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L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI IL DISORDINE CRESCENTE:

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L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI

IL DISORDINECRESCENTE:

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IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI

Dopo le elezioni amministrative e il Brexit un aggiornamento del clima politico, economico e social del Paese.

GLI SPECIALISTI

Nando PagnoncelliLuca Comodo

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Ipsos è una società di ricerca di mercato indipendente, controllata e gestita da professionisti della ricerca.

Fondata in Francia nel 1975, Ipsos è cresciuta come gruppo di ricerca internazionale, con una forte presenza in tutti i mercati chiave. Nell’ottobre 2011 Ipsos ha completato l’acquisizione di Synovate. La combinazione ha costituito la terza più grande società di ricerche di mercato del mondo. Con uff ici in 87 paesi, Ipsos offre expertise in sei specializzazioni di ricerca: pubblicità e media, f idelizzazione del cliente, marketing mix, opinione pubblica e survey management.

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UN DISASTROANNUNCIATO

Il voto delle amministrative, per quanto, come vedremo, non estendibile automaticamente ai comportamenti dell’insieme degli elettori, è stato comunque, dal punto di vista delle sue conseguenze politiche, un tornante rilevante, che ha riguardato innanzitutto il PD e il progetto renziano.

Le dif f icoltà del Presidente del Consiglio sono diventate sempre più evidenti. La valutazione che se ne dà da parte degli elettori raggiunge i punti più bassi nel luglio 2015, partendo dal livello elevatissimo delle europee. E, al di là di qualche sbalzo, non riesce più a riprendersi.

Già con la crisi post elezioni regionali il tema era decisamente chiaro: il rapporto con il territorio da un lato, la relazione con i ceti deboli dall’altro.

Il rapporto con il territorio: la rottamazione che ha convinto molti degli italiani, un cambiamento radicale di un sistema percepito come oramai degenerato, non sembra ripercuotersi sulle realtà regionali. Il distacco del partito dai territori è sempre più evidente. Un primo segnale si era avuto nell’autunno 2014 con le elezioni in Emilia Romagna dopo le dimissioni di Vasco Errani rinviato a giudizio (e dopo circa due anni completamente assolto).

TABELLA 1. LA VALUTAZIONE DELL’OPERATO DEL GOVERNO E DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO

Premier Governo

0

2014 2015 2016

giumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmarfebgendicnovottsetluggiumagaprmar

40

30

50

60

70

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Una partecipazione ai minimi storici, frutto della delusione e dello scarso investimento sull’istituzione regione.

La tornata del 2015 conferma le dif f icoltà, sia in termini di partecipazione (complessivamente si reca alle urne meno del 50% degli elettori richiamati al voto), sia in termini di risultati. Se da un lato infatti il PD conferma la propria prevalenza in cinque delle sette regioni coinvolte, lo fa però con evidenti dif f icoltà soprattutto nelle regioni “rosse”, dove i candidati perdono oltre 10 punti rispetto alle elezioni precedenti. E ottiene una secca sconfitta in Liguria, a causa delle divisioni e della cattiva gestione del percorso delle primarie e dei rapporti interni al PD, nonché un risultato imbarazzante in Veneto, dove la candidata avrebbe dovuto essere una delle punte del nuovo corso renziano.

Bene in Campania e Puglia, ma si tratta di due “repubbliche autonome”, dove contano esclusivamente o quasi i due leader locali, De Luca ed Emiliano.

La relazione con i ceti deboli: la crisi di consenso di Renzi, pur trasversale per le dimensioni in cui si esplicita, colpisce di più i ceti che sono esposti alle dif f icoltà economiche. Se infatti il calo è di circa 35 punti mediamente tra operai e disoccupati raggiunge e supera i 40 punti, come avviene anche nel Sud del paese. E superiore alla media è il calo del consenso tra le casalinghe, che spesso gestiscono il bilancio quotidiano delle famiglie. È un gap che non si recupererà. Le elezioni comunali sembrano certif icare che non si tratta di una défaillance momentanea ma di una vera e propria frattura la cui ricomposizione richiede probabilmente una profonda revisione strategica.

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Se compariamo la popolarità di Renzi con i governi italiani più recenti, è evidente come le performances del Presidente del Consiglio siano preoccupanti:

Questi i dati a poco prima delle elezioni amministrative.

17 mag 2006 - 8 mag 2008Romano Prodi

55

36

57

76

6762

25

47

38

27

8 mag 2008 - 16 nov 2011Silvio Berlusconi

16 nov 2011 - 28 apr 2013Mario Monti

28apr 13 - 22feb 14Enrico Letta

22 feb 2014Matteo Renzi

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

Images licensed under Creative Commons CC BY 2.0 Generic. (https://creativecommons.org/licenses/by/2.0/). Edited from originals.Credits—Photos (in order of use): 1) “Photo L2007021412380” by Public.Resource.Org

Source: https://f lic.kr/p/Hq64WL2) “#ServizioPubblico stasera farà il record della Social TV” by paz.ca

Source: https://f lic.kr/p/dKkHGX

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17 mag 2006 - 8 mag 2008Romano Prodi

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6762

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8 mag 2008 - 16 nov 2011Silvio Berlusconi

16 nov 2011 - 28 apr 2013Mario Monti

28apr 13 - 22feb 14Enrico Letta

22 feb 2014Matteo Renzi

2007 2008 2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015 2016

3)” Mario Monti, President of Università Bocconi and Praesidium Member of Friends of Europe” by Friends of Europe

Source: https://f lic.kr/p/avQTEu 4) “Visita Of icial del señor Enrico Letta, Presidente del Consejo

de Ministros de la República Italiana: Ceremonia Of icial de Bienvenida.” by Presidencia de la República MexicanaSource: https://f lic.kr/p/jbENWZ

5) “Matteo Renzi a San Giobbe” by Università Ca’ Foscari Venezia Source: https://f lic.kr/p/zYC4pP

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Come abbiamo più volte detto, l’analisi del voto delle amministrative è particolarmente complesso per diverse ragioni:

• La dif f icile comparabilità dei dati.

