Il Disimpegno Morale

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Testo scritto da Matteo Radavelli e mail: [email protected] sito web: http://psychomer.blogspot.com Testo non utilizzabile a fini commerciali 1 INDICE Indice 1 Abstract 3 Riassunto 4 Introduzione 5 CAPITOLO 1: LA STORIA DEL GIUDIZIO MORALE 1.1 Le teorie psicanalitiche 6 1.1.1 La teoria Freudiana 6 1.1.2 La teoria Kleiniana 8 1.1.3 Punti di forza e debolezza delle teorie Psicanalitiche 9 1.2 Lo sviluppo cognitivo e morale nella teoria di Piaget 9 1.2.1 La teoria di Kohlberg 12 CAPITOLO 2: IL DISIMPEGNO MORALE NELLA TEORIA SOCIAL–COGNITIVA 2.1 Il comportamentismo 15 2.2 La teoria social-cognitiva di Bandura 15 2.2.1 Il disimpegno morale 16 2.3 Gli studi empirici condotti in Italia sul disimpegno morale 19 2.3.1 La misura del disimpegno morale in età evolutiva 20 2.3.2 Il disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale 21 2.3.3 Meccanismi di disimpegno morale e propensione all’aggressione in contesti sociali a rischio 23 2.3.4 La misura del disimpegno morale nel contesto delle trasgressioni dell’ agire quotidiano 23 CAPITOLO 3: IL CONTRIBUTO EMPIRICO 3.1 Lo scopo del contributo 25 3.2 Metodi e strumenti 25 3.2.1 Il campione 25 3.2.2 Gli strumenti 26 3.2.3 La procedura di ricerca 26 3.2.4 L’analisi dei dati 27

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1

INDICE

Indice 1

Abstract 3

Riassunto 4

Introduzione 5

CAPITOLO 1: LA STORIA DEL GIUDIZIO MORALE

1.1 Le teorie psicanalitiche 6

1.1.1 La teoria Freudiana 6

1.1.2 La teoria Kleiniana 8

1.1.3 Punti di forza e debolezza delle teorie Psicanalitiche 9

1.2 Lo sviluppo cognitivo e morale nella teoria di Piaget 9

1.2.1 La teoria di Kohlberg 12

CAPITOLO 2: IL DISIMPEGNO MORALE NELLA TEORIA SOCIAL–COGNITIVA

2.1 Il comportamentismo 15

2.2 La teoria social-cognitiva di Bandura 15

2.2.1 Il disimpegno morale 16

2.3 Gli studi empirici condotti in Italia sul disimpegno morale 19

2.3.1 La misura del disimpegno morale in età evolutiva 20

2.3.2 Il disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale 21

2.3.3 Meccanismi di disimpegno morale e propensione all’aggressione in

contesti sociali a rischio 23

2.3.4 La misura del disimpegno morale nel contesto delle trasgressioni dell’

agire quotidiano 23

CAPITOLO 3: IL CONTRIBUTO EMPIRICO

3.1 Lo scopo del contributo 25

3.2 Metodi e strumenti 25

3.2.1 Il campione 25

3.2.2 Gli strumenti 26

3.2.3 La procedura di ricerca 26

3.2.4 L’analisi dei dati 27

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3.3 I risultati 27

3.3.1 Differenze ascrivibili al genere 27

3.3.2 Differenze ascrivibili allo stato civile 27

3.3.3 Differenze ascrivibili all’età 27

3.3.4 Differenze ascrivibili al livello d’istruzione 28

3.3.3 Differenze ascrivibili al reddito familiare 28

3.3.4 Differenze ascrivibili alla partecipazione religiosa 28

3.3.5 Differenze ascrivibili alla visione della televisione 28

3.3.6 Differenze ascrivibili all’occupazione 28

3.3.7 Differenze ascrivibili all’interesse politico 29

3.3.8 Differenze ascrivibili alla posizione politica 29

3.4 Discussione e conclusione 29

Bibliografia 31

Appendice A Tabelle e figure 33

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ABSTRACT

The study aims to create a general picture about the moral disengagement. It is divided into three

chapters. Inside the first chapter is analysed the psychoanalytic perspective regarding the moral

judgement through the conceptions of Freud, Erikson and Klein . The cognitive-evolutive approach

is treated later. Throughout this approach, are presented the theories of Piaget and Kohlberg, ,

which had carry out the current moral disengagement conception, followed by a short critical

analysis.

The second chapter is dedicated to the behaviourist approach, which represent the social-cognitive

theory of Bandura and includes the today's definition of moral disengagement followed by the eight

mechanisms on which this melts leans. The main empiric contributions made on the Italian territory

are shown afterwards. The third chapter, is dedicated to the presentation of a little piece of research

performed by me, founded, really on - as shown --, in the previous theoretical chapters and suitable

for the measurement of the eight disengagement mechanisms morals.

Key words: moral developement; solcial-cognitive theory; Moral disengagement.

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RIASSUNTO L’elaborato mira a creare un quadro generale circa il disimpegno morale. È suddiviso in tre capitoli.

All’interno del primo capitolo è analizzata la prospettiva psicanalitica riguardante il giudizio morale

attraverso le concezioni di Freud, Erikson e Klein. Successivamente viene trattato l’approccio

cognitivo-evolutivo. Di questo approccio sono presentate le teorie di Piaget e Kohlberg, con le

relative critiche, da cui è poi emersa l’attuale concezione di disimpegno morale. Il secondo capitolo

è dedicato all’approccio comportamentista, sul quale poggia la teoria social-cognitiva di Bandura

che comprende la definizione odierna di disimpegno morale e degli otto meccanismi su cui questo

si fonda. In seguito vengono anche illustrati i principali contributi empirici effettuati sul territorio

italiano. Il terzo capitolo, infine, è dedicato alla presentazione di una piccola ricerca da me svolta,

fondata proprio su quanto illustrato nei precedenti capitoli teorici ed atta alla misurazione degli otto

meccanismi di disimpegno morale.

Parole chiave: Sviluppo morale; Teoria social-cognitiva; Disimpegno morale.

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INTRODUZIONE La questione della morale è stato un argomento di riflessione prima per filosofi come ad esempio

Kant (Critica della Ragion Pratica) e successivamente ha suscitato l’interesse della Psicologia.

La morale è stata discussa da diversi punti di vista e da differenti correnti di pensiero. Infatti

vengono analizzati di questa l’insorgenza e lo sviluppo, ma anche la significativa azione che svolge

sul comportamento umano. Si tratta quindi di una questione universale, che è stata studiata in

diverse condizioni, come ad esempio nel bullismo adolescenziale, nell’ambito legale, ma anche nel

contesto civile quotidiano. Nello studio proposto cerco di spiegare come è stata studiata la morale

per poi concentrarmi sul disinvestimento della stessa, cioè sul disimpegno morale.

Il disimpegno morale permette di colmare il divario tra pensiero ed azione, che si crea nel momento

in cui un individuo agisce contro i propri valori morali e quelli della società. Ciò permette

all’individuo stesso di compiere azione deplorevoli senza però far emergere il senso di colpa o

modificare il pensiero di sé.

L’elaborato cerca quindi di costruire un quadro teorico, ma anche di concentrarsi sull’aspetto

pratico, cioè sulla misura del disimpegno morale in ambito evolutivo, aggressivo e civile.

Basandomi su queste ricerche ho dato un mio contributo, attraverso un’analisi statistica dei dati

raccolti.

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CAPITOLO 1: La storia del giudizio morale

1.1 Le Teorie psicanalitiche

Le teorie psicanalitiche caratterizzano lo sviluppo essenzialmente in termini di pulsioni e

motivazioni intrinseche, per lo più inconsce, che influenzano ogni aspetto del pensiero e del

comportamento di un individuo. Tali pulsioni e motivazioni rappresentano il fondamento degli stadi

di sviluppo universali e degli scopi particolari nell’ambito di ogni stadio.

L’approccio psicanalitico ha costituito la prima interpretazione esauriente del comportamento

umano dal punto di vista psicologico. Il padre di tale approccio è stato Sigmud Freud (1856-1939),

un medico che, andando alla ricerca delle cause dei disturbi fisici dei pazienti, diede origine ad una

scuola di pensiero tra le più influenti in psicologia.

1.1.1 La teoria Freudiana

L’interesse di Freud era rivolto a pazienti adulti, poiché cercava di comprendere e risolvere i

sintomi nevrotici di questi. Tuttavia egli arrivò alla conclusione che le cause di tali disturbi e

dell’intero comportamento nella maturità, erano da ricercarsi negli eventi della prima infanzia.

