IL FUTURO DEGL USAI . A colloqui coon Riccard Ruggerio gi ... · legalità, uguaglianza no,n vales...

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IL FUTURO DEGLI USA. A colloquio con Riccardo Ruggeri, già ceo di New Holland È ora di cambiare tattica L'America profonda non si sente rappresentata né dal politically correct di New York né dal ceo capitalism di San Francisco. Ma sono ottimista, perché i cittadini sono più avanti del loro establishment di Giovanna Guercilena osa sta succedendo in America? Di solito, nell'economia ma non solo, vale la regola che ciò che è in Ameri- ca sarà anche da noi, in Italia, di lì a qualche anno. E dun- que particolarmente interessan- te ascoltare Riccardo Ruggeri nelle riflessioni che sviluppa sul paese dove ha vissuto e lavora- to per trent'anni, partito come operaio della Fiat a Mirafiori e poi promosso a importanti incarichi dirigenziali sino a di- ventare ceo della New Holland, che prese in situazione di gra- ve compromissione ma riuscì a portare alla quotazione a Wall Street. Abituato all'America delle opportunità per tutti e del sogno americano, Ruggeri non nasconde la propria delusione, forse dovremmo dire rabbia, per quello che gli pare il paese sia diventato: il tempio del politi- camente corretto, in nome del quale si moltiplicano anche le nuove avventure imprenditoriali, di fronte al quale scatta tutto lo scetticismo di chi per tutta la vi- ta è stato abituato al business dei conti chiari. Troppe cose, ci dice Ruggeri, non tornano. Seguire il suo ragionamento ci aiuta ad assumere un punto di vista non scontato, forse a rimettere in discussione qualche certezza che davamo per acquisita. Il suo li- bro, America. Un romanzo gotico, è edito da Marsilio. Il mondo ce l'ha con Trump, perché ha sfilato gli Stati Uniti dagli accordi di Parigi sul cli- ma. Ha proprio sbagliato? Forse nel metodo, non nella so- stanza. L'errore è stato di rom- pere senza passare per il Con- gresso. Trump doveva chiedere a quest'ultimo di esprimersi. Sapeva che, dopo la firma apposta da Obama nel 2015, con ogni probabili- tà il Congresso avrebbe soste- nuto la neces- sità di rivede- re l'accordo, quindi aver vo- luto giocare in solitaria non è stata una gran- de mossa, lo ha f esposto perso- \ nalmente, senza che ce ne fosse davvero bisogno. Perché dice che l'accordo con- tro il riscaldamento globale an- dava rivisto? In sé non stabilisce nulla, si limita più o meno a dire che ognuno si dà i propri obietti- vi, volontariamente si dota cioè di un piano nazionale d'azione, e poi s'impegna a rispettarli. L'accordo tecnicamente i . ..„,. non è ancora entra- to in vigore, lo lltak. farà nel 2021. Riccardo Ruggeri LIMPRESA N°9/2017 21

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IL FUTURO DEGLI USA. A colloquio con Riccardo Ruggeri, già ceo di New Holland

È ora di cambiare tattica L'America profonda non si sente rappresentata né dal politically correct di New York né dal ceo capitalism di San Francisco. Ma sono ottimista, perché i cittadini sono più avanti del loro establishment

di Giovanna Guercilena

osa sta succedendo in America? D i solito, nell 'economia ma non solo, vale la regola che ciò che è in Amer i -

ca sarà anche da noi, in Italia, di lì a qualche anno. E dun-que part icolarmente interessan-te ascoltare Riccardo Ruggeri nelle riflessioni che sviluppa sul paese dove ha vissuto e lavora-to per t rent 'anni , part i to come operaio della Fiat a Miraf ior i e poi promosso a impor tan t i incarichi dirigenziali sino a di-ventare ceo della N e w Hol land, che prese in situazione di gra-ve compromissione ma riuscì a portare alla quotazione a Wall Street . Ab i tua to a l l 'America delle opportuni tà per tut t i e del sogno americano, Ruggeri non nasconde la propria delusione, forse dovremmo dire rabbia, per quello che gli pare il paese sia diventato: il tempio del politi-camente corretto, in nome del quale si moltiplicano anche le nuove avventure imprenditoriali , di f ronte al quale scatta tut to lo scetticismo di chi per tutta la vi-ta è stato abituato al business dei conti chiari. Troppe cose, ci dice Ruggeri, non tornano. Seguire il suo ragionamento ci aiuta ad assumere un punto di vista non scontato, forse a r imettere in discussione qualche certezza che davamo per acquisita. Il suo li-bro, America. Un romanzo gotico, è edito da Marsilio.