Se infatti si scegliesse di comparare i risultati alle precedenti tornate amministrative, ci si troverebbe di fronte ad un impetuoso incremento dei 5stelle. Dato assolutamente vero, beninteso, ma superato, poiché nel frattempo ci sono state le elezioni politiche che hanno sancito la rilevante presenza di questa formazione nell’arena politica. Se si scegliesse di compararli con le Europee 2014 si produrrebbe anche qui una distorsione: sono state il momento, presumibilmente irripetibile, del più elevato consenso recente al PD. In questo caso troveremmo un crollo di questo partito, dato vero anch’esso ma di dubbia utilità interpretativa;

• La difficoltà nell’identificare precisamente le coalizioni. In molti comuni si registra una diffusa presenza di liste civiche, non sempre chiaramente collegabili ad una o all’altra coalizione. Elemento che rende ulteriormente complessa e aleatoria la comparazione dei dati;

• La dif f icoltà nel dare un peso effettivo ai principali partiti. Come per le coalizioni, la comparazione dei principali partiti manifesta margini di ambiguità. Per quanto chiaramente identif icabili, in molti casi si registra la presenza di liste del sindaco che drenano voti di questi stessi partiti. Anche qui comparazione discutibile;

• La scarsa omogeneità. In diversi comuni il MoVimento 5stelle non si è presentato, in altri mancano coalizioni o partiti (emblematico il caso di Salerno). La lettura sul totale quindi non è del tutto corretta;

• L’elevato astensionismo: con l’eccezione di Roma, che vede crescere la partecipazione rispetto alle amministrative precedenti, in tutte le principali città essa cala vistosamente.

Il che induce ulteriormente a considerare i dati con un certo distacco.

Detto per inciso, i sindaci delle grandi città sono stati tutti eletti da meno di un terzo degli elettori:

LE AMMINISTRATIVE: IL RIFIUTO DEL SISTEMA

LA PARTECIPAZIONE AL VOTO NELLE PRINCIPALI CITTÀ

BOLOGNA

TORINO

NAPOLI

MILANO

ROMA57,2%

52,8%

4,4%

54,7%67,6%

-13,0%

54,1%60,3%

-6,2%

57,2%66,5%

-9,4%

59,7%71,4%

-11,8%

2016 precedenti delta

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A queste motivazioni potremmo aggiungerne altre (ad esempio la plateale dif ferenza nel comportamento di voto delle città, funzione dell’offerta politica e della capacità coalizionale, come evidenziano i risultati di Forza Italia, praticamente scomparsa a Torino, in piena salute a Milano), ma queste crediamo siano suff icienti.

Ma, detto questo, non sfugge a nessuno il signif icato politico di queste consultazioni.

Per il PD sembra essere stato prevalente tra gli elettori un atteggiamento “generale”, con poche eccezioni come ad esempio Milano e Varese, per cui il voto appare essere espresso prevalentemente contro, per un cambiamento purchessia, pensando più al livello nazionale che non al livello locale. Emblematico di questo voto “antisistema” il caso di Torino. Una città con una qualità della vita decisamente buona e dove sindaco e amministrazione erano tutto sommato salvati dagli elettori come emerge da un nostro sondaggio del novembre 2015:

Con una percezione prevalente che Torino si muovesse sul binario giusto.

La conclusione è stata una sconfitta quasi umiliante per il sindaco. Certo, c’è stata una convergenza tutta politica dell’elettorato di centrodestra sulla candidata pentastellata e la partecipazione ha visto recarsi alle urne solo poco più della metà degli elettori. Ma il dato politico è evidente.

E colpisce il fatto che siano state prevalentemente le periferie a decretare la sconfitta del sindaco, ex comunista formatosi a Mirafiori.

Lo stesso avviene a Roma. Vale la pena riportare la cartina dei voti nei municipi al primo turno che dà l’idea plastica del voto (in viola Raggi, in verde Giachetti):

Si potrebbe pensare che sia un fenomeno collegato alla presenza dei candidati pentastellati: in una situazione di disagio evidente a Torino e massima per Roma, non ci si può aspettare altro.

