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56 Gaetano Pitarresi IL FARAONE SOMMERSO: LE STORIE DI MOSÈ TRA DRAMMA SCOLASTICO E ORATORIO Il personaggio di Mosè ricorre con notevole frequenza nell’ambito dei libreB i di oratori, tra Sei e SeBecento, mentre occasionali sono i drammi scolastici che lo vedono protagonista, anche per la prefe‑ renza accordata in quest’ultimo genere ai temi agiografici e la cautela nell’affrontare storie ricavate dalle Sacre ScriBure. 1 In ambedue gli ambiti, comunque, il riferimento al personaggio biblico costituisce non di rado occasione per avviare una serie di rimandi simbolici a faB i esituazioni piùstreBamentelegati all’aBualità religiosa o poli‑ tica. Delle vicende narrate nella Bibbia, è sopraBuBoilpassaggiodel Mar Rosso e il precedente confronto con il faraone che sono rievocati, sia per gli episodi speBacolari collegati alle piaghe d’E‑ giBo, sia per l’opposizione tra due forti personalità: l’una che incarna il tiranno oppressore, dotato di una sua grandezza nel perseverare in un comportamento ostile al popolo eleBo, l’altra predestinata da Dio ed esaltata nel suo ruolo di guida degli Ebrei verso la terra promessa. Il tema viene modulato a seconda delle convenienze, talora privilegiando la descrizione degli eventi, talora soffermandosi sull’aspeBo umano e la sofferenza di singoli individui come dell’intero popolo. Alcuni testi approfondiscono il contrasto tra Mosè e il faraone, arricchendo i due personaggi, an‑ 1 Cfr. MAURO SARNELLI, Percorsi dell’oratorio per musica come genere le8 erario fra Sei e Se8 ecento, in Percorsi dell’oratorio romano da “historia sacra” a melodram‑ ma spirituale, AB i della Giornata di studi (Viterbo, 11 seBembre 1999), a cura di Saverio Franchi, Roma, IBIMUS, 2002, pp. 137‑197: 148.

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Gaetano Pitarresi

IL FARAONE SOMMERSO: LE STORIE DI MOSÈ TRA DRAMMA SCOLASTICO E ORATORIO 

Il personaggio di Mosè ricorre con notevole frequenza nell’ambito dei libre i di oratori, tra Sei e Se ecento, mentre occasionali sono i drammi  scolastici  che  lo vedono protagonista,  anche per  la prefe‑renza accordata in quest’ultimo genere ai temi agiografici e la cautela nell’affrontare storie ricavate dalle Sacre Scri ure.1  In ambedue gli ambiti, comunque,  il riferimento al personaggio biblico costituisce non di rado occasione per avviare una serie di rimandi simbolici a fa i e situazioni più stre amente legati all’a ualità religiosa o poli‑tica.Delle vicende narrate nella Bibbia, è sopra u o il passaggio del 

Mar  Rosso  e  il  precedente  confronto  con  il  faraone  che  sono rievocati, sia per gli episodi spe acolari collegati alle piaghe d’E‑gi o,  sia  per  l’opposizione  tra  due  forti  personalità:  l’una  che incarna  il  tiranno  oppressore,  dotato  di  una  sua  grandezza  nel perseverare  in  un  comportamento  ostile  al  popolo  ele o,  l’altra predestinata da Dio ed esaltata nel suo ruolo di guida degli Ebrei verso la terra promessa.  Il  tema viene modulato a seconda delle convenienze,  talora  privilegiando  la  descrizione  degli  eventi, talora soffermandosi sull’aspe o umano e la sofferenza di singoli individui come dell’intero popolo. Alcuni testi approfondiscono il contrasto tra Mosè e il faraone, arricchendo i due personaggi, an‑

1 Cfr. MAURO SARNELLI, Percorsi dell’oratorio per musica come genere le erario fra Sei e Se ecento, in Percorsi dell’oratorio romano da “historia sacra” a melodram‑ma spirituale, A i della Giornata di studi (Viterbo, 11 se embre 1999), a cura di Saverio Franchi, Roma, IBIMUS, 2002, pp. 137‑197: 148.

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che grazie all’apporto di figure secondarie, di una maggiore gam‑ma di sfumature psicologiche. Pur non presentando espliciti riferimenti simbolici, un cenno 

merita quello  che  è  forse  il  primo dramma per musica del  Sei‑cento incentrato su questi episodi: si tra a del Faraone sommerso (v. Fig. 1) pubblicato a Roma nel 1631, di quell’O avio Tronsarel‑li,2 seguace del marinismo, che aveva fornito il libre o della Cate‑na d’Adone a Domenico Mazzocchi.3 Non si conoscono realizza‑zioni musicali del testo,4 che è articolato in tre parti, precedute da un Prologo affidato ad una Furia.5 Nelle prime due parti gli Ebrei sono in fuga nel deserto e, giunti sulle rive del Mar Rosso, sembra 

2  OTTAVIO  TRONSARELLI,  Faraone  sommerso,  in  Drammi  musicali  di  O avio Tronsarelli, Roma, Francesco Corbelle i, 1631, pp. 417‑444. Il volume (disponi‑bile online)  contiene anche  i  libre i: di  argomento  sacro La figlia  di  Iefte  (pp. 399‑406), L’Essequie  di Christo,  in una  sola parte  (pp.  445‑452); di  argomento spirituale La contesa delle Virtù, anch’esso in una sola parte (pp. 407‑416).

3  ID.,  La  Catena  dʹAdone  favola  boschereccia,  Roma,  Francesco  Corbelle i, 1626. Sul Tronsarelli  e  su questo  libre o, v. SIMONA SANTACROCE,  «La Ragion perde dove il senso abonda». La Catena d’Adone di O avio Tronsarelli, «Studi se‑centeschi», LV, 2014, pp. 135‑153. 

4  Tu avia nell’introduzione  al  volume  (“Al  le ore”),  Tronsarelli  afferma: «A questi Drammi, ed Intermedij diedero spirito eminenti ingegni di Musica, e  corone di  gran Principi  fecero nobilissimo Theatro  […]»  (Drammi  musicali cit., p.  6). Tra  le personalità  che protessero  il Tronsarelli,  che  si  era  formato presso  il  Collegio  Romano,  oltre  Giovan  Giorgio Aldobrandini,  principe  di Rossano,  cui  fu  dedicata  La  Catena  d’Adone,  bisogna  annoverare  i  cardinali Ippolito Aldobrandini, fratello di Giovan Giorgio, Francesco Barberini, nipote di Urbano VIII, e Maurizio di Savoia; cfr. S. SANTACROCE, «La Ragion perde cit., passim. Ma per  ipotesi  sui possibili  compositori delle musiche e  le occasioni dell’esecuzione  di  questi  drammi  rimando  al  saggio  di  ARNALDO  MORELLI, «Dolcezza, brevità e chiarezza, vere e sole qualità de’ componimenti musicali». O a‑vio Tronsarelli  e  i  suoi  «Drammi musicali»,  «Studi  secenteschi», LVI,  2015, pp. 147‑167.

