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IL DUOMO DI SIENA E LA CAMPAGNA DI RESTAURO DELLE COPERTURE E DEI CONTRAFFORTI Roberto Fineschi

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IL DUOMO DI SIENA E LA CAMPAGNA DI RESTAURO DELLE COPERTURE E DEI CONTRAFFORTI

Roberto Fineschi

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Cenni Storici sul Duomo di Siena Quella del Duomo di Siena è una delle vicende più complesse e oscure, tra quelle dei monumenti italiani, per la mancanza di documentazione. La sua edificazione, risale a un periodo di rinnovamento architettonico che verso la fine del XIII secolo, coincide con i primi esempi di forme gotiche giunte in Italia.

La Cattedrale fu realizzata su iniziativa laica, anche se poi subentrarono, più tardi, i monaci cistercensi provenienti da San Galgano, i quali presero il posto dei capi operai laici a partire dal 1257. Da quel momento in poi la storia della costruzione della Cattedrale, nonché l’evoluzione formale, è documentata in una serie di atti conservativi nell’Archivio dell’Opera del Duomo. L’ampliamento della Cattedrale, avvenuto tra il 1325 e il 1366, portò ad una dilatazione, sia in senso longitudinale, sia in quello trasversale di tutto il corpo della chiesa al di là della cupola.

La Cattedrale che oggi vediamo, architettonicamente e strutturalmente, non è quella del XIV secolo, dato che molte delle sue varie parti sono state successivamente modificate e costruite ex novo.

Interventi e restauri ottocenteschi

Nella valutazione storica inerente all’intervento di restauro della copertura della navata centrale si è voluto fare riferimento agli interventi che hanno maggiormente modificato l’aspetto esterno del Duomo e principalmente la sua copertura ed i fianchi. E’ da ritenere certo che fin dalla sua costruzione il Duomo presentasse una copertura in piombo, mentre era privo dei contrafforti sulla navata centrale. Sono infatti della seconda metà del XVII secolo i 4 contrafforti in mattoni sul lato sinistro della navata centrale, eseguiti in seguito ai continui terremoti che si ripetevano in quel periodo e che avevano lesionato profondamente quella parte della navata. Gli interventi successivi sono invece la conseguenza del terribile terremoto del 26 maggio 1798 che causò gravi e pesanti danni alla città e al Duomo che ne risultò colpito in maniera molto grave.

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.Alla fine del settecento quindi il Duomo di Siena, oltre ad una serie di catene interne fatte apporre dai vari architetti e ingegneri che si erano succeduti nel restauro dei danni del terremoto, erano stati realizzati, per contrastare la spinta della volta della navata centrale, anche 10 contrafforti appoggiati sui pilastri delle navate laterali e spingenti sulle costolature esterne della navata centrale. Questi interventi furono di grande spessore e modificarono profondamente l’assetto esterno del Duomo sia in termini di simmetrie sia in termini di materiali. La copertura della navata centrale rimaneva inalterata e tutto il tetto aveva due livelli con un rialzamento in corrispondenza del colmo che andava ad incastrarsi sulla prima loggia del tamburo che sorreggeva la cupola. Il 2 agosto 1801, con una solenne cerimonia e grande partecipazione di tutta la città, la Cattedrale fu riaperta al culto.

