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Il presente studio è stato condotto da:

GIOVANNI DELFINOResponsabile Ricerca eCoordinamento Scientifico

GABRIELE OLIVACoordinamentoCuratore della ricerca sul campoe della parte ornitologica.

FILIppO GIACHICuratore della parte relativa agli anfibi e rettiliCuratore dei dati storici (mammiferi)

ANNALENA puGLISICuratore parte GIS e Aspetti Climatici

FRANCESCO SACCONICuratore della parte grafica del GIS

ANTONELLA VELLONEper la redazione delle schede faunistiche

STEFANO SATIper la verifica dei contenuti generali

ROSSANO pApIper la parte entomologica

REALIZZAZIONE GRAFICALa realizzazione grafica di questo volumeè stata curata da:

TV1 s.p.a.

Loc. Villanuzza, 176

Montevarchi (AR)

Si ringraziano Luigi Bartolozzi e il Signor Nicola Calcinaiper il loro contributo

Al professor Gastone Bani, mio maestroG. Delfino

A Elisa e ArturoG. Oliva

ELENCO FOTO

G.OLIVApag.3,4,7,11,12,15,17,19,36,53, 54,55,61,65.

LuIGI ARDENNApag.38,39,41,45,47,48,49,50,52,62,66.

NICOLA NITTIpag.16,18,23,26,27,28,29.

MATTEO MOCELLINpag. 30.

Alcune foto sono state riprese da internet attraversouna ricerca su siti dove non erano previsti vincoli diutilizzo. Abbiamo utilizzato le immagini tenendoconto che la presente pubblicazione viene distribuitagratuitamente.

COpERTINA: femmina di Rigogolo – Luigi Ardenna

Finito di stampare Dicembre 2010

Industria Grafica Valdarnese, San Giovanni Valdarno (AR)

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INDICEPresentazioneIntroduzione

ASPETTI GENERALI 7Area di studio

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LE AREE PROTETTE 11La L.R. Toscana 13

LA RICERCA 15

RISULTATI 18Invertebrati - Coleotteri 19Anfibi e rettili 23Uccelli 30Mammiferi 53

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Al termine di un progetto che ha coinvolto varistudiosi naturalisti e li ha visti operare sulnostro territorio comunale, siamo giunti a que-sta pubblicazione che, con linguaggio semplicema con valore scientifico elevato, vuole presen-tare i risultati della ricerca, riportando i datisulla distribuzione e le peculiarità della faunapresente nelle nostre zone. Emerge una biodi-versità elevata, che occorre salvaguardare, inparticolare ponendo attenzione alle specie piùsensibili alle variazioni climatiche e a tutti queicambiamenti che l’uomo, senza un’attentagestione, può effettuare sull’ambiente condi-zionando gli ecosistemi presenti. Il fatto che oltre il 25% del territorio comunalesia inserito in Aree protette dimostra quanto ilComune di Reggello sia da sempre impegnatoin questo senso.

Presentazione

Convinti dunque che la conoscenza e l’educa-zione ambientale siano i fondamenti per unacorretta politica di salvaguardia della natura,speriamo che questa pubblicazione possa con-tribuire ad apprezzare ulteriormente il nostroterritorio e a salvaguardarlo. Speriamo infine che le informazioni riportate suquesta pubblicazione possano essere di stimo-lo al lettore per una visita alla scoperta dellebellezze naturali del nostro Comune.

L’Assessore all’Ambientepaolo Guerri

Il SindacoSergio Benedetti

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Presentazione dell’opera - Università

Nel momento stesso in cui ho assunto l’incari-co di “garante scientifico” di questo documen-to commissionato dal Comune di Reggello, hoavuto la consapevolezza che si sarebbe trattatodi qualcosa di ben diverso rispetto agli usualiimpegni di revisione di articoli specialistici. Sitrattava in effetti di uscire dall’ambito dei labo-ratori per calarsi nel territorio, coordinandol’attività di operatori che esprimevano variecompetenze, conseguite con diversi percorsi distudi ed esperienze. Mi rendo conto che possa sembrare eccessivodefinire multidisciplinare una ricerca che vertesul tema apparentemente unificante dellafauna, e tuttavia questo è stato il caso. Nondeve essere considerato un abuso ricorrereancora una volta alla nozione di biodiversitàper esprimere l’ampissimo ventaglio di adatta-menti anatomici, fisiologici ed eco-etologicicaratteristici degli Animali, anche limitandoci ai“soli” Vertebrati. Questi rappresentano in effet-ti l’oggetto pressoché esclusivo dell’attività sulcampo effettuata in questa ricerca, dal momen-to che la parte relativa agli Insetti rappresental’elaborazione di dati raccolti da un operatoreesterno allo staff, il quale ha fornito un consen-so informato all’utilizzo del suo prezioso mate-riale.Le strategie di sopravvivenza messe in atto dairappresentanti delle varie classi di Vertebratisono in effetti molto diverse e diversamenteefficaci: questo si traduce nella pratica dellaricerca, nell’adozione di metodi specifici perogni ambito sistematico, in relazione anche alnumero degli esemplari che di volta in voltasono valutabili. Con ciò intendo affermare chel’entomologo, l’erpetologo, l’ornitologo e lospecialista dei Mammiferi non solo impieganotecniche di osservazione diversa, ma anche checonseguono diversi livelli di informazione e,nella pratica della divulgazione, presentano inmodo diverso i propri risultati. Basti pensareche gli Anfibi vengono di norma riconosciutiper la presenza delle uova e delle larve nei sitidi riproduzione; che i Rettili rappresentanoorganismi estremamente criptici (talvolta siricorre alla raccolta delle esuvie di muta); chenel caso dei Mammiferi si è affermata la tecni-ca dello studio delle feci; infine si può metterein risalto un elemento apparentemente para-dossale: i membri della classe fisicamentemeno avvicinabile, quella degli uccelli risultanoin realtà quelli la cui presenza è meglio valuta-bile, grazie ai segnali canori e cromatici cheesprimono. Come vedremo, nel caso degliuccelli è stato in effetti possibile l’utilizzo diuna modellistica ecologica avanzata,per non correre il rischio di anticipare concettiche saranno di volta espressi nelle varie sezio-

ni di questo documento, mi limiterò in questasede a enunciare l’atteggiamento generale cheho seguito nella revisione. Ho ritenuto di nonmortificare le competenze dei collaboratori,costringendo le loro relazioni in una cornice dirigorosa uniformità . Coerentemente con que-sto atteggiamento di rispetto culturale, mi sonolimitato a ricondurre i vari contributi a uncomune schema molto generale. In tal modo lacommittenza avrà modo di apprezzare come labiodiversità si rifletta nella varietà degliapprocci metodologici che consentono di stu-diarla.

Firenze Dicembre 2008 - prof. Giovanni Delfino

Questa premessa, datata 7 novembre 2008,apriva la relazione tecnico-scientifica, con laquale avevamo onorato il precedente impegnoassunto nei confronti del Comune di Reggello.L’interesse suscitato da questo elaborato hasuccessivamente suggerito al Committente diriproporlo in una forma più marcatamentedivulgativa, che mantenesse comunque lecaratteristiche fondamentali della prima versio-ne. per conseguire tale risultato, abbiamo pro-ceduto effettuando tagli mirati, sia riducendo leparti maggiormente speculative, o comunque acontenuto prevalentemente teorico, sia elimi-nando i riferimenti bibliografici. Questa opera-zione ha in qualche misura ridotto il contenutoinformativo del documento, ma il testo nellaforma attuale risulta più agile e sintetico, equindi adeguato a un pubblico più ampio.

Firenze 27 novembre 2010

prof. Giovanni DelfinoDott. Gabriele OlivaLaboratorio di Anatomia ComparataDipartimento di Biologia Evoluzionistica “Leo pardi”università degli Studi di Firenze,via Romana 17 I-50125 Firenze

Da parte dei curatori

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IntroduzioneIl seguente documento costituisce la relazione conclusiva dello studio finalizzato almonitoraggio delle specie animali appartenenti alla fauna protetta, particolarmente sen-sibili agli effetti del turismo e alle trasformazioni delle aree naturali, che il Comune diReggello ha commissionato al Dipartimento di Biologia Evoluzionistica dell’Università diFirenze. Lo studio è stato finalizzato anche alla redazione di questa pubblicazione divul-gativa che raccoglie in modo completo e organico gli aspetti faunistici e naturalistici pre-senti nel territorio comunale di Reggello.

raccolti e infine alle conclusioni) si è preferitoscorporare i temi attinenti all’erpetofauna:Rettili (Laceriliani e Ofidi) e Anfibi (Anuri eurodeli), rispetto a quelli relativi alla teriofauna(Mammiferi) e all’ornitofauna (uccelli). I motividi tale approccio, più analitico che sintetico,risiedono nelle peculiari condizioni che caratte-rizzano la biologia (intesa anche nel senso dellaconservazione) degli ecto- e degli endotermi.per esemplificare, la situazione di “sofferenza”degli Anfibi Anuri è assolutamente diversarispetto a quella degli uccelli, e diverse sonoanche le strategie di tutela da mettere in atto.Al di là di queste differenze, e al fine di con-sentire una lettura integrata della relazione, trai vari livelli sistematici coinvolti dallo studio èstata mantenuta una sostanziale uniformitànell’articolazione delle fasi del progetto.

Nei vari capitoli seguenti verranno descritti inmodo approfondito i risultati dei lavoro effet-tuato. Con il presente lavoro pensiamo di averprodotto uno studio completo (compatibilmen-te con l’ estensione dell’area interessata) in cuiabbiamo voluto includere alcune considerazio-ni relative ai cambiamenti climatici in corso e laricaduta sull’ambiente considerato.

AZIONI REALIZZATE

ATTIVITà CONOSCITIVA pRELIMINARE: nelcorso del 2006, 2007 e 2008 sono state ese-guite ricerche preventive sul territorio e inambito bibliografico al fine di determinare lostato delle conoscenze naturalistiche presenti edi poter meglio definire, in relazione allo stu-dio:- gli obbiettivi;- l’area interessata;- i materiali e i metodi;- gli operatori coinvolti nello studio.Inoltre sono stati considerati:- Le specifiche caratteristiche ambientali e

naturali presenti;- Il valore e vulnerabilità dell’area;- Le problematiche presenti.ATTIVITà SuL CAMpO: a seguito di tale attivitàpreliminare sono stati condotti opportuni cen-simenti faunistici utilizzando metodologie diricerca standardizzate. In particolare sono stateinteressate la:- ornitofauna;- teriofauna;- erpetofauna.In vista della pubblicazione della presentericerca abbiamo provveduto ad aggiornare iltesto con osservazioni avvenute nel corso del2009 e del 2010.per una efficace illustrazione dei contenuti delprogetto (dalle informazioni preliminari, ai dati

Pettirosso

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ASPETTI GENERALI

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Area di studioL' area di studio coincide con l'ambito amministrativo del Comune di Reggello che si trovanella parte sud-orientale della Provincia di Firenze e si estende per gran parte lungo ilversante occidentale del Pratomagno. Confina a Est con i comuni di Pian di Sco’ eMontemignaio della provincia di Arezzo, a Nord con il Comune di Pelago; a occidentel’Arno segna il confine con i Comuni di Rignano sull’ Arno, Incisa in Val d’Arno e FiglineValdarno, tutti nella Provincia di Firenze. Il territorio di Reggello copre un’ estesa super-ficie (121,9 kmq) che dal letto dell' Arno risale lungo le pendici della dorsale montanadel Pratomagno, passando da 103 metri sul livello del mare fino all' altezza massima di1537 metri sul Poggio dell'Uomo di Sasso.

INQuADRAMENTO GEOGRAFICO E GEOMORFOLOGICO

Il Valdarno Superiore è un bacino intermontanotra Firenze e Arezzo, tra i più estesidell’Appennino settentrionale, delimitato adovest dai Monti del Chianti, con quota massimadi 892 m e a est dalla dorsale del pratomagno,con quota massima di 1591 m.Come descritto nella figura n°1 che descrive l’usodel territorio, l’area di studio si presenta caratte-rizzata da grande parte di aree agricole e boschi-ve. La porzione collinare e montana posta supe-riormente alla strada provinciale da S.Ellero aCascia, entra all’interno del SottosistemaAppennino, caratterizzato da rilievi montani esubordinatamente montani, con litologia a pre-valente formazione di arenarie turbidiche quar-zoso – feldspatiche e marne. Sono presenti for-mazioni forestali (79 %), in particolare boschi (inaumento), in diminuzione sono invece le coltureagrarie (12 %) prevalentemente coltivazioniarboree e oliveti, in diminuzione anche i pasco-li (6 %). Troviamo inoltre i terrazzamenti (4%)destinati alla coltivazione dell’olivo e del giaggio-lo ed in parte abbandonati. La parte più a valle(35 %) è caratterizzata da litologia prevalente-mente argillosa (29 %), da sabbie (29%) e conglo-merati (14 %), subordinatamente da depositi allu-vionali recenti (10 %) da antichi terrazzamenti eda arenarie turbiniditiche quarzoso–feldspatiche(9 %). In questa parte sono rappresentate preva-lentemente le colture agrarie (52 % in diminuzio-ne), formazioni forestali, pascoli e aree urbaniz-zate (in aumento). Le rocce più comuni sono are-narie, sabbie e argille. Il Valdarno è una dellezone più ricche di fossili di grandi Mammiferidella terra e vi si trovava il più grande bacino dilignite xiloide d’Italia. Il territorio è attraversa-to da importanti vie di comunicazione: oltre allastatale, passa l’autostrada A1 e la direttissimaRoma-Milano.

CLIMATOLOGIA

I dati climatici (vedi grafico n° 1 e n° 2) fannoriferimento ai dati termopluviometrici degliannali idrologici del Servizio Idrografico del

ministero dei lavori pubblici, dal 1957 al 1986,delle stazioni di rilevamento di palagio, situataalla quota di m 322, dotata di un solo pluvio-metro e di Vallombrosa, alla quota di m 955,dotata di termopluviografo.La quantità di precipitazione media annua, perl'intera zona, è di 1113 millimetri e 106 giornidi pioggia, con due massimi, in autunno, nelmese di novembre con 135 millimetri, e in pri-mavera, nella mese di marzo con 104 millime-tri; Vengono registrati due minimi: in estate,luglio con 42 millimetri ed in inverno, a genna-io e febbraio, con 95 e 93 millimetri.Le temperature medie annue variano da 12, 9°Cnelle aree di fondo valle a 9,1°C in quelle inter-medie, fino a 5, 9°C sul crinale. Le medie nelmese più caldo, luglio, sono di 22,2°C(palagio), 17,8°C (Vallombrosa) e 14,1°C(pratomagno); nel mese più freddo, gennaio, sihanno rispettivamente, valori di 4,2°C, 1,3°C e1,1°C.Nel fondovalle e nella parte collinare, a unaquota dai 150 m ai 400 m (compresa quindianche l’area delle Balze), il clima si presentaancora temperato sublitoraneo, in virtù del fattoche la temperatura media annua rientra tra i10°C ed i 14.4°C. La temperatura media delmese più freddo è tra i 4°C ed i 5.9°C e ci sonoalmeno 3 mesi con temperatura media al disopra dei 20°C.Servendoci dei dati della Stazione di SanGiovanni Valdarno (132 m s.l.m.), possiamonotare come il mese più freddo (gennaio) abbiauna temperatura media di 4,8°C, mentre ilmese più caldo (luglio) presenti 23,7°C dimedia, all’interno di un periodo estivo caldo esecco (vedi Tab. 1). Quest’ultimo aspetto ètipico del clima mediterraneo in cui le estatiregistrano una sensibile diminuzione delle pre-cipitazioni. La stazione di San GiovanniValdarno rappresenta bene il clima del fondo-valle in cui il minimo annuale di precipitazionisi registra in luglio con 33,7 mm e poco più di4 giorni piovosi.Il massimo delle piogge si registra in autunno con

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94,9 mm, mentre il totale annuo è di 762,9 mm.La parte meridionale del territorio del comunedei Reggello è situata tra il fondovalle ed il ver-sante occidentale del pratomagno, costituendouno scalino naturale, il cui piano superiore siattesta intorno ai 270 m. I dati della Stazione diVallombrosa (955 m s.l.m.) rappresentano lecondizioni della fascia a quota superiore chepuò essere inquadrata nel clima temperatosubcontinentale, presente anche nella regionepadano veneta, alto adriatica e peninsulare

Andamento delle temperature medie mensili di Vallombrosa e San Giovanni Valdarno

Temperatura media mensile di Vallombrosa (955m)

Temperatura media mensile di San Giovanni Valdarno (132m)

Precipitazione annuali (mm) e altitudine (m s.l.m.) delle varie stazioni

precipitazioni annuali (mm) Altitudine (m s.l.m.)

interna. A Vallombrosa si registra una tempera-tura media del mese di gennaio di 1,9°C, men-tre nel mese più caldo (agosto) si arriva a19,2°C di media. Le precipitazioni sono supe-riori in tutti i mesi dell’anno grazie alla maggio-re altitudine ed all’esposizione ai venti umidi.Osservando il grafico che riporta 4 stazioni delValdarno a quote diverse si può osservarecome tendenzialmente aumenti la quantità diprecipitazioni che annualmente cadono sul ter-ritorio man mano che si sale lungo il versantedel pratomagno.

ASpETTI FORESTALI E VEGETAZIONALI

Il territorio è fortemente caratterizzato da unaparte pianeggiante costituita prevalentemente dacoltivazioni e da aree boschive marginali dovepredominano le robinie, le farnie e le roverelle,poi dalle balze con le spettacolari pareti lavoratedall'erosione, accanto a superfici messe a colturaed a piccoli agglomerati urbani. una grande fettadel territorio è ricoperto da formazioni arbustivee arboree caratterizzate da ginestreti, robinie equerce (farnie, roverelle), rari i lecci. Si rilevanocoltivazioni arboree che hanno soppiantato letradizionali pratiche colturali. La fascia collinare(fra i 400 e i 600 metri di altezza) è contraddi-stinta ancora dalla disposizione a "terrazzi", rea-

lizzati con muri a secco eretti per tenere salda laterra e estendere il suolo coltivabile. Sui terrazzivengono messi a coltura in modo intensivo gliolivi, vengono inoltre coltivati i giaggioli dalleloro radici si ricava un prodotto poi utilizzato perl’industria dei profumi. più in alto si ritrovanoestese faggete, querceti, abetine e lungo la cre-sta della Secchieta e del pratomagno, ampie pra-terie, da cui si schiudono spaziose vedute sulValdarno e sul Casentino. Nelle vicinanze dellamillenaria Abbazia di Vallombrosa sono i varialboreti sperimentali, il più antico dei quali èstato impiantato nel 1870 e racchiude 3200esemplari ripartiti in 1200 specie diverse, appar-tenenti a 85 generi, originari dei boschi di tutticontinenti.

GRAFICO N° 1

GRAFICO N° 2

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0 0,5 1 2 3 4Km

1.1.2. Tessuto urbano discontinuo

1.2.1. Aree industriali o commerciali

1.2.2. Reti stradali e ferroviarie

1.3.1. Aree estrattive

2.1.1. Seminativi in aree non irrigue

2.2.1. Vigneti

2.2.3. Oliveti

2.3.1. prati stabili

2.4.2. Sistemi colturali e particellari complessi

2.4.3. Aree prevalentemente occupate da colture agrarie

3.1.1. Boschi di latifoglie

3.1.2. Boschi di conifere

3.1.3. Boschi misti

3.2.1. Aree a pascolo naturale

3.2.4. Aree e vegetazione boschiva arbustiva in evoluzione

Aree urbane

Archi vari

Archi idrici

Limiti amministrativi

CARTINA N° 1

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LE AREE PROTETTE

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Le aree protetteNel vasto territorio del Comune di Reggello trovano posto alcuni ambienti naturali di parti-colare valore e bellezza: la rinomata e storica Riserva Naturale Biogenetica di Vallombrosae l’Area Naturale Protetta di Interesse Locale (A.N.P.I.L.) della Foresta di Sant’ Antonio.A queste si aggiunge l’ ANPIL delle Balze, caratterizzata da spettacolari formazioni geo-logiche.

LA RISERVA NATuRALE DI VALLOMBROSA

Con il decreto istitutivo 13.7.1977, la foresta diVallombrosa, per un' estensione di 1270 ettari,è stata classificata Riserva naturale biogeneticacon lo scopo di conservare il patrimonio gene-tico delle cenosi forestali. La foresta diVallombrosa è ubicata sulle pendici delpratomagno, massiccio che costituisce un con-trafforte della catena dell' Appennino tosco -emiliano. Il complesso boscato si estende sulversante occidentale del monte Secchieta (1449m) che, insieme a poggio Sambuchello (1212m),poggio Artello (1261m) e poggio alle Ghirlande(1323m), rappresenta una delle cime più eleva-te del pratomagno. I boschi ricoprono tutto ilversante tra le quote di 530 metri e 1350 metri;la parte sommitale del monte Secchieta, battutada forti venti, è colonizzata da praterie. Il territo-rio in cui è compresa la foresta, rientra sulla sini-stra orografica del bacino del Vicano di S.Ellero,affluente dell'Arno. Si può dire che aVallombrosa non esistono veri e propri corsid'acqua, ma un numero elevato di fossi a fortependenza, che finiscono quasi tutti nel Vicano diVallombrosa. I fossi (fosso dell'Abate, fosso deiBruciati ecc.) hanno in genere un breve sviluppolongitudinale e la loro portata idrica è caratteriz-zata dalle oscillazioni stagionali. In tutte le zonedella foresta abbondano fonti e sorgenti perenni.