Il bambino è per lui una creatura guidata da impulsi primitivi che deve soddisfare ad ogni costo, ed

è perciò compito dei genitori aiutarlo a sviluppare una giusta valutazione della realtà esterna e ad

imparare i modi di rinviare e inibire la gratificazione dei suddetti impulsi. I conflitti che i bambini

sperimentano tra i loro forti bisogni interni, da un lato, e le richieste dei genitori e della società

dall’altro, avvengono in accordo con una crescita corporea definita dalla successione degli stadi

orale, anale, fallico, della latenza e genitale.

Freud sostiene quindi che alla base della formazione della coscienza morale vi sono proprio questa

lunga dipendenza dai genitori e le vicende del complesso edipico.

Egli sosteneva che il bambino cominciasse la sua vita con un Es, fonte di tutti gli impulsi egoistici

che richiedono una gratificazione immediata e governato quindi dal principio di piacere. Con il

passare del tempo emergevano altre due entità: l’Io, rivolto verso il mondo esterno, che funziona in

accordo con il principio di realtà ed è quindi in grado di esercitare il controllo degli impulsi, e il

Super Io, che si sviluppa a partire dalle proibizioni dei genitori e consente all’individuo di

autoregolarsi tramite meccanismi come quelli relativi al senso di colpa. Il bambino interiorizza il

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modello parentale propostogli dai genitori facendo propri atteggiamenti, valori, comportamenti e

divieti in accordo a tale modello, affinché il Super Io emergente sia in grado di controllare le

tendenze dell’Io e svolgere, a servizio di questo, importanti funzioni circa l’orientamento nei

confronti del mondo, l’autosservazione e rassicurazione. Da questa azione critica del Super Io nasce

il senso di colpa.

È proprio tramite questa differenziazione tra Io e Super Io che Freud spiega come il bambino sia

inizialmente privo di morale (dominato dal principio di piacere) e gradualmente strutturi il principio

di realtà ed il controllo della carica istintuale.

Da quanto detto si riscontra come Freud stimasse gli eventi traumatici artefici di effetti irreversibili

sulla personalità in via di sviluppo, senza tenere conto di tutte le altre considerazioni quali, ad

esempio, il contesto interpersonale nel quale questi eventi si verificavano.

Tale visione contrasta in maniera significativa quella di Erik Erikson (1963), secondo il quale il

bambino trae fiducia o sfiducia nei confronti di chi si prende cura di lui, nutrendolo ed accudendolo,

e trasferisce tali emozioni negli stadi successivi dello sviluppo, influenzando quindi le modalità del

loro superamento. Oltre ad attribuire maggiore importanza alle qualità interpersonali generali

piuttosto che alle esperienze specifiche e non considerando le prime esperienze isolatamente, ma

inserendole in un contesto più ampio dello sviluppo, Erikson, ritenne le fasi dello sviluppo di Freud

poco esaurienti e limitate. Per questo motivo propose un numero maggiore di fasi (otto), in modo da

abbracciare l’intera esistenza umana:

- della fiducia o sfiducia di base (1 anno)

- dell’autonomia o vergogna e dubbio (2-3 anni)

- dell’iniziativa o sensi di colpa (3-6 anni)

- dell’operosità o senso di inferiorità (6-7/10-11 anni)

- dell’identità o confusione dei ruoli (adolescenza)

- dell’intimità o isolamento (età adulta)

- della generatività o stagnazione (età adulta)

- dell’integrità dell’io o disperazione (età adulta)

è interessante infatti notare come le prime cinque fasi del modello di Erikson siano sovrapposte a

quelle proposte da Freud e le restanti, a differenza di quest’ultimo che individuava l’adolescenza

come l’ultima fase dello sviluppo, si protraggono sino all’età adulta.

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Sono presenti anche ulteriori differenze, tra cui:

- le fasi si imperniano non su una parte del corpo, ma sul rapporto di ogni

persona con l’ambiente sociale.

- La risoluzione di ciascun conflitto evolutivo dipende dall’interazione tra le

caratteristiche dell’individuo e il supporto dato dall’ambiente sociale.

1.1.2. La Teoria Kleiniana

Pur non abbandonando l’impianto teorico di base che poneva l’accento sul primato della pulsione,

Melanie Klein (1928) introdusse, forte anche della propria esperienza diretta con i bambini, alcuni

concetti che si distanziano dalla teoria psicanalitica classica in materia di sviluppo psichico.

Il nucleo centrale di questa teoria è la relazione: i contenuti sui quali viene investita (oggetti parziali

e totali), il conflitto energetico che ne regola il dinamismo (pulsione di morte e pulsione di vita,

invidia e gratitudine), le tappe evolutive lungo le quali si forma (la posizione schizoparanoide e la

posizione depressiva). Nel pensiero della Klein la relazione con la madre riveste un ruolo centrale e

determinante per lo sviluppo psichico del bambino e di conseguenza dell’adulto.

Una prima distinzione con Freud riguarda la metapsicologia: mentre per Freud le istanze psichiche

esposte nella seconda topica (Es, Io, Super Io) hanno un valore metaforico, nella teoria Kleiniana

assumono un valore concreto. La formazione stessa delle istanze psichiche è differente: mentre per

Freud l’Io si forma in un secondo momento, secondo la Klein l’Io esiste già dalla nascita, anche se

in modo poco integrato. Proprio la presenza di questo Io primitivo rende possibile la relazione

oggettuale. Vi sono differenze anche per quanto riguarda il complesso edipico e la conseguente

formazione del super Io come istanza morale e giudicante: per Freud L’Edipo avviene intorno ai 4-5

anni e permette l’interiorizzazione del Super Io paterno (istanza morale), mentre la Klein pone la

nascita dell’Edipo tra i 6 e i 12 mesi, come frutto della posizione depressiva.

È proprio in questi primi momenti che si gettano le basi del successivo senso di colpa e della

tendenza alla riparazione. Quindi attraverso l’introiezione della madre come oggetto buono avviene

il passaggio da un Super io tiranno ad un Super Io equilibrato, che è alla base della coscienza

morale. Anche il positivo sviluppo delle pulsioni sessuali è importante per la trasformazione del

Super io tirranico in un’istanza più moderata che andrà a costituire la vera coscienza morale

suscitando meno angoscia e più sensi di colpa.

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1.1.3. Punti di forza e debolezza delle teorie psicanalitiche

Le diverse teorizzazioni psicanalitiche hanno causato un forte sconvolgimento del pensiero

contemporaneo dando origine a una delle scuole di pensiero tra le più influenti in ambito

psicologico.

Tra i sui maggiori punti di forza riscontriamo:

- L’aver riconosciuto che le motivazioni inconsce esercitano un’influenza sul

comportamento.

- Il fatto che molte elaborazioni teoriche su questioni importanti come, ad

esempio, l’attaccamento madre –bambino, l’identità sessuale e lo sviluppo morale,

hanno tratto origine dalla teorizzazione psicanalitica.

Tuttavia sono presenti anche alcuni punti di debolezza:

- Le caratteristiche della personalità sono influenzate, nel corso di tutta

l’esistenza, non solo dalle esperienze della prima infanzia, ma anche da fattori

genetici, dal contesto socioculturale, nonché dagli eventi correnti.

- La descrizione della lotta tra Es e Super Io proposta da Freud sembra

rispecchiare la moralità tipica della Vienna del diciannovesimo secolo più che dei

processi validi universalmente.

- Le teorie psicanalitiche non si prestano, o assai difficilmente, ad essere

sottoposte a verifiche empiriche in condizioni controllate.

1.1.4 Lo sviluppo cognitivo e morale nella teoria di Piaget

Lo sviluppo cognitivo si riferisce all’acquisizione e all’ampliamento graduale, con processi di

crescita, di tutte le capacità di tipo cognitivo.

Per Piaget il processo di crescita cognitiva del bambino avviene attraverso il raggiungimento di

alcuni livelli di ragionamento (astratto, ipotetico, logico) ed attraverso il tentativo di dare un senso

al mondo circostante che percepisce attraverso l’invenzione e l’elaborazione di nuove idee e

comportamenti. Tale crescita avviene grazie a due processi: l’assimilazione e l’accomodamento.

L’assimilazione è costituita dall’applicazione ad un’azione di schemi d’azione presentati.

L’accomodamento invece spinge a modificare gli schemi per renderli compatibili con l’oggetto

nuovo e quindi per adattarlo ad esso.

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Piaget (1926) individua quattro diversi stadi evolutivi:

Stadio senso-motorio: l’intelligenza del bambino si manifesta nelle situazioni. Questo stadio ha

inizio nei primi diciotto mesi di vita, differenziandosi in sei sottostadi evolutivi.

- I Stadio (dalla nascita al primo mese di vita): è caratterizzato dalla presenza di

riflessi innati.