INTERVENTI DEL PARTINI NEL DUOMO DI SIENA La mattina del 17 ottobre 1890, intorno alle 11, scoppiò un incendio sui tetti del Duomo mentre si stavano svolgendo i normali lavori di manutenzioni, dei quali la copertura in legno e piombo aveva continuo bisogno. Probabilmente il vento aveva staccato dal recipiente dove gli operai tenevano il fuoco, una scintilla, che era caduta nel “graticolato di legno sottostante”, il fuoco aveva avuto buon gioco sul legname arido ed era divampato un “incendio furibondo”. In breve tempo, nonostante i tempestivi soccorsi, l’armatura della cupola era stata divorata dalle fiamme che distrussero, in parte, anche la copertura della navata centrale, riducendo in cenere le parti in legno e fondendo completamente le lamine in piombo “tanto che nel momento dell’incendio il superbo monumento presentava uno spettacolo imponente e terribile di fiamme e fumo che si alzavano in vortici spaventosi, minacciando le fabbriche più prossime, di travi crollanti e di piombo liquefatto fluente giù per le curve delle volte, alla cui solida costruzione soltanto si deve se non ebbero a lamentare ulteriori danni e rovine al monumento”. Alle 4 del pomeriggio l’incendio era domato, lasciando un mucchio di macerie da sgombrare e un gran disastro da riparare. Il racconto dell’incendio è tratto dalla relazione che il Rettore dell’Opera, Carlo Periccioli, redisse nel luglio del 1891, per presentare alla Commissione Conservatrice di Belle Arti il progetto di restauro dell’architetto Giuseppe Partini.

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Il progetto venne approvato in tutte le sue voci e nel 1892 i lavori furono conclusi o erano, comunque, a buon punto. Nel maggio del 1893 vennero, infatti, ordinate lastre di piombo “per 1.200 metri quadrati dello spessore di mm 2 ½ e altezza non minore di 1 m” e da una fattura posteriore, che porta l’intestazione “Verificazione delle giornate e piombo impiegati per la copertura della nuova cupola del Duomo di Siena” possiamo ricavare le quantità di piombo effettivamente usate e i tempi di lavorazione: “92 giornate x due uomini / piombo Kg 19.450 ”. Il 14 novembre 1895 l’architetto Giuseppe Partini muore. Nella carica di Architetto dell’Opera del Duomo gli succede Agenore Socini, stimato professionista, subentrato al Partini già qualche mese prima della sua morte. E’ possibile, quindi, che Partini abbia seguito fino in fondo il suo progetto per la parte riguardante la cupola e che Socini abbia terminato poi il lavoro, nel 1895, per la parte che rimaneva, relativa al tetto della navata centrale. Con gli interventi del Partini il Duomo assunse la configurazione attuale. Tutto il tetto era in piombo con un sistema di fissaggi con bulloni che di fatto eliminava le saldature, causa del grande incendio del 1890. Percorrendo gli spazi sopra la navata centrale, tra la volta ed il tetto, entriamo in spazi di grande suggestione, sconosciuti al grande pubblico, dove è possibile osservare una serie di disegni sui muri, eseguiti dal Partini durante i lavori. Gli schizzi ci fanno capire che, probabilmente, quegli ambienti erano stati utilizzati per impostare il cuore del cantiere dove le maestranze si riunivano e, sotto la guida dell’architetto, venivano prese quelle decisioni giornaliere che ancora oggi sono alla base della buona riuscita di un progetto.

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Disegni realizzati dai Partini nel sottotetto della navata laterale

Percorso di manutenzione sopra la navata laterale Prima dell’incendio la copertura della navata centrale era completamente diversa, come forma e dimensione rispetto all’attuale. Infatti si può vedere da una foto Alinari del 1855, al centro della copertura, esisteva un camminamento che creava una copertura a 4 falde. Il manto di copertura in piombo era localizzato completamente solo sulla prima navata e solo sopra il camminamento della seconda navata.

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Foto Alinari del 1855 Foto attuale Il Partini, progettando la copertura del tetto e la cupola cercò di eliminare le cause che avevano generato l’incendio: la struttura in legno e l’utilizzo del piombo saldato a fuoco. Infatti la prima proposta fu quella di costruire una serie di elementi portanti in ferro sia sulla cupole sia sulle due navate. Successivamente venne scelta una soluzione in laterizio che non utilizzava le capriate in legno e semplificava il disegno della navata centrale eliminando il camminamento, la sopraelevazione e riducendo la copertura a solo due falde.