5  L’argomento  del  Faraone  sommerso  è  il  seguente:  «A  Moisè,  che  gran Capitano del  popolo d’Israelle  salvo passò  il Mar  rosso,  e  dopo  le  spalle  si mirò sommerso Faraone Re dell’Egi o, applaude con choro di Vergini Maria sorella,  essalta  la  meraviglia,  e  dal  Dio  di  vita  riconosce  il  trofeo  di salute» (ID., Faraone sommerso cit., p. 418). I personaggi indicati sono: «FVRIA. IDDIO. | MOISÈ. ANGELO. | COMPAGNI due di Moisè. | FARAONE Re d’E‑

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non abbiano più scampo dall’esercito del faraone che li insegue. Rivolgono  parole  di  risentimento  e  di  sfiducia  nei  confronti  di Mosè che li ha condo i in una impresa senza speranza, ed anche lo stesso Mosè è in preda al dubbio. Appare Dio che lo rimpro‑vera,  rincuora  e  offre  la  soluzione;  con parole  suggestive poste sulla bocca degli stessi personaggi viene descri o il miracolo delle liquide pareti del mare, che si apre per lasciare un varco agli Ebrei; il faraone reagisce con fierezza alle acque che si richiudono su di lui. La  terza ed ultima parte del dramma è dedicata ai  canti di lode: la sorella di Mosè, Maria, assume il ruolo di corifeo e alterna 

gi o. | COMPAGNO di Faraone. | MARIA sorella di Moisè. | CHORO d’Angeli. CHORO d’Egi iani. | CHORO d’Israeliti. CHORO di Donne. | Il Diserto dell’E‑gi o è la Scena»; (ivi, p. 417).

Fig. 1 ‑ Frontespizio del Faraone sommerso di O avio Tronsarelli (Roma, Francesco Corbelle i, 1631).

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il suo canto con gli interventi in sticomitia delle sue compagne.6

La  varietà metrica  del  testo,  come  tipico  per  l’epoca,  è  note‑vole:  il prevalente  tessuto di  endecasillabi  e  se enari  è punteg‑giato da  forme  strofiche  con  schemi metrici  e  rime mutevoli.  Il Prologo, affidato alla Furia, si articola in qua ro strofe di dodici versi  che presentano una  serie di  se enari  ed endecasillabi  con simmetrica disposizione delle rime abaBcCdEdEFF.7 Nel libre o, in cui sono ampi gli interventi del coro, ricorrono anche strofe di decasillabi  e  quinari,  oppure  o onari  e  quaternari;  meno  con‑sueta  la  soluzione  che vede, nel Coro d’Angeli  che  conclude  la Parte prima, un verso endecasillabo costituire  il refrain di strofe formate per il resto da quinari.8  Sono presenti didascalie sceniche che evidenziano l’a enzione 

del  Tronsarelli,  sia  pure  in  misura  minore  rispe o  alla  Catena d’Adone, per gli effe i spe acolari.9 La scena iniziale10 della Pri‑ma parte reca: «Choro d’Israeliti. | Di dentro al Diserto»; segue «Moisè. | sopra il lito del mare».  All’inizio della Parte seconda è prevista l’apparizione di un «Angelo | Dentro una Conca in Ma‑re».11 Al  primo  e  secondo  compagno  di Mosè  vengono  inoltre affidati  versi  descri ivi  che  sembrano  suggerire  una  realizza‑zione  scenica:  «Al  cenno  de  la  verga  i  flu i  labili  |  Sentieri  di zaffiri  aprano  stabili»,12  cui  segue  (dopo  interventi  di  Mosè  e dell’Angelo), la didascalia: «Choro d’Israeliti | passa il Mare»;13 ed ancora, subito dopo: «Suona la tromba della gente di Faraone»,14 per  avviare  la  sezione  che  vede  sopraggiungere  gli  inseguitori. 

6 Ivi, pp. 442‑443.7 Ivi, pp. 419‑420.8 Ivi, pp. 426‑427.9 Vedi S. SANTACROCE, «La Ragion perde cit., p. 145.10 O. TRONSARELLI, Faraone cit., p. 421; è l’unica occasione in cui viene indi‑

cata un’articolazione in scene, ma dopo la “Scena prima” il termine non ricor‑re più per il resto del dramma.

11 Ibid.12 Ivi, p. 430.13 Ivi, p. 431.14 Ivi, p. 432.

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Infine i canti di ringraziamento della Parte terza si svolgono: «Su ’l lito del Mare».15 Tra  le modulazioni che subirono  le storie di Mosè, una delle 

più  singolari  è  quella  documentata  da  uno  Scenario  del  Mosè trionfatore dell’Egi o. A ione allegorica in Honore di S. Francesco Bor‑gia  terzo  generale  della  Compagnia  di  Giesù  da  recitarsi  in  Ferrara l’Anno 1671 dalla gioventù ferrarese so o  la direzione dei Padri della Compagnia di Giesù in occasione della solenne canonizzazione del San‑to  (v. Fig.  2).16 La  rappresentazione,  articolata  in  tre  a i, prece‑duti da un Prologo affidato alla Poesia e  inframmezzati da due Intermezzi  in  cui  sono  inseriti  balli  pantomimici,  offre  l’oppor‑tunità agli esponenti della nobiltà locale di rievocare i fasti, ormai lontani, della corte di Ferrara,17 anche grazie ai legami di paren‑tela degli Estensi con i Borgia. È lo stesso Ercole II d’Este, figlio di Lucrezia Borgia e di Alfonso I, ad essere il protagonista dei due intermezzi,  in  cui  coordina gli  interventi di una  serie di perso‑naggi allegorici. Come spiega la didascalia:

Si rappresenta un Ricevimento, che fa il Duca Ercole d’Este à S. Francesco Borgia suo Nipote, e questo in Ferrara, dove fù realmente raccolto  da  quell’Altezza  Serenissima  con  sommo  honore.  Com‑manda  il  Duca  alla  Nobiltà  Ferrarese,  che  lo  riverisca,  e  con  le le ere,  e  con  le  armi. Nel  Primo  Intermezzo  lo  fanno  con  tu e  le Scienze,  e  termina  con  un  Balle o:  Nel  Secondo  con  i  principali strumenti da guerra, e termina con un giuoco di Spada.18 