LA FORESTA DI S.ANTONIO

La Foresta di Sant'Antonio è compresa nellacatena del pratomagno, dorsale preappeninicache si allunga per circa 40 chilometri, dal passo

della Consuma, fino a sud di Talla e che limitaa nord est il bacino della Valdarno superiore eda sud ovest quello del Casentino, allungatiparallelamente alla catena. È delimitata a norddal crinale di poggio Massa Nera (metri 1075s.l.m.) che, con direzione nord est, si ricon-giunge al crinale del pratomagno. La forestasegue, nel suo limite latitudinale, il crinaleprincipale interessando il poggio della Risala (m1485 s.l.m.), la Croce del Cardeto (m 1356s.l.m.), Il poggio alla Cesta (m 1446 s.l.m.), ilVarco di Reggello (m 1354 s.l.m.) poi, più asud, se ne scosta e segue il crinale secondariodi poggio Castelluccio, a confine con il comunedi Castelfranco di Sopra. Il suo limite inferioreva da pian della Farnia e Case Lavana.La morfologia è accidentata con ripide pendici,crinali marcati, balzi rocciosi e fossi profondiche confluiscono verso il torrente Resco, con iborri di Sant'Antonio, della Rota e della Stufa.L'altimetria media è compresa fra 950-1000 ms.l.m., con minimi intorno ai 600 m e massimiintorno ai 1500 m lungo il crinale principale. Questi terreni sono stati ripetutamente percor-si dagli incendi; i più gravi si sono avuti nel1943 e poi nel 1946, dove andò distrutto il78% della superficie demaniale boschiva. Ciòindusse l'amministrazione forestale ad inter-rompere l'utilizzazione ed operare una intensaricostituzione boschiva nelle zone di MassaBernagia, Massanera e Macinaia: si tratta diimpianti artificiali, puri o misti, di douglasia,abete bianco, abete rosso, pino nero e faggio. Nell'area in esame, si trova una forte presenzadella faggeta che copre il 47,36% della superfi-

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LE BALZE

Tra le zone pianeggianti che derivano dalla rivadestra dell’Arno, e le formazioni collinari chefanno da preludio al pratomagno, troviamoalcune strutture geologiche di particolare sug-gestione e bellezza, denominate balze. Questesono il risultato, allo stato attuale, dei processierosivi di smantellamento del bordo orientaledei depositi fluvio–lacustri valdarnesi accumula-ti in periodi preistorici nell’antico lago delValdarno. Le Balze si ergono tra aree prevalen-temente coltivate (seminativi, orti), inoltre sonomolto frequenti i ginestreti e gli arbusteti, oggimolte di queste aree sono lasciate all’incolto odestinate al pascolo. Sono presenti ancheboschi, alcuni di origine artificiali (pioppeti, noci,ciliegi selvatici e alberi da frutto) altri invecesono boschetti rinaturalizzati di farnie o roverel-la. Ma più diffusamente l’incuria e l’abbandonohanno portato alla grande diffusione di robiniache, localmente, è diventata una rigogliosapianta infestante. La zona presenta una grandevariabilità ambientale in quanto sono presentivarie tipologie vegetazionali, pochi e piccoli tor-renti con una residua vegetazione riparia sullesponde. Inoltre, più in alto, si rinvengono olive-ti e talvolta vigne.

ZONA DI pROTEZIONE DI SAMMEZZANO

La Zona di protezione, denominata “Sammezzano”,istituita dalla provincia, ai sensi Legge dellaRegione Toscana del 12 Gennaio 1994, n.3,Art.14, ha una estensione di 259,47 ettari ed è postanel Comune di Reggello, in prossimità della rivadestra dell’Arno; essa presenta una morfologiadi crinale, ove la parte alta appare boscata(cedui di specie quercine avviati all’alto fusto)ed è in parte compresa nel parco dell’omonimocastello, e le pendici coltivate a seminativo evigneti.per questa zona potrebbero prevedersi interes-santi prospettive di sviluppo di tipo naturali-stico, trovandosi circondata da un territorio connotevoli risorse, come la Riserva diVallombrosa, le ANpIL della Foresta diSant’Antonio e delle Balze di Reggello o il costi-tuendo parco fluviale dell’Arno. Il leccio è certamente la pianta più rappresen-tata che edifica la maggior parte del parco. Lesequoie sempreverdi sono gli alberi che piùattirano l’attenzione e la curiosità dei visitato-ri sia per le grandi dimensioni che hanno rag-giunto e per la bellezza del portamento colon-nare, sia perché sono piante rare. Le sequoie diSammezzano di grandi dimensioni sono nume-rose (circa cinquanta complessivamente). E’ una consistenza che non si riscontra in nes-sun altra località della nostra penisola. In tuttigli altri parchi toscani ed italiani infatti, lesequoie sono presenti con singoli o pochiesemplari. Vi vegetano inoltre numerose speciearboree che garantiscono una elevata biodiver-sità vegetale per la presenza di circa cinquan-ta specie tra latifoglie e conifere, alcuneabbondanti in tutto il parco, altre poco fre-quenti o sporadiche o localizzate in microam-bienti particolari.

cie boschiva, seguita dai boschi di latifoglievarie con il 16,9% che comprendono prevalen-temente il castagno il carpino nero e bianco, ilcerro e l'acero. I castagneti sono il 5,51%; iboschi di conifere il 6%, mentre le cerrete sonopresenti con un 3,72%.La zona è inoltre caratterizzata da superficiestese di arbusteti ed aree cespugliate, convalori pari al 9,73%; ancor più da superfici roc-ciose con copertura arborea e arbustiva irrego-lare (rupe boscata),con il 10,14%. I valori per ilpascolo cespugliato sono di 1,23%; di 4,7% peril pascolo nudo, che interessa soprattutto lezone cacuminali.

BOX N° 1 - La L.R. Toscana n.56 del 2000La Legge della Regione Toscana n. 56, del 6 aprile 2000 prevede norme per la conservazione e la tuteladegli habitat naturali e seminaturali, della flora e della fauna selvatiche. La normativa prevede l’attuazio-ne del d.p.r. 8 settembre 1997, n. 357 (Regolamento recante attuazione della Direttiva 92/43/CEE, rela-tiva alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali, nonché della flora e della fauna) ed è fissa-ta in conformità con la direttiva 79/409/ CEE, concernente la conservazione degli uccelli selvatici. Condetta legge, la Regione Toscana ha inteso realizzare la tutela della biodiversità , delle specie animali sel-vatiche e delle specie vegetali non coltivate, degli habitat, e delle altre forme naturali del territorio.Con appositi allegati alla presente legge, individua:a) gli habitat naturali e seminaturali e le specie animali e vegetali di interesse regionale (all. A);b) le specie animali protette (all. B) e quelle soggette a limitazione nel prelievo (all. B1);c) le specie vegetali protette (all. C) e quelle soggette a limitazione nella raccolta (all. C1)d) i Siti di Importanza Regionale (all. D) comprendenti i Siti classificabili di Importanza Comunitaria(pSIC), le Zone di protezione Speciale (ZpS), i Siti di Interesse Nazionale (SIN) e i Siti di Interesse Regionale(SIR) di cui alla deliberazione del Consiglio regionale 10 novembre 1998, n. 342 (attuazione della diret-tiva comunitaria “Habitat”). La norma, per le specie animali, introduce differenti criteri di protezione. Nelcaso delle specie appartenenti all’allegato A, la tutela deve arrivare anche attraverso l’istituzione di Sitiche assumono il ruolo di vere e proprie aree di protezione dedicate. Le specie comprese nell’allegato Asono definite “specie di interesse regionale (art.2 lett.n) in quanto:1) sono vulnerabili e in pericolo di estinzione;2) sono rare od endemiche e richiedono particolare protezione a causa della specificità o della vulne-rabilità del loro habitat, oppure a causa del loro sfruttamento.

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0 0,5 1 2 3 4Km

Legenda Aree urbane Archi viari Archi idrici Limiti amministrativi S.I.C.

ANPIL

CARTINA N° 2

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LA RICERCA

Saltimpalo

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La RicercaNel presente lavoro le metodiche utilizzate sono state diverse e scelte in funzione dellespecie da ricercare, della vastità del territorio da studiare e della sua estrema variabi-lità ambientale.

plessivi, la situazione e la distribuzione dellespecie “vulnerabili” nell’intero territorio, hannoconsigliato di ampliare il progetto scientifico.Di conseguenza il progetto iniziale, pensatosolo per le due specie sopracitate, è stato inte-grato da linee operative che ne hanno ampliatoi contenuti sistematici a tutte le specie dellalista relativa all’allegato A della LRT 56/2000(attraverso l’analisi della presenza, individua-zione delle criticità e conseguentemente delleattività di protezione e sostegno della popola-zione).Lo studio si è ampliato anche a tutte le specieosservate durante le ricerche sul campo ebibliografico, e che hanno comportato sostan-ziali modifiche alla cadenza cronologica, dila-tando i tempi previsti per la sua attuazione.

INQuADRAMENTO GENERALE DELL’OpERA

Il lavoro ha avuto lo scopo di determinare qualisiano, nel comune di Reggello, le specie fauni-stiche sensibili che fanno parte della faunacosiddetta “vulnerabile” ai sensi della R.T.56/2000 vedi (box n°1 pag.13). La ricerca haavuto inizio a seguito del rinvenimento di alcu-ne di queste specie all’interno del SIRIT5140012 denominato “Vallombrosa e Boscodi S. Antonio” (D.C.R. n.6/2004), [rif.biblio.] edin particolare della Monticola saxatilis (codiros-sone), ed alla necessità di valutare gli effettidella pressione antropica potenzialmentenegativa sulla specie ed alla conseguentenecessità di identificare e riflettere sui rischiassociati, determinata ad esempio da un, allo-ra, incontrollato uso sportivo (arrampicate) diuna parete rocciosa in località Massanera.Inoltre è stato rilevato che presso il Museodella Specola di Firenze, sono conservati alcuniindividui di Bombina pachypus (ululone ventregiallo) segnalata nel recente passato nelComune di Reggello, a dimostrazione di unapresenza storica sintomatica. Alcuni recenti rivenimenti operati dal nostrogruppo scientifico, di esemplari di pachypus inlocalità analoghe alle località montane delComune di Reggello, ci hanno motivato a ricer-care in questa area una specie altrimenti consi-derata estinta in provincia di Firenze.I numerosi studi scientifici e faunistici svolti nelcorso degli ultimi decenni, testimoniano il rilie-vo, anche sotto il profilo ambientale e naturali-stico, del territorio comunale di Reggello.pertanto una serie di importanti osservazioni,testimonianza di una situazione ambientale disicuro pregio, assieme alla necessità di massi-mizzare le risorse e di valutate in termini com-

INQuADRAMENTO SpECIFICO DELL’OpERA

Come sopra accennato, una volta identificate lespecie (esame qualitativo):

1 – siamo entrati in merito alla loro diffusione nel territorio, utilizzando i vari modelli di seguito elencati:

a) Effettiva identificazione delle singole specie durante le ricerche e proiezione della distribuzione nel territorio sulla base dei dati “reali”.

b) Nel caso degli uccelli (per le caratteristiche peculiari), la distribuzione potenziale estrapolata da un modello teorico che tiene conto delle esigenze ecologiche e dell’areale di presenza.

c) Esame la bibliografia scientifica di riferimen

siamo entrati in merito alla loro diffusionenel territorio, utilizzando i vari modelli diseguito elencati:

Effettiva identificazione delle singole speciedurante le ricerche e proiezione della distribuzione nel territorio sulla base dei dati“reali”.Nel caso degli uccelli (per le caratteristichepeculiari), la distribuzione potenziale estrapolata da un modello teorico che tiene contodelle esigenze ecologiche e dell’areale dipresenza. Esame la bibliografia scientifica di riferimen-

Falco di palude

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Gran parte dei dati qui esposti proviene dallaeffettuazione, da parte degli autori del presen-te documento, di censimenti sistematici, trami-te metodiche standardizzate definite dallabibliografia scientifica di riferimento, ma lagrande estensione del territorio (121,22 kmq) ela esigenza di rappresentare in modo appro-fondito la fauna del territorio, ci ha imposto diintegrare i dati acquisiti con quelli riportati inaltri lavori provenienti da precedenti studi. Sitratta di ricerche che abbiamo ritenuto suffi-cientemente affidabili e che comunque abbia-mo verificato alla luce della nostra competen-za. Questa operazione è stata essenziale nelcaso degli invertebrati ed è stata motivata dallacompetenza di Rossano papi, estensore di unaindagine particolarmente dedicata.Abbiamo comunque escluso, dai dati raccoltisul campo, i dati precedenti al 1980 in quantola trasformazione del territorio e la modifica incorso delle condizioni climatiche possonodeterminare una non esatta rappresentazionedelle popolazioni faunistiche presenti nelpratomagno. Sono stati tuttavia inseriti alcunidati storici, apparteneti all’archivio del Museodella Specola, in quanto ritenuti particolarmen-te rilevanti ai fini dell’indagine.

FINALITà E STRATEGIE GENERALI DI AppROCCIOto compreso l’esame dei cataloghi del Museo della Specola.

d)Richiamo delle altre ricerche effettuate in precedenza anche da altri soggetti (osservazioni dirette affidabili, studio della Comunità Montana, archivio RE.NA.TO della RT).

2 - abbiamo cercato di comprendere i motividella presenza e/o dell’assenza. L’esamequantitativo della densità delle popolazioninon è stato compiuto per la difficoltà della suaeffettuazione: l’elenco delle specie è troppovasto e ciò avrebbe comportato la necessità diuno studio specifico limitato a solo poche spe-cie;

3 - sono state individuate delle criticità e con-seguentemente delle attività di protezione esostegno delle varie popolazioni, anche attra-verso la consultazione della letteratura scienti-fica di riferimento;

4 – è stato individuato, per la descrizione dellostudio, un linguaggio comprensibile e grafica-mente “gradevole”, al fine di rendere le infor-mazioni più chiare e facilmente assimilabili epermettere quindi una loro condivisione sinoall’adozione delle auspicate soluzioni consi-gliate. I dati faunistici mostrati sinteticamentenelle varie tabelle che seguono sono il risultatodi una impegnativa e complessa raccolta dati.

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sono state individuate delle criticità e conse-guentemente delle attività di protezione esostegno delle varie popolazioni, ancheattraverso la consultazione della letteraturascientifica di riferimento;

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RISULTATI

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Invertebrati - ColeotteriLa fauna che non ti aspetti: Lo studio di un naturalista curioso e attento.

preso rilievi su 24 stazioni, distribuite a variealtitudini e con tipologie ambientali diverse fradi loro, sono state così raccolte 291 specie diColeotteri appartenenti a 27 Famiglie.

I dati qui rappresentati riguardano alcune sta-zioni (tabella n°1) situate all’interno del territo-rio comunale di Reggello o in aree contigue, eprecisamente:

pREMESSA

Si riporta parte dello studio effettuato daRossano papi, appassionato entomologo, cheosserva Coleotteri sul pratomagno da numero-si anni e collabora attivamente con il Museodella Specola di Firenze.Il lavoro, da cui sono stati estratti i dati esposti(vedi Fig.4), derivano da uno studio che hariguardato l’intero pratomagno e che ha com-

LEGENDA: BIOTIPI INDAGATI

Ambienti EcotonaliEC coltivi - Ep prati e pascoli - EI incolti naturalizzati - EE cespuglietoAmbienti SilvicoliBF: bosco di faggio - BQ: bosco di quercia - BC: bosco di conifere - BA: bosco di castagno - BM: bosco misto

MODALITà E TECNICHE DELLA RICERCA

Le indagini di campo si sono svolte nell’arcodelle varie stagioni dell’anno, con il reperimen-to di materiali tramite i molteplici mezzi di rac-colta entomologica largamente in uso: trappo-le-esca , a caduta, (pit-fall-traps); ricerca diColeotteri geofili sotto pietre, tra detriti vege-tali, negli ammassi di ramaglia al suolo, e neiterricci con estrattore per artropodi del tipoBerlese; cattura “ a vista” di specie fitofaghe suerbe, fiori, rami, ecc.; uso del retino di tela perbattere le erbe, dell’ombrello e del vassoioentomologico; allevamento passivo delle entità

xilifaghe attraverso la raccolta di parti legnose(rami ,tronchi, cortecce) contenenti larve; usodella lampada notturna per attirare Insetti.Il numero dei prelievi e la quantità veramentenotevole del materiale raccolto, rendono anostro avviso legittimo attribuire a ciascunaentità dell’elenco una delle seguenti “categoriedi frequenza”, di evidente significato:

+ isolato, sporadico; ++ poco frequente; +++ frequente; ++++ molto frequente

N° LOCALITà ALTITUDINE BIOTOPI INDAGATI

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Castel San Niccolò - Via panoramica

Reggello - Foresta di Sant’Antonio

Montemignaio - Loc. Croce Vecchia

Reggello - Loc. Donnini

Reggello - Loc. Secchieta

1200 - 1400

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BF-Ep

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TABELLA N° 1

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Nella presente ricerca, sono state prese in con-siderazione soltanto le specie raccolte sulpratomagno ad una quota superiore i 300 m dialtitudine, per cui anche la frequenza di raccol-ta è relativa alla fascia altimetrica presa in con-siderazione, che è compresa tra i 300 m e i1590 m (Croce di pratomagno).

Ogni specie raccolta è accompagnata dallarispettiva categoria di frequenza e dal/i nume-ro/i delle stazione di raccolta e rispettivamentedalla sigla che ne indica la tipologia ambienta-le.

TABELLA N°2 - ELENCO DELLE SpECIE

FAmIGLIA CARABIDAECarabus violaceus picenus villa, 1838pterostichus b. bicolor AragonaSUPERFAmIGLIA HISTEROIDEA Hister illigeri Duftschmidt, 1805Atholus duodecimstriatus (Schrank)FAmIGLIA SILPHIDAEThanatophilus rugosus (Linné , 1758)Oeceoptoma toracica (Linné , 1758)Nicrophorus interruptus interruptus (Stephens, 1830)Nicrophorus vespilloides (Herbst, 1784)Nicrophorus humator (Olivier, 1790)FAmIGLIA OmALISIDAEOmalisus fontisbellaquaie Geoffroi in F. 1785FAmIGLIA CANTHARIDAECantharis decipiens Baudi, 1871Cantharis monacha Moscardini, 1962Cantharis rustica Fallé n, 1807Dichelotarsus procerulus Kiesenwetter, 1860Rhagonycha fulva (Scopoli, 1763)Rhagonycha nigrosuta Fiori, 1899Cratosilis laeta (Fabricius, 1792)FAmIGLIA CLERIDAEOpilo mollis (Linné ,1758)FAmIGLIA mELYRIDAEClanoptilus spinipennis Germar, 1824Clanoptilus parilis Erichson, 1840Cordylepherus viridis Fabricius, 1787Malachius lusitanicus Erichson, 1840Axinotarsus ruficollis Olivier, 1790Charopus pallipes Olivier, 1790FAmIGLIA ANOBIIDAEptinomorphus imperialis ( Linné , 1767)Hemicoelus fulvicornis (Sturm, 1837)Hemicoelus costatus (Aragona, 1830)FAmIGLIA LUCANIDAEDorcus parallelepipedus (Linné , 1758)Lucanus cervus (Linné , 1758)FAmIGLIA GEOTRUPIDAETyphoeus typhoeus (Linné , 1758)Geotrupes spiniger Marsham, 1802Trypocopris pyrenaeus splendens (Heer, 1841)FAmIGLIA APHODIIDAEAphodius luridus (Fabricius, 1775)Aphodius lineolatus Illiger, 1803Aphodius erraticus, (Linné , 1758)Aphodius consputus Creutzer, 1799Aphodius reyi Reitter, 1892Aphodius contaminatus (Herbst, 1783)Aphodius haemorroidalis (Linné , 1758)Aphodius fossor, Linné , 1758FAmIGLIA SCARABAEIDAEOnthophagus grossepunctatus Reitter, 1905

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COMMENTO

Nel territorio dell’intero pratomagno sono stateraccolte 291 specie appartenenti a 27 famiglieTra queste molte sono le specie protette equindi inserite negli allegati della LeggeRegionale Toscana n.56/2000. Tra queste soloCerambyx cerdo (Linné ; 1758)(Col.Cerambycidae) è stata trovata all’internodel territorio comunale di Reggello. Ciò non esclude che, per la ridotta estensionedel territorio di ricerca, le altre specie di Insettigià trovati nelle zone adiacenti possano fre-quentare lo stesso territorio.