Ma in realtà non è così. Se guardiamo infatti al dato di Milano, dove la competizione si è ristretta ai due candidati di coalizioni “classiche”, i risultati sono gli stessi:

% VOTI OTTENUTI DAL SINDACO ELETTO SUL TOTALE DEGLI AVENTI DIRITTO

32,6%ROMA

29,1%

27,9%

MILANO

NAPOLI

26,3%TORINO

23,6%BOLOGNA

positivo negativo non sa

50,0% 47,0%

47% 47% 2%3%

AMMINISTRAZIONE SINDACO

ROMA: CANDIDATO PIÙ VOTATO PER QUARTIERE – PRIMO TURNO

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Il candidato di centrodestra, manager anch’esso e sicuramente privo di profili populisti, vince nelle estreme periferie: Comasina, Quarto Oggiaro, Baggio, Corvetto…In entrambe le città del Nord, sia pur con importanti dif ferenze, i fenomeni sono molto simili. A Milano il voto per condizione professionale si esprime così:

Il voto di chi è più colpito dalla crisi tende a privilegiare Parisi.

Anche a Torino, in un contesto politico profondamente dif ferente, troviamo analoghe tendenze:

Solo tra i pensionati si mantiene un apprezzabile consenso a Fassino. Ma anche qui sono i ceti più a disagio (autonomi, operai, disoccupati) che si orientano sull’Appendino. Sembra quindi che anche in riferimento ad un’offerta politica sensibilmente dif ferente, i comportamenti tendono ad assomigliarsi.

È il segno di una frattura che sembra

diventare drammatica.

31%

42%

33%

36%

44%

53%

60%

58%

67%

64%

56%

47%

40%

Fassino Appendino

45%55%

69%

imprenditori, professionisti, dirigenti

pensionati

casalinghe

studenti

disoccupati, inoccupati

operai ed affini

impiegati, insegnanti

autonomi, commercianti, artigiani

DELTA SALA-PARISI

2,3%0,6%5,3%2,2%

12,6%6,4%-1,7%-5,9%3,5%-3,5%

123456789

10

ZONA delta

7,7%0,2%-4,5%-4,6%1,1%-0,5%-0,6%-4,9%0,6%-5,6%

11121314151617181920

0,9%totale

Sala Parisi

51%

47%

54%

45%

46%

63%

48%

54%

49%

53%

46%

55%

54%

37%

52%

46%

imprenditori, professionisti, dirigenti

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operai ed affini

impiegati, insegnanti

autonomi, commercianti, artigiani

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“L’analisi politologica individua quattro grandi fratture – i cleavages – che spaccano in due parti contrapposte grandi aggregati di popolazione: città e campagna, operai e padroni, centro e periferia, Stato e Chiesa. La profondità e la durata di queste fratture saranno determinanti nel fornire ai nascenti partiti di massa un serbatoio costante di partecipazione e sistemi valoriali, che consentiranno loro di consolidare la propria organizzazione come attore istituzionale.”1

Si tratta di fratture ancora attuali che però, non governate, producono

lacerazioni. L’avanzata dei populismi ci racconta questo processo in maniera evidente. Tutti i profili di voto richiamano queste divisioni. Ad esempio la recente consultazione austriaca per la Presidenza. Vinta di un soff io (ma il voto andrà ripetuto per vizi riscontrati nei voti espressi per corrispondenza) da Van der Bellen, contro Hofer, un esponente esplicitamente xenofobo e di ultradestra.

Con una drammatica spaccatura città/campagna che indica una faglia che sempre più si va allargando. Non solo in Italia o in Austria. È in fondo una frattura che parla a tutto l’occidente:

LA FRATTURA POPOLO/ÉLITE

1 - Mauro Calise La democrazia del leader, Laterza, Roma-Basi, 2016, p.14

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In Italia si riproducono comportamenti simili e il voto metropolitano è sempre più orientato all’inclusione, quello periferico e rurale all’esclusione. Sembra quindi che questo ultimo cleavage (esclusione/inclusione) riassuma gli altri. È la frattura centrale, non solo europea. Donald Trump negli USA insiste sugli stessi temi. L’Europa sente soff iare in maniera impetuosa questo vento.

È la crisi della scelta razionale (ammesso che si possa davvero pensare che sia stata l’aspetto prevalente delle decisioni umane). E la Brexit lo evidenzia drammaticamente.

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La crisi dell’istituzione europea è anch’essa annunciata da tempo. Il trend della f iducia presso gli italiani lo evidenzia plasticamente:

Il calo di f iducia nella UE, drammatico in Italia come in altri paesi, è più concentrato su quelli che potremmo definire ceti dinamici: giovani, professionalizzati o studenti, con alti titoli di studio, residenti nel Nord

del Paese. Qui il distacco sembra più essere dettato dalla delusione per un progetto politico che non decolla e che ha mostrato profondamente la corda nel corso della drammatica crisi economica.

E in assenza di progetto politico crescono le tendenze nazionaliste, come dimostrano i dati di una recente indagine di Pew Research Center condotta in 10 paesi europei:

0

20

40

60

80

0

20

40

60

‘08 ‘09 ‘10 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14

2015 2016feb apr lug nov feb apr

Which statement best describes your views about the future of the European Union?

GREECE

UK

SWEDEN

NETHETRLANDS

GERMANY

HUNGARY

ITALY

FRANCE

POLAND

SPAIN

Some powers should be returned to national govts

Division of powers should remain the sameNational govts should transfer more powers to EU

Note: Don’t know responses not shown.Source: Spring 2016 Global Attitudes Survey. Q49.“Euroskepticism Beyond Brexit”PEW RESEARCH CENTER

65% 25%6%

47% 38% 13%

44% 29% 24%

43% 25% 26%

40% 35% 17%

39% 26% 21%

39% 21% 34%

38% 39% 9%

35% 27% 30%

18%8%68%

BREXIT: LA VITTORIA DEL POPULISMO?