- II Stadio (dai 2 ai 3 mesi): sono presenti le relazioni circolari primarie, che

consistono nella ripetizione di semplici atti privi di qualsiasi scopo o interesse.

- III Stadio (da 4 ai 6 mesi): si manifestano le relazioni circolari secondarie.

- IV Stadio (da 7 ai 10 mesi): è costituito dalle coordinazioni delle relazioni

secondarie, per risolvere semplici problemi (riconoscimento delle persone note e

permanenza degli oggetti).

- V Stadio (dagli 11 ai 18 mesi): compaiono le relazioni circolari terziarie,

grazie alle quali il bambino non ripete un’azione interessante in modo

stereotipato, ma cerca di scoprire nuovi metodi, attraverso prove ed errori.

- VI Stadio (18 mesi): se il bambino vuole raggiungere uno scopo e non sa

come fare, non si avvale di azioni reali, ma elabora mentalmente dei tentativi di

soluzione che successivamente applicherà.

Stadio pre-operatorio: è il periodo in cui si attua il passaggio dall’azione pratica al pensiero. Il

bambino è in grado di pensare tramite immagini e simboli.

Stadio delle operazioni concrete: il bambino è in grado di rappresentare mentalmente alcune azioni,

anche se complesse. È capace di conservare la quantità, la lunghezza e il numero.

Stadio delle operazioni formali: dai 12 anni in poi si sviluppa da parte dell’adolescente la capacità

di analizzare tutte le possibilità di soluzione e cambiamenti per risolvere il problema.

Uno psicologo americano, Jerome Bruner, pur essendo di chiara impostazione cognitivista, propone

una teoria che si distanzia nettamente da quella di Piaget, poiché non si concentrò sulle strutture

mentali bensì sui processi mentali. Secondo Bruner (1968) l’evoluzione dell’individuo avviene

mediante il passaggio attraverso tre forme di rappresentazione:

La rappresentazione esecutiva: si sviluppa nel primo anno di vita in cui il bambino inizia già a fare

programmi nella percezione, nell’attenzione, nella manipolazione e nell’interazione sociale.

La rappresentazione iconica: circa a un anno di vita il bambino seleziona le caratteristiche dei vari

oggetti e delle diverse situazioni per poi utilizzarli per i propri scopi.

La rappresentazione simbolica: inizia verso i due anni di età in cui, il bambino si serve dell’uso del

linguaggio. La fase simbolica viene acquisita in modo idoneo a 10-11 anni.

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Per Bruner il comportamento morale si riferisce alla capacità di elaborare, accettare e seguire delle

regole, riferendosi ai diritti e doveri che definiscono i rapporti sociali.

Dal punto di vista psicoanalitico abbiamo il Super Io e l’ideale dell’Io dove il primo rappresenta il

cursore, la guida morale dell’io, che impone le regole di condotta.

Dal punto di vista socio-cognitivo Piaget (1932) studia lo sviluppo del giudizio morale, cioè la

capacità di affrontare e quindi valutare i problemi attuali. L’autore dopo aver interrogato bambini di

età compresa tra i 4 e 13 anni, individuò uno sviluppo del modo di intendere le regole che poteva

suddividersi in tre livelli:

I Livello: le regole sono ancora approssimative e non del tutto obbligatorie.

II Livello: è lo stadio in cui le regole vengono bene conosciute e sono considerate

inviolabili ed immodificabili, esse derivano da decisioni degli adulti o da enti

ponenti che sono del tutto esterni.

III Livello: in questo livello la regola non deriva più da un’impostazione esterna,

ma è il risultato di un’accettazione interna, è una legge valida ed affinché tutti la

considerino tale bisogna rispettarla.

A questo proposito Piaget (1932) sostiene che quanto detto dimostra l’esistenza di tre diversi tipi di

moralità:

Anomia morale: (0-3 anni) assenza di regole perché il bambino non ne è ancora

consapevole.

Moralità eteronoma: (3-7 anni) l’adulto impone le regole e le leggi che sono sacre

ed immutabili. È caratterizzata dal realismo morale nel quale il bambino tende a

ritenere che i valori ed i doveri esistono di per sè e pertanto siano indipendenti

dalla coscienza che li pensa. Quindi per il bambino con moralità eteronoma i

doveri e i valori sono visti come sussistenti di per sé, indipendentemente dalla

coscienza, le regole sono assolute, indipendenti dal contesto e ciò che conta è il

risultato dell’azione. In questa ottica, quindi, non vengono riconosciute né la

trasgressione, laddove non vi è la punizione, né la reciprocità.

Moralità Autonoma: (dai7-8 anni) in essa domina la reciprocità con i coetanei e la

convinzione che le regole nascono da un mutuo consenso e accordo. Gli aspetti

della moralità autonoma sono:

- responsabilità soggettiva: valgono le intenzioni più che le conseguenze.

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- Definizione del bene e del male come qualità in sè: qualcosa o è buono o è

cattivo.

- Il dovere è definito come l’insieme delle aspettative che gli altri hanno circa il

nostro comportamento.

- Riconoscimento della reciprocità.

- Vengono prese in considerazione le circostanze.

- È riconosciuta la responsabilità individuale.

Il passaggio dalla morale eteronoma a quella autonoma è reso possibile sia dallo sviluppo

intellettivo, sia dalle esperienze di cooperazione bambino-coetanei, bambino-adulti.

1.2.1 La teoria di Kohlberg

Anche Kohlberg (1976), così come Piaget, ritiene lo sviluppo morale dipendente dallo sviluppo

maturativo e segue quindi delle tappe e un percorso obbligato, tracciato dalle leggi della

maturazione. Lo sviluppo morale quindi si caratterizza come un moto interno di ogni individuo.

La teoria di Kohlberg, ottenuta attraverso lo studio di bambini oltre i sette anni, si differenzia da

quella di Piaget per:

- L’intervallo d’età studiato.

- Un’indagine più puntuale e ampia, che prende in esame anche lo sviluppo

della morale nell’adolescenza e nell’età adulta.

- La varietà ed ampiezza del campione

In particolare Kohlberg individua nello sviluppo morale tre livelli che comprendono a loro volta due

periodi ciascuno.

Moralità preconvenzionale: (6-10 anni) a questo livello la moralità è quanto gli altri dicono al

bambino di fare. Il primo stadio è assai conforme al realismo morale di Piaget, nel senso che la

gravità della trasgressione è giudicata in base alla quantità di danno compiuto; nel secondo stadio il

bambino inizia a considerare le intenzioni delle altre persone.

- I stadio (orientamento premio punizione): il giudizio dell’azione è correlato

alla punizione o al premio conseguente.

- II stadio( individualismo e orientamento strumentale): le regole sono rispettate

solamente quando è nell’interesse immediato del bambino. Ogni azione è

giudicata in base alla soddisfazione o meno dei bisogni.

Moralità convenzionale: (fino a 20 anni) a questo livello gli individui giudicano la moralità dei

propri atti in tremini di conformità alle regole prevalenti del gruppo a cui appartengono. Al III

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stadio le regole vengono rispettate allo scopo di ottenere approvazione, mentre al 4 per aderire alla

legge e agli usi formali.

- III stadio (aspettative, relazioni e conformità interpersonali reciproche): essere

“buono” significa corrispondere alle aspettative degli altri, avere buone intenzioni

e mostrare interesse.

- IV stadio (sistema sociale e coscienza): ogni azione ha come fine il rispetto

delle leggi di coloro che hanno o stanno al potere.

Moralità postconvenzionale: (adolescenza ed età adulta) sebbene a questo livello gli individui

accettino largamente le regole, essi danno precedenza a principi etici di base che desiderano

rispettare, anche quando si scontrano con le leggi del paese.

- V stadio (contratto sociale): l’azione corretta è determinata da modelli

criticamente accettati dalla società ed i valori vengono giudicati in maniera

relativistica.

- VI stadio (principi etici universali): i valori morali si basano su principi di

giustizia universali e devono essere seguiti anche se qualche volta possono essere

in contrasto con le leggi o le norme sociali.

Lo sviluppo morale si realizza attraverso una differenziazione dei contenuti morali, differenziazione

che, come si è detto, è influenzata dalle esperienze sociali.

Non tutti gli studiosi hanno accettato e condiviso le conclusioni della teoria di Kohlberg; la critica

più importante ha interessato soprattutto la presunta universalità delle tappe dello sviluppo morale.

In particolare sono state criticate:

- Una quasi esclusiva attenzione ai valori della civiltà occidentale.

- Una certa rigidità nella suddivisione degli stadi.

- Un campione formato quasi esclusivamente da soggetti maschi mentre le

conclusioni sono state estese anche al universo femminile.

