IL DIRITTO FALLIMENTARE - cedam.com · Girolamo Bongiorno, Concetto Costa, Massimo Di Lauro, Elena...

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Annata LXXXI Marzo-Aprile 2006 N. 2 dir. fall. RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA gia ` diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981), ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003) DIREZIONE Girolamo Bongiorno, Concetto Costa, Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci, Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2006 ISSN 0391-5239

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Annata LXXXI Marzo-Aprile 2006 N. 2

dir. fall.

RIVISTA BIMESTRALE DI DOTTRINA E GIURISPRUDENZA

gia diretta da ITALO DE PICCOLI (1924-1940), RENZO PROVINCIALI (1941-1981),

ANGELO BONSIGNORI (1982-2000) e GIUSEPPE RAGUSA MAGGIORE (1982-2003)

DIREZIONE

Girolamo Bongiorno, Concetto Costa,

Massimo Di Lauro, Elena Frascaroli Santi, Lino Guglielmucci,

Bruno Inzitari, Giuseppe Terranova, Gustavo Visentini

CEDAM - CASA EDITRICE DOTT. ANTONIO MILANI - PADOVA - 2006

ISSN 0391-5239

N.

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2006

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Poste italiane s.p.a. - Spedizione in Abbonamento Postale - D.L. 353/2003

(conv. in L. 27/02/2004 nº 46) art. 1, comma 1, DCB VERONA - Pubblicazione bimestrale

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SOMMARIO DEL PRESENTE FASCICOLO (2/2006)

Parte PrimaARTICOLI, BIBLIOGRAFIA, LEGISLAZIONE, RASSEGNE

Giuseppe Terranova, La nuova disciplina delle revocatorie fallimentari ........... Pag. 243

Michele Sandulli, Appunti sulle prospettive di riforma della legge fallimentare e

sulle riforme attuate .......................................................................................... » 328

Giuseppe Pellegrino, La riforma della legge fallimentare ................................. » 335

Sara Butera, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in crisi ed il

chapter eleven: sistemi a confronto ................................................................. » 359

Pietro Paolo Ferraro, Consiglio di sorveglianza ed alta gestione nell’ammini-

strazione della societa per azioni ...................................................................... » 371

PROBLEMI DELLA PRATICA

Vitaliano Donato, Revocatoria delle rimesse bancarie ed esenzioni dalla revoca-

toria a fronte di piani di risanamento: profili tecnico-aziendalistici ................ » 381

Franco Benassi, Brevi cenni sulla incostituzionalita della disposizione che prevede

l’applicazione delle esenzioni dalla revocatoria delle rimesse in conto corrente

alle cause promosse nell’ambito di procedure iniziate dopo l’entrata in vigore

del d.l. 14 marzo 2005, n. 35 .......................................................................... » 397

LEGISLAZIONE

LEGGE 28 dicembre 2005, n. 262, «Disposizioni per la tutela del risparmio e la

disciplina dei mercati finanziari», in Gazz. Uff., n. 301 del 28 dicembre

2005, suppl. ord. n. 208 .................................................................................. » 400

DECRETO LEGISLATIVO 9 gennaio 2006, n. 5 - «Riforma organica della disci-

plina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5, della legge

14 maggio 2005, n. 80», in Gazz. Uff., n. 12 del 16 gennaio 2006, suppl. ord.

n. 13 .................................................................................................................. » 435

Relazione illustrativa al D.Lgs. recante: «La riforma organica della disciplina delle

procedure concorsuali di cui al Regio Decreto 16 marzo 1942, n. 267» ......... » 499

Parte SecondaGIURISPRUDENZA

Principali note ed osservazioni a sentenza

Mara Adorno, La legittimazione passiva del debitore concordatario e del liquida-

tore giudiziale: un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale ................... Pag. 271

Paolo Lucci, L’elemento soggettivo nell’azione di atti compiuti dal socio illimita-

tamente responsabile ......................................................................................... Pag. 357

Daniele Ceccarelli, Brevi note sulla fallibilita delle societa agricole ............... » 373

Andrea Penta, La revocatoria (recte, la declaratoria di inefficacia) degli atti a ti-

tolo gratuito, con particolare riferimento ai gruppi di societa ......................... » 383

Simonetta Ronco, Rivendicazione di beni mobili e regime probatorio ............. » 405

Pag. Pag.

Concordato preventivo

Concordato con cessione dei beni –Legittimazione passiva – Litiscon-sorzio necessario – Esclusione –Intervento in primo grado – Inte-grazione del contraddittorio in se-de di gravame – Cassazione civile,20 maggio 2004, n. 9643, con notadi M. Adorno ............................ 271

Fallimento

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Legitti-mita costituzionale – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Azionericonvenzionale – Ammissibilita eritualita – Difetto di autorizzazio-ne – Irregolarita sanabile – Tribu-nale Rovigo, 31 gennaio 2005 ..... 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Giudizioa cognizione piena – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Pegno distrumenti finanziari – Insussistenzae inopponibilita garanzia – Accerta-mento – Rigetto opposizione – Tri-bunale Rovigo, 31 gennaio 2005 .. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Scritturecontabili – Inidoneita probatoria –Data certa – Timbro postale –Corrispondenza in corso particola-re - Insufficienza – Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 320

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Azione

riconvenzionale – Ammissibilita eritualita – Difetto di autorizzazio-ne – Irregolarita sanabile – Tribu-nale Rovigo, 31 gennaio 2005 ..... 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Giudizioa cognizione piena - Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Scritturecontabili – Inidoneita probatoria –Data certa – Timbro postale –Corrispondenza in corso particola-re - Insufficienza – Tribunale Ro-vigo, 31 gennaio 2005 .................. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Fideius-sione controllante – Estraneita og-getto sociale – Accertamento – Ri-getto opposizione – TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Decretoingiuntivo non definitivo – Nonequiparabilita a sentenza non pas-sata in giudicato – Accertamento– Rigetto opposizione- TribunaleRovigo, 31 gennaio 2005 ............. 323

Accertamento del passivo – Opposi-zione allo stato passivo – Garanziaper avallo cambiali agrarie – Con-trarieta a norma imperativa – Nul-lita – Tribunale Rovigo, 31 gen-naio 2005 ...................................... 323

Accertamento del passivo – Istanzadi fallimento – Spese legali –Non ammissibilita allo stato passi-vo – Spese bollo – Ammissibilitaallo stato passivo – Esclusione pre-deduzione – Tribunale Rovigo, 31gennaio 2005 ................................ 323

Azione revocatoria – Azione revoca-

Pag. Pag.

toria fallimentare – Atti anormali –Revocatoria ex art. 67, comma 1, n.1, legge fallim. di atto compiuto dasocio illimitatamente responsabile– Sussistenza dello stato di impren-ditore e conoscenza di tale stato daparte del terzo – Necessita – Esclu-sione – Tribunale Napoli, 12 marzo2004, con nota di P. Lucci ......... 357

Azione revocatoria – Azione revoca-toria fallimentare – Revocatoriadi rinunzia a crediti – Remissionedel debito – Differenze – Rapportiinfragruppo – Vantaggi compensa-tivi – Rilevanza anche degli effettiriflessi e mediati della rinunzia –Esclusione – Tribunale Napoli, 8luglio 2004, con nota di A. Penta 383

Azione di rivendicazione, restituzio-ne e separazione – Beni in posses-so del fallito – Determinabilita edindividuabilita – Tribunale Geno-va, 13 aprile 2005, con nota di S.

Ronco ......................................... 405Azione di rivendicazione, restituzio-

ne e separazione – Beni in posses-so del fallito – Diritto di proprietao altro diritto reale – Prova – Attoavente data certa – Necessita –Tribunale Genova, 13 aprile2005, con nota di S. Ronco ...... 405

Concordato fallimentare – Concor-dato con assuntore – Giudizio diomologazione – Limiti assunzione

pagamento debiti – TribunaleMessina, 18 aprile 2005 ............... 350

Fallimento delle societa – Impresesoggette – Societa di capitali – Im-prese agricole – Individuazione –Criteri – Connessione con il fondo– Esclusione – Tribunale LameziaTerme, 17 marzo 2005, con notadi D. Ceccarelli ....................... 373

Sequestro giudiziario

Societa – Assemblea straordinaria –Modificazioni dell’atto costitutivo– Prelazione – Azioni – Custodia– Poteri – Tribunale Venezia, 26ottobre 2005 ................................. 287

Societa

Societa per azioni – Arbitrato – Azio-ni – Sequestro giudiziario – Com-petenza della autorita giudiziariaordinaria – Tribunale Venezia, 26ottobre 2005 ................................. 287

Societa per azioni – Modificazionidell’atto costitutivo – Assembleastraordinaria – Prelazione – Azioni– Sequestro giudiziario - Tribuna-le Venezia, 26 ottobre 2005 ........ 287

Societa per azioni – Modificazioni del-l’atto costitutivo – Clausola di prela-zione statutaria – Violazione - Azio-ni – Sequestro giudiziario - Tribu-nale Venezia, 15 febbraio 2006 ..... 289

INDICE CRONOLOGICO DELLE SENTENZE (*)

Pag.

2004

Marzo

12 Tribunale Napoli (*), in tema difallimento di societa personale erevocatoria .................................. 357

Pag.

Maggio

20 Cassazione civile, n. 9643 (*), intema di concordato preventivocon cessione dei beni ................. 271

(*) Le sentenze contrassegnate con un asterisco sono corredate di nota od osservazionedi autore; tutte le altre sono annotate dalla Redazione.

Pag. Pag.

Luglio

8 Tribunale Napoli (*), in tema direvocatoria infragruppo ............. 383

2005

Gennaio

31 Tribunale Rovigo, in tema di op-posizione allo stato passivo ........ 320

31 Tribunale Rovigo, in tema di op-posizione allo stato passivo ........ 323

Marzo

17 Tribunale Lamezia Terme (*), intema di fallimento di impresaagricola in forma societa di capi-tali ............................................... 373

Aprile

13 Tribunale Genova (*), in tema dirivendicazione ............................. 405

18 Tribunale Messina ...................... 350

Ottobre

26 Tribunale Venezia (*), in tema diprelazione e sequestro di azioni 287

2006

Febbraio

15 Tribunale Venezia (*), in tema diprelazione e sequestro di azioni 289

IL DIRITTO FALLIMENTAREE D E L L E S O C I E T A C O M M E R C I A L I

PARTE PRIMA

LA NUOVA DISCIPLINADELLE REVOCATORIE FALLIMENTARI

Sommario: 1. Le ragioni della riforma. – 2. I tre possibili livelli d’intervento. – 3. La solu-zione accolta dal legislatore. – 4. Il sistema delle esenzioni. – 5. A) I pagamenti nei ter-mini d’uso. – 6. B) Le rimesse su conti correnti bancari. – 7. C) Le vendite d’immobili al«giusto» prezzo. – 8. D) Il piano di riequilibrio finanziario dell’impresa. – 9. E) Gli ac-cordi di ristrutturazione dei debiti. – 10. F) I pagamenti di prestazioni lavorative. – 11.G) Le prestazioni di servizi per l’accesso alle procedure concorsuali. – 12. L’esenzioneper le «somme gia riscosse» nella locazione finanziaria. – 13. Le altre esenzioni. – 14.La revoca degli atti che incidono su patrimoni destinati di tipo a). – 15. L’onerosita dellegaranzie contestuali. – 16. L’esercizio della revocatoria ordinaria nel fallimento. – 17. Glieffetti della revocazione: a) nelle attribuzioni indirette; – 18. b) nei rapporti continuativio reiterati. – 19. Prescrizione e decadenza. – 20. Il regime transitorio. – 21. Azioni revo-catorie e categorie di creditori. – 22. Il ruolo del danno nel nuovo sistema revocatorio.

1. Le ragioni della riforma. – Nelle letture estive – che a me servono,come credo a molti, per evadere dall’orto chiuso degli studi tecnico-giuri-dici – mi ha colpito una frase di G. Husserl, che sottolinea come le nor-me, al pari delle altre istituzioni umane, hanno una «preistoria», oltre cheuna «storia».

Ora, la «preistoria» della riforma delle procedure concorsuali e ancorasotto i nostri occhi, giacche la si scorge (il presente e d’obbligo, dato che lariforma, nel momento in cui scrivo, e appena entrata in vigore e, comunque,anche l’esperienza sulle disposizioni promulgate nel 2005 e troppo breveper esprimere un giudizio sul loro impatto pratico), la si scorge – dicevo– nei problemi con i quali gli operatori quotidianamente si misurano nelleaule dei Tribunali, nonche nel quadro impietoso delle disfunzioni del siste-ma offerto dalle (poche ed incomplete) statistiche in materia: l’enorme du-rata media delle liquidazioni fallimentari; la scarsa redditivita delle stesse,soprattutto per i creditori chirografari; i costi piuttosto elevati, specie perquanto attiene al contenzioso indotto dalle azioni di responsabilita e di re-cupero; il troppo sporadico ricorso alle procedure alternative al fallimento,quali l’amministrazione controllata ed il concordato preventivo; la difficolta(o l’impossibilita) d’utilizzare forme di liquidazione del patrimonio del de-bitore diverse dalla vendita all’asta dei singoli cespiti, e cosı via dicendo.

Si tratta di mali antichi, che la dottrina addita da tempo e che, di solito,vengono imputati alla vetusta dell’impianto della legge del ’42, la quale siattardava ancora in una concezione sanzionatoria del fallimento, mentre tra-scurava il problema – davvero cruciale in tutte le economie di tipo indu-striale – della conservazione (sia pure a fini liquidativi) dei valori organizza-tivi racchiusi nell’azienda, o in suoi singoli rami.

A mio sommesso avviso, tuttavia, vi e un altro aspetto della questione datenere presente, sebbene sia passato quasi del tutto inosservato nelle analisidei giuristi: la mortalita delle aziende italiane, a confronto del loro numerocomplessivo e dei nuovi ingressi, appare inferiore (come segnalano con for-za gli economisti) alla media dei Paesi avanzati. In altri termini: c’e pocoricambio.

1.1. A prima vista, puo sembrare strano che venga indicato come fattoredi crisi un dato statistico – il ridotto numero dei fallimenti – apparentemen-te positivo. A ben guardare, pero, i due profili (l’inefficienza delle procedu-re e la scarsa mortalita delle imprese) sono strettamente collegati: non soloperche il primo puo essere considerato come una delle cause, o concause,del secondo; ma, soprattutto, perche solo scrutinandoli insieme si vede lavera dimensione del problema, che consiste nell’aver prodotto una duplicesituazione di «manomorta» aziendale.

Le imprese in crisi, infatti:a) prima del fallimento, vivono un lungo periodo d’asfissia finanziaria,

dovuta al fatto che il sistema bancario non le fa morire, per paura delle san-zioni penali (di solito connesse ai tentativi di risanamento andati a male),oppure per il timore delle revocatorie; ma non le fa neppure sviluppare,per l’incertezza del recupero delle somme offerte come nuova finanza;

b) dopo il fallimento, danno luogo ad una lunga immobilizzazione di ri-sorse, perche la liquidazione dell’attivo avviene con sistemi antidiluviani,con i ritmi dettati dalle regole del processo (ritorna alla mente il ricordo del-le vendite all’asta effettuate col metodo della candela vergine), per le qualil’accertamento del passivo (e cioe dei «diritti», in funzione dei quali s’atti-vano gli strumenti di tutela) dovrebbe «logicamente» precedere ogni tenta-tivo di sistemazione della crisi (sia esso costituito da un concordato o da unasemplice cessione di compendi aziendali).

1.2. Sul secondo punto, Floriano d’Alessandro ha di recente com-piuto, da par suo, una finissima analisi, spiegandoci che e stato possibile ac-cantonare per cosı tanti anni il problema, solo perche le crisi delle impresemedio-grandi non venivano risolte con le procedure concorsuali di dirittocomune, bensı con interventi di natura pubblicistica o con procedure di ca-rattere amministrativo (le varie «Prodi»); che la strada dell’assorbimentodelle aziende insolventi nel grande calderone delle partecipazioni statali,

Il diritto fallimentare delle societa commerciali244

o quella delle amministrazioni straordinarie, foraggiate con sussidi pubblici,appare sempre meno percorribile, per i ben noti vincoli posti dal diritto co-munitario in materia d’aiuti di Stato; che lo strumento principe per il supe-ramento della crisi e l’accordo con i creditori (nelle varie forme conosciutedall’ordinamento, comprese quelle, piu o meno intensamente coattive, deiconcordati giudiziali) o, in subordine, la liquidazione dei beni per blocchifunzionali; che occorre, quindi, incoraggiare le soluzioni di tipo consensua-listico, magari con strumenti un po’ meno rozzi di quelli offerti dai recentiinterventi legislativi.

Potrei sottoscrivere – parola per parola – le affermazioni dell’illustreScrittore, con la sola riserva che la via delle soluzioni concordatarie non po-tra essere percorsa con quell’agevolezza, che meriterebbe, fino a quandonon si risolvera il problema dei crediti muniti di prelazione (soprattutto d’o-rigine legale), che, a mio avviso, nel nostro ordinamento sono troppi e trop-po intensamente tutelati, con la conseguenza di dare poco spazio di mano-vra al debitore, quando deve proporre una percentuale di realizzo, che in-vogli i creditori chirografari a prestare il loro consenso.

1.3. Ai nostri fini, pero, e piu interessante ritornare sul primo degli ac-cennati problemi, costituito dal ritardo, con cui di norma s’accede alle pro-cedure concorsuali, e dalla conseguente sacca d’inefficienza, provocata dal-l’incertezza sul futuro dell’impresa.

Al riguardo, si puo affermare che v’e un’assoluta unanimita di consensinella diagnosi, mentre si registra una perdurante disparita di giudizi in me-rito agli interventi terapeutici.

Secondo una parte della dottrina, infatti, per anticipare la dichiarazionedi fallimento sarebbe necessario predisporre un sistema di sanzioni (anchedi carattere puramente risarcitorio: si pensi alla giurisprudenza francese intema di responsabilita della banca per «abusiva» concessione di credito), acarico di chi dovrebbe attivarsi per portare alla luce del sole la situazione dicrisi, mentre assume un atteggiamento omertoso, teso a dissimularla; alcuniautori, poi, propongono di collegare gli obblighi di denuncia (dell’insolven-za, o del semplice rischio d’insolvenza) ad una vera e propria procedurad’allerta (anch’essa d’ispirazione francese), volta a richiamare l’attenzionedell’autorita giudiziaria sui problemi dell’impresa; come si ricordera, infine,un autorevolissimo indirizzo dottrinale ha per lungo tempo sostenuto cheun regime revocatorio particolarmente rigoroso avrebbe avuto il pregio dicreare un «cordone sanitario» attorno all’impresa in difficolta, in modo daisolarla dal resto del mercato e costringerla ad assumere subito i provvedi-menti piu opportuni.

1.4. Naturalmente, non e questa la sede per affrontare questioni cosı de-licate, per le quali, per altro, mancano significativi riscontri empirici. Solo

Parte I - Dottrina 245

per fare un esempio, mi limitero ad osservare che le procedure d’allerta po-trebbero, sı, avere un effetto anticipatorio e profilattico nell’aggredire la cri-si; ma potrebbero anche avere l’effetto contrario, di lasciar sopravvivere,con lo scudo dell’autorita giudiziaria (un po’ com’e avvenuto, da noi, perl’amministrazione controllata), certe aziende sostanzialmente decotte, maparticolarmente rilevanti (o ritenute tali) sul piano occupazionale.

In assenza delle accennate evidenze empiriche, e difficile esprimere un’o-pinione motivata al riguardo. Il discorso, invece, mi sembra sostanzialmentediverso per quanto concerne le revocatorie, giacche l’esperienza di questi ul-timi anni insegna che un eccessivo rigore, nella dichiarazione d’inefficacia dicerti atti (il pensiero, naturalmente, corre alle rimesse in conto corrente, masarebbe necessario aggiungere la revoca delle garanzie contestuali al sorgeredel credito), e stato controproducente, ai fini di una tempestiva attivazionedelle procedure concorsuali, perche ha indotto alcune classi di creditori(ed in particolare le banche) a considerare il rimedio peggiore del male e,cioe, a rifuggire dal fallimento (anche in presenza di debitori morosi, ormaisordi ad ogni sollecitazione ad adempiere), pur di non mettere in moto unmeccanismo, del quale non si e in grado di governare gli effetti.

1.5. Ora, si puo anche comprendere che il debitore cerchi di sfuggirealla dichiarazione d’insolvenza, in quanto il provvedimento del giudice lopriva dell’intero patrimonio e lo estromette dalla direzione dei suoi affari(a dire il vero, il legislatore ha fatto di tutto, per invogliare il debitore all’au-todenuncia, eliminando molte conseguenze personali del fallimento ed in-troducendo l’istituto dell’esdebitazione; forse, pero, i passi compiuti in taledirezione dalla riforma restano ancora troppo timidi per conseguire l’effettosperato).

Appare paradossale, invece, che facciano altrettanto i creditori finan-ziari, anche perche, se essi recalcitrano di fronte alla dichiarazione di fal-limento, diventa francamente difficile aprire il concorso con la necessariatempestivita.

Non si puo pensare, infatti, che in loro vece s’attivino i piccoli credi-tori, per il semplicissimo motivo che costoro, proprio per l’esiguita delleloro pretese, sono portati ad assumere un atteggiamento di «inerzia razio-nale», fondata, del resto, sull’esperienza che ogni loro iniziativa puo esserevanificata (magari con un intervento finanziario di modeste dimensioni),qualora i creditori forti abbiano interesse a procrastinare la dichiarazioned’insolvenza.

1.6. Tenendo conto di quanto fin qui si e detto, non puo certo meravi-gliare se uno dei primi obbiettivi della riforma sia stato proprio quello d’at-tenuare il rigore del sistema revocatorio ammannito dalla legge del ’42.

In tale direzione, infatti, spingevano molti fattori: innanzi tutto, la pres-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali246

sione delle banche, che si consideravano vittime designate di una vera epropria aggressione da parte delle curatele; in secondo luogo, l’esigenzad’allineare la nostra normativa alle soluzioni accolte nella maggior parte de-gli altri ordinamenti comunitari, al fine d’impedire che un regime revocato-rio troppo rigido, capace di minare alla base ogni certezza in merito alla sta-bilita degli acquisti e dei pagamenti, si trasformasse in una vera e propriapenalizzazione sul piano della concorrenza; in terzo luogo, le istanze di mol-te categorie di soggetti – fornitori, acquirenti d’immobili, professionisti, in-termediari specializzati e cosı via dicendo – che ritenevano insopportabile,per le loro economie individuali, il peso delle impugnative; infine, ma nonda ultimo in ordine d’importanza, la speranza d’eliminare – come si e detto– un serio intralcio al tempestivo avvio delle procedure concorsuali e, primaancora, un insormontabile ostacolo per le operazioni di consolidamento fi-nanziario e di ristrutturazione aziendale.

1.7. Ovviamente, anche la scelta di ridurre l’impatto delle revocatorienon e senza costi, che si pagano in termini di una minore incisivita dellapar condicio, ovvero – se non si rifugge dalle espressioni un po’ magnilo-quenti – immolando sull’altare dell’efficienza economica i piu alti ideali del-la giustizia distributiva.

Qualcuno fa osservare, infatti, che si e ridotto il vincolo di solidarieta trai creditori, con un ulteriore rafforzamento delle classi gia forti; ed aggiungeche molte procedure, non potendo piu contare sull’apporto delle revocato-rie, verranno presumibilmente chiuse per mancanza d’attivo, subito dopo ladichiarazione d’insolvenza.

A ben guardare, pero, una consistente deflazione del contenzioso falli-mentare era nei voti, giacche, se si esamina il problema senza lasciarsi con-dizionare dalla pur nobile esigenza di riaffermare certi valori, si deve am-mettere che il fallimento era diventato, ormai, un sistema autoreferenziale,giacche la redistribuzione delle perdite, operata dalle revocatorie, finiva inmolti casi col produrre, come unico effetto – vista l’esiguita delle percentua-li distribuite ai creditori – un puro e semplice trasferimento di risorse a fa-vore di certe classi di professionisti.

Veniva voglia, in altri termini, di rievocare il pungente sarcasmo diVoltaire, quando attribuiva al fallimento la funzione di permettere ai giu-dici (noi diremmo: al sistema giudiziario nel suo complesso) d’impadronirsidei beni del debitore, prima che arrivino ... i creditori.

Sarcasmo a parte, un’attenuazione dell’impatto delle revocatorie appa-riva necessaria ed improcrastinabile, soprattutto in un’economia, come lanostra, che ha bisogno di ridurre i costi, se vuole riacquistare competitivita.Sul punto, in fondo, vi era (e vi e) un consenso abbastanza diffuso. Moltomeno concordi, invece, sono i pareri sulla bonta delle scelte tecniche com-piute dalla riforma.

Parte I - Dottrina 247

2. I tre possibili livelli d’intervento. – In realta, il problema di come in-tervenire sul sistema revocatorio fallimentare, per ridurne l’impatto sui rap-porti intrattenuti dall’impresa in crisi con i terzi, si era posto ben prima del-l’inizio dei lavori di riforma, che hanno preso l’avvio con l’insediamento del-la Commissione Trevisanato e sono proseguiti, poi, sotto la vigile direzio-ne del Sottosegretario Vietti.

2.1. Una prima proposta (accolta da alcuni progetti di matrice parla-mentare) si era mossa nella direzione di dimezzare il periodo sospetto, por-tandolo, per gli atti anomali, ad un anno e, per quelli normali, a sei mesi.

In tal modo, si sarebbero dovuti ottenere due risultati: per un verso, sisarebbe consentito un piu rapido consolidamento degli acquisti, con im-portanti vantaggi sul piano della tutela dell’affidamento negoziale e dellasalvaguardia del traffico giuridico; per altro verso, si sarebbe ridotta lamassa degli atti revocabili, con la conseguenza d’attenuare gli effetti del-l’impugnativa su coloro che intrattengono rapporti continuativi o reiteraticon il debitore in difficolta (il pensiero naturalmente correva alle bancheed al problema delle rimesse in conto corrente, ma la riduzione del perio-do sospetto avrebbe agevolato – sotto il profilo de quo – anche i fornitoriabituali dell’impresa).

Non e certo un mistero che mi ero pronunciato, fin da subito, in sensocontrario a questo tipo di soluzione, la quale mi sembrava troppo forte e, altempo stesso, insufficiente:

— troppo forte, perche, date le lungaggini delle istruttorie prefalli-mentari (che, in certi Tribunali meridionali, superano di gran lunga, aquanto mi si dice, i sei mesi), si rischiava d’abrogare di fatto l’istituto del-la revoca dei pagamenti (compiuti alla scadenza con mezzi normali) e del-le garanzie (contestuali al sorgere del credito o prestate per debiti gia sca-duti), con la conseguenza di cancellare il principio della parita di tratta-mento tra i creditori, almeno in quell’accezione forte, che la tradizionecommercialistica ci aveva consegnato (il codice civile, infatti, si muovein tutt’altra direzione);

— ma anche insufficiente, perche, se in certi ambiti si voleva mantenere,nonostante la crisi dell’impresa, la correntezza delle relazioni commerciali,non bastava attenuare il rischio di revocatorie o ridimensionarne gli effetti,ma occorreva avere il coraggio di stabilire (come avevano gia fatto, prima dinoi, molti altri ordinamenti) che certe operazioni (utili alla conservazionedell’azienda, o volte al suo risanamento finanziario) non possono essere toc-cate, se compiute in buona fede ed in maniera oggettivamente corretta.

2.2. Da qui la proposta di prevedere una serie d’esenzioni dalla revoca,non piu legate, come in passato, alle qualita soggettive del terzo, che ha ri-cevuto l’attribuzione patrimoniale (la Banca d’Italia, gli istituti di credito su

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pegno, i soggetti che operano sul medio termine o erogano crediti speciali, ecosı via dicendo), ma fondate sulle oggettive caratteristiche funzionali d’al-cune tipologie d’operazioni.

2.3. Non si puo tacere, infine, che vi era un terzo orientamento di pen-siero, per il quale sarebbero bastati pochi ritocchi al vecchio impianto, inbuona sostanza limitati all’accoglimento della soluzione suggerita – con ri-ferimento alla revoca delle rimesse effettuate su conti correnti bancari – dal-la teoria del massimo scoperto.

Anche a tale riguardo, mi ero espresso in senso contrario: sia perchesussistevano altri problemi da risolvere ed altre fattispecie da sottrarre aglistrali dell’impugnativa; sia perche la revoca deve necessariamente dirigersicontro un atto o una serie di atti (per altro qualificati dallo stato di buonao mala fede dell’accipiens), e non puo avere ad oggetto una somma di de-naro, il cui ammontare venga determinato a prescindere dall’individuazionedelle fattispecie dichiarate inefficaci nei confronti dei creditori; sia, infine,perche l’accennata teoria del massimo scoperto dava esclusiva rilevanzaad un dato contabile, senza consentire alcun’indagine sulla funzione degliatti che avevano portato a quel risultato aritmetico e senza chiedersi se ildato numerico rispecchiava fedelmente la sostanza dei rapporti sottostanti.

3. La soluzione accolta dal legislatore. – Come spesso accade in casi delgenere, il legislatore ha finito con l’accontentare (o con lo scontentare) unpo’ tutti, accogliendo cumulativamente i tre rimedi che erano stati prospet-tati, con l’unica cautela di dare rilievo al massimo scoperto, non gia ai finidell’individuazione dei presupposti della revoca, bensı solo ai fini della de-terminazione dei suoi effetti (vedremo in seguito quali sono le conseguenzedi questo mutamento d’impostazione).

Arrivati a questo punto, vale poco recriminare: la cosa piu saggia eprendere atto delle scelte legislative e attendere il tempo necessario per po-terne sperimentare il reale impatto pratico.

Qui si puo solo aggiungere qualche considerazione di carattere genera-le, che cerchi almeno di spiegare come mai si e giunti al predetto risultato.

3.1. A mio sommesso avviso, per intendere la dinamica dell’interventoriformatore, occorre partire dalla premessa che, ad un certo punto, ha pre-valso la tesi (anche nella Commissione del Senato, ove era approdato, dopovarie vicissitudini, il progetto di riforma urgente della legge fallim.) d’impin-guare il numero delle esenzioni dalla revoca, a tutela d’una serie di soggetti(in primo luogo: gli acquirenti d’immobili e le banche), che si sentivano ves-sati dall’eccessivo rigore delle norme in materia.

Nonostante quest’apertura, il mondo bancario continuava a temere, tut-

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tavia, che le immunita previste con riferimento alle rimesse in conto corren-te fossero troppo elastiche, per escludere, in un futuro, un ritorno ai bennoti atteggiamenti rigoristici della giurisprudenza. Ne, d’altro canto, erapensabile formulare un divieto assoluto di revoca: sia perche sarebbe statoinutile, dato che anche le disposizioni piu recise nella formulazione letteralepossono essere messe in non cale in sede applicativa (l’esperienza insegna,infatti, quanto sia erroneo il vecchio motto, secondo il quale in claris non fitinterpretatio); sia, soprattutto, perche ci si rendeva conto dell’esigenza diporre un limite al privilegio, onde evitare che si trasformasse in un varco,attraverso il quale avrebbero potuto sfuggire all’impugnativa tutti i movi-menti di denaro, anche quelli riferibili ad operazioni fraudolente.

3.2. Proprio per questi motivi e stata reintrodotta nel testo definitivodella riforma la riduzione del periodo sospetto, con effetti tutto sommatopoco dirompenti per quanto concerne il termine biennale (dato che gli attianomali ricadono comunque nell’ambito d’applicazione della pauliana), macon conseguenze assai piu pericolose (almeno nelle previsioni di alcuni dinoi) per quanto concerne la revoca dei pagamenti e delle garanzie (a benguardare, infatti, anche le vendite al giusto prezzo possono essere impugna-te con la revocatoria ordinaria, pur essendo sottoposte al termine annualeprevisto dal comma 2 dell’art. 67, legge fallim.).

Naturalmente, solo il tempo dira se le mie preoccupazioni (condivise, adire il vero, da illustri Studiosi) erano fondate. Per ora, mi limito ad osser-vare che un’altra soluzione, suggerita da una parte della dottrina – di ridur-re il periodo sospetto, ma di farlo decorrere dall’istanza di fallimento, anzi-che dalla sentenza dichiarativa d’insolvenza – non e stata accolta per un tri-plice ordine di motivi: innanzi tutto, perche si temeva di legare il consolida-mento dell’acquisto (provocato dal decorso del termine per l’impugnativa)ad un evento (la presentazione di un’istanza di fallimento) che non vienepubblicizzato; in secondo luogo, perche si sarebbe consentito ai creditori,al debitore e, forse, persino ai terzi, d’influire sulla data d’inizio del periodosospetto, tramite una rinuncia alla predetta istanza, o tramite la tacitazionedella pretesa, che l’aveva supportata; infine, perche, per evitare i predettiinconvenienti, si sarebbe dovuto attribuire al Tribunale il potere di precisa-re a quale istanza di fallimento (anche se ritirata) si riferisce l’accertamentodello stato d’insolvenza, con un sostanziale ritorno al vecchio sistema dellasentenza di retrodatazione.

3.3. Qualunque cosa si pensi in merito alla riduzione del periodo so-spetto, una cosa tuttavia e certa: che la riforma del nostro ordinamentosul punto avra notevoli ripercussioni, di cui e difficile prevedere la portata:

a) innanzi tutto, e chiaro che il pericolo di «far perdere» le revocatorieesercitera una forte pressione sui Tribunali, affinche si pronuncino rapida-

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mente sull’istanza di fallimento, senza aspettare quell’evento salvifico, chedovrebbe eliminare – a dire del debitore – la «temporanea» impossibilitad’adempiere;

b) in secondo luogo, e probabile che non vi sia piu spazio, data la stret-tezza dei tempi, per accordi interbancari volti a procrastinare la dichiarazio-ne d’insolvenza, previa concessione del ben noto «pari grado» ipotecario;

c) in terzo luogo, e ovvio che gli intermediari finanziari dovranno moni-torare con maggiore attenzione, di quanta finora non ve ne dedichino, lecondizioni patrimoniali dei loro clienti, con un incremento di spese, che po-trebbe indurre gli intermediari stessi a modificare le condizioni e le moda-lita dell’erogazione del credito;

d) non si puo escludere, poi, che le maggiori spese di monitoraggio suidebitori – sopportate dalle banche – possano indurre il legislatore (qualoravolesse mostrarsi attento alla competitivita della nostra economia) ad in-trodurre nuove forme di garanzia, senza spossessamento, su tutti i beniaziendali;

e) e potrebbe accadere, infine, che il predetto adeguamento delle nostrenorme a modelli ormai da tempo praticati in altri Paesi produca, come ul-teriore effetto indotto, il passaggio da un sistema d’erogazione del creditofondato sul multi-affidamento (piu banche sovvenzionano la stessa impresaper rendere piu sopportabile il rischio d’insolvenza), ad un sistema fondatosu una relazione privilegiata con una sola banca, che conosca fino in fondole potenzialita dell’azienda ed i suoi eventuali profili critici.

Naturalmente, non e detto che gli effetti dianzi descritti si verifichinocon le modalita e nella concatenazione, che qui si sono immaginate. Mi pre-me rilevare, invece, che – nonostante il mio pessimismo sulle capacita direazione del nostro sistema economico (l’attitudine delle banche a monito-rare efficacemente le aziende affidate, per valutarne i rischi) e giudiziario (larapidita di decisione dei giudici) – molti dei predetti effetti avrebbero, in sestessi, una valenza positiva, giacche introdurrebbero un elemento di dina-micita nel nostro mercato, facendolo rassomigliare un po’ piu a quelli deiPaesi concorrenti (nella stessa direzione, del resto, si muovono gli accordiinternazionali solitamente denominati «Basilea 2»).

Cio posto, si deve avere anche la consapevolezza che, una volta imboc-cata una strada, per completare il disegno si renderanno necessari nuoviadeguamenti e correzioni, anche su settori normativi apparentemente lonta-ni (il pensiero va alle garanzie senza spossessamento) da quelli sui quali si eintervenuti.

4. Il sistema delle esenzioni. – Se quanto precede e vero, se ne deve de-durre che il sistema delle esenzioni costituisce uno dei due punti nevralgicidella nuova disciplina della revocatorie (l’altro, forse piu importante, e co-

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stituito, come s’e detto, dalla riduzione del periodo sospetto). La questione,pertanto, deve essere affrontata con molta attenzione e, mi permetterei diaggiungere, con lo spirito giusto.

Sono note, infatti, le polemiche gia divampate al riguardo. Si e avuta lasensazione, infatti, che le nuove norme siano nate da istanze corporative o,peggio ancora, dalla pressione di certi gruppi di potere. Questo sospetto haavvelenato l’atmosfera, producendo degli atteggiamenti di rigetto che nuoc-ciono alla serenita della discussione e – quel che piu conta – possono indur-re a travisare il significato d’alcune norme, con la conseguenza d’attribuireloro dei contenuti e delle funzioni molto diversi da quelli desumibili daun’attenta esegesi, o da un inquadramento sistematico confortato dal raf-fronto con altri ordinamenti.

Con cio non voglio negare che, sul piano tecnico, si poteva fare di me-glio (ma quale opera dell’uomo non e perfettibile?); che si sarebbe dovutoresistere a questa o a quell’istanza corporativa; che ad alcuni problemi si po-tevano dedicare discipline piu articolate, mentre il dettato d’altre normeavrebbe potuto essere piu asciutto ed essenziale. Tuttavia, si deve stare at-tenti a non buttare il bambino con l’acqua sporca; e, soprattutto, si devecercare di cogliere lo spirito complessivo della riforma, prima di passare al-l’analisi delle singole disposizioni.

4.1. Per preparare il terreno al prosieguo dell’indagine, mi sembra op-portuno, pertanto, richiamare l’attenzione su alcuni punti di grande rilievoal fine d’una corretta ricostruzione del sistema.

A) Innanzi tutto, non mi pare che il legislatore possa essere accusatod’eccessivi cedimenti, in favore d’interessi particolari o corporativi.

Certo: puo sorprendere che il privilegio per l’acquisto d’immobili aduso abitativo sia stato esteso fino alle abitazioni degli «... affini entro il terzogrado». Ma – a parte il fatto che, in caso d’abuso, potrebbero scattare leazioni volte ad accertare il carattere simulato dell’atto o la frode alla legge– non puo, certo, essere questa norma a connotare la riforma: sia perche ilcommercio d’immobili ad uso abitativo non ha piu quel ruolo centrale, nel-la nostra economia, che aveva fino a pochi anni addietro; sia perche, comevedremo, nella coscienza sociale si sta attenuando la valutazione negativa –sotto il profilo della frode ai creditori – che un tempo contrassegnava tuttele alienazioni, a prescindere dalle circostanze nelle quali erano state poste inessere.

B) L’attenzione deve concentrarsi, allora, su altre fattispecie, tra le qualinaturalmente spiccano le rimesse sui conti correnti bancari ed i pagamentinei termini d’uso.

Anche a tale riguardo, tuttavia, il discorso non puo essere chiuso conbattute semplicistiche e ad affetto – del tipo: «hanno vinto i soliti noti (lebanche ed i creditori forti)» – giacche si deve partire dal presupposto che

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la par condicio ha un senso etico (di solidarieta) ed una precisa funzione eco-nomica (di ridistribuire le perdite derivanti dall’insolvenza per renderle piusopportabili, con un meccanismo di tipo assicurativo), se sono uguali, o al-meno assimilabili, le situazioni di partenza, sulle quali s’incide per ridurretutti i crediti allo stesso denominatore (1).

Il predetto principio, invece, diventa arbitrario (o, comunque, pocofunzionale rispetto a quegli interessi, che vorrebbe proteggere), se le situa-zioni di partenza sono diverse: o perche il rapporto serve ad espletare unservizio cassa, per sua natura estraneo alla dinamica dei fatti aziendali,che hanno prodotto o aggravato il dissesto dell’impresa (mentre la soluzio-ne accolta dalla giurisprudenza finiva col concentrare sull’intermediario leperdite derivanti dall’insolvenza del debitore); oppure, perche l’operazionefavorisce la conservazione del complesso produttivo, con un’evidente utilitaper l’intera massa dei creditori.

C) Infine, ma non certo per ultimo in ordine d’importanza, si deve averela consapevolezza che le esenzioni dalla revocatoria, introdotte dalla rifor-ma, esistono – sia pure con caratteristiche tecniche e tipologiche parzial-mente diverse – in tutti i sistemi concorsuali avanzati.

Il legislatore, quindi, non ha inventato nulla di nuovo, ma s’e messo nelsolco di una tradizione gia sperimentata a livello comparatistico, che nonpoteva piu essere ignorata, senza arrecare un grave pregiudizio alla nostraeconomia.

4.2. Naturalmente, il buon funzionamento del sistema creato dalle nuo-ve norme resta affidato, adesso, alle mani degli interpreti chiamati ad appli-carle; ed il compito e tanto piu delicato, in quanto il legislatore ha fatto unuso massivo di clausole generali ed espressioni indeterminate, che lascianoun ampio margine di discrezionalita al giudice.

Proprio per questo, pero, e importante intendere la ratio delle innova-zioni introdotte dalla riforma: che non e di creare un diritto singolare, a fa-vore dei soggetti piu forti dal punto di vista economico; ma e di sceverare lecondotte ritenute utili al superamento della crisi (i piani di consolidamentofinanziario) o alla conservazione di valori organizzativi (in vista di un con-cordato o della semplice vendita dell’azienda o di un ramo d’azienda), dallecondotte che perseguono obbiettivi puramente egoistici, in frontale contra-sto con il bene inteso interesse della massa dei creditori.

L’interprete, pertanto, deve sentirsi coinvolto in un disegno strategico

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(1) Per una recisa affermazione dell’idea che la parita di trattamento tra i creditori nondeve essere considerata come un «valore-fine», bensı come un «valore-mezzo», mi permetto dirinviare a Terranova, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, Milano, Giuffre,2004, pag. 51 seg.

di conservazione di valori aziendali, in modo da far prevalere le ragioni del-l’economia sugli esercizi di pura e semplice classificazione astratta, ovvia-mente senza perdere di vista l’esigenza di reprimere le frodi.

Del resto, e risaputo che, quando entra in gioco la frode – sia essa allalegge o ai creditori – la funzione materiale della complessiva operazioneeconomica, nella quale il singolo atto s’inserisce, finisce sempre col preva-lere sulla qualificazione formale della fattispecie.

5. A) I pagamenti nei termini d’uso. – Non e certo un caso, se l’elencodelle nuove esenzioni si apre con «i pagamenti di beni e servizi effettuati nel-l’esercizio dell’attivita d’impresa nei termini d’uso».

Si tratta, infatti, dell’innovazione piu rilevante, sotto il profilo sistema-tico: non solo perche sara presumibilmente quella di piu estesa applicazionepratica; ma soprattutto perche da un’immagine molto efficace dello spiritodella riforma, la quale e volta a preservare l’attivita produttiva dagli effettiperversi delle revocatorie, a patto che il debitore ed i terzi s’attengano a cer-te elementari regole di correttezza.

5.1. In realta, l’esigenza di mettere in salvo i pagamenti di debiti scaduti,effettuati con mezzi normali, era gia emersa all’interno della commissioneTrevisanato, ma – a mio sommesso avviso – aveva trovato espressionein termini troppo generici ed insoddisfacenti, per essere accolta.

Si riteneva, infatti, di poter collocare sullo stesso piano tutti gli atti so-lutori compiuti con denaro o con altri strumenti ordinari di pagamento,senza distinguere a seconda del tipo di rapporto, che veniva estinto (2).In altri termini, s’equiparava il pagamento della rata di un mutuo, o il pa-gamento d’arretrati per certi servizi o forniture, al pagamento delle presta-zioni effettuate per mandare avanti l’azienda, in attesa di trovare uno sboc-co alla crisi.

La formulazione finale della norma, invece, e molto piu ristretta, per-che, per un verso, riguarda solo i pagamenti di beni e servizi (effettuati nel-l’esercizio dell’attivita d’impresa) e, quindi, implicitamente esclude ogniesenzione per i pagamenti delle rate o dei saldi di mutui (o di altri rapportitipicamente creditizi: v. avanti), anche se venuti a scadere proprio alle datenelle quali sono stati compiuti gli atti solutori; mentre, per altro verso, siriferisce esclusivamente ai pagamenti compiuti nei termini d’uso, lasciandofuori dalla predetta immunita i pagamenti di pretese arretrate.

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(2) La distinzione, semmai, veniva posta tra atti necessari e atti non necessari alla con-servazione dell’impresa, con la conseguenza di imporre valutazioni di natura teleologica,che potevano prestarsi ad incertezze ed arbitri.

5.2. Per intendere la ratio delle accennate distinzioni, e opportuno, for-se, segnalare che le stesse trovano un precedente in archetipi concettualiben noti ad altre esperienze giuridiche e, in particolare, all’ordinamento te-desco, nel quale da tempo sono esentate dalla revocatoria le prestazioni ef-fettuate mano contro mano, nell’assunto che chi le compie non ha «seguitola fiducia» del debitore ma, anzi, proprio per la reciprocita e la contestualitadelle prestazioni, ha fatto implicitamente affidamento su un embrionalemeccanismo di garanzia. In altri termini, si parte dal presupposto che l’attonon ha arrecato danno alla massa, perche il bene non sarebbe stato immes-so nel patrimonio del fallito, se non fosse stato contestualmente saldato ilprezzo.

Naturalmente, con l’evolversi dei rapporti economici la contestualitadelle reciproche prestazioni e stata intesa in senso sempre piu blando, giac-che si e dovuto tenere conto del fatto che le imprese sono solite pagare iloro debiti nei confronti dei fornitori con una breve dilazione tecnica.

Il progressivo ampliamento della fattispecie, tuttavia, non ha mai porta-to ad estendere l’esenzione oltre certi limiti, giacche la revocatoria – comes’e accennato – torna a colpire chi mostra di voler seguire la fiducia del de-bitore: o perche stipula un tipico contratto di finanziamento (un mutuo,un’apertura di credito e via dicendo); oppure perche lascia che s’accumu-lino prestazioni non pagate, con la conseguenza di passare (sia pure obtortocollo) dalla parte dei finanziatori dell’impresa.

5.3. Questa differenza di trattamento – tra creditori lato sensu finanzia-ri, da un lato, e fornitori, dall’altro – a prima vista, puo sorprendere, giaccherompe l’apparente assolutezza del principio consacrato nell’art. 2741, cod.civ., e della sottesa ideologia, che fa capo al Code Napoleon ed alla tradizio-ne francese (3).

A ben guardare, pero, l’accennata differenza di trattamento si fonda suprecise esigenze economiche, che finiscono col giustificarla anche sul pianogiuridico.

Dal primo punto di vista (quello economico), e opportuno ricordarequanto si diceva dianzi in merito alle caratteristiche del nostro sistema fi-nanziario, che si fonda tuttora sulla tecnica del «multi-affidamento», in basealla quale le banche (e gli altri intermediari creditizi) ripartiscono su unapluralita di soggetti i rischi legati all’insolvenza dei loro clienti, per non ca-ricarsi della responsabilita di seguirli da vicino nella gestione dell’impresa.In tale ottica, la par condicio assolve ad una funzione assicurativa, giacche

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(3) Per qualche approfondimento cfr. ancora Terranova, Le procedure concorsuali, cit.,pag. 51 seg.

la redistribuzione delle perdite (conseguita con lo strumento della revoca-toria fallimentare dei pagamenti e delle garanzie) ne ammortizza l’impattosui singoli finanziatori, con la conseguenza di consentire – come s’e detto– una consistente riduzione dei costi, sul versante del monitoraggio dellecondizioni economiche dei debitori sovvenzionati.

Queste affermazioni potrebbero sembrare molto meno sicure, se ci sisposta sul piano giuridico, giacche l’esigenza di tutelare i creditori chirogra-fari (che e l’altra faccia della par condicio) non sembra una caratteristica spe-cifica del mondo finanziario (il quale usa avvalersi di raffinati sistemi di ga-ranzie) e, comunque, la legge non reca traccia della distinzione in parola.

A ben guardare, pero, alcuni segni premonitori erano gia emersi, alme-no a livello giurisprudenziale, nel dibattito sulla revoca delle rimesse (v.avanti), poiche la stessa distinzione tra conti correnti passivi e conti correntiscoperti sembrava voler dare un qualche rilievo alla differenza tra la pura esemplice attivita d’interposizione nei pagamenti (che poteva essere esentatadalla revocatoria) e l’attivita finanziaria in senso stretto (che doveva soggia-cere alle limitazioni imposte dalla par condicio); per non dire, poi, che taletendenza doveva farsi ancora piu evidente nei tentativi di valorizzare la con-testualita delle prestazioni (pagamenti mano contro mano e rimesse bilan-ciate), tutti fondati sul rilievo della sostanziale mancanza di una prestazionecreditizia.

Sulla base di tali premesse, non mi sembrerebbe esagerato, pertanto, in-dividuare tra i creditori finanziari una qualificata comunione d’interessi, chea sua volta giustifica le accennate forme di solidarismo (al riguardo sugge-rirei di parlare di una «solidarieta ristretta», per distinguerla da quella, assaipiu evanescente, che dovrebbe legare, nel disegno del codice, l’intera massadei creditori).

5.4. Il discorso e molto diverso per i fornitori: non tanto perche costoro,erogando beni e servizi, consentono di mandare avanti l’attivita d’impresa(in fondo anche i finanziatori lo fanno); quanto perche in loro favore operaquello strumento improprio di garanzia, che e costituito dalla contestualita(sia pure nel senso elastico ed allargato, di cui sopra) tra la prestazione e lacontroprestazione.

Di primo acchito potrebbe sembrare che tale assunto faccia a pugni conquanto dianzi si e detto in merito al fatto che il creditore non puo procu-rarsi – pena la revoca – nuove garanzie, qualora il debitore si trovi in statod’insolvenza o prossimo all’insolvenza.

Approfondendo l’indagine, ci si rende conto, tuttavia, che le cose nonstanno in questi termini, giacche il sistema delle revocatorie impedisce d’ac-quisire diritti di prelazione su beni che fanno gia parte, alla data dell’atto,del patrimonio del fallito; ma non impedisce ai terzi di trattenere in garanziaun bene che non e ancora entrato nella sfera patrimoniale del debitore e che

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sarebbe destinato a restarne fuori, qualora le obbligazioni contratte per l’ac-quisto non venissero adempiute: solo cosı, infatti, si spiega come mai il pa-gamento delle ultime rate del prezzo di una compravendita con riserva diproprieta (o il pagamento dei canoni e del corrispettivo per l’esercizio deldiritto d’opzione in un rapporto di leasing) non venga sottoposto a revoca,qualora l’atto solutorio abbia consentito d’acquisire alla massa un bene, dalquale si puo ricavare, mettendolo all’asta, una maggiore somma di denaro.

Qualche cosa di simile si verifica nelle prestazioni mano contro mano (edin tutte le altre fattispecie ad esse equiparate), anche se e ovvio che qui si parladi «garanzia» in senso assolutamente atecnico, e cioe al solo fine di spiegare ilfondamento dell’esenzione prevista dalla legge: non puo sfuggire, infatti, che ilfornitore, sebbene si accontenti d’essere pagato nei termini d’uso, ha comun-que in mano una leva molto efficace per ottenere l’adempimento, giacche,qualora le sue pretese non venissero soddisfatte, potrebbe interrompere – co-me ora la legge l’incoraggia a farlo – l’erogazione dei suoi servigi.

Nella dinamica dei rapporti d’impresa, pertanto, anche tali crediti pos-sono essere considerati alla stessa stregua di quelli «garantiti».

5.5. Le considerazioni che precedono consentono di chiarire alcunipunti controversi.

Innanzi tutto, se l’archetipo concettuale della previsione normativa, dicui stiamo parlando, deve essere individuato nel pagamento mano contromano, non v’e motivo di ritenere che la tutela dell’accipiens resti preclusa,qualora il pagamento sia stato effettuato addirittura prima dello scadere deltermine d’uso.

Certo: la fretta con la quale il fornitore s’e mosso, per ottenere l’adem-pimento della sua pretesa, fa sospettare che conoscesse lo stato di dissesto,in cui versava il debitore; e si puo anche temere che sia stata effettuata qual-che pressione per ottenere il pagamento immediato, senza attendere i tempitecnici normalmente necessari per la «lavorazione» della fattura.

Tuttavia, se e vero che la tutela si fonda sulla contestualita, o quasi-con-testualita dello scambio tra prestazione e controprestazione, la conoscenzadello stato d’insolvenza e la fermezza, con la quale il fornitore ha chiestol’immediato soddisfacimento della pretesa, non contraddicono le ragioniper le quali e stata concessa l’esenzione, a meno che non si sia voluto con-seguire un vantaggio ingiusto: ma, allora, la faccenda e ben diversa e ci siavvicina all’aera della rescissione o dell’usura.

In altre parole, l’espressione «nei termini d’uso», usata dal legislatore, valetta come se dicesse «entro i termini d’uso»: in modo da valorizzare il rap-porto di prossimita cronologica tra le due prestazioni, non il puntuale ri-spetto delle prassi amministrative dell’impresa.

5.6. In secondo luogo, e evidente che «l’uso», di cui parla la norma,

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non e quello intercorso tra il fallito ed il singolo fornitore, o quello cheviene arbitrariamente praticato dal primo con la generalita dei suoi credi-tori (qualora il debitore sia un ritardatario cronico o, addirittura, un «re-nitente» all’adempimento); ma e l’uso che corre su piazza, avendo cura didistinguere a seconda del tipo di prestazione effettuata ed a seconda deicontrolli tecnici e dei riscontri contabili necessari per eseguire determinatiatti solutori (distinti per importo, per modalita e luogo dell’adempimento,e via dicendo).

Anche in questo caso, infatti, non si tratta di stabilire se il ritardo, concui e avvenuto l’atto solutorio, era in grado di suscitare nell’accipiens – datele particolari abitudini del debitore – uno specifico allarme, in merito ad uneventuale peggioramento della situazione economica dell’impresa; ma sitratta di stabilire, se il predetto ritardo ha un fondamento oggettivo: tenen-do conto, tutt’al piu, del fatto che certe facilitazioni vengono concesse allaclientela da tutti gli operatori del settore, per non perdere gia in partenza ilconfronto sul piano concorrenziale.

In realta, nel corso dei lavori preparatori si era anche prospettata la pos-sibilita di fare riferimento ad un termine fisso di trenta giorni: sia per ren-dere piu agevole l’applicazione della norma; sia per adeguare, sul punto, lanuova legge fallim. all’impostazione seguita dagli ordinamenti presi a mo-dello; sia, soprattutto, per metterla in sintonia con il comma 2 dell’art. 4del Decreto legislativo 9 ottobre 2002, n. 231 (d’attuazione della DirettivaCE 35/2000), che dispone (per i casi ordinari) il decorso degli interessi perritardato pagamento dal predetto termine, anche a prescindere da una for-male costituzione in mora del debitore.

Alla fine, pero, e prevalsa l’idea (che mi sembra ragionevole) di conce-dere, ai fini della revocatoria, un termine piu elastico di quello previsto perla decorrenza degli interessi moratori: non solo perche gli «usi» sono tuttorascarsamente influenzati dal predetto intervento legislativo; ma soprattuttoperche la sanzione (la revoca del pagamento) sarebbe stata molto piu inci-siva e pesante di una semplice addizionale di oneri accessori (i predetti in-teressi e le spese).

Cio posto, tuttavia, non si puo ignorare che l’ordinamento si muove – inpiena sintonia con i diritti degli altri Paesi europei – in una certa direzione,di maggior rigore; e, di conseguenza, non si puo certo dare rilievo a prassipuramente individuali (che non si siano concretizzate in quegli accordi, chela legge dianzi richiamata pure espressamente prevede), se ci si vuole op-porre ad un ulteriore rilassamento dei costumi. In altre parole: l’elasticitava bene, ma ... con giudizio!

5.7. Il riferimento al modello delle prestazioni contestualmente eseguitepuo spiegare, infine, come mai il legislatore non abbia ritenuto d’esentaredalla revoca (oltre ai pagamenti eseguiti nei termini d’uso) le vendite dei pro-

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dotti aziendali, che sono anch’esse indispensabili per dare continuita al cicloproduttivo.

Nella prospettiva qui suggerita, infatti, il problema non e d’attribuire aldebitore un salvacondotto, che gli consenta di compiere tutti gli atti di ge-stione dell’impresa, purche non presentino particolari anomalie dal puntodi vista funzionale: se cosı fosse, non vi sarebbe bisogno di una specificadisciplina fallimentaristica dell’istituto, ma ci si potrebbe accontentare diquella dettata dal codice civile per la cosiddetta pauliana.

Il problema, invece, e di capire se si possono individuare alcune carat-teristiche tipologiche della fattispecie, che consentano di sottrarla agli stralidell’impugnativa, senza ledere il bene inteso interesse dei creditori e senzaaprire nel sistema revocatorio una falla troppo ampia, attraverso la qualepossa passare ogni tipo d’operazione fraudolenta.

Nel campo degli atti estintivi v’e, a livello comparatistico, una consoli-data tradizione, che in buona sostanza si fonda – come s’e visto – sul rico-noscimento d’alcune forme atecniche di garanzia, che in genere si riferisco-no a rapporti continuativi o reiterati e che, proprio per questo, appaionoparticolarmente meritevoli di tutela.

Nel campo degli atti di disposizione, invece, non vi sono indicazioni al-trettanto univoche, giacche persiste la preoccupazione che il debitore, conla scusa di dover gestire l’azienda, possa liquidare l’intero patrimonio, la-sciando ai creditori solo le briciole.

Come vedremo, la riforma ha compiuto qualche intervento anche inquesta materia (vendite d’immobili ad uso abitativo; alienazioni necessarieal risanamento finanziario dell’impresa), ma manca ancora un sicuro criteriodirettivo, di carattere generale, al quale affidarsi.

Anche qui, forse, si potrebbe pensare di collegare l’esenzione dalla re-voca al concetto di «fornitura», che in qualche modo richiama l’idea di unareiterazione di rapporti.

Sul punto, pero, si dovra ritornare alla fine del lavoro, quando avremomodo d’esaminare il ruolo del danno nel nuovo sistema revocatorio.

6. B) Le rimesse su conti correnti bancari. – Le considerazioni svolte conriferimento ai pagamenti compiuti nei termini d’uso consentono di com-prendere meglio il fondamento dell’esenzione prevista per le rimesse effet-tuate su conti correnti bancari: anche qui, infatti, ci troviamo di fronte aduna garanzia impropria, costituita dal meccanismo del conto corrente, chesottopone ad una disciplina unitaria una serie di contrapposte pretese, perfavorirne la compensazione; anche qui l’esenzione e limitata, come vedre-mo, ad atti che si trovano in una stretta relazione temporale con le presta-zioni effettuate a favore del fallito; anche qui, in definitiva, si distingue travicende modificative o estintive dei rapporti di finanziamento intercorsi tra

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banca e cliente (che restano assoggettate all’impugnativa), e versamenti at-tinenti al servizio cassa (o, se si preferisce, vicende concernenti un rapportodi natura schiettamente monetaria, non creditizia), che restano immuni dal-la revoca.

6.1. Obiettivi e limiti dell’intervento legislativo. – Come si vede, la ratiodelle due esenzioni e, sotto molti versi, analoga. Non si puo negare, tuttavia,che la problematica concernente le rimesse presenta delle peculiarita, dellequali occorre tenere conto, per interpretare in maniera corretta il dato nor-mativo.

Si deve considerare, infatti, che il legislatore s’e trovato di fronte ad unaduplice esigenza: per un verso, ha dovuto chiarire, una volta per tutte, chele rimesse non sono pagamenti e non possono essere revocate, a prescinderedal fatto che vengano ad incidere su un conto corrente passivo o su un con-to corrente scoperto; per altro verso, pero, e sembrato altrettanto doverosoimpedire che le banche possano approfittare della predetta immunita, perimporre ai clienti dei rientri dalla loro esposizione debitoria, o per estingue-re dei veri e propri rapporti creditizi, facendo passare i relativi pagamentiattraverso il meccanismo del conto corrente.

6.2. La soluzione prospettata dalla Commissione «Trevisanato». – Il pro-blema era stato risolto dalla Commissione «Trevisanato» collegando l’esen-zione dalla revocatoria al concetto di «regolare movimentazione del conto».

In tal modo, si era gia superata – a mio sommesso avviso, ma qualcunonutriva dei dubbi al riguardo – la distinzione tra rimesse affluite su conticorrenti passivi e rimesse effettuate su conti correnti scoperti, giacche l’ac-cento della disciplina non cadeva piu sugli effetti (di pura e semplice estin-zione del debito, o di contestuale reintegrazione del credito disponibile)prodotti dal singolo versamento, ma si spostava sulla complessiva regolaritadei flussi monetari in entrata ed in uscita dal conto, e cioe sul continuo sus-seguirsi d’accrediti e d’addebiti, a prescindere dalla circostanza che l’entitadelle poste passive avesse superato, in qualche caso, il limite del fido formal-mente accordato dalla banca al proprio cliente.

Del resto, tale soluzione aveva un innegabile fondamento logico, per-che, se il conto viene movimentato con regolarita, finisce con l’autoalimen-tarsi (dato che le entrate pareggiano le uscite) e, quindi, finisce con l’esple-tare una funzione, che non e piu di carattere prevalentemente finanziario,bensı di semplice supporto ad un «servizio cassa». In altri termini, l’esenzio-ne prevista dal progetto «Trevisanato» si spiegava, perche la funzione di unconto regolarmente movimentato, non e tanto quella di fornire una presta-zione creditizia (che potrebbe addirittura mancare, qualora l’attivita soluto-ria venga alimentata in parte con i depositi ed in parte con il fido), quantoquella d’effettuare una serie di pagamenti in moneta scritturale (come sur-

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rogato della moneta legale), con un rilevante risparmio di spese per la sin-gola impresa e per l’intero sistema economico.

6.3. La soluzione accolta dalla riforma. – La soluzione che, alla fine, estata scelta dal legislatore si pone nel solco tracciato dal progetto «Trevisa-nato», con l’aggiunta di due ulteriori obiettivi:

a) eliminare ogni dubbio sul fatto che la «regolarita» della movimenta-zione del conto va cercata nell’uniformita e nella costanza dei flussi mone-tari che l’attraversano, mentre non ha nulla a che vedere con l’esistenza d’e-ventuali scoperture; le nuove disposizioni muovono, infatti, dal presuppo-sto che l’esistenza di conti scoperti (pur violando le norme di condotta det-tate dalla Vigilanza per tenere sotto controllo l’entita delle masse monetarieimmesse sul mercato) non incide sulla disciplina privatistica dei rapporti in-staurati dalla banca con la clientela;

b) chiarire che le rimesse restano soggette a revocatoria, non solo quan-do il conto e «sostanzialmente» immobilizzato (sebbene sul piano formalerisulti ancora aperto), ma anche quando la banca impone al correntistaun rientro, chiedendogli di ridurre l’utilizzazione del fido, sia pure in ma-niera graduale e senza bloccare il funzionamento del rapporto.

6.3.1. Sul primo punto, l’impostazione seguita dalla riforma e molto di-versa da quella accolta dalla giurisprudenza a partire dalla nota sentenzadella suprema Corte, n. 2745 del 1982.

Con quella pronuncia la Cassazione aveva riconosciuto che le rimesse,in alcuni casi, possono essere esentate dalla revoca, sebbene abbiano pro-dotto un effetto estintivo sull’esposizione debitoria del correntista nei con-fronti della banca; com’e noto, pero, il supremo Collegio aveva collegatotale immunita alla distinzione tra rimesse effettuate su un conto correntepassivo e rimesse affluite su un conto corrente scoperto.

In un primo tempo, la soluzione era sembrata un «onorevole compro-messo» tra le tesi rigoriste (secondo le quali si sarebbero dovuti revocaretutti i versamenti effettuati su conti correnti passivi, in quanto avrebberoprodotto un effetto estintivo sull’esposizione del correntista nei confrontidella banca) e le tesi che, attribuendo alle rimesse la funzione di commutaremoneta legale in moneta scritturale, ne sostenevano l’irrevocabilita per as-senza di danno.

Ben presto ci si doveva accorgere, tuttavia – ed era agevole prevederlo –che il «compromesso», in pratica, non funzionava, perche non riusciva a te-nere indenne il sistema bancario da una sommatoria di azioni revocatorie,che superavano di gran lunga l’entita dei fidi accordati dalle aziende di cre-dito ai propri clienti.

Le scoperture sui conti, infatti, continuavano ad essere piu frequentie piu rilevanti di quanto non ci si sarebbe aspettato: non solo, perche le

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banche preferiscono tenere sotto pressione i clienti in difficolta e lucrarelaute commissioni sul massimo scoperto, con atteggiamenti, a dire il vero,poco commendevoli; ma soprattutto perche una serie d’eventi – il ritornod’effetti insoluti, l’addebito d’interessi, l’immediata disponibilita – infor-malmente concessa al cliente – del netto ricavo da anticipazioni su titoliceduti per l’incasso o su mandati a riscuotere, e cosı via dicendo – fini-vano col creare dei temporanei, ma reiterati, debordi dal fido accordato,con l’effetto di creare una serie di sconfinamenti, dei quali la banca spes-so non era neppure consapevole, giacche emergevano solo in sede falli-mentare, allorquando il conto veniva «rivisitato» dai tecnici della curate-la, sulla base di un diverso sistema di calcolo, che dava rilievo – secondoquanto insegnato dalla suprema Corte – ai saldi disponibili, invece che aipuri e semplici saldi contabili giornalieri.

Tutto cio aveva creato una situazione insostenibile, che ha sicuramenteinfluito sull’intervento normativo, volto a valorizzare – come s’e detto – laregolarita dei flussi e la funzione economica delle operazioni registrate sulconto, anziche gli effetti prodotti dal singolo versamento.

Del resto, la distinzione tra rimesse affluite su conti correnti passivi erimesse affluite su conti correnti scoperti poggiava su basi teoriche assai fra-gili: sia perche la funzione dell’atto – dalla quale dipende la sua qualifica-zione tipologica ed il conseguente giudizio sulla soggezione alla revocatoria– non ha nulla a che vedere con le condizioni nelle quali si trova casualmen-te il conto; sia perche la predetta distinzione finiva col dare rilievo a dati dinatura esclusivamente contabile, che non dicono nulla sulla sostanza econo-mica dei rapporti intercorsi tra le parti; sia perche, infine, il cosiddetto «cre-dito disponibile» e una situazione soggettiva – come mi lusingo d’avere di-mostrato in altra sede (4) – assai piu labile delle comuni pretese pecuniarie,giacche presuppone la collaborazione della banca nella consegna delle som-me promesse in prestito (ove si scorge un riflesso della perdurante ascrizio-ne del mutuo alla categoria dei contratti reali), e non e, quindi, molto diver-so dal cosiddetto fido «di fatto» (5).

6.3.2. Meno dirompente, rispetto al passato, e la precisazione che le ri-messe continuano ad essere assoggettate all’azione revocatoria, quando l’at-

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(4) Cfr. G. Terranova, Conti correnti bancari e revocatoria fallimentare, Milano, 1982,pag. 51 seg.

(5) E opportuno segnalare – anche per cercare di capire quale potrebbe essere l’atteg-giamento della suprema Corte nell’interregno tra vecchia e nuova disciplina (v. avanti nel te-sto) – che una recente sentenza del supremo Collegio (14470/2005, segnalata da Tarzia)avrebbe dato rilievo al fido concesso per fatti concludenti.

teggiamento del correntista e «pilotato» dalla banca, per ottenere una signi-ficativa riduzione della sua esposizione debitoria.

Al riguardo, infatti, e opportuno ricordare come la suprema Corte ab-bia avuto modo di precisare, in molte occasioni, che le rimesse debbono ri-tenersi soggette all’impugnativa, anche quando cadono su un conto corren-te formalmente «affidato», ma sostanzialmente chiuso (come accade, quan-do la banca si rifiuta di consegnare al cliente i carnet d’assegni necessari perutilizzare le somme messe a sua disposizione).

La riforma si pone nel solco tracciato dal supremo Collegio, ma in uncerto senso lo amplia, giacche contempla anche le ipotesi nelle quali l’azien-da di credito non ha chiuso il rapporto, ma si e limitata ad ordinare un par-ziale rientro. A ben guardare, infatti, anche qui v’e un’anomalia nel funzio-namento del conto, giacche alcune rimesse, invece d’essere utilizzate perespletare il servizio cassa, vengono dirottate a ripianare i rapporti internitra correntista e banca, con una sostanziale riduzione del fido, da sanziona-re sul piano revocatorio.

6.4. La struttura della norma e la ripartizione dell’onere della prova. –Una volta chiariti gli obiettivi della riforma, diventa piu agevole verificare– anche se mi si potrebbe obbiettare che incorro in un’inversione logica nel-la trattazione della materia – se l’intento del legislatore (quale risulta dallungo travaglio delle commissioni ministeriali) si e tradotto in congrue edefficaci formule normative.

Volendo procedere con il metodo delle approssimazioni successive, eopportuno, innanzi tutto, richiamare l’attenzione sul fatto che l’enunciatonormativo in esame ha una struttura binaria, giacche puo essere idealmentediviso in due parti. La prima pone la regola, secondo la quale «Non sonosoggett[e] all’azione revocatoria: ...b) le rimesse effettuate su un conto corren-te bancario». La seconda contiene l’eccezione: che l’atto non abbia «ridottoin maniera consistente e durevole l’esposizione debitoria del fallito nei con-fronti della banca».

Il rilievo, per quanto elementare, e importante: in primo luogo, perchepone come punto fermo che le rimesse «di norma» sono esentate dall’impu-gnativa; in secondo luogo, perche individua il criterio in base al quale ripar-tire l’onere della prova, giacche tocchera al curatore dimostrare che l’attopuo essere revocato.

Una volta assodato, infatti, che un certo versamento viene a cadere su unconto corrente bancario (e che, di conseguenza, deve essere qualificato come«rimessa»), spetta all’attore dimostrare che esso ha ridotto «in maniera consi-stente e durevole» l’esposizione del fallito nei confronti dell’azienda di credito.

6.5. La riduzione «consistente e durevole» del debito. – Resta da vederein che modo il curatore possa assolvere a tale onere probatorio.

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A mio sommesso parere – dopo aver chiarito che l’esenzione dalla re-voca si fonda sulla regolarita del flusso monetario; e dopo aver specificatoche l’eccezione si riferisce alle fattispecie, nelle quali la banca ha impostoun rientro al correntista – appare di tutta evidenza che, per valutare se lariduzione dell’esposizione deve ritenersi «consistente e durevole», occorreprendere in esame la precedente movimentazione del conto, al fine d’ac-certare: quale sia stato il livello d’indebitamento normalmente tolleratodalla banca; con quale ritmo le rimesse ed i riutilizzi si sono, di solito, sus-seguiti nel tempo.

In altre parole, occorre verificare: a) se i saldi intermedi e, soprattutto, ilsaldo finale presentano una notevole divergenza rispetto all’ordinario livellod’esposizione del conto; b) se tale divergenza deve ritenersi occasionale,perche poi e rientrata a seguito di concreti riutilizzi da parte del cliente,e non per effetto del solo addebito d’interessi e provvigioni; c) se la riduzio-ne dell’esposizione del cliente era destinata, invece, a stabilizzarsi, in quantorispondeva ad un preciso disegno dell’azienda di credito, volto a ridurre irischi su quella determinata posizione.

Qualora si condividano queste premesse, se ne deve dedurre che:i) la riduzione dell’esposizione del correntista (sulla quale si fonda, ora,

la revocabilita dell’atto) puo essere provocata anche da una serie di rimesse,inframmezzate da riutilizzi, purche si riscontri una «anomalia», rispetto alpregresso andamento del conto;

ii) la riduzione e «consistente», quando supera le normali oscillazioni dellivello d’utilizzazione del fido, sı da farla apparire preordinata ad un pro-gressivo «rientro» del correntista; e appena il caso d’osservare, poi (ma alriguardo e sorto qualche equivoco), che il requisito della consistenza deveessere riferito alla riduzione dell’indebitamento del cliente, non alla singolarimessa, giacche i versamenti da revocare potrebbero essere di piccolo im-porto, purche s’inseriscano in quel disegno complessivo di rientro, di cuistiamo parlando;

iii) non e possibile individuare a priori quale misura debba avere la pre-detta riduzione, per essere rilevante ai fini che qui interessano: qualcuno haproposto la soglia del 25%, in analogia con quanto ora previsto per la re-voca dei contratti a prestazioni sperequate, ma l’accostamento non sembrapertinente;

iv) per accertare se la riduzione e «durevole», occorre valutare in con-creto l’andamento del conto, con specifico riferimento alla sua funzione(un conto corrente, sul quale s’appoggia un castelletto di sconto di titolio di ricevute, e di solito utilizzato con maggiore discontinuita, rispetto adun conto corrente volto a pagare le spese minute);

v) le due accennate caratteristiche – il fatto, cioe, che la riduzione del-l’indebitamento sia «consistente e durevole» – debbono sussistere entrambe,ai fini dell’impugnativa: cio che conta, infatti, e una valutazione «per mas-

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se», volta a mettere in luce l’andamento complessivo dell’esposizione delcorrentista nei confronti della banca, durante il periodo sospetto;

vi) l’individuazione delle rimesse revocabili (in quanto avrebbero provo-cato quella riduzione dell’esposizione del correntista nei confronti dellabanca, di cui stiamo parlando) e solo un primo passo verso il recupero dellesomme versate sul conto, giacche si deve tenere presente che la revoca, inogni caso, e destinata a produrre effetti solo nei limiti del cosiddetto «mas-simo scoperto».

6.6. Impugnabilita degli atti e revoca nei limiti del «massimo scoperto».– Su quest’ultimo punto occorre fare subito chiarezza, perche la normacontenuta nel comma 3 dell’articolo 70 e stata fonte d’equivoci di non pocomomento.

Qualche autore ha sostenuto, infatti, che le rimesse sarebbero sottopo-ste a due distinte forme di revocatoria: quella prevista dalla norma in esameper i versamenti «atipici», nel senso sopra precisato; e quella prevista dallanorma da ultimo citata.

In realta, pero, le cose non stanno in questi termini, perche l’articolo 70si limita a regolare gli «effetti della revocazione» e, quindi, presuppone chesiano stati gia individuati gli atti da revocare; fermo restando che, una voltaaccertati i presupposti dell’azione, l’impugnativa non provochera la restitu-zione alla massa dell’intero ammontare dei versamenti dichiarati inefficaci,ma si limitera al recupero di una somma, calcolata secondo le indicazionifornite dalla disposizione de qua.

Vedremo in seguito qual’e il fondamento di tale disciplina.Qui premeva sottolineare, invece, che le due norme non si pongono sul-

lo stesso piano (nel qual caso sarebbero ridondanti o, addirittura, contrad-dittorie), ma disciplinano due fasi diverse del procedimento: l’art. 67, com-ma terzo, lettera b), ci dice che sono revocabili solo talune rimesse, il cuiimporto complessivo puo essere inferiore o superiore alla differenza tra ilmassimo scoperto e l’ammontare residuo dell’esposizione del debitore neiconfronti della banca alla data del fallimento; l’art. 70, comma terzo, ci diceinvece che, qualora l’ammontare delle rimesse revocabili superi l’accennatadifferenza tra il massimo scoperto ed il debito residuo, gli effetti della revo-ca non potranno in alcun caso debordare da tale limite; se le rimesse dichia-rate inefficaci dovessero restare, infine, al di sotto della predetta soglia, nonci sarebbe materia per l’applicazione della norma da ultimo citata.

6.7. Le rimesse bilanciate. – L’impostazione seguita dalla riforma con-sente di risolvere in maniera piu soddisfacente l’annosa questione delle ri-messe bilanciate.

Com’e noto, la Cassazione in un primo tempo aveva ritenuto che, al finedi valutare l’esistenza di uno sconfinamento, non si doveva dare rilievo ad

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eventuali saldi infragiornalieri, ma solo al saldo contabile di fine giornata. Inun secondo momento – quando si chiarı che il saldo rilevante ai fini dellarevocatoria non era quello contabile, ma quello disponibile (calcolato pre-suntivamente sulla base del saldo per valuta) – si ritenne di far salvi i ver-samenti diretti a creare la provvista per specifici pagamenti, con la conse-guenza di sottrarre all’impugnativa le rimesse «bilanciate» da successivi riu-tilizzi di pari importo, o d’importo pressappoco equivalente. Di recente si eassistito, infine, ad un progressivo irrigidimento della giurisprudenza (primadi merito, poi anche di legittimita), con la conseguenza di restringere l’esen-zione a quelle sole rimesse, per le quali fosse stata gia individuata – all’attodel versamento e magari per iscritto – la specifica destinazione delle sommedepositate dal correntista.

A dire il vero, tanto rigore appariva fuori luogo, perche, se il cliente met-te a disposizione della banca delle somme (in genere rappresentate da asse-gni o da altri titoli), con l’intesa che non serviranno a ridurre l’esposizionepregressa, ma verranno utilizzate per compiere liberamente alcuni pagamen-ti a favore di terzi, non si vede quale frode possa essere addebitata all’inter-mediario, anche se i nominativi dei beneficiari non sono individuati all’attodel versamento, ed anche se le somme restano sul conto per qualche giorno.

Adesso si dovrebbe ritenere (ma il condizionale e d’obbligo, per le ra-gioni che vedremo) che il problema sia stato definitivamente risolto, perche,se la rimessa compiuta con le finalita dianzi descritte e seguita, a poca di-stanza di tempo, da concreti atti di riutilizzo, non si verifica quella riduzione«durevole» l’esposizione del correntista nei confronti della banca, che costi-tuisce il presupposto dell’impugnativa.

6.8. Le scoperture momentanee. – Qualche difficolta puo sorgere, tutta-via, quando la banca consente l’immediata utilizzazione del netto ricavo diun titolo ceduto salvo buon fine, o quando anticipa l’importo di una prete-sa, per la quale le venga conferito un mandato irrevocabile all’incasso: inquesti casi, infatti, l’esposizione del cliente, dapprima si eleva dell’intero im-porto delle somme utilizzate, per poi ridursi – in maniera definitiva – allor-che l’intermediario riscuote quanto dovuto dal terzo. Lo stesso problema sipone, poi, per tutte le ipotesi di conti tenuti sempre ai limiti massimi delfido accordato, sui quali si verifichino momentanee scoperture, prontamen-te ripianate da un pagamento del correntista.

A mio sommesso avviso, occorre distinguere caso da caso, sulla base deiseguenti criteri:

a) innanzi tutto, se le scoperture, pur essendo momentanee, sono fre-quenti e reiterate, non vi dovrebbe essere alcun margine per la revocatoria,giacche il nuovo sistema non si fonda sulla distinzione tra conti coperti econti scoperti, ma sulla regolarita dei flussi e sulla ripetitivita delle oscilla-zioni del conto;

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b) il problema si fa grave, invece, se la scopertura, oltre ad essere mo-mentanea, e anche isolata; al riguardo, tuttavia, non si puo fare a meno diconsiderare la natura dell’operazione sottostante, perche, se si tratta del pa-gamento di un assegno o dell’anticipazione di un credito gia scaduto, la pre-stazione creditizia da parte della banca assume un ruolo puramente stru-mentale (dato che la funzione principale del rapporto e di pura e sempliceintermediazione nel pagamento) e, quindi, non si puo parlare di un aumen-to e di una successiva riduzione dell’esposizione debitoria del correntistanei confronti dell’intermediario, se non su un piano puramente contabilee formale;

c) questa tesi, del resto, trova conforto nel rilievo che i rapporti tra ilcliente e la banca debbono essere valutati per masse, tralasciando le varia-zioni puramente episodiche dei saldi contabili, soprattutto se il momenta-neo aumento del debito del correntista e bilanciato da una cessione pro sol-vendo o da un mandato all’incasso, dato che queste forme indirette di ga-ranzia indirizzano le pretese della banca nei confronti del terzo, con unasorta di beneficio d’escussione, che impedisce – almeno sul piano economi-co – d’individuare un vero e proprio aumento dell’esposizione debitoria delcorrentista; ne, d’altro canto, si potrebbe obbiettare che la norma da rilievoai requisiti della consistenza e della durevolezza solo con riferimento alle va-riazioni in riduzione della predetta esposizione del fallito, e non anche aquelle in aumento, giacche e la logica complessiva della norma ad imporredi non tenere conto di variazioni del tutto momentanee dei saldi;

d) proprio questi rilievi, per contro, portano alla soluzione opposta (ecioe alla revocabilita dell’atto), qualora vi sia una consistente distantia tem-poris tra la messa a disposizione del netto ricavo e la data di scadenza delcredito da riscuotere, giacche in questo caso acquisterebbe rilievo la presta-zione creditizia, con la conseguente esigenza di far rispettare la par condiciocreditorum;

e) qualora, infine, le scoperture, oltre ad essere isolate, traessero originedall’addebito di somme dovute a titolo d’interessi e commissioni, o di effettiinsoluti, l’unica tutela, per la banca, sarebbe costituita dall’applicazione del-l’art. 70, giacche si tratta di fattispecie, che non hanno nulla a che vedetecon l’interposizione nei pagamenti e con la funzione monetaria del conto,ma rivelano una situazione di stallo, che prelude alla chiusura di fatto delrapporto.

6.9. Il castelletto di sconto. – Le considerazioni svolte con riferimentoalla diversa velocita della movimentazione dei conti, a seconda dello speci-fico rapporto al quale sono asserviti, permettono di risolvere un altro anno-so problema: quello del trattamento da riservare al castelletto di sconto edalle aperture di credito concesse a fronte della presentazione di fatture, diricevute o di veri e propri effetti commerciali.

Parte I - Dottrina 267

Anche qui vi e una disponibilita concessa dalla banca con tecnica rota-tiva (nel senso che l’esposizione debitoria del cliente per ciascun tipo d’o-perazione non puo superare certi limiti); ed anche qui di solito s’individuaun conto di supporto, sul quale convogliare tutti i flussi monetari (i nettiricavi, i successivi utilizzi, i pagamenti dei terzi); ma e chiaro che il «ritmo»delle operazioni e diverso da quello dei comuni rapporti con i fornitori e laclientela, con la conseguenza di dover prestare attenzione – quando si va-luta la regolarita dei movimenti del conto (sia esso un semplice conto disupporto, appositamente acceso, o il conto corrente ordinario del fallito,sul quale affluiscono i predetti versamenti) – alle specifiche finalita per lequali, di fatto, e stato utilizzato.

6.10. I giro-conti interni. – Piu delicati sono i problemi posti dall’adde-bito sul conto di rate di mutuo, d’interessi e di provvigioni. Anche qui lastella polare e costituita dalla regolarita dei flussi e dalle concrete modalitad’utilizzo del conto nel periodo precedente alla crisi dell’impresa.

Tuttavia, occorre valutare una serie d’elementi:a) innanzi tutto, e chiaro che il conto non puo essere utilizzato solo per

pagare le rate di uno o piu mutui, con i relativi accessori. Se le rimesse com-piute dal correntista (o da terzi) fossero indirizzate a quest’unico scopo, do-vrebbero essere qualificate come dei veri e propri pagamenti, volti ad estin-guere un rapporto finanziario, e come tali andrebbero trattati: con l’appli-cazione, cioe, della revocatoria, salvo a vedere se si riferiscono a pretese mu-nite di congrue e consolidate coperture ipotecarie sui beni del debitore (nelqual caso l’atto sfugge alla revoca, perche non ha arrecato alcun danno allamassa);

b) la soluzione e piu incerta quando il conto viene utilizzato in manierapromiscua e riceve rimesse di tutti i tipi; o quando serve a collegare l’estin-zione di un debito ad una specifica fonte di reddito (il pensiero corre ai pa-trimoni destinati). In casi del genere, oltre alla regolarita dei flussi, occorreconsiderare la natura dell’operazione sottostante, con i suoi riflessi sulla re-vocabilita del singolo versamento;

c) e chiaro, infine, che l’addebito d’effetti scaduti, d’interessi e provvi-gioni su un conto sostanzialmente bloccato non puo essere esentato dallarevoca, anche quando la coesistenza di voci attive e passive puo dare la sen-sazione di un perdurante utilizzo.

6.11. Conclusioni. – Per concludere sul punto, mi pare evidente che ladisciplina delle revocatorie delle rimesse continua a mostrare un rilevantegrado di complessita, anche se si e completamente modificato l’angolo vi-suale dal quale la materia deve essere esaminata.

Tutto cio non deve sorprendere, sia perche la regolazione dei flussi dirisorse e un problema completamente nuovo, per il quale non esistevano

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nella nostra esperienza giuridica modelli di riferimento; sia perche l’appa-rente uniformita della veste contabile non puo far trascurare che le opera-zioni immesse sul conto possono avere la piu disparata natura economica egiuridica, con la conseguenza che non si puo fare di tutta l’erba un fascio,se non si vuole aprire nel sistema revocatorio una falla d’imprecisate di-mensioni.

Sul piano pratico, un ruolo semplificatore sara svolto dal gia citato com-ma 3 dell’articolo 70, giacche, una volta constatata la presenza d’alcuneanomalie nella movimentazione del conto, tutto si ridurra a vedere, in buo-na sostanza, di quanto si e ridotta l’esposizione del cliente nei confronti del-la banca, durante il periodo sospetto.

Se si dovessero condividere, tuttavia, le premesse teoriche, da cui pren-de le mosse il mio discorso – e, cioe, d’una netta distinzione, ai fini dellarevocatoria, tra le prestazioni monetarie (o d’intermediazione nei pagamen-ti) e le prestazioni creditizie della banca – anche la norma da ultimo citatadovra essere applicata con molti grani del tradizionale sale.

Ma su tale ultima questione dovremo ritornare piu avanti.

7. C) Le vendite d’immobili al «giusto» prezzo. – La legge pone al terzoposto, tra le esenzioni, le «vendite a giusto prezzo d’immobili ad uso abitati-vo, destinati a costituire l’abitazione principale dell’acquirente o di suoi paren-ti ed affini entro il terzo grado».

Non si tratta di una norma ispirata – come le precedenti – dall’esigenzadi salvaguardare certe attivita delle imprese (fornitori e banche), che eroga-no servizi: essa mira a tutelare, invece, alcuni interessi (personali o familiari)assai vivamente sentiti da larghi strati della societa civile (6).

Sul piano sistematico, tuttavia, la disposizione dianzi trascritta non epriva d’interesse, perche costituisce la prova provata di come evolvano leconcezioni del danno rilevante ai fini della revocatoria. In fondo, fino al se-colo scorso si pensava che una vendita – ed in special modo una venditaimmobiliare – fosse quanto di piu pregiudizievole si potesse immaginareper la massa, perche consentiva di trasformare un bene (l’immobile, appun-to) facilmente aggredibile con l’azione esecutiva, in un altro bene (il denaro)facilmente occultabile da parte del fallito, con la conseguenza di mettere se-riamente in pericolo le aspettative di tutela dei creditori.

Adesso, il clima e cambiato: non solo perche s’ammette che le predette

Parte I - Dottrina 269

(6) Cfr. l’art. 10 del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122 (in attuazione della l. 2 agosto 2004, n.210), che contiene una disciplina ispirata agli stessi principi accolti dalla norma in esame (conpoche varianti, date dalle peculiarita della fattispecie regolata, che si riferisce ad immobili dacostruire).

esigenze personali o familiari possano prevalere sugli interessi della massa;ma anche perche implicitamente si riconosce che l’atto potrebbe non avereintaccato la cosiddetta garanzia patrimoniale generica, per il semplicissimomotivo che il prezzo pagato dall’acquirente non e stato dilapidato, e tantomeno sottratto all’azione esecutiva, ma e stato reinvestito nell’impresa, op-pure utilizzato per effettuare dei pagamenti, alcuni dei quali potrebbero es-sere autonomamente soggetti a revoca, con una duplicazione o moltiplica-zione delle impugnative (al riguardo qualcuno ha parlato di un ingiustifica-to arricchimento per la massa).

Del resto, nella maggior parte dei casi, non e poi cosı difficile ricostruire– sulla base della contabilita aziendale – dove siano andate a finire le risorseliquide, di cui stiamo parlando. Sarebbe anacronistico, pertanto, presumereiuris et de iure un danno per la massa (come si faceva nei secoli scorsi, con lateoria del danno indiretto), senza sottrarre all’applicazione della revoca al-meno quelle fattispecie, nelle quali vengono coinvolti interessi di grande ri-levanza sociale.

Partendo da tali premesse, si puo ben capire come mai si sia previstauna deroga di cosı ampie dimensioni alle regole che governano l’impugna-tiva: anche se, a dire il vero, arrivare ad includervi le esigenze abitative degliaffini di terzo grado appare, comunque, un po’ troppo.

7.1. Il giusto prezzo. – Nonostante l’apparente «ampiezza de l’intrare», sie voluto mantenere fermo il principio, in base al quale possono sfuggire aglistrali dell’inefficacia solo gli atti «normali», che non presentino, cioe, vistoseanomalie sul piano funzionale. Al fine d’impedire che l’esenzione dalla re-voca possa dare adito ad approfittamenti a carico del fallito, s’e posta, in-fatti, la condizione che la vendita sia avvenuta al «giusto» prezzo.

Tale requisito – del giusto prezzo – pone, pero, due problemi: l’uno (dinatura probatoria) e legato alla perdurante abitudine d’indicare nell’atto divendita, per ragioni fiscali, un corrispettivo inferiore a quello realmente pa-gato; l’altro (di carattere esegetico e sistematico assieme) deriva dall’esigen-za di raccordare la norma de qua al comma 1 dell’articolo 67, la dove si pre-cisa che la sproporzione tra le prestazioni, per essere rilevante ai fini dellarevocatoria fallimentare, deve essere di «oltre un quarto».

7.2. Il problema della simulazione relativa di prezzo. – Sul primo punto,non posso soffermarmi in questa sede, se non per ribadire quanto ho avutomodo di sostenere in un altro scritto, di piu ampie dimensioni, pubblicatoqualche anno addietro (7): e cioe che, a mio sommesso modo di vedere, i

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(7) Cfr. G. Terranova, La prova della simulazione nelle revocatorie, in Riv. dir. civ.,

limiti posti dalla legge alla prova della simulazione relativa di prezzo neiconfronti della curatela sono assai meno stringenti, di quanto solitamentenon si creda.

In quel lavoro ho cercato di spiegare, infatti, che il contenuto dell’accor-do simulatorio deve essere provato per vie documentali, non gia perche oc-corre rispettare un’esigenza di forma, prevista dalla legge a pena di nullitadell’atto; bensı solo in ossequio all’art. 2722, cod. civ., il quale esclude laprova per testimoni (e quindi anche quella per presunzioni) dei patti ag-giunti o contrari al contenuto di un documento.

Una volta imboccata questa strada, ho ritenuto, poi, di poter arrivarealla conclusione che l’esibizione di contro-scritture, dotate di data certa an-teriore alla dichiarazione di fallimento, potrebbe non essere necessaria, qua-lora sussistano le condizioni previste dal numero 1) dell’art. 2724, cod. civ.,e cioe quando si produce in giudizio un principio di prova per iscritto che –documentando il pagamento del maggior prezzo – renda verosimile la tesidella simulazione (8).

Parte I - Dottrina 271

1999, II, 129, poi trasfuso in Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli aicreditori, Tomo III, Parte speciale, in Commentario Scialoja e Branca alla legge fallim., a curadi Galgano, art. 64-71, Bologna-Roma, 2002, (da ora in poi: Commentario Scialoja e Branca,III), pag. 25 seg.

(8) Per comodita del lettore, riassumo in poche righe le linee essenziali del ragionamentosvolto in quella sede (v. supra, nota 7).

A) Lo scritto prende le mosse dal rilievo che nella simulazione relativa non vi sono – co-me potrebbe a prima vista sembrare – tre fattispecie negoziali, costituite rispettivamente dalcontratto simulato, dall’accordo simulatorio e dal contratto dissimulato, giacche quest’ultimaespressione, a ben guardare, non si riferisce ad un fatto giuridico autonomo, ma sta ad indi-care il regolamento negoziale realmente voluto dalle parti, quale risulta dall’impatto dell’ac-cordo simulatorio sul contratto simulato. In altri termini, le fattispecie sarebbero solo due (ladichiarazione ostensibile e l’accordo simulatorio, desumibile dalle contro-dichiarazioni), fer-mo restando che l’accordo simulatorio fa produrre al contratto simulato effetti diversi daquelli che emergono dal tenore letterale delle dichiarazioni predisposte per i terzi.

B) Una volta chiarito che l’espressione «contratto dissimulato» non individua un’autono-ma fattispecie, appare evidente che il codice, quando impone come condizione d’efficaciadell’accordo simulatorio la sussistenza dei «requisiti... di forma» dell’atto realmente volutodalle parti, intende semplicemente dire che i predetti requisiti di forma (astrattamente previ-sti per il regolamento negoziale tenuto nascosto) debbono essere rispettati nell’atto simulato(la dichiarazione ostensibile), e non gia nelle contro-scritture (le quali non possono documen-tare altro che l’accordo simulatorio, in quanto l’atto dissimulato non esiste – come fattispecie– in rerum natura).

C) Se il significato del comma 2 dell’art. 1414, cod. civ., e quello dianzi esposto (comedel resto ritiene la prevalente dottrina), se ne deve dedurre che nemmeno l’accordo simula-torio e un contratto formale, giacche esso si limita modificare gli effetti della dichiarazioneostensibile e, quindi, ha una causa del tutto diversa dall’atto dissimulato (se si vuole, anchel’accordo simulatorio ha una propria funzione tipica, che e quella dianzi descritta).

Ne consegue che il limite alla prova per testimoni, implicito nell’art. 1417, cod. civ., non

La giurisprudenza, in realta, s’e mostrata sorda a questo tipo d’argo-menti, forse perche ha preferito trincerarsi dietro un presunto ostacolo di

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e dettato per un’esigenza di forma, prescritta a pena di nullita; bensı in ossequio all’art. 2722,cod. civ., a mente del quale detta prova non e ammessa, se ha ad oggetto patti aggiunti ocontrari al contenuto di un documento (la dichiarazione ostensibile), qualora si assuma chei primi siano anteriori o coevi alla stesura del secondo.

D) L’aver chiarito che la contro-dichiarazione deve essere redatta per iscritto solo perun’esigenza di prova, e non di validita dell’atto, porta a ritenere che puo essere rilasciata(o puo acquistare una data certa) anche in un momento successivo alla data dell’atto simulato,purche anteriore alla data del fallimento.

Il debitore, infatti, puo riconoscere l’esistenza dell’accordo simulatorio anche in un mo-mento successivo alla data dell’atto simulato; ma non puo piu farlo, se e gia fallito, perchel’apertura del concorso lo priva del potere di disporre dei suoi beni (art. 42, legge fallim.)e, quindi, gli fa perdere anche il potere di creare nuove prove dei fatti che incidono sullasua sfera patrimoniale.

E) Se quanto precede e vero, se ne deve dedurre che tutto si riduce ad un problemad’opponibilita della data di un documento e, cioe, ad una questione, che non ha nulla ache vedere con la certezza della data del fatto documentato (certezza, che il nostro ordina-mento talvolta richiede, per risolvere il conflitto tra due acquirenti da uno stesso avente causa,o tra due situazioni soggettive comunque incompatibili).

F) A prima vista potrebbe sembrare che la distinzione – pur incontestabile sul piano teo-rico – non abbia alcuna rilevanza sul piano pratico, dato che l’art. 2704, cod. civ., detta per idue problemi (quello dell’opponibilita ai terzi della data apposta ad una scrittura, e quellodella certezza della data del fatto documentato) una disciplina unitaria.

Forse, pero, una differenza c’e, perche, se si ritiene che l’art. 2725, cod. civ., si riferiscesolo alle ipotesi nelle quali la tipologia del contratto richiede una specifica forma ad probatio-nem, e non alla fattispecie prevista dall’art. 2722, cod. civ., (conflitto tra due dichiarazioni), sene potrebbe dedurre che la prova per testimoni o per presunzioni, nel nostro caso, dovrebbeessere ammessa, se sussiste quel principio di prova scritta, di cui parla il numero 1), dell’art.2724, cod. civ.

G) Il rilievo e importante, perche – se condiviso – potrebbe aprire la strada a prove te-stimoniali o presuntive, ogni qual volta l’acquirente dell’immobile sia in grado di produrre ingiudizio (o di far esibire) un principio di prova scritta, che renda verosimile la simulazionerelativa di prezzo.

Al riguardo, infatti, e opportuno ricordare che, in alcuni casi, la data di una scrittura puoessere provata, anche nei confronti di terzi, con mezzi diversi da quelli che la rendono legal-mente certa (basti pensare agli assegni ed alle quietanze, disciplinati dai commi secondo eterzo dell’art. 2704); e che, per contro, il principio di prova per iscritto puo essere desuntoda elementi, dei quali e legalmente certa la predisposizione prima dell’apertura del concorso(si pensi alle scritture contabili del fallito, se regolarmente vidimate o acquisite dal curatorecon modalita tali da escludere ogni alterazione, per mano del debitore, in data successiva alfallimento).

In altri termini, se fosse vero quanto fin qui detto, si potrebbe consentire all’acquirentedell’immobile di provare la simulazione relativa di prezzo con la produzione di ricevute edassegni (o di altri principi di prova per iscritto), purche dal contesto risulti verosimile cheil pagamento (delle somme aggiuntive) sia avvenuto per rispettare gli impegni presi con l’ac-cordo simulatorio, e non a seguito di un «pentimento» dovuto alla paura della revocatoria o,peggio ancora, solo per inscenare una realta diversa da quella realmente voluta (e cioe al soloscopo di simulare ... una simulazione!).

carattere tecnico, anziche accertare, sulla base del proprio libero convinci-mento, se la frode esiste davvero, o e solo un’apparenza, creata dalla furbe-sca ingenuita delle parti.

Adesso, dato che l’atteggiamento complessivo nei confronti delle revo-catorie e cambiato, si puo, forse, sperare in una maggiore attenzione versoquel tipo di ragionamenti, in modo da impedire che l’esercizio della giuri-sdizione venga percepito come un rito formale, sostanzialmente disinteres-sato alle istanze di giustizia sostanziale.

7.3. La misura della sproporzione. – Del tutto nuovi sono, invece, i que-siti posti dall’esigenza di raccordare la norma in esame con il comma 1 dellostesso articolo di legge, anch’esso modificato dalla riforma. Al riguardo, ci sideve chiedere infatti se, per escludere l’esenzione de qua, sia sufficiente unaqualsivoglia sproporzione tra il prezzo pagato dall’acquirente ed il valoredell’immobile venduto dal fallito, o non sia necessario che tale sproporzionesorpassi la misura del quarto.

Il problema – nato da un difetto di coordinamento tra la disposizione inesame ed il testo novellato del comma 1 dello stesso articolo di legge (difet-to dovuto, a sua volta, alla stratificazione degli interventi riformatori, com-piuti in tempi e sedi diverse) – forse e meno grave di quanto, ad un primosguardo, non possa sembrare: si deve considerare, infatti, che la soglia pre-vista dalla disposizione di carattere generale (il citato comma 1) deve esserecalcolata partendo dal prezzo medio di mercato; mentre, se si volesse accer-tare, sulla base di criteri autonomi, se il corrispettivo pagato dall’acquirentee «giusto», si dovrebbe fare riferimento al prezzo minimo di mercato perimmobili d’analoghe caratteristiche.

Sul piano sistematico, tuttavia, la questione e delicata.

7.3.1. Per impostare in maniera corretta l’indagine, e necessario, amio sommesso avviso, prendere le mosse da alcuni rilievi di caratterepiu generale.

Si deve considerare, infatti, che la disciplina delle revocatorie fallimen-tari degli atti a titolo oneroso (contenuta nei primi due commi dell’art. 67)poggia su due diversi discrimini che, giustapponendosi, danno luogo a tredistinti gruppi di fattispecie:

a) innanzi tutto, vi sono gli atti normali, che non implicano alcuna scor-rettezza nei confronti del debitore, ma possono risultare scorretti nei con-fronti degli altri creditori, qualora chi li compie e consapevole della presu-mibile incapienza del patrimonio del debitore: si tratta delle operazionielencate nel comma 2 dell’art. 67, che sono assoggettate a revoca, se com-piute nel piu breve dei periodi sospetti (ieri un anno, oggi sei mesi), e sem-pre che il curatore provi la frode del convenuto;

b) in secondo luogo, vi sono degli atti, che – come i precedenti – non

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implicano alcuna scorrettezza nei confronti del debitore (giacche sonoconsiderati come espressione di un’ordinaria cautela di fronte al suo ina-dempimento), ma fanno presumere la conoscenza dello stato d’insolvenza:si tratta delle garanzie, giudiziali o volontarie, costituite dopo la scadenzadel debito, per le quali e sempre prevista la revoca nel termine breve (an-cora i sei mesi, di cui sopra), ma con una significativa inversione dell’oneredella prova;

c) infine, vi sono le operazioni che presentano delle anomalie sul pianofunzionale e che, proprio per questo, implicano una scorrettezza nei con-fronti del debitore: si tratta dei contratti a prestazioni sperequate, dei paga-menti compiuti con mezzi anormali e delle garanzie supplementari, ottenuteprima della scadenza del debito. Per tutti questi atti, oltre alla gia detta in-versione dell’onere della prova, e previsto un inasprimento della sanzione acarico del terzo, costituto dall’allungamento (prima due anni, ora dodicimesi) del termine necessario per il consolidamento dell’acquisto.

7.3.2. Non mi sarei intrattenuto cosı a lungo su nozioni di carattere pa-lesemente istituzionale – e chiedo scusa al paziente lettore – se esse nonmettessero in evidenza un dato di notevole interesse ai nostri fini. Se nonm’inganno, infatti, i precedenti rilievi dimostrano che la sproporzione trale prestazioni, prevista dal comma 1 dell’articolo 67, non viene presa in con-siderazione dal legislatore solo come indice rivelatore dello stato d’insolven-za, ma, prima ancora, come sintomo di una scorrettezza dell’acquirente. Secosı non fosse, la lesione «oltre il quarto» dovrebbe comportare una sempli-ce inversione dell’onere della prova, alla stessa stregua di quanto accade perle garanzie concesse per debiti scaduti e per le ipoteche giudiziali; mentreessa implica un raddoppio del periodo sospetto e, quindi, acquista quellavalenza sanzionatoria, di cui sopra s’e detto.

In altri termini, quando il legislatore ha precisato che la sproporzionetra le prestazioni e «notevole» (come diceva il vecchio testo della norma),solo quando supera la soglia del venticinque per cento, non ha dettatoun criterio per stabilire se la sproporzione stessa fosse rilevabile dai terzigia ad un primo sguardo (ictu oculi); ma ha inteso stabilire il livello, oltreil quale la scorrettezza del terzo, convenuto in revocatoria, deve ritenersi in-tollerabile; ha inteso stabilire, cioe, il livello oltre il quale la sproporzionedeve ritenersi «ingiusta».

7.3.3. Se quanto precede e vero, se ne deve dedurre che le due espres-sioni utilizzate dal legislatore – la sproporzione «oltre il quarto» ed il «giu-sto» prezzo – non si riferiscono a realta disomogenee, ma intendono risol-vere, da due punti di vista contrapporti e speculari, lo stesso problema:quello di non lasciare impunita, per cosı dire, una grave scorrettezza neiconfronti del debitore.

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La prima norma lo fa individuando un criterio quantitativo; la secondacon una clausola generale, che sembra lasciare al giudice una maggiore di-screzionalita. A tale ultimo riguardo, pero, si deve considerare che il concet-to di «giustizia», utilizzato dal comma 3 dell’art. 67, non e generico edastratto, ma va adattato alle specifiche esigenze della materia, nonche alleindicazioni date dal legislatore per concretizzarlo.