DISAGREEMENT ON “EVER CLOSER” UNION

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W

18%15%

20%

26%

22%

non sa

Per nulla favorevole

Poco favorevole

Abbastanza favorevole

Molto favorevole

20%

22%

26%25%

7%

2%

5%

38%

11%

27%20%

35%

44%

8%12%

1%

39%

13%0%

21%

8% 6% 10%

37%41%

6%

23%

44%

17%31%

Fonte: banca dati sondaggi Ipsos – giugno 2016

MoVimento 5 Stelle

37% 41% 22%

Partito Democratico

80% 13% 7%

Liste di Centro

56% 27% 17%

TOTALE

46% 28% 26%

altro, indecisi, astensione

41% 23% 36%

Forza Italia

38% 40% 22%

Lega Nord

20% 47% 33%

Per rimanere in Europa

Per uscire dall'Europa

non voterebbe, non sa

E COSA VOTEREBBE?

SE CI FOSSE OGGI UN REFERENDUM SULL'USCITA DELL'ITALIA DALL'EUROPA LEI QUANTO SAREBBE FAVOREVOLE?

IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI

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Sembra però che la risposta di chiusura nazionale, per quanto dif fusa e presente soprattutto, come ha evidenziato il referendum in Gran Bretagna, nelle periferie, nelle zone rurali e povere, non sia davvero praticabile. L’implosione assoluta della classe dirigente inglese lo dimostra. Nessuno dei leader del paese riesce a dare una risposta e ad articolare

un percorso all’altezza del dramma che si è aperto nel paese. Il fatto è che non c’era nessun piano per il dopo exit.

L’Italia corre meno rischi di altri paesi. Rimane, per quanto sbiadita, una vocazione europeista importante e soprattutto è prevalente l’idea che, pur con molte perplessità l’uscita dall’Europa non sia praticabile:

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Il problema è a che prezzo e in quale direzione l’Europa saprà riprendersi.

Intanto, e non è un aspetto secondario, è necessario che le élite, sempre meno riconosciute, anzi spesso contrastate e considerate un problema, riprendano la capacità di ascolto e di comunicazione. È l’incrinarsi della voce degli esperti. Gli economisti in particolare, ma non solo, sempre più additati come incapaci di prevedere o addirittura responsabili della crisi per una parte non secondaria dell’opinione pubblica. Le opinioni di questi settori sono guardate con sempre maggiore sospetto, quando non derise. Lo sottolinea con grande franchezza Christine Lagarde ai Rencontres di Aix en Provence che coinvolgono i massimi rappresentanti economici francesi e internazionali, come riportato da Repubblica: “… purtroppo si vede che gli esperti avevano ragione. Perché allora non sono stati ascoltati?”. E ancora: “… perché i nostri commenti, basati su fatti e comprovati dall’esperienza non sono serviti a convincere?”. Non si tratta solo di una progressiva crescita di atteggiamenti emotivi o irrazionali nell’elettorato, cosa vera ma non prevalente. Si tratta di una disaffezione al progetto politico che non ha corrisposto alle attese.

Innanzitutto perché c’è una drammatica crescita delle diseguaglianze, acuita fortemente dalla crisi economica. Anche questo è un elemento riconosciuto dal FMI per bocca del suo direttore che parla della necessità di una globalizzazione benevola, dal volto più umano, capace di redistribuire la ricchezza.

E proprio questo è il problema centrale. Sembra cadere definitivamente il tema dell’autoregolazione dei mercati e della sua capacità di produrre ricchezza diffusa, dato che invece è accaduto il contrario. Ma la redistribuzione della ricchezza richiede un chiaro e pesante intervento politico nel momento in cui la politica appare sempre più messa nell’angolo.

L’Europa infatti si qualif ica molto nettamente per due aspetti centrali, come evidenzia una recente indagine di Eurobarometro:

Ma le richieste vertono su un allargamento delle politiche comuni:

La pace tra gli stati membri dell'UE

La politica agricola comune

Il livello di benesere sociale ( salute,educazione, pensione) nell'UE

Il potereeconomico dell'UE

L'influenza politica e dplomatica dell'UE nel mondo

I programmi di scambio tra studenti dell'UE come l'ERASMUS

L'EURO

La libera circolazione di persone, benie servizi nell'UE

56%

55%

25%

22%

19%

19%

18%

10%

FONTE: Eurobarometro (nov-2015)

La libera circolazione dei cittadini dell'Unione, per vivere, lavorare e studiare in qualsiasi paese UE

78%

Una politica di sicurezza e di difesa comune tra gli Stati membri dell'Unione europea

72%

Una politica energeticacomune tra gli Stati membri dell'Unione europea

70%

Una politica comune europea in materia di immigrazione68%

Una politica estera comunedei 28 Stati membri dell'UE63%

Un'unione economica e monetaria europea con una moneta unica, l'euro

56%

Libero scambio e accordi di investimento tra l'Unione europea e gli Stati Uniti

53%

Un ulteriore allargamento dell'Unione Europea ad altri Paesi nei prossimi anni

38%

FONTE: Eurobarometro (nov-2015)

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E per rafforzare l’identità europea al primo posto ci sono i temi del welfare, come ci ricorda sempre Eurobarometro.