Notevolmente artificioso è il collegamento tra le vicende della vita del santo e quelle di Mosè, che costituiscono il dramma vero e proprio,  tanto  che  l’autore  avverte  l’esigenza  di  spiegare  lʹal‑legoria affidandone il compito al conte Antonio Estense Mosti.19  

15 Ivi, p. 439.16 IN FERRARA, per il Giglio. Con licenza de’ Sup:17 Come noto, dal 1598, dopo la morte del duca Alfonso II, privo di eredi 

legi imi, Ferrara venne inglobata nello Stato Pontificio. 18 Scenario del Mosè cit., pp. 8‑9.19 Ivi, p. 15. Il conte si distinguerà come le erato e farà parte dello colonia 

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Per  dare  spazio  «alle  fintioni,  varietà,  ed  affe i  richiesti  al Teatro», ma  «senza però  contradire  alla Divina  Scri ura»,20  l’a‑zione vede  il  faraone ordinare  al figlio  l’organizzazione di una ba uta di  caccia nel  corso della quale  i primogeniti delle  fami‑glie ebraiche, cui è stato ordinato di servire il figlio del faraone e i  suoi  compagni,  saranno uccisi.  Il disegno  si  ritorce  contro  chi l’ha ordito e gli angeli del Signore, nel mentre improvvise calano 

Fig. 2 ‑ Frontespizio dello Scenario del Mosé (Ferrara, Giglio, [1671]).

arcadica ferrarese, fondata il 23 marzo 1699, con il nome di Dorebo Clareo; v. Prose degl’Arcadi, Tomo terzo, Roma, Antonio de’ Rossi, 1718, p. 144.

20 Scenario del Mosè cit., p. 4. 

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le  tenebre,  faranno  strage  dei  primogeniti  egizi  convincendo  il faraone a lasciare andare via gli Ebrei. Secondo  il disegno dell’ignoto autore,  l’esperienza  terrena di 

San Francesco Borgia, che «vinti gli ostacoli della corte – da cui si era allontanato per seguire la sua vocazione –, ricco della sua povertà,  abbandonò  il Mondo,  cantando  il  Salmo  In  exitu  Israel de Aegypto»,21 è figuralmente ricollegata a quella di Mosè, che a‑vrebbe potuto vivere agiatamente presso la corte del faraone, ma decise altrimenti.  Gli ingredienti tipici del dramma scolastico vi sono tu i: alle‑

gorie,  apparizioni prodigiose,  con un mago che evoca  il demo‑nio, balle i e “abba imenti“ in cui  i nobili studenti del collegio gesuitico, i cui nomi sono esaustivamente elencati,22  hanno modo di mostrare la loro perizia in a ività di fondamentale importanza per  la  loro  futura  vita  sociale. Ad  accrescere  il  cara ere  eroico della  decisione  del  Santo,  la  vita  di  corte  cui  Francesco  Borgia rinuncia viene presentata nei suoi aspe i più nobili e raffinati.Un teatro con finalità di formazione in parte diverse era anche 

quello  che  si  era  affermato  nei  conservatori  napoletani,  dove erano rappresentati drammi sacri con protagonisti allievi di estra‑zione sociale ben più modesta avviati ad una carriera musicale; della parte le eraria erano responsabili figure istituzionali, solita‑mente  ecclesiastici,  come  il  re ore  dell’istituto.  Uno  dei  primi esempi, risalente al 1671, è L’Onofrio […] o Il ritorno di Onofrio in Padria di Tommaso Valuta,23 esponente dell’ordine degli Scolopi e 

21 Ivi, p. 3.22  Ivi,  p.  13:  «Nomi  de’  Signori  Recitanti  nel  Dramma».  Tra  la  gioventù 

ferrarese  che  prese  parte  alla  rappresentazione,  in  posizione  di  spicco  è  il marchese Antonio  Tro i  nel  ruolo  di  S.  Francesco  Borgia  (Intermezzo  se‑condo).  Divenuto  arcidiacono  della  chiesa  metropolitana  di  Ferrara,  a  lui furono dedicate  le Osservazioni della  lingua  italiana  raccolte dal Cinonio accade‑mico Filergita […], Ferrara, Bernardino Pomatelli, 1709, di cui autore è Marco Antonio  Mambelli. Anche  Tro i  fece  parte  della  colonia  ferrarese  dell’Ar‑cadia, con il nome di Alero Epidotico; cfr. Prose degl’Arcadi cit., p. 143.

23 «L’ONOFRIO | DRAMA | DI D. TOMASO VALUTA, | o Il ritorno d’O‑nofrio in Padria. | DEDICATO | All’Illustriss. & Nobiliss. Signore | GASPARO 

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re ore  del  Conservatorio  intitolato  a  quel  santo.  Il  lungo  testo (con Prologo, affidato a personaggi allegorici, e tre a i), era desti‑nato senz’altro ad essere recitato;24 ma alcune scene, come la quin‑ta del terzo a o, avrebbero potuto offrire l’occasione per una rea‑lizzazione musicale:  in essa «Cori di Angioli  in aria», cui è affi‑data un’o ava di o onari25  con  incipit  «Vieni, Onofrio, ergiti  in su», incorniciano l’estasi del santo.Anche nei drammi sacri napoletani, influenzati dalle comedias de 

santos spagnole,26 ad essere privilegiati furono i temi agiografici; essi consentivano una più ampia libertà di manipolazione e l’age‑vole inserimento di episodi e personaggi comici, che solitamente si esprimevano in lingua napoletana o in calabrese.27 La conoscenza dei drammi gesuitici è requisito necessario per apprezzare in fili‑grana il gioco di rimandi, talora ironici, che si instaura con quella tradizione, come si nota nel Martirio di Santa Eugenia,28 proposto nel 1722 nello stesso Conservatorio di Sant’Onofrio con musica di Ni‑

ROOMER | [vigne a] | In Nap. Per il Roncagliolo. 1671 | […]». Su di esso v. FRANCESCO FLORIMO, La  scuola  musicale  di  Napoli  e  i  suoi  conservatorii,  4  voll., Napoli, 1881‑1883 (rist. anast.: Bologna, Forni, 1969), II, p. 23.

24 Vi è comunque l’occasionale riferimento ad effe i musicali, come indica la  didascalia  «(si  suona)»  apposta  al  verso  «Udite  voi  quell’armonia  cele‑ste?» (T. VALUTA, L’Onofrio cit., p. 181).

25 Con l’intromissione di un novenario (ivi, p. 139); lo schema delle rime è ababccaa.  Il  coro  d’angeli  riappare,  ancora  con  un’o ava  di  se enari,  nella scena XXIV dello stesso a o (ivi, p. 188). 