Non puo sfuggire l’importanza di questi rilievi: se condivisi, fanno ap-parire addirittura marginale il problema di stabilire se il criterio quantitati-vo, imposto dal comma 1 per valutare la sproporzione tra le prestazioni aifini della revocatoria «aggravata», possa essere utilizzato – in via analogica oper il tramite di una semplice interpretazione estensiva – anche ai fini del-l’esenzione prevista dal comma 3.

A mio avviso, la risposta potrebbe essere affermativa. Ma e evidente che– anche a ritenere inutilizzabili i sopra ricordati strumenti dell’applicazioneanalogica e dell’interpretazione estensiva – resterebbe comunque un vinco-lo di coerenza sistematica, in base al quale il giudice, pur dichiarandosi li-bero dal «criterio del quarto», non potrebbe comunque dimenticare l’affini-ta dei problemi, con la conseguenza di non potersi accontentare – nel valu-tare se il corrispettivo pagato dall’acquirente dell’immobile e giusto – di unqualsivoglia scostamento dal prezzo minimo di mercato, ma di dover pre-tendere uno scostamento significativo da quella soglia, in modo da rispetta-re (anche se non lo condivide) lo spirito della riforma.

7.4. La ripartizione dell’onere della prova. – Vale la pena di richiamare,infine, l’attenzione su un ultimo problema, di una qualche importanza insede applicativa. Non si puo trascurare, infatti, che l’onere probatorio, nelledue fattispecie messe a confronto, e invertito, giacche: nell’ipotesi di revo-catoria «aggravata», prevista dal comma 1 dell’art. 67, tocca al curatore di-mostrare che la sproporzione tra le prestazioni superava il quarto; mentre,nell’ipotesi d’esenzione dalla revoca, di cui stiamo parlando, tocca all’acqui-rente dimostrare d’aver pagato il giusto prezzo.

La differenza potrebbe sembrare di poco conto, dal punto di vista con-cettuale. Sul piano pratico, pero, potrebbe capitare che l’acquirente facciariferimento alla vendita di un altro immobile (di analoghe caratteristiche perallocazione, finiture, stato di conservazione e cosı via dicendo), pretenden-do d’applicare il criterio del quarto, senza specificare se il prezzo preso aconfronto si collocava nella media, o doveva considerarsi gia come il fruttodi «un buon affare».

Se i rilievi svolti nei precedenti paragrafi vengono condivisi, si deve ri-tenere che incombe sull’acquirente dimostrare – se del caso con una perizia– che il prezzo di riferimento, dal quale dedurre l’accennata percentuale, equello medio, non quello minimo praticato sul mercato.

Naturalmente, anche in questa seconda prospettiva il margine d’irrile-

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vanza della sproporzione (il 25%) tra le due contrapposte prestazioni puosembrare – almeno in certe fattispecie – troppo alto: ma e quanto discendedall’applicazione di un rigido criterio quantitativo, al quale, in passato, miero sempre opposto. Una volta diventato norma di legge, non vedo, tutta-via, come lo si possa mettere da canto.

8. D) Il piano per il riequilibrio finanziario dell’impresa. – Uno degliobiettivi fondamentali della riforma era di mettere al riparo dalle revocato-rie (e dalle incriminazioni per bancarotta) quelle operazioni di ristruttura-zione del debito, che dovrebbero costituire la strada maestra per rimetterel’azienda in carreggiata.

Accadeva spesso, infatti, che una banca, chiamata a risolvere i problemidi un imprenditore in difficolta, dopo aver erogato nuova finanza nel ten-tativo di fargli superare la crisi, si trovasse esposta – in caso d’insuccessodell’operazione – ad un duplice rischio: a) di subire la revoca dei pagamentie delle garanzie, che avevano consentito di risistemare l’esposizione delcliente sul medio-lungo termine (con una sostanziale riduzione dei costie, talvolta, con un parziale abbuono degli interessi arretrati); b) di dover te-mere un’incriminazione per bancarotta, con l’accusa d’aver ritardato il fal-limento del debitore, o d’aver ottenuto pagamenti preferenziali in dannodegli altri creditori.

La riforma ha cercato di risolvere il primo problema con due interventi:con l’esenzione dalla revoca, di cui alla lettera d) del comma 3 dell’art. 67;nonche, con l’istituto degli accordi di ristrutturazione dei debiti, previstodall’articolo 182-bis, anch’esso introdotto con il decreto legge sulla compe-titivita. Non e stato fatto nulla, invece, sul versante penalistico, salvo a ve-dere (ma dovranno essere i cultori del diritto penale a dare una risposta alriguardo), se l’aver riconosciuto – sul versante civilistico – una valenza po-sitiva a tutta una serie di atti, non abbia un qualche riflesso anche sull’ap-plicazione delle norme penali.

Nella trattazione della materia, mi sembra opportuno iniziare dalla di-sposizione contenuta nella lettera d) dell’elenco delle nuove esenzioni dallarevocatoria.

8.1. Ad una prima lettura, il testo della norma puo sembrare troppocomplicato ed involuto. Anche in questo caso, pero, un contributo chiari-ficatore puo venire, oltre che dallo scopo or ora riferito dell’intervento le-gislativo e, dunque, dalla sua «storia», anche dalla «preistoria» del proble-ma, e cioe da un esame un po’ piu attento della situazione, sulla quale lariforma e venuta ad incidere.

A ben guardare, infatti, non e del tutto vero che le operazioni di ristrut-turazione del debito, prima della riforma, fossero completamente prive di

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tutela nei confronti delle revocatorie, giacche le banche da tempo utilizza-vano i mutui fondiari per fornire nuova finanza all’impresa, approfittandodel fatto che l’esenzione dalla revoca (o meglio: la drastica riduzione del pe-riodo sospetto a soli dieci giorni dall’iscrizione dell’ipoteca), prevista dallalegge del 1905 (art. 18 e 24 del R.D. 16 luglio 1905, n. 646), non e statamai abrogata, nonostante le profonde trasformazioni subite dal credito fon-diario, tanto sul piano causale (con la Legge n. 492 del 1975), quanto sulpiano dei soggetti abilitati ad erogarlo (con il T.U.B. del 1993).

Non e questa la sede per ripercorrere le tappe del lungo processo evo-lutivo, che ha portato dalla vecchia tecnica, incentrata sull’emissione dellecartelle (con la connessa esigenza di mettere al riparo dalle revocatorie il ri-sparmiatore anonimo), alla piu recente «despecializzazione» della materia,avvenuta con il testo unico delle leggi bancarie e creditizie.

Qui preme segnalare, invece, come, una volta eliminato ogni limite fun-zionale e soggettivo all’erogazione dei predetti prestiti – che risultano carat-terizzati, ormai, solo dall’esigenza di dover essere garantiti (salvo insignifi-canti eccezioni) da un’ipoteca di primo grado (art. 38 T.U.B.) – le aziendedi credito li abbiano spesso utilizzati per le gia accennate finalita, con unnotevole ristoro per le aziende sottocapitalizzate, che hanno bisogno di cre-scere e d’innovarsi.

8.2. Non si deve ritenere, tuttavia, che le esigenze, di cui stiamo parlan-do, fossero soddisfatte al meglio dalla mutazione funzionale (un classicoesempio d’eterogenesi dei fini) subita dal credito fondiario: non solo perchesi trattava, comunque, di uno strumento troppo rozzo ed approssimativo,per rispondere pienamente alla bisogna; ma anche perche gli atteggiamentipoco lungimiranti di entrambi i protagonisti della vicenda – le banche, daun lato, i tribunali fallimentari, dall’altro – avevano finito con l’alimentareun vasto contenzioso, con il risultato di rendere impraticabile questa stradaper il risanamento finanziario dell’impresa.

Per un verso, infatti, le aziende di credito avevano approfittato dellabreccia aperta nel sistema revocatorio per compiere operazioni, che nullaavevano a che vedere con l’erogazione di nuova finanza (volta a favorireil superamento d’una crisi aziendale), ma servivano solo a procurare una co-pertura ipotecaria all’indebitamento pregresso.

Per altro verso, la giurisprudenza – una volta preso atto della mancanzadi una valida giustificazione economica e sociale del privilegio concesso dal-la legge – aveva reagito con eccessiva durezza, revocando tutti i girocontiinterni, con i quali la banca aveva utilizzato il netto ricavo del mutuo ipo-tecario per estinguere i rapporti (in chirografo) gia esistenti nei confrontidel correntista (per non parlare d’alcuni atteggiamenti ancora piu rigorosi,che revocavano anche l’ipoteca sulla base di una supposta frode alla legge,con la conseguenza di duplicare la perdita subita dalla banca).

Parte I - Dottrina 277

Intendiamoci: sul piano tecnico-giuridico, l’atteggiamento della giuri-sprudenza dianzi richiamata (non di quella che duplicava le revocatorie) po-trebbe anche essere condiviso, dato che il giroconto si configura come unatto estintivo di un debito pregresso, in palese violazione della par condiciocreditorum. Sul piano di una maggiore attenzione ai valori in gioco, si sareb-be dovuto distinguere, invece, caso da caso, perche, se la banca ha concessodavvero nuova finanza, non ci si puo meravigliare che chieda una migliorecollocazione dei crediti preesistenti, purche l’intervento sia mirato, nel com-plesso, a riequilibrare l’esposizione debitoria dell’azienda, per farle superarela crisi.

In altri termini, si sarebbero dovute distinguere le ipotesi, nelle quali si edavvero consumata una frode alla legge (tenendo conto della nuova funzio-ne sociale dell’esenzione), dalle ipotesi, nelle quali la copertura dei debitipregressi risponde alla logica di un’operazione di risanamento finanziario,concepita in maniera unitaria.

8.3. Tenendo conto della situazione concreta, sulla quale l’intervento le-gislativo e venuto ad incidere, non e difficile ricostruire la ratio della dispo-sizione in esame.

In realta, lo scopo originario della norma (quale risultava dalle sue pri-me formulazioni, nell’iter dei lavori preparatori) era di mettere al riparo dal-le revocatorie l’erogazione di nuova finanza, alla duplice condizione: che ildenaro fresco, messo a disposizione dalla banca, servisse davvero a superarela crisi, e non a creare una fittizia circolazione di risorse, volta all’unico finedi ripianare la pregressa esposizione del cliente o di acquisire, almeno, nuo-ve garanzie; che, una volta assicurato il perseguimento del predetto obietti-vo, fossero tutelate anche le preesistenti pretese del creditore, in modo datenere conto del fatto che l’operazione deve assicurare dei vantaggi ad en-trambe le parti.

Per conseguire tali risultati, si doveva andare in cerca, tuttavia, di unmeccanismo in grado di garantire il carattere non velleitario (e non frau-dolento) dell’intervento compiuto dal finanziatore, e lo si e trovato nellapredisposizione di un piano industriale, la cui fattibilita fosse asseveratada un esperto (scelto con le modalita previste dall’art. 2501-bis, cod.civ., che hanno dato luogo ad una serie di rilievi critici, di cui qui non met-te conto parlare).

A questo punto, pero, anche l’ambito d’applicazione dell’esenzione dal-la revoca e stato ampliato, fino a farvi rientrare tutti gli atti previsti dal pia-no, nel presupposto che, se viene eliminato (almeno in maniera prospetticae sulla base di ragionevoli previsioni) lo stato d’insolvenza, non v’e motivodi colpire con gli strali dell’inefficacia quegli atti di smobilizzo (in generecessioni di rami d’azienda, o vendite di beni non strumentali all’eserciziodell’impresa), che appaiono indispensabili (in una con la concessione di

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congrue garanzie) per uscire dalla crisi di liquidita e dare una sistemazioneglobale all’indebitamento pregresso.

Da qui l’attuale formulazione della norma, che si e spinta a prevedereun’esenzione onnicomprensiva riferita a tutti «gli atti, i pagamenti e le ga-ranzie concesse su beni del debitore ... in esecuzione di un piano ... che ap-paia idoneo a consentire ... il riequilibrio della situazione finanziaria» del-l’impresa.

8.4. Autorevoli voci si sono levate contro questa forma d’immunita, chee stata considerata troppo ampia, soprattutto in considerazione del fattoche il piano, asseverato dall’esperto, non viene in alcun modo pubblicizzato,con la conseguenza di poter ledere l’affidamento riposto dai terzi sull’effet-tiva consistenza del patrimonio responsabile per i debiti dell’impresa: i cre-ditori, che non abbiano partecipato al tentativo di risanamento, potrebberoignorare, infatti, che una serie d’ipoteche, di pagamenti e di atti di liquida-zione e sottratta all’azione revocatoria.

Potrei limitarmi ad osservare che la critica – come tutte quelle de legelata – puo avere, ormai, come unico effetto, quello di richiamare l’interpretead una maggiore attenzione nell’applicare una norma, ritenuta pericolosa.

Forse, pero, e il caso di dedicarvi qualche ulteriore riflessione:a) innanzi tutto, non mi sembra cosı strano il fatto che il legislatore non

abbia previsto alcuna pubblicita per il piano di riequilibrio dell’esposizionedebitoria dell’impresa: queste cose riescono meglio, se sono tenute al riparoda occhi indiscreti; e, del resto, se il piano, nonostante l’asseverazione del-l’esperto, fosse assolutamente irragionevole o velleitario, verrebbe fulminatodalla successiva valutazione del giudice, volta ad accertare se sussistono ipresupposti per l’esenzione;

b) in secondo luogo, si deve considerare che qui non ci troviamo in pre-senza di una vero e proprio privilegio, perche, se il piano era davvero pro-spetticamente in grado d’eliminare l’insolvenza, mancherebbe addirittura ilpresupposto soggettivo dell’impugnativa; la norma, quindi, in un certo sen-so si limita a raccomandare una particolare cautela nella valutazione degliatti de quibus, perche il giudice non dovra limitarsi a constatare che, se ildebitore e fallito, l’intervento finanziario doveva reputarsi insufficiente;ma dovra valutare, sulla scorta della relazione dell’esperto, se – ex ante –fosse ragionevole prevedere un esito positivo del tentativo di risanamento,nel senso che il suo naufragio dovrebbe essere imputato ad eventi soprav-venuti, o a circostanze ignorate da coloro che hanno partecipato al piano;

c) su queste basi, si puo cercare di capire, infine, quali sono i soggettiche possono godere dell’esenzione. Al riguardo, infatti, potrebbero essereprospettate le piu disparate soluzioni, e cioe che sono esentati: i) tutti colo-ro che hanno partecipato all’accordo sulla base del quale e stato formulatoil piano di riequilibrio; ii) tra i predetti soggetti, solo coloro che hanno as-

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sunto specifici impegni, o perche hanno modificato i termini delle loro pre-tese (rinunciando ad una parte delle stesse o dilazionandone le scadenze), operche hanno acquistato dei beni o compiuto degli investimenti indispensa-bili, nel tentativo di superare la crisi (con esclusione, cioe, di coloro che sisono limitati a prendere atto dell’accordo, senza parteciparvi attivamente);iii) tutti coloro che erano venuti a conoscenza, al tempo dell’atto, dell’esi-stenza del predetto piano di riequilibrio; iv) tutti coloro che hanno compiu-to degli atti nell’intervallo di tempo che va dall’approvazione del piano alladichiarazione d’insolvenza (o alla diversa data, nella quale si e potuto pub-blicamente constatare l’insuccesso del tentativo di risanamento).

Come si vede, il problema e delicato: per un verso, potrebbe sembrareovvio riservare il privilegio dell’esenzione della revoca a quei soli soggetti,che si sono adoperati per il superamento della crisi; per altro verso, si po-trebbe ritenere che, se il piano poteva ritenersi idoneo ad eliminare l’insol-venza, i suoi effetti benefici avrebbero dovuto propagarsi a tutti coloro cheavevano intrattenuto rapporti d’affare con il debitore, fino al momento incui non fosse nuovamente scoppiata la crisi.

A mio sommesso avviso, in questa materia occorre «contestualizzare» lavalutazione dei singoli atti e procedere con una certa dose di sincretismo.Come s’e detto, infatti, il fondamento dell’esenzione va trovato – non inun’asserita oggettiva eliminazione dello stato d’insolvenza, che non e maipossibile provare ex post, ma – in un particolare apprezzamento della con-dotta di chi ha partecipato al piano ed ha corso dei rischi nella ragionevoleconvinzione di dare un contributo al superamento della crisi. In altri termi-ni, la posizione di chi non ha partecipato attivamente al piano sara valutatasecondo i consueti canoni, che impongono d’agire con particolari cautelenei confronti di un soggetto, che versa in difficili condizioni economiche(non per nulla ho sempre sostenuto che la «conoscenza dello stato d’insol-venza», di cui parla l’art. 67, legge fallim., non presuppone l’esistenza di tut-ti i presupposti per la dichiarazione del fallimento) (9). Chi, invece, ha mo-strato di credere nel risanamento dell’impresa (ed e arrivato ad investireproprie risorse per conseguirlo) va trattato con maggiori riguardi; sempreche il predetto «investimento» sia compiuto in buona fede, e non si risolvanell’ennesima speculazione ai danni della massa.

Tutto cio puo apparire come il frutto di un atteggiamento moralistico,poco conforme alle vedute del mercato. A me sembra, invece, che la solu-zione proposta sia giustificata dall’esigenza di ricondurre l’istituto della re-vocatoria al suo fondamento ultimo, costituito dalla frode; nonche dalla

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(9) Cfr. Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, Tomo I,Parte generale, in Commentario Scialoja e Branca alla legge fallim., a cura di Bricola e Galgano,art. 64-71, Bologna-Roma, 1993 (d’ora in poi: Commentario Scialoja e Branca, I), pag. 247 seg.

consapevolezza che la frode in senso oggettivo (il danno) e la frode in sensosoggettivo (la conoscenza del medesimo) non sono divise da un solco incol-mabile, ma convergono in una valutazione complessiva della condotta tenu-ta dal terzo nei confronti del debitore e dei suoi creditori.

8.5. Altrettanto interessante, sotto il profilo sistematico, e il tentativo dirispondere ad un ultimo quesito: se possano essere esentati dalla revocatoriagli atti compiuti in un momento in cui il piano – pur essendo ex ante astrat-tamente idoneo a riequilibrare la situazione finanziaria dell’impresa – si fos-se gia rilevato, in concreto, incapace di sanare il dissesto.

Il problema era stato posto in sede di redazione della norma (e, ancorprima, in seno alla commissione Trevisanato), ma non e stato possibile ri-solverlo in maniera espressa: il mondo bancario osservava che tutti gli atti,compiuti in esecuzione di un accordo di ristrutturazione dei debiti ritenutodegno di tutela, dovevano essere posti al riparo dall’impugnativa, se non sivolevano deludere affidamenti giuridicamente fondati; gli esperti prove-nienti dalle file della magistratura (particolarmente numerosi nella commis-sione dianzi ricordata) sostenevano, invece, che ogni precisazione era inuti-le, giacche si doveva dare per scontata la soluzione opposta.

Francamente non vedo come si possano salvare dalla revoca degli atticompiuti nella piena consapevolezza di una frode ai danni dei creditori: evero che i finanziatori, quando rinviano l’escussione di certe pretese (risca-denzando il debito, per consentire all’impresa di salvarsi), vorrebbero vede-re ripagato il proprio sacrificio con un trattamento migliore in sede esecu-tiva; ma e anche vero, che non ci troviamo di fronte ad una procedura, ca-pace di creare debiti di massa, e che, pertanto, tutto deve essere negoziato(comprese le eventuali prelazioni) in sede di stipula dell’accordo.

Del resto, l’inconveniente puo essere superato, assumendo le consuetecautele: per un verso, le nuove provvidenze finanziarie verranno erogate do-po la costituzione di congrue garanzie, in modo da far salvi – con il conso-lidamento immediato delle stesse – i successivi rimborsi; per altro verso, glieventuali trasferimenti d’immobili verranno compiuti senza alcuna anticipa-zione sul prezzo, in modo da poter valutare le condizioni economiche del-l’alienante alla data dell’atto traslativo.

9. E) Gli accordi di ristrutturazione dei debiti. – Le regole dianzi espostedebbono valere, a mio sommesso avviso, anche per gli atti compiuti – aisensi della lettera e) della norma in esame – «in esecuzione del concordatopreventivo, [dell’amministrazione controllata,] nonche dell’accordo omologa-to ai sensi dell’art. 182-bis».

Su quest’ultimo istituto conviene spendere, tuttavia, qualche altra pa-rola.

Parte I - Dottrina 281

9.1. La storia della disposizione, che prevede gli «Accordi di ristruttura-zione dei debiti» (come recita l’epigrafe dell’art. 182-bis), e molto diversa daquella del «piano di riequilibrio della situazione finanziaria dell’impresa», an-che se – alla fine – le due norme si muovono nella stessa logica e produco-no, in buona sostanza i medesimi effetti.

Dapprincipio, infatti, l’obiettivo dell’art. 182-bis era di semplificare laprocedura del concordato preventivo, qualora il debitore fosse riuscito araccogliere, gia prima della presentazione del ricorso, un ampio consensosulla sua proposta, facendola accettare da tanti creditori, quanti ne servonoper raggiungere la maggioranza qualificata di almeno il sessanta per centodei crediti. Del resto, l’intenzione del legislatore storico, di regolare unaparticolare forma di concordato, e comprovata sia dalla collocazione dellanorma (posta all’interno del titolo III della l. fall., dedicato, appunto, alconcordato preventivo), sia dal procedimento d’omologazione, al quale l’ac-cordo viene sottoposto.

Guardando il prodotto finito (e, cioe, il testo normativo in esame), sor-gono fieri dubbi, tuttavia, che davvero ci troviamo di fronte ad una sempli-ce variante della procedura regolata dagli artt. 160 seg., legge fall., perchequest’ultimo istituto serve ad imporre alla minoranza dissenziente la volontadella maggioranza dei creditori, mentre l’art. 182-bis non contempla alcunmeccanismo di votazione, ma si preoccupa – tutt’al contrario – di garantireil soddisfacimento integrale dei creditori rimasti estranei all’accordo.

D’altro canto, non sembra che la presentazione della proposta so-spenda le azioni esecutive sul patrimonio del debitore (come accade,per il concordato preventivo, a norma dell’art. 168, legge fall.): sia perchenon e previsto alcun intervento del giudice, che verifichi i presuppostiper l’ammissione del debitore alla procedura (a partire dal consensodei creditori, che rappresentino almeno il 60% dell’intero passivo, e dallacompletezza della documentazione depositata ai sensi dell’art. 161 e dellostesso art. 182-bis); sia perche non si vota e, quindi, non v’e motivo digarantire al debitore ed ai creditori un adeguato spatium deliberandi,per precisare i termini della proposta e valutarla; sia, infine, perche l’ac-cordo diventa immediatamente efficace, con la pubblicazione nel registrodelle imprese, senza aspettare che il decreto d’omologazione diventi de-finitivo.

In altri termini, a furia di semplificare l’iter del procedimento e di spin-gere ai margini l’intervento del giudice in funzione di controllo, si e creatoun istituto, che non e un concordato e che sembrerebbe produrre, comeunico effetto pratico, quell’esenzione dalla revocatoria, di cui stiamo parlan-do. Salvo che, naturalmente, la magistratura non voglia poi recuperare, neifatti, il proprio ruolo, sostenendo che e implicita nel sistema l’esigenza di undecreto d’ammissione alla procedura, con la conseguente applicabilita delcitato art. 168.

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9.2. Se quanto precede e vero, si deve riconoscere che v’e un’ampia so-vrapposizione tra gli accordi di ristrutturazione ed il piano di riequilibrio.Del resto, si deve tenere presente che la norma dettata dalla lettera d) del-l’art. 67 era stata originariamente concepita come sostitutiva della procedu-ra regolata dall’art. 182-bis del progetto Trevisanato (la numerazione, al ri-guardo, e rimasta invariata), mentre, in un secondo tempo, le due disposi-zioni sono state accolte entrambe nel testo definitivo della legge, forse per-che non era chiaro quali fossero la natura e gli effetti del cosiddetto accordo«preconfezionato» (e cioe, se fosse un vero e proprio concordato, o qualcosadi diverso).

Ovviamente, una volta che le due norme sono entrate in vigore, non re-sta che prenderne atto ed esaminarle con maggiore attenzione, per capirese, dietro la diversita del procedimento, v’e anche una parziale divergenzadi funzioni, che darebbe un senso alla scelta tra le due alternative messe adisposizione dal legislatore.

A mio sommesso avviso, la risposta al quesito deve essere affermativa,perche la trasparenza, imposta per l’accordo di ristrutturazione, e ricompen-sata dall’ordinamento con una maggiore stabilita dei suoi effetti; mentre lariservatezza, di cui gode il piano di riequilibrio, inevitabilmente comportauna certa precarieta di risultati.

In altri termini, se i creditori finanziari di un’impresa dovessero decide-re di compiere un grosso intervento di salvataggio, che implica la rinunciaad una parte delle loro pretese e coinvolge gli interessi di terzi, il percorsoindicato dall’art. 182-bis appare piu indicato, perche contiene una provoca-tio ad loquendum (o ad opponendum), che dovrebbe inibire agli altri credi-tori di lamentarsi (ma il condizionale e d’obbligo), se i loro interessi sonostati sacrificati dalla concessione di garanzie, o dalla vendita di cespiti di ri-levante valore economico, con la conseguenza di rendere incerto il loro fu-turo integrale soddisfacimento, nonostante le asseverazioni contenute nellarelazione dell’esperto, depositata ai sensi del comma 1.

Diverso, invece, e il problema di capire se la procedura d’interpello,congegnata dal legislatore, sia davvero in grado di tutelare adeguatamentel’interesse generale, o serva solo a dirimere una divergenza d’opinioni conaltri creditori forti, che dissentono su talune clausole dell’accordo di ristrut-turazione dei debiti: ma si tratta di un quesito di politica del diritto, di cuinon ci si puo certo occupare in questa sede.

9.3. Una volta chiarito che le differenze tra l’«accordo di ristrutturazio-ne» ed il «piano di riequilibrio» sono date, in buona sostanza, dalle accen-nate forme di pubblicita e dalla procedura d’interpello – che caratterizzanoil primo e lo differenziano dal secondo – non resta che svolgere qualchebrevissima riflessione sul meccanismo previsto dall’art. 182-bis.

Anche a tale riguardo puo sorgere qualche perplessita, perche il legisla-

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tore, per un verso, prevede (al comma secondo) un’opposizione all’accordodepositato dal debitore presso il registro delle imprese, mentre, per altroverso, dispone (al comma quinto) che lo stesso accordo «acquista efficacia»dal giorno in cui e stato pubblicato.

Ora e evidente che, in caso di mancata omologazione dell’accordo (a segui-to dei provvedimenti assunti dal Tribunale o dalla Corte d’Appello, rispettiva-mente ai sensi del terzo e del quarto comma della norma in esame), non si puoprodurre quell’esenzione dalla revoca, che all’omologazione e espressamentesubordinata (non per nulla, infatti, l’art. 67 parla di «accordo omologato»).

Cio non porta a ritenere, tuttavia, che tra la lettera e) dell’art. 67 e l’art.182-bis vi sia una contraddizione in termini: innanzi tutto, perche l’omologapuo essere considerata come una condicio iuris per il conseguimento dellapiena stabilita di certi effetti; e poi, perche – in mancanza di una sospensio-ne delle azioni esecutive – si doveva pur prevedere un sistema, che rendesseopponibile l’accordo ai terzi, sfruttando le forme di pubblicita gia conosciu-te dal diritto comune (la trascrizione degli atti traslativi e l’iscrizione delleipoteche, che vanno compiute subito, per impedire che l’intera operazionepossa essere vanificata dalla trascrizione di un pignoramento).

9.4. Un ultimo rilievo: come s’e detto, e probabile (salvo ripensamentida parte della giurisprudenza) che l’accordo di ristrutturazione non produ-ca quell’effetto, di sospendere le azioni esecutive, che caratterizza il concor-dato preventivo.

Cio non significa, tuttavia, che la sua pubblicazione sia del tutto inin-fluente sulla dichiarazione di fallimento: innanzi tutto, perche il tribunalenon puo non tener conto del fatto che una massa di creditori – che affermadi rappresentare il sessanta per cento del passivo (reale) dello stato patrimo-niale dell’impresa – mostra di credere nel tentativo di salvataggio (con ovvierefluenze sull’accertamento dello stato d’insolvenza); e poi perche si devepresumere che l’accordo – una volta omologato – sia davvero in grado d’e-liminare lo stato d’insolvenza.

Non puo sfuggire l’importanza di quest’ultimo rilievo. E evidente, infat-ti, che il giudizio espresso dall’autorita giudiziaria in sede d’omologazione«fa fede» a favore di tutti i possibili legittimati passivi delle azioni revocato-rie, nel senso che (a differenza di quanto accade per il piano di risanamento:cfr. supra, n. 8.4) fa venir meno il presupposto soggettivo dell’impugnativa,fino al momento in cui non vi siano altre specifiche manifestazioni d’insol-venza. Come si e detto, tale effetto resta in sospeso fino alla chiusura dellaprocedura; ma poi ha la stessa consistenza di quello riconosciuto dalla leggeal concordato preventivo.

10. F) I pagamenti di prestazioni lavorative. – La norma non pone par-

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ticolari problemi. Forse e opportuno sottolineare, tuttavia, che l’esenzionenon e subordinata alla verifica che il pagamento, in concreto, sia privo diriflessi pregiudizievoli per gli altri creditori, perche nel patrimonio del de-bitore sussisteva una tale massa di beni, sui quali esercitare il privilegio, dagarantire l’integrale soddisfacimento delle prestazioni lavorative: l’immunitanon si fonda, infatti, sull’assenza di un danno per la massa, bensı diretta-mente sulla causa della pretesa.

E opportuno chiarire, inoltre, che la norma non distingue tra pagamentidi prestazioni contestualmente effettuate e pagamenti di crediti per arretra-ti, con una significativa differenza, rispetto all’esenzione prevista dalla lette-ra a) – nonche dell’altra esenzione, contenuta nella successiva lettera g) –della quale cercheremo di dare conto nelle pagine finali di questo lavoro.

11. G) Le prestazioni di servizi per l’accesso alle procedure concorsuali. –Diverso, come or ora s’e detto, appare il trattamento riservato alle presta-zioni di «servizi strumentali all’accesso alle procedure concorsuali», per lequali si chiede che il pagamento avvenga «alla scadenza», da intendere, amio avviso, con le agevolazioni previste dalla lettera a) del medesimo arti-colo di legge, e cioe nei «termini d’uso».

Naturalmente, dopo l’entrata in vigore del decreto delegato, il richiamoall’amministrazione controllata deve ritenersi soppresso, salvo che per leprocedure gia avviate; meraviglia, invece, la mancata menzione delle presta-zioni professionali rese in vista del fallimento.

Al riguardo, occorre tenere presente, tuttavia, che la giurisprudenza hada tempo riconosciuto un analogo privilegio, collegandolo al diritto di dife-sa, garantito dalla Costituzione.

12. L’esenzione per le «somme gia riscosse» nella locazione finanziaria. –Per la stretta connessione con la materia fin qui trattata, e forse opportunoricordare che, ai sensi del comma 2 dell’art. 72-quater, in caso di sciogli-mento del contratto di locazione finanziaria, «per le somme gia riscosse siapplica l’art. 67, comma 3, lettera a)», e cioe si dovrebbe applicare – vedre-mo subito le ragioni del dubitativo – l’esenzione dalla revocatoria gia esami-nata sopra, al numero 5.

Questa norma, in realta, gia ad una prima lettura appare piuttosto stra-na, perche: se i pagamenti dei canoni del leasing rientrassero de plano nel-l’esenzione dalla revoca, alla quale espressamente ci si richiama, sarebbe sta-to del tutto inutile ripeterlo; se il legislatore, invece, nutriva dei dubbi al ri-guardo, avrebbe fatto bene a chiarirli e, forse, avrebbe fatto ancora meglio adettare un’apposita disciplina, che tenesse conto delle peculiarita della fat-tispecie regolata.

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Il guaio maggiore, pero, e che la norma denuncia un palese difetto dicoordinamento con la disposizione alla quale rinvia, giacche trascura chela gia ricordata esenzione si riferisce ai pagamenti «di beni e servizi», effet-tuati «nei termini d’uso»: nell’esaminare il problema (v. ancora supra, n. 5),si e avuto modo di chiarire, infatti, che l’immunita dalla revoca scatta soloin presenza di una (almeno approssimativa) contestualita tra l’atto soluto-rio, compiuto dal fallito, e la prestazione (di beni o servizi) eseguita dalfornitore.

Ci si scontra, dunque, con una serie di problemi molto delicati, tantodal punto di vista esegetico, quanto da quello sistematico: dal primo angolovisuale, e agevole rilevare che i canoni del leasing vanno pagati alla scadenza(senza poter beneficiare della breve dilazione gratuita implicita nei «terminid’uso») e non servono ad acquistare «beni e servizi», ma servono – nellaprospettiva accolta dalla riforma (v. appresso) – a restituire le somme presein prestito, con l’aggiunta degli interessi nel frattempo maturati; se poi, daltenore letterale delle singole norme (o frammenti di norma), ci si sposta aconsiderare la loro valenza sistematica, non si puo fare a meno d’osservareche l’esenzione de qua non si riferisce al rimborso dei finanziamenti, e deveritenersi esclusa anche quando il creditore abbia semplicemente «seguito lafiducia» del debitore, lasciando accumulare una serie di fatture non pagate.

Prima di tentare di comporre l’apparente conflitto di norme, occorreverificare, tuttavia, se i singoli versamenti di denaro abbiano davvero, nellalocazione finanziaria, le funzioni dianzi descritte (di restituire il capitalemaggiorato delle usure), o non trovino il proprio fondamento in prestazionid’altro genere, come si dovrebbe ritenere qualora si accostasse il leasing aicomuni contratti di locazione o alla compravendita con riserva di proprieta.

12.1 La natura giuridica del leasing. – Non e questa la sede per affron-tare il problema con gli approfondimenti, che meriterebbe. Qui mi limito aricordare che in uno scritto di qualche anno addietro (10) avevo escluso lapossibilita d’inquadrare il leasing tra i contratti di credito, per la semplicis-sima ragione che il profilo «reale» – costituto dal godimento del bene e dalsuo eventuale trasferimento – assorbiva in se e superava, a mio modo di ve-dere, il profilo «finanziario» dell’operazione. In altri termini, mi era sembra-to decisivo il rilievo che l’utilizzatore non otteneva il godimento di una som-ma di denaro, sulla quale doveva corrispondere gli interessi; ma otteneva ladisponibilita di una cosa e la possibilita di acquistarla alla fine del rapporto,dietro pagamento di due diversi corrispettivi (i canoni ed il prezzo d’opzio-ne), che tenevano conto di varie componenti di costo. Tra tali componenti

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(10) Ancora in Commentario Scialoja e Branca, III, pag. 269 seg.

di costo figuravano, certo, quelle finanziarie; ma vi figuravano anche – e conrilievo preminente – quelle legate al rischio di deperimento fisico e d’obso-lescenza tecnica del bene concesso in godimento, nonche quelle legate alrischio d’eventuali variazioni del suo valore di mercato (dato che e incertose il bene, alla fine del rapporto, verra acquistato dal concessionario, o sararestituito al concedente).

Naturalmente, non mi sfuggiva che il legislatore (basti pensare alle nor-me del testo unico bancario, che assoggettano le societa di leasing alla vigi-lanza della Banca d’Italia; a quelle in materia di usura; o, ancora, a quellepiu recenti in tema di bilancio) si stava muovendo in senso diametralmenteopposto alle mie tesi; non mi sfuggiva che il concedente, nel determinarel’ammontare dei canoni e del prezzo di riscatto, teneva conto del costodel denaro a medio o lungo termine; e non mi sfuggiva, infine, che i rappor-ti di finanziamento si presentavano, ormai, con una tale molteplicita di va-rianti, da rendere possibile (ma forse solo all’apparenza) i piu articolati in-trecci tra prestazioni di diversa natura (anche aleatoria o partecipativa).

Nonostante cio, mi sembrava, tuttavia, che una piena assimilazione delleasing ai contratti di credito trovasse un ostacolo insormontabile nel fattoche l’ammontare delle prestazioni, poste a carico dell’utilizzatore, venivadeterminato in maniera globale, senza attribuire alla componente finanzia-ria (restituzione del capitale e pagamento degli interessi) alcuna rilevanzaesterna.

In altri termini, mi sembrava che il meccanismo contrattuale – a diffe-renza di quanto accade nel mutuo, che costituisce l’archetipo dei negozi difinanziamento – non fosse calibrato sull’esigenza d’assicurare la restituzionedelle somme date in prestito, eventualmente maggiorate di un corrispettivocommisurato alla durata del rapporto; ma fosse diretto ad assicurare certeprestazioni reali (il godimento del bene ed il suo eventuale trasferimento),alle quali facevano fronte altre prestazioni (i canoni, il prezzo del riscatto o,in alternativa, la restituzione del bene concesso in godimento), che, pur te-nendo conto dei costi e dei rischi insiti nella dilazione, non conferivano loroalcuna rilevanza sul piano sinallagmatico.

Del resto, la differenza tra i due schemi tipologici messi a confronto –quello dei contratti di credito, da un lato, e quello dei contratti di scambiodi beni infungibili, dall’altro (tra i quali ultimi avrei annoverato la locazionefinanziaria) – sarebbe risultata a mio avviso evidente, non appena si fosseconsiderato che, mentre nel mutuo il meccanismo restitutorio costituiscel’asse portante del contratto e non tollera deroghe da parte dei privati (alcontrario di quanto accade per la remunerazione della prestazione crediti-zia, che puo mancare, o puo essere ancorata a parametri esterni), nel lea-sing, invece, il pagamento dei canoni e la riconsegna del bene potrebberonon essere sufficienti – sia pure in ipotesi marginali – a garantire il recuperodel capitale investito, con la conseguenza di far assumere al contratto un

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connotato d’aleatorieta, che travalica i confini del tipo (un problema analo-go, del resto, s’e posto in merito alla possibilita di qualificare come «obbli-gazioni di societa» quei prodotti finanziari, che non garantiscano il rimborsodella sorte capitale).

12.2. La soluzione accolta dalla novella. – A distanza di qualche annodalla pubblicazione di quello scritto, continuo a ritenere che le preoccupa-zioni di carattere sistematico, allora manifestate, avessero un certo fonda-mento, soprattutto per quanto concerne la piena assimilazione del leasingai rapporti creditizi ai fini della legge anti-usura. Com’e noto, infatti, que-sta legge prevede una serie d’automatismi (fondati su dei tassi di riferi-mento) per i prestiti in denaro, mentre utilizza parametri piu elastici peraltri tipi di operazioni; ed a me e sempre sembrato discutibile che si siaapplicato alla locazione finanziaria il primo tipo di disciplina, senza tenereconto del fatto che il concedente assume delle alee, derivanti dalle possibilivariazioni del valore di mercato del bene, per il quale e prevista l’opzionedi vendita, mentre i tassi d’interessi sono influenzati solo dalle variazionidel prezzo del denaro.

Come spesso accade, pero, anche una «forzatura» del legislatore puoprodurre una stabile modifica (11) degli assetti contrattuali programmatidalle parti. Nel caso di specie, infatti, l’esigenza di non «sforare» i tettidi rendimento individuati dalle norme sull’usura, ha fatto acquistare allacomponente finanziaria un ruolo d’assoluta preminenza nella strutturadel contratto.

In tale contesto, non puo meravigliare se la riforma delle procedureconcorsuali ha fatto un ulteriore passo in avanti nella stessa direzione, eli-minando – almeno ai fini del trattamento da riservare al rapporto in sedefallimentare – gli ultimi ostacoli, che ancora si frapponevano all’inquadra-mento del leasing tra i contratti di credito. La novella, infatti, al comma2 dell’art. 72-quater ha imposto al concedente di versare alla curatela, in ca-so di scioglimento del contratto, «l’eventuale differenza tra la maggiore som-ma ricavata dalla vendita o da altra collocazione del bene... rispetto al creditoresiduo in linea capitale»; e nel comma 3 ha aggiunto che «Il concedente hadiritto a insinuarsi nello stato passivo per la differenza tra il credito vantatoalla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene».

Dal combinato disposto delle due norme, sembra emergere la seguentedisciplina: a) innanzi tutto, il concedente non puo appropriarsi dell’interovalore residuo del bene, che gli e stato restituito, ma deve rimborsare alla

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(11) Basti pensi alle ripercussioni prodotte da certe norme fiscali su molti istituti del di-ritto privato.

massa l’eventuale esubero tra il predetto valore e l’ammontare del capitaleinvestito; b) il concedente, dunque, non puo aspirare a due risultati diversi,a seconda che venga pagato (o meno) il riscatto, giacche l’utile ricavabiledall’operazione si commisura, in ogni caso, ad un ammontare fisso, costitui-to dalle somme date in prestito, con l’aggiunta (lo vedremo tra poco) degliinteressi nel frattempo maturati; c) questa stessa pretesa, del resto, gli vienericonosciuta, anche se non dovesse trovare capienza nel valore finale del be-ne concesso in godimento, giacche «il credito vantato alla data del fallimen-to», che il comma 3 consente d’insinuare al passivo, non puo non includere«il credito residuo in linea capitale», di cui parla il comma 2.

Se quanto precede e vero, sul piano sistematico se ne puo dedurre: a’)che il rapporto ha perduto (almeno ai fini del suo trattamento in sede fal-limentare) ogni connotato d’aleatorita, per quanto concerne l’importo delleprestazioni dovute, fermo restando (com’e ovvio) il rischio legato all’insol-venza del debitore; b’) che il capitale deve essere restituito, a prescinderedal valore del bene concesso in godimento, proprio come accade nel mutuo(ed a differenza di quanto accade nei contratti di scambio); c’) che il beneconcesso in godimento assume quindi, sul piano economico, il ruolo di unasemplice garanzia (anche se la disciplina del rapporto, come vedremo subi-to in appresso, e molto diversa da quella dei diritti reali di prelazione); d’)che la remunerazione della prestazione creditizia e limitata agli interessi in-corporati nei canoni scaduti prima della dichiarazione di fallimento; e’) chevi e, dunque – per esprimerci con la terminologia proposta da una vecchia,ma autorevole, dottrina – una netta separazione tra il «rapporto di sostitu-zione» (che attiene alla restituzione delle somme mutuate) ed il «rapportodi godimento» (che attiene al pagamento delle usure o d’altro corrispettivodella prestazione creditizia), cosa che non poteva certo evincersi da un esa-me del regolamento negoziale voluto dalle parti (12).

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(12) Le considerazioni svolte nel testo presuppongono che venga accolta – nell’indivi-duare la natura giuridica della prestazione creditizia – la cosiddetta «teoria del godimento»,idealmente contrapposta alla «teoria dell’agio»: secondo la prima, la causa del mutuo (e deglialtri contratti di credito) sarebbe costituita dal far godere per un certo periodo di tempo (parialla dilazione) la somma data in prestito; per la seconda, la causa del mutuo consisterebbe inuno scambio tra beni presenti e beni futuri.

La scelta tra le due tesi, a mio sommesso avviso, non e arbitraria, ma e imposta al giuristada precise norme di legge: in particolare, nel nostro ordinamento, dagli articoli 820 e 821 delcod. civ., dai quali si ricava che gli interessi sono il «corrispettivo del godimento» di sommealtrui e che gli stessi maturano giorno per giorno, in ragione della «durata» del diritto.

Per le implicazioni sistematiche dell’impostazione accolta dal codice (nonche per un’in-terpretazione un po’ meno ingenua delle metafore utilizzate dalla legge nel regolare il rappor-to) mi permetto di rinviare al mio Appunti per uno studio sullo sconto bancario, in Economia ecredito, nn. 3-4, Palermo, 1984.

12.3. La semplificazione della struttura del contratto. – Gia ad un primosuperficialissimo esame, la nuova disciplina presenta luci ed ombre, o me-glio: punti di forza, che consentono di chiarire le reciproche posizioni delleparti nel sinallagma contrattuale; e residue zone d’ombra, che impongonoun notevole sforzo ermeneutico, per coordinarle ad altre disposizioni di leg-ge, o per renderle compatibili con la causa del contratto, intesa, qui, comecontenuto tipico del programma concordato dalle parti.

Tra i punti di forza, annovererei i seguenti:A) innanzi tutto, si e drasticamente semplificato l’oggetto delle pretese

del concedente. In un certo senso (e cioe per quanto concerne i valori in-camerabili) a suo discapito: ma con un indiscutibile vantaggio sul piano del-l’uniformita di trattamento giuridico e della certezza dei rapporti.

Come s’e detto, infatti, il concedente d’ora in poi non potra pretenderedi mantenere per se tutto il valore del bene, che gli e stato riconsegnato aseguito del mancato riscatto. Ma non sara neppure costretto a restituire, anorma dell’art. 1526, cod. civ. – come ancora oggi afferma la suprema Cor-te, con riferimento al leasing traslativo – una parte dei canoni gia riscossi.

B) In secondo luogo, e conseguentemente, si supera la distinzione traleasing finanziario e leasing traslativo, perche il meccanismo ideato dal legi-slatore e tale da impedire ogni approfittamento ai danni del concessionario:se il bene, per il quale non e stata esercitata l’opzione, dovesse valere piu delcapitale investito (con le aggiunte, di cui in appresso), il concedente sarebbecostretto a versare un conguaglio alla curatela, trattenendo solo quanto ba-sta al recupero della predetta somma.

Al riguardo, nelle discussioni che si sono tenute l’interno delle varieCommissioni, qualcuno aveva manifestato fieri dubbi circa la possibilitadi superare la distinzione accolta dal supremo Collegio. Ad una letturapiu attenta del testo normativo, queste perplessita mi sembrano, pero, de-stituite d’ogni fondamento: a ben guardare, infatti, l’equilibrio tra le presta-zioni non e piu turbato dalla circostanza che l’utilizzatore non sia in gradodi pagare il prezzo pattuito per il trasferimento del bene, giacche, comun-que vadano le cose, il concedente puo aspirare solo a trattenere una sommafissa e predeterminata, costituita, come si e detto, dal capitale investito mag-giorato degli interessi (o, se si vuole, dall’importo dei canoni scaduti, conl’aggiunta della parte di capitale non ancora rimborsata).

C) Infine, si e chiarito, una volta e per tutte, che la proprieta del bene hauna preminente funzione di garanzia: nel senso che il suo valore finale noninfluisce sul risultato economico dell’operazione, ma resta accantonato aisoli fini del soddisfacimento di certe pretese del concedente, che trovanonel rapporto finanziario il proprio fondamento.

12.4. I problemi posti dalla riconosciuta natura finanziaria del rapporto. –Come si e detto sopra, la regolamentazione del rapporto dettata dalla rifor-

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ma presenta, tuttavia, anche delle zone d’ombra, destinate a creare non po-che incertezze.

12.4.1. Innanzi tutto le disposizioni in esame scontano un peccato d’o-rigine, perche, pur incidendo a fondo sulla struttura del rapporto, lo rego-lano ancora una volta «di sguincio», con riferimento ai problemi posti daldiritto fallimentare (come prima s’era fatto per i bilanci o per le norme anti-usura), mentre l’istituto avrebbe bisogno, ormai, di una disciplina organica,collocata in una sede piu acconcia (poco importa se direttamente nel codicecivile o in una legge speciale), partendo dalla definizione della fattispecie,alla quale s’intende applicare una certa normativa.

Proprio per questo motivo, sorge il dubbio se i principi, ai quali s’ispi-rano le disposizioni dianzi trascritte, possano essere applicati anche al difuori delle procedure concorsuali, qualora vi sia un inadempimento dell’u-tilizzatore, o un suo rifiuto di pagare il prezzo pattuito per l’esercizio del-l’opzione.

Certo: alle societa di leasing farebbe comodo poter chiedere all’utilizza-tore la restituzione del capitale investito con l’aggiunta degli interessi matu-rati, ogni qual volta il valore residuo del bene concesso in godimento nonsia insufficiente a coprire l’intero loro ammontare; ma e difficile immaginareche una simile facolta venga loro riconosciuta, anche al di fuori del fallimen-to, se il concessionario ha pagato i canoni e restituito il bene, in conformitaa quanto disposto dal programma negoziale. Del resto, non si puo trascu-rare che – per l’ipotesi opposta, di fallimento del concedente – lo stesso le-gislatore prospetta una soluzione diversa da quella che sembrerebbe emergedalle norme fin qui esaminate: non si puo tacere, infatti, che, ai sensi del-l’ultimo comma dello stesso articolo 72-quater, «l’utilizzatore conserva la fa-colta di acquistare, alla scadenza del contratto, la proprieta del bene, previopagamento dei canoni e del prezzo pattuito», senza prestazioni aggiuntive.

Pressappoco lo stesso ragionamento si puo ripetere – a parti rovesciate– qualora il bene concesso in godimento sia inaspettatamente aumentato divalore (il che puo succedere, soprattutto nel campo del leasing immobilia-re), ma l’utilizzatore non abbia la possibilita economica di pagare il corri-spettivo previsto per l’esercizio dell’opzione: anche qui al concessionario fa-rebbe comodo poter chiedere un conguaglio, nella misura della differenzatra l’ammontare del capitale investito, maggiorato degli interessi, ed il prez-zo di mercato del bene. Ma ho molti dubbi che una simile pretesa possatrovare accoglimento, a meno che la tesi favorevole all’utilizzatore non sol-letichi certe aspirazioni «equitative» della nostra giurisprudenza, che spessosi mostra incline a correggere d’autorita – in nome di un malcerto solidari-smo – il programma negoziale fissato dalle parti.

Naturalmente, non e questa la sede per tentare di risolvere problemi co-sı delicati. Non posso fare a meno d’osservare, tuttavia, che entrambe le

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strade, astrattamente percorribili dall’interprete, finiscono in un vicolo cie-co o, almeno, in un ginepraio, dal quale e difficile uscire. Ed infatti: se siritiene di dare l’assoluta prevalenza, anche fuori del fallimento, alla compo-nente finanziaria del rapporto (la restituzione del capitale con gli interessi),si mette in non cale la volonta dei privati (d’ottenere, a certe condizioni,l’acquisto o la restituzione del bene concesso in godimento); se si ritiene,invece, che la disciplina dettata dalla legge fallim. non possa essere applicataal di fuori delle procedure concorsuali, resta da spiegare sulla base di qualicriteri il legislatore abbia potuto modificare – sia pure solo a determinatifini – la struttura del sinallagma contrattuale.

In altri termini, resta da spiegare come mai il legislatore abbia ritenuto,in questo caso, d’imporre alle parti un assetto diverso da quello program-mato, quando in genere gli effetti del fallimento sui rapporti in corso d’e-secuzione si riducono ad uno scioglimento forzoso del vincolo (che poi enei fatti) ed incidono, al massimo, sulla possibilita (che talvolta viene nega-ta) di conseguire il risarcimento del danno causato dalla mancata attuazionedel programma negoziale.

12.4.2. Un secondo problema e costituito dal rilievo che la novella si ri-ferisce, in maniera espressa ed esclusiva, al credito del concedente «in lineacapitale», mentre non sembra curarsi degli interessi gia maturati.

Molto probabilmente, anche in questo caso si e verificato un difetto dicoordinamento tra due enunciati normativi. La riforma, infatti – richiaman-do nella prima parte del comma 2 dell’art. 72-quater il solo «capitale inve-stito», senza parlare degli interessi – probabilmente ha inteso negare (e suquesto si poteva essere d’accordo) che la societa di leasing possa pretendereuna remunerazione per una prestazione creditizia non ancora eseguita alladata del fallimento.

Gia nel corso dei lavori preparatori si era segnalato, tuttavia, che la for-mulazione della norma rischiava d’andare oltre il segno, perche poteva sem-brare che volesse escludere anche il diritto del concedente a percepire gliinteressi maturati prima dell’apertura del concorso.

Forse l’obiezione non ha fatto breccia (ma e solo una congettura), per-che s’e pensato che fosse superata dalla disposizione contenuta nell’ultimaparte dello stesso comma, la dove s’esentavano dalla revocatoria i pagamen-ti dei canoni scaduti (le «somme gia riscosse»), i quali ovviamente incorpo-rano anche gli interessi, di cui stiamo parlando.

Purtroppo, pero, non ci si e resi conto (ma e sempre una supposizione)che le due disposizioni contenute nella norma in esame (il comma 2 dell’art.72-quater) si muovono secondo logiche diverse, giacche la prima, quandoindividua i diritti e gli obblighi del concedente, fa un discorso astratto,«di competenza»; mentre la seconda, quando esonera certi atti solutori dallarevoca, li suppone avvenuti e, quindi, si riferisce ad un esborso concreto,

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«per cassa». Con questo poco brillante risultato: di determinare una lacuna– almeno sul piano testuale – in merito a come trattare gli interessi gia ma-turati (per competenza), ma non ancora pagati (per cassa) dall’utilizzatore.

A mio sommesso parere, nonostante il silenzio della legge, il problemadeve essere risolto in maniera conforme alla sostanza economica del rappor-to, nel duplice senso: che il concedente ha diritto agli interessi maturati pri-ma del fallimento; ma deve restituire alla massa quelli eventualmente matu-rati dopo l’apertura del concorso, se il piano d’ammortamento ne ha previ-sto il pagamento anticipato.

Questa soluzione, del resto, e suffragata dal comma 3 dello stesso arti-colo di legge, ove si dice che il concedente «ha diritto a insinuarsi nello statopassivo per ... il credito vantato alla data del fallimento»: per un verso, infatti,e ovvio che tale disposizione si riferisce tanto al residuo credito in conto ca-pitale, quanto ai canoni (comprensivi delle usure) rimasti insoluti; per altroverso, pero, e altrettanto ovvio che le pretese, di cui stiamo parlando, sonole stesse di quelle menzionate al comma precedente, giacche, nella prospet-tiva della riforma, la posizione della societa di leasing non deve essere in-fluenzata dal valore residuo del bene concesso in godimento.

Per quanto concerne, infine, l’esigenza di restituire gli interessi gia per-cepiti, ma destinati a maturare dopo l’apertura del concorso, e appena il ca-so di sottolineare che non si tratta d’applicare una forma non prevista direvocatoria, bensı solo di quantificare in maniera corretta la pretesa del con-cedente.

12.4.3. Problemi non meno delicati si pongono quando la societa di lea-sing, invece di vendere subito il bene o destinarlo ad altra utilizzazione, re-sta inerte, affermando che sul mercato non v’e domanda. A prima vista, po-trebbe sembrare che, data la funzione di garanzia della proprieta formal-mente rimasta in capo al concedente, la curatela possa chiedere l’esecuzionein forma specifica dell’obbligo di vendere, in modo da realizzare lo scopodel contratto. A ben guardare, pero, questa soluzione appare impraticabile,per il semplicissimo motivo che la norma lascia alla controparte la facolta discegliere tra varie alternative: alienare il bene, concederlo di nuovo in lea-sing, o anche (riterrei) trattenerlo presso di se, per sfruttarlo in altro modo.

In tali condizioni, mi pare che la curatela possa chiedere solo l’accerta-mento del valore residuo del bene: o partendo dalle indicazioni fornite dallasocieta di leasing (il prezzo effettivo di vendita o la capitalizzazione del ca-none della nuova locazione), quando essa s’insinua al passivo, ai sensi delcomma 3 della norma in esame; oppure, in maniera diretta, qualora il con-cedente rinunci alla predetta insinuazione, con la conseguenza di renderenecessaria la valutazione di un perito, per sapere quale somma debba essererestituita alla massa, ai sensi del comma 2.

In altri termini, le dichiarazioni del concedente in merito al prezzo di

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vendita (o alla capitalizzazione del reddito prodotto da una nuova conces-sione in leasing) costituiscono una base presuntiva per il calcolo del valoredel bene: fermo restando che la curatela puo chiedere i danni, qualora dallariallocazione sul mercato si sia ricavato meno di quanto si sarebbe potutoottenere, agendo con la dovuta diligenza. Se il concedente, invece, restainerte, tocchera alla curatela dimostrare a quanto ammonti la «differenzafra la maggiore somma ricavata [o ricavabile] dalla vendita o da altra collo-cazione del bene ... rispetto al credito residuo in linea capitale».

12.4.4. Su queste basi, s’intende di leggieri come nella locazione finan-ziaria la proprieta del bene, pur espletando una funzione di garanzia, nondia luogo ad un rapporto in qualche modo confrontabile con un’ipotecao con un pegno.

E vero che il concedente e legato da un vincolo nei confronti dell’utiliz-zatore, per cui, se il bene rientra nella sua sfera patrimoniale a causa delmancato esercizio del diritto d’opzione, si deve tenere conto (almeno in se-de fallimentare) del fatto che su di esso grava l’interesse di un terzo.

Tuttavia, la persistenza del predetto vincolo a favore dell’utilizzatore nonimpone al concedente di vendere (o di far vendere) la cosa posta a garanziadel suo credito; non gli impedisce di tenerla presso di se, per utilizzarla comemeglio crede; ma gli impedisce soltanto di trattenerne l’intero valore, qualoraquest’ultimo superi l’ammontare del suo credito residuo; gli impone, cioe, di«versare alla curatela» quella differenza, di cui piu volte s’e parlato.

D’altro canto, non mi pare che questa regolamentazione del rapporto«di garanzia» entri in conflitto con il divieto di patto commissorio (art.2744, cod. civ.), in base al quale il creditore non si puo appropriare del be-ne posto a tutela delle sue pretese: e cio, non solo per un motivo formale,dato dal rilievo che il concedente non s’e mai spogliato della proprieta dellacosa; ma, soprattutto, per la ragione sostanziale che il legislatore ha predi-sposto uno specifico meccanismo per impedire – sia pure con un rimedio dicarattere obbligatorio – ogni approfittamento ai danni del debitore.

Naturalmente la materia meriterebbe ben altri approfondimenti; ma etempo, ormai, di ritornare al filone principale del nostro discorso.

12.5. L’esenzione prevista per le somme gia riscosse. – Se quanto precedee vero, ne esce confermata l’affermazione iniziale, che gli atti sottratti allarevoca non possono essere assimilati ai pagamenti dei canoni di una locazio-ne, o delle rate di una vendita con riserva di proprieta e, quindi, non servo-no a procurare «beni e servizi», ma servono – nella nuova prospettiva apertadalla riforma – ad estinguere un debito finanziario.

Per superare l’ostacolo posto dalla non sovrapponibilita delle fattispeciepreviste dalle due norme messe a confronto (l’art. 67, comma terzo, letteraa, e l’art. 72-quater, comma secondo ultimo inciso) si potrebbe osservare

Il diritto fallimentare delle societa commerciali294

che quello finanziario, in definitiva, e anch’esso un «servizio», e che, pertan-to, il legislatore si sarebbe limitato a richiamare una norma, che avrebbe po-tuto essere applicata anche senza un esplicito rinvio.

Come s’e gia detto, questa tesi viene smentita dalla specifica funzione del-la norma richiamata (la gia citata lettera a, dell’art. 67), nonche dal rilievo chel’esenzione concerne i pagamenti ricevuti nei termini d’uso, con esclusione,quindi, di quelli riferibili a prestazioni creditizie o a debiti arretrati.

Ma, anche a voler prescindere da queste considerazioni; ed anche a vo-ler dare per buono che la prestazione finanziaria sia a tutti gli effetti un «ser-vizio» (come sembrerebbe indicare il gergo bancario), non si puo dimenti-care che i canoni del leasing – al pari delle rate per l’ammortamento di unmutuo – incorporano tanto una quota interessi quanto una quota capitale:con la conseguenza che solo la prima parte (la quota interessi) potrebbe es-sere imputata alla remunerazione di una prestazione dell’intermediario;mentre la seconda (la quota capitale) si riferisce alla restituzione della som-ma presa in prestito e, quindi, ad un debito che non ha nulla a che vederecon quelli elencati dal comma 3 del piu volte citato art. 67 (13).

12.6. I limiti dell’esenzione. – L’aver dimostrato (o almeno cosı m’illudo)che la norma contenuta nella lettera a) del comma 3 dell’art. 67, in assenza diun esplicito richiamo, non avrebbe potuto essere applicata al rapporto di lea-sing, non porta a ritenere che il richiamo stesso sia privo d’effetti.

Il legislatore non compie annotazioni «per memoria»; non si limita a ri-cordare all’interprete l’applicabilita di questa o quella disposizione; ma –quando detta una norma – impone una certa soluzione. E l’interprete, dalcanto suo, non puo che prenderne atto, modificando (se necessario) le pro-prie categorie concettuali.

Cio posto, pero, e altrettanto ovvio che, tra le varie soluzioni possibili, sideve scegliere quella meno dirompente per il sistema. Chi e chiamato adapplicare le norme non puo arrivare alla conclusione che il legislatore abbiaparlato invano: ma, tra tutte le prospettabili letture del testo normativo, de-ve preferire quella che contrasta di meno con le disposizioni virtualmenteconfliggenti, perche, in caso contrario, finirebbe col disattendere altri pre-cetti di legge, che muovono in direzione opposta.

Partendo da tali premesse, la soluzione mi sembra a portata di mano: ilpagamento del canone di una locazione finanziaria va esentato dalla revoca-toria, ma solo quando e stato compiuto alla scadenza, o in una data prossi-ma alla scadenza; non possono essere esentati, invece, i pagamenti di canoni

Parte I - Dottrina 295

(13) Per la distinzione tra rapporto di sostituzione e rapporto di godimento (che risale, inItalia, alla ben nota opera del Simonetto) mi permetto di rinviare, anche per la bibliografia,allo scritto citato alla nota precedente.

arretrati (salvo quanto si dira subito in appresso), giacche, in caso contrario,non si riuscirebbe a capire come mai negli altri casi tali atti solutori venganoesclusi dall’esenzione (e, andando a ritroso, se venisse incluso nell’esenzioneil pagamento di debiti gia da tempo scaduti, non si riuscirebbe piu a capireper quale motivo si sia voluto tenere fermo, nel nostro ordinamento, un isti-tuto cosı controverso, come quello della revocatoria fallimentare dei paga-menti).

12.7. Il rilievo del danno ai fini della revocatoria. – Per concludere, dun-que, ci troviamo di fronte ad una deroga al principio, secondo il quale l’e-senzione dalla revoca non potrebbe coprire il rimborso dei mutui e dei rap-porti finanziari.

A ben guardare, pero, anche questa eccezione e solo apparente, perchenon si puo fare a meno di ricordare che anche prima della riforma, secon-do la dottrina e la giurisprudenza dominanti, il pagamento dei canoni dileasing (al pari del pagamento delle ultime rate di una compravenditacon riserva di proprieta) sfuggiva alla revocatoria, ogni qual volta avesseconsentito di far acquistare alla massa un bene di valore maggiore dellesomme sborsate. Non si deve dimenticare, cioe, che anche prima della ri-forma la funzione di garanzia della riserva di proprieta consentiva d’equi-parare, ai fini della revocatoria, certi pagamenti a quelli compiuti in favoredi un creditore dotato di un congruo e consolidato diritto di prelazione sulpatrimonio del fallito.

Tutto cio, per un verso, e rassicurante; per altro verso, pone nuovi in-terrogativi.

A) E rassicurante, perche dimostra che non ci troviamo di fronte adun’assoluta anomalia rispetto al sistema: la norma, infatti (anche se avrebbedovuto essere scritta in maniera diversa), si richiama pur sempre al princi-pio, in base al quale non possono essere revocati gli atti estintivi, nei quali lamano che da e garantita dalla mano che riceve (come accade negli istitutidella compensazione, della riserva di proprieta, del conto corrente ordina-rio o bancario, e cosı via dicendo).

B) Pone nuovi interrogativi, perche ci si deve chiedere se il pagamentodi canoni arretrati – che, sulla base del solo richiamo alla lettera a) comma 3dell’art. 67, resterebbe soggetto a revoca – non possa sfuggire all’impugna-tiva, qualora trovi una congrua copertura nel valore del bene concesso inleasing.

A mio sommesso avviso, la risposta deve essere affermativa (e, cioe, fa-vorevole all’esenzione), se il predetto valore del bene, al tempo dell’atto, rie-sce a coprire (oltre all’importo del singolo pagamento, anche) l’intero am-montare delle somme (i canoni residui ed il prezzo dell’opzione) ancora ne-cessarie per il consolidamento dell’acquisto: solo a tali condizioni, infatti, sipuo affermare che l’atto solutorio non arreca danno alla massa.

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13. Le altre esenzioni. – La riforma ha inteso far salve le disposizionisulle altre immunita dall’impugnativa, contenute nell’ultimo comma del-l’art. 67 e nelle leggi speciali. In realta, l’incipit della vecchia norma erimasto immutato, senza i necessari raccordi con le innovazioni apporta-te ai precedenti commi dell’articolo 67, che prevedono, adesso, tantoipotesi di revoca, quanto esenzioni: ma e evidente che la disposizione– pur nel nuovo contesto – intende riferirsi solo alle prime, non alle se-conde.

Piu significative sono altre obiezioni mosse all’intervento del legislatore:i) la prima, di non aver ridisegnato l’intero sistema delle esenzioni, in modod’abolire quelle che non hanno un fondamento oggettivo, ma appaiono or-mai come odiosi privilegi; ii) la seconda, di non aver chiarito se l’esenzionedalla revocatoria fallimentare implichi, a maggior ragione, anche l’immunitadalla revocatoria ordinaria; iii) la terza, d’aver genericamente parlato di«operazioni di credito su pegno», mentre il testo originario si riferiva agli«istituti autorizzati» a compiere le predette operazioni, e cioe ai vecchi mon-ti di pieta.

I) La prima scelta e stata pienamente consapevole, perche non si e vo-luta mettere troppa carne al fuoco, per il timore di destare l’apprensionedei diretti interessati, che avrebbero potuto creare dei problemi a livellopolitico.

II) La seconda tocca un problema lungamente discusso, per il quale,tuttavia, dottrina e giurisprudenza erano pervenuti a risultati appaganti, tra-mite un’attenta valorizzazione della ratio delle singole esenzioni. Si era rite-nuto, infatti, che l’immunita doveva essere estesa alla «pauliana», ogni qualvolta fosse stato possibile attribuirle un fondamento razionale, e cioe ogniqual volta si fosse potuto sostenere che il legislatore aveva sottratto l’attoall’impugnativa, in quanto aveva ritenuto che lo stesso non arrecava (perle sue finalita, volte a favorire il finanziamento dell’impresa) un danno giu-ridicamente rilevante alla massa (14).

III) Per quanto concerne, infine, l’omesso riferimento agli «istituti auto-rizzati» all’esercizio del credito su pegno, e evidente che si e voluto adegua-re il dettato della norma alla «despecializzazione» degli enti creditizi operatadal testo unico bancario.

Autorevoli studiosi hanno osservato che il tenore letterale della nuovadisposizione sembra riferirsi, ormai, a tutte le operazioni di credito su pe-gno, a partire dalle piu comuni anticipazioni bancarie (il problema si eragia posto, in passato, con le gia ricordate disposizioni del testo unico ban-cario).

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(14) Anche qui rinvio al Commentario Scialoja e Branca, III, pag. 344 segg.

Si deve riconoscere che l’intervento legislativo avrebbe potuto esserepiu accurato e che il predetto rilievo, sul piano testuale, sembrerebbe avereun certo fondamento. Non mi pare, tuttavia, che la soluzione proposta pos-sa essere condivisa: innanzi tutto, perche la riforma non ha voluto modifi-care, sul punto, l’impianto della vecchia normativa; e, poi, perche – esten-dendo l’esenzione oltre il suo tradizionale ambito – si finirebbe con il creareun’antinomia rispetto al comma 1 dello stesso articolo di legge, ove espres-samente s’annovera il pegno tra le garanzie soggette a revoca.

In altri termini: se ci si dovesse fermare al tenore letterale della norma,senza tenere conto della sua storia, si aprirebbe una contraddizione nel si-stema, giacche l’ambito d’applicazione dell’esenzione avrebbe lo stesso pe-rimetro della fattispecie sottoposta a revoca.

14. La revoca degli atti che incidono su patrimoni destinati di tipo a). –Tutta di nuovo conio, invece, e la norma contenuta nell’art. 67-bis: «Gli attiche incidono su un patrimonio destinato ad uno specifico affare previsto dal-l’art. 2447-bis, comma 1, lettera a), cod. civ., sono revocabili quando pregiu-dicano il patrimonio della societa. Il presupposto soggettivo dell’azione e co-stituito dalla conoscenza dello stato d’insolvenza della societa».

Si tratta di una disposizione di raccordo con le novita introdotte dallariforma del diritto societario. Essa ha una duplice funzione: chiarire che ipatrimoni destinati di tipo a) non possono essere equiparati, nella discipli-na, alle societa-figlie (qualcuno ha parlato, al riguardo, di «gruppo endo-so-cietario»: ma si tratta solo di una brillante metafora); chiarire che l’eventualecapienza del patrimonio destinato, rispetto ai debiti che vi fanno capo, nonesonera i terzi dalla revoca, se sono consapevoli dell’insolvenza della societae sempre che l’atto arrechi danno ai creditori della stessa.

A mio sommesso avviso, anche in assenza di questa norma, l’interpretesarebbe dovuto arrivare alle medesime conclusioni, giacche nella prospetti-va accolta dal legislatore storico, il patrimonio destinato non e dotato – aifini che qui interessano – di una soggettivita giuridica distinta dalla societaalla quale afferisce, con la duplice conseguenza: a) che non puo essere as-soggettato a fallimento, se non e insolvente la societa che l’ha costituito;b) che la parziale autonomia del compendio non puo far dimenticare lasua perdurante appartenenza al patrimonio dal quale s’e staccato (e, cioe,che si tratta pur sempre d’un «pezzo» del patrimonio generale del debitore).

Poiche entrambe le premesse sono state al centro di un vivace dibattitoscientifico; e poiche, per i patrimoni destinati, qualche autore aveva pro-posto un regime revocatorio del tutto diverso da quello emerso dalla rifor-ma, prima d’affrontare i quesiti posti dall’esegesi della norma dianzi ripro-dotta, e opportuno svolgere qualche breve considerazione di carattere piugenerale.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali298

14.1. Il problema di capire se, in caso d’insolvenza, i patrimoni destinatidi tipo a) possano essere autonomamente assoggettati alle procedure con-corsuali, ha affaticato la dottrina fin dalla prima stesura delle nuove normesulle societa di capitali. Alcuni autori propendevano per la soluzione nega-tiva, sulla base del rilievo che i patrimoni destinati non hanno personalitagiuridica e, quindi, la loro eventuale incapienza rispetto ai debiti non po-trebbe produrre effetti, che travalichino le caratteristiche strutturali dell’i-stituto. Altri replicavano che il nostro ordinamento conosce, in alcuni casi,il fallimento di patrimoni non personificati (ad esempio: l’eredita accettatacon beneficio d’inventario); e che, se il patrimonio destinato non fosse sot-toposto alle procedure concorsuali, ne risulterebbe gravemente fiaccata latutela dei creditori particolari.

Per risolvere il dilemma in maniera esplicita e definitiva il legislatore, insede di revisione del nuovo articolato (15), ha modificato l’ultimo inciso delcomma 2 dell’art. 2447-novies, precisando che – se l’affare e stato realizza-to, o e divenuto impossibile, ed i creditori insoddisfatti hanno chiesto la li-quidazione del patrimonio entro novanta giorni dal deposito del rendicontopresso il registro delle imprese – si «applicano esclusivamente le disposizionisulla liquidazione della societa».

Questa modifica, a mio sommesso avviso, elimina la materia del conten-dere, giacche – mentre la precedente formulazione poteva lasciare il dubbioche il richiamo alle norme in tema di liquidazione servisse solo a rendere ap-plicabili certe norme di condotta nella gestione dell’affare, senza tuttaviaescludere il ricorso alle procedure concorsuali (proprio come accade quandosi verifica un’ipotesi di scioglimento del rapporto associativo) – l’avverbio«esclusivamente», introdotto con le «correzioni» apportate nel dicembre2004, ha reso univoco il significato della norma, nel senso che, pur in presen-za di pretese insoddisfatte (e quindi pure in presenza di una vera e propriainsolvenza del patrimonio destinato), si deve escludere il ricorso alla liquida-zione fallimentare, se la societa, nel suo complesso, non e insolvente (16).

Parte I - Dottrina 299

(15) Art. 20, d.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310.(16) La scelta compiuta dal legislatore e stata oggetto di serrate critiche da parte di chi

osserva che il patrimonio destinato potrebbe gestire una vera e propria impresa, senza esseresoggetto alle regole che governano il concorso fallimentare e che assicurano la par condiciocreditorum.

A mio sommesso avviso, il rilievo non puo essere superato limitandosi ad osservare che ilcompendio di beni dedicato ad uno specifico affare non puo superare il 10% del valore delpatrimonio netto della societa (art. 2447-bis, comma secondo), perche la societa-madre po-trebbe essere di grandi dimensioni e, soprattutto, perche il predetto 10% potrebbe incorpo-rare quasi tutta la massa patrimoniale del predetto ente associativo, se l’attivo, oggetto di se-gregazione, viene bilanciato (come pure e possibile: cfr. l’art. 2247-ter, comma primo, letterab) da un corrispondente ammontare di passivita.

14.2. Non meno delicato e il problema d’individuare il trattamento re-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali300

Si deve riconoscere, tuttavia, che il legislatore non avrebbe potuto fare altrimenti, a menodi non modificare dalle fondamenta la disciplina del fallimento. Non si puo trascurare, infatti,che nel nostro ordinamento questa procedura continua ad avere un rilevante aspetto sanzio-natorio (basti pensare ai reati fallimentari, non modificati dalla riforma); e che, proprio perquesto, nessuno fallisce (in Italia) a causa di un singolo affare andato a male (anche se si trattadi un’operazione complessa, con tutti i requisiti di una vera e propria attivita d’impresa), senon e personalmente insolvente, e cioe se non vi e un insuccesso cosı clamoroso e totale dellasua attivita, da mettere in discussione la sua «persona».

In altri termini, nel sistema disegnato dalla legge fallim. sarebbe stato assurdo esporre gliamministratori della societa alle sanzioni previste per i reati di bancarotta (e simili), sol percheun affare ha prodotto delle perdite; e la soluzione non puo mutare sol perche le pretese, sortedal predetto affare, sono garantite da uno specifico compendio patrimoniale.

Dire che il patrimonio destinato, in quanto tale, non fallisce, non significa tuttavia direche i creditori debbano subire qualsivoglia atteggiamento discriminatorio nel soddisfacimen-to delle loro pretese. Mi pare evidente, infatti, che gli amministratori della societa, qualora sitrovino a liquidare un patrimonio incapiente, debbono rispettare la graduazione tra i vari cre-diti (in ragione degli eventuali diritti di prelazione) e debbono garantire il rispetto della parcondicio tra creditori pariordinati: in caso contrario (e sempre che si possa addebitare lorouna colpa) risponderanno, assieme alla societa, per i danni cagionati ai creditori pretermessio discriminati.

Se quanto precede e vero, se ne deve dedurre che la par condicio, in questo caso, invecedi avere rilievo reale, avrebbe una rilevanza solo sul piano obbligatorio (come criterio ispira-tore della condotta degli amministratori).

Naturalmente, tutto cio implica un’attenuazione della tutela offerta ai creditori del patri-monio separato, soprattutto quando vi siano state delle irregolarita gestionali, o quando si siaregistrata una sistematica spoliazione del patrimonio stesso a favore della societa (ma potreb-be anche accadere l’inverso): la mancanza di una difesa collettiva (affidata ad un curatore spe-ciale) e l’impossibilita di fare ricorso alle azioni revocatorie contro gli atti pregiudizievoli dirilevanza intra-soggettiva (tra la societa ed il patrimonio) sembrano aprire, infatti, una peri-colosa breccia nelle difese di quanti hanno avuto rapporti con il patrimonio separato.

A mio sommesso avviso, pero, questi pericoli non debbono essere enfatizzati: innanzitutto perche le tutele individuali talvolta si rivelano piu efficienti di quelle collettive; e poiperche il sistema revocatorio non sempre costituisce lo strumento migliore per reintegrarele sfere patrimoniali destinate a garantire le varie masse di creditori (per un’analitica dimo-strazione di tale ultimo assunto, sia pure con riferimento alle revocatorie aggravate previsteper i gruppi dalla legge Prodi, mi permetto di rinviare a Terranova, Commentario Scialojae Branca, I, pag. 247 seg.).

Detto questo, pero, si deve riconoscere che il vero punctum dolens dell’attuale disciplinae un altro, ed e costituito dal fatto che i creditori del patrimonio separato non sono stati postial riparo dalle iniziative di coloro che sono in grado di iscrivere un’ipoteca giudiziale sugliimmobili inclusi nel compendio. Voglio dire, in altri termini, che i creditori particolari, men-tre possono reagire con le azioni risarcitorie contro le eventuali discriminazioni poste in esseredagli amministratori della societa; e mentre possono partecipare al concorso esecutivo, in ca-so di pignoramento di singoli beni da parte di altri creditori (ma anche qui la recente riformadelle procedure esecutive individuali ha inciso negativamente sulla posizione dei soggetti piudeboli); gli stessi creditori particolari – dicevo – nulla possono, se un loro pari grado iscriveun’ipoteca giudiziale su un bene immobile incluso nel predetto compendio.

Il problema era noto ai redattori del cod. civ. del 1942, giacche, ai sensi dell’art. 2830, se

vocatorio da riservare all’atto (o al procedimento), con il quale si costituisceil patrimonio destinato.

Secondo una parte della dottrina, il legislatore vi avrebbe dovuto prov-vedere con un’apposita norma, che sancisse l’inefficacia dell’atto di destina-zione, se compiuto entro una certa data, anteriore della dichiarazione di fal-limento. Secondo altri scrittori, invece, una nuova disciplina non sarebbestata necessaria, giacche si sarebbe potuta applicare quella delle attribuzionigratuite, come oggi accade per la costituzione dei fondi patrimoniali, volti aprovvedere ai bisogni della famiglia (art. 167 seg., cod. civ.). Secondo un’ul-tima corrente di pensiero, infine, di revoca non si sarebbe dovuto nemmenoparlare, perche il legislatore ha previsto uno specifico strumento di tutelaper i creditori sociali, costituito dal diritto d’opposizione, di cui al comma2 dell’art. 2447-quater, cod. civ.

14.2.1. L’ultimo argomento potrebbe tagliare la testa al toro, ma appareinaffidabile, perche in una serie d’altre ipotesi, per le quali il legislatore hadisposto analoghe forme di tutela (mi riferisco, in primo luogo, all’istitutodella scissione di societa), una parte della dottrina ha ritenuto ammissibilela revoca dell’atto (o di certe attribuzioni patrimoniali, ad esso connesse),sulla base del rilievo che il diritto d’opposizione, riconosciuto ai creditori,tutela interessi diversi dall’impugnativa in esame.

Per non impegolarmi in un dibattito, che mi porterebbe molto lontanodal tema di queste note, preferisco, pertanto, non avvalermi dell’argomentofornito dal citato art. 2447-quater ed entrare nel merito del problema, ragio-nando come se norma citata non esistesse.

Poste queste premesse – che non mi appaiono riduttive, date le conclu-sioni alle quali perverro – dico subito che, a mio sommesso avviso, sarebbeun errore assimilare la costituzione di un patrimonio destinato alle attribu-zioni gratuite, per il semplicissimo motivo che l’atto di destinazione e preor-dinato alla gestione di un affare, dal quale la societa si prefigge di trarre unutile: sarebbe del tutto improprio, pertanto, trattarlo alla stessa stregua d’al-

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«l’eredita e accettata con beneficio d’inventario o se si tratta di eredita giacente, non possonoessere iscritte ipoteche giudiziali sui beni ereditari, neppure in base a sentenze pronunciate an-teriormente alla morte del debitore».

Non conosco la storia della norma e non saprei dire se puo essere applicata (in base adun’interpretazione estensiva) alla fattispecie in esame. Mi pare, tuttavia, che la disposizione,qui sopra riportata, segnali un problema ed indichi una direzione di marcia, qualora il legi-slatore voglia regolare in maniera piu compiuta la materia: non occorre prevedere un auto-nomo fallimento dei patrimoni destinati (che presuppone una profonda revisione dell’ordina-mento penale); ma e possibile congegnare una disciplina, che rafforzi la posizione dei credi-tori particolari, senza rendere troppo gravosa e burocratica la liquidazione del compendio pa-trimoniale posto a garanzia delle loro pretese.

tre fattispecie negoziali, animate da scopi altruistici, o volte a tutelare inte-ressi istituzionali, come quello della famiglia.

14.2.2. Esaminando il problema piu da vicino sorge, pero, un dubbio an-cora piu radicale, perche viene spontaneo domandarsi se l’atto di destinazio-ne, in se e per se considerato, sia in grado d’arrecare pregiudizio alla massa.

La questione e delicata e non puo essere approfondita, come dovrebbe,in uno scritto volto a dare un quadro d’insieme della materia. Qui si puosolo richiamare l’attenzione sul fatto che non e tanto l’atto di destinazionedei beni a danneggiare i creditori della societa, quanto il modo in cui il pa-trimonio separato viene gestito e, soprattutto, il modo in cui le pretese dicerti soggetti vengono trattate, con la conseguenza d’attribuire loro unaprelazione (sul patrimonio destinato), che assomiglia molto – dal puntodi vista pratico – alla concessione di un’ipoteca.

Per rendersene conto basta considerare che il problema neppure si po-ne, se si pensa all’ipotesi limite, nella quale la societa distacca una partedell’attivo (senza collegarvi alcun debito o rapporto in corso d’esecuzio-ne), ma il fallimento interviene prima che sia iniziata l’attivita mirata alcompimento dello specifico affare: in questo caso, infatti, la curatela do-vrebbe limitarsi ad apprendere un compendio patrimoniale rimasto so-stanzialmente inalterato.

La situazione si complica se, assieme all’attivo, viene separata anche unaparte del passivo, o se il patrimonio destinato si fa garante di alcune obbli-gazioni della societa, in quanto pertinenti all’affare da gestire in manieraautonoma: come s’e detto, operazioni di questo tipo potrebbero creareuna discriminazione tra le due classi di creditori che, in tal modo, si vengo-no a creare.

A ben guardare, pero, anche in questa seconda ipotesi si puo discuterese la revoca dell’atto di «segregazione» sia un rimedio adeguato alla bisogna:innanzi tutto, perche si trascurerebbe il rilievo organizzativo della fattispe-cie impugnata (che diventa ancora piu evidente quando vi sono apporti disoggetti estranei alla compagine sociale), con la conseguenza di pregiudica-re i terzi, che hanno fatto incolpevole affidamento sulla capienza del patri-monio separato; e, poi, perche potrebbe sembrare piu semplice ed equosottoporre i creditori beneficiati (sempre che sussista una sperequazione,e sempre che si tratti di soggetti consapevoli dello stato d’insolvenza dellasocieta) al regime previsto per chi ha acquistato un diritto di prelazionesul patrimonio del debitore, con la conseguenza di rendere applicabili an-che i numeri 3) e 4), del comma 1 dell’art. 67 (17).

Il diritto fallimentare delle societa commerciali302

(17) In altri termini, si potrebbe pensare d’assimilare i creditori ammessi a concorrere sul

E appena il caso di segnalare, infine, che l’impugnativa dell’atto di de-stinazione sarebbe comunque problematica, perche: se si facesse ricorsoalla revocatoria fallimentare, la segregazione si consoliderebbe (per le ra-gioni gia dette) nel termine breve di sei mesi; se si volesse utilizzare, inve-ce, la revocatoria ordinaria, il buon esito dell’azione sarebbe messo in forsedall’esigenza di provare che gli amministratori della societa (o almeno laloro maggioranza) erano consapevoli del pregiudizio arrecato dall’atto.Come si vede, dunque, questo strumento potrebbe essere utilizzato solonel caso limite di una vera e propria collusione tra la societa ed un gruppodi creditori.

14.3. Il vero obiettivo da perseguire, allora, non e quello di revocare l’at-to di destinazione, ma quello, semmai, di reagire ad un certo modo d’am-ministrare il patrimonio separato, al duplice scopo: di neutralizzare gli effet-ti di certe scelte gestionali e d’eliminare le eventuali discriminazioni tra levarie classi di creditori.

Al riguardo, pero – ferme restando le ipotesi di revoca, di cui si e par-lato nel precedente paragrafo – occorre distinguere due sottoinsiemi d’ope-razioni: da un lato, collocherei gli atti (lato sensu programmatici) con i qualisi dispone di un bene del patrimonio destinato, o si contraggono nuove ob-bligazioni, poste a carico dello stesso; dall’altro lato, collocherei le fattispe-cie (appartenenti alla sfera esecutiva) con le quali si costituiscono delle ga-ranzie reali per le predette obbligazioni, o le si estingue con risorse del pa-trimonio.

14.3.1. La prima categoria di operazioni deve poter essere revocata sul-la base delle norme di diritto comune, perche: se la societa dovesse donaredei beni del patrimonio destinato, o venderli a prezzo vile; se, con gli stessibeni, dovesse pagare o garantire i propri debiti (non legati al compimentodello specifico affare); se dovesse stipulare dei contratti, o assumere obbli-gazioni prive di giustificazione economica; se la societa, insomma, dovessecompiere sul patrimonio destinato dei veri e propri abusi, il danno, che nederiva, finirebbe necessariamente col ripercuotersi su tutti i creditori,compresi quelli che non hanno nulla a che vedere con la gestione «auto-noma».

E vero, infatti, che i beni segregati debbono servire, innanzi tutto, ad

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patrimonio destinato ai creditori ai quali sia stato concesso un pegno o un’ipoteca (ai sensi delcomma 1 dell’art. 67) o un diritto di prelazione (ai sensi del comma 2 della stessa norma): iltutto, ovviamente, presuppone l’impugnabilita di certe attribuzioni indirette (per uno spuntoanalogo, in materia di revoca dei conferimenti in societa, rinvio al Commentario Scialoja eBranca, III, pag. 314 seg.).

estinguere i rapporti sorti per lo scopo al quale il patrimonio e stato desti-nato; ma e anche vero che il residuo dovrebbe andare ai creditori della so-cieta (in senso stretto) e che, di conseguenza, non si possono consentiresperperi ai loro danni.

D’altro canto, quand’anche il patrimonio destinato dovesse essere tal-mente oberato di debiti, da non lasciar sperare neppure nel piu piccolo esu-bero alla fine della sua liquidazione, resterebbe pur sempre il fatto che leaccennate operazioni darebbero luogo, molto probabilmente, a delle prete-se risarcitorie nei confronti della societa e dei suoi organi gestori, con laconseguenza di rendere consigliabile e necessario – nell’interesse di tutti,compresi i creditori sociali – l’esercizio di un’impugnativa volta a coinvol-gere la responsabilita di terzi.

14.3.2. Il discorso e molto diverso per le garanzie ed i pagamenti, chehanno come oggetto le risorse del patrimonio autonomo e come destinatarii suoi creditori: in questo caso, infatti, non si verifica alcun danno a caricodei creditori della societa (18), per la semplicissima ragione che le pretesesorte dalla gestione dello specifico affare godono di una prelazione sui beniin parola e, quindi, andrebbero soddisfatte in via prioritaria anche all’inter-no del concorso fallimentare (la fattispecie presenta significative analogiecon il pagamento di un creditore munito di congrui e consolidati dirittidi garanzia sul patrimonio del debitore).

Naturalmente, i predetti pagamenti e le predette garanzie danneggiano icreditori «pari grado», qualora il patrimonio destinato sia insufficiente asoddisfarli tutti: ma qui ritorna il problema esaminato sopra, di capire inche modo e fino a che punto si possa rispettare la par condicio, se si escludel’autonomo fallimento delle singole masse patrimoniali, di cui stiamo par-lando.

A mio sommesso avviso, anche in questo caso occorre distinguere: a) sela societa e solvente, ma il patrimonio destinato e insufficiente a copriretutte le obbligazioni che vi fanno capo, le gia viste considerazioni di carat-tere testuale e sistematico inducono a ritenere che il compito di far rispet-tare la par condicio nei pagamenti sia stato affidato (con i limiti di cui so-pra) agli amministratori, i quali ne rispondono di persona (assieme alla so-cieta), qualora si siano macchiati di qualche colpa; b) se tanto la societa,quanto il patrimonio destinato, risultano insolventi, non v’e piu motivo

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(18) La fattispecie alla quale s’allude, ora, nel testo e diversa da quella esaminata sopra, alnumero 14.2.2., perche allora la discriminazione nasceva dallo stesso atto di segregazione pa-trimoniale (la destinazione di alcuni beni al soddisfacimento di certe pretese gia esistenti),mentre qui ci si riferisce a crediti che sorgono (dopo il predetto atto di segregazione) diret-tamente dalla gestione dello specifico affare.

di negare l’applicazione delle norme fallimentari a tutela della parita ditrattamento, nel pieno rispetto, naturalmente, della divisione dell’attivoper masse (con la conseguenza che il risultato utile della revoca del paga-mento di un creditore particolare del patrimonio destinato deve affluire nelpatrimonio medesimo); c) se la societa e insolvente, ma il patrimonio desti-nato e in grado di soddisfare tutte le pretese sorte per lo specifico affare,non v’e ragione di revocare i pagamenti e le concessioni di garanzie riferi-bili alle predette pretese, perche tali atti non hanno arrecato un pregiudiziogiuridicamente rilevante, ne ai creditori pari ordinati (che, in ipotesi, datala consistenza del patrimonio autonomo, dovrebbero essere comunquesoddisfatti per intero), ne ai creditori generici della societa, che verrebberoin ogni caso postergati.

14.4. Su queste basi, non e difficile intendere il significato delle dispo-sizioni, in tema di revocatoria, contenute nell’art. 67-bis. Come si e detto, glienunciati normativi dotati di una specifica rilevanza sono, in buona sostan-za, solo due: la precisazione che l’atto deve aver arrecato danno alla societa;la precisazione che il terzo – se era consapevole dello stato d’insolvenza del-la societa – non puo trincerarsi, per sfuggire alla revocatoria, dietro l’assun-to che il patrimonio destinato era sufficiente a soddisfare tutte le obbliga-zioni sorte dallo specifico affare.

14.4.1. Per quanto concerne il primo punto, e evidente che il legislatorenon ha inteso porre una deroga ad un supposto principio generale, di segnocontrario: non ha voluto dire, cioe, che qui «eccezionalmente» si terrebbeconto del danno arrecato dall’atto, mentre negli altri casi tale elemento sa-rebbe del tutto ininfluente.

Le preoccupazioni del conditor legis erano diverse: egli ha voluto sem-plicemente richiamare l’attenzione sul fatto che certe tipologie di atti (tra iquali i pagamenti e le garanzie, di cui dianzi si e parlato) non possono essererevocati, in quanto non arrecano alcun pregiudizio alla societa.

Volendo esprimere lo stesso concetto in termini piu generali (e forse piuesatti), si potrebbe dire che il legislatore ha voluto segnalare l’esigenza ditenere conto dell’autonomia delle varie masse patrimoniali, lasciando all’in-terprete il compito di specificare in quali fattispecie si deve negare l’esisten-za di in danno giuridicamente rilevante.

Il problema mi sembra di facile e sicura soluzione per i casi di cui fin quisi e trattato (v. supra, n. 14.3.1., per gli atti anomali; e n. 14.3.2., lettere b e cper i pagamenti e le garanzie).

Qualche dubbio puo sorgere, invece, per gli atti d’ordinaria gestione,perche si potrebbe osservare che lo «specifico affare» ha una propria dina-mica, da salvaguardare anche quando la societa, che lo gestisce, diventatainsolvente. Qualora si volesse tenere conto di questa esigenza, si potrebbe

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dare un maggior rilievo all’elemento del pregiudizio arrecato alla societa,in modo da far salve alcune tipologie di atti ordinariamente soggette allarevoca.

La materia, tuttavia, meriterebbe una serie d’approfondimenti, che quinon possono essere adeguatamente sviluppati.

14.4.2. La seconda disposizione segnala una ragguardevole differenzatra la tecnica dei patrimoni destinati e la tecnica della costituzione di nuovesocieta, alle quali affidare la gestione di rami d’azienda o di specifici affari:nel primo caso, assume rilevanza il fatto che la societa «madre» (quella dacui s’e staccato il patrimonio destinato) sia insolvente; nel secondo caso, iterzi possono fermarsi a valutare le condizioni patrimoniali del nuovo sog-getto, con cui s’apprestano ad intrattenere relazioni d’affari.

Sul piano teorico, la diversita delle soluzioni e giustificata dalla maggio-re permeabilita della linea di confine che separa le due masse patrimoniali,quando non si crea una nuova struttura societaria, ma ci si limita a segregareun insieme di rapporti.

Sul piano pratico, l’indiscutibile somiglianza di situazioni puo far riflet-tere sull’esigenza d’applicare con molti grani del tradizionale sale la normache consente di revocare gli atti di disposizione del patrimonio separato: an-cora una volta potrebbe tornare utile un’accorta valorizzazione, ai fini del-l’impugnativa, del requisito del pregiudizio arrecato alla societa.

14.5. Resta da dire qualche parola in merito agli effetti dell’azione.In linea di massima, si deve ritenere che il risultato utile dell’impugna-

tiva vada ad impinguare il patrimonio separato; e che, solo dopo il soddi-sfacimento integrale dei crediti sorti dalla gestione dello specifico affare,il residuo possa andare a vantaggio degli altri creditori della societa.

Molto piu delicato e un secondo quesito: se l’eventuale pretesa, che ilterzo puo insinuare al passivo dopo aver restituito alla massa il bene oggettodi revoca (art. 70, comma secondo, della nuova numerazione), debba esseretrattata alla stregua di un credito nei confronti della societa, ovvero alla stre-gua di un credito nei confronti del patrimonio separato.

Per fortuna, in alcuni casi il problema non si pone, perche, se il patri-monio destinato ha rilasciato delle fideiussioni o delle garanzie reali per de-biti della societa (estranei alla gestione dello specifico affare), non vi e alcu-na pretesa, che il terzo possa far valere nei confronti del fallimento, giacchel’impugnativa, o lo esclude puramente e semplicemente dal concorso, o silimita a sopprimere il suo diritto di prelazione (la stessa soluzione, natural-mente, va accolta per la dichiarazione d’inefficacia di un’attribuzione gra-tuita).

Se la revoca ha ad oggetto un contratto a prestazioni corrispettive, ladifficolta si fa seria, anche perche non e dato sapere, in astratto, se nel con-

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corso verranno trattati meglio i creditori della societa o quelli del patrimo-nio separato (che potrebbe essere anche «piu insolvente», per cosı dire, del-la persona giuridica che lo ha gestito).

A mio sommesso avviso, per impostare in maniera corretta il problemasi deve partire dal rilievo che la norma ha voluto responsabilizzare i terzi,tanto nei confronti dei creditori della societa, quanto nei confronti dei cre-ditori del patrimonio separato. In altri termini, chi compie un atto astratta-mente revocabile deve sapere che lo stesso puo violare la garanzia patrimo-niale generica di due distinte masse di soggetti; e deve sapere, di conseguen-za, che gli effetti dell’impugnativa potranno essere diversi, a seconda degliinteressi che, in concreto, risulteranno maggiormente sacrificati (verrebbevoglia di richiamare, sia pure in un contesto tutto diverso, il principioper cui chi si macchia di un illecito – o di una frode – deve piangerne tuttele conseguenze).

In quest’ottica, si deve ritenere che gli organi del fallimento debbonodecidere, quando promuovono l’azione, se l’esercitano «in nome» della so-cieta, o «in nome» del patrimonio destinato. In quest’ultimo caso tutto sisvolge all’interno del compendio patrimoniale, di cui stiamo parlando, salvoa vedere se alla fine della liquidazione non residui una somma da riversarenell’attivo del fallimento sociale. Nel primo caso la curatela deve tenereconto del fatto che il risultato utile dell’impugnativa e destinato a soddisfa-re, in primo luogo, i crediti sorti dallo specifico affare e, di conseguenza,deve operare un conguaglio tra le due masse attive.

La soluzione puo sembrare – a seconda dei gusti – salomonica o troppocomplicata; ma e l’unica che mi sentirei di suggerire in questo commento «acaldo» delle nuove norme di legge.

14.6. Problemi altrettanto delicati si pongono qualora la curatela doves-se decidere di liquidare in blocco il patrimonio destinato, magari avvalen-dosi delle nuove tecniche previste per il concordato fallimentare. Natural-mente, le revocatorie potrebbero essere cedute assieme agli altri beni,con una maggiorazione della percentuale da distribuire ai creditori partico-lari del patrimonio dedicato; tuttavia, se quest’ultimo dovesse presentareuna plusvalenza dell’attivo rispetto al passivo, potrebbe sembrare piu con-veniente scorporare le revocatorie dal ramo d’azienda, con cui viene gestitolo specifico affare, per riservarne l’esercizio agli organi del fallimento, o percederle ad altro acquirente.

Non e facile precisare la disciplina alla quale debbono essere sottoposteoperazioni di quest’ultimo tipo. Per un verso, e chiaro che i creditori «par-ticolari» (ai quali era prioritariamente indirizzato il risultato utile dell’impu-gnativa) debbono essere soddisfatti per intero, perche solo a questa condi-zione si puo pensare al predetto «scorporo» delle revocatorie dal patrimoniodestinato. Piu difficile, invece, e dire a quale trattamento debba essere sot-

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toposto l’eventuale credito del convenuto: se fossero vere le conclusioni allequali si e pervenuti nel precedente paragrafo, si dovrebbe ritenere che, inquesto specifico caso (nel quale il patrimonio e solvente), il terzo, dopo averrestituito la prestazione oggetto di revoca, debba insinuarsi al passivo dellasocieta.

15. L’onerosita delle garanzie contestuali. – Tra gli interventi «minori»,ma non per questo meno significativi, va indicato quello che concerne legaranzie contestuali, per le quali si e precisato che sono soggette al regimedegli atti onerosi, (anche se non e previsto uno specifico compenso per ilgarante ed) anche se sono state prestate per debiti di terzi.

Sono noti i termini del problema. In un’economia, come la nostra, co-stituita in prevalenza da aziende sotto-capitalizzate, accade spesso che le ga-ranzie per i finanziamenti dell’impresa siano prestate da terzi, e precisamen-te: da altre societa del gruppo (le cosiddette societa cassaforte), dai veri ti-tolari (in senso economico) dell’impresa gestita per il tramite di una societadi capitali, o da persone legate al debitore da vincoli di natura familiare. Edaccade spesso che tali garanzie vengano concesse senza corrispettivo, sullabase dei predetti vincoli di natura economica e sociale, dai quali deriva unacomunione d’interessi per la sorte dell’impresa.

L’elemento formale della mancanza di corrispettivo aveva indotto unaparte della giurisprudenza a ritenere applicabile l’art. 64 l. fall.; altre pro-nunce avevano ritenuto di poter applicare, invece, il principio dettato perla revocatoria ordinaria dal comma 2 dell’art. 2901, cod. civ., per il quale«Agli effetti della presente norma, le prestazioni di garanzia, anche per debitialtrui, sono considerate atti a titolo oneroso, quando sono contestuali al cre-dito garantito»; per una terza corrente di pensiero, infine, la norma del co-dice civile, teste trascritta, non avrebbe potuto essere richiamata (data la di-versa natura della revocatoria ordinaria da quelle fallimentari), ma si sareb-be dovuto distinguere a seconda che: a) il garante abbia ottenuto un van-taggio, sia pure indiretto, dalla prestazione della garanzia; oppure, che: b)il rischio collegato all’inadempimento del debitore principale sia privo diqualsivoglia contropartita economica per chi ha prestato la fideiussione, ilpegno o l’ipoteca.

15.1. Ancora una volta, non e questa la sede per affrontare funditus l’ar-gomento. Per chiarire gli scopi e la portata dell’intervento legislativo, misembra opportuno segnalare, tuttavia, che il dibattito or ora sommariamen-te riassunto risulta inficiato, a mio sommesso avviso, da un errore d’impo-stazione, che ne ha pesantemente condizionato i risultati.

Molto spesso, infatti, si e confuso il piano del diritto societario (per ilquale puo essere importante sapere se certe prestazioni, effettuate a favore

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di un’altra societa del gruppo, implichino un illecito depauperamento dellasocieta che ha prestato la garanzia) con il piano del diritto fallimentare, peril quale si tratta di stabilire se una garanzia, prestata senza corrispettivo,debba essere in ogni caso revocata, o possa esserlo solo quando il creditoreera in mala fede, perche consapevole di ricevere la fideiussione, il pegno ol’ipoteca da un soggetto insolvente.

15.1.1. Sul piano del diritto societario mi pare logico guardare ai van-taggi, anche indiretti, che il garante puo ricevere dal finanziamento, in vistadel quale concede una garanzia.

Da tale angolo visuale, infatti, la situazione si presenta in termini moltodiversi, a seconda che la fideiussione o l’ipoteca venga rilasciata – a favoredi una societa del gruppo – da una controllante (la holding di vertice o unaholding intermedia), oppure da una societa pari o sotto-ordinata (una «so-rella», una «cugina» o una «nipote»):

a) nella prima ipotesi (di parentela ascendente per linea retta), la societa,che presta la garanzia senza corrispettivo, ha uno specifico interesse a farsuperare la crisi o ad incrementare l’attivita dell’impresa finanziata, giacchein entrambi i casi aumenta – in maniera diretta o indiretta – il valore dellapartecipazione detenuta nel portafoglio;

b) nella seconda ipotesi (di parentela, per cosı dire, collaterale), il rila-scio della garanzia puo danneggiare la societa che la concede, e la cosapuo essere particolarmente grave, se vi sono soci di minoranza, esterni algruppo, i quali si vedono esposti ad un’alea, senza ricavarne alcuna contro-partita.

15.1.2. Il problema assume contorni molto diversi, se lo si guarda dalpunto di vista dell’esercizio delle revocatorie: come s’e detto, infatti, quinon si tratta di decidere se l’atto puo essere impugnato, oppure no (anchegli atti onerosi possono essere impugnati!); ma si tratta di stabilire se sipuo dare rilievo alla buona fede del terzo, o non se ne debba tenere alcunconto, come impone l’art. 64.

Da tale angolo visuale, a me sembra decisiva la circostanza che, chi ri-ceve con una mano la garanzia, abbia erogato con l’altra una prestazionecreditizia, perche e evidente che in un simile contesto non si puo parlaredi un acquisto a titolo gratuito, ma ci si trova di fronte ad una serie di con-trapposte prestazioni (l’erogazione del finanziamento, da un lato, il paga-mento degli interessi e la concessione di garanzie, dall’altro), tenute insiemedall’esigenza di conseguire un risultato unitario (anche se le garanzie nonentrano nel sinallagma contrattuale, ma sono legate alla prestazione princi-pale da un vincolo d’accessorieta o di proporzionalita).

In un simile scenario non ha senso distinguere se la garanzia provienedalla capogruppo o da una societa sotto-ordinata, perche quel che conta

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e il collegamento con la prestazione creditizia, e cioe il fatto che il rischioinsito nell’operazione finanziaria viene valutato globalmente, tenendo contoanche dei cosiddetti «collaterali».

15.2. Le considerazioni che precedono consentono di chiarire meglioquale fosse la situazione ante riforma, e quali siano, di conseguenza, il signi-ficato ed limiti dell’intervento legislativo.

