IL “FATTO” DEL LAVORO TERMINE “LAVORO” - asl.ri.it · 6 Rappresentazione schematica delle...

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IL “FATTO” DEL LAVORO -CONCEZIONE MILLENARIA- TERMINE “LAVORO”: -CONCETTO RECENTE- Attività umana necessaria alla sopravvivenza IL TERMINE “LAVORO” Deriva da parole che indicano difficoltà, pena, sofferenza ecc. Sforzo che si compie per la produzione economica 1

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� IL “FATTO” DEL LAVORO-CONCEZIONE MILLENARIA-

� TERMINE “LAVORO”:-CONCETTO RECENTE-

Attività umana necessaria alla sopravvivenza

� IL TERMINE “LAVORO”• Deriva da parole che indicano difficoltà, pena,

sofferenza ecc.• Sforzo che si compie per la produzione

economica

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�LAVORO TRADIZIONALE:

atto rituale, “preghiera”.

�LAVORO CONTEMPORANEO:

tecnica.

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�UNITA’ DI ANALISI• Evento di comportamento interpersonale.

• Bisogni e pensieri dell’individuo quando interagisce.

• Conoscenza.

• Motivazione.

• Atteggiamenti.

• Abilità sociale-culturale.

• Gruppo.

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Rappresentazione schematica delle modificazioni successive nella relativa prominenza, numero e varietàdei bisogni quali vengono descritti da Maslow. Da notare che il culmine di una precedente classa di bisogni deve essere oltrepassato prima che il prossimo bisogno “più elevato” possa cominciare ad assumere un ruolo predominante. Osservate anche che, quando si verifica uno sviluppo psicologico, il numero e la varietà dei bisogni aumentano.

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� DISPOSIZIONE DI RUOLO • Disinvoltura…………… (timidezza sociale). Difende i suoi

diritti; non ha riguardi a mostrarsi importante; non èreticente; è sicuro di sé; si mette in evidenza con decisione.

• Dominanza………………. (sottomissione). Assertivo; fiducioso in se stesso; orientato verso il potere; tenace; pieno di volontà; dirige.

• Iniziativa sociale………..(passività sociale). Organizza gruppi; non sta sullo sfondo; dà i suggerimenti alle riunioni; prende la direzione.

• Indipendenza……………(dipendenza). Preferisce progettare da sé; fare le cose a modo suo; non cerca aiuto né chiede consigli; è emozionalmente autosufficiente.

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� DISPOSIZIONI SOCIOMETRICHE• Accettazione degli altri…………..(rifiuto degli altri). Non

giudica gli altri; permissivo; fiducioso e degno di fede; comprende le debolezze altrui e vede gli aspetti migliori negli altri.

• Socievolezza…………..(misantropia). Partecipa ai problemi sociali; gli piace stare con la gente; sta fuori di casa.

• Amichevole………….(ostile). Geniale; caloroso; aperto ed avvicinabile; avvicina gli altri con facilità; si crea molte amicizie.

• Simpatico…………(antipatico). Si interessa ai sentimenti altrui; mostra un comportamento gentile; generoso; difende il perdente.

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� DISPOSIZIONI ESPRESSIVE• Competitivo…………..(non competitivo). Vede ogni rapporto

come una competizione; gli altri sono dei rivali da battere; si autoincensa; non collabora.

• Aggressivo……………(non aggressivo). Attacca gli altri direttamente e indirettamente; mostra atteggiamenti di sfiducia verso l’autorità; litigioso; negativistico.

• Imbarazzato………….(socialmente stabile). È imbarazzato se deve entrare in una sala dove gli altri sono già seduti; ha una paura eccessiva di parlare in pubblico; esita ad unirsi ad una discussione di gruppo; è imbarazzato dalla gente che lo guarda mentre lavora; è a disagio quando si sente diverso dagli altri.

• Esibizionista………(si tiene in disparte). Ostenta sé stesso nel comportamento e nel vestire; cerca lode e approvazione; si pavoneggia e si comporta in modo bizzarro per attirare l’attenzione. 9

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Socievolezza (alta)

Socievolezza(bassa)

Dominanza (alta)

Dominanza (bassa)

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Il sé è un prodotto dell’interazione sociale. Il neonato non distingue tra il sé e il non sé. Solo quando interagirà con oggetti e persone, in eventi di comportamento interpersonale, egli arriverà a percepire sé stesso come un oggetto separato e distinto dagli altri oggetti e dalle altre persone. Ad alcuni esperimenti e ricerche sul concetto di séun gruppo di studenti è stato invitato a scrivere 20 risposte alla domanda «chi sono io?». Le risposte furono classificate in due categorie: a)Quelle che facevano riferimento a gruppi sociali es. ragazza, studente, marito, barista, figlia ecc.b)Quelle contenenti un giudizio di valore es annoiato, studioso, magro, grasso ecc.Una delle osservazioni più importanti fu che, quando i soggetti dovevano delimitarsi a 20 risposte, essi tendevano a descriversi come membri di gruppi e classi prima di descriversi in termini valutativi.

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• L’uomo ha più motivi di qualsiasi altro animale soprattutto per il suo sistema nervoso molto differenziato. L’interpretazione del motivo di affiliazione ha una lunga storia, costituisce anche uno dei 4 istinti che giocano un ruolo principale nella vita di un uomo insieme all’autoconservazione, la nutrizione e il sesso. Il motivo di affiliazione è diventata una caratteristica degli esseri umani per il fatto di essere prezioso per la sopravvivenza.

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• Il bisogno di guadagno materiale è un bisogno fondamentale nelle culture dei paesi occidentali. Sembra tuttavia che anche persone appartenenti ad altre culture sviluppino o esprimano rapidamente questo bisogno quando ne abbiano l’occasione.