26 Cfr. BENEDETTO CROCE, I teatri di Napoli dal Rinascimento alla fine del secolo decimo avo, Nuova edizione, Bari, Gius. Laterza & Figli, 1916, p. 109.

27  Nell’Onofrio  ad  avere  connotazioni  buffe  è  il  personaggio  di  Nardo Napolitano  (che  si  esprime,  per  l’appunto,  in  lingua  napoletana),  nonché quello di Tilandra («cioè Florio vestito da donna»).

28 «IL MARTIRIO | DI | S. EUGENIA | TRAGEDIA SACRA | Da rappre‑sentarsi nel Regal Conserva‑ | torio de’ figliuoli di S. Onofrio di | questa Ci à di Napoli. | Nel Carnevale del  corrente anno 1722.  | DI LIONE COSTANTINO | FULARCO. | DEDICATA | All’Illustriss ed Eccellent. | SIGNORA | D. MAR‑CELLA | MAULEON, DE AMATO, | Marchesa di Robbio, e Contessa | del Sagro Romano Imperio. | [fregio] | IN NAPOLI MDCCXXII.| Con licenza de’ Superiori»; cfr. CLAUDIO SARTORI, I libre i italiani a stampa, 7 voll., Cuneo, Bertola & Locatelli, 1990‑1994 (da ora in poi SARTORI), n. 15008.

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cola Porpora.29 Il tema aveva avuto circolazione in drammi ese‑guiti, tra l’altro, nei collegi di Roma (1656, 1669)30 e Bologna (1662).31 L’autore del  libre o napoletano,  Lione Costantino  Fularco,  svi‑luppa il  testo consapevole degli esempi precedenti, ed inserisce scene  di  balle o  affidate  a  personaggi  comici,  chiamati  ad  ac‑cennare, senz’altro in maniera goffa, il ballo del ma accino (una simulazione in chiave gro esca di un duello), come pure a cantare una  raffinata  canzone a, ma proposta  in  false o;  è  evidente  la volontà di parodiare scene analoghe presenti negli intermezzi dei drammi scolastici ed affidate ad aristocratici convi ori. Uno dei tre buffi rende esplicito tale intendimento nel distico: «Balli, o canti, con bizarria | Cose nobili vi farò» (v. Fig. 3).Per riprendere il tema principale di questo mio scri o, in una 

ci à  vicino  a  Ferrara, Modena,  legata  da  rapporti molto  stre i con l’ambiente ferrarese,  il segretario del duca Francesco II d’E‑ste, Giovanni Ba ista Giardini, concepisce tra il 1682 e il 1691 un ciclo di o o oratori, dal Nascimento di Mosè allo Scisma del sacer‑dozio, dedicati alla vita del patriarca.32 Anche se manca qualsiasi riscontro ogge ivo, è difficile non cedere alla tentazione di colle‑gare  il  proge o  ambizioso  alla  volontà  di  esaltare  la  figura  di 

29 Per approfondimenti si rimanda a GAETANO PITARRESI, I Drammi sacri di Nicola Porpora del periodo napoletano, in Nicola Porpora musicista europeo. Le corti, i teatri, i cantanti, A i del Convegno internazionale di studi (Reggio Calabria, 3‑4 o obre 2008), a cura di Nicolò Maccavino, Reggio Calabria, Laruffa, 2011, pp. 121‑157: 138 sgg.

30 Cfr. ivi, pp. 139‑140 e relativa bibliografia.31 «SCENARIO | DELL’EVGENIA | TRAGEDIA | Recitata in Bologna | DA’ 

SIGNORI CONVITTORI DEL COLLEGIO | DEL B. LVIGI GONZAGA | Nel corrente Carnouale dell’Anno 1662» (SARTORI, n. 21134).

32  Gli  oratori  che  compongono  il  ciclo  sono:  Il  nascimento  di  Mosè  (1682, musica di Vincenzo de Grandis – SARTORI, n. 16263); Il matrimonio di Mosè (1684, musica di  Vincenzo de Grandis – libre o pubblicato con il titolo di La ritirata di Mosè dalla corte dʹEgi o e suoi sponsali con Sefora, SARTORI, n. 19905); Il Mosè legato di  Dio  e  liberator  del  popolo  ebreo  (1686, musica di Giovanni  Paolo Colonna  – SARTORI,  n.  16127); Mosè  condu or  del  popolo  ebreo  (1685, musica  di Giacomo Antonio Perti – SARTORI, n. 16119);  I  fa i di Mosè nel deserto  (1687, musica di Bernardo Pasquini – SARTORI, n. 9820); La creazione de’ magistrati (1688, musica di 

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Mosè  in  un  periodo  in  cui  si  intensificavano  le  voci  dell’esi‑stenza  di  uno  scri o  blasfemo,  il  Tra ato  dei  tre  impostori,  che qualificava come mistificatori  i  tre  fondatori delle  religioni mo‑noteiste: Mosè, Gesù e Maome o. Lo scri o, di volta in volta at‑tribuito  a  personaggi  come Averroè,  Federico  II  di  Svevia,  Pier delle Vigne, Baruch Spinoza,  sembra circolasse  in  forma mano‑

Antonio Giane ini – SARTORI, n. 6859); Dio sul Sinai (1691, musica di Antonio Giane ini – SARTORI, n. 7900, dove è repertata copia del libre o datata 1695); Lo scisma del sacerdozio (1691, musica di Alessandro Melani – SARTORI, n. 21302); cfr. VICTOR CROWTHER, The Oratorio In Modena, Oxford, Clarendon Press, 1992, p. 216.

Fig. 3 ‑ Il Martirio di Santa Eugenia, libre o di Lione Costantino Fularco (Napoli, 1722)

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scri a, ma nessuno lo aveva mai le o; la stessa regina Cristina di Svezia aveva cercato di procurarsene copia. Troverà la strada per la pubblicazione, ammesso che abbia mai avuto vita precedente, soltanto nel 1719 in Olanda, con il titolo di La Vie et lʹEsprit de Mr Benoît de Spinoza.33  Nell’ambito  del  suo  studio  sull’oratorio  a  Modena,  Victor 