LE ALTRE SpECIE SONO:

Calosoma sycophanta (Linné , 1758) (Col. Carabidae);Sinodendron cylindricum (Linné , 1758) (Col.Lucanidae)platycerus capraea (Degeer,1774) (Col.Lucanidae)Lucanus cervus(Linné , 1758)( Col.Lucanidae)Ergates faber (Linné , 1761) (Col.Cerambycidae)prionus coriarus (Linné , 1758) (Col.Cerambycidae)Acalles solarii Fiori, 1903 (Col.Curculionidae)

Inoltre sono state rinvenute le seguenti speciedi rilevante interesse:Trachyphloeus monspeliensis Hustache, 1932 :La specie è stata raccolta nel 1950 nei prati dicrinale a Vallombrosa.Duvalius vallombrosus Rasetti e Rasetti, 1920 :la specie è endemica del pratomagno.

ELENCO DI SpECIE AppARTENENTI AD ALTRIODINI E pARTICOLARMENTE RAppRESENTATIVE:

Ordine: OdonataOdonataCalopteryx virgo meridionalis Sé lys, 1873Calopteryx splendens ancilla Sé lys, 1853Cclopteryx h. haemorrhoidalis (Van der Linder, 1825)pyrrhosoma nynphula (Sulzer, 1776)Onychogomphus forcipatus unguiculatus (Van der Linder, 1820)Cordulegaster b. boltoni (Donovan, 1807)

Ordine: Ditteri

Billotia papii (Gori, 1999) #

Onthophagus lemur (Fabricius, 1781)Onthophagus ruficapillus Brulle, 1832Onthophagus vacca Linné , 1767FAmIGLIA DYNASTIDAEOryctes nasicornis (Linné ,1758)FAmIGLIA CETONIDAETrichius rosaceus rosaceus (Voet, 1769)Cetonia aurata pisana Heer, 1841FAmIGLIA CERAmBYCIDAERhagium bifasciatum Fabricius, 1775Rutpela maculata (poda, 1761)Stenurella bifasciata (Muller, 1776)Stenopterus rufis (Linné , 1767)Anaglyptus mysticus (Linné , 1758)pogonocherus hispidus (Linné , 1758)FAmIGLIA CRISOmELIDAETimarca nicaensis Villa, 1835Chrysolina herbacea (Duftschmid, 1825)Chrysolina americana (Linné , 1758)Galeruca rufa (Germar, 1824)Cryptocephalus transies ssp. rugulipennis (Suffrian, 1857)FAmIGLIA ANTHRIBIDAEphaenotherium fasciculatum Reitter, 1891FAmIGLIA APIONIDAEExapion fuscirostre (Fabricius, 1775)perapion (perapion) violaceum (Kirby, 1808)FAmIGLIA BRACHYCERIDAEBrachycerus undatus (Fabricius, 1798)FAmIGLIA CURCULIONIDAEOmiamima concinna (Boheman, 1843)Dpolydrusus (Metallites) pallidus (Gyllenhal, 1834)polydrusus (Eurodrusus) cervinus (Linnè , 1758)polydrusus (Eurodrusus) pilosus italicus Schilsky, 1910polydrusus (polydrusus) sparsus Gyllenhal, 1834Strophosoma melanogrammum (Forster, 1771)Archarius (Archarius) pyrrhoceras Marsham, 1802

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Ordine: Lepidoptera

Eriogaster catax (Linné , 1758) *Aglia tau (Linné , 1758) *Zeryntia polyxena (Denis & Schiffermuller, 1775) *Maculinea arion (Linné , 1758) *Catocala nupta Callimorpha dominula (Linnè, 1758)

La posizione intermedia, tra la valle dell’Arno ei monti del pratomagno, rendono il territoriodel Comune di Reggello ricco di ambienti natu-rali dove la fauna, e pertanto anche la entomo-fauna, si presenta ricca e variegata.In particolare la ricerca ha dimostrato come visiano molte specie contenute nell’allegato A e Bdella LRT n.56/2000, soprattutto all’internodelle aree naturali e nelle aree montane delpratomagno dove la distanza dal fondovalle ela limitata presenza di attività umane nel terri-torio limita certamente i fattori di disturboantropico e aumenta gli habitat.La presenza di una ricca e preziosa entomofau-na è di particolare importanza per le caratteri-stiche naturali del territorio, infatti gli insettirappresentano in generale l’elemento piùimportante della fauna selvatica, sia comenumero di specie che come biomassa, in quan-to gli invertebrati costituiscono un’importantefonte di nutrimento per gli animali.Gli Invertebrati hanno un ruolo fondamentalenella formazione e per la fertilità naturale delsuolo, attraverso la continua trasformazionedei residui organici e l’aerazione degli stratisuperficiali del terreno derivante dall’attività discavo che incrementa la moltiplicazione deibatteri e quindi la mineralizzazione dellesostanze organiche, e nella fecondazione eproduttività di numerose essenze vegetalispontanee e coltivate.Generalmente il declino della entomofaunapuò essere dovuto a cause naturali - quali bru-sche variazioni climatiche, nemici naturali (pre-datori, parassiti, patogeni), altri animali, cam-biamenti a carico della vegetazione o dell’habi-tat – oppure all’azione dell’uomo sull’ambien-te.Tali fattori di stress includono:

uso di Insetticidi, specialmente quelli nonselettivi e di erbicidi. Queste sostanze sonospesso citate come la maggiore causa di decli-no delle popolazioni naturali di Insetti soprat-tutto se utilizzati in habitat di ristrette dimen-sioni. Gli erbicidi possono infatti uccidere lepiante pabulari delle larve, soprattutto le piùgiovani, nonché le piante nutrici degli adulti

ELEMENTI DI CRITICITà E pOSSIBILI LINEE DI INTERVENTO

delle farfalle diurne.frammentazione dell’habitat naturale causata

principalmente dall’intensificazione dell’agri-coltura e dall’urbanizzazione. Tale fenomenoisola e allontana tra loro le popolazioni di far-falle e, a causa di problemi di imbreeding eriduzione del flusso genico, aumenta la proba-bilità di estinzioni locali.

cattiva gestione dei boschi che spesso porta aun loro infittimento, con conseguente scom-parsa di importanti habitat, come ad esempio leradure e le aree ecotonali.

prosciugamento di zone umide in seguito adrenaggio.

introduzione di piante esotiche, che in alcunicasi possono divenire fortemente competitive neiconfronti delle specie nutrici di larve e adulti.

abbandono dei prati, specialmente in monta-gna. La successione vegetazionale che ne deri-va favorisce la presenza degli Insetti solo perun periodo di tempo relativamente breve (5-10anni), ma a lungo andare riduce fortemente ladiversità all’interno delle popolazioni.

turismo con la realizzazione, soprattuttonelle aree montane, di strutture ad alto impat-to ambientale (complessi alberghieri, impiantisciistici).

collezionismo sregolato e commercio diInsetti.

Appare chiaro come anche gli Insetti, al pari diogni altra specie animale, sono strettamentelegati ai propri biotopi e come l’instaurarsi diuna comunità o la sopravvivenza di una singo-la specie dipende dal mantenimento di ecosi-stemi, biotopi o siti di rilevanza ecologica. Nonesiste una formula generale per la salvaguardiadelle specie minacciate, anche se un buonpunto di partenza può tuttavia consistere in:

tutela dell’ambiente dal sovrasfruttamento;approfondita conoscenza delle specie pre-

senti nell’area (con struttura delle popolazioni eabitudini comportamentali) e delle loro esigen-ze ecologiche, così da promuovere il manteni-mento e il miglioramento dell’habitat in modomirato;

costante monitoraggio delle popolazioni, checonsente di accertare se le modifiche ambien-tali apportate sono andate a buon fine e diattuare eventuali misure gestionali alla luce deinuovi riscontri effettuati;

educazione e sensibilizzazione nei confrontidi tali problematiche e la valorizzazione di legi-slazioni protettive.

Tra gli invertebrati, diversi Insetti vengonoattualmente utilizzati come bioindicatori,essenzialmente perché presentano una straor-dinaria ricchezza specifica e un altissimo gradodi adattabilità ecologica.

Le specie contrassegnate con un asterisco (*)sono inserite negli allegati A e B della LeggeRegionale Toscana n. 56/2000. Le specie con-trassegnate con il cancelletto (#) sono endemi-che del pratomagno.

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Anfibi e RettiliAbitatori di tutti gli ambienti naturali presenti nel Comune di Reggello.

pREMESSAMETODI uTILIZZATI pER I RILEVAMENTI

Le ricerche si sono basate principalmente sul-l’osservazione diretta degli animali, raccolti amano o utilizzando piccoli retini nel caso dirane o larve di Anfibi. Gli esemplari sono statisempre catturati e rilasciati dopo l’identifica-zione, ma in alcuni casi abbiamo raccolto i giri-ni, per analizzarli ed identificali con certezzacon l’ausilio di un microscopio binoculare.principalmente le ricerche sono state svoltelungo l’alveo dei torrenti, seguendone il corso.Le uscite sono state condotte durante il giorno,generalmente tra le ore 9.00 e le 19.00. Iltempo, durante le uscite, è sempre stato sere-no, abbastanza caldo negli ambienti aperti. Neiboschi la temperatura normalmente non supe-rava i 25 °C, mentre l’acqua dei torrenti visitatinon superava generalmente i 18°C. Sono state eseguite sei uscite distribuite traaprile e luglio, nel Comune di Reggello.

Oltre alle specie sopra elencate, in quasi tutti isiti visitati erano presenti numerosi individui dipodarcis muralis. Come è apparso evidente dairisultati delle ricerche, l’ecologia di varie speciedi Anfibi tra cui Salamandra salamandra e Ranaitalica, che si riproducono soltanto in acquemolto pulite, viene fortemente influenzata dallapresenza di trote nei siti riproduttivi. Le trotesono pesci molto voraci, introdotti dall’uomo,che predano gli stadi larvali e le uova di moltespecie di Anfibi. Dove sono abbondanti le trote non si trovanolarve di salamandra, né uova o girini di rana.Spesso pare che invece resistano all’attacco diquesti predatori i girini del rospo, che forseproducono già in fase larvale qualche tipo disostanza repellente o tossica, protettiva. È pro-babile che in molti corsi d'acqua le trote venga-no periodicamente reintrodotte (per essere poipescate); in certi casi sono stati trovati i pescianche in tratti di torrente caratterizzati daessiccamento estivo. Al fine di tutelare le varie specie di Anfibi,peraltro minacciate da fattori diversi per oranon del tutto chiari, è indispensabile conserva-re le caratteristiche dei particolari ambienti neiquali questi animali si riproducono.

Le ricerche sono state condotte in vari tipi dihabitat, come ambienti boschivi a latifoglie, afaggio, ambienti aperti a prato o a cespugli,soprattutto lungo torrenti di piccole dimensio-ni o in prossimità di essi. I risultati ottenuti sonoraggruppati nel seguente elenco; la presenza dellespecie può essere facilmente rilevata dalla cartinariportata nella pagina successiva (cartina n°3).

RISuLTATI DELLA RICERCA

Anfibi

Bufo bufo (adulti)Bufo bufo (girini)Rana esculenta (adulti)Rana esculenta (girini)

Rana italica (adulti)Rana italica (girini)Salamandra salamandra (adulti)Salamandra salamandra (larve)

RettiliLacerta bilineataNatrix natrixZamenis longissims

RISuLTATI DELLA RICERCA

Natrice dal collare

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Sono numerose le specie che non sono stateincontrate durante i rilevamenti. per alcune diqueste (per esempio i Rettili podarcis sicula eVipera aspis), sicuramente presenti ma nonabbondanti, a volte con distribuzione localiz-zata, probabilmente sarebbe stato sufficienteampliare il numero e le stazioni delle uscite.Altre specie di Rettili sono invece difficili daindividuare anche effettuando un elevatonumero di rilievo, a causa delle abitudini not-turne o dei costumi timidi ed elusivi (ad esem-pio Coronella austriaca, C. girondica, Anguisfragilis). per alcune specie di Anfibi non sonodisponibili sufficienti dati per stabilire se effet-tivamente queste siano presenti nell’area (ad

esempio Rana temporaria, Triturus alpestris). Incerti casi, come per Bombina pachypus, la spe-cie era sicuramente presente fino a pochi annifa, ma al momento si teme che essa sia scom-parsa. Sarebbe molto utile se in futuro venisse-ro progettate delle ricerche volte a valutareattentamente, con uscite mirate, se siano anco-ra presenti popolazioni di ululone, in modo dapoter subito intervenire per evitarne la definiti-va scomparsa.I concetti ora introdotti saranno sviluppati piùampiamente nella sezione dedicata alle critici-tà emerse e alle proposte di intervento.

0 0,5 1 2 3 4Km

Legenda Anfibi RettiliBufo bufoRana esculentaRana italicaSalamandra salamandra

Coluber viridiflavusLacerta viridisNatrix natrixPodarcis muralisZamenis longissimus

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativi

CARTINA N° 3

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LA TABELLA N° 3 RIpORTA ALCuNE CONSIDERAZIONI SuLLA pRESENZA E SuLLA DISTRIBuZIONEDELLE SpECIE NON TROVATE NEL CORSO DELLE RICERCHE:

SPECIE CONSIDERAZIONI

Salamandrina persipicllata A causa della abitudini molto schive, l’adulto è difficile da incon-trare. La sua presenza è documentata (a quote inferiori a 600 m),fino al 1997.

Triturus carnifex Segnalato fino al 2000 a quote inferiori a 1200 mt.

Triturus vulgaris L’ultimo avvistamento risale al 1990, la quota massima alla qualeè stato rinvenuto corrisponde a 950 m.

Triturus alpestrisla La sua presenza non è mai stata documentata nell’area in esame,ma sarebbe forse necessaria un’indagine più accurata. Riteniamoche questo animale, che vive anche nel vicino parco delle ForesteCasentinesi, potrebbe essere presente negli stagni a quota piùelevata.

Speleomantes italicus probabilmente presente nell’area in esame, difficile da incontrarea causa delle abitudini elusive. Segnalato fino al 1998 fino a 1000m di quota.

Rana dalmatina probabilmente presente nell’area in esame. Questa specie sembracomunque essere in progressiva e costante diminuzione. Sarebbeutile uno studio mirato per valutare lo stato di salute delle popo-lazioni e magari progettare dei piani di conservazione. La suapresenza è documentata fino al 1994 a quote inferiori a 1200 m.

Rana temporaria E’ stata trovata a Vallombrosa, a 1000 m di quota, nel 1877. Laspecie vive nel vicino parco delle Foreste Casentinesi, e potrebbeessere presente anche in quest’area; sarebbe però necessariaun’indagine più accurata.

Hyla intermedia probabilmente presente nell’area in esame.

Bombina pachypus L’ultimo rilevamento risale al 1967, la sua presenza è stata docu-mentata fino a quasi 1500 m di quota. Fino a poco tempo fa eraabbondante in questa come in numerose altre aree toscane, ma almomento attuale l’ululone pare del tutto scomparso. Sarebbemolto importante progettare un’indagine mirata per reperireeventuali popolazioni residue, in modo da poter intervenire primache sia troppo tardi.

podarcis sicula probabilmente presente nell’area in esame. La specie non dovreb-be comunque essere in pericolo, la sua presenza è stata docu-mentata fino al 2002, a quote inferiori a circa 600 m.

Anguis fragilis L’orbettino è una specie dal carattere molto schivo; questo rap-presenta la causa più probabile del mancato rinvenimento di que-st’animale durante le ricerche da me effettuate. La specie nondovrebbe comunque essere in pericolo; la sua presenza è statadocumentata fino al 2003 a quote inferiori a 1000 m.

Chalcides chalcide probabilmente presente nell’area in esame. La specie non dovreb-be essere in pericolo; la sua presenza è stata documentata finoall’anno 2000, a quote inferiori a 1575 m.

Coronella austriaca un’altra specie dal carattere particolarmente schivo, molto diffici-le da incontrare anche quando presente. La sua presenza è docu-mentata fino al 1972, a quote inferiori a 1300 m.

TABELLA N° 3

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CONSIDERAZIONI

Coronella girondica una specie molto simile alla precedente, in particolare per ilcarattere timido ed elusivo. Non sono disponibili dati relativi aquesta specie, la cui presenza non è comunque da escludere. Èstata ritrovata, verso la fine del 1800, nel parco delle ForesteCasentinesi.

Vipera aspis probabilmente presente nell’area in esame. La sua presenza èstata documentata fino al 2003 a quote inferiori o uguali a circa1400 m.

SPECIE

Raganella italiana

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ELEMENTI DI CRITICITà E pOSSIBILI LINEE DI INTERVENTO

I risultati della ricerca condotta personalmentenel corso delle uscite sul campo sono stativalutati sulla base delle informazioni già innostro possesso acquisite dalla letteratura,consentendo di elaborare alcune osservazionirelative allo stato di conservazione delle speciedi Rettili e Anfibi nelle aree interessate dall’at-tività di indagine commissionata dal Comune diReggelloIn generale, la situazione per quanto riguarda iRettili non appare grave, anche se sarebbeopportuno interessarsi maggiormente ai pro-blemi di conservazione di questo gruppo dianimali. E’ nostra opinione che, comunque,studi accurati sarebbero in grado di rivelare unararefazione nel numero di specie, soprattuttoper quanto riguarda i serpenti. Questa prospet-tiva è per il momento soltanto sospettata e nonbasata su dati certi. Quella che appare è una situazione non peg-giore rispetto per esempio ad aree di territorioconfinanti, e anzi in certi casi la presenza dispecie come Lacerta bilineata, podarcis muralis,podarcis sicula, Zamenis longissimus, indicanoun buon grado di conservazione ambientale. Lo stato di minore criticità rispetto agli Anfibirilevabile nel caso degli Squamati interessatidall’indagine riflette certamente luna situazio-ne filogenetica da tempo nota. I Rettili sonoinfatti Vertebrati terrestri già adeguatamenteadattati alla vita subaerea, in grado di tollerarevariazioni anche ampie dei parametri dell’am-biente esterno. Il primo elemento che li affran-ca dalla dipendenza eccessiva nei confrontidelle condizioni ambientali è rappresentatodalle modalità di riproduzione e di sviluppoembrionale che non richiedono la vicinanza diraccolte di acqua. La presenza dell’amnios si rivela in questo casopreziosa, e ciò viene drammaticamente con-fermato ed enfatizzato dall’attuale sofferenzadelle popolazioni di Anfibi, cioè di Vertebratiterrestri anamni. In secondo luogo, riteniamoche svolgano un ruolo essenziale di tutela l’ap-parato cutaneo e quello renale. La pelle deiRettili è adeguatamente cheratinizzata e con-sente un efficace isolamento rispetto all’am-biente. Il rene è efficiente al pari di quello degliuccelli e dei Mammiferi, e consente una fineregolazione dei parametri idrico-salini interniall’organismo. Lo psichismo dei Rettili è inoltreconsiderevole, a tutto vantaggio delle capacitàpredatorie e del coordinamento neuro-musco-lare che ne esalta la motricità . In ogni caso, questi elementi teorici non devo-no costituire l’alibi per ignorare i possibilieffetti di una scorretta gestione del territoriosulle popolazioni dei Rettili, considerando inol-tre che le specie attuali rappresentano elemen-ti residuali di una classe di Vertebrati che inpassato (nel Mesozoico) ha largamente domi-nato il pianeta.

per tutti i motivi esposti sopra, riteniamo chesarebbe comunque di grande utilità svilupparesul territorio (qui come altrove) campagne diinformazione e sensibilizzazione dirette ai cit-tadini, specialmente nei confronti di specie dasempre ritenute dannose come i serpenti.Come nel caso degli Anfibi (la repulsione neiconfronti dei Bufonidi), una possibile strategiafinalizzata allo sviluppo di un corretto atteg-giamento nei confronti degli Squamati dovràsuperare errate tradizioni consolidate nella cul-tura popolare.per gli Anfibi la gravità della situazione è piùevidente, tale da giustificare In questo caso unlivello di attenzione più alto, visti anche i graviproblemi presenti per le specie di questa clas-se in molte, diverse, zone del pianeta. Le specie di Anfibi la cui presenza anche seprevedibile, non è stata confermata dallenostre ricerche, o che comunque appaionosubire una qualche forma di minaccia nei sitioggetto sella nostra indagine sono le seguenti: Salamandra salamandraBombina pachypusRana dalmantinaRana temporaria

pOSSIBILI CAuSE DELLA CONDIZIONE DIRISCHIO E INTERVENTI MIRATI pER LA CON-SERVAZIONE DELLE SpECIE SOpRA ELENCATE

per evitare la scomparsa dal territorio oggettodi questo studio delle specie in questione,sarebbero a nostro parere utili gli interventi quidi seguito elencati in dettaglio per le singolespecie:

URODELI

Salamandra salamandraCome è apparso evidente dai risultati dellenostre ricerche, l’ecologia di questa specie,che si riproduce soltanto in acque molto puli-te, viene fortemente influenzata dalla presen-za di trote nei siti riproduttivi. Le trote sonoOsteitti dei Teleostei molto voraci, introdottidall’uomo per finalità di pesca sportiva, chepredano gli stadi larvali e le uova di molte spe-cie di Anfibi. Dove sono abbondanti questiSalmonidi, non si trovano larve di salamandra,né uova o girini di rana. Tra i Salamandridi èdiffusa la fecondazione interna e l’inizio dellosviluppo nell’ambiente degli ovidotti: questo

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dispositivo riproduttivo tutela le uova e gliembrioni, ma espone comunque gli esemplarilarvali.