Incominciamo dal primo problema:a) innanzi tutto, mi sembra del tutto inappropriato chiedersi se il com-

ma 2 dell’articolo 2901, cod. civ., dianzi citato, ponga una presunzione as-soluta o relativa. Quando questa norma afferma che le garanzie contestuali,anche per debiti altrui, si «considerano» onerose, non intende porre unapresunzione, ma vuole solo chiarire che, ai fini della revocatoria, la natura(gratuita o onerosa) dell’atto deve essere valutata dal punto di vista di chiriceve l’attribuzione, e non dal punto di vista di chi concede la garanzia;non si tratta, pertanto, d’andare a vedere se il garante ha ricevuto una re-munerazione (o un altro vantaggio indiretto); ma si tratta d’andare a vedere,semmai, se la prestazione, alla quale la garanzia accede, viene ricevuta dalcreditore garantito senza alcuna contropartita (il pensiero corre, natural-mente, alle donazioni obbligatorie, anche se non si possono ignorare le in-certezze che avvolgono tale istituto);

b) in secondo luogo, mi pare evidente che la disposizione dettata dal co-dice civile doveva essere applicata – gia prima dell’odierno intervento legi-slativo – anche in sede fallimentare: non in base ad un cieco automatismo,dovuto alla sostanziale identita di natura di tutte le azioni revocatorie (chepure va riaffermata); bensı perche anche in sede fallimentare le caratteristi-che tipologiche dell’atto debbono essere valutate dal punto di vista del con-venuto in revocatoria, e non dal punto di vista di chi ha compiuto l’attribu-zione patrimoniale, come dimostra l’assoluta irrilevanza dello stato sogget-tivo del debitore e come comprova una serie d’altre norme, da me esami-nate in alcuni scritti di qualche anno addietro, ai quali mi permetto di rin-viare (19);

c) infine, e opportuno segnalare che – proprio per l’esigenza d’attribuiread ogni enunciato normativo un contenuto semantico in linea con le finalitaconcretamente perseguite – vi era una sostanziale differenza tra le fattispe-cie individuate, rispettivamente, nel primo e nel comma 2 dell’art. 67:

— per un verso, infatti, «i pegni, le anticresi e le ipoteche» previsti dainumeri 3) e 4) del comma 1, dovevano essere stati prestati dal fallito «perdebiti propri», giacche solo a questa condizione la distantia temporis, tra il

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(19) Sempre nei luoghi citati, passim.

sorgere del credito e la concessione della garanzia, poteva fare ragionevol-mente presumere che il creditore garantito fosse consapevole delle difficoltaeconomiche che affliggevano la controparte;

— per altro verso, invece, «il diritto di prelazione», di cui parla il comma2, avrebbe potuto essere concesso anche «per debiti altrui», purche conte-stualmente creati, giacche la contestualita crea un oggettivo collegamentotra l’operazione creditizia e la concessione della garanzia, con il duplice ef-fetto: di far annoverare l’atto tra quelli normali a titolo oneroso; e di esclu-dere, conseguentemente, ogni presunzione di frode.

15.3. Adesso la riforma e venuta ad esplicitare quest’ultimo punto (lapossibilita di estendere il regime previsto dal comma 2 dell’art. 67 alle ga-ranzie concesse per debiti altrui), con una norma che, a mio avviso, va benoltre il suo tenore letterale: e vero, infatti, che la stessa testualmente si rife-risce solo agli atti «costitutivi di un diritto di prelazione»; ma, dopo quanto sie detto, non si puo dimenticare che il vero problema (ante riforma) era disapere, se la norma citata dovesse essere riferita alle stesse fattispecie previ-ste nel comma precedente (concessione di pegni anticresi ed ipoteche perdebiti propri), o non riproponesse la regola di carattere generale, dettatadal comma 2 dell’art. 2901, cod. civ., ai sensi del quale si debbono ritenereonerose tutte le prestazioni di garanzie contestuali al sorgere del credito,comprese quelle di natura personale (fideiussioni, avalli e cosı via dicendo).

Una volta chiarito che il comma 2 dell’art. 67 si riferisce anche ai pegni,le anticresi e le ipoteche costituiti per debiti altrui, non v’e ragione per du-bitare che lo stesso principio debba estendersi alle garanzie personali, sullabase di quanto disposto dalla norma del codice civile.

16. L’esercizio della revocatoria ordinaria nel fallimento. – La radicale ri-duzione del periodo sospetto per le revocatorie fallimentari avrebbe dovutosuggerire, a mio sommesso avviso, un qualche «rafforzamento» della revo-catoria ordinaria, soprattutto per precisare che il curatore puo esercitarla,senza alcun aggravio probatorio, anche quando non risultano insinuati alpassivo del fallimento dei creditori anteriori all’atto.

La questione e da tempo discussa, perche, da un lato, a norma dell’art.2901, cod. civ., i creditori successivi all’atto possono impugnarlo solo quan-do lo stesso fosse dolosamente preordinato al fine di pregiudicare il soddi-sfacimento delle loro pretese; mentre, dall’altro lato, il curatore non agiscenella qualita di rappresentante dei creditori (siano essi anteriori o successiviall’attribuzione patrimoniale impugnata), ma agisce come organo della pro-cedura concorsuale e, quindi, sulla base di una legittimazione autonoma,che si aggiunge a quella dei soggetti individuati dalla norma del cod. civ.e che, di conseguenza, potrebbe consentirgli d’impugnare l’atto, anche

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quando i creditori, individualmente considerati, non sarebbero piu in gradodi farlo.

16.1. In merito all’esigenza (politica) di rafforzare la revocatoria ordina-ria, si puo solo ricordare che quasi tutti gli ordinamenti dell’Europa conti-nentale, mentre hanno da tempo ristretto l’ambito d’applicazione delle nor-me volte a ridistribuire le perdite derivanti dall’insolvenza – come le dispo-sizioni in tema di revoca delle garanzie contestuali e dei pagamenti effettuaticon mezzi normali – mantengono, invece, ancora intatto l’ambito d’applica-zione della revocatoria ordinaria, nella consapevolezza che, quando c’e fro-de, non vi sono affidamenti da tutelare.

16.2. Sul secondo punto, e cioe sulla possibilita d’impugnare l’atto insede fallimentare, senza dover dimostrare la dolosa preordinazione, anchequando i creditori anteriori sono stati integralmente soddisfatti, non possoche ripetere quanto avevo gia detto in altra sede (20): che i limiti posti dalcodice civile alla legittimazione dei creditori successivi diventano «consu-stanziali» alla natura dell’istituto (e quindi insuperabili, anche se dovessemutare lo scenario, in cui la norma e chiamata ad operare), solo se si ritieneche l’azione revocatoria si fondi sulla violazione di un diritto soggettivo; chequesta tesi e smentita dal rilievo che persino la revocatoria ordinaria non sifonda su un illecito, e non mira a reintegrare in forma specifica un dirittoviolato, ma ha la natura di una vera e propria impugnativa; che la legittima-zione ad impugnare, pertanto, non e legata alla prova della lesione di unospecifico diritto di credito, ma puo essere attribuita anche a soggetti diversi(nella specie: il curatore del fallimento) da quelli direttamente pregiudicatidall’atto.

La giurisprudenza, che per lungo tempo e stata su queste posizioni,adesso appare incerta ed ondeggiante. A mio sommesso avviso, la supremaCorte farebbe bene a ritornare con maggiore decisione sulle posizioni ini-ziali, anche perche, dato l’affievolimento della tutela offerta dalle revocato-rie fallimentari, si sente il bisogno d’ergere uno steccato contro le frodi.

Posso solo aggiungere che la riforma offre un ulteriore spunto di rifles-sione al riguardo, perche: se il concordato fallimentare puo essere approva-to prima del decreto che rende esecutivo lo stato passivo; e se il concordatomedesimo puo prevedere la cessione delle revocatorie (comprese quellepreviste dall’articolo 66), non si riesce a capire quale rilievo possa assumerela prova che tra i creditori insinuati ve ne siano anche di anteriori all’atto.

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(20) Cfr. Terranova, in Commentario Scialoja e Branca, I, pag. 21 seg.; Id., ivi, vol. III,pag. 344 seg.

17. Gli effetti della revocazione: a) nelle attribuzioni indirette. – Altret-tanto innovative sono le regole introdotte nell’art. 70 (dell’attuale numera-zione), con riferimento alle prestazioni effettuate da intermediari specializ-zati (comma primo) e agli atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati(comma terzo).

La collocazione della prima norma nella sede or ora accennata (e cioenell’articolo che disciplina gli effetti della revocatoria) non sembra del tuttoappropriata, giacche non si tratta di colpire un sub-acquirente (nel qual ca-so la revoca dovrebbe indirizzarsi contro l’intermediario e, poi, estendere ipropri effetti al destinatario finale del pagamento), ma si tratta di chiarire,una volta e per tutte, che i pagamenti effettuati tramite intermediari hannocome veri destinatari i terzi beneficiari del procedimento solutorio, i qualidebbono restare soggetti all’impugnativa, anche quando il primo percettoredelle somme e esentato dalla revoca.

In altri termini, a mio sommesso avviso sarebbe un errore pensare chel’impugnativa avrebbe dovuto avere come naturale destinatario il soggettoche ha materialmente ricevuto la somma dalle mani del debitore, mentreil terzo, al quale il pagamento e indirizzato, sarebbe solo «eccezionalmente»coinvolto nella revocatoria o, meglio, dovrebbe subire gli effetti pratici delladichiarazione d’inefficacia dell’atto, in quanto «partecipe» della frode com-messa da un altro.

Come mi lusingo d’avere dimostrato in altra sede (21), infatti, il sistemasul punto e molto piu aperto di quanto solitamente non si creda, giacchenon esclude che la revoca possa essere direttamente indirizzata contro il de-stinatario «ideale» della prestazione, a prescindere dal fatto che il destina-tario «materiale» si trovi nelle condizioni oggettive (mi riferisco alle nume-rose esenzioni, a favore degli intermediari, che gia esistevano nel nostro or-dinamento) e soggettive (la conoscenza dello stato d’insolvenza del debito-re) per subire l’impugnativa.

Nell’interpretare l’ultimo inciso della norma, l’accento, dunque, non de-ve cadere sulle parole «La revocatoria ... produce effetti», bensı sull’espres-sione, molto piu pregnante, secondo la quale «La revocatoria ... si esercita ...nei confronti del destinatario della prestazione», e cioe – dato il contesto del-la norma – nei confronti del terzo, che ha ricevuto il pagamento dall’inter-mediario.

Tutto cio produce due conseguenze, gia sul piano esegetico: a) in primoluogo, che il destinatario mediato della prestazione viene colpito da un’azio-ne autonoma, qualora sia consapevole, nel momento in cui riceve il paga-mento, dello stato d’insolvenza del debitore; b) in secondo luogo, che la

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(21) In Commentario Scialoja e Branca, III, pag. 125.

norma in esame contiene un’implicita esenzione per gli intermediari e per igestori delle procedure previste nella prima parte dell’enunciato; esenzioneche si somma a quelle gia previste dalle vigenti disposizioni, in modo da co-prire tutti gli spazi eventualmente lasciati liberi dalle discipline di settore.

17.1. Quanto precede, oltre alle accennate conseguenze applicative, hanotevoli risvolti sul piano sistematico, perche conferma l’assunto che il legi-slatore riconosce piena rilevanza, nel campo delle revocatorie, al concetto di«attribuzione indiretta», almeno quando il solvens s’avvale, per effettuare unpagamento, dell’opera di un intermediario specializzato.

In realta, il predetto riconoscimento (del concetto d’attribuzione indi-retta) avrebbe potuto essere generalizzato: sia perche il nostro ordinamentoconosceva gia una serie di fattispecie, nelle quali l’azione revocatoria (o lasemplice inopponibilita alla massa) si dirige contro un soggetto diversoda quello, che ha materialmente ricevuto la prestazione (basti pensare alcomma 2 dell’art. 56, all’art. 68, legge fallim., o alle disposizioni in temadi factoring); sia perche il decreto legge, che conteneva la delega al Governoper una riforma organica delle procedura concorsuali, consentiva, nella ma-teria de qua, un intervento di piu ampie dimensioni.

La prudenza con cui si e mosso il legislatore, tuttavia, puo essere ap-prezzata (anche se da tempo sostengo l’esigenza di un radicale mutamentodi prospettiva sul punto), perche tocca all’interprete stabilire gli esatti con-fini delle attribuzioni indirette, mentre l’emanazione di una norma, volta adefinirne il concetto, avrebbe rischiato d’irrigidirlo, con conseguenze chenon era facile prevedere.

In ogni caso, la norma dota il nostro sistema concorsuale di uno stru-mento d’intervento, che bilancia le esenzioni previste a favore di certi inter-mediari, con la conseguenza di non lasciare del tutto sguarnita la massa con-tro gli atti solutori di maggiore importo economico.

Al riguardo, giova segnalare, infine, che un analogo intervento legislati-vo e chiesto da tempo anche dalla dottrina formatasi in altri ordinamenti,solitamente piu attenti del nostro a certi problemi di carattere sistematico.

18. ... b) nei rapporti continuativi o reiterati. – La regola posta con rife-rimento ai rapporti continuativi o reiterati trova un antecedente concettualenella cosiddetta «teoria del massimo scoperto», ma non ne costituisce unapura e semplice applicazione: innanzitutto, perche non contiene un’ulterio-re ipotesi di revoca, che si affianca a quelle previste dall’art. 67, ma si limitaa precisare quali siano gli effetti delle impugnative, che trovano in altre nor-me il proprio fondamento; e, poi, perche non si applica solo alle rimesse suconti correnti bancari, ma anche agli ordinari rapporti di fornitura.

Su questi temi mi sono gia intrattenuto nei precedenti paragrafi (al n.

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6.6.), e non e il caso di ripetere cose gia dette. Piu interessante, invece, esegnalare che il principio espresso nella disposizione in esame costituisceuna naturale evoluzione del sistema, volta a tenere conto dei problemiche sorgono quando la revoca non cade su operazioni isolate, ma ha ad og-getto dei flussi di risorse.

In quest’ultimo caso, infatti, non si puo prescindere dall’individuare isingoli atti revocabili (se non altro, per tenere conto dello stato soggettivodel convenuto), ma occorre trovare un meccanismo che si adatti alla pecu-liarita della fattispecie, impedendo che la revoca si trasformi da strumentodi redistribuzione delle perdite, in strumento di riallocazione delle stesse(con effetto moltiplicativo) su quei pochi soggetti, che hanno intrattenutocol fallito intense e durevoli relazioni economiche.

Del resto, non mi pare che la nuova disposizione si ponga in frontalecontrasto con il principio enunciato dal vecchio art. 71: e vero, che tale nor-ma si collocava in una prospettiva di sostanziale «rescissione» dell’atto revo-cato (l’eventuale credito del convenuto, da insinuare al passivo del fallimen-to, di regola si commisurava, infatti, alla controprestazione a suo tempo ef-fettuata a favore del fallito); ma e anche vero che la predetta rescissione era,per cosı dire, «pilotata», in modo da commisurare, per quanto possibile, glieffetti dell’impugnativa al pregiudizio «tipico» arrecato dall’atto alla massadei creditori (le conseguenze applicative della norma teste citata erano, per-tanto, diverse a seconda che fosse stato impugnato un contratto a prestazio-ni sperequate, una fideiussione, la concessione di un’ipoteca, un conferi-mento in societa, e cosı via dicendo).

In altri termini, anche il vecchio articolo 71 aveva un fondamento equi-tativo, che la nuova norma ha sviluppato, adattandolo ad un diverso tipo diproblemi.

19. Prescrizione e decadenza. – Nell’intento d’imprimere un’accelerazio-ne all’attivita degli organi della procedura e di far consolidare entro un ra-gionevole lasso di tempo i rapporti giuridici sottoposti a revoca, la novellaha previsto (all’art. 69-bis) due ipotesi di decadenza dall’impugnativa (comesi evince dall’epigrafe della norma, oltre che dal contenuto della delega), di-sponendo che «Le azioni revocatorie disciplinate nella presente sezione nonpossono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento ecomunque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto».

La norma risponde, soprattutto, ad un’esigenza di certezza, giacche gliistituti della consecuzione delle procedure concorsuali, della riapertura delfallimento e della sospensione della prescrizione – in tutte le fasi morte, pre-cedenti o successive al fallimento, nelle quali le revocatorie non possono es-sere esercitate – ha consentito, in passato, d’avviare l’impugnativa dopo unimpressionante numero d’anni dal compimento dell’atto.

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In dottrina si e levata qualche voce critica contro la disposizione che fadecorrere il termine quinquennale da una data anteriore alla dichiarazioned’insolvenza, giacche il principio contenuto nell’art. 2935, cod. civ., a mentedel quale «La prescrizione comincia a decorrere dal giorno in cui il diritto puoessere fatto valere», dovrebbe essere applicato anche alla decadenza.

La questione meriterebbe approfondimenti, che non possono esseresvolti in questa sede, anche perche si dovrebbe dare conto della copiosagiurisprudenza (di merito, di legittimita e costituzionale), che e intervenutasulla specifica materia o su temi contigui, come quello dei limiti che si pos-sono apporre alla tutela giurisdizionale dei diritti.

Qui, volendo restare sul piano di una pura e semplice enumerazione deiproblemi, mi fermo a poche enunciazioni di semplice buon senso: i) innanzitutto, non si puo negare l’esigenza di dare una qualche certezza ai terzi, chehanno contrattato con il fallito, i quali non possono essere chiamati a ri-spondere in giudizio a distanza di tanti anni dal compimento dell’atto; ii)in secondo luogo, non si puo fare a meno d’osservare che il termine quin-quennale e talmente lungo, da escludere ogni addebito al legislatore, peravere eccessivamente affievolito la tutela dei creditori; iii) infine, mi paredecisivo il rilievo che il predetto termine non puo in alcun modo impedire(o anche solo rendere particolarmente arduo) l’esercizio del diritto, perche,se e vero che esso comincia a decorrere quando le revocatorie fallimentarinon potevano ancora essere esercitate, e anche vero che scade almeno treanni dopo l’apertura del fallimento, giacche, in caso contrario, l’acquistodel terzo si sarebbe consolidato per altra via, e cioe per il decorso del pe-riodo sospetto (che ora ha come limite massimo i due anni delle attribuzionigratuite e dei pagamenti anticipati) (22).

20. Il regime transitorio. – Il decreto sulla competitivita (d.l. 14 marzo2005, n. 35, convertito con legge 14 maggio 2005, n. 80), con il quale si so-no introdotte nel nostro ordinamento le modifiche piu significative alla di-sciplina delle revocatorie, ha espressamente previsto che le innovazioni ap-portate agli articoli 67 e 70 della legge fallim. «si applicano alle azioni revo-

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(22) Si potrebbe obbiettare che, in caso di consecuzione di procedure concorsuali, il ter-mine a partire dal quale le revocatorie possono essere esercitate, viene spostato in avanti, ri-spetto al puro e semplice decorso del periodo sospetto. E agevole replicare, tuttavia, che illegislatore ha fatto di tutto per ridurre il lasso di tempo nel quale l’azione non puo essereesercitata (ha soppresso l’amministrazione controllata ed ha posto un termine entro il qualedeve essere omologato il concordato preventivo), con la conseguenza di rendere davvero dif-ficile ipotizzare che l’azione si estingua prima ancora d’essere nata. Del resto, i creditori deb-bono pur decidere se avvalersi degli strumenti messi a loro disposizione dalla procedura fal-limentare, o affidarsi a mezzi alternativi di tutela.

catorie proposte nell’ambito di procedure iniziate dopo la data di entrata invigore del presente decreto».

Questo regime transitorio ha fortemente deluso gli ambienti bancari,che speravano in un’immediata deflazione del contenzioso con le curatele,soprattutto per quanto concerneva l’annoso problema della revoca delle ri-messe (23).

A ben guardare, pero, la soluzione accolta dal legislatore era l’unica pra-ticabile, giacche, se si fosse intervenuti anche sulle procedure in corso, sisarebbe trasformata un’azione volta ad attuare la par condicio, in una causadi disparita di trattamento tra i creditori (per non parlare degli altri aventicausa dal fallito), con probabili ripercussioni sul piano della legittimita co-stituzionale (24) di questo profilo della riforma.

Per altro, si deve escludere che alcune delle nuove disposizioni abbianocarattere interpretativo: la possibilita di fare ricorso a tale strumento era sta-ta presa in considerazione durante i lavori preparatori, ma alla fine ha pre-valso la tesi contraria. Del resto, la norma di diritto transitorio, teste ripor-tata, ha circoscritto con tanta chiarezza l’ambito d’applicazione della nuovadisciplina, da eliminare ogni dubbio al riguardo.

Diverso problema e se la giurisprudenza non possa correggere alcunidei suoi orientamenti piu rigorosi, sulla base di un’autonoma riflessione,che tenga conto dei giudizi di valore espressi dalla novella. Per chi, comeme, anche nel vigore della vecchia disciplina ha ritenuto (25) alcune soluzio-ni errate, la risposta deve essere decisamente affermativa.

Posso solo aggiungere che un intervento correttivo avrebbe il pregio di«accompagnare» la riforma, in modo da renderne meno brusco l’impatto suiproblemi della pratica: ma, forse, e troppo nutrire una simile speranza, an-che se recenti pronunce della giurisprudenza di merito e della supremaCorte mostrano interessanti aperture al riguardo (26).

21. Azioni revocatorie e categorie di creditori. – E tempo, ormai, d’av-

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(23) Qualche autore ha addirittura ventilato un vizio di costituzionalita della norma,giacche l’aver procrastinato l’entrata in vigore di certi effetti si porrebbe in insanabile con-traddizione con lo strumento (la decretazione d’urgenza) utilizzato per emanarla.

(24) Che, in questo caso, mi sembrerebbero piu fondate di quelle ventilate alla nota pre-cedente.

(25) L’edizione provvisoria della citata monografia in tema di Conti correnti bancari e re-vocatoria fallimentare risale al 1979.

(26) La Cassazione (sentenza n. 14470 del 9 luglio 2005) ha riconosciuto la possibilita diprovare per fatti concludenti l’esistenza del fido, con un opportuno (anche se incompleto)avvicinamento alla soluzione prescelta dal legislatore. Lo stesso va detto per le sentenze dimerito che accolgono il criterio del massimo scoperto.

viarmi verso la conclusione. I numerosi interventi operati dalla riforma inmateria di revocatoria in un certo senso costituiscono il naturale sviluppodi alcune tendenze evolutive del sistema, che si erano gia manifestate daqualche anno. Penso, in particolare, alla norma sui pagamenti effettuati tra-mite intermediari, che consente di colpire il vero destinatario della presta-zione, al posto di chi ha solo materialmente ricevuto la somma di denaro,con la quale effettuare l’atto solutorio. Penso al chiarimento offerto dal le-gislatore in tema di garanzie contestuali, che impone di valutare la gratuita ol’onerosita dell’atto dal punto di vista del creditore garantito. E penso, an-cora, alla norma che limita gli effetti della revoca, quando sotto i suoi stralicadono delle fattispecie estintive riferibili a rapporti continuativi o reiterati.

In tutti questi casi, le soluzioni accolte – che spesso sembrano di sem-plice buon senso – sono in realta il frutto di una contaminazione di modelliconcettuali diversi, perche mediano tra due archetipi normativi: quello del-l’atto nullo, per illiceita dei motivi; e quello dell’atto illecito, per violazionedell’altrui sfera giuridica.

Dal primo modello viene tratta l’idea di una caducazione, sia pure par-ziale e relativa, degli effetti dell’atto, con la conseguenza che le caratteristi-che di base dell’azione sono quelle proprie delle impugnative e non quelledei rimedi risarcitori.

Dal secondo modello si trae l’idea che, in alcuni casi, il terzo puo esserechiamato a rispondere anche se non ha avuto un contatto materiale con lasfera giuridica del fallito (si pensi ai pagamenti di terzo); ed ancora l’ideache l’elemento della frode del terzo deve prevalere, ai fini della dichiarazio-ne d’inefficacia dell’atto, sull’accertamento d’eventuali vizi del potere dispo-sitivo del debitore (e qui gli esempi potrebbero essere molti – dalla revocadelle ipoteche giudiziali, alla revoca dei pagamenti di terzi – ma mi piacericordare quanto si e detto sullo specifico angolo visuale, dal quale deve es-sere valutato il carattere gratuito o oneroso dell’attribuzione patrimonialeimpugnata); e sempre dallo stesso modello (dell’illecito) viene tratta, infine,l’idea che gli effetti della revoca possono essere talvolta mitigati, per com-misurarli (non tanto al danno effettivamente subito dai creditori sulla basedel nesso di causalita, quanto) al danno, che si ritiene di poter imputare alconvenuto sulla base di certi standard valutativi, o di certi giudizi social-ti-pici (basta ricordare il cosiddetto massimo scoperto).

21.1. A mio sommesso avviso, questa contaminazione di schemi concet-tuali e molto feconda e dovrebbe dare da riflettere anche sul piano meto-dologico. Forse, pero, in questa sede e piu importante segnalare un altroprofilo della riforma, che si coglie dando uno sguardo d’insieme alle normeche regolano le nuove esenzioni.

Al riguardo, infatti, ci si accorge ben presto che il legislatore ha previstotrattamenti differenziati, a seconda del ruolo che le varie categorie di credi-

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tori giocano nella vita dell’azienda: nel senso che la disciplina e tanto piusevera ed articolata, quanto maggiori sono le responsabilita ed il coinvolgi-mento – nella gestione della crisi – dei soggetti, ai quali le varie categoried’esenzioni si riferiscono.

Per rendersene conto, basta mettere a confronto i trattamenti riservatiai dipendenti ed a certe categorie di collaboratori autonomi, con quelli pre-visti, rispettivamente, per i fornitori e per i finanziatori dell’impresa: i primi(lavoratori dipendenti ed assimilati) sono esentati dalla revoca dei pagamen-ti ricevuti, a prescindere da qualsivoglia presupposto soggettivo o oggettivo,e quindi anche a prescindere dal fatto che nel patrimonio del debitore sus-sistessero – al tempo dell’atto – dei beni, sui quali avrebbero potuto eserci-tare il loro privilegio; i secondi (i fornitori) vengono solo in parte esentatidalla revoca, con esclusione del pagamento degli arretrati, e cio perche sivuole che esercitino una pressione sul debitore, al fine di fargli assumeretempestivamente i provvedimenti necessari per fronteggiare la crisi; gli ul-timi (i finanziatori) possono godere anch’essi di un privilegio, ma solo semettono a disposizione nuove risorse, o se si mostrano disponibili a soppor-tare dei sacrifici (che possono consistere in una dilazione, o nel soddisfaci-mento parziale delle loro pretese), sulla base di un piano di riequilibrio fi-nanziario o di un accordo di ristrutturazione dei debiti, volti ad assicurare,almeno in prospettiva, l’eliminazione dell’insolvenza.

In altri termini, tra le varie classi di soggetti, che gravitano attorno al-l’impresa, si e fatta una sorta di graduatoria, di modo che alle categorie do-tate di una maggiore forza contrattuale si chiede anche una maggiore con-sapevolezza dei problemi, un maggiore coinvolgimento nella soluzione dellacrisi e, talvolta, persino una partecipazione alle scelte operative necessarieper consentire all’azienda di recuperare il proprio equilibrio economico efinanziario.

21.2. Questa concezione, di trattare i creditori «per classi», anche ai finidella par condicio, e uno dei fili conduttori della riforma, che non vuole deltutto rinunciare al solidarismo, ma lo articola, per tenere conto della varietadegli interessi in gioco e della differenza di posizioni, a seconda del tipo dirapporti intrattenuti con il debitore (27).

In fondo nella stessa direzione si muovono le nuove norme, che regola-no il concordato preventivo e quello fallimentare, le quali pure prevedonoaccordi diversificati e complessi, nel presupposto che sarebbe mistificatorioporre tutti i creditori sullo stesso piano.

Parte I - Dottrina 319

(27) Per maggiori approfondimenti su questi punti mi permetto di rinviare a Terrano-

va, Le procedure concorsuali. Problemi d’una riforma, cit., passim.

Non si puo tacere, tuttavia, che questa «filosofia» della riforma non sem-pre e stata seguita in maniera coerente e rigorosa, ma ha subito una profon-da lacerazione, quando si e eliminata, in entrambe le procedure concordata-rie, l’esigenza di conseguire una doppia maggioranza di voti, per importo deicrediti e per teste: il concordato per classi, infatti, ha un senso e «funziona»,solo se si parte dal presupposto che i piccoli creditori debbono essere invo-gliati a prestare il loro consenso, con la promessa di un trattamento miglioredi quello riservato ai creditori finanziari, sui quali debbono ricadere le re-sponsabilita ed i maggiori pesi imposti dal tentativo di risanare l’impresa.

Se i creditori forti, invece, sono messi in grado di fare tutto da soli, sicancella ogni tratto di solidarismo; e si cancella anche l’utilita del concorda-to preventivo, giacche dopo la dichiarazione di fallimento i finanziatori po-tranno presentare, con un’autonoma iniziativa, un assuntore, che rilevi tuttele attivita alle condizioni volute e ... «senza fare sconti» a nessuno (28).

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(28) L’aver eliminato il computo dei voti «per teste», oltre che per importo dei crediti,non e il solo punto, sul quale ritengo di dover dissentire dall’impostazione seguita dal legisla-tore nel riformare l’istituto del concordato.

Altrettanto grave mi sembra, infatti, l’aver impedito al debitore di presentare una propo-sta di concordato fallimentare prima della scadenza di un termine di sei mesi dall’apertura delfallimento.

Questa norma e stata introdotta per indurre il debitore ad avvalersi del concordato pre-ventivo e ad anticipare i tempi del ricorso alle procedure concorsuali. A mio sommesso avvi-so, pero, rischia di risultare controproducente, perche trascura che i creditori possono avereinteresse a respingere la proposta di concordato preventivo, per far dichiarare il fallimento edassumere in prima persona (come ora e possibile) l’iniziativa di una liquidazione, per cosı di-re, «concordataria».

Tenendo conto di cio, d’altro canto, l’imprenditore in crisi potrebbe essere trattenutodal presentare una proposta di concordato preventivo, per il timore di perdere il controllodella procedura e, con essa, della sua impresa.

L’inconveniente e tanto piu grave, se si considera che la proposta di concordato preven-tivo potrebbe essere destinata all’insuccesso dal compimento di atti, che incidono sulla dispo-nibilita del patrimonio responsabile e che, pur potendo essere impugnati con le revocatorie,non sono frutto di un intento fraudolento del debitore.

La fattispecie che immagino e la seguente: che succede, se l’imprenditore si mostra di-sponibile ad una proposta di concordato preventivo, ma nelle more le banche iscrivono ipo-teche giudiziali su tutti i suoi beni? Nel diritto previgente il fallito avrebbe potuto aspettarel’apertura del concorso esecutivo, in modo che le revocatorie potessero fare il loro corso,per poi presentare una nuova proposta, questa volta per un concordato fallimentare. Adessoquesta possibilita resta preclusa, perche e probabile che le stesse banche lo precedano nelformulare l’accennata proposta di concordato fallimentare, con la conseguenza di non dargliscampo.

Se non erro, l’esempio induce a riflettere su alcune cose: che nell’attuale disciplina il fa-vor debitoris e solo apparente, giacche tutti i poteri si concentrano nelle mani dei creditoriforti; che il divieto di cessione delle revocatorie al fallito (o l’impossibilita di esercitarle nellafase di risanamento dell’impresa) e frutto di un pregiudizio moralistico, che non trova piualcuna plausibile motivazione, se non altro perche la revoca non si fonda piu su di un illecito

E troppo presto, per sapere come andranno a finire le cose; e troppopresto per dire se le norme sul conflitto d’interessi nella votazione del con-cordato riusciranno ad erigere un solido baluardo contro certe spregiudica-te iniziative dei creditori forti. Tuttavia, se dovessero rivelarsi esatte le con-siderazioni che precedono, sarebbe del tutto inutile preoccuparsi delle re-vocatorie e di come articolare le varie classi dei creditori, giacche i veri pro-blemi verrebbero risolti con strumenti alternativi, in una logica molto diver-sa da quella qui illustrata.

22. Il ruolo del danno nel nuovo sistema revocatorio. – Qualche parola,infine, sul ruolo del danno nelle revocatorie. Dopo quanto si e detto, nonpuo esservi dubbio che la logica che animava le cosiddette teorie «antiin-dennitarie», o rigorosamente «redistributive», e stata completamente supe-rata. Il legislatore, pero, non ha voluto prendere un’esplicita posizione sulpunto e, soprattutto, si e rifiutato di fornire una definizione dei presuppostidell’impugnativa, che chiarisse qual’e il ruolo del pregiudizio ed in che mo-do lo si debba accertare.

A mio sommesso avviso, questa scelta deve essere incondizionatamenteapprovata: innanzi tutto, perche vi era il pericolo – molto concreto – diprendere a modello le azioni risarcitorie e di snaturare l’istituto in esame,che e stato concepito dal codice e dalla legge fallim. (sia pure con le atte-nuazioni e le contaminazioni, di cui si e detto) come un’impugnativa; in se-condo luogo, perche il richiamo all’assenza di danno e sempre stato e deverestare un topos argomentativo, una sorta di clausola generale, che consenteall’interprete di rendere piu flessibile la disciplina dell’azione, per sopperiread esigenze di vario genere, da quella d’individuare il trattamento revocato-rio piu acconcio per certi nuovi tipi d’operazioni, a quella di tener contodello specifico contesto nel quale l’atto e stato compiuto, a quella, infine,di trovare la soluzione ad alcuni problemi d’indole processuale.

22.1. Sul primo punto (la necessita d’evitare un eccessivo appiattimentodelle revocatorie sul modello delle azioni volte al risarcimento del danno),sono sufficienti poche considerazioni.

Parte I - Dottrina 321

del debitore, ma sempre piu spesso si dirige contro la scorrettezza di un terzo, che approfittadel proprio potere contrattuale per essere pagato o per imporre condizioni inique, oppureacquista diritti di prelazione, a discapito degli altri creditori, sulla base di iniziative, che pre-scindono dal consenso del debitore; che ogni tentativo di «imporre» un’accelerazione alla so-luzione della crisi – con la minaccia di sanzioni per chi non faccia tempestivo ricorso alle pro-cedure concorsuali, anziche con la predisposizione d’incentivi – e destinato, con molta pro-babilita, all’insuccesso.

Forse e opportuno partire dal rilevo che, nell’odierna realta economica,le imprese in genere non falliscono (fatte salve le dovute eccezioni) a causadi comportamenti dolosi del debitore, che si appropria delle somme ricava-te dalla vendita degli immobili, o trasferisce a parenti e amici i beni di mag-giore rilevanza patrimoniale; ma falliscono a causa dell’andamento del mer-cato, o per errori strategici, che pero non consistono in sperperi o in dolosedispersioni di risorse. Molto spesso, tutto cio puo essere agevolmente docu-mentato sulla base della contabilita dell’impresa; come pure puo essere do-cumentato che la liquidita acquisita dalle vendite non e stata sottratta ai cre-ditori, bensı reinvestita nell’azienda o utilizzata per effettuare pagamenti(spesso a loro volta revocabili).

Non e difficile intuire dove vada a parare il mio discorso. Se quanto pre-cede e vero, la completa equiparazione delle azioni revocatorie a quelle ri-sarcitorie avrebbe reso, in pratica, inutilizzabile questo importante strumen-to di tutela dei creditori, in tutti quei casi (che sono i piu numerosi nell’e-sperienza applicativa dell’istituto) nei quali la revoca si regge sul cosiddetto«danno indiretto», e cioe in tutte le ipotesi (a partire dalla vendita degli im-mobili), nelle quali l’atto viene impugnato perche crea una situazione di pe-ricolo per i creditori: molto spesso, infatti, il convenuto potrebbe provare –sulla base, come si e detto, della stessa contabilita aziendale – che il prezzonon e stato disperso, ma e stato impiegato in modo proficuo per la massa (oe recuperabile con la revoca di certi pagamenti). Per non dire, poi, che, unavolta messi su questa strada, si sarebbe dovuto concedere al terzo di dimo-strare che il bene, comprato a prezzo vile, in seguito ha perduto il propriovalore; o che il pagamento e stato effettuato quando il patrimonio del de-bitore era ancora in grado di soddisfare tutti i debiti, e cosı via dicendo.

Naturalmente, chi proponeva il ritorno ad una concezione «indennita-ria» dell’istituto, non intendeva avallare soluzioni tanto contrarie alla nostratradizione giuridica. Ma e stato un bene che il legislatore abbia evitato didare la stura ad una serie d’equivoci su questioni cosı delicate.

22.2. Forse, pero, e ancora piu importante segnalare che la nozione didanno, alla quale ci si richiama per risolvere una serie di problemi applica-tivi, non e unitaria, come sembrerebbe, ma ha un contenuto diverso, a se-conda del contesto, nel quale viene utilizzata, o a seconda delle teorie ela-borate dai vari autori.

Per averne la riprova, e sufficiente ricordare che, per una prima corren-te dottrinale, l’atto di disposizione sarebbe dannoso qualora abbia reso ilpatrimonio del debitore oggettivamente insufficiente a soddisfare le pretesedell’intera massa dei creditori; per un secondo orientamento di pensiero ildanno sarebbe costituito, invece (almeno nella revocatoria ordinaria), dallaviolazione della garanzia patrimoniale posta a tutela del singolo rapportoobbligatorio. Poi e incerto se gli effetti dell’atto debbono essere valutati

Il diritto fallimentare delle societa commerciali322

con riferimento alla data in cui e stato compiuto, oppure alla data in cuiviene aperto il fallimento, o ancora alla data in cui viene esercitata l’azione.Secondo alcuni scrittori il danno non sarebbe solo il presupposto dell’impu-gnativa, ma anche il suo limite, giacche gli effetti della revoca dovrebberoessere rigorosamente commisurati al pregiudizio subito dalla parte offesa(con un evidente parallelismo con l’illecito). Secondo la dottrina dominante,invece, l’impugnativa si limiterebbe ad eliminare (nei confronti d’alcunisoggetti) gli effetti giuridici dell’atto di disposizione, senza ulteriori varianti.Anche per quest’ultimo indirizzo teorico e dubbio, tuttavia, se il patrimoniodel debitore deve essere considerato in maniera dinamica (tenendo contodel reddito che e in grado di produrre), o in maniera statica (e, cioe, fer-mandosi a valutare i soli beni esposti alle azioni esecutive dei creditori). An-cora piu nebulosa, poi, e la risposta al quesito se si debba dare rilevo al nes-so di causalita tra l’atto ed il danno, o non si possa tenere conto, almeno, delfatto che il patrimonio del debitore, inizialmente insolvente, e diventato perun breve lasso di tempo (legato all’approvazione di un concordato) nuova-mente solvente, per tornare ad essere insolvente (per l’annullamento o larisoluzione del predetto concordato, oppure per gravi ed improvvise perdi-te economiche).

Qualcuno sostiene che un atto, astrattamente idoneo ad arrecare pre-giudizio ai creditori, non dovrebbe essere revocato, qualora non abbia pro-dotto il suo effetto tipico (perche, ad esempio, il prezzo della vendita non sie disperso, essendo rimasto depositato presso un notaio); altri scrittori pen-sano che la revoca debba restare preclusa, qualora i beni presenti nell’attivosiano sufficienti a soddisfare i creditori insinuati (ma la giurisprudenza, ingenere, lo nega, sulla base del duplice rilievo: che la dichiarazione d’insol-venza fa presumere l’insufficienza del patrimonio del debitore a coprire ilpassivo; e che altri creditori possono insinuarsi nella procedura); molti scrit-tori pensano, infine, che il danno – con tutte le varianti, di cui abbiamo par-lato – debba essere valutato in maniera diversa, a seconda che si procedacon la revocatoria ordinaria o con quella fallimentare.

Problemi ancora maggiori s’incontrano, poi, quando si passa ad esami-nare il ruolo del danno nella revoca dei pagamenti e delle garanzie: tale pre-supposto deve essere valutato dal punto di vista dei creditori (i quali, adogni pagamento compiuto dal debitore insolvente, vedono ridursi il divi-dendo ricavabile dal concorso), oppure dal punto di vista del debitore (ilcui patrimonio netto resta sostanzialmente immutato, se l’esborso del con-tante serve ad estinguere una passivita di pari ammontare)? Occorre accer-tare gli effetti prodotti dal solo atto solutorio, o si deve tenere conto anchedell’acquisto, che il predetto pagamento ha permesso di conseguire, con ilconseguente incrementato dell’attivo del fallimentare? La concessione diun’ipoteca arreca pregiudizio alla massa sol perche lede la par condicio, operche immobilizza il patrimonio del debitore? I pagamenti anomali sono

Parte I - Dottrina 323

soggetti ad una disciplina piu rigorosa perche consentono d’ottenere piudel dovuto, o perche sono sintomo di un disordine gestionale, che mettein pericolo l’organizzazione dell’azienda? E l’elenco dei dubbi e degli inter-rogativi potrebbe facilmente allungarsi.

22.3. Nel tentativo di dipanare l’intricata matassa, mi e sembrato neces-sario – fin dai miei primi studi in materia, che risalgono alla seconda metadegli anni settanta (29) – tener fisse due cose: innanzi tutto, che, quando siparla di «danno» nelle revocatorie, in realta s’allude ad un concetto o aduna famiglia di concetti molto diversi da quelli utilizzati nella teoria dell’il-lecito, per il semplicissimo motivo che siamo in presenza di un’impugnativa,e non di un’azione risarcitoria; in secondo luogo, che le varie accezioni deltermine, con le quali il fallimentarista deve confrontarsi, presuppongonotutte un concetto di base, il quale si riferisce al «fondamento» dell’impugna-tiva e puo essere riassunto nel rilievo che una certa fattispecie, sulla base diuna prognosi postuma, viene reputata in grado di pregiudicare la massa deicreditori.

Questa impostazione mi ha consentito di fare piazza pulita di una seriedi suggestioni provenienti dai modelli civilistici dell’illecito contrattuale oaquiliano; ma mi ha anche permesso di tenere conto, entro certi limiti,del contesto nel quale l’operazione da revocare e stata compiuta, e cioe del-le eventuali cautele assunte dai contraenti per impedire che l’atto potessepregiudicare i creditori (per esempio: il deposito del prezzo della venditapresso un notaio, perche lo consegni al debitore alla scadenza del periodosospetto, evitando cosı che vada disperso).

Gia allora mi era chiaro, tuttavia, che il presupposto oggettivo dell’im-pugnativa viene accertato sulla base di valutazioni tipiche, e cioe prefiguran-do le conseguenze che le varie categorie di operazioni impugnabili avrebbe-ro normalmente prodotto sull’attivita dell’impresa insolvente e sulle relazio-ni dalla stessa intrattenute con le varie categorie di terzi (creditori, lavora-tori, fornitori, finanziatori e cosı via dicendo).

Su queste basi, scorgevo un forte collegamento tra il giudizio relativoal carattere «pregiudizievole» dell’atto (ai fini della revocatoria) e le regoledi «correttezza», che dovrebbero governare le condotte di chi ha rapporticon l’imprenditore in crisi. In tale prospettiva, la frode (ai creditori) diven-tava il vero fulcro dell’istituto, purche di questo concetto si riuscisse a co-glier la valenza oggettiva (la scorrettezza della condotta), prima ancora di

Il diritto fallimentare delle societa commerciali324

(29) Contro le teorie antiindennitarie mi ero gia espresso in L’assuntore del concordatofallimetare, Milano, 1976, e poi, in maniera piu approfondita, in Conti correnti bancari e re-vocatorie fallimentari, cit. (ed. provvisoria, Palermo, 1979).

quella soggettiva (l’intento di nuocere o la semplice consapevolezza deldanno) (30).

22.4. A distanza di anni, mi sembra che le mie vedute abbiano avutosignificative conferme: dapprima, nella stessa difficolta d’individuare solu-zioni adeguate per una serie di problemi concettuali ed applicativi, che co-stituivano – a mio sommesso modo di vedere – la cartina di tornasole delleaporie in cui s’imbattevano, tanto le cosiddette teorie antiindennitarie,quanto quelle che prendevano a modello lo schema dell’illecito; e poi nellarecente riforma, la quale – a parte qualche dissenso su singole norme – nellasua impostazione generale appare largamente condivisa.

Proprio il fatto che sia stato sostanzialmente accolto quell’ordine d’idee,mi porta a formulare due ulteriori rilievi: a) il primo e che non ha sensochiedersi se il legislatore ha accolto la concezione indennitaria dell’istituto:certo, ci sono molti sintomi che si e voluto superare il modello antiindenni-tario, ma cio non significa che si sia rinunziato ad individuare il fondamentodella revoca in una serie di giudizi social-tipici; b) il secondo e che il danno,nella prospettiva qui suggerita, finisce con l’assolvere alle funzioni di unaclausola generale, che non serve solo ad individuare le fattispecie revocabili,ma anche a rendere piu duttili gli effetti dell’impugnativa.

22.5. Se quanto precede e vero, si deve ritenere che la riforma ha fattoimportanti passi in avanti nella concretizzazione della predetta clausola ge-nerale, ridisegnando, almeno in parte, quel complesso di regole di correttez-za, alle quali i terzi debbono attenersi, quando intrattengono rapporti conun imprenditore in difficolta.

Il quadro presentato dalla novella, infatti, e molto piu moderno – sottoquesto profilo – di quello desumibile dalla disciplina del ’42: si prende attoche i pericoli per i creditori dell’impresa non derivano piu, in maniera prio-ritaria, dalle vendite d’immobili; si accoglie l’idea che i flussi di risorse nonpossono essere disciplinati alla stessa stregua dei pagamenti isolati; si pren-de atto dell’esigenza di colpire soggetti diversi da quelli che hanno material-mente ricevuto la prestazione dalle mani del debitore; si detta un’appositadisciplina per certe forme indirette di garanzia, nonche per gli atti di dispo-sizione che incidono su un separato compendio di beni, ma che potrebberopregiudicare il patrimonio del debitore nel suo complesso.

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(30) Il rapporto tra frode e danno nella revocatoria mi ricorda l’«anello di Moebius», ecioe quella figura geometrica dalle caratteristiche apparentemente paradossali, ma in realtamolto semplice, nella quale, se si scivola su una delle facce (mettiamo quella esterna), adun certo punto ci si trova sull’altra (quella interna), senza aver mai superato i margini chele delimitano.

Naturalmente, non tutte le scelte del legislatore possono essere condivi-se; non tutte le norme appaiono immuni da pecche; ma alcuni profili dellariforma segnano, a mio avviso, un indiscutibile avanzamento rispetto al pas-sato.

Giuseppe Terranova

Prof. ord. di Diritto Commercialenell’Universita di Roma Tre

Nota bibliografica

Dato il carattere dello scritto, che vuole tratteggiare in maniera sintetica ed essenziale ilnuovo sistema delle revocatorie, non ho ritenuto di dover dare conto, in nota, del vasto di-battito dottrinale, che si va sviluppando sulle linee guida e sugli obbiettivi generali della ri-forma, o anche su singole norme.

Del resto, sarebbe stato quasi impossibile farlo: sia perche molti autorevoli interventi cir-colano ancora, tra gli addetti ai lavori, in forma dattiloscritta; sia perche stiamo assistendo aduna produzione prodigiosamente munifica d’elaborati, con la conseguenza che non si riesce atenere il passo nemmeno del materiale regolarmente pubblicato in veste definitiva (soprattut-to se si volesse tenere conto anche di quello disponibile su Internet).

Tra gli scritti di maggior rilievo, mi limito a ricordare (chiedendo scusa fin d’ora per leinevitabili omissioni): Volumi: Bonfatti (a cura di), La disciplina dell’azione revocatoria nellanuova legge fallim. e nei «fallimenti immobiliari», Milano, 2005; De Crescienzo – Panzani,Il nuovo diritto fallimentare, Milano, 2005; Guglielmucci, La riforma in via d’urgenza dellalegge fallim., Torino, 2005 – Articoli: Angiolini, La «nuova» revocatoria fallimentare, in Riv.not., 2005, 998; Aprile, Gli acquisti di immobili da costruire: nuova tutela, in Fallim., 2005,1123; Bussoletti, La nuova revocatoria fallimentare delle rimesse bancarie, destinato a Riv.banc.; Castiello D’Antonio, Relazione al convegno ABI su La riforma della legge fallim.,Roma, 22-24 ottobre 2005 (dattiloscritto); Cavalli, Considerazioni sulla revocatoria delle ri-messe in conto corrente bancario dopo la riforma dell’art. 67 legge fallim., Relazione al conve-gno su La riforma della legge fallim., Milano, 18-21 ottobre 2005 (dattiloscritto); Consolo-Montanari, La revocatoria ordinaria nel fallimento e le questioni di prescrizione (recte deca-denza), in Corr. Giur., 2005, 400; d’Ambrosio, I patrimoni di destinazione nell’insolvenza, inGiur. comm., 2005, I, 547; Di Lauro, Il nuovo diritto fallimentare: che fine ha fatto la granderiforma?, in Dir. fall., 2005, I, 797; Di Marcello, La revocatoria ordinaria e fallimentare del-la scissione di societa, in questa Rivista, 2006, I, 62; Fabiani, L’alfabeto della nuova revocato-ria fallimentare, in Fallimento, 2005, 577; Fabiani, Appunti sulla riforma della revocatoria fal-limentare per prestazioni squilibrate con una lente sul mercato immobiliare, in Foro it., 2005, I,1424; Fimmano, La revocatoria dei patrimoni destinati, in Fallim., 2005, 1105; Fortunato,La revocatoria concorsuale nei progetti di riforma, in Fallim., 2004, 340; Fortunato, Brevinote sulla «filosofia» della nuova revocatoria fallimentare, in Giur. comm., 2005, I, 718; Gu-

glielmucci, La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse in conto corrente, in Dir. fall.,2005, I, 805; Jorio, I lineamenti di una nuova... improbabile legge fallim., in Giur. comm.,2005, I, 323; Maienza, Nuove prospettive di sviluppo per l’azione revocatoria in sede fallimen-tare, in Fallimento, 2005, 750; Minutoli, In difesa dell’istituto revocatorio (brevi riflessionisulle nuove revocatorie fallimentari ex d.l. 14 marzo 2005, n. 35), in Dir. fall., 2005, I, 816;Montanari, Riduzione del termine di decadenza per l’esercizio della revocatoria, in Fallimen-to, 2005, 1029; Oliva, La disciplina delle revocatorie delle rimesse bancarie, Relazione al con-vegno Paradigma, Milano, 22-24 novembre 2005 (dattiloscritto); Panzani, Il D.L. 35/2005,

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la legge 14 maggio 2005, n. 80 e la riforma della legge fallim., in www.fallimentonline.it, 2005;Patti, La revocatoria degli atti a titolo oneroso con prestazioni sproporzionate e la revocatoriadegli atti estintivi anomali, Relazione al convegno Paradigma su La riforma della legge fallim.,Milano, 22-23-24 novembre 2005 (dattiloscritto); Quatraro, Intervento al convegno La nuo-va revocatoria fallimentare e la riforma delle procedure concorsuali, Milano, 19-20 aprile 2005(dattiloscritto); Sandulli, La nuova disciplina dell’azione revocatoria, Relazione al convegnodi Alba, 19 novembre 2005 (dattiloscritto); Santagata (R.), Patrimoni destinati ed azioni re-vocatorie (tra diritto attuale e prospettive di riforma), in Riv. dir. comm., 2005, I, 299 seg.;Schiano di Pepe, La nuova revocatoria fallimentare, in Dir. fall., 2005, I, 798; Silvestrini,La nuova disciplina della revocatoria delle rimesse su conto corrente bancario, in Fallim., 2005,847; Tarzia G., Le esenzioni (vecchie e nuove) dell’azione revocatoria fallimentare della recen-te riforma, in Fallim., 2005, 835.

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APPUNTI SULLE PROSPETTIVE DI RIFORMADELLA LEGGE FALLIMENTARE E SULLE RIFORME ATTUATE (*)

1. Il difficile iter della riforma del diritto delle procedure concorsuali eapprodato ad un passaggio intermedio: una modificazione immediata di po-che norme, una legge delega per il disegno complessivo. (1)

Devo preliminarmente ricordare come le insufficienze addebitate allalegge fallim. presentano caratteri molto diversi; talune, infatti, possono es-sere considerate proprie del fallimento, altre riguardano istituti diversi dalfallimento, ma che su questo incidono; pare opportuno farne una schema-tizzazione: cause esterne, riforme strutturali, riforme indotte da orientamen-ti della giurisprudenza.

Iniziando dalle cause esterne, innanzi tutto, vi e il tema della «lungag-gine», cioe della eccessiva durata della procedura e quindi della lunga (in-sopportabile) attesa per i creditori. Ebbene, questo tema in larga misura in-veste solo indirettamente le norme fallimentari. Infatti, la legge fallim. (do-po una prima fase sommaria o di carattere amministrativo) da ampio spazioalla tutela del diritto soggettivo: da cio l’inserimento nella procedura con-corsuale della parentesi del processo civile e del processo tributario. Quin-di, i tempi di durata della procedura concorsuale sono da addebitare, in lar-ga misura, ai tempi del processo.

Devo, altresı, aggiungere, che va in qualche modo corretto l’equazione,durata della procedura fallimentare quale tempo per il soddisfacimento deicreditori. Infatti, molto spesso, almeno per l’80-90% l’attivo viene ripartitoin tempi ragionevoli (almeno utilizzando i parametri del processo di esecu-zione), mentre solo una ridotta parte residuale deve attendere la chiusuradella procedura per la ripartizione finale.

Le riforme strutturali, invece, quali quelle relative al carattere sanziona-torio della procedura per il fallito, la centralita della figura del giudice de-legato a fronte della marginalita della posizione del comitato dei creditori, la

(*) Intervento al Convegno «Quale futuro per la grande riforma della legge fallimenta-re», Napoli, 23 giugno 2005. L’intervento riguarda il d.l. 35/2005 e non tiene conto, ovvia-mente, delle ulteriori modifiche di cui al d.lgs. n. 5/2006.

rigidita dello schema degli strumenti di liquidazione, la parita di trattamen-to dei creditori chirografari, una piu ampia possibilita di accordi alternativialla procedura fallimentare, sono i profili propri della procedura, rispetto aiquali e emerso nel dibattito dottrinale e nei progetti di riforma un orienta-mento diverso da quello che si ritrova nella legge fallimentare. Queste sonole tematiche della (ipotesi di) riforma, che propongono una revisione dellescelte di politica legislativa rispetto al passato.

Al riguardo, pero, proprio con riferimento a questi profili, mentre e pie-namente condivisibile la soppressione degli aspetti sanzionatori di naturapersonale, in mancanza di fattispecie di rilevanza penale, meno convincenteappare l’ampio spazio di autonomia, di iniziativa e decisionale che viene da-to al curatore ed al comitato dei creditori. Va ricordato che la riforma insenso opposto, che si ebbe nel 1936 (poi trasferita nella legge fallimentare),fu imposta dalla «scandalosa» gestione che questi organi facevano della pro-cedura fallimentare. Ne mi pare che l’indole umana e gli «egoismi» utilita-ristici individuali siano mutati: percio, temo piu frequenti (rispetto ad oggi)rischi in ordine alla correttezza ed alla trasparenza della fase liquidatoria,nel caso manchi un efficace controllo sul comportamento di quegli organi.Probabilmente, sarebbe piu opportuno conservare al giudice delegatoun’ampia funzione autorizzatoria e di controllo, ma svincolata da predefinitiprocedimenti tipizzati ed obbligatori; peraltro, come si conviene ad un con-trollo su di un’attivita di tipo economico-gestionale.

C’e, infine, un ulteriore profilo della riforma, che viene sollecitato, nondall’esigenza di modificare il testo normativo, quanto dall’esigenza di im-porre una modifica all’orientamento della giurisprudenza, che su talunenorme si e andato affermando. Mi riferisco, chiaramente, all’azione revoca-toria fallimentare, la cui «disciplina vivente» e quella costruita dalla giuri-sprudenza, sulla base di norme che certamente non presentavano un datoletterale e sistematico univoco e comunque non disciplinavano specifica-mente determinate fattispecie, con la analiticita ed i distinguo che sono statiimposti sul piano ermeneutico dal diritto giurisprudenziale.

Il severo orientamento della giurisprudenza costituisce, altresı, la solle-citazione per una disciplina degli accordi stragiudiziali, che oggi, privi diuna regolamentazione, in taluni casi costituiscono callidi strumenti di recu-pero preferenziale per taluni creditori (i piu forti), talaltra fonte di oltremo-do rigorose sanzioni (oltre che per il debitore) per i creditori, sia sul pianopersonale che sul piano patrimoniale.

Infine, un ulteriore tema di discussione e quello dell’area che le singoleprocedure concorsuali devono coprire.

Infatti, da una parte, appare necessario definire l’ambito soggettivo diesclusione dalla procedura concorsuale, dall’altra «assegnare» alle impresela procedura piu adatta in ragione delle loro dimensioni e della loro natura.

Oggi, e pare che tale stato di fatto non sia destinato a cambiare, una

Parte I - Dottrina 329

prima distinzione si ha (a parte le imprese soggette a liquidazione coattaamministrativa) tra le imprese di «grandi» dimensioni assoggettate alla pro-cedura di amministrazione straordinaria ed alla procedura di ristrutturazio-ne industriale, e le imprese medio-piccole, destinate al fallimento, con la so-la esclusione dell’imprenditore «minimo».

Circa l’area di assoggettabilita alle procedure concorsuali sotto il profilodimensionale, la relativa problematica forse perde di significativo rilievo se,come e stato proposto, venisse introdotto il principio della esdebitazioneanche nella «procedura di liquidazione» (nuova denominazione per il «vec-chio» fallimento). Infatti, affermato tale principio, esso dovra valere ancheper il debitore civile, e comunque per i soggetti sottratti alla procedura con-corsuale commerciale. Anche in tale caso, peraltro, si dovra avere un sia purminimo controllo strutturato sulla fase di liquidazione e quindi una sorta di«mini procedura concorsuale».

Probabilmente, nell’ambito della disciplina della procedura concorsualeliquidatoria, andrebbe accentuata una piu netta distinzione tra un doppiopercorso, che prescinde dalle dimensioni, ed e invece collegato alla possibi-lita o meno di un’attivita di gestione, sia essa diretta (esercizio dell’impresada parte degli organi della procedura) o indiretta (affitto dell’azienda, ope-razioni straordinarie, ecc.). Cio consentirebbe una maggiore coerenza delprocedimento ed una sua migliore adeguatezza alle situazioni concrete, sen-za ridondanze e senza precostituite strettoie.

2. Diamo uno sguardo a cio che puo essere considerato oggi compiuto: ladisciplina della revocatoria fallimentare e quella del concordato preventivo.

Certamente il tema della revocatoria e stato il punto di scontro piu cal-do dei tentativi di riforma. Uno scontro tra l’anima che ritiene primaria l’e-sigenza del rispetto della par condicio, una volta che si sia manifestato lo sta-to di insolvenza e quella che ritiene prevalente l’interesse alla stabilita deirapporti, se le operazioni compiute, oggettivamente, non siano espressionedi un anomalo comportamento preferenziale o discriminatorio.

Va ricordato che questi due orientamenti di fondo, per il passato, hannotrovato il loro fondamento non tanto sui dati testuali forniti dalla legge fal-limentare, quanto su di una aprioristica scelta di natura politico-economicasulla funzione dell’istituto, che, serenamente puo dirsi, il legislatore nonaveva operato, ne il dato normativo univocamente forniva: e cio massima-mente con riferimento ai pagamenti ed alle rimesse bancarie.

Con il decreto legge n. 35 del 2005 tale scelta, ovviamente pur senzauna previsione definitoria, e stata operata, con l’adesione ad una prospettivanella quale la tutela della par condicio tra i creditori resta subordinata allatutela dell’interesse delle imprese; intendendo, con l’uso del plurale, far ri-ferimento tanto all’impresa del debitore che all’impresa del «terzo» con-traente o creditore. A tali interessi, per le ipotesi di acquisti immobiliari,si aggiunge quello della famiglia.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali330

Insomma, il principio della par condicio, gia ampiamente in crisi (pletoradi privilegi, possibilita di suddivisione dei creditori in classi introdotta conle piu recenti procedure ed inserita anche nel concordato preventivo) appa-re definitivamente subordinato all’interesse delle imprese.

Questa prospettiva normativa, integrata con i ridotti termini di revocabi-lita, ricondotti, a seconda dei casi, ad un anno ed a sei mesi, potrebbe instau-rare un nuovo metodo di regolamento dei rapporti tra imprese; invero, diver-samente da quanto potrebbe apparire, si dovrebbe avere una forte accelera-zione verso l’adozione della procedura concorsuale, sia per consentire l’eser-cizio della revocatoria fallimentare per le «operazioni» revocabili, sia per evi-tare il compimento di (ulteriori) atti o operazioni non suscettibili di revoca.

Quindi, un accorto debitore in difficolta sara sollecitato, o su ricorso deicreditori, che sono consapevoli di non poter trovare tutela, o su propria ini-ziativa, a ricorrere alla procedura concorsuale. Insomma, la soluzione adot-tata mi pare potenzialmente funzionale ad un tempestivo intervento delleprocedure concorsuali sia coatto che volontario.

Senza entrare nel contenuto delle fattispecie, una qualche breve consi-derazione mi pare opportuna, con riferimento al diverso binario che do-vranno seguire le azioni revocatorie, a seconda che siano state avviate inprocedure aperte prima del 16 marzo 2005 o a partire da tale data: comee noto la «nuova» disciplina si applica solo a queste ultime.

Invero, il comma 2 dell’art. 2 del d.l. n. 35 del 2005 prevede che «ledisposizioni del comma 1 lettera a) e b) si applicano alle azioni revocatorieproposte nell’ambito delle procedure iniziate dopo l’entrata in vigore delpresente decreto». Cio suppone che il legislatore consideri la disciplinaivi dettata come una disciplina nuova. Ma che questo sia, o meglio che losia per tutte le fattispecie, sorgono fondati dubbi. Cosı, il nuovo testo del-l’art. 67, prevede al comma 1, n. 2 la revoca degli atti a titolo oneroso «com-piuti nell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento, in cui le prestazio-ni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano di oltre un quartocio che e stato a lui dato o promesso»; ebbene, certamente il termine annua-le costituisce una innovazione rispetto alla normazione precedente, ma lamisura di «oltre un quarto» e una innovazione o precisazione della espres-sione «notevolmente» usata dalla legge fallimentare del 1942?

Ed ancora, la introduzione, nel comma 2 dell’art. 67, con riferimentoagli atti costitutivi di un diritto di prelazione per debiti contestualmentecreati, della locuzione «anche per debiti altrui» non costituisce la soluzionedi un profilo dubbio del testo anteriore, con riferimento al quale si ritrovauna ondeggiante giurisprudenza anche della Suprema Corte?

Alla stregua di questi esempi, tenendo conto dell’ampio dibattito dottri-nale, nonche del non univoco indirizzo dello stesso giudice di legittimita,puo dirsi con sicurezza che le nuove soluzioni normative siano escluse daldato normativo anteriore?

Parte I - Dottrina 331

Mi sentirei di proporre che potrebbero essere ricomprese in questo am-bito, tra le previsioni del comma 3, quelle di cui alla lettera a) riguardante «ipagamenti, di beni e servizi, effettuati nell’esercizio dell’attivita d’impresa neitermini d’uso»; alla lettera b) riguardante «le rimesse effettuate su un contocorrente bancario purche non abbiano ridotto in maniera consistente e du-revole l’esposizione debitoria del fallito nei confronti della banca»; alla let-tera e) riguardante «gli atti, i pagamenti e le garanzie posti in essere in ese-cuzione del concordato preventivo, dell’amministrazione controllata ...»; allalettera f) riguardante «i pagamenti dei corrispettivi per prestazioni di lavoroeffettuate da dipendenti ...».

Cosı, con riferimento alla lettera b) del comma 1 del d.l. n. 35 del 2005,che detta il nuovo testo dell’art. 70 [rectius: 71] legge fallim., si ritrova ilcomma 3 di tale articolo, il quale afferma che «qualora la revoca abbia adoggetto atti estintivi di rapporti continuativi o reiterati, il terzo deve restituireuna somma pari alla differenza tra l’ammontare massimo raggiunto dalle suepretese, nel periodo per il quale e provata la conoscenza dello stato di insol-venza, e l’ammontare residuo delle stesse, alla data in cui e aperto il con-corso».

Appare evidente in tutte queste fattispecie come il legislatore abbia pre-so partito su di una serie di fattispecie non testualmente disciplinate dallenorme previgenti, sulle quali erano date soluzioni giurisprudenziali e dottri-nali contrastanti.

La nuova norma, che traduce in legge una delle interpretazioni dellaprecedente formula normativa ambigua, intende affermare che la soluzioneadottata non sia compatibile con il testo normativo anteriore, o piuttostointende risolvere, appunto in sede di normazione, il contrasto di interpre-tazioni preesistente?

Pur escludendo, comunque, che alle nuove norme possa essere dato ilvalore di norme di interpretazione autentica, bisogna pur verificare se ilnuovo dato normativo sia incompatibile o no con quello precedente.

Nel momento in cui tale incompatibilita o inconciliabilita possa essereesclusa, si potrebbe ipotizzare che si apra lo spazio per utilizzare le nuovenorme anche come criterio d’interpretazione delle precedenti.

Mi pare di poter dire che in tal modo il legislatore, pur lasciando all’au-tonomia del giudice la liberta di interpretare le norme anteriori applicabilialle procedure fallimentari aperte prima dell’entrata in vigore del decreto,abbia dato un segnale della opzione operata tra gli interessi in gioco. Ebbe-ne, se tale opzione non collide con i dati testuali e sistematici delle normeanteriori, non si vede perche il giudice non possa utilizzare i nuovi criterinormativi (conformi a scelte interpretative pur anteriormente proposte) an-che per interpretare fattispecie regolate dalla legge anteriore.

3. Brevemente, infine, un cenno alla nuova disciplina del concordatopreventivo.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali332

Tre le novita piu significative: l’abolizione della esigenza della meritevo-lezza da parte del debitore, l’introduzione, quale presupposto oggettivo,dello stato di crisi e l’eliminazione della esigenza di un soddisfacimento mi-nimo per i creditori, indubbiamente costituiscono elementi che fanno delconcordato preventivo un istituto del tutto nuovo.

Puo essere visto questo come un primo significativo passo verso l’ado-zione di procedure concorsuali anticipatorie dell’insolvenza. E appuntoquesta la scelta determinante, per sperare di costruire un sistema delle pro-cedure concorsuali anche in funzione di protezione dell’impresa e proietta-to verso un recupero di imprenditorialita o comunque verso una piu rapidasoluzione dello stato di crisi.

La larga fascia delle condizioni di ammissibilita del concordato e la plu-ralita di strumenti di attuazione certamente possono costituire una validaspinta al debitore per una tempestiva proposta di regolamento con i cre-ditori.

Il tema delle procedure «anticipatorie» dell’insolvenza appare allo statodi difficile soluzione, non ritenendosi possibile l’adozione di un interventocoattivo nei confronti di chi non versi in stato d’insolvenza, pena la lesionedi diritti costituzionalmente protetti, quali la liberta di iniziativa economica.Sul punto erano state avanzate proposte di introduzione di strumenti cheprovocassero l’iniziativa del Tribunale o degli organi di controllo internidella societa in difficolta, quando si fossero verificate determinate situazioni(quali, ad esempio, il mancato pagamento di un certo numero di rate di mu-tuo, o di contributi sociali obbligatori o di imposte). Soluzione questa cheha suscitato perplessita, stante il notorio effetto dirompente dell’intereventodel Tribunale, se pure in una fase considerata di pre-crisi.

Probabilmente una tra le soluzioni possibili e quella collegata ad unasorta di moral suasion, che puo venire dalla «pressione» di creditori quali-ficati, nei cui confronti si sia manifestato un reiterato inadempimento, even-tualmente, con la penalizzazione, in caso di inerzia, della perdita della na-tura privilegiata del proprio credito (mutui bancari, uffici fiscali, enti previ-denziali, lavoratori) ovvero della inefficacia della garanzia accessoria (adesempio, fidejussioni). In tal caso la sollecitazione al ricorso ad una proce-dura concorsuale volontaria avverrebbe nei confronti del debitore e senzaalcuna forma di pubblicita, consentendo ovviamente che il debitore stessodefinisca i propri programmi per il superamento della crisi. In questi casi,peraltro, si dovra evitare che il creditore «attivo» si limiti a trattare nel pro-prio esclusivo interesse (eventualita che potrebbe essere sanzionata con larevocabilita degli atti al riguardo compiuti).

4. Quindi, non si puo rispondere con certezze alla domanda circa il fu-turo della «grande riforma».

I passi che sono stati fatti non sono certo piccoli o di scarso momento;anzi, valutati nella loro essenza, possono avere una potenziale forza espan-

Parte I - Dottrina 333

siva su tematiche di primario interesse nelle situazioni d’insolvenza o dicrisi.

Ma al tempo stesso, in attesa della riforma, di cui, in larga misura, echiaro il trend evolutivo della normazione, gli Organi delle procedure con-corsuali ed i giudici, per le vicende non specificamente disciplinate dallenorme, gia oggi potrebbero iniziare a staccarsi da prassi o interpretazionitralaticie non ancorate a precisi dati normativi, per attuare una gestione del-le procedure, pur rigorosa e trasparente, ma piu snella, e per accogliereorientamenti interpretativi piu coerenti con effettive (e non solo declamate)esigenze di celerita e di giustizia sostanziale. Il tutto non disgiunto da tempidel processo ordinario di cognizione o del processo tributario significativa-mente piu contenuti.

Se tutto cio avvenisse, certamente gia si darebbe un significativo contri-buto per procedure concorsuali migliori.

Prof. Avv. Michele Sandulli

Ordinario di Diritto Commercialenell’Universita di Roma Tre

Il diritto fallimentare delle societa commerciali334

LA RIFORMA DELLA LEGGE FALLIMENTARE

Sommario: 1. Inadeguatezza delle vigente legge fallim.. – 2. Riforma della legge fallim., conparticolare riguardo alle societa. Premesse. – 3. Evoluzione delle categorie di imprendi-tori commerciali e necessita della riforma degli istituti concorsuali. – 4. Tutela dell’inte-resse alla conservazione dell’impresa nelle procedure concorsuali. – 5. I piu recenti pro-getti di riforma della legge fallim.. – 6. La legge 14 maggio 2005, n. 80. – 7. Il d.l. n. 5 del9 gennaio 2006 concernente la riforma organica della legge fallimentare.

1. Di riforma della legge fallim. si e iniziato a parlare fin dai primi tempidella sua applicazione e man mano che, nel volgere degli anni, studiosi edesperti ne rivelavano carenze e lacune, si sono fatte proposte di modifica edapprontati nuovi progetti di legge.

Pur avendo l’evoluzione storica dell’istituto attenuato notevolmente lanatura punitiva, il fallimento non ha perduto il carattere sanzionatorioche aveva in altre epoche. Questo carattere viene collegato al fatto che lalegge fallim. vigente non tende soltanto a salvaguardare gli interessi dei cre-ditori coinvolti nel dissesto, ma mira anche a tutelare gli interessi del creditoe della classe dei creditori in genere e, quindi, l’interesse al regolare e pro-ficuo svolgimento dell’attivita economica: le limitazioni ed incapacita perso-nali, collegate dalla legge all’instaurazione della procedura fallimentare,cioe, trascendono gli interessi dei creditori danneggiati specificamente dallasituazione di insolvenza del debitore ed appaiono dirette oltre che a stimo-lare l’imprenditore ad una gestione corretta e ad una assidua vigilanza sul-l’andamento degli affari, a colpire il dissesto come fenomeno di grave per-turbamento dell’economica, a sanzionare l’espulsione dell’impresa margina-le dal mercato ed a porre l’imprenditore, dimostratosi incapace di operareproficuamente, in condizioni di non nuocere. Il fallimento diventa l’idoneasoluzione, sul piano giuridico, di una selezione gia operata dal mercato, lareazione della societa alla manifesta inidoneita dell’impresa ad assolvere aisuoi fini.

Seguendo questo orientamento, il legislatore del 1942 consente l’instau-razione della procedura fallimentare quando la crisi dell’impresa e ormai ir-reversibile, per avere questa perso la sua efficienza e produttivita e l’im-prenditore il credito di cui godeva, ed e certo o quanto meno presumibile

che i creditori devono subire una falcidia dei propri crediti: ragione per laquale viene loro sottratta la liberta di agire in via esecutiva ordinaria.

Ma oggi e nel recente passato legittima e parsa la domanda se ed even-tualmente in quale misura la crisi dell’impresa debba passare attraverso ilfiltro costituito dalla nozione positiva di insolvenza, cosı da rilevare giuridi-camente per quei soli effetti per i quali tale definizione e dettata.

La preoccupazione costante del legislatore del 1942 , come appare dalladisciplina degli istituti fallimentari, e senz’altro la tutela dei creditori, men-tre relegato in secondo piano e l’interesse alla conservazione dell’impresa.Indubbiamente, le procedure di concordato preventivo e di amministrazio-ne controllata possono consentire anche la soddisfazione di quest’ultimo in-teresse. Ma non si puo fare a meno di rilevare che il legislatore pone a que-ste procedure tutta una serie di limiti che finiscono per ridurre sensibilmen-te la loro sfera di applicazione.

Si tratta di procedure che possono essere instaurate solo su istanza deldebitore, mentre l’obiettivo interesse di salvare l’impresa esige che una si-mile valutazione non sia lasciata esclusivamente al debitore medesimo, see vero che non sono in gioco soltanto i suoi interessi personali. D’altro can-to, sia l’una che l’altra procedura richiedono, oltre a presupposti oggettivi,anche requisiti soggettivi di meritevolezza dell’imprenditore, costituendodei benefici che vengono concessi all’imprenditore onesto e sfortunato.La prosecuzione della procedura, inoltre, e condizionata all’approvazionedella maggioranza qualificata dei creditori, i quali, ovviamente, piu che pen-sare al recupero dell’impresa, curano e tutelano le proprie ragioni credito-rie. Non e senza rilievo, infine, il fatto che in numerose situazioni la proce-dura puo cessare per il solo comportamento negativo dell’imprenditore be-neficiato.

Anche se, come si evince dalla relazione ministeriale, l’intento del le-gislatore del 1942 era quello di sfruttare, attraverso il rimedio dell’ammi-nistrazione controllata, le forze intrinseche dell’impresa e stimolarle peril suo risanamento e, quindi, salvare l’impresa ed evitare la sua liquida-zione, non vi e dubbio che il legislatore medesimo non si e neppure po-sto il problema della riorganizzazione dell’impresa e della conseguentenormalizzazione dell’esercizio commerciale. Negli artt. 187-193 legge fal-lim. si prevede dapprima un controllo, che puo essere eventuale o par-ziale, della gestione aziendale da parte del commissario giudiziale, e poisi lascia che il risanamento dell’impresa stessa avvenga privatamente, aldi fuori di qualsiasi controllo giurisdizionale, ovvero che dal cilindro delprestigiatore dell’imprenditore decotto salti fuori una proposta di con-cordato preventivo, se non addirittura l’istanza di fallimento, dichiarabi-le, peraltro, anche di ufficio a norma dell’art. 192, comma 2, legge fal-lim.

Il concordato preventivo, inoltre, e sorto in epoche in cui le crisi econo-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali336

miche e congiunturali, dovute spesso ad eventi bellici, hanno indotto allaconstatazione che non sempre lo stato di insolvenza e dovuto ad un com-portamento colposo o doloso dell’imprenditore e, comunque, ad una suaincapacita nell’organizzazione dell’attivita imprenditoriale, dipendendo in-vece da fattori spesso neppure prevedibili, connessi al piu generale anda-mento dell’economia generale del paese. Il legislatore, pertanto, si e limitatoa prevedere il ricorso a questa procedura tutte le volte in cui l’imprenditorein buona fede si sia venuto a trovare in stato di insolvenza per cause a luinon addebitabili, ma non si e reso conto che il punto focale della questionenon sta nella individuazione della responsabilita del debitore, il che puoavere rilievo solo nell’indagine sulla bancarotta fraudolenta, e non consistenella semplice ricerca delle cause del dissesto.

Le crisi congiunturali, infatti, non richiedevano, ed a maggior ragionenon richiedono oggi, soltanto la previsione di rimedi piu benevoli per l’im-prenditore onesto e sfortunato, esigendo invece un nuovo atteggiamentodel legislatore di fronte all’insolvenza dell’imprenditore commerciale, edin particolare non solo che si preveda genericamente la possibilita di supe-rare la crisi, ma piu precisamente che si predispongano gli strumenti idoneiper il rifinanziamento e la ristrutturazione aziendale.

Di cio nella legislazione del 1942 non vi e traccia alcuna. Al contrario,niente esclude che, omologato il concordato preventivo, l’imprenditoreprovveda alla disgregazione dell’azienda, talvolta proprio allo scopo di pa-gare la percentuale prevista per i creditori.

Appare dunque evidente che le finalita della conservazione dell’impresae del suo risanamento, per la tutela di interessi che vanno oltre gli interessidel debitore e dei creditori, trovano, attraverso le procedure del concordatopreventivo e dell’amministrazione controllata, poco spazio per essere con-cretamente attuate.

Ma ancora minore e questo spazio se si considera la procedura fallimen-tare. Non solo, infatti, non e prevista come in altri ordinamenti europei, unafase di regolamento giudiziario dell’insolvenza, che consenta appunto di va-lutare adeguatamente la possibilita di salvare l’impresa e di predisporre imezzi a tal fine necessari, ma lo stesso istituto dell’esercizio provvisorio del-l’impresa fallita appare del tutto inadeguato allo scopo.

Delle due fasi dell’esercizio provvisorio, infatti, la prima, quella dellacontinuazione dell’impresa, puo essere disposta anche per la tutela di inte-ressi che non siano quelli dei creditori, purche non a loro scapito, la secon-da invece puo essere attuata nel solo interesse dei creditori, il cui parere sfa-vorevole espresso tramite il comitato dei creditori blocca la procedura, conesclusione di ogni altro interesse. Se, talvolta, l’interesse dei creditori e quel-lo dei prestatori di lavoro, dei destinatari della produzione o addirittura del-la economia in genere coincidono, richiedendo tutti la prosecuzione dell’at-tivita imprenditoriale, nel momento in cui vengono in conflitto e certamente

Parte I - Dottrina 337

quello dei creditori ad avere la preminenza, fino al punto di determinare lacessazione dell’esercizio provvisorio.

Non e senza rilievo, inoltre, il fatto che il legislatore non ha neppureprevisto e disciplinato l’esercizio provvisorio delle imprese sociali, il cheha fatto addirittura dubitare dell’applicabilita di tale istituto alle societacommerciali dichiarate fallite.

Legittima appare, dunque, la conclusione che la nostra legge fallim. einadeguata nel disciplinare le conseguenze dell’insolvenza del debitore sullasorte dell’impresa e nel tutelare gli interessi a tale sorte collegati.

Questa inadeguatezza e diventata sempre piu evidente man mano che illegislatore, in altri campi, ha accentuato il suo intervento per la tutela del-l’interesse pubblico nell’impresa. Era evidente che il superamento del mitodella efficienza del sistema libero-concorrenziale e della neutralita del dirit-to e dello Stato rispetto alle vicende dello sviluppo dovesse esigere una re-visione della natura sanzionatoria del fallimento e della sua pressoccheesclusiva rilevanza quale fenomeno per regolare la crisi dell’impresa.

Da un lato, infatti, eventi bellici e fenomeni recessivi di varia naturahanno dimostrato come spesso lo stato di insolvenza non sia addebitabilead una cattiva conduzione aziendale da parte dell’imprenditore. Dall’altro,la moderna scienza economica ha negato l’esistenza di meccanici auto-rego-lamenti dell’economia di mercato su predeterminati livelli produttivi ed oc-cupazionali socialmente auspicabili; ha dimostrato che lo sviluppo economi-co, se lasciato esclusivamente alla iniziativa privata, tende ad eliminare icontrolli interni che si ritenevano capaci di assicurare il naturale equilibriofra le diverse componenti del sistema; ha considerato i fenomeni della di-soccupazione e del sottosviluppo, negando che essi costituiscano un natu-rale portato del processo economico e possano essere superati solo attraver-so lo spontaneo funzionamento del sistema; ha riconosciuto la necessita del-l’intervento dei pubblici poteri, dapprima per riequilibrare lo sviluppo eco-nomico ed eliminarne gli squilibri, in seguito per conseguire obiettivi social-mente rilevanti.

La situazione di fatto, inoltre, quale era tenuta presente dal legislatoredel 1942, il quale ha disciplinato il fallimento come un istituto che riguar-dava esclusivamente imprenditori persone fisiche o piccole societa e co-munque imprese di modeste dimensioni, e oggi notevolmente mutata.

E agevole constatare l’avvenuto assorbimento di imprese minori in im-prese di sempre piu vaste dimensioni, la concentrazione aziendale, la parte-cipazione dello Stato in varie forme alla gestione commerciale, il protezio-nismo di nuovo tipo ad enti ed imprese in difficolta, la formazione di socie-ta ed imprese multinazionali attraverso il complicato intrecciarsi di interessipubblici e privati di vari paesi, che hanno mutato l’essenza stessa dell’im-presa privata; la sempre piu vasta utilizzazione degli istituti societari, in par-ticolare delle societa di capitali, unitamente alla riduzione della sfera di ope-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali338

rativita delle piccole imprese ed all’agglomerarsi delle imprese piu grandi,non sempre attuato con il sistema della fusione, che hanno determinatola creazione di intese industriali e l’istituzione di societa racchiuse l’una nel-l’altra come scatole cinesi, moltiplicate all’infinito, con un capo gruppo didifficile identificazione; la partecipazione incrociata nelle societa, la possibi-lita che la minima partecipazione in una societa consenta il controllo di unaserie infinita di societa.

Sul piano normativo, la tutela dell’interesse pubblico connesso alla con-servazione dell’impresa ed in primo luogo la tutela del posto di lavoro han-no indotto il legislatore a considerare l’insolvenza dell’impresa non piu co-me un fatto che riguarda esclusivamente il debitore ed i creditori ed a pre-vedere appositi interventi per assicurare il mantenimento dei livelli di occu-pazione e, quindi, evitare la liquidazione di determinate imprese in dissesto,con l’adozione di piani di riorganizzazione dell’impresa industriale che ver-sa in difficolta transitoria.

2. La disciplina del fallimento e dettata dal legislatore del 1942 con spe-cifico riferimento all’imprenditore persona fisica, mentre poche e marginalinorme riguardano espressamente il fallimento delle societa e dei soci illimi-tatamente responsabili, che pure pone una problematica vasta e complessaper quanto concerne sia gli aspetti processuali che i presupposti sostanziali,soggettivi ed oggettivi.

L’art. 1 legge fallim. prevede genericamente il fallimento dell’imprendito-re commerciale e, quindi, anche delle societa commerciali, escludendo chequeste ultime possano essere considerate piccoli imprenditori. L’art. 147,comma 1, legge fallim., inoltre, dispone che il fallimento della societa a re-sponsabilita illimitata produce anche il fallimento dei soci illimitatamente re-sponsabili, aggiungendo, al comma 2, che se, dopo la dichiarazione di falli-mento della societa, risulta l’esistenza di altri soci illimitatamente responsabi-li, il tribunale, su domanda del curatore o di ufficio, dichiara il fallimento deimedesimi, dopo averli sentiti in camera di consiglio. Gli artt. 148 e segg. leggefallim. contengono alcune disposizioni relative ai rapporti fra fallimento dellasocieta e quelli dei singoli soci ed al fallimento delle societa cooperative.

Vi e, in queste norme, un sostanziale rinvio al diritto societario sotto unduplice aspetto. In primo luogo, la legge fallim. non affronta specificamenteil problema dell’assoggettabilita al fallimento di determinati tipi sociali, chetanti contrasti ha suscitato in dottrina ed in giurisprudenza. Si deve, quindi,fare applicazione delle disposizioni del cod. civ. che disciplinano le societa ele imprese commerciali per accertare quando ricorrono i requisiti perche unente sociale possa ritenersi validamente sorto, assuma la qualifica di impren-ditore commerciale e sia, in quanto tale, assoggettabile alle procedure con-corsuali e quando si verifica l’estinzione di tali enti, con conseguente impos-sibilita di dichiararne il fallimento.

Parte I - Dottrina 339

Anche, in secondo luogo, per stabilire quali sono i soci illimitatamenteresponsabili ai quali deve essere esteso il fallimento sociale, bisogna fare ap-plicazione delle norme sostanziali che regolano le societa a responsabilitaillimitata. Mentre, pero, non vi sono dubbi sulla individuazione dei soci il-limitatamente responsabili delle societa personali, con riguardo ai quali esolo necessario esaminare il fondamento della loro assoggettabilita al falli-mento, particolarmente controverso e se il regime giuridico previsto dal-l’art. 147 legge fallim. sia applicabile anche ai soci di societa di capitaliche, in via eccezionale, assumono responsabilita illimitata a norma degliartt. 2362 e 2247 cod. civ.

Le ragioni di questa lacunosa disciplina legislativa, prevista dal r.d. 16marzo 1942, n. 267, vanno ricercate nella stessa origine degli istituti concor-suali nelle legislazioni di epoche in cui operavano pressocche esclusivamen-te imprenditori persone fisiche o piccole societa e, comunque, imprese dimodeste dimensioni.

Nei decenni che si sono susseguiti, invece, le imprese individuali, anchese statisticamente prevalenti, hanno avuto sul mercato una rilevanza semprepiu limitata, sovrastate, sul piano dimensionale e qualitativo, dalle impresecollettive, che meglio rispondono alle esigenze di selezione e concentrazioneeconomica, caratteristiche dell’economia moderna. Le societa, in speciequelle per azioni, inoltre, soddisfano l’aspirazione, che talvolta si e manife-stata anche in relazione all’impresa individuale, ad una suddivisione del ri-schio economico, il quale tende a «spersonalizzarsi» ed a concentrarsi sulsolo patrimonio destinato all’attivita imprenditoriale. Non soltanto, pero,le societa di capitali, che sono la forma tipica dell’organizzazione della gran-de impresa, rispondono meglio alla logica ed alle esigenze della produzionee del commercio moderni, ma anche le societa di persone, che tuttora co-stituiscono la forma piu appropriata, in certo senso obbligata, per le piccolee medie iniziative economiche non individuali.

La pratica, inoltre, quotidianamente dimostra che falliscono societa chehanno un capitale irrisorio, sia pure conforme alle prescrizioni di legge, edun passivo notevole che neppure in minima parte puo essere soddisfatto, eche spesso la societa diventa un mero strumento del quale uno o piu sog-getti o un’altra societa se ne servono per esercitare una propria personaleattivita, senza andare incontro alla responsabilita illimitata, come nelle ipo-tesi del socio – persona fisica o societa – tiranno o sovrano.

Questa notevole diffusione delle societa, con il conseguente uso ed abu-so che se ne e fatto, ha determinato la tendenza al rafforzamento degli stru-menti di garanzia per i creditori e, quindi, all’ampliamento della sfera dellepersone fisiche cui addossare una responsabilita sussidiaria per il passivodelle societa, mediante l’elaborazione di schemi che consentono di aggirarel’ostacolo della persona giuridica per imputare direttamente ai singoli sog-getti effettivamente operanti le conseguenze, sul piano della responsabilita

Il diritto fallimentare delle societa commerciali340

verso i terzi, dell’attivita che costituisce l‘oggetto dell’ente collettivo, in baseal noto binomio direzione (o potere) – responsabilita. Si e, cioe, ipotizzatouna societa di fatto fra societa di capitali o fra una societa di capitali e per-sone fisiche o altra societa di persone; ammesso l’assoggettabilita al falli-mento del socio sovrano o tiranno; elaborato il fenomeno dell’affiancamen-to alla societa di capitali di una societa di fatto fra gli stessi soci della primao addirittura configurato una responsabilita illimitata degli amministratoriper i debiti della societa per azioni.

Di fronte ad una situazione cosı mutata, appare del tutto semplicistica laconsiderazione del legislatore del 1942, secondo cui il solo riconoscimentoo mancato riconoscimento della personalita giuridica sarebbe stato suffi-ciente ad eliminare molti dei problemi agitati in tema di fallimento delle so-cieta. (Si legge nella relazione ministeriale alla legge fallim., n.34, che «lanuova disciplina che le societa commerciali hanno ricevuto nel cod. civ.,con l’esclusione della personalita giuridica per le soc. in nome coll. e in ac-comandita semplice, elimina molti dei problemi che si sono agitati in temadi fallimento delle societa. La legge ha potuto cosı limitarsi a dettare pochee semplici norme, le quali concernono quasi esclusivamente i rapporti fra lesocieta ed i soci nel fallimento»).

E emersa evidente l’inadeguatezza degli istituti di diritto concorsuale,non tanto per il difetto di funzionamento tecnico delle norme fallimentari,quanto per l’insufficienza stessa del sistema che disciplina ormai una realtain buona parte modificata. La procedura fallimentare finisce per essere ri-servata alle imprese di modeste dimensioni; il diritto fallimentare apparesempre meno applicabile alla grande impresa ed il suo compito si restringecontinuamente.

Se si considera, peraltro, la notevole diffusione del fenomeno societarioed in sostanza che le medie e grandi imprese, per la stessa complessita del-l’organizzazione che presuppongono, operano oggi prevalentemente assu-mendo la forma sociale, si desume la notevole importanza che, con riguardoappunto alle societa, ha il problema di una sostanziale riforma degli istituticoncorsuali, nella convinzione che, anche in questo campo, il legislatore de-ve tenere nella dovuta considerazione l’interesse generale alla conservazionedell’impresa e, adeguatamente valutando gli interessi collegati alla sorte diquest’ultima, evitare quella che appare l’unica conseguenza possibile dellostato di insolvenza, cioe la dichiarazione di fallimento, la liquidazione e,quindi, l’eliminazione dell’impresa dissestata.

3. La inadeguatezza della legge fallim. rispetto alla mutata realta di fattoed a quella normativa emerge con tutta chiarezza anche da un esame dell’e-voluzione che negli ultimi decenni hanno avuto le categorie di imprenditorialle quali la disciplina concorsuale e destinata.

Posto che assoggettabile al fallimento e soltanto l’imprenditore com-

Parte I - Dottrina 341

merciale, rientrante in una delle cinque categorie indicate dall’art. 2195cod. civ., restano esclusi sia l’imprenditore agricolo che quello artigiano.

Ed e stato fin troppo chiaro per tutti noi che l’artigiano, come tale esclu-so dalla soggezione alle procedure concorsuali, sia in quanto non imprendi-tore commerciale sia in quanto piccolo imprenditore, poteva dirsi tale soloquando ricorrevano i requisiti di cui all’art. 2083 cod. civ., e cioe quello del-la prevalenza del lavoro proprio e dei componenti della famiglia e, quindi,quando il prodotto portava, per cosı dire, l’impronta di colui che l’avevacreato.

Considerazioni analoghe valgono anche per l’imprenditore agricolo. Illegislatore del 1942 ha fatto riferimento al criterio formale di stabilire qualiattivita devono considerarsi agricole ed attribuiscono la qualifica di impren-ditore agricolo e cioe quelle dirette alla coltivazione del fondo, alla silvicol-tura, all’allevamento del bestiame ed attivita connesse. L’imprenditore agri-colo assume questa qualifica quando dalla coltivazione del fondo ed in ge-nere dall’esercizio delle attivita connesse all’agricoltura forma un organismoproduttivo, mirante alla produzione di quel guadagno che, da un punto divista economico, e proprio dell’imprenditore.

Per quanto riguarda, inoltre, le societa, la legge fallim. ha ritenuto as-soggettabili alle procedure concorsuali soltanto quelle commerciali, aventicioe per oggetto statutario una delle attivita indicate dall’art. 2195 cod. civ.

Una delle maggiori certezze che avevamo era che la societa e un contrat-to con il quale due o piu persone conferiscono beni o servizi per lo svolgi-mento in comune di una attivita economica allo scopo di dividere gli utilifra i soci stessi. E da questa certezza abbiamo in passato costruito le nostrecategorie.

Al massimo ci siamo chiesti se era configurabile una societa quando sitrattava di svolgere un solo affare e, quindi, se era assoggettabile al fallimen-to una societa occasionale. Ma di certo, ritenevamo, non puo essere consi-derata una vera e propria societa, ad esempio, una societa fra professionisti,perche costoro per definizione non svolgono una attivita di natura econo-mica, ma offrono soltanto la loro prestazione professionale.

Siccome, poi, la societa si propone lo scopo di dividere gli utili fra i soci,certamente non si potevano considerare come societa e trattare sul pianogiuridico in quanto tali, le societa di calcio, la cui struttura nel 1968 la Fe-derazione nazionale del gioco del calcio ha imposto a tutti i sodalizi sportividi serie A e di serie B. Si trattava, era la unanime conclusione, non di societama di mere associazioni, che possono certamente essere soggette alla disci-plina concorsuale perche svolgono un’attivita di natura economica, ma sol-tanto come associazioni non riconosciute, con gli effetti che in tali casi nepossono derivare e non con quelli particolari che derivano dal fallimentodi una societa.

Pacifica, poi, era la distinzione fra societa di capitali e societa di perso-

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ne. Il fallimento di una societa in nome coll., di una accomandita semplice oper azioni si estende ai soci illimitatamente responsabili. Il fallimento dellasocieta di capitali non si estende ai soci limitatamente responsabili. In que-ste due categorie vi erano situazioni che ci hanno fatto discutere per decen-ni.

Nelle societa di capitali, i soci limitatamente responsabili assumono unaresponsabilita illimitata se e per il periodo in cui sono stati unici azionisti ounici quotisti, a norma degli artt. 2362 e 2247 cod. civ. Il socio accoman-dante che ha acconsentito che il suo nome sociale sia inserito nella ragionesociale risponde illimitatamente per tutte le obbligazioni sorte nel periododi tempo in cui cio e avvenuto.

La recente riforma del diritto societario (la legge delega 3 agosto 2001,n. 366, ha enunciato i princıpi della riforma delle societa di capitali e dellecooperative; con i successivi decreti legislativi n. 61/2002, 6/2003 si e dataattuazione alla delega, riformando in aspetti rilevanti il sistema del dirittosocietario) ha, al riguardo, tenuto fermo il riferimento al concetto di appar-tenenza delle azioni o quote, senza peraltro specificare se deve essere intesain senso formale (appartenenza del pacchetto azionario) o sostanziale edeconomico (un unico centro di interessi, un unico centro di comando,nel qual caso si dovrebbe attribuire la qualifica di socio unico a colui il qua-le, pur non apparendo tale nel libro dei soci, e in effetti il vero e solo inve-stitore del capitale con cui la societa opera). Ha anche aggiunto l’ulteriorerequisito secondo cui la responsabilita illimitata sussiste quando i conferi-menti non siano stati effettuati secondo quanto previsto dagli artt. 1342 e2464 cod. civ. o non sia stata effettuata la pubblicita prescritta dagli artt.2362 e 2470 cod. civ. Oggi, quindi, occorre anche che l’unico socio abbiaviolato i suoi doveri di pubblicita o i suoi obblighi di effettuare i conferi-menti.

Falliscono, dunque, questi soci, oppure la loro responsabilita e limitataal mero campo civile? Sono state sostenute tutte le tesi, con pari dignitascientifica, e dopo oltre trenta anni stiamo ancora a discuterne.

Ma questa problematica ha anche perso di rilevanza nel momento in cuici si e resi conto che era sufficiente intestare il due per cento delle azioni oquote alla propria moglie, ad un figlio, ad un parente, all’amante che, comeper un colpo di bacchetta magica, non si era piu unici azionisti o quotisti edil problema era superato.

Ed ecco che la giurisprudenza inventa la figura del socio sovrano o ti-ranno. Fallisce non solo l’unico azionista o quotista ma anche il socio tiran-no, colui che utilizza la societa di capitali per meri fini personali, come stru-mento per fare il bello e cattivo tempo, nel pieno dispregio delle regole so-cietarie, mischiando il patrimonio proprio con quello sociale, pagando de-biti propri con denaro della societa, rendendo impossibile ogni distinzionefra la struttura societaria e le proprie aziende personali.

Parte I - Dottrina 343

Dopo varie situazioni altalenanti, nella recente miniriforma della leggefallim., si e espressamente escluso che il fallimento della societa di capitalipossa essere esteso agli unici azionisti o quotisti, ma si e invece previsto lapossibilita di estensione nei confronti del socio tiranno. In realta, pero, sidovrebbe evitare che una persona sia ritenuta tiranna di una societa a Fog-gia e non a Lucera a diciotto chilometri di distanza, o a Milano e non a Na-poli, e cosı via di seguito, Occorre, cioe, che il legislatore in sede di riformadella legge fallim. non si limiti alla mera previsione della estensione del fal-limento sociale a queste categorie di persone ma anche che indichi i criteriin base ai quali identificarle; in sostanza, che specifichi in quali situazioni difatto si assume la qualifica di socio tiranno.

Con il passare degli anni hanno cominciato a venire meno certe struttu-re portanti di questa nostra ricostruzione dei presupposti sostanziali che de-vono caratterizzare gli imprenditori soggetti alle procedure concorsuali. Acominciare dalle categorie di imprenditore artigiano e di imprenditore agri-colo.

Nel 1956 vi e stata la prima legge e nel 1986 la seconda, le quali hannoesteso notevolmente le dimensioni della figura dell’artigiano. Hanno previ-sto la possibilita di costituirsi in forma sociale ed inoltre che sussiste talequalifica anche se l’imprenditore utilizza un numero rilevante di dipendenti,che, in certi settori, come quello manifatturiero, puo raggiungere le centounita ed indipendentemente da limiti di capitale, perche nei tempi moderninon e possibile svolgere una attivita anche artigianale senza l’inserimentomassiccio di capitali, di attrezzature e simili.

Analogamente per l’imprenditore agricolo. Vi sono state varie leggi chehanno finito per rendere sempre piu evanescente il richiesto rapporto delprodotto con il fondo, fino ai decreti nn. 226, 227, 228 del 2001, i qualihanno dato una nuova definizione di imprenditore agricolo, precisandoche «per coltivazione del fondo, per silvicoltura e per allevamento di anima-li devono intendersi le attivita dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclobiologico o di una fase necessaria del ciclo stesso, di carattere vegetale o ani-male, che utilizzano o possono utilizzare il fondo, il bosco, o le acque dolci,salmastre o marine».

All’imprenditore agricolo, inoltre, e stato equiparato l’imprenditore itti-co, facendovi rientrare una serie di attivita che nulla hanno a che fare conquella tipica della pesca, cioe con la cattura del pescato, e che hanno sostan-zialmente natura commerciale, esercitabili non solo nell’ambiente acquati-co, ma anche sul territorio, con forme che richiamano l’agriturismo e condimensioni che vanno ben oltre la piccola impresa, per assumere quelladi societa di non piccole dimensioni.

Ormai queste categorie di artigiano e di imprenditore agricolo, sia cheoperino in forma individuale che in forma di societa, hanno ben poco che lidistingue dall’imprenditore industriale, per cui bene hanno fatto i recenti

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progetti di riforma della legge fallim. a ricomprendere tali imprenditori fra isoggetti passivi delle procedure concorsuali.

Quanto alle societa, la recente riforma del diritto societario ha inciso inmaniera determinante sulla disciplina giuridica delle societa a responsabilitalimitata.

Non e che in passato siano mancati i segni di uno scricchiolio in quellacostruzione della quale ho fatto cenno.

Quando in Italia si tentava di infrangere lo schermo della personalitagiuridica, per estendere il fallimento a soci unici o tiranni, in molti hannopensato bene di andare a costituire una societa unipersonale in altri paesieuropei le cui legislazioni lo consentivano, per poi aprire una sede seconda-ria in Italia ed operare in violazione delle norme che volevano estendere lo-ro il fallimento sociale, con danno per i creditori i quali vedevano veniremeno ogni garanzia per i crediti inevasi.

Per ovviare alle sostanziali diversita fra i vari ordinamenti giuridici eu-ropei ed uniformare la relativa disciplina e per promuovere «la creazioneo la prosecuzione in forma societaria di piccole e medie imprese con unicotitolare, ossia incoraggiare gli imprenditori individuali ad assumere il rischiodi creare imprese in forma societaria», e stata emanata la XII DirettivaCEE, n. 88/667, in tema di societa a responsabilita limitata con unico socio.

Il legislatore italiano, con il d. lgs. 3 marzo 1993, n. 88, ha previsto lacostituzione di una societa da parte di un unico socio, limitando tale inno-vazione alla societa a responsabilita limitata.

La nuova disciplina supera il principio prima basilare del nostro ordina-mento giuridico, secondo cui la societa poteva costituirsi soltanto mediantecontratto, con la partecipazione di due o piu persone, prevedendo la costi-tuzione della societa a responsabilita limitata mediante atto unilaterale di ununico socio fondatore. Oggi il contratto di societa e soltanto una delle mo-dalita attraverso le quali puo essere costituita una societa.

La recente riforma del diritto societario, attuata con il d. lgs. n. 6 del2003, ha previsto che anche la societa per azioni puo essere costituita, oltreche per contratto, mediante atto unilaterale. Anche l’unico socio fondatoredella societa per azioni unipersonale, alle condizioni sopra indicate rispondeillimitatamente dei debiti sociali, in caso di insolvenza della societa.

Il legislatore del 1993 non ha mutato la natura ed i contenuti della re-sponsabilita illimitata dell’unico quotista, che conserva il suo carattere sus-sidiario, in quanto sorge solo in caso di insolvenza della societa e si confi-gura come una sorta di fideiussione ex lege del socio stesso.

In definitiva, anche il socio di societa a responsabilita limitata uniperso-nale, in via eccezionale illimitatamente responsabile dei debiti della societain stato di insolvenza, non puo essere soggetto alla dichiarazione di falli-mento in via di estensione di quello sociale.

Mentre tanti chiedevano al legislatore di infrangere il velo della per-

Parte I - Dottrina 345

sonalita giuridica per consentire l’accertamento delle responsabilita doveesse effettivamente si annidano, il legislatore, con la recente riforma deldiritto societario, e andato nella direzione diametralmente opposta, pre-vedendo addirittura l’istituto del patrimonio destinato ad un singolo af-fare.

L’art. 2447 bis, cod. civ., prevede che la societa puo costituire uno o piupatrimoni ciascuno dei quali destinato in via esclusiva ad uno specifico af-fare. Nell’ultimo comma si precisa che, salvo quanto disposto in leggi spe-ciali, i patrimoni destinati ad uno specifico affare di cui alla lettera a), delcomma 1 non possono essere costituiti per un valore complessivamente su-periore al 10% del patrimonio netto della societa.

Nella lettera b, inoltre, che la societa puo convenire che nel contrattorelativo al finanziamento di uno specifico affare al rimborso totale o parzialedel finanziamento medesimo siano destinati i proventi dell’affare stesso oparte di essi.

Si tratta di due fattispecie del tutto diverse. La prima, infatti, costituisceun istituto affine alla societa unipersonale, in quanto consente di beneficiaredi un regime di responsabilita patrimoniale del tutto speciale, nel senso chefra poco vedremo. Il secondo, al contrario, e sostanzialmente uno strumen-to di finanziamento per l’impresa, che ha fatto legittimamente avanzare ilsospetto che sia stato il frutto di non improbabili e fortunate pressionidel mondo bancario miranti ad estendere la gamma degli strumenti di ga-ranzia di finanziamenti.

E comunque possibile individuare elementi comuni a queste due figure,anche considerato che una societa puo ricorrere congiuntamente ad ognunadi esse.

In primo luogo, entrambi questi istituti comportano la separazione deipatrimoni rispetto al restante patrimonio della societa. Nel primo caso que-sta separazione ha per oggetto «beni e rapporti», nel secondo «proventi»-dell’attivita imprenditoriale.

Esistono, inoltre, in entrambi uno o piu vincoli di destinazione, in quan-to la societa non puo destinare ad altra utilizzazione i beni assoggettati in viadel tutto esclusiva alla destinazione stabilita.