Il mondo ce l'ha con Trump, perché ha sfilato gli Stati Unit i dagli accordi di Parigi sul cli-ma. H a proprio sbagliato? Forse nel metodo, non nella so-stanza. L'errore è stato di rom-pere senza passare per il C o n -gresso. T rump doveva chiedere a ques t 'u l t imo di esprimersi . Sapeva che, dopo la firma apposta da O b a m a nel 2015, con ogni probabil i-tà il Congresso avrebbe soste-nuto la neces-sità di rivede-re l 'accordo, quindi aver vo-luto giocare in solitaria non è stata una gran-de mossa, lo ha f esposto perso- \ nalmente, senza che ce ne fosse davvero bisogno.

Perché dice che l'accordo con-tro il riscaldamento globale an-dava rivisto? In sé non stabilisce nulla, si limita più o meno a dire che ognuno si dà i propri obiett i-vi, volontariamente si dota cioè di un piano nazionale d'azione, e poi s ' impegna a rispettarli .

L'accordo tecn icamente i . ..„,. non è ancora entra-

to in vigore, lo lltak. farà nel 2021.

Riccardo Ruggeri

LIMPRESA N°9/2017 21

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Chi lavora sull'auto elettrica di nuova generazione

Qualcosa scr icchio la. La casa automobi l is t ica giapponese Toyota Motor Corp.,

i l più grande cost ru t to re di auto a l ivel lo mondiale, ha venduto (nel 2016, ma

l'ha comunicato solo un mese fa] l ' intera partecipazione che deteneva in Tesla

Inc. dopo che nel 2010 aveva acquistato quote per 50 mi l ion i di do l lar i (di a l lo-

ra) cor r ispondent i a circa i l 3% del le azioni e aveva st ipu lato una par tnersh ip

per la real izzazione di veicol i RAV4 elet t r ic i .

Il model lo , che venne prodot to sino al 2014 con un focus di mercato sul la sola

Cal i fornia, garant iva una percorrenza di circa 200 ch i lomet r i , non abbastanza

per r i tenere l 'esper imento soddisfacente e di fatt i la Toyota considerò che i

t emp i per l 'auto e let t r ica non fossero ancora matur i , sopra t tu t to r iguardo

agl i aspet t i de l l 'au tonomia garant i ta dagl i accumula to r i d isponibi l i t re anni

fa. Oggi, la f ine del la par tnersh ip fra la casa giapponese e la società di Palo

Al to non signif ica però che la Toyota non sia più interessata a l mercato del le

auto e le t t r iche.

Per i l 2020 sono attesi i p r im i veicol i prodott i d i re t tamente dal la casa giap-

ponese, che ant icipa una autonomia di a lmeno t recento ch i lomet r i e prezzi

accessibi l i , s f ru t tando tut te le economie di scala possibi l i . Del resto, la Toyota

è già avanti anche su l segmento del le auto ibr ide e di quel le a l imenta te a

idrogeno.

Per sv i luppare i l proget to auto e let t r iche, la Toyota ha dato vita a una s ta r t -up

in terna a l cui ver t ice è stato nominato d i re t tamente i l numero uno del la so-

cietà, cioè Akio Toyoda, nipote del fondatore e oggi presidente e ammin i s t r a -

tore delegato de l gruppo. Anche Volkswagen, l 'a l t ro colosso de l l 'automobi le ,

sta lavorando su l l 'auto e let t r ica di nuova generazione e per i l 2025 dovrebbero

uscire diversi model l i .

In questo tipo di operazioni la dinamica è sempre la stessa: qualche anno prima che vada a scadenza, la piat taforma viene riaperta alla discussione per in-trodurre correttivi ed eventua-li aggiornamenti . Quindi , nella mossa di T r u m p non vedo chissà quale scandalo. Oltre tut to, ha il meri to di aver spezzato qualche luogo comune che stava ormai t rasformandosi in verità asso-luta.