Oggi le dif f icoltà dei singoli paesi sono evidenti, con molti di essi che evidenziano un elevato rischio di povertà:

E anche in Italia la povertà si mantiene rilevante e segna una profonda frattura territoriale:

Come molti suggeriscono, la risposta ad una crisi lunga, intensa e non uniforme poiché tende a colpire di più segmenti specif ici della popolazione, ed in particolare i giovani, non può che passare attraverso un surplus di coesione e quindi di politica europea. Anche perché la crisi sociale innescata da questi processi presumibilmente durerà più a lungo della crisi economica.

E questo tema mette in evidenza la strettoia in cui si trova l’Europa, tra la necessità di ampliare gli spazi di governo effettivo dell’economia (appunto il tema della redistribuzione), la necessità di rivedere i criteri e gli strumenti dell’austerità e le pulsioni dif fuse che spingono alla chiusura e all’esclusione.

È evidente che molto del peso e delle responsabilità dell’attuazione di un percorso che sganci l’Europa dalla crisi, politica innanzitutto, in cui si trova pesa sulle spalle della Germania:

MEDIA UE (28)

ITALIA

CROAZIA

PORTOGALLO

BULGARIA

MACEDONIA

GRECIA

SPAGNA

SERBIA

ROMANIA

REPUBBLICA CECA

NORVEGIA

ISLANDA

PAESI BASSI

DANIMARCA

SLOVACCHIA

FINLANDIA

FRANCIA

SVIZZERA

AUSTRIA

SLOVENIA

UNGHERIA

SVEZIA

BELGIO

IRLANDA

GERMANIA

REGNO UNITO

POLONIA

25,4%

25,4%

22,2%

22,1%

22,1%

21,8%

19,5%

19,4%

19,4%

17,0%

16,8%

16,7%

25,4%

15,6%

15,5%

15,0%

14,5%

14,1%

13,8%

13,3%

12,8%

12,6%

12,1%

11,6%

10,9%

9,7%

7,9%

17,2%FONTE: Eurostat

4,4%

19,6%21,5% 21,4% 21,1%

9,9% 10,8% 10,4% 10,3%

5,2% 7,2% 7,1% 6,6% 6,3%4,6% 4,9%

FONTE: Istat

Anni 2011-2014, valori percentuali

‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14

‘11 ‘12 ‘13 ‘14 ‘11 ‘12 ‘13 ‘14

0 0

0 0

NORD CENTRO

SUD ITALIA

A RISCHIO DI POVERTÀ (ANNO 2014)

INCIDENZA DI POVERTÀ RELATIVA PER RIPARTIZIONE GEOGRAFICA

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“Se nella situazione impietosa in cui è scivolata l’Europa è dovere di tutti i suoi partner fare ognuno la propria parte per scongiurare una disintegrazione della Ue, è un fatto che da Berlino dipende, in primo luogo, il futuro dell’Europa comunitaria. […]Ciò comporta, in sostanza, una concreta sensibilità ed apertura della Germania verso soluzioni sinergiche che valgano a coniugare stabilità f inanziaria, crescita economica ed equità sociale. D’altronde, si tratta di rilanciare e legittimare quella che in fondo costituisce la precipua ragion d’essere della Comunità Europea”.2

I primi segnali in questo senso non sono del tutto confortanti. Schauble in particolare tende ad enfatizzare il ruolo dei governi a scapito di quelli della Commissione e pensa ad un’Europa a due velocità, convinto che un rafforzamento dell’intergovernativo funzionerebbe così come, a suo parere, ha funzionato durante la crisi. Se pragmaticamente potrebbe funzionare, sembra essere distante dalla richiesta di una visione e di un’empatia che i cittadini si aspettano. E poi il prossimo anno ci saranno le elezioni legislative in Germania. Pensare a concessioni in questo momento è improbabile.

Quindi di nuovo una situazione di grande dif f icoltà. Con il rischio di ritrovarsi nelle condizioni iniziali mirabilmente descritte da Joschka Fisher: “Il nostro destino è di stare al centro. La Germania è troppo grande per l’Europa e troppo piccola per avere un ruolo globale come stato indipendente. […] ci siamo svegliati ed improvvisamente ci siamo accorti di avere un ruolo da leader, almeno in Europa, senza averne la voglia. Il paese non aveva la minima idea di cosa volesse dire avere un ruolo egemone”.3

In tutto questo si inserisce, con forza preponderante, il tema dei f lussi migratori e della loro gestione che sono stati in gran parte alla base delle ultime reazioni negative dei cittadini verso l’istituzione europea. Su questo anche e forse soprattutto gli italiani chiedono un intervento forte e visibile dell’Europa, che si ritiene abbia lasciato solo il nostro paese a gestire l’emergenza.

Tanto più che gli italiani ritengono che l’immigrazione sia solo un problema, senza ricadute positive sull’economia:

Su questa sf ida è strategico che l’Europa trovi una via praticabile e fattiva. Prima che il 2 ottobre, quando ci saranno il referendum ungherese sui profughi e la ripetizione del ballottaggio in Austria, segni un ulteriore passo verso la disgregazione.