I girini dei rospi (Bufo vurgaris e B. vulgaris)resistono all’attacco di questi predatori; lapelle di queste specie forse produce già infase larvale qualche tipo di sostanza repellen-te o tossica, comunque protettiva. In realtà ilmeccanismo è in parte noto, almeno per lespecie di Bufonidi con larve adattate a una vitagregaria. L’epidermide larvale contiene un tipocellulare specializzato (giant cell oRiesenzelle), molto rappresentato in termininumerici, che produce sostanze di allarme.L’aggressione di un membro del gruppo, pro-voca la fuoriuscita traumatica della sostanza,la quale innesca un meccanismo di fuga, ren-dendo meno efficace la predazione.

Al di là dei dispositivi specializzati deiBufonidi, un confronto più significativo traAnuri e urodeli ,dal punto di vista della preda-zione, può essere quello tra ranidi pur predi-ligendo per la riproduzione acque fresche epulite, riesce a vivere comunque anche in trat-ti di fiume vallivi, dove le trote non sono pre-senti. S. salamandra vive solo nella parte ini-ziale dei piccoli torrenti, ad altitudine più ele-vata, dove la temperatura dell'acqua è piùbassa e la sua qualità più elevata; queste sonole condizioni predilette dalle trote.

poiché la salamandra in esame rappresentauna specie, per questo ed altri motivi, vulne-rabile, si rendono necessari interventi di tute-la. per raggiungere tale scopo, la strategiasecondo noi più sensata consiste nel proibirela pratica del rilascio di trote adulte o delleloro uova nei torrenti montani, pratica cheviene attuata per scopi legati alla pesca. Se laproibizione di tale pratica non dovesse esserepossibile, data la prevedibile reazione delleassociazioni dei pescatori, sarebbe util proi-bire la pesca alla trota –o almeno il ripopola-mento da parte di questo Salmonide-almenoin alcuni dei torrenti montani, in particolare inquelli nei quali la Salamandra salamandra rie-sce ancora a riprodursi con successo. Il divie-to di pesca e di ripopolamento in questi tor-renti, dovrebbe senz'altro portare nell'arco dipochi anni alla scomparsa dei pesci predatori,dato che ampi tratti di torrente sono soggettiad essiccamento estivo.

Bombina pachypusL’ultimo rilevamento di tale specie nei siti visi-tati risale al 1967; in tale occasione, la suapresenza è stata documentata fino a quasi1500 m di quota. Sappiamo, sulla base di fontinon ufficiali e di osservazioni personali, chefino a poco tempo fa (meno di venti anni) laspecie era abbondante in queste zone, così

come in numerose altre aree toscane. Il fattoche non sia stata trovata nel corso delle usci-te fa sospettare che la specie sia scomparsanel territorio in questione. Non essendo peròstato raggiunto il livello della certezza in pro-posito, pensiamo che sarebbe molto utile pro-gettare e attuare una campagna di ricercamirata alla localizzazione di eventuali popola-zioni residue. un intervento nei loro confron-ti, prima che sia troppo tardi, potrebbe limita-

re gli esiti di questo stato di cose.Nel caso dovessero essere trovate popolazioniresidue, sarebbe indispensabile operareimmediatamente, attuando semplici interventiche sono stati sperimentati con successo negliultimi anni. Tra questi, quello che potrebbedare i risultati più riproducibili e consentire disalvare la specie,prevede il prelievo in naturadi uova e girini dai siti riproduttivi, l'alleva-mento in cattività degli embrioni e delle formelarvali, e il rilascio dei giovani dopo la meta-morfosi nei siti di prelievo. In questo modo siopererebbe una tutela nei confronti di even-tuali eccessive pressioni da parte di predatorie si sottrarrebbero i girini dai rischi legati alfatto che Bombina pachypus rappresenta unaspecie pioniera. Questo significa che si adattaa colonizzare ambienti precari dal punto divista della stabilità delle condizioni, che dinorma altri Anuri rifiutano. un elemento fon-damentale della precarietà è rappresentatodalla notevole instabilità delle raccolte diacqua prescelte per la riproduzione, chehanno spesso struttura e durata effimera. Altririschi sembrano derivare dall’antropizzazionee dall’introduzione, spesso priva di regole, deicinghiali. Questi elementi di criticità possonoessere sopportati dagli esemplari adulti, mapossono risultare letali per le larve. A livelloplanetario, molte specie di Anfibi si sono

ANURI

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estinte in anni recenti e molte altre appaionoin rapida, inesorabile diminuzione. Le cause inmolti casi non sono ben comprese, anche se levariazioni climatiche, legate alla dipendenzarispetto all’ambiente acquatico di questiTetrapodi “imperfetti” .sembrano svolgere unruolo determinante. prove multidisciplinarimettono in evidenza il possibile ruolo dellemicosi cutanee che si instaurerebbero quandosi altera l’adeguato schermo immunologicodella pelle. In tal senso basti pensare al ruolodell’apparato cutaneo, come sistema respira-torio vicariante rispetto ai polmoni, e il delica-to equilibrio che le secrezione cutanee garan-tiscono ai microrganismi commensali presentinella pelle. Anche se la situazione italiana nonè ancora stata estesamente valutata, Bombinapachypus ha subito negli ultimi anni un dram-matico declino, ed è probabile che se questofenomeno non verrà presto arrestato, la spe-cie continuerà rarefarsi nei luoghi dove risul-ta ancora presente.

Operazioni di tutela come quella sopra deli-neata permetterebbero di innalzare di almenoun ordine di grandezza la probabilità disopravvivenza degli individui; con una ricadu-ta positiva sui loro ecosistemi. Si tenga pre-sente che in natura i girini degli Anuri rappre-sentano spesso uno dei primi anelli della cate-na alimentare degli ambienti in cui vivono. Essivengono predati da una grande varietà di ani-mali, come Insetti, da altre specie di Anfibi, daRettili e da uccelli, in modo tale che pochi rie-scono a sopravvivere fino alla maturità ses-suale. Riprendendo le valutazioni a cui abbia-mo prima accennato, possiamo dire che i gio-vani individui dopo la metamorfosi riescono

più efficacemente, rispetto ai girini, ad evita-re i predatori. Il rilascio di giovani metamorfo-sati sicuramente consentirebbe di aumentarerapidamente il numero di riproduttori presen-ti in natura. Contemporaneamente alle opera-zioni di conservazione, sarebbe comunquenecessario progettare studi più approfonditivolti a comprendere le cause del declino diquesta specie.

Rana dalmatinaIn generale, valgono le stesse considerazioniespresse per Bombina pachypus. Anche senon rinvenuta nel corso delle uscite, la specieè probabilmente presente nell’area in esame.La sua presenza è documentata fino al 1994 aquote inferiori a 1200 m. Questa specie sem-bra comunque essere in progressiva e costan-te diminuzione. Sarebbe utile uno studiomirato per valutare lo stato di salute dellepopolazioni e magari progettare dei piani diconservazione, con azioni simili a quelle elen-cate per Bombina pachypus.

Rana temporariaE’ stata trovata a Vallombrosa, a 1000 m diquota, nel 1877. Attualmente, la sua presenzaè documentata nel vicino parco delle ForesteCasentinesi; di conseguenza, Rana temporariapotrebbe essere presente anche nelle zone aquota più elevata del comune di Reggello.Sarebbe necessaria un'indagine più accurataper accertare od escludere la sua presenza nelterritorio. Nel caso la specie fosse rinvenuta,sarebbe assolutamente necessario intervenire,con ricerche ed azioni simili a quelle descritteper Bombina pachypus e Rana dalmatina.

Rana italica

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UccelliUna comunità faunistica da scoprire e valorizzare

DISTRIBuZIONE

Le comunità ornitiche sono strettamentedipendenti dalla struttura e dalla composizionedell’habitat, quanto più un ambiente è diversi-ficato negli strati di vegetazione e nella suacomplessiva tipologia, in quanto più le comu-nità sono ricche e composite. In particolare nelterritorio del Comune di Reggello, grazie allasua grande estensione ed alla varietà dellecomponenti ambientali–paesaggistiche, siritrova una grande ricchezza di specie. A questo si aggiunge una discreta “naturalità ”,ovvero una bassa componente antropica che,eccetto in alcune zone delimitate e prevalente-mente in alcuni periodi ristretti di tempo, favo-risce la presenza di una avifauna diversificata.Tra gli uccelli, i passeriformi sono spesso uti-lizzati quali bioindicatori in ragione del grandenumero di specie e della semplicità di rileva-mento in quanto uccelli canori. I rapaci, siadiurni (falconiformi) che notturni (strigiformi),svolgono un ruolo di fondamentale importanzanel mantenimento dei delicati equilibri dinami-ci che regolano i rapporti tra le componentidell’ecosistema oltre ad esercitare un’azioneselettiva.per tale motivo la scomparsa dei rapaci puòindicare un’alterazione dell’ambiente naturale.

MATERIALI E METODINel corso del 2000-2008 sono stati compiutinumerosi rilevamenti puntuali in punti fissi sulterritorio del comune di Reggello e aree limi-trofe, (n° 72 stazioni di ascolto). La scelta dellalocalizzazione è stata casuale e distribuita inmodo più possibile uniforme nel territorio. Itempi e gli obbiettivi del lavoro hanno consi-gliato di operare con rilevamenti di 10 minuti

ciascuno. Le osservazioni sono state suddivisein base al tipo di osservazione (canto, osserva-zione diretta, presenza del nido, ecc.) ed alladistanza dall’operatore: da 1 a 100 metri, oltrei 100 metri. Tutti gli avvistamenti sono statieseguiti da un unico operatore al fine di evita-re eventuali disparità nella qualità dei dati,dovuti alla diversa esperienza e/o abilità delrilevatore. Abbiamo inoltre implementato leinformazioni raccolte con ulteriori dati derivatida osservazioni non standardizzate, includen-do le osservazioni fatte fuori dai periodi stagio-nali di riproduzione, le osservazioni occasionalied i dati ricavati dalla bibliografia (MITO;RE.NA.TO.; ATLANTE DELLA TOSCANA). Si èprovveduto a registrare le specie nidificanti,quelle svernati o anche semplicemente rinveni-bili occasionalmente. Tutti i dati raccolti, siarelativi alle specie che ai dati ambientali, sonostati informatizzati, inserendoli all’interno diun database, e così producendo una banca datiparticolareggiata che contiamo di implementa-re in futuro con ulteriori osservazioni. Nei siccessivi 2009 e 2010 le osservazioni sulcampo sono proseguite anche se non in modoorganizzato. per questa pubblicazione, tenendoconto di esigenze anche divulgative, abbiamoincluso tutti i dati raccolti per l’intero territoriofino ad oggi, trattandoli nella loro elaborazionein modo complessivo, evitando di descrivere ladistribuzione delle singole specie e la ubicazio-ne dei luoghi precisi di nidificazione, ancheperché per alcune delle specie individuate, inparticolare quelle protette, potrebbe rappresen-tare un pericolo. L’elenco di pagina 32 descriveil tipo di habitat dove è più probabile trovare lesingole specie. Nella cartina successiva (cartinan° 4) sono indicate orientativamente il numerodelle specie osservate localmente.

30

Codibugnolo

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0 0,5 1 2 3 4Km

LegendaAree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativi

35.01 - 37

30.01 - 35

25.01 - 30

20.01 - 25

15.01 - 2010.01 - 155.01 - 101 - 5

Specie totali

CARTINA N° 4

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Tuffetto

Cormorano

Airone cenerino

Airone bianco m.

Garzetta

Nitticora

Cicogna nera

Cicogna bianca

Falco pecchiaiolo

Biancone

Albanella reale

Albanella minore

Falco di palude

Sparviere

poiana

Aquila reale

pellegrino

Gheppio

Succiacapre

Fagiano comune

Colombaccio

Tortora dal collare

Tortora

Cuculo

Barbagianni

Assiolo

Civetta

Allocco

Gufo comune

Rondone

Martin pescatore

upupa

Torcicollo

picchio verde

picchio rosso m.

Tachybaptus ruficollis

phalacrocorax carbo

Ardea cinerea

Ardea alba

Egretta garzetta

Nycticorax nycticorax

Ciconia nigra

Ciconia ciconia

pernis apivorus

Circaetus gallicus

Circus cyaneus

Circus pygargus

Circus aeruginosus

Accipiter nisus

Buteo buteo

Aquila chrysaetos

Falco peregrinus

Falco tinnunculus

Caprimulgus europaeus

phasianus colchicus

Columba palumbus

Streptopelia decaocto

Streptopelia turtur

Cuculus canorus

Tyto alba

Otus scops

Athene noctua

Strix aluco

Asio otus

Apus apus

Alcedo atthis

upupa epops

Jynx torquilla

picus viridis

picoides major

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TONel presente elenco sono riportate le varie specie osservate

nell’intero territorio comunale di Reggello. Viene descritta lafenologia, la nidificazione e inoltre vengono indicati gliambienti preferiti delle specie riportandoli in chiave cromati-ca. Ogni specie può avere più ambienti caratteristici, oppuretrovarsi in zone ecotonali ovvero di confine tra ambientidiversi.

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33

picchio rosso minore

Cappellaccia

Allodola

Topino

Rondine

Balestruccio

prispolone

pispola

Ballerina bianca

Ballerina gialla

Merlo acquaiolo

Scricciolo

passera scopaiola

pettirosso

Codirosso spaz.

Codirosso

Stiaccino

Saltimpalo

Culbianco

Codirossone

passero solitario

Merlo

Tordo bottaccio

Cesena

Tordela

Beccamoschino

Canapino

Magnanina

Sterpazzolina

Sterpazzola

Occhiocotto

Capinera

Luì piccolo

Regolo

Fiorrancino

picoides minor

Galedria cristata

Alauda arvensis

Riparia riparia

Hirundo rustica

Delichon urbica

Anthus trivialis

Anthus pratensis

Motacilla alba

Motacilla cinerea

Cintus cinclus

Troglodytes troglodytes

prunella modularis

Erithacus rubecola

phoenicurus ochruros

phoenicurus phoenicurus

Saxicola rubetra

Saxicola torquata

Oenanthe oenanthe

Monticola saxatilis

Monticola solitarius

Turdus merula

Turdus philomelos

Turdus pilaris

Turdus viscivorus

Cisticola juncidis

Hippolais polyglotta

Sylvia undata

Sylvia cantillans

Sylvia communis

Sylvia melanocephala

Sylvia atricapilla

phylloscopus collybita

Regulus regulus

Regulus ignicapillus

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pigliamosche

Codibugnolo

Cincia bigia

Cincia mora

Cinciarella

Cinciallegra

picchio muratore

Rampichino

Rigogolo

Averla piccola

Averla capirossa

Ghiandaia

Cornacchia grigia

Gazza

Taccola

Storno

passera d’italia

passera mattugia

Fringuello

Verzellino

Cardellino

Verdone

Fanello

Crociere

Ciuffolotto

Frosone

Zigolo muciatto

Zigolo nero

Strillozzo

Muscicapa striata

Aegithalos caudatus

parus palustris

parus ater

parus caeruleus

parus major

Sitta europea

Certhia brachydactyla

Oriolus oriolus

Lanius collurio

Lanius senator

Garrulus glandarius

Corvus corone cornix

pica pica

Corvus monedula

Sturnus vulgaris

passer italiae

passer montanus

Fringilla coelebs

Serinus serinus

Carduelis carduelis

Carduelis chloris

Carduelis cannabina

Loxia curvirostra

pyrrhula pyrrhula

C. coccothrraustes

Emberiza cia

Emberiza cirlus

Miliaria calandra

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F - FENOLOGIA

specie principalmente sedentarie presenti nel territorio indagato, in tutti i mesi dell’anno.specie migratrici a lungo raggio presenti nelperiodo estivo o invernale.specie migratrici a corto raggio o verticale (monte-valle) presenti nel periodo estivo oinvernale.specie presente occasionalmente.

S

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m

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N - NIDIFICAZIONE

specie nidificante.specie potenzialmente nidificante (assenza didati certi).specie esclusivamente svernante (presente in zona solo durante i periodi invernali)specie arratica (non nidificante)

NPN

S

Especie non nidificante nel territorio conside-rato.

NO

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NOmE COmUNE NOmE SCIENTIFICO OSSERVAZIONEDIRETTA

SPECIESEGNALATE NOTE

Albanella minore

Albanella reale

Aquila reale

Assiolo

Averla capirossa

Averla piccola

Biancone

Calandro

Codirosso

Codirossone

passero solitario

Culbianco

Falco di palude

Falco pecchiaiolo

Garzetta

Gheppio

Gufo reale

Martin pescatore

Nitticora

Ortolano

pellegrino

pernice rossa

Rampichino

Rampichino alpestre

Rigogolo

Succiacapre

Tottavilla

Circus pygargus

Circus cyaneus

Aquila chrysaetos

Otus scops

Lanius senator

Lanius collorius

Circaetus gallicus

Anthus campestris

phoenicurus phoenicurus

Monticola saxatilis

Monticola solitarius

Oenanthe oenanthe

Circus aeruginosus

pernis apivorus

Egretta garzetta

Falco tinnunculus

Bubo bubo

Alcedo attis

Nycticorax nycticorax

Emberiza hortulana

Falco peregrinus

Alectoris gufa

Certhia brachydactyla

Certhia familiaris

Oriolus oriolus

Caprimulgus europaeus

Lullula arborea

comune

sporadica

occasionale/erratica

oss. non confermata

comune in ultimi anni

in diminuzione

non più oss. come nidifi-cante negli ultimi 2 anni

osservazione incerta

comune

non più osservatonegli ultimi 2 anni

segnalato nel 2008

comune

erratico in migrazione

comune

nidifica in comune limitrofo

comune in area Balze

osservazione incerta

comune

nidifica in comune limitrofo

in diminuzione

non nidifica in area

introdotta dall’uomo

molto comune

accertata la presenza inzona Vallombrosa

in diminuzione

incerta la nidificazione

comune

Nella presente tabella sono riportate l’elenco delle specie “Vulnerabili” ai sensi della L.R.T. 56/2000 presentinel territorio del Comune di Reggello.

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ELEMENTI DI CRITICITà E pOSSIBILI LINEE DI INTERVENTO

Le specie appartenenti all’allegato A della LRT56/2000 verranno descritte in funzione deimodelli di distribuzione potenziale, determina-ta determinati tramite l’esame della idoneitàambientale della specie (a) e mediante la valu-tazione della frequenza della loro presenzariscontrata sul territorio esaminato (b) a segui-to delle indagini condotte in campo.

I modelli d’idoneità ambientale si realizzanomediante l’impiego di software GIS (GeographicInformation System), che riescono ad integraredati geografici. Il dato geografico ha due com-ponenti: una descrittiva e l’altra spaziale, percui è sempre possibile, selezionando la primacomponente, conoscere la posizione geografi-ca associata a quel particolare valore, parimen-ti è possibile, partendo dalla seconda compo-nente, attuare il percorso inverso. I dati geo-grafici sono, quindi, organizzati in strati infor-mativi (layers), ovvero ciascun tipo d’informa-zione viene rappresentato da uno strato carto-grafico di riferimento.

Come prima accennato nel caso di studio spe-cifico sono stati impiegati 2 diversi modelli diidoneità ambientale:

a) il primo basato sui modelli di distribuzione entro gli areali geografici noti delle specie, con valori sull'idoneità ambientale basati sulle conoscenze pregresse sulla biologia diogni specie, e che, quindi, devono essere letti esclusivamente come stime della potenziali

tà di presenza delle specie (per maggiori dettagli sulle preferenze ambientali si rimanda a Boitani L., et all. 2002a. Rete Ecologica Nazionale. un approccio alla Conservazione dei Vertebrati Italiani. Relazione Finale. Ministero dell’Ambiente e del Territorio da cui derivano).

b) il secondo modello, invece, impiega valori diidoneità ambientali basati sulla frequenza dellepresenze delle diverse specie in aree campioneall’interno dell’area di studio

I layers impiegati per la caratterizzazione dientrambi i modelli sono stati i seguenti:

carta di uso del suolo Corine Land Cover IIIlivello (scala 1:100.000);

DTM ( Digital Terrain Model );Rete idrograficaa.

Corine Land CoverRappresenta la distribuzione delle superficioccupate da diverse classi di copertura del suolo.È derivato dall’interpretazione di immaginisatellitari con una risoluzione nominale compa-rabile a quella di una mappa a scala 1:100.000.I dati disponibili in formato vettoriale sono stati

successivamente trasformati in formato rastercon pixel di dimensione pari a 10 metri.Modello Digitale del Terreno (Digital TerrainModel - DTM) Il dato altimetrico è stato ottenuto median-te l’ interpolazione dei valori di altitudine dipunti quotati e curve di livello (C.T.R. 1:10000),da cui, è stato ricavato un DTM ( DigitalTerrain Model) con risoluzione 10x10m;

Rete idrografica I dati disponibili in formato vettoriale sono statisuccessivamente trasformati in formato rastercon pixel di dimensione pari a 10 metri. La sovrapposizione delle informazioni dei pre-cedenti layers integrate con informazioni sul-l’ecologia di ogni specie (per il modello A rica-vate da fonti bibliografiche o da rilievi sucampo (modello B) ha portato alla realizzazio-ne dei modelli di idoneità ambientale. purtroppo i rilievi condotti sul campo sono statidi tipo qualitativo e non hanno quindi potutoprodurre una quantificazione delle preferenzeambientali (altitudine, uso del suolo e vicinan-za/presenza di corsi d’acqua), d’altro canto ilmodello A basato su scala nazionale e su fontibibliografiche spesso non riesce a rilevare spe-cie poco comuni e/o localizzate al di fuori del-l’areale conosciuto. Il dettaglio degli strati informativi del secondomodello è stato, quindi, molto maggiore grazieanche alla diversa finalità per cui è stato rea-lizzato. Tutte le elaborazioni GIS sono stateeffettuate con i software ArcView 3.2 e Arcmap9.2 (ESRI Inc., CA, uSA).