In merito a quest’ultimo punto Carol Gilligan (1982), discepola di Kohlberg, ha innovato in modo

radicale questo ramo della psicologia. Tale studiosa non ha contestato le teorie dello sviluppo dei

giudizi morali, ma ne ha denunciato l’unilateralità, concentrandosi quindi sulle caratteristiche della

morale femminile.

Se nell’uomo domina una morale dei diritti e della giustizia, il dilemma morale è vissuto dalle

donne come un problema di cure e di responsabilità.

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In particolare:

- le donne si rivolgono agli altri pensando soprattutto a come aiutarli mentre i

maschi sono più preoccupati di se stessi.

- Le donne sono meno radicali nelle loro posizioni e nei loro giudizi.

Nella prima fase dello sviluppo morale, autocentrata, la donna pensa soprattutto a se stessa, ai suoi

bisogni ed è preoccupata sostanzialmente della sua sopravvivenza.

La seconda, dell’autosacrificio, è caratterizzata da un rifiuto di ogni forma di egoismo a favore di un

totale ed esclusivo prendersi cura dell’altro. La donna dimentica se stessa per dedicarsi

completamente all’altro e questo comportamento può portare ad uno squilibrio tra sacrificio di sé e

servizio.

Nell’ultima fase dell’etica la donna raggiunge un equilibrio tra la responsabilità nei confronti di se

stessa e la responsabilità nei confronti degli altri, l’autonomia del giudizio e una interdipendenza

responsabile e consapevole.

Naturalmente Gilligan ammette anche che ci possano essere delle eccezioni pur rimanendo

sostanzialmente convinta del fatto che la teoria morale di Kohlberg tende a svalutare l’universo

femminile.

Infine è significativo citare Wilson che ha cercato, tramite un quadro riassuntivo, di esprimere

quanto sia complesso da un punto di vista psicologico lo studio della moralità. Secondo Wilson

(1993) la morale è costituita da un interesse e un rispetto verso i propri simili che si fondano su:

- il concetto di persona, con il riconoscimento delle somiglianze e delle

differenze tra individui.

- I sentimenti universali, se la persona prova rispetto e attenzione verso gli altri.

- La traduzione comportamentale di tali sentimenti in una disponibilità ad

aiutare gli altri.

- Consapevolezza dei sentimenti propri e altrui.

- Conoscenze specifiche di fatti e di valori rilevanti per poter operare su

decisioni morali.

- Capacità di valersi di tutti i punti precedenti per prendere decisioni morali

- Capacità di tradurre tali decisioni in comportamenti effettivamente prodotti.

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CAPITOLO 2: Il disimpegno morale nella teoria social-cognitiva

2.1. Il comportamentismo

Nell’ambito del comportamentismo lo sviluppo morale è stato studiato come un’aspetto

dell’apprendimento. L’individuo impara le norme di comportamento morale attraverso una serie di

esperienze nelle quali alcuni atti sono soggetti a rinforzi positivi, come l’affetto, mentre altri a

punizioni, ad esempio fisiche.

All’interno di questo campo di ricerca non sono stati utilizzati solamente i paradigmi classici del

condizionamento operante: negli ultimi decenni infatti i quadri comportamentisti si sono fusi con

altre componenti, come ad esempio quelle a carattere sociale e cognitivo di Bandura.

L’orientamento comportamentista che si è occupato con maggior successo dello sviluppo morale è

rappresentato dalla concezione del social learning. In questa corrente di pensiero si ritiene

improbabile che i vari comportamenti moralmente rilevanti siano acquisiti inizialmente tramite

rinforzo, sostenendo invece che un comportamento, per essere rinforzato, deve prima prodursi

spontaneamente. Questo dimostra come il rapido progresso di tali comportamenti nell’infanzia non

si possa spiegare solo sulla base del rinforzo successivo. Si ritiene quindi che i bambini apprendano

questi comportamenti tramite l’osservazione e l’imitazione di modelli appropriati.

Una forte messa in discussione dell’approccio delle teorie cognitivo-evolutive è stata condotta da

Bandura, il quale in una riformulazione delle tesi del social learning, assumendo una prospettiva

cognitivo-sociale ha contestato a Kohlberg la concezione di una gerarchia precostituita di forme di

moralità.

2.2. La teoria social-cognitiva di Bandura

Il principio esplicativo alla base di suddetta teoria è il determinismo triadico reciproco (Bandura,

1976, 1986). In questa teoria Bandura sostiene che il funzionamento di una persona derivi

dall’interazione tra tre fattori: l’ambiente fisico e sociale, i sistemi cognitivi e affettivi ed il

comportamento individuale. I tre fattori si determinano reciprocamente tramite l’azione causale di

ciascuno sugli altri due assumendo così forme differenti nei vari contesti. La persona agisce

nell’ambiente tramite le strutture conoscitivo-motivazionali che possiede comprendendo così i

vincoli e le opportunità della relazione con l’ambiente tramite la conoscenza delle conseguenze.

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Il secondo fattore fondamentale della teoria social-cognitiva è l’insieme delle caratteristiche

utilizzate per concettualizzare la persona, ovvero i meccanismi cognitivi che la rendono capace di

conoscere il mondo e se stessa e di usare tale conoscenza per regolare il proprio comportamento.

Bandura individua cinque capacità di base:

- Capacità di simbolizzazione: è fondamentale per lo sviluppo di tutte le altre e

consiste nella capacità di rappresentare simbolicamente la coscienza. Il linguaggio

è l’esempio più evidente della capacità del soggetto di utilizzare simboli.

- Capacita vicaria: corrisponde alla capacità di acquisire conoscenze, abilità e

tendenze affettive attraverso l’osservazione ed il modellamento. L’analisi di tale

capacità è uno degli aspetti che contribuisce a rendere la teoria di Bandura così

completa.

- Capacità di previsione: consiste nella capacità di anticipare gli eventi futuri ed

è estremamente rilevante a livello emotivo e motivazionale.

- Capacità di autoragolazione: si fonda sulla capacità di porsi degli obiettivi e

valutare il proprio comportamento riferendosi a standard interni di prestazione.

- Capacità di autoriflessione: si tratta della capacità, esclusivamente umana di

riflettere in modo cosciente su se stessi. Le persone, osservandosi mentre

agiscono, valutano il significato e le conseguenze degli eventi in relazione al

proprio benessere.

Un’altro aspetto cruciale della teoria social-conitiva riguarda il senso di efficacia personale che si

sviluppa grazie alla capacità di valutare e riflettere sul proprio operato: Bandura la chiama

“autoefficacia percepita”, definendola come la valutazione che le persone danno, delle proprie

capacità, di mettere in atto specifici piani d’azione e quindi raggiungere determinati livelli di

prestazione (Bandura, 1977, 1997).

2.2.1 Il disimpegno morale

La teoria social-cognitiva si fonda inizialmente sui processi di rinforzo e modellamento vicario per

poi spostarsi verso i meccanismi di autoregolazione che sono alla base degli standard interni. Questi

permettono alla persona di comportarsi in funzione delle conseguenze previste, consentendole di

arrivare alla soddisfazione personale e al senso di autostima, evitando così auto-sanzioni dovute alla

trasgressione dei valori morali. Maggiore è il disimpegno morale e minore è il senso di colpa e il

bisogno di riparare al male causato dalla condotta lesiva (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli,

1996 b).

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Di norma gli individui non adottano una condotta riprovevole finché non hanno giustificato a se

stessi la correttezza delle loro azioni.

Bandura ha approfondito i meccanismi e le condizioni che, nel corso della socializzazione,

determinano l’attivazione o meno dei controlli morali interni, agendo così come cause del

comportamento immorale di persone pur capaci delle più elevate forme di ragionamento morale.

Bandura ha individuato otto diversi meccanismi di disimpegno morale:

Una parte di questi operano sul comportamento lesivo stesso.

- Giustificazione morale: si tratta di un meccanismo attraverso il quale i

comportamenti socialmente deleteri vengono resi accettabili, sia personalmente

che socialmente, attraverso la ricostruzione cognitiva o forme di ideologizzazione.

Gli individui, quindi, agiscono per impulso di un imperativo sociale o morale.

Nelle vicende della vita quotidiana, numerosi comportamenti aggressivi vengono

giustificati col pretesto di voler proteggere l’onore e la reputazione (Cohen &

Nisbett, 1994).

Questo processo può essere inoltre paragonato al meccanismo psicodinamico di

razionalizzazione.

- Etichettamento eufemistico: è un meccanismo che si fonda sul potere del

linguaggio: questo se elaborato, permette di mascherare un’azione riprovevole

conferendole un carattere di rispettabilità proprio grazie all’attribuzione di

caratteristiche positive alla condotta deviata, in modo tale che il soggetto si senta

libero da ogni responsabilità.