Sezione della navata centrale

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Il progetto delle opere fu condizionato in modo profondo dall’incendio e l’architetto dedicò una studio approfondito sulle tecniche di fissaggio del piombo della copertura, in modo da evitare qualsiasi saldatura o fusione, che era stata la causa principe dell’incendio. Il risultato fu una copertura senza saldature, fissata ad una serie di profili di ferro a T, disposti longitudinalmente alla pendenza e sul colmo e a sua volta fissati sul sottofondo di calce e laterizio. Il bloccaggio fu ottenuto attraverso una serie di bulloni con dadi che stringevano i profili a T di ferro alla sovrapposizione delle lastre e delle mantelline.

Particolare del fissaggio del piombo sul solaio

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LA CAMPAGNA DI RESTAURO DELLE COPERTURE E DEI CONTRAFFORTI

Le opere che il Partini aveva realizzato alla fine del 1800, hanno assolutamente necessità di un intervento importante di restauro. Il progetto complessivo, che abbiamo iniziato a realizzare, è costituito da tre stralci, due interesano, in successione, le due navate centrali e l’ultima, la copertura della cupola. Il costo complessivo dell’opera è di circa 4,5 milioni di €, il tempo di realizzazione è previsto in circa 3 anni e mezzo. Attualmente è stato ultimato il primo stralcio (lato S. Giovanni) e stiamo iniziando il montaggio del cantiere del secondo stralcio (lato S. Maria)

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I primi due stralci delle navate sono caratterizzati da una serie di opere che lasciano inalterata la struttura interna senza modificare la forma e i materiali, ma attraverso nuove tecnologie, viene realizzato il rinforzo delle strutture attraverso anche lo smontaggio e il rimontaggio di tutta la parte in muratura e laterizio.

Pianta coperture Duomo di Siena Stiamo procedendo, invece, alla sostituzione completa del manto di copertura in piombo delle due navate a causa del grave stato di deterioramento della superficie esterna del materiale. Le escursioni termiche, i fenomeni di corrosione, l’ossidazione hanno generato un importante degrado e una serie di rotture sulla copertura in piombo, soprattutto in corrispondenza delle costolature e in corrispondenza delle bullonature. Quest’ultime, inoltre, non hanno mantenuto l’impermeabilità del contatto con il piombo e sono divenute esse stesse dei veicoli al passaggio dell’acqua.

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Particolari delle coperture in piombo

Particolari della copertura in piombo

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Le aggraffature non sono più in grado di mantenere l’efficienza della prima posa come tutte le scossaline in corrispondenza dei muri e dei contrafforti. Lo stesso contatto tra la fine della copertura della navata e la cupola presenta zone molto critiche in quanto il piombo è in molti casi scollegato alla struttura in muratura, come pure il contatto tra il piombo e i canali di gronda.

Particolari della copertura in piombo

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Tutto ciò ha provocato una serie di infiltrazioni all’interno del Duomo la cui dimensione è tale che l’acqua riesce ad attraversare sia il primo solaio di appoggio del piombo che la volta della navata centrale.

Nel progettare la nuova copertura si è analizzato il sistema di fissaggio ideato dal Partini e tutti i problemi che questo schema di bloccaggio con bulloni aveva generato al manto di copertura in piombo nel tempo. Infatti, considerando che tutti i materiali sono soggetti a dilatazioni termiche in funzione della temperatura, in special modo i metalli, il piombo è stato sottoposto a notevoli escursioni termiche che vanno dai +70° per irraggiamento solare estivo e i –20 durante l’ inverno. Questa differenza di temperatura di quasi 100° si è tradotta in aumenti longitudinali della lunghezza, che il sistema di fissaggio tramite bulloni, ha impedito e non potendosi il piombo più dilatare liberamente, ha forzato sulle parti resistenti, determinando negli anni, la rottura del manto e la sconnessione con le bullonature. I lavori di restauro della copertura della navata centrale sono iniziati nel settembre del 2005 e sono stati ultimati in circa 1 anno. Grande impegno e difficoltà , per le caratteristiche del luogo, sono stati gli approntamenti e la posa dei ponteggi e della gru. Nelle foto e possibile osservare le varie fasi di smontaggio, compreso lo stato di degrado dei fissaggi e del manto in piombo e tutti gli interventi che si sono succeduti nel cantiere prima della ricostruzione del manto di copertura.