Per quanto riguarda la responsabilita per le obbligazioni contratte in re-lazione al patrimonio destinato, in sostanza, i creditori particolari, le cui ra-gioni creditorie cioe sono sorte in relazione allo specifico affare, possonosoddisfarsi soltanto sui beni del patrimonio destinato e non su quelli rima-nenti della societa e neppure su quelli di altri patrimoni destinati. Ad ecce-zione delle ipotesi in cui la delibera costitutiva prevede espressamente la il-limitata responsabilita della societa per le obbligazioni contratte per unospecifico affare; del caso in cui gli atti compiuti in relazione allo specificoaffare non rechino menzione del vincolo di destinazione (art. 2447 quin-quies, cod. civ.); ed infine delle obbligazioni derivanti da un atto illecito sor-

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te nel rapporto fra la societa ed il creditore particolare (art. 2447 quinquies,cod. civ.).

I creditori sociali, in conseguenza, si possono soddisfare soltanto sul pa-trimonio generale della societa e non su quelli specifici separati e destinatiad altri creditori.

La disposizione dell’art. 2447 novies, cod. civ., prevede che, se le obbli-gazioni contratte per lo svolgimento dello specifico affare sono rimaste ina-dempiute, i relativi creditori, dopo la redazione del rendiconto finale ed ilsuo deposito presso l’ufficio del registro delle imprese, possono chiedere laliquidazione del patrimonio separato nel termine di tre mesi dal deposito.

Da cio il problema se, in caso rimangano creditori insoddisfatti dopo ilcompimento delle suddette operazioni, il patrimonio destinato possa esseredichiarato fallito o se possa esserlo la societa che rimane pur sempre il suotitolare.

Si deve evidenziare che il patrimonio destinato non e fornito di autono-ma soggettivita giuridica. La societa, infatti, ne e comunque la titolare, devegestire l’affare e riveste, rispetto a questo, la qualifica di imprenditore com-merciale, assoggettabile in quanto tale alla disciplina per esso prevista dallalegge fallim..

Ai sensi dell’art. 2447 quinquies, cod. civ., la societa risponde dei debiticontratti nella realizzazione dello specifico affare soltanto nei limiti del pa-trimonio che ad esso e stato destinato . Non puo, in conseguenza, essereritenuta insolvente per debiti dei quali non e tenuta a rispondere in virtudel principio della separatezza e dell’autonomia conferita al patrimonio se-parato con conseguente limitazione della responsabilita.

In definitiva, l’insolvenza di uno o piu patrimoni destinati a singoliaffari non determina automaticamente l’insolvenza ed il fallimento dellasocieta, ma legittima soltanto la procedura di liquidazione prevista dal di-ritto societario, che deve essere gestita dagli organi sociali oppure, se lasocieta viene dichiarata fallita per l’insolvenza nella gestione del patrimo-nio generale, dal curatore fallimentare, con esclusione comunque della di-sciplina concorsuale.

D’altra parte, l’insolvenza ed il fallimento della societa non costituisco-no causa di cessazione automatica del patrimonio separato, parificabile allaimpossibilita di conseguirne l’oggetto, ed in conseguenza di liquidazionedello stesso, anche se non risulta l’esistenza di creditori particolari insoddi-sfatti in seguito al rendiconto.

Se il patrimonio destinato non e insolvente, il curatore fallimentare nonha alcun interesse a procedere alla liquidazione automatica, dovendo al con-trario adottare l’opposta soluzione della prosecuzione dell’affare, che puoessere piu vantaggiosa della liquidazione stessa. A meno che il fallimentodella societa e previsto espressamente come fattispecie autonoma di impos-sibilita nel conseguire l’oggetto.

Parte I - Dottrina 347

4. Di fronte a questa mutata realta economica e giuridica, e senz’altroesatta l’osservazione che, se per talune discipline e secondo una impostazio-ne tradizionale in materia, la crisi dell’impresa rilevante giuridicamente siriduce allo squilibrio economico e finanziario, atto a compromettere la ca-pacita della stessa di assolvere alle sue obbligazioni ed avente la sua mani-festazione peculiare nello stato di insolvenza, il problema della tutela degliinteressi connessi alla conservazione dell’impresa comporta una dilatazionedella nozione di crisi dell’impresa, tale da ricomprendere tutte quelle ipotesiin cui, a prescindere dall’esistenza di tale squilibrio, si determinano situazio-ni tecniche, organizzative e di mercato capaci di incidere sulla tutela e sullaattuazione degli indicati interessi e sulla persistenza ed integrale continuitadel rapporto di lavoro. Indubbiamente, quest’ultimo interesse deve trovarele sue peculiari forme di tutela al di fuori delle procedure concorsuali. Ma sideve senz’altro ritenere che l’insufficienza della nozione di insolvenza, com-misurata esclusivamente all’aspettativa dei creditori, diviene tanto piu ma-nifesta quanto piu si allarga la serie degli interessi che l’esercizio dell’impre-sa coinvolge e che l’ordinamento riconosce e tutela, ed inoltre che il legisla-tore italiano deve piu attentamente valutare le possibili ripercussioni dell’in-solvenza dell’imprenditore sulla sorte dell’impresa e favorirne la sopravvi-venza, nonostante lo stato di dissesto del suo titolare.

Si supera in tal modo l’opinione tradizionale che vede il fine del falli-mento nel risanamento dell’economia pubblica, mediante l’eliminazionedelle imprese inferme, se e vero che una moderna economica deve far postoanche al bisogno economico di permanenza dell’impresa.

La giurisprudenza, nella pratica applicazione degli istituti fallimentari epervenuta ad un vero e proprio capovolgimento degli interessi presi in con-siderazione dal legislatore del 1942 nel quadro generale del dissesto delleimprese, ponendo in primo piano, come interesse da tutelare in se, quellodella conservazione dell’impresa. In primo luogo, infatti, per quanto riguar-da le finalita sanzionatorie del fallimento, gli aspetti maggiormente punitivinei confronti dell’imprenditore dissestato, quando non sono venuti menoper l’intervento della Corte costituzionale, sono in concreto disapplicatiogni volta che la rigorosa applicazione delle norme che li prevedono com-porti l’inammissibilita del ricorso a procedure concorsuali minori, che con-sentono di evitare lo sbocco naturale costituito dalla dichiarazione di falli-mento.

Inoltre, la nozione di temporanea difficolta, presupposto dell’ammini-strazione controllata, e stata di fatto dilatata, consentendo il ricorso a taleprocedura quando interessi rilevanti lo richiedono, anche se di fatto l’im-presa versa in un vero e proprio stato di insolvenza.

D’altro canto, i tribunali hanno finito per accedere alle richieste di con-cordato preventivo e di amministrazione controllata, avanzata da imprendi-tori non colpevoli del dissesto, elevando il requisito della meritevolezza da

Il diritto fallimentare delle societa commerciali348

condizione ad elemento determinante per la concessione del beneficio e va-lutando con troppa benevolenza i presupposti oggettivi di tali procedure.

Non solo, ma con riguardo alle societa si e ritenuto di dover addiritturaprescindere dal requisito della meritevolezza per l’ammissione al concorda-to preventivo ed all’amministrazione controllata.

Si e cosı pervenuti a privilegiare la composizione extra fallimentare deldissesto, specie per le imprese di non piccole dimensioni, con il ricorso allealtre procedure concorsuali, sia pure in base a diverse motivazioni, basate,talvolta, sull’opportunita di favorire la continuazione dell’impresa, tal’altra,sull’esigenza di assicurare in concreto una migliore realizzazione delle ragio-ni dei creditori.

E avvenuto anche in questo campo quello che avviene in tutti gli altriquando il legislatore non interviene ad adeguare tempestivamente la norma-tiva giuridica alla mutata realta di fatto. I giudici si sono trovati di fronte asituazioni completamente nuove ed a fenomeni di dissesto di imprese aventidimensioni del tutto estranee a quelle previste dalla legge fallim. e, quindi,alla necessita di non trascurare la tutela di interessi, quale quello alla conser-vazione dell’impresa medesima, sottovalutati, invece, dal legislatore del1942. Quella prassi e diventata come una via obbligata da percorrere; chenon si tratti di mera disapplicazione della legge, ma di un adattamento degliistituti concorsuali alle nuove esigenze sociali ed economiche, e dimostratodal fatto che in sede di studi per la riforma della legge fallimentare, i nuoviorientamenti sono stati recepiti e tramutati i norme di progetti di legge.

5. Contrariamente alla semplicistica previsione contenuta nella relazioneministeriale, l’attuazione della legge fallim. ha invece dimostrato che i pro-blemi connessi al fallimento delle societa sono aumentati ed esigono unapronta ed adeguata soluzione. Molti dei congegni escogitati per ampliarela sfera dell’estensione del fallimento sociale non sono conformi allo spiritoed alla lettera della legge e non possono, pertanto, essere ammessi. E neces-sario, invece, un coraggioso intervento del legislatore per una effettiva siste-mazione del diritto dell’impresa, allo scopo di evitare che le disposizioninormative degli istituti concorsuali siano inidonee a regolare certe formedi gestione economica ed a colpire la responsabilita derivante dall’eserciziodell’impresa dove essa effettivamente si annida.

Non saranno piu sufficienti, in sede di riforma della legge fallim., pochee schematiche norme, essendo indispensabile che il legislatore regoli, in mo-do completo ed organico, le vicende della societa in sede concorsuale e diauna adeguata sistemazione e disciplina dei congegni in virtu dei quali il fal-limento sociale puo essere esteso ai soci illimitatamente responsabili, stabi-lendo i limiti di applicazione degli stessi ed in particolare se devono disci-plinare anche le ipotesi di soci di societa di capitali in via eccezionale re-sponsabili illimitatamente dei debiti sociali.

Parte I - Dottrina 349

Sono anni che da piu parti si chiede una seria riforma della legge fallim.ed una completa regolamentazione del fallimento della societa e dei soci il-limitatamente responsabili. Tutti coloro che, comunque, devono applicare,nel lavoro di tutti i giorni, la legge fallimentare sanno quanto ormai sia ur-gente un intervento del legislatore in tal senso, e cio per i risultati insuffi-cienti e troppo spesso iniqui cui porta l’applicazione o anche la non appli-cabilita delle vigenti disposizioni normative in materia. E sotto gli occhi ditutti quello che e stato definito lo scarto fra norma e realta.

Oggi, infatti, la realta economica, sociale, cambia con un ritmo del tuttosconosciuto ai legislatori di altre epoche. Per questo si richiede, piu che inpassato, che l’intervento del legislatore sia tempestivo per adeguare la nor-ma alla realta di fatto ed evitare che l’ordinamento giuridico resti un corpodi norme superate ed inadatte a regolare la nuove situazioni che l’esperienzaprospetta. L’interprete della norma avverte questa esigenza di adeguamen-to, il bisogno di una sostanziale riforma e la sollecita. Oggi, dopo la recenteriforma del diritto societario, ancora piu indilazionabile e una completa ri-forma delle procedure concorsuali.

Indubbiamente, l’esperienza dei decenni trascorsi ci evidenzia come diprogetti di riforma della legge fallim. ne sono stati predisposti tanti, poi re-golarmente venuti meno con il cadere dei governi che li avevano avviati.

Nella precedente legislatura era stato predisposto il Disegno di leggeministeriale recante «Delega al Governo per la riforma delle procedure con-corsuali»approvato dal Consiglio dei Ministri il 27 ottobre 2000.

Questo disegno di legge prevedeva, in sostituzione delle procedure diamministrazione controllava e di concordato preventivo, una procedura an-ticipatoria di crisi e di ristrutturazione, attivabile solo ad iniziativa del debi-tore, in presenza di sintomi di crisi economica e finanziaria, nel corso dellaquale la gestione e l’amministrazione del patrimonio doveva restare affidataal debitore stesso, sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

Alla mancata realizzazione del piano di risanamento nel termine di dueanni poteva seguire la procedura unitaria di insolvenza, attuabile in due fasi:una fase di osservazione, diretta all’accertamento della reale consistenza del-l’impresa e del patrimonio del debitore ed alla scelta delle concrete soluzio-ni da adottare per il risanamento; allo scadere di questa fase, una successivadi attuazione del programma di risanamento. Soltanto, in caso di esito ne-gativo di queste fasi, il disegno di legge prevedeva il passaggio a quella dellaliquidazione, tendente alla realizzazione dell’attivo ed alla ripartizione dellostesso fra tutti i creditori concorsuali.

Tutti gli ultimi progetti di riforma della legge fallim. prevedevano l’e-liminazione delle procedure di amministrazione controllata e del concor-dato preventivo, facendo precedere il fallimento da una fase di regola-mento giudiziario di insolvenza tendente a salvare l’impresa prima di pro-cedere alla sua liquidazione, sul modello del reglement judiciaire francese

Il diritto fallimentare delle societa commerciali350

e di altre legislazioni europee. Per la stessa finalita, nell’ambito della pro-cedura fallimentare, disciplinavano piu compiutamente l’esercizio provvi-sorio dell’impresa, ritenuto il mezzo spesso piu efficiente per assicurarnela conservazione.

Di recente, e stato presentato il disegno di legge contenente « Misureurgenti al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante disciplina del falli-mento», approvato dal Consiglio dei ministri il 1 marzo 2002, indicato ingenere come «Miniriforma della legge fallim.». A questo disegno di leggee gia seguito un decreto legge per le «Modifiche urgenti al r.d. 16 marzo1942, n. 267, (maxiemendamento al disegno di legge del marzo 2002) (inDir. fallim., 2005. I, 209)».

Sono, inoltre, terminati i lavori della Commissione parlamentare incari-cata di predisporre uno schema di legge delega per una riforma generaledelle procedure concorsuali (la c.d. Commissione Trevisanato). L’elaboratodefinitivo, predisposto da una commissione ristretta, e stato consegnato al-l’ufficio legislativo per l’esame e l’approvazione del Consiglio dei Ministriprima e del parlamento dopo.

Lo schema di legge delega della Commissione «Trevisanato» prevedel’applicabilita nella specie dell’art. 10 legge fallim.; la non assoggettabilitaal fallimento dell’unico azionista o quotista e dell’accomandante ingeritosinegli affari sociali; l’estensione del fallimento sociale al socio tiranno o so-vrano; la disciplina dell’insolvenza dei patrimoni destinati e delle societa ti-tolari di patrimoni destinati ad uno specifico affare.

Il disegno di legge delega del diritto fallimentare predisposto dalla com-missione «Trevisanato» va indubbiamente nella direzione della tutela delleesigenze delle imprese di piu grosse dimensioni e, quindi, di quelle societa-rie e di capitali in particolare.

Vengono prese in adeguata considerazione le esigenze di tutela dellaconservazione delle imprese per evitare che il fallimento, la liquidazione ela disgregazione dei suoi elementi costitutivi rimangano la soluzione natura-le della loro crisi economica e finanziaria.

Le procedure di amministrazione controllata, di concordato preventivo,di fallimento e di liquidazione coatta amministrativa sono, a tal fine, elimi-nate e sostituite dagli istituti dell’allerta e della prevenzione, dalla proceduradi composizione concordata della crisi e dalla procedura di liquidazioneconcorsuale.

L’allerta e la prevenzione hanno la finalita di indurre l’imprenditore afar emergere in tempo utile le situazioni di difficolta economica e finanzia-ria, allo scopo di predisporre piani di riorganizzazione e di ristrutturazione,per impedire che l’impresa finisca per cadere in uno stato di decozione ir-reversibile.

La procedura di composizione concordata della crisi dell’impresa, in so-stituzione dell’amministrazione controllata e del concordato preventivo,

Parte I - Dottrina 351

consente di raggiungere accordi con i creditori, non necessariamente contutti, al fine di comporre la crisi dell’impresa.

La procedura di liquidazione concorsuale, che puo essere avviata siaprima che dopo il verificarsi dell’insolvenza stessa, prevede comunque lapossibilita di presentare un piano di ristrutturazione dell’impresa, sempreche i creditori siano d’accordo ed esprimano il loro consenso in tempi ra-pidi e cioe entro sei mesi dall’apertura del procedimento. In difetto, la pro-cedura deve tendere alla liquidazione dei beni, con formalita meno gravosedi quelle attuali, sia pure nel pieno rispetto dei princıpi di trasparenza ecompetitivita.

Quanto al presupposto oggettivo, queste procedure superano la nozio-ne tradizionale di stato di insolvenza per ricomprendere il piu ampio con-cetto di crisi dell’impresa. In sostanza, oltre alla decozione vera e propria,vengono in considerazione tutte le situazioni di squilibrio finanziario edeconomico nelle quali l’impresa puo venire a trovarsi, conformemente agliorientamenti da tempo prospettati dalla dottrina aziendalistica.

6. Il sistema complessivo che emerge da questo quadro delle procedureconcorsuali, in definitiva, avvicina la legislazione italiana a quella degli altripaesi europei, come peraltro era stato ripetutamente richiesto dalla Com-missione europea, in particolare con il regolamento n. 1346/ 2000, tendentead indicare direttive unitarie per le discipline spesso diverse fra i vari Statied i princıpi ispiratori della riforma del diritto concorsuale interno.

Esso comprende la procedura di amministrazione straordinaria per legrandi imprese in crisi, nei limiti soggettivi modificati dal recente decretolegge 23 dicembre 2003, n. 347 (decreto Marzano).

Per tutte le altre imprese individuali e sociali, l’obiettivo fondamentaledelle procedure concorsuali non appare piu la regolamentazione dei rap-porti conseguenti alla loro liquidazione in caso di insolvenza, ma la necessitache la crisi finanziaria ed economica emerga in tempo utile per consentireun effettivo recupero e un risanamento che consenta la prosecuzione del-l’attivita.

Se si considerano, tuttavia, gli scarsi risultati che nel corso degli anni han-no avuto le procedure di amministrazione straordinaria delle grandi impresein crisi, quasi tutte convertitesi in quella del fallimento, nonche il fatto che deltutto irrisoria e la percentuale di imprese che hanno visto recuperata la loroefficienza e produttivita in seguito all’esperimento delle procedure, anch’essetendenti alla conservazione dell’impresa, dell’amministrazione controllata edel concordato preventivo, alcune precisazioni appaiono doverose.

L’interesse alla conservazione dell’impresa non puo diventare un mito,da tutelare ad ogni costo, anche se si ha la certezza che si tratta di una im-presa antieconomica, sacrificando ogni altro interesse coinvolto nel suo sta-to di insolvenza. Indubbiamente, in una economia moderna, mista o pro-

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grammata, si deve spesso consentire la presenza di imprese non redditizie,essendo questo il prezzo che si deve pagare per realizzare l’obiettivo di unamaggiore efficienza dell’economia nel suo complesso. Cosı, il salvataggio ela riorganizzazione dell’impresa si impongono ove si tratti, ad esempio, diimpresa oligopolica, per la quale la legge del mercato non opera e la cui eli-minazione, data l’impossibilita di sostituirla con altra fungibile, rappresentaun costo per la collettivita o di una impresa su cui graviti il lavoro di unaintera citta, tutta una serie di infrastrutture, eccetera.

Ma neppure e opportuno sostituire la dura logica della selezione con lapresenza di uno Stato assistenziale che interviene, direttamente o indiretta-mente, con il denaro pubblico, sempre e ad ogni costo, con operazioni disalvataggio che non hanno altro fine che sanare il deficit dell’impresa e ri-mandare nel tempo le conseguenze negative dello stato di insolvenza.

L’esperienza degli ultimi tempi ha dimostrato che l’interesse dei dipen-denti di una impresa non si tutela cercando di tenere in vita in modo arti-ficioso un rapporto ormai vuoto di contenuto, e che sacrificare incondizio-natamente l’interesse dei creditori a quello dei lavoratori significa spessotrasferire l’insolvenza nelle imprese economicamente dipendenti da quelladissestata e cosı favorire il personale di quest’ultima a scapito di altri lavo-ratori in stato di maggiore debolezza. Sovente, inoltre, l’impresa giunge sul-l’orlo del fallimento per l’impossibilita di adeguare tempestivamente alle ef-fettive esigenze produttive la consistenza del personale dipendente. La di-fesa ad oltranza di ogni posto di lavoro rischia cosı di compromettere anchela posizione di chi non subirebbe pregiudizi dalla semplice riduzione dei li-velli occupazionali.

E chiaro che, in tali ipotesi, ai problemi dell’occupazione deve esseredata una soluzione diversa dal ricorso a procedure che hanno la finalitadi salvare l’impresa, come, ad esempio, l’inserimento del personale esube-rante o di quello dell’impresa liquidata in aziende di nuova costituzione oin fase di espansione.

Di recente e stata emanata la legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversio-ne, con modificazioni, del decreto legge 14 marzo 2005, n. 35, recante di-sposizioni urgenti nell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economi-co, sociale e territoriale; nonche deleghe al Governo per la modifica del co-dice di procedura civile in materia di processo di cassazione e di arbitrato, eper la riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali.

Venivano indicati i criteri direttivi ed i princıpi ai quali si doveva atte-nere il Governo nell’esercizio della delega.

Per quanto concerne gli aspetti fin qui esaminati, al n. 1, dell’art. 6 eraprevisto che il Governo doveva semplificare la disciplina attraverso l’esten-sione dei soggetti esonerati dall’applicabilita dell’istituto del fallimento.

La delega comprendeva anche, all’art. 14, l’abrogazione dell’ammini-strazione controllata.

Parte I - Dottrina 353

La nuova disciplina del concordato preventivo, attuata con la legge n.80 del 2005, ne modifica sostanzialmente i presupposti sostanziali tantoda renderlo assimilabile alle procedure di regolamento giudiziario dell’in-solvenza o dell’allerta previste nei precedenti disegni di legge che non han-no visto completato il loro iter parlamentare.

Non solo, infatti, non sono piu richiesti i requisiti soggettivi di meri-tevolezza previsti dalla legge del 1942, ma, il che e particolarmente rile-vante, il suo presupposto oggettivo non e lo stato di insolvenza bensı lostato di crisi.

Indubbiamente, sarebbe preferibile che il legislatore chiarisse il conte-nuto dello «stato di crisi», evitando di rimettere puramente e semplicemen-te al giudice di determinarne i connotati sostanziali. Si deve, tuttavia, rite-nere che tale stato puo sussistere anche senza che l’impresa si trovi in unostato irreversibile di insolvenza, bensı soltanto se versa in una situazione diilliquidita, di difficolta ad adempiere, di crisi meramente finanziaria o sesussiste il semplice rischio di cadere in stato di insolvenza. Lo scopo e, ap-punto, di consentire un intervento che possa salvare l’impresa prima che ca-da in uno stato di decozione.

A tal fine, e prevista la formazione di un piano che preveda la ristruttu-razione dei debiti e la soddisfazione dei creditori attraverso qualsiasi forma,anche mediante cessione dei beni, accollo, o altre operazioni straordinarie,ivi compresa l’attribuzione ai creditori nonche a societa da questi partecipa-te, di azioni, quote, ovvero obbligazioni, anche convertibili in azioni, o altristrumenti finanziari e titoli di debito; l’attribuzione delle attivita delle im-prese interessate dalla proposta di concordato ad un assuntore (possono co-stituirsi come assuntori anche i creditori o societa da questi partecipate o dacostituire nel corso della procedura, le azioni delle quali siano destinate adessere attribuite ai creditori per effetto del concordato); la suddivisione deicreditori in classi secondo la posizione giuridica e interessi economici omo-genei; trattamenti differenziati tra creditori appartenenti a classi diverse.

In sostanza, se si considerano anche le modifiche di natura proceduraleapportate dalla nuova legge, non vi e dubbio che si tratta di una proceduraben piu idonea della precedente a conseguire il fine del risanamento del-l’impresa per la tutela di interessi generali connessi alla sua conservazione.

Quale che sia la strada scelta dal legislatore, perche le procedure ten-denti al risanamento dell’impresa non costituiscano piu la mera «anticame-ra» del fallimento, occorre che siano abbandonate certe prassi degenerativeche nel corso degli anni hanno comportato che le procedure di amministra-zione controllata e di concordato preventivo siano sfociate quasi sempre nelfallimento.

In primo luogo, occorre che l’imprenditore, superando quella sorta didiffidenza nei confronti dell’autorita giudiziaria, si rivolga ad essa non quan-do la situazione patrimoniale ed economica sia caduta in un irreversibile

Il diritto fallimentare delle societa commerciali354

stato di insolvenza, magari dopo essersi fatto dissanguare dagli usurai, bensıquando un salvataggio dell’impresa e ancora possibile, altrimenti il risultatonon potra che essere ancora negativo.

Ed in questa direzione devono collaborare tutti i professionisti, soprat-tutto ragionieri e commercialisti, i quali, proprio perche seguono le sortidell’impresa, sono in grado prima di ogni altro di notare l’approssimarsidi sintomi di difficolta e di crisi, ai quali si puo far fronte utilmente soltantose i previsti rimedi vengono tempestivamente adottati.

Il tribunale fallimentare, inoltre, consapevole del fatto che una impresadecotta non puo conseguire il risultato del risanamento e della difficolta difermare, una volta avviata, la procedura di crisi o di concordato preventivo,deve superare la tendenza al generale ed indiscriminato accoglimento di tut-te le domande di concordato ed avviare, subito dopo l’ammissione alla pro-cedura, le verifiche necessarie, richiedendo dal commissario e dal perito sti-matore tutte le risposte immediate e specifiche sui punti che al momentodell’ammissione apparivano opinabili.

Deve, inoltre, valutare la congruita del piano proposto che, di volta involta, si puo incentrare sulla riduzione del personale, ove la crisi sia deter-minata da costi eccessivi della manodopera in esubero; sulla ristrutturazionedell’organizzazione produttiva ove i costi siano riscontrati eccessivi; sulla re-visione dei tipi di prodotti o servizi offerti, quando sia il mercato a non ri-spondere alla domanda; sul riequilibrio finanziario quando sia questione diproblemi di autofinanziamento per difetto di capitale di rischio.

Occorre, pertanto, che siano abbandonate certe prassi che hanno neidecenni trascorsi contribuito sensibilmente a far sfociare nel fallimento enella liquidazione dell’impresa tutte le procedure che invece avevano la fi-nalita di recuperarne l’efficienza e la produttivita.

7. Il legislatore ha fatto seguire alla legge delega n. 80 del 2005, il de-creto legislativo n. 5 del 9 gennaio 2006, contenente la riforma organica del-la legge fallimentare.

L’art. 147 del suddetto decreto ha abrogato il titolo IV del regio decreto16 marzo 1942, n. 267 e tutti i riferimenti all’amministrazione controllatacontenuti nella previgente disciplina.

In realta, nei piu recenti progetti di riforma della legge fallimentare eraprevista l’eliminazione sia dell’amministrazione controllata che del concor-dato preventivo, facendo precedere la fase eventuale della liquidazione con-corsuale da una obbligatoria di regolamento giudiziario dell’insolvenza o diallerta, come previsto nel progetto della Commissione ‘‘Trevisanato’’.

La nuova disciplina adottata dal legislatore della riforma comporta ilmantenimento del solo concordato preventivo, sia pure modificato nel sen-so sopra chiarito, come misura tendente ad evitare il fallimento dell’impren-ditore insolvente.

Parte I - Dottrina 355

Per quanto riguarda i presupposti soggettivi delle procedure concorsua-li, l’art. 1, 1º comma, legge fallim., modificato, conferma che sono soggettialle disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditoriche esercitano un’attivita commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoliimprenditori.

Continuano, quindi, a non essere soggetti alle procedure concorsuali gliimprenditori agricoli e gli artigiani, anche se superano le piccole dimensioninel senso sopra chiarito.

Il legislatore, in sostanza, ha adottato una soluzione che non affronta enon risolve in senso positivo le argomentazioni, sopra esaminate, che hannoindotto la dottrina costante ad auspicare l’estensione della disciplina con-corsuale anche a queste categorie di imprenditori.

Correttamente, inoltre, il legislatore della riforma ha abrogato la dispo-sizione dell’art. 1, 2º comma, ultima parte, legge fallim., secondo cui in nes-sun caso sono considerati piccoli imprenditori le societa commerciali. An-che per le societa, quindi, occorre accertare se ricorrono i nuovi requisitiprevisti per l’individuazione della figura del piccolo imprenditore.

I criteri per identificare il piccolo imprenditore consistono nell’investi-mento nell’azienda di un capitale non superiore ad almeno 300.000,00 euroo, alternativamente, nella realizzazione, in qualunque modo risulti, di ricavilordi calcolati sulla media degli ultimi tre anni o dall’inizio dell’attivita se didurata inferiore, per un ammontare complessivo annuo non superiore adeuro 200.000,00.

Questi criteri sono applicabili per tutti gli imprenditori che esercitanoun’attivita commerciale, in forma individuale o collettiva.

Per quanto concerne i limiti di tempo entro i quali e possibile la dichia-razione di fallimento della societa, la nuova disposizione dell’art. 10 leggefallim. prevede che gli imprenditori individuali o collettivi possono esseredichiarati falliti entro un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese,se l’insolvenza si e manifestata anteriormente alla medesima o entro l’annosuccessivo. In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degliimprenditori collettivi, e fatta salva la facolta di dimostrare il momento del-l’effettiva cessazione dell’attivita da cui decorre il termine del primo com-ma.

In sostanza, la disciplina e stata adeguata alla pronuncia di incostituzio-nalita della disposizione dell’art. 10 legge fallim., nella parte in cui non pre-vedeva che la societa commerciale non potesse essere dichiarata fallita de-corso un anno dalla cancellazione dal registro delle imprese.

Per le societa non iscritte e, quindi, per le societa di fatto o irregolari,non e previsto alcun limite di tempo entro il quale e possibile la dichiara-zione di fallimento. La soluzione e esatta perche la mancata iscrizione nelregistro delle imprese dipende da una scelta dei soci, per cui l’impossibilitadi usufruire del termine annuale dipende dalla loro volonta, mentre la legge

Il diritto fallimentare delle societa commerciali356

non puo non sanzionare la violazione delle norme che impongono l’iscrizio-ne nel registro.

Tralasciando in questa sede l’esame della disciplina dei nuovi aspettiprocessuali previsti dalla recente riforma, per quanto concerne i presuppo-sti soggettivi del fallimento sociale, il decreto legislativo n. 5 del 9 gennaio2006 non ha apportato sostanziali variazioni rispetto alla precedente disci-plina. Il nuovo art. 147 legge fallim. prevede che la sentenza che dichiara ilfallimento di una societa appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III,IV, VI del titolo V del libro quinto del codice civile, produce anche il fal-limento dei soci, pur se non persone fisiche, illimitatamente responsabili. Eaggiunta, quindi, solo la precisazione che soci illimitatamente responsabilipossono anche non essere persone fisiche, il che e ormai pacifico perche,come si e visto, la riforma del diritto societario consente che anche le societadi capitali facciano parte delle societa a responsabilita illimitata.

Nulla dice, invece, la nuova disciplina concorsuale in ordine al fallimen-to in estensione dell’unico azionista o quotista e del socio tiranno o sovrano.Sarebbe stato preferibile che il legislatore avesse colto l’occasione della ri-forma per porre termine ad un contrasto giurisprudenziale e dottrinaleche si trascina da decenni.

Conseguenziale alla statuizione di incostituzionalita adottata dalla Cortecostituzionale e anche la previsione, contenuta nel secondo comma del nuo-vo art. 147 legge fallim., secondo cui l’estensione del fallimento sociale alsocio illimitatamente responsabile non puo essere dichiarata dopo che e de-corso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazionedella responsabilita illimitata, anche nel caso di trasformazione, fusione oscissione delle societa, se sono state osservate le formalita per rendere noteai terzi i fatti indicati.

Corretta e la nuova previsione, gia in precedenza ritenuta dalla giuri-sprudenza, secondo cui la dichiarazione di fallimento e possibile soltantose l’insolvenza della societa attenga in tutto o in parte a debiti esistenti alladata della cessazione della responsabilta illimitata.

Infine, il legislatore della riforma ha previsto una espressa disciplina nel-le ipotesi in cui la societa fallita abbia costituito patrimoni destinati ad unospecifico affare o vi siano stati finanziamenti destinati ad uno specifico af-fare.

A norma dell’art. 155 legge fallim., modificato, il fallimento della societacomporta che l’amministrazione del patrimonio destinato previsto dall’art.2447 bis, 1º comma, lett. a), cod. civ., sia attribuita al curatore il quale deveprovvedere con gestione separata. In particolare, deve cedere il patrimonioa terzi onde conservarne la funzione produttiva, altrimenti, se la cessionenon e possibile, liquidarlo secondo le regole della liquidazione delle societain quanto applicabili.

Il corrispettivo, aggiunge l’ultimo comma dell’art. 155 legge fallim., del-

Parte I - Dottrina 357

la cessione al netto dei debiti del patrimonio o il residuo attivo della liqui-dazione sono acquisiti dal curatore nell’attivo fallimentare, detratto quantospettante ai terzi che vi abbiano effettuato apporti, ai sensi dell’articolo2447 ter, primo comma, lettera d) del codice civile.

Se, invece, dispone l’art. 156 legge fallim., il patrimonio destinato e in-capiente, il curatore, autorizzato dal giudice delegato, provvede alla sua li-quidazione.

Si e visto, peraltro, che i creditori particolari non possono soddisfarsisul patrimonio sociale. Il nuovo art. 156 legge fallim. prevede una eccezio-ne, disponendo che i creditori particolari del patrimonio destinato possonopresentare domanda di insinuazione al passivo del fallimento della societanei casi di responsabilita sussidiaria o illimitata previsti dall’art. 2447 quin-quies, terzo e quarto comma, del codice civile, sopra indicati.

Qualora, infine, risultano violate le regole di separatezza fra uno o piupatrimoni destinati costituiti dalla societa e il patrimonio della societa me-desima, il curatore puo agire in responsabilita contro gli amministratori e icomponenti degli organi di controllo ai sensi dell’art. 146 legge fallim.

Per quanto concerne, inoltre, i finanziamenti destinati ad uno specificoaffare, la disposizione dell’art. 72 ter, legge fallim., detta una disciplina con-forme alla nuova regolamentazione dei contratti in corso alla data della di-chiarazione di fallimento, che prevede una generalizzata facolta di scelta delcuratore in ordine allo scioglimento o meno del contratto.

Dispone, infatti, l’art. 72 ter, legge fallim., che il fallimento della societadetermina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’art. 2447bis, primo comma, lett. b), del codice civile, quando impedisce la realizza-zione o la continuazione dell’operazione. In caso contrario, il curatore, sen-tito il parere del comitato dei creditori, puo decidere di subentrare nel con-tratto in luogo della societa assumendone gli oneri relativi.

Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore puo chiedereal giudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o continua-re l’operazione, in proprio o affidandola a terzi; in tale ipotesi, il finanzia-tore puo trattenere i proventi dell’affare e puo insinuarsi al passivo del fal-limento in via chirografaria per l’eventuale residuo attivo.

Nei casi in cui il curatore decida di subentrare o non nell’affare, rimaneferma la salvaguardia prevista dai commi terzo, quarto e quinto dell’art.2447 decies del codice civile. Nell’ipotesi in cui l’operazione non possa es-sere realizzata ne continuata si applica il sesto comma dell’art. 2447 deciesdel codice civile (art. 72 ter, u.c., legge fallim.).

Dott. Giuseppe Pellegrino

Presidente del Tribunale di Lucera

Il diritto fallimentare delle societa commerciali358

L’AMMINISTRAZIONE STRAORDINARIADELLE GRANDI IMPRESE IN CRISI

ED IL CHAPTER ELEVEN: SISTEMI A CONFRONTO

Sommario: 1. Premessa. – 2. Differenze d’impostazione. – 3. Presupposti. – 4. Soggetti. – 5.Organi. – 6. Finalita. – 7. Decreto Marzano. – 8. L’articolo 182 bis della legge 14 maggio2005, n. 80. – 9. Conclusioni.

1. Premessa. – Da un’analisi comparata dell’amministrazione straordina-ria, procedura concorsuale con finalita conservative del patrimonio di gran-di imprese insolventi ed il Chapter Eleven, procedura disciplinata dall’ordi-namento statunitense e finalizzata alla riorganizzazione dell’unita produttivain crisi, si evincono differenze sostanziali nell’impostazione giuridica deidue sistemi. Da una parte si colloca il sistema americano che affida la sceltasul possibile risanamento dell’impresa insolvente ai creditori, ammettendol’intervento statale unicamente in ipotesi eccezionali e subordinando la con-cessione di denaro pubblico al rispetto di ferree condizioni da accertarsiprima dell’erogazione dei fondi; dall’altra si pone quello italiano, un model-lo in cui al ceto creditorio non e riconosciuto il diritto di esprimere alcunconsenso in relazione all’apertura del procedimento od all’indirizzo sceltonel programma (1).

2. Differenze d’impostazione. – La Reorganization, di cui al Chapter 11, ela procedura concorsuale che consente al debitore di soddisfare le obbliga-zioni contratte con i creditori e di ristrutturare il proprio patrimonio (2). Loscopo primario perseguito e quello di conservare in vita l’organizzazioneproduttiva, valutandone l’opportunita in una logica di mercato. Si vuole as-sicurare al soggetto inefficiente uno strumento di natura privatistica (3), fi-

(1) Ved. G. Sangiorgi, La crisi d’impresa ed i salvataggi industriali negli USA, in Giur.Comm., 1984, I, pag. 417.

(2) Ved. D.G. Epstein, S.H. Nickles, J.J. White, Bankruptcy, St. Paul, 1993, pag. 732.(3) Ved. C.J Tabb, The law of bankruptcy, New York, 1997, pag. 806.

nalizzato alla risoluzione della crisi, che si fondi sulla negoziazione tra i sog-getti coinvolti, sulla loro capacita di confrontarsi liberamente e di collabo-rare (4), poiche cio che rileva e la valutazione dell’interesse delle parti, affin-che si ottenga la migliore soluzione prospettabile (5).

Di fronte ai dissesti economici di imprese in crisi, l’ordinamento ameri-cano ha optato per un modello di composizione degli interessi che non pre-veda l’intervento di organi amministrativi, come avviene in Italia (6), ma chesia, al contrario, lasciato all’autonomia negoziale delle parti coinvolte. Dif-feriscono, dunque, nei due sistemi i presupposti di accesso alla procedura, ilruolo delle parti e degli organi che partecipano al procedimento. Valutiamoquindi, in modo specifico le singole differenze.

3. Presupposti. – Si puo innanzitutto rintracciare una prima divergenzatra i due sistemi concorsuali nei requisiti richiesti per l’accesso alla procedu-ra. Nell’ordinamento italiano, ai sensi dell’articolo 2 della legge 270/99, peressere ammessi all’amministrazione straordinaria e necessario disporre dellaqualifica di imprenditore commerciale, anche individuale (tale requisito erichiesto anche dal decreto Marzano, con il quale il nostro legislatore nel2003 ha riformato la disciplina dell’amministrazione straordinaria per legrandissime imprese in stato d’insolvenza (7)). L’articolo 1 della Prodi bis,a tal proposito, individua nell’amministrazione straordinaria il rimedio con-corsuale proprio «della grande impresa commerciale insolvente», preveden-do nelle norme successive i requisiti soggettivi speciali, ossia un numeroprefissato di lavoratori subordinati, nonche un determinato ammontare didebiti contratti. Il decreto Marzano stabilisce, invece, come requisiti neces-sari per l’accesso alla procedura un numero di lavoratori subordinati noninferiori a mille da almeno un anno e debiti per un ammontare complessivonon inferiore ad un miliardo di euro. In secondo luogo, entrambe le dispo-sizioni esigono la prova dell’incapacita dell’imprenditore di adempiere re-golarmente alle obbligazioni, elencando, all’articolo 5 del provvedimentodel ‘99, i documenti che debbono essere presentati in cancelleria ai fini del-la dichiarazione del tribunale dello stato d’insolvenza.

Al contrario, lo US Code, alla sezione centonove, non richiede la qualifica

Il diritto fallimentare delle societa commerciali360

(4) Ved. L.G Picone, La riorganizzazione nel diritto fallimentare statunitense, Milano,1993, pag. 22.

(5) Ved. C.J Tabb, op. cit., pag. 781.(6) Ved. A. Jorio, Luci ed ombre della nuova legge Prodi, in Giur. Comm., 1999, I, pag.

10 e seg.(7) Ved. R. Rossi, L’amministrazione straordinaria tra Prodi bis, decreto Marzano e legge

18 febbraio 2004, n. 39, in questa Rivista, 2004, II, pag. 634 Si vedano anche L. Gugliel-

mucci, La disciplina speciale dell’amministrazione straordinaria per le situazioni di crisi parti-colarmente rilevanti, in questa Rivista, 2004, pag. 1225.

di imprenditore commerciale per accedere al Chapter eleven; infatti, la dispo-sizione legislativa recita «chiunque puo essere assoggettato alla Liquidationpuo essere sottoposto alla Reorganization» (8). L’eventualita che ad un sog-getto non imprenditore fosse riconosciuto il diritto di usufruire di tale rime-dio concorsuale aveva suscitato alcuni dubbi in dottrina, risolti dall’interven-to della Corte Suprema che, nel 1991, ha ritenuto possibile l’estensione delCapitolo Undici anche al «consumer debtor», cioe a qualunque persona fisicainadempiente. La reorganization risulta, dunque, perseguire come risultatoprimario la ristrutturazione delle imprese commerciali, tuttavia anche i con-sumatori o i professionisti possono ricorrere a questo strumento.

Anche il presupposto oggettivo, ossia lo stato d’insolvenza, e differente-mente considerato nell’ordinamento statunitense, dal momento che si puoprescindere dall’effettiva dimostrazione dello stesso. Qualora la domanda diammissione alla procedura, c.d. petition, sia presentata dallo stesso debito-re, egli dovra dimostrare unicamente di avere debiti, a prescindere dallaprova dello stato d’insolvenza. Nell’ipotesi di involuntary case, invece, l’in-capacita di adempiere regolarmente alle obbligazioni contratte deve essereprovata dai creditori che abbiano presentato l’istanza.

4. Soggetti. – Altra rilevante divergenza deve essere individuata nel ruo-lo svolto dal debitore nell’ambito del Chapter Eleven, rispetto a quello rive-stito dallo stesso soggetto nel sistema italiano. Per prassi la legge statuniten-se mantiene a capo dell’organizzazione in crisi lo stesso imprenditore insol-vente (9), il quale sara rimosso dall’incarico solo in ipotesi tassative di con-dotta dolosa, nel qual caso si provvedera alla nomina di un curatore. Allostesso soggetto in crisi la normativa fallimentare assegna un termine di fa-vore detto «exclusivity period», di centoventi giorni dalla presentazione del-l’istanza per l’ammissione alla procedura, in cui egli e dotato di una legitti-mazione esclusiva alla presentazione del piano e di un ulteriore periodo disessanta giorni per assicurarsi il consenso dei creditori. In questo modo, egarantita al debtor la possibilita di strutturare liberamente la sua proposta dirisoluzione della crisi, delineando i caratteri essenziali della ristrutturazionee godendo anche di un’ampia liberta di manovra nell’orientare il consensodei creditori, in modo da ottenere un accordo con la controparte, senza es-sere soggetto a condizionamenti eccessivamente rigidi (10). Al debitore e as-

Parte I - Dottrina 361

(8) Ved. A. Castagnola, La nuova disciplina del fallimento negli Stati Uniti, in Giur.Comm., 1987, I, pag. 335.

(9) Ved. A. Castagnola, La liberazione del debitore (discharge) nel diritto fallimentarestatunitense, Milano, 1993, pag. 312

(10) Ved. F. Marelli, La procedura di riorganizzazione prevista dal Capitolo 11 delBankruptcy Code, in Riv. trim. dir. proc. civ., 1992, pag. 568.

segnato anche il compito di suddividere i creditori in classi e di stabilire iltrattamento spettante a ciascuna di esse. La liberta di definizione degli in-teressi, concessa al soggetto insolvente, non deve essere causa di arbitrariediscriminazioni, per cui ciascun gruppo deve essere costituito da titolari disituazioni creditorie sostanzialmente simili.

Il favor del legislatore americano nei confronti dell’imprenditore-debi-tore deve rintracciarsi nella nozione di insolvenza che, invece di essere rite-nuta una colpa, e considerata un incidente professionale che puo capitare aqualunque operatore economico e di fronte al quale il sistema deve garan-tire al soggetto onesto, ma sfortunato la possibilita di risanare i propri debitie di ricominciare una nuova vita professionale (11).

Nell’ordinamento italiano, al contrario, la redazione del programma chedetermina le modalita di risoluzione della crisi imprenditoriale e affidata adun organo amministrativo, ossia al commissario straordinario (12). In base aldisposto della legge 270/99 egli, entro sessanta giorni dall’apertura del pro-cedimento, dovra redigere un piano, scegliendo uno dei due indirizzi alter-nativi, indicati nell’articolo 27, di ristrutturazione o cessione (13). Il pro-gramma consiste nella individuazione dettagliata delle linee operative e del-le modalita di ristrutturazione o liquidazione aziendale che devono essereattuate (14). L’atto deve essere formulato sotto la vigilanza del Ministerodelle Attivita Produttive e secondo gli indirizzi di politica industriale dallostesso adottati, deve tener conto degli interessi dei creditori e salvaguardarel’unita operativa dei complessi industriali.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali362

(11) Ved. F. Marelli, op. cit., pag. 565.(12) Il decreto Marzano, prevedendo una maggiore concentrazione dei poteri di gestione

della crisi nelle mani dell’autorita amministrativa, ha assegnato ad essa il compito di valutarela sussistenza dei requisiti necessari per l’accesso alla procedura, nonche quello di decideresull’apertura dell’amministrazione straordinaria. Diversamente da quanto disposto dalla Pro-di bis, che garantiva un solido equilibrio nella distribuzione dei compiti tra autorita giudizia-ria ed amministrativa, la domanda di ammissione deve essere presentata direttamente al Mi-nistro e, contemporaneamente, deve essere trasmessa l’istanza al tribunale, affinche dichiari lostato d’insolvenza. Eliminando, inoltre, la fase di osservazione prevista dalla legge del ‘99, fi-nalizzata alla valutazione delle concrete prospettive di recupero dell’equilibrio economicodell’impresa, la continuazione dell’attivita aziendale procede automaticamente, segnandoun ritorno al passato, al provvedimento 95/79, con il dato ancora piu sconcertante che ilprovvedimento amministrativo precede la dichiarazione dello stato d’insolvenza. L’articolo4 della legge 39/2004 stabilisce che il commissario straordinario debba redigere il programmaentro centottanta giorni dalla nomina e che debba presentarlo al Ministro. Si trattera, natu-ralmente, di un piano che preveda la ristrutturazione dell’impresa e non la sua liquidazione,data la preferenza accordata dalla legge a tale prospettiva di risanamento (articolo 1).

(13) Ved. G. Lo Cascio, Commentario alla legge sull’amministrazione straordinaria dellegrandi imprese insolventi, Milano, 2000, pag. 3.

(14) Ved. M. Galioto, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese in statod’insolvenza, Milano, 2003, pag. 179.

Nell’ambito della reorganization, invece il plan, e il fulcro dell’interaprocedura (15), il risultato della negoziazione libera tra le parti. Esso rappre-senta il documento che, se omologato dal tribunale, definisce l’ordine e lemodalita di soddisfazione dei creditori e che contiene le previsioni in ordinealla concreta attuazione delle prospettive di risanamento dell’impresa, pre-vedendo al suo interno tutte le attivita economico-finanziarie che devonoessere compiute. Dal momento della presentazione della petition all’omolo-gazione del piano, la possibilita di successo dipende dalla capacita dei sog-getti coinvolti di dialogare e di confrontarsi in un reciproco rapporto di col-laborazione, essendo il piano un atto di natura privatistica (16). Nel sistemastatunitense, infatti, e del tutto assente l’intervento dell’autorita amministra-tiva, con il fine di progettare le modalita di ristrutturazione. Questa funzio-ne e svolta da coloro che hanno interessi coinvolti nel procedimento.

Nel nostro ordinamento, invece, la possibilita di una ristrutturazioneaziendale e filtrata dal programma, che viene redatto dall’autorita ammini-strativa, la quale finisce per condizionare le modalita e le prospettive di ef-fettivo risanamento del debito. Ad una soluzione concordata tra le parti ilnostro legislatore ha preferito una modalita di composizione degli interessicoinvolti che si serva dell’intervento di organi pubblici.

Nella reorganization, invece, i creditori svolgono un ruolo di costantepartecipazione e cio costituisce una rilevante differenza d’impostazione (17).Essi sono chiamati a votare in ordine al piano presentato. Il legislatore haprevisto un meccanismo di tutela nei loro confronti, consistente in una for-ma di pubblicita che consenta loro di essere in grado di esprimere un giu-dizio informato in ordine al plan. E, infatti, prevista la notifica a tutti i cre-ditori di un «disclosure statement», cioe di una «dichiarazione di divulgazio-ne» (18), che contenga tutte le informazioni necessarie per comprendere apieno il programma. Tale atto deve essere valutato dalla Corte in un’udien-za obbligatoria, nella quale si deve vagliare l’effettiva idoneita del documen-to ad informare i soggetti cui e indirizzato. All’udienza saranno chiamate apartecipare tutte le parti interessate, anche quelle che non potranno in se-guito votare, in modo da apportare il loro contributo alla stesura ed alla de-finizione del plan. Avvenuta la comunicazione della dichiarazione in que-stione, i creditori sono chiamati a votare. Quello che rileva ai fini dell’accet-tazione del documento e l’approvazione da parte di tanti creditori che rap-presentino la maggioranza all’interno di ciascuna classe. In particolare, l’at-to si ritiene approvato da una class, se e stato votato da un numero di cre-

Parte I - Dottrina 363

(15) Ved. F. Marelli, op. cit., pag. 689.(16) Ved. L.G. Picone, op. cit., pag. 23.(17) Ved. L.G. Picone, op. cit., pag. 21.(18) Ved. L.G. Picone, op. cit., pag. 106 e seg.

ditori pari ad almeno i due terzi in valore dei soggetti votanti e piu dellameta in numero degli stessi.

Nell’amministrazione straordinaria disciplinata dalla Prodi bis, invece, ilceto creditorio non puo esprimersi a favore o contro l’adozione del pro-gramma, ma puo unicamente prenderne visione, estrarne copia ed, entrodieci giorni dalla sua presentazione, depositare osservazioni presso la can-celleria del tribunale. La partecipazione al contraddittorio nella nostra legi-slazione e limitata, inoltre, alla sola possibilita di prendere parte al comitatodi sorveglianza, che ha il potere di ispezionare i libri e le scritture contabilidell’insolvente, nonche alla proposizione del reclamo alla Corte d’Appellocontro il decreto con cui il tribunale dispone l’apertura del procedimento.

5. Organi. – Nel Chapter Eleven una volta che i creditori si sono espressiin ordine al plan, la Corte deve procedere all’omologazione dell’atto. Il ruo-lo rivestito dall’autorita giudiziaria fino a questo momento e piuttosto mar-ginale, essendo previsto solo un suo intervento obbligatorio in occasionedella dichiarazione di divulgazione. In occasione della «confirmation», inve-ce, la Corte assumera una posizione di centrale rilevanza. L’omologazionepuo essere conforme alla volonta dei creditori. Tale ipotesi si realizza, uni-camente, nell’eventualita in cui tutte le classi danneggiate abbiano votato afavore del piano. L’autorita giudiziaria dovra verificare nel corso di un’u-dienza che non ci siano opposizioni proposte dai soggetti interessati e nelcaso in cui ve ne fossero, dovra compiere un esame piu dettagliato sullecondizioni imposte dal piano, valutando che esso sia conforme alle prescri-zioni di legge, che sia presentato in buona fede, che sia realizzabile e che siaconforme alle previsioni legislative (19).

La decisivita dell’intervento della Corte risulta ancor piu evidente nel-l’eventuale esercizio del «cram down power», che si configura nel caso incui una sola, o anche la maggioranza delle classi danneggiate, le unichead avere diritto di voto sul piano, abbiano espresso sfavore nei confrontidel documento (20). La Corte, in questa ipotesi, puo decidere di omologarecomunque il plan, nonostante il dissenso della gran parte del ceto credito-rio (21). Per esercitare questo power e necessario che concorrano determina-te condizioni: la richiesta del proponente del plan, l’accettazione dell’atto daparte di almeno una classe danneggiata, che il documento non sia discrimi-natorio (assicuri, cioe, alle classi danneggiate dello stesso rango un tratta-mento uniforme), che sia giusto ed equo (ciascun creditore non deve rice-

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(19) Ved. C.J. Tabb, op. cit., pag. 848.(20) Ved. A. Jorio, Le crisi d’impresa, Milano, 2000, pag. 44.(21) Ved. M.J. Bonell, La crisi delle tradizionali procedure concorsuali: uno sguardo oltre

frontiera, in Giur. Comm., 1981, I, pag. 690.

vere piu del cento per cento del credito ammesso al passivo). Inoltre, affin-che il cram down si possa concretizzare, e indispensabile che l’organo giu-diziario effettui il «best interest creditor test», valutando che i creditori dis-senzienti non ottengano meno di quanto sarebbe loro spettato in caso diliquidazione del patrimonio dell’insolvente. Tale stima imprescindibile ri-sponde alla filosofia ispiratrice di tutta la procedura di reorganization. Lasostituzione della volonta della Corte all’accordo ed alla soluzione negoziatatra le parti e possibile, solo se e dimostrata la convenienza della soluzioneimposta rispetto ad un’altra alternativa realizzabile.

La legge italiana del ’99 prevede, invece, che il programma redatto dalcommissario straordinario debba ricevere, entro trenta giorni dalla presen-tazione, l’autorizzazione all’esecuzione da parte del Ministero delle AttivitaProduttive. In caso di mancata pronuncia dell’organo amministrativo, entroil termine ulteriore di novanta giorni, l’atto si ritiene approvato. Nell’even-tualita in cui l’atto contenga il ricorso a finanziamenti pubblici o ad altreforme di agevolazioni, soggette all’autorizzazione della Commissione, l’or-gano comunitario e chiamato a pronunciarsi entro centoventi giorni. Se en-tro tale termine non si pronuncia il documento deve ritenersi rigettato.

Un altro organo, la cui partecipazione al Chapter Eleven risulta esseredecisiva, e il Creditor’s Committee, ossia il comitato dei creditori, costituitogeneralmente dai titolari dei sette crediti maggiori tra tutti i chirografa-ri (22). Tra le funzioni svolte dal comitato, le piu significative sono quelledi investigazione sull’operato del debitore (il Creditor’s Committee puo pro-porre la sostituzione dell’imprenditore con un trustee) e la possibilita diproporre un piano di riorganizzazione, in caso di mancata approvazionedi quello del debtor. Tale organo rappresenta la controparte del debitore,l’organismo in grado di controbilanciare i poteri dell’insolvente e la parte,in quanto rappresentativa di coloro che saranno chiamati ad approvare ilprogramma, con cui contrattare il plan proposto (23). Il comitato di sorve-glianza, nell’amministrazione straordinaria, svolge, invece, una funzione diminore rilevanza. Ad esso e assegnato il potere di ispezionare i documentie chiedere in ogni momento chiarimenti all’imprenditore od al commissa-rio; puo proporre la revoca del commissario, svolgendo una funzione pro-pulsiva; i suoi interventi sono, pero, prevalentemente di carattere consulti-vo, dal momento che emette pronunce obbligatorie, ma non vincolanti (24).

6. Finalita. – La fase seguente all’omologazione del piano e quella della

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(22) Ved. C.J. Tabb, op. cit., pag. 784.(23) Ved. L. G. Picone, op. cit., pag. 47.(24) Ved. A. Maffei Alberti, Commentario breve alla legge fallim., Padova, 2000, pag.

1070.

sua esecuzione da parte del debitore, sotto la sorveglianza dell’autorita giu-diziaria. Nel caso in cui tale attivita venga correttamente eseguita, il tribu-nale emettera il «final decree», il provvedimento finale con cui la proceduradeve ritenersi definitivamente chiusa. L’effetto principale della reorganiza-tion e la liberazione del debitore dalle obbligazioni esistenti prima dell’ini-zio del procedimento; liberazione che puo venir accordata sia alle personefisiche che a quelle giuridiche, unicamente se si e portato a termine un pro-gramma di ristrutturazione. In caso di liquidazione del patrimonio (in que-sta ipotesi la discharge puo venire concessa solo alle persone fisiche) o di usoimproprio del Capitolo Undici, per perseguire finalita liquidatorie, l’ordina-mento americano non riconosce il diritto alla discharge. Con tale termine sideve intendere non una cancellazione dei debiti, bensı unicamente un divie-to per i creditori di iniziare azioni esecutive, volte al recupero di un creditoesistente prima dell’apertura del Chapter Eleven (25). Si vuole evitare che icreditori, solo parzialmente soddisfatti o non soddisfatti in base alle previ-sioni del piano, possano procedere contro il debitore. Questo privilegio, ac-cordato al soggetto insolvente, risponde alla volonta del legislatore statuni-tense di garantire al debitore la possibilita di un concreto fresh start, ossia diun nuovo inizio, di una nuova vita imprenditoriale dopo la crisi. Nella stessamisura, anche l’amministrazione straordinaria e diretta a conservare il patri-monio produttivo dell’impresa (26), che abbia determinati requisiti dimen-sionali e che presenti concrete prospettive di recupero (27). L’obiettivo daperseguire non consiste nell’eliminazione dal mercato dell’entita in crisi,bensı nel mantenimento dell’organizzazione insolvente come bene da salva-guardare per la sua rilevanza sotto il profilo occupazionale ed economico.Tuttavia, tale finalita, anziche essere perseguita attraverso una procedurafondata sull’autonomia negoziale delle parti coinvolte, e raggiunta attraver-so una procedura di natura mista, giurisdizionale ed amministrativa, conl’affidamento a ciascuna autorita della difesa di quegli interessi che e mag-giormente in grado di tutelare (28).

7. Decreto Marzano. – Il Consiglio dei Ministri ha approvato il 23 di-cembre 2003 il decreto Marzano, poi convertito in legge nel 2004, mediante

Il diritto fallimentare delle societa commerciali366

(25) Ved. C.J. Tabb, op. cit., 883. Vedi anche Marelli F., Esperienza applicativa e rifor-ma nella procedura di riorganizzazione del diritto fallimentare statunitense, in Riv. trim. dir.proc. civ., 1998, pag. 157.

(26) Ved. A. De Angelis, Le nozioni di impresa ed insolvenza nella nuova legge dell’am-ministrazione straordinaria, in Il Fallim., 2000, pag. 272.

(27) Ved. A. Maffei Alberti, op. cit., pag. 1067. Si veda anche P. Pajardi, Codice delfallimento, Milano, 2001, 1648.

(28) Ved. G. Alessi, L’amministrazione straordinaria delle grandi imprese insolventi, Mi-lano, 2000, pag. 13 e seg.

il quale ha ampliato gli strumenti di risoluzione della crisi di impresa, inparticolare con riferimento ai complessi produttivi di grandissime dimen-sioni. Il provvedimento, ispirato dalla necessita di fornire una risposta im-mediata alla crisi Parmalat, si propone di arginare l’impatto negativo chel’insolvenza di tali complessi industriali puo determinare sul mercato e sul-l’occupazione. L’impianto procedurale del decreto ridistribuisce i compititra l’autorita giudiziaria e quella amministrativa, attribuendo a quest’ultimaincarichi di grande importanza e riducendo, contemporaneamente, l’in-fluenza del giudice. L’accesso alla procedura e consentito alle sole impreseche intendano avvalersi di un piano di ristrutturazione economico-finanzia-rio e che presentino il requisito di almeno mille lavoratori subordinati e diun ammontare di debiti non inferiore ad un miliardo di euro. Legittimato aproporre la domanda di ammissione e esclusivamente l’imprenditore, chedeve presentare la richiesta al Ministro delle attivita produttive. Contempo-raneamente deve essere presentata l’istanza al tribunale, affinche dichiari lostato d’insolvenza. Pertanto, la procedura si apre con un atto amministrati-vo e non con un provvedimento giurisdizionale (29). Il Ministro, valutati irequisiti richiesti dall’art. 1, statuisce con decreto l’ammissione dell’impresaall’amministrazione straordinaria accelerata; dunque, non e piu prevista lafase di osservazione, essendo immediato l’accesso alla procedura. L’accerta-mento dello stato di insolvenza dell’impresa e rimesso al tribunale, il qualedeve provvedervi con sentenza, entro cinque giorni dalla comunicazione deldecreto di apertura, emanato dal Ministro. Nel caso in cui l’autorita giudi-ziaria verifichi l’insussistenza dell’insolvenza o di uno dei presupposti indi-cati all’art. 1 cessano gli effetti del decreto ministeriale. Tra le maggiori in-novazioni, introdotte dalla legge n. 39 del 2004, si puo annoverare l’articolo4 bis (30) che prevede la possibilita, esclusivamente in capo al commissariostraordinario, non anche all’imprenditore od a terzi, di redigere una propo-sta di concordato che contempli la suddivisione in classi dei creditori ed illoro trattamento differenziato (31). L’autorizzazione ministeriale e necessa-ria solo nel caso siano costituite classi diverse, al fine di valutare la corret-tezza dei criteri di formazione. La legittimazione esclusiva del commissarioin materia di proposizione dell’atto, nonche il controllo sulla classificazionedei creditori, che e svolto unicamente dall’autorita amministrativa, suscita

Parte I - Dottrina 367

(29) Ved. G. Alessi, op. cit., pag. 24.(30) Ved. M Fabiani e M. Ferro, Dai tribunali ai ministeri: prove generali di degiurisdi-

zionalizzazione della gestione delle crisi d’impresa, in Il Fallim., 2004, II, pag. 132.(31) Nonche la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei creditori in qualsiasi for-

ma tecnica, in termini di scadenza, di tassi d’interesse e presenza di eventuali garanzie reali epersonali; in particolare, puo essere prevista l’attribuzione ai creditori di azioni o quote, ov-vero di obbligazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari o titoli di debito.

notevoli perplessita (32). Il concordato e approvato se ottiene il voto favore-vole della maggioranza dei creditori ammessi e, se sono previste classi diver-se, e necessario raggiungere la maggioranza all’interno di ciascuna di esse.L’atto sara obbligatorio per tutti i creditori anteriori all’apertura dell’ammi-nistrazione straordinaria. Al tribunale e attribuito, in sede di omologazione,un potere particolarmente incisivo che richiama l’istituto americano delcram down. E, infatti, consentito all’autorita giudiziaria di omologare il pia-no, anche in caso di mancata approvazione di alcune classi (purche la mag-gioranza delle stesse abbia votato a favore), laddove ritenga che la soddisfa-zione che l’atto garantisce non sia inferiore a quella che sarebbe spettata aidissenzienti, in base ad una modalita diversa di risoluzione della crisi «con-cretamente praticabile» (33).

8. L’articolo 182 bis della legge 14 maggio 2005, n. 80. – Un’altra solu-zione negoziale della crisi d’impresa e stata introdotta nel nostro ordina-mento dall’art. 182 bis, contenuto nel decreto legge 14 marzo 2005, n.35, convertito nella legge 14 maggio 2005, n. 80. Tale provvedimento si in-serisce tra quelli predisposti dal Governo per rilanciare la competitivita delnostro Paese e riconosce la facolta, in capo al debitore, di stipulare accordi«di ristrutturazione dei debiti» con i creditori che rappresentino almeno ilsessanta per cento della totalita. L’intesa, raggiunta dalle parti, deve esseredepositata in tribunale, unitamente ad una relazione redatta da un espertosull’attuabilita dello stesso, «con particolare riferimento alla sua idoneita adassicurare il regolare pagamento dei creditori estranei». L’accordo deve es-sere pubblicato nel registro delle imprese (e infatti efficace dal giorno suc-cessivo alla sua pubblicazione), in modo da consentire ai creditori e ad ognisoggetto interessato di proporre opposizione entro trenta giorni. Il tribuna-le provvedera all’omologazione dopo aver deciso eventuali opposizioni. Ta-le previsione normativa ha l’obiettivo di salvaguardare le intese, intercorsetra il debitore ed alcuni creditori, prima che si vada di fronte all’autoritagiudiziaria. Si tratta di un contratto che determina una rinegoziazione delcredito con efficacia limitata ai soggetti che vi hanno partecipato (34). Neldiritto commerciale americano si parla, in riferimento ad ipotesi analoghe,di prepackeged bankruptcy, ossia di un accordo raggiunto con alcuni tra i

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(32) Ved. G. Alessi, L’amministrazione straordinaria accelerata (legge Parmalat), in que-sta Rivista, 2004, 20. Vedi R. Rossi, op. cit., pag. 686.

(33) Ved. M. Santaroni, L’amministrazione straordinaria della impresa grandissima(D.L. 23 dicembre 2003, n. 347, convertito in legge 18 febbraio 2004, n. 39), in Le nuovi leggiciv. comm., 2004, pag. 769.

(34) Ved. L. Panzani, Il D.L. 35/2005, la legge 14 maggio 2005, n. 80 e la riforma dellalegge fallim., www.ipsoa.it, pag. 2.

creditori che non pregiudica, in alcun modo, coloro che non vi hanno ade-rito ed ai quali, invece, deve essere assicurato il «regolare pagamento» dellepretese vantate. La natura negoziale della fattispecie, che rimette all’autono-mia dei soggetti coinvolti la gestione della crisi, si ricava dall’inopponibilitadell’accordo raggiunto ai creditori estranei e dalla previsione di una succes-siva omologazione da parte del tribunale (35).

9. Conclusioni. – L’analisi del sistema americano di risoluzione della cri-si imprenditoriale ci consente di riflettere sull’orientamento del nostro siste-ma concorsuale. In un’economia che si evolve velocemente, alla nascita dinuovi complessi produttivi, si associa fisiologicamente il dissesto di alcunidi essi (36). Il problema da considerare e risolvere consiste nel definire glistrumenti piu idonei a fare in modo che il contesto economico risenta, ilmeno possibile, del verificarsi di tali inefficienze. Lo sviluppo dell’economiae dei mercati ha portato il legislatore italiano a comprendere che l’obiettivoda perseguire non consiste nella disgregazione dei complessi industriali,bensı nella conservazione, per quanto sia possibile, dell’unita produttiva.L’ordinamento fallimentare deve riuscire a garantire interventi spediti e mi-rati. Il nucleo centrale della legislazione in materia di crisi d’impresa devespostarsi dalla tradizionale regolamentazione degli effetti dell’insolvenza al-la predisposizione di strumenti di prevenzione, attraverso i quali, sia possi-bile garantire il contemperamento degli interessi principali coinvolti, cioe latutela del credito e la conservazione delle organizzazioni produttive risana-bili (37). Inoltre, e necessario assicurare un miglior bilanciamento tra leistanze di autonomia negoziale delle parti e le esigenze di salvaguardiadel ruolo dell’autorita giudiziaria.

L’esempio fornito dall’ordinamento americano mostra di dotare le pro-cedure concorsuali della flessibilita ed elasticita propria degli accordi stra-giudiziali in un sistema di certezze e garanzie giudiziali (38). In questo modo,e possibile rendere la procedura piu rapida e maggiormente adattabile allevicende del caso concreto, evitando di imporre alle parti coinvolte tempipiu lunghi e costi maggiori, grazie alla minore rigidita degli schemi seguiti.Il carattere privatistico del Chapter Eleven, fondato sulla libera negoziazio-ne tra le parti, consente di rintracciare un rimedio che assicuri la massima

Parte I - Dottrina 369

(35) Ved. S. Fortunato, L’incerta riforma della legge fallim., in Corr. Giur., n. 5, 2005,pag. 597.

(36) Ved. F. Franchi, Le procedure concorsuali tra nuove frontiere e prospettive di rifor-ma, in questa Rivista, 2004, pag. 101.

(37) Ved. A. Jorio, op. cit., pag. 69.(38) Ved. G. Fauceglia, La procedura di composizione concordata della crisi, in questa

Rivista, 2004, pag. 1406.

soddisfazione senza flessione delle ragioni creditorie, grazie al ruolo di rie-quilibrio nella composizione degli interessi delle parti, svolto dal giudi-ce (39). Il modello, prospettato dalla legge fallimentare statunitense, permet-te all’insolvente di presentarsi come un interlocutore credibile, offrendo aicreditori una soluzione che sia piu vantaggiosa di quella che e possibile ot-tenere attraverso una procedura di liquidazione del patrimonio (40).

Il sistema italiano e, d’altronde, un sistema economico misto, basato sul-la liberta economica individuale e sul potere dello Stato. Tale impianto siriflette nella procedura di amministrazione straordinaria. Le ragioni diuna tale struttura del procedimento sono, dunque, da rintracciarsi nei variinteressi coinvolti, che richiedono il rispetto delle regole di libera concor-renza sul mercato e l’intervento di organi pubblici con forti poteri ammini-strativi. Lo spazio, occupato in Italia dall’autorita amministrativa, sembraessere eccessivo, soprattutto se osservato in un contesto transnazionalenel quale e possibile ravvisare una generale tendenza degli ordinamenti con-corsuali a valorizzare l’autonomia negoziale delle parti nella risoluzione del-la crisi, in un quadro di norme imperative che fissino i confini da rispettarsisenza essere intrusive nelle scelte dei soggetti coinvolti (41).

Sara Butera

Dottore in giurisprudenzaCollaboratrice presso il Ceradi-Luiss ‘‘Guido Carli’’

(‘‘Centro di ricerca per il diritto d’impresa’’)

Il diritto fallimentare delle societa commerciali370

(39) Ved. P.L Nela, Sulla riorganizzazione nel nuovo diritto fallimentare statunitense, inRiv. trim. dir. proc. civ., 1985, pag. 342.

(40) Ved. A. Jorio, op. cit., pag. 69.(41) Ved. A. Gambino, Nuova disciplina societaria e procedure concorsuali tra diritto vi-

gente e prospettive di riforma (in controtendenza), in questa Rivista, 2004, pag. 8.

CONSIGLIO DI SORVEGLIANZA ED ALTA GESTIONENELL’AMMINISTRAZIONE DELLA SOCIETA PER AZIONI

Sommario: 1. Il ruolo del consiglio di sorveglianza nella gestione strategica. – 2. I piani e leoperazioni strategiche. – 3. La natura del potere deliberativo del consiglio di sorveglian-za. – 4. Flessibilita statutaria. – 5. II potenziamento del controllo sul merito della gestio-ne. – 6. Le implicazioni sotto il profilo della responsabilita. – 7. Aspetti sistematici. – 8. Ilruolo del modello dualistico.

1. Il ruolo del consiglio di sorveglianza nella gestione strategica. – Con ild.lgs. 28 dicembre 2004, n. 310, il legislatore interviene nuovamente sul-l’art. 2409-terdecies relativo alle competenze dell’organo di controllo delmodello dualistico di governance (1). In un primo momento, il d.lgs. n. 37del 2004 ha aggiunto al comma 1 di tale articolo la lettera f-bis), con la qualee stato attribuito al consiglio di sorveglianza il potere, ove previsto esplici-tamente dallo statuto, di deliberare «in ordine ai piani strategici, industriali efinanziari della societa predisposti dal consiglio di gestione, ferma in ogni casola responsabilita di questo per gli atti compiuti» (2).

Ora il decreto correttivo n. 310/04 (art. 14) precisa che la prerogativastatutaria del consiglio di sorveglianza non riguarda soltanto i «piani indu-striali e finanziari», ma si estende anche alle «operazioni strategiche». Infatti,con la nuova formulazione della norma – come si legge nella Relazione diaccompagnamento – il consiglio di sorveglianza e chiamato «a deliberarein ordine non solo alle materie contenute nei piani strategici predispostidal consiglio di gestione, ma altresı in tutte quelle operazioni che, per il lorocarattere strategico, risultano di rilevante interesse per la societa».

L’integrazione normativa e in linea con quanto accade nell’ordinamento

(1) Il presente articolo riproduce, con taluni approfondimenti, P.P. Ferraro, ad art.2409-terdecies, in M. Sandulli, V. Santoro e B. Sassani, a cura di, La riforma delle societa,Aggiornamento commentato, II, Torino, 2005, in corso di pubblicazione.

(2) Si veda P. Valensise, ad art. 2409-terdecies, in M. Sandulli, V. Santoro e B. Sas-

sani, a cura di, La riforma delle societa, Aggiornamento commentato, Torino, 2004, 51 seg., ilquale propende per una interpretazione restrittiva di tale disposizione.

tedesco (§ 111, abs. 4, Aktiengesetz) e in quello francese (Article L. 225-68,comma 2, Code de commerce), che contemplano, rispettivamente, il primoobbligo ed il secondo le facolta di prevedere nello statuto l’autorizzazionedel consiglio di sorveglianza su determinati atti di particolare importanza.

Analoga disposizione e rinvenibile anche nella disciplina del sistemadualistico previsto per la societa europea: in particolare, il regolamento co-munitario n. 2157/2001 demanda allo statuto il compito di stabilire qualicategorie di operazioni devono essere autorizzate dall’organo di vigilanza(e tuttavia facolta degli Stati membri stabilire che l’organo di vigilanza possadi per se subordinare ad autorizzazione determinate categorie di operazio-ni).

La modifica normativa costituisce il punto di arrivo di un tormenta-to percorso di affinamento delle funzioni del consiglio di sorveglianza,che ne ha rafforzato la centralita nell’ambito della corporate governance.In tal senso, entrambi gli interventi normativi succedutisi nel 2004 han-no progressivamente attribuito al consiglio di sorveglianza quelle fun-zioni di «alta gestione», assenti nell’originaria configurazione normati-va (3), avvicinando sempre di piu tale organo al modello tedesco di ri-ferimento.

D’altra parte, uno dei rilievi mossi al consiglio di sorveglianza, all’indo-mani dell’introduzione del sistema dualistico nell’ordinamento italiano (4),era quello di presentarsi come una sorta di duplicato del collegio sindacale,ben lontano dall’Aufsichtsrat tedesco, che invece rappresenta una vera epropria propagazione dell’organo amministrativo (5). E non sono mancatitentativi di attribuire comunque al nuovo organo di controllo un ruolo diindirizzo strategico, attraverso una ricostruzione sistematica delle normead esso relative (6).

Pertanto, la nuova versione della disposizione contenuta nella lettera f-bis) consente, in termini decisamente piu ampi rispetto alla precedente, ilcoinvolgimento del consiglio di sorveglianza nella gestione, con la possibi-lita di attribuirgli, attraverso una previsione statutaria, rilevanti funzioni di«direzione strategica», che ora non e piu solo limitata agli indirizzi generali,

Il diritto fallimentare delle societa commerciali372

(3) L’originario «progetto Mirone» – diversamente dalla successiva legge delega 3 otto-bre 2001, n. 366 – prevedeva l’attribuzione al consiglio di sorveglianza di compiti di «indi-rizzo strategico della societa».

(4) Fra gli altri, S. Fortunato, I «controlli» nella riforma del diritto societario, in Le so-cieta, 2002, 1323 seg.

(5) Cfr. P. Abbadessa, Organizzazione della funzione amministrativa nella societa perazioni: esperienze straniere e prospettive di riforma, in Riv. soc., 1970, 1239.

(6) In tal senso, L. Schiuma, ad artt. 2409-octies e ss., in M. Sandulli e V. Santoro, acura di, La riforma delle societa, I, Torino, 2003.

ossia ai piani industriali e finanziari, ma puo anche essere a contenuto spe-cifico, investendo direttamente le operazioni di rilievo strategico (7).

2. I piani e le operazioni strategiche. – Occorre, a questo punto, affron-tare taluni problemi ricostruttivi che incidono, in maniera piu o meno de-terminante, sulla reale portata della modifica normativa realizzata con ild.lgs. n. 310/04.

Non si registrano significative novita con riguardo ai «piani» presi inconsiderazione dalla norma. E appena il caso di rilevare che, venuto menoil riferimento testuale al loro carattere strategico, si potrebbe pensare ad unampliamento della competenza statutaria del consiglio di sorveglianza inmerito agli stessi, i quali, purche siano industriali o finanziari, potrebberoanche non essere strategici. Tuttavia, tale soluzione assume rilievo margina-le – tenuto conto che normalmente (specie nelle imprese di maggiori di-mensioni) la pianificazione e un momento fondamentale della gestione stra-tegica (8) – e, in ogni caso, mal si concilia con la ratio della disposizione nor-mativa in questione, che mira ad assicurare un potere di alta gestione in ca-po al consiglio di sorveglianza. Peraltro, la stessa Relazione di accompagna-mento al decreto n. 310/04 conferma chiaramente la competenza dell’orga-no di controllo a deliberare in ordine «alle materie contenute nei piani stra-tegici». Pertanto, l’ingerenza del consiglio di sorveglianza e indirizzata in-nanzitutto ai programmi e alle linee della politica gestionale, agli orienta-menti da seguire nell’attivita d’impresa.

Maggiore attenzione merita, invece, l’estensione del potere deliberativodel consiglio di sorveglianza alle «operazioni strategiche». Si pone il proble-ma di individuare quali siano le operazioni di carattere strategico cui fa ri-ferimento la nuova formulazione della norma.

A tal fine, assume rilevanza centrale il concetto di «strategia aziendale»,che puo essere inteso – sia pure nelle diverse accezioni accolte dalle scienzeaziendalistiche (9) – come la capacita del (top) management di individuare,in una visione di lungo periodo, gli scopi prioritari dell’impresa e di predi-sporre le linee generali e i mezzi per conseguirli.

Parte I - Dottrina 373

(7) Evidenzia l’ampliamento consistente del potere del consiglio di sorveglianza E. San-

ti, ad art. 2409-terdecies, in A. Maffei Alberti, a cura di, Il nuovo diritto delle societa, II,Padova, 2005, 1167.

(8) La pianificazione (formale) puo essere intesa come la formalizzazione della strategiain documenti programmatici. Sul punto, A.D. Chandler, Strategy and Structure. Chapters inthe History of the American Industrial Enterprise, Cambridge, 1962; H. Mintzberg, The Riseand the Fall of Strategic Planning, in Harvard Business Review, January-February, 1994.

(9) Nella vastissima letteratura, si vedano A.C. Hax, N.S. Majluf, The Strategy Con-cept and Process: a pragmatic approach, New York, 1991; CH. D. Hofer, D. Schendel,

Strategy Formulation: Analytical Concepts, St. Paul, 1978.

In una prospettiva dinamica, la «gestione strategica» e volta ad assume-re quelle scelte caratterizzanti per l’impresa, anche in termini di sviluppo,innovazione ed adeguamento rispetto al mutamento continuo delle condi-zioni ambientali interne ed esterne all’impresa, al fine di sostenere ed incre-mentare il vantaggio competitivo.

In tal senso, acquistano oggettivamente rilevanza strategica quelle ope-razioni che, sulla base di una valutazione ex ante, sono destinate a riflettersiin maniera diretta e significativa sugli obiettivi prioritari dell’impresa, sulsuo modo di essere e di porsi nel mercato.

A tal proposito, come emerso dal dibattito istituzionale, un importantepunto di riferimento per stabilire la rilevanza strategica delle operazioni ecostituito dai piani industriali e finanziari predisposti dall’organo ammini-strativo, sussistendo fra operazioni e piani una relazione funzionale di mez-zo a fine (10).

Pertanto, mentre determinate tipologie di operazioni possono essereconsiderate (salvo casi particolari) di per se strategiche, come quellestraordinarie (trasformazione, fusione e scissione), per altre operazioni,invece, occorre verificarne in concreto il carattere strategico, tenutoconto di una serie di elementi, come il settore operativo della societa,la sua collocazione sul mercato, le sue dimensioni e la relativa strutturaorganizzativa e finanziaria.

Si puo ritenere, comunque, sia pur con una certa approssimazione, cherientrano nella nozione normativa quelle decisioni aziendali che comporta-no conseguenze di notevole portata per l’impresa, come ad esempio impor-tanti acquisizioni, costituzione di societa figlie o di patrimoni destinati, crea-zione di un nuovo stabilimento industriale, assunzione di ingenti finanzia-menti e cosı via. Ma puo assumere rilevanza strategica anche l’acquisto diun brevetto o di know-how, come quando l’impresa sia orientata da unastrategia di diversificazione.

Ad ogni modo, tenuto conto della difficolta di definire in modo univocoed assoluto il concetto di strategia, sarebbe opportuno indicare nello statu-to, quanto meno per categorie, le operazioni di maggiore rilievo per le qualie richiesta la deliberazione del consiglio di sorveglianza. In alternativa, lo

Il diritto fallimentare delle societa commerciali374

(10) Come si legge in appendice alla Relazione di accompagnamento al decreto n. 310/04, l’osservazione [lett. e)] della Camera dei Deputati, che invitava a valutare «l’opportunitadi definire in termini piu stringenti la nozione di operazione strategica, la quale risulterebbealtrimenti sostanzialmente rimessa alle scelte discrezionali eventualmente operate dallo statu-to della societa», non e stata accolta in quanto la nozione di operazione strategica appare suf-ficientemente definita in se, utilmente interpretabile alla luce del successivo riferimento ai«piani» e, comunque, non e sembrato opportuno fornire una definizione che irrigidisca invia generale la fattispecie.

statuto potrebbe anche rimettere allo stesso consiglio di sorveglianza la se-lezione preventiva di quelle operazioni di «interesse primordiale».

A questo punto, ci si potrebbe chiedere se fosse possibile delimitare, invia statutaria, la competenza del consiglio di sorveglianza soltanto alle ope-razioni strategiche oppure, in alternativa, ai piani industriali e finanziari, se-lezionando cosı in maniera piu specialistica l’area di incidenza dell’organoin esame. La risposta al quesito deve essere senz’altro negativa, giacche laformula adoperata – dal contenuto sostanzialmente descrittivo – lascia in-tendere la volonta del legislatore di riferirsi a tutte quelle attivita ricondu-cibili nell’ambito della gestione strategica dell’impresa (11). Cio vuol dire,in altri termini, che i concetti di operazione strategica e di pianificazione(industriale e finanziaria), in qualche modo, sono complementari nel defini-re i margini del potere del consiglio di sorveglianza in merito alla gestione.

3. La natura del potere deliberativo del consiglio di sorveglianza. – Si po-ne, poi, l’esigenza di definire con precisione le modalita procedimentali at-traverso cui si estrinsecano le prerogative (statutarie) riconosciute al consi-glio di sorveglianza dalla lettera f-bis) dell’art. 2409-terdecies. In particolare,e necessario accertare la natura e i contenuti della specifica competenza de-liberativa di tale organo, dovendosi chiarire se questa sia limitata ad unamera approvazione delle scelte strategiche o se, piuttosto, contempli ancheun potere piu ampio, in particolare di impulso e di elaborazione, e ancora setale competenza operi in termini equivalenti per le operazioni e per i piani.

In ordine ai piani, nonostante la norma parli genericamente di delibera-zione del consiglio di sorveglianza, non vi e dubbio che la competenza delconsiglio di sorveglianza sia soltanto autorizzatoria, dal momento che e te-stualmente confermato che i piani devono essere «predisposti» dal consigliodi gestione.

Qualche incertezza si potrebbe porre, invece, per le operazioni strategi-che, potendosi sostenere, data la formulazione della norma, che il periodo«predisposti dal consiglio di gestione» vada riferito soltanto ai piani indu-striali e finanziari e non anche alle operazioni di natura strategica. D’altra

Parte I - Dottrina 375

(11) Da un punto di vista concettuale, si tende a distinguere tre livelli in cui si articola lagestione strategica: corporate, business e funzionale. L’impresa, infatti, deve, innanzi tutto,scegliere i settori o le aree di affari in cui operare secondo una strategia complessiva (corpo-rate), ma deve anche stabilire i comportamenti da assumere nei confronti della concorrenza inciascuna delle aree di affari prescelte. Le strategie competitive definiscono, appunto, gliobiettivi e le politiche da adottare per fronteggiare la concorrenza ed acquisire la clientela,puntando sui vantaggi competitivi conseguibili. A livello sottostante si pongono, poi, le stra-tegie funzionali (strategie di produzione, di vendita, di finanza, ecc.), che debbono esserestrumentali rispetto alle strategie competitive prescelte. Per esse si potrebbe parlare di stra-tegie operative, visto che riguardano le modalita di attuazione delle funzioni di gestione.

parte, la stessa Relazione al d.lgs. n. 310/04 formalmente distingue i pianipredisposti dal consiglio di gestione e le operazioni strategiche. Una similericostruzione avrebbe significative implicazioni sistematiche. Infatti, le ope-razioni strategiche potrebbero essere non solo semplicemente approvate dalconsiglio di sorveglianza, ma anche direttamente decise ed elaborate da taleorgano, con la conseguenza che in questo caso gli amministratori avrebberouna competenza meramente esecutiva.

L’interpretazione, tuttavia, non e condivisibile in quanto si pone in pa-lese contrasto con l’art. 2409-novies, comma 1, secondo cui «la gestione del-l’impresa spetta esclusivamente al consiglio di gestione, il quale compie le ope-razioni necessarie per l’attuazione dell’oggetto sociale».

Pertanto, malgrado la formulazione poco felice della norma introdottanel 2004, occorre propendere per una soluzione piu rigorosa, nel sensoche non si puo attribuire al consiglio di sorveglianza una competenza piuampia di quella autorizzatoria, che si sostanzia in un potere di veto rispettoalle iniziative del consiglio di gestione (12), come confermato dal confrontocomparativo con le discipline del sistema dualistico presenti in altri ordina-menti e nel regolamento della societa europea. Peraltro, cio risponde ad unapiu corretta ricostruzione letterale della norma: infatti, sul piano ermeneu-tico, come e pacificamente riconosciuto, un verbo (cosı come un aggettivo)che segue due termini si presume riferito ad entrambi, a meno che non visia un’evidente incompatibilita o contraddittorieta.

La ricostruzione proposta implica inoltre una delimitazione del poteredeliberativo del consiglio di sorveglianza alle sole materie di competenzadegli amministratori, per cui a rigore e da escludere che fra le operazioniprese in considerazione dalla norma possano essere ricomprese anche quel-le di competenza assembleare, nonostante le stesse possano avere una rile-vanza strategica (si pensi ad una trasformazione finalizzata ad acquisire be-nefici di regimi normativi di favore, ad una fusione opportuna per aumen-tare la competitivita sul mercato, ad una scissione giustificata da esigenze diriorganizzazione aziendale, nonche alle diverse manovre difensive volte acontrastare un’o.p.a. ostile). Si puo, tuttavia, sostenere che rispetto a questotipo di operazioni strategiche, il potere di veto del consiglio di sorveglianzapuo operare, se previsto dallo statuto, soltanto nella fase preassembleare dicompetenza degli amministratori, i quali devono assicurarsi l’adesione del-l’organo di controllo, prima di sottoporre le proprie iniziative e determina-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali376

(12) Com’e noto, un’interpretazione restrittiva tendeva a prevalere in dottrina anche conriguardo al previgente art. 2364, comma 1, n. 4: si vedano, fra gli altri, F. Bonelli, Le diret-tive dell’assemblea agli amministratori di societa per azioni, in Giur. comm., 1984, I, 5; F.

Corsi, Poteri dell’assemblea e poteri del consiglio di amministrazione in rapporto all’art.2364, n. 4 cod. civ., in Foro it., 1974, I, 136.

zioni all’approvazione dell’assemblea. In questi termini la norma in questio-ne puo trovare applicazione, tenuto conto che tutte le operazioni sociali dirilevanza strategica, comprese quelle di competenza assembleare, sono «pre-disposte» dagli amministratori.

4. Flessibilita statutaria. – Precisata la natura autorizzatoria della delibe-razione in materia gestionale contemplata dall’art. 2409-terdecies, lett. f-bis),non e da escludere che, entro i limiti indicati, lo statuto possa modulare ilpotere deliberativo del consiglio di sorveglianza. In tal senso, sarebbe pos-sibile attribuire in via statutaria all’organo di controllo una competenza me-ramente consultiva (generale o per taluni atti), consistente nella predisposi-zione di pareri non vincolanti. Pertanto, anche sotto questo profilo, sarebbeopportuno specificare con precisione nello statuto la natura del potere de-liberativo del consiglio di sorveglianza e i relativi contenuti.

Tuttavia, la differenza fra autorizzazione e parere (non vincolante), purrestando ferma da un punto di vista concettuale, si ridimensiona sensibil-mente sul piano pratico non avendo una significativa incidenza sulla rile-vanza esterna dell’operato del consiglio di gestione, secondo quanto dispo-sto dall’art. 2384, comma 2: infatti, anche l’atto compiuto dall’organo am-ministrativo senza l’autorizzazione del consiglio di sorveglianza resta piena-mente valido ed efficace nei rapporti esterni per l’inopponibilita ai terzi del-le limitazioni statutarie ai poteri degli amministratori, salvo l’ipotesi dell’ex-ceptio doli. Invece, tale condotta degli amministratori rileva solo sul pianointerno, esponendoli alla revoca per giusta causa e all’azione di responsabi-lita, oltre che alle denunzie di cui agli artt. 2408 e 2409.

5. Il potenziamento del controllo sul merito della gestione. – In definitiva,e bene ribadirlo, la disposizione non determina la possibilita di attribuire alconsiglio di sorveglianza la gestione della societa, che rimane ai sensi dell’art.2409-novies, comma 1, prerogativa esclusiva del consiglio di gestione, ma co-stituisce un importante strumento di rafforzamento del potere di vigilanzadel consiglio di sorveglianza (13). Pertanto, la regola introdotta dal d.lgs. n.37/04 e la sua modifica realizzata con il d.lgs. n. 310/04 incidono sulla fun-zione di controllo nel senso che, con la specifica previsione statutaria, assu-me in maniera piu decisa i caratteri di un vero e proprio controllo di meritosull’operato degli amministratori, gia di per se deducibile da una lettura si-stematica della disciplina legale del modello dualistico (14). Un controllo sulmerito della gestione che, tuttavia, se rispetto all’originario assetto normati-

Parte I - Dottrina 377

(13) Cfr. AA.VV., Diritto delle societa, Milano, 2005, 244.(14) Cosı L. Schiuma, ad artt. 2409-octies e ss., cit., 707.

vo del 2003 non poteva che essere di tipo successivo, quale logica conse-guenza del ruolo rivestito dal consiglio di sorveglianza e del rapporto inter-corrente fra gli organi del modello dualistico (in primis per quanto riguardala revocabilita ad nutum degli amministratori), a seguito dell’introduzionedella lettera f-bis) puo diventare per scelta statutaria un controllo (anche)di tipo preventivo (o concomitante), ora particolarmente ampliato e resopiu penetrante con la previsione della competenza del consiglio di sorve-glianza a deliberare in ordine ai singoli atti di gestione di interesse strategico.

Ne consegue che, per quanto la decisione delle operazioni di maggioreimportanza e la predisposizione dei piani rientrino nella competenza delconsiglio di gestione, di fatto le operazioni strategiche, i programmi e le li-nee della politica gestionale, gli orientamenti da seguire nell’attivita d’im-presa sono in ultima analisi condizionati dal consiglio di sorveglianza, chene controlla l’attuazione e puo revocare coloro che sono preposti alla loroesecuzione (15). Cio finisce per determinare un confronto dialettico costantefra i due organi professionali della societa sulle scelte gestionali e sulla loroattuazione, secondo un modello di governance non lontano da una logica diconcertazione.

6. Le implicazioni sotto il profilo della responsabilita. – Il peculiare asset-to che caratterizza il rapporto fra gli organi del sistema dualistico, anche inbase a come si viene a configurare in concreto, ha poi significative ripercus-sioni sul piano della responsabilita.

Innanzi tutto, si configura una responsabilita degli amministratori qua-lora abbiano operato in mancanza, ove prescritta, della deliberazione delconsiglio di sorveglianza, il quale, peraltro, e direttamente legittimato adesercitare nei loro confronti l’azione sociale di responsabilita (art. 2409-ter-decies, comma 1, lettera d)).

La norma in esame, poi, ha cura di precisare che, anche in presenza del-l’adesione dell’organo di controllo, resta ferma in ogni caso la responsabilitadel consiglio di gestione per gli atti compiuti, analogamente a quanto avvie-ne nel sistema tradizionale per le deliberazioni assembleari relative al com-pimento di atti di gestione ai sensi dell’art. 2364, comma 1, n. 5. Pertanto,dal momento che, pur in presenza della delibera del consiglio di sorveglian-za, gli amministratori rispondono comunque per gli atti compiuti (cosı co-me per le omissioni), ne consegue che, una volta chiesto e ottenuto che l’or-gano di controllo prenda posizione rispetto a un determinato atto di gestio-ne, resta fermo un potere-dovere degli amministratori di valutarne l’oppor-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali378

(15) In tal senso «il consiglio di sorveglianza puo condizionare in modo significativo lagestione»: E. Santi, ad art. 2409-terdecies, cit., 1168.

tunita o meno. Tuttavia, un disallineamento dell’amministratore rispetto al-le posizioni del consiglio di sorveglianza puo determinarne la revoca, qua-lora venga alterato il rapporto fiduciario (16).

Ovviamente, il coinvolgimento gestionale del consiglio di sorveglianzaimplica, secondo quanto stabilito dal penultimo comma dell’art. 2409-terde-cies, una corrispondente espansione della responsabilita dei suoi mem-bri (17), che tende ad assumere i tratti di una vera e propria responsabilitaper mala gestio (18).

7. Aspetti sistematici. – Sotto altro profilo, si pone un problema di coor-dinamento della disposizione normativa in esame con quella relativa agli or-gani amministrativi delegati di cui all’art. 2381, comma 3, applicabile al mo-dello dualistico in virtu del rinvio operato dall’art. 2409-novies, comma1 (19). Mentre, infatti, la norma sulle competenze del consiglio di sorveglian-za prevede che operazioni e piani strategici sono predisposti dal consiglio digestione, l’art. 2381, comma 3, stabilisce che, nel caso in cui tali operazionie piani siano oggetto di delega, il consiglio di amministrazione e tenuto adesaminarli. Pertanto, in relazione al sistema dualistico, dalla combinazionedelle suddette norme si ricava che, qualora sia attribuita agli organi delegatila competenza ad elaborare operazioni e piani strategici, il consiglio di ge-stione deve solo provvedere ad esaminarli ai sensi dell’art. 2381, comma 3, eal consiglio di sorveglianza puo essere attribuito il potere di deliberare su diessi in forza dell’art. 2409-terdecies, comma 1, lett. f-bis). E chiaro che inqueste ipotesi, per quanto non venga alterata la sequenza procedimentaledel rapporto fra delegante e delegato, si impone in sostanza un intenso con-fronto reciproco fra tutti gli organi coinvolti.

Sempre sul piano del coordinamento normativo, l’espressa previsionedella possibilita di conferire al consiglio di sorveglianza un potere di inge-renza nella gestione consente di escludere senz’altro l’applicazione dell’art.2364, comma 1, n. 5) al modello dualistico, in quanto una competenza ge-storia in capo all’assemblea ordinaria non si giustifica e mal si concilia con lecaratteristiche tipologiche di tale modello (20).

Parte I - Dottrina 379

(16) Sara da verificare se la rimozione dell’amministratore per il venir meno della «fidu-cia» si configuri in termini di revoca per giusta causa, pur in assenza di un inadempimento: intal senso tende a orientarsi la giurisprudenza (cfr. Cassazione, 21 novembre 1998, n. 11801,in Giur. it., 1999, 562; Tribunale Napoli, 10 maggio 2001, in Giur. comm., 2002, II, 495).

(17) Cosı P. Valensise, ad art. 2409-terdecies, cit., 53.(18) Si tenga presente che i consiglieri di sorveglianza potrebbero essere chiamati a ri-

spondere anche per culpa in eligendo.(19) Sul punto, V. Cariello, La disciplina «per derivazione» del sistema di amministra-

zione e controllo dualistico, in Riv. soc., 2005, 80 seg.(20) In senso conforme, F. Pasquariello, ad artt. 2364-2366, in A. Maffei Alberti,

8. Il ruolo del modello dualistico. – E evidente che nella nuova prospet-tiva il sistema dualistico si propone come un modello di amministrazione econtrollo veramente alternativo rispetto agli altri due sistemi di corporategovernace (tradizionale e monistico). Infatti, la possibilita di attribuire inci-sivi poteri cogestori all’organo di controllo non e rinvenibile ne per il col-legio sindacale, ne tanto meno per il comitato interno per il controllo sullagestione (21). In sostanza, e proprio sul piano della funzione di indirizzostrategico del consiglio di sorveglianza che il modello dualistico potrebbeesprimere le maggiori potenzialita applicative, non potendo piu essere con-siderato una mera variante del modello tradizionale. Si presenta, infatti,congeniale a strutture societarie connotate da un compatto e attivo gruppodi comando, eventualmente a carattere familiare (22), consentendo di con-centrare i poteri di indirizzo strategico in un organo professionale di ver-tice, nel quale siedono gli azionisti di controllo o i loro rappresentanti (23).

Al tempo stesso, il modello in questione, oltre a trovare utile impiegoper iniziative imprenditoriali a vocazione transnazionale, potrebbe rappre-sentare la forma di governo societario elettiva delle societa di gruppo e diquelle quotate, per la loro fisiologica propensione a un netto distacco frala base azionaria e il gruppo di comando, con un potenziamento del ruolodi quest’ultimo e un affievolimento delle prerogative proprietarie di naturacorporativa.

Pietro Paolo Ferraro

Ricercatore nell’Universita di Napoli

Il diritto fallimentare delle societa commerciali380

a cura di, Il nuovo diritto delle societa, I, Padova, 2005, 448 seg. Contra G.A. Rescio, L’as-semblea e le decisioni dei soci, in AA.VV., Il nuovo ordinamento delle societa, Milano, 2004,93.

(21) Coerentemente, il consigliere di sorveglianza, a differenza del sindaco, non gode distabilita reale, dal momento che, come qualunque amministratore, e liberamente revocabile(fermo restando l’obbligo di risarcimento del danno in assenza di giusta causa).

(22) In tal senso, B. Libonati, Diritto commerciale, Milano, 2005, 412; M.C. Breida,

ad art. 2409-duodecies, in G. Cottino, G. Bonfante, O. Cagnasso, P. Montalenti,

Il nuovo diritto societario, II, Bologna, 2004, 1170.(23) In proposito, si vedano anche le peculiarita relative alla composizione del consiglio

di sorveglianza, e in particolare le novita introdotte dal d.lgs. n. 310/04 con riguardo all’art.2409-duodecies: cfr. P.P. Ferraro, ad art. 2409-duodecies, in M. Sandulli, V. Santoro eB. Sassani, a cura di, La riforma delle societa, Aggiornamento commentato, II, Torino, 2005,in corso di pubblicazione.

PROBLEMI DELLA PRATICA

REVOCATORIA DELLE RIMESSE BANCARIEED ESENZIONI DALLA REVOCATORIA A FRONTE

DI PIANI DI RISANAMENTO: PROFILI TECNICO-AZIENDALISTICI

Sommario: 1: La revoca delle rimesse in c/c. – 2. Le esenzioni della revocatoria a fronte dipiani di risanamento. – 3. Questioni penali ed aspetti processuali del piano ex art. 67.

1. La revoca delle rimesse in c/c. – La disciplina della revocatoria falli-mentare delle rimesse in conto corrente, nel regime anteriore alla modificadi cui all’art. 2 del D.L. 14 marzo 2005 n. 35, era di derivazione giurispru-denziale. Il dato normativo (art. 67, comma 2, legge fallim.), molto succinto,prevedeva la revoca, sussistendone le condizioni, dei pagamenti eseguitinell’anno anteriore alla dichiarazione di fallimento. Tuttavia mentre nelletransazioni commerciali la configurazione del pagamento e chiara, non cosıpuo dirsi per i versamenti su di un conto corrente. La Cassazione (1), dopoun iter tormentato e contradditorio, era finalmente pervenuta, nel 1982, adare una disciplina che era coerente con le clausole pattizie contenute neicontratti standard dell’ABI (art. 7 NUB c. 6). Secondo tali contratti, le som-me a debito del cliente, che non siano coperte da affidamento, sono imme-diatamente esigibili con la conseguenza che ogni versamento del cliente in-tegra giuridicamente un pagamento, nella misura in cui elimina o riduceuno scoperto. Era, quindi, necessario distinguere fra conto scoperto e contopassivo, in quanto solo nel primo caso la rimessa sarebbe stata revo-cabile (2).

(1) Cassazione, 18 ottobre 1982, n. 5413.(2) Le somme ricevute dalla banca, in ipotesi di conto passivo, determinano invece so-

lamente variazioni quantitative del saldo aventi la funzione di integrare la provvista a dispo-sizione del correntista per lo svolgimento di successive operazioni. Al riguardo si ricorderache le rimesse affluite su di un conto scoperto andavano, prioritariamente, imputate allo sco-perto e poi al saldo passivo, in applicazione del principio di legge secondo cui in mancanza didiversa dichiarazione, se il creditore riceve un somma di danaro dal proprio debitore, questava imputata al debito scaduto (art. 1193, comma 2, cod. civ.).

Un ruolo fondamentale, per la determinazione delle rimesse revocabili,era giocato dall’affidamento, che, come noto, tanti problemi aveva determi-nato. Ne conseguiva un fondamentale corollario: la rimessa andava scompo-sta nella componente che ripianava lo scoperto ed in quella che ripristinavala provvista. Poteva risultarne che la rimessa era completamente solutoria,ovvero ripristinatoria o avente entrambe queste caratteristche. Ogni opera-zione andava dunque considerata singolarmente (3). Il concetto di scompo-sizione della rimessa, e importante perche, come si vedra, mantiene la pro-pria validita anche nella novellata disciplina della revocatoria.

In modo rivoluzionario, la nuova disciplina prevede, comma 3-lettera b,che le rimesse sul c/c non siano soggette alla revocatoria, salvo che, in viad’eccezione, abbiano ridotto, in maniera consistente e durevole, l’esposizio-ne debitoria del fallito nei confronti della banca. La norma pone parecchiequestioni, fra cui le piu importanti attengono alla sua ambiguita ed al pro-blema logico-aritmetico d’identificazione delle rimesse revocabili. Quantoal primo aspetto occorre considerare che le terminologie usate dal legislato-re sono atecniche ed incerte, volta che non sono definiti concetti importantiquali: rimesse, e tale mancanza causera, almeno inizialmente, un nutritocontenzioso. Secondo talune interpretazioni, che condivido e ritengo cor-rette, la rimessa costituisce sempre e comunque un pagamento. Lo suggeri-sce la previsione della revoca quando i requisiti di consistenza e durevolezzasiano stati concretamente integrati nella fattispecie considerata. La pregres-sa giurisprudenza allocava, invece, la rimessa al genus dei pagamenti in fun-zione della scopertura del conto, facendole assumere, negli altri casi, valen-za neutra perche ripristinatoria del fondo provvista sul c/c. (4). Tale rico-struzione ha rilevanti conseguenze, volta che il tema dell’affidamento, nellanuova disciplina non dovrebbe piu presentarsi, in quanto ora si tiene contodell’esposizione debitoria senza distinguere piu fra conto scoperto e contopassivo.

Se la precedente ricostruzione e esatta, allora nel nuovo sistema biso-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali382

(3) La Corte di Cassazione, ha sempre insegnato che tutte le operazioni sul conto cor-rente (anche quelle effettuate nella stessa giornata) danno vita, ad autonome operazioni daconsiderare singolarmente ai fini dell’individuazione delle rimesse solutorie. Ne consegueche non puo nell’atto di citazione chiedersi la revoca di una quantita differenziale, quale ildelta fra il saldo massimo debitore e quello risultante a debito del correntista alla data di fal-limento. V. Cassazione, 18 aprile 1984, n. 2548, in Il Fallimento, 1984, pag. 1359.

