcazioni,+16% della pesca, stock pesantemente colpiti nella capacità di riproduzione

Il settore secondario tende a rimanere relativamente presente nelle economie mediterranee, ma dietro il terziario in termini di peso economico con andamenti differenziati

Contribuisce con una quota compresa tra 1/3 e 1/5 al PIL tranne in Egitto (40%) e Algeria (60%) e Albania (< 20%)

Declino dell’importanza in 4 paesi (Francia, Spagna, Italia e Grecia)

Negli ultimi 50 anni sostanziale sviluppo del settore terziario Contribuisce con + del 50% al PIL nella maggioranza dei paesi, + del 60% in Spagna,

Italia, Turchia e Tunisia, + del 70% in Francia, Grecia, Malta, Cipro ed Israele; < del 50% solo in Bosnia-Erzegovina e Algeria.

Nell’ambito del terziario il turismo (in particolare in Tunisia e Libano 34%-39%) per cui gli impatti dei cambiamenti climatici saranno particolarmente rilevanti in questo settore.

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Trend demografici ed urbanizzazionePopolazione stimata di 450 milioni di persone contro i 285 di 40 anni fa Distribuzione pop.: 45% nei paesi della riva nord (dalla Spagna all’Albania), 33% in quelli del Sud (dall’Egitto al Marocco), 22% in quelli dell’Est (dalla Turchia alla Palestina)Importante dinamismo demografico a livello globale con specifiche differenze tra paese e paeseI paesi dell’Africa mediterranea, negli ultimi cinquant’anni hanno avuto una evoluzione demografica caratterizzata da una comune crescita demografica, rapida fino agli anni ’80 e che è andata successivamente rallentandoIn un contesto di transizione demografica i giovani sono la categoria demografica più ampia con una popolazione al di sotto dei 30 che supera il 50% e, in alcuni casi, il 60% del totaleNonostante i miglioramenti notevoli ottenuti nella formazione e del tasso di partecipazione femminile, la disoccupazione riguarda essenzialmente i giovani con una quota di disoccupati superiore al 50%

Parallelamente si è verificata l’evoluzione del tasso di urbanizzazione da ricondurre principalmente agli esodi ruraliIl numero delle città costiere con almeno 10.000 ab. è quasi raddoppiato durante la seconda metà del XX sec.Crescente litoralizzazione con 1/3 degli abitanti concentrati lungo le coste con una densità media di popolazione di 128 ab./kmq (Grecia, Israele, Libano +80% ; Tunisia fra il 60 e il 70%; Spagna, Egitto, Albania intorno al 40%: Francia, Marocco e Slovenia < del 20%)A questa pressione demografica endogena si deve aggiungere il numero dei turisti nazionali e internazionali (complessivamente pari a 218 e 145 milioni rispettivamente, di cui circa 35 milioni concentrati sul litorale con il picco nel mese di Agosto che in estate porta la densità costiera a circa 160 ab./kmq.

L’urbanizzazione è correlata allo sviluppo di infrastrutture :112 aeroporti lungo le coste mediterranee la metà dei quali ha un traffico annuale di più di 500.000 passeggeriPiù di mille porti commerciali e marine Altri servizi infrastrutturali ( per la produzione di energia, la desalinizzazione delle acque marine, il trattamento dei rifiuti)

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Gli impatti dei cambiamenti climaticiInstitut du développement durable et des relations internationales 2009

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I report dell’Intergovernamental Panel on Climate Change e gli studi di settore: modelli climatici e catena degli impatti

Crescita della temperatura media annuale leggermente + alta che nel resto del mondo (2°-6,5°)

Significative variazioni stagionali e infra-regionali ( + aumenti in inverno e nella parte occidentale ; in estate al sud e est)

Riduzione delle precipitazioni medie regionali del- 4% sulle coste nord,-27% su quelle sud

Margini di incertezza + alti per l’evoluzione del livello del mare per l’interazione con gli altri due elementi e le variazioni infra-regionali

Tasso di crescita del livello del mare nel breve termine più significativo per la parte orientale del bacino (+ 5/15 mm per anno) rispetto a quella occidentale (meno di + 5mm per anno)

Mutamenti degli habitat naturali con una perdita notevole della biodiversità e una drastica riduzione nei servizi degli ecosistemi associati ( offerta idrica, conservazione dei suoli, riduzione dell’erosione delle coste etc)

Desertificazione ancora più grave, con la diminuzione dell’approvvigionamento idrico, in particolare nella regione MENA

Aree montane con siccità più frequenti, incendi delle foreste, e variazioni delle colture

. Carenza di acqua più acuta a causa della crescente domanda idrica originata dall’irrigazione e dal turismo.