Crowther ha dedicato a enzione a questa serie di libre i, in cui ha  riscontrato  «a  sophisticated  blend  of  religion,  politics,  and dramatic  entertainment  that  would  give  both  instruction  and pleasure».34  Egli  nota  in  particolare,  nei  primi  libre i  del  ciclo, l’esaltazione dell’a eggiamento di  tolleranza nei confronti degli ebrei che cara erizzava la corte degli Estensi.35 Non si sofferma invece  su  altri  aspe i  che mi  sembrano presenti  nei  tre  oratori risalenti agli anni 1684‑1686, Il matrimonio di Mosè, Mosè condut‑tore del popolo ebreo e Mosè legato di Dio e liberator del popolo ebreo (v. Fig.  4),  la  cui musica  si deve  rispe ivamente a Vincenzo de Grandis, Giacomo Antonio Perti e Giovanni Paolo Colonna. In quel periodo il piccolo ducato di Modena e Reggio cercava di 

acquisire una sia pur minima autonomia d’azione nei confronti delle  imposizioni  provenienti  dalla  Francia,  che  vietava  agli  E‑stensi di allacciare rapporti matrimoniali e politici con corti a lei sgradite, e perfino di mandare suoi rappresentanti alle nozze di Carlo  II  re di Spagna.  Il  crescente  risentimento nei  confronti di Luigi  XIV  cominciava  a  manifestarsi  palesemente  e  lo  stesso Siface, il castrato al servizio di Francesco II, già nel 1683 diffon‑deva a Roma  la voce  che nella  corte di Modena «si parl[a]  con poca stima de’ Francesi in generale, e con men d’ossequio di quel 

33 Si rimanda alla  traduzione  italiana: Tra ato dei  tre  impostori. La vita e  lo spirito  del  signor  Benede o  de  Spinoza,  a  cura  di  Silvia  Berti,  prefazione  di Richard H. Popkin, Torino, Giulio Einaudi, 1994.

34 V. CROWTHER, The Oratorio In Modena cit., p. 60.35 Lo studioso evidenzia i riferimenti politici sopra u o nel Nascimento di 

Mosè; cfr. VICTOR CROWTHER, A Case‑Study in the Power of the Purse: The Mana‑gement  of  the  Ducal  Cappella  in  Modena  in  the  Reign  of  Francesco  II  d’Este, «Journal of the Royal Musical Association», CXV, 1990, n. 2, pp. 207‑219: 216.

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che  si deve di Sua Maestà medesima».36  Il  contrasto  si  acuì nel 1684 quando il marchese Cesare Ignazio d’Este, cugino di Fran‑cesco II, cui il duca aveva affidato sostanzialmente la conduzione degli affari di stato, concluse il matrimonio, avversato dalla Fran‑cia, tra sua sorella Angela Maria Caterina e il principe Emanuele 

36 Dispaccio di Gasparo Rizzini, residente a Parigi del ducato di Modena, a Cesare Ignazio dʹEste; cfr. GIACOMO BELTRAMI, Il ducato di Modena tra Francia e Austria (Francesco II d’Este, 1674‑1694), Modena, Eades Muratoriana, 1957, p. 27 («Biblioteca della Deputazione di  Storia  Patria  per  le Antiche Province Mo‑denesi», 12).

Fig. 4 ‑ Frontespizio del libre o Il Mosè legato di Dio di Giovanni Ba ista Giardini (Modena, Stamperia Ducale, 1686).

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Filiberto di Savoia.37 Per evitare ritorsioni dal Re Sole, che espres‑se apertamente il suo disappunto, Francesco II dove e momen‑taneamente  allontanare  il  cugino  dalla  corte,  anche  se  poi,  a distanza di un anno, lo fece rientrare.Per il pubblico presente all’esecuzione del Matrimonio di Mosè, 

del 1684, il testo del coro «A 5» che conclude la prima parte del‑l’oratorio è chiaramente allusivo:

Che tuoni, che frema,de’ venti furenti la rabbia crudel.Per questo non tema  quel legno che degno veleggia col Ciel.Quando lo credi absorto,la man di Dio l’ha ricondo o in porto.38  

Altre anto avviene per il Mosè legato di Dio, proposto nel 1686: i versi con cui si avvia il primo recitativo della seconda parte del‑l’oratorio,  posti  sulla  bocca  di  Aronne,  che  seguono  un’aria parimenti allusiva, costituiscono moniti rivolti al Faraone/Re Sole, presentato come un tiranno arrogante che avrebbe voluto piegare al suo volere il destino di un popolo: 

Crollano le Coronesu le teste regnanti,cui dà norma fallace empia ragione.Stan sempre vacillantii Troni a cui fan basela forza ingiusta, e l’innocenza oppressa […]39 

37 Sui rapporti tra il regno di Francia e il ducato di Modena e Piacenza, v. anche  ALESSANDRO  CONT,  “Sono  nato  principe  libero,  tale  voglio  conservarmi”: Francesco II d’Este (1660‑1694), «Accademia Nazionale di Scienze, Le ere e Ar‑ti di Modena, Memorie Scientifiche, Giuridiche, Le erarie»,  ser. VIII, v. XII, 2009, fasc. II, pp. 407‑459: 440 sgg. 

38 VINCENZO DE GRANDIS,  Il matrimonio  di Mosè,  partitura ms.,  cc.  15v‑19r (Modena, Biblioteca Estense, Mus. F. 521).

39 «IL MOSÈ | LEGATO DI DIO | E | LIBERATOR DEL POPOLO EBREO | 

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Del pari nell’altro oratorio, Mosè condu or del popolo ebreo, del 1685, puntualmente nella parte iniziale che costituisce una specie di Prologo, il Testo, alternandosi con il coro, pronuncia versi dal ca‑ra ere sentenzioso, in cui si ribadisce che: «Sono labili, e vaganti, e sogge e a l’incostanza le promesse de’ Regnanti»,40 con chiaro ri‑ferimento  all’a eggiamento  solo  apparentemente  favorevole  di Luigi XIV nei confronti del duca di Modena, che vedeva poi re‑golarmente disa ese le sue richieste; vicende ben note a Giardini, che ne era il segretario. Di lì a poco Francesco II avrebbe cominciato a rivolgere alla corte asburgica la sua a enzione, pur con un a eg‑giamento improntato ad estrema cautela. Politicamente vicina all’Impero Austro‑Ungarico era Venezia, 

ed  in  essa  le  storie  di Mosè  tendono  ad  assumere  un  cara ere accentuatamente  melodrammatico,  so o  l’influsso  della  domi‑nante a ività operistica. Lo si nota in un libre o dell’aprile 1681, La sommersione  di  Faraone,  a estante  un’esecuzione  avvenuta  nella chiesa di San Giorgio Maggiore nel corso del Capitolo generale della Congregazione cassinense. 41 L’ignoto scri ore confeziona il testo seguendo la logica impre‑

sariale dell’assemblaggio rapido di situazioni e versi riciclati da altri  libre i e minimamente variati. Si veda  l’esordio affidato al Ministro del Faraone,  che  riferisce della  strage dei primogeniti: 

ORATORIO TERZO | In ordine alla Vita di de o Mosè | Consecrato all’Altezza Sereniss. di | FRANCESCO II° | Duca di Modona Reggio &c. | MVSICA DEL SIGNOR | GIO. PAOLO COLONA [sic] | Mastro di Capella di S. Petronio di Bologna.  |  [stemma]  |  In Modona  nella  Stamparia Ducale Con  Lic.  dè  Sup., [1686]», p. 14.