FONTE: Ipsos Global View on immigration Tracking 2011 2015 – Agosto 2015

L'immigrazione ha messo a dura prova i servizi pubblici nel nostro Paese (ad esempio la salute, i trasporti, i servizi educativi)

67%

A causa degli immigrati è più difficile trovare un lavoro

54%

La priorità dovrebbe essere data agli immigrati con livelli di istruzione più alta o a quelli con qualifiche professionali carenti nel Paese che li ospita

24%

L'immigrazione è un bene per l'economia del nostroPaese

14%

Ci sono troppi immigrati nel nostro Paese71%

2 - Valerio Castronovo, L’Europa e la rinascita dei nazionalismi, Laterza, Roma-Bari, 2016, pp.207-208 3 - Citato in Gian Enrico Rusconi, Egemonia vulnerabile. La Germania e la sindrome di Bismarck, Il Mulino, Bologna, 2016

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IL DISORDINE CRESCENTE: L’ITALIA TRA CRISI DELLA LEADERSHIP E TURBOLENZE INTERNAZIONALI

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Gli scenari economici di Confindustria del giugno 2016 hanno un titolo emblematico: “La risalita modesta e i rischi di instabilità”.

Pur se forse troppo segnato dallo shock Brexit e dai dif fusi timori che un risultato negativo al referendum costituzionale possa produrre

conseguenze non irrilevanti sulla modernizzazione e quindi sulla capacità di ripresa del paese, è indubbiamente una sintesi eff icace delle condizioni attuali e delle percezioni dei consumatori.

Un decremento della f iducia dei

consumatori è ben evidenziato da Istat:

L’ECONOMIA

LA FIDUCIA DEI CONSUMATORI (2010=100)

Clima EconomicoClima Consumatori Clima Personale

2015 2016

20142013201220112010

giumagaprmarfebgendicnovottsetagoluggiu

160150

140

100110120

110100

90

0

0

80

130

FONTE: Istat

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migliorerà peggiorerà

2° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° 2° 1° sem

2008

2016

2009 2010 2011 2012 2013 2014 2015

giumagaprmarfebgen

40%

30%

20%

10%

0%

0%

30%

20%

10%

FONTE: banca dati sondaggi Ipsos

La dinamica sembra molto evidente: dalla f ine del 2014 risale la f iducia dei consumatori, trainata dal clima economico, più che dal clima personale. Ma dagli inizi del 2016 si assiste ad un’evidente contrazione, anche in questo caso trainata dal clima economico, mentre la contrazione di quello personale è più contenuta.

Questo clima è evidenziato anche dai nostri sondaggi continuativi:

LE PREVISIONI SULLA PROPRIA SITUAZIONE PERSONALE

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In questo caso il pessimismo rispetto alla propria situazione personale tende ad essere un po’ più evidente.

In sostanza si tratta di una sorta di strabismo rovesciato: nei primi anni della crisi il paese appariva in netta dif f icoltà mentre l’impatto diretto sulle proprie condizioni di vita era un po’ più ridotto, oggi la situazione appare rovesciata. Il miglioramento dell’andamento economico del paese, pur con le recenti contrazioni, sembra più evidente rispetto all’impatto sulla situazione personale. In soldoni, tra luci e ombre, sicuramente in maniera stentata, l’Italia sta dando qualche segnale di ripresa, ma questa non si è ancora ripercossa nella vita quotidiana dei cittadini.

Questo panorama è confermato da gran parte delle stime e delle previsioni:

E se i consumi hanno dato segnali positivi che dovrebbero confermarsi nel 2016, le previsioni si orientano su un calo nel 2017.

Lo prevede Confindustria, così come altre fonti autorevoli.

Il clima insomma è davvero percorso da luci ed ombre. Oggi chi pensa che l’uscita dalla crisi sia lunga, tra i 5 e i 10 anni, è poco meno della metà degli italiani. Ma se la crisi è cominciata nel 2008 e f inirà, se va bene, nel 2021, l’arco è quello di una generazione. In sostanza gli italiani hanno interiorizzato la crisi e percepiscono una evidente precarizzazione della loro condizione di vita, non solo lavorativa.

Lo evidenziano i giovani lavoratori:

Con la pratica scomparsa del pilastro della previdenza sempre più messo in discussione non solo dai giovani ma anche dai lavoratori maturi:

COME SI PERCEPISCE IL PROPRIO FUTURO TRA 10 ANNI PRESSO I GIOVANI LAVORATORI:

69%

Intesa San Paolo24 GIUGNO 2016

PIL var. % DEFICIT/PIL %

2016 2017

Governo8 APRILE 2016

ISTAT17 MAGGIO 2016

FMI23 MAGGIO 2016

Commissione europea3 MAGGIO 2016

UniCredit24 MARZO 2016

OCSE18 FEBBRAIO 2016

Banca d’Italia6 GIUGNO 2016

Deutsche Bank13 MAGGIO 2016

Prometeia6 MAGGIO 2016

IHS Global Insight22 GIUGNO 2016

REF27 GIUGNO 2016

CSC28 GIUGNO 2016

Citigroup29 GIUGNO 2016

2016 2017

1,2 1,4

1,2 1,4

1,11,4

1,1 1,3

1,1 1,3

1,2 1,2

1,01,4

1,1 1,2

1,1 1,1

1,0 1,1

0,9 1,0

0,6<1,0

0,8 0,6

0,8 0,3

2,51,9

2,31,8

2,71,6

2,41,9

2,4 1,4

2,52,1

2,4 2,1

2,62,2

2,4 2,3

2,5 2,3

2,5 2,3

a livello economico per qualità della vita

17%11%

23%17%

29%31%

20%20%

10%22%

sarà migliore

non sa/non indica

peggiore

uguale, cioè negativo come ora

uguale cioè positivo come ora

FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015

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E questa condizione di precarizzazione si riverbera sulla percezione della propria condizione sociale come ci ricordano le indagini sul capitale sociale di Diamanti:

È la pratica scomparsa del ceto medio. Indice di un problema non solo sociale ma politico, dato che il ceto medio è stato il nerbo delle democrazie moderne.