Una quota rilevante della popolazione mediterranea (20/38%) sottoposta ad un aumento di stress idrico.

Forte impatto sui mezzi di sostentamento, l'agricoltura e il turismo

Si prevedono notevoli spostamenti di popolazione in un’area già penalizzata da lunghi decenni di sfruttamento delle risorse naturali, da instabilità politica e conflitti, nonché dalla frattura storica tra il nord e il sud del bacino, originata dai persistenti divari di sviluppo.

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Mobilità nel MediterraneoIl data base ISSM MIGRA-EUROMED

Negli ultimi 20 anni i migranti nei paesi MED sono più che raddoppiati ( 16.884.961nel 1990; 34.192.090 nel 2010.(Nazioni Unite, Department of Economic and Social Affairs Population Division)

MENA area di origine di circa 20 milioni di migranti di prima generazione, la metà dei quali presenti entro i confini della stessa regione mentre i rimanenti residenti per la maggior parte in Europa (Fargue 2008)

Considerando unicamente le migrazioni forzate, i dati più recenti relativi alle sole categorie dei rifugiati e richiedenti asilo nell’Ue a 27 nel 2010 ( per un tot. di 2.169.823) mostrano un aumento di circa 200.000 unità rispetto alle presenze del 2009, con un incremento significativo registrato, in particolare, nelle aree di prossimità geografica ai paesi della sponda sud ed est del Mediterraneo ( UNHCR 2009, 2010) .

I disordini politici e il conseguente rovesciamento in Tunisia e in Egitto di leader autoritari nel gennaio e febbraio 2011 hanno messo in luce le vulnerabilità significativa dei regimi autocratici in Nord Africa.

Il conseguente vuoto istituzionale in Tunisia, il conflitto in Libia e le ondate di tunisini e non, immigrati irregolari che arrivano a Lampedusa, hanno chiaramente dimostrato l'importanza degli sforzi di paesi terzi nella gestione dei flussi di immigrati irregolari via mare.

La maggior parte dei migranti che fuggono la violenza in Libia vanno verso la Tunisia o l'Egitto, attraversando le frontiere terrestri. Ulteriore conferma crisi siriana con migliaia di profughi in Turchia.

Il numero più alto mai di rilevato di passaggi illeciti attraverso le frontiere terrestri esterne dell‘ UE. Negli ultimi sei mesi del 2010, aumento del numero di migranti nord africani che hanno attraversato illegalmente il confine tra la Grecia e la Turchia (nell’ultimo trimestre si é registrato un aumento di otto volte del numero di cittadini provenienti da paesi del Maghreb rispetto al primo e secondo trimestre (dati FRONTEX 2010)

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Nell’area MENA la prossimità geografica ha trasformando i paesi del Maghreb e la Turchia in paesi di transito e di accoglienza per quei migranti e richiedenti asilo provenienti dall’Africa sub Sahariana e dall’Asia, in attesa di trasferirsi in Europa, con il conseguente aumento delle migrazioni irregolari

Si è accresciuto il flusso di rifugiati e di richiedenti asilo, determinato dalle situazioni di conflitto che si sono moltiplicate negli ultimi venti anni, sopratutto nella regione medio orientale in Iraq, Afghanistan e Libano

Spostamento di milioni di persone, dirette inizialmente verso i paesi limitrofi Iran, Turchia, Siria, Giordania e Yemen, che si sono, pertanto, trasformati in paesi di prima accoglienza e di transito verso l’Europa e/o altri continenti.Il numero dei IDPS nella regione é particolarmente alto (tra i 5 e i 5 milioni e mezzo di persone)

Numero di IDPs nei paesi MENA

Paesi Numero di IDPs Algeria 1.000.000 Cipro Fino a 200.500 Iraq 2.764.111 Israele Imprecisati Libano Circa 76.000 Territori Palestinesi Circa 160.000 Siria 433.000 Turchia 954.000 - 1.201.000

IDMC web site: http://www.internal-displacement.org/

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Alcune tendenze…le stime sulle migrazioni indotte dai cambiamenti climatici sono molto incerte.