(4) Conformi: Guglielmucci L., La nuova normativa sulla revocatoria delle rimesse inconto corrente, in questa Rivista, n. 5, pag. 805-808, 2005; Bonfatti S., La disciplina dell’a-zione revocatoria nella nuova legge fallim. e nei fallimenti immobiliari, Ipsoa, pag. 122-124,2005; contra: Panzani L., Il D.L. 35/2005 e la riforma della legge fallim., 2005, www.falli-mento.it. Questo autore ritiene che le distinzione fra conto scoperto e passivo sia ancora va-lida nel nuovo regime.

gnera procedere, prioritariamente, all’individuazione, non agevole, di quellerimesse, meglio di quella parte della rimessa, che determinano (determina)una riduzione durevole del debito del cliente. Nell’ambito di ogni rimessaoccorrera pertanto distinguere fra la componente che produce una durevo-le riduzione del debito e quella che invece non la determina. Accertata ladurevolezza, occorrera valutare se la riduzione rilevata sia stata consistente.Tale ultima questione determinera controversie ed inevitabili prolungamen-ti delle liti, dato che la legge non fornisce un criterio o parametro che lamisuri. Non si comprende chiaramente poi, se la consistenza vada valutatacon riferimento ad ogni rimessa o al cumulo delle rimesse, potendo ben ve-rificarsi che il frazionamento dei rientri faccia apparire non apprezzabile cioche invece e tale nella risultanza complessiva. A mio avviso la formulazionedella lettera legislativa suggerisce che la via corretta sia la seconda, in quan-to il testo dispone l’esenzione dalla revocatoria delle rimesse, non della ri-messa, che non abbiano determinato una riduzione consistente e durevoledel debito del correntista. Il parametro va quindi riferito all’insieme delleoperazioni e non a ciascuna di esse singolarmente considerata. Al riguardoe stato, correttamente, sostenuto (5) che sono certamente revocabili le ri-messe che hanno prodotto un rientro programmato, di norma rateale, del-l’esposizione nel quale caso il giudizio sulla consistenza sara agevolato stan-te la necessita di valutare l’insieme. Spettera naturalmente al Giudice ilcompito di dare una risposta a questo problema.

Dopo tale premessa ritengo utile, al fine di ricostruire la nuova norma-tiva, tracciare una serie di riflessioni enunciate nella forma di corollari:

a) il versamento intermedio fra due saldi debitori di cui il secondo siapiu elevato del primo, non assume il carattere di durevolezza richiesto dallalegge. Ne consegue che esso non appare suscettibile di revocatoria;

b) se, in un determinato periodo, il conto presenta una sequenza cre-scente di saldi debitori, le rimesse effettuate nel relativo arco temporale di-fettano del requisito della durevolezza e quindi della revocabilita;

c) poiche, almeno di regola, il conto corrente presenta saldi oscillanti,tutte le rimesse effettuate in epoca antecedente a quella in cui si e verificatoil picco massimo dell’esposizione di conto corrente, non sono assoggettabilialla revocatoria;

d) il saldo finale del conto corrente fornisce una misura incontrovertibi-le della definitivita, e quindi della durevolezza, della riduzione di precedentisaldi debitori tenuto anche conto che il periodo sospetto e breve (sei mesi).

Se le precedenti annotazioni sono esatte, ne consegue che la somma del-le rimesse configuranti una diminuzione durevole dell’esposizione debito-

Parte I - Dottrina 383

(5) Bonfatti S., op. cit., pag. 128.

ria, e data dalla differenza fra il massimo scoperto del conto ed il suo saldofinale alla data di fallimento (criterio del differenziale). Tale grandezza puoessere assunta quale parametro di verifica, cioe una sorta di prova del nove,della correttezza del calcolo delle singole rimesse revocabili che, come giadetto, va effettuata autonomamente. Alternativamente, si puo utilizzare ilcriterio del differenziale per conoscere in via immediata, e senza svolgerecalcoli laboriosi, il quantum revocabile ed alla luce di tale risultato indivi-duare le singole operazioni impugnabili. Cio aiuta ad evitare errori, a volteinsidiosi, nella ricostruzione delle singole rimesse revocabili. Le precedentiosservazioni indicano che la nuova formulazione presenta una problematicamatematicamente interessante che sarebbe senz’altro utile approfondire,per studiare l’eventuale generalizzazione di una formulazione algebricadel problema. Cio, ovviamente, spiana la strada per la sua soluzione com-puterizzata.

Questa impostazione, riguardante la determinazione dell’importo dure-vole dell’esposizione debitoria, e stata costruita indipendentemente dall’u-tilizzo della formulazione contenuta nel nuovo articolo 70 comma 3 che, re-lativamente agli atti estintivi di rapporti reiterati e continuativi, contempla,per il terzo, la restituzione di una somma pari alla differenza fra l’ammon-tare massimo raggiunto dalle sue pretese e l’ammontare residuo alla data incui si e aperto il concorso. Rispetto alla formulazione dell’art. 70, sopra ri-chiamata, dovra pero accertarsi che la diminuzione sia stata consistente, at-tributo questo che l’art. 70 non menziona in alcun modo, con la conseguen-za che l’importo revocabile con l’utilizzo della norma di cui all’art. 67b saraalgebricamente, sempre, uguale o minore a quello che si otterrebbe utiliz-zando la previsione dell’art. 70. Se fosse, quindi, corretta la tesi di quantisostengono che l’art. 67, comma 3, lett. b) legge fallim. e norma specialeper i conti correnti bancari, con sua conseguente applicazione in via esclu-siva al tema delle rimesse, ne seguirebbe, per queste operazioni, un regimedi favor legis.

Relativamente a taluni istituti giurisprudenziali affermatisi nella prece-dente normativa si osserva che:

a) mantengono validita il riferimento ai saldi infragiornalieri, per la de-terminazione delle rimesse e quindi dei vari saldi debitori, ed il criterio dideterminazione dei saldi sulla base della data di disponibilita delle varieoperazioni (6). Conseguentemente i pagamenti effettuati tramite stanza dicompensazione, come nel caso di assegni versati sul c/c, avranno quale datadi disponibilita quella corrispondente al termine previsto da ciascuna pro-cedura di compensazione per la restituzione del titolo alla banca negoziatri-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali384

(6) Conformi: Bonfatti S., op. cit., pag. 126; Guglielmucci L., op. cit., pag. 807.

ce (7). Il principio e in linea con l’unica decisione giurisprudenziale che sulpunto si conosce (8).

b) il tema delle operazioni bilanciate non dovrebbe piu ripresentarsi, al-meno di regola, dato che esse sono assorbite nella nuova disposizione legi-slativa che sostanzialmente colpisce i rientri, che, come tali, sono al nettodei versamenti utilizzati per l’esecuzione di bonifici a terzi;

c) pare invece, in base al dato letterale della norma, che siano revocabilii pagamenti del terzo garante o non garante se ed in quanto integranti ridu-zioni durevoli e consistenti dell’esposizione. Diverso sarebbe invece, per al-cuni, il caso in cui la banca si sia sciolta dal rapporto di conto corrente me-diante recesso. In tal caso il pagamento non sarebbe effettuato su un c/cancora sussistente come tale, con la conseguenza che esso sarebbe soggettood immune dalla revoca alla stregua dell’individuazione dei presupposti direvocabilita dei pagamenti di terzi in via generale (9).

Naturalmente, ove esatte e condivise, le precedenti annotazioni contri-buiscono alla corretta stesura dell’atto di citazione che diversamente po-trebbe incorrere in censure per indeterminatezza ed inconcludenza.

2. Le esenzioni della revocatoria a fronte di piani di risanamento nellaprospettiva dell’economia aziendale. – Il nuovo articolo 67 prevede, alla let-tera d, l’esenzione dalla revocatoria di atti, pagamenti e garanzie concessesu beni del debitore purche posti in essere in esecuzione di un piano cheappaia idoneo a consentire il risanamento dell’esposizione debitoria del-l’impresa e ad assicurare il riequilibrio della sua situazione finanziaria ela cui ragionevolezza sia attestata ai sensi dell’art. 2501-bis, comma 4cod. civ.

L’operativita della norma (10) non presuppone alcun accordo con icreditori e neppure una qualche forma di procedimento giudiziario qualel’omologa ovvero una speciale vicenda concorsuale (11), che ne suffraghio ne verifichi la legittimita. E sufficiente l’unilaterale iniziativa del debi-tore. Da questo punto di vista la norma si stacca, anche ontologicamentecome si vedra, dalla nozione di piano di cui al nuovo articolo 182 bis leg-

Parte I - Dottrina 385

(7) Olivieri G., Compensazione e circolazione della moneta nei sistemi di pagamento,Giuffre, pag. 168, 2002.

(8) Tribunale Brescia, 19 luglio 2000 - G.U. Cumin - in Banca, borsa, titoli di credito, n.4, pag. 489, 2002.

(9) Bonfatti S., op. cit., pag. 124-126.(10) Per un ampio esame v. Mandrioli L., Presupposti ed effetti dei piani di risanamen-

to, in Bonfatti, op. cit., pag. 144-171, 2005.(11) Ferro M., I nuovi strumenti di regolazione negoziale dell’insolvenza e la tutela giu-

diziale delle intese fra debitore e creditori: storia italiana della timidezza competitiva, in Il Fal-limento, 5/2005, pag. 598, 2005.

ge fallim., che contempla un previo accordo con i creditori che rappre-sentino almeno il 60% dei crediti, nonche da quello previsto nel concor-dato preventivo, di cui al nuovo articolo 160 legge fallim., che richiedel’assenso della maggioranza. Con tali disposizioni, la lettera d dell’art.67, condivide l’immunita dalla revocatoria, differenziandosene pero perla inapplicabilita dell’art. 168 in tema d’inibizione di azioni esecutivesul patrimonio del debitore, presumibilmente, a motivo della sua naturastrettamente privatistica.

La finalita della norma (12) e quella d’incentivare la formulazione diprogetti di risanamento mediante esenzione da revocatoria dei suoi attiesecutivi (13). Lo strumento e utilizzabile per gestire operazioni di turna-round aziendale, e quindi di riequilibrio economico e finanziario, non con-notate, a mio avviso, da situazioni d’insolvenza, in quanto, in tali casi, lesoluzioni di cui agli art. 160 e 182 bis sono sicuramente piu appropriateper il debitore, stante l’ombrello protettivo offerto dall’art. 168. L’aziendache ricorre ai piani di cui alla norma in commento, deve conseguentemen-te disporre di liquidita e/o di credito che le consentano di affrontare letensioni e le urgenze che i piani comportano senza dovere correre il rischioche esse possano sfociare in istanze di fallimento. Dovra, conseguentemen-te, trattarsi di un’azienda nella quale sia concretamente ravvisabile una se-ria prospettiva sul piano reddituale come documentata dalla validita deiprodotti, dalla situazione concorrenziale, dalle risorse immateriali di cuidispone e quindi della efficacia della sua formula imprenditoriale. Nell’ot-tica del debitore, l’esenzione dalla revocatoria dovrebbe tradursi in un raf-forzamento della sua posizione negoziale per ottenere rinunce e/o riduzio-ni da parte dei creditori piu importanti, specie chirografari, finalizzati alrecupero dell’impresa. Si tratta, com’e stato efficacemente osservato, diuno strumento esoconconcorsale (14) che, a mio avviso, rispetto agli accor-di di cui all’art. 182 bis legge fallim., ha portata piu ampia in quanto nonlimitato alla ristrutturazione dei debiti la quale, di per se sola, ha signifi-cato in una prospettiva liquidatoria che scongiuri il fallimento. E, pertan-to, da ritenere, nell’ottica operativa, che lo strumento dell’art. 182 bis leg-ge fallim., almeno il piu delle volte, sara utilizzato da aziende giunte allafase terminale del loro ciclo vitale, prive di sufficienti risorse per pagarei debiti e dunque irrecuperabili e insolventi.

La disposizione in commento e molto concisa e richiede uno sforzo ri-costruttivo con utilizzo di metodologie e concetti tratti dalla finanza azien-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali386

(12) Ferro M., op. cit., pag. 598.(13) Relazione del Consiglio dei Ministri all’art. 2 D.L. 35/2005.(14) Fauceglia G., Prime osservazioni sugli accordi di ristrutturazione di debiti, in que-

sta Rivista, pag. 843, 2005.

dale. Prima di affrontare in via specifica tale argomento, e pero necessariofare un cenno agli istituti giuridici da cui mutuare elementi di ausilio perl’inquadramento della materia. A tal fine sembra ragionevole argomentareche vada applicata, in via analogica e con gli adattamenti necessari, la nor-mativa del cod. civ., in materia di fusione a seguito di acquisizione con in-debitamento (Merger leveraged buy out – MLBO). Il ricorso all’analogia egiustificato dalla somiglianza di taluni importanti elementi e della ratio delladisposizione. In ambedue i casi, il problema riguarda la sistemazione del de-bito ed il legislatore, in entrambe le situazioni, ha avvertito l’esigenza cheessa sistemazione sia verificata (rectius dimostrata), mediante un progettocontabile previsionale realistico e congruente, sebbene nel caso della fusio-ne tale attivita sia limitata al debito contratto per l’acquisizione delle azionidella societa target o preda, mentre la norma fallimentare riguarda l’indebi-tamento complessivo.

Quanto alla materia economica, si osserva quanto segue. Gli econo-misti finanziari (15), che si sono occupati della redazione di piani di risa-namento in sede giudiziaria, hanno messo in luce che due sono le misureche, di solito, si adottano: a) quelle dirette a migliorare la redditivita ed iflussi finanziari aziendali; b) quelle dirette a sistemare l’indebitamento e agenerare liquidita. Le prime richiedono l’elaborazione di programmi diriorganizzazione industriale volti al miglioramento della produttivita, an-che mediante contrazione selettiva del volume di attivita e riduzione del-l’ampiezza della gamma, con semplificazione della linea dei prodotti, alfine di riportare in utile il conto economico. Le seconde misure sono es-senzialmente quattro: 1) realizzo di attivita patrimoniali, 2) consolidamen-to di debiti, ristrutturazione di prestiti, 3) datio in solutum di beni, 4)conversione di debiti in capitale. Se si esclude l’aumento del capitalein natura, le operazioni di cui al numero 2 sono quelle menzionate dallanorma; la 1 e la 3 non sono enunciate: sono i convitati di pietra. Nel pri-mo caso l’azienda dismette cespiti, di solito immobilizzazioni, destinando,ovviamente, il netto ricavo al pagamento di creditori a breve termine, chesono quelli piu insidiosi. Questa misura si risolve certamente in un mi-glioramento della situazione finanziaria in quanto il passivo a breve si ab-bassa e gli indici di liquidita migliorano. E d’altra parte evidente in talcaso che, se non si rispetta la regola della par conditio creditorum, si ese-guono pagamenti preferenziali, immuni dalla revocatoria per effetto del-l’esenzione in merito ai pagamenti. Il consolidamento di debiti, che ri-guarda lo spostamento di passivita dal breve al medio termine, si traduce

Parte I - Dottrina 387

(15) Brugger G., I piani di risanamento nel quadro delle prospettive e dei vincoli del-l’amministrazione controllata, in AA.VV., Crisi d’impresa e amministrazione controllata, Giuf-fre, pag. 190-208, 1986.

pure in una misura che risana l’esposizione debitoria, specie quando siaccompagna ad una diminuzione del tasso di interesse, e migliora la si-tuazione finanziaria; cio pero puo comportare il rilascio di garanzie chedata la situazione saranno non contestuali. Anche tale operazione confi-gura lesione patrimoniale aggredibile nella vecchia normativa, con la re-vocatoria a regime probatorio invertito, che rimane senza sanzione nelnuovo ordinamento perche l’esenzione riguarda sia le casistiche del com-ma 1 che del comma 2 del novellato art. 67. Stessa identico discorso valeper le datio in solutum che migliorano la situazione finanziaria, se loscambio riguarda attivita o diritti immobilizzati con debito corrente (ilnominatore del quick ratio diminuisce). Particolarmente delicate, da que-sto punto di vista, possono infine risultare le operazioni di scorporo dirami aziendali, in funzione della vendita o di recupero della produttivita,dato che, fra l’altro, vi potranno essere creditori privilegiati svantaggiati ecreditori chirografari, ma strategici, che avranno, magari, sorte migliore.

Da quanto esposto emerge, naturalmente, la necessita di esaminare se ipiani che concretizzano lesioni della par condition creditorum (art. 2741cod. civ.) siano nella realta praticabili, in quanto la configurabilita del rea-to di bancarotta preferenziale (art. 216 legge fallim. comma 3), sarebbe unchiaro impedimento alla loro realizzabilita. Oltretutto l’esperto non po-trebbe, chiaramente, rilasciare alcuna attestazione di ragionevolezza afronte di condotte aventi disvalore penale. Una recente opinione e nel sen-so che sara assai difficile, in presenza di un piano che abbia i connotati e lacertificazione di ragionevolezza, giungere ad affermare responsabilita perbancarotta preferenziale (16). Si tratta di una posizione che, in linea gene-rale, e condivisibile dato che si tratta di atti, pagamenti e garanzie ogget-tivamente esclusi dall’area di revocabilita e quindi dalla illiceita ai fini delconcorso. Peraltro la stessa fonte osserva che, perlomeno con riferimentoal previgente sistema, l’imputazione di solito, cadeva se in concreto venivaaccertata la mancanza dell’elemento psicologico come quando si compro-vava l’esclusiva finalita di risanamento dei progetti finalizzati alla salva-guardia dell’azienda coniugata alla mancanza di ragionevoli dubbi sulla lo-ro fattibilita. In seguito, tuttavia, saranno esaminate situazioni che, ragio-nevolmente, non possono ricadere dietro lo scudo protettivo della dispo-sizione.

Passando ad esaminare, in via specifica, il contenuto della norma si os-serva quanto segue. Il professionista che deve attestare la ragionevolezza,stante il richiamo alla normativa sulle fusioni (art. 2501-bis cod. civ., comma

Il diritto fallimentare delle societa commerciali388

(16) Bricchetti R., La disciplina della crisi di impresa e il nuovo sistema revocatorio: lariforma del diritto fallimentare nella delega legislativa, www. fallimento.ipsoa.it., 2005.

4), e designato dal Presidente del Tribunale, quando il debitore e una so-cieta per azioni o in accomandita per azioni. Il nominativo sara scelto frai soggetti iscritti nel Registro dei Revisori contabili (art. 2501-sexies comma3 che richiama l’art. 2409 bis cod. civ.). Se invece si tratta di societa quotatain borsa, dovra essere designata una societa di revisione iscritta nell’appo-sito albo (art. 2501 sexies comma 3). Quanto alle responsabilita dell’esper-to, si rammenta che in base all’art. 2501 sexies esso risponde dei danni cau-sati ai terzi ed ai soci, e che sono applicabili le disposizioni di cui all’art. 64del cod. proc. civ. La natura professionale dell’esperto, la nomina da partedel Presidente del Tribunale e la responsabilita per il danno susseguente,sono fattori che dovrebbero rendere piu difficoltoso confezionare piani pri-vi di serieta. E noto tuttavia che le recenti esperienze italiane ed estere, im-pongono cautela. La situazione peggiora nel caso di ditte individuali, socie-ta personali ed srl in quanto, in tali casi, l’esperto sara nominato dall’im-prenditore.

Ritengo, sulla scorta di nozioni gia anticipate, che i documenti che for-mano il piano siano, essenzialmente, quattro: piano industriale, budgeteconomico, budget patrimoniale, tavole analitiche del cash flow previsto.Il piano industriale e alla base degli altri documenti e l’esperto dovra avereparticolare cura di verificarne la sua fattibilita e la congruenza derivativadei budget e documenti contabili d’accompagnamento. Stante l’applica-zione analogica della normativa delle fusioni, del tipo MLBO, saranno icriteri sviluppati dalla dottrina giuridica commercialistica (17) in fatto diorizzonte temporale del piano che dovra essere correlato ai tempi occor-renti per il riequilibrio finanziario. Pertanto l’esercitazione previsionaledovra spingersi in avanti nel tempo tanto quanto necessario a dimostrareche la societa riuscira a conseguire l’equilibrio fra entrate ed uscite mone-tarie cosı come documentato dai cash flow previsionali ed in particolaredal cash flow operativo che fornisce la misura delle risorse generate dallagestione reddituale e da quella del capitale circolante commerciale (v. pro-spetto). Il modello di rappresentazione dei flussi di cassa, riprodotto nelprospetto (infra) e molto utile e raccomandato da autorevole letteraturafinanziaria (18). Esso classifica i fatti gestionali in due grandi aree: quellaoperativa (A) e quella finanziaria (B). I fattori che determinano la produ-zione dei flussi dipendono, in ultima analisi, dalla fase economica che l’im-presa attraversa (espansione, recessione, maturita ecc.,). Nel caso di ri-

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(17) Tamburini M., Il nuovo diritto delle societa, a cura di Maffei Alberti A., Cedam,2005, vol. IV, pag. 2530.

(18) Penman S.H., Financial statement analysis and security valuation, McGrawHill-Ir-win, 2004; Palepu-Healy-Bernard, Business analysis & valuation, Thomson, 5-24, 2004;Bertoneche-Knight, Financial performance, Butterworth Heinemann, 2001.

strutturazioni e probabile che il management restringa il focus dell’attivitaeliminando produzioni o cespiti non strategici ancorche, magari, redditizi;assai noti sono peraltro alcuni esempi della storia industriale, conosciuticon il nome di vendita dell’argenteria di famiglia. Pertanto il flusso nettodegli investimenti (rigo 5 del prospetto), dovrebbe essere positivo. Paral-lelamente gli sforzi gestionali saranno indirizzati a migliorare la produtti-vita e quindi ad aumentare la rotazione del capitale investito (rapportofra fatturato ed attivo di bilancio). In questa prospettiva, sara importanteconfigurare scenari concreti di efficiente gestione delle scorte e dei creditiverso la clientela (rigo 3 del prospetto). Nella misura in cui questi sforzidaranno i risultati sperati, il cash flow operativo (rigo 4 del prospetto), as-sumera segno positivo, contribuendo, in tale modo, alla riduzione di pas-sivita onerose quali il debito bancario.

Prospetto del cash-flow

A) Gestione operativa

1. Reddito Netto ....

2. Costi & Ricavi Non Monetari ....

3. Variazioni Circolante Commerciale ....

4. Cash flow operativo (1+2+3) ....

5. Investimenti (Disinvestimenti) ....

6. Flusso di cassa libero (4+5) ....

B) Gestione finanziaria

7. Debiti ed Investimenti Finanziari ....

8. Variazioni Monetarie Mezzi Propri ....

9. Aumento (Decremento) Cassa ....

E, in ogni caso raccomandabile, che il bilancio previsionale di fine pe-riodo sia sottoposto ad un test di default, adottando una qualunque dellemetodologie statistiche elaborate dalla letteratura finanziaria (19). Fra questesi segnala, in particolare, quella sviluppata da James A. Ohlson (20) che uti-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali390

(19) Altman E.I., Corporate financial distress and bankruptcy, Wiley, 1993; Szego-Va-

retto (1999), Il rischio creditizio: misura e controllo, Utet; Ross-Westerfield-Jaffe, Cor-porate Finance, McGrawHill-Irwin, 2005; Caouette-Altman-Narayanan, Managing cre-dit risk, Wiley, 1998; Damodaran, Investment valuation, Wiley, 2004; Foster G., Financialstatement analysis, Prentice Hall, 1986.

(20) Ohlson J. A., Financial ratios and the probabilistic prediction of bankruptcy, Journalof Accounting Research, vol. 18, n. 1, pag. 109-131, 1980.

lizza la funzione logistica per determinare la probabilita di default (linearprobability model (21)) e che sostanzialmente e riconducibile alla formula ri-portata nel riquadro.

Default Probability = 1 / (1 + e-y) y e la media ponderata di alcuni datidi bilancio e e la base del logaritmo naturale.

Il valore che si ottiene sara di zero per imprese sane e di 1 per quelleanomale o dissestate. Quanto piu l’indice si avvicina ad 1, tanto piu elevatasara la probabilita di default e quindi di insuccesso del piano.

Il valore della funzione logistica, con i dati del bilancio iniziale, quandoraffrontato con quello del bilancio della proiezione piu distante, fornisce unindice dell’efficacia terapeutica delle soluzioni contenute nel business plan.La verifica del piano e, come intuibile, un’attivita assai delicata nella quale epossibile commettere errori, causa la complessita dei calcoli da eseguire e ladifficolta dei concetti da sviluppare. Questo aspetto e particolarmente rac-comandato dagli studiosi; oltretutto vanno sicuramente fugate insidie circala possibile configurazione d’eventuali falsita materiali (infra). La dottrinacontabile raccomanda peraltro una serie di regole di congruenza dei risul-tati alle quali sara opportuno e necessario attenersi (22). Lo sviluppo dei cal-coli, da eseguire preferibilmente in via elettronica, si compone essenzial-mente delle seguenti fasi:

Fase 1) Previsione delle vendite. Costituisce il punto di partenza e ri-chiede l’indagine piu approfondita. A tal fine andranno considerati la stra-tegia dell’impresa ed il mercato dei prodotti;

Fase 2) Previsione del coefficiente di rotazione e determinazione delleattivita operative nette. Tale stima implica la previsione della rotazionedei crediti, delle scorte, degli immobilizzi e cosı via. Sara opportuno, oveconfigurabile, che la previsione sia sviluppata per voce contabile (scorte,crediti ecc). Ovviamente a tal fine sara indispensabile conoscere la tecnolo-gia produttiva utilizzata dall’impresa;

Fase 3) Misura della capacita produttiva. La capacita produttiva limitale vendite che conseguentemente vanno riviste ove non supportabili con gliimpianti esistenti e/o che si ritiene di acquisire;

Fase 4) Previsione del margine di profitto. Tale fase richiede una buonaconoscenza del settore in cui opera l’impresa. A tal fine va segnalato che imargini di profitto e le spese possono non essere proporzionali alle venditeper via dell’incidenza dei costi fissi;

Parte I - Dottrina 391

(21) Il modello logistico gode di alcune proprieta matematiche che lo rendono flessibile equindi molto adotto agli usi pratici.

(22) Penman S.H., op. cit., capitolo su «Full-information forecasting, valuation, and busi-ness strategy analysis».

Fase 5) Previsione di componenti reddituali non ricorrenti. Queste vociavranno particolare rilevanza ed incidenza nel caso di ristrutturazioni e/oscorpori;

Fase 6) Previsione del flusso di cassa libero. Questo calcolo e molto age-vole in quanto esso e, algebricamente, di ammontare pari alla differenza frareddito operativo ed incremento delle attivita operative nette (OI –DNOA), derivati in base alle fasi precedenti;

Fase 7) Stima, sulla scorta dei calcoli precedenti, degli oneri finanziari,del debito finanziario e dell’utile netto per modo di completare lo stato pa-trimoniale ed il conto economico di previsione. A questo punto sara neces-saria la verifica dei dati, per la quale si rivela particolarmente utile anche laloro predisposizione in forma percentuale (common-size analysis) per svol-gere confronti con aziende del settore e valutare la ragionevolezza delle sti-me e la loro consistenza con le ipotesi di base del piano. Un utile schemagrafico che riassume queste fasi di lavoro, e riportato nella recente operadi Stephen Penman (23).

Gli elementi cosı elaborati sono alla base dell’attestazione di ragionevolez-za che il perito e incaricato di suffragare. Su questo tema non puo che richia-marsi quanto suggerito dagli studiosi di Economia Aziendale (24) che racco-mandano vivamente di seguire i principi internazionali di revisione ISA (Inter-national Standard Auditing). Tali norme tecniche, tra l’altro, stabiliscono indettaglio le procedure da utilizzare e le cautele da rispettare, da parte dei sog-getti indipendenti incaricati di rilasciare un’opinione professionale sui docu-menti previsionali. Risulta essenziale che l’esperto menzioni espressamente,nella propria relazione, i dati e le circostanze alla base delle proiezioni (25).Sebbene il suo giudizio non possa essere ambiguo e raccomandabile, ovecio sia necessario, che siano descritti i warnings (segnali di allarme) pertinentialle criticita del progetto talche il lettore ne sia chiaramente informato, stantel’intrinseca trasparenza che l’opinione professionale deve rivestire.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali392

(23) Penman S.H., op. cit., pag. 532.(24) Reboa M., Le operazioni di leveraged buy out e l’art. 2501 bis cod. civ., in Rivista

Dottori Commercialisti, 6, pag. 1203-1249, 2003.(25) Il documento piu rilevante da seguire sara in tale caso il principio ISA 10 dal titolo

«The examination of prospective financial information» che costituisce una guida obbligatadelle verifiche ed accertamenti da svolgere. Si richiama, inoltre, la norma contemplata nellaSection 301, Financial Forecasts and Projections, degli U.S. Auditing Standards redatti dal-l’AICPA (American Institute of Certified Public Accounts): «The summary of significant as-sumptions is essential to the reader’s understanding of prospective financial statements. Accor-dingly, the practitioner should not compile prospective financial statements that exclude disclo-sures of the summary of significant assumptions. Also the practitioner should not compile a fi-nancial projection that excludes either (a) an identification of the hypothetical assumptions or(b) a description of the limitations on the usefulness of the presentation».

3. Questioni penali ed aspetti processuali del piano ex art. 67. – Sebbenela legge non richieda una forma di pubblicita, e evidente che il piano sia undocumento destinato alla diffusione, ossia rivolto ad una categoria aperta didestinatari, e come tale rientrante nelle comunicazioni sociali la cui falsita epenalmente sanzionata. Benche, come evidenziato nella dottrina penalistica,le comunicazioni effettuate su base volontaria non abbiano tutela penalesembra pacifico che il reato sia integrato da quelle comunicazioni ricollegatea presupposti legalmente tipizzati ancorche non obbligatorie in senso stret-to (26). Il problema non attiene al mancato avveramento delle previsioni, dicui nessuno potra assumersi la responsabilita, quanto piuttosto alle circo-stanze di fatto che sono a base del piano, la cui verita sara accertata con ri-ferimento alla loro aderenza ai dati reali (27). Cosı ad esempio se un pianofonda le aspettative di crescita del fatturato sull’utilizzo di un brevetto chenon esiste, perche i relativi studi sono ancora in fase iniziale e non e datosapere a cosa condurranno, si sara in presenza di un piano che integra fal-sita in quanto pone a suo fondamento (aumento delle vendite e probabil-mente degli utili) un dato inesistente. Stessa situazione si realizza quandosi prevede che l’impresa possa giovarsi di riduzioni di costi di produzionea fronte di attivita di ricerca e sviluppo mai intraprese o comunque talida non potere ragionevolmente giustificare gli ipotizzati tagli nei costi. An-cora con riferimento alla situazione concorrenziale, che il piano deve neces-sariamente esaminare, se si assume, allo scopo di stimare i futuri ricavi, chel’impresa opera in condizioni di quasi-monopolio quando, al contrario, ilsettore e connotato da accesa concorrenza. Altra ipotesi di falsita del pianosi ha quando i dati di partenza, ossia il bilancio di funzionamento (o d’eser-cizio) da cui i budget previsionali prendono necessariamente le mosse (28), efalso, ecc. Ne consegue che, in tali ipotesi, saranno configurabili i reati dicui agli art. 2621-2622 cod. civ. (False comunicazioni sociali e false comu-nicazioni sociali in danni dei soci e dei creditori), 2624 cod. civ. (Falsita nel-la relazione o nelle comunicazioni delle societa di revisione), 2625 cod. civ.(Impedito controllo). C’e ovviamente la responsabilita penale dell’espertoin caso di falsa perizia. Questi concetti si applicheranno, a fortiori, ai pianidi cui agli art. 160 e 182 bis legge fallim., la cui redazione e obbligatoria perespressa previsione di legge.

Questioni importanti attengono agli aspetti processual-civilistici ove,

Parte I - Dottrina 393

(26) Pulitano D., False comunicazioni sociali, sta in Alessandri (a cura di), in Il nuovodiritto penale delle societa, Ipsoa, pag. 146, 2002.

(27) Per la configurabilita, nel caso di business plan, del reato di false comunicazioni so-ciali, con riferimento alla previgente normativa del falso in bilancio, v. Mazzacuva, Il falso inbilancio: casi e problemi, Cedam, pag. 169-174, 2004, con citazioni di giurisprudenza.

(28) Palepu-Healy-Bernard, op. cit, 6-3.

naturalmente, sia ammissibile il sindacato dei suoi atti esecutivi (infra). Ap-plicando per analogia i consolidati principi della Cassazione circa la distri-buzione dell’onere probatorio di cui all’art. 67, comma 2, legge fallim. spet-tera al convenuto in revocatoria di provare l’esistenza del piano, l’attestazio-ne di ragionevolezza dell’esperto e, forse anche, la dimostrazione che l’attoimpugnato e posto in essere in esecuzione del piano. La prova storica delfatto andra, invece, data dal Curatore. I primi due aspetti attengono all’im-prescindibile esigenza che il piano sia incorporato in un documento, sicchesara necessaria la forma scritta non potendo quella testimoniale essere con-figurabile data la complessita dei fatti da dimostrare. I problemi di data cer-ta sono agevolmente risolvibili stante l’asseverazione del parere sulla ragio-nevolezza, cui il piano e ovviamente allegato. Difficoltosa si prospetta laprova circa l’inerenza dell’atto al piano. Naturalmente e palesemente irra-gionevole ritenere che il piano debba contenere la descrizione minuta dellesingole operazioni che peraltro riguardano accadimenti futuri. Dovrebbepertanto essere sufficiente, almeno di regola, una descrizione generale pergruppi di operazioni (es. acquisito di materie prime, prodotti, pagamentibancari, di fornitura, ecc.) che sia tale da consentire, o comunque agevolare,la verifica dell’inerenza. Un’eccezione ricorre tuttavia per operazioni parti-colari, come quelle maggiormente lesive della par conditio creditorum, quel-le di costituzione di garanzie non contestuali, quelle regolate con mezzianormali di pagamento delle quali e noto il disvalore ed e quindi naturaleaspettarsi una descrizione particolareggiata. Ho gia evidenziato l’esigenzadi trasparenza che il piano deve presentare; tuttavia non si puo trascuraredi considerare che esso e un documento previsionale e non consuntivo, tal-che l’operazione di identificazione non sara sempre agevole.

Rimane da affrontare la questione piu intrigante: e possibile un sindaca-to giudiziario circa la ragionevolezza del piano al fine di travolgere con l’a-zione revocatoria o con altri rimedi gli atti esecutivi posti in essere? La que-stione e molto complessa ed i contributi dottrinari fino ad ora pubblicatiaffrontano, su tale specifico problema, tematiche sostanzialmente marginali.Il tema e tuttavia rilevante anche perche i rimedi risarcitori previsti a caricodell’esperto non saranno certo bastevoli. Al riguardo pare che, in linea ge-nerale, sia argomentabile l’invalidita degli atti posti in essere senza la coo-perazione del debitore quali, ad esempio, l’iscrizione di ipoteche giudizialio l’escussione di pegni. Tali fattispecie saranno revocabili ex art. 67, sussi-stendone le condizioni. Con riferimento alla possibilita di esperire il rimediodella revocatoria fallimentare, ci si limitera ad una serie di enunciazioni afavore e contro l’ipotesi prospettata:

a) Argomenti contrari alla revoca. La finalita della norma e quella di sta-bilizzare i rapporti giuridici con espressa esclusione della revocatoria. Ilprincipio e anche contenuto nella relazione del consiglio dei ministri, alD.L., che sebbene molto succinta e, su tale punto, molto chiara e precisa.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali394

A cio deve aggiungersi che la revoca travolgerebbe atti che il terzo conve-nuto ha posto in essere in buona fede, basandosi cioe sul dato della legge esul parere dell’esperto, e che la tutela della condotta basata sulla correttezzacostituisce un principio fondamentale del nostro ordinamento giuridico, atutela del corretto svolgimento degli affari.

b) Argomenti favorevoli alla revoca. L’esenzione si basa sulla congiuntaricorrenza di due elementi: a) l’apparenza dell’idoneita del piano a riequili-brare la situazione finanziaria; b) l’attestazione di ragionevolezza. Il primoaspetto attiene alla sfera cognitiva del terzo e quindi alla circostanza che l’i-doneita del piano debba risultare dalla sua lettura consapevole e dall’ap-prezzamento critico che un soggetto avveduto puo ricavarne. Naturalmentela relativa valutazione, da effettuarsi con criteri ex ante, non puo prescinde-re dalla condizione culturale del terzo trattandosi di esame di documento diparticolare complessita economica. Ne consegue allora che l’inidoneita delpiano non puo essere allegata nei confronti del quisque de populo, la cuicondotta sara il piu delle volte scusabile perche esente da negligenza grave,ma unicamente con riguardo a soggetti che siano particolarmente qualificaticon riferimento a determinati e specifici contesti storici ed economici. E uti-le menzionare che taluni autori (29) hanno prospettato, contro gli atti esecu-tivi del piano, il rimedio dell’azione revocatoria ordinaria, anche fuori dal-l’insolvenza dell’impresa che se ne sia avvalsa. Mi pare pero che si tratta diun rimedio incerto, in quanto l’azione pauliana richiede la dimostrazionedell’eventus damni e del consilium fraudis, in un contesto in cui si opera,dichiaratamente, per raddrizzare le sorti dell’impresa e quindi per non ar-recare danno ai creditori. E poi nota la difficolta di provare la sussistenzadel danno.

Interessante mi sembra invece esaminare la proponibilita delle argo-mentazioni sviluppate da una parte della dottrina giuridica, per le operazio-ni di MLBO, allo scopo di utilizzare il rimedio dell’azione d’annullamentodi cui all’art. 1344 cod. civ., ove sia ravvisabile illiceita della causa (30). Laprevisione di contratto in frode alla legge potrebbe essere supportata sul-l’assunto che gli accordi esecutivi del piano eludono i precetti imperatividi parita di trattamento dei creditori alla luce delle disposizioni dell’art.216 legge fallim. (bancarotta preferenziale dei pagamenti e delle garan-zie (31)) e dell’art. 2741 cod. civ. (concorso dei creditori e delle cause di pre-lazione), in quanto le condizioni derogatorie di cui al nuovo art. 67 legge

Parte I - Dottrina 395

(29) Ferro M., op. cit., pag. 600.(30) Perrini M., Commento all’art. 2501 bis cod. civ., in Niccolini G.-Stagno D’Al-

contres A., Societa di capitali, in Commentario, Jovene, pag. 1943, 2004.(31) La giurisprudenza penale della Cassazione ha ricondotto al paradigma della banca-

rotta preferenziale anche i titoli di prelazione.

fallim. sono state, nel caso di specie, violate a motivo dell’inadeguatezza,con valutazione ex ante, del piano a raddrizzare la situazione finanziaria del-l’impresa. In particolare non potranno «apparire idonei» quei piani conprevisioni basate su ipotesi non sensate e non sostenibili e/o quelli che ab-biano uno sviluppo logico-derivativo non congruente con le ipotesi formu-late (32). Si richiamano al riguardo le considerazioni economico-contabiliesposte nel paragrafo 2 e la sequenza delle fasi di lavoro dell’analista finan-ziario raccomandate dagli studiosi di economia aziendale. Conclusivamentel’attestazione di ragionevolezza dell’esperto, non pare sempre sufficiente arisolvere il problema della legittimita del piano con la conseguenza che sus-siste lo spazio di un sindacato giudiziale circa la legittimazione dell’opera-zione o invece il suo carattere fraudolento per violazione di legge. Mutuan-do concetti sviluppati dalla citata dottrina giuridica (33), per le operazioni dileveraged buy-out, si puo ritenere che tale sindacato sara reso piu agevole edavvertito grazie alle informazioni obbligatoriamente fornite nei modi pre-scritti da chi intende realizzare operazioni di questo tipo. Resta, a caricodell’attore l’ulteriore prova della sussistenza della frode (34), ossia dell’inten-zione di seguire una via in se lecita per conseguire un effetto sostanzialmen-te vietato. A tal fine non possono che essere richiamati i concetti, in prece-denza annotati, circa la condizione culturale del terzo concretamente valu-tata, come da interpretazione evolutiva della Corte di Cassazione (35), rifug-gendo da criteri generali ed astratti fondati sulla figura teorica di contropar-te avveduta.

Vitaliano Donato

Dottore commercialista in Brescia

Il diritto fallimentare delle societa commerciali396

(32) Tamburini, op. cit., pag. 2353.(33) Perrini M., op. cit., pag. 1946.(34) Trabucchi A., Istituzioni di diritto civile, Cedam, pag. 140, 2005.(35) In particolare: Cassazione, 7 febbraio 2001, in Il Fallimento, 6, pag. 677, 2001.

BREVI CENNI SULLA INCOSTITUZIONALITADELLA DISPOSIZIONE CHE PREVEDE L’APPLICAZIONE

DELLE ESENZIONI DALLA REVOCATORIA DELLE RIMESSEIN CONTO CORRENTE ALLE CAUSE PROMOSSE

NELL’AMBITO DI PROCEDURE INIZIATEDOPO L’ENTRATA IN VIGORE DEL D.L. 14 MARZO 2005, N. 35

L’entrata in vigore delle modifiche all’azione revocatoria fallimentare dirimesse in conto corrente bancario introdotte dal d.l. 14 marzo 2005, n. 35ha costituito l’occasione per alimentare il dibattito su numerose questioni didiritto transitorio.

Tra queste vi e quella di incostituzionalita della disposizione dell’art. 2,nella parte in cui prevede l’applicabilita delle esenzioni dalla revocatoria(lettere a e b del nuovo art. 67 legge fallim.) alle azioni promosse nell’am-bito di procedure iniziate dopo l’entrata in vigore del decreto medesimo enon anche ai giudizi pendenti ed a quelli comunque successivi alla nuovanormativa.

La tesi fa perno sull’assunto secondo il quale la disposizione transitoriacitata violerebbe gli art. 3 e 24 della Costituzione, in quanto consente chesituazioni identiche vengano regolate in modo difforme anche in ipotesiin cui la relativa fattispecie concreta si e verificata nello stesso periodo ditempo.

A sostegno di questa prospettazione, i sostenitori di detta tesi esempli-ficano spiegando che le rimesse sui conti correnti effettuate nello stesso pe-riodo da due differenti imprenditori A e B potrebbero essere assoggettate adiversa disciplina, nel senso che quelle effettuate dall’impresa A sarebberorevocabili qualora il fallimento del correntista fosse dichiarato prima dellaentrata in vigore del d.l. 35/2005, mentre quelle effettuate dall’impresa Bnon sarebbero revocabili qualora il fallimento della stessa fosse dichiaratosuccessivamente.

Questa situazione darebbe luogo ad una ingiustificata disparita di trat-tamento di situazioni identiche verificatesi nello stesso arco temporale.

Prima di prendere in esame la fattispecie concreta sottoposta alla nostraattenzione, sara bene richiamare il principio, assolutamente consolidato nel-la giurisprudenza della Corte Costituzionale, secondo il quale «il fatto che

alla stessa categoria di soggetti si applichi un trattamento differenziato pereffetto del mutamento della disciplina legislativa non contrasta col principiodi eguaglianza, poiche il trascorrere del tempo costituisce di per se un ele-mento differenziatore» (1). La copiosa giurisprudenza della Corte Costitu-zionale e, quindi, unanime nel senso di ritenere che il fluire del tempo edi per se elemento piu che idoneo a differenziare le situazioni soggettivedei consociati.

Nel caso che ci occupa, il legislatore ha operato, come in tutti i casi incui una nuova legge innova il diritto, una scelta ben precisa, indicando ilmomento di inizio dell’efficacia della norma mediante la dettatura di unachiara e specifica disposizione transitoria. Il legislatore, in sostanza, ha ema-nato una norma transitoria cd. funzionale, dettata espressamente allo scopodi regolare il passaggio da una disciplina ad un’altra, «in modo che sia piufacilmente individuabile la regola giuridica che deve essere applicata a tuttequelle situazioni che non si sono ancora esaurite al momento della entrata invigore del nuovo diritto e che si sono venute a trovare, per cosı dire, a ca-vallo nel momento del passaggio dalla vecchia alla nuova disciplina norma-tiva» (2).

Sulla base di questi principi e possibile verificare se, nel caso concreto,ove il legislatore ha fissato la decorrenza degli effetti delle nuove norme alleazioni promosse nelle procedure dichiarate dopo il 17 marzo 2005, sia stataposta in essere una scelta ragionevole ovvero se sia stato violato il principiodi eguaglianza sancito dall’art. 3 della Costituzione.

I sostenitori della tesi che si critica, affermano che il fatto generatore equindi il presupposto per l’applicazione dell’esenzione di cui al comma 3dell’art. 67 della legge fallim. e costituito dalla effettuazione delle rimessein conto corrente, per cui sarebbe iniquo che alcune di esse venissero revo-cate ed altre, effettuate nello stesso periodo, non lo fossero sol perche i re-lativi fallimenti sono stati dichiarati in tempi diversi.

A modesto parere dell’odierno deducente, questa impostazione nonpuo essere condivisa.

Nel caso della revocatoria fallimentare, infatti, il fatto generatore checostituisce il presupposto della norma che dispone la revocabilita delle ri-messe non e costituito solo ed esclusivamente dai singoli atti di pagamento.L’effettuazione dei singoli pagamenti non e di per se sufficiente perche sipossa procedere alla loro dichiarazione di inefficacia mediante revocatoriafallimentare. Perche la fattispecie in esame si possa ritenere sussistente oc-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali398

(1) C. Cost. 22 ottobre 1987, n. 322; 4 luglio 1979, n. 65; 6 dicembre 1979, n. 138; 23luglio 1980, n. 122; 13 maggio 1987, n. 159; 3 febbraio 1994 n. 18; 16 dicembre 1998, n. 409;28 novembre 2001, n. 376; 12 aprile 2002, n. 108.

(2) R. Tarchi, Disposizioni transitorie e finali, Giuffre, pag. 22.

corre, infatti, che intervenga la dichiarazione di fallimento dell’imprenditoreche ha eseguito i pagamenti, occorre che si apra il concorso tra i creditori.

Non vi puo essere azione revocatoria fallimentare senza dichiarazione difallimento.

E quindi possibile ed ammissibile che versamenti effettuati nello stessoperiodo da imprenditori diversi vengano assoggettati a trattamento diversoe questo perche la sorte delle due imprese potrebbe essere diversa nel sensoche una potrebbe essere dichiarata fallita e l’altra invece no.

Questa considerazione e la logica conseguenza della particolare fattispe-cie della revocatoria fallimentare, una fattispecie a formazione complessa,costituita da piu presupposti che si susseguono nel tempo: il compimentodel singolo atto revocabile (la rimessa sul conto) e la dichiarazione di falli-mento che consente di individuare il periodo sospetto.

La dichiarazione di fallimento apre il concorso tra i creditori e l’azionerevocatoria e il mezzo per ristabilire la par condicio creditorum anche a ritro-so nel tempo.

Senza dichiarazione di fallimento, senza quindi accertamento dell’insol-venza e senza apertura del concorso dei creditori, un’azione revocatoria fal-limentare non e ipotizzabile.

Ecco quindi che, in ossequio ad un principio di ragionevolezza, il legi-slatore non poteva non scegliere la dichiarazione di fallimento per far de-correre l’efficacia delle nuove norme sulla revocatoria di rimesse in contocorrente.

Stabilire un qualsiasi altro criterio, scegliere, ad esempio, come vorreb-bero i sostenitori dell’eccezione di incostituzionalita, il tempo in cui sonostate effettuate le rimesse, sarebbe stato assolutamente irragionevole, inquanto si sarebbe ancorata l’applicazione della legge ad un fatto che diper se non integra gli estremi della fattispecie concreta presa in considera-zione dall’art. 67 legge fallim.

La scelta del legislatore, l’unica attuabile, non puo pertanto essere con-siderata incostituzionale.

Franco Benassi

Avvocato in Mantova

Parte I - Dottrina 399

LEGISLAZIONE

LEGGE 28 dicembre 2005, n. 262, «Disposizioni per la tutela del rispar-mio e la disciplina dei mercati finanziari», in Gazz. Uff., n. 301 del 28 dicem-bre 2005, suppl. ord. n. 208.

Titolo IMODIFICHE ALLA DISCIPLINADELLE SOCIETA PER AZIONI

Capo IOrgani di amministrazione e di controllo

Art. 1.(Nomina e requisiti degli amministratori)

1. Nel testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui aldecreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, alla parte IV, titoloIII, capo II, dopo l’articolo 147-bis, e inserita la seguente sezione:

«Sezione IV-bis.Organi di amministrazione.Art. 147-ter. – (Elezione e composizione del consiglio di amministrazione). – 1. Lo sta-

tuto prevede che i membri del consiglio di amministrazione siano eletti sulla base di liste dicandidati e determina la quota minima di partecipazione richiesta per la presentazione di es-se, in misura non superiore a un quarantesimo del capitale sociale.

2. Per le elezioni alle cariche sociali le votazioni devono sempre svolgersi con scrutiniosegreto.

3. Salvo quanto previsto dall’articolo 2409-septiesdecies del cod. civ., almeno uno deimembri del consiglio di amministrazione e espresso dalla lista di minoranza che abbia otte-nuto il maggior numero di voti e non sia collegata in alcun modo, neppure indirettamente,con la lista risultata prima per numero di voti. Nelle societa organizzate secondo il sistemamonistico, il membro espresso dalla lista di minoranza deve essere in possesso dei requisitidi onorabilita, professionalita e indipendenza determinati ai sensi dell’articolo 148, commi3 e 4. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica.

4. In aggiunta a quanto disposto dal comma 3, qualora il consiglio di amministrazione siacomposto da piu di sette membri, almeno uno di essi deve possedere i requisiti di indipen-denza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonche, se lo statuto lo prevede, gliulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da societa di gestione di mercatiregolamentati o da associazioni di categoria. Il presente comma non si applica al consiglio diamministrazione delle societa organizzate secondo il sistema monistico, per le quali rimanefermo il disposto dell’articolo 2409-septiesdecies, comma 2, del cod. civ.

Art. 147-quater. – (Composizione del consiglio di gestione). – 1. Qualora il consiglio digestione sia composto da piu di quattro membri, almeno uno di essi deve possedere i requisitidi indipendenza stabiliti per i sindaci dall’articolo 148, comma 3, nonche, se lo statuto lo pre-vede, gli ulteriori requisiti previsti da codici di comportamento redatti da societa di gestionedi mercati regolamentati o da associazioni di categoria.

Art. 147-quinquies. – (Requisiti di onorabilita). – 1. I soggetti che svolgono funzioni diamministrazione e direzione devono possedere i requisiti di onorabilitastabiliti per i membri

degli organi di controllo con il regolamento emanato dal Ministro della giustizia ai sensi del-l’articolo 148, comma 4.

2. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dalla carica».

Art. 2.(Collegio sindacale e organi corrispondenti nei modelli dualistico e monistico)

1. Al testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sonoapportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 148:1) al comma 1, le lettere c) e d) sono abrogate;2) il comma 2 e sostituito dai seguenti:«2. La CONSOB stabilisce con regolamento modalitaper l’elezione di un membro effet-

tivo del collegio sindacale da parte dei soci di minoranza.2-bis. Il presidente del collegio sindacale e nominato dall’assemblea tra i sindaci eletti

dalla minoranza»;3) al comma 3, lettera c), dopo le parole: «comune controllo» sono inserite le seguenti:

«ovvero agli amministratori della societa e ai soggetti di cui alla lettera b)», e dopo le parole:«di natura patrimoniale» sono aggiunte le seguenti: «o professionale»;

4) i commi 4, 4-bis, 4-ter e 4-quater sono sostituiti dai seguenti:«4. Con regolamento adottato ai sensi dell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto

1988, n. 400, dal Ministro della giustizia, di concerto con il Ministro dell’economia e dellefinanze, sentiti la CONSOB, la Banca d’Italia e l’ISVAP, sono stabiliti i requisiti di onorabi-litae di professionalitadei membri del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e delcomitato per il controllo sulla gestione. Il difetto dei requisiti determina la decadenza dallacarica.

4-bis. Al consiglio di sorveglianza si applicano le disposizioni di cui ai commi 2 e 3.4-ter. Al comitato per il controllo sulla gestione si applicano le disposizioni dei commi 2-

bis e 3. Il rappresentante della minoranza e il membro del consiglio di amministrazione elettoai sensi dell’articolo 147-ter, comma 3.

4-quater. Nei casi previsti dal presente articolo, la decadenza e dichiarata dal consiglio diamministrazione o, nelle societa organizzate secondo i sistemi dualistico e monistico, dall’as-semblea entro trenta giorni dalla nomina o dalla conoscenza del difetto sopravvenuto. In casodi inerzia, vi provvede la CONSOB, su richiesta di qualsiasi soggetto interessato o qualoraabbia avuto comunque notizia dell’esistenza della causa di decadenza»;

b) dopo l’articolo 148 e inserito il seguente:«Art. 148-bis. – (Limiti al cumulo degli incarichi). – 1. Con regolamento della CONSOB

sono stabiliti limiti al cumulo degli incarichi di amministrazione e controllo che i componentidegli organi di controllo delle societa di cui al presente capo, nonche delle societa emittentistrumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, pos-sono assumere presso tutte le societadi cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del codicecivile. La CONSOB stabilisce tali limiti avendo riguardo all’onerosita e alla complessita diciascun tipo di incarico, anche in rapporto alla dimensione della societa, al numero e alla di-mensione delle imprese incluse nel consolidamento, nonche all’estensione e all’articolazionedella sua struttura organizzativa.

2. Fermo restando quanto previsto dall’articolo 2400, quarto comma, del codice civile, icomponenti degli organi di controllo delle societa di cui al presente capo, nonche delle so-cieta emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’arti-colo 116, informano la CONSOB e il pubblico, nei termini e modi prescritti dalla stessaCONSOB con il regolamento di cui al comma 1, circa gli incarichi di amministrazione e con-trollo da essi rivestiti presso tutte le societadi cui al libro V, titolo V, capi V, VI e VII, del cod.civ.. La CONSOB dichiara la decadenza dagli incarichi assunti dopo il raggiungimento delnumero massimo previsto dal regolamento di cui al primo periodo»;

Parte I - Dottrina 401

c) all’articolo 149:1) al comma 1, dopo la lettera c) e inserita la seguente:«c-bis) sulle modalita di concreta attuazione delle regole di governo societario previste

da codici di comportamento redatti da societa di gestione di mercati regolamentati o da as-sociazioni di categoria, cui la societa, mediante informativa al pubblico, dichiara di attenersi»;

2) al comma 4-ter, le parole: «limitatamente alla lettera d)» sono sostituite dalle seguenti:«limitatamente alle lettere c-bis) e d)»;

d) all’articolo 151:1) al comma 1, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivolgere le medesime

richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e di controllo delle so-cieta controllate»;

2) al comma 2, terzo periodo, le parole: «da almeno due membri del collegio» sono so-stituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del collegio, ad eccezione del po-tere di convocare l’assemblea dei soci, che puoessere esercitato da almeno due membri»;

e) all’articolo 151-bis:1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivol-

gere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e dicontrollo delle societa controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del consiglio» sonosostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del consiglio, ad eccezione delpotere di convocare l’assemblea dei soci, che puo essere esercitato da almeno due membri»;

f) all’articolo 151-ter:1) al comma 1, primo periodo, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero rivol-

gere le medesime richieste di informazione direttamente agli organi di amministrazione e dicontrollo delle societa controllate»;

2) al comma 3, secondo periodo, le parole: «da almeno due membri del comitato» sonosostituite dalle seguenti: «individualmente da ciascun membro del comitato»;

g) all’articolo 193, comma 3, la lettera a) e sostituita dalla seguente:«a) ai componenti del collegio sindacale, del consiglio di sorveglianza e del comitato per

il controllo sulla gestione che commettono irregolarita nell’adempimento dei doveri previstidall’articolo 149, commi 1, 4-bis, primo periodo, e 4-ter, ovvero omettono le comunicazionipreviste dall’articolo 149, comma 3».

2. Al cod. civ. sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 2400 e aggiunto, in fine, il seguente comma:«Al momento della nomina dei sindaci e prima dell’accettazione dell’incarico, sono resi

noti all’assemblea gli incarichi di amministrazione e di controllo da essi ricoperti presso altresocieta»;

b) all’articolo 2409-quaterdecies, comma 1, dopo le parole: «2400, terzo» sono inserite leseguenti: «e quarto»;

c) all’articolo 2409-septiesdecies, e aggiunto, in fine, il seguente comma:«Al momento della nomina dei componenti del consiglio di amministrazione e prima

dell’accettazione dell’incarico, sono resi noti all’assemblea gli incarichi di amministrazionee di controllo da essi ricoperti presso altre societa».

Art. 3.(Azione di responsabilita)

1. Al cod. civ. sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 2393:1) dopo il comma 2 e inserito il seguente:«L’azione di responsabilitapuoanche essere promossa a seguito di deliberazione del col-

legio sindacale, assunta con la maggioranza dei due terzi dei suoi componenti»;2) il comma 4 e sostituito dal seguente:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali402

«La deliberazione dell’azione di responsabilita importa la revoca dall’ufficio degli ammi-nistratori contro cui e proposta, purche sia presa con il voto favorevole di almeno un quintodel capitale sociale. In questo caso, l’assemblea provvede alla sostituzione degli amministra-tori»;

b) all’articolo 2393-bis, comma 2, le parole: «un ventesimo» sono sostituite dalle seguen-ti: «un quarantesimo»;

c) all’articolo 2409-duodecies, quinto comma, le parole: «dal comma 4 dell’articolo2393» sono sostituite dalle seguenti: «dal comma 5 dell’articolo 2393».

2. All’articolo 145, comma 6, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio1998, n. 58, e successive modificazioni, le parole: «2393, quarto e comma 5» sono sostituitedalle seguenti: «2393, quinto e comma 6».

Capo IIAltre disposizioni a tutela delle minoranze

Art. 4.(Delega di voto)

1. All’articolo 139, comma 1, secondo periodo, del testo unico di cui al decreto legisla-tivo 24 febbraio 1998, n. 58, le parole: «La CONSOB puo stabilire» sono sostituite dalle se-guenti: «La CONSOB stabilisce».

Art. 5.(Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea)

1. Dopo l’articolo 126 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e successive modificazioni, e inserito il seguente:

«Art. 126-bis. – (Integrazione dell’ordine del giorno dell’assemblea). – 1. I soci che, an-che congiuntamente, rappresentino almeno un quarantesimo del capitale sociale possonochiedere, entro cinque giorni dalla pubblicazione dell’avviso di convocazione dell’assemblea,l’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, indicando nella domanda gli ulteriori ar-gomenti da essi proposti.

2. Delle integrazioni all’elenco delle materie che l’assemblea dovra trattare a seguitodelle richieste di cui al comma 1 e data notizia, nelle stesse forme prescritte per la pub-blicazione dell’avviso di convocazione, almeno dieci giorni prima di quello fissato per l’as-semblea.

3. L’integrazione dell’elenco delle materie da trattare, ai sensi del comma 1, non e am-messa per gli argomenti sui quali l’assemblea delibera, a norma di legge, su proposta degliamministratori o sulla base di un progetto o di una relazione da essi predisposta».

Capo IIIDisciplina delle societa estere

Art. 6.(Trasparenza delle societa estere)

1. Nel testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, allaparte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 165-bis, introdotto dall’articolo 18, comma 1, let-tera h), della presente legge, e aggiunta la seguente sezione:

«Sezione VI-bis.Rapporti con societaestere aventi sede legale in Stati che non garantiscono la trasparenza

societaria.Art. 165-ter. – (Ambito di applicazione). – 1. Sono soggette alle disposizioni contenute

nella presente sezione le societa italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui

Parte I - Dottrina 403

all’articolo 119, e le societa italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in mi-sura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, le quali controllino societa aventi sede legale in Stati icui ordinamenti non garantiscono la trasparenza della costituzione, della situazione patrimo-niale e finanziaria e della gestione delle societa, nonche le societa italiane con azioni quotate inmercati regolamentati o emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevan-te, le quali siano collegate alle suddette societaestere o siano da queste controllate.

2. Si applicano le nozioni di controllo previste dall’articolo 93 e quelle di collegamentopreviste dall’articolo 2359, comma 3, del cod. civ.

3. Gli Stati di cui al comma 1 sono individuati con decreti del Ministro della giustizia, diconcerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, sulla base dei seguenti criteri:

a) per quanto riguarda le forme e le condizioni per la costituzione delle societa:1) mancanza di forme di pubblicitadell’atto costitutivo e dello statuto, nonche delle suc-

cessive modificazioni di esso;2) mancanza del requisito di un capitale sociale minimo, idoneo a garantire i terzi credi-

tori, per la costituzione delle societa, nonche della previsione di scioglimento in caso di ridu-zione del capitale al di sotto del minimo legale, salvo il caso di reintegrazione entro un ter-mine definito;

3) mancanza di norme che garantiscano l’effettivita e l’integrita del capitale sociale sot-toscritto, in particolare con la sottoposizione dei conferimenti costituiti da beni in natura ocrediti alla valutazione da parte di un esperto appositamente nominato;

4) mancanza di forme di controllo, da parte di soggetti o organismi a cio abilitati da spe-cifiche disposizioni di legge, circa la conformita degli atti di cui al numero 1) alle condizionirichieste per la costituzione delle societa;

b) per quanto riguarda la struttura delle societa, mancanza della previsione di un organodi controllo distinto dall’organo di amministrazione, o di un comitato di controllo interno al-l’organo amministrativo, dotato di adeguati poteri di ispezione, controllo e autorizzazione sul-la contabilita, sul bilancio e sull’assetto organizzativo della societa, e composto da soggettiforniti di adeguati requisiti di onorabilita, professionalitae indipendenza;

c) per quanto riguarda il bilancio di esercizio:1) mancanza della previsione dell’obbligo di redigere tale bilancio, comprendente alme-

no il conto economico e lo stato patrimoniale, con l’osservanza dei seguenti principi:1.1) rappresentazione chiara, veritiera e corretta della situazione patrimoniale e finanzia-

ria della societae del risultato economico dell’esercizio;1.2) illustrazione chiara dei criteri di valutazione adottati nella redazione del conto eco-

nomico e dello stato patrimoniale;2) mancanza dell’obbligo di deposito, presso un organo amministrativo o giudiziario, del

bilancio, redatto secondo i principi di cui al numero 1);3) mancanza dell’obbligo di sottoporre la contabilita e il bilancio delle societa a verifica

da parte dell’organo o del comitato di controllo di cui alla lettera b) ovvero di un revisorelegale dei conti;

d) la legislazione del Paese ove la societaha sede legale impedisce o limita l’operativitadella societa stessa sul proprio territorio;

e) la legislazione del Paese ove la societa ha sede legale esclude il risarcimento dei danniarrecati agli amministratori rimossi senza una giusta causa, ovvero consente che tale clausolasia contenuta negli atti costitutivi delle societao in altri strumenti negoziali;

f) mancata previsione di un’adeguata disciplina che impedisca la continuazione dell’atti-vita sociale dopo l’insolvenza, senza ricapitalizzazione o prospettive di risanamento;

g) mancanza di adeguate sanzioni penali nei confronti degli esponenti aziendali che fal-sificano la contabilita e i bilanci.

4. Con i decreti del Ministro della giustizia, di cui al comma 3, possono essere individua-ti, in relazione alle forme e alle discipline societarie previste in ordinamenti stranieri, criteri

Il diritto fallimentare delle societa commerciali404

equivalenti in base ai quali possano considerarsi soddisfatti i requisiti di trasparenza e di ido-neita patrimoniale e organizzativa determinati nel presente articolo.

5. I decreti di cui al comma 3 possono individuare Stati i cui ordinamenti presentino ca-renze particolarmente gravi con riguardo ai profili indicati alle lettere b), c) e g) del medesimocomma 3.

6. Con proprio regolamento la CONSOB detta criteri in base ai quali e consentito allesocieta italiane di cui all’articolo 119 e alle societa italiane emittenti strumenti finanziari dif-fusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116 di controllare imprese aventisede in uno degli Stati di cui al comma 5. A tal fine sono prese in considerazione le ragioni dicarattere imprenditoriale che motivano il controllo e l’esigenza di assicurare la completa ecorretta informazione societaria.

7. In caso di inottemperanza alle disposizioni emanate ai sensi dei commi 5 e 6, la CON-SOB puo denunziare i fatti al tribunale ai fini dell’adozione delle misure previste dall’articolo2409 del cod. civ.

Art. 165-quater. – (Obblighi delle societa italiane controllanti). – 1. Le societa italianecon azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e le societa italiane emit-tenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’articolo 116, lequali controllano societa aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cuiall’articolo 165-ter, comma 3, allegano al proprio bilancio di esercizio o bilancio consolidato,qualora siano tenute a predisporlo, il bilancio della societa estera controllata, redatto secondoi principi e le regole applicabili ai bilanci delle societa italiane o secondo i principi contabiliinternazionalmente riconosciuti.

2. Il bilancio della societa estera controllata, allegato al bilancio della societa italiana aisensi del comma 1, e sottoscritto dagli organi di amministrazione, dal direttore generale edal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari di quest’ultima, cheattestano la veridicita e la correttezza della rappresentazione della situazione patrimoniale efinanziaria e del risultato economico dell’esercizio. Al bilancio della societa italiana e altresıallegato il parere espresso dall’organo di controllo della medesima sul bilancio della societaestera controllata.

3. Il bilancio della societa italiana controllante e corredato da una relazione degli am-ministratori sui rapporti intercorrenti fra la societa italiana e la societa estera controllata,con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle operazionicompiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la prestazionedi garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti soggetti. Larelazione e altresı sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto alla redazionedei documenti contabili societari. E allegato ad essa il parere espresso dall’organo di con-trollo.

4. Il bilancio della societa estera controllata, allegato al bilancio della societaitaliana aisensi del comma 1, e sottoposto a revisione ai sensi dell’articolo 165 da parte della societaincaricata della revisione del bilancio della societa italiana; ove la suddetta societa di revisionenon operi nello Stato in cui ha sede la societa estera controllata, deve avvalersi di altra idoneasocieta di revisione, assumendo la responsabilita dell’operato di quest’ultima. Ove la societaitaliana, non avendone l’obbligo, non abbia incaricato del controllo contabile una societa direvisione, deve comunque conferire tale incarico relativamente al bilancio della societa esteracontrollata.

5. Il bilancio della societa estera controllata, sottoscritto ai sensi del comma 2, con la re-lazione, i pareri ad esso allegati e il giudizio espresso dalla societa responsabile della revisioneai sensi del comma 4, sono trasmessi alla CONSOB.

Art. 165-quinquies. – (Obblighi delle societa italiane collegate). – 1. Il bilancio dellesocieta italiane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e dellesocieta italiane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, aisensi dell’articolo 116, le quali siano collegate a societa aventi sede legale in uno degli Stati

Parte I - Dottrina 405

determinati con i decreti di cui all’articolo 165-ter, comma 3, e corredato da una relazionedegli amministratori sui rapporti intercorrenti fra la societa italiana e la societa estera col-legata, con particolare riguardo alle reciproche situazioni debitorie e creditorie, e sulle ope-razioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui il bilancio si riferisce, compresa la pre-stazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi in Italia o all’estero dai predetti sog-getti. La relazione e altresı sottoscritta dal direttore generale e dal dirigente preposto allaredazione dei documenti contabili societari. E allegato ad essa il parere espresso dall’orga-no di controllo.

Art. 165-sexies. – (Obblighi delle societaitaliane controllate). – 1. Il bilancio delle societaitaliane con azioni quotate in mercati regolamentati, di cui all’articolo 119, e delle societa ita-liane emittenti strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante, ai sensi dell’ar-ticolo 116, ovvero che hanno ottenuto rilevanti concessioni di credito, le quali siano control-late da societa aventi sede legale in uno degli Stati determinati con i decreti di cui all’articolo165-ter, comma 3, e corredato da una relazione degli amministratori sui rapporti intercorrentifra la societa italiana e la societa estera controllante, nonche le societa da essa controllate o adessa collegate o sottoposte a comune controllo, con particolare riguardo alle reciproche situa-zioni debitorie e creditorie, e sulle operazioni compiute tra loro nel corso dell’esercizio cui ilbilancio si riferisce, compresa la prestazione di garanzie per gli strumenti finanziari emessi inItalia o all’estero dai predetti soggetti. La relazione e altresı sottoscritta dal direttore generalee dal dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari. E allegato ad essa ilparere espresso dall’organo di controllo.

Art. 165-septies. – (Poteri della CONSOB e disposizioni di attuazione). – 1. La CON-SOB esercita i poteri previsti dagli articoli 114 e 115, con le finalita indicate dall’articolo 91,nei riguardi delle societa italiane di cui alla presente sezione. Per accertare l’osservanza degliobblighi di cui alla presente sezione da parte delle societa italiane, puo esercitare i medesimipoteri nei riguardi delle societa estere, previo consenso delle competenti autorita straniere, ochiedere l’assistenza o la collaborazione di queste ultime, anche sulla base di accordi di coo-perazione con esse.

2. La CONSOB emana, con proprio regolamento, le disposizioni per l’attuazione dellapresente sezione».

2. Dopo l’articolo 193 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e inserito il seguente:

«Art. 193-bis. – (Rapporti con societaestere aventi sede legale in Stati che non garan-tiscono la trasparenza societaria). – 1. Coloro che sottoscrivono il bilancio della societaestera di cui all’articolo 165-quater, comma 2, le relazioni e i pareri di cui agli articoli165-quater, commi 2 e 3, 165-quinquies, comma 1, e 165-sexies, comma 1, e coloro cheesercitano la revisione ai sensi dell’articolo 165-quater, comma 4, sono soggetti a respon-sabilita civile, penale e amministrativa secondo quanto previsto in relazione al bilancio del-le societa italiane.

2. Salvo che il fatto costituisca reato, la violazione degli obblighi derivanti dall’eserciziodei poteri attribuiti alla CONSOB dall’articolo 165-septies, comma 1, e punita con la sanzio-ne amministrativa pecuniaria prevista dall’articolo 193, comma 1».

Art. 7.(Modifiche al d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153)

1. All’articolo 25 del d.lgs. 17 maggio 1999, n. 153, e successive modificazioni, il comma3 e sostituito dal seguente:

«3. A partire dal 1º gennaio 2006 la fondazione non puo esercitare il diritto di voto nelleassemblee ordinarie e straordinarie delle societa indicate nei commi 1 e 2 per le azioni ecce-denti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesimeassemblee. Con deliberazione dell’assemblea straordinaria delle societa interessate, le azioni

Il diritto fallimentare delle societa commerciali406

eccedenti la predetta percentuale possono essere convertite in azioni prive del diritto di voto.Il presente comma non si applica alle fondazioni di cui al comma 3-bis».

Titolo IIDISPOSIZIONI IN MATERIA DI CONFLITTI D’INTERESSI E DISCIPLINA

DELLE ATTIVITA FINANZIARIE

Capo IDisposizioni in materia di conflitti d’interessi

Art. 8.(Concessione di credito in favore di azionisti e obbligazioni degli esponenti bancari)

1. All’articolo 53 del testo unico delle leggi in materia bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1ºsettembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 4 e sostituito dal seguente:«4. Le banche devono rispettare le condizioni indicate dalla Banca d’Italia, in conformita

alle deliberazioni del CICR, per le attivitadi rischio nei confronti di:a) soggetti che, direttamente o indirettamente, detengono una partecipazione rilevante o

comunque il controllo della banca o della societa capogruppo;b) soggetti che sono in grado di nominare, anche sulla base di accordi, uno o piu com-

ponenti degli organi di amministrazione o controllo della banca o della societa capogruppo;c) coloro che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo presso la banca

o presso la societa capogruppo;d) societa controllate dai soggetti indicati nelle lettere a), b) e c) o presso le quali gli stessi

svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo;e) altri soggetti che sono comunque collegati alla banca, secondo quanto stabilito dalla

Banca d’Italia»;b) dopo il comma 4, sono inseriti i seguenti:«4-bis. Le condizioni di cui al comma 4 sono determinate tenuto conto:a) dell’entitadel patrimonio della banca;b) dell’entita della partecipazione eventualmente detenuta;c) dell’insieme delle attivita di rischio del gruppo bancario nei confronti dei soggetti di

cui al comma 4 e degli altri soggetti ai medesimi collegati secondo quanto stabilito dalla Ban-ca d’Italia.

4-ter. La Banca d’Italia individua i casi in cui il mancato rispetto delle condizioni di cui alcomma 4 comporta la sospensione dei diritti amministrativi connessi con la partecipazione.

4-quater. La Banca d’Italia, in conformita alle deliberazioni del CICR, disciplina i con-flitti d’interessi tra le banche e i soggetti indicati nel comma 4, in relazione alle altre attivitabancarie».

2. All’articolo 136 del testo unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successivemodificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) dopo il comma 2 e inserito il seguente:«2-bis. Per l’applicazione dei commi 1 e 2 rilevano anche le obbligazioni intercorrenti

con societa controllate dai soggetti di cui ai medesimi commi o presso le quali gli stessi sog-getti svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo, nonche con le societa daqueste controllate o che le controllano o sono ad esse collegate»;

b) al comma 3, le parole: «dei commi 1 e 2» sono sostituite dalle seguenti: «dei commi 1,2 e 2-bis».

Parte I - Dottrina 407

Art. 9.(Conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni di organismi d’investimento collettivo

del risparmio e di prodotti assicurativi e previdenzialinonche nella gestione di portafogli su base individuale)

1. Il Governo e delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pub-blica, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, uno o piu decreti le-gislativi diretti a disciplinare i conflitti d’interessi nella gestione dei patrimoni degli organismid’investimento collettivo del risparmio (OICR), dei prodotti assicurativi e di previdenza com-plementare e nelle gestioni su base individuale di portafogli d’investimento per conto terzi,nel rispetto dei seguenti principi e criteri direttivi:

a) salvaguardia dell’interesse dei risparmiatori e dell’integrita del mercato finanziario me-diante la disciplina dei comportamenti nelle gestioni del risparmio;

b) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di pre-videnza complementare nonche dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi inprodotti finanziari emessi o collocati da societaappartenenti allo stesso gruppo cui apparten-gono i soggetti che gestiscono i suddetti patrimoni o portafogli ovvero, nel caso di prodotti diprevidenza complementare, emessi anche da alcuno dei soggetti sottoscrittori delle fonti isti-tutive;

c) limitazione dell’investimento dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di pre-videnza complementare, nonche dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, dicui alla lettera b), in prodotti finanziari emessi o collocati da societa appartenenti a gruppilegati da significativi rapporti di finanziamento con il soggetto che gestisce tali patrimoni oportafogli o con il gruppo al quale esso appartiene;

d) previsione del limite per l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppoda parte dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza comple-mentare, nonche dei portafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b),per la negoziazione di strumenti finanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui alpresente articolo, in misura non superiore al 60 per cento del controvalore complessivo degliacquisti e delle vendite degli stessi;

e) salvo quanto disposto dalla lettera d), previsione dell’obbligo, a carico dei gestori deipatrimoni di OICR, di prodotti assicurativi e di previdenza complementare, nonche dei por-tafogli gestiti su base individuale per conto terzi, di cui alla lettera b), di motivare, sulla basedelle condizioni economiche praticate nonche dell’efficienza e della qualitadei servizi offerti,l’impiego di intermediari appartenenti al medesimo gruppo per la negoziazione di strumentifinanziari nello svolgimento dei servizi di gestione di cui al presente articolo, qualora superi il30 per cento del controvalore complessivo degli acquisti e delle vendite degli stessi;

f) previsione dell’obbligo, a carico dei gestori dei patrimoni di OICR, di prodotti assicu-rativi e di previdenza complementare, nonche dei portafogli gestiti su base individuale perconto terzi, di cui alla lettera b), di comunicare agli investitori la misura massima dell’impiegodi intermediari appartenenti al medesimo gruppo, da essi stabilita entro il limite di cui allalettera d), all’atto della sottoscrizione di quote di OICR, di prodotti assicurativi e di previden-za complementare ovvero all’atto del conferimento dell’incarico di gestione su base indivi-duale di portafogli d’investimento per conto terzi, nonche ad ogni successiva variazione e co-munque annualmente;

g) attribuzione del potere di dettare disposizioni di attuazione alla Commissione nazio-nale per le societa e la borsa (CONSOB), d’intesa con la Banca d’Italia per quanto riguardagli OICR;

h) previsione di sanzioni amministrative pecuniarie e accessorie, in caso di violazione del-le norme introdotte ai sensi del presente articolo, sulla base dei principi e criteri di cui allapresente legge, nel rispetto dei principi di adeguatezza e proporzione e riservando le sanzioniaccessorie ai casi di maggiore gravitao di reiterazione dei comportamenti vietati;

Il diritto fallimentare delle societa commerciali408

i) attribuzione del potere di irrogare le sanzioni previste dalla lettera h) alla CONSOB,d’intesa con la Banca d’Italia;

l) riferimento, per la determinazione della nozione di gruppo, alla definizione di control-lo contenuta nell’articolo 93 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58.

Art. 10.(Conflitti d’interessi nella prestazione dei servizi d’investimento)

1. Al testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sonoapportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 6, dopo il comma 2 e aggiunto il seguente:«2-bis. La Banca d’Italia, d’intesa con la CONSOB, disciplina i casi in cui, al fine di pre-

venire conflitti di interesse nella prestazione dei servizi di investimento, anche rispetto allealtre attivita svolte dal soggetto abilitato, determinate attivita debbano essere prestate dastrutture distinte e autonome»;

b) all’articolo 190, dopo il comma 3, e inserito il seguente:«3-bis. I soggetti che svolgono funzioni di amministrazione, direzione o controllo nei

soggetti abilitati, i quali non osservano le disposizioni previste dall’articolo 6, comma 2-bis,ovvero le disposizioni generali o particolari emanate in base al medesimo comma dalla Bancad’Italia, sono puniti con la sanzione amministrativa pecuniaria da cinquantamila euro a cin-quecentomila euro».

Capo IIDisposizioni in materia di circolazione

degli strumenti finanziari

Art. 11.(Circolazione in Italia di strumenti finanziari

collocati presso investitori professionali e obblighi informativi)

1. All’articolo 2412 del cod. civ. sono apportate le seguenti modificazioni:a) dopo il comma 3 e inserito il seguente:«Al computo del limite di cui al comma 1 concorrono gli importi relativi a garanzie co-

munque prestate dalla societa per obbligazioni emesse da altre societa, anche estere».b) il settimo comma e abrogato.2. Al testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sono

apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 30, il comma 9 e sostituito dal seguente:«9. Il presente articolo si applica anche ai prodotti finanziari diversi dagli strumenti fi-

nanziari e dai prodotti finanziari emessi dalle imprese di assicurazione, fermo restando l’ob-bligo di consegna del prospetto informativo»;

b) la lettera f) del comma 1 dell’articolo 100 e abrogata;c) dopo l’articolo 100 e inserito il seguente:«Art. 100-bis. – (Circolazione dei prodotti finanziari) – 1. Nei casi di sollecitazione all’in-

vestimento di cui all’articolo 100, comma 1, lettera a), e di successiva circolazione in Italia diprodotti finanziari, anche emessi all’estero, gli investitori professionali che li trasferiscono,fermo restando quanto previsto ai sensi dell’articolo 21, rispondono della solvenza dell’emit-tente nei confronti degli acquirenti che non siano investitori professionali, per la durata di unanno dall’emissione. Resta fermo quanto stabilito dall’articolo 2412, comma 2, del cod. civ.

2. Il comma 1 non si applica se l’intermediario consegna un documento informativo con-tenente le informazioni stabilite dalla CONSOB agli acquirenti che non siano investitori pro-fessionali, anche qualora la vendita avvenga su richiesta di questi ultimi. Spetta all’intermedia-rio l’onere della prova di aver adempiuto agli obblighi indicati dal presente comma»;

Parte I - Dottrina 409

d) all’articolo 118, il comma 2 e sostituito dal seguente:«2. L’articolo 116 non si applica agli strumenti finanziari emessi dalle banche, diversi

dalle azioni o dagli strumenti finanziari che permettono di acquisire o sottoscrivere azioni».3. Nella parte II, titolo II, capo II, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio

1998, n. 58, e successive modificazioni, dopo l’articolo 25 e aggiunto il seguente:«Art. 25-bis. – (Prodotti finanziari emessi da banche e da imprese di assicurazione). – 1.

Gli articoli 21 e 23 si applicano alla sottoscrizione e al collocamento di prodotti finanziariemessi da banche nonche, in quanto compatibili, da imprese di assicurazione.

2. In relazione ai prodotti di cui al comma 1 e nel perseguimento delle finalita di cui al-l’articolo 5, comma 3, la CONSOB esercita sui soggetti abilitati e sulle imprese di assicura-zione i poteri di vigilanza regolamentare, informativa e ispettiva di cui all’articolo 6, comma 2,all’articolo 8, commi 1 e 2, e all’articolo 10, comma 1, nonche i poteri di cui all’articolo 7,comma 1.

3. Il collegio sindacale, il consiglio di sorveglianza o il comitato per il controllo sulla ge-stione delle imprese di assicurazione informa senza indugio la CONSOB di tutti gli atti o ifatti, di cui venga a conoscenza nell’esercizio dei propri compiti, che possano costituireuna violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle disposizioni generali o parti-colari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

4. Le societa incaricate della revisione contabile delle imprese di assicurazione comuni-cano senza indugio alla CONSOB gli atti o i fatti, rilevati nello svolgimento dell’incarico, chepossano costituire una grave violazione delle norme di cui al presente capo ovvero delle di-sposizioni generali o particolari emanate dalla CONSOB ai sensi del comma 2.

5. I commi 3 e 4 si applicano anche all’organo che svolge funzioni di controllo e alle so-cietaincaricate della revisione contabile presso le societa che controllano l’impresa di assicu-razione o che sono da queste controllate ai sensi dell’articolo 2359 del codice civile.

6. L’ISVAP e la CONSOB si comunicano reciprocamente le ispezioni da ciascuna dispo-ste sulle imprese di assicurazione. Ciascuna autorita puo chiedere all’altra di svolgere accer-tamenti su aspetti di propria competenza».

Art. 12.(Attuazione della direttiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio,

del 4 novembre 2003, relativa al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissionealla negoziazione di strumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE)

1. Il Governo e delegato ad adottare, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pub-blica, su proposta del Ministro dell’economia e delle finanze, entro diciotto mesi dalla datadi entrata in vigore della presente legge, un d.lgs. recante le norme per il recepimento delladirettiva 2003/71/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 4 novembre 2003, rela-tiva al prospetto da pubblicare per l’offerta pubblica o l’ammissione alla negoziazione distrumenti finanziari e che modifica la direttiva 2001/34/CE, di seguito denominata «diret-tiva».

2. Entro due anni dalla data di entrata in vigore del decreto legislativo di cui al comma 1,il Governo, nel rispetto dei principi e criteri direttivi previsti dal comma 3, e con la procedurastabilita per il d.lgs. di cui al comma 1, puo emanare disposizioni correttive e integrative delmedesimo decreto legislativo, anche per tenere conto delle misure di esecuzione adottate dal-la Commissione europea secondo la procedura di cui all’articolo 24, paragrafo 2, della diret-tiva.

3. Con i decreti legislativi di cui ai commi 1 e 2 sono apportate al testo unico di cui ald.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, le modifiche e le integrazioni ne-cessarie al corretto e integrale recepimento della direttiva e delle relative misure di esecuzionenell’ordinamento nazionale, mantenendo, ove possibile, le ipotesi di conferimento di poteriregolamentari ivi contemplate; i decreti tengono inoltre conto dei seguenti principi e criteridirettivi:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali410

a) adeguare alla normativa comunitaria la disciplina dell’offerta al pubblico dei pro-dotti finanziari diversi dagli strumenti finanziari come definiti, rispettivamente, dall’arti-colo 1, comma 1, lettera u), e comma 2, del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio1998, n. 58;

b) individuare nella CONSOB l’Autoritanazionale competente in materia;c) prevedere che la CONSOB, al fine di assicurare l’efficienza del procedimento di ap-

provazione del prospetto informativo da pubblicare in caso di offerta pubblica di titoli di de-bito bancari non destinati alla negoziazione in un mercato regolamentato, stipuli accordi dicollaborazione con la Banca d’Italia;

d) assicurare la conformitadella disciplina esistente in materia di segreto d’ufficio alla di-rettiva;

e) disciplinare i rapporti con le Autoritaestere anche con riferimento ai poteri cautelariesercitabili;

f) individuare, anche mediante l’attribuzione alla CONSOB di compiti regolamentari, daesercitare in conformitaalla direttiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commis-sione europea:

1) i tipi di offerta a cui non si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto nonche i tipidi strumenti finanziari alla cui offerta al pubblico ovvero alla cui ammissione alla negoziazionenon si applica l’obbligo di pubblicare un prospetto;

2) le condizioni alle quali il collocamento tramite intermediari ovvero la successiva riven-dita di strumenti finanziari oggetto di offerte a cui non si applica l’obbligo di pubblicare unprospetto siano da assoggettare a detto obbligo;

g) prevedere che il prospetto e i supplementi approvati nello Stato membro d’originesiano validi per l’offerta al pubblico o per l’ammissione alla negoziazione in Italia;

h) prevedere, nei casi contemplati dalla direttiva, il diritto dell’investitore di revocare lapropria accettazione, comunque essa sia denominata, stabilendo per detta revoca un terminenon inferiore a due giorni lavorativi, prevedendo inoltre la responsabilita dell’intermediarioresponsabile del collocamento in presenza di informazioni false o di omissioni idonee a in-fluenzare le decisioni d’investimento di un investitore ragionevole;

i) prevedere i criteri in base ai quali la CONSOB puo autorizzare determinate personefisiche e piccole e medie imprese ad essere considerate investitori qualificati ai fini dell’esen-zione delle offerte rivolte unicamente a investitori qualificati dall’obbligo di pubblicare unprospetto;

l) prevedere una disciplina concernente la responsabilita civile per le informazioni con-tenute nel prospetto;

m) prevedere che la CONSOB, con riferimento all’approvazione del prospetto, verifichila completezza delle informazioni nello stesso contenute, nonche la coerenza e la comprensi-bilita delle informazioni fornite;

n) conferire alla CONSOB il potere di disciplinare con regolamenti, in conformita alladirettiva e alle relative misure di esecuzione dettate dalla Commissione europea, anche le se-guenti materie:

1) impiego delle lingue nel prospetto con individuazione dei casi in cui la nota di sintesideve essere redatta in lingua italiana;

2) obbligo di depositare presso la CONSOB un documento concernente le informazioniche gli emittenti hanno pubblicato o reso disponibili al pubblico nel corso di un anno;

3) condizioni per il trasferimento dell’approvazione di un prospetto all’Autorita compe-tente di un altro Stato membro;

4) casi nei quali sono richieste la pubblicazione del prospetto anche in forma elettronicae la pubblicazione di un avviso il quale precisi in che modo il prospetto e stato reso dispo-nibile e dove puo essere ottenuto dal pubblico;

o) avvalersi della facolta di autorizzare la CONSOB a delegare compiti a societa di ge-stione del mercato, nel rispetto dei principi stabiliti dalla direttiva;

Parte I - Dottrina 411

p) fatte salve le sanzioni penali giapreviste per il falso in prospetto, prevedere, per la vio-lazione dell’obbligo di pubblicare il prospetto, sanzioni amministrative pecuniarie di importonon inferiore a un quarto del controvalore offerto e fino ad un massimo di due volte il con-trovalore stesso e, ove quest’ultimo non sia determinabile, di importo minimo di centomilaeuro e massimo di due milioni di euro; prevedere, per le altre violazioni della normativa in-terna e comunitaria, sanzioni amministrative pecuniarie da cinquemila euro a cinquecentomi-la euro; escludere l’applicabilita dell’articolo 16 della legge 24 novembre 1981, n. 689, e suc-cessive modificazioni; prevedere la pubblicita delle sanzioni salvo che, a giudizio della CON-SOB, la pubblicazione possa turbare gravemente i mercati o arrecare un danno sproporzio-nato; prevedere sanzioni accessorie di natura interdittiva;

q) attribuire alla CONSOB il relativo potere sanzionatorio, da esercitare secondo proce-dure che salvaguardino il diritto di difesa, e prevedere, ove le violazioni siano commesse dapersone giuridiche, la responsabilita di queste ultime, con obbligo di regresso verso le perso-ne fisiche responsabili delle violazioni.

Capo IIIAltre disposizioni in materia di servizi bancari,

tutela degli investitori, disciplina dei promotori finanziari

e dei mercati regolamentati e informazione societaria

Art. 13.(Pubblicita del tasso effettivo globale medio degli interessi praticati

dalle banche e dagli intermediari finanziari)

1. Al comma 1 dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre1993, n. 385, dopo il primo periodo e inserito il seguente: «Per le operazioni di finanziamen-to, comunque denominate, e pubblicizzato il tasso effettivo globale medio computato secon-do le modalitastabilite a norma dell’articolo 122».

Art. 14.(Modifiche al testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria)

1. Al testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sonoapportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 21, comma 1, lettera a), e aggiunto, in fine, il seguente periodo: «I soggettiabilitati classificano, sulla base di criteri generali minimi definiti con regolamento dalla CON-SOB, che a tale fine puo avvalersi della collaborazione delle associazioni maggiormente rap-presentative dei soggetti abilitati e del Consiglio nazionale dei consumatori e degli utenti, dicui alla legge 30 luglio 1998, n. 281, il grado di rischiosita dei prodotti finanziari e delle ge-stioni di portafogli d’investimento e rispettano il principio dell’adeguatezza fra le operazioniconsigliate agli investitori, o effettuate per conto di essi, e il profilo di ciascun cliente, deter-minato sulla base della sua esperienza in materia di investimenti in prodotti finanziari, dellasua situazione finanziaria, dei suoi obiettivi d’investimento e della sua propensione al rischio,salve le diverse disposizioni espressamente impartite dall’investitore medesimo in forma scrit-ta, ovvero anche mediante comunicazione telefonica o con l’uso di strumenti telematici, pur-che siano adottate procedure che assicurino l’accertamento della provenienza e la conserva-zione della documentazione dell’ordine»;

b) all’articolo 31:1) il comma 4 e sostituito dal seguente:«4. E istituito l’albo unico dei promotori finanziari, articolato in sezioni territoriali. Alla

tenuta dell’albo provvede un organismo costituito dalle associazioni professionali rappresen-tative dei promotori e dei soggetti abilitati. L’organismo ha personalita giuridica ed e ordinatoin forma di associazione, con autonomia organizzativa e statutaria, nel rispetto del principio

Il diritto fallimentare delle societa commerciali412

di articolazione territoriale delle proprie strutture e attivita. Nell’ambito della propria auto-nomia finanziaria l’organismo determina e riscuote i contributi e le altre somme dovute dagliiscritti e dai richiedenti l’iscrizione, nella misura necessaria per garantire lo svolgimento delleproprie attivita. Esso provvede all’iscrizione all’albo, previa verifica dei necessari requisiti, esvolge ogni altra attivita necessaria per la tenuta dell’albo. L’organismo opera nel rispetto deiprincipi e dei criteri stabiliti con regolamento dalla CONSOB, e sotto la vigilanza della me-desima»;

2) al comma 5, secondo periodo, le parole: «indette dalla CONSOB» sono soppresse;3) il comma 6 e sostituito dal seguente:«6. La CONSOB determina, con regolamento, i principi e i criteri relativi:a) alla formazione dell’albo previsto dal comma 4 e alle relative forme di pubblicita;b) ai requisiti di rappresentativita delle associazioni professionali dei promotori finanziari

e dei soggetti abilitati;c) all’iscrizione all’albo previsto dal comma 4 e alle cause di sospensione, di radiazione e

di riammissione;d) alle cause di incompatibilita;e) ai provvedimenti cautelari e alle sanzioni disciplinati, rispettivamente, dagli articoli 55

e 196 e alle violazioni cui si applicano le sanzioni previste dallo stesso articolo 196, comma 1;f) all’esame, da parte della stessa CONSOB, dei reclami contro le delibere dell’organi-

smo di cui al comma 4, relative ai provvedimenti indicati alla lettera c);g) alle regole di presentazione e di comportamento che i promotori finanziari devono

osservare nei rapporti con la clientela;h) alle modalita di tenuta della documentazione concernente l’attivita svolta dai promo-

tori finanziari;i) all’attivita dell’organismo di cui al comma 4 e alle modalita di esercizio della vigilanza

da parte della stessa CONSOB;l) alle modalita di aggiornamento professionale dei promotori finanziari»;c) all’articolo 62:1) dopo il comma 1 e inserito il seguente:«1-bis. Qualora le azioni della societa di gestione siano quotate in un mercato regolamen-

tato, il regolamento di cui al comma 1 e deliberato dal consiglio di amministrazione della so-cieta medesima»;

2) dopo il comma 2 e inserito il seguente:«2-bis. Il regolamento puostabilire che le azioni di societa controllanti, il cui attivo sia

prevalentemente composto dalla partecipazione, diretta o indiretta, in una o piu societacon azioni quotate in mercati regolamentati, vengano negoziate in segmento distinto del mer-cato»;

3) dopo il comma 3 e aggiunto il seguente:«3-bis. La CONSOB determina con proprio regolamento:a) i criteri di trasparenza contabile e di adeguatezza della struttura organizzativa e del

sistema dei controlli interni che le societa controllate, costituite e regolate dalla legge di Statinon appartenenti all’Unione europea, devono rispettare affinche le azioni della societa con-trollante possano essere quotate in un mercato regolamentato italiano. Si applica la nozionedi controllo di cui all’articolo 93;

b) le condizioni in presenza delle quali non possono essere quotate le azioni di societacontrollate sottoposte all’attivita di direzione e coordinamento di altra societa;

c) i criteri di trasparenza e i limiti per l’ammissione alla quotazione sul mercato mobi-liare italiano delle societa finanziarie, il cui patrimonio e costituito esclusivamente da parte-cipazioni»;

d) all’articolo 64:

Parte I - Dottrina 413

1) al comma 1, lettera c), sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e comunica imme-diatamente le proprie decisioni alla CONSOB; l’esecuzione delle decisioni di ammissione e diesclusione e sospesa finche non sia decorso il termine indicato al comma 1-bis, lettera a)»;

2) dopo il comma 1 sono aggiunti i seguenti:«1-bis. La CONSOB:

a) puo vietare l’esecuzione delle decisioni di ammissione e di esclusione ovvero ordinarela revoca di una decisione di sospensione degli strumenti finanziari e degli operatori dalle ne-goziazioni, entro cinque giorni dal ricevimento della comunicazione di cui al comma 1, letterac), se, sulla base degli elementi informativi in suo possesso, ritiene la decisione contraria allefinalita di cui all’articolo 74, comma 1;

b) puo chiedere alla societa di gestione tutte le informazioni che ritenga utili per i fini dicui alla lettera a);

c) puo chiedere alla societa di gestione l’esclusione o la sospensione degli strumenti fi-nanziari e degli operatori dalle negoziazioni.

1-ter. L’ammissione, l’esclusione e la sospensione dalle negoziazioni degli strumentifinanziari emessi da una societa di gestione in un mercato da essa gestito sono dispostedalla CONSOB. In tali casi, la CONSOB determina le modificazioni da apportare al re-golamento del mercato per assicurare la trasparenza, l’ordinato svolgimento delle negozia-zioni e la tutela degli investitori, nonche per regolare le ipotesi di conflitto d’interessi.L’ammissione dei suddetti strumenti e subordinata all’adeguamento del regolamento delrelativo mercato»;

e) all’articolo 74, dopo il comma 1 e inserito il seguente:«1-bis. La CONSOB vigila sul rispetto delle disposizioni del regolamento del mercato,

relative agli strumenti finanziari di cui all’articolo 64, comma 1-ter, da parte della societadi gestione»;

f) all’articolo 94 e aggiunto, in fine, il seguente comma:«5-bis. La CONSOB determina quali strumenti o prodotti finanziari, quotati in mercati

regolamentati ovvero diffusi fra il pubblico ai sensi dell’articolo 116 e individuati attraversouna particolare denominazione o sulla base di specifici criteri qualificativi, devono avere uncontenuto tipico determinato»;

g) all’articolo 114:1) il comma 5 e sostituito dal seguente:«5. La CONSOB puo, anche in via generale, richiedere ai soggetti indicati nel comma 1,

ai componenti degli organi di amministrazione e controllo e ai dirigenti, nonche ai soggettiche detengono una partecipazione rilevante ai sensi dell’articolo 120 o che partecipano aun patto previsto dall’articolo 122 che siano resi pubblici, con le modalita da essa stabilite,notizie e documenti necessari per l’informazione del pubblico. In caso di inottemperanza,la CONSOB provvede direttamente a spese del soggetto inadempiente»;

2) il comma 8 e sostituito dal seguente:«8. I soggetti che producono o diffondono ricerche o valutazioni, con l’esclusione delle

societa di rating, riguardanti gli strumenti finanziari indicati all’articolo 180, comma 1, letteraa), o gli emittenti di tali strumenti, nonche i soggetti che producono o diffondono altre infor-mazioni che raccomandano o propongono strategie di investimento destinate ai canali di di-vulgazione o al pubblico, devono presentare l’informazione in modo corretto e comunicarel’esistenza di ogni loro interesse o conflitto di interessi riguardo agli strumenti finanziaricui l’informazione si riferisce»;

h) all’articolo 115:1) al comma 1, la lettera b) e sostituita dalla seguente:«b) assumere notizie, anche mediante la loro audizione, dai componenti degli organi so-

ciali, dai direttori generali, dai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili socie-tari e dagli altri dirigenti, dalle societadi revisione, dalle societae dai soggetti indicati nella let-tera a)»;

Il diritto fallimentare delle societa commerciali414

2) al comma 1, lettera c), le parole: «nella lettera a)» sono sostituite dalle seguenti: «nellelettere a) e b), al fine di controllare i documenti aziendali e di acquisirne copia»;

3) al comma 2, le parole: «dalle lettere a) e b)» sono sostituite dalle seguenti: «dalle let-tere a), b) e c)»;

i) dopo l’articolo 117 sono inseriti i seguenti:«Art. 117-bis. – (Fusioni fra societa con azioni quotate e societa con azioni non quotate).

– 1. Sono assoggettate alle disposizioni dell’articolo 113 le operazioni di fusione nelle qualiuna societa con azioni non quotate viene incorporata in una societa con azioni quotate, quan-do l’entitadegli attivi di quest’ultima, diversi dalle disponibilita liquide e dalle attivitafinanzia-rie che non costituiscono immobilizzazioni, sia significativamente inferiore alle attivita dellasocieta incorporata.

2. Fermi restando i poteri previsti dall’articolo 113, comma 2, la CONSOB, con proprioregolamento, stabilisce disposizioni specifiche relative alle operazioni di cui al comma 1 delpresente articolo.

Art. 117-ter. – (Disposizioni in materia di finanza etica). – 1. La CONSOB, previa con-sultazione con tutti i soggetti interessati e sentite le Autorita di vigilanza competenti, deter-mina con proprio regolamento gli specifici obblighi di informazione e di rendicontazione cuisono tenuti i soggetti abilitati e le imprese di assicurazione che promuovono prodotti e serviziqualificati come etici o socialmente responsabili»;

l) nella parte IV, titolo III, capo I, dopo l’articolo 118 e aggiunto il seguente:«Art. 118-bis. – (Riesame delle informazioni fornite al pubblico). – 1. La CONSOB sta-

bilisce con regolamento le modalitae i termini per il riesame periodico delle informazioni co-municate al pubblico ai sensi di legge, comprese le informazioni contenute nei documenticontabili, dagli emittenti quotati»;

m) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 124 e inserita la seguente sezione:

«Sezione I-bis.Informazioni sull’adesione a codici di comportamento.

Art. 124-bis. – (Obblighi di informazione relativi ai codici di comportamento). – 1. Lesocieta di cui al presente capo diffondono annualmente, nei termini e con le modalita sta-biliti dalla CONSOB, informazioni sull’adesione a codici di comportamento promossi dasocieta di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoria degli operatorie sull’osservanza degli impegni a cio conseguenti, motivando le ragioni dell’eventuale ina-dempimento.

Art. 124-ter. – (Vigilanza sull’informazione relativa ai codici di comportamento). – 1. LaCONSOB, negli ambiti di propria competenza, stabilisce le forme di pubblicita cui sono sot-toposti i codici di comportamento promossi da societa di gestione di mercati regolamentati oda associazioni di categoria degli operatori, vigila sulla veridicitadelle informazioni riguardan-ti l’adempimento degli impegni assunti, diffuse dai soggetti che vi abbiano aderito, e irroga lecorrispondenti sanzioni in caso di violazione»;

n) nella parte IV, titolo III, capo II, dopo l’articolo 154 e inserita la seguente sezione:

«Sezione V-bis.Redazione dei documenti contabili societari.

Art. 154-bis. – (Dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari). – 1.Lo statuto prevede le modalitadi nomina di un dirigente preposto alla redazione dei docu-menti contabili societari, previo parere obbligatorio dell’organo di controllo.

2. Gli atti e le comunicazioni della societa previste dalla legge o diffuse al mercato, con-tenenti informazioni e dati sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria della stessasocieta, sono accompagnati da una dichiarazione scritta del direttore generale e del dirigente

Parte I - Dottrina 415

preposto alla redazione dei documenti contabili societari, che ne attestano la corrispondenzaal vero.

3. Il dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari predispone ade-guate procedure amministrative e contabili per la predisposizione del bilancio di esercizio e,ove previsto, del bilancio consolidato nonche di ogni altra comunicazione di carattere finan-ziario.

4. Al dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili societari devono essereconferiti adeguati poteri e mezzi per l’esercizio dei compiti attribuiti ai sensi del presente ar-ticolo.

5. Gli organi amministrativi delegati e il dirigente preposto alla redazione dei documenticontabili societari attestano con apposita relazione, allegata al bilancio di esercizio e, ove pre-visto, al bilancio consolidato, l’adeguatezza e l’effettiva applicazione delle procedure di cui alcomma 3 nel corso dell’esercizio cui si riferisce il bilancio, nonche la corrispondenza del bi-lancio alle risultanze dei libri e delle scritture contabili. L’attestazione e resa secondo il mo-dello stabilito con regolamento dalla CONSOB.

6. Le disposizioni che regolano la responsabilita degli amministratori si applicano ancheai dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, in relazione ai compitiloro spettanti, salve le azioni esercitabili in base al rapporto di lavoro con la societa»;

o) all’articolo 190, comma 2, dopo la lettera d), e aggiunta la seguente:«d-bis) ai soggetti che svolgono funzioni di amministrazione o di direzione e ai dipen-

denti delle imprese di assicurazione, nel caso in cui non osservino le disposizioni previste dal-l’articolo 25-bis, commi 1 e 2»;

p) all’articolo 191, al comma 1, le parole: «comma 1» sono sostituite dalle seguenti:«commi 1 e 5-bis»;

q) all’articolo 193, il comma 1 e sostituito dal seguente:«1. Nei confronti di societa, enti o associazioni tenuti a effettuare le comunicazioni pre-

viste dagli articoli 113, 114 e 115 e applicabile la sanzione amministrativa pecuniaria da cin-quemila a cinquecentomila euro per l’inosservanza delle disposizioni degli articoli medesimi odelle relative disposizioni applicative. Si applica il disposto dell’articolo 190, comma 3. Se lecomunicazioni sono dovute da una persona fisica, in caso di violazione la sanzione si applicanei confronti di quest’ultima».

Art. 15.(Responsabilita dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari)

1. Al cod. civ. sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 2434, dopo le parole: «dei direttori generali» sono inserite le seguenti: «,

dei dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari»;b) all’articolo 2635, comma 1, dopo le parole: «i direttori generali,» sono inserite le se-

guenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,»;c) all’articolo 2638, commi primo e secondo, dopo le parole: «i direttori generali,» sono

inserite le seguenti: «i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».2. All’articolo 50-bis, primo comma, numero 5), del codice di procedura civile, dopo le

parole: «i direttori generali» sono inserite le seguenti: «, i dirigenti preposti alla redazione deidocumenti contabili societari».