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• L’espressione di questo motivo assume forme differenti nelle diverse società. Nelle società“acquisitive” si usa valutare il prestigio calcolando l’ammontare e il valore dei beni accumulati dall’individuo (fusione con i motivi di possesso).

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• Il motivo di potere, ossia il potere di controllare persone ed oggetti, ottenere loro obbedienza, dominare le loro azioni, determinare il loro destino, ha una portata enorme per il funzionamento di una società. Esso può avere la sua origine nella difesa e nella valorizzazione del sé.

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• Il comportamento dell’uomo è orientato tanto verso sé stesso quanto verso gli altri. Egli opera sia per il proprio progresso personale sia per aiutare gli altri. Il desiderio di aiutare gli altri o motivo di altruismo si manifesta nella prima infanzia.

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• L’uomo è un animale curioso. Egli manifesta un interesse pressoché insaziabile nell’esplorare il suo mondo e nel manipolare oggetti. Il motivo di curiosità ha profonde radici biologiche, si dimostra dal fatto che anche gli animali inferiori manifestano una tendenza all’esplorazione e alla manipolazione.

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•• Il gruppo sociale Il gruppo sociale èè un insieme di persone che un insieme di persone che

entrano in rapporto reciproco, sulla base di entrano in rapporto reciproco, sulla base di

valori e interazioni comuni.valori e interazioni comuni.

•• LL’’analisi dei gruppi analisi dei gruppi èè talmente rilevante per la talmente rilevante per la

psicologia sociale che tale materia si configura psicologia sociale che tale materia si configura

anche come anche come ““scienza dei gruppiscienza dei gruppi””..

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• Per diversi motivi gli esseri umani entrano in relazione tra loro formando insiemi più o meno strutturati di varia natura.

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FOLLA

MASSA

AGGREGATI

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• Il numero dei membri determina il tipo di rapporto interpersonale.

DIADE TRIADE

GRUPPI PiùNUMEROSI (FINO A 7)

Oltre questa soglia èprobabile la determinazione di sottogruppi.

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PROCESSO DINAMICO

Momento in cui più persone insieme svolgono un’attivitàcondividendo scopi, spazi, tempo, valori.

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• Individuare una definizione di gruppo soddisfacente e

completa, efficace e chiara, pur dopo 50 anni di letteratura e

migliaia di articoli è impresa tutt’altro che semplice.

• L’oggetto del ragionamento non si identifica pertanto

nell’individuo in sé e neppure nel sociale indefinito ma attiene

ai sistemi complessi laddove è il luogo dell’INTERAZIONEINTERAZIONE.

• Si identificano dunque due poli: la mente come luogo

organizzato di processi cognitivi e affettivi, in relazione con il

sociale che si esprime in organizzazioni, istituzioni, valori,

ideologie, culture.

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SANDERSON Ogni gruppo esiste come mezzo per soddisfare certi

propositi, desideri o interessi, per fornire ai suoi membri beni o

valori. (1940)

M.DEUTSCH Un gruppo esiste nella misura in cui gli individui che lo

compongono perseguono programmaticamente mete

interdipendenti. (1949)

R.B. CATTEL Un gruppo è un aggregato di organismi in cui

l’esistenza di tutti è utilizzata per la soddisfazione dei bisogni di

ognuno. (1951)

SANDERSON Ogni gruppo esiste come mezzo per soddisfare certi

propositi, desideri o interessi, per fornire ai suoi membri beni o

valori. (1940)

M.DEUTSCH Un gruppo esiste nella misura in cui gli individui che lo

compongono perseguono programmaticamente mete

interdipendenti. (1949)

R.B. CATTEL Un gruppo è un aggregato di organismi in cui

l’esistenza di tutti è utilizzata per la soddisfazione dei bisogni di

ognuno. (1951)

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J. MAISONNEUVE J. MAISONNEUVE I gruppi sono insiemi sociali di

dimensioni e di struttura molto diverse: dalle

collettività nazionali, fino alle “bande” più effimere.

Il solo carattere comune a tutti questi insiemi è

dato, contemporaneamente, dalla pluralità degli

individui e dalla loro più o meno forte implicita

solidarietà. L’idea di “forza”: l’espressione

“raggrupparsi” esprime bene l’intenzione di mutuo

rinforzo di individui che si sentono isolatamente

impotenti; tuttavia, questa potenza collettiva suscita

reazioni ambivalenti: rassicura e minaccia. (1973)

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W. DOISE, J. DESCHAMPS, G.MUGNY W. DOISE, J. DESCHAMPS, G.MUGNY .. Un

gruppo è composto da un certo numero di

persone in reciproca interazione sulla base di

strutture precedenti; queste persone in

interazione si percepiscono come membri del

gruppo; questi stessi individui sono percepiti

dagli altri (membri del gruppo o no) come

membri del gruppo.. (1977)

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SMALL il termine gruppo è utile a designare sociologicamente qualsiasi numero più o meno grande di persone, tra le quali si trovino esistere tali rapporti per cui occorra considerarle assieme…ogni numero di persone i cui rapporti reciproci siano tali da esigere attenzione . (1905)

R.E. BALES Un piccolo gruppo si definisce come un numero qualsiasi di persone impegnate nell’interagire l’una con l’altra durante un incontro faccia a faccia o una serie di tali incontri, nei quali ogni membro riceve, di ogni altro membro, un’impressione o percezione sufficientemente distintiva da permettergli, in quel momento o in una discussione successiva, di reagire a ognuno degli altri come persona singola che pure rievoca la presenza dell’altro. (1950)

