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Luigi Presicce Il fazzoletto della vera icona Mattia Preti, Santa Veronica con velo, 1655

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Luigi Presicce Il fazzoletto della vera icona

Mattia Preti, Santa Veronica con velo, 1655

Il fazzoletto della vera icona, in siriaco mandylion, è una performance inedita progettata appositamente per il luogo che la ospita, il Museo de arte Popular di Città del Messico. Nella tradizione millenaria delle immagini miracolosamente apparse o impresse (acherotipa), si colloca il simulacro della Vergine di Guadalupe, quella che forse è la più recente delle icone sacre apparse “senza l’ausilio di mano umana”. Il dipinto, si trova tutt’ora custodito nella Basilica dedicata alla Vergine omonima a Tepeyac, una collinetta nei pressi di Città del Messico dove pare sia avvenuto il miracolo della santa impressione. Un giorno di dicembre del 1531 la Vergine apparse al contadino Juan Diego Cuauhtlatoatzin, sulla collinetta di Tepeyac. La Vergine chiese al contadino di recarsi dal vescovo e di chiederle per suo conto di far costruire una chiesetta sul luogo dell’ apparizione. Juan Diego obbedì, ma Juan de Zumárraga, il vescovo, non credette al racconto del contadino. Le apparizioni si ripeterono, ma il vescovo voleva una prova tangibile, così la Vergine disse a Juan Diego di andare a raccogliere dei fiori sul colle Topeyac, di metterle nel suo mantello e di portarle al vescovo. E così fece. Nonostante fosse inverno Juan Diego raccolse delle rose e arrivato davanti al vescovo, aprì il proprio mantello, ma quando caddero le rose per terra videro che sotto i fiori si era formata l’immagine di una madonna bruna con caratteri meticci. Questo racconto, come quello del Velo della Veronica, non è scritto nei Vangeli e non esiste prova tangibile che si tratti davvero di un miracolo, ma come tutti gli avvenimenti inspiegabili della storia del cristianesimo, anche questi sono degni di devozione. Troviamo la storia del Velo della Veronica nella Legenda Aurea di Jacopo da Varazze, un libro molto in voga nel XIII secolo, la cui attendibilità era così elevata da far rientrare il fatto miracoloso in una delle stazioni della Via Crucis. Questa mostra il momento in cui una donna porge un fazzoletto per asciugare il volto di Cristo nell’attimo in cui cade sotto il peso della croce di legno sulla via del Calvario. A questo punto avviene il fatto miracoloso, il volto di Gesù straziato dal sudore e dal sangue, si impressiona sul velo della donna di nome Veronica. In molti hanno ipotizzato sull’origine di questo nome, di come questo possa avere radici greche o latine o addirittura miste, come un gioco di parole “vera icona”, mentre altri ancora suggeriscono come il nome possa essere una derivazione di Berenice, dal greco antico, quindi “che porta la vittoria”. Questo induce a pensare all’aspetto simbolico del volto di Cristo, come la croce che apparve in sogno a Costantino prima della battaglia con Massenzio “in hoc signo vinces”. Fede o no, le immagini del volto di Cristo apparse miracolosamente rimangono ragione di controversie, come il Velo di Manoppello, o la più nota Sindone di Torino, scampata (ancora una volta miracolosamente) anche alle fiamme di un gigantesco incendio. Di santa impressione si parla anche nel caso delle stigmate ricevute da San Francesco d’Assisi sul monte della Verna e di quelle del più contemporaneo degli stigmatizzati, Padre Pio da Pietralcina. Non meno fervore ha suscitato anche il caso di Natuzza Evolo, un’umile casalinga della provincia calabrese che a un certo punto della sua vita ha avviato un fitto dialogo con Gesù, la Madonna, i defunti e nei periodi pasquali ha ricevuto sia stigmate che effusioni ematiche raffiguranti il volto santo di Cristo. Se questi esempi non hanno avuto bisogno della mano umana per impressionare il volto di Cristo o la Vergine, tante sono state invece le raffigurazioni della Veronica nella storia dell’Arte e ancora nei giorni nostri ci sono artisti che hanno usato l’impressione del volto o del corpo come forma pittorica pura. Si veda Yves Klein con le sue antrhopometries e gli autoritratti “panoramici” di Kiki Smith. La performance mira a ricreare una scena da Via Crucis, dove il volto dell’artista viene impresso su carta tramite pressione. Come una pressa per la stampa meccanica, una figura manipola il volto dell’artista con una carta bagnata e questa assorbe il colore posto sul volto stesso in precedenza. Come un ritratto panoramico o una macchia di Rorschach, i fogli impressi restituiranno il volto del demiurgo, l’artista che si fa dio creatore del mondo.

Vergine di Guadalupe, immagine acherotipa, Città del Messico

Robert Campin, St. Veronica, 1428 /1430 (dettaglio)

Hieronymus Bosch, Salita al calvario, 1510 / 1516

Velo di Manoppello, immagine acherotipa, Basilica del Santo Volto, Manoppello (PE)

Sacra Sindone, immagine acherotipa, Duomo di Torino, (dettaglio)

Gerolamo della Rovere, Sepoltura del Cristo e tre angeli che reggono il sudario, 1620 circa, (dettaglio)

Giotto di Bondone, L’impressione delle stimmate di San Francesco di Assisi, 1317 /1328

Padre Pio da Piatralcina (BN)

Natuzza Evolo Effusioni ematiche di Natuzza Evolo

Yves Klein, Antrhopometries, 1960

Kiki Smith, Autoritratto, 1995

Rorschach test