3. Al codice penale sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 32-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalle

seguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili so-cietari»;

b) all’articolo 35-bis, primo comma, le parole: «e direttore generale» sono sostituite dalleseguenti: «, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documenti contabili so-cietari»;

Il diritto fallimentare delle societa commerciali416

c) all’articolo 622, secondo comma, dopo le parole: «direttori generali,» sono inserite leseguenti: «dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari,».

Art. 16.(Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponenti aziendali,

dipendenti o collaboratori)

1. Dopo l’articolo 114 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e successive modificazioni, e inserito il seguente:

«Art. 114-bis. – (Informazione al mercato in materia di attribuzione di azioni a esponentiaziendali, dipendenti o collaboratori). – 1. I piani di compensi basati su azioni o strumentifinanziari a favore di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di ge-stione, di dipendenti o di collaboratori non legati alla societa da rapporti di lavoro subordi-nato, ovvero di componenti del consiglio di amministrazione ovvero del consiglio di gestione,di dipendenti o di collaboratori di altre societa controllanti o controllate sono approvati dal-l’assemblea dei soci. Almeno quindici giorni prima dell’esecuzione dei piani sono rese pub-bliche, mediante invio di un comunicato alla CONSOB, alla societa di gestione del mercato,che lo mette immediatamente a disposizione del pubblico, e ad almeno due agenzie di stam-pa, le informazioni concernenti:

a) le ragioni che motivano l’adozione del piano;b) i soggetti destinatari del piano;c) le modalita e le clausole di attuazione del piano, specificando se la sua attuazione e

subordinata al verificarsi di condizioni e, in particolare, al conseguimento di risultati determi-nati;

d) l’eventuale sostegno del piano da parte del Fondo speciale per l’incentivazione dellapartecipazione dei lavoratori nelle imprese, di cui all’articolo 4, comma 112, della legge 24dicembre 2003, n. 350;

e) le modalita per la determinazione dei prezzi o dei criteri per la determinazione deiprezzi per la sottoscrizione o per l’acquisto delle azioni;

f) i vincoli di disponibilita gravanti sulle azioni ovvero sui diritti di opzione attribuiti, conparticolare riferimento ai termini entro i quali sia consentito o vietato il successivo trasferi-mento alla stessa societao a terzi.

2. Le disposizioni del presente articolo si applicano anche agli emittenti strumenti finan-ziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116.

3. La CONSOB definisce con proprio regolamento:a) le informazioni, relative agli elementi indicati nel comma 1, che devono essere fornite

in relazione alle varie modalita di realizzazione del piano, prevedendo informazioni piu det-tagliate per piani di particolare rilevanza;

b) cautele volte ad evitare che i piani di cui al comma 1 inducano comportamenti con-trastanti con l’interesse della societa, anche disciplinando i criteri per la fissazione del prezzodelle azioni e degli altri strumenti finanziari, le modalita e i termini per l’esercizio dei dirittiche essi attribuiscono, i limiti alla loro circolazione».

Art. 17.(Disposizioni in materia di mediatori creditizi)

1. I mediatori creditizi iscritti all’albo di cui all’articolo 16 della legge 7 marzo 1996, n.108, possono svolgere anche l’attivita di mediazione e consulenza nella gestione del recuperodei crediti da parte delle banche o di intermediari finanziari di cui all’articolo 107 del testounico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

Parte I - Dottrina 417

Titolo IIIDISPOSIZIONI IN MATERIA DI REVISIONE DEI CONTI

Art. 18.(Modifiche alla disciplina relativa alla revisione dei conti)

1. Al testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, sonoapportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, dopo la parola: «156,» e inserita la seguente: «160»;b) l’articolo 159 e sostituito dal seguente:«Art. 159. – (Conferimento e revoca dell’incarico). – 1. L’assemblea, in occasione del-

l’approvazione del bilancio o della convocazione annuale prevista dall’articolo 2364-bis, com-ma 2, del cod. civ., conferisce l’incarico di revisione del bilancio di esercizio e del bilancioconsolidato ad una societa di revisione iscritta nell’albo speciale previsto dall’articolo 161 de-terminandone il compenso, previo parere del collegio sindacale.

2. L’assemblea revoca l’incarico, previo parere dell’organo di controllo, quando ricorrauna giusta causa, provvedendo contestualmente a conferire l’incarico ad altra societa di revi-sione secondo le modalitadi cui al comma 1. Non costituisce giusta causa di revoca la diver-genza di opinioni rispetto a valutazioni contabili o a procedure di revisione. Le funzioni dicontrollo contabile continuano ad essere esercitate dalla societa revocata fino a quando la de-liberazione di conferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al conferimen-to d’ufficio da parte della CONSOB.

3. Alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2 adottate dall’assemblea delle societa in ac-comandita per azioni con azioni quotate in mercati regolamentati si applica l’articolo 2459 delcod. civ.

4. L’incarico ha durata di sei esercizi, e rinnovabile una sola volta e non puo essere rin-novato se non siano decorsi almeno tre anni dalla data di cessazione del precedente. In casodi rinnovo il responsabile della revisione deve essere sostituito con altro soggetto.

5. Le deliberazioni previste dai commi 1 e 2 sono trasmesse alla CONSOB entro il ter-mine fissato ai sensi del comma 7, lettera b). La CONSOB, entro venti giorni dalla data diricevimento della deliberazione di conferimento dell’incarico, puo vietarne l’esecuzione qua-lora accerti l’esistenza di una causa di incompatibilita, ovvero qualora rilevi che la societa cuie affidato l’incarico non e tecnicamente idonea ad esercitarlo, in relazione alla sua organizza-zione ovvero al numero degli incarichi gia assunti. Entro venti giorni dalla data di ricevimentodella deliberazione di revoca, la CONSOB puovietarne l’esecuzione qualora rilevi la mancan-za di una giusta causa. Le deliberazioni di conferimento e di revoca dell’incarico hanno effet-to dalla scadenza dei termini di cui, rispettivamente, al secondo e al terzo periodo, qualora laCONSOB non ne abbia vietata l’esecuzione.

6. La CONSOB dispone d’ufficio la revoca dell’incarico di revisione contabile qualorarilevi una causa di incompatibilita ovvero qualora siano state accertate gravi irregolarita nellosvolgimento dell’attivita di revisione, anche in relazione ai principi e criteri di revisione sta-biliti ai sensi dell’articolo 162, comma 2, lettera a). Il provvedimento di revoca e notificatoalla societa di revisione e comunicato immediatamente alla societa interessata, con l’invito allasocieta medesima a deliberare il conferimento dell’incarico ad altra societa di revisione, se-condo le disposizioni del comma 1, entro trenta giorni dalla data di ricevimento della comu-nicazione. Qualora la deliberazione non sia adottata entro tale termine, la CONSOB provve-de d’ufficio al conferimento dell’incarico entro trenta giorni. Le funzioni di controllo conta-bile continuano ad essere esercitate dalla societa revocata fino a quando la deliberazione diconferimento dell’incarico non sia divenuta efficace ovvero fino al provvedimento dellaCONSOB.

7. La CONSOB stabilisce con regolamento:a) i criteri generali per la determinazione del corrispettivo per l’incarico di revisione con-

tabile. La corresponsione del compenso non puo comunque essere subordinata ad alcuna

Il diritto fallimentare delle societa commerciali418

condizione relativa all’esito della revisione, ne la misura di esso puo dipendere in alcun mododalla prestazione di servizi aggiuntivi da parte della societadi revisione;

b) la documentazione da inviare unitamente alle deliberazioni previste dai commi 1 e 2,le modalitae i termini di trasmissione;

c) le modalitae i termini per l’adozione e la comunicazione agli interessati dei provvedi-menti da essa assunti;

d) i termini entro i quali gli amministratori o i membri del consiglio di gestione deposi-tano presso il registro delle imprese le deliberazioni e i provvedimenti indicati ai commi 1, 2,5 e 6.

8. Non si applica l’articolo 2409-quater del cod. civ.»;c) all’articolo 160, il comma 1 e sostituito dai seguenti:«1. Al fine di assicurare l’indipendenza della societa e del responsabile della revisione,

l’incarico non puo essere conferito a societa di revisione che si trovino in una delle situazionidi incompatibilitastabilite con regolamento dalla CONSOB.

1-bis. Con il regolamento adottato ai sensi del comma 1, la CONSOB individua altresı icriteri per stabilire l’appartenenza di un’entita alla rete di una societa di revisione, costituitadalla struttura piu ampia cui appartiene la societa stessa e che si avvale della medesima de-nominazione o attraverso la quale vengono condivise risorse professionali, e comprendentecomunque le societa che controllano la societa di revisione, le societa che sono da essa con-trollate, ad essa collegate o sottoposte con essa a comune controllo; determina le caratteristi-che degli incarichi e dei rapporti che possono compromettere l’indipendenza della societa direvisione; stabilisce le forme di pubblicita dei compensi che la societa di revisione e le entitaappartenenti alla sua rete hanno percepito, distintamente, per incarichi di revisione e per laprestazione di altri servizi, indicati per tipo o categoria. Puo stabilire altresı prescrizioni e rac-comandazioni, rivolte alle societa di revisione, per prevenire la possibilita che gli azionisti diqueste o delle entita appartenenti alla loro rete nonche i soggetti che svolgono funzioni diamministrazione, direzione e controllo presso le medesime intervengano nell’esercizio dell’at-tivita di revisione in modo tale da compromettere l’indipendenza e l’obiettivita delle personeche la effettuano.

1-ter. La societa di revisione e le entitaappartenenti alla rete della medesima, i soci, gliamministratori, i componenti degli organi di controllo e i dipendenti della societadi revisionestessa e delle societa da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sotto-poste a comune controllo non possono fornire alcuno dei seguenti servizi alla societa che haconferito l’incarico di revisione e alle societa da essa controllate o che la controllano o sonosottoposte a comune controllo:

a) tenuta dei libri contabili e altri servizi relativi alle registrazioni contabili o alle relazionidi bilancio;

b) progettazione e realizzazione dei sistemi informativi contabili;c) servizi di valutazione e stima ed emissione di pareri pro veritate;d) servizi attuariali;e) gestione esterna dei servizi di controllo interno;f) consulenza e servizi in materia di organizzazione aziendale diretti alla selezione, forma-

zione e gestione del personale;g) intermediazione di titoli, consulenza per l’investimento o servizi bancari d’investi-

mento;h) prestazione di difesa giudiziale;i) altri servizi e attivita, anche di consulenza, non collegati alla revisione, individuati, in

ottemperanza ai principi di cui alla ottava direttiva n. 84/253/CEE del Consiglio, del 10 apri-le 1984, in tema di indipendenza delle societadi revisione, dalla CONSOB con il regolamentoadottato ai sensi del comma 1.

1-quater. L’incarico di responsabile della revisione dei bilanci di una stessa societa nonpuo essere esercitato dalla medesima persona per un periodo eccedente sei esercizi sociali, ne

Parte I - Dottrina 419

questa persona puo assumere nuovamente tale incarico, relativamente alla revisione dei bilan-ci della medesima societa o di societa da essa controllate, ad essa collegate, che la controllanoo sono sottoposte a comune controllo, neppure per conto di una diversa societa di revisione,se non siano decorsi almeno tre anni dalla cessazione del precedente.

1-quinquies. Coloro che hanno preso parte alla revisione del bilancio di una societa, i soci,gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della societa di revisione alla quale estato conferito l’incarico di revisione e delle societada essa controllate o ad essa collegate o chela controllano non possono esercitare funzioni di amministrazione o controllo nella societa cheha conferito l’incarico di revisione e nelle societa da essa controllate, ad essa collegate o che lacontrollano, ne possono prestare lavoro autonomo o subordinato in favore delle medesime so-cieta, se non sia decorso almeno un triennio dalla scadenza o dalla revoca dell’incarico, ovverodal momento in cui abbiano cessato di essere soci, amministratori, componenti degli organi dicontrollo o dipendenti della societa di revisione e delle societa da essa controllate o ad essa col-legate o che la controllano. Si applica la nozione di controllo di cui all’articolo 93.

1-sexies. Coloro che siano stati amministratori, componenti degli organi di controllo, di-rettori generali o dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari presso unasocieta non possono esercitare la revisione contabile dei bilanci della medesima societa nedelle societa da essa controllate o ad essa collegate o che la controllano, se non sia decorsoalmeno un triennio dalla cessazione dei suddetti incarichi o rapporti di lavoro.

1-septies. La misura della retribuzione dei dipendenti delle societa di revisione che par-tecipano allo svolgimento delle attivita di revisione non puo essere in alcun modo determina-ta, neppure parzialmente, dall’esito delle revisioni da essi compiute ne dal numero degli in-carichi di revisione ricevuti o dall’entita dei compensi per essi percepiti dalla societa.

1-octies. La violazione dei divieti previsti dal presente articolo e punita con la sanzioneamministrativa pecuniaria da centomila a cinquecentomila euro irrogata dalla CONSOB»;

d) all’articolo 161, comma 4, le parole: «a copertura dei rischi derivanti dall’esercizio del-l’attivita di revisione contabile» sono sostituite dalle seguenti: «o avere stipulato una polizzadi assicurazione della responsabilita civile per negligenze o errori professionali, comprensivadella garanzia per infedelta dei dipendenti, per la copertura dei rischi derivanti dall’eserciziodell’attivita di revisione contabile. L’ammontare della garanzia o della copertura assicurativa estabilito annualmente dalla CONSOB per classi di volume d’affari e in base agli ulteriori pa-rametri da essa eventualmente individuati con regolamento»;

e) all’articolo 162:1) al comma 1 e aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Nello svolgimento di tale attivita,

la CONSOB provvede a verificare periodicamente e, comunque, almeno ogni tre anni l’indi-pendenza e l’idoneita tecnica sia della societa, sia dei responsabili della revisione»;

2) il comma 2 e sostituito dal seguente:«2. Nell’esercizio della vigilanza, la CONSOB:a) stabilisce, sentito il parere del Consiglio nazionale dell’Ordine dei dottori commercia-

listi e degli esperti contabili, i principi e i criteri da adottare per la revisione contabile, anchein relazione alla tipologia delle strutture societarie, amministrative e contabili delle societasot-toposte a revisione;

b) puo richiedere la comunicazione, anche periodica, di dati e notizie e la trasmissione diatti e documenti, fissando i relativi termini;

c) puo eseguire ispezioni e assumere notizie e chiarimenti dai soci, dagli amministratori,dai membri degli organi di controllo e dai dirigenti della societadi revisione»;

3) dopo il comma 3 e aggiunto il seguente:«3-bis. Le societadi revisione, in relazione a ciascun incarico di revisione loro conferito,

comunicano alla CONSOB i nomi dei responsabili della revisione entro dieci giorni dalla datain cui essi sono stati designati»;

f) all’articolo 163:1) il comma 1 e sostituito dai seguenti:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali420

«1. La CONSOB, quando accerta irregolarita nello svolgimento dell’attivita di revisione,tenendo conto della loro gravita, puo:

a) applicare alla societa di revisione una sanzione amministrativa pecuniaria da diecimilaa cinquecentomila euro;

b) intimare alle societa di revisione di non avvalersi nell’attivita di revisione contabile, perun periodo non superiore a cinque anni, del responsabile di una revisione contabile al qualesono ascrivibili le irregolarita;

c) revocare gli incarichi di revisione contabile ai sensi dell’articolo 159, comma 6;d) vietare alla societadi accettare nuovi incarichi di revisione contabile per un periodo

non superiore a tre anni.1-bis. Quando l’irregolarita consista nella violazione delle disposizioni dell’articolo 160,

l’irrogazione della sanzione prevista dal comma 1-octies del medesimo articolo non pregiudi-ca l’applicabilita dei provvedimenti indicati nel comma 1 del presente articolo nei riguardidella societadi revisione»;

2) al comma 2 e aggiunta, in fine, la seguente lettera:«c-bis) la violazione attiene al divieto previsto dall’articolo 160, qualora risulti la respon-

sabilita della societa. In tutti i casi, la CONSOB comunica i nomi dei soci o dei dipendentipersonalmente responsabili della violazione al Ministro della giustizia, il quale ne dispone lacancellazione dal registro dei revisori contabili con il procedimento previsto dall’articolo 10del d.lgs. 27 gennaio 1992, n. 88»;

g) all’articolo 165, dopo il comma 1 e inserito il seguente:«1-bis. La societa incaricata della revisione contabile della societa capogruppo quotata e

interamente responsabile per la revisione del bilancio consolidato del gruppo. A questo fine,essa riceve i documenti di revisione dalle societaincaricate della revisione contabile delle altresocieta appartenenti al gruppo; puo chiedere alle suddette societa di revisione o agli ammini-stratori delle societa appartenenti al gruppo ulteriori documenti e notizie utili alla revisione,nonche procedere direttamente ad accertamenti, ispezioni e controlli presso le medesime so-cieta. Ove ravvisi fatti censurabili, ne informa senza indugio la CONSOB e gli organi di con-trollo della societa capogruppo e della societa interessata»;

h) nella parte IV, titolo III, capo II, sezione VI, dopo l’articolo 165 e aggiunto il seguente:«Art. 165-bis. – (Societa che controllano societa con azioni quotate). – 1. Le disposizioni

della presente sezione, ad eccezione dell’articolo 157, si applicano altresı alle societa che control-lano societa con azioni quotate e alle societa sottoposte con queste ultime a comune controllo.

2. Alla societa incaricata della revisione contabile della societa capogruppo si applicanole disposizioni dell’articolo 165, comma 1-bis.

3. La CONSOB detta con regolamento disposizioni attuative del presente articolo, sta-bilendo, in particolare, criteri di esenzione per le societa sottoposte a comune controllo, di cuial comma 1, che non rivestono significativa rilevanza ai fini del consolidamento, tenuto contoanche dei criteri indicati dall’articolo 28 del decreto legislativo 9 aprile 1991, n. 127».

Titolo IVDISPOSIZIONI CONCERNENTI LE AUTORITA DI VIGILANZA

Capo IPrincipi di organizzazione e rapporti fra le autorita

Art. 19.(Banca d’Italia)

1. La Banca d’Italia e parte integrante del Sistema europeo di banche centrali ed agiscesecondo gli indirizzi e le istruzioni della Banca centrale europea.

2. La Banca d’Italia e istituto di diritto pubblico.

Parte I - Dottrina 421

3. Le disposizioni normative nazionali, di rango primario e secondario, assicurano allaBanca d’Italia ed ai componenti dei suoi organi l’indipendenza richiesta dalla normativa co-munitaria per il migliore esercizio dei poteri attribuiti nonche per l’assolvimento dei compiti edei doveri spettanti.

4. La Banca d’Italia, nell’esercizio delle proprie funzioni e con particolare riferimento aquelle di vigilanza, opera nel rispetto del principio di trasparenza, naturale complemento del-l’indipendenza dell’autorita di vigilanza. Riferisce del suo operato al Parlamento e al Governocon relazione semestrale sulla propria attivita.

5. Gli atti emessi dagli organi della Banca d’Italia hanno forma scritta e sono motivati,secondo quanto previsto dal secondo periodo del comma 1 dell’articolo 3 della legge 7 agosto1990, n. 241. Delle riunioni degli organi collegiali viene redatto apposito verbale.

6. La competenza ad adottare i provvedimenti aventi rilevanza esterna rientranti nellacompetenza del governatore e quella relativa agli atti adottati su sua delega sono trasferiteal direttorio. Agli atti del direttorio si applica quanto previsto dal comma 5. Le deliberazionidel direttorio sono adottate a maggioranza; in caso di parita dei voti prevale il voto del go-vernatore. La disposizione contenuta nel primo periodo non si applica, comunque, alle deci-sioni rientranti nelle attribuzioni del Sistema europeo di banche centrali.

7. Il governatore dura in carica sei anni, con la possibilita di un solo rinnovo del man-dato. Gli altri membri del direttorio durano in carica sei anni, con la possibilita di un solorinnovo del mandato. In sede di prima applicazione i membri del direttorio diversi dal gover-natore cessano dalla carica secondo una articolazione delle scadenze disciplinata dallo statutodell’Istituto, compresa in un periodo comunque non superiore ai cinque anni.

8. La nomina del governatore e disposta con decreto del Presidente della Repubblica, suproposta del Presidente del Consiglio dei ministri, previa deliberazione del Consiglio dei mi-nistri, sentito il parere del Consiglio superiore della Banca d’Italia. Il procedimento previstodal presente comma si applica anche, nei casi previsti dall’articolo 14.2 del Protocollo sullostatuto del Sistema europeo di banche centrali e della Banca centrale europea, per la revocadel governatore. Le disposizioni del presente comma e del primo periodo del comma 7 en-trano in vigore alla data di pubblicazione della presente legge nella Gazzetta Ufficiale.

9. Lo statuto della Banca d’Italia e adeguato alle disposizioni contenute nei commi da 1 a7 entro due mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, con le modalita stabilitedal comma 2 dell’articolo 10 del d.lgs. 10 marzo 1998, n. 43. Entro il medesimo termine lostatuto della Banca d’Italia e adeguato ridefinendo le competenze del Consiglio superiore inmodo tale da attribuire allo stesso anche funzioni di vigilanza e controllo all’interno dellaBanca d’Italia. Le istruzioni di vigilanza sono adeguate alle disposizioni contenute nei commida 1 a 8 entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge.

10. Con regolamento da adottare ai sensi dell’articolo 17 della legge 23 agosto 1988, n.400, e ridefinito l’assetto proprietario della Banca d’Italia, e sono disciplinate le modalita ditrasferimento, entro tre anni dalla data di entrata in vigore della presente legge, delle quote dipartecipazione al capitale della Banca d’Italia in possesso di soggetti diversi dallo Stato o daaltri enti pubblici.

11. I commi 2, 3 e 6 dell’articolo 20 della legge 10 ottobre 1990, n. 287, sono abrogati.12. Per le operazioni di acquisizione di cui all’articolo 19 del testo unico di cui al d.lgs. 1º

settembre 1993, n. 385, e per le operazioni di concentrazione ai sensi dell’articolo 6 della leg-ge 10 ottobre 1990, n. 287, che riguardano banche sono necessarie sia l’autorizzazione dellaBanca d’Italia, ai sensi del citato articolo 19 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º set-tembre 1993, n. 385, per le valutazioni di sana e prudente gestione, sia l’autorizzazione del-l’Autorita garante della concorrenza e del mercato di cui all’articolo 10 della citata legge n.287 del 1990, ai sensi dell’articolo 6, comma 2, della medesima legge, ovvero il nulla osta dellastessa a seguito delle valutazioni relative all’assetto concorrenziale del mercato.

13. I provvedimenti delle Autorita di cui al comma 12 sono emanati con un unico atto,entro sessanta giorni dalla presentazione dell’istanza completa della documentazione occor-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali422

rente. L’atto deve contenere le specifiche motivazioni relative alle finalita attribuite alle dueAutorita.

14. Al fine di assicurare la funzionalita dell’attivita amministrativa e di contenere gli oneriper i soggetti vigilati, le Autorita di cui al comma 12 si coordinano ai sensi dell’articolo 21.

Art. 20.(Coordinamento dell’attivitadelle Autorita)

1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’Istituto per la vigilanza sulle assicurazioni private e diinteresse collettivo (ISVAP), la Commissione di vigilanza sui fondi pensione (COVIP) e l’Au-torita garante della concorrenza e del mercato, nel rispetto della reciproca indipendenza, in-dividuano forme di coordinamento per l’esercizio delle competenze ad essi attribuite ancheattraverso protocolli d’intesa o l’istituzione, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finan-za pubblica, di comitati di coordinamento.

2. Le forme di coordinamento di cui al comma 1 prevedono la riunione delle Autoritain-dicate nel medesimo comma almeno una volta l’anno.

Art. 21.(Collaborazione fra le Autorita)

1. La Banca d’Italia, la CONSOB, l’ISVAP, la COVIP e l’Autorita garante della concor-renza e del mercato collaborano tra loro, anche mediante scambio di informazioni, per age-volare l’esercizio delle rispettive funzioni. Le Autoritanon possono reciprocamente opporsi ilsegreto d’ufficio. Tutti i dati, le informazioni e i documenti comunque comunicati da una adaltra Autorita, anche attraverso l’inserimento in archivi gestiti congiuntamente, restano sotto-posti al segreto d’ufficio secondo le disposizioni previste dalla legge per l’Autoritache li haprodotti o acquisiti per prima.

Art. 22.(Collaborazione da parte del Corpo della guardia di finanza)

1. Nell’esercizio dei poteri di vigilanza informativa e ispettiva, le Autorita di cui all’arti-colo 20 possono avvalersi, in relazione alle specifiche finalita degli accertamenti, del Corpodella guardia di finanza, che agisce con i poteri ad esso attribuiti per l’accertamento dell’im-posta sul valore aggiunto e delle imposte sui redditi, utilizzando strutture e personale esistentiin modo da non determinare oneri aggiuntivi.

2. Tutte le notizie, le informazioni e i dati acquisiti dal Corpo della guardia di finanzanell’assolvimento dei compiti previsti dal comma 1 sono coperti dal segreto d’ufficio e ven-gono senza indugio comunicati esclusivamente alle Autoritacompetenti.

Capo IIDisposizioni generali sui procedimenti di competenza delle autorita

Art. 23.(Procedimenti per l’adozione di atti regolamentari e generali)

1. I provvedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIPaventi natura regolamentare o di contenuto generale, esclusi quelli attinenti all’organizzazioneinterna, devono essere motivati con riferimento alle scelte di regolazione e di vigilanza delsettore ovvero della materia su cui vertono.

2. Gli atti di cui al comma 1 sono accompagnati da una relazione che ne illustra le con-seguenze sulla regolamentazione, sull’attivita delle imprese e degli operatori e sugli interessidegli investitori e dei risparmiatori. Nella definizione del contenuto degli atti di regolazionegenerale, le Autorita di cui al comma 1 tengono conto in ogni caso del principio di propor-

Parte I - Dottrina 423

zionalita, inteso come criterio di esercizio del potere adeguato al raggiungimento del fine, conil minore sacrificio degli interessi dei destinatari. A questo fine, esse consultano gli organismirappresentativi dei soggetti vigilati, dei prestatori di servizi finanziari e dei consumatori.

3. Le Autorita di cui al comma 1 sottopongono a revisione periodica, almeno ogni treanni, il contenuto degli atti di regolazione da esse adottati, per adeguarli all’evoluzione dellecondizioni del mercato e degli interessi degli investitori e dei risparmiatori.

4. Le Autorita di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione deiprincipi di cui al presente articolo, indicando altresı i casi di necessitae di urgenza o le ragionidi riservatezza per cui e ammesso derogarvi.

Art. 24.(Procedimenti per l’adozione di provvedimenti individuali)

1. Ai procedimenti della Banca d’Italia, della CONSOB, dell’ISVAP e della COVIP voltiall’emanazione di provvedimenti individuali si applicano, in quanto compatibili, i principi sul-l’individuazione e sulle funzioni del responsabile del procedimento, sulla partecipazione alprocedimento e sull’accesso agli atti amministrativi recati dalla legge 7 agosto 1990, n.241, e successive modificazioni. I procedimenti di controllo a carattere contenzioso e i pro-cedimenti sanzionatori sono inoltre svolti nel rispetto dei principi della facolta di denunzia diparte, della piena conoscenza degli atti istruttori, del contraddittorio, della verbalizzazionenonche della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorie rispetto all’irrogazionedella sanzione. Le Autorita di cui al presente comma disciplinano le modalita organizzativeper dare attuazione al principio della distinzione tra funzioni istruttorie e funzioni decisorierispetto all’irrogazione della sanzione.

2. Gli atti delle Autorita di cui al comma 1 devono essere motivati. La motivazione deveindicare le ragioni giuridiche e i presupposti di fatto che hanno determinato la decisione, inrelazione alle risultanze dell’istruttoria.

3. Le Autorita di cui al comma 1 disciplinano con propri regolamenti l’applicazione deiprincipi di cui al presente articolo, indicando altresı i casi di necessita e di urgenza o le ragionidi riservatezza per cui e ammesso derogarvi.

4. Alle sanzioni amministrative irrogate dalla Banca d’Italia, dalla CONSOB, dall’I-SVAP, dalla COVIP e dall’Autorita garante della concorrenza e del mercato non si applicanole disposizioni sul pagamento in misura ridotta contenute nell’articolo 16 della legge 24 no-vembre 1981, n. 689, e successive modificazioni, salvo che per le sanzioni indicate dall’arti-colo 193, comma 2, del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, per laviolazione delle disposizioni previste dall’articolo 120, commi 2, 3 e 4, del medesimo testounico.

5. Avverso gli atti adottati dalle Autorita di cui al comma 4 puo essere proposto ricorsogiurisdizionale dinanzi al tribunale amministrativo regionale del Lazio. I termini processualisono ridotti della meta, con esclusione di quelli previsti per la presentazione del ricorso. Nonpossono essere nominati consulenti tecnici d’ufficio i dipendenti dell’Autorita sul cui atto ver-te il ricorso, anche se cessati dal servizio. Restano ferme le disposizioni previste per l’impu-gnazione dei provvedimenti sanzionatori dall’articolo 145, commi 4 e seguenti, del testo uni-co di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n. 385, dall’articolo 195, commi 4 e seguen-ti, del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, dall’articolo 6 della legge 5 marzo2001, n. 57, dagli articoli 12, comma 5, e 19, settimo comma, della legge 7 febbraio 1979, n.48, dall’articolo 10, comma 6, della legge 28 novembre 1984, n. 792, dall’articolo 11, comma5, della legge 17 febbraio 1992, n. 166, e dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del d.lgs. 21 aprile1993, n. 124.

6. L’appello al Consiglio di Stato avverso la sentenza o le ordinanze emesse in primo gra-do non sospende l’esecuzione delle stesse ne l’efficacia dei provvedimenti impugnati.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali424

Capo IIIDisposizioni relative all’organizzazione e alle competenze delle autorita

Art. 25.(Competenze in materia di trasparenza delle condizioni contrattuali delle banche,

degli intermediari finanziari, delle assicurazioni e dei fondi pensione)

1. Al testo unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni,sono apportate le seguenti modificazioni:

a) all’articolo 116, comma 2, alinea, le parole: «sentita la Banca d’Italia» sono sostituitedalle seguenti: «sentite la CONSOB e la Banca d’Italia»;

b) all’articolo 117, comma 8, primo periodo, dopo le parole: «La Banca d’Italia» sonoinserite le seguenti: «, d’intesa con la CONSOB,»; al terzo periodo, dopo le parole: «dellaBanca d’Italia» sono aggiunte le seguenti: «, adottate d’intesa con la CONSOB»;

c) all’articolo 127, comma 3, dopo le parole: «Banca d’Italia» sono inserite le seguenti: «,d’intesa con la CONSOB».

2. Le competenze stabilite dall’articolo 109, comma 4, del decreto legislativo 17 marzo1995, n. 174, con riguardo ai prodotti assicurativi di cui al punto III della lettera A) dellatabella di cui all’allegato I del medesimo d.lgs. sono esercitate dall’ISVAP d’intesa con laCONSOB.

3. Le competenze in materia di trasparenza e di correttezza dei comportamenti di cuiall’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, sono esercitate dallaCOVIP compatibilmente con le disposizioni per la sollecitazione del pubblico risparmio. Re-stano ferme le competenze in materia di tutela della concorrenza su tutte le forme pensioni-stiche complementari attribuite all’Autorita garante della concorrenza e del mercato dalla leg-ge 10 ottobre 1990, n. 287, e le competenze in materia di sana e prudente gestione delle im-prese di assicurazione attribuite all’ISVAP dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, incluse quellerelative ai prodotti assicurativi con finalita previdenziali.

4. All’articolo 1, comma 2, lettera h), della legge 23 agosto 2004, n. 243, all’alinea, le pa-role: «l’unitarieta e» sono soppresse.

Art. 26.(Trasferimento di funzioni ministeriali e poteri sanzionatori)

1. Sono trasferite alla Banca d’Italia le funzioni del Ministro e del Ministero dell’econo-mia e delle finanze previste dagli articoli 14, comma 4, e 45 del testo unico di cui al d.lgs. 1ºsettembre 1993, n. 385, e successive modificazioni.

2. All’articolo 145 del testo unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successivemodificazioni, sono apportate le seguenti modificazioni:

a) il comma 1 e sostituito dal seguente:«1. Per le violazioni previste nel presente titolo cui e applicabile una sanzione ammini-

strativa, la Banca d’Italia o l’UIC, nell’ambito delle rispettive competenze, contestati gli ad-debiti alle persone e alla banca, alla societa o all’ente interessati e valutate le deduzioni pre-sentate entro trenta giorni, tenuto conto del complesso delle informazioni raccolte applicanole sanzioni con provvedimento motivato»;

b) il comma 2 e abrogato;c) i commi 3 e 4 sono sostituiti dai seguenti: «3. Il provvedimento di applicazione

delle sanzioni previste dall’articolo 144, commi 3 e 4, e pubblicato, per estratto, entroil termine di trenta giorni dalla data di notificazione, a cura e spese della banca, della so-cieta o dell’ente al quale appartengono i responsabili delle violazioni, su almeno due quo-tidiani a diffusione nazionale, di cui uno economico. Il provvedimento di applicazione del-le altre sanzioni previste dal presente titolo e pubblicato per estratto sul bollettino previstodall’articolo 8.

Parte I - Dottrina 425

4. Contro il provvedimento che applica la sanzione e ammessa opposizione alla corte diappello di Roma. L’opposizione deve essere notificata all’autorita che ha emesso il provvedi-mento nel termine di trenta giorni dalla data di comunicazione del provvedimento impugnatoe deve essere depositata presso la cancelleria della corte di appello entro trenta giorni dallanotifica»;

d) il comma 8 e sostituito dal seguente:«8. Copia del decreto e trasmessa, a cura della cancelleria della corte di appello, all’au-

torita che ha emesso il provvedimento, anche ai fini della pubblicazione per estratto nel bol-lettino previsto dall’articolo 8».

3. Sono trasferite all’ISVAP le funzioni del Ministro delle attivita produttive previste da-gli articoli 4, comma 6, e 6, quarto comma, della legge 12 agosto 1982, n. 576, e successivemodificazioni, nonche le altre analoghe competenze ministeriali in materia sanzionatoria pre-viste da altre leggi.

4. Sono trasferite alla COVIP le funzioni del Ministro del lavoro e delle politiche socialipreviste dall’articolo 18-bis, comma 5-bis, del decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, e suc-cessive modificazioni.

Art. 27.(Procedure di conciliazione e di arbitrato, sistema di indennizzo e fondo di garanzia

per i risparmiatori e gli investitori)

1. Il Governo e delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigoredella presente legge, un decreto legislativo per l’istituzione, in materia di servizi di investimen-to, di procedure di conciliazione e di arbitrato e di un sistema di indennizzo in favore degliinvestitori e dei risparmiatori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo iseguenti principi e criteri direttivi:

a) previsione di procedure di conciliazione e di arbitrato da svolgere in contraddittorio,tenuto conto di quanto disposto dal decreto legislativo 17 gennaio 2003, n. 5, secondo criteridi efficienza, rapidita ed economicita, dinanzi alla CONSOB per la decisione di controversieinsorte fra i risparmiatori o gli investitori, esclusi gli investitori professionali, e le banche o glialtri intermediari finanziari circa l’adempimento degli obblighi di informazione, correttezza etrasparenza previsti nei rapporti contrattuali con la clientela;

b) previsione dell’indennizzo in favore dei risparmiatori e degli investitori, esclusi gli in-vestitori professionali, da parte delle banche o degli intermediari finanziari responsabili, neicasi in cui, mediante le procedure di cui alla lettera a), la CONSOB abbia accertato l’inadem-pimento degli obblighi ivi indicati, ferma restando l’applicazione delle sanzioni previste per laviolazione dei medesimi obblighi;

c) salvaguardia dell’esercizio del diritto di azione dinanzi agli organi della giurisdizioneordinaria, anche per il risarcimento del danno in misura maggiore rispetto all’indennizzo ri-conosciuto ai sensi della lettera b);

d) salvaguardia in ogni caso del diritto ad agire dinanzi agli organi della giurisdizioneordinaria per le azioni di cui all’articolo 3 della legge 30 luglio 1998, n. 281, e successive mo-dificazioni;

e) attribuzione alla CONSOB, sentita la Banca d’Italia, del potere di emanare disposizio-ni regolamentari per l’attuazione delle disposizioni di cui al presente comma.

2. Il Governo e delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigoredella presente legge, uno o piu decreti legislativi per l’istituzione di un fondo di garanzia per irisparmiatori e gli investitori, senza nuovi o maggiori oneri per la finanza pubblica, secondo iseguenti principi e criteri direttivi:

a) destinazione del fondo all’indennizzo, nei limiti delle disponibilita del fondo medesi-mo, dei danni patrimoniali, causati dalla violazione, accertata con sentenza passata in giudi-cato, delle norme che disciplinano le attivitadi cui alla parte II del testo unico di cui al decretolegislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, detratti l’ammontare dell’in-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali426

dennizzo di cui al comma 1 eventualmente erogato al soggetto danneggiato e gli importi dallostesso comunque percepiti a titolo di risarcimento;

b) previsione della surrogazione del fondo nei diritti dell’indennizzato, limitatamente al-l’ammontare dell’indennizzo erogato, e facolta di rivalsa del fondo stesso nei riguardi dellabanca o dell’intermediario responsabile;

c) legittimazione della CONSOB ad agire in giudizio, in rappresentanza del fondo, per latutela dei diritti e l’esercizio della rivalsa ai sensi della lettera b), con la facoltadi farsi rappre-sentare in giudizio a norma dell’articolo 1, decimo comma, del decreto-legge 8 aprile 1974, n.95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno 1974, n. 216, e successive modificazio-ni, ovvero anche da propri funzionari;

d) finanziamento del fondo esclusivamente con il versamento della meta degli importidelle sanzioni irrogate per la violazione delle norme di cui alla lettera a);

e) attribuzione della gestione del fondo alla CONSOB;f) individuazione dei soggetti che possono fruire dell’indennizzo da parte del fondo,

escludendo comunque gli investitori professionali, e determinazione della sua misura mas-sima;

g) attribuzione del potere di emanare disposizioni di attuazione alla CONSOB.3. Il Governo e delegato ad adottare, entro diciotto mesi dalla data di entrata in vigore

della presente legge, un decreto legislativo per la redazione dello statuto dei risparmiatori edegli investitori, che individua l’insieme dei diritti loro riconosciuti e definisce i criteri idoneia garantire un’efficace diffusione dell’informazione finanziaria tra i risparmiatori, e per la re-dazione del codice di comportamento degli operatori finanziari.

Art. 28.(Disposizioni in materia di personale della CONSOB)

1. Al fine di adeguare la dotazione di personale della CONSOB ai nuovi compiti deri-vanti dalla presente legge, puo essere aumentato con decreto del Ministro dell’economia edelle finanze il numero complessivo dei posti della pianta organica prevista dall’articolo 2del decreto-legge 8 aprile 1974, n. 95, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 giugno1974, n. 216, e successive modificazioni. La ripartizione dei posti suddetti tra l’aliquotadel personale di ruolo a tempo indeterminato e quella del personale a contratto a tempo de-terminato e stabilita con apposita deliberazione adottata dalla CONSOB con la maggioranzaprevista dal nono comma dell’articolo 1 del citato decreto-legge n. 95 del 1974, convertito,con modificazioni, dalla legge n. 216 del 1974, e successive modificazioni. Resta fermo il di-sposto di cui al settimo comma del citato articolo 2 del medesimo decreto-legge. Alla coper-tura degli oneri derivanti dal presente articolo si provvede secondo i criteri, le procedure econ le risorse previsti dall’articolo 40, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724, e suc-cessive modificazioni.

Art. 29.(Risoluzione delle controversie in materia di trasparenza delle operazioni e dei servizi bancari)

1. Dopo l’articolo 128 del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre 1993, n.385, e aggiunto il seguente:

«Art. 128-bis. – (Risoluzione delle controversie). – 1. I soggetti di cui all’articolo 115aderiscono a sistemi di risoluzione stragiudiziale delle controversie con i consumatori.

2. Con deliberazione del CICR, su proposta della Banca d’Italia, sono determinati i cri-teri di svolgimento delle procedure di risoluzione delle controversie e di composizione del-l’organo decidente, in modo che risulti assicurata l’imparzialitadello stesso e la rappresenta-tivita dei soggetti interessati. Le procedure devono in ogni caso assicurare la rapidita, l’eco-nomicitadella soluzione delle controversie e l’effettivita della tutela.

Parte I - Dottrina 427

3. Le disposizioni di cui ai commi 1 e 2 non pregiudicano per il cliente il ricorso, in qua-lunque momento, a ogni altro mezzo di tutela previsto dall’ordinamento».

Titolo VModifiche alla disciplina in materia di sanzioni penali e amministrative

Art. 30.(False comunicazioni sociali)

1. L’articolo 2621 del cod. civ. e sostituito dal seguente:«Art. 2621. – (False comunicazioni sociali). – Salvo quanto previsto dall’articolo 2622,

gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti con-tabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pub-blico e al fine di conseguire per se o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazionio nelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, espon-gono fatti materiali non rispondenti al vero ancorche oggetto di valutazioni ovvero ometto-no informazioni la cui comunicazione e imposta dalla legge sulla situazione economica, pa-trimoniale o finanziaria della societao del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneoad indurre in errore i destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con l’arresto fino adue anni.

La punibilita e estesa anche al caso in cui le informazioni riguardino beni posseduti oamministrati dalla societaper conto di terzi.

La punibilita e esclusa se le falsita o le omissioni non alterano in modo sensibile larappresentazione della situazione economica, patrimoniale o finanziaria della societaodel gruppo al quale essa appartiene. La punibilita e comunque esclusa se le falsita o leomissioni determinano una variazione del risultato economico di esercizio, al lordo delleimposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonio netto non superioreall’1 per cento.

In ogni caso il fatto non e punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singo-larmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi terzo e quarto, ai soggetti di cui al comma 1 sono irrogate lasanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttivi delle per-sone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio di amministra-tore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazione dei documen-ti contabili societari, nonche da ogni altro ufficio con potere di rappresentanza della personagiuridica o dell’impresa».

2. L’articolo 2622 del cod. civ. e sostituito dal seguente:«Art. 2622. – (False comunicazioni sociali in danno della societa, dei soci o dei creditori).

– Gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenticontabili societari, i sindaci e i liquidatori, i quali, con l’intenzione di ingannare i soci o il pub-blico e al fine di conseguire per se o per altri un ingiusto profitto, nei bilanci, nelle relazioni onelle altre comunicazioni sociali previste dalla legge, dirette ai soci o al pubblico, esponendofatti materiali non rispondenti al vero ancorche oggetto di valutazioni, ovvero omettendo in-formazioni la cui comunicazione e imposta dalla legge sulla situazione economica, patrimo-niale o finanziaria della societa o del gruppo al quale essa appartiene, in modo idoneo ad in-durre in errore i destinatari sulla predetta situazione, cagionano un danno patrimoniale allasocieta, ai soci o ai creditori, sono puniti, a querela della persona offesa, con la reclusione dasei mesi a tre anni.

Si procede a querela anche se il fatto integra altro delitto, ancorche aggravato, a dannodel patrimonio di soggetti diversi dai soci e dai creditori, salvo che sia commesso in dannodello Stato, di altri enti pubblici o delle Comunita europee.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali428

Nel caso di societa soggette alle disposizioni della parte IV, titolo III, capo II, del testounico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, la pena per i fattiprevisti al primo comma e da uno a quattro anni e il delitto e procedibile d’ufficio.

La pena e da due a sei anni se, nelle ipotesi di cui al terzo comma, il fatto cagiona ungrave nocumento ai risparmiatori.

Il nocumento si considera grave quando abbia riguardato un numero di risparmiatorisuperiore allo 0,1 per mille della popolazione risultante dall’ultimo censimento ISTAT ovverose sia consistito nella distruzione o riduzione del valore di titoli di entita complessiva supe-riore allo 0,1 per mille del prodotto interno lordo.

La punibilita per i fatti previsti dal primo e comma 3 e estesa anche al caso in cui le in-formazioni riguardino beni posseduti o amministrati dalla societaper conto di terzi.

La punibilita per i fatti previsti dal primo e comma 3 e esclusa se le falsitao le omissioninon alterano in modo sensibile la rappresentazione della situazione economica, patrimonialeo finanziaria della societao del gruppo al quale essa appartiene. La punibilita e comunqueesclusa se le falsita o le omissioni determinano una variazione del risultato economico di eser-cizio, al lordo delle imposte, non superiore al 5 per cento o una variazione del patrimonionetto non superiore all’1 per cento.

In ogni caso il fatto non e punibile se conseguenza di valutazioni estimative che, singo-larmente considerate, differiscono in misura non superiore al 10 per cento da quella corretta.

Nei casi previsti dai commi settimo e ottavo, ai soggetti di cui al primo comma sono ir-rogate la sanzione amministrativa da dieci a cento quote e l’interdizione dagli uffici direttividelle persone giuridiche e delle imprese da sei mesi a tre anni, dall’esercizio dell’ufficio diamministratore, sindaco, liquidatore, direttore generale e dirigente preposto alla redazionedei documenti contabili societari, nonche da ogni altro ufficio con potere di rappresentanzadella persona giuridica o dell’impresa».

3. E istituita, senza nuovi o maggiori oneri per il bilancio dello Stato, la Commissione perla tutela del risparmio, di seguito denominata «Commissione», alle dirette dipendenze funzio-nali del Presidente del Consiglio dei ministri.

4. La Commissione e organo collegiale, composta da un presidente e due commissari,nominati con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro del-l’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro per la funzione pubblica.

5. Il Governo adotta, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concertocon il Ministro dell’economia e delle finanze, un regolamento ai sensi dell’articolo 17, comma1, della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, volto a determinare i requi-siti di nomina del presidente e dei membri della Commissione e le funzioni della Commissio-ne, al fine di garantirne l’autonomia e l’efficacia operativa.

6. La Commissione:a) svolge le proprie funzioni d’ufficio o su istanza dei risparmiatori;b) relaziona con cadenza semestrale sulla propria attivita al Presidente del Consiglio dei

ministri, che riferisce periodicamente ai Presidenti delle Camere;c) si avvale del supporto di un ufficio composto da dipendenti delle amministrazioni

pubbliche di cui all’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165,in posizione di comando secondo i rispettivi ordinamenti, il cui servizio presso il medesimoufficio e equiparato ad ogni effetto a quello prestato presso le amministrazioni di apparte-nenza;

d) ha l’obbligo di rendere rapporto all’autoritagiudiziaria nei casi previsti dalla legge.

Art. 31.(Omessa comunicazione del conflitto d’interessi)

1. Nel libro V, titolo XI, capo III, del cod. civ., prima dell’articolo 2630 e inserito il se-guente:

Parte I - Dottrina 429

«Art. 2629-bis. – (Omessa comunicazione del conflitto d’interessi). – L’amministratoreo il componente del consiglio di gestione di una societacon titoli quotati in mercati regola-mentati italiani o di altro Stato dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rile-vante ai sensi dell’articolo 116 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998,n. 58, e successive modificazioni, ovvero di un soggetto sottoposto a vigilanza ai sensi deltesto unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, del citato testo unico di cui al decretolegislativo n. 58 del 1998, della legge 12 agosto 1982, n. 576, o del decreto legislativo 21aprile 1993, n. 124, che viola gli obblighi previsti dall’articolo 2391, comma 1, e punitocon la reclusione da uno a tre anni, se dalla violazione siano derivati danni alla societao aterzi».

2. All’articolo 25-ter, comma 1, lettera r), del decreto legislativo 8 giugno 2001, n. 231,dopo le parole: «cod. civ.» sono inserite le seguenti: «e per il delitto di omessa comunicazionedel conflitto d’interessi previsto dall’articolo 2629-bis del codice civile».

Art. 32.(Ricorso abusivo al credito)

1. L’articolo 218 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 218. – (Ricorso abusivo al credito). – 1. Gli amministratori, i direttori generali,

i liquidatori e gli imprenditori esercenti un’attivita commerciale che ricorrono o continua-no a ricorrere al credito, anche al di fuori dei casi di cui agli articoli precedenti, dissimu-lando il dissesto o lo stato d’insolvenza sono puniti con la reclusione da sei mesi a treanni.

2. La pena e aumentata nel caso di societasoggette alle disposizioni di cui al capo II, ti-tolo III, parte IV, del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria,di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni.

3. Salve le altre pene accessorie di cui al libro I, titolo II, capo III, del codice penale, lacondanna importa l’inabilitazione all’esercizio di un’impresa commerciale e l’incapacitaadesercitare uffici direttivi presso qualsiasi impresa fino a tre anni».

Art. 33.(Istituzione del reato di mendacio bancario)

1. All’articolo 137 del testo unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successivemodificazioni, al comma 2 e premesso il seguente:

«1-bis. Salvo che il fatto costituisca reato piu grave, chi, al fine di ottenere concessioni dicredito per se o per le aziende che amministra, o di mutare le condizioni alle quali il creditovenne prima concesso, fornisce dolosamente ad una banca notizie o dati falsi sulla costituzio-ne o sulla situazione economica, patrimoniale o finanziaria delle aziende comunque interes-sate alla concessione del credito, e punito con la reclusione fino a un anno e con la multa finoad euro 10.000».

Art. 34.(Falso in prospetto)

1. Dopo l’articolo 173 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e inserito il seguente:

«Art. 173-bis. – (Falso in prospetto). – 1. Chiunque, allo scopo di conseguire per se oper altri un ingiusto profitto, nei prospetti richiesti per la sollecitazione all’investimento ol’ammissione alla quotazione nei mercati regolamentati, ovvero nei documenti da pubblicarein occasione delle offerte pubbliche di acquisto o di scambio, con l’intenzione di ingannare idestinatari del prospetto, espone false informazioni od occulta dati o notizie in modo ido-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali430

neo a indurre in errore i suddetti destinatari, e punito con la reclusione da uno a cinqueanni».

2. L’articolo 2623 del cod. civ. e abrogato.

Art. 35.(Falsita nelle relazioni o nelle comunicazioni delle societa di revisione)

1. Nel testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, allaparte V, titolo I, capo III, all’articolo 175 sono premessi i seguenti:

«Art. 174-bis. – (Falsita nelle relazioni o nelle comunicazioni delle societa di re-visione). – 1. I responsabili della revisione delle societa con azioni quotate, delle societada queste controllate e delle societa che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pub-blico in misura rilevante ai sensi dell’articolo 116, i quali, nelle relazioni o in altre co-municazioni, con l’intenzione di ingannare i destinatari, attestano il falso od occultanoinformazioni concernenti la situazione economica, patrimoniale o finanziaria della so-cieta, dell’ente o del soggetto sottoposto a revisione, in modo idoneo a indurre in errorei destinatari sulla predetta situazione, sono puniti con la reclusione da uno a cinqueanni.

2. Nel caso in cui il fatto previsto dal comma 1 sia commesso per denaro o altra utilita-data o promessa, ovvero in concorso con gli amministratori, i direttori generali o i sindacidella societa assoggettata a revisione, la pena e aumentata fino alla meta.

3. La stessa pena prevista dai commi 1 e 2 si applica a chi da o promette l’utilita noncheagli amministratori, ai direttori generali e ai sindaci della societa assoggettata a revisione, cheabbiano concorso a commettere il fatto.

Art. 174-ter. – (Corruzione dei revisori). – 1. Gli amministratori, i soci, i responsabilidella revisione contabile e i dipendenti della societadi revisione, i quali, nell’esercizio dellarevisione contabile delle societacon azioni quotate, delle societa da queste controllate e dellesocieta che emettono strumenti finanziari diffusi fra il pubblico in misura rilevante ai sensidell’articolo 116, fuori dei casi previsti dall’articolo 174-bis, per denaro o altra utilitadata opromessa, compiono od omettono atti in violazione degli obblighi inerenti all’ufficio, sonopuniti con la reclusione da uno a cinque anni.

2. La stessa pena di cui al comma 1 si applica a chi da o promette l’utilita».

Art. 36.(False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste

nei codici di comportamento delle societa quotate)

1. Dopo l’articolo 192 del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58,e inserito il seguente:

«Art. 192-bis. – (False comunicazioni circa l’applicazione delle regole previste nei co-dici di comportamento delle societa quotate). – 1. Salvo che il fatto costituisca reato, gli am-ministratori, i componenti degli organi di controllo e i direttori generali di societa quotatenei mercati regolamentati i quali omettono le comunicazioni prescritte dall’articolo 124-bisovvero, nelle stesse o in altre comunicazioni rivolte al pubblico, divulgano o lasciano divul-gare false informazioni relativamente all’adesione delle stesse societaa codici di comporta-mento redatti da societa di gestione di mercati regolamentati o da associazioni di categoriadegli operatori, ovvero all’applicazione dei medesimi, sono puniti con la sanzione ammini-strativa pecuniaria da diecimila a trecentomila euro. Il provvedimento sanzionatorio e pub-blicato, a spese degli stessi, su almeno due quotidiani, di cui uno economico, aventi diffu-sione nazionale».

Parte I - Dottrina 431

Art. 37.(Omessa comunicazione degli incarichi di componente di organi

di amministrazione e controllo)

1. All’articolo 193 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successivemodificazioni, il comma 3-bis e sostituito dal seguente:

«3-bis. Salvo che il fatto costituisca reato, i componenti degli organi di controllo, i qualiomettano di eseguire nei termini prescritti le comunicazioni di cui all’articolo 148-bis, comma2, sono puniti con la sanzione amministrativa in misura pari al doppio della retribuzione an-nuale prevista per l’incarico relativamente al quale e stata omessa la comunicazione. Con ilprovvedimento sanzionatorio e dichiarata altresı la decadenza dall’incarico».

Art. 38.(Abusive attivita finanziarie)

1. All’articolo 132, comma 1, del testo unico di cui al decreto legislativo 1º settembre1993, n. 385, e successive modificazioni, e aggiunto, in fine, il seguente periodo: «Lastessa pena si applica a chiunque svolge l’attivita riservata agli intermediari finanziari iscrittinell’elenco speciale di cui all’articolo 107, in assenza dell’iscrizione nel medesimo elenco».

Art. 39.(Aumento delle sanzioni penali e amministrative)

1. Le pene previste dal testo unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, dal testounico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto 1982, n.576, e dal decreto legislativo 21 aprile 1993, n. 124, sono raddoppiate entro i limiti postiper ciascun tipo di pena dal libro I, titolo II, capo II, del codice penale.

2. Al cod. civ. sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’articolo 2625, dopo il secondo comma e inserito il seguente:«La pena e raddoppiata se si tratta di societacon titoli quotati in mercati regolamentati

italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensidell’articolo 116 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58»;

b) all’articolo 2635, dopo il secondo comma e inserito il seguente:«La pena e raddoppiata se si tratta di societacon titoli quotati in mercati regolamentati

italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensidell’articolo 116 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58»;

c) all’articolo 2638, e aggiunto, in fine, il seguente comma:«La pena e raddoppiata se si tratta di societacon titoli quotati in mercati regolamentati

italiani o di altri Stati dell’Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensidell’articolo 116 del testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58».

3. Le sanzioni amministrative pecuniarie previste dal testo unico di cui al d.lgs. 1º settem-bre 1993, n. 385, dal testo unico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, dalla legge 12 agosto1982, n. 576, e dal d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, che non sono state modificate dalla presentelegge, sono quintuplicate.

4. All’articolo 4, comma 1, lettera h), della legge 29 luglio 2003, n. 229, dopo il numero1) e inserito il seguente:

«1-bis) raddoppiando la misura delle sanzioni penali e quintuplicando la misura mas-sima delle sanzioni amministrative pecuniarie determinate in una somma di denaro, ad ec-cezione delle sanzioni previste dalla legge 12 agosto 1982, n. 576, e successive modifica-zioni».

5. Le sanzioni pecuniarie previste dall’articolo 25-ter del d.lgs. 8 giugno 2001, n. 231,sono raddoppiate.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali432

Art. 40.(Sanzioni accessorie)

1. Il Governo e delegato ad adottare, su proposta del Ministro della giustizia, di concertocon il Ministro dell’economia e delle finanze, entro sei mesi dalla data di entrata in vigoredella presente legge, uno o piu decreti legislativi per l’introduzione di sanzioni accessorie allesanzioni penali e amministrative applicate ai sensi del titolo XI del libro V del cod. civ., deltesto unico di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successive modificazioni, del testo uni-co di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, della legge 12 agosto1982, n. 576, e del d.lgs. 21 aprile 1993, n. 124, nel rispetto dei seguenti principi e criteridirettivi:

a) applicazione delle sanzioni accessorie e determinazione della loro durata, comunquenon superiore a tre anni, in ragione della gravita della violazione, valutata secondo i criteriindicati dall’articolo 133 del codice penale, o della sua reiterazione;

b) previsione della sanzione accessoria della sospensione o della decadenza dalle caricheo dagli uffici direttivi ricoperti presso banche o altri soggetti operanti nel settore finanziario,ovvero dalle cariche o dagli uffici direttivi ricoperti presso societa;

c) previsione della sanzione accessoria dell’interdizione dalle cariche presso banche e al-tri intermediari finanziari o dalle cariche societarie;

d) previsione della sanzione accessoria della pubblicita della sanzione pecuniaria e ac-cessoria, a carico dell’autore della violazione, su quotidiani e altri mezzi di comunicazione alarga diffusione e nei locali aperti al pubblico delle banche e degli altri intermediari finan-ziari presso i quali l’autore della violazione ricopra cariche societarie o dei quali lo stesso siadipendente;

e) previsione della sanzione accessoria della confisca del prodotto o del profitto dell’il-lecito e dei beni utilizzati per commetterlo, ovvero di beni di valore equivalente;

f) attribuzione della competenza ad irrogare le sanzioni accessorie alla medesima auto-ritacompetente ad irrogare la sanzione principale.

Titolo VIDisposizioni transitorie e finali

Art. 41.(Soppressione della Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione

e sulla circolazione dei biglietti di banca)

1. La Commissione permanente per la vigilanza sull’istituto di emissione e sulla circola-zione dei biglietti di banca, di cui all’articolo 110 del testo unico di cui al regio decreto 28aprile 1910, n. 204, e soppressa.

2. Sono abrogati gli articoli 110 e 112 del testo unico di cui al regio decreto 28 aprile1910, n. 204, e successive modificazioni. All’articolo 47, secondo periodo, del medesimo testounico, sono soppresse le parole: «, col parere della Commissione permanente di vigilanza su-gli istituti di emissione,».

Art. 42.(Termine per gli adempimenti previsti dalla presente legge)

1. Entro dodici mesi dalla data di entrata in vigore della presente legge, le societa iscrittenel registro delle imprese alla data di entrata in vigore della presente legge provvedono aduniformare l’atto costitutivo e lo statuto alle disposizioni da questa introdotte.

2. Fino alla costituzione dell’albo unico dei promotori finanziari ai sensi dell’articolo 31del testo unico di cui al decreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, come modificato dall’ar-ticolo 14, comma 1, lettera b), della presente legge, continuano ad applicarsi le disposizioni in

Parte I - Dottrina 433

materia di albo unico nazionale dei promotori finanziari recate dal citato articolo 31 del testounico di cui al decreto legislativo n. 58 del 1998, nel testo vigente prima della data di entratain vigore della presente legge.

3. Le disposizioni contenute negli articoli 165-ter, 165-quater e 165-quinquies del testounico di cui al d.lgs. 24 febbraio 1998, n. 58, introdotti dall’articolo 6, comma 1, della pre-sente legge, si applicano alle societa che vi sono soggette, a decorrere dall’esercizio successivoa quello in corso alla data di entrata in vigore della presente legge.

4. La disposizione di cui all’articolo 161, comma 4, del testo unico di cui al d.lgs. 24 feb-braio 1998, n. 58, come modificato dall’articolo 18, comma 1, lettera d), della presente legge,si applica a decorrere dal 1º gennaio dell’anno successivo a quello in corso alla data di entratain vigore della presente legge. Fino a tale data, continuano ad applicarsi le disposizioni delmedesimo articolo 161, comma 4, nel testo vigente prima della data di entrata in vigore dellapresente legge.

5. Gli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della presente legge e che ricadonoin una delle situazioni specifiche di incompatibilita previste dalle disposizioni contenute nel-l’articolo 18 per le societa di revisione e le entitaappartenenti alla medesima rete, i loro soci,gli amministratori, i componenti degli organi di controllo, i dipendenti della societadi revisio-ne stessa e delle societa da essa controllate, ad essa collegate o che la controllano o sono sot-toposte a comune controllo, possono essere portati a definizione secondo i previsti terminicontrattuali, senza possibilita di rinnovo. Entro il termine di dodici mesi dalla data di entratain vigore della presente legge, il recesso unilaterale da parte della societa, o dei soggetti ap-partenenti alla medesima rete, dall’incarico revisionale o da contratti per lo svolgimento diservizi, giustificato dalla necessita di rimuovere una causa di incompatibilita, non comportaobblighi di indennizzo, risarcimento o l’applicazione di clausole penali o sanzioni, anche sepreviste in norme di legge o in clausole contrattuali.

Art. 43.(Delega al Governo per il coordinamento legislativo)

1. Il Governo e delegato ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore dellapresente legge, uno o piu decreti legislativi per l’adeguamento del testo unico delle leggi inmateria bancaria e creditizia, di cui al d.lgs. 1º settembre 1993, n. 385, e successive modifi-cazioni, e del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria, di cui aldecreto legislativo 24 febbraio 1998, n. 58, e successive modificazioni, nonche delle altre leggispeciali, alle disposizioni della presente legge, apportando le modifiche necessarie per il coor-dinamento delle disposizioni stesse.

Art. 44.(Procedura per l’esercizio delle deleghe legislative)

1. Gli schemi dei decreti legislativi previsti dalla presente legge, ciascuno dei quali deve esserecorredato di relazione tecnica sugli effetti finanziari delle disposizioni in esso contenute, sono tra-smessi alle Camere ai fini dell’espressione dei pareri da parte delle Commissioni parlamentari com-petenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziario. Le competenti Commissioni par-lamentari esprimono il parere entro quaranta giorni dalla data di trasmissione. Qualora il termineper l’espressione del parere decorra inutilmente, i decreti legislativi possono essere comunqueadottati. Qualora il termine previsto per l’espressione del parere delle Commissioni parlamentariscada nei trenta giorni che precedono la scadenza del termine per l’esercizio della delega o succes-sivamente, quest’ultimo e prorogato di novanta giorni.

La presente legge, munita del sigillo di Stato, sara inserita nella Raccolta ufficiale degliatti normativi della Repubblica italiana. E fatto obbligo a chiunque spetti di osservarla e difarla osservare come legge dello Stato.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali434

DECRETO LEGISLATIVO 9 gennaio 2006, n. 5 - «Riforma organicadella disciplina delle procedure concorsuali a norma dell’articolo 1, comma 5,della legge 14 maggio 2005, n. 80», in Gazz. Uff., n. 12 del 16 gennaio2006, suppl. ord. n. 13.

Capo IModifiche al titolo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

IL PRESIDENTE DELLA REPUBBLICAVisti gli articoli 76 e 87 della Costituzione;Visto l’articolo 1, commi 5 e 6, della legge 14 maggio 2005, n. 80, di conversione in leg-

ge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante delega al Governo perla riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali;

Visto il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, recante la disciplina del fallimento, del con-cordato preventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministra-tiva;

Vista la preliminare deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del23 settembre 2005;

Acquisiti i pareri delle competenti Commissioni della Camera dei deputati, espressi indata 16 novembre 2005, e del Senato della Repubblica, espressi in data 22 novembre 2005;

Vista la deliberazione del Consiglio dei Ministri, adottata nella riunione del 22 dicembre2005;

Sulla proposta del Ministro della giustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze, diconcerto con il Ministro delle attivitaproduttive;

Emana il seguente decreto legislativo:

Art. 1.Sostituzione dell’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 1 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 1 (Imprese soggette al fallimento e al concordato preventivo). – Sono soggetti alle

disposizioni sul fallimento e sul concordato preventivo gli imprenditori che esercitano un’at-tivita commerciale, esclusi gli enti pubblici ed i piccoli imprenditori. Ai fini del comma 1, nonsono piccoli imprenditori gli esercenti un’attivita commerciale in forma individuale o collet-tiva

che, anche alternativamente:a) hanno effettuato investimenti nell’azienda per un capitale di valore superiore a euro

trecentomila;b) hanno realizzato, in qualunque modo risulti, ricavi lordi calcolati sulla media degli ul-

timi tre anni o dall’inizio dell’attivita se di durata inferiore, per un ammontare complessivoannuo superiore a euro duecentomila.

I limiti di cui alle lettere a) e b) del comma 2 possono essere aggiornati ogni tre anni, condecreto del Ministro della giustizia, sulla base della media delle variazioni degli indici ISTATdei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati intervenute nel periodo di riferi-mento.».

Avvertenza:Il testo delle note qui pubblicato e stato redatto dall’amministrazione competente per

materia, ai sensi dell’art. 10, commi 2 e 3, del testo unico delle disposizioni sulla promulga-zione delle leggi, sull’emanazione dei decreti del Presidente della Repubblica e sulle pubbli-cazioni ufficiali della Repubblica italiana, approvato con D.P.R. 28 dicembre 1985, n. 1092, al

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solo fine di facilitare la lettura delle disposizioni di legge modificate o alle quali e operato ilrinvio. Restano invariati il valore e l’efficacia degli atti legislativi qui trascritti.

Note alle premesse:— L’art. 76 della Costituzione stabilisce che l’esercizio della funzione legislativa non puo

essere delegato al Governo se non con determinazione di principi e criteri direttivi e soltantoper tempo limitato e per oggetti definiti.

— L’art. 87 della Costituzione conferisce, tra l’altro, al Presidente della Repubblica ilpotere di promulgare le leggi e di emanare i decreti aventi valore di legge e i regolamenti.

— Il testo dei commi 5 e 6 dell’art. 1 della legge 14 maggio 2005, n. 80 (Conversione inlegge, con modificazioni, del decreto-legge 14 marzo 2005, n. 35, recante disposizioni urgentinell’ambito del Piano di azione per lo sviluppo economico, sociale e territoriale.

Deleghe al Governo per la modifica del codice di procedura civile in materia di processodi cassazione e di arbitrato nonche per la riforma organica della disciplina delle procedureconcorsuali.) pubblicate nella Gazzetta Ufficiale 14 maggio 2005, n. 111, e il seguente:

«5. Il Governo e delegato ad adottare, entro centottanta giorni dalla data di entrata invigore della presente legge, con l’osservanza dei principi e dei criteri direttivi di cui al comma6, uno o piu decreti legislativi recanti la riforma organica della disciplina delle procedure con-corsuali di cui al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267. La riforma, nel rispetto ed in coerenzacon la normativa comunitaria e in conformitaai principi e ai criteri direttivi di cui al comma 6,realizza il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, nonche la riconduzionedella disciplina della transazione in sede fiscale per insolvenza o assoggettamento a procedureconcorsuali al concordato preventivo come disciplinato in attuazione della presente legge. Idecreti legislativi previsti dal presente comma sono adottati su proposta del Ministro dellagiustizia e del Ministro dell’economia e delle finanze, di concerto con il Ministro delle attivitaproduttive, e successivamente trasmessi al Parlamento, ai fini dell’espressione dei pareri daparte delle commissioni competenti per materia e per le conseguenze di carattere finanziarioche sono resi entro il termine di trenta giorni dalla data di trasmissione, decorso il quale idecreti sono emanati anche in mancanza dei pareri. Qualora detto termine venga a scaderenei trenta giorni antecedenti allo spirare del termine previsto dal primo periodo del presentecomma o successivamente, la scadenza di quest’ultimo e prorogata di sessanta giorni.

6. Nell’esercizio della delega di cui al comma 5, il Governo si attiene ai seguenti principie criteri direttivi:

a) modificare la disciplina del fallimento, secondo i seguenti principi:1) semplificare la disciplina attraverso l’estensione dei soggetti esonerati dall’applicabilita

dell’istituto e l’accelerazione delle procedure applicabili alle controversie in materia;2) ampliare le competenze del comitato dei creditori, consentendo una maggiore parte-

cipazione dell’organo alla gestione della crisi dell’impresa; coordinare i poteri degli altri or-gani della procedura;

3) modificare la disciplina dei requisiti per la nomina a curatore, annoverando tra i sog-getti legittimati a ricoprire la carica gli studi professionali associati, le societatra professionisti,nonche coloro che abbiano comprovate capacita di gestione imprenditoriale;

4) modificare la disciplina delle conseguenze personali del fallimento, eliminando le san-zioni personali e prevedendo che le limitazioni alla liberta di residenza e di corrispondenzadel fallito siano connesse alle sole esigenze della procedura;

5) modificare la disciplina degli effetti della revocazione, prevedendo che essi si rivolga-no nei confronti dell’effettivo destinatario della prestazione;

6) ridurre il termine di decadenza per l’esercizio dell’azione revocatoria;7) modificare la disciplina degli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti, am-

pliando i termini entro i quali il curatore deve manifestare la propria scelta in ordine allo scio-glimento dei relativi contratti e prevedendo una disciplina per i patrimoni destinati ad unospecifico affare e per i contratti di locazione finanziaria;

Il diritto fallimentare delle societa commerciali436

8) modificare la disciplina della continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa,ampliando i poteri del comitato dei creditori e del curatore ed introducendo l’obbligo di in-formativa periodica da parte del curatore al comitato dei creditori sulla gestione provvisoria;

9) modificare la disciplina dell’accertamento del passivo, abbreviando i tempi della pro-cedura, semplificando le modalita di presentazione delle relative domande di ammissione eprevedendo che in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo i creditori possano, amaggioranza dei crediti insinuati, confermare o effettuare nuove designazioni in ordine aicomponenti del comitato dei creditori, nonche confermare il curatore ovvero richiedernela sostituzione indicando al giudice delegato un nuovo nominativo;

10) prevedere che, entro sessanta giorni dalla redazione dell’inventano, il curatore pre-disponga un programma di liquidazione da sottoporre, previa approvazione del comitato deicreditori, all’autorizzazione del giudice delegato contenente le modalitae i termini previsti perla realizzazione dell’attivo, specificando:

10.1) se e opportuno disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa o di singoli rami diazienda, anche tramite l’affitto a terzi;

10.2) la sussistenza di proposte di concordato;10.3) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;10.4) le possibilita di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti

giuridici individuabili in blocco;10.5) le condizioni della vendita dei singoli cespiti, e che il comitato dei creditori possa

proporre al curatore modifiche al programma presentato, prima di procedere alla sua vota-zione, e che l’approvazione del programma sia subordinata all’esito favorevole della votazio-ne, da parte del comitato dei creditori;

11) modificare la disciplina della ripartizione dell’attivo, abbreviando i tempi della pro-cedura e semplificando gli adempimenti connessi;

12) modificare la disciplina del concordato fallimentare, accelerando i tempi della pro-cedura e prevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi che tengano conto dellaposizione giuridica e degli interessi omogenei delle varie categorie di creditori, nonche trat-tamenti differenziati per i creditori appartenenti a classi diverse; disciplinare le modalita divoto per classi, prevedendo che non abbiano diritto di voto i creditori muniti di privilegio,pegno ed ipoteca, a meno che dichiarino di rinunciare al privilegio; disciplinare le modalitadi approvazione del concordato, modificando altresı la disciplina delle impugnazioni al fine digarantire una maggiore celerita dei relativi procedimenti;

13) introdurre la disciplina dell’esdebitazione e disciplinare il relativo procedimento,prevedendo che essa consista nella liberazione del debitore persona fisica dai debiti residuinei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti qualora:

13.1) abbia cooperato con gli organi della procedura fornendo tutte le informazioni e ladocumentazione utile all’accertamento del passivo e al proficuo svolgimento delle operazioni;

13.2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare la procedura;13.3) non abbia violato le disposizioni di cui alla gestione della propria corrispondenza;13.4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;13.5) non abbia distratto l’attivo o esposto passivita insussistenti, cagionato o aggravato il

dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimentodegli affari o fatto ricorso abusivo al credito;

13.6) non sia stato condannato per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’econo-mia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti in connessione con l’eserciziodell’attivita d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione;

14) abrogare la disciplina del procedimento sommario;b) prevedere l’abrogazione dell’amministrazione controllata;c) prevedere che i crediti di rivalsa verso il cessionario previsti dalle norme relative all’im-

posta sul valore aggiunto, se relativi alla cessione di beni mobili, abbiano privilegio sulla ge-

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neralitadei mobili del debitore con lo stesso grado del privilegio generale di cui agli articoli2752 e 2753 del cod. civ., cui tuttavia e posposto.».

— Il regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 (Disciplina del fallimento, del concordato pre-ventivo, dell’amministrazione controllata e della liquidazione coatta amministrativa) e pubbli-cato nella Gazzetta Ufficiale 6 aprile 1942, n. 81.

Art. 2.Modifiche all’articolo 3 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Il comma 2 dell’articolo 3 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 2:— Si riporta il testo dell’art. 3 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 3 (Liquidazione coatta amministrativa, concordato preventivo e amministrazione

controllata). – Se la legge non dispone diversamente, le imprese soggette a liquidazione coattaamministrativa possono essere ammesse alla procedura di concordato preventivo e di ammi-nistrazione controllata, osservate per le imprese escluse dal fallimento le norme del settimocomma dell’art. 195.».

Art. 3.Abrogazione dell’articolo 4 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 4 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 3:— L’art. 4 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente d.lgs.,

recava: «Rinvio a leggi speciali».

Capo IIModifiche al titolo II, capo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 4.Sostituzione dell’articolo 6 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 6 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 6 (Iniziativa per la dichiarazione di fallimento). – Il fallimento e dichiarato su ri-

corso del debitore, di uno o piu creditori o su richiesta del pubblico ministero.Nel ricorso di cui al comma 1 l’istante puoindicare il recapito telefax o l’indirizzo di po-

sta elettronica presso cui dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dallapresente legge.».

Art. 5.Sostituzione dell’articolo 7 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 7 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 7 (Iniziativa del pubblico ministero). – Il pubblico ministero presenta la richiesta di

cui al comma 1 dell’articolo 6:1) quando l’insolvenza risulta nel corso di un procedimento penale, ovvero dalla fuga,

dalla irreperibilita o dalla latitanza dell’imprenditore, dalla chiusura dei locali dell’impresa,dal trafugamento, dalla sostituzione o dalla diminuzione fraudolenta dell’attivo da parte del-l’imprenditore;

2) quando l’insolvenza risulta dalla segnalazione proveniente dal giudice che l’abbia ri-levata nel corso di un procedimento civile.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali438

Art. 6.Abrogazione dell’articolo 8 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 8 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 6:— L’art. 8 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente d.lgs.,

recava: «Stato d’insolvenza risultante in giudizio civile.».

Art. 7.Modifiche all’articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, i commi secondo e terzo sonosostituiti dai seguenti:

«Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativaper la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.

L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, puoessere dichiaratofallito nella Repubblica italiana anche se e stata pronunciata dichiarazione di fallimentoall’estero. Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione euro-pea.

Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdi-zione italiana, se e avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o la presentazionedella richiesta di cui all’articolo 7.».

Nota all’art. 7:— Si riporta il testo dell’art. 9 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 9 (Competenza). – Il fallimento e dichiarato dal tribunale del luogo dove l’impren-

ditore ha la sede principale dell’impresa.Il trasferimento della sede intervenuto nell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa

per la dichiarazione di fallimento non rileva ai fini della competenza.L’imprenditore, che ha all’estero la sede principale dell’impresa, puo essere dichia-

rato fallito nella Repubblica anche se e stata pronunciata dichiarazione di fallimento al-l’estero.

Sono fatte salve le convenzioni internazionali e la normativa dell’Unione europea.Il trasferimento della sede dell’impresa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdi-

zione italiana, se e avvenuto dopo il deposito del ricorso di cui all’art. 6 o la presentazionedella richiesta di cui all’art. 7.».

Art. 8.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 9 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:«Art. 9-bis (Disposizioni in materia di incompetenza). – La sentenza che dichiara l’in-

competenza e trasmessa in copia al tribunale dichiarato incompetente, il quale dispone condecreto l’immediata trasmissione degli atti a quello competente. Allo stesso modo provvedeil tribunale che dichiara la propria incompetenza.

Il tribunale dichiarato competente, entro venti giorni dal ricevimento degli atti, se nonrichiede d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del cod. proc. civ.,dispone la prosecuzione della procedura fallimentare, provvedendo alla nomina del giudicedelegato e del curatore.

Restano salvi gli effetti degli atti precedentemente compiuti. Qualora l’incompetenza siadichiarata all’esito del giudizio di cui all’articolo 18, l’appello, per le questioni diverse dalla

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competenza, e riassunto, a norma dell’articolo 50 del codice di procedura civile, dinanzi allacorte di appello competente.

Nei giudizi promossi ai sensi dell’articolo 24 dinanzi al tribunale dichiarato incompetente,il giudice assegna alle parti un termine per la riassunzione della causa davanti al giudice com-petente ai sensi dell’articolo 50 del cod. proc. civ. e ordina la cancellazione della causa dal ruolo.

Art. 9-ter (Conflitto positivo di competenza). – Quando il fallimento e stato dichiaratoda piu tribunali, il procedimento prosegue avanti al tribunale competente che si e pronuncia-to per primo.

Il tribunale che si e pronunciato successivamente, se non richiede d’ufficio il regola-mento di competenza ai sensi dell’articolo 45 del cod. proc. civ., dispone la trasmissionedegli atti al tribunale che si e pronunziato per primo. Si applica l’articolo 9-bis, in quantocompatibile.».

Art. 9.Sostituzione dell’articolo 10 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 10 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 10 (Fallimento dell’imprenditore che ha cessato l’esercizio dell’impresa). – Gli im-

prenditori individuali e collettivi possono essere dichiarati falliti entro un anno dalla cancel-lazione dal registro delle imprese, se l’insolvenza si e manifestata anteriormente alla medesimao entro l’anno successivo.

In caso di impresa individuale o di cancellazione di ufficio degli imprenditori collettivi, efatta salva la facolta di dimostrare il momento dell’effettiva cessazione dell’attivita da cui de-corre il termine del comma 1.».

Art. 10.Modifiche all’articolo 11 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 11 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito dalseguente:

«L’erede puo chiedere il fallimento del defunto, purche l’eredita non sia gia confusa conil suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non e soggetto agli obblighi dideposito di cui agli articoli 14 e 16, comma 2, n. 3).».

Note all’art. 10:— Si riporta il testo dell’art. 11 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 11 (Fallimento dell’imprenditore defunto). – L’imprenditore defunto puo essere

dichiarato fallito quando ricorrono le condizioni stabilite nell’articolo precedente.L’erede puo chiedere il fallimento del defunto, purche l’eredita non sia gia confusa con il

suo patrimonio; l’erede che chiede il fallimento del defunto non e soggetto agli obblighi dideposito di cui agli articoli 14 e 16, comma 2, n. 3).

Con la dichiarazione di fallimento cessano di diritto gli effetti della separazione dei beniottenuta dai creditori del defunto a norma del cod. civ..».

Art. 11.Abrogazione dell’articolo 13 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 13 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 11:— L’art. 13 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente d.lgs.,

recava: «Obbligo di trasmissione dell’elenco dei protesti».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali440

Art. 12.Sostituzione dell’articolo 14 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 14 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 14 (Obbligo dell’imprenditore che chiede il proprio fallimento). – L’imprenditore

che chiede il proprio fallimento deve depositare presso la cancelleria del tribunale le scritturecontabili e fiscali obbligatorie concernenti i tre esercizi precedenti ovvero l’intera esistenzadell’impresa, se questa ha avuto una minore durata. Deve inoltre depositare uno stato parti-colareggiato ed estimativo delle sue attivita, l’elenco nominativo dei creditori e l’indicazionedei rispettivi crediti, l’indicazione dei ricavi lordi per ciascuno degli ultimi tre anni, l’elenconominativo di coloro che vantano diritti reali e personali su cose in suo possesso e l’indica-zione delle cose stesse e del titolo da cui sorge il diritto.».

Art. 13.Sostituzione dell’articolo 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 15 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 15 (Istruttoria prefallimentare). – Il procedimento per la dichiarazione di fallimen-

to si svolge dinanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalita dei procedimentiin camera di consiglio.

Il tribunale convoca, con decreto apposto in calce al ricorso, il debitore ed i creditoriistanti per il fallimento; nel procedimento interviene il pubblico ministero che ha assunto l’i-niziativa per la dichiarazione di fallimento.

Il decreto di convocazione e sottoscritto dal presidente del tribunale o dal giudice rela-tore se vi e delega alla trattazione del procedimento ai sensi del comma 5. Tra la data dellanotificazione, a cura di parte, del decreto di convocazione e del ricorso, e quella dell’udienzadeve intercorrere un termine non inferiore a quindici giorni liberi.

Il decreto contiene l’indicazione che il procedimento e volto all’accertamento dei presup-posti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine non inferiore a sette giorni primadell’udienza per la presentazione di memorie ed il deposito di documenti e relazioni tecniche.In ogni caso, il tribunale dispone, con gli accertamenti necessari, che l’imprenditore depositiuna situazione patrimoniale, economica e finanziara aggiornata.

I termini di cui al comma 3 e 4 possono essere abbreviati dal presidente del tribunale,con decreto motivato, se ricorrono particolari ragioni di urgenza.

Il tribunale puo delegare al giudice relatore l’audizione delle parti. In tal caso, il giudicedelegato provvede, senza indugio e nel rispetto del contraddittorio, all’ammissione ed all’e-spletamento dei mezzi istruttori richiesti dalle parti o disposti d’ufficio.

Le parti possono nominare consulenti tecnici.Il tribunale, ad istanza di parte, puoemettere i provvedimenti cautelari o conservativi a

tutela del patrimonio o dell’impresa oggetto del provvedimento, che hanno efficacia limitataalla durata del procedimento e vengono confermati o revocati dalla sentenza che dichiara ilfallimento, ovvero revocati con il decreto che rigetta l’istanza.

Non si fa luogo alla dichiarazione di fallimento se l’ammontare dei debiti scaduti e nonpagati risultanti dagli atti dell’istruttoria prefallimentare e complessivamente inferiore a euroventicinquemila.

Tale importo e periodicamente aggiornato con le modalita di cui al comma 3 dell’ar-ticolo 1.».

Art. 14.Modifiche all’articolo 16 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 16 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

Parte I - Dottrina 441

a) al comma 2, i numeri 3), 4) e 5) sono sostituiti dai seguenti:«3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie,

nonche dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non e stato ancora eseguito a norma del-l’articolo 14;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procedera all’esame dellostato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sen-tenza;

5) assegna ai creditori e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possessodel fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero prece-dente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.»;

b) il comma 3 e sostituito dal seguente:«La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’articolo

133, comma 1, del codice di procedura civile. Gli effetti nei riguardi dei terzi si produconodalla data di iscrizione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’articolo 17, com-ma 2.»;

c) il comma 4 e abrogato.

Nota all’art. 14:— Si riporta il testo dell’art. 16 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 16 (Sentenza dichiarativa di fallimento). – La sentenza dichiarativa di fallimento e

pronunciata in camera di consiglio.Con la sentenza il tribunale:1) nomina il giudice delegato per la procedura;2) nomina il curatore;3) ordina al fallito il deposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie,

nonche dell’elenco dei creditori, entro tre giorni, se non e stato ancora eseguito a norma del-l’art. 14;

4) stabilisce il luogo, il giorno e l’ora dell’adunanza in cui si procedera all’esame dellostato passivo, entro il termine perentorio di non oltre centoventi giorni dal deposito della sen-tenza;

5) assegna ai crediton e ai terzi, che vantano diritti reali o personali su cose in possessodel fallito, il termine perentorio di trenta giorni prima dell’adunanza di cui al numero prece-dente per la presentazione in cancelleria delle domande di insinuazione.

La sentenza produce i suoi effetti dalla data della pubblicazione ai sensi dell’art. 133,comma 1, del cod. proc. civ.. Gli effetti nei riguardi dei terzi si producono dalla data di iscri-zione della sentenza nel registro delle imprese ai sensi dell’art. 17, secondo comma.

Art. 15.Sostituzione dell’articolo 17 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 17 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 17 (Comunicazione e pubblicazione della sentenza dichiarativa di fallimento). –

Entro il giorno successivo al deposito in cancelleria, la sentenza che dichiara il fallimento enotificata, su richiesta del cancelliere, ai sensi dell’articolo 137 del codice di procedura civileal debitore, eventualmente presso il domicilio eletto nel corso del procedimento previsto dal-l’articolo 15, ed e comunicata per estratto, ai sensi dell’articolo 136 del codice di proceduracivile, al curatore ed al richiedente il fallimento.

L’estratto deve contenere il nome del debitore, il nome del curatore, il dispositivo e ladata del deposito della sentenza.

La sentenza e altresı annotata presso l’ufficio del registro delle imprese ove l’imprendi-tore ha la sede legale e, se questa differisce dalla sede effettiva, anche presso quello corrispon-dente al luogo ove la procedura e stata aperta.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali442

A tale fine, il cancelliere, entro il termine di cui al primo comma, trasmette, anche per viatelematica, l’estratto della sentenza all’ufficio del registro delle imprese indicato nel commaprecedente.».

Art. 16.Sostituzione dell’articolo 18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 18 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 18 (Appello). – Contro la sentenza che dichiara il fallimento puo essere proposto

appello dal debitore e da qualunque interessato con ricorso da depositarsi entro trenta giornipresso la corte d’appello.

L’appello non sospende gli effetti della sentenza impugnata, salvo quanto previsto dal-l’articolo 19, comma 1.

Il termine per l’appello decorre per il debitore dalla data della notificazione della senten-za a norma dell’articolo 17 e, per tutti gli altri interessati, dalla data della iscrizione nel regi-stro delle imprese ai sensi del medesimo articolo. In ogni caso, si applica la disposizione di cuiall’articolo 327, comma 1, del codice di procedura civile.

Il presidente, nei cinque giorni successivi al deposito del ricorso, fissa con decreto, dacomunicarsi al ricorrente, l’udienza di comparizione entro quarantacinque giorni dal depositodel ricorso, assegnando termine al ricorrente non superiore a dieci giorni dalla comunicazioneper la notifica del ricorso e del decreto alle parti e al curatore, nonche un termine alle partiresistenti non superiore a cinque giorni prima dell’udienza per il deposito di memorie.

All’udienza il collegio, sentite le parti presenti in contraddittorio tra loro ed assunti, an-che d’ufficio, i mezzi di prova necessari ai fini della decisione, provvede con sentenza, emessaai sensi dell’articolo 281-sexies del codice di procedura civile. In caso di particolare comples-sita, la corte puoriservarsi di depositare la motivazione entro quindici giorni.

La sentenza che revoca il fallimento e notificata al curatore, al creditore che ha chiesto ilfallimento e al debitore, se non opponente, e deve essere pubblicata, comunicata ed iscritta anorma dell’articolo 17.

La sentenza che rigetta l’appello e notificata al ricorrente.Se il fallimento e revocato, restano salvi gli effetti degli atti legalmente compiuti dagli

organi della procedura.Le spese della procedura ed il compenso al curatore sono liquidati dal tribunale, su re-

lazione del giudice delegato, con decreto non soggetto a reclamo.».

Art. 17.Sostituzione dell’articolo 19 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 19 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 19 (Sospensione della liquidazione dell’attivo). – Proposto l’appello, il collegio, su

richiesta di parte, ovvero del curatore, puo, quando ricorrono gravi motivi, sospendere, intutto o in parte, ovvero temporaneamente, la liquidazione dell’attivo.

Se e proposto ricorso per cassazione i provvedimenti di cui al comma 1 o la loro revocasono chiesti alla Corte di appello.

L’istanza si propone con ricorso. Il presidente, con decreto in calce al ricorso, ordina lacomparizione delle parti dinanzi al collegio in camera di consiglio. Copia del ricorso e deldecreto sono notificate alle altre parti ed al curatore.».

Art. 18.Abrogazione dell’articolo 21 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 21 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Parte I - Dottrina 443

Nota all’art. 18:— L’art. 21 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 abrogato dal presente decre-

to, recava: «Revoca della dichiarazione di fallimento.».

Art. 19.Sostituzione dell’articolo 22 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 22 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 22 (Gravami contro il provvedimento che respinge l’istanza di fallimento). – Il tri-

bunale, che respinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento, provvede con decreto mo-tivato, comunicato a cura del cancelliere alle parti.

Entro quindici giorni dalla comunicazione, il creditore ricorrente o il pubblico ministerorichiedente possono proporre reclamo contro il decreto alla Corte d’appello che, sentite leparti, provvede in camera di consiglio con decreto motivato. Il debitore non puo chiederein separato giudizio la condanna del creditore istante alla rifusione delle spese ovvero al ri-sarcimento del danno per responsabilita aggravata ai sensi dell’articolo 96 del codice di pro-cedura civile.

Il decreto della Corte di appello e comunicato a cura del cancelliere alle parti del pro-cedimento di cui all’articolo 15.

Se la Corte d’appello accoglie il reclamo del creditore ricorrente o del pubblico ministerorichiedente, rimette d’ufficio gli atti al tribunale, per la dichiarazione di fallimento, salvo che,anche su segnalazione di parte, accerti che sia venuto meno alcuno dei presupposti necessari.

I termini di cui agli articoli 10 e 11 si computano con riferimento al decreto della Corted’appello.».

Capo IIIModifiche al titolo II, capo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 20.Sostituzione dell’articolo 23 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 23 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 23 (Poteri del tribunale fallimentare). – Il tribunale che ha dichiarato il fallimen-

to e investito dell’intera procedura fallimentare; provvede alla nomina ed alla revoca o so-stituzione, per giustificati motivi, degli organi della procedura, quando non e prevista lacompetenza del giudice delegato; puo in ogni tempo sentire in camera di consiglio il cu-ratore, il fallito e il comitato dei creditori; decide le controversie relative alla procedurastessa che non sono di competenza del giudice delegato, nonche i reclami contro i prov-vedimenti del giudice delegato.

I provvedimenti del tribunale nelle materie previste da questo articolo sono pronunciatecon decreto, salvo che non sia diversamente disposto.».

Art. 21.Sostituzione dell’articolo 24 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 24 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 24 (Competenza del tribunale fallimentare). – Il tribunale che ha dichiarato il

fallimento e competente a conoscere di tutte le azioni che ne derivano, qualunque nesia il valore.

Salvo che non sia diversamente previsto, alle controversie di cui al comma 1 si applicanole norme previste dagli articoli da 737 a 742 del cod. proc. civ.. Non si applica l’articolo 40,comma 3, del cod. proc. civ..».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali444

Art. 22.Sostituzione dell’articolo 25 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 25 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 25 (Poteri del giudice delegato). – Il giudice delegato esercita funzioni di vigilanza

e di controllo sulla regolarita della procedura e:1) riferisce al tribunale su ogni affare per il quale e richiesto un provvedimento del col-

legio;2) emette o provoca dalle competenti autorita i provvedimenti urgenti per la conserva-

zione del patrimonio, ad esclusione di quelli che incidono su diritti di terzi che rivendichinoun proprio diritto incompatibile con l’acquisizione;

3) convoca il curatore e il comitato dei creditori nei casi prescritti dalla legge e ogni qual-volta lo ravvisi opportuno per il corretto e sollecito svolgimento della procedura;

4) su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’eventuale revoca dell’incaricoconferito alle persone la cui opera e stata richiesta dal medesimo curatore nell’interesse delfallimento;

5) provvede, nel termine di quindici giorni, sui reclami proposti contro gli atti del cura-tore e del comitato dei creditori;

6) autorizza per iscritto il curatore a stare in giudizio come attore o come convenuto.L’autorizzazione deve essere sempre data per atti determinati e per i giudizi deve essere rila-sciata per ogni grado di essi. Su proposta del curatore, liquida i compensi e dispone l’even-tuale revoca dell’incarico conferito agli avvocati nominati dal medesimo curatore;

7) su proposta del curatore, nomina gli arbitri, verificata la sussistenza dei requisiti pre-visti dalla legge;

8) procede all’accertamento dei crediti e dei diritti reali e personali vantati dai terzi, anorma del capo V.

Il giudice delegato non puo trattare i giudizi che abbia autorizzato, ne puo far parte delcollegio investito del reclamo proposto contro i suoi atti.

I provvedimenti del giudice delegato sono pronunciati con decreto motivato.».

Art. 23.Sostituzione dell’articolo 26 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 26 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 26 (Reclamo contro i decreti del giudice delegato e del tribunale). – Salvo che non

sia diversamente disposto, contro i decreti del giudice delegato e del tribunale, puo essereproposto reclamo al tribunale o alla corte di appello, che provvedono in camera di consiglio.

Il reclamo e proposto dal curatore, dal fallito, dal comitato dei creditori e da chiunque viabbia interesse.

Il reclamo e proposto nel termine perentorio di dieci giorni, decorrente dalla comunica-zione o dalla notificazione del provvedimento per il curatore, per il fallito, per il comitato deicreditori e per chi ha chiesto o nei cui confronti e stato chiesto il provvedimento; per gli altriinteressati, il termine decorre dall’esecuzione delle formalita pubblicitarie disposte dal giudicedelegato. La comunicazione integrale del provvedimento fatta dal curatore mediante letteraraccomandata con avviso di ricevimento, telefax o posta elettronica con garanzia dell’avvenu-ta ricezione in base al testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia didocumentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 28 dicem-bre 2000, n. 445, equivale a notificazione.

Indipendentemente dalla previsione di cui al comma 3, il reclamo non puo proporsi de-corsi novanta giorni dal deposito del provvedimento in cancelleria.

Il reclamo non sospende l’esecuzione del provvedimento.Il reclamo si propone con ricorso che deve contenere l’indicazione del tribunale o della

corte di appello competente, del giudice delegato e della procedura fallimentare; le genera-

Parte I - Dottrina 445

lita del ricorrente e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circondano del tribunalecompetente; la determinazione dell’oggetto della domanda; l’esposizione dei fatti e degli ele-menti di diritto su cui si basa il reclamo e le relative conclusioni; l’indicazione specifica, apena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente intende avvalersi e dei documentiprodotti.

Il presidente del collegio nomina il giudice relatore e fissa con decreto l’udienza di com-parizione delle parti in camera di consiglio, assegnando al reclamante un termine per la no-tifica al curatore ed ai controinteressati del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza.Tra la notifica e l’udienza devono intercorrere non meno di dieci giorni liberi e non piu diventi; il resistente, almeno cinque giorni prima dell’udienza fissata, deposita memoria difen-siva contenente l’indicazione dei documenti prodotti.

Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi gli interessati che in-tendono intervenire nel giudizio.

Nel corso dell’udienza il collegio, sentiti il reclamante, il curatore e gli eventuali controin-teressati, assume, anche d’ufficio, le informazioni ritenute necessarie, eventualmente delegan-do uno dei suoi componenti.

Entro trenta giorni dall’udienza di convocazione delle parti, il collegio provvede con de-creto motivato con il quale conferma, modifica o revoca il provvedimento reclamato.».

Art. 24.Sostituzione dell’articolo 27 del regio-decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 27 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 27 (Nomina del curatore). – Il curatore e nominato con la sentenza di fallimento, o

in caso di sostituzione o di revoca, con decreto del tribunale.».

Art. 25.Sostituzione dell’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 28 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 28 (Requisiti per la nomina a curatore). – Possono essere chiamati a svolgere le

funzioni di curatore:a) avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti;b) studi professionali associati o societatra professionisti, sempre che i soci delle

stesse abbiano i requisiti professionali di cui alla lettera a). In tale caso, all’atto dell’ac-cettazione dell’incarico, deve essere designata la persona fisica responsabile della proce-dura;

c) coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione, direzione e controllo in societaper azioni, dando prova di adeguate capacita imprenditoriali e purche non sia intervenuta neiloro confronti dichiarazione di fallimento.

Nel provvedimento di nomina, il tribunale indica le specifiche caratteristiche e attitudinidel curatore.

Non possono essere nominati curatore il coniuge, i parenti e gli affini entro il quarto gra-do del fallito, i creditori di questo e chi ha concorso al dissesto dell’impresa durante i dueanni anteriori alla dichiarazione di fallimento, nonche chiunque si trovi in conflitto di interessicon il fallimento.».

Art. 26.Modifiche all’articolo 29 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 29, comma 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, la parola: «comu-nicare» e sostituita dalle seguenti: «far pervenire».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali446

Nota all’art. 26:— Si riporta il testo dell’art. 29 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente decreto:«Art. 29 (Accettazione del curatore). – Il curatore deve, entro i due giorni successivi alla

partecipazione della sua nomina, far pervenire al giudice delegato la propria accettazione.Se il curatore non osserva questo obbligo, il tribunale, in camera di consiglio, provvede

d’urgenza alla nomina di altro curatore.».

Art. 27.Sostituzione dell’articolo 31 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 31 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 31 (Gestione della procedura). – Il curatore ha l’amministrazione del patrimonio

fallimentare e compie tutte le operazioni della procedura sotto la vigilanza del giudice dele-gato e del comitato dei creditori, nell’ambito delle funzioni ad esso attribuite.

Egli non puo stare in giudizio senza l’autorizzazione del giudice delegato, salvo chein materia di contestazioni e di tardive dichiarazioni di crediti e di diritti di terzi sui beniacquisiti al fallimento, e salvo che nei procedimenti promossi per impugnare atti del giu-dice delegato o del tribunale e in ogni altro caso in cui non occorra ministero di difen-sore.

Il curatore non puo assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardano il falli-mento.».

Art. 28.Sostituzione dell’articolo 32 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 32 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 32 (Esercizio delle attribuzioni del curatore). – Il curatore esercita personalmente

le funzioni del proprio ufficio e puo delegare ad altri specifiche operazioni, previa autorizza-zione del giudice delegato. L’onere per il compenso del delegato, liquidato dal giudice, e de-tratto dal compenso del curatore.

Il curatore puo essere autorizzato dal comitato dei creditori, a farsi coadiuvare da tecnicio da altre persone retribuite, compreso il fallito, sotto la sua responsabilita. Del compensoriconosciuto a tali soggetti si tiene conto ai fini della liquidazione del compenso finale del cu-ratore.».

Art. 29.Modifiche all’articolo 33 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 33 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1 le parole: «entro un mese»» sono sostituite dalle seguenti «entro sessantagiorni» e le parole «sul tenore della vita privata di lui e della famiglia»,» sono soppresse;

b) il secondo, terzo e comma 4 sono sostituiti dai seguenti:«Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito gia impugnati dai creditori, nonche

quelli che egli intende impugnare.Il giudice delegato puo chiedere al curatore una relazione sommaria anche prima del ter-

mine suddetto.Se si tratta di societa, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccolte

sulla responsabilita degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente,di estranei alla societa.

Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segre-tazione delle parti relative alla responsabilita penale del fallito e di terzi ed alle azioni che il

Parte I - Dottrina 447

curatore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautela-ri, nonche alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera per-sonale del fallito. Copia della relazione, nel suo testo integrale, e trasmessa al pubblico mini-stero.

Il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al comma 1,redige altresı un rapporto riepilogativo delle attivita svolte, con indicazione di tutte le infor-mazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione. Copiadel rapporto e trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti conto dei depositipostali o bancari relativi al periodo. Il comitato dei creditori o ciascuno dei suoi componentipossono formulare osservazioni scritte. Altra copia del rapporto e trasmessa, assieme alleeventuali osservazioni, per via telematica all’ufficio del registro delle imprese, nei quindicigiorni successivi alla scadenza del termine per il deposito delle osservazioni nella cancelleriadel tribunale.».

Nota all’art. 29:— Si riporta il testo dell’art. 33 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente decreto legislativo:«Art. 33 (Relazione al giudice). – Il curatore, entro sessanta giorni dalla dichiarazione di

fallimento, deve presentare al giudice delegato una relazione particolareggiata sulle cause ecircostanze del fallimento, sulla diligenza spiegata dal fallito nell’esercizio dell’impresa, sullaresponsabilita del fallito o di altri e su quanto puo interessare anche ai fini dell’istruttoria pe-nale.

Il curatore deve inoltre indicare gli atti del fallito gia impugnati dai creditori, nonchequelli che egli intende impugnare. Il giudice delegato puo chiedere al curatore una relazionesommaria anche prima del termine suddetto.

Se si tratta di societa, la relazione deve esporre i fatti accertati e le informazioni raccoltesulla responsabilita degli amministratori e degli organi di controllo, dei soci e, eventualmente,di estranei alla societa.

Il giudice delegato ordina il deposito della relazione in cancelleria, disponendo la segre-tazione delle parti relative alla responsabilitapenale del fallito e di terzi ed alle azioni che ilcuratore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautela-ri, nonche alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera per-sonale del fallito.

Copia della relazione, nel suo testo integrale, e trasmessa al pubblico ministero.Il curatore, ogni sei mesi successivi alla presentazione della relazione di cui al comma 1,

redige altresı un rapporto riepilogativo delle attivita svolte, con indicazione di tutte le infor-mazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione.

Copia del rapporto e trasmessa al comitato dei creditori, unitamente agli estratti contodei depositi postali o bancari relativi al periodo. Il comitato dei creditori o ciascuno dei suoicomponenti possono formulare osservazioni scritte. Altra copia del rapporto e trasmessa, as-sieme alle eventuali osservazioni, per via telematica all’ufficio del registro delle imprese, neiquindici giorni successivi alla scadenza del termine per il deposito delle osservazioni nellacancelleria del tribunale.».

Art. 30.Sostituzione dell’articolo 34 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 34 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 34 (Deposito delle somme riscosse). – Le somme riscosse a qualunque titolo dal

curatore sono depositate entro il termine massimo di dieci giorni dalla corresponsione sulconto corrente intestato alla procedura fallimentare aperto presso un ufficio postale o pressouna banca scelti dal curatore.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali448

La mancata costituzione del deposito nel termine prescritto e valutata dal tribunale ai finidella revoca del curatore.

Se e prevedibile che le somme disponibili non possano essere immediatamente destinateai creditori, su richiesta del curatore e previa approvazione del comitato dei creditori, il giu-dice delegato puoordinare che le disponibilita liquide siano impiegate nell’acquisto di titoliemessi dallo Stato.

Il prelievo delle somme e eseguito su copia conforme del mandato di pagamento del giu-dice delegato.».

Art. 31.Sostituzione dell’articolo 35 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 35 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 35 (Integrazione dei poteri del curatore). – Le riduzioni di crediti, le transazioni, i

compromessi, le rinunzie alle liti, le ricognizioni di diritti di terzi, la cancellazione di ipoteche,la restituzione di pegni, lo svincolo delle cauzioni, l’accettazione di eredita e donazioni e gliatti di straordinaria amministrazione sono effettuate dal curatore, previa autorizzazione delcomitato dei creditori.

Se gli atti suddetti sono di valore superiore a cinquantamila euro e in ogni caso per letransazioni, il curatore ne informa previamente il giudice delegato, salvo che gli stessi sianogia stati approvati dal medesimo ai sensi dell’articolo 104-ter.

Il limite di cui al comma 2 puo essere adeguato con decreto del Ministro della giu-stizia.».

Art. 32.Sostituzione dell’articolo 36 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 36 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 36 (Reclamo contro gli atti del curatore e del comitato dei creditori). – Contro gli

atti di amministrazione del curatore, contro le autorizzazioni o i dinieghi del comitato dei cre-ditori e i relativi comportamenti omissivi, il fallito e ogni altro interessato possono proporrereclamo al giudice delegato per violazione di legge, entro otto giorni dalla conoscenza dell’at-to o, in caso di omissione, dalla scadenza del termine indicato nella diffida a provvedere. Ilgiudice delegato, sentite le parti, decide con decreto motivato, omessa ogni formalita non in-dispensabile al contraddittorio.