40 «IL | MOSE’ | CONDUTTOR DEL POPOLO EBREO | Oratorio quarto in ordine alla sua Vita | Posto in Musica dal Signor | GIACOMO ANTONIO PERTI | E CONSECRATO | All’Altezza Serenissima | DI FRANCESCO II° | Duca di Modona Reggio &c. | [stemma] | IN MODONA M. DC. LXXXV. | Per gli Eredi Soliani Stampatori Ducali CON LICENZA DEʹ SUPERIORI», p. 7.

41 «ORATORIO. | La Sommersione | DI FARAONE | cantato nella chiesa di San | Giorgio Maggiore | di Venetia | In occasione del Capitolo Generale della | Congregazione Casinense Celebrato | in de o Monasterio nel Mese | di Aprile. | [xilo‑grafia: corona con rami di ulivo e palma] |  IN VENETIA. Per  il Valuasense, M.DC.LXXXI. | Con Licenza de’ Superiori», (SARTORI, n. 22289).

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esso richiama ben più famosi annunci di monteverdiana memoria:   Messagiero infeliceDi successi funestiO gran Re dell’Egi o a te m’inchino.Queste lacere vesti,Questi lumi piangenti,Questi interro i accentiTi faccian noto a pienoL’indicibil dolor ch’io porto in seno.42

L’impaginazione operistica è rafforzata dalla presenza di un per‑sonaggio femminile,  la Regina moglie del Faraone, che lamenta la morte del figlio ed è presaga di nuove sventure.Non mi  soffermo su altri  libre i  romani di fine Seicento  che 

ancora riprendono il tema del passaggio del Mar Rosso,43 per de‑dicare  qualche  conclusiva  osservazione  al  Faraone  sommerso  di Nicolò Fago (1676‑1745), l’unico oratorio di questo compositore di cui  sia  rimasta  la musica.  Ci  viene  trasmessa  da  due  partiture manoscri e, una delle quali (custodita presso la Bodleian Library di Oxford) reca  l’anno 1709,44  l’altra si  trova nella Biblioteca del Conservatorio di Firenze e fa parte del fondo Basevi (v. Fig. 5);45 non ci è pervenuto il libre o. Se la data è a endibile, è verosimile che questo lavoro sia stato proposto a Napoli nell’ambito del ciclo 

42 Ivi, p. 3.43 Tra cui La sommersione di Faraone, di Antonio Masini, su libre o di Barto‑

lomeo  Nencini,  eseguito  a  Roma  nel  1675  nell’oratorio  della  Pietà  in  S. Giovanni dei Fiorentini; cfr. ARNALDO MORELLI, s.v. «Masini, Antonio», in Di‑zionario Biografico degli Italiani, Roma, Treccani, LXXI, 2008 (online). Per un e‑lenco più completo, si rimanda al SARTORI.

44 «1709 |  Il Faraone sommerso | Oratorio à Qua ro Voci  con v.v.  e viole a | Faraone, Moisè, Aronne, e Messo | Del Sig:r Nicolò Fago» (partitura ms., GB‑Ob, Ms Tenbury 518.)45  «Faraone  sommerso,  |  Oratorio  à  qua ro  voci  |  con  V.V.  e  Viole a  |  Del  Sig:r Nicolò Fago De o | Tarantino» (partitura ms.: I‑Fc, B‑2374). Il copista principa‑le, cui si devono molti mss. napoletani dei primi due decenni del Se ecento, corrisponde a quello indicato come N2 in DINKO FABRIS, Cantate di Nicola Fago nei manoscri i Prumières‑Thibault de la Bibliothèque nationale de France, in Noter, 

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di oratori di argomento biblico che l’arcivescovo Pignatelli46 fece eseguire presso la cappella del suo palazzo. Di due di essi (furono dati il primo e l’o o marzo 1709), la «Gazze a di Napoli» fornisce 

annoter, éditer la musique. Mélanges offerts à Catherine Massip, réunis par Cécile Reynaud  &  Herbert  Schneider,  Paris,  Bibliothèque  nationale  de  France  – Librairie Droz, 2012, pp. 91‑112:  103‑104 e n.  26,  e  che  fu  responsabile della copiatura  di  parte  delle  cantate  di  Fago,  contenute  nel  volume  F‑Pn,  Rés. Vmc. ms. 73. 

46  Sull’arcivescovo  Francesco  Pignatelli,  che  nell’ambito  della  guerra  di successione spagnola propendeva per  lo  schieramento delle  forze che soste‑nevano  Carlo  d’Asburgo,  fratello  dell’imperatore  Giuseppe  I,  come  preten‑dente al trono di Spagna, v. AUSILIA MAGAUDDA ‑ DANILO COSTANTINI, Musica e spe acolo  nel  Regno  di  Napoli  a raverso  lo  spoglio  della  «Gazze a»  (1675‑1768), Roma, ISMEZ, 2009, Appendice su CD‑Rom allegato, p. 132, n. 457.

Fig. 5 ‑ Frontespizio della partitura del Faraone sommerso di Nicolò Fago (I‑Fc, B‑2374).

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notizie; del primo vengono citati i qua ro personaggi che vi agi‑rono: Davide, Atan,47 la Giustizia e la Misericordia. Il cronista rife‑risce anche i nomi del libre ista, don Carlo Maiello, re ore del Se‑minario, e del compositore Pietro Bartilo i, maestro di cappella del Duomo.48  Del secondo oratorio, ci viene riportato unicamente il titolo, Il Trionfo di Davide. Dopo un accenno ai do i sermoni che l’arcivescovo aveva avuto occasione di pronunciare, nella «Gaz‑ze a» si afferma che è prevista l’esecuzione di altri oratori nei ve‑nerdì successivi.49 Nel 1709 Fago assunse la carica di maestro di cappella del Tesoro di S. Gennaro,50  ed è probabile che il Pignatelli abbia richiesto il suo contributo.  Con i due oratori citati  il Faraone sommerso, che non presenta 

una particolare rielaborazione in funzione di interessi mondani, condivide il tema biblico. I qua ro personaggi che sviluppano il dramma sono il Faraone (basso), Mosè (tenore), Aronne (alto), ed il Messo  (soprano), che  talora, come è stato osservato da Maria Grazia Melucci, richiama le funzioni del Testo, ormai desueto.51  

47  Probabilmente  è  un  errore  di  stampa,  dovrebbe  tra arsi  del  profeta Natan. 

48 Cfr. A. MAGAUDDA ‑ D. COSTANTINI, Musica e spe acolo cit., CD‑Rom, p. 157: «Nello scorso primo venerdì di marzo [1 marzo] lʹeminentissimo nostro arci‑vescovo Pignatelli  fé  rappresentare  nella  cappella  del  suo  palazzo  un  nobi‑lissimo sagro oratorio da 4 sceltissime voci ed istrumenti, le quali figuravano Davide, Atan, la Giustizia e la Misericordia, composto egregiamente dalla do a penna del canonico D. Carlo Maiello, re ore del seminario arcivescovale, e po‑sto in musica dal maestro di cappella del duomo Bartilo i, con avervi fa o un breve ma compuntivo sermone di Passione S. Em. [...]» (notizia pubblicata il 5 marzo 1709).