- Confronto vantaggioso: consiste nel mettere a confronto la propria azione

deplorevole con una peggiore, in modo da alterarne la percezione ed il giudizio.

Più flagranti sono le attività utilizzate nel confronto, più è probabile che la propria

condotta lesiva appaia trascurabile o addirittura benevola (Bandura, 1991). I

deterrenti interni vengono eliminati dalla ristrutturazione morale che mette così

l’autoapprovazione a servizio di imprese distruttive, trasformando ciò che prima

era condannabile in fonte di autostima.

Il seconda gruppo di meccanismi opera nascondendo o distorcendo la relazione agentiva fra le

azioni e gli effetti da esse provocati.

- Dislocazione della responsabilità: è un meccanismo che permette alle persone

di compiere azioni che solitamente ripudiano poiché non si sentono direttamente

responsabili del loro operato. Questo è evidente quando si obbedisce ad una

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autorità: considerando l’obbedienza come obbligatoria si individua l’autorità

stessa come responsabile. Milgram (1974), grazie a diversi esperimenti, ha

dimostrato che maggiore è l’autorità che assegna il comando e maggiore è

l’obbedienza, ma che questa diminuisce nel momento in cui gli effetti lesivi del

proprio operato sono evidenti.

- Diffusione della responsabilità: è un meccanismo che permette di distribuire

fra membri diversi la responsabilità derivante dall’attività rischiosa, della quale

vengono eseguiti aspetti parziali che sembrano quindi innocui in sé, ma che sono

pericolosi nella loro totalità. La diffusione della responsabilità permette agli

individui, altrimenti attenti alle esigenze altrui, di comportarsi in maniera crudele.

Gli individui si comportano in modo molto più crudele quando la responsabilità è

del gruppo rispetto a quando si ritengono personalmente responsabili delle loro

azioni (Zimbardo, 1969, 1995).

- Distorsione delle conseguenze: è un meccanismo in cui opera la

minimizzazione o la selezione strumentale nella rappresentazione delle

conseguenze positive o negative dell’atto. Ad esempio, i questi casi, i soggetti

ricordano con prontezza le informazioni sui potenziali vantaggi delle loro azioni,

ma sono meno capaci di ricordare quelli dannosi. Anche Milgram (1974) ha

dimostrato, tramite la diminuzione dell’ubbidienza al comando aggressivo, che è

più facile danneggiare quando la sofferenza delle vittime non è visibile e quando

le azioni causali sono temporalmente remote dagli effetti, rispetto a quando il

dolore della vittima è evidente e personalizzato.

L’ultimo gruppo di pratiche di disimpegno opera sui destinatari degli atti lesivi.

- Disumanizzazione della vittima: si fonda sulla capacità di attribuire alla

vittima caratteristiche spregevoli, non umane, in modo da evitare l’insorgenza di

angoscia alla visione della sofferenza causata. Infatti considerare le vittime come

soggetti subumani consente di mettere in atto azioni estremamente crudeli,

considerandole giustificabili così da alleviare il senso di angoscia. Questo è stato

confermato da uno studio sulle dinamiche di vittimizzazione svolto da Perry,

Williard e Perry (1990) nel quale è stato riscontrato che i bambini aggressivi

mostrano scarso interesse empatico quando fanno male a coetanei sminuiti ai loro

occhi.

- Attribuzione di colpa: è un meccanismo che riduce il controllo interno tramite

la percezione dell’altro come colpevole. Infatti durante una disputa è facile

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attribuire alla controparte delle colpe così da giustificare la propria condotta

violenta come difesa contro la provocazione aggressiva. Anche i bambini inclini

all’aggressività sono pronti ad ascrivere l’intenzione ostile ad altri, cosa che

fornisce una giustificazione ad atti preventivi di ritorsione (Crick & Dodge, 1994).

Pertanto se l’altro è ritenuto responsabile, non solo le proprie azioni sono

giustificabili, ma ci si può sentire addirittura più buoni ed onesti di altri.

Sebbene i meccanismi di disimpegno morale operano simultaneamente nel processo di

autoregolazione, differiscono per grado di influenza nelle diverse età. Ad esempio, l’interpretazione

della condotta lesiva come funzionale a scopi giusti, il disconoscimento della responsabilità per gli

effetti lesivi e la svalutazione di coloro che vengono maltrattati sono le modalità maggiormente

utilizzate per autogiustificarsi durante l’infanzia e l’adolescenza. Mentre celare attività riprovevoli

dietro denominazioni eufemistiche oppure renderle innocue tramite il confronto palliativo sono

meccanismi che richiedono capacità cognitive avanzate e sono pertanto utilizzate con minor

frequenza (Bandura, Brabaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

Il processo di disimpegno morale, che trasforma individui benevoli in carnefici, non avviene

sicuramente repentinamente, bensì in maniera graduale. Il mutamento avviene attraverso una

progressiva rimozione del sentimento di autocensura. Inizialmente, coloro che compiono azioni

disumane si abbandonano a misfatti abbastanza limitati, che essi mettono in atto non senza qualche

difficoltà morale. Una volta che la ripetitività degli atti di natura violenta ha smussato il loro

sentimento di colpevolezza, le azioni diventano via via più odiose, fino al punto che azioni

considerate all’inizio come ripugnanti, vengono perpetrate quotidianamente senza suscitare

angoscia né disgusto. Il comportamento disumano diviene a questo punto una routine.

Uno studio condotto da Elliot e Rhinehart (1995) sulle aggressioni e sulle trasgressioni di grave

entità dei giovani americani conferma la generalizzabilità della teoria del disimpegno morale.

2.3. Gli studi empirici condotti in Italia sul disimpegno morale

Di seguito verranno riportati alcuni tra i principali contributi empirici sul costrutto di “disimpegno

morale”. La totalità di questi studi si è svolta nel contesto italiano a partire dai primi anni novanta

fino ad oggi.

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2.3.1 La misura del disimpegno morale in età evolutiva

Un primo studio volto a valutare il disimpegno morale in età evolutiva e i nessi con le varie

caratteristiche di personalità associate all’aggressività è stato svolto da Caprara, Pastorelli e

Bandura (1995). In questa ricerca sono state create due differenti scale di 24 e 14 item

rispettivamente per giovani adolescenti (tra gli 11 e i 14 anni) e bambini in età di transizione tra

infanzia e adolescenza (tra i 9 e i 10 anni) partendo dai 56 item, contenuti in un antecedente

questionario proposto da Bandura ed Elliot (1990). La ricerca ha voluto verificare la validità interna

e di costrutto delle due scale.

Il primo studio è stato svolto a Roma su un campione di 446 preadolescenti a cui sono state

somministrate sei diverse scale di auto valutazione riguardanti il disimpegno morale, il

comportamento pro sociale, l’aggressione fisica e verbale, l’irritabilità, la ruminazione/dissipazione

e la tolleranza verso la violenza. Riguardo alle eterovalutazioni sono invece state utilizzate le

nomine dei pari attraverso la richiesta ai soggetti di indicare i compagni che più frequentemente

mostravano i comportamenti indicati.

I risultati, oltre a confermare la validità interna e di costrutto della scala, hanno evidenziato, una

differenza di genere significativa: i maschi risultavano molto più inclini al disimpegno morale

rispetto alle femmine. Inoltre, dalla presa in esame delle relazioni con la condotta aggressiva e

prosociale, sono emersi nessi positivi del disimpegno morale con gli indicatori associati alla

condotta aggressiva e correlazioni negative con il comportamento prosociale. Questi risultati sono

stati ulteriormente confermanti dai dati emersi dall’analisi delle eterovaltazioni.

Nel secondo studio, svolto su un campione di 263 bambini della Capitale, è stato utilizzato lo stesso

metodo relativamente all’autovalutazione (senza però indagare il meccanismo di diffusione della

responsabilità), mentre per l’eterovalutazione sono state analizzate sia le nomine dei compagni che

la valutazione degli insegnanti.

Come nello studio sui preadolescenti sono state evidenziate differenze significative a carico del

sesso: i maschi risultano maggiormente inclini al disimpegno morale e vi è una correlazione

positiva di questo con la condotta aggressiva sia nella autovalutazione che nella eterovalutazione.

È inoltre emersa, nella eterovalutazione, soprattutto all’interno del campione femminile, una

maggiore associazione tra disinvestimento morale e condotta aggressiva.

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In generale è stata riscontrata una maggiore correlazione tra disimpegno morale e condotta

aggressiva nei soggetti adolescenti rispetto ai bambini di 9-10 anni. Questo avvalora l’ipotesi di

Bandura (1991) secondo la quale i meccanismi di controllo, antagonisti della trasgressività, si

evolvono parallelamente alla competenza cognitiva e all’esperienza.