LA PERCEZIONE DI CLASSE

LA PENSIONE BASTERÀ?

giovani lavoratori lavoratori maturi

2%5%

12%20%

22%38%

sì, completamente

non credo che avrò mai una pensione pubblica

no, non mi farà vivere in maniera accettabile

no, dovrò ridurre drasticamente il mio tenore di vita

sì ma dovrò fare qualche rinuncia

non so

29%25%

31%11%

2%5%

FONTE:banca dati sondaggi Ipsos – novembre 2015

2006

2008

2011

2016

28% 60% 12%

44% 48%8%

42% 50%8%

54% 39%7%

bassa-medio/bassa media alta-medio/altaFONTE: sondaggio Demos & PI aprile 2016

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CHI È IL MAGGIOR SCONFITTO DI QUESTA TORNATA ELETTORALE?

È dif f icile decretare chi sia il vincitore e chi lo sconfitto di questa tornata elettorale. La dif f icile comparabilità dei dati e l’elevato astensionismo rendono l’analisi del voto particolarmente complesso. Tuttavia, se le osserviamo in un’ottica nazionale e non solo locale queste elezioni segnano un passaggio molto importante: la trasformazione del M5S da partito di protesta in partito di governo. Seppur la vittoria di Roma e Torino segna la maturità politica del movimento di Beppe Grillo, attenzione comunque a non sottovalutare l’effetto bandwagon per il M5S. Un effetto simile a quello che si verif icato alle Elezioni Europee del 2014 quando il Partito Democratico di Matteo Renzi ha ottenuto il fatidico 40,8% e nelle settimane successive la f iducia nel Premier schizzò al 70% e le intenzioni di voto per il PD superarono il 43%.

A SUO AVVISO QUAL È IL SIGNIFICATO POLITICO DI QUESTE ELEZIONI?

Come suggerisce il titolo di quest’edizione speciale di Flair ”Il disordine crescente”, questa tornata elettorale ribadisce una tendenza in atto dal 2013: ovvero l’estrema f luidità del sistema politico italiano. Quello attuale si conferma un sistema poli-centrico in cui le opinioni e i giudizi verso partiti e leader sono estremamente volatili. Le appartenenze politiche sempre più deboli e la comunicazione sempre più

veloce disorientano l’elettorato, ed è in un contesto sempre più liquido come quello attuale che gli elettori si rifugiano nell’astensionismo. Basti pensare che i sindaci delle grandi città sono stati tutti eletti da meno di un terzo degli elettori.

I DATI MOSTRANO CHE NELLE GRANDI CITTÀ I CANDIDATI DEL CENTROSINISTRA HANNO OTTENUTO UNO SCARSISSIMO CONSENSO NELLE PERIFERIE. COME SPIEGA QUESTO RISULTATO?

Come ha riconosciuto lo stesso Piero Fassino dopo il risultato di Torino: “Il voto rif lette una situazione di crisi sociale che si è sentita nelle grandi città”. Stiamo assistendo infatti ad un momento storico in cui le fratture sociali, le divisioni inclusi/esclusi, garantiti/non garantiti, élite/popolo si fanno sempre più marcate.

ALCUNE RIFLESSIONI: INTERVISTA A NANDO PAGNONCELLI

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Stando ai dati, il Partito Democratico non è riuscito ad intercettare quelle categorie maggiormente colpite dalla crisi. Hanno votato per il M5s, oltre ai giovani, i ceti più in disagio, come gli autonomi, gli operai e i disoccupati e questo effetto si è dimostrato in maniera plastica nelle grandi città. C’è poi da aggiungere un ulteriore elemento: la campagna elettorale per le amministrative è stata condizionata dal dibattito sul referendum costituzionale, soprattutto all’interno del PD. I problemi delle città hanno perso di signif icato e di importanza e questo ha sicuramente avvantaggiato il M5S.

DOPO LA VITTORIA DEL M5S A ROMA E TORINO MATTEO RENZI HA DICHIARATO: “QUELLO PER IL M5S NON È UN VOTO DI PROTESTA MA DI CAMBIAMENTO”. LEI CONDIVIDE QUESTA AFFERMAZIONE?

In realtà credo che esistano entrambi gli aspetti. Per una parte degli elettori, il voto espresso per il M5S è ancora un voto di protesta, per altri invece una richiesta e una speranza di cambiamento. Al momento il M5S è senza dubbio l’unico partito in grado di canalizzare la “domanda di cambiamento”. Tuttavia quanto durerà questa luna di miele? Vorrei ricordare che quella del cambiamento, anche come sola forza argomentativa, non è un tema nuovo nel nostro paese: è nato nel 2011 con i sindaci arancioni, passando per il risultato inaspettato del M5S alle elezione politiche del 2013, f ino alle primarie del Partito Democratico nel 2013. Piacciano o meno, Matteo Renzi in questi due anni e mezzo di governo ha attuato delle riforme importanti per il nostro paese. Quindi la mia domanda è: che genere di cambiamento chiedono realmente gli italiani? La mia sensazione è che questo paese sia restio al cambiamento e che chi ci cerca di attuarlo, indipendentemente dall’area politica a cui appartiene, ne rimanga poi vittima in prima persona.