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G.C. HOMANS Un gruppo è definito dall’interazione dei suoi membri. Se diciamo che gli individui A, B, C, D, E.. Formano un gruppo, questo comporta per lo meno la validità dei seguenti fatti: entro un dato periodo di tempo A interagisce più con B, D,E, ..di quanto non faccia con M, N, L, O, P che possiamo considerare o come estranei o come membri di altri gruppi. Anche B interagisce piùspesso con A, C,D, E.. Che non con gli estranei. È quindi possibile, proprio contando le interazioni, costruire una mappa che distingue quantitativamente un gruppo dagli altri. (1950)

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T.M. NEWCOMB.. L’aspetto distintivo dei gruppi sta nel fatto che i membri condividono delle norme riguardo a qualcosa. La gamma delle norme condivise può essere maggiore o minore, ma essa devealmeno includere ciò che è distintivo e di comune interesse per i membri del gruppo, si tratti di politica o di poker. Devono essere comprese, necessariamente, le norme concernenti i ruoli dei membri del gruppo, ruoli che sono collegati, essendo definiti intermini di reciprocità.. Questi aspetti distintivi di un gruppo, norme condivise e ruoli collegati, presuppongono rapporti non transitori di interazione e di comunicazione. (1951)

OLMSTED Un gruppo si può dunque definire, come una pluralità di individui che sono in contatto reciproco, tengono conto gli uni degli altri e hanno coscienza di avere in comune qualcosa di importante. (1959)

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• Lewin evidenzia e afferma la necessità di osservare il gruppo come totalità e lo identifica come soggetto sociale organizzato al pari dell’individuo e dell’ambiente come una unità in grado di esprimere comportamenti, valori culturali propri, differenti da quelli delle singole persone che ne fanno parte. Questo concetto include sia le espressioni emotive, come le aspettative, bisogni, desideri, i sentimenti reciproci dei membri, sia il pensiero e l’azione.

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K. LEWIN Il gruppo è qualcosa di più, o, per meglio dire, qualcosa di diverso dalla somma dei suoi membri: ha una struttura propria, fini peculiari, e relazioni particolari con altri gruppi. Quel che necostituisce l’essenza non è la somiglianza o la dissomiglianza riscontrabile tra i suoi membri, bensì la loro interdipendenza. Esso può definirsi come una totalità dinamica. Ciò significa che un cambiamento di stato di una sua parte o frazione qualsiasi, interessa lo stato di tutte le altre. Il grado di interdipendenza delle frazioni del gruppo varia da una massa indefinita a un’unità compatta. Dipende, tra gli altri fattori, dall’ampiezza, dall’organizzazione e dalla coesione di gruppo. Dal punto di vista logico, non vi è alcun motivo di distinguere tra la realtà della molecola o di un atomo o di uno ione o, più in generale, fra la realtà di un tutto e delle sue parti. Alla base del fatto che i gruppi hanno certe caratteristiche loro proprie, che sono differenti dalle caratteristiche dei loro sottogruppi o dei loro singoli membri, non vi sono considerazioni logiche superiori al fatto che le molecole hanno proprietà diverse da quelle degli atomi o degli ioni di cui esse sono composte. Nel campo sociale e in quello fisico le proprietà strutturali di una totalità dinamica sono diverse dalle proprietà strutturali delle sottoparti. (1951)

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W. BION Ogni gruppo, per quanto casuale, si riunisce per “fare”qualcosa; nell’esplicare questa attività le persone cooperano ognuna secondo le proprie capacità. Questa cooperazione èvolontaria e si basa su un certo grado di abilità intellettuale del singolo. La partecipazione ad una attività di questo tipo è possibile solo a persone con anni di esercizio e che si siano sviluppate intellettualmente per la loro disponibilità ad apprendere dall’esperienza. Dal momento che questa attività è collegata ad un compito, essa è fondata nella realtà, i suoi metodi sono razionali e pertanto, sia pure in forma embrionale, scientifici.…il gruppo affronta questo ostacolo elaborando una caratteristicacultura di gruppo. Uso l’espressione “cultura di gruppo” in modo molto estensivo; ivi incluso la struttura che il gruppo raggiunge nei vari momenti, le attività che svolge e l’organizzazione che adotta.….l ‘attività del gruppo di lavoro di lavoro è ostacolata, deviata e talvolta favorita, da certe attività mentali che hanno in comune l’attributo di forti tendenze emotive. Queste attività, a prima vista caotiche acquistano una certa strutturazione se si ammette che esse derivano da alcuni assunti di base comuni a tutto il gruppo. (1961)

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Emergenza psicologica

Emergenza psicologica

Emergenza sistemica

Emergenza sistemica

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Il legame determina l’emergenza psicologica del soggetto gruppo e lo conduce ad assumere quella configurazione relazionale e affettiva che ne segna l’interazione.

L’articolazione della vita interna del gruppo, i suoi continui cambiamenti, le sue esigenze, lo rendono simile a una organizzazione vivente, ovvero la sua esistenza come sistema complesso.

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• è soggetto diverso dal gruppo, la differenza piùconsistente risiede nel fatto che, mentre un gruppo è una pluralità di intenzioni, un gruppo di lavoro è una pluralitàdi INTEGRAZIONE. INTEGRAZIONE.

• il percorso dall’interazione all’integrazione è un tracciato evolutivo che cambia sia le caratteristiche interne del soggetto gruppo che le sue relazioni con l’ambiente.

• il nodo cruciale che differenzia gruppo e gruppo di lavoro è dunque nel concetto di interazione che è proprio del primo e nel concetto di integrazione che è proprio del secondo.