2.3.2 Il disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale

Questo studio, condotto da Bandura, Barbanelli, Caprara e Pastorelli (1996) ha preso in esame la

struttura e l’impatto del disimpegno morale sulla condotta aggressiva e sui processi psicologici

attraverso i quali esercita la sua influenza. La ricerca è stata condotta su un campione di 799

soggetti di età compresa tra i 10 ed i 15 anni, tramite la somministrazione di diverse scale

riguardanti: il disimpegno morale, il comportamento aggressivo (fisico e verbale) e prosociale, la

popolarità ed il rifiuto tra i coetanei, la ruminazione delle offese e l’irascibilità, il senso di colpa e

riparazione ed il comportamento delinquenziale. Lo studio si fonda sulla concezione dell’influenza

in forma diretta e indiretta, da parte del disimpegno morale, sulla condotta lesiva. Il modello

concettuale di ciò è presentato in figura 1. (vedi fig. 1)

Sulla base di ciò gli autori hanno previsto quanto segue:

- Ad un elevato livello di disimpegno morale corrisponde uno scarso senso di

colpa.

- L’autogiustificazione per la condotta lesiva e la disumanizzazione protettiva

degli altri attribuendo loro la colpa produce uno scarso orientamento sociale.

- Una bassa prosocialità influenza la condotta lesiva sia grazie alla scarsa

immedesimazione negli altri sia attivando un basso senso di colpa anticipatorio.

Ruminazione Irritabilità

Fig.1 Struttura causale delle linee di influenza attraverso al quale opera il disimpegno morale: modello

concettuale (Bandura, Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

Comportamento morale

Comportamento prosociale

Riparazione

Propensione all’aggressione

Comportamento dannoso

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22

I risultati confermano pienamente le previsioni effettuate dagli autori: infatti, in accordo con il

modello supposto, il disimpegno morale ha influenzato il comportamento delinquenziale sia

direttamente sia riducendo la prosocialità e il senso di colpa anticipatorio per le trasgressioni,

favorendo quindi la propensione all’aggressività (vedi fig.2).

.22

-.28 -.18 -.11

..51 .31

-.10 -.31 .30 .71 .72 -.22

Ruminazione Irritabilità

Fig.2 L’influenza del disimpegno morale sul comportamento delinquenziale: modello empirico (Bandura,

Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996).

L’influenza del disimpegno morale sulla condotta aggressiva è stata mediata dalla prosocialità, dal

senso di colpa e dalla propensione all’aggressività (vedi fig.3). Un elevato disimpegno morale ha

ridotto la prosocialità ed i sensi di colpa, favorendo reazioni affettive e cognitive tendenti

all’aggressività.

.

-.28 -.17 -.08

..51 .53

-.09 .31 .30 .67 ..76 -.21

Ruminazione Irritabilità

Fig.3 L’influenza del disimpegno morale sul comportamento aggressivo (Bandura, Barbaranelli, Caprara,

Pastorelli, 1996).

Comportamento morale

Comportamento prosociale

Riparazione

Propensione all’aggressione

Comportamento dannoso

Comportamento morale

Comportamento prosociale

Riparazione

Propensione all’aggressione

Comportamento dannoso

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23

Concludendo, si può affermare che questo studio ha evidenziato come i soggetti con elevato

disimpegno morale risultano maggiormente collerici ed adottano comportamenti maggiormente

aggressivi rispetto ad individui che, al contrario, censurano, attraverso le autopunizioni morali, la

condotta lesiva.

2.3.3. Meccanismi di disimpegno morale e propensione all’aggressione in contesti sociali a

rischio

Questa ricerca è stata svolta da Pastorelli, Incatasciato, Rabasca e Romano (1996) ed è volta a

indagare le relazioni presenti tra i meccanismi di disimpegno morale e la propensione

all’aggressione ed alla violenza in contesti sociali a rischio.

La ricerca si è svolta creando due gruppi di adolescenti definiti a rischio (per la presenza, nel loro

contesto sociale, di un’elevata percentuale di gruppi camorristci) e non a rischio (per l’assenza, nel

loro contesto sociale, di tali gruppi). A questi due gruppi, entrambi del capoluogo campano, sono

state somministrate sei diverse scale di autovalutazione atte ad indagare: irritabilità, suscettibilità

emotiva, ruminazione/dissipazione, paura della punizione, tolleranza verso la violenza e disimpegno

morale.

I risultati hanno mostrano che i giovani dell’area a rischio presentano non solo una maggiore

propensione al disinvestimento morale, ma anche una spiccata propensione all’aggressione di tipo

offensivo e cognitivo-strumentale rispetto al gruppo non a rischio. Questa maggiore inclinazione al

disinvestimento morale ed alle disposizioni di personalità connesse alla condotta aggressiva

avvalorano la definizione di rischio proposta dagli sperimentatori.

Dai risultati emerge anche che i soggetti del gruppo a rischio mostrano una maggiore capacità di

differenziare manifestazioni aggressive di natura impulsiva da quelle di natura socio-cognitiva.

2.3.4 La misura del disimpegno morale nel contesto delle trasgressioni dell’agire quotidiano

Tale studio è stato effettuato da Caprara, Barbaranelli, Beretta, Iafrate, Pastorelli, Steca e Bandura

(2006).

L’indagine, a differenza di quelle precedenti, impegnate nell’analisi delle condotte aggressive e

violente, si è concentrata sulla misura del disimpegno morale quotidiano all’interno del contesto

civile (verso una operalizzazione dei meccanismi di disimpegno morale in connessione a

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trasgressioni che si estendono oltre la violazione dell’incolumità) e sulla verifica della validità di

costrutto della nuova scala utilizzata.

Il contributo è costituito da due studi separati, il primo condotto su adolescenti mentre il secondo su

soggetti adulti.

Al primo studio hanno partecipato 1.179 soggetti di età compresa tra i 15 e i 20 anni, a cui sono

state somministrate le seguenti scale: disimpegno morale, disimpegno morale-civile,

comportamento prosociale, autoefficacia percepita regolatoria, propensione all’aggressione fisica e

verbale, tendenze delinquenziali.

I risultati ottenuti in questo primo studio attestano la validità della nuova scala per la misura del

disimpegno morale e civile, che è risultato maggiormente correlato al comportamento prosociale

rispetto al disimpegno morale misurato con la scala originaria. Per quanto riguarda le differenze di

genere, è stata notata nei maschi una maggiore inclinazione all’uso di meccanismi cognitivi di

disimpegno morale nel contesto delle condotte aggressive ed una più marcata propensione

all’aggressione ed alla delinquenza, infine una maggiore tendenza al disimpegno morale e civile. Le

ragazze mostrano invece maggiori capacità autoregolatorie nei confronti delle trasgressioni e

maggiori tendenze prosociali.

Nel secondo studio, condotto su 779 soggetti compresi tra i 21 e gli 85 anni è stata analizzata la

validità della nuova scala e le sue relazioni con il rischio etico e l’amicalità. Ai soggetti è stata

somministrata una batteria comprensiva delle seguenti scale: disimpegno morale-civile, rischio

etico, amicalità.

I risultati evidenziano che la scala di disimpegno morale-civile ha una correlazione elevata con il

rischio etico (r=.44,p<.001) ed una correlazione negativa con la scala di amicalità (r=-.31,p<.001).

Anche negli adulti, come per gli adolescenti, è stata riscontrata una maggiore tendenza dei maschi

verso il disimpegno morale-civile rispetto alle femmine.

I risultati di questo studio avvalorano, come prima per gli adolescenti, la validità e generalizzabilità

della nuova scala anche per gli adulti.

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CAPITOLO 3: Contributo empirico

3.1 Scopo del contributo

Lo studio riportato di seguito si fonda sulle teorizzazioni presentate nei precedenti capitoli di questo

elaborato.

Il contributo è volto ad indagare il disimpegno morale suddiviso negli otto diversi meccanismi

individuati da Bandura: Giustificazione morale, etichettamento eufemistico, confronto vantaggioso,

dislocamento della responsabilità, diffusione della responsabilità, distorsione delle conseguenze,

deumanizzazione della vittima e attribuzione di colpa.

Gli obiettivi del contributo empirico sono quelli di:

- Individuare i meccanismi che sono utilizzati con maggiore frequenza.

- Esaminare l’influenza esercitata sul disimpegno morale da parte di alcune

caratteristiche individuali come: il genere, l’età, lo stato civile, il livello

d’istruzione, la situazione economica, il culto religioso, la professione e

l’interesse politico.

3.2. Metodi e strumenti

3.2.1. Il campione

Alla ricerca hanno partecipato 40 soggetti, tutti residenti nella regione Lombardia.