Nel breve periodo, la crisi ambientale è probabilmente destinata a sommarsi alle principali determinanti dei processi migratori, a cominciare dalla ricerca di lavoro, piuttosto che causare nuovi flussi.

Le migrazioni internazionali sono un fenomeno che interessa molto i paesi con economie ad alto reddito, il cosiddetto Nord. Anche in questo caso, la maggiore affidabilità e presenza di statistiche che rilevano la mobilità internazionale delle persone fa la differenza: molto poco si sa della mobilità regionale e transfrontaliera in molte regioni del Sud.

Quel che si sa è che oggi più della metà dei migranti internazionali sono donne e quasi la metà di essi proviene dalle stesse aree attraverso migrazioni di transito

Meno del 10% dei migranti internazionali sono persone obbligate a fuggire dal proprio paese per paura di persecuzioni (quelli che il diritto internazionale definisce rifugiati).

La maggioranza dei migranti lascia il proprio paese d’origine per motivi economici.

Le rotte e gli intermediari utilizzati da chi emigra alla ricerca di lavoro sono gli stessi delle altre categorie di migranti.

Le migrazioni e le rotte non sono mai casuali: si creano catene migratorie e concentrazioni di migranti in aree circoscritte.

Il rapporto con le trasformazioni ambientali è perciò biunivoco: le migrazioni alterano l’ambiente e le trasformazioni dell’ecosistema causano cambiamenti nelle migrazioni.

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ADATTABILITÁ E CAPACITÁ DI RECUPERORank (5-25)

EPI scores 85-70

Rank (26-99)

EPI scores 70-55

Rank (100-153)

EPI scores 55-40

7 Francia 78,2 35 Croazia 66,7 117 Libia 50,1 11 Malta 76,3 42 Algeria 67,4 18 Italia 73,1 52 Marocco 65,6 19 Portogallo 73,0 55 Slovenia 65,0 23 Albania 71,4 56 Siria 64,6 25 Spagna 70,6 66 Israele 62,4 68 Egitto 62,0 71 Grecia 60,9 74 Tunisia 60,6 77 Turchia 60,4 90 Libano 57,9 96 Cipro 56,3 97 Giordania 56,1 98 Bosnia-

Herzeg. 55,9

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Considerazioni conclusiveAllo stato attuale della conoscenza risulta estremamente difficile estrapolare la “variabile” cambiamenti climatici dalle altre variabili che direttamente e indirettamente incidono sulla scelta migratoria.

I cambiamenti climatici incidono infatti certamente sulla popolazione potenzialmente esposta al rischio di emigrazione ambientale, ma non sul numero reale di persone che risponderà concretamente attraverso l’emigrazione alle sfide poste dai cambiamenti climatici.

La letteratura internazionale coincide tuttavia nel considerare che i cambiamenti climatici potranno rinforzare quantitativamente i movimenti migratori attualmente in corso, piuttosto che produrne di nuovi in termini di paesi di origine e di destinazione.

É probabile che gran parte delle migrazioni forzate legate ai cambiamenti climatici rimangano di tipo transfrontaliero o regionale, quando non interno (rurale-rurale;rurale –urbano)

L’idea che i cambiamenti climatici si traducano in flussi migratori massicci muove da una visione che tende a sottovalutare la possibilità di adattamento dei gruppi di popolazione e dei paesi interessati dai cambiamenti climatici

L’impatto dei cambiamenti climatici sulla mobilità dipende non solo dall’esposizione di un sistema agli effetti fisici dei cambiamenti climatici, ma anche dalla sua vulnerabilità ai cambiamenti climatici stessi e dalla sua capacità di adattamento e recupero

Al di là della necessaria visione globale del problema, è importante analizzare gli impatti diversificati già in atto o previsti sulle singole aree e regioni, molte delle quali ai confini con l’Europa

Ciò chiama ad uno sforzo per superare approcci settoriali, come quello delle politiche ambientali separate dalle politiche migratorie e di sviluppo, riqualificando attraverso la cooperazione le strategie di adattamento e sviluppo economico e sociale verso quei paesi che sono i più vulnerabili alle conseguenze dei cambiamenti climatici.

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Commessa ISSM”Migrazioni mediterranee. Storia ed economia”-Progetto MIUR CNR “ Migrazioni”

www.issm.cnr.it/Progetti/Progetto MigrazioniData base ISSM “ MIGRA-EUROMED”

Grazie per l’[email protected]