A d esempio? Ad esempio la sovrapposizione di due fenomeni , e due concetti, che invece è bene stiano distinti. M i riferisco al l ' inquinamento e al surriscaldamento globale. Il p r imo dipende da noi e dobbia-mo fare tu t to quanto è in nostro potere per ridurlo, il secondo è niente più che una teoria, in spe-cie per quanto riguarda le cause

antropiche dello stesso. Sull ' in-quinamento sì, lì dobbiamo as-solutamente intervenire. Sapen-do, però, che l ' inquinamento è la conseguenza di uno stile di vita, quello che ci hanno venduto Cl inton e tut ta la Silicon Valley, di quelle che io chiamo le felpe californiane.

A quale stile di vita si riferisce? A quello per cui, ad esempio, crediamo che un volo Mi lano-Londra sia giusto e sostenibi-le costi 50 euro, magari anche meno, sapendo che il vettore, Ryanair è il campione di que-sta politica, guadagna il 20% su quel prezzo. E semplicemente assurdo. I prodott i hanno un co-sto, non possiamo prescinderne. Ol t re tutto, svalutare i prodott i significa svalutare il lavoro, non si scappa. Bisognerebbe avere il coraggio di tirare bilanci com-

plessivi, non isolati alla singola voce. Se lo facessimo, alla fine scopriremmo che quello che ci sembra di risparmiare da una parte, lo t ir iamo fuori dall'altra. Qualcuno deve sostenere i costi e alla fine quel qualcuno si chia-ma cittadino. Questa dinamica ha un nome: illusione finanzia-ria. Può essere, ma lo dico senza convinzione, che serva a redistri-buire, ma certamente non serve a creare ricchezza.

Cosa c'entrano Cl inton e la Si-l icon Valley? È lì che è iniziato il grande bluff del polit icamente corretto, che ha inciso nel profondo sul no-stro stile di vita, modificandolo. Dal punto di vista stret tamente politico, i repubblicani e i demo-cratici si sono messi insieme per stare comunque al potere, con un modello perfe t tamente con-sociativo e in nome delle caste-famiglie. C l in ton -Bush-Obama , sono tutt i la stessa cosa. La clas-se media ha smesso di crescere, i poveri si sono incamminat i verso la miseria e l 'America profonda, quella che io ritrovo nel Kansas, ha smesso di essere rappresen-tata. L'ascensore sociale, che è sempre stato la stessa ragione d'essere degli Usa, si è bloccato. Ripeto l'analisi fatta dal profes-sor Angelo Codevilla, già con-sulente di Ronald Reagan, nel libro The rulìng class ( t radotto in italiano come La classe dominan-te, ndr). C o n una insopportabile supponenza intellettuale ispirata al politically correct, la classe politica ha deciso d'ufficio che i princìpi fondant i della società americana, cioè libertà, onestà, legalità, uguaglianza, non vales-sero più, almeno non abbastanza da avere la precedenza su tutto. Alla fine l 'America si è ribellata.

Votando Trump? Certo. C o n tut to che di T r u m p personalmente non mi fido, ri-

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E1 mane che la sua elezione non è figlia del caso. T rump rappre-senta una parte molto rilevan-te dei repubblicani, quel blocco industriale-militare che in A m e -rica ha sempre pesato tantissimo e che poi è andato in minoranza con Cl in ton e i successori, ma che adesso ha semplicemente ri-messo le cose a posto. I ministri di T r u m p vengono da quell 'esta-bl ishment conservatore old style. Tuttavia, sarebbe sbagliato spie-gare la vittoria di T r u m p come una vittoria dell 'establishment, è esat tamente il contrario. Questa gente si l imita a sopportarlo, per convenienza, perché hanno capito che è riuscito a cogliere lo spirito di una gran parte di America. I liberal, d'altra parte, che in America sono i socialde-mocratici, non hanno il coraggio di ammettere che hanno perso perché il popolo è contro di lo-ro, preferiscono prendersela con Trump, che intanto vince. Per-ché, cont inuo a ripeterlo, l 'A-merica vera non è San Francisco.