Di seguito vengono descritte gran parte dellespecie vulnerabili presenti nel territorio delComune di Reggello. Oltre alle schede relativealla descrizione delle specie vengono allegate,per ogni singola specie, le cartine di distribu-zione reale elaborate con i rilievi sul campo. Nelcaso la specie, in base ai dati di idoneitàambientale, sia potenzialmente presente nelterritorio di studio, vengono utilizzate le carti-ne di distribuzione potenziale elaborate secon-do quanto descritto sopra.

il primo basato sui modelli di distribuzione entro gli areali geografici noti delle specie, con valori sull'idoneità ambientale basati sulle conoscenze pregresse sulla biologia diogni specie, e che, quindi, devono essereletti esclusivamente come stime della poten-zialità di presenza delle specie (per maggioridetta gli sulle preferenze ambientali sirimanda a Boitani L., et all. 2002a. ReteEcologica Nazionale. un approccio allaConservazione dei Vertebrati Italiani.Relazione Finale. Ministero dell’Ambiente edel Territorio da cui derivano).

il secondo modello, invece, impiega valori diidoneità ambientali basati sulla frequenzadelle presenze delle diverse specie in areecampione all’interno dell’area di studio

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Albanella minoreNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

albanella minoreCircus pygargusdirettaprobabile nel periodo riproduttivo

In periodo riproduttivo predilige pianure, ampie valli,brughiere, torbiere, margini di zone umide, incolti e col-tivi.; Al di fuori del periodo riproduttivo frequenta varihabitat anche a quote elevate, comunque caratterizzatida prevalente copertura erbacea. In periodo riproduttivofrequenta pianure, brughiere, fasce marginali di zoneumide e coltivi, in genere a basse quote. Si alimentacontinuativamente durante il giorno, cacciando a terra.Si alimenta su vari tipi di prede: in prevalenza di piccoliMammiferi e piccoli uccelli e loro pulli, ma anche di ret-tili, anfibi e invertebrati. La composizione della dietapuò comunque subire forti variazioni a livello locale aseconda dell’abbondanza del tipo di prede. Nidifica inItalia dal livello del mare a 500 m circa, sull'AppenninoEmiliano-Romagnolo isolata o in piccoli gruppi, con den-sità varie e distanza tra i nidi in genere superiore a100m. La popolazione è diminuita in molte aree dallafine del secolo scorso.La femmina è leggermente più grande del maschio.Assenza di variazioni stagionali.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia, il ritorno dallamigrazione avviene all'inizio di aprile. Il nido è costruitosul terreno, sia in ambienti asciutti sia in presenza d'ac-qua. La femmina provvede alla cova, copertura e alimen-tazione diretta dei nidiacei; il maschio caccia per la fem-mina e i nidiacei.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ osservabile in comune diReggello in periodo riproduttivo ma anche durante lamigrazione. In particolare nelle aree pianeggianti colti-vate e nella zona delle Balze. Non è stato possibile trac-ciare la distribuzione potenziale in quanto non vi sonodati in bibliografia. In questo caso l’osservazione diret-ta si dimostra fondamentale rispetto ai dati di lettera-tura.

CAUSE DEL DECLINO - Le cause del recente declino vannoricercate nei cambiamenti ambientali, e particolarmentenelle modificazioni degli habitat legati alla riproduzione.Le trasformazioni agricole e la riforestazione razionalehanno sicuramente influito negativamente. La diminu-zione del tempo intercorrente tra la semina e la mieti-tura e la rapidità della mietitura dovuta alla meccaniz-zazione agricola fanno sì che molte covate non comple-tino il ciclo vitale. Le cause precise della riduzione dellapopolazione europea non sono chiare e alcune ipotesi(aumento dell'inquinamento, variazioni climatiche) nonsono corroborate da adeguati studi.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Averla capirossaNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

averla capirossaLanius senatordirettacomune negli ultimi anni

è una specie migratrice, svernante nell'Africa sub-saha-riana a nord dell'Equatore. Si nutre principalmente diInsetti ed altri invertebrati, soprattutto Coleotteri. Puòpredare anche piccoli vertebrati (rane, lucertole, arvico-le, piccoli Passeriformi). I vertebrati sono utilizzati comerisorsa trofica principalmente quando il freddo riducel'attività degli Insetti. Le prede vengono avvistate daposatoi in vista, da dove l'averla capirossa si lascia cade-re al suolo velocemente o effettua salti in aria al pas-saggio di prede volanti. L’ambiente frequentato dal-l'averla capirossa è costituito da pendii collinari caldi esecchi, con vegetazione erbacea non troppo sviluppatain altezza, e presenza di alberi e grossi cespugli isolati;il nido è posto solitamente su alberi da frutto, pioppi(contro il tronco) più raramente pini; Nelle zone boschi-ve non ama la presenza di un fitto sottobosco. Gliambienti marginali di zone coltivate o a pascolo sonofavorevoli a questa specie, ma l'esigenza di una riccaentomofauna, su cui esercitare la propria azione preda-toria, la esclude dalle campagne in cui si utilizzino inmodo massiccio gli Insetticidi

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia è diffusa in quasitutte le regioni ma le popolazioni più numerose si trova-no in Meridione e nelle isole. L'areale si è contratto note-volmente a nord e a ovest, espandendosi nelle regioni bal-caniche.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Negli ultimi 5 anni sono stateosservate alcune coppie nidificante nella zone delleBalze. In precedenza non vi erano state segnalazioni ariguardo.

CAUSE DEL DECLINO - E’ stato attribuito il declino dellaspecie alla degradazione dell'ambiente di riproduzione,anche se esiste la possibilità che si sia verificato ancheun deterioramento ambientale delle aree di svernamen-to. Nelle regioni mediterranee non ha giovato alla specieil rimboschimento con essenze resinose e la crescita noncontrollata del sottobosco e dei cespugli susseguenteall'abbandono della produzione del carbone da legna. Lacanalizzazione dei corsi d'acqua che ha portato al dete-rioramento delle vegetazione ripariale, la sostituzionedelle pratiche tradizionali di coltivazione di olive e aran-ce con metodiche più intensive che prevedono tra l'atro,un massiccio uso di Insetticidi, paiono essere determi-nanti molto importanti del declino della specie La sicci-tà prolungata nel Sahel ed e l'intensificazione delle pra-tiche agricole in altre aree di svernamento può contri-buire a lungo termine al declino della specie.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Averla piccolaNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

averla piccolaLanius colluriodirettain diminuzione

L'averla piccola si riproduce in luoghi aperti con arbustisparsi, piccoli alberi e cespugli, in brughiere, pascoli consiepi e cespugli sparsi o boschetti.e in zone coltivate oincolte e da versanti esposti a sud a moderata penden-za, caratterizzati da una rada copertura arborea e dallapresenza di numerosi cespugli spinosi, alternati adampie porzioni con vegetazione erbacea rada o nontroppo rigogliosa. Indispensabile appare la presenza diposatoi naturali o artificiali (arbusti, fili aerei, paletti direcinzione) utilizzati per gli appostamenti di caccia. E'anche presente, a basse densità, in rimboschimenti gio-vani di pini o betulle ed in torbiere con abbondanza dicespugli. Si nutre principalmente di Insetti, soprattuttoColeotteri. Utilizza però anche altri invertebrati, piccoliMammiferi, uccelli e rettili. Caccia sia tuffandosi daposatoi strategici, sia sul terreno o fra i rami dei cespu-gli; trasporta le prede o con il becco o con gli artigli e avolte le infila su rametti appuntiti o spine.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia è l'averla più comu-ne, risultando piuttosto rara e localizzata solamente nel-l'estremo sud, in particolare in Sicilia. L'averla piccola èmigratore transahariano, sverna in Africa tropicale orien-tale e meridionale. I quartieri di svernamento di razzediverse possono sovrapporsi ampiamente. Le rottemigratorie primaverili ed invernali non si sovrappongono:il passo primaverile verso nord è più orientale di quelloautunnale. Non esistono differenze nella tempistica dellamigrazione autunnale fra popolazioni di diverse latitudi-ni: tutte le popolazioni europee tendono a lasciare i ter-ritori di riproduzione a partire da fine luglio, con picchiad agosto e inizio settembre. La migrazione è notturna.Pare che questa specie non accumuli riserve di grassocorporeo in periodo premigratorio ma utilizzi come fontedi energia altri piccoli Passeriformi migratori su cui eser-cita una attiva predazione . In tutta Europa la specie è inevidente declino numerico.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ piuttosto frequente in partico-lare nelle aree delle balze, nelle aree coltivati e sui pascoli diSecchieta.

CAUSE DEL DECLINO - Le cause principali del declino nume-rico di questa specie vanno ricercate nella distruzione e neldeterioramento dell'habitat. L'incremento dei settori ad agri-coltura intensiva, il maggior uso di pesticidi e la deforesta-zione hanno provocato la riduzione degli habitat idonei

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

all'averla piccola. Questa specie infatti necessita di cespuglie allo stesso tempo di erba bassa con zone aperte per lalocalizzazione del cibo ma l'ampio uso fatto di fertilizzantiazotati determina la crescita di una vegetazione fitta, alta eprecoce in cui risulta difficile cacciare.

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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CalandroNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

calandroAnthus campestrispresenza segnalata in Bibliografiaincerta

Una specie di ambienti aperti di natura steppica, in fortedeclino. La nidificazione avviene in ambienti secchi manon aridi, caratterizzati da copertura arborea scarsa oassente e vegetazione erbacea discontinua, quali pasco-li degradati, garighe, dune costiere, aree agricole abban-donate ed ampi alvei di fiumi. PrevalentementeInsettivoro, gli adulti ingeriscono anche una certa quan-tità di semi, soprattutto in inverno. Si alimenta sul ter-reno, con brevi corse alternate a rapidi voli per cattura-re prede aeree. Nidificazione da metà maggio a luglio.normalmente una deposizione, talvolta due. I giovanisono alimentati esclusivamente con Invertebrati, qualiLepidotteri, Ortotteri, Coleotteri, Ditteri. Negli ambienti dinidificazione sono in genere presenti posatoi e piccoleondulazioni del terreno utilizzate per il canto. Vengonoevitati i terreni in ripida pendenza e le aree rocciose oboscate. Nido sul terreno, nascosto da cespi erbacei.Subisce il parassitismo da parte del Cuculo Cuculuscanorus.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia, nidificante e migra-tore, distribuito in gran parte della Penisola e nelle isole,generalmente raro nelle regioni settentrionali. L'arealedella specie si è notevolmente contratto in tempi recen-ti l'Italia.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Mai osservata durante i rilievidiretti.

CAUSE DEL DECLINO - La principale minaccia in Europa èprobabilmente la perdita di habitat, dovuta alla conver-sione agricola di terreni di nidificazione, ai rimboschi-menti artificiali e naturali determinati dall'abbandonodelle pratiche di pastorizia tradizionale. La specie risul-ta in declino anche in ambienti apparentemente nonsoggetti a degradazione diretta il che induce a suppor-re che anche altri fattori possano essere legati al decli-no osservato; tra essi sono stati ipotizzati cambiamen-ti climatici ed eccessivo uso di fertilizzanti ed antiparas-sitari.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativi

Non idoneo

Specie assente

LegendaClassi di idoneità ambientale

Alta idoneitàMedia idoneitàBassa idoneità

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CodirossoNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

codirossoPhoenicurus phoenicurusdirettacomune

E’ un uccello migratore che sverna nei paesi tropicali delMar Rosso fino ai laghi africani. Durante l'estate vive intutta l'Europa fino in Siberia, ma anche in Nord Africa; èpiù raro sulle isole. Il maschio arriva per primo nei primidi aprile, spesso alcuni giorni prima dellafemmina.L'ambiente di nidificazione principale compren-de zone rupestri, sfasciumi, pascoli con affioramentirocciosi, baite e muretti a secco. Il maschio di norma ènotevolmente più scuro della femmina. Il codirosso sinutre in aperta campagna e nel sottobosco. Il suo regi-me alimentare è composto soprattutto da invertebratiche vivono nel suolo (insetti, coleotteri, lumache, vermie ragni). È un animale monogamo. Il nido è costruitonella cavità degli alberi, e la costruzione a forma dianfora è eseguita esclusivamente dalla femmina. Il richiamo è un tic persistente e spesso ripetuto,essendo un animale territoriale spesso il maschio sipone sempre nello stesso posto. Il canto è invece brevee melodioso ed inizia con un rullante sree sree.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - È un visitatore estivodell'Europa. È un uccello tipico dei boschi e dei parchipubblici, specialmente dove esistono piante con moltecavità. In passato veniva osservato prevalentemente inzone rocciose o ambienti urbani di montagna mentre oggiè divenuto comune ovunque, sia nelle campagne che nellecittà. Si nutre prevalentemente di insetti, aggiunge allasua dieta anche numerose specie di bacche.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Una specie comune, si osservacon facilità anche a basse altitudini. Nel 2010 ha nidi-ficato nel territorio delle Balze (Vaggio). A Vallombrosaè possibile osservarlo nello stesso ambiente del codi-rosso spazzacamino.

CAUSE DEL DECLINO - Le cause principali della rarefazio-ne sono da ricercarsi nel declino delle foreste mature edin generale nel taglio degli alberi vetusti che offronocavità adatte alla nidificazione. Anche la siccità e deser-tificazione dei quartieri di svernamento africani sonoconsiderate limitanti per la specie. Oltre alla riduzionedell’uso dei pesticidi nelle zone di svernamento, la prin-cipale misura di protezione della specie, è la conserva-zione delle foreste e degli alberi maturi. Localmente l’in-stallazione di cassette-nido può favorire in modo sensi-bile l’incremento della densità delle coppie nidificanti

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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CodirossoneNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

codirossoneMonticola saxatilisdirettanon osservato negli ultimi 2 anni

L’identificazione è solitamente semplice: dimensioni diuno storno, il maschio in estate ha una livrea inconfon-dibile blu, rossa e nera. Il Codirossone è in generale unaspecie non ben conosciuta; Solitamente è distribuita inambienti montani, dai 300 fino ai 2500 m. in zone aper-te e soleggiate, quali prati e pascoli d'altitudine o bru-ghiere. E' necessaria la presenza di rocce ed arbusti chevengono usati come posatoi. Raramente presso le abita-zioni. Nido in fessure e cavità delle rocce, talvolta inbuchi nei muri, di rado in cavità di alberi. I giovani sonoalimentati soprattutto con Insetti, talvolta anche conAnfibi e Lucertole. Gli adulti sono soprattutto Insettivori.La preda viene catturata di norma a terra, con brevi volia partire da posatoi; di rado si ha cattura in volo. Al difuori della riproduzione gli adulti assumono anche bac-che e frutti.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia specie estiva e nidi-ficante lungo le catene alpina ed appenninica. Gli arealidi svernamento sono localizzati nell'Africa subsaharianaattorno alla fascia di foreste pluviali della regione cen-trale del continente. L'areale del Codirossone si è pro-gressivamente contratto in Europa nel corso dell'ultimosecolo.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ stata accertata la presenzapresso Massanera e nell’ ANPIL della Foresta di Sant’Antonio. Non più osservato in area negli ultimi 2 anni.

CAUSE DEL DECLINO - La specie è attualmente in progres-sivo declino numerico e di areale. Le cause di questoprocesso sono poco chiare. La più probabile causa didiminuzione numerica è forse l'alterazione degli habitatdi riproduzione, legata all'abbandono delle aree di pasco-lo montane ed alla loro progressiva trasformazione inambienti boscati. Anche il disturbo antropico legatoall’aumento del turismo in aree montane può giocare unruolo nel processo.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Passero solitarioNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

passero solitarioMonticola solitariusriportata da Nicola Calcinaisottostimata

Spesso è confuso con il maschio del merlo o con lo storno.Malgrado il nome, non ha niente dei classici passeri, ha ledimensioni di un tordo (circa 23 cm). Il dimorfismo sessua-le è abbastanza evidente, infatti il maschio d'estate è dicolore blu scuro con ali e coda più scure, mentre la femmi-na è marrone bluastra sulla schiena, petto chiaro che da sulmarrone, dimensioni di uno storno. Le femmine ed i giova-ni possono essere confusi con quelli del Codirossone, da cuisi distinguono per la gola scura. Si tratta di una speciepiuttosto schiva, soprattutto nel periodo invernale, ed ingenerale non perfettamente conosciuta. Specie tipica diaree caratterizzate dalla presenza di strutture verticaliquali pareti e dirupi o anche edifici e cave abbandonate.Necessaria la disponibilità di fessure o cavità per la costru-zione dei nidi. L'alimentazione avviene sul terreno in areepiù o meno pianeggianti con copertura vegetale variabilema solitamente scarsa . I giovani sono nutriti principalmen-te con Invertebrati e Vertebrati di piccole dimensioni, inparticolare Rettili. Gli adulti consumano Insetti ed ancheAnfibi, lucertole e piccoli serpenti. La preda è catturata sulterreno o, se volante, anche in aria. Nel periodo autunnaleuna parte considerevole della dieta è costituita da frutti.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - Specie stanziale o migratri-ce, sia completa che parziale. In Europa sono occupati inprevalenza siti con pareti ripide e rocciose, in generalea quote inferiori agli 800 metri, talvolta fino a 1500 m.In Italia, nidificante, sedentario o svernante. Gli ambien-ti di svernamento sono di norma simili a quelli riprodut-tivi.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Non vi sono altre osservazioni.

CAUSE DEL DECLINO - Gli habitat che costituiscono ilmaggiore centro di diffusione della specie sono minac-ciati dall'espansione edilizia e dal disturbo antropico, inparticolare durante la stagione estiva.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativi

Non idoneo

Specie assente

LegendaClassi di idoneità ambientale

Alta idoneitàMedia idoneitàBassa idoneità

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CulbiancoNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

culbiancoOenanthe oenanthedirettacomune

É una specie ad ampia diffusione, distribuita in ambien-ti asciutti con vegetazione bassa e rada, esposti prefe-renzialmente a mezzogiorno. Frequenta ambienti aperticon vegetazione bassa, quali tundra, dune costiere, bru-ghiere, praterie alpine al di sopra del limite degli alberi.Evita le zone troppo densamente boscate. Gli ambientidi nidificazione devono comprendere siti adatti allacostruzione del nido (cavità di rocce o tane abbandona-te). Solitario e territoriale in nidificazione. Il nido ècostruito dalla femmina, in fessure, cavità naturali oartificiali, tane abbandonate, talvolta in cassette nido.Si ciba di invertebrati e bacche. L'alimento è ricercato sulterreno o nella vegetazione bassa, alcune prede posso-no essere catturate in volo. Può essere parassitato dalCuculo

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - Distribuito in tutto il territo-rio europeo, Migratore di lunga distanza. L'areale di sver-namento di tutte le popolazioni è localizzato in Africa asud del Sahara. In Italia la specie è nidificante e migra-trice, rari casi di svernamento sono segnalati in Sicilia IlCulbianco risulta diffuso con continuità lungo tutta lacatena alpina e gli Appennini, ben distribuito in Siciliama localizzato in Sardegna. L'areale della specie è ingenerale stabile in Europa.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Da qualche anno nidifica inSecchieta. Sono state osservate almeno 2 – 3 coppie.

CAUSE DEL DECLINO - In virtù delle consistenti popolazio-ni e della sostanziale stabilità numerica la specie è con-siderata esente da minacce. Da parte di alcuni autori laspecie sarebbe in declino in Toscana, probabilmente acausa della riduzione dei pascoli nelle aree montane dicrinale. La specie potrebbe ricevere disturbo anche acausa del turismo estivo nelle aree montane in partico-lare dovuto all’uso di fuoristrada.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Falco pecchiaioloNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

falco pecchiaioloPernis apivorusdirettacomune

Migratore regolare, sverna nell'Africa australe. In Italia laspecie ritorna dalla migrazione in aprile-maggio. In perio-do riproduttivo la distribuzione della specie è legata stret-tamente agli ambienti forestali, purché ricche di vespe ebombi. Si alimenta principalmente di favi con larve e pupedi Imenotteri sociali, con prevalenza di Polistes. La dietavaria in dipendenza delle condizioni climatiche della sta-gione riproduttiva. Nidifica dal livello del mare fino a 1800m sulle Alpi. Il nido è costruito su alberi, in corrisponden-za di biforcazioni (a varie altezze dal suolo) o utilizzandocome base vecchi nidi. Predilige le fustaie di faggio ecastagno, ma frequenta altresì boschi misti e di conifere.In conseguenza delle preferenze d'habitat riproduttivo laspecie appare relegata alle zone collinari e montane, datala scarsità di boschi planiziali e ripariali nelle pianure.Tuttavia varie formazioni boscose di pianura residue sonotuttora occupate. Si alimenta in radure, margini di boschie prati, prativi e coltivi; in periodo post-riproduttivo sispinge nelle praterie d'alta quota fino al margine nivale. Trai rapaci italiani è (insieme alla poiana) la specie chemostra maggiore variabilità intraspecifica nel piumaggio.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - Non sono noti cambiamentistorici nella distribuzione della specie, ma è necessariosottolineare che la consistenza delle popolazioni e l'ef-fettiva copertura reale dell'areale è molto poco conosciu-ta. In Italia nidifica in tutte le regioni del centro-Nord,con limite meridionale incerto, ma verosimilmente anchea Sud dell'Abruzzo.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Si osserva comunemente nelperiodo riproduttivo e durante il passaggio migratorio.Nidifica con certezza all’interno della zona denominata“le Balze”. Nel corso del 2010 sono stati osservati treindividui in volo nella zona di Vaggio.