Particolari dello stato di degrado della copertura in piombo

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Successivamente alla demolizione del tetto in piombo sono stati smontati sia le sue parti strutturali, sia lo strato in calce sottostante, sia le tavelle in laterizio di collegamento ai muretti e parte dei muretti stessi.

Fasi di smontaggio e demolizione della copertura Siamo passati quindi alla ricostruzione e consolidamento con tecnica scuci e cuci dei muretti, alla posa delle tavelle in cotto e alla realizzazione di un massetto strutturale a calce tipo “Albaria struttura” dello spessore di 3 cm armato con rete metallica ancorata sia ai muretti sia alle tavelle sottostanti. Il materiale di laterizio usato è stato quasi interamente di recupero ripristinando anche i sistemi di ventilazione interne al sottotetto

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Scuci e cuci dei muretti, posa delle tavelle e ripristino dei sistemi di ventilazione con protezione antivolatile

Spillature di ancoraggio della rete di acciaio inox

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La scelta della tipologia del massetto strutturale è stata molto importante in quando ha dovuto garantire una perfetta adesione al sottostante tavellonato e muretti, in modo da costituire un corpo unico per l’attacco di tutta la copertura in piombo, per resistere a valori di 500kg/mq dell’azione del vento. Inoltre è stato indispensabile avere una superficie perfettamente piana e liscia per evitare che il piombo, per le sue caratteristiche di adagiarsi al sottofondo, evidenziasse, con il tempo, le eventuali rugosità e irregolarità del massetto. Non ultima, nella scelta della tipologia della malta, è stata la resistenza agli sbalzi termici di circa 100 ° tra l’estate e l’inverno dimostrata anche attraverso collaudi accelerati su campioni di prodotto.

Rifinitura superiore del massetto strutturale di malta di calce pozzolanica, priva di cemento Sopra il massetto strutturale e sotto le lastre di piombo è stato predisposto un telo traspirante al vapore acqueo per assicurare l’evacuazione dell’umidità passante e impermeabizzante all’acqua meteorica, quale ulteriore protezione alle precipitazioni sotto la copertura in piombo. Altre caratteristiche, oltre la traspirazione e l’impermeabilizzazione, sono state la resistenza agli sbalzi termici stagionali di circa 90/100° .

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COPERTURA IN PIOMBO Sopra il telo traspirante è stato montato il manto di copertura in teli di piombo di 3 m, che ripropongono la forma della precedente realizzazione. Sono però cambiate radicalmente le tecniche di montaggio con soluzioni che permettono la libera dilatazione delle lastre in piombo, attraverso un processo di fissaggio che avviene solo tramite aggraffatura, secondo le tecniche costruttive utilizzate, nel passato, nelle “cattedrali gotiche del nord Europa”. Queste tecniche sono estremamente complesse, realizzate da professionisti di elevata esperienza, dotati di grande manualità che si evidenzia attraverso una serie di operazioni tutte realizzate a mano con l’ausilio di strumenti in cui la forza fisica e la tecnica sono gli unici strumenti per la perfetta realizzazione. E’ possibile qui di seguito osservare la varie fasi di realizzazione che hanno avuto caratteristiche diverse a seconda della zona di montaggio.

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Schema di montaggio tramite aggraffatura

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Fasi di fissaggio della copertura in piombo Lo schema planimetrico di posa della copertura è simile a quello impostato oltre 100 anni fa dal Partini, con una serie di aggraffature perpendicolari al filo di gronda a circa 137 cm di distanza l’una dall’altra, che penetrano tutte sull’aggraffatura doppia del colmo.

Fissaggio costola perpendicolare al colmo del tetto Parallelamente alla linea di gronda sono predisposte aggraffature di falda alla distanza di circa 90 cm. L’aggraffatura di falda trasversale è eseguita tramite fissaggio al supporto di acciaio inox disposto sopra la lastra inferiore e entrambi fissati al sottofondo.