I soggetti costituenti il campione sono 22 maschi e 18 femmine di età compresa tra i 20 e i 77 anni

con una età media di 49.10 anni. 21 sono coniugati, 13 non hanno svolto le scuola media superiore,

27 hanno conseguito il diploma superiore e 9 di questi la laurea. La maggior parte di loro (17) ha un

reddito familiare annuo medio ( tra i 16.000 e i 60.00 euro), 9 un reddito basso (tra i 5.000 e i

15.000 euro) e 10 alto (sopra i 61.000 euro). Sono principalmente di religione cristiana e

indipendentemente dal culto 14 di loro prendono costantemente parte alle loro pratiche religiose. 24

svolgono un lavoro retribuito, mentre i restanti sono pensionati, studenti e disoccupati. 17 non sono

interessati alla politica mentre la rimanenza si divide equamente tra un interesse medio ed uno

elevato; sono principalmente votanti tranne 7 di loro dichiaratisi apolitici. Tutti guardano la

televisione ( 29 assiduamente).

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3.2.2 Gli strumenti

Le scale di valutazione utilizzate in questa ricerca fanno parte fanno parte di uno strumento molto

più ampio, somministrato a livello nazionale, atto ad indagare il sistema valoriale degli italiani.

Questo strumento è suddiviso in due diverse parti in modo da rendere più agevole la compilazione

del test.

La scala utilizzata per effettuare questa ricerca, contenente solo i dati di soggetti residenti in

Lombardia, consiste in un questionario di autovalutazione costituito da quaranta diverse domande

volte alla misurazione delle otto diverse componenti del disimpegno morale.

Il questionario è preceduto da una piccola introduzione, nella quale vengono riportate le modalità di

compilazione e la richiesta di essere il più sinceri possibile.

Le quaranta domande indaganti gli otto meccanismi prevedono una risposta, tramite scala Likert,

con cinque diverse posizioni, in cui 1 equivale a “per nulla d’accordo” e 5 all’estremo opposto, cioè

a “molto d’accordo”. Le domande facenti riferimento allo stesso meccanismo non sono disposte in

maniera continua, bensì intrecciate con quelle relative agli altri meccanismi; solo successivamente,

durante l’analisi dei dati, le domande saranno suddivise in base all’aspetto indagato.

Oltre a questo sono state estrapolate dallo strumento totale anche altre informazioni, sempre tramite

questionari, relative a vari aspetti individuali come: il genere, lo stato civile, l’età, il livello

d’istruzione, la condizione economica, l’impiego, la partecipazione religiosa e politica, la posizione

politica e la visione della televisione.

3.2.3 La procedura di ricerca

La ricerca effettuata si può suddividere in due diverse fasi.

Innanzi tutto sono stati consegnati, nei mesi di Ottobre e Novembre, i questionari a quaranta diversi

soggetti residenti in Lombardia. Dopo aver preso accordi in merito ai tempi di riconsegna è stato

brevemente presentato il questionario e gli obiettivi della ricerca. È stato inoltre raccomandato di

leggere con attenzione le domande e di rispondere nel modo più sincero possibile considerando

l’inesistenza di risposte giuste e sbagliate e la compilazione anonima.

Una volta raccolti tutti i dati necessari si è proceduto con l’analisi statistica di questi attraverso il

software SPSS 13.0.1 realizzato da The Apache Software Foundation. Questo software ha così

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permesso di comprendere eventuali tendenze e relazioni significative tra i meccanismi di

disimpegno morale e le altre caratteristiche indagate.

3.2.4 L’analisi dei dati

Sulla base dei dati raccolti sono state effettuate diverse analisi parametriche tramite il software

SPSS. Per prima cosa ho effettuato l’inserimento e pulizia dei dati. Successivamente è stato

esplorato tramite il Test-T e l’Anova univariata la presenza di differenze statisticamente

significative ascrivibile ad alcune variabili sociodemografiche.

Nei casi significativi, i risultati dell’analisi della varianza sono stati successivamente approfonditi

tramite dei confronti post-hoc effettuati con il test di Tukey.

3.3. I risultati

I risultati ottenuti dalle analisi dei dati sono illustrati nell’appendice A.

3.3.1 Differenza ascrivibili al genere

Come riportato nella figura 1 è emersa una differenza significativa a favore dei maschi nell’utilizzo

della giustificazione morale.

3.3.2 Differenze ascrivibili allo stato civile

Allo scopo di indagare le relazioni intercorrenti tra il disimpegno morale e lo stato civile i soggetti

costituenti il campione sono stati suddivisi in due differenti gruppi. Coniugati e non coniugati.

Come è indicato nella figura 2 è presente una differenza significativa a favore dei non coniugati

circa l’etichettamento eufemistico e, sempre a loro favore, una tendenza al confronto vantaggioso.

3.3.3 Differenze ascrivibili all’età

Anche in questo caso, allo scopo di individuare differenze significative, il campione è stato

suddiviso in due diversi gruppi in base all’età media: 49,10 anni.

Come presentato in figura 3 non sono state individuate né tendenze né differenze significative tra i

due gruppi nell’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale.

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3.3.4 Differenze ascrivibili al livello d’istruzione

Per indagare eventuali differenze significative, il campione è stato suddiviso in tre gruppi sulla base

del livello di istruzione raggiunto (media inferiore, diploma media superiore, Laurea).

Come indicato nella figura 4 non sono state individuate differenze significative nell’utilizzo di

meccanismi di disimpegno morale tra i tre gruppi. È presente solamente una tendenza a favore del

primo gruppo (diploma di scuola media inferiore) circa la diffusione di responsabilità.

3.3.5 Differenze ascrivibili al reddito familiare

Come nell’analisi precedente, il campione è stato suddiviso in tre diversi gruppi. Sulla base del

reddito familiare sono state create le categorie: basso, medio e alto.

Come riportato in figura 5 non sono state riscontrate differenze significative se non una piccola

tendenza a favore del gruppo “medio” nella diffusione di responsabilità.

3.3.6 Differenze ascrivibili alla partecipazione religiosa

Il campione è stato suddiviso in due differenti gruppi sulla base della partecipazione alle pratiche

religiose (indipendentemente dal loro credo).

Come mostrato in figura 6, non sono emerse né tendenze né differenze significative nell’utilizzo dei

meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla partecipazione religiosa.

3.3.7 Differenze ascrivibili alla visione della televisione

I soggetti sono stati suddivisi in due gruppi in base a quanto tempo guardano la televisione

(occasionalmente o spesso).

Come è riportato in figura 7 in questa analisi è stata individuata una differenza significativa, a

favore di coloro che guardano spesso la televisione, circa la diffusione della responsabilità.

3.3.8 Differenze ascrivibili all’occupazione

Il campione è stato suddiviso in due gruppi: lavoratori e non lavoratori.

Come indicato in figura 8 sono state individuate delle tendenze nella diffusione della responsabilità

e nell’attribuzione di colpa a favore di coloro che non lavorano.

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29

3.3.9 Differenze ascrivibili all’interesse politico

In questo caso i soggetti sono stati suddivisi in tre gruppi in base al loro interesse per la politica

(poco, abbastanza, molto).

Come mostrato in figura 9 non sono state individuate né tendenze né differenze significative

ascrivibili al grado d’interesse politico.

3.3.10 Differenze ascrivibili alla posizione politica

Qui i soggetti sono stati suddivisi in quattro diversi gruppi (sinistra, centro, destra, apolitico) in base

alla loro posizione politica.

Come indicato in figura 10 è stata rilevata una differenza significativa a favore dei soggetti di destra

nel meccanismo di giustificazione morale rispetto a quelli di centro e sinistra. È inoltre presente,

sempre a favore dei soggetti di destra, una tendenza all’attribuzione di colpa.

3.4 Discussioni e conclusioni

Questo contributo empirico, seppur limitato, visto la ridotta numerosità del campione e la

limitatezza geografica dell’area di somministrazione dei questionari, ha comunque contribuito alla

comprensione e chiarificazione delle teorie e dei concetti sopra enunciati.

Da questo studio è risultato che il meccanismo di disimpegno morale maggiormente utilizzato è la

giustificazione morale, presente sia nelle differenze di genere a favore dei maschi, sia nella

posizione politica a favore dei soggetti di destra. È inoltre emersa, in quattro degli otto casi che

hanno presentato risultati interessanti, una tendenza (che nel caso di chi guarda assiduamente la tv

costituisce una differenza significativa) alla diffusione della responsabilità. Questo dato potrebbe

essere dovuto al caso, considerando le caratteristiche del campione, ma risulta sicuramente

interessante la sua frequenza di comparsa. Sarebbe quindi utile effettuare un’indagine su un

campione più vasto e vario, non solo per comprendere se questo meccanismo è realmente così

comune, ma anche per verificare se, a differenza di quanto dimostra questo studio, non costituisca

esso stesso il meccanismo maggiormente utilizzato.