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Emergenza psicologica

Emergenza psicologica

Emergenza sistemica

Emergenza sistemica

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Nessun gruppo di lavoro può essere efficace se l’obiettivo che deve raggiungere non èchiaro e ampliamente condiviso dai suoi membri. Questa è la condizione necessaria per il conseguimento dei risultati. L’obiettivo e il risultato che descrive, contengono in forma sintetica lo scopo che si vuole perseguire e, in definitiva le ragioni che hanno condotto alla formazione del gruppo. La chiarezza dell’obiettivo non può assolutamente essere considerata come una condizione facile da ottenersi. L’obiettivo non è un dato acquisito all’inizio del lavoro di gruppo. L’obiettivo è la definizione del risultato atteso. La sua descrizione accurata e l’interpretazione univoca sono alla base del contratto tra i membri del gruppo. L’obiettivo di un gruppo di lavoro efficace deve rispondere alle seguenti caratteristiche:•Definito in termini di risultato.•Costruito su fatti, su dati osservabili e le risorse disponibili.•Finalizzato in modo esplicito.•Chiarito e articolato in compiti.•Perseguibile.•Valutato.

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Per la definizione dell’obiettivo occorre che il gruppo di lavoro acquisisca conoscenza riguardo agli individui (motivazioni, competenze, ruoli, valori), alla situazione (problema, compito, risorse, vincoli), all’organizzazione (struttura, cultura, strategia, mezzi).Il confronto è il momento nel quale tutti gli elementi di conoscenza vengono riletti e valutati per costruire il quadro di lavoro del gruppo il relazione al problema da affrontare. La negoziazione è il momento conclusivo di questo percorso.

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Metodo è la formula magica, oggetto misterioso e la parola d’ordine di ogni gruppo che aspiri a essere o/a diventare un gruppo di lavoro. Più in particolare, il metodo ha come riferimento le norme operative, è la regola del lavoro e dell’interazione professionale nei gruppi: istituisce e ordina il lavoro di gruppo, prevede il rispetto di procedure e una sequenza di comportamentipredeterminati di azioni definite. La sua definizione ha il carattere contrattuale, più o meno esplicito della definizione di altri tipi di norme che regolano la vita di gruppo. La difficoltà del metodo deriva dalla necessità di stabilire e adottare regole per il lavoro comune, dal dover accettare di utilizzare percorsi e approcci professionali scelti dal gruppo e più o meno distanti dalla logica e dal pensiero individuale. Il metodo richiede adeguamento continuo e riconoscimento di una forma di pensiero sovraindividuale. Il metodo comporta momenti e attività che si possono individuare nelle seguenti caratteristiche:

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1. Analisi delle risorse e dei vincoli: per risorse intendiamo tutto ciò che il gruppo realisticamente dispone per svolgere il lavoro. Risorse sono, anche i componenti che vi partecipano con le loro qualità personali e le qualitàprofessionali. Vincolo è tutto ciò che limita e condiziona il gruppo.

2. Discussione: dialogo e confronto sostanziano il procedere del gruppo di lavoro e la discussione è la regola. La questione non è di ordine “conversazionale” ma piuttosto “pragmatico”- giro di tavolo, iscrizione a parlare, ruota libera ecc.-

3. Decisione: il metodo più usuale e noto è quello della maggioranza. Altro metodo di decisione detto ad imbuto prevede che giunti ad un livello di decisione sia impossibile per il gruppo tornare al punto di partenza. Altro metodo utilizzato è quello di matrice a scelta pesata. Si costruisce fissando l’obiettivo della decisione formulando soluzione alternative e ordinando le priorità rispetto all’obiettivo. La soluzione, in questo caso, viene quindi costruita progressivamente sulla base dei dati che vengono a riempire prioritàe optional della matrice.

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4. Pianificazione dell’uso del tempo: l’uso del tempo mette in luce anzi tutto le difese, le resistenze al compito che si frappongono al raggiungimento dell’obiettivo. Nell’esperienza di tutti sono frequenti affermazioni quali: “èmancato il tempo”, “abbiamo poco tempo” e “abbiamo iniziato tardi”. Esse sono il segnale della mancata pianificazione e gestione dell’uso difensivo del tempo. Nascondono difficoltà ad affrontare i contenuti del lavoro piuttosto che una reale mancanza di tempo.

5. Uso degli strumenti di problem solving: il ricorso sempre più frequente a gruppi di lavoro impiegati per la risoluzione dei problemi per la pianificazione produttiva e organizzativa per il miglioramento e l’innovazione dei processi e dei prodotti, ha messo in luce l’esigenza di dotarli di strumenti semplici, facilmente apprendibili ma efficaci per la ricerca, la rappresentazione grafica e la risoluzione dei problemi. La logica del problem solving implica il superamento dell’atteggiamento che porta a superare il colpevole e a superare il “chi è stato”per orientarsi alla ricerca del problema quindi del “perché succede?”.

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Analisi, diagnosi, soluzione e verifica sono le tappe classiche di un problem solving. Altro criterio importante in questo processo consiste nel separare i dati e le informazioni dalle opinioni. Come si vede, l’investimento richiesto ad un gruppo sulle questioni di metodo è molto alto.