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Aggraffatura di falda

Tutto il fissaggio è effettuato sul sottofondo attraverso linguette fisse e scorrevoli longitudinalmente in rame poste all’interno dell’aggraffatura.

Fissaggio del manto in piombo al solaio

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Simile modalità di fissaggio è stata utilizzata per collegare, sul colmo, le due falde attraverso l’uso di doppia linguetta e un cappello di piombo di chiusura.

Fissaggio del colmo del tetto

Il risultato è una copertura completamente fissata al sottofondo portante, ma con la possibilità di muoversi sia lateralmente che longitudinalmente. Questa posa permette di assorbire tutte le dilatazioni termiche giornaliere e stagionali senza generare fenomeni di rottura.

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Montaggio della copertura in piombo

Copertura dei contrafforti

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Areazione del sottotetto e rivestimento in piombo degli aggetti e degli sporti

Fasi di lavorazione

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Copertura in piombo ultimata sulla navata centrale Lato S. Giovanni

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STAURO MANUTENTIVO DELLE FACCIATE DEL UOMO DI SIENA - LATO S. GIOVANNI

RE

D

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materiali costituenti il Duomo diSiena quali marmi, serpentino verde, rosso i gerfalco, travertino classico, hanno subito, nel tempo, un degrado

e,

lesse, che hanno favorito in alcuni punti, ristagni di acque meteoriche e quindi formazioni algali, muschi e licheni. In particolare nelle zone più riparate dal dilavamento meteorico e nei sottoquadri degli elementi architettonici decorativi quali, marcapiani, mensole di elementi scultorei, colonnette e capitelli delle trifore, si sono evidenziati accumuli di depositi carboniosi, di croste nere con aspetto colleforme e resinoso, costituite da particelle miste a notevoli quantità di ossalati di calcio, difficilmente rimovibili e tenacemente legate al materiale lapideo, il quale , nelle zone più esposte, presentava una diffusa polverizzazione e microfratture.

I ddifferenziato per le diverse caratteristiche fisico-meccaniche del materialma in parte rilevante, anche dalla loro dislocazione ed esposizione alle intemperie, nonché alle loro forme architettoniche comp

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faccia e

zioni di

i di ue piovane

ito un

olo su zone n

a prima zona di intervenuto ha riguardato le facciate laterali della navata entrale del Duomo, poi di seguito la facciata di Via dei Fusari, la facciata

Nelle zone dei paramenti verticali, costituiti da bozze squadrate aliscia, per effetto dei dilavamenti di acque meteoriche ed del loro favorevolruscellamento, i materiali sono stati aggrediti in minor modo dalle alterasopra citate e quindi i prodotti di alterazione anche cromatica sono statipiù facile rimozione, perché costituiti prevalentemente da polverparticellato atmosferico che per effetto del dilavamento delle acqsopra citate e per la loro superficie liscia non hanno favorattecchimento tenace al supporto lapideo

Il restauro manutentivo è stato esteso, per alcune categorie di lavoro, a tutte le superfici, mentre per altre categorie è stato eseguito slocalizzate e mirate alla risoluzione di problematiche più specifiche cointerventi di restauro conservativo .

Lc

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princihanno riguardato principalmente Pulitura superficiale di tutto il paramento esternosecco per la rimozione di depositi polverulorganiche quali, polveri, deiezioni animali ecc. Lavaggio superficiale dei paramenti lapinon ionici e biodegradabili; spazzolatura manuale covegetale o sintetica e risciacquo finale con acqua ditramite nebulizzazione a bassa pressiQuaternari di Ammonio per prevenire la nuova formazione di colonie algali o

iodeteriogeni;

con l’inserimento di perniature realizzateinox con successiva stuccatura delle lesionidei fori di trapanatura delle zone oggetto dell’intimpasto di polvere di pietra macinata

nizzate e resina acrilica in emulsione acquosa. ulitura tramite impacchi con da polpa di carta ed apposite soluzioni iversificate di carbonato d’ammonio o EDTA, su parti di elementi modellati scolpiti, risciacquo con acqua deionizzata delle zone d’intervento per muovere eventuali tracce dei prodotti utilizzati ed eliminazione di fflorescenze saline.

pale del Battistero e infine la facciata lato scalinata di Santa Caterina e e seguenti interventi.