49  Ibid.:  «Nel  trascorso  secondo  venerdì  di  marzo  [8  marzo]  fé  rappre‑sentare in musica la de a eminenza altro sagro oratorio nella cappella del suo palazzo, intitolato Il trionfo di Davide, con sermoneggiarvi lʹEm. S. con tu o zelo, la quale farà celebrarne la simile funzione in tu i gli venerdì di questo mese» (notizia pubblicata il 12 marzo 1709).

50 Cfr. HANNS‑BERTOLD DIETZ,  s.v.  «Fago.  (1)  (Francesco) Nicola Fago»,  in The  New  Grove  Dictionary  of  Music  and  Musicians,  edited  by  Stanley  Sadie, London, Macmillan, 20012, vol. 8, pp. 514‑516: 514‑515.

51 Per una visione d’insieme degli aspe i musicali e drammatici dell’oratorio si rimanda a MARIA GRAZIA MELUCCi , Nicola Fago ̋ il Tarantinoʺ: la musica vocale da camera e drammatica, relatore Maria Caraci Vela, Cremona, Scuola di Paleografia e 

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Un  aspe o  subito  da  evidenziare  nella musica  è  il  ruolo  della sinfonia iniziale: non un brano generico, ma in stre a relazione con  il  successivo  recitativo di Mosè,  sì da potere  affermare  che l’azione si avvia già con il brano strumentale. Nella tonalità di Si minore, di stru ura tripartita, vede come movimenti esterni due brevi successioni accordali cara erizzate da un sentimento ango‑scioso  e  dall’indicazione  di  andamento Adagio.  Lo  sviluppato Allegro centrale in tempo ternario, mantiene la tonalità di Si mi‑nore, ed insiste monotonamente su un motivo, proposto in imi‑tazione, che delinea una successione intervallare discendente.  Il culmine espressivo si ha nei replicati urti di seconda, veri e propri gemiti di dolore, che appaiono con insistenza nel corso del mo‑vimento. Viene in definitiva evocato lo stato penoso in cui versa il popolo egizio per le piaghe infli e da Dio; lo chiariscono le parole che, a conclusione della sinfonia, nel recitativo che si avvia sullo stesso accordo di Si minore, Mosè rivolge al Faraone: «Alle leggi del Cielo | Sire ubbidite al fine, | Perché il misero regno | Geme in‑volto fra mille aspre ruine». Sono queste espressioni che danno significato al brano strumentale e ne prolungano la risonanza.Altri aspe i musicali  interessanti di un lavoro nel complesso 

di alto livello qualitativo sono costituiti dall’aria del Messo, «S’o‑dano intorno | Inni di laude», con qua ro parti di violino divise in due coppie per amplificare  in eco, con alternanza  forte  /dolce, la gioia per la liberazione e il ringraziamento al Cielo, prima che gli Ebrei si accorgano di essere  inseguiti dall’esercito del Farao‑ne.  Significativa è  anche  l’aria  con violoncello  solista,  che  si  in‑scrive nella tradizione della scuola violoncellistica napoletana, in rapido sviluppo grazie a virtuosi come Francesco Supriani e al‑l’allora giovanissimo Francesco Alborea;52 il brano, «Aprite il se‑no  onde  orgogliose»,  affidato  a  Mosè,  presenta  figurazioni  idio‑matiche per l’epoca abbastanza avanzate (v. Fig. 6). 

Filologia Musicale dellʹUniversità di Pavia, 1987, pp. 112‑122, 159‑160.  52 Sulla presenza di arie con violoncello obbligato in partiture napoletane 

dell’epoca, v. ROSALIND HALTON, Nicola Porpora and the Cantabile Cello, in Nicola Porpora musicista europeo cit., pp. 303‑336.

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Notevole  è  anche  la  grande  aria  del Messo,  «Forz’è  pur  nel proprio  sangue  |  o nell’onde naufragar»:  esprime  l’improvvisa disillusione degli Ebrei, che pensavano di essere finalmente libe‑ri di allontanarsi dall’Egi o, ma scorgono l’esercito del Faraone che  li  insegue per  sterminarli:  la  loro  unica  alternativa  è  anne‑gare nel Mar Rosso. L’aria‑lamento è sviluppata sul consueto te‑tracordo discendente dominante‑tonica nella variante cromatica (v.  Es.  1);  il  suo  incipit  melodico,  l’insistenza  su  alcune  disso‑nanze di seconda nonché l’analogia di alcuni disegni richiamano l’aria di Cleopatra  «Se pietà di me non  senti», del Giulio Cesare (1723) di Händel (v. Es. 2). Non voglio certo sostenere una qual‑che derivazione, non dimostrabile e  in definitiva poco rilevante in  considerazione della  ben nota  abilità di Händel  nel metabo‑lizzare e trasformare gli spunti di cui si serve, ma aggiungere un 

Fig. 6 ‑ Inizio dell’aria «Aprite il seno onde orgogliose», dal Faraone sommerso di Nicolò Fago (I‑Fc B‑2374).

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granello alla consapevolezza del debito che il musicista tedesco accumulò nei confronti della tradizione italiana, e napoletana in particolare. Händel ebbe senz’altro occasione di conoscere Fago nel pochi mesi del 1708, tra  maggio e luglio, in cui fu a Napoli ed entrambi i compositori lavorarono per gli stessi commi enti, realizzando la musica per due serenate su testo di Nicolò Giuvo: la prima Aci, Galatea e Polifemo, l’altra È più caro il piacer dopo le pe‑

Es. 1 ‑ NICOLÒ FAGO, Faraone sommerso, aria «Forz’è pur nel proprio sangue, ba . 9‑16.

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Es. 2 ‑ GEORG FRIEDRICH HÄNDEL, Giulio Cesare, aria: «Se pietà di me non senti» (II, 8), ba . 8‑17.