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Una delle caratteristiche di un gruppo efficace coincide con la capacità di utilizzare e valorizzare al meglio le differenze rappresentate dai suoi membri: differenze di esperienze, di competenze e di approcci.I ruoli rappresentano pertanto all’interno di un gruppo di lavoro le parti assegnate a ciascuno in funzione del riconoscimento più o meno esplicito delle specificità e in vista dell’ottimizzazione più o meno decisiva delle differenze.Il fattore “ruolo” definisce l’insieme dei comportamenti che ci si aspetta da chi occupa una posizione all’interno del gruppo stesso. Per comodità potremmo dire che per ciascuno ruolo vale una dialettica di doveri e diritti che corrisponde alle attese espresse nei suoi confronti. Ai comportamenti richiesti si contrappongono tuttavia alcuni comportamenti proibiti. La complicazione può derivare dal fatto che non esistono comportamenti richiesti e comportamenti proibiti standard, codificati e validi per tutti i gruppi. In aggiunta a queste caratteristiche di base è importantissimo la qualità dei ruoli in alcune aree particolarI quali:

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1. Presidio di risultato2. Presidio del lavoro3. Presidio della relazione 4. Presidio della qualitàQueste aree non possono essere lasciate al volontarismo o al

protagonismo di alcuni membri ma debbono essere presidiate attribuendo ruoli precisi. Nell’area critica delle relazioni due ruoli sono fondamentali come il “comunicatore” e il “facilitatore”. Il comunicatore sarà colui che ascolta tutti gli interventi, ne fa la sintesi, verifica la comprensione dei punti di vista da parte di tutti, propone metodi di discussione adeguati alla fase di lavoro. Il facilitatore coinvolgerà d’altra parte i membri che tendono a isolarsi, sarà attento alle esigenze degli altri.

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La leadership è variabile di “snodo” tra quelle che potremmo definire strutturali (obiettivo, metodo e ruoli) e quelle che potremmo definire processuali (clima, comunicazione e sviluppo). I ruoli di leadership sono molteplici e differenti individui possono trovarsi a provvedere a una o più funzioni richieste per lo sviluppo del gruppo. La leadership è determinante per le prestazioni, il clima, la comunicazione e le decisioni del gruppo di lavoro. Le leadership di un gruppo di lavoro ideali viene configurata come leadership di servizio ove le caratteristiche peculiari sono le seguenti: 1.Situazionale (leadership coerente con gli obiettivi del gruppo)2.Trasparente (leadership dai ruoli chiari e definiti)3.Flessibile (coordinare le capacità dei membri)4.Pragmatica (ancorata ai fatti e ai dati provenienti dalla realtà e dall’ambiente)5.Orientata al compito6.Orientata alla relazione ( riconoscimento dei bisogni individuali e delle capacità per sviluppare cultura e valori condiviso all’interno del gruppo).

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Le funzioni di leadership indispensabili per la sopravvivenza, la crescita e l’autoaccudimento del gruppo di lavoro si individuano nei tre vertici della:I.CompetenzaII.Appartenenza III.comunicazione Non è importante né è possibile che vengano svolte tutte dalla stessa persona néche sia il leader istituzionale a svolgerle tutte contemporaneamente, generalmente sono negoziate all’interno del gruppo e frutto di un accordo o di un contratto, il più delle volte inconsapevole e non detto. La leadership della competenza garantisce la sopravvivenza del gruppo e permette l’adattamento all’ambiente e richiede l’utilizzo di conoscenze tecniche e del sapere professionale. La leadership della comunicazione garantisce la crescita del gruppo in quando opera sugli scambi tra interno ed esterno. Crea canali, reti e sinergie. La leadership di appartenenza garantisce l’autoaccudimento del gruppo.

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La comunicazione è un processo chiave che permette il funzionamento del gruppo di lavoro garantendo lo scambio di informazioni. La comunicazione efficace dovràrispondere ad alcune specifiche caratteristiche, per le quali spetteràprimariamente al leader fornire un valido contributo. Tali caratteristiche sono:1.Comunicazione finalizzata 2.Comunicazione pragmatica3.Comunicazione trasparente 4.Comunicazione situazionaleIn sintesi una comunicazione è produttiva quando ottiene che il gruppo, pur partendo da punti di vista diversi arrivi ad un risultato concreto, condiviso, misurabile. Una comunicazione è difensiva invece quando produce molte parole senza articolare i diversi punti di vista: si allontana progressivamente dall’obiettivo comune. Le componenti principali del processo comunicativo sono: 1.Confronto e scambio2.Ascolto3.Esposizione 4.Feedback

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Il clima è per eccellenza variabile che individua la dimensione plurale, collettiva del gruppo di lavoro. Il clima è una qualità del sistema in quanto è l’insieme delle qualità dell’ambiente relazionale percepite dai membri, esso si pone come unadelle emergenze sistemiche e, contemporaneamente come emergenza psicologica, laddove le qualità del sistema vengono percepite in relazione ai bisogni dei membri stessi. Il clima è certamente correlato alla cultura che il gruppo sviluppa durante la sua attività nel senso degli orientamenti dei membri condivisi dalla maggioranza e consolidati in principi aggreganti. L’evidente difficoltà di interpretazione e descrizione del clima non può autorizzare una disattenzione verso questa variabile. Alcuni indicatori specifici del clima risultano essere i seguenti: 1.Sostegno2.Calore 3.Riconoscimento dei ruoli 4.Apertura e feedback

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Come la comunicazione e il clima anche lo sviluppo è variabile che si innesta trasversalmente rispetto alle altre di ordine più strutturale. Lo sviluppo deve essere riferito da una parte al sistema di competenze degli individui che operano in organizzazione e che partecipano al gruppo e all’attività team building e dall’altra al sistema di competenze del gruppo di lavoro inteso come unitàdinamica sovraindividuale. Il sistema di competenze del gruppo deve essere sempre individuato ex-novo. In maniera analitica le capacità di un gruppo di lavoro devono essere le seguenti: 1.Capacità strategica ( mantenere un equilibrio quasi stazionario)2.Capacità innovativa ( adattarsi ai sottosistemi e all’ambiente)3.Capacità operativa (valutare risultati)4.Capacità informativa (costruire un sistema informativo)

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COMPORTAMENTO DI ASCOLTO QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