Cosa non va in San Francisco? Semplicemente è una cosa a par-te. Del resto, mi chiedo come in un paese di più di trecen-to milioni di persone si possa, posto che si debba, appiattire tut te le differenze in nome del politically correct. E poi mi sono convinto di una cosa: l 'America potrebbe tranquil lamente vivere senza N e w York e San Francisco, ma non vale l 'opposto: senza l 'America profonda, queste sa-rebbero delle Singapore qualsi-asi. Comunque , per rispondere alla domanda, San Francisco è la città che va avanti per slogan e si indigna per tut te le buone cause, arrogandosi il diri t to di bollare come xenofobo, omofobo, popu-lista chiunque non si conformi al pensiero unico. A San Francisco sono oltre il poli t icamente cor-retto, loro sono emotivamente corretti. San Francisco è l 'em-

blema del ceo capitalism.

Quel lo delle felpe californiane a cui accennava prima, cioè in buona sostanza della Si l icon Valley? Il finto capitalismo che vive in una bolla fatta di app e di bilan-ci che non stanno in piedi, che quando va in Borsa beneficia di quotazioni irrealistiche e quando invece, molto spesso, preferisce non quotarsi e procedere per round di raccolta di capitali, allora sfugge all'obbligo di t ra-sparenza nella comunicazione finanziaria. Il ceo capitalism è quello che ha contrat to l'analisi dei risultati aziendali da annuale a trimestrale, con l 'inevitabile conseguenza che non si ragiona più sul medio- lungo termine, bensì sul breve, anzi brevissimo, senza visione. E quando invece la visione c'è, si tratta di un proget to sostanzialmente di mo-nopolio, cioè l 'esatto contrario di quello che dovrebbe avvenire in un mercato libero. Per quanto abusato, è gioco forza fare l 'e-sempio di Uber. M a parliamo anche di Tesla, che - pur essen-do in netta perdita - è andata aumentando il valore di Borsa in modo supersonico ed è ormai la pr ima casa automobil is t ica per capitalizzazione. Il suo ceo, Elon Musk , la spara grossa di-cendo che vuole portare l 'uomo su Mar t e e intanto si fa dare i miliardi da O b a m a per sostenere il mercato delle auto elettriche, che evidentemente non si sostie-ne da solo.

Le auto elettriche, però, sono importanti, per tornare al di-scorso iniziale sul clima. No? L'auto elettrica in sé è la cosa più banale del mondo, in grado di funzionare come una qualsiasi macchina a benzina, ormai la tecnologia è pronta. C 'è però un piccolo particolare, che non serve assolutamente a nulla dal

punto di vista ecologico global-mente inteso. Nel momento in cui un'auto elettrica va ricari-cata, il che succede fisiologica-mente, lì scatta il fabbisogno di energia che, ci piaccia o meno, per l '80% è prodot ta da combu-stibili fossili.

Sembra che lei stia parlando di quindici anni fa, in p ieno sboom della new economy. Il rimando è corretto? E h sì, è un po' la continuazione di quella storia, la storia di un modello che alimentò una bolla speculativa e finì ingloriosamen-te per implodere.

È quello che ci aspetta? Dall 'alto dei miei ot tanta e passa anni, mi permet to di essere ot t i -mista. Per un motivo molto sem-plice: perché credo che abbiamo ormai toccato il fondo e che dunque non possiamo fare altro che risalire. Per il momento , col-go con interesse i tant i segnali che arrivano di una inversione di tendenza, elezione di T r u m p compresa. Io non sono un socio-logo, sono un uomo d'azienda, nella mia vita mi sono dovuto occupare di aziende fallite che avevo l ' incarico di risanare, per poi, dopo averlo fatto, passare a un altro incarico dello stesso tipo. Sono dunque abituato a muovermi in si tuazioni com-plesse in cui il fattore tempo è fondamenta le , il che rende impraticabile seguire protocolli e procedure e attendere analisi complete, bisogna invece pren-dere decisioni, 30-40 decisioni important i al giorno, pronti a cambiare tattica quando ci si accorge di aver preso una strada sbagliata. Ecco, direi che siamo a quel punto: serve cambiare tattica. E sono ottimista, perché i cittadini, americani ma vorrei dire occidentali in senso lato, mi sembrano più avanti del loro establishment.

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