CAUSE DEL DECLINO - La dinamica delle popolazioni inEuropa è poco conosciuta, ma la specie appare poco sen-sibile all'utilizzo dei pesticidi e alle altre cause di mor-talità indiretta. La maggior causa di mortalità è senz'al-tro la persecuzione diretta sotto forma di bracconaggioin periodo migratorio nell'area mediterranea. In partico-lare nel passaggio migratorio sullo Stretto di Messina, inItalia, il bracconaggio specifico nei confronti del Falcopecchiaiolo.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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MagnaninaNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

magnaninaSylvia undatadirettacomune

Si riproduca in zone con arbusti bassi e fitti, di solitoaride, anche in brughiere e macchie di vegetazionebassa, è legata alla presenza di Ericacee. La magnaninaè un uccello monogamo; se la coppia è stanziale il lega-me rimane saldo tutto l'anno e per più stagioni riprodut-tive. La magnanina si nutre di regola di artropodi, inautunno e inverno utilizza occasionalmente frutta. Ladieta dei nidiacei è completamente artropoidea, compo-sta da Libellule, adulti e larve di Lepidotteri, Miriapodi emolluschi gasteropodi. La proporzione delle diverseprede animali varia con la diversa abbondanza e dispo-nibilità di queste in natura. La magnanina ricerca il cibosoprattutto sui cespugli, talvolta sugli alberi. Durante la stagione riproduttiva i territori della magna-nina, dell’ occhiocotto e della sterpazzolina possonosovrapporsi ampiamente. In Inverno i giovani possonoassociarsi, in piccoli gruppi, con lo stiaccino e occuparegli stessi dormitori comunitari di altre specie, qualiscriccioli e regoli.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - L'Italia costituisce il limiteorientale dell'areale di diffusione. E' distribuita lungo lecoste dalla tirreniche, si trova anche nell'Appennino set-tentrionale, nelle isole dell'Arcipelago Toscano. LaMagnanina è una specie migratrice a corto e medio rag-gio, dispersiva e localmente erratica. Molte popolazionisono stazionarie, tra cui quelle italiane, ma possonocompiere erratismi durante la cattiva stagione (soprat-tutto i giovani).

DISTRIBUZIONE LOCALE - Si osserva bene lungo i versan-ti esposti a sud di Massanera e in alcune aree delleBalze. E’ probabile una maggione distribuzione in areelimitrofe.

CAUSE DEL DECLINO - La principale minaccia per la specieè costituita dalla frammentazione e distruzione dei bio-topi riproduttivi, verificatasi in seguito all'intensificarsidelle pratiche agricole e allo sviluppo urbano. Gli incen-di che regolarmente affliggono in estate le zone piùaride della macchia mediterranea ed il susseguirsi diinverni particolarmente rigidi probabilmente contribui-scono in maniera rilevante al declino della Magnanina.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Martin pescatoreNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

martin pescatoreAlcedo atthisdirettacomune negli ambienti idonei

La specie frequenta una fascia climatica ampia, ovunquesiano disponibili acque libere dai ghiacci, preferibilmen-te calme o a lento scorrimento. Sono altresì essenziali ladisponibilità di piccoli pesci e di posatoi utili per la cacci:si nutre principalmente di piccoli pesci d'acqua dolce e,in misura minore, di Insetti Odonati, Efemerotteri,Plecotteri, Tricotteri ed Emitteri, molluschi e anfibi.Ogni tipo di canale, fiume, corso d'acqua naturale o arti-ficiale, lago o bacino, estuario viene sfruttato Altra con-dizione essenziale, in periodo riproduttivo, è l'accesso abanchi di terra o sabbia ove costruire il nido a tunnel.Fuori del periodo riproduttivo la disponibilità ad amplia-re l'habitat aumenta notevolmente. La consistenza dellepopolazioni dell'Europa centrosettentrionale è influenza-ta dalla rigidità degli inverni.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - La specie mostra un arealeriproduttivo che si estende dal Paleartico occidentale alGiappone, con poco meno di un terzo dell'intera popola-zione mondiale concentrato in Europa.In Italia la specie è diffusa su tutto il territorio naziona-le.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Piuttosto comune, anche se lapopolazione pare aver subito l’influsso negativo degliultimi rigidi inverni. Durante l’estate la specie risentedella secchezza degli alvei dei torrenti.

CAUSE DEL DECLINO - La principale causa del declino dellaspecie va ricercata nell'effetto negativo di una serie con-secutiva di inverni rigidi. La particolare sensibilità dellaspecie alle condizioni climatiche può avere mascheratoaltri effetti negativi, tra cui va senz'altro indicato l'inqui-namento chimico e biologico dei fiumi. I principali inqui-nanti delle acque dolci vanno ricercati negli scarichiindustriali e agricoli. . In fine va ricordato l'effetto nega-tivo della canalizzazione dei corsi d'acqua e delle operedi drenaggio, che hanno contribuito alla riduzione siadell'habitat riproduttivo che di quello trofico.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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NitticoraNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

nitticoraNycticorax nycticoraxdirettanidifica in comune limitrofo

Frequenta pantani lungo fiumi e torrenti, laghi e paludi.Predilige acque ricche di vegetazione emergente. Di indo-le socievole, nel periodo riproduttivo dà luogo a grandicolonie, spesso completamente circondate dall’acqua o col-locate sui rami più alti degli alberi, talvolta nidificandoanche in comunione con altre specie. Gradisce la presenzadi cespugli ed alberi, nidificando anche in boschi asciutti,boschi misti, pioppeti e boschi di robinia. La femmina hadimensioni minori, è più leggera ed ha le piume della cre-sta più brevi rispetto al maschio. La dieta è molto varia edinclude anfibi, girini ed adulti, pesci, rettili, Insetti adulti elarve, anellidi, microMammiferi. La nitticora è soprattuttoattiva al crepuscolo e durante la notte, ma nella stagioneriproduttiva caccia anche durante il giorno, sovrapponen-do la propria nicchia trofica con quella della garzetta nellearee particolarmente ricche di prede ed entrando invece inforte competizione con essa là dove il numero di prede èpiù scarso. Le tecniche di caccia utilizzate sono “standing”,per catturare rane e pesci e “walking”, preferita per cac-ciare prede lente e di piccole dimensioni come girini eArtropodi. Nella maggioranza dei casi la nitticora nidificain colonie miste, comprendenti altre specie di ardeidi,quali Egretta garzetta, Ardeola ralloides, Ardea purpureae Ardea cinerea.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia la popolazione èmolto numerosa, in particolare nella Pianura Padana (inPiemonte sono soprattutto le zone dell’Alessandrino e delVercellese ad accogliere il maggior numero di coppie) ed inToscana. In Italia le prime Nitticore giungono dai quartieridi svernamento intorno alla metà di marzo, ma le più ritar-datarie possono arrivare nel nostro Paese anche agli inizidi maggio. Il periodo riproduttivo si estende perciò dallafine di marzo alla metà di luglio. Nella grande maggioran-za dei casi la Nitticora forma colonie miste con altre spe-cie di Ardeidi, rare sono le colonie monospecifiche. In gene-re si ha una sola deposizione all’anno, talvolta seguita dauna seconda

DISTRIBUZIONE LOCALE - Molto comune del periodo primave-rile ed estivo, lungo i corsi d’acqua e nelle rive dei laghettiartificiali.

CAUSE DEL DECLINO - La naturale evoluzione delle zoneumide verso stadi più maturi e meno adatti alla collocazio-ne dei nidi, i tagli a cui vengono sottoposti i boschi natu-rali nelle zone coltivate, la bonifica delle aree umide perestendere i campi, il disturbo antropico sono tra le princi-pali minacce che hanno provocato la diminuzione diNitticore presenti nel nostro Paese, così come nel restodell’Europa, negli ultimi anni. Fino alla fine degli anni ‘70

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

la contaminazione delle uova dovuta a pesticidi ed in parti-colare a composti chimici contenenti cloro ha inciso notevol-mente sulla percentuale di sopravvivenza dei pulcini e sullafragilità delle uova, fortunatamente il tasso di contaminan-ti nelle uova appare oggi drasticamente in diminuzione.

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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OrtolanoNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

ortolanoEmberiza hortulanadirettain forte diminuzione

Questa specie in montagna si localizza su costoni espo-sti a sud, con scarsa vegetazione arborea ed arbustiva,in località con minimi estivi di precipitazioni. In collina epianura abita le zone aperte coltivate a cereali (evitaperò le estese coltivazioni mais), con margini cespuglio-si, alberi isolati o filari. Sono sempre evitati i prati sta-bili e le località umide in genere Si riproduce con vege-tazione bassa o rada, in zone coltivate, terreni incolticon arbusti sparsi o vegetazione erbacea più alta, invigneti, boschetti e margini di terreni boscosi. la dieta ècomposta da invertebrati e, in minor misura, semi. Ainidiacei vengono forniti soprattutto larve di Lepidotteridefogliatori delle querce (Geometridi), Coleotteri(Scarabeidi), Ortotteri e Ditteri. I semi sono estratti dallepigne di peccio e dalle spighe di cereali. In inverno, neiquartieri di svernamento, l' ortolano ricava il propriocibo soprattutto nei campi arati o in coltivazioni dicereali.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia è distribuito in modoirregolare nelle regioni settentrionali e centrali fino allaCampania e al Molise; più a sud è presente sporadica-mente sui rilievi. E' ben distribuito sull'Appennino set-tentrionale, in Maremma e nei settori internidell'Appennino centrale.L'ortolano è un migratore a lungo raggio, svernante nell'Africa sub-sahariana, In Italia è di doppio passo regola-re da metà agosto a settembre e da aprile a maggio, inparticolare al nord.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Anche se in forte diminuzione sipossono ancora osservare alcune coppie nel periodo diriproduzione nell’area delle balze e tra gli orti lungo ideclivi esposti.

CAUSE DEL DECLINO - L' ortolano sta subendo una preoc-cupante diminuzione a livello europeo, soprattutto neisettori più occidentali (Spagna). L'introduzione e la dif-fusione di moderne tecniche agricole sono la principalecausa della crisi che sta subendo la specie nelle campa-gne dell'Europa centro-occidentale. La riduzione dei fila-ri di siepi un tempo utilizzati per la demarcazione deicampi, le monocolture intensive, l'espansione dei centriabitati ed il disturbo arrecato dall'uomo hanno determi-nato la scomparsa della specie da molte zone dell'area-le storico.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiSpecie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

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Rampichino alpestreNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

rampichino alpestreCerthia familiarisdirettaaccertata in zona Vallombrosa

Il rampichino alpestre è specie tipicamente boschiva,propria del livello corticale degli alberi. Predilige le fore-ste fitte, con alberi maturi ricchi di cavità in grado diospitare una ricca fauna di artropodi, si nutre prevalen-temente di Insetti e ragni ma può utilizzare anche semi(di pino e abete) in inverno.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia nidifica su tutta lacatena alpina, sugli Appennini settentrionali, centrali(Abruzzo) e meridionali. Il rampichino alpestre può risul-tare strettamente sedentario o migratore parziale, aseconda del settore dell'areale di distribuzione esaminato.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Nel corso degli ultimi anni vieneosservato e ascoltato in zona Vallombrosa. Un individuoè stato rinvenuto morto nel 2007 sempre nella Forestadi Vallombrosa

CAUSE DEL DECLINO - Pur non comune, in virtù delle con-sistenti popolazioni e della sostanziale stabilità numeri-ca la specie è considerata esente da minacce.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Specie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiS

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SucciacapreNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

succiacapreCaprimulgus europaeusdirettaincerta la nidificazione

Presente soprattutto sui versanti collinari soleggiati easciutti tra i 200 e i 1.000 m s.l.m., la specie frequen-ta gli ambienti boschivi (sia di latifoglie che di conifere)aperti, luminosi, ricchi di sottobosco e tendenzialmentecespugliosi, intervallati da radure e confinanti con colti-vi, prati, incolti e strade rurali non asfaltate. La presen-za di alberi isolati di media altezza, utilizzati per il ripo-so diurno e per i voli di caccia e corteggiamento, sem-bra favorirne l’insediamento Specie migratrice regolare(aprile-maggio e agosto-settembre) e nidificante estiva,talora residente, svernante irregolare. La riproduzione siverifica tra maggio e agosto, localmente anche tra apri-le e giugno, ed è influenzata dal ciclo lunare. Il nidoviene costruito al suolo tra la vegetazione arbustiva.

DISTRIBUZIONE - L’areale riproduttivo include tutta lapenisola e le isole maggiori, ma la specie risulta com-pletamente assente dai rilievi montuosi più elevati, dallaPianura Padana orientale e dalle regioni meridionaliprive di copertura arborea (Salento, Sicilia meridionale).Benché manchino dati certi, apparentemente la sotto-specie nominale è limitata alla sola Italia settentrionale,mentre a sud del Po dovrebbe essere presente la sotto-specie meridionalis. Non sono disponibili stime suglieffettivi svernanti, presenti irregolarmente nella porzio-ne meridionale della penisola.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ incerta la sua nidificazione incomune di Reggello

CAUSE DEL DECLINO - Le popolazioni centro e sud-euro-pee sono in lento ma generalizzato declino a partiredagli anni ’50 del XX secolo, a causa soprattutto dell’usomassiccio di pesticidi, del traffico stradale, disturbo deisiti riproduttivi e perdita/diminuzione degli habitat ido-nei.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativi

Non idoneo

Specie assente

LegendaClassi di idoneità ambientale

Alta idoneitàMedia idoneitàBassa idoneità

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TottavillaNOME COMUNENOME SCIENTIFICOOSSERVAZIONEPRESENZA

tottavillaLullula arboreadirettacomune

Somiglia all’ allodola ma si distingue per i sopraciglibianchi che si congiungono sulla nuca e per il disegnosulle ali. Coda molto corta. Ha il tipico volo ondulatodurante il quale emette fischi modulati da poche note.frequenta ambienti aperti e semi–aperti, con vegetazio-ne molto bassa alternata a boschi e/o gruppi di alberi epascoli semi abbandonati. Il maschio e la femmina hannolivree identiche.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - E’ diffusa in tutta Europa. Initalia è stazionaria di passo e anche invernale.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Comune sulla sommità delPratomagno.

CAUSE DEL DECLINO - Intensificazione delle pratiche agri-cole nei territori a valle, mentre in collina e in montagnal’abbandono dei pascoli e dei campi e la relativa trasfor-mazione in boschi e arbusteti.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Specie rilevata

Specie assente

LegendaRilievi su campo

Aree urbaneArchi viariArchi idriciLimiti amministrativiS

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MammiferiSono gli abitanti più discreti del nostro territorio.Alcune specie possono invece rappresentare problematiche dovute all’eccessivo numero

MATERIALI E METODI

I Mammiferi in genere (eccetto i Chirotteri ealcune specie che ibernano), non comportanoparticolari problemi per il ricercatore nella scel-ta del periodo di censimento, anche se solita-mente la ricerca sul campo si svolge in prima-vera, quando si ha la massima attività dopo ilperiodo invernale, e alla fase autunnale, quan-do si assiste a un altro picco di attività inseguito all’approvvigionamento energetico cheprecede l’inverno. È tuttavia raccomandabilelimitare al più breve intervallo di tempo possi-bile le operazioni di rilevamento in modo daavere la massima omogeneità tra i dati raccol-ti. Lo studio più utilizzato e più redditizio perla raccolta dei dati sui Mammiferi di mediataglia è rappresentato dal rilevamento dellefatte (feci) e delle impronte. L’ esame delle fatteconsente l’identificazione delle specie in quan-to ci permettono di osservare i peli ingeritidurante le operazioni di pulizia del vello chel’animale compie abitualmente. Va notato che ipeli dei carnivori (mustelidi e Carnivori) all’in-terno delle fatte sono quasi sempre abbastan-za facilmente distinguibili dai peli delle speciepredate poiché questi ultimi risultano decisa-mente più minuti rispetto a quelli dei loro pre-datori. I censimenti vengono solitamente effet-tuati secondo metodologie standardizzate inaree campione e rappresentative dei diversiambienti che fanno parte dell’area di studio. Aidati già raccolti dall’autore, attraverso tutti isegni diretti (osservazione diretta, ascoltovocalizzazioni, ecc.) e indiretti (impronte, con-tenuto delle borre dei rapaci, di fatte, di acu-lei, segni territoriali, ecc.), sono stati aggiunti idati della bibliografia specifica. A questo pro-posito è stato particolarmente utile il lavoro

svolto dalla Dr.ssa Stefania Gualazzi dellaDREAM Italia per conto della ComunitàMontana della Montagna Fiorentina ed i datinoti relativi alla presenza di specie diMammiferi sulla base dei dati raccolti e archi-viati dal Museo Zoologico “La Specola”.Dal complesso delle informazioni raccoltedirettamente sul campo, o indirettamente dallaletteratura è stata ricavata la seguente tabellache riporta il nome comune, il nome scientifi-co , l’annotazione se la specie è stata rinvenu-ta direttamente oppure solo segnalata.Inoltrevengono riportate le valutazioni qualita-tive sulla presenza di molte specie. Alla tabellafanno seguito alcune schede relative alla terio-fauna locale, organizzate in senso discendente:Ordine g Famiglia g Genere g Specie.per le specie più rappresentative e in presenzadi dati disponibili, sono stati forniti dei Box piùdettagliati simili a quelli che corredano lasezione dell’avifauna riportanti elementi infor-mativi di tipo eto-ecologico, incluse eventualicartine.

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Nottola comune

pipistrello albolimbato

Lepre comune

Scoiattolo rosso

Quercino

Ghiro

Moscardino

Arvicola rossastra

Topo selvatico

Ratto nero

Surmolotto

Topolino delle case

Istrice

Lupo

Volpe

Tasso

Donnola

Faina

Cinghiale

Cervo

Daino

Capriolo

Nyctalus noctula

pipistrellus kuhlii

Lepus europaeus

Sciurus vulgaris

Eliomys quercinus

Myoxus glis

Muscardinus avellanarius

Clethrionomys glareolus

Apodemus sylvaticus

Rattus rattus

Rattus norvegicus

Mus domesticus

Histrix cristata

Canis lupus

Vulpes vulpes

Meles meles

Mustela nivalis

Martes foina

Sus scrofa

Cervus elaphus

Dama dama

Capreolus capreolus

Vaggio 2008 (G.O)

pieve a pitiana 1998

S.Antonio 1998

Vallombrosa 1998Cascia 2003

Vallombrosa 1994

B.go a Cascia 1996

comune

comune

loc. presente

comune

comune

comune

comune

comune

presente

comune

comune

comune

comune

presenza eccessiva

raro

comune

comune

pipistrello di Savi

Nottola gigante

Hypsugo savii

Nyctalus lasiopterus •

pieve a pitiana 1998

Vallombrosa 1998(G.O)

NOmE COmUNE OSSERVAZIONEDIRETTA

SEGNALAZIONI NOTENOmE SCIENTIFICO

Riccio

Toporagno comune

Toporagno appenninico

Toporagno nano

Talpa europea

Talpa cieca

Rinolofo maggiore

Rinolofo minore

Erinaceus europaeus

Sorex araneus

S. samniticus

S. minutus

Talpa europaea

Talpa caeca

Rhinolophus ferrumequinum

Rhinolophus hipposideros

S. Giovenale 1999

La Consuma 1982S.Giovenale 1993 - 2002

Tosi 1982

Tosi 1982

Cascia 1891S.Antonio 2004 (G.O.)

Vallombrosa 1998

comune

comune

presente

localmente presente

localmente presente

localmente presente

localmente presente

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ORDINE INSETTIVORI

Gli Insettivori sono Mammiferi di piccoledimensioni, per lo più dalle abitudini notturne,che vivono tra gli anfratti e le cavità del sub-strato; alcuni sono fossori, altri semiacquatici.possiedono vari caratteri primitivi, come l’en-cefalo di dimensioni ridotte in rapporto alledimensioni corporee, con emisferi cerebralidotati di solcatura ridotta o assente, i dentinumerosi ed appuntiti, le zampe con cinquedita munite di piccole unghie. Nel maschio, itesticoli restano nell’addome. Gli occhi sono disolito molto piccoli, il muso è appuntito, allun-gato e mobile, ricoperto da numerose sensibi-li vibrisse. Sono particolarmente sviluppati ilsenso dell’odorato, quello del tatto e quellodell’udito. La maggior parte degli Insettivori sinutre di Invertebrati, in certi casi anche di frut-ta e di piccoli vertebrati.