1. Smetti di ascoltare chi dice qualcosa su cui non sei d’accordo o che non ti interessa?

1 2 3 4

2. Ti concentri su quanto viene detto, anche se non ti interessa?

4 3 2 1

3. Quando presumi di indovinare che stanno per dirti smetti di ascoltare?

1 2 3 4

4. Ripeti con parole tue quanto l’interlocutore ha appena detto?

4 3 2 1

5. Ascolti il punto di vista di un altro anche se diverso dal tuo?

4 3 2 1

QUESTIONARIO DI AUTOVALUTAZIONE

COMPORTAMENTO DI ASCOLTO

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COMPORTAMENTO DI

ASCOLTO

QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

6. Fai tesoro di quanto si dice, anche se è di poco conto?

4 3 2 1

7. Ti preoccupi di chiedere il significato delle parole che non conosci?

4 3 2 1

8. Pensi a come ribattere mentre ti stanno ancora parlando?

1 2 3 4

9. Fingi di ascoltare attentamente anche quando non ascolti affatto?

1 2 3 4

10. Pensi ad altro mentre gli altri parlano?

1 2 3 4

11. Ti limiti a seguire il senso del discorso senza preoccuparti?

4 3 2 1

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COMPORTAMENTO DI

ASCOLTO

QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

12. Ti rendo conto che le parole non hanno esattamente lo stesso significato per tutti?

4 3 2 1

13. Ascolti solo quello che ti interessa?

1 2 3 4

14. Guardi l’interlocutore? 4 3 2 1

15. Ti concentri sulle parole di chi parla senza preoccuparti delle sue espressioni?

4 3 2 1

16. Sai quali sono le parole o le frasi capaci di suscitare in te una reazione emotiva?

4 3 2 1

17. Rifletti a quel che vuoi ottenere con la tua comunicazione?

4 3 2 1

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COMPORTAMENTO DI ASCOLTO QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

18. Aspetti l’occasione migliore per comunicare quel che vuoi dire?

4 3 2 1

19. Pensi a come potrebbe reagire il tuo interlocutore?

4 3 2 1

20. Scegli la maniera migliore (scritta, orale, al telefono, ecc.) di comunicare?

4 3 2 1

21. Osservi l’espressione dell’interlocutore (preoccupata, ostile, indifferente, timida, impaziente, caparbia, ecc.)?

4 3 2 1

22. Hai l’impressione di essere ignorata dall’interlocutore?

4 3 2 1

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COMPORTAMENTO DI

ASCOLTO

QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

23. Tendi a presumere che l’interlocutore “sa già di che si tratta”?

1 2 3 1

24. Lasci che l’interlocutore esprima la sua ostilità verso di te senza interromperlo immediatamente?

4 3 2 1

25. Ti eserciti regolarmente per migliorare la tua capacità di ascolto?

4 3 2 1

26. Prendi appunti, per poter ricordare meglio?

4 3 2 1

27. Riesci a mantenere la comunicazione senza farti distrarre da suoni o da rumori?

4 3 2 1

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COMPORTAMENTO DI

ASCOLTO

QUASI

SEMPRE

SPESSO QUALCHE

VOLTA

QUASI

MAI

28. Ascolti senza giudicare o criticare chi parla?

4 3 2 1

29. Ripeti messaggi e istruzioni per essere sicuro di essere capito?

4 3 2 1

30. Ti fai in anticipo un’idea di quello che vuole dirti chi viene a parlarti?

4 3 2 1

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� Molte organizzazioni moderne hanno natura burocratica, la parola burocrazia vuol dire alla lettera, “potere dei funzionari”.

� Definizione: struttura gerarchizzata che opera seguendo regole precise. La burocrazia è una struttura funzionale alla produzione di grandi quantità di lavoro e può essere considerata, almeno a livello di modello ideale, la forma piùefficiente di organizzazione finora realizzata. Lo studio della burocrazia come fenomeno tipico dell’era moderna si deve al filosofo Max Weber.

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� CARATTERISTICHE: 1. Netta divisione del lavoro, cioè la distribuzione delle attività necessarie

agli scopi dell’organizzazione in modo fisso tra gli uffici. Ciò permette di impiegare sempre personale specializzato e di renderlo responsabile dello svolgimento del proprio lavoro.

2. Ordine gerarchico all’interno dell’organizzazione. Ogni ufficio è sottoposto alla supervisione di un ufficio superiore, ogni funzionario deve rendere conto del proprio lavoro ad un superiore. L’ambito dell’autorità di ciascuno deve essere definito precisamente.

3. Il funzionamento di tutte le operazioni è governato da un sistema di regole scritte, che ha lo scopo di assicurare l’uniformità dello svolgimento in ogni compito al di là della persona che effettivamente lo svolge.

4. Il funzionario deve escludere i sentimenti personali ( principio di

impersonalità). Svolge il suo compito in modo imparziale e distaccato considerando in modo impersonale i dipendenti e il pubblico. Non si ha a che fare con individui ma con casi di lavoro.

5. L’impiego nella burocrazia costituisce una carriera, è basato su qualifiche tecniche, su un sistema di promozioni generalmente prevedibile basato sia sul merito, sia sull’anzianità ma non su favoritismi personali, è protetto dal licenziamento arbitrario.

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6. Il luogo di lavoro è generalmente tutto ciò che riguarda l’attività dell’ufficio (per esempio, documenti che vanno sempre conservati in originale o in copia), deve essere separato completamente dall’abitazione e in genere dalla sfera della vita privata del funzionario (separatezza della sfera

pubblica).7. L’ufficio è una “professione ”; per eseguirla sono richiesti un corso di studi

determinato e prove di qualificazione prescritte come condizionepreliminare per l’assunzione.

8. Nessun membro dell’organizzazione deve possedere le risorse materiali con le quali opera. I lavoratori della burocrazia sono separati dal controllo dei loro mezzi di lavoro (separatezza dei beni materiali).