Contro il decreto del giudice delegato e ammesso ricorso al tribunale entro otto giornidalla data della comunicazione del decreto medesimo. Il tribunale decide entro trenta giorni,sentito il curatore e il reclamante, omessa ogni formalitanon essenziale al contraddittorio, condecreto motivato non soggetto a gravame.

Se e accolto il reclamo concernente un comportamento omissivo del curatore, questi etenuto a dare esecuzione al provvedimento della autorita giudiziaria. Se e accolto il reclamoconcernente un comportamento omissivo del comitato dei creditori, il giudice delegato prov-vede in sostituzione di quest’ultimo con l’accoglimento del reclamo.».

Art. 33.Integrazione del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 36 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 36-bis (Termini processuali). – Tutti i termini processuali previsti negli articoli 26 e

36 non sono soggetti alla sospensione feriale.».

Parte I - Dottrina 449

Art. 34.Modifiche all’articolo 37 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 37 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) il comma 2 e sostituito dal seguente: «Il tribunale provvede con decreto motivato, sen-titi il curatore e il comitato dei creditori.»;

b) dopo il comma 2, e aggiunto, in fine, il seguente:«Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, e ammesso reclamo alla

corte di appello ai sensi dell’articolo 26; il reclamo non sospende l’efficacia del decreto.».

Nota all’art. 34:— Si riporta il testo dell’art. 37 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 37 (Revoca del curatore). – Il tribunale puo in ogni tempo, su proposta del giudice

delegato o su richiesta del comitato dei creditori o d’ufficio, revocare il curatore.Il tribunale provvede con decreto motivato, sentiti il curatore e il comitato dei credi-

tori.Contro il decreto di revoca o di rigetto dell’istanza di revoca, e ammesso reclamo alla

corte di appello ai sensi dell’art. 26; il reclamo non sospende l’efficacia del decreto.».

Art. 35.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 37 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 37-bis (Sostituzione del curatore e dei componenti del comitato dei creditori). –

In sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, i creditori presenti, personalmente oper delega, che rappresentano la maggioranza dei crediti allo stato ammessi, possono ef-fettuare nuove designazioni in ordine ai componenti del comitato dei creditori nel rispettodei criteri di cui all’articolo 40, nonche chiedere la sostituzione del curatore indicando altribunale le ragioni della richiesta e un nuovo nominativo. Il tribunale provvede alla no-mina dei soggetti designati dai creditori salvo che non siano rispettati i criteri di cui agliarticoli 28 e 40.

Dal computo dei crediti, su istanza di uno o piu creditori, sono esclusi quelli che si tro-vino in conflitto di interessi.

Nella stessa adunanza, i creditori che rappresentano la maggioranza di quelli allo statoammessi, indipendentemente dall’entita dei crediti vantati, possono stabilire che ai compo-nenti del comitato dei creditori sia attribuito, oltre al rimborso delle spese di cui all’articolo41, un compenso per la loro attivita, in misura non superiore al dieci per cento di quello li-quidato al curatore.».

Art. 36.Modifiche all’articolo 38 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 38 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) il comma 1 e sostituito dal seguente: «Il curatore adempie ai doveri del proprio uffi-cio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza ri-chiesta dalla natura dell’incarico. Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato daalmeno un componente del comitato dei creditori, e annotarvi giorno per giorno le operazionirelative alla sua amministrazione.»;

b) al comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, ovvero del comitato dei cre-ditori».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali450

Nota all’art. 36:— Si riporta il testo dell’art. 38 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente decreto:«Art. 38 (Responsabilita del curatore). – Il curatore adempie ai doveri del proprio uffi-

cio, imposti dalla legge o derivanti dal piano di liquidazione approvato, con la diligenza ri-chiesta dalla natura dell’incarico. Egli deve tenere un registro preventivamente vidimato daalmeno un componente del comitato dei creditori, e annotarvi giorno per giorno le operazionirelative alla sua amministrazione.

Durante il fallimento l’azione di responsabilita contro il curatore revocato e proposta dalnuovo curatore, previa autorizzazione del giudice delegato, ovvero del comitato dei creditori.

Il curatore che cessa dal suo ufficio, anche durante il fallimento, deve rendere il contodella gestione a norma dell’art. 116.».

Art. 37.Modifiche all’articolo 39 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 39 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «ministro per la grazia e giustizia» sono sostituite dalle seguenti:«Ministro della giustizia»;

b) dopo il comma 2, e inserito il seguente: «Se nell’incarico si sono succeduti piu cura-tori, il compenso e stabilito secondo criteri di proporzionalita ed e liquidato, in ogni caso, altermine della procedura, salvi eventuali acconti.»;

c) al comma 3, le parole: «,se vi e luogo» sono soppresse.

Nota all’art. 37:— Si riporta il testo dell’art. 39 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 39 (Compenso del curatore). – Il compenso e le spese dovuti al curatore, anche se

il fallimento si chiude con concordato, sono liquidati ad istanza del curatore con decreto deltribunale non soggetto a reclamo, su relazione del giudice delegato, secondo le norme stabi-lite con decreto del Ministro della giustizia.

La liquidazione del compenso e fatta dopo l’approvazione del rendiconto e, se del caso,dopo l’esecuzione del concordato. E in facolta del tribunale di accordare al curatore accontisul compenso per giustificati motivi.

Se nell’incarico si sono succeduti piu curatori, il compenso e stabilito secondo criteri di pro-porzionalita ed e liquidato, in ogni caso, al termine della procedura, salvi eventuali acconti.

Nessun compenso, oltre quello liquidato dal tribunale, puo essere preteso dal curatore,nemmeno per rimborso di spese. Le promesse e i pagamenti fatti contro questo divieto sononulli, ed e sempre ammessa la ripetizione di cio che e stato pagato, indipendentemente dal-l’esercizio dell’azione penale.».

Art. 38.Sostituzione dell’articolo 40 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 40 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 40 (Nomina del comitato). – Il comitato dei creditori e nominato dal giudice de-

legato entro trenta giorni dalla sentenza di fallimento sulla base delle risultanze documentali,sentiti il curatore e i creditori che, con la domanda di ammissione al passivo o precedente-mente, hanno dato la disponibilitaad assumere l’incarico ovvero hanno segnalato altri nomi-nativi aventi i requisiti previsti.

Parte I - Dottrina 451

Salvo quanto previsto dall’articolo 37-bis, la composizione del comitato puoessere mo-dificata dal giudice delegato in relazione alle variazioni dello stato passivo o per altro giusti-ficato motivo.

Il comitato e composto di tre o cinque membri scelti tra i creditori, in modo da rappre-sentare in misura equilibrata quantita e qualita dei crediti ed avuto riguardo alla possibilita disoddisfacimento dei crediti stessi.

Il comitato, entro dieci giorni dalla nomina, provvede, su convocazione del curatore, anominare a maggioranza il proprio presidente.

La sostituzione dei membri del comitato avviene secondo le modalita stabilite nel comma 2.Il componente del comitato che si trova in conflitto di interessi si astiene dalla votazione.Ciascun componente del comitato dei creditori puo delegare in tutto o in parte l’esple-

tamento delle proprie funzioni ad uno dei soggetti aventi i requisiti indicati nell’articolo 28,previa comunicazione al giudice delegato.».

Art. 39.Sostituzione dell’articolo 41 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 41 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 41 (Funzioni del comitato). – Il comitato dei creditori vigila sull’operato del cura-

tore, ne autorizza gli atti ed esprime pareri nei casi previsti dalla legge, ovvero su richiesta deltribunale o del giudice delegato, succintamente motivando le proprie deliberazioni.

Il presidente convoca il comitato per le deliberazioni di competenza o quando sia richie-sto da un terzo dei suoi componenti.

Le deliberazioni del comitato sono prese a maggioranza dei votanti, nel termine massimodi quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta e pervenuta al presidente. Il voto puoessere espresso in riunioni collegiali ovvero per mezzo telefax o con altro mezzo elettronico otelematico, purche sia possibile conservare la prova della manifestazione di voto.

In caso di inerzia, di impossibilita di funzionamento del comitato o di urgenza, provvedeil giudice delegato.

Il comitato ed ogni componente possono ispezionare in qualunque tempo le scritturecontabili e i documenti della procedura ed hanno diritto di chiedere notizie e chiarimential curatore e al fallito.

I componenti del comitato hanno diritto al rimborso delle spese, oltre all’eventuale com-penso riconosciuto ai sensi e nelle forme di cui all’articolo 37-bis, comma 4.».

Ai componenti del comitato dei creditori si applica, in quanto compatibile, l’articolo2407 del cod. civ.. L’azione di responsabilita puo essere proposta anche durante lo svolgi-mento della procedura.».

Capo IVModifiche al titolo II, capo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 40.Modifiche all’articolo 42 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 42 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e aggiunto, in fine, il seguentecomma:

«Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, puo rinunciare ad acquisirei beni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenereper il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzodei beni stessi.».

Nota all’art. 40:— Si riporta il testo dell’art. 42 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali452

«Art. 42 (Beni del fallito). – La sentenza che dichiara il fallimento, priva dalla sua data ilfallito dell’amministrazione e della disponibilita dei suoi beni esistenti alla data di dichiarazio-ne di fallimento.

Sono compresi nel fallimento anche i beni che pervengono al fallito durante il fallimento,dedotte le passivita incontrate per l’acquisto e la conservazione dei beni medesimi.

Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, puo rinunciare ad acquisire ibeni che pervengono al fallito durante la procedura fallimentare qualora i costi da sostenereper il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile valore di realizzodei beni stessi.».

Art. 41.Modifiche all’articolo 43 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 43 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e aggiunto, in fine, il seguentecomma:

«L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo.».

Note all’art. 41:— Si riporta il testo dell’art. 43 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come mo-

dificato dal presente d.lgs.:«Art. 43 (Rapporti processuali). – Nelle controversie, anche in corso, relative a rapporti

di diritto patrimoniale del fallito compresi nel fallimento sta in giudizio il curatore.Il fallito puo intervenire nel giudizio solo per le questioni dalle quali puo dipendere

un’imputazione di bancarotta a suo carico o se l’intervento e previsto dalla legge.L’apertura del fallimento determina l’interruzione del processo.».

Art. 42.Modifiche all’articolo 44 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 44 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e aggiunto, in fine, il seguentecomma:

«Fermo quanto previsto dall’articolo 42, comma 2, sono acquisite al fallimento tutte leutilita che il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo ecomma 2.».

Nota all’art. 42:— Si riporta il testo dell’art. 44 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente d.lgs.:«Art. 44 (Atti compiuti dal fallito dopo la dichiarazione di fallimento). – Tutti gli atti

compiuti dal fallito e i pagamenti da lui eseguiti dopo la dichiarazione di fallimento sono inef-ficaci rispetto ai creditori.

Sono egualmente inefficaci i pagamenti ricevuti dal fallito dopo la sentenza dichiarativadi fallimento.

Fermo quanto previsto dall’art. 42, comma 2, sono acquisite al fallimento tutte le utili-tache il fallito consegue nel corso della procedura per effetto degli atti di cui al primo e com-ma 2.».

Art. 43.Modifiche all’articolo 46 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 46 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

Parte I - Dottrina 453

a) al comma 1, il numero 3 e sostituito dal seguente: «3) i frutti derivanti dall’usufruttolegale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patrimoniale e i frutti di essi, salvo quanto edisposto dall’articolo 170 del cod. civ.;»;

b) al comma 1, il numero 4) e soppresso;c) il comma 2 e sostituito dal seguente: «I limiti previsti nel comma 1, n. 2), sono fissati

con decreto motivato del giudice delegato che deve tener conto della condizione personaledel fallito e di quella della sua famiglia.».

Nota all’art. 43:— Si riporta il testo dell’art. 46 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente d.lgs.:«Art. 46 (Beni non compresi nel fallimento). – Non sono compresi nel fallimento:1) i beni ed i diritti di natura strettamente personale;2) gli assegni aventi carattere alimentare, gli stipendi, pensioni, salari e cio che il fallito

guadagna con la sua attivita entro i limiti di quanto occorre per il mantenimento suo e dellafamiglia;

3) i frutti derivanti dall’usufrutto legale sui beni dei figli, i beni costituiti in fondo patri-moniale e i frutti di essi, salvo quanto e disposto dall’art. 170 del cod. civ.;

4) (soppresso);5) le cose che non possono essere pignorate per disposizione di legge.I limiti previsti nel numero 2) del presente articolo sono fissati con decreto motivato del

giudice delegato che deve tener conto della condizione personale del fallito e di quella dellasua famiglia.».

Art. 44.Modifiche all’articolo 47 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 47, comma 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: «se estato nominato,» sono soppresse.

Nota all’art. 44:— Si riporta il testo dell’art. 47 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente d.lgs.:«Art. 47 (Alimenti al fallito e alla famiglia). – Se al fallito vengono a mancare i mezzi di

sussistenza, il giudice delegato, sentiti il curatore ed il comitato dei creditori, puo concedergliun sussidio a titolo di alimenti per lui e per la famiglia.

La casa di proprieta del fallito, nei limiti in cui e necessaria all’abitazione di lui edella sua famiglia, non puo essere distratta da tale uso fino alla liquidazione delle atti-vita.».

— L’art. 50 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 abrogato dal presente d.lgs.,recava: «Pubblico registro dei falliti».

Art. 45.Sostituzione dell’articolo 48 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 48 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 48 (Corrispondenza diretta al fallito). – L’imprenditore del quale sia stato dichia-

rato il fallimento, nonche gli amministratori o i liquidatori di societa o enti soggetti alla pro-cedura di fallimento sono tenuti a consegnare al curatore la propria corrispondenza di ognigenere, inclusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali454

Art. 46.Sostituzione dell’articolo 49 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 49 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 49 (Obblighi del fallito). – L’imprenditore del quale sia stato dichiarato il fallimen-

to, nonche gli amministratori o i liquidatori di societa o enti soggetti alla procedura di falli-mento sono tenuti a comunicare al curatore ogni cambiamento della propria residenza o delproprio domicilio.

Se occorrono informazioni o chiarimenti ai fini della gestione della procedura, i soggettidi cui al comma 1 devono presentarsi personalmente al giudice delegato, al curatore o al co-mitato dei creditori.

In caso di legittimo impedimento o di altro giustificato motivo, il giudice puo autorizzarel’imprenditore o il legale rappresentante della societa o enti soggetti alla procedura di falli-mento a comparire per mezzo di mandatario.».

Art. 47.Abrogazione dell’articolo 50 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 50 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Art. 48.Sostituzione dell’articolo 51 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 51 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 51 (Divieto di azioni esecutive e cautelari individuali). – Salvo diversa disposizione

della legge, dal giorno della dichiarazione di fallimento nessuna azione individuale esecutiva ocautelare, anche per crediti maturati durante il fallimento, puoessere iniziata o proseguita suibeni compresi nel fallimento.».

Art. 49.Modifiche all’articolo 52 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 52 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito dalseguente:

«Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’articolo 111,comma 1, n. 1), nonche ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essere ac-certato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.».

Nota all’art. 49:— Si riporta il testo dell’art. 52 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente d.lgs.:«Art. 52 (Concorso dei creditori). – Il fallimento apre il concorso dei creditori sul patri-

monio del fallito.Ogni credito, anche se munito di diritto di prelazione o trattato ai sensi dell’art. 111,

comma 1, n. 1), nonche ogni diritto reale o personale, mobiliare o immobiliare, deve essereaccertato secondo le norme stabilite dal Capo V, salvo diverse disposizioni della legge.».

Art. 50.Modifiche all’articolo 54 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 54 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 3 e sostituito dalseguente:

«L’estensione del diritto di prelazione agli interessi e regolata dagli articoli 2749, 2788 e2855, commi secondo e terzo, del codice civile, intendendosi equiparata la dichiarazione di

Parte I - Dottrina 455

fallimento all’atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso de-gli interessi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito e soddisfat-to anche se parzialmente.».

Nota all’art. 50:— Si riporta il testo dell’art. 54 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 54 (Diritto dei creditori privilegiati nella ripartizione dell’attivo). – I creditori ga-

rantiti da ipoteca, pegno o privilegio fanno valere il loro diritto di prelazione sul prezzo deibeni vincolati per il capitale, gli interessi e le spese; se non sono soddisfatti integralmente,concorrono, per quanto e ancora loro dovuto, con i creditori chirografari nelle ripartizionidel resto dell’attivo.

Essi hanno diritto di concorrere anche nelle ripartizioni che si eseguono prima della di-stribuzione del prezzo dei beni vincolati a loro garanzia. In tal caso, se ottengono un’utile col-locazione definitiva su questo prezzo per la totalita del loro credito, computati in primo luogogli interessi, l’importo ricevuto nelle ripartizioni anteriori viene detratto dalla somma loro as-segnata per essere attribuito ai creditori chirografari. Se la collocazione utile ha luogo per unaparte del credito garantito, per il capitale non soddisfatto essi hanno diritto di trattenere solola percentuale definitiva assegnata ai creditori chirografari.

L’estensione del diritto di prelazione agli interessi e regolata dagli articoli 2749, 2788 e2855, commi secondo e terzo, del cod. civ., intendendosi equiparata la dichiarazione di fal-limento all’atto di pignoramento. Per i crediti assistiti da privilegio generale, il decorso degliinteressi cessa alla data del deposito del progetto di riparto nel quale il credito e soddisfattoanche se parzialmente.».

Art. 51.Modifiche all’articolo 55 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Al comma 3 dell’articolo 55 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: «anorma degli articoli 95 e 113» sono sostituite dalle seguenti: «a norma degli articoli 96,113 e 113-bis».

Nota all’art. 51:— Si riporta il testo dell’art. 55 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 55 (Effetti del fallimento sui debiti pecuniari). – La dichiarazione di fallimento so-

spende il corso degli interessi convenzionali o legali, agli effetti del concorso, fino alla chiu-sura del fallimento, a meno che i crediti non siano garantiti da ipoteca, da pegno o privilegio,salvo quanto e disposto dal comma 3 dell’articolo precedente.

I debiti pecuniari del fallito si considerano scaduti, agli effetti del concorso, alla data didichiarazione del fallimento.

I crediti condizionali partecipano al concorso a norma degli articoli 96, 113 e 113-bis.Sono compresi tra i crediti condizionali quelli che non possono farsi valere contro il fallito,se non previa escussione di un obbligato principale.».

Art. 52.Sostituzione dell’articolo 58 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 58 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 58 (Obbligazioni e titoli di debito). – I crediti derivanti da obbligazioni e da altri

titoli di debito sono ammessi al passivo per il loro valore nominale detratti i rimborsi gia ef-fettuati; se e previsto un premio da estrarre a sorte, il suo valore attualizzato viene distribuitotra tutti i titoli che hanno diritto al sorteggio.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali456

Art. 53.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 67 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 67-bis (Patrimoni destinati ad uno specifico affare). – Gli atti che incidono su un

patrimonio destinato ad uno specifico affare previsto dall’articolo 2447-bis, comma 1, letteraa) del codice civile, sono revocabili quando pregiudicano il patrimonio della societa. Il pre-supposto soggettivo dell’azione e costituito dalla conoscenza dello stato d’insolvenza della so-cieta.».

Art. 54.Sostituzione dell’articolo 69 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 69 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 69 (Atti compiuti tra i coniugi). – Gli atti previsti dall’articolo 67, compiuti tra co-

niugi nel tempo in cui il fallito esercitava un’impresa commerciale e quelli a titolo gratuitocompiuti tra coniugi piu di due anni prima della dichiarazione di fallimento, ma nel tempoin cui il fallito esercitava un’impresa commerciale sono revocati se il coniuge non provache ignorava lo stato d’insolvenza del coniuge fallito.».

Art. 55.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 69 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 69-bis (Decadenza dall’azione). – Le azioni revocatorie disciplinate nella presente

sezione non possono essere promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e co-munque decorsi cinque anni dal compimento dell’atto.».

Art. 56.Abrogazione dell’articolo 71 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 71 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 56:— L’art. 71 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente d.lgs.,

recava: «Effetti della revocazione.».

Art. 57.Sostituzione dell’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 72 (Rapporti pendenti). – Se un contratto e ancora ineseguito o non compiutamen-

te eseguito da entrambe le parti quando, nei confronti di una di esse, e dichiarato il fallimen-to, l’esecuzione del contratto, fatte salve le diverse disposizioni della presente Sezione, rimanesospesa fino a quando il curatore, con l’autorizzazione del comitato dei creditori, dichiara disubentrare nel contratto in luogo del fallito, assumendo tutti i relativi obblighi, ovvero di scio-gliersi dal medesimo.

Il contraente puomettere in mora il curatore, facendogli assegnare dal giudice delegatoun termine non superiore a sessanta giorni, decorso il quale il contratto si intende sciolto.

La disposizione di cui al comma 1 si applica anche al contratto preliminare salvo quantoprevisto nell’articolo 72-bis.

In caso di scioglimento, il contraente ha diritto di far valere nel passivo il credito conse-guente al mancato adempimento.

Parte I - Dottrina 457

L’azione di risoluzione del contratto promossa prima del fallimento nei confronti dellaparte inadempiente spiega i suoi effetti nei confronti del curatore, fatta salva, nei casi previsti,l’efficacia della trascrizione della domanda; se il contraente intende ottenere con la pronunciadi risoluzione la restituzione di una somma o di un bene, ovvero il risarcimento del danno,deve proporre la domanda secondo le disposizioni di cui al Capo V.

Sono inefficaci le clausole negoziali che fanno dipendere la risoluzione del contratto dalfallimento.

Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi del-l’articolo 2645-bis del cod. civ. e il curatore, ai sensi del precedente comma, scelga loscioglimento del contratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nelpassivo, senza che gli sia dovuto il risarcimento del danno e gode del privilegio di cuiall’articolo 2775-bis del cod. civ., a condizione che gli effetti della trascrizione del con-tratto preliminare non siano cessati anteriormente alla data della dichiarazione di falli-mento.».

Art. 58.Sostituzione dell’articolo 72-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 72-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, introdotto dall’articolo 11del d.lgs. 20 giugno 2005, n. 122, e sostituito dal seguente:

«Art. 72-bis (Fallimento del venditore e contratti relativi ad immobili da costruire). – Incaso di fallimento del venditore, se la cosa venduta e gia passata in proprieta del compratore,il contratto non si scioglie.

Qualora l’immobile sia stato oggetto di preliminare di vendita trascritto ai sensi dell’ar-ticolo 2645-bis del cod. civ. e il curatore, a norma dell’articolo 72, scelga lo scioglimento delcontratto, l’acquirente ha diritto di far valere il proprio credito nel passivo, senza che gli siadovuto il risarcimento del danno.

All’acquirente spetta il privilegio di cui all’articolo 2775-bis del cod. civ., a condizioneche gli effetti della trascrizione del contratto preliminare non siano cessati anteriormente alladata della dichiarazione di fallimento.

In caso di situazione di crisi del costruttore ai sensi dell’articolo 2, comma 1, lettera c),della legge 2 agosto 2004, n. 210, il contratto si intende sciolto se, prima che il curatore co-munichi la scelta tra esecuzione o scioglimento, l’acquirente abbia escusso la fideiussione agaranzia della restituzione di quanto versato al costruttore, dandone altresı comunicazioneal curatore.

In ogni caso, la fideiussione non puo essere escussa dopo che il curatore ha comunicatodi voler dare esecuzione al contratto.».

Art. 59.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 72 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:«72-ter (Effetti sui finanziamenti destinati ad uno specifico affare). – Il fallimento della

societa determina lo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’articolo 2447-bis,comma 1, lettera b), del cod. civ. quando impedisce la realizzazione o la continuazione del-l’operazione.

In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, puodecidere disubentrare nel contratto in luogo della societa assumendone gli oneri relativi.

Ove il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore puo chiedere al giudice de-legato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazione, in pro-prio o affidandola a terzi; in tale ipotesi il finanziatore puo trattenere i proventi dell’affaree puo insinuarsi al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale credito resi-duo.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali458

Nelle ipotesi previste nel secondo e comma 3, resta ferma la disciplina prevista dall’arti-colo 2447-decies, terzo, quarto e quinto comma, del cod. civ..

Qualora, nel caso di cui al comma 1, non si verifichi alcuna delle ipotesi previste nel se-condo e nel comma 3, si applica l’articolo 2447-decies, comma 6, del cod. civ..

«72-quater (Locazione finanziaria). – Al contratto di locazione finanziaria si applica, incaso di fallimento dell’utilizzatore, l’articolo 72. Se e disposto l’esercizio provvisorio dell’im-presa il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersi scio-gliere dal contratto.

In caso di scioglimento del contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del beneed e tenuto a versare alla curatela l’eventuale differenza fra la maggiore somma ricavata dallavendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo in linea capitale; perle somme gia riscosse si applica l’articolo 67, comma 3, lettera a).

Il concedente ha diritto ad insinuarsi nello stato passivo per la differenza fra il creditovantato alla data del fallimento e quanto ricavato dalla nuova allocazione del bene.

In caso di fallimento delle societaautorizzate alla concessione di finanziamenti sotto for-ma di locazione finanziaria, il contratto prosegue; l’utilizzatore conserva la facolta di acquista-re, alla scadenza del contratto, la proprieta del bene, previo pagamento dei canoni e del prez-zo pattuito.».

Art. 60.Modifiche all’articolo 73 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 73, comma 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, le parole: «del giu-dice delegato; ma» sono sostituite dalle seguenti: «del comitato dei creditori;».

Nota all’art. 60:— Si riporta il testo dell’art. 73 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 73 (Vendita a termine o a rate). – In caso di fallimento deI compratore, se il prezzo

deve essere pagato a termine o a rate, il curatore puo subentrare nel contratto con l’autoriz-zazione del comitato dei creditori il venditore puo chiedere cauzione a meno che il curatorepaghi immediatamente il prezzo con lo sconto dell’interesse legale.

Nella vendita a rate con riserva della proprieta il fallimento del venditore non e causa discioglimento del contratto.».

Art. 61.Modifiche all’articolo 74 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 74 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «dei commi secondo, terzo e quarto dell’art. 72» sono sostituitedalle seguenti: «dell’articolo 72, primo e comma 2»;

b) il comma 2 e sostituito dal seguente: «Se il curatore subentra, deve pagare integral-mente il prezzo anche delle consegne gia avvenute o dei servizi giaerogati.».

Nota all’art. 61:— Si riporta il testo dell’art. 74 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 74 (Contratto di somministrazione). – Nelle vendite a consegne ripartite e nel con-

tratto di somministrazione si applicano le disposizioni dell’art. 72, primo e comma 2.Se il curatore subentra, deve pagare integralmente il prezzo anche delle consegne gia av-

venute o dei servizi giaerogati.».

Parte I - Dottrina 459

Art. 62.Modifiche all’articolo 76 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 76 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al comma 1, le parole: «e ri-solto» sono sostituite dalle seguenti: «si scioglie».

Nota all’art. 62:— Si riporta il testo dell’art. 76 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 76 (Contratto di borsa a termine). – Il contratto di borsa a termine, se il termine

scade dopo la dichiarazione di fallimento di uno dei contraenti, si scioglie alla data della di-chiarazione di fallimento. La differenza fra il prezzo contrattuale e i valore delle cose o deititoli alla data di dichiarazione di fallimento e versata nel fallimento se il fallito risulta in cre-dito, o e ammessa al passivo del fallimento nel caso contrario.».

Art. 63.Modifiche all’articolo 77 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 77 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al comma 2 la parola: «Egli» esostituita dalla seguente: «L’associato».

Nota all’art. 63:— Si riporta il testo dell’art. 77 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 77 (Associazione in partecipazione). – La associazione in partecipazione si scioglie

per il fallimento dell’associante. L’associato ha diritto di far valere nel passivo il credito perquella parte dei conferimenti, la quale non e assorbita dalle perdite a suo carico.

L’associato tenuto al versamento della parte ancora dovuta nei limiti delle perdite chesono a suo carico.

Nei suoi confronti e applicata la procedura prevista dall’art. 150.».

Art. 64.Sostituzione dell’articolo 78 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 78 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 78 (Conto corrente, mandato, commissione). – I contratti di conto corrente, anche

bancario, e di commissione, si sciolgono per il fallimento di una delle parti.Il contratto di mandato si scioglie per il fallimento del mandatario.Se il curatore del fallimento del mandante subentra nel contratto, il credito del manda-

tario e trattato a norma dell’articolo 111, comma 1, n. 1), per l’attivita compiuta dopo il fal-limento.».

Art. 65.Modifiche all’articolo 79 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 79 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «il giorno della dichiarazione di fallimento» sono sostituite dalleseguenti: «dal giorno della dichiarazione di fallimento»;

b) al comma 2, sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «e il credito e regolato a normadell’articolo 111, comma 1, n. 1).».

Nota all’art. 65:— Si riporta il testo dell’art. 79 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali460

«Art. 79 (Possesso del fallito a titolo precario). - Se le cose delle quali il fallito deve larestituzione non si trovano piu in suo possesso dal giorno della dichiarazione di fallimentoe il curatore non puo riprenderle, l’avente diritto puo far valere nel passivo il credito per ilvalore che la cosa aveva alla data della dichiarazione del fallimento.

Se il possesso della cosa e cessato dopo l’apposizione dei sigilli, l’avente diritto puo chie-dere l’integrale pagamento del valore della cosa e il credito e regolato a norma dell’art. 111,comma 1, n. 1).

Sono salve le disposizioni dell’art. 1706 del codice civile.».

Art. 66.Sostituzione dell’articolo 80 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 80 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 80 (Contratto di locazione di immobili). – Il fallimento del locatore non scioglie il

contratto di locazione d’immobili e il curatore subentra nel contratto.In caso di fallimento del conduttore, il curatore puo in qualunque tempo recedere dal

contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recesso, che neldissenso fra le parti, e determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. Il creditoper l’indennizzo e regolato dall’articolo 111, comma 1, n. 1), e dall’articolo 2764 del cod.civ..».

Art. 67.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 80 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 80-bis (Contratto di affitto d’azienda). – Il fallimento non e causa di scioglimento

del contratto di affitto d’azienda, ma entrambe le parti possono recedere entro sessanta gior-ni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che, nel dissenso tra le parti, e de-terminato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. L’indennizzo dovuto dalla curatela e re-golato dall’articolo 111, comma 1, n. 1).».

Art. 68.Sostituzione dell’articolo 81 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 81 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 81 (Contratto di appalto). – Il contratto di appalto si scioglie per il fallimento di

una delle parti, se il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori non dichiaradi voler subentrare nel rapporto dandone comunicazione all’altra parte nel termine di giornisessanta dalla dichiarazione di fallimento ed offrendo idonee garanzie.

Nel caso di fallimento dell’appaltatore, il rapporto contrattuale si scioglie se la conside-razione della qualita soggettiva e stata un motivo determinante del contratto, salvo che il com-mittente non consenta, comunque, la prosecuzione del rapporto. Sono salve le norme relativeal contratto di appalto per le opere pubbliche.».

Art. 69.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 83 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 83-bis (Clausola arbitrale). – Se il contratto in cui e contenuta una clausola com-

promissoria e sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione, il procedimento arbi-trale pendente non puoessere proseguito.».

Parte I - Dottrina 461

Capo VModifiche al titolo II, capo IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 70.Sostituzione dell’articolo 84 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 84 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 84 (Dei sigilli). – Dichiarato il fallimento, il curatore procede, secondo le norme

stabilite dal cod. proc. civ., all’apposizione dei sigilli sui beni che si trovano nella sede prin-cipale dell’impresa e sugli altri beni del debitore.

Il curatore puo richiedere l’assistenza della forza pubblica.Se i beni o le cose si trovano in piu luoghi e non e agevole l’immediato completamento

delle operazioni, l’apposizione dei sigilli puo essere delegata a uno o piu coadiutori designatidal giudice delegato.

Per i beni e le cose sulle quali non e possibile apporre i sigilli si procede a norma del-l’articolo 758 del codice di procedura civile.».

Art. 71.Abrogazione dell’articolo 85 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 85 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Note all’art. 71:— L’art. 85 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente decre-

to, recava: «Apposizione dei sigilli da parte del pretore.».

Art. 72.Sostituzione dell’articolo 86 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 86 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 86 (Consegna del denaro, titoli, scritture contabili e di altra documentazione). –

Devono essere consegnate al curatore:a) il denaro contante per essere dal medesimo depositato a norma dell’articolo 34;b) le cambiali e gli altri titoli compresi quelli scaduti;c) le scritture contabili e ogni altra documentazione dal medesimo richiesta o acquisita se

non ancora depositate in cancelleria.Il giudice delegato puo autorizzarne il deposito in luogo idoneo, anche presso terzi. In

ogni caso, il curatore deve esibire le scritture contabili a richiesta del fallito o di chi ne abbiadiritto. Nel caso in cui il curatore non ritenga di dover esibire la documentazione richiesta,l’interessato puo proporre ricorso al giudice delegato che provvede con decreto motivato.

Puo essere richiesto il rilascio di copia, previa autorizzazione del giudice delegato, a curae spese del richiedente.».

Art. 73.Sostituzione dell’articolo 87 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 87 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 87 (Inventario). – Il curatore, rimossi i sigilli, redige l’inventario nel piu breve ter-

mine possibile secondo le norme stabilite dal cod. proc. civ., presenti o avvisati il fallito e ilcomitato dei creditori, se nominato, formando, con l’assistenza del cancelliere, processo ver-bale delle attivita compiute. Possono intervenire i creditori.

Il curatore, quando occorre, nomina uno stimatore.Prima di chiudere l’inventario il curatore invita il fallito o, se si tratta di societa, gli am-

ministratori a dichiarare se hanno notizia che esistano altre attivita da comprendere nell’in-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali462

ventario, avvertendoli delle pene stabilite dall’articolo 220 in caso di falsa o omessa dichiara-zione.

L’inventario e redatto in doppio originale e sottoscritto da tutti gli intervenuti. Uno deglioriginali deve essere depositato nella cancelleria del tribunale.

Art. 74.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 87 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 e inserito il seguente:«Art. 87-bis (Inventario su altri beni). – In deroga a quanto previsto dagli articoli 52 e

103, i beni mobili sui quali i terzi vantano diritti reali o personali chiaramente riconoscibilipossono essere restituiti con decreto del giudice delegato, su istanza della parte interessatae con il consenso del curatore e del comitato dei creditori, anche provvisoriamente nominato.

I beni di cui al comma 1 possono non essere inclusi nell’inventario.Sono inventariati i beni di proprieta del fallito per i quali il terzo detentore ha diritto di

rimanere nel godimento in virtu di un titolo negoziale opponibile al curatore. Tali beni nonsono soggetti alla presa in consegna a norma dell’articolo 88.».

Art. 75.Modifiche all’articolo 89 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 89 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 1 e sostituito dalseguente:

«Il curatore, in base alle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che puo racco-gliere, deve compilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti diprelazione, nonche l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e im-mobiliari, su cose in possesso o nella disponibilita del fallito, con l’indicazione dei titoli rela-tivi. Gli elenchi sono depositati in cancelleria.».

Nota all’art. 75:— Si riporta il testo dell’art. 89 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 89. (Elenchi dei creditori e dei titolari di diritti reali mobiliari e bilancio). – Il cu-

ratore, in base alle scritture contabili del fallito e delle altre notizie che puo raccogliere, devecompilare l’elenco dei creditori, con l’indicazione dei rispettivi crediti e diritti di prelazione,nonche l’elenco di tutti coloro che vantano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari, sucose in possesso o nella disponibilita del fallito, con l’indicazione dei titoli relativi. Gli elenchisono depositati in cancelleria.

Il curatore deve inoltre redigere il bilancio dell’ultimo esercizio, se non e stato presentatodal fallito nel termine stabilito, ed apportare le rettifiche necessarie e le eventuali aggiunte aibilanci e agli elenchi presentati dal fallito a norma dell’art. 14.».

Art. 76.Sostituzione dell’articolo 90 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 90 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 90 (Fascicolo della procedura). – Immediatamente dopo la pubblicazione della

sentenza di fallimento, il cancelliere forma un fascicolo, anche in modalita informatica, mu-nito di indice, nel quale devono essere contenuti tutti gli atti, i provvedimenti ed i ricorsi at-tinenti al procedimento, opportunamente suddivisi in sezioni, esclusi quelli che, per ragioni diriservatezza, debbono essere custoditi separatamente.

Il comitato dei creditori e ciascun suo componente hanno diritto di prendere visione diqualunque atto o documento contenuti nel fascicolo. Analogo diritto, con la sola eccezione

Parte I - Dottrina 463

della relazione del curatore e degli atti eventualmente riservati su disposizione del giudice de-legato, spetta anche al fallito.

Gli altri creditori ed i terzi hanno diritto di prendere visione e di estrarre copia degli attie dei documenti per i quali sussiste un loro specifico ed attuale interesse, previa autorizzazio-ne del giudice delegato, sentito il curatore.».

Capo VIModifiche al titolo II, capo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 77.Sostituzione dell’articolo 92 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 92 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 92 (Avviso ai creditori ed agli altri interessati). – Il curatore, esaminate le scritture

dell’impreditore ed altre fonti di informazione, comunica senza indugio ai creditori e ai tito-lari di diritti reali o personali su beni mobili e immobili di proprieta o in possesso del fallito, amezzo posta presso la sede dell’impresa o la residenza del creditore, ovvero a mezzo telefax oposta elettronica:

1) che possono partecipare al concorso depositando nella cancelleria del tribunale, do-manda ai sensi dell’articolo seguente;

2) la data fissata per l’esame dello stato passivo e quella entro cui vanno presentate ledomande;

3) ogni utile informazione per agevolare la presentazione della domanda.Se il creditore ha sede o risiede all’estero, la comunicazione puo essere effettuata al suo

rappresentante in Italia, se esistente.».

Art. 78.Sostituzione dell’articolo 93 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 93 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 93 (Domanda di ammissione al passivo). – La domanda di ammissione al passivo di

un credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, si propone con ricorsoda depositare presso la cancelleria del tribunale almeno trenta giorni prima dell’udienza fis-sata per l’esame dello stato passivo.

Il ricorso puo essere sottoscritto anche personalmente dalla parte e puo essere spedito,anche in forma telematica o con altri mezzi di trasmissione purche sia possibile fornire la pro-va della ricezione.

Il ricorso contiene:1) l’indicazione della procedura cui si intende partecipare e le generalita del creditore;2) la determinazione della somma che si intende insinuare al passivo, ovvero la descrizio-

ne del bene di cui si chiede la restituzione o la rivendicazione;3) la succinta esposizione dei fatti e degli elementi di diritto che costituiscono la ragione

della domanda;4) l’eventuale indicazione di un titolo di prelazione, anche in relazione alla graduazione

del credito, nonche la descrizione del bene sul quale la prelazione si esercita, se questa hacarattere speciale;

5) l’indicazione del numero di telefax, l’indirizzo di posta elettronica o l’elezione di do-micilio in un comune nel circondario ove ha sede il tribunale, ai fini delle successive comu-nicazioni. E facolta del creditore indicare, quale modalita di notificazione e di comunicazione,la trasmissione per posta elettronica o per telefax ed e onere dello stesso comunicare al cu-ratore ogni variazione del domicilio o delle predette modalita.

Il ricorso e inammissibile se e omesso o assolutamente incerto uno dei requisiti di cui ainn. 1), 2) o 3) del precedente comma.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali464

Se e omesso o assolutamente incerto il requisito di cui al n. 4), il credito e consideratochirografario.

Se e omessa l’indicazione di cui al n. 5), tutte le comunicazioni successive a quella con laquale il curatore da notizia della esecutivita dello stato passivo, si effettuano presso la cancel-leria.

Al ricorso sono allegati i documenti dimostrativi del diritto del creditore ovvero del di-ritto del terzo che chiede la restituzione o rivendica il bene.

I documenti non presentati con la domanda devono essere depositati, a pena di decaden-za, almeno quindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo.

Con la domanda di restituzione o rivendicazione, il terzo puo chiedere la sospensionedella liquidazione dei beni oggetto della domanda.

Il ricorso puo essere presentato dal rappresentante comune degli obbligazionisti ai sensidell’articolo 2418, comma 2, del cod. civ., anche per singoli gruppi di creditori.

Il giudice ad istanza della parte puodisporre che il cancelliere prenda copia dei titoli alportatore o all’ordine presentati e li restituisca con l’annotazione dell’avvenuta domanda diammissione al passivo.».

Art. 79.Sostituzione dell’articolo 94 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 94 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 94 (Effetti della domanda). – La domanda di cui all’articolo 93 produce gli effetti

della domanda giudiziale per tutto il corso del fallimento.».

Art. 80.Sostituzione dell’articolo 95 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 95 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 95 (Progetto di stato passivo e udienza di discussione). – Il curatore esamina le

domande di cui all’articolo 93 e predispone elenchi separati dei creditori e dei titolari di di-ritti su beni mobili e immobili di proprietao in possesso del fallito, rassegnando per ciascunole sue motivate conclusioni.

Il curatore puo eccepire i fatti estintivi, modificativi o impeditivi del diritto fatto valere,nonche l’inefficacia del titolo su cui sono fondati il credito o la prelazione, anche se e prescrit-ta la relativa azione.

Il curatore deposita il progetto di stato passivo nella cancelleria del tribunale almenoquindici giorni prima dell’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, dandone comunica-zione ai creditori, ai titolari di diritti sui beni ed al fallito, ed avvertendoli che possono esa-minare il progetto e presentare osservazioni scritte sino a cinque giorni prima della udienza.

All’udienza fissata per l’esame dello stato passivo, il giudice delegato, anche in assenzadelle parti, decide su ciascuna domanda, nei limiti delle conclusioni formulate ed avuto ri-guardo alle eccezioni del curatore, a quelle rilevabili d’ufficio ed a quelle formulate dagli altriinteressati. Il giudice delegato puo procedere ad atti di istruzione su richiesta delle parti, com-patibilmente con le esigenze di speditezza del procedimento.

Il fallito puo chiedere di essere sentito. Delle operazioni si redige processo verbale.».

Art. 81.Sostituzione dell’articolo 96 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 96 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 96 (Formazione ed esecutivitadello stato passivo). – Il giudice delegato, con decre-

to, accoglie in tutto o in parte ovvero respinge o dichiara inammissibile la domanda propostaai sensi dell’articolo 93. Il decreto e succintamente motivato se sussiste contestazione da parte

Parte I - Dottrina 465

del curatore sulla domanda proposta. La dichiarazione di inammissibilita della domanda nonne preclude la successiva riproposizione.

Con il provvedimento di accoglimento della domanda, il giudice delegato indica anche ilgrado dell’eventuale diritto di prelazione.

Oltre che nei casi stabiliti dalla legge, sono ammessi al passivo con riserva:1) i crediti condizionati e quelli indicati nell’ultimo comma dell’articolo 55;2) i crediti per i quali la mancata produzione del titolo dipende da fatto non riferibile al

creditore, salvo che la produzione avvenga nel termine assegnato dal giudice;3) i crediti accertati con sentenza del giudice ordinario o speciale non passata in giudi-

cato, pronunziata prima della dichiarazione di fallimento. Il curatore puo proporre o prose-guire il giudizio di impugnazione.

Se le operazioni non possono esaurirsi in una sola udienza; il giudice ne rinvia la prose-cuzione a non piu di otto giorni, senza altro avviso per gli intervenuti e per gli assenti.

Terminato l’esame di tutte le domande, il giudice delegato forma lo stato passivo e lorende esecutivo con decreto depositato in cancelleria.

Il decreto che rende esecutivo lo stato passivo e le decisioni assunte dal tribunale all’esitodei giudizi di cui all’articolo 99, producono effetti soltanto ai fini del concorso.

Art. 82.Sostituzione dell’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 97 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 97 (Comunicazione dell’esito del procedimento di accertamento del passivo). – Il

curatore, immediatamente dopo la dichiarazione di esecutivita dello stato passivo, comunica aciascun creditore l’esito della domanda e l’avvenuto deposito in cancelleria dello stato passi-vo, affinche possa essere esaminato da tutti coloro che hanno presentato domanda ai sensidell’articolo 93, informando il creditore del diritto di proporre opposizione in caso di man-cato accoglimento della domanda.

La comunicazione e data a mezzo raccomandata con avviso di ricevimento, ovvero tra-mite telefax o posta elettronica quando il creditore abbia indicato tale modalita di comuni-cazione.».

Art. 83.Sostituzione dell’articolo 98 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 98 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 98 (Impugnazioni). – Contro il decreto che rende esecutivo lo stato passivo puo

essere proposta opposizione, impugnazione dei crediti ammessi o revocazione.Con l’opposizione il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immobili contestano

che la propria domanda sia stata accolta in parte o sia stata respinta; l’opposizione e propostanei confronti del curatore.

Con l’impugnazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immo-bili contestano che la domanda di un creditore o di altro concorrente sia stata accolta; l’im-pugnazione e rivolta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda e stata accolta.Al procedimento partecipa anche il curatore.

Con la revocazione il curatore, il creditore o il titolare di diritti su beni mobili o immo-bili, decorsi i termini per la proposizione della opposizione o della impugnazione, possonochiedere che il provvedimento di accoglimento o di rigetto vengano revocati se si scopreche essi sono stati determinati da falsita, dolo, errore essenziale di fatto o dalla mancata co-noscenza di documenti decisivi che non sono stati prodotti tempestivamente per causa nonimputabile.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali466

La revocazione e proposta nei confronti del creditore concorrente, la cui domanda e sta-ta accolta, ovvero nei confronti del curatore quando la domanda e stata respinta. Nel primocaso, al procedimento partecipa il curatore.

Gli errori materiali contenuti nello stato passivo sono corretti con decreto del giudicedelegato su istanza del creditore o del curatore, sentito il curatore o la parte interessata.».

Art. 84.Sostituzione dell’articolo 99 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 99 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 99 (Procedimento). – Le impugnazioni di cui all’articolo precedente si propongono

con ricorso depositato presso la cancelleria del tribunale entro trenta giorni dalla comunica-zione di cui all’articolo 97 ovvero in caso di revocazione dalla scoperta del fatto o del docu-mento.

Il ricorso deve contenere:1) l’indicazione del tribunale, del giudice delegato e del fallimento;2) le generalita dell’impugnante e l’elezione del domicilio in un comune sito nel circon-

dario del tribunale che ha dichiarato il fallimento;3) l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto su cui si basa l’impugnazione e le re-

lative conclusioni;4) l’indicazione specifica, a pena di decadenza, dei mezzi di prova di cui il ricorrente in-

tende avvalersi e dei documenti prodotti.Il tribunale fissa l’udienza in camera di consiglio, assegnando al ricorrente un termine

per la notifica del ricorso e del decreto di fissazione dell’udienza alla parte nei confronti dellaquale la domanda e proposta, al curatore ed al fallito. Tra la notifica e l’udienza devono in-tercorrere almeno trenta giorni liberi.

Il giudice delegato non puo far parte del collegio.La parte nei confronti della quale la domanda e proposta deve costituirsi almeno dieci

giorni prima dell’udienza fissata, depositando memoria difensiva contenente, a pena di deca-denza, le eccezioni processuali e di merito non rilevabili d’ufficio, nonche e l’indicazione deimezzi di prova e dei documenti prodotti.

Nel medesimo termine e con le medesime forme devono costituirsi i creditori che inten-dono intervenire nel giudizio.

Nel corso dell’udienza, il tribunale assume, in contraddittorio tra le parti, i mezzi di pro-va ammessi, anche delegando uno dei suoi componenti.

Il tribunale, se necessario, puo assumere informazioni anche d’ufficio e puo autorizzarela produzione di ulteriori documenti.

Il fallito puo chiedere di essere sentito.Il tribunale ammette con decreto in tutto o in parte, anche in via provvisoria, le domande

non contestate dal curatore o dai creditori intervenuti. Qualora il tribunale non abbia pro-nunciato in via definitiva, provvede con decreto motivato non reclamabile entro venti giornidall’udienza.

Il decreto e comunicato dalla cancelleria alle parti che, nei successivi trenta giorni, pos-sono proporre ricorso per cassazione.».

Art. 85.Abrogazione dell’articolo 100 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 100 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 85:— L’art. 100 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente de-

creto, recava: «Impugnazione dei crediti ammessi.».

Parte I - Dottrina 467

Art. 86.Sostituzione dell’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 101 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 101 (Domande tardive di crediti). – Le domande di ammissione al passivo di un

credito, di restituzione o rivendicazione di beni mobili e immobili, depositate in cancelleriaoltre il termine di trenta giorni prima dell’udienza fissata per la verifica del passivo e non oltrequello di dodici mesi dal deposito del decreto di esecutivita dello stato passivo sono conside-rate tardive; in caso di particolare complessita della procedura, il tribunale, con la sentenzache dichiara il fallimento, puo prorogare quest’ultimo termine fino a diciotto mesi.

Il procedimento di accertamento delle domande tardive si svolge nelle stesse forme di cuiall’articolo 95. Il curatore da avviso a coloro che hanno presentato la domanda, della datadell’udienza.

Si applicano le disposizioni di cui agli articoli da 93 a 99.Il creditore ha diritto di concorrere sulle somme gia distribuite nei limiti di quanto sta-

bilito nell’articolo 112. Il titolare di diritti su beni mobili o immobili, se prova che il ritardo edipeso da causa non imputabile, puo chiedere che siano sospese le attivita di liquidazione delbene sino all’accertamento del diritto.

Decorso il termine di cui al comma 1, e comunque fino a quando non siano esaurite tuttele ripartizioni dell’attivo fallimentare, le domande tardive sono ammissibili se l’istante provache il ritardo e dipeso da causa a lui non imputabile.».

Art. 87.Sostituzione dell’articolo 102 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 102 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 102 (Previsione di insufficiente realizzo). – Il tribunale, con decreto motivato da

adottarsi prima dell’udienza per l’esame dello stato passivo, su istanza del curatore depositataalmeno venti giorni prima dell’udienza stessa, corredata da una relazione sulle prospettive dellaliquidazione, e sentiti il comitato dei creditori ed il fallito, dispone non farsi luogo al procedi-mento di accertamento del passivo relativamente ai crediti concorsuali se risulta che non puoessere acquisito attivo da distribuire ad alcuno dei creditori che abbiano chiesto l’ammissione alpassivo, salva la soddisfazione dei crediti prededucibili e delle spese di procedura.

Il tribunale dispone in conformita a quanto previsto nel primo comma anche se la con-dizione di insufficiente realizzo emerge nel corso delle eventuali udienze successive a quellafissata ai sensi dell’articolo 16.

Il curatore comunica il decreto di cui al comma 1 ai creditori che abbiano presentatodomanda di ammissione al passivo ai sensi degli articoli 93 e 101, i quali, nei quindici giornisuccessivi, possono presentare reclamo alla corte di appello, che provvede con decreto in ca-mera di consiglio, sentito il reclamante, il curatore, il comitato dei creditori ed il fallito.».

Art. 88.Sostituzione dell’articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 103 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 103 (Procedimenti relativi a domande di rivendica e restituzione). – Ai procedi-

menti che hanno ad oggetto domande di restituzione o di rivendicazione, si applica il regimeprobatorio previsto nell’articolo 621 del cod. proc. civ.. Se il bene non e stato acquisito al-l’attivo della procedura, il titolare del diritto, anche nel corso dell’udienza di cui all’articolo95, puo modificare l’originaria domanda e chiedere l’ammissione al passivo del controvaloredel bene alla data di apertura del concorso. Se il curatore perde il possesso della cosa dopoaverla acquisita, il titolare del diritto puochiedere che il controvalore del bene sia corrispostoin prededuzione.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali468

Capo VIIModifiche al titolo II, capo VI del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 89.Sostituzione alla rubrica del titolo II, capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. La rubrica del titolo II, capo VI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituitadalla seguente: «Dell’esercizio provvisorio e della liquidazione dell’attivo.».

Art. 90.Sostituzione dell’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 104 (Esercizio provvisorio dell’impresa del fallito). – Con la sentenza dichiarativa

del fallimento, il tribunale puodisporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, anche limitata-mente a specifici rami dell’azienda, se dalla interruzione puo derivare un danno grave, purchenon arrechi pregiudizio ai creditori.

Successivamente, su proposta del curatore, il giudice delegato, previo parere favore-vole del comitato dei creditori, autorizza, con decreto motivato, la continuazione tempo-ranea dell’esercizio dell’impresa, anche limitatamente a specifici rami dell’azienda, fissan-done la durata.

Durante il periodo di esercizio provvisorio, il comitato dei creditori e convocato dal cu-ratore, almeno ogni tre mesi, per essere informato sull’andamento della gestione e per pro-nunciarsi sull’opportunita di continuare l’esercizio.

Se il comitato dei creditori non ravvisa l’opportunita di continuare l’esercizio provviso-rio, il giudice delegato ne ordina la cessazione.

Ogni semestre, o comunque alla conclusione del periodo di esercizio provvisorio, il cu-ratore deve presentare un rendiconto dell’attivita mediante deposito in cancelleria. In ognicaso il curatore informa senza indugio il giudice delegato e il comitato dei creditori di circo-stanze sopravvenute che possono influire sulla prosecuzione dell’esercizio provvisorio.

Il tribunale puo ordinare la cessazione dell’esercizio provvisorio in qualsiasi momentoladdove ne ravvisi l’opportunita, con decreto in camera di consiglio non soggetto a reclamosentiti il curatore ed il comitato dei creditori.

Durante l’esercizio provvisorio i contratti pendenti proseguono, salvo che il curatore nonintenda sospenderne l’esecuzione o scioglierli.

I crediti sorti nel corso dell’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione ai sen-si dell’articolo 111, comma 1, n. 1).

Al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio si applicano le disposizioni di cuialla sezione IV del capo III del titolo II.».

Art. 91.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 104 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:«Art. 104-bis (Affitto dell’azienda o di rami dell’azienda). – Anche prima della presen-

tazione del programma di liquidazione di cui all’articolo 104-ter su proposta del curatore, ilgiudice delegato, previo parere favorevole del comitato dei creditori, autorizza l’affitto dell’a-zienda del fallito a terzi anche limitatamente a specifici rami quando appaia utile al fine dellapiu proficua vendita dell’azienda o di parti della stessa.

La scelta dell’affittuario e effettuata dal curatore a norma dell’articolo 107, sulla base distima, assicurando, con adeguate forme di pubblicita, la massima informazione e partecipa-zione degli interessati. La scelta dell’affittuario deve tenere conto, oltre che dell’ammontaredel canone offerto, delle garanzie prestate e della attendibilita del piano di prosecuzione delleattivita imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli occupazionali.

Parte I - Dottrina 469

Il contratto di affitto stipulato dal curatore nelle forme previste dall’articolo 2556 delcod. civ. deve prevedere il diritto del curatore di procedere alla ispezione della azienda, laprestazione di idonee garanzie per tutte le obbligazioni dell’affittuario derivanti dal contrattoe dalla legge, il diritto di recesso del curatore dal contratto che puo essere esercitato, sentito ilcomitato dei creditori, con la corresponsione all’affittuario di un giusto indennizzo da corri-spondere ai sensi dell’articolo 111, comma 1, n. 1).

La durata dell’affitto deve essere compatibile con le esigenze della liquidazione dei beni.Il diritto di prelazione a favore dell’affittuario puoessere concesso convenzionalmente,

previa espressa autorizzazione del giudice delegato e previo parere favorevole del comitatodei creditori. In tale caso, esaurito il procedimento di determinazione del prezzo di venditadell’azienda o del singolo ramo, il curatore, entro dieci giorni, lo comunica all’affittuario, ilquale puo esercitare il diritto di prelazione entro cinque giorni dal ricevimento della comu-nicazione.

La retrocessione al fallimento di aziende, o rami di aziende, non comporta la responsa-bilita della procedura per i debiti maturati sino alla retrocessione, in deroga a quanto previstodagli articoli 2112 e 2560 del cod. civ.. Ai rapporti pendenti al momento della retrocessione siapplicano le disposizioni di cui alla sezione IV del Capo III del titolo II.».

«Art. 104-ter (Programma di liquidazione). – Entro sessanta giorni dalla redazione del-l’inventario, il curatore predispone un programma di liquidazione da sottoporre, acquisito ilparere favorevole del comitato dei creditori, all’approvazione del giudice delegato.

Il programma deve indicare le modalita e i termini previsti per la realizzazione dell’attivo,specificando:

a) l’opportunita di disporre l’esercizio provvisorio dell’impresa, o di singoli rami di azien-da, ai sensi dell’articolo 104, ovvero l’opportunita di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di ra-mi, a terzi ai sensi dell’articolo 104-bis;

b) la sussistenza di proposte di concordato ed il loro contenuto;c) le azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da esercitare;d) le possibilita di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rapporti

giuridici individuabili in blocco;e) le condizioni della vendita dei singoli cespiti.Il curatore puo essere autorizzato dal giudice delegato ad affidare ad altri professionisti

alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’attivo.Il comitato dei creditori puo proporre al curatore modifiche al programma presentato.

L’approvazione del programma di liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni even-tualmente necessarie ai sensi della presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione dioperazioni inclusi nel programma.

Per sopravvenute esigenze, il curatore puo presentare, con le modalita di cui ai commiprimo, secondo e terzo, un supplemento del piano di liquidazione.

Prima della approvazione del programma, il curatore puo procedere alla liquidazione dibeni, previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comitato dei creditori se gia nomi-nato, solo quando dal ritardo puo derivare pregiudizio all’interesse dei creditori.

Il curatore, previa autorizzazione del comitato dei creditori, puo non acquisire all’attivoo rinunciare a liquidare uno o piu beni, se l’attivita di liquidazione appaia manifestamentenon conveniente. In questo caso, il curatore ne da comunicazione ai creditori i quali, in de-roga a quanto previsto nell’articolo 51, possono iniziare azioni esecutive o cautelari sui benirimessi nella disponibilita del debitore.».

Art. 92.Sostituzione dell’articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 105 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 105 (Vendita dell’azienda, di rami, di beni e rapporti in blocco). – La liquidazione

dei singoli beni ai sensi degli articoli seguenti del presente capo e disposta quando risulta pre-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali470

vedibile che la vendita dell’intero complesso aziendale, di suoi rami, di beni o rapporti giu-ridici individuabili in blocco non consenta una maggiore soddisfazione dei creditori.

La vendita del complesso aziendale o di rami dello stesso e effettuata con le modalitadicui all’articolo 107, in conformita a quanto disposto dall’articolo 2556 del cod. civ.

Nell’ambito delle consultazioni sindacali relative al trasferimento d’azienda, il curatore,l’acquirente e i rappresentanti dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo parzialedei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e le ulteriori modifiche del rapporto di lavoroconsentite dalle norme vigenti.

Salva diversa convenzione, e esclusa la responsabilita dell’acquirente per i debiti relativiall’esercizio delle aziende cedute, sorti prima del trasferimento.

Il curatore puo procedere altresı alla cessione delle attivita e delle passivita dell’azienda odei suoi rami, nonche di beni o rapporti giuridici individuabili in blocco, esclusa comunque laresponsabilita dell’alienante prevista dall’articolo 2560 del codice civile.

La cessione dei crediti relativi alle aziende cedute, anche in mancanza di notifica al de-bitore o di sua accettazione, ha effetto, nei confronti dei terzi, dal momento dell’iscrizione deltrasferimento nel registro delle imprese. Tuttavia il debitore ceduto e liberato se paga in buo-na fede al cedente.

I privilegi e le garanzie di qualsiasi tipo, da chiunque prestate o comunque esistenti afavore del cedente, conservano la loro validita e il loro grado a favore del cessionario.

Il curatore puo procedere alla liquidazione anche mediante il conferimento in una o piusocieta, eventualmente di nuova costituzione, dell’azienda o di rami della stessa, ovvero dibeni o crediti, con i relativi rapporti contrattuali in corso, esclusa la responsabilita dell’alie-nante ai sensi dell’articolo 2560 del codice civile ed osservate le disposizioni inderogabili con-tenute nella presente sezione. Sono salve le diverse disposizioni previste in leggi speciali.

Il pagamento del prezzo puo essere effettuato mediante accollo di debiti da parte dell’ac-quirente solo se non viene alterata la graduazione dei crediti.».

Art. 93.Sostituzione dell’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 106 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 106 (Vendita dei crediti, dei diritti e delle quote, delle azioni, mandato a riscuote-

re). – Il curatore puo cedere i crediti, compresi quelli di natura fiscale o futuri, anche se og-getto di contestazione; puo altresı cedere le azioni revocatorie concorsuali, se i relativi giudizisono gia pendenti.

Per la vendita della quota di societa a responsabilita limitata si applica l’articolo 2471 delcod. civ.

In alternativa alla cessione di cui al comma 1, il curatore puo stipulare contratti di man-dato per la riscossione dei crediti.».

Art. 94.Sostituzione dell’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 107 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 107 (Modalita delle vendite). – Le vendite e gli altri atti di liquidazione sono effet-

tuati dal curatore, tramite procedure competitive anche avvalendosi di soggetti specializzati,sulla base di stime effettuate, salvo il caso di beni di modesto valore, da parte di operatoriesperti, assicurando, con adeguate forme di pubblicita, la massima informazione e partecipa-zione degli interessati.

Per i beni immobili, prima del completamento delle operazioni di vendita, e data notiziamediante notificazione da parte del curatore, a ciascuno dei creditori ipotecari o comunquemuniti di privilegio.

Parte I - Dottrina 471

Il curatore puo sospendere la vendita ove pervenga offerta irrevocabile d’acquisto mi-gliorativa per un importo non inferiore al dieci per cento del prezzo offerto.

Degli esiti delle procedure, il curatore informa il giudice delegato ed il comitato dei cre-ditori, depositando in cancelleria la relativa documentazione.

Se alla data di dichiarazione di fallimento sono pendenti procedure esecutive, il curatorepuo subentrarvi; in tale caso si applicano le disposizione del cod. proc. civ.; altrimenti suistanza del curatore il giudice dell’esecuzione dichiara l’improcedibilita dell’esecuzione, salvii casi di deroga di cui all’articolo 51.

Con regolamento del Ministro della giustizia, da adottare ai sensi dell’articolo 17, comma3, della legge 23 agosto 1988, n. 400, sono stabiliti requisiti di onorabilita e professionalita deisoggetti specializzati e degli operatori esperti dei quali il curatore puo avvalersi ai sensi delcomma 1, nonche i mezzi di pubblicita e trasparenza delle operazioni di vendita.».

Art. 95.Sostituzione dell’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 108 (Poteri del giudice delegato). – Il giudice delegato, su istanza del fallito, del

comitato dei creditori o di altri interessati, previo parere dello stesso comitato dei creditori,puo sospendere, con decreto motivato, le operazioni di vendita, qualora ricorrano gravi e giu-stificati motivi ovvero, su istanza presentata dagli stessi soggetti entro dieci giorni dal depositodi cui al comma 4 dell’articolo 107, impedire il perfezionamento della vendita quando il prez-zo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto, tenuto conto delle condizioni di mer-cato.

Per i veicoli iscritti nel pubblico registro automobilistico e per i beni immobili, una voltaeseguita la vendita e riscosso interamente il prezzo, il giudice delegato ordina, con decreto, lacancellazione delle iscrizioni relative ai diritti di prelazione, nonche delle trascrizioni dei pi-gnoramenti e dei sequestri conservativi e di ogni altro vincolo.».

Art. 96.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 108 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:«Art. 108-bis (Modalita della vendita di navi, galleggianti ed aeromobili). – La vendita di

navi, galleggianti ed aeromobili iscritti nei registri indicati dal codice della navigazione e ese-guita a norma delle disposizioni dello stesso codice, in quanto applicabili.».

«Art. 108-ter (Modalita della vendita di diritti sulle opere dell’ingegno; sulle invenzio-ni industriali; sui marchi). – Il trasferimento dei diritti di utilizzazione economica delleopere dell’ingegno, il trasferimento dei diritti nascenti delle invenzioni industriali, il trasfe-rimento dei marchi e la cessione di banche di dati sono fatte a norma delle rispettive leggispeciali.».

Art. 97.Modifiche all’articolo 109 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 109 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, al comma 2, le parole: «Ilgiudice delegato» sono sostituite dalle seguenti: «Il tribunale».

Nota all’art. 97:— Si riporta il testo dell’art. 109 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali472

«Art. 109. (Procedimento di distribuzione della somma ricavata). – Il giudice delegatoprovvede alla distribuzione della somma ricavata dalla vendita secondo le disposizioni del ca-po seguente.

Il tribunale stabilisce con decreto la somma da attribuire, se del caso, al curatore in contodel compenso finale da liquidarsi a norma dell’art. 39. Tale somma e prelevata sul prezzo in-sieme alle spese di procedura e di amministrazione.».

Capo VIIIModifiche al titolo II, capo VII del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 98.Sostituzione dell’articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 110 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 110. (Procedimento di ripartizione). – Il curatore, ogni quattro mesi a partire dalla

data del decreto previsto dall’articolo 97 o nel diverso termine stabilito dal giudice delegato,presenta un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripartizione delle medesime,riservate quelle occorrenti per la procedura.

Il giudice, sentito il comitato dei creditori, ordina il deposito del progetto di ripartizionein cancelleria, disponendo che tutti i creditori, compresi quelli per i quali e in corso uno deigiudizi di cui all’articolo 98, ne siano avvisati con lettera raccomandata con avviso di ricevi-mento o altra modalita telematica, con garanzia di avvenuta ricezione in base agli articoli 8,comma 2, 9, comma 4, e 14 del testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari inmateria di documentazione amministrativa, di cui al decreto del Presidente della Repubblica28 dicembre 2000, n. 445.

I creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dalla ricezione della comunica-zione di cui al comma 2, possono proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle formedi cui all’articolo 26.

Decorso tale termine, il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo ilprogetto di ripartizione. Se sono proposti reclami, il progetto di ripartizione e dichiarato ese-cutivo con accantonamento delle somme corrispondenti ai crediti oggetto di contestazione. Ilprovvedimento che decide sul reclamo dispone in ordine alla destinazione delle somme ac-cantonate.».

Art. 99.Modifiche all’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, il numero 1) e sostituito dal seguente:«1) per il pagamento dei crediti prededucibili;»;b) il comma 2 e sostituito dal seguente:«Sono considerati debiti prededucibili quelli cosı qualificati da una specifica disposizio-

ne di legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui allapresente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del comma 1 n. 1).».

Nota all’art. 99:— Si riporta il testo dell’art. 111 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 111 (Ordine di distribuzione delle somme). – Le somme ricavate dalla liquidazione

dell’attivo sono erogate nel seguente ordine:1) per il pagamento dei crediti prededucibili;

Parte I - Dottrina 473

2) per il pagamento dei crediti ammessi con prelazione sulle cose vendute secondo l’or-dine assegnato dalla legge;

3) per il pagamento dei creditori chirografari, in proporzione dell’ammontare del creditoper cui ciascuno di essi fu ammesso, compresi i creditori indicati al n. 2, qualora non sia stataancora realizzata la garanzia, ovvero per la parte per cui rimasero non soddisfatti da questa.

Sono considerati debiti prededucibili quelli cosı qualificati da una specifica disposizionedi legge, e quelli sorti in occasione o in funzione delle procedure concorsuali di cui alla pre-sente legge; tali debiti sono soddisfatti con preferenza ai sensi del comma 1 n. 1).».

Art. 100.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 111 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono inseriti i seguenti:«Art. 111-bis (Disciplina dei crediti prededucibili). I crediti prededucibili devono essere

accertati con le modalita di cui al capo V, con esclusione di quelli non contestati per collo-cazione e ammontare, anche se sorti durante l’esercizio provvisorio, e di quelli sorti a seguitodi provvedimenti di liquidazione di compensi dei soggetti nominati ai sensi dell’articolo 25; inquesto ultimo caso, se contestati, devono essere accertati con il procedimento di cui all’arti-colo 26.

Per i crediti prededucibili sorti dopo l’adunanza di verificazione dello stato passivo ov-vero dopo l’udienza alla quale essa sia stata differita, si provvede all’accertamento ai sensi delcomma 2 dell’articolo 101.

I crediti prededucibili vanno soddisfatti per il capitale, le spese e gli interessi con il rica-vato della liquidazione del patrimonio mobiliare e immobiliare, secondo un criterio propor-zionale, con esclusione di quanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipo-teca per la parte destinata ai creditori garantiti. Il corso degli interessi cessa al momento delpagamento.

I crediti prededucibili sorti nel corso del fallimento che sono liquidi, esigibili e non con-testati per collocazione e per ammontare, possono essere soddisfatti al di fuori del procedi-mento di riparto se l’attivo e presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali cre-diti. Il pagamento deve essere autorizzato dal comitato dei creditori ovvero dal giudice dele-gato se l’importo e superiore a euro 25.000,00; l’importo puo essere aggiornato ogni cinqueanni con decreto del Ministro della giustizia in base agli indici ISTAT sul costo della vita.

Se l’attivo e insufficiente, la distribuzione deve avvenire secondo i criteri della graduazio-ne e della proporzionalita, conformemente all’ordine assegnato dalla legge.».

«Art. 111-ter (Conti speciali). – La massa liquida attiva immobiliare e costituita dallesomme ricavate dalla liquidazione dei beni immobili, come definiti dall’articolo 812 delcod. civ., e dei loro frutti e pertinenze, nonche dalla quota proporzionale di interessi attiviliquidati sui depositi delle relative somme.

La massa liquida attiva mobiliare e costituita da tutte le altre entrate.Il curatore deve tenere un conto autonomo delle vendite dei singoli beni immobili ogget-

to di privilegio speciale e di ipoteca e dei singoli beni mobili o gruppo di mobili oggetto dipegno e privilegio speciale, con analitica indicazione delle entrate e delle uscite di caratterespecifico e della quota di quelle di carattere generale imputabili a ciascun bene o gruppodi beni secondo un criterio proporzionale.».

«Art. 111-quater (Crediti assistiti da prelazione). I crediti assistiti da privilegio generalehanno diritto di prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli54 e 55, sul prezzo ricavato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare, sul quale concorronoin un’unica graduatoria con i crediti garantiti da privilegio speciale mobiliare, secondo il gra-do previsto dalla legge.

I crediti garantiti da ipoteca e pegno e quelli assistiti da privilegio speciale hanno dirittodi prelazione per il capitale, le spese e gli interessi, nei limiti di cui agli articoli 54 e 55, sulprezzo ricavato dai beni vincolati alla loro garanzia.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali474

Art. 101.Sostituzione dell’articolo 112 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 112 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 112 (Partecipazione dei creditori ammessi tardivamente). – I creditori ammessi a

norma dell’articolo 101 concorrono soltanto alle ripartizioni posteriori alla loro ammissionein proporzione del rispettivo credito, salvo il diritto di prelevare le quote che sarebbero lorospettate nelle precedenti ripartizioni se assistiti da cause di prelazione o se il ritardo e dipesoda cause ad essi non imputabili.».

Art. 102.Sostituzione dell’articolo 113 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 113 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 113 (Ripartizioni parziali). – Nelle ripartizioni parziali, che non possono superare

l’ottanta per cento delle somme da ripartire, devono essere trattenute e depositate, nei modistabiliti dal giudice delegato, le quote assegnate:

1) ai creditori ammessi con riserva;2) ai creditori opponenti a favore dei quali sono state disposte misure cautelari;3) ai creditori opponenti la cui domanda e stata accolta ma la sentenza non e passata in

giudicato;4) ai creditori nei cui confronti sono stati proposti i giudizi di impugnazione e di revo-

cazione.Le somme ritenute necessarie per spese future, per soddisfare il compenso al curatore e

ogni altro debito prededucibile devono essere trattenute; in questo caso, l’ammontare dellaquota da ripartire indicata nel comma 1 del presente articolo deve essere ridotta se la misuradell’ottanta per cento appare insufficiente.

Devono essere altresı trattenute e depositate nei modi stabiliti dal giudice delegato lesomme ricevute dalla procedura per effetto di provvedimenti provvisoriamente esecutivi enon ancora passati in giudicato.».

Art. 103.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 113 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 113-bis (Scioglimento delle ammissioni con riserva). – Quando si verifica l’evento

che ha determinato l’accoglimento di una domanda con riserva, su istanza del curatore o dellaparte interessata, il giudice delegato modifica lo stato passivo, con decreto, disponendo che ladomanda deve intendersi accolta definitivamente.».

Art. 104.Sostituzione dell’articolo 114 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 114 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 114 (Restituzione di somme riscosse). – I pagamenti effettuati in esecuzione dei

piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di domande direvocazione.

I creditori che hanno percepito pagamenti non dovuti, devono restituire le somme ri-scosse, oltre agli interessi legali dal momento del pagamento effettuato a loro favore.».

Art. 105.Sostituzione dell’articolo 115 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 115 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:

Parte I - Dottrina 475

«Art. 115 (Pagamento ai creditori). – Il curatore provvede al pagamento delle sommeassegnate ai creditori nel piano di ripartizione nei modi stabiliti dal giudice delegato, purchetali da assicurare la prova del pagamento stesso.

Se prima della ripartizione i crediti ammessi sono stati ceduti, il curatore attribuisce lequote di riparto ai cessionari, qualora la cessione sia stata tempestivamente comunicata, uni-tamente alla documentazione che attesti, con atto recante le sottoscrizioni autenticate di ce-dente e cessionario, l’intervenuta cessione. In questo caso, il curatore provvede alla rettificaformale dello stato passivo.».

Art. 106.Sostituzione dell’articolo 116 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 116 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 116 (Rendiconto del curatore). – Compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del ri-

parto finale, nonche in ogni caso in cui cessa dalle funzioni, il curatore presenta al giudice dele-gato l’esposizione analitica delle operazioni contabili e della attivita di gestione della procedura.

Il giudice ordina il deposito del conto in cancelleria e fissa l’udienza fino alla quale ogniinteressato puo presentare le sue osservazioni o contestazioni.

L’udienza non puo essere tenuta prima che siano decorsi quindici giorni dal deposito.Dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza, il curatore da immediata comunicazio-ne ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditori inprededuzione non soddisfatti ed al fallito, avvisandoli che possono prende visione del rendi-conto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all’udienza.

Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accor-do, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l’udienza innanzi al collegio cheprovvede in camera di consiglio.».

Art. 107.Sostituzione dell’articolo 117 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 117 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 117 (Ripartizione finale). – Approvato il conto e liquidato il compenso del curato-

re, il giudice delegato, sentite le proposte del curatore, ordina il riparto finale secondo le nor-me precedenti.

Nel riparto finale vengono distribuiti anche gli accantonamenti precedentemente fatti.Tuttavia, se la condizione non si e ancora verificata ovvero se il provvedimento non e ancorapassato in giudicato, la somma e depositata nei modi stabiliti dal giudice delegato, perche,verificatisi gli eventi indicati, possa essere versata ai creditori cui spetta o fatta oggetto di ri-parto supplementare fra gli altri creditori. Gli accantonamenti non impediscono la chiusuradella procedura.

Il giudice delegato, nel rispetto delle cause di prelazione, puo disporre che a singoli cre-ditori che vi consentono siano assegnati, in luogo delle somme agli stessi spettanti, crediti diimposta del fallito non ancora rimborsati.

Per i creditori che non si presentano o sono irreperibili le somme dovute sono nuovamentedepositate presso l’ufficio postale o la banca gia indicati ai sensi dell’articolo 34. Decorsi cinqueanni dal deposito, le somme non riscosse dagli aventi diritto e i relativi interessi, se non richiesteda altri creditori, rimasti insoddisfatti, sono versate a cura del depositario all’entrata del bilanciodello Stato per essere riassegnate, con decreti del Ministro dell’economia e delle finanze, ad ap-posita unita previsionale di base dello stato di previsione del Ministero della giustizia.

Il giudice, anche se e intervenuta l’esdebitazione del fallito, omessa ogni formalita nonessenziale al contraddittorio, su ricorso dei creditori rimasti insoddisfatti che abbiano presen-tato la richiesta di cui al comma 4, dispone la distribuzione delle somme non riscosse in baseall’articolo 111 fra i soli richiedenti.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali476

Capo IXModifiche al titolo II, capo VIII del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 108.Modifiche all’articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 118 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, numero 1), le parole: «nei termini stabiliti» sono sostituite dalle seguenti:«nel termine stabilito»;

b) al comma 1, numero 2), le parole: «il compenso del curatore e le spese di procedura»sono sostituite dalle seguenti: «tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione»;

c) al comma 1, il numero 4) e sostituito dal seguente:«4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di

soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, ne i crediti prededucibili e le spese diprocedura. Tale circostanza puo essere, accertata con la relazione o con i successivi rapportiriepilogativi di cui all’articolo 33.»;

d) dopo il comma 1 e aggiunto, in fine, il seguente:«Ove si tratti di fallimento di societa il curatore ne chiede la cancellazione dal registro

delle imprese. La chiusura della procedura di fallimento della societa determina anche lachiusura della procedura estesa ai soci ai sensi dell’articolo 147, salvo che nei confronti delsocio non sia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.».

Nota all’art. 108:— Si riporta il testo dell’art. 118 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 118 (Casi di chiusura). – Salvo quanto disposto nella sezione seguente per il caso di

concordato, la procedura di fallimento si chiude:1) se nel termine stabilito nella sentenza dichiarativa di fallimento non sono state propo-

ste domande di ammissione al passivo;2) quando, anche prima che sia compiuta la ripartizione finale dell’attivo, le ripartizioni

ai creditori raggiungono l’intero ammontare dei crediti ammessi, o questi sono in altro modoestinti e sono pagati tutti i debiti e le spese da soddisfare in prededuzione;

3) quando e compiuta la ripartizione finale dell’attivo;4) quando nel corso della procedura si accerta che la sua prosecuzione non consente di

soddisfare, neppure in parte, i creditori concorsuali, ne i crediti prededucibili e le spese diprocedura. Tale circostanza puo essere accertata con la relazione o con i successivi rapportiriepilogativi di cui all’art. 33;

Ove si tratti di fallimento di societa il curatore ne chiede la cancellazione dal registro del-le imprese. La chiusura della procedura di fallimento della societa determina anche la chiu-sura della procedura estesa ai soci ai sensi dell’art. 147, salvo che nei confronti del socio nonsia stata aperta una procedura di fallimento come imprenditore individuale.».

Art. 109.Modifiche all’articolo 119 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 119 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito daiseguenti:

«Quando la chiusura del fallimento e dichiarata ai sensi dell’articolo 118, comma 1, n. 4),prima dell’approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il comitatodei creditori ed il fallito.

Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta e ammesso reclamo anorma dell’articolo 26.

Parte I - Dottrina 477

Con i decreti emessi ai sensi del primo e del comma 3 del presente articolo, sono impar-tite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione. Allo stesso modo siprovvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revoca del fallimento o delladefinitivita del decreto di omologazione del concordato fallimentare.».

Nota all’art. 109:— Si riporta il testo dell’art. 119 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 119 (Decreto di chiusura). – La chiusura del fallimento e dichiarata con decreto

motivato del tribunale su istanza del curatore o del debitore ovvero di ufficio, pubblicato nel-le forme prescritte nell’art. 17.

Quando la chiusura del fallimento e dichiarata ai sensi dell’art. 118, comma 1, n. 4), pri-ma dell’approvazione del programma di liquidazione, il tribunale decide sentiti il comitatodei creditori ed il fallito.

Contro il decreto che dichiara la chiusura o ne respinge la richiesta e ammesso reclamo anorma dell’art. 26.

Con i decreti emessi ai sensi del primo e del terzo comma del presente articolo, sonoimpartite le disposizioni esecutive volte ad attuare gli effetti della decisione.

Allo stesso modo si provvede a seguito del passaggio in giudicato della sentenza di revocadel fallimento o della definitivita del decreto di omologazione del concordato fallimentare.».

Art. 110.Modifiche all’articolo 120 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 120 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito daiseguenti:

«Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non pos-sono essere proseguite.

I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non sod-disfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 e seguenti.

Il decreto o la sentenza con la quale il credito e stato ammesso al passivo costituisce pro-va scritta per gli effetti di cui all’articolo 634 del cod. proc. civ..».

Nota all’art. 110:— Si riporta il testo dell’art. 120 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 120 (Effetti della chiusura). – Con la chiusura cessano gli effetti del fallimento sul

patrimonio del fallito e decadono gli organi preposti al fallimento.Le azioni esperite dal curatore per l’esercizio di diritti derivanti dal fallimento non pos-

sono essere proseguite.I creditori riacquistano il libero esercizio delle azioni verso il debitore per la parte non

soddisfatta dei loro crediti per capitale e interessi, salvo quanto previsto dagli articoli 142 eseguenti.

Il decreto o la sentenza con la quale il credito e stato ammesso al passivo costituisce pro-va scritta per gli effetti di cui all’art. 634 del codice di procedura civile.».

Art. 111.Modifiche all’articolo 121 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 121 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 2, le parole: «non soggetta a gravame» sono soppresse;b) al comma 2, il numero 2) e sostituito dal seguente:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali478

«2) stabilisce i termini previsti dai numeri 4) e 5) del secondo comma dell’articolo 16,eventualmente abbreviandoli non oltre la meta; i creditori gia ammessi al passivo nel fallimen-to chiuso possono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione salvo che intenda-no insinuare al passivo ulteriori interessi.»;

c) dopo il comma 2, e aggiunto, in fine, il seguente:«La sentenza puo essere appellata a norma dell’articolo 18.».

Nota all’art. 111:— Si riporta il testo dell’art. 121 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 121 (Casi di riapertura del fallimento). – Nei casi preveduti dai nn. 3 e 4 dell’art.

118, il tribunale, entro cinque anni dal decreto di chiusura, su istanza del debitore o di qua-lunque creditore, puo ordinare che il fallimento gia chiuso sia riaperto, quando risulta che nelpatrimonio del fallito esistano attivita in misura tale da rendere utile il provvedimento o quan-do il fallito offre garanzia di pagare almeno il dieci per cento al creditori vecchi e nuovi.

Il tribunale, con sentenza in camera di consiglio, se accoglie l’istanza:1) richiama in ufficio il giudice delegato ed il curatore o li nomina di nuovo;2) stabilisce i termini previsti dai numeri 4) e 5) del comma 2 dell’art. 16, eventualmente

abbreviandoli non oltre la meta; i creditori gia ammessi al passivo nel fallimento chiuso pos-sono chiedere la conferma del provvedimento di ammissione salvo che intendano insinuare alpassivo ulteriori interessi.

La sentenza puo essere appellata a norma dell’art. 18.La sentenza e pubblicata a norma dell’art. 17.Il giudice delegato nomina il comitato dei creditori, tenendo conto nella scelta anche dei

nuovi creditori.Per le altre operazioni si seguono le norme stabilite nei capi precedenti.».

Art. 112.Modifiche all’articolo 122 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 122 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito dalseguente:

«Restano ferme le precedenti statuizioni a norma del Capo V.».

Nota all’art. 112:— Si riporta il testo dell’art. 122 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 122 (Concorso dei vecchi e nuovi creditori). – I creditori concorrono alle nuo-

ve ripartizioni per le somme loro dovute al momento della riapertura, dedotto quantohanno percepito nelle precedenti ripartizioni, salve in ogni caso le cause legittime di pre-lazione.

Restano ferme le precedenti statuizioni a norma del Capo V.».

Art. 113.Modifiche all’articolo 123 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 123 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1 la parola: «70» e sostituita dalla seguente: «67-bis»;b) il comma 2 e sostituito dal seguente:«Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito e quelli di cui

all’articolo 69, posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.».

Parte I - Dottrina 479

Nota all’art. 113:— Si riporta il testo dell’art. 123 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 123 (Effetti della riapertura sugli atti pregiudizievoli ai creditori). – In caso di ria-

pertura del fallimento, per le azioni revocatorie relative agli atti del fallito, compiuti dopo lachiusura del fallimento, i termini stabiliti dagli articoli 65, 67 e 67-bis sono computati dalladata della sentenza di riapertura.

Sono privi di effetto nei confronti dei creditori gli atti a titolo gratuito e quelli di cui al-l’art. 69, posteriori alla chiusura e anteriori alla riapertura del fallimento.».

Art. 114.Sostituzione dell’articolo 124 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 124 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 124 (Proposta di concordato). – La proposta di concordato puo essere presentata

da uno o piu creditori o da un terzo, anche prima del decreto che rende esecutivo lo statopassivo, purche i dati contabili e le altre notizie disponibili consentano al curatore di predi-sporre un elenco provvisorio dei creditori del fallito da sottoporre all’approvazione del giu-dice delegato. Essa non puo essere presentata dal fallito, da societa cui egli partecipi o dasocieta sottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazionedi fallimento e purche non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo statopassivo.

La proposta puo prevedere:a) la suddivisione dei creditori in classi, secondo posizione giuridica ed interessi econo-

mici omogenei;b) trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classi diverse, indicando le ragioni

dei trattamenti differenziati dei medesimi;c) la ristrutturazione dei debiti e la soddisfazione dei crediti attraverso qualsiasi forma,

anche mediante cessione dei beni, accollo o altre operazioni straordinarie, ivi compresa l’at-tribuzione ai creditori, nonche a societada questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbli-gazioni, anche convertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

La proposta puo prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non venganosoddisfatti integralmente, purche il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiorea quella realizzabile, in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di vendita,avuto riguardo al valore di mercato attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanziaindicato nella relazione giurata di un esperto o di un revisore contabile o di una societa direvisione designati dal tribunale. Il trattamento stabilito per ciascuna classe non puo aver l’ef-fetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione.

La proposta presentata da un terzo puo prevedere la cessione, oltre che dei beni com-presi nell’attivo fallimentare, anche delle azioni di pertinenza della massa, purche autorizzatedal giudice delegato, con specifica indicazione dell’oggetto e del fondamento della pretesa. Ilterzo puo limitare gli impegni assunti con il concordato ai soli creditori ammessi al passivo,anche provvisoriamente, e a quelli che hanno proposto opposizione allo stato passivo o do-manda di ammissione tardiva al tempo della proposta. In tale caso, verso gli altri creditoricontinua a rispondere il fallito, fermo quanto disposto dagli articoli 142 e seguenti in casodi esdebitazione.».

Art. 115.Sostituzione dell’articolo 125 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 125 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali480

«Art. 125 (Esame della proposta e comunicazione ai creditori). – La proposta di concor-dato e presentata con ricorso al giudice delegato, il quale chiede il parere del comitato deicreditori e del curatore, con specifico riferimento ai presumibili risultati della liquidazione.

Qualora la proposta contenga condizioni differenziate per singole classi di creditori, essadeve essere sottoposta, con i pareri di cui al comma 1, al giudizio del tribunale, che verifica ilcorretto utilizzo dei criteri di cui all’articolo 124, comma 2, lettere a) e b), tenendo conto dellarelazione resa ai sensi dell’articolo 124, comma 3.

Una volta espletati tali adempimenti preliminari, il giudice delegato, acquisito il parerefavorevole del curatore, ordina che la proposta venga comunicata ai creditori, specificandodove possono essere reperiti i dati per la sua valutazione. Nel medesimo provvedimento ilgiudice delegato fissa un termine non inferiore a venti giorni ne superiore a trenta, entro ilquale i creditori devono far pervenire nella cancelleria del tribunale eventuali dichiarazionidi dissenso. Se le proposte sono piu di una, devono essere portate in votazione contempora-neamente.

Se la societa fallita ha emesso obbligazioni o strumenti finanziari oggetto della propostadi concordato, la comunicazione e inviata agli organi che hanno il potere di convocare le ri-spettive assemblee, affinche possano esprimere il loro eventuale dissenso.

Il termine previsto dal comma 3 e prolungato per consentire l’espletamento delle predet-te assemblee.».

Art. 116.Sostituzione dell’articolo 126 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 126 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 126 (Concordato nel caso di numerosi creditori). – Ove le comunicazioni siano di-

rette ad un rilevante numero di destinatari, il giudice delegato puo autorizzare il curatore adare notizia della proposta di concordato, anziche con comunicazione ai singoli creditori, me-diante pubblicazione del testo integrale della medesima su uno o piu quotidiani a diffusionenazionale o locale.».

Art. 117.Sostituzione dell’articolo 127 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 127 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 127 (Voto nel concordato). – Se la proposta e presentata prima che lo stato pas-

sivo venga reso esecutivo, hanno diritto al voto i creditori che risultano dall’elenco prov-visorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice delegato; altrimenti, gli aventi di-ritto al voto sono quelli indicati nello stato passivo reso esecutivo ai sensi dell’articolo 97.In quest’ultimo caso, hanno diritto al voto anche i creditori ammessi provvisoriamente econ riserva.

I creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca, ancorche la garanzia sia contestata, deiquali la proposta di concordato prevede l’integrale pagamento, non hanno diritto al voto senon rinunciano al diritto di prelazione, salvo quanto previsto dal comma 3. La rinunciapuoessere anche parziale, purche non inferiore alla terza parte dell’intero credito fra capitaleed accessori.

Qualora i creditori muniti di privilegio, pegno o ipoteca rinuncino in tutto o in parte allaprelazione, per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chi-rografari; la rinuncia ha effetto ai soli fini del concordato.

I creditori muniti di diritto di prelazione di cui la proposta di concordato prevede, aisensi dell’articolo 124, comma 3, la soddisfazione non integrale, sono considerati chirografariper la parte residua del credito.

Parte I - Dottrina 481

Sono esclusi dal voto e dal computo delle maggioranze il coniuge del debitore, i suoi pa-renti ed affini fino al quarto grado e coloro che sono diventati cessionari o aggiudicatari deicrediti di dette persone da meno di un anno prima della dichiarazione di fallimento.

La stessa disciplina si applica ai crediti delle societa controllanti o controllate o sottopo-ste a comune controllo.

I trasferimenti di crediti avvenuti dopo la dichiarazione di fallimento non attribuisconodiritto di voto, salvo che siano effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari.».

Art. 118.Sostituzione dell’articolo 128 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 128 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 128 (Approvazione del concordato). – Il concordato e approvato se riporta il voto

favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto.Ove siano previste diverse classi di creditori, il concordato e approvato se riporta il voto

favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranza dei crediti ammessi al voto nelleclassi medesime.

I creditori che non fanno pervenire il loro dissenso nel termine fissato dal giudice dele-gato si ritengono consenzienti.

La variazione del numero dei creditori ammessi o dell’ammontare dei singoli crediti, cheavvenga per effetto di una sentenza emessa successivamente alla scadenza del termine fissatodal giudice delegato per le votazioni, non influisce sul calcolo della maggioranza.».

Art. 119.Sostituzione dell’articolo 129 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 129 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 129 (Giudizio di omologazione). – Decorso il termine stabilito per le votazioni, il

curatore presenta al giudice delegato una relazione sul loro esito.Se la proposta e stata approvata, il giudice delegato dispone che ne sia data immediata

comunicazione al proponente, al fallito e ai creditori dissenzienti e fissa un termine non in-feriore a quindici giorni e non superiore a trenta giorni per la proposizione di eventuali op-posizioni, anche da parte di qualsiasi altro interessato, e per il deposito della relazione con-clusiva del curatore; se la proposta di concordato e stata presentata dal curatore, la relazione eredatta e depositata dal comitato dei creditori. Analogamente si procede se sussiste la mag-gioranza per somma e per classi di cui al settimo comma e il proponente richiede che il tri-bunale proceda all’approvazione del concordato.

L’opposizione e la richiesta di omologazione si propongono con ricorso a norma dell’ar-ticolo 26.

Se nel termine fissato non vengono proposte opposizioni, il tribunale, verificata la rego-larita della procedura e l’esito della votazione, omologa il concordato con decreto motivatonon soggetto a gravame.

Se sono state proposte opposizioni ovvero se e stata presentata la richiesta di omologa-zione, si procede ai sensi dell’articolo 26, quinto, sesto, settimo e ottavo comma, in quantocompatibili.

Il tribunale provvede con decreto motivato pubblicato a norma dell’articolo 17.Quando sono previste diverse classi di creditori, il tribunale, riscontrato il raggiungimen-

to della maggioranza di cui all’articolo 128, comma 1, primo periodo, puo omologare il con-cordato nonostante il dissenso di una o piu classi di creditori, se la maggioranza delle classi haapprovato la proposta di concordato e qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classidissenzienti possano risultare soddisfatti dal concordato in misura non inferiore rispetto allealternative concretamente praticabili.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali482

Al fine di quanto previsto dal settimo comma, le classi di creditori non ammessi al voto aisensi del comma 2 dell’articolo 127 sono considerate favorevoli ai soli fini del requisito dellamaggioranza delle classi.».

Art. 120.Sostituzione dell’articolo 130 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 130 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 130 (Efficacia del decreto). – La proposta di concordato diventa efficace dal mo-

mento in cui scadono i termini per opporsi all’omologazione, o dal momento in cui si esauri-scono le impugnazioni previste dall’articolo 129.

Quando il decreto di omologazione diventa definitivo, il curatore rende conto della ge-stione ai sensi dell’articolo 116 ed il tribunale dichiara chiuso il fallimento.».

Art. 121.Sostituzione dell’articolo 131 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 131 del regio decreto n. 267 del 1942 e sostituito dal seguente:«Art. 131 (Reclamo). – Il decreto del tribunale e reclamabile dinanzi alla corte di appello

che pronuncia in camera di consiglio.Il reclamo e proposto con ricorso da depositare presso la cancelleria della corte d’appello

nel termine perentorio di trenta giorni dalla comunicazione del decreto.Il presidente designa il relatore e fissa l’udienza di comparizione delle parti entro sessan-

ta giorni dal deposito, assegnando al ricorrente un termine perentorio non inferiore a diecigiorni dalla comunicazione del decreto per la notifica del ricorso e del decreto al curatoree alle altre parti; assegna altresı alle parti resistenti termine perentorio per il deposito di me-morie non inferiore a trenta giorni.

Il curatore da immediata notizia agli altri creditori del deposito del reclamo e dell’udien-za fissata.

All’udienza il collegio, nel contraddittorio delle parti, assunte anche d’ufficio tutte le in-formazioni e le prove necessarie, provvede con decreto motivato.

Il decreto, comunicato al debitore e pubblicato a norma dell’articolo 17, puo essere im-pugnato entro il termine di trenta giorni avanti la corte di cassazione.».

Art. 122.Abrogazione degli articoli 132, 133 e 134 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Gli articoli 132, 133 e 134 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono abrogati.

Nota all’art. 122:— Gli articoli 132, 133 e 134 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogati dal

presente decreto recava:«Art. 132. Intervento del pubblico ministero.».«Art. 133. Spese per omologazione.».«Art. 134. Rendiconto del curatore.».

Art. 123.Modifiche all’articolo 136 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 136 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «nella sentenza» sono sostituite dalle seguenti: «nel decreto»;b) il comma 3 e sostituito dal seguente:

Parte I - Dottrina 483

«Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolodelle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia e adotta ogni misura idoneaper il conseguimento delle finalitadel concordato.».

Nota all’art. 123:— Si riporta il testo dell’art. 136 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 136 (Esecuzione del concordato). – Dopo la omologazione del concordato il giu-

dice delegato, il curatore e il comitato dei creditori ne sorvegliano l’adempimento, secondo lemodalita stabilite nel decreto di omologazione.

Le somme spettanti ai creditori contestati, condizionali o irreperibili sono depositate neimodi stabiliti dal giudice delegato.

Accertata la completa esecuzione del concordato, il giudice delegato ordina lo svincolodelle cauzioni e la cancellazione delle ipoteche iscritte a garanzia e adotta ogni misura idoneaper il conseguimento delle finalita del concordato.

Il provvedimento e pubblicato ed affisso ai sensi dell’art. 17. Le spese sono a carico deldebitore.».

Art. 124.Sostituzione dell’articolo 137 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 137 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 137 (Risoluzione del concordato). – Se le garanzie promesse non vengono costitui-

te in conformita del concordato o se il proponente non adempie regolarmente agli obblighiderivanti dal concordato e dal decreto di omologazione, il curatore e il comitato dei creditoridevono riferirne al tribunale. Questo procede a norma dell’articolo 26 sesto, settimo e ottavocomma. Al procedimento partecipa anche l’eventuale garante. Nello stesso modo provvede iltribunale su ricorso di uno o piu creditori o anche d’ufficio.

Il decreto che risolve il concordato riapre la procedura di fallimento ed e provvisoria-mente esecutivo.

Il decreto e reclamabile ai sensi dell’articolo 131.Il ricorso per la risoluzione deve proporsi entro un anno dalla scadenza del termine fis-

sato per l’ultimo adempimento previsto nel concordato.Le disposizioni di questo articolo non si applicano quando gli obblighi derivanti dal con-

cordato sono stati assunti da un terzo con liberazione immediata del debitore.Non possono proporre istanza di risoluzione i creditori del fallito verso cui il terzo, ai

sensi dell’articolo 124, non abbia assunto responsabilita per effetto del concordato.».

Art. 125.Modifiche all’articolo 138 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 138 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «Nessun’altra azione di nullita e ammessa» sono sostituite dalleseguenti: «Non e ammessa alcuna altra azione di nullita. Si procede a norma dell’articolo137.»;

b) il comma 2 e sostituito dal seguente:«Il decreto che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed e provvisoria-

mente esecutivo. Esso e reclamabile ai sensi dell’articolo 131.»;c) il comma 3 e sostituito dal seguente:«Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del

dolo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adem-pimento previsto nel concordato.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali484

Nota all’art. 125:— Si riporta il testo dell’art. 138 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 138 (Annullamento del concordato). – Il concordato omologato puo essere annul-

lato dal tribunale, su istanza del curatore o di qualunque creditore, in contraddittorio del de-bitore, quando si scopre che e stato dolosamente esagerato il passivo, ovvero sottratta o dis-simulata una parte rilevante dell’attivo. Non e ammessa alcuna altra azione di nullita. Si pro-cede a norma dell’art. 137.

Il decreto che annulla il concordato riapre la procedura di fallimento ed e provvisoria-mente esecutivo.

Esso e reclamabile ai sensi dell’art. 131.Il ricorso per l’annullamento deve proporsi nel termine di sei mesi dalla scoperta del do-

lo e, in ogni caso, non oltre due anni dalla scadenza del termine fissato per l’ultimo adempi-mento previsto nel concordato.».

Art. 126.Sostituzione dell’articolo 139 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 139 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 139 (Provvedimenti conseguenti alla riapertura). – La sentenza che riapre la pro-

cedura a norma degli articoli 137 e 138 provvede ai sensi dell’articolo 121.».

Art. 127.Sostituzione dell’articolo 141 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 141 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 141 (Nuova proposta di concordato). – Reso esecutivo il nuovo stato passivo, il

proponente e ammesso a presentare una nuova proposta di concordato. Questo non puo tut-tavia essere omologato se prima dell’udienza a cio destinata non sono depositate, nei modistabiliti del giudice delegato, le somme occorrenti per il suo integrale adempimento o nonsono prestate garanzie equivalenti.».

Capo XModifiche al titolo II, capo IX del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 128.Modifiche al titolo II, capo IX, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Il titolo II, capo IX, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Capo IX - Della esdebitazioneArt. 142 (Esdebitazione). – Il fallito persona fisica e ammesso al beneficio della libera-

zione dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti a condizioneche:

1) abbia cooperato con gli organi della procedura, fornendo tutte le informazioni e ladocumentazione utile all’accertamento del passivo e adoperandosi per il proficuo svolgimen-to delle operazioni;

2) non abbia in alcun modo ritardato o contribuito a ritardare lo svolgimento della pro-cedura;

3) non abbia violato le disposizioni di cui all’articolo 48;4) non abbia beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti la richiesta;5) non abbia distratto l’attivo o esposto passivita insussistenti, cagionato o aggravato il

dissesto rendendo gravemente difficoltosa la ricostruzione del patrimonio e del movimentodegli affari o fatto ricorso abusivo al credito;

Parte I - Dottrina 485

6) non sia stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolentao per delitti contro l’economia pubblica, l’industria e il commercio, e altri delitti compiuti inconnessione con l’esercizio dell’attivita d’impresa, salvo che per tali reati sia intervenuta lariabilitazione. Se e in corso il procedimento penale per uno di tali reati, il tribunale sospendeil procedimento fino all’esito di quello penale.

L’esdebitazione non puo essere concessa qualora non siano stati soddisfatti, neppure inparte, i creditori concorsuali.

Restano esclusi dall’esdebitazione:a) gli obblighi di mantenimento e alimentari e comunque le obbligazioni derivanti da

rapporti non compresi nel fallimento ai sensi dell’articolo 46;b) i debiti per il risarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale nonche le

sanzioni penali ed amministrative di carattere pecuniario che non siano accessorie a debitiestinti.

Sono salvi i diritti vantati dai creditori nei confronti di coobbligati, dei fideiussori deldebitore e degli obbligati in via di regresso.

Art. 143 (Procedimento di esdebitazione). – Il tribunale, con il decreto di chiusuradel fallimento o su ricorso del debitore presentato entro l’anno successivo, verificate lecondizioni di cui all’articolo 142 e tenuto altresı conto dei comportamenti collaboratividel medesimo, sentito il curatore ed il comitato dei creditori, dichiara inesigibili nei con-fronti del debitore gia dichiarato fallito i debiti concorsuali non soddisfatti integral-mente.

Contro il decreto che provvede sul ricorso, il debitore, i creditori non integralmente sod-disfatti, il pubblico ministero e qualunque interessato possono proporre reclamo a norma del-l’articolo 26.

Art. 144 (Esdebitazione per i crediti concorsuali non concorrenti).— Il decreto di accoglimento della domanda di esdebitazione produce effetti anche

nei confronti dei creditori anteriori alla apertura della procedura di liquidazione chenon hanno presentato la domanda di ammissione al passivo; in tale caso, l’esdebitazioneopera per la sola eccedenza rispetto a quanto i creditori avrebbero avuto diritto di perce-pire nel concorso.».

Art. 129.Abrogazione dell’articolo 145 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 145 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.

Nota all’art. 129:— L’art. 145 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente de-

creto recava: «Condanne penali che ostano alla riabilitazione».

Capo XIModifiche al titolo II, capo X, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 130.Sostituzione dell’articolo 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 146 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 146 (Amministratori, direttori generali, componenti degli organi di controllo, liqui-

datori e soci di societa a responsabilita limitata). – Gli amministratori e i liquidatori della so-cieta sono tenuti agli obblighi imposti al fallito dall’articolo 49. Essi devono essere sentiti intutti i casi in cui la legge richiede che sia sentito il fallito.

Sono esercitate dal curatore previa autorizzazione del giudice delegato, sentito il comi-tato dei creditori:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali486

a) le azioni di responsabilita contro gli amministratori, i componenti degli organi di con-trollo, i direttori generali e i liquidatori;

b) l’azione di responsabilita contro i soci della societa a responsabilita limitata, nei casiprevisti dall’articolo 2476, comma settimo, del cod. civ..».

Art. 131.Sostituzione dell’articolo 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 147 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 147 (Societa con soci a responsabilita illimitata). – La sentenza che dichiara il fal-

limento di una societa appartenente ad uno dei tipi regolati nei capi III, IV e VI del titolo Vdel libro quinto del cod. civ., produce anche il fallimento dei soci, pur se non persone fisiche,illimitatamente responsabili.

Il fallimento dei soci di cui al comma primo non puo essere dichiarato decorso un annodallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazione della responsabilita illimitata anchein caso di trasformazione, fusione o scissione, se sono state osservate le formalita per renderenoti ai terzi i fatti indicati. La dichiarazione di fallimento e possibile solo se l’insolvenza dellasocieta attenga, in tutto o in parte, a debiti esistenti alla data della cessazione della responsa-bilita illimitata.

Il tribunale, prima di dichiarare il fallimento dei soci illimitatamente responsabili, devedisporne la convocazione a norma dell’articolo 15.