FAmIGLIA: Soricidi

I Mammiferi appartenenti a questa famigliavengono chiamati toporagni. Sono un gruppodi buon successo, tutti di piccole dimensioni(lunghezza del corpo: 3-13 cm escludendo lacoda), difficili da vedere per le abitudini not-turne e per il fatto che passano il giorno inanfratti del terreno, cavità del substrato o inaltri simili rifugi. Il muso è appuntito, mobile,e dotato di numerose vibrisse con funzionetattile. Gli occhi sono molto piccoli, puntifor-mi, le orecchie generalmente di piccoledimensioni. La dentatura è di solito robusta,con denti appuntiti di forma vagamente trian-golare. I toporagni si nutrono per lo più diInsetti e di altri Invertebrati. Alcune specieuccidono le prede grazie a sostanze velenosecontenute nella saliva. Il loro metabolismo èmolto rapido, in caso di stress il cuore puòraggiungere il migliaio di battiti al minuto; inun giorno possono consumare prede in quan-tità pari al doppio del loro peso corporeo.Hanno un temperamento piuttosto aggressi-vo, se minacciati non esitano a mordere anchel’uomo, cui possono in certi casi causare fortedolore, per la presenza del veleno nella saliva.Vengono predati da uccelli, Rettili, Mammiferi.

GENERE: SorexComprende tre specie presenti nell’area con-siderata, tutte molto simili tra loro, difficili daidentificare in base all’aspetto. toporagno nano (Sorex minutus)toporagno comune (Sorex araneus)toporagno italico od appenninico (Sorex samniticus)

GENERE: Talpa

Questo genere comprende due specie distri-buite nel pratomagno. Hanno un aspettomolto simile:talpa europea (Talpa europaea)talpa cieca (Talpa caeca)

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Toporagno NanoNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

toporagno nanoSorex minutus

Gli individui sono di dimensioni medio-piccole (9-11 cmcompresa la coda), con abitudini notturne. In Sorexminutus il corpo è lungo meno di 5 cm, con la coda diuguale lunghezza. Questa specie è facile da incontrareai margini dei boschi misti, ma si trova anche in zonepiù aperte, a prato e a cespugli, fino a 2000 m di alti-tudine. Ha abitudini meno fossorie rispetto alla maggiorparte dei toporagni, e si nutre principalmente di inver-tebrati epigei. È probabile che queste specie risentano dei pesticidi edelle altre sostanze tossiche impiegate in agricoltura,oltreché della distruzione e alterazione dei boschi in cuivivono questi animali.Riconoscimento: il genere è facile da confondere con ilgenere Crocidura (v. dopo). Il riconoscimento delle spe-cie è abbastanza difficile, basato su caratteri della den-tatura e su misure morfometriche (si rimanda il lettoreinteressato alla consultazione di testi specifici).Status: non valutabile per carenza di informazioni.

Talpa europea - Talpa CiecaNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

talpa europea - talpa ciecaTalpa europaea - Talpa caeca

Sono animali altamente specializzati come scavatori peruna vita ipogea. Le mani, utilizzate per lo scavo, sono moltorobuste, espanse a forma di vanga, e dotate di grosseunghie. Le zampe anteriori sono molto corte, e ancorate allascapola mediante ossa robuste e muscoli voluminosi.Posteriormente, il corpo ha forma cilindrica, mentre il musoè allungato e termina con un naso rosa, privo di peli, car-noso e sensibilissimo. La coda è molto corta e le cavità udi-tive, non comunicanti con l’esterno, sono ricoperte da pel-liccia, anche se l’udito sembra essere piuttosto sviluppato.Costruiscono estesi sistemi di gallerie sotterranee, lunghidecine di metri, che si dipartono da un nido centrale. Letalpe si nutrono di invertebrati, come lombrichi e larve diInsetti, che vengano a trovarsi all’interno delle gallerie, con-tinuamente perlustrate dall’animale. Quando le prede sonoabbondanti, queste vengono uccise ed accumulate in una“dispensa” posta vicino al nido, dove si conservano a lungo.Le talpe hanno un senso dell’orientamento particolarmentesviluppato, e un olfatto sensibilissimo. Gli occhi sono atro-fizzati, al massimo in grado di distinguere la luce intensadall’ombra, mentre il senso dell’olfatto è particolarmentesviluppato. La pelliccia vellutata, di colore nero, è costituitada peli corti, molto soffici. Sono animali molto difficili daincontrare a causa delle loro abitudini. Riconoscimento: il genere Talpa è molto facile da riconosce-re sulla base delle caratteristiche sopra elencate; le duespecie sono difficili da distinguere.

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ORDINE CHIROTTERI

A questo ordine appartengono i pipistrelli, gliunici Mammiferi capaci di un volo battuto. Gliarti anteriori si sono trasformati in ali, nellequali una sottile membrana estensibile, sottileed elastica (il patagio) viene tenuta distesa dalleossa delle dita e del braccio, lunghe e sottili. Ilvolo è di solito agile, con ampie capacità dimanovra. Le dimensioni e la forma delle orecchie sonomolto variabili.Molte specie presentano al cen-tro del padiglione auricolare un sottile lembo dipelle, di forma triangolare-lanceolata, il trago.La coda in alcuni casi è assente o ridotta, ma disolito sostiene la membrana alare nella parteposteriore del corpo (l’uropatagio), che vieneusato come organo di direzione ma anche percatturare gli Insetti in volo, come fosse un cuc-chiaio che fa rimbalzare la preda verso labocca. Nella maggior parte delle specie italianeil corpo misura meno di 6 cm di lunghezza, el’apertura alare non supera i 40 cm Nella mag-gior parte dei casi si nutrono di invertebrati(perlopiù Insetti come Lepidotteri, Coleotteri,Ditteri, ma anche Ragni, ecc.) che catturano involo. La nottola gigante (Nnyctalus lasiopteurs),la specie più grande in Italia, può raggiungerei 10 cm di lunghezza del corpo e un’aperturaalare di 45 cm. Tutti i pipistrelli italiani hanno abitudini nottur-ne, passano il giorno in rifugi, come grotte,cavità ipogee, edifici abbandonati o cavità neitronchi degli alberi. La vista è poco sviluppata,e per muoversi al buio con efficacia, per caccia-re le prede in volo e per evitare gli ostacoli, siservono dell’ecolocalizzazione. Questo sistemadi navigazione è basato sull’emissione di ultra-suoni di grande intensità (che hanno frequen-ze maggiori di quelle percepibili dal nostrosistema uditivo) e sulla ricezione dell’eco, cioèdi quella parte dei suoni che dopo aver incon-trato un ostacolo (come una preda in volo o unqualsiasi altro oggetto), rimbalzano e tornanoindietro verso l’animale. I suoni vengono gene-ralmente emessi attraverso la bocca o il naso, el’eco viene raccolto dalle orecchie. L’analisi del-l’eco registrato permette ai pipistrelli dicostruire una mappa/rappresentazione del-l’ambiente che li circonda. Quando localizzanoun insetto in volo, lo catturano intrappolandolocon il patagio, chiudendo le ali e afferrandolocon la bocca. passano l’inverno in letargo, inrifugi come cavità ipogee, grotte, fessure tra lerocce, ecc.. La riproduzione avviene tra prima-vera ed estate. In alcune specie l’accoppiamen-to si verifica tra la tarda estate e l’autunno-inverno, e le femmine conservano lo spermaall’interno dei condotti genitali fino al momen-to della fecondazione, che avviene alcuni mesipiù tardi. In molti casi, durante l’estate, le fem-mine formano delle colonie riproduttive (dette“nursery”), formate da numerosi individui, inrifugi come grotte o all’interno di edifici; ognu-na da alla luce un solo piccolo o al massimo 2-

3. un gran numero di specie di pipistrelli corregrave pericolo di estinzione. Le principali causedi minaccia sono in relazione all’inquinamento,in particolare dovuto all’uso indiscriminato disostanze tossiche come i pesticidi in agricoltu-ra, all’alterazione e riduzione dell’ambiente incui vivono le specie e all’azione di disturbo daparte dell’uomo nei confronti dei rifugi situatiin grotte, costruzioni, vecchi edifici abbando-nati, nonché dal taglio dei vecchi alberi cavi.

FAmIGLIA: Rinolofidi

Tutti i rappresentanti di questa famiglia, pre-senti in pratomagno, appartengono al genereRinolophus. Sono chiamati “ferri di cavallo”per la presenza, nella regione nasale, di unaparticolare appendice cutanea che prende ilnome di “foglia nasale”, la cui forma ricordaun ferro di cavallo, e che li rende inconfondi-bili. Nel pratomagno, sono probabilmentepresenti le specie:rinolofo eurale (Rhinolophus euryale)rinolofo maggiore (R. ferrumequinum)rinolofo minore (R. hipposideros)

Sono specie simili tra loro nell’aspetto gene-rale del corpo. Di norma si trovano in ambien-ti aperti, in prossimità di boschi o zone acespugli, ad un altitudine variabile a secondadella specie, ma non superiore ai 2000 m. Simuovono con un volo farfalleggiante, moltoagile, a bassa altezza dal suolo. Sono anche ingrado di restare immobili in volo (eseguendoil cosiddetto “spirito santo”); catturano le loroprede sia in volo che a terra o sui rami: Ditteri,Lepidotteri e, per le specie di maggiori dimen-sioni, anche Coleotteri con elitre fortementesclerificate, che consumano appesi a rami o adaltri supporti. Conservazione: Rhinolophus euryale risulta vulnerabile, R. ferrumequinum risulta vulnerabile, mentre R. hipposideros risulta in pericolo.

FAmIGLIA: Vespertilionidi

Questa famiglia comprende un grande nume-ro di specie molto diverse tra loro. In tutte, ilmuso ha forma semplice, senza la strutturanasale tipica dei rinolofidi. La coda è comple-tamente o quasi completamente inclusa nel-l’uropatagio. La dimensione delle orecchie èmolto variabile.

Pipistrello di Savi (Hypsugo savii)In questa specie di piccole dimensioni, ilcorpo è lungo circa 5 cm e l’apertura alarenon supera i 25 cm. Frequente da osservare inambito urbano, spesso caccia a pelo d’acqua,a volte anche di giorno. Conservazione: a più basso rischio.

GENERE: Hypsugo

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GENERE: Nyctalus

A questo genere appartengono 3 speciedistribuite in Italia:nottola gigante (Nyctalus lasiopterus)nottola di Leisler (N. leisleri)nottola comune (N. noctula)

La nottola gigante è il pipistrello italiano dimaggiori dimensioni, con una lunghezza delcorpo fino a circa 10 cm e fino a 46 cm diapertura alare. Il pelo è liscio, dorato, fulvo orossiccio. Le orecchie sono piccole, arroton-date. Catturano le prede, perlopiù Insetti,volando alto sopra le chiome degli alberi, maanche in ambienti a prato, in corrispondenzadi ambienti acquatici e in aree urbanizzate.Come rifugi, sia estivi che invernali, vengonoutilizzate principalmente cavità all’interno dialberi. La femmina da alla luce in primavera dauno a tre piccoli. Status: N. lasiopterus: non valutabile per carenza diinformazioni; N. leisleri e N. noctula: vulnerabile.

Questo genere è rappresentato da tre speciedistribuite nel territorio italiano:pipistrello albolimbato (pipistrellus kuhlii) pipistrello di nathusius (p. nathusii)pipistrello nano (p. pipistrellus)

Sono specie di piccole dimensioni, con lun-ghezza del corpo intorno ai 4-6 cm e aperturaalare intorno ai 20-25 cm. Mentre p. nathusii sitrova prevalentemente in ambienti boschivi-campestri, spesso in prossimità di ambientiacquatici, p. kuhlii e p. pipistrellus sono le spe-cie più abbondanti negli ambienti antropizzatie utilizzano come rifugi cavità e fessure neimuri e sui tetti, in chiese e altri edifici. pipistrellus kuhlii e p. pipistrellus:a più basso rischio; - p. nathusii: vulnerabile.

GENERE: Pipistrellus

Scoiattolo (Sciurus vulgaris)Vive quasi esclusivamente sugli alberi, essen-zialmente diurno, é uno straordinario arram-picatore, corre molto velocemente e salta aterra anche da notevoli altezze. Dieta moltovaria, prevalentemente vegetale (gemme, ger-mogli, erbe, foglie, frutti, semi, funghi ...), maanche piccoli animali, nidiacei di uccelli e lorouova, Insetti. Nasconde e immagazzina cibonelle cavitá degli alberi. La specie può venirepredata da uccelli quali Falconiformi eStrigiformi e da Mammiferi carnivori (in partico-lare dai mustelidi). Lo scoiattolo grigio norda-mericano (Sciurus carolinensis), ove introdot-to, determina l'estinzione dello scoiattoloautoctono per esclusione competitiva. Laspecie alloctona può inoltre fungere da ser-batoio di un virus del genere parapoxvirus cheha effetti mortali su S. vulgarisConservazione: Molto comune in tutta la fore-sta, sia nei boschi di conifere che di latifoglieanche in parchi e giardini.

di unghie. Sono plantigradi o semiplantigradi. Ilsenso dell’odorato è fortemente sviluppato,come pure l’udito; la vista è efficiente eccettoche nelle specie sotterranee. Si cibano di semi,ma alcuni sono specificatamente erbivori emolti altri hanno un’alimentazione varia, checomprende gemme, Insetti o semi a secondadelle disponibilità stagionali. Molte speciehanno la tendenza ad accumulare il cibo al finedi costituire riserve alimentari. I Roditori sonol’Ordine più ricco di specie, che sono diffuse sututta la terra. In Italia sono rappresentati da 29specie raggruppate nelle famiglie Sciuridi,Gliridi, Muridi, Istricidi e Miocastoridi.

ORDINE RODITORI

Sono Mammiferi di dimensioni variabili da pic-colissime a medie; si distinguono forme terre-stri, con corpo robusto, zampe corte e codalunga, specie adattate ad una vita sotterranea,con corpo cilindrico, coda corta, padiglioniauricolari ridotti e occhi piccoli, e forme anfi-bie. Caratteristica comune è la struttura deidenti, con un singolo paio di incisivi sia nellamandibola sia nella mascella, sempre ben svi-luppati e robusti, privi di radici e quindi a cre-scita continua, generalmente di colore giallo oaranciato. I canini sono sempre assenti, cosic-ché gli incisivi sono separati rispetto alla cortafila di molari da un ampio spazio libero dettodiastema. Gli autopodi anteriori e posteriorisono in genere provvisti di cinque dita munite

FAmIGLIA: Gliridi

Questa famiglia di piccoli roditori arboricoli,ampiamente distribuiti in Europa, in Asia e inAfrica, merita una particolare descrizione.I gliridi hanno grandi orecchie arrotondate,una folta coda, lunga spesso quanto il corpo,e una pelliccia fitta, morbida e soffice. Hanno abitudini notturne e si nutrono preva-lentemente di semi e frutti. tutti i membridella famiglia trascorrono la stagione inverna-le in letargo, talvolta rimanendo inattivi percirca 6 mesi. Durante questo periodo, consu-mano le riserve immagazzinate in autunno,mentre la temperatura corporea e la frequen-za respiratoria si abbassano notevolmente. Le tane estive sono nidi ricavati in cavità deglialberi o costruiti con frammenti di corteccia efibre; quelle invernali sono più spesso sotter-ranee. I Gliridi si riproducono due volte all’an-no, dando alla luce una media di quattro pic-

FAmIGLIA: SciuridiSi tratta di una famiglia ben nota, compren-dente gli scoiattoli e le marmotte. Il gruppo ècostituito da oltre 250 specie.

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quercino (Eliomys quercinus)Abita in vari ambienti forestali: dalla macchiamediterranea ai boschi di latifoglie, tuttavia èdiffusa anche nei boschi di conifere. I querci-ni tendono a vivere in gruppi (di solito di 5-15esemplari adulti). Si nutre di alimenti di origi-ne vegetale (frutti, germogli, parti ipogee) eanimale (prevalentemente invertebrati, occa-sionalmente uova, nidiacei di uccelli e piccoliVertebrati). La componente animale puòcostituire fino al 40 % della dieta. La ricercadel cibo avviene sia su alberi e arbusti, sia alsuolo. Distribuzione locale: la presenza nellaforesta non è molto conosciuta in quanto laspecie è molto elusiva. Sono stati trovati restiossei all’interno delle borre di rapaci notturni.

coli per nidiata. I suoi membri più rappresen-tativi sono con il ghiro, il moscardino e ilquercino, tutte specie di piccola taglia chevanno in letargo duranze il periodo invernale.

moscardino (Muscardinus avellanarius)Il moscardino è un tipico abitante delle siepi edelle zone ecotonali situate ai margini delbosco, nonché di qualunque area boscataprovvista di sottobosco. Frequenta anche iboschi di conifere con abbondante presenzadi arbusti, soprattutto nelle aree più aperte enelle radure. predilige tuttavia i boschi deci-dui: il suo habitat di elezione è rappresentatodalle formazioni collinari mesofile con abbon-dante sottobosco. particolarmente favorevolisono i boschi cedui di querce non troppomaturi, all’interno dei quali il moscardinotrova le condizioni ideali dal punto di vista ali-mentare e della struttura della vegetazione. Èdiffuso in maniera uniforme dal livello delmare fino a circa 1.500 m di quota.Status: nonostante sia del tutto assente dallezone intensamente coltivate, lo si rinviene condiscreta frequenza in tutte le aree boscate.

Arvicola rossastra (Clethrionomys glareolus)Rispetto alle arvicole di piccola taglia, l’arvico-la dei boschi presenta numerosi caratteridistintivi, tra i quali la maggiore lunghezzadella coda e i padiglioni auricolari più pronun-ciati. L’arvicola dei boschi è una specie lega-ta agli ecosistemi forestali, dove frequentasoprattutto le zone ricche di sottobosco equelle provviste di abbondante lettiera. Inquesti contesti forma estesi sistemi di gallerie,i cui fori di ingresso si aprono spesso al disotto di pietre o alla base di vecchie ceppaie.È presente soprattutto nelle zone collinari emontane, sia nei boschi di latifoglie che diconifere, e la si rinviene abbondante fino allimite superiore della vegetazione forestale.Negli ecosistemi agro-forestali utilizzaampiamente il sistema di siepi che collega levarie porzioni di bosco, soprattutto nelle fasidi dispersione degli individui. Status: sebbene questa arvicola non presentiparticolari problemi di conservazione, sono

evidenti rischi delle popolazioni locali, cherisentono della riduzione delle siepi e del pro-gressivo isolamento dei frammenti di bosco,fenomeni che provocano la scomparsa dellaspecie in numerosi contesti rurali ad agricol-tura intensiva.

Arvicola di Savi (Microtus savii)Vive negli ambienti aperti, quali praterie,incolti e zone coltivate. Nelle colture di forag-gere, in quelle ortive trova spesso le condizio-ni adatte per la propria riproduzione, raggiun-gendo talvolta densità elevatissime. In questicontesti ambientali costruisce una fitta rete digallerie che terminano in aperture circolariverso l’esterno, intorno alle quali è possibileosservare delle aree più o meno ampie in cuila vegetazione erbacea è stata depauperatadalle frequenti escursioni degli animali. Invirtù della dieta erbivora, l’Arvicola di Savi èfavorita in tutti quei contesti colturali in cui èpresente una copertura erbacea permanentenel corso di tutto l’anno. Non è infrequenterinvenire questa specie anche all’interno diboschi, per quanto ciò avvenga sempre inprossimità di zone aperte o in ampie radure. Status: in Italia l’arvicola di Savi è una specieabbondante e come tale non presenta alcunproblema di conservazione.

ORDINE CARNIVORISono caratterizzati da dimensioni talvolta pic-cole, ma più spesso da medie a molto grandi.Tratto assiomatico comune sono i denti caninisempre molto robusti, incurvati verso l’internoe appuntiti; la loro funzione è quella di afferra-re, tenere salda ed eventualmente uccidere lapreda. Il quarto premolare superiore e il primomolare inferiore (denti ferini), sono particolar-mente taglienti e vengono utilizzati per lacera-re carne e frantumare ossa. Nella maggiorparte si tratta di animali terricoli o arboricoli,ma un certo numero di specie sono acquaticheo semianfibie. Sono animali elusivi e con abitu-dini in genere notturne. Molte specie sono gre-garie e manifestano complessi comportamentisociali. Alcune specie durante l’inverno cadonoin letargo. Sono tutti dotati di un olfatto acuto,ma in genere sono ben sviluppati anche la vistae l’udito. Il loro regime alimentare è essenzial-mente basato sulle proteine animali ricavate davertebrati. I Carnivori sono diffusi praticamentein tutto il mondo. In Italia sono rappresentati da15 specie raggruppate nelle famiglie Canidi,ursidi, Mustelidi, Felidi, Focidi.