� Per Weber quindi la burocrazia è un insieme strutturato di gruppi formali. Lo stesso autore non aveva tenuto conto delle relazioni informali che si stabiliscono tra i piccoli gruppi all’interno della struttura burocratica.

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� La vita all’interno di un’organizzazione ha luogo secondo un “doppio” registro, che comprende da un lato l’insieme di attività e di pensieri tendenzialmente consapevoli, rivolti allo svolgimento dei compiti e al perseguimento degli obiettivi ( registro produttivo) , e dall’altro quelle attività e quei pensieri volti alla garanzia e alla tutela dei bisogni psicologici propri di ogni individuo (registro psicologico). I due livelli possono essere distinti solo concettualmente al fine di una migliore comprensione della realtà perché fenomenologicamente essi sono interdipendenti, in costante e reciproca influenza.

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� L’analisi della vita organizzativa si muove su quattro assunti fondamentali. Processi psicologici consapevoli o inconsci. I primi tendono a essere utilizzati quando il pensiero si occupa di oggetti semplici, piacevoli e rassicuranti, mentre tutto ciò che rinvia a sentimenti di spiacevolezza, sia perché intimorisce, sia perché è imbarazzante, tende ad essere allontanato dalla coscienza e entra nella seconda dimensione.

� In secondo luogo occorre riconoscere che molte delle difficoltà che gli individui incontrano in organizzazione hanno a che vedere con le relazioni di lavoro (con i capi, i colleghi o i collaboratori), ovvero con l’ansia che a esse si associa.

� Una terza assunzione riguarda l’esistenza di meccanismi di difesa a cui ciascuno ricorre per prendere le distanze da emozioni, desideri,sentimenti vissuti come pericolosi se riconosciuti, espressi o piùgenericamente “liberati” nella vita organizzativa.

� Infine il ricorso al concetto di regressione risulta di notevole importanza esplicativa per dar conto della diffusa problematicità che caratterizza la relazione interpersonale.

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� I limiti delle teorie organizzative più classiche: in particolare là dove si sostiene che ogni organizzazione, in quanto sistema di azione di decisione, deve continuamente confrontarsi con l’incertezza, incertezza che aumenta all’aumentare della complessità e della turbolenza dell’ambiente in cui l’organizzazione stessa si trova ad operare.

� Il nodo cruciale dell’appartenenza organizzativa è infatti costantemente rappresentato dall’abilità di mantenere un giusto equilibrio tra il bisogno di indipendenza ( identitàpersonale e stima di sé ) e bisogno di condivisione ( affiliazione e integrazione ) evitando che la ricerca di questo equilibrio o esponga a livelli elevati di ansia o, addirittura, fallisca lasciando i soggetti senza difese nei confronti dell’ansia stessa.

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� Riportando la riflessione ad un livello più generale e indagando le conseguenze del lavoro sulla vita degli individui, in termini di stati d’animo e condizioni esistenziali, l’adattamento difettoso al lavoro assume la forma diffusa dell’alienazione.

� Se da un lato, il lavoro si caratterizza per la sua capacità di offrire appigli, ancoraggi, certezze all’interno dei molti interrogativi dell’esistenza e di contenere i sentimenti di noia, apatia, solitudine e senso di nullità che, all’interno di questa stessa vita possono talvolta affermarsi, dall’altro “il processo di lavoro di per sé può condurre ad una nuova esperienza di noia, può alimentare un senso di utilità e far sorgere molte domande sul significato dell’esistere”.

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� La riflessione sul disturbo del lavorare (patologia indotta tra la relazione tra in individuo e organizzazione) mette in evidenza alcuni elementi di potenziale “rischio psicologico” che si presentano in particolari momenti della vita organizzativa ovvero in particolari fasi della storia individuale in organizzazione.

� I momenti o tappe sopra indicati possono essere cosìsintetizzati:

1. Impatto con la realtà2. Socializzazione e sviluppo3. Crisi di mezza età

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1. Stile costruttivo: determinato da un orientamento alla realtàpositivo e una modalità attiva, consente la ricostruzione e la ridefinizione dello stato reale delle cose. La capacità di riflettere su quanto accade anche all’interno di sè stessi favorisce una rivisitazione costruttiva del presente in funzione del passato inducendo a cambiamenti che possono essere vissuti e “contenuti” anche nelle loro componenti di drammaticità o traumaticità.

2. Stile improduttivo: determinato da un orientamento alla realtàpositivo e da una modalità passiva, è proprio di quegli individui che rivolgono l’attenzione e catalizzano i loro interessi ad attivitàaltre dal lavoro. Essi “non hanno grandi aspirazioni” e sono soddisfatti facilmente. Questi soggetti se confrontati con cambiamenti organizzativi particolarmente impegnativi in questa fase del loro ciclo di vita rischiano di perdere opportunità, ritenendosi in qualche misura “superati” o fuori tempo.

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3. Stile difensivo: deriva dalla combinazione di un orientamento alla realtànegativo, pur in presenza di un comportamento rivolto all’attivismo da cui hanno origine stress e panico, sintomi di una mancata accettazione della realtà. Sono presenti forte resistenza al cambiamento nel comportamento lavorativo ed uno scarso sforzo per migliorare le proprie capacità manageriali e tecnologiche che si traducono in comportamenti reattivi verso i giovani, vissuti con rancore, gelosia e invidia.