Se dopo la dichiarazione di fallimento della societa risulta l’esistenza di altri soci illimi-tatamente responsabili, il tribunale, su istanza del curatore, di un creditore, di un socio fallito,dichiara il fallimento dei medesimi.

Allo stesso modo si procede, qualora dopo la dichiarazione di fallimento di un impren-ditore individuale risulti che l’impresa e riferibile ad una societa di cui il fallito e socio illimi-tatamente responsabile.

Contro la sentenza del tribunale e ammesso appello a norma dell’articolo 18.In caso di rigetto della domanda, contro il decreto del tribunale l’istante puo proporre

reclamo alla corte d’appello a norma dell’articolo 22.».

Art. 132.Sostituzione dell’articolo 148 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 148 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 148 (Fallimento della societa e dei soci). – Nei casi previsti dall’articolo 147, il tri-

bunale nomina, sia per il fallimento della societa, sia per quello dei soci un solo giudice de-legato e un solo curatore, pur rimanendo distinte le diverse procedure. Possono essere nomi-nati piu comitati dei creditori.

Il patrimonio della societa e quello dei singoli soci sono tenuti distinti.Il credito dichiarato dai creditori sociali nel fallimento della societa si intende dichiarato

per l’intero e con il medesimo eventuale privilegio generale anche nel fallimento dei singolisoci.

Il creditore sociale ha diritto di partecipare a tutte le ripartizioni fino all’integrale pagamen-to, salvo il regresso fra i fallimenti dei soci per la parte pagata in piu della quota rispettiva.

I creditori particolari partecipano soltanto al fallimento dei soci loro debitori.Ciascun creditore puo contestare i crediti dei creditori con i quali si trova in concorso.

Art. 133.Modifiche all’articolo 150 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 150 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e aggiunto, in fine, il seguen-te comma:

Parte I - Dottrina 487

«Contro il decreto emesso a norma del comma 1 puo essere proposta opposizione ai sen-si dell’articolo 645 del codice di procedura civile.».

Note all’art. 133:— Si riporta il testo dell’art. 150 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 150 (Versamenti dei soci a responsabilita limitata). – Nei fallimenti delle societa con

soci a responsabilita limitata il giudice delegato puo, su proposta del curatore, ingiungere condecreto ai soci a responsabilita limitata e ai precedenti titolari delle quote o delle azioni di eseguirei versamenti ancora dovuti, quantunque non sia scaduto il termine stabilito per il pagamento.

Contro il decreto emesso a norma del comma 1 puo essere proposta opposizione ai sensidell‘art. 645 del cod. proc. civ..».

Art. 134.Sostituzione dell’articolo 151 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 151 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 151 (Fallimento di societa a responsabilita limitata: polizza assicurativa e fideius-

sione bancaria). – Nei fallimenti di societa a responsabilita limitata il giudice, ricorrendonei presupposti, puo autorizzare il curatore ad escutere la polizza assicurativa o la fideiussionebancaria rilasciata ai sensi dell’articolo 2464, quarto e comma 6, dei cod. civ..».

Art. 135.Modifiche all’articolo 152 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 152 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, il comma 2 e sostituito daiseguenti:

«La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell’atto costitu-tivo o dello statuto:

a) nelle societa di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranzaassoluta del capitale;

b) nelle societa per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilita limitata, nonchenelle societa cooperative, sono deliberate dagli amministratori.

In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b), del comma 2 deve ri-sultare da verbale redatto da notaio ed e depositata ed iscritta nel registro delle imprese anorma dell’articolo 2436 del cod. civ..».

Nota all’art. 135:— Si riporta il testo dell’art. 152 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, come

modificato dal presente decreto:«Art. 152 (Proposta di concordato). – La proposta di concordato per la societa fallita e

sottoscritta da coloro che ne hanno la rappresentanza sociale.La proposta e le condizioni del concordato, salva diversa disposizione dell’atto costitu-

tivo o dello statuto:a) nelle societa di persone, sono approvate dai soci che rappresentano la maggioranza

assoluta del capitale;b) nelle societa per azioni, in accomandita per azioni e a responsabilita limitata, nonche

nelle societa cooperative, sono deliberate dagli amministratori.In ogni caso, la decisione o la deliberazione di cui alla lettera b) del comma 2 deve ri-

sultare da verbale redatto da notaio ed e depositata ed iscritta nel registro delle imprese anorma dell’art. 2436 del cod. civ..».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali488

Art. 136.Modifiche all’articolo 153 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 153 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1 sono soppresse le parole: «Tuttavia i creditori particolari possono opporsia norma dell’articolo 129, comma 2, alla chiusura del fallimento del socio loro debitore.»;

b) il comma 2 e sostituito dal seguente:«Contro il decreto di chiusura del fallimento del socio e ammesso reclamo a norma del-

l’articolo 26.».

Nota all’art. 136:— Si riporta il testo dell’art. 153 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come

modificato dal presente decreto:«Art. 153 (Effetti del concordato della societa). – Salvo patto contrario, il concordato

fatto da una societa con soci a responsabilita illimitata ha efficacia anche di fronte ai soci efa cessare il loro fallimento.

Contro il decreto di chiusura del fallimento del socio e ammesso reclamo a norma del-l’art. 26.».

Capo XIIModifiche al titolo II, capo XI, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 137.Sostituzione della rubrica del capo XI, del titolo II, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. La rubrica del capo XI del titolo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sosti-tuita dalla seguente:

«Dei patrimoni destinati ad uno specifico affare.».

Art. 138.Sostituzione dell’articolo 155 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 155 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 155 (Patrimoni destinati ad uno specifico affare). – Se e dichiarato il fallimento

della societa, l’amministrazione del patrimonio destinato previsto dall’articolo 2447-bis, com-ma 1, lettera a), del cod. civ. e attribuita al curatore che vi provvede con gestione separata.

Il curatore provvede a norma dell’articolo 107 alla cessione a terzi del patrimonio, al finedi conservarne la funzione produttiva.

Se la cessione non e possibile, il curatore provvede alla liquidazione del patrimonio se-condo le regole della liquidazione della societa in quanto compatibili.

Il corrispettivo della cessione al netto dei debiti del patrimonio o il residuo attivo dellaliquidazione sono acquisiti dal curatore nell’attivo fallimentare, detratto quanto spettante aiterzi che vi abbiano effettuato apporti, ai sensi dell’articolo 2447-ter, primo comma, letterad), del cod. civ..».

Art. 139.Sostituzione dell’articolo 156 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 156 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 156 (Patrimonio destinato incapiente; violazione delle regole di separatezza). –

Se a seguito del fallimento della societa o nel corso della gestione il curatore rileva che ilpatrimonio destinato e incapiente provvede, previa autorizzazione del giudice delegato,

Parte I - Dottrina 489

alla sua liquidazione secondo le regole della liquidazione della societa in quanto compa-tibili.

I creditori particolari del patrimonio destinato possono presentare domanda di insinua-zione al passivo del fallimento della societa nei casi di responsabilita sussidiaria o illimitataprevisti dall’articolo 2447-quinquies, commi 3 e 4, del codice civile.

Se risultano violate le regole di separatezza fra uno o piu patrimoni destinati costituitidalla societa e il patrimonio della societa medesima, il curatore puo agire in responsabilitacontro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo della societa ai sensi del-l’articolo 146.».

Art. 140.Abrogazione degli articoli 157, 158 e 159 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Gli articoli 157, 158 e 159 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono abrogati.

Nota all’art. 140:Gli articoli 157, 158 e 159 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogati dal

presente decreto recavano:«Art. 157 Accertamento del passivo».«Art. 158 Domande di rivendicazione, restituzione e separazione di cose mobili».«Art. 159 Concordato».

Capo XIIIModifiche al titolo III, capo I del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 141.Sostituzione dell’articolo 164 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 164 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 164 (Decreti del giudice delegato). – I decreti del giudice delegato sono soggetti a

reclamo a norma dell’articolo 26.».

Art. 142.Sostituzione dell’articolo 166 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 166 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 166 (Pubblicitadel decreto). – Il decreto e pubblicato, a cura del cancelliere, me-

diante affissione all’albo del tribunale e comunicato in via telematica per la iscrizione all’uf-ficio del registro delle imprese. Il tribunale puo, inoltre, disporne la pubblicazione in uno opiu giornali, da esso indicati.

Se il debitore possiede beni immobili o altri beni soggetti a pubblica registrazione, si ap-plica la disposizione dell’articolo 88, comma 2.».

Capo XIVModifiche al titolo III, capo II del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 143.Modifiche all’articolo 167 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 167 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «e la direzione del giudice delegato» sono soppresse;b) dopo il comma 2, e aggiunto, in fine, il seguente:«Con il decreto previsto dall’articolo 163 o con successivo decreto, il tribunale puo stabilire

un limite di valore al di sotto del quale non e dovuta l’autorizzazione di cui al comma 2.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali490

Nota all’art. 143:— Si riporta il testo dell’art. 167 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come

modificato dal presente decreto:«Art. 167 (Amministrazione dei beni durante la procedura). – Durante la procedura di

concordato, il debitore conserva l’amministrazione dei suoi beni e l’esercizio dell’impresa,sotto la vigilanza del commissario giudiziale.

I mutui, anche sotto forma cambiaria, le transazioni, i compromessi, le alienazioni di beniimmobili, le concessioni di ipoteche o di pegno, le fideiussioni, le rinunzie alle liti, le ricognizionidi diritti di terzi, le cancellazioni di ipoteche, le restituzioni di pegni, le accettazioni di eredita e didonazioni e in genere gli atti eccedenti la ordinaria amministrazione, compiuti senza l’autorizza-zione scritta del giudice delegato, sono inefficaci rispetto ai creditori anteriori al concordato.

Con il decreto previsto dall’art. 163 o con successivo decreto, il tribunale puo stabilireun limite di valore al di sotto del quale non e dovuta l’autorizzazione di cui al comma 2.».

Art. 144.Modifiche all’articolo 169 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 169, comma 1, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, dopo la parola:«articoli» e inserita la seguente: «45,».

Note all’art. 144:— Si riporta il testo dell’art. 169 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come

modificato dal presente decreto:«Art. 169 (Norme applicabili). – Si applicano, con riferimento alla data di presentazione

della domanda di concordato, le disposizioni degli articoli 45, 55, 56, 57, 58, 59, 60, 61, 62, 63.».

Capo XVModifiche al titolo III, capo V, del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 145.Modifiche alla rubrica del capo V del titolo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. La rubrica del capo V del titolo III del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sosti-tuita dalla seguente: «Dell’omologazione e dell’esecuzione del concordato preventivo. Degliaccordi di ristrutturazione di debiti.».

Art. 146.Integrazioni al regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Dopo l’articolo 182-bis del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e inserito il seguente:«Art. 182-ter (Transazione fiscale). – Con il piano di cui all’articolo 160 il debitore puo

proporre il pagamento, anche parziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei re-lativi accessori, limitatamente alla quota di debito avente natura chirografaria anche se noniscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione europea. Laproposta puo prevedere la dilazione del pagamento. Se il credito tributario e assistito da pri-vilegio, la percentuale, i tempi di pagamento e le eventuali garanzie non possono essere infe-riori a quelli offerti ai creditori che hanno un grado di privilegio inferiore o a quelli che hannouna posizione giuridica ed interessi economici omogenei a quelli delle agenzie fiscali; se il cre-dito tributario ha natura chirografaria, il trattamento non puo essere differenziato rispetto aquello degli altri creditori chirografari.

Copia della domanda e della relativa documentazione, contestualmente al depositopresso il tribunale, deve essere presentata al competente concessionario del servizio nazio-nale della riscossione ed all’ufficio competente sulla base dell’ultimo domicilio fiscale deldebitore, unitamente alla copia delle dichiarazioni fiscali per le quali non e pervenuto l’esito

Parte I - Dottrina 491

dei controlli automatici nonche delle dichiarazioni integrative relative al periodo sino alladata di presentazione della domanda, al fine di consentire il consolidamento del debito fi-scale. Il concessionario, non oltre trenta giorni dalla data della presentazione, deve trasmet-tere al debitore una certificazione attestante l’entita del debito iscritto a ruolo scaduto o so-speso. L’ufficio, nello stesso termine, deve procedere alla liquidazione dei tributi risultantidalle dichiarazioni ed alla notifica dei relativi avvisi di irregolarita, unitamente ad una cer-tificazione attestante l’entita del debito derivante da atti di accertamento ancorche non de-finitivi, per la parte non iscritta a ruolo, nonche da ruoli vistati, ma non ancora consegnati alconcessionario. Dopo l’emissione del decreto di cui all’articolo 163, copia dell’avviso di ir-regolarita e delle certificazioni devono essere trasmessi al Commissario giudiziale per gliadempimenti previsti dall’articolo 171, comma 1, e dall’articolo 172. In particolare, per itributi amministrati dall’agenzia delle dogane, l’ufficio competente a ricevere copia della do-manda con la relativa documentazione prevista al primo periodo, nonche a rilasciare la cer-tificazione di cui al terzo periodo, si identifica con l’ufficio che ha notificato al debitore gliatti di accertamento.

Relativamente ai tributi non iscritti a ruolo, ovvero non ancora consegnati al concessionariodel servizio nazionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, l’adesione o ildiniego alla proposta di concordato e approvato con atto del direttore dell’ufficio, su conformeparere della competente direzione regionale, ed e espresso mediante voto favorevole o contrarioin sede di adunanza dei creditori, ovvero nei modi previsti dall’articolo 178, comma 1.

Relativamente ai tributi iscritti a ruolo e gia consegnati al concessionario del servizio na-zionale della riscossione alla data di presentazione della domanda, quest’ultimo provvede adesprimere il voto in sede di adunanza dei creditori, su indicazione del direttore dell’ufficio,previo conforme parere della competente direzione regionale.

La chiusura della procedura di concordato ai sensi dell’articolo 181, determina la cessa-zione della materia del contendere nelle liti aventi ad oggetto i tributi di cui al comma 1.

Ai debiti tributari amministrati dalle agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cuiall’articolo 182-bis.».

Capo XVIAbrogazione del titolo IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 147.Abrogazione del titolo IV regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. Il titolo IV del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e abrogato.2. Sono soppressi tutti i riferimenti all’amministrazione controllata contenuti nel regio

decreto 16 marzo 1942, n. 267.

Nota all’art. 147:— Il Titolo IV del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, abrogato dal presente

decreto, recava:«Dell’Amministrazione controllata».

Capo XVIIModifiche al titolo V del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

Art. 148.Sostituzione dell’articolo 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. L’articolo 195 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e sostituito dal seguente:«Art. 195 (Accertamento giudiziario dello stato d’insolvenza anteriore alla liquidazione

coatta amministrativa). – Se un’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa conesclusione del fallimento si trova in stato di insolvenza, il tribunale del luogo dove l’impresa

Il diritto fallimentare delle societa commerciali492

ha la sede principale, su richiesta di uno o piu creditori, ovvero dell’autorita che ha la vigi-lanza sull’impresa o di questa stessa, dichiara tale stato con sentenza. Il trasferimento dellasede principale dell’impresa intervenuto nell’anno antecedente l’apertura del procedimento,non rileva ai fini della competenza.

Con la stessa sentenza o con successivo decreto adotta i provvedimenti conservativi cheritenga opportuni nell’interesse dei creditori fino all’inizio della procedura di liquidazione.

Prima di provvedere il tribunale deve sentire il debitore, con le modalita di cui all’arti-colo 15, e l’autorita governativa che ha la vigilanza sull’impresa.

La sentenza e comunicata entro tre giorni, a norma dell’articolo 136 del cod. proc. civ.,all’autorita competente perche disponga la liquidazione. Essa e inoltre notificata, affissa e resapubblica nei modi e nei termini stabiliti per la sentenza dichiarativa di fallimento.

Contro la sentenza predetta puo essere proposto appello da qualunque interessato, anorma degli articoli 18 e 19.

Il tribunale che respinge il ricorso per la dichiarazione d’insolvenza provvede con decre-to motivato. Contro il decreto e ammesso reclamo a norma dell’articolo 22.

Il tribunale provvede su istanza del commissario giudiziale alla dichiarazione d’insolven-za a norma di questo articolo quando nel corso della procedura di concordato preventivo diun’impresa soggetta a liquidazione coatta amministrativa, con esclusione del fallimento, si ve-rifica la cessazione della procedura e sussiste lo stato di insolvenza. Si applica in ogni caso ilprocedimento di cui al terzo comma.

Le disposizioni di questo articolo non si applicano agli enti pubblici.».

Art. 149.Modifiche all’articolo 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267

1. All’articolo 213 del regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, sono apportate le seguentimodificazioni:

a) al comma 1, le parole: «del Regno» sono soppresse;b) al comma 3, le parole: «2456 e 2457» sono sostituite dalle seguenti: «2494 e 2495».

Nota all’art. 149:— Si riporta il testo dell’art. 213 del citato regio decreto 16 marzo 1942, n. 267 come

modificato dal presente decreto:«Art. 213 (Chiusura della liquidazione). – Prima dell’ultimo reparto ai creditori, il bilan-

cio finale della liquidazione con il conto della gestione e il piano di reparto tra i creditori,accompagnati da una relazione del comitato di sorveglianza, devono essere sottoposti all’au-torita, che vigila sulla liquidazione, la quale ne autorizza il deposito presso la cancelleria deltribunale e liquida il compenso al commissario. Dell’avvenuto deposito e data notizia median-te inserzione nella Gazzetta Ufficiale e nei giornali che siano designati dall’autorita che vigilasulla liquidazione.

Nel termine di venti giorni dall’inserzione nella Gazzetta Ufficiale, gli interessati possonoproporre, con ricorso al tribunale, le loro contestazioni. Esse sono comunicate, a cura del can-celliere, all’autorita che vigila sulla liquidazione, al commissario liquidatore e al comitato disorveglianza, che nel termine di venti giorni possono presentare nella cancelleria del tribunalele loro osservazioni. Il presidente del tribunale nomina un giudice per l’istruzione e per iprovvedimenti ulteriori a norma dell’art. 189 del cod. proc. civ.

Decorso il termine indicato senza che siano proposte osservazioni, il bilancio, il conto digestione e il piano di reparto si intendono approvati, e il commissario provvede alle riparti-zioni finali tra i creditori. Si applicano le norme dell’art. 117, e se del caso degli articoli 2494 e2495 del cod. civ.».

Parte I - Dottrina 493

Capo XVIIIDisciplina transitoria, abrogazioni ed entrata in vigore

Art. 150.Disciplina transitoria

1. I ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare de-positate prima dell’entrata in vigore del presente decreto, nonche le procedure di fallimento edi concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore.

Art. 151.Abrogazione in materia di transazione fiscale

1. L’articolo 3, comma 3, del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, convertito, con modi-ficazioni, dalla legge 8 agosto 2002, n. 178, e abrogato.

Note all’art. 151:— Si riporta il testo dell’art. 3 del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138 (Interventi urgenti

in materia tributaria, di privatizzazione, di contenimento della spesa farmaceutica e per il so-stegno dell’economia anche nelle aree svantaggiate – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 8 lu-glio 2002, n. 158) convertito con modificazioni dall’art. 1 della legge 8 agosto 2002, n. 178,come modificato dal presente decreto:

«Art. 3 (Potenziamento dell’attivita di riscossione dei tributi e sistema di remunerazionedel servizio nazionale della riscossione).

– 1. (Omissis).2. Se il debitore, a seguito del ricorso di cui al comma 1 o su iniziativa di altri creditori, e

dichiarato fallito, ovvero sottoposto a liquidazione coatta amministrativa, il concessionariochiede, sulla base del ruolo, per conto dell’Agenzia delle entrate l’ammissione al passivo dellaprocedura.».

2. Al d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’art. 19:1) al comma 2:1.1) alla lettera d) sono aggiunte, in fine, le seguenti parole: «, nonche sui nuovi beni la

cui esistenza e stata comunicata dall’ufficio ai sensi del comma 4;»;1.2) (Omissis);1.3) alla lettera e) dopo la parola: «compiute», sono inserite le seguenti: «nell’attivita di

notifica della cartella di pagamento e»;2) (Omissis); b) all’art. 20:1) al comma 1 dopo le parole: «lettere a), d)», sono inserite le seguenti: «, d-bis)»;2) al comma 3 le parole da: «dell’importo» fino alla fine sono sostituite dalle seguenti:

«pari ad un quarto dell’importo iscritto a ruolo, ed alla totalita delle spese di cui all’art.17, comma 6, se rimborsate dall’ente creditore.»;

c) (Omissis).3. (abrogato).3-bis. Il pagamento rateale dei debiti per contributi, premi e accessori di legge, iscritti a

ruolo dagli enti gestori di forme di previdenza e assistenza obbligatorie, puo essere consenti-to, in deroga a quanto previsto dall’art. 2, comma 11, del decreto-legge 9 ottobre 1989, n.338, convertito, con modificazioni, dalla legge 7 dicembre 1989, n. 389, nel limite massimodi sessanta mesi con provvedimento motivato degli stessi enti impositori.

4. Negli anni 2002 e 2003 la remunerazione dei concessionari e dei commissari governa-tivi, per i ruoli emessi da uffici statali, anche prima della data di entrata in vigore del d.lgs. 26febbraio 1999, n. 46, si compone:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali494

a) di una indennitafissa, pari, nei due anni, rispettivamente a euro 370 milioni ed a euro335 milioni;

b) di un importo variabile, costituito da un aggio, di percentuale pari a quella vigente al31 dicembre 2001, sulle somme effettivamente riscosse, da erogare entro il 30 aprile dell’annosuccessivo a quello di riferimento.

5. Con decreto ministeriale, da adottare entro il 31 luglio di ciascun anno, l’indennita dicui al comma 4 e ripartita, per una quota non inferiore al 96 per cento, tra i concessionari e icommissari governativi secondo la percentuale con la quale gli stessi hanno usufruito dellaclausola di salvaguardia, e, per la restante quota, tra tutti i commissari governativi e tra i con-cessionari per i quali vige l’obbligo della redazione bilingue degli atti.

6. Per il conseguimento dell’importo variabile di cui al comma 4, ai concessionari e com-missari governativi e fissato l’obiettivo di un incremento della riscossione delle somme iscrittenei ruoli degli uffici statali, rispetto ai livelli della corrispondente riscossione conseguiti nel-l’anno 2001, in misura complessiva non inferiore a euro 520 milioni, per l’anno 2002, ed aeuro 1040 milioni, per l’anno 2003. Con il decreto di cui al comma 5, l’incremento comples-sivo della riscossione e suddiviso nelle quote di competenza di ciascun concessionario e com-missario governativo, nel rispetto dei seguenti criteri:

a) relativamente all’obiettivo stabilito per l’anno 2002, determinazione di uguali quote diincremento delle percentuali derivanti dal rapporto tra quanto riscosso nel 2001 ed il caricomedio netto del triennio 1998-2000, tra i soli concessionari e commissari governativi le cuiattivita di riscossione sono risultate, nell’anno 2001, inferiori alla mediana del medesimo an-no, assumendosi questa nel valore percentuale dato dal rapporto tra la riscossione effettuataed il relativo carico medio netto del predetto triennio; per lo stesso anno 2002, l’obiettivoproprio dei concessionari e dei commissari governativi le cui attivita di riscossione sono risul-tate, nell’anno 2001, pari o superiori alla mediana del medesimo anno, e costituito dal man-tenimento di un identico valore percentuale di riscossione;

b) relativamente all’obiettivo stabilito per l’anno 2003, divisione dello stesso in modo chele uguali quote di incremento di cui alla lettera a), per le concessioni situate al di sopra dellamediana siano pari alla meta di quelle previste per le concessioni al di sotto della stessa me-diana.

7. Fermo l’aggio di cui al comma 4, lettera b), i concessionari e i commissari governativianticipano comunque, senza diritto ad interessi, il versamento degli importi corrispondentiagli obiettivi stabiliti nel comma 6, lettera a), entro il 30 novembre 2002, in misura pari a euro260 milioni, e, entro il 27 dicembre 2002, in misura pari alla differenza tra il valore dell’obiet-tivo assegnato e l’importo di quanto anticipato o effettivamente riscosso al 13 dicembre 2002.Il 50 per cento della quota di obiettivo non conseguito nell’anno 2002 dai concessionari ecommissari governativi e comunque computato in aumento delle loro quote di obiettivoper l’anno 2003. Per la restituzione dell’anticipo, in due quote uguali negli anni 2003 e2004, i concessionari e commissari governativi effettuano compensazione, da regolare conta-bilmente, fino ad estinzione del credito, con gli importi dei riversamenti dovuti nei predettianni. La mancata effettiva riscossione delle somme anticipate comporta l’obbligo di restitu-zione dell’aggio.

7-bis. L’aggio di cui al comma 4, lettera b), per la quota corrispondente alla differenzatra il valore dell’obiettivo assegnato per il 2002 e l’importo effettivamente riscosso in dettoanno, puoessere imputato, in deroga ai principi di competenza, al risultato civilistico e fiscaledell’esercizio 2002.

8. L’aggio di cui al comma 4, lettera b), e aumentato del 50 per cento sulle maggiori ri-scossioni realizzate rispetto agli obiettivi ed e ridotto, per il mancato conseguimento degliobiettivi riferiti all’anno 2003, nelle misure stabilite con il decreto di cui al comma 5, in mi-sura percentuale pari a quella di scostamento dall’obiettivo, con un massimo del 20 per cento.

9. Il concessionario o il commissario governativo che non esegue, in tutto o in parte, allaprescritta scadenza le anticipazioni previste dal comma 7 e punito con la sanzione ammini-

Parte I - Dottrina 495

strativa pecuniaria di cui all’art. 47 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112; in tale caso, si applicanoinoltre le disposizioni degli artt. 30 e 55 del medesimo d.lgs. n. 112 del 1999.

9-bis. La sanzione amministrativa pecuniaria prevista dal comma 9 non si applica in casodi versamento delle anticipazioni di cui al comma 7 entro il termine di trenta giorni dalla pre-scritta scadenza; in tale caso, non si applicano interessi.

10. Al d.lgs. 9 luglio 1997, n. 237, sono apportate le seguenti modificazioni:a) nell’art. 4, comma 1, secondo periodo, le parole: «Fino al 31 dicembre 2002» sono

sostituite dalle seguenti: «Fino al 31 dicembre 2003»;b) nell’art. 4-bis, comma 1, le parole: «1º gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti:

«1º gennaio 2004».11. All’art. 77, comma 1, lettera d), della legge 21 novembre 2000, n. 342, le parole: «1º

gennaio 2003» sono sostituite dalle seguenti: «1º gennaio 2004».12. Sono abrogati il comma 5 dell’art. 17 del decreto legislativo 13 aprile 1999, n. 112 e,

fermo quanto disposto dall’art. 15, l’articolo 16-quinquies del decreto-legge 28 dicembre2001, n. 452, convertito, con modificazioni, dalla legge 27 febbraio 2002, n. 16. Per i ruoliemessi da uffici statali non si applica la maggiorazione dell’aggio di cui all’art. 17, comma2 del d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112.

13. L’Agenzia delle entrate provvede a maggiori accertamenti per 146 milioni di euro,nell’anno 2002, per 635 milioni di euro nell’anno 2003 e per 455 milioni di euro nell’anno2004. A tale fine, fermo restando per i professori della Scuola inquadrati nel ruolo di cui al-l’art. 5, comma 5, del decreto ministeriale 28 settembre 2000, n. 301 del Ministro delle finan-ze il diritto potestativo di opzione per il rientro nei ruoli di provenienza, con automatico ri-conoscimento alla presa d’atto della riammissione a tutti gli effetti del servizio prestato pressola Scuola, la Scuola superiore dell’economia e delle finanze, per gli anni 2002, 2003 e 2004,realizza un programma straordinario di qualificazione, riqualificazione e formazione del per-sonale del Ministero dell’economia e delle finanze e delle Agenzie fiscali, attraverso adeguatareingegnerizzazione dei propri processi produttivi, per le esigenze connesse all’immediato po-tenziamento dell’attivita di accertamento fiscale e di contrasto all’economia sommersa, utiliz-zando le risorse di cui all’unita previsionale di base 6.1.1.1. «Spese generali di funzionamen-to», capitolo 3542, dello stato di previsione del Ministero dell’economia e delle finanze perl’anno finanziario 2002 e corrispondenti unita previsionali di base per gli anni 2003 e 2004.

13-bis. Al d.lgs. 13 aprile 1999, n. 112, sono apportate le seguenti modificazioni:a) all’art. 30, comma 1, primo periodo, le parole: «dall’art. 47» sono sostituite dalle se-

guenti: «dal Capo IV»;b) all’art. 55, comma 1, le parole: «dall’art. 47» sono sostituite dalle seguenti: «dal pre-

sente capo»;c) all’art. 57, comma 1, le parole da: «Fatte salve» fino a: «commissari governativi» sono

sostituite dalle seguenti: «Fino all’anno 2004 e anche in deroga all’art. 12, comma 3, primoperiodo, il servizio di riscossione resta affidato, nei singoli ambiti, ai soggetti che alla data dientrata in vigore della legge di conversione del decreto-legge 8 luglio 2002, n. 138, lo gesti-scono a titolo di commissari governativi.».

13-ter. La riscossione coattiva dei crediti dell’erario relativa alle prestazioni rese dai sog-getti di cui al regio decreto-legge 12 novembre 1936, n. 2144, convertito dalla legge 3 aprile1937, n. 526, fino alla soppressione dell’art. 10, n. 26), del decreto del Presidente della Re-pubblica 26 ottobre 1972, n. 633, si intende consentita nei limiti dell’applicazione della pre-detta disposizione.

Non si fa luogo, in ogni caso, a rimborsi o recuperi di somme gia versate.13-quater. La riscossione coattiva dei fondi a disposizione del Corpo delle capitanerie di

porto avviene ai sensi dell’art. 1, comma 1, del decreto-legge 25 maggio 1994, n. 313, con-vertito, con modificazioni, dalla legge 22 luglio 1994, n. 460.».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali496

Art. 152.Disposizioni abrogative in materia di limitazioni personali del fallito

1. Sono abrogate le seguenti disposizioni:a) art. 2, comma 1, lettera a), del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato

attivo e per la tenuta e la revisione delle liste elettorali, di cui al decreto del Presidente dellaRepubblica 20 marzo 1967, n. 223;

b) art. 3, comma 1, lettera e), della legge 8 agosto 1991, n. 264, limitatamente alle parole:«o dichiarato fallito, ovvero non sia in corso, nei suoi confronti, un procedimento per dichia-razione di fallimento».

Note all’art. 152:— Si riporta il testo dell’art. 2 del decreto del Presidente della Repubblica 20 marzo

1967, n. 223 (Approvazione del testo unico delle leggi per la disciplina dell’elettorato attivoe per la tenuta e la revisione delle liste elettorali – pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 28aprile 1967, n. 106) come modificato dal presente decreto:

«Art. 2. 1. Non sono elettori:a) (abrogata);b) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, alle misure di preven-

zione di cui all’art. 3 della legge 27 dicembre 1956, n. 1423, come da ultimo modificato dal-l’art. 4 della legge 3 agosto 1988, n. 327, finche durano gli effetti dei provvedimenti stessi;

c) coloro che sono sottoposti, in forza di provvedimenti definitivi, a misure di sicurezzadetentive o alla liberta vigilata o al divieto di soggiorno in uno o piu comuni o in una o piuprovince, a norma dell’art. 215 del codice penale, finche durano gli effetti dei provvedimentistessi;

d) i condannati a pena che importa la interdizione perpetua dai pubblici uffici;e) coloro che sono sottoposti all’interdizione temporanea dai pubblici uffici, per tutto il

tempo della sua durata.2. Le sentenze penali producono la perdita del diritto elettorale solo quando sono pas-

sate in giudicato. La sospensione condizionale della pena non ha effetto ai fini della privazio-ne del diritto di elettorato.».

— Si riporta il testo dell’art. 3 della legge 8 agosto 1991, n. 264 (Disciplina dell’attivita diconsulenza per la circolazione dei mezzi di trasporto) come modificato dal presente decreto:

«Art. 3 (Autorizzazione all’esercizio dell’attivita di consulenza per la circolazione deimezzi di trasporto). – 1. Nel riquadro dello sviluppo programmato del settore di cui all’art.2, l’autorizzazione all’esercizio dell’attivita di consulenza per la circolazione dei mezzi di tra-sporto e rilasciata, dalla provincia, al titolare dell’impresa che sia in possesso dei seguenti re-quisiti:

a) sia cittadino italiano o cittadino di uno degli Stati membri della Comunita economicaeuropea stabilito in Italia;

b) abbia raggiunto la maggiore eta;c) non abbia riportato condanne per delitti contro la pubblica amministrazione, contro

l’amministrazione della giustizia, contro la fede pubblica, contro l’economia pubblica, l’indu-stria e il commercio, ovvero per i delitti di cui agli artt. 575, 624, 628, 629, 630, 640, 646, 648e 648-bis del codice penale, per il delitto di emissione di assegno senza provvista di cui all’art.2 della legge 15 dicembre 1990, n. 386, o per qualsiasi altro delitto non colposo per il quale lalegge preveda la pena della reclusione non inferiore, nel minimo, a due anni e, nel massimo, acinque anni, salvo che non sia intervenuta sentenza definitiva di riabilitazione;

d) non sia stato sottoposto a misure amministrative di sicurezza personali o a misure diprevenzione;

e) non sia stato interdetto o inabilitato;f) sia in possesso dell’attestato di idoneita professionale di cui all’art. 5;

Parte I - Dottrina 497

g) disponga di locali idonei e di adeguata capacita finanziaria valutati alla stregua di cri-teri definiti, entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, dalMinistro dei trasporti con proprio decreto, sentite le associazioni di categoria maggiormenterappresentative a livello nazionale.

2. Nel caso di societa, l’autorizzazione di cui al comma 1 e rilasciata alla societa. A talfine, i requisiti di cui alle lettere a), b), c), d) ed e) del comma 1 devono essere posseduti:

a) da tutti i soci, quando trattasi di societa di persone;b) dai soci accomandatari, quando trattasi di societa in accomandita semplice o in acco-

mandita per azioni;c) dagli amministratori, per ogni altro tipo di societa.3. Nel caso di societa, il requisito di cui alla lettera f) del comma 1 deve essere posseduto

da almeno uno dei soggetti di cui alle lettere a), b) e c) del comma 2 e il requisito di cui allalettera g) del comma 1 deve essere posseduto dalla societa.

4. Il rilascio dell’autorizzazione di cui al comma 1 e subordinato al versamento del con-tributo una tantum, di cui al comma 4 dell’art. 8.

4-bis. L’autorizzazione non e richiesta per l’esercente attivita di servizi tecnico-ammini-strativi di altro Stato membro dell’Unione europea secondo le disposizioni di quest’ultimo,che fornisca occasionalmente in Italia, per conto della propria clientela, le prestazioni di con-sulenza di cui alla presente legge.».

Art. 153.Entrata in vigore

1. Il presente decreto entra in vigore dopo sei mesi dalla sua pubblicazione nella GazzettaUfficiale, fatti salvi gli articoli 45, 46, 47, 151 e 152, che entrano in vigore il giorno della pub-blicazione del medesimo decreto nella Gazzetta Ufficiale.

Il presente decreto, munito del sigillo dello Stato, sara inserito nella Raccolta ufficialedegli atti normativi della Repubblica italiana. E fatto obbligo a chiunque spetti di osservarloe di farlo osservare.

Dato a Roma, addı 9 gennaio 2006

Ciampi

Berlusconi, Presidente del Consiglio dei MinistriCastelli, Ministro della giustiziaTremonti,Ministro dell’economia e delle finanzeScajola, inistro delle attivita produttiveVisto, il Guardasigilli: Castelli

Il diritto fallimentare delle societa commerciali498

Relazione illustrativa al D.Lgs. recante: «LA RIFORMA OR-GANICA DELLA DISCIPLINA DELLE PROCEDURE CONCORSUA-LI DI CUI AL REGIO DECRETO 16 MARZO 1942, N. 267»

L’articolo 1, comma 5, della legge 14 maggio 2005, n. 80, delega al Governo l’attuazionedella riforma organica della disciplina delle procedure concorsuali di cui al regio decreto 16marzo 1942, n. 267.

La vigente legge fallim., emanata con Regio decreto 16 marzo 1942, n. 267, e percio ri-salente ad oltre un cinquantennio, non e stata mai sistematicamente riformata, sebbene abbiasubito nel tempo numerosi e rilevanti interventi della Corte Costituzionale e le interpretazioniinterpretative introdotte dalla giurisprudenza.

L’attuale disciplina si ispira ad una finalita essenzialmente liquidatoria dell’impresa insol-vente e ad una tutela accentuata dei diritti dei creditori, determinando un completo sposses-samento del patrimonio del debitore che viene posto in una condizione di assoluta incapacitadi disporre, anche con effetti extra concorsuali e di tipo personale del proprio patrimonio. Intale quadro, la finalita recuperatoria del patrimonio imprenditoriale ha finito per trovare col-locazione secondaria rispetto allo scopo sanzionatorio del fallimento.

Si tratta di una procedura che non risulta piu adeguata alle finalita che la evoluzione so-cio-economica intende realizzare nelle situazioni di insolvenza imprenditoriale: finalita ispira-te ad una maggiore sensibilita verso la conservazione delle componenti positive dell’impresa(beni produttivi e livelli occupazionali); inoltre, il rilevante contenzioso a cui la procedura davita ne determina l’eccessiva durata. L’inadeguatezza del quadro normativo da lungo tempoin vigore ha stimolato vari tentativi, rimasti senza esito, di riforma del sistema, con l’obiettivodi renderlo piu flessibile ed adeguato alla nuova realta economica.

Va tenuto presente che, muovendo dall’attuale sistema normativo concorsuale, qualsiasitentativo di riforma della materia non soltanto deve risultare compatibile con la legislazioneeuropea, ma deve anche ispirarsi ad una nuova prospettiva di recupero delle capacita produt-tive dell’impresa, nelle quali non e piu individuabile un esclusivo interesse dell’imprenditore,secondo la ristretta concezione del legislatore del ’42, ma confluiscono interessi economici esociali piu ampi, che privilegiano il ricorso alla via del risanamento e del superamento dellacrisi aziendale.

Nella legislazione dei Paesi europei si e da tempo affermata la tendenza non dissimilevolta a considerare le procedure concorsuali non piu in termini meramente liquidatori-sanzio-natori, ma piuttosto come destinate ad un risultato di conservazione dei mezzi organizzatividell’impresa, assicurando la sopravvivenza, ove possibile, di questa e, negli altri casi, procu-rando alla collettivita, ed in primo luogo agli stessi creditori, una piu consistente garanzia pa-trimoniale attraverso il risanamento e il trasferimento a terzi delle strutture aziendali.

Con la conferita delega, il legislatore ha inteso allinearsi agli altri Stati membri dell’Unio-ne europea ed introdurre una nuova disciplina concorsuale per la regolamentazione dell’in-solvenza che semplifichi le procedure attualmente esistenti e sopperisca in modo agile e spe-dito alla conservazione dell’impresa e alla tutela dei creditori.

Tale finalita e stata realizzata mediante un duplice intervento posto in essere dal decretolegge 14 marzo 2005, n. 35, convertito dalla legge n. 80/2005. Esso, da un lato, ha modificatodirettamente alcune disposizioni della legge fallim., in particolare l’articolo 67 in materia direvocatoria fallimentare e gli articoli 160, 161, 163, 167, 180, 181, in materia di concordatopreventivo, introducendo altresı l’articolo 182 bis in tema di accordi di ristrutturazione deidebiti; dall’altro, ha dettato al Governo i criteri e i principi direttivi per realizzare la riformaorganica delle procedure concorsuali.

Parte I - Dottrina 499

Le considerazioni sin qui svolte chiariscono quali siano le finalita cui si ispirano i criteri ei principi direttivi della delega, che toccano vari, essenziali profili ed in particolare: l’ambitosoggettivo di estensione della procedura fallimentare; l’accelerazione delle procedure applica-bili alle controversie nella stessa materia (art. 1, comma 6, lett. a) n. 1); l’ampliamento dellecompetenza del Comitato dei creditori, coordinando i poteri degli altri organi della procedu-ra (art. 1, comma 6, lett. a) n. 2); la modifica della disciplina dei requisiti della nomina a cu-ratore (art. 1, comma 6, lett. a) n. 3), conferendo ai creditori il potere di confermare o di ri-chiedere al giudice delegato la sostituzione del curatore medesimo in sede di adunanza perl’esame dello stato passivo (art. 1, comma 6, lett. a) n. 9); la modifica delle conseguenze per-sonali del fallimento (art. 1, comma 6, lett. a) n. 4); la modifica degli effetti della revocazione(art. 1, comma 6, lett. a) n. 5); la riduzione del termine di decadenza per l’esercizio dell’azionerevocatoria (art. 1, comma 6, lett. a) n. 6); la modifica degli effetti del fallimento sui rapportigiuridici pendenti, compresa la disciplina dei patrimoni destinati ad uno specifico affare (art.1, comma 6, lett. a) n. 7); la modifica della disciplina dell’esercizio provvisorio della impresainsolvente (art. 1, comma 6, lett. a) n. 8); la modifica del procedimento dell’accertamento delpassivo, abbreviando i tempi e semplificando le modalita di presentazione delle domande(art. 1, comma 6, lett. a) n. 9); la predisposizione da parte del curatore di un programmadi ristrutturazione contenente le modalita ed i termini previsti per la liquidazione dell’attivo(art. 1, comma 6, lett. a) n. 10); la modifica della ripartizione dell’attivo, abbreviando i tempidella procedura e semplificando gli adempimenti connessi (art. 1, comma 6, lett. a) n. 11); lamodifica della disciplina del concordato fallimentare accelerando i tempi della procedura eprevedendo l’eventuale suddivisione dei creditori in classi (art. 1, comma 6, lett. a) n. 12);la introduzione dell’istituto della esdebitazione (art. 1, comma 6, lett. a) n. 13); la abrogazionedel procedimento sommario e dell’amministrazione controllata e, da ultimo, previsioni in ma-teria fiscali (art. 1, comma 6, lett. a) n. 14).

Tutto cio assicurando il necessario coordinamento con le altre disposizioni vigenti, al finedi garantire la coerenza logica e sistematica della normativa.

Ai principi innanzi esposti si e data attuazione con il presente schema di d.lgs. secondo lelinee di intervento di seguito analiticamente illustrate.

La tecnica utilizzata e quella della novellazione, ritenendo che, nonostante l’ampiezzadella delega, questa non consentisse la completa abrogazione della vigente legge fallim., dicui lasciava immutati alcuni ambiti, come gli effetti del fallimento per i creditori, il concor-dato fallimentare, i reati fallimentari. Proprio in ragione dei rigidi confini posti dalla delega,il presente schema di decreto non puo affrontare sistematicamente la novellazione di ambitimateriali pur ugualmente rilevanti e che il Gruppo di studio istituito presso il Ministero dellagiustizia aveva complessivamente considerato.

Per una migliore comprensione, si precisa che la presente relazione e ordinata con rife-rimento alle disposizioni della legge fallim., di cui si fa espressa menzione via via che si pro-cede al richiamo degli articoli oggetto di novellazione. Allorquando, invece, il testo della re-lazione si riferisce alle disposizioni del d.lgs., di questo e fatta espressa menzione a fianco del-l’articolo richiamato.

Il decreto in esame si divide in diciotto Capi.Il primo Capo contiene le modifiche del Titolo I della legge fallim. e, segnatamente, degli

articoli 1, 3 e 4.

Art. 1Legge fallim.

In ossequio al criterio di delega che richiede l’estensione dell’ambito dei soggetti esone-rati dalla assoggettabilita al fallimento, con l’articolo 1 e stato novellato l’articolo 1 della Leg-ge Fallimentare, ridefinendo l’ambito soggettivo di applicazione dell’istituto fallimentare.

Al riguardo, l’ampliamento dei soggetti esonerati e stato inteso in senso quantitativo enon meramente qualitativo. In altri termini, benche vengano assoggettati a fallimento tutti

Il diritto fallimentare delle societa commerciali500

gli imprenditori commerciali, qualunque sia l’attivita esercitata. Restano quindi esclusi dall’as-soggettabilita alle procedure concorsuali, oltre agli imprenditori agricoli ed agli enti pubbliciche esercitano in via esclusiva o prevalente un’attivita economica, anche tutti i piccoli impren-ditori, siano essi imprenditori individuali che collettivi. In questo modo, confortati dall’indi-cazione del principio di delega, si e inteso risolvere nel senso dell’esclusione la vexata quaestioconcernente la fallibilita delle piccole societa commerciali. Tale dato va, poi, letto in collega-mento con gli accresciuti nuovi limiti dimensionali delle imprese non assoggettate al fallimen-to di cui appresso. Nell’ambito della discussione incentrata sul requisito «dimensionale» delpiccolo imprenditore commerciale esonerato dal fallimento, e stata prospettata la possibilitadi applicare diversi criteri di riferimento: il capitale investito; il numero di dipendenti impie-gato dall’imprenditore; il totale dell’attivo di impresa; l’ammontare dell’indebitamento com-plessivo, un criterio «misto», che faccia riferimento al patrimonio investito, salvo che l’impre-sa non abbia conseguito una soglia minima di utili; altri criteri basati su indici civilistici divalutazione degli utili di bilancio.

All’esito della discussione sono stati prescelti, in via assolutamente alternativa tra di loro,i due criteri che rispecchiano in maniera piu congrua l’effettiva consistenza delle dimensionieffettivamente assunte dall’impresa insolvente e del patrimonio aziendale, ma che siano co-munque facilmente accertabili in sede prefallimentare sia sulla base delle scritture contabilie dei registri fiscali, sia sulla base delle informative richieste di prassi alla Guardia di finanza.Si tratta, per un verso, del criterio degli investimenti di capitale effettuati nell’azienda per unammontare non superiore a trecentomila euro e, per l’altro, di quello della media dei ricavilordi non superiore a duecentomila euro conseguiti negli ultimi tre anni o dall’inizio dell’at-tivita se questa ha avuto una durata inferiore. In quest’ultimo caso, per evitare qualsiasi tipodi interferenza tra l’accertamento dei ricavi compiuto in sede fallimentare e quello eventual-mente compiuto in sede tributaria, si e reso necessario precisare che tale presupposto puorisultare «in qualunque modo». I due criteri, peraltro, sono tra loro complementari, in quantomentre il primo si adatta maggiormente alla fase iniziale dell’attivita di impresa, quando nonsono stati realizzati ancora ricavi di rilievo, il secondo si attaglia meglio ad un’attivita di im-presa dove gli investimenti risalgano ad un tempo piu lontano. Infine, per evitare che i para-metri di valore innanzi indicati possano divenire inadeguati nel tempo, il Ministero della giu-stizia e stato delegato ad aggiornali, con cadenza triennale, sulla base della media delle varia-zioni degli indici ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie di operai e impiegati interve-nute nel periodo di riferimento.

Art. 3Legge fallim.

L’articolo reca la modifica dell’articolo 3 della legge fallim. al solo fine di eliminare sianella rubrica che nel corpo della disposizione ogni riferimento alla soppressa procedura diamministrazione controllata. Ulteriori esigenze di coordinamento hanno infine suggerito lasoppressione del comma 2 dell’articolo in rassegna.

Art. 3Decreto legislativo

L’articolo contiene l’abrogazione dell’articolo 4 della legge fallimentare. L’abrogazionedel comma 1 e conseguenza dell’abrogazione della professione dell’agente di cambio. L’abro-gazione del comma secondo, che prevede il c.d. «fallimento fiscale», e conseguenza dell’abro-gazione dell’articolo 97, comma terzo, del d. P.R. 29 settembre, n. 602, in virtu dell’articolo16 del decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 471. Detto articolo 97, comma terzo, che di-sciplinava il fallimento del contribuente per debito di imposta, era gia stato dichiarato costi-tuzionalmente illegittimo con sentenza 9 marzo 1992, n. 89.

Parte I - Dottrina 501

Il secondo Capo contiene le modifiche del Titolo II, Capo I, della legge fallimentare e,segnatamente, degli articoli da sei a ventidue.

Art. 6Legge fallim.

L’articolo si propone la soppressione del fallimento d’ufficio risolvendo in tal senso, do-po lunghe dispute e ripetuti interventi della Corte Costituzionale (Ord. n. 411/2002; Sent. n.240/2003), ogni possibile contrasto di tale previsione con il principio del giusto processo san-cito dal nuovo articolo 111 della Carta Costituzionale.

Nel comma secondo viene previsto nell’ottica di semplificazione ed accelerazione dellaprocedura, la facolta di indicare nel ricorso il numero di fax o l’indirizzo di posta elettronicapresso cui l’istante dichiara di voler ricevere le comunicazioni e gli avvisi previsti dalla leggesia prima che dopo l’apertura della procedura concorsuale. Tale norma generale e riprodottaanche nel nuovo articolo 93, comma 3, n. 5.

Art. 7Legge fallim.

L’articolo in commento disciplina tutti i casi di iniziativa obbligatoria del pubblico mi-nistero, ed in tal senso e stata modificata la rubrica. Al comma 1, esso aggiunge, tra i fattorisintomatici dell’insolvenza emersi in sede penale che rendono attivabile l’iniziativa del Pub-blico Ministero, la nozione tecnica di «irreperibilita» dell’imprenditore.

La previsione della soppressione della dichiarazione di fallimento d’ufficio di cui allanovella dell’articolo 5 della legge fallim. risulta bilanciata dall’affidamento al pubblico mini-stero del potere di dar corso all’istanza di fallimento su segnalazione qualificata provenientedal giudice al quale, nel corso di un giudizio civile, risulti l’insolvenza di un imprenditore. Inmancanza di un principio di delega che consentisse di ampliare ulteriormente il potere d’ini-ziativa del pubblico ministero, non si e ritenuto possibile prevedere l’iniziativa di tale organoneppure nei casi di rinunzia alla domanda da parte dei soggetti legittimati che l’hanno pre-sentata.

Art. 8Decreto legislativo

L’abrogazione dell’articolo 8 della legge fallimtare consegue alle modifiche introdotte nelnovellato articolo 7.

Art. 9Legge fallim.

Nel novellato comma 2 viene disciplinata l’ipotesi in cui l’imprenditore trasferisca la sededell’impresa nell’imminenza della presentazione dell’istanza di fallimento disponendo – inanalogia a quanto gia previsto dall’articolo 161, nel testo modificato dal D.L. n. 35/2005 –che la competenza per territorio per la dichiarazione di fallimento rimane radicata in capoal tribunale della sede di provenienza allorquando il trasferimento della sede sia intervenutonell’anno antecedente all’esercizio dell’iniziativa per la dichiarazione di fallimento. I commiterzo e quarto, nel ribadire il principio di nazionalita che permette di dichiarare il fallimentodell’imprenditore che ha all’estero la sede principale dell’impresa anche nel caso in cui siastata gia pronunciata dichiarazione di fallimento all’estero, fanno tuttavia salve non solo lediverse disposizioni contenute convenzioni internazionali (ad esempio: Convenzione Regnod’Italia e la Repubblica S. Marino del 30 giugno 1930 nonche la Convenzione di Bruxelles27 settembre 1968), ma anche quelle contenute nella legislazione europea in materia di insol-venza transfrontaliera, attualmente disciplinata dal Regolamento n. 1346/2000. La disciplina

Il diritto fallimentare delle societa commerciali502

della competenza giurisdizionale nelle ipotesi di insolvenza transnazionale e completata dallanorma in tema di perpetuatio iurisdictionis secondo la quale il trasferimento della sede dell’im-presa all’estero non esclude la sussistenza della giurisdizione italiana, se e avvenuto prima do-po il deposito del ricorso di cui all’articolo 6 o della presentazione della richiesta di cu all’ar-ticolo 7.

Art. 9 bisLegge fallim.

Regola la disciplina del fallimento dichiarato da tribunale incompetente e dispone gliadempimenti conseguenti alla dichiarazione di incompetenza. Si prevede, al fine di non crea-re dannose soluzioni di continuita nella procedura e di facilitare i successivi adempimenti che,all’esito del giudizio di appello ex articolo 18 la Corte, anziche revocare la sentenza di falli-mento pronunciata dal tribunale incompetente, disponga con decreto la immediata trasmis-sione degli atti al tribunale ritenuto competente.

Secondo la vigente normativa la sentenza di fallimento pronunciata da un tribunale di-chiarato incompetente e nulla. Tuttavia, la dichiarazione di nullita travolge le attivita proces-suali compiute nell’ambito della procedura fallimentare aperta dalla sentenza dichiarata nulla,comprese le iniziative giudiziali assunte dal curatore.

Le conseguenze di tale disciplina risultano particolarmente gravi e possono allungare inmaniera consistente la durata della procedura, in quanto il tribunale competente, se non hagia provveduto autonomamente, deve iniziare ex novo il procedimento per la dichiarazione difallimento. Nel frattempo, potrebbero essere decorsi i termini di cui agli articoli 10, 11 e 147legge fallim., il cui decorso non e interrotto dalla sentenza nulla, proprio a cagione della suanullita. Parimenti, i termini a ritroso stabiliti dagli articoli 64 e seguenti legge fallim. per lainefficacia o la revoca degli atti pregiudizievoli ai creditori si computano a far data non dallasentenza di fallimento dichiarata nulla, ma solo da quella eventualmente successiva emessadal tribunale riconosciuto competente. Per ovviare a tali gravi inconvenienti, si e introdottoil nuovo articolo in rassegna nel quale si dispone che la dichiarazione di incompetenza – al-l’esito del giudizio di appello o del regolamento di competenza – non comporta la nullita del-la dichiarazione di fallimento pronunciata dal tribunale riconosciuto, ma che la procedura difallimento prosegue dinanzi a quest’ultimo tribunale. Cio in considerazione del fatto che nelvigente ordinamento processuale la competenza non viene considerata come un presuppostodel processo, la cui mancanza e causa di nullita dello stesso. Tale principio e sancito gia nel-l’articolo 50 del codice di rito. A tale stregua e nella prospettiva acceleratoria dettata dalladelega, la disciplina del fallimento dichiarato dal tribunale incompetente puo essere oppor-tunamente modificata nei termini precisati nell’articolo 9-bis.

Per cui, fermo restando il carattere inderogabile di detta competenza, non pare piu giu-stificabile che esso debba inesorabilmente comportare la assoluta nullita della sentenza pro-nunciata tribunale incompetente.

In realta, cio che conta non e tanto il fatto che il fallimento sia stato dichiarato da untribunale o da un altro, quanto che esso sia stato «correttamente» dichiarato, ossia in presen-za di tutti i presupposti sostanziali di legge. La sentenza di fallimento emessa dal tribunaleincompetente, quindi, non va dichiarata nulla, ma al contrario deve essere riconosciuta co-munque valida ed idonea a fondare una procedura altrettanto valida; circostanza, questa ul-teriormente confermata dalla disposizione secondo la quale restano «salvi gli effetti degli attiprecedentemente compiuti» dai primitivi organi della procedura. La disciplina e completatadalla previsione secondo cui il tribunale dichiarato incompetente (al pari di quello che all’e-sito dell’istruttoria prefallimentare si dichiari incompetente) deve immediatamente trasmette-re gli atti a quello dichiarato competente, affinche la procedura fallimentare prosegua dinanzia quest’ultimo, fatta salva l’ipotesi – ora espressamente disciplinata – in cui il medesimo tri-bunale richieda d’ufficio il regolamento (negativo) di competenza ai sensi dell’articolo 45 cod.proc. civ.

Parte I - Dottrina 503

Si dispone, infine, con una norma anch’essa tesa a facilitare la prosecuzione dei giudizipromossi ex articolo 24 presso il tribunale dichiarato incompetente, che il giudice del tribu-nale dichiarato incompetente assegni alle parti un termine per la riassunzione della causa di-nanzi a quello competente ai sensi dell’articolo 50 cod. proc. civ., ordinando contestualmentela cancellazione della causa dal ruolo.

Art. 9 terLegge fallim.

L’articolo reca la disciplina del conflitto positivo di competenza dando preferenza, nelleipotesi in cui due o piu tribunali egualmente competenti dichiarano il fallimento del mede-simo debitore, a quello che si e pronunziato per primo.

La norma recepisce l’orientamento della Suprema Corte secondo cui, nei casi in cui ilfallimento della stessa persona fisica venga dichiarato da due distinti Tribunali (imprenditoriindividuale titolare di piu imprese con sedi diverse; socio illimitatamente responsabile di duesocieta fallite; imprenditore individuale socio illimitatamente responsabile di societa fallita) ilconflitto che ne deriva – configurabile come conflitto reale positivo – va risolto secondo ilprincipio di prevenzione (cfr. ex plurimis Cassazione, nn. 3461/2002, 1981/2000, 3455/1999, 8795/1997, 10942/91).

Pur tuttavia, il tribunale che si e pronunziato successivamente, qualora non ritenga didover trasmettere, in virtu di tale criterio, gli atti al tribunale che si e pronunziato per primo,puo richiedere d’ufficio il regolamento di competenza ai sensi dell’articolo 45 cod. proc. civ.

Art. 10Legge fallim.

L’articolo in oggetto sulla scorta dei principi contenuti nella pronuncia della Consul-ta 21 luglio 2000, n. 319 – che ha dichiarato l’incostituzionalita dell’articolo in commentonella parte in cui non prevedeva che le societa non potessero piu essere dichiarate fallitedecorso un anno dalla cancellazione del registro delle imprese – accomuna gli imprendi-tori individuali e collettivi nella determinazione del termine annuale per dichiarazione difallimento: termine che, in entrambi i casi, decorre dalla cancellazione dal registro delleimprese. Il comma 2 fa espressamente salva, per l’imprenditore individuale, la disciplinaattualmente vigente secondo cui in tale ipotesi il termine annuale decorre comunque dalladata di effettiva cessazione dell’attivita commerciale. Per le societa non iscritte (soc. difatto o irregolari), invece, appare preferibile non dettare una specifica disposizione, siccheesse continuano ad essere assoggettate a fallimento senza alcun limite temporale. La loroequiparazione all’imprenditore individuale, per il quale il termine inizia a decorrere dallacessazione di fatto dell’attivita, finirebbe per avvantaggiare le societa non iscritte rispettoa quelle iscritte nel registro delle imprese, per le quali il termine il termine comincia adecorrere solo dalla cancellazione, adempimento conclusivo della liquidazione. D’altraparte, la mancata iscrizione nel registro delle imprese dipende da una scelta dei soci,per cui l’impossibilita di usufruire del termine annuale dipende dalla loro volonta. La leg-ge, infine, non puo non sanzionare la violazione delle norme che impongono l’iscrizionenel registro.

Art. 11Legge fallim.

A proposito del fallimento dell’imprenditore defunto, viene espressamente previsto l’e-sonero dell’erede che chiede il fallimento del defunto dagli obblighi di deposito della docu-mentazione contabile previsti dagli articoli 14 e 16, comma 2, n. 3).

Il diritto fallimentare delle societa commerciali504

Art. 11Decreto legislativo

La norma reca l’abrogazione dell’articolo 13 del regio decreto del 1942 in tema di ob-bligo di trasmissione dell’elenco dei protesti in linea con i principi dettati dalla delega.

Art. 14Legge fallim.

Nell’ipotesi di fallimento richiesto dall’imprenditore e stata semplificata la disciplina de-gli obblighi di deposito imposti al debitore, prevedendo tuttavia l’onere di indicazione deiricavi lordi degli ultimi tre anni; cio al fine di poter effettuare, sotto il profilo del requisitosoggettivo, le verifiche relative al profilo dimensionale dell’impresa esercitata.

Art. 15Legge fallim.

Con l’articolo in esame e stata espressamente e compiutamente regolamentata la fase del-l’istruttoria prefallimentare, salvaguardando i principi del contraddittorio tra le parti, dellaparitaria difesa, del diritto alla prova e della speditezza del procedimento.

In esecuzione del principio di delega che prescrive l’accelerazione e l’abbreviazione delleprocedure, e stata effettuata un’ampia ed approfondita riflessione circa la scelta di un possi-bile modello per i procedimenti endofallimentari.

L’impostazione della legge fallim. del 1942 privilegia il modello c.d. «camerale», che tro-va il suo punto di riferimento normativo nella disciplina contenuta negli articoli 737 e seguen-ti cod. proc. civ. Invero, la giurisprudenza considera oggi la giurisdizione camerale come un«contenitore neutro» nel quale possono trovare spazio sia i provvedimenti di cd. «volontariagiurisdizione», sia i provvedimenti di natura «contenziosa». Questo «contenitore» appare ingrado, da un lato, di assicurare la speditezza e la concentrazione del procedimento, e, dall’al-tro, di rispettare i limiti imposti all’incidenza della forma procedimentale dalla natura dellacontroversia, che, quando ha ad oggetto diritti, impone l’applicazione di precise garanzie co-stituzionali, da ultimo espressamente descritte nell’art. 111 della Costituzione. La ricerca diun modello unitario per le controversie endofallimentari ha indotto a conservare il modellocamerale configurato in modo da assicurare speditezza del rito, pienezza di contraddittorioe diritto alla prova, appellabilita della sentenza.

Attraverso la conferma del modello camerale come «contenitore neutro» si e, dunque,ritenuto che possano essere utilmente perseguiti diversi obiettivi imposti dalla Costituzionee dalla legge di delegazione: la concentrazione, l’immediatezza e la speditezza del procedi-mento e la piu generale e sempre immanente necessita di «deflazionare» la giurisdizione.

L’articolo in rassegna dispone innanzitutto che l’istruttoria prefallimentare si svolge di-nanzi al tribunale in composizione collegiale con le modalita dei procedimenti in camera diconsiglio.

Le disposizioni contenute nei commi dal secondo sino al quinto disciplinano la fase in-troduttiva della procedura, garantendo al debitore congrui termini a difesa nonostante le esi-genze di celerita della procedura.

Il decreto di convocazione del debitore – emesso dal Presidente o dal Giudice relatoredelegato alla trattazione del procedimento – deve contenere l’indicazione che il procedimentoe volto all’accertamento dei presupposti per la dichiarazione di fallimento e fissa un termine,non inferiore a sette giorni prima della udienza, per la presentazione di memorie e il depositodi documenti e relazioni tecniche da parte del debitore, il quale deve, in ogni caso, depositareuna situazione patrimoniale aggiornata.

Parte I - Dottrina 505

Al fine di scongiurare un indesiderato prolungamento della durata della fase prefallimen-tare e stato introdotto anche il termine finale entro il quale deve essere disposta la convoca-zione del fallendo.

Sono altresı disciplinate le modalita per l’immediata instaurazione del contraddittorio trale parti. Pur tuttavia sempre in un’ottica acceleratoria viene consentito al tribunale di disporreimmediatamente gli accertamenti necessari a fine di valutare la sussistenza dei presuppostiper la dichiarazione di fallimento. In caso, poi, di particolare urgenza, tutti i termini previstinei commi 3 e 4 possono essere abbreviati dal Tribunale con decreto motivato. Viene altresıpositivamente disciplinata la facolta del tribunale di delegare al giudice relatore l’audizionedelle parti e la trattazione della procedura. Tenuto conto della particolare natura delle que-stioni trattate in sede prefallimentare viene espressamente prevista la facolta per le parti danominare, oltre il difensore di fiducia, anche propri consulenti tecnici di parte. Di particolaremomento e la disposizione che consente al tribunale di emettere, ad istanza di parte, provve-dimenti cautelari e conservativi, a tutela del patrimonio o dell’impresa. Tali provvedimentihanno un efficacia limitata nel tempo connessa alla durata del procedimento dovendo essereconfermati o revocati dalla sentenza dichiarativa di fallimento, ovvero revocati con il decretoche rigetta l’istanza.

Di rilievo, infine, e la previsione in funzione deflattiva secondo la quale non si fa luogo adichiarazione di fallimento se la complessiva esposizione debitoria e risultante dagli atti del-l’istruttoria prefallimentare e relativa a debiti scaduti e non pagati, sia inferiore ad una sogliadi valore predeterminata e periodicamente aggiornabile fissata attualmente in euro venticin-quemila.

Quest’ultima innovazione persegue la finalita, prospettata incidentalmente dalla CorteCostituzionale nella pronunce nn. 302/1985, 488/1993 e 368/1994, tesa ad evitare l’aperturadi procedure fallimentari nei casi in cui si possa ragionevolmente presumere che i loro costisuperino i ricavi distribuibili ai creditori.

La previsione in esame peraltro avra come ulteriore effetto quello di uniformare le prassiallo stato utilizzate nei vari Tribunali, secondo cui non si fa luogo alla pronuncia di fallimentonell’ipotesi in cui l’esposizione debitoria risultante dagli atti dell’istruttoria prefallimentare siainferiore ad un certo ammontare di volta in volta individuato.

Una tale soluzione evita di interferire sul profilo dell’accertamento dello stato di insol-venza, quale presupposto oggettivo del fallimento.

Va inoltre evidenziato come la barriera posta a contenimento dell’eccessiva proliferazio-ne delle procedure fallimentari di scarso impatto economico, in ogni caso non esclude il pa-rallelo diritto del creditore di intraprendere l’azione esecutiva individuale nei confronti deldebitore-imprenditore.

Art. 16Legge fallim.

Con il presente articolo, in un’ottica di razionalizzazione dell’accertamento del passivo, estata prevista la perentorieta del termine per il deposito delle domande di guisa che le stessenon potranno piu essere presentate sino alla pronuncia del decreto di esecutivita dello statopassivo (lett. a), n. 5). Viene elevato, inoltre, a tre giorni il termine assegnato al fallito per ildeposito dei bilanci e delle scritture contabili e fiscali obbligatorie (lett. a), n. 3). Viene altresıelevato il termine per la fissazione dell’adunanza di verificazione dei crediti a centoventi gior-ni dal deposito della sentenza considerato che il termine precedentemente previsto venivanella prassi costantemente disapplicato (lett. a), n. 4).

Viene, poi, espressamente sancita la perentorieta del termine di giorni trenta prima del-l’adunanza di verificazione dei crediti per la presentazione in cancelleria delle domande diinsinuazione da parte dei creditori e dei terzi (lett. a), n. 5). Inoltre, si ribadisce il principiogenerale secondo cui la sentenza dichiarativa di fallimento e efficace fin dal momento del de-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali506

posito in cancelleria, ma si precisa che, nei riguardi dei terzi, la stessa acquista efficacia dalladata della pubblicazione che viene fatta coincidere con l’iscrizione nel registro delle imprese.

Viene abrogato il comma 4 dell’articolo in commento che disponeva l’emananzione del-l’ordine di cattura del fallito da parte del tribunale con la stessa sentenza di fallimento o consuccessivo decreto e che doveva ritenersi gia venuto meno in virtu dell’articolo 214 delle disp.att. cod. proc. pen. ai sensi del quale sono abrogate le disposizioni di legge o decreti che pre-vedono l’arresto o la cattura da parte di organi giudiziari che non esercitano funzioni penali:l’espressa abrogazione percio non e altro che un mero adeguamento del testo normativo.

Art. 17Legge fallim.

Con la norma in commento vengono completamente rivisitati gli istituti della comunica-zione e della pubblicazione della sentenza dichiarativa del fallimento al fine di assicurare, daun canto, l’effettiva conoscenza della sentenza e dall’altro, la maggiore diffusione possibile ditale informazione per tutelare l’affidamento dei terzi e dare certezza ai rapporti giuridici.

La modifica del comma 1 dell’articolo in commento mira a consentire al fallito la cono-scenza integrale della sentenza di fallimento, affinche egli possa esercitare adeguatamente etempestivamente il suo diritto di difesa (art. 24 Cost.) mediante l’impugnazione disciplinatadall’articolo 18 novellato.

La modifica del comma 2 costituisce un inevitabile adeguamento della disposizione aipiu moderni strumenti di pubblicita degli atti per cui, abrogate le anacronistiche disposizioniche richiedevano l’affissione dell’estratto della sentenza di fallimento «alla porta esterna deltribunale» (la prassi degli uffici giudiziari vedeva la stessa sentenza affissa all’albo del tribu-nale), vengono dettate norme piu precise per la annotazione della sentenza attraverso la suaiscrizione presso l’ufficio del registro delle imprese; registro immediatamente accessibile an-che per via telematica.

La soppressione del comma 3 del vigente articolo 17 costituisce l’effetto dell’abolizionedel foglio degli annunzi legali disposta dall’articolo 31, comma 1, della legge 24 novembre2000, n. 240 e si pone dunque come mero adeguamento del testo normativo.

Art. 18Legge fallim.

L’obiettivo della speditezza del procedimento, imposto dalla delega, viene perseguitosopprimendo – anche come conseguenza della procedimentalizzazione dell’istruttoria prefal-limentare che si svolge a cognizione piena – l’attuale giudizio di primo grado di opposizionealla sentenza dichiarativa di fallimento, che sara, pertanto, direttamente impugnabile dinanzialla corte di appello. Il termine di trenta giorni per l’appello decorre, per il debitore dalla datadella notificazione della sentenza di fallimento a norma dell’articolo 17, comma 1, mentre perogni altro interessato dalla data di iscrizione della stessa nel registro delle imprese ai sensi delmedesimo articolo.

Viene altresı chiarito che anche l’appello avverso la sentenza dichiarativa di fallimentonon puo, comunque, essere proposto decorso un anno dalla pubblicazione della sentenzaai sensi dell’articolo 327 del codice di rito. Viene, inoltre, dettagliatamente disciplinato allaluce del principio di accelerazione il giudizio di appello, prescrivendo termini ridotti per lafissazione della udienza di comparizione delle parti nonche per l’espletamento delle comuni-cazioni e delle notifiche e per il deposito degli atti difensivi il tutto garantendo il costante ri-spetto del principio del contraddittorio. Tenuto conto degli interessi pubblici sottesi alla di-chiarazione di fallimento viene precisato che il collegio puo assumere anche d’ufficio i mezzidi prova indispensabili ai fini della decisione.

E inoltre stabilito che in casi di particolare complessita la Corte puo riservarsi di depo-sitare la motivazione entro quindici giorni.

Parte I - Dottrina 507

Viene ribadita nell’ipotesi di revoca del fallimento la salvezza degli atti legalmente com-piuti dagli organi della procedura, norma originariamente contenuta nell’abrogato articolo 21comma 1 legge fallim.

L’ultimo comma della norma in esame contiene la originaria disposizione dell’abrogatoarticolo 21, comma 2, legge fall. secondo cui le spese della procedura e il compenso del cu-ratore sono liquidati dal tribunale, su relazione del giudice delegato, con decreto non sogget-to a reclamo.

Art. 19Legge fallim.

Una particolare attenzione e dedicata al tema dell’inibitoria della sentenza impugnata,per cui si prevede che il giudice di appello, su richiesta di parte o del curatore, puo adottareprovvedimenti diretti a sospendere in tutto o in parte, ovvero temporaneamente la attivita diliquidazione nel caso in cui ricorrano gravi motivi.

Allo stesso modo, nel caso di ricorso per cassazione il ricorrente puo chiedere alla cortedi appello la sospensione dell’efficacia della sentenza impugnata.

Art. 18Decreto legislativo

L’abrogazione dell’articolo consegue alla scelta, gia illustrata sub articolo 18, di soppri-mere l’impugnazione per opposizione della sentenza dichiarativa di fallimento.

Art. 22Legge fallim.

Viene profondamente rivisitato il sistema dei gravami contro il decreto del tribunale cherespinge il ricorso per la dichiarazione di fallimento. In particolare, viene prevista una normariguardante le comunicazioni dello stesso decreto sulla falsariga dell’articolo 15.

Ferma restando la reclamabilita del decreto di rigetto dinanzi alla corte di appello cheprovvede in camera di consiglio con decreto motivato sentite le parti, viene precisato, in os-sequio alla giurisprudenza della corte costituzionale (sentenza 328/1999), che il debitore puoutilizzare soltanto lo strumento del reclamo in parola per impugnare il rigetto delle domandedi condanna alla rifusione delle spese e al risarcimento del danno ex art. 96 cod. proc. civ.nonche di ogni altra domanda da lui proposta.

La norma precisa poi che, in caso di accoglimento del reclamo, il tribunale deve pronun-ciare la sentenza dichiarativa di fallimento, salvo che, entro il termine di quindici giorni dallacomunicazione del decreto della corte di appello, non accerti, su richiesta delle parti, il suc-cessivo venir meno dei presupposti necessari del fallimento.

L’articolo in commento si chiude con la previsione secondo cui i termini di cui agli artt.10 e 11 per la dichiarazione di fallimento si computano con riferimento al decreto della cortedi appello, al fine di evitare che il tempo successivo al decreto della corte di accoglimento delreclamo, venga ad incidere negativamente sul decorso dei termini in questione.

Il Capo terzo contiene le modifiche del capo II del Titolo II della legge fallim. e, segna-tamente, degli articoli da 23 a 41.

Il Capo in esame, dedicato agli organi della procedura di fallimento, presenta rilevantimodificazioni rispetto al testo vigente, sia con riferimento alla specificazione di competenzedettagliate per ciascuno degli organi, sia per una diversa allocazione dei poteri e delle rispet-tive competenze.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali508

Art. 23Legge fallim.

Viene confermato il principio secondo cui il tribunale che ha dichiarato il fallimento einvestito dell’intera procedura e provvede alla nomina ed alla revoca e alla sostituzione,per giustificati motivi degli organi della procedura, salvo che non sia prevista la competenzadel giudice delegato.

In particolare, gli viene attribuito il ruolo di organo deputato a decidere non solo le im-pugnazioni ma, in coordinamento con i nuovi modelli di impugnazione, anche le opposizionie i reclami avverso i provvedimenti decisori del giudice delegato.

Al comma 2, infatti, viene chiarito che tutti i provvedimenti del tribunale sono pronun-ciati con decreto motivato salvo che non sia altrimenti disposto.

Art. 24Legge fallim.

Viene conservata l’attribuzione di competenza per materia del tribunale fallimentarecompresa quella dei rapporti relativa ai rapporti di lavoro, con l’elisione di alcune riservedi estraneita che comparivano nel testo vigente: azioni reali immobiliari.

In armonia con le altre materie che attengono alla impresa, nelle controversie di cui al-l’art. 24, per le quali non e previsto un diverso rito speciale, si applica il procedimento di cuial d.lgs. n. 5/2003. Espressamente nei casi di connessione viene esclusa l’applicabilita dell’ar-ticolo 40 del codice di rito.

Art. 25Legge fallim.

Il giudice delegato non e piu l’organo motore della procedura, essendo stata sostituital’attivita di direzione, con quella di vigilanza e di controllo. Nondimeno, proprio questi poterisono stati rafforzati in funzione di verificare che la maggiore autonomia del curatore non sirisolva in una gestione incontrollata. Da qui la previsione del potere di convocazione del cu-ratore e del comitato dei creditori, quella di vincolare alla autorizzazione del giudice ogni ini-ziativa giudiziale, quella di liquidare il compenso ai difensori nominati dal curatore e di di-sporne la revoca e quella di rendere partecipe il curatore del procedimento di nomina degliarbitri rimasto in capo al giudice. Rimane, altresı, in capo al giudice il potere di pronunciareprovvedimenti urgenti finalizzati alla conservazione del patrimonio del debitore fallito; inproposito si e tuttavia precisato alla stregua del consolidato orientamento giurisprudenzialeche tale potere non e illimitato, ma e condizionato alla mancata contestazione da parte deiterzi che rivendichino un proprio diritto incompatibile con l’acquisizione stessa.

Per assicurare la terzieta e l’imparzialita del giudice delegato e stato previsto che questinon possa partecipare ai procedimenti di impugnazione avverso suoi atti, ed e stato aggiuntoche neppure possa decidere cause da lui autorizzate; questa previsione pur potendo determi-nare qualche difficolta organizzativa negli uffici di dimensioni piu limitate, appare in lineacon i principi salvaguardati dalla carta costituzionale. Eventualmente, in ipotesi limite, si po-tra fare ricorso alla applicazione infradistrettuale.

Art. 26Legge fallim.

L’articolo in commento rappresenta, dal punto di vista processuale, uno dei cardini del-l’intero corpo normativo in quanto e stato introdotto un modello processuale quale il reclamodestinato a regolare la maggior parte dei conflitti che possono sorgere all’interno della pro-cedura. Il procedimento presenta uno snodo essenziale nella previsione per la quale si preve-de un processo camerale che si conclude con decreto motivato.

Parte I - Dottrina 509

Art. 27Legge fallim.

L’articolo individua le modalita di nomina del curatore fallimentare anche nelle ipotesi disostituzione e revoca dall’incarico.

Art. 28Legge fallim.

La figura del curatore si rinnova profondamente anche con riguardo alla individuazionedei soggetti prescelti, visto che l’incarico puo essere affidato anche ad una struttura organiz-zata ovvero a coloro che, pur non essendo professionisti, abbiano dimostrato di essere dotatidi comprovate capacita gestionali.

La norma quindi dopo individua i professionisti aventi le capacita richieste per gestire lacrisi di impresa nell’ambito di una procedura concorsuale, disponendo che debba trattarsi diprofessionisti quali avvocati, dottori commercialisti, ragionieri e ragionieri commercialisti ol-tre a coloro che abbiano svolto funzioni di amministrazione direzione e controllo in societaper azioni dando prova di adeguate capacita imprenditoriali. Per costoro e comunque pre-scritto che non debbano essere stati dichiarati falliti negli ultimi dieci anni. Nell’ultimo com-ma, dopo essere stati puntualmente elencati i soggetti che non possono assumere l’incarico dicuratore, e inserita un norma di carattere generale secondo la quale tale incarico non puo es-sere assunto da chiunque si trovi in conflitto di interessi, anche solo potenziale, con il falli-mento.

Art. 29Legge fallim.

L’articolo in commento reca modifiche di carattere semplicemente formale ai fini dicoordinamento sistematico.

Art. 31Legge fallim.

La norma in commento, strettamente correlata con le previsioni contenute negli articoli25, comma 1 e 41, comma 1, dispone che l’amministrazione del patrimonio del fallito, sotto lasorveglianza del giudice delegato e del comitato dei creditori nell’ambito delle funzioni adesso attribuite, spetta al curatore. Viene inoltre precisato l’ambito di esonero dall’obbligodel giudice delegato di autorizzare il curatore a stare in giudizio, mentre viene ribadito il prin-cipio secondo cui il curatore non puo assumere la veste di avvocato nei giudizi che riguardanoil fallimento.

Art. 32Legge fallim.

L’articolo in commento reca l’esercizio delle attribuzioni del curatore il quale, previaautorizzazione del giudice delgato, ha la possibilita di delegare ad altri talune specifiche atti-vita rientranti nello svolgimento delle proprie attribuzioni, rispondendone pero, personal-mente.

In caso di delega l’onere del compenso del delegato resta a carico del curatore, essendoprecisato che il giudice nel liquidare il compenso finale del curatore deve detrarre una sommapari all’ammontare del compenso riconosciuto al delegato.

Anche nel caso in cui il curatore sia stato autorizzato dal comitato dei creditori a farsicoadiuvare da altre persone nello svolgimento di attivita materiali non rientranti nelle proprie

Il diritto fallimentare delle societa commerciali510

attribuzioni, del compenso riconosciuto si terra conto ai fini della liquidazione del compensofinale al curatore.

Art. 33Legge fallim.

Nel comma 1 della norma in esame, in ossequio al principio di delega secondo cui, acarico del fallito, vanno eliminate tutte le conseguenze personali del fallimento non necessariealla procedura, sono soppresse le parole che obbligavano il curatore a riferire nella relazioneal giudice in ordine «al tenore di vita privata» del fallito e «della sua famiglia».

Nel comma 2 viene ulteriormente precisato che il creditore insieme alla relazione parti-colareggiata di cui al comma 1 (da presentare entro un mese dalla dichiarazione di fallimen-to), ma con atto separato deve presentare il programma della liquidazione di cui all’articolo104-ter. Nel comma 3 non contiene modifiche rispetto alla norma previgente. Nel comma 4vengono precisate le modalita di ostensione e di trasmissione della relazione essendo previstola facolta per il giudice di disporre la segretazione di quelle parti della relazione depositata incancelleria relative «alla responsabilita penale del fallito e dei terzi ed alle azioni che il cura-tore intende proporre qualora possano comportare l’adozione di provvedimenti cautelari,nonche alle circostanze estranee agli interessi della procedura e che investano la sfera perso-nale del fallito». Al fine poi di permettere la conoscenza da parte del pubblico ministero difatti penalmente rilevanti da porre a fondamento di una eventuale azione penale, viene dispo-sto che la copia integrale della relazione sia trasmessa al medesimo pubblico ministero.

Nel comma 5 e previsto inoltre che il curatore debba presentare al giudice, oltre alla re-lazione principale, anche un rapporto riepilogativo semestrale con l’indicazione di «tutte leinformazioni raccolte dopo la prima relazione, accompagnato dal conto della sua gestione»e che questo debba essere reso trasmesso al comitato dei creditori nonche al registro delleimprese unitamente alle eventuali osservazioni del comitato.

Art. 34Legge fallim.

Viene sostituito il termine originario di cinque giorni previsto in materia di deposito dellesomme riscosse, con la previsione dell’obbligo di depositare le somme riscosse nel termineindicato dal giudice e presso l’ufficio postale o bancario presso cui accendere il deposito fal-limentare individuato dal curatore. Al comma 2 viene precisato che la mancata costituzionedel deposito nel termine innanzi detto e «valutata» dal tribunale ai fini della revoca del cu-ratore. Allo scopo di garantire una certa redditivita delle somme incassate senza questo espor-re la procedura ad ingiustificati rischi finanziari, e stata prevista la possibilita di poter auto-rizzare, previa approvazione del comitato dei creditori, l’impiego delle disponibilita liquidenell’acquisto dei titoli emessi dallo Stato Italiano. Infine, il prelievo delle somme avvienesu mandato di pagamento del giudice delegato.

Art. 35Legge fallim.

Le modifiche apportate all’articolo in commento, in ossequio ai principi contenuti nellalegge di delega, spostano dal giudice delegato al comitato dei creditori il potere di autorizzaregli atti di straordinaria amministrazione del curatore ivi previsti (riduzioni di crediti, transa-zioni, i compromessi etc.).

Il giudice delegato, tuttavia, deve essere preventivamente informato nelle ipotesi di tran-sazioni e nei casi in cui gli altri atti superino il valore di cinquantamila euro; limite che puoessere adeguato periodicamente con decreto del Ministero dell’economia e delle finanze.

Parte I - Dottrina 511

Art. 36Legge fallim.

L’articolo in commento introduce una norma di particolare rilievo per il mantenimentodel complessivo equilibrio dei nuovi poteri assegnati ai diversi organi della procedura falli-mentare ed, in particolare, al comitato dei creditori. Segnatamente, la norma ridisegna il si-stema dei reclami avverso gli atti del curatore e del comitato dei creditori, nonche quello deireclami avverso i decreti del giudice delegato che sui primi si sono pronunciati. A tal fine, eprevisto che, laddove insorgano conflitti fra il curatore e il comitato dei creditori – anche inrelazione a comportamenti, omissivi od a dinieghi di tali organi – possa essere chiesto l’inter-vento del giudice delegato soltanto denunciando eventuali violazioni di legge.

In questo modo, al giudice delegato spetta esclusivamente il potere di controllo di lega-lita della procedura, senza alcuna possibilita di ingerirsi nelle scelte riguardanti la gestioneeconomica della procedura, potere questo allocato esclusivamente in capo al comitato dei cre-ditori e, nei casi espressamente previsti, in capo al curatore.

Sono infine chiarite le conseguenze dell’accoglimento del reclamo avverso i comporta-menti omissivi del curatore o del comitato dei creditori: nel primo caso, il curatore e tenutoa dare esecuzione al provvedimento dell’autorita giudiziaria; nel secondo caso, invece, l’auto-rita giudiziaria provvede del comitato in sede di accoglimento del reclamo medesimo.

Art. 36 bisLegge fallim.

Sempre in attuazione del principio di delega che prevede l’accelerazione delle procedureapplicabili alle controversie fallimentari, si prevede che tutti i termini processuali previsti ne-gli articoli 26 e 36 non sono soggetti alla sospensione feriale, potendo invece essere ridottifino alla meta dal presidente del tribunale.

Art. 37Legge fallim.

Nell’articolo in commento si precisa che il tribunale provvede alla revoca del curatorecon decreto motivato, sentito, oltre il curatore, anche il comitato dei creditori.

Viene altresı previsto che avverso il decreto del tribunale di revoca o di rigetto dell’istan-za di revoca del curatore, e ammesso reclamo alla corte di appello ex articolo 26, trattandosidi un provvedimento che non incide direttamente su diritti soggettivi del curatore.

Viene altresı previsto che il reclamo non sospende l’efficacia del decreto.

Art. 37 bisLegge fallim.

Al fine di dare attuazione al principio di delega secondo il quale occorre conferire ai cre-ditori il potere di confermare o di richiedere al giudice delegato la sostituzione del curatoremedesimo in sede di adunanza per l’esame dello stato passivo, viene per la prima volta inse-rita la possibilita che la maggioranza semplice dei creditori insinuati al passivo possano chie-dere la sostituzione del curatore o effettuare nuove designazioni in ordine ai componenti delcomitato dei creditori in occasione dell’udienza di verifica dello stato passivo. Infine, non si eritenuto di indicare espressamente il potere dei creditori di confermare gli organi di cui trat-tasi, cosı come espressamente previsto dalla legge di delega e questo sulla base di una dupliceordine di ragioni. In primo luogo, tale termine poteva rischiare di configurare come provvi-sorie le nomine fatte dal tribunale e dal giudice delegato, in secondo luogo, poteva far appa-rire necessario lo svolgimento di un sub procedimento volto alla conferma o alla sostituzionedei medesimi organi. In realta la conferma in senso lato di tali organi avviene nel momento incui attraverso il procedimento delineato dalla norma in esame i creditori non chiedono la re-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali512

voca o non ottengono la sostituzione dei detti organi. Trova cosı conferma il fatto che la de-cisione finale sulla sostituzione e attribuita agli organi deputati alla nomina, rispettivamente,del curatore e del comitato dei creditori. Cio e avvalorato dal fatto che la richiesta di sosti-tuzione del curatore deve essere opportunamente motivata per consentire al tribunale di ef-fettuare le proprie valutazioni discrezionali.

Art. 38Legge fallim.

Le modifiche introdotte riguardano il contenuto dei doveri ed il regime di responsabilitadel curatore, a tal fine e precisato che il curatore deve adempiere con la diligenza professio-nale richiesta dalla natura dell’incarico, non solo ai doveri del proprio ufficio imposti dallalegge, ma anche a quelli derivanti dal piano di liquidazione approvato. In tal modo, si e volutosottolineare la responsabilita che assume il curatore in relazione all’adempimento di tuttoquanto indicato dal piano di liquidazione da lui stesso predisposto. L’obbligo di vidimazionepreventiva del registro del curatore viene assegnato ad un componente del comitato dei cre-ditori.

Al comitato e attribuito altresı il potere, in alternativa al giudice delegato, di autorizzareil nuovo curatore a proporre l’azione di responsabilita contro quello revocato.

Art. 39Legge fallim.

La principale novita contenuta nell’articolo in commento riguarda l’inserimento del cri-terio di proporzionalita nella determinazione del compenso finale qualora nell’incarico si sia-no succeduti piu curatori.

Art. 40Legge fallim.

Di ampia portata sono le previsioni dedicate alla nomina del comitato dei creditori. Trale novita si segnala la necessita di comporre il comitato (anche in caso di sostituzione dei com-ponenti) con modalita tali da rappresentare in misura equilibrata quantita e qualita dei cre-diti, tenuto conto delle possibilita di soddisfacimento degli stessi, sentiti il curatore e i credio-tri che hanno la disponibilita ad assumere l’incarico ovvero segnalato altri nominativi. Il po-tere di nomina del presidente del comitato viene poi trasferito dal giudice delegato alla mag-gioranza dei componenti del comitato stesso. Viene espressamente previsto il dovere di asten-sione del componente del comitato che si trovi in conflitto di interessi rispetto all’oggetto del-la votazione. Si prevede, infine, la possibilita di delegare, in tutto o in parte, l’espletamentodelle funzioni del comitato del creditori ad un soggetto avente i requisiti di cui all’articolo 28,previa comunicazione al giudice delegato.

Art. 41Legge fallim.

In ossequio al dettato dei criteri di delega, viene completamente ridisegnato il ruolo delcomitato dei creditori con l’assegnazione di poteri di autorizzazione e di controllo dell’ope-rato del curatore, con un ampia previsione di partecipazione all’attivita gestoria laddove ledeliberazioni del comitato sono qualificate come vincolanti.

Per quanto riguarda il controllo di legalita e la risoluzione dei conflitti che possono in-sorgere fra il curatore e il comitato si rinvia a quanto esposto a commento dell’articolo 36 ovesi e ritenuto di attribuire al giudice delegato il compito di decidere i reclami contro gli atti e icomportamenti omissivi sulla base di valutazioni di mera legittimita, senza alcuna estensioneal merito gestorio. Cio ha reso necessario, come gia detto, introdurre la previsione secondo la

Parte I - Dottrina 513

quale le deliberazioni del comitato debbono essere succintamente motivate. Oltre le previsio-ni tese a facilitare la convocazione e le deliberazioni del comitato prese a maggioranza, ancheal di fuori di riunioni espressamente convocate, e previsto, al fine di non pregiudicare il sol-lecito svolgimento della procedura, che il comitato dei creditori deve pronunciarsi entro iltermine massimo di quindici giorni successivi a quello in cui la richiesta e pervenuta al pre-sidente. Particolare rilievo, all’interno di un sistema di equilibrio tra i poteri degli organi, as-sume la disposizione con la quale sono stati puntualmente indicate e circoscritte le ipotesi incui il giudice delegato puo sostituirsi al comitato dei creditori. Cio e consentito soltanto neicasi di inerzia, che si verifica allorquando il comitato non decide nel termine massimo di quin-dici giorni previsto dal comma 3 del presente articolo, di impossibilita di funzionamento dellostesso rogano o nei casi di urgenza (quando e necessario intervenire prima che il comitatopossa materialmente deliberare).

Ulteriore novita e costituita dalla previsione relativa alla azione di responsabilita nei con-fronti dei componenti il comitato dei creditori ai sensi dell’articolo 2407 cod. proc. civ., pro-ponibile anche durante la procedura in parallelo a quanto previsto dall’articolo 38, comma 2,in relazione al curatore.

Il Capo quarto dello schema di decreto, modifica il capo III del titolo II della legge fal-lim. dedicato agli effetti del fallimento e segnatamente gli articoli da 42 a 83-bis.

Le modifiche del titolo in commento risentono degli stringenti limiti imposti dalla delegache non hanno premesso di intervenire, oltre i necessari coordinamenti sulla sezione II rela-tiva agli effetti del fallimento per i creditori e alla sezione III, quest’ultima peraltro oggetto dinovella da parte del decreto-legge n. 35/2005, convertito in legge n. 85/2005, relativa agli ef-fetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli dei creditori.

Art. 42Legge fallim.

Il nuovo comma 3 dell’articolo in commento cristallizza la prassi di molti tribunali secon-do la quale risulta economicamente conveniente e pertanto possibile autorizzare il curatore arinunciare all’acquisto dei beni che pervengono al fallito durante il fallimento qualora i costida sostenere per il loro acquisto e la loro conservazione risultino superiori al presumibile va-lore di realizzo dei beni stessi.

Art. 43Legge fallim.

In sintonia al criterio di delega secondo cui occorre accelerare le procedure applicabilialle controversie in materia fallimentare, si dispone che l’apertura del fallimento determinal’interruzione di diritto del processo evitando cosı che lo stesso possa essere interrotto a di-stanza di tempo qualora le parti informino formalmente il giudice ex art. 300 cod. proc. civ.

Art. 44Legge fallim.

In analogia a quanto previsto dal comma 2 dell’articolo 42, espressamente richiamato, ladisposizione chiarisce che sono altresı acquisite alla massa attiva fallimentare tutte le utilitache il fallito consegue nel corso della procedura ma per effetto degli atti inefficaci indicatidal primo e comma 2.

Art. 46Legge fallim.

Le modifiche apportate a tale articolo tendono essenzialmente conto dell’evoluzione nor-mativa intervenuta medio tempore in materia di diritto di famiglia.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali514

Inoltre al comma 2 viene precisato che il giudice delegato nell’escludere dal fallimento laparte degli assegni di carattere alimentare degli stipendi, delle pensioni etc. – di cui al numero2 –, necessaria per il mantenimento del fallito e della sua famiglia, determini tale ammontaretenendo conto delle condizioni personali degli stessi.

Art. 47Legge fallim.

Viene soppresso nel comma 1 l’inciso che consentiva di acquisare il parere del comitatodei creditori solo se gia nominato.

Art. 48Legge fallim.

In conformita ai criteri di delega secondo cui sono soltanto quelle limitazioni alla libertadi corrispondenza strettamente connesse alle esigenze della procedura, si e modificata la di-sciplina relativa alla gestione della corrispondenza del fallito, sostituendo l’obbligo generaliz-zato dei competenti intermediari di consegnare al curatore tutta la corrispondenza diretta alfallito, con l’obbligo dell’imprenditore o del legale rappresentante della societa o dell’entesoggetti a procedura fallimentare di consegnare al curatore solamente la corrispondenza, in-clusa quella elettronica, riguardante i rapporti compresi nel fallimento. La sanzione introdottaper la violazione di tale obbligo e quella di escludere l’imprenditore dal beneficio dell’esde-bitazione come previsto dall’articolo 142, comma 1, n. 3.

Art. 49Legge fallim.

Anche per quanto attiene agli obblighi del fallito, in conformita ai criteri di delega cherichiedevano di limitare la liberta di residenza alle sole esigenze connesse alla procedura fal-limentare, sono state introdotte piu «duttili» previsioni, che hanno sostituito l’obbligo di re-sidenza del fallito con quello di comunicare agli organi della procedura le variazioni di resi-denza dell’imprenditore o dei legali rappresentanti delle societa o enti soggetti a fallimento. Sie altresı previsto sempre in tale ottica che il giudice delegato, in caso di legittimo impedimen-to o di altro giustificato motivo possa autorizzare gli stessi soggetti a comparire dinnanzi agliorgani della procedura per mezzo di un mandatario.

Art. 50Legge fallim.

Sempre al fine di dare attuazione al criterio di delega che richiede l’eliminazione dellesanzioni personali del fallimento ed in coordinamento con le novita apportate in sede di ria-bilitazione e di esdebitazione, e stato abrogato unitamente al procedimento di riabilitazione,l’articolo che prevedeva l’istituzione del pubblico registro dei falliti.

Art. 51Legge fallim.

Come gia accennato, sebbene la delega non contenga un espresso principio direttivo vol-to a modificare il tessuto normativo della Sezione dedicata agli effetti per i creditori, tuttavial’articolato contiene alcune minime variazioni rese necessarie da un’opera di coordinamentocon le disposizioni innovate, altrove allocate.

In tal senso, l’articolo in commento e stato opportunamente modificato al fine di inserireun espresso riferimento ai crediti in prededuzione ovvero quelli maturati durante il fallimento

Parte I - Dottrina 515

in relazione al divieto di azioni esecutivi individuali o cautelari nel corso della procedura fal-limentare.

Art. 52Legge fallim.

Nel comma 2 viene chiarito che il principio di esclusivita del procedimento di accerta-mento del passivo coinvolge anche i diritti reali e personali immobiliari e i crediti da soddi-sfare in prededuzione salve le deroghe di cui all’art. 111 (coordinamento con lo stato passivoe con la ripartizione dell’attivo).

Art. 54Legge fallim.

La norma in commento modifica il comma 3 prevedendo l’estensione del diritto di pre-lazione agli interessi non solo con riferimento agli articoli 2788 e 2855 (crediti pignoratizi ecrediti ipotecari) ma anche con riferimento all’articolo 2749 relativo ai crediti assistiti da pri-vilegio; cio al fine di rimediare a quello che la dottrina e la giurisprudenza prevalenti consi-deravano una mera svista del legislatore del 1942.

Si e inoltre precisato, anche qui recependo l’orientamento prevalente, che il decorso de-gli interessi maturati dai crediti assistiti da privilegio generale cessa alla data di deposito delprogetto di riparto nel quale il credito risulti soddisfatto, anche parzialmente.

Art. 55Legge fallim.

Le modifiche apportare rappresentano la conseguenza dei mutamenti necessari all’inter-no delle norme di rinvio.

Art. 58Legge fallim.

Le modifiche apportate nella norma in rassegna tengono conto della necessita di operareil dovuto coordinamento con le nuove norme del diritto societario.

Art. 67 bisLegge fallim.

Tenuto conto della previsione di delega secondo cui occorre introdurre la disciplina deipatrimoni destinati ad uno specifico affare, il nuovo articolo 67-bis, estende l’ambito dellerevocatorie fallimentari anche agli atti dispositivi che incidono sul patrimonio destinato aduno specifico affare, ai sensi dell’art. 2447-bis, comma 1, lett. a), cod. civ. solo allorquandopregiudicano il patrimonio della societa.

Si precisa altresı che il prespupposto soggettivo dell’azione revocatoria e rappresentatodalla conoscenza dello stato di insolvenza della societa.

Art. 69Legge fallim.

La modifica apportata adegua il comma 1 dell’articolo in esame al dispositivo della sen-tenza n. 100/1993 della Consulta che ha dichiarato l’illegittimita costituzionale dello stesso«nella parte in cui non comprende nel proprio ambito di applicazione gli atti a titolo gratuitocompiuti tra i coniugi piu di due anni prima della dichiarazione di fallimento ma nel tempo incui il fallito esercitava un’impresa commerciale».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali516

Art. 69-bisLegge fallim.

Per quanto attiene alla revocatoria, la cui disciplina ha gia formato oggetto del recenteintervento normativo contenuto nel decreto legge n. 35/05, convertito nella legge n. 80 del2005 e tenuto conto dei limiti assai ristretti di intervento concessi dalla norma di delega, so-stanzialmente limitati alla sola possibilita di abbreviare i termini per la proposizione dell’azio-ne, secondo la linea di intervento legislativo gia in larga parte attuata dai provvedimenti nor-mativi innanzi citati, si e ritenuto di precisare che le azioni revocatorie non possono essereulteriormente promosse decorsi tre anni dalla dichiarazione di fallimento e comunque decorsicinque anni dal compimento dell’atto.

Art. 72Legge fallim.

L’articolo in commento apre la sezione IV del capo III del titolo II della legge fallim.dedicata agli effetti del fallimento sui rapporti giuridici pendenti. La vigente legge fallim.nel disciplinare la sorte dei rapporti giuridici pendenti alla data del fallimento si e astenutadal dettare regole di carattere generale ed ha stabilito invece discipline specifiche per singolicontratti. Non essendo state previste regole per ciascuno dei contratti disciplinati dal cod.civ., si sono venuti cosı a determinare due inconvenienti, da un lato, e stata lasciata privadi regolamentazione una parte di contratti, dall’altro e nel contempo, si e lasciata nell’incer-tezza la sorte dei nuovi contratti venuti ad esistenza in tempi recenti. E cosı spettato all’inter-prete e alla giurisprudenza trarre dalla disciplina dei singoli contratti, e fondamentalmente daquella del contratto di vendita, alcune indicazioni di carattere generale dirette a riempire glispazi vuoti lasciati dalla legge.

La novella intende porre rimedio a tali carenze, e se da un canto ripropone regole giapresenti nell’attuale disciplina, dall’altro canto introduce significative modifiche al sistema vi-gente, recependo in buona misura alcune delle soluzioni elaborate dalla giurisprudenza.

In tale quadro, viene cosı prevista, in primo luogo, una regola generale presente in moltiordinamenti, secondo la quale la decisione in ordine alla sorte dei rapporti giuridici in corsodi esecuzione alla data di apertura del fallimento, e quindi la scelta tra subingresso della pro-cedura nel rapporto e scioglimento, sono rimesse alla decisione del curatore, previa autoriz-zazione da parte del comitato dei creditori.

In ossequio al dettato dei criteri di delega, la decisione del curatore e soggetta all’auto-rizzazione non piu del giudice delegato bensı del comitato dei creditori, ed e questo un puntoqualificante del nuovo assetto dei rapporti tra gli organi della procedura e del ruolo rilevanteattribuito dalla riforma ai rappresentanti dei creditori.

Conseguentemente, si dispone che il contratto resti sospeso fino a quando il curatore ab-bia effettuato tale scelta, restando fermo il principio che l’eventuale subingresso dovra avve-nire con l’assunzione in capo alla procedura di tutti gli obblighi relativi. Viene confermataanche la regola secondo la quale la stessa soluzione e espressamente estesa al contratto pre-liminare, salvo quanto previsto dall’articolo 72-bis relativamente ai contratti concernenti gliimmobili da costruire.

Viene inoltre ampliato il termine assegnato al curatore per decidere se sciogliersi o menodal vincolo contrattuale.

Al contraente in bonis viene riconosciuto il diritto di veder conservati gli effetti dell’azio-ne di risoluzione promossa prima dell’apertura della procedura, in aderenza all’orientamentogiurisprudenziale gia radicatosi sotto la vigente disciplina.

Al contrario, in relazione all’uso corrente di clausole contrattuali che prevedono la riso-luzione dei contratti in corso a seguito dell’apertura di una procedura liquidatoria si e ritenu-to che dovesse essere privilegiato l’interesse della procedura ad operare la scelta tra subin-gresso e scioglimento, disponendosi cosı l’inefficacia di tali clausole.

Parte I - Dottrina 517

Art. 72-bisLegge fallim.

L’articolo in commento relativo ai contratti concernenti gli immobili da costruire dettadisposizioni con gli addendi suggeriti dal d.lgs. n. 122 del 2005 il cui impianto e stato impor-tato all’interno della legge fallim.

Art. 72-terLegge fallim.

La novella imprime una speciale disciplina agli effetti del fallimento sugli finanziamentidestinati ad uno specifico affare. Viene cosı stabilito che il fallimento della societa determinalo scioglimento del contratto di finanziamento di cui all’art. 2447-bis, I comma, lett. b) delcod. civ. quando impedisce la continuazione o la realizzazione dell’operazione.

In caso contrario, il curatore, sentito il parere del comitato dei creditori, puo decidere sesubentrare nel contratto in luogo della societa assumendone i relativi oneri.

Nell’ipotesi il cui il curatore non subentri nel contratto, il finanziatore puo chiedere algiudice delegato, sentito il comitato dei creditori, di realizzare o di continuare l’operazionein proprio o affidandola a terzi. Al finanziatore in tal caso sono garantiti i proventi dell’affaree la possibilita di insinuazione al passivo del fallimento in via chirografaria per l’eventuale cre-dito residuo. Nei casi in cui il curatore decida di subentrare o non subentrare all’affare restaferma la salvaguardia prevista dai commi terzo, quarto e quinto dell’art. 2447-decies del cod.civ.

Nella ipotesi in cui l’operazione non possa essere ne realizzata ne continuata si applica ilcomma 6 dell’art. 2447-decies del cod. civ.

Art. 72-quaterLegge fallim.

L’articolo in esame reca la peculiare disciplina in materia di locazione finanziaria.Nel comma 1, per l’ipotesi in cui si verifichi il fallimento dell’utilizzatore si rinvia alla

regola generale dettata dall’articolo 72. Nel caso in cui sia disposto l’esercizio provvisorio del-l’impresa, il contratto continua ad avere esecuzione salvo che il curatore dichiari di volersisciogliere dal contratto. Sciolto il contratto, il concedente ha diritto alla restituzione del bene,rimanendo tenuto a versare alla curatela, l’eventuale differenza tra la maggior somma, ricavatadalla vendita o da altra collocazione del bene stesso rispetto al credito residuo.

Per converso, lo stesso concedente puo insinuarsi nello stato