, previa spolveratura a enti e di accumuli di sostanze

dei con prodotti a basi di tensioattivi n spazzole di fibra rete, applicazione

one di biocidi a base di Sali

b

Prima e dopo la pulitura

Consolidamento delle parti distaccate o pericolanti tramite incollaggi anche con barre in vetroresina o acciaio

e delle fratturazioni, nonché ervento, costituite da

del solito litotipo e cromia, calci desaliPdorie

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Applicazione di apposito prodotto consolidante, a seconda del litotipo, su calizzate manifestazioni di degrado quali: polverizzazione, decoesione

uperficiale ecc.

imozione di stuccature non coerenti e deteriorate, rifacimento di nuove, ostituite da impasto a base di inerti o pietre selezionate e macinate, calci esalinizzate e terre naturali.

miscele di calci, inerti del solito litotipo, terre colorate e miscela acrilica, compreso il rifacimento di

Le operazioni di restauro manutentivo sono iniziate dalla pulitura e

io completo a base i tensioattivi non ionici e biodegradabili e spazzolatura manuale con

di

e a pennello, di prodotto iocida a base di sali quaternari di ammonio, per la rimozione di

escultorei aggettanti, che presentavdecoesione del materiale.

los Rcd Restauro dei marmi delle finestre della navata centrale con pulitura e lavaggio e successivo restauro superficiale dei materiali. Interventi di incollaggi, ancoraggi, perniature, ricuciture, preconsolidamenti e consolidamenti superficiali su casi di fatturazione, esfoliazione e microlesionie con trattamento di protezione a base di polisilossani in solvente. Rimozione delle stuccature ammalorate e loro rifacimento eseguito con idoneo impasto costituito da

mantelline, costituite dal solito impasto, su elementi aggettanti con ripristino di tutti gli elementi lapidei disconnessi o comunque compromessi nella loro integrità.

rimozione meccanica del guano di piccione, presente in abbondanza nelle parti aggettanti e più riparate; si è proceduto in seguito alla spazzolatura delle superfici per rimuovere le polveri meno compatte ed accumulatesi negli interstizi delle decorazioni, con successivo lavaggdspazzole di fibra vegetale o sintetica con risciacquo finale con acquarete Sono stati effettuati ripetuti cicli di applicazionbinfestazioni algali, muschi e licheni, fino a completa sterilizzazione del materiale e risciacquo finale con abbondante acqua di rete . Le operazioni di preconsolidamento sono state eseguite a pennello a più mani di resina o consolidante protettivo, localizzate soprattutto nelle bozze

trifore e negli elementi decorativi e ano una superficie disgregata con

in serpentino e marmo bianco, nell

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Incollaggio di piccoli frammenti distuccatura della fascia di serpentino eapplicazione di consolidante protettivo

staccati,

i è proceduto anche ad incollaggi e a cuciture di frammenti distaccati e

aderenza incrementata, affogate in resina epossidica.

Spericolanti, con l’inserimento di perniature realizzate con barre in

vetroresina o acciaio inox ad

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Consolidamento realizzato con perniature in acciaio inox La pulitura superficiale ha riguardato, inoltre, la rimozione di croste nere ed incrostazioni più tenaci, dove l’azione del lavaggio non ha prodotto effetti soddisfacenti. Si è provveduto all’applicazione di impacchi di polpa di

scultorei, sono stati eseguiti impacchi con arbonato di ammonio e successivo risciacquo con acqua deionizzata .

seguito della rimozione di tutte le ecchie stuccature cementizie e di

carta e carbonmetilcellulosa imbevuta di ed EDTA bisodico, lasciato agire controllando i tempi di azione, con successiva rimozione dell’impacco e risciacquo abbondante del supporto. Per l’asportazione delle solfatazioni e degli ossalati, localizzate nelle zone decorate e negli elementi c