4. Stile depressivo: determinato da un orientamento alla realtà negativo e da una modalità passiva, si traduce nella messa in atto di una massiccia difensività. “Autodenigrazione, senso di fallimento e pessimismo caratterizzano questi individui. Essi sentono di non aver raggiunto le loro mete originarie. La vita è stata percorsa invano e viene a mancare la motivazione per andare avanti”. La sensazione che sia ormai tardi per fare qualsiasi cosa è all’origine di un forte senso di isolamento e di mancanza di propositi che si traducono in attività ed autoesclusione, rappresentata, dalla convinzione: “tutti i giochi sono fatti”. 70

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� L’Incertezza è al comando. Il futuro diviene impraticabile per il pensiero e per l’immaginazione. Il presente sempre piùdifficile, il passato irraggiungibile. Anche tradirsi scegliendo il disturbo di lavorare può divenire problematico. Il tema cruciale è la fiducia; fidarsi o diffidare? Affidarsi o sfidare? In tempi di incertezza i giochi di difesa che rendevano cosi bene entro un orizzonte sufficientemente stabile e governabile si rivelano perdenti.

� Che cosa cambia nei giochi di difesa in quei momenti in cui arriva il peggio? Che cosa cambia nel modo di concepire e di vivere il lavoro in situazioni organizzative di dura transizione?

� I processi di downsizing infatti generano un profondo dolore e un altrettanto intensa sensazione di perdita, legata ai significati e alle motivazioni intrinseche dell’appartenere e del lavorare.

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� Le strategie di coping definite come “l’insieme dei tentativi cognitivi, emotivi e comportamentali di affrontare specifiche richieste esterne e interne, vissute come particolarmente difficili da soddisfare”. Le categorie individuate per la perdita di lavoro possono essere descritte come:

1. Vittime adattabili .Nonostante la negatività delle reazioni immediate alla perdita di lavoro, per queste persone il licenziamento rappresenta l’occasione per un nuovo inizio.

2. Vittime depresse: a differenza degli individui sopra indicati queste persone vivono il licenziamento come un tradimento di un rapporto di fiducia e dedizione reagendo alla rottura stessa in modo depressivo; pensieri negativi, incapacità a concludere compiti, problemi fisici e emotivi costellano il quadro sintomatico di questi soggetti. La difficolta di reagire alla perdita del lavoro è spiegabile, soprattutto con la perdita dell’appartenenza e conseguentemente di quella parte della propria identità che trovava senso nell’identità stessa dell’organizzazione.

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3. Vittime antagonistiche. In questo caso l’aggressività conseguente al licenziamento viene orientata, per stile di personalità o per semplice riattivazione di comportamenti precedentemente rimossi all’esterno traducendosi in comportamenti collerici e violenti. Molto spesso per effetto del tentativo di mettere in atto contenimenti e difese questa aggressività finisce per essere spostata, dall’oggetto originale, ossia l’organizzazione, verso familiari o nuovi colleghi. Con ciò generando nuovi problemi generazionali

4. Chi resta. Sebbene, nella realtà dei fatti, le “vittime” e i “superstiti”del processo di ridimensionamento si trovino in situazioni opposte, essi finiscono per dover fronteggiare eventi analoghi come affrontare la perdita di colleghi e amici e iniziare una nuova vita senza la sicurezza che prima dominava la loro identità di lavoratori. Cosìcogliendo le similarità sebbene attraverso uno stile che rimane sempre più descrittivo che non proteso ad un approfondimento, viene tracciato il profilo dei “superstiti”. “collera, depressione, paura, colpa, avversione per il rischio, sfiducia, vulnerabilità o senso di impotenza e caduta del morale e della motivazione”.

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� Se la leadership è al centro dell’attenzione degli studi organizzativi, obiettivo principale delle politiche formative, protagonista auspicata del prossimo futuro e dei cambiamenti che ci si attende, la followership è raramente menzionata quando la leadership viene discussa a dispetto della sua importanza. A colmare questa lacuna ci sono studi che recuperano la dimensione fantasmatica della followership concentrandosi sull’analisi di come i followercostruiscono e vivono la loro fantasia della leadership all’interno di una concezione della relazione che sostiene la presenza di un duplice protagonismo. La rilevanza del vissuto dei follower è rilevante nelle storie e nei racconti che la vita organizzativa intreccia, nel riequilibrare la forza che ciascuno dei due ruoli, quello del leader e quello del follower, possiedono nel determinare il tessuto emotivo e la trama delle configurazioni relazionali ai vertici, ma non solo, delle organizzazioni.

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� Anche la letteratura più interessata alle dimensioni soggettive della vita organizzativa ritiene necessario precisarele differenza tra il leadership e management. La distinzione tra i due termini può essere precisata su differenti livelli: èinnanzi tutto fondamentale la dimensione del tempo che, se a livello più elementare può consentire di distinguere un manager del presente da una leadership del futuro. In realtàad un livello di analisi più accurato consente di precisare la leadership come vera e propria tensione tra il presente come è oggi e il futuro come potrebbe essere domani. Il manager sostiene la focalizzazione sul presente, aiuta l’organizzazione delle risorse, la cura dei dettagli è la quintessenza del massimizzare del profitto e della microeconomia. Diversamente il leader si focalizza sul futuro. Inventa un’immagine persuasiva verso la quale siamo spinti a dedicare sforzi e costruisce verso questi obiettivi un forte commitment nella direzione di trasformare la fantasia in realtà.

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�Contenuto formativo (metodo induttivo)

1. Fase creativa: attività incentrata fin da subito sul gruppo, il quale lavora su se stesso proponendo e condividendo problematiche e temi grazie a stimoli da parte del docente, espliciti e soprattutto sotto forma di simulazioni di gruppo.

2. Fase di restituzione: analisi critica della esercitazione/simulazione riconducendo la fase esperenziale a modelli di riferimento teorici.

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Tema: gruppo di lavoro�Compito

a)Costituzione mappa mentale sulla parola “gruppo”. Libere associazioni di idee senza nessun condizionamento.b)Creazione del personaggio:

•Chi è il gruppo?•Che fa il gruppo?

c)Creazioni di similitudini.• Il gruppo è come….

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