FAmIGLIA: miocastoridiIn italia sono rappresentate solo dalla Nutria(Myocastor coyus), specie introdotta a seguito diallevamenti. Le Nutrie hanno riacquisito lo statoselvatico, moltiplicandosi sino a costituire unpericolo per le colture e le rive dei torrenti.Ottime nuotatrici, trascorrono gran parte dellaloro vita costruendosi le tane lungo le rive deifiumi o nidi di vegetali sulle spiagge fluviali.

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LupoNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

lupoCanis lupus

Taglia grande o medio grande. Peso 15-55 kg femmine e20-80 kg maschi. Corpo snello e robusto, arti lunghi,testa ampia, muso ampio e appuntito, collo corto, orec-chie corte e triangolari portate erette. Colore del mantel-lo molto variabile,: dal bianco-crema al grigio-nero, pas-sando per il marrone-rossiccio. In Italia presente la sotto-specie Canis lupus italicus, dal colore grigio rossiccio. Ilcambio del pelo avviene una volta all’anno, in Primavera.Il lupo è un carnivoro predatore, si nutre principalmente diungulati selvatici di medie e grosse dimensioni, ma in casodi necessità non disdegna lepri, piccoli roditori, uccelli,Insetti e, aimhè, anche rifiuti. Caccia in branco e si può ali-mentare anche con carcasse di animali trovate abbandona-te. La sua attività è concentrata nelle ore notturne, proba-bilmente come adattamento alla forte pressione antropica.Il lupo è un animale sociale, tende a formare gruppi ristret-ti chiamati “branchi”, con una loro precisa gerarchia.Generalmente i branchi sono formati da una sola famiglia,raramente si arriva a branchi formati da più di 10 indivi-dui. In Italia si oscilla fra 2-7 esemplari. E’ un animale ter-ritoriale e quindi tende ad occupare stabilmente un terri-torio difendendolo da altri branchi intrusi.

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbane Archi viari Archi idrici Limiti amministrativi

Non idoneo

Specie assente

Legenda Classi di idoneità ambientale

Alta idoneità Media idoneità Bassa idoneità

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - notevolmente ridotto acausa dell’espansione antropica e della caccia indiscrimi-nata. Attualmente in Italia è presente sulla catenaAppenninica, sulle Alpi Occidentali è in fase di ricoloniz-zazione. Va dai 300 m di quota in provincia di Siena adoltre 1900 m slm sugli Appennini e oltre 2500 m slmsulle Alpi sud-occidentali.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Nel Comune di Reggello è statoosservato più volte e vengono rinvenute con frequenza lefatte e animali (cinghiali, caprioli) predati. Probabilmentevi sono degli individui che provengono dalle forestecasentinesi.

CONSERVAZIONE - I rapporti dell’uomo con il lupo sono sem-pre stati conflittuali. Non si conoscono casi di aggressioneall’uomo da parte del lupo, e gli attacchi al bestiame dome-stico non sono così frequenti, spesso scambiati con attac-chi di cani rinselvatichiti. Il lupo è stato sempre visto comeanimale “cattivo”, e per questo è stato perseguito fino arischiare l’estinzione. Attualmente il lupo ha riacquistatouna buona immagine presso l’opinione pubblica e, graziealle politiche di protezione adottate in Italia ed in altripaesi dell’Europa, la sua situazione è migliorata, anche sesi trova ancora in pericolo soprattutto a causa del bracco-naggio. Difatti, attualmente l’uomo è responsabile di circail 60-90% della mortalità di questi animali.

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VolpeNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

volpeVulpes vulpes

Animale di medie dimensioni, corpo snello e flessuoso,muso stretto e appuntito, orecchie larghe ed appuntite,portate erette, coda lunga (fino a 45 cm) e molto folta,di solito con la punta bianca. Il peso varia da 4 a 11 kg.Il mantello è fulvo-rossastro, con zampe e orecchie nera-stre. L’impronta assomiglia molto a quella di un cane dimedie dimensioni, presenta 4 dita con le unghie benvisibili, e la linea delle impronte è molto diritta. La dietaè molto variabile, si nutre di piccoli roditori, conigli,lepri, uccelli, Insetti, lombrichi, lucertole, uova, piccolianimali domestici, carogne e anche rifiuti; in autunno siciba anche di frutta e bacche. Se ha un surplus di cibo,lo nasconde per i giorni successivi. Storicamente lavolpe ha sempre avuto un rapporto conflittuale con l’uo-mo, soprattutto per la predazione di animali domestici.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia è diffusa in tutto il paese, a parte la Pianura Padana. Si adatta facilmente a diversi tipidi habitat, vive principalmente nei boschi, ma la si può trovare anche nelle campagne coltivate, in montagna, vicino al mareed anche ai margini delle città.E’ un animale principalmente notturno e solitario, ma in zone tranquille è attivo anche di gior-no. Emette diversi tipi di richiami, ma soprattutto un acuto latrato. Occupa un territorio che marca con feci e urine e difendeda altre volpi intruse, ma i confini di tale territorio possono variare notevolmente in funzione della disponibilità di prede edella presenza di altre volpi. I giovani maschi che non hanno ancora un territorio proprio vagano alla ricerca di una compagnae di un luogo dove stare. Le volpi di solito vivono in coppia, scegliendosi un compagno per la vita. La maturità sessuale arri-va a circa 9-10 mesi di età, il periodo dell’accoppiamento si ha in inverno nei mesi di gennaio e febbraio. La gestazione duracirca 50 giorni e in Primavera vengono dati alla luce in media 4-5 cuccioli, entrambi i genitori si dedicano alla cura dei cuc-cioli. Lo svezzamento avviene dopo circa 6-8 settimane, ma i cuccioli restano con la madre fino all’ autunno. Le volpi si rifu-giano in tane, anfratti nelle rocce o vecchie tane di tasso. Ogni coppia di volpi possiede più di una tana, per spostare i cuc-cioli in caso di necessità. Le volpi selvatiche vivono 3-4 anni, il 67-90% della loro mortalità è da attribuire all’uomo.

DISTRIBUZIONE LOCALE - Molto diffusa sul tutto il territorio comunale di Reggello, si aggira intorno ai nuclei abitati a cac-cia di fagiani e animali domestici (galline ecc.)

CONSERVAZIONE - La volpe è considerata ancora oggi animale “nocivo” soprattutto in ambiente venatorio a causa della preda-zione di selvaggina che così non è più “disponibile” per la caccia. In Italia la volpe rientra nella lista delle specie cacciabili, edancora oggi vengono usate trappole ed esche vietate dalla legge, che sovente vengono ingeriti da cani e gatti domestici.Talvolta viene praticata una metodo di controllo della sua popolazione particolarmente spregevole quale la caccia in tanache viene effettuata con cani appositamente addestrati.

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TassoNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

tassoMeles meles

LA DIFFUSIONE DELLA SPECIE

Aree urbane Archi viari Archi idrici Limiti amministrativi

Non idoneo

Specie assente

Legenda Classi di idoneità ambientale

Alta idoneità Media idoneità Bassa idoneità

Animale di medie dimensioni, ben riconoscibile per latesta bianca con due strisce nere. Le zampe sono cortecon unghie molto robuste. Il manto è grigio, con zampe eparte ventrale nera. Coda corta e bianca all’estremità.Orecchie piccole e arrotondate. il tasso scava grandi tanecaratteristiche nel terreno, con numerosi passaggi sotter-ranei, tunnel e numerose entrate poco distanti fra di loro,con accumulo di terra davanti. Il tasso è un animalesociale e notturno, si riunisce in gruppi chiamati “clan”che occupano la stessa tana. In ambiente mediterraneo siriscontrano anche coppie o individui solitari. E’ poco atti-vo in inverno anche se non cade in letargo. Difende il pro-prio territorio marcandolo con le feci e con secrezionidalle ghiandole anali. L’accoppiamento avviene inPrimavera ed i cuccioli (2-7) nascono in inverno, tra gen-naio e marzo, perchè lo sviluppo degli embrioni è ritarda-to. Solo dopo 8-10 mesi dalla nascita salgono in superfi-cie. Il tasso ha una dieta molto varia, si nutre principal-mente di lombrichi, ma anche di arvicole, talpe, conigli,larve, Insetti e carogne, e poi bulbi, frutta, nocciole,ghiande e castagne.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia è presente su tuttoil territorio eccetto le isole maggiori, predilige vivere nelbosco ma si ritrovano tane anche nei pascoli e sottovegetazione arbustiva. Si trova dal livello del mare a2000 m slm, non si estende significativamente oltre illimite altitudinale degli alberi.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ diffuso in quasi tutto il terri-torio comunale di Reggello, anche se è preferibilmentepresente nelle aree boschive di altitudine e anche nellearee arbustive delle Balze.Spesso, lungo le strade, si rinvengono individui inciden-tati dagli autoveicoli.

CONSERVAZIONE - Il tasso è specie protetta non cacciabi-le. Non si avvicina ai centri abitati, ma purtroppo rimanespesso vittima nell’attraversare strade extraurbane olinee ferroviarie. Inoltre, i tassi possono essere uccisi dal-l’uomo che scava lungo le sue gallerie o che cerca di sta-nare volpi e altri piccoli animali che si nascondono nellesue tane.Il tasso ha una dieta molto varia, si nutre principalmentedi lombrichi, ma anche di arvicole, talpe, conigli, larve,Insetti e carogne, e poi bulbi, frutta, nocciole, ghiande ecastagne.

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FainaNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

fainaMartes foina

DonnolaNOME COMUNENOME SCIENTIFICO

donnolaMustela nivalis

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - In Italia occupa prevalente-mente boschi costieri e macchie a carattere schietta-mente mediterraneo o fasce collinari coperte da boschidi latifoglie, fino a 800-1000 mslm. in Italia si trovadappertutto, isole incluse. E’ presente dal livello delmare fino oltre i 2000 m slm; si adatta ad habitat dif-ferenti anche se preferisce aree coltivate o con vegeta-zione rada.

DISTRIBUZIONE LOCALE - La donnola è molto diffusa sulterritorio, in particolare intorno alle abitazioni dove si alle-vano animali domestici, di cui ha l’abitudine cibarsi.

CONSERVAZIONE - La donnola è stata cacciabile fino al1991, adesso è protetta. Viene uccisa illegalmente daicacciatori perchè ritenuta “nociva”, in quanto preda ani-mali cacciabili.La specie è molto adattabile e sopravvivepraticamente in ogni ambiente. Le sue prede sono picco-li roditori che insegue anche nelle loro tane, conigli, uccel-li, uova e pulcini che preda direttamente sugli alberi per-ché è un’agile scalatrice.

DISTRIBUZIONE NAZIONALE - Presente in tutta Italia tran-ne che sulle isole, si adatta facilmente ad habitat diver-si. Vive nelle foreste, ma anche in aree collinari aperte,si trova dal livello del mare fino ai 2400 m slm nelleAlpi; frequenta anche zone abitate.

DISTRIBUZIONE LOCALE - E’ molto diffusa sul territorio.Spesso viene rinvenuta incidentata lungo le strade delnostro territorio. Ha abitudini prevalentemente notturne.Le tane sono ricavate in vecchi solai di fattorie, in fienilio ruderi, ma anche in buche nel terreno e in anfratti dellerocce. Ogni individuo utilizza più di una tana.

CONSERVAZIONE - in Italia non è cacciabile, ma viene ucci-sa illegalmente a causa dei danni che provoca predandouova e piccoli animali domestici e dei danni sui tetti dellecase, anche se in entrambi i casi sono molto limitati.Si nutre principalmente di topi, toporagni, piccoli uccelli,Insetti e rifiuti, nei mesi autunnali anche di frutti e bac-che. Faina e martora sono spesso in competizione fra diloro per il territorio e le prede.

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Box 2 - Daino Dama dama

Il daino è un cervide di medie dimensioni, caratterizzato dauno spiccato dimorfismo sessuale. Nei maschi adulti la lun-ghezza del corpo (testa radice della coda) varia fra 140-158 cm mentre nelle femmine varia tra i 120-140 cm, lealtezze al garrese sono rispettivamente 80-90 cm neimaschi e 65-75 nelle femmine. La coda è relativamentelunga ed è compresa fra i 13 e i 23 cm nei capi adulti. Ilpeso, che oscilla notevolmente con un massimo ponderalein settembre ed un minimo in gennaio-marzo per ambo isessi, varia nei maschi tra 65-85 Kg e 41-53 Kg nellefemmine. Il mantello nella forma tipica è rossiccio punteg-giato da macchie bianche ben evidenti nel periodo estivo.Una striscia nera corre lungo la colonna vertebrale e la codamentre contorna i bordi posteriori delle cosce dando allospecchio anale il tipico disegno di ancora rovesciata. Nelmantello invernale la pomellatura non risulta più visibile. Ildaino presenta diverse varianti del mantello tipico: melani-co, bianco e menil. I maschi adulti sono caratterizzati dapalchi ramificati con un’ampia palmatura distale (pala).Tipicamente la stanga è caratterizzata da due punte, unabasale (pugnale) e una superiore (pila) dopo le quali si svi-luppa la pala che può avere un numero variabile di cime ealla cui base si stacca un’ulteriore punta (spina), direttaposteriormente.

Una considerazione a parte merita il daino anche se l’ordine degli Ungulati non viene espressamente considerato in que-sta trattazione in quanto è rappresentato da specie molto comuni e già conosciute (vedi i precedenti volumi sull’ANPILdella Foresta di Sant’Antonio e sull’ANPIL delle Balze).

AREALE DI DISTRIBUZIONE - in Italia, la specie si era già estinta nel Quaternario, e la distribuzione attuale deriva da intro-duzioni iniziate da Fenici e Romani e proseguite fino ai giorni nostri. L’areale di sitribuzione è frammentato, con nucleiconsistenti a San Rossore, nel Parco Regionale dela Maremma, a Castel Porziano.

CENNI DI ECOLOGIA E DI ETOLOGIA - il daino si è dimostrato un cervide proprio di climi temperati e caldi, fortemente sfavo-rito da eccessi climatici freddi e dalle precipitazioni nevose. Il daino è un animale sociale che presenta una spiccata segre-gazione sessuale al di fuori del periodo riproduttivo. Gruppi composti di maschi di tutte le età e gruppi di femmine conpiccoli e subadulti sono le unità sociali più frequenti, anche se talvolta si possono osservare gruppi misti di grandi pro-porzioni. L’apice del periodo riproduttivo si osserva nel mese di Ottobre mentre le nascite si hanno tra la fine di maggio el’inizio di giugno. I parti gemellari sono rarissimi, dell’ordine dell’1%. I daini possono adottare praticamente tutti i siste-mi riproduttivi conosciuti per gli ungulati. Tra i sistemi territoriali abbiamo i “lek” e i territori singoli; tra i sistemi non ter-ritoriali si osserva la dominanza in gruppi misti, il following e la difesa di harem. Il daino presenta un ricco repertorio divocalizzi, di cui il più caratteristico è il bramito che emette il maschio durante il periodo riproduttivo, con la duplice valen-za di minaccia nei confronti degli altri maschi e di attrazione per le femmine. Il parto avviene nella tarda primavera (finemaggio) dell’anno seguente l’accoppiamento (10 mesi di gestazione) con la nascita di uno o due piccoli. ALIMENTAZIONE - specie classificata in una posizione intermedia tra i brucatori e i pascolatori (consumatori di fibra grez-za), si adatta ad una moltitudine di ambienti diversi. Riesce infatti a ricavare il suo nutrimento da monocotiledoni e dico-tiledoni erbacee, arbusti, parti di alberi e frutti. Questa sua plasticità trofica si riflette in una spiccata variazione dellacomposizione della dieta a seconda degli ambienti e delle stagioni

RAPPORTI CON L’UOMO - il daino è tra i Cervidi italiani quello maggiormente legato alla operazioni di introduzione da partedell’uomo. Tutte le popolazioni presenti, infatti, risultano da immissioni recenti.

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I Mammiferi rappresentano una importantissi-ma componente della fauna selvatica.purtroppo la trasformazione del territorio, losviluppo dell'urbanizzazione, l'estendersi dicoltivazioni meccanizzate con l'uso di prodottichimici di sintesi, la semplificazione dell'am-biente e non ultimo la stessa attività venatoria,influiscono pesantemente sulla ricchezza(numero di specie) e l'abbondanza (numero diindividui) dei Mammiferi.per questi motivi, molti degli animali hannosviluppato comportamenti elusivi quali lo svol-gimento delle attività comuni come ad esempiol'alimentazione, il movimento, la ricerca dellatana, in ore notturne.Alcune specie trovano vantaggio dalle attivitàumane, grazie ad esempio alla coltivazione deicereali, degli alberi da frutto, ecc. Naturalmenteun discorso a parte meriterebbero le speciecoinvolte dalla pratica venatoria sia per la lororiimmissione che per la loro cattura e anche peri miglioramenti ambientali che sono eseguitidai cacciatori stessi e che hanno una ricadutasu una vasta gamma di specie, non solo quellecacciabili.I diversi tipi di modificazione dell’habitat posso-no variamente influenzare la matrice faunistica.Questi possono riguardare:

• La perdita di habitat: il 75% delle specie inpericolo tra i Mammiferi ed il 60% tra gli uccellisono minacciate dalla scomparsa del loro habi-tat di elezione ed essendo tale situazione asso-ciata alla maggiore parte delle attività di svi-luppo risulta essere una delle più assiduamen-te quantificata rispetto alle altre tipologie diimpatto. La valutazione dell’effettiva sottrazio-ne di habitat ai danni di una determinata spe-cie necessita della conoscenza, per la singolaarea, di quali specie siano presenti e come talearea venga da esse utilizzata, così da definirequale porzione dell’habitat sia effettivamentenecessaria per rispondere ai bisogni di undeterminato recettore ecologico. Conseguenza spesso sottovalutata delle sottra-zioni di habitat è inoltre la frammentazionedell’habitat restante, da cui deriva una segre-gazione delle specie in aree isolate e spessoassolutamente inospitali.In maggior dettaglio questi sono gli aspetti deldepauperamento ambientale.

a) Frammentazione dell’habitat: si tratta dellasuddivisione dell’habitat in unità più piccole,fenomeno che origina tipicamente dalla realiz-zazione di infrastrutture lineari e che comportauna serie di conseguenze a carico della compo-nente faunistica.

b) Insularizzazione dell’habitat: molti deglistudi sulla frammentazione dell’habitat tendo-no a non considerare quello che le specie per-

ELEMENTI DI CRITICITà E pOSSIBILI LINEE DI INTERVENTO

cepiscono come tale, limitandosi alla sola valu-tazione dell’estensione spaziale;

c) Effetti barriera: strade, ferrovie ed alcunetipologie di infrastrutture lineari per il traspor-to di fluidi creano ostacoli al movimento dellespecie nell’ambiente, incrementando gli effettidella frammentazione e dell’isolamento soprat-tutto per le popolazioni ad “habitus” migratorioo che tendono ad utilizzare percorsi abitualiobbligati. L’effetto della presenza di barrierepuò essere diverso a seconda della rispostadelle singole specie, alcune di esse infatti posso-no non essere in grado di sopravvivere al pas-saggio mentre altre hanno caratteristiche com-portamentali che spingono gli individui a nonattraversare la barriera anche se sarebberopotenzialmente in grado di farlo. L’effetto bar-riera può determinarsi anche soltanto dallacreazione di una zona di territorio inospitale trahabitat adatti per la singola specie.

Risulta dunque fondamentale fissare alcuniobiettivi concreti e applicabili che possanogarantire uno sviluppo delle attività antropichecompatibile con la conservazione della compo-nente faunistica. per perseguire obiettivi disostenibilità per la risorsa fauna sarà dunqueopportuno impostare l’azione dei tre livelli dif-ferenti, così come espresso di seguito:

1 Livello di paesaggio:• Evitare la perdita di habitat (che causa incre-menti nella competizione intraspecifica)• Evitare la riduzione dimensionale dei fram-menti residui• Evitare l’alterazione degli habitat e mantener-ne la varietà• Mantenere la presenza e la qualità delle vie didispersione

2 Livello di popolazione:• Mantenere la popolazione minima vitale• Evitare immissioni di specie alloctone così danon alterare i rapporti di predazione• Mantenere i siti di rifugio, riproduttivi, diriparo dai predatori e di alimentazione• Mantenere la variabilità genetica

3 Livello di individuo:• Garantire il mantenimento delle performanceriproduttive dell’individuo (fertilità , fecondità ,natalità , resistenza alle malattie e agli stressambientali)• Valutare i prelievi sulla consistenza di ognu-na delle popolazioni in cui la specie è suddivi-sa.

Evitare la perdita di habitat (che causa incre-menti nella competizione intraspecifica)Evitare la riduzione dimensionale dei fram-menti residuiEvitare l’alterazione degli habitat e mante-nerne la varietàMantenere la presenza e la qualità delle viedi dispersione

Garantire il mantenimento delle performanceriproduttive dell’individuo (fertilità , fecondi-tà , natalità , resistenza alle malattie e aglistress ambientali)Valutare i prelievi sulla consistenza di ognu-na delle popolazioni in cui la specie è suddi-visa.

Mantenere la popolazione minima vitaleEvitare immissioni di specie alloctone cosìda non alterare i rapporti di predazioneMantenere i siti di rifugio, riproduttivi, diriparo dai predatori e di alimentazioneMantenere la variabilità genetica

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