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ne,  per  le  nozze del duca d’Alvito  con Beatrice Tocco  Sanseve‑rino.53 Accennavo  all’assenza  di  espliciti  riferimenti  profani,  nel  li‑

bre o del Faraone sommerso; ma, per servirmi di un de o popo‑

53 Cfr. A. MAGAUDDA ‑ D. COSTANTINI, Musica e spe acolo cit., CD‑Rom, p. 146: «Sul tardi di giovedì 19 del corrente si portò lʹaccennato nostro eminentissimo arcivescovo  Pignatelli  nel  palazzo  di  D.  Giovanni  Milano,  marchese  di  S. Giorgio, ove si era unito il primo fiore di questa nobiltà di lui congionta e del principe di Monte‑Mile o,  ed  ivi  S. Em.  fece  lʹufficio di parroco, unendo  in santo matrimonio li scri i D. Tolomeo Saverio Gallio Trivulzio, duca dʹAlvito, con D. Beatrice Tocco Sanseverino, figlia del  fu principe di Monte‑Mile o e nipote dello stesso marchese di S. Giorgio, quale, con splendidezza alla grande, fé dispensare  ivi  a  tu i  copiosità di  scelti preziosi  rinfreschi,  avendo  tenuto lʹanello il principe di Colobrano, Carafa. La medesima sera, accompagnata da‑

Fig. 7 ‑ Coro «Cedi, cedi umano orgoglio», dal Faraone sommerso di Nicolò Fago (I‑Fc, B‑2374).

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lare, “il diavolo, cacciato dalla porta, rientra dalla finestra”. Nella copia custodita a Firenze della partitura alcune arie presentano, al margine,  indicazioni apposte da altra mano, come: «Aria prima segnata». Sono in tu o qua ro, e alcune recano un testo alterna‑tivo  che  in  parte  sostituisce  quello  originale.54  Non  sono  state fornite spiegazioni del fa o,55 ma penso che la chiave sia data dal nuovo testo che appare nel coro conclusivo dell’oratorio (v. Fig. 7 , pagina precedente), che modifica l’originario 

    Cedi, cedi umano orgoglioAl piacer del sommo Re    Rendi l’armi ed a quel soglioIncatena umile il piè.

in

    Ceda, ceda umano orgoglioAl valor del nostro Re    Chini il capo al suo gran soglio

       E li baci umile il piè.

Sembrerebbe dunque tra arsi di una cantata per l’onomastico o il compleanno del re – in quel  periodo estendeva il suo controllo 

gli stessi suoi parenti,  fu condo a  la sposa al palazzo del consorte a Chiaia, sontuosamente addobbato, ove le ricche tappezzarie, i controtagli, i racami, i broccati, glʹori, le gemme, le statue, i quadri ed ognʹaltro preziosissimo arnese erano  inestimabili,  banche andovisi  splendidamente»  (notizia  del  24  luglio 1708). In merito all’esecuzione delle due serenate, v. ivi, p. 146, n. 509, mentre per un quadro d’insieme degli studi riguardanti la controversa commi enza ed esecuzione in questa occasione della serenata di Händel, si rimanda alla sintesi proposta da DINKO FABRIS, Gli studi su Händel in Italia, in Musicologia come pre‑testo. Studi  in memoria di Emilia Zane i, a cura di Tiziana Affortunato, Roma, Istituto Italiano per la Storia della Musica, 2011, pp. 147‑176. 

54 Se ne riporta  la trascrizione in Appendice; per  l’aria «S’odano intorno» una sola parola viene cambiata.

55 Maria Grazia Melucci nota la presenza di un nuovo testo, che trascrive parzialmente, ma non avanza ipotesi sulla sua destinazione; cfr. M. MELUCCI, Nicola Fago ʺil Tarantinoʺ cit., pp. 114, 160.

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su Napoli Carlo III d’Asburgo, re di Spagna, carica che avrebbe lasciato nel 1711, dopo  la morte del  fratello Giuseppe  I, per as‑sumere quella di imperatore – e leggendo di conseguenza i testi delle altre arie ne emerge una cantata celebrativa per il sovrano in cui forse due personaggi allegorici, appartenenti  l’uno al reame della Virtù,  l’altro  a quello del Vizio,  si  contrappongono prima della vi oria dell’elemento positivo. Sul manoscri o presumibil‑mente lo stesso Fago, o il le erato autore delle modifiche,56 indicò al  copista  l’ordine  in cui disporre  le qua ro arie,  che sarebbero state poi trasportate, se necessario, in altra tonalità, collegate da recitativi adeguati, e conclusi dal coro encomiastico. Ancora una volta, servendosi degli stessi codici linguistici, trono ed altare si legi imavano e sostenevano a vicenda. 

56 Come mi suggeriva in alternativa Giovanni Polin nel corso del convegno.

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TESTO ORIGINALE 

MessoS’odano intorno 

Inni di laudeA sì bel giorno Il Cielo applaude.

Risuoni intanto E l’aria, e l’ondaE al dolce cantoEco risponda.

AronneSanto Amor amato Duce

Guida i passi del nobil piè.La tua bella e chiara luce

Non mai lungi stia da me

MosèNuove guerre, e spaventi

Fiero apprestando vo.Nuovi mostri inclementi

Crudel susciterò;Contr’al mio piè festoso*La rea baldanza sua doma vedrò.

FaraoneMiei fidi armatevi 

Alla vende a         Svenati cadanoI fuggitivi,Di sangue vadanoPiù gonfi i riviChe più s’aspe a?         Miei fidi armatevialla vende a.

TESTO CANTATA CELEBRATIVA  (?)

 Aria prima segnataS’odano intorno 

Inni di laudeA sì bel giorno Il Cielo applaude.

Risuoni intanto E l’aria, e l’ondaE al nostro cantoEco risponda

Aria 2a segnataAlla gente a Dio dile a

Sciogli i lacci di servitù.Che si tarda e che si aspe a

Si prescri o ha il Ciel la su.

Aria 3a segnataNuove straggi, e spaventi

L’aria apprestando và.Nuovi mostri, e portenti

Irato il Ciel daràSe duro ancor negateAl Popolo di Dio la libertà.

Aria 4a segnataMiei fidi armatevi 

alla vende a.Svenati cadano

I fuggitivi,Di sangue vadanoPiù gonfi i riviChe più s’aspe a?         Miei fidi armatevialla vende a.

* Verso dalla le ura incerta.

APPENDICe

Confronto tra il testo originale dell’oratorio Faraone sommerso di Nicolò Fago e il testo aggiunto (I‑Fc, B‑2374).

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Tu i    Ceda, ceda umano orgoglioAl valor del nostro Re    Chini il capo al suo gran soglioE li baci umile il pie’.

T[u i]    Cedi, cedi umano orgoglioAl piacer del  sommo Re    Rendi l’armi ed a quel soglioIncatena umile il piè.