ARRIVIAMO AL TEMA FORSE PIÙ IMPORTANTE IN QUESTO MOMENTO: IL BREXIT. SECONDO MOLTI LA CAMPAGNA PER IL REMAIN - E LO STESSO JEREMY CORBYN- È STATA TROPPO “SOFT” RISPETTO A QUELLA DEL LEAVE. SE GLI ORGANIZZATORI E IL LABOUR PARTY FOSSERO INTERVENUTI CON MAGGIOR FORZA SIA ARGOMENTATIVA CHE ORGANIZZATIVA IL RISULTATO SAREBBE STATO DIVERSO?

Sicuramente sì. Quello che è mancato nella campagna per il Remain è stata una forza argomentata positiva. E’ stato uno scontro tra paure. Si è discusso solo delle conseguenze negative dell’uscita dall’Unione Europea e poco dei benefici che comporta essere membro della grande famiglia europea. Come abbiamo già detto nelle pagine precedenti, il Brexit segna la f ine del voto razionale e il fallimento di una classe dirigente, non solo britannica, che si dimostra sempre meno all’altezze dei grandi avvenimenti in corso in questi ultimi anni.

GLI ITALIANI SONO PREOCCUPATI SULLE POSSIBILI CONSEGUENZE DEL BREXIT NEL NOSTRO PAESE?

Sì, e in particolare sono preoccupati di un possibile effetto Brexit sull’economia del nostro paese, proprio ora che sta facendo segnare timidi segni di ripresa. In un recente sondaggio Ipsos per il Corriere della Sera il 50% degli italiani si aspetta conseguenze negative. Ancora una volta il pessimismo è più evidente tra i ceti deboli: le persone più anziane, quello meno istruite e i «non garantiti» (disoccupati, commercianti, artigiani, piccoli imprenditori).

E SE ANCHE IN ITALIA CI FOSSE UN REFERENDUM SULL’USCITA DALL’UNIONE EUROPEA, GLI ITALIANI COSA VOTEREBBERO?

Nonostante i trend di lungo periodo mostrino un evidente calo nella f iducia nell’UE, nel nostro paese rimane una certe tendenza europeista.

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La maggioranza degli italiani si dichiara contraria all’uscita dell’Italia dall’UE. C’è comunque una larga percentuale (42%) di cittadini che si dichiara favorevole a indire un referendum in proposito, nonostante l’articolo 75 della Costituzione lo escluda esplicitamente.

STANDO AL BREXIT E ALL’AVANZATA DEI MOVIMENTI DI ESTREMA DESTRA ANTIEUROPEISTI SEMBREREBBE CHE IL PROGETTO EUROPEISTA STIA FALLENDO. QUESTO VUOL DIRE CHE I CITTADINI EUROPEI CHIEDONO MENO INTEGRAZIONE?

No, in realtà è l’esatto contrario: i cittadini europei chiedono più Europa e una maggiore integrazione. Qui il distacco sembra essere dettato dalla delusione per un progetto politico che non decolla. Come l’Eurobaromentro ci indica da diversi anni, i cittadini europei, in particolare la generazione Erasmus, chiedono più welfare, più politiche comuni, una vera unione politica, anche se ciò contrasta con la resistenza a cedere ulteriore sovranità nazionale. La retorica dell’Unione Europa che ci ha permesso di vivere il periodo di pace più lungo della storia non attecchisce più su una generazione nata con gli smartphone. La pace viene data per scontata, nessuno o quasi conosce il manifesto di Ventotene o i motivi che portarono al trattato di Parigi del 1951 che istituì la CECA o a quello di Roma del 1957, da cui nacque la Comunità Economica Europea. Bisognerebbe dunque lavorare e comunicare nuovi valori che vadano oltre l’Europa dell’austerità, del rigore e della tecnocrazia. È necessario un nuovo mito fondativo. Solo in questo modo si potranno arginare quei fenomeni populisti che stanno dilagando in Europa, e non solo, che sempre più fanno leva sulle emozioni e sulle paure dei cittadini.

PASSIAMO ADESSO ALL’ECONOMIA. NELL’ULTIMO ANNO NEL NOSTRO PAESE CI SONO STATI, SEPPUR PICCOLI, CENNI DI RIPRESA MA GLI ITALIANI DICHIARANO CHE IN FUTURO LA LORO SITUAZIONE PERSONALE PEGGIORERÀ. COME SE LO SPIEGA?

Con un concetto: mancanza di f iducia. C’è un forte disallineamento tra le aspettative personali e i dati reali. Nonostante gli indicatori facciano segnare un lieve miglioramento della condizione generale del nostro paese, non si percepiscono ancora i miglioramenti a livello personale e familiare. Insomma, il paese sta faticosamente uscendo dalla crisi ma io non ne sto traendo benefici. Questo fenomeno è particolarmente evidente nelle nuove generazioni, che avendo interiorizzato la crisi, percepiscono il loro futuro sempre più grigio e precario.

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