Stuccature con impasto di polvere di marmo, calce destalinizzata in emulsione acrilica Av

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quelle in calce ammalorate, si è provveduto alla posa in opera delle nuove,

anelle interconnessioni tra gli elemparamento lapideo retrostante e coro estre

vista, quali zanche, grappe e catene. Inoltre è stata effettuata la velatura “Duccio” con di tinta a calce e terre per omogei

costituite da un impasto di calce desalinizzata, miscelata con polvere di pietra dello stesso litotipo e/o inerti selezionati, macinati e terre naturali in

su zone localizzate ed in particolare enti architettonici aggettanti ed il namenti di porte e fin

emulsione acrilica in acqua, eseguit

Sono stati effettuati trattamenti anticorrosivi degli elementi metallici a

dell’intonaco nella zona dell’occhio di nizzare la cromia di fondo.

Incollaggio di frammenti con resina epossidica termoindurente e stuccatura

finale

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a

Applicazione di prodotto consolidante a base di silossani

ti, grassello di calce in emulsione acrilica Stuccature con malta a base di inerti selezion

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Applicazione, rimozione dell’ impacco a base di polpa di cellulosa e carbonato d’ammonio per l’ eliminazione di croste nere

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Resta

uro ultimato fianco lato S. Giovanni

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Restauro ultimato fronte Battistero lato S.Giovanni

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RESTAURO E CONSOLIDAMENTO DEI CONTRAFFORTI, DEL PARAMENTO MARMOREO SUPERIORE E DELL’OCCHIO ABSIDALE Oltre agli interventi sopra descritti, che hanno interessato tutta la copertura, sono stati realizzati anche opere di restauro sul paramento marmoreo superiore, dove erano evidenti formazioni di croste nere originate da depositi carboniosi più o meno ispessite e tenacemente legate al materiale lapideo. L’intervento è stato caratterizzato dalla pulitura, lavaggio, consolidamento, asportazione delle efflorescenze saline, stuccature e trattamenti protettivi.

Si è proceduto anche al consolidamento e restauro dei contrafforti attraverso un’opera di scuci e cuci sulla parte muraria oltre ad una serie di

erniature” di grosso diametro realizzate con barre in acciaio inox e resina i lunghezza di circa 150 cm per ripristinare il collegamento della uratura superficiale a quella interna. Infatti la forma stessa dei contrafforti veva generato, nel tempo, dei movimenti con scivolamento della parte sterna sul complesso murario. ’intervento realizzato sui contrafforti per importanza e dimensione è da

considerarsi di grande spessore che non ha precedenti sui lavori di restauro che si sono succeduti dalla loro costruzione ad oggi.

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I materiali usati sono stati, per la maggior parte, di recupero e quando questo non è stato possibile, sono stati utilizzati mattoni fatti a mano con tipologia, caratteristiche e colorazioni simili a quelli esistenti .

Perniature e spillature di ancoraggio sui contrafforti

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Importante è stato anche il restauro del paramento marmoreo che circonda l’occhio absidale dove era posta la vetrata di Duccio e la sostituzione

ricollocazione che avverrà dall’interno del Duomo.

completa dell’infisso di protezione alla vetrata, in attesa della sua

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Tutte queste opere sono gli interventi di maggiore spessore che sono stati realizzati nel primo stralcio del restauro del lato S. Giovanni del Duomo di Siena. Ad essi vanno aggiunte tutte una serie opere, complementari alle prime,

a ugualmente importanti che hanno permesso un restauro complessivo el tetto, dei contrafforti, del sottotetto, del paramento marmoreo, degli

intonaci, delle murature, delle buche pontaie. ere e i ponteggi uti

queste opere, è stato deciso, in co pera, di procedere, anche al restauro di tutte le facciate interessate ai lavori del primo stralcio e in particolare il fronte lato S. Giovanni, fi a Battistero, oltre alle facciate laterali del

md

Per sfruttare a pieno il canti lizzati per la realizzazione di rso d’o

anco lato via dei Fusari, fianco scalla navata centrale.