È inoltre emersa un’analogia significativa tra questa ricerca e alcune di quelle riportate in tesi (

Caprara, Pastorelli, Bandura, 1995; Caprara, Barbaranelli, Beretta, Iafrate, Pastorelli, Steca,

Bandura, 2006) relativamente alle differenze di genere. Infatti, in tutti questi contributi, è stata

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30

individuata una significativa differenza a favore dei maschi nell’utilizzo dei meccanismi di

disimpegno morale. In particolare, quella da me condotta, ha evidenziato, oltre ad una maggiore

tendenza generale da parte dei maschi all’utilizzo del disimpegno morale, una prevalenza

significativa da parte di questi nell’utilizzo della giustificazione morale.

Può essere anche interessante riflettere su quanto questo studio non ha evidenziato. Infatti per

quanto riguarda l’analisi dei dati relativamente all’età, a differenza di quanto è emerso dallo studio

condotto sui meccanismi di disimpegno morale nell’esercizio dell’agentività morale ( Bandura,

Barbaranelli, Caprara, Pastorelli, 1996), non è emersa nessuna differenza significativa tra i due

gruppi circa l’utilizzo dei meccanismi di disimpegno morale. Nello studio sopracitato (Bandura et

al., 1996) è stato dimostrato come i soggetti giovani (preadolescienti) utilizzino con minor

frequenza l’etichettamento eufemistico ed il confronto vantaggioso rispetto a soggetti di età

maggiore. Quindi questa ricerca, condotta solo su soggetti adulti, non avendo riscontrato differenze

di frequenza nell’utilizzo dei vari meccanismi di disimpegno morale, va implicitamente a

confermare come la spiegazione che Bandura ha fornito sia appropriata, cioè che non tutti i

meccanismi sono presenti già dall’infanzia, poiché alcuni emergono con lo sviluppo. Infatti i

soggetti più giovani, non avendo ancora acquisito le capacità cognitive più avanzate, utilizzano

questi meccanismi con minor frequenza.

Concludendo posso inoltre affermare che, nonostante il campione non sia particolarmente ampio e

quindi possa aver causato delle distorsioni nei risultati, questo contributo suggerisce alcuni

approfondimenti interessanti come, ad esempio, l’analisi di quali siano i meccanismi di disimpegno

morale legati a specifici partiti ed ideologie politiche o alla visione di determinati canali/programmi

televisivi.

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31

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33

APPENDICE A TABELLE E FIGURE Figura 1 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al genere. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T 2,24 0,72 1,56 0,88 0,78 0,55 0,75 0,02 Sig.

+ n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Genere

2,18

1,94 1,9 1,942,04

1,77

2,48 2,48

1,78 1,82

1,58

1,781,89

1,68

2,32,48

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etich

etttam

ento eu

femist

ico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azione

resp

onsabil

ità

diffus

ione r

espo

nsab

ilità

distor

sione

cons

eguen

ze

attrib

uzione

colpa

deuman

izzaz

ione v

ittima

maschi

femmine

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34

Figura 2 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili allo stato civile. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T 1,06 2,15 1,7 0,76 0,41 0,54 -0,36 -0,2 Sig.

n.s. + n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Stato civile

1,91,72

1,591,8

1,93

1,69

2,44 2,5

2,11 2,071,94 1,94 2,01

1,78

2,352,45

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffusio

ne re

spon

sabil

ità

distor

sione

cons

eguenz

e

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

Coniugato

Non coniugato

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35

Figura 3 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’età. Età media: 49,10 Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T 0,1 0,87 0,31 0,76 -0,23 -0,27 0,15 0,66 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Età

2,01 1,961,79

1,94 1,95

1,71

2,422,57

1,991,81

1,72 1,81,99

1,75

2,38 2,4

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffus

ione r

espon

sabilità

distor

sione

cons

egue

nze

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

Sotto media

Sopra media

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36

Figura 4 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al livello d’istruzione. A= nessun titolo, licenza elementare, licenza media inferiore. B= diploma professionale, superiore, universitario. C= Laurea Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

F 1,7 1,72 0,61 0,15 2,04 0,47 0,59 0,57 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Istruzione

1,952,1

1,92 1,89

2,14

1,83

2,54 2,61

1,88 1,821,68

1,812,01

1,72

2,42,5

2,31

1,71 1,67

1,93

1,64 1,6

2,19 2,24

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffusio

ne re

spon

sabil

ità

distors

ione c

onse

guenz

e

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

A

B

C

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37

Figura 5 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili al reddito familiare. A= fino a 29.000 Euro. B= da 30.000 a 60.000 Euro. C= da 61.000 fino oltre 80.000 Euro. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

F 0,88 1,26 1,13 0,06 2,66 0,55 0,23 0,94 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Reddito

2

1,71

1,981,78

1,981,84

2,322,2

1,942,05

1,81 1,86

2,16

1,65

2,452,61

2,26

1,84

1,52

1,84

1,62 1,6

2,24 2,3

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffusio

ne re

spon

sabil

ità

distors

ione c

onse

guenz

e

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

A

B

C

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38

Figura 6 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla partecipazione religiosa. A= almeno una volta a settimana. B= da due volte al mese a mai. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T 0,22 -0,13 -1,04 0,31 0,17 0,49 0,46 -0,63 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Partecipazione religiosa

2,031,84

1,6

1,91,99

1,79

2,492,37

1,981,86 1,83 1,84

1,95

1,7

2,372,54

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficazio

ne m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffus

ione r

espo

nsab

ilità

distor

sione

cons

eguenz

e

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

A

B

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Figura 7 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla visione della televisione Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T 0 0,63 -0,37 0,18 -2,17 -0,15 -0,8 -0,83 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. + n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Guardara la tv

2 1,97

1,691,89

1,65 1,71

2,25 2,31

21,85 1,78

1,86

2,09

1,74

2,46 2,54

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficazio

ne m

orale

etich

etttam

ento

eufemist

ico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffusio

ne res

pons

abilità

distor

sione

cons

egue

nze

attrib

uzion

e colpa

deuman

izzaz

ione v

ittima

A volte

Spesso

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Figura 8 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’occupazione. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

T -0,75 0,41 0,54 -0,59 1,84 1,27 1,82 1,01 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Occupazione

1,91 1,931,82 1,8

2,17

1,86

2,65 2,64

2,061,86

1,711,91 1,83

1,64

2,232,37

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloca

zione r

espo

nsab

ilità

diffus

ione r

espo

nsabilità

distor

sione

cons

egue

nze

attrib

uzion

e colp

a

deum

anizz

azion

e vitti

ma

No

Si

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41

Figura 9 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili all’interesse politico. A= poco/nulla. B= abbastanza. C= piuttosto/molto. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

F 0,75 0,77 0,1 1,74 0,65 1,1 1,02 2,49 Sig.

n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Interesse politico

2 1,98 1,912,06 2,06

1,86

2,24

2,79

1,94

2,181,98

1,8 1,8

1,55

2,6

2,312,26

1,871,71 1,67

2,02

1,73

2,282,16

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

giusti

ficaz

ione m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffusio

ne re

spon

sabil

ità

distors

ione c

onse

guenz

e

attrib

uzion

e colpa

deum

anizz

azion

e vitti

ma

A

B

C

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Figura 10 Meccanismi di disimpegno morale ascrivibili alla posizione politica. A= di sinistra. B= di centro. C= di destra. D= apolitico. Giustificazio

ne morale Etichettamento eufemistico

Confronto vantaggioso

Dislocazone responsabilità

Diffusione responsabilità

Distorsione conseguenze

Attribuzione colpa

Deumanizzazione vittima

F 3,92 2,3 1,48 1,32 0,78 0,51 2,44 0,8 Sig.

+ n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s. n.s.

NOTA: + = p<.05 ++ =p<.01 +++ =p<.001 n.s. = non significativo

Posizione politica

2,141,96

2,1

1,64

2,16

1,9

2,512,66

1,781,65 1,6

1,91 1,89

1,64

2,2 2,27

2,6

2,13

1,83

2,22,1

1,77

3,03

2,77

1,83

2,14

1,571,8 1,77 1,69

2,17

2,49

0

0,5

1

1,5

2

2,5

3

3,5

giusti

ficazio

ne m

orale

etiche

tttamen

to eu

femistico

confr

onto

vanta

ggios

o

disloc

azion

e res

pons

abilità

diffus

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distor

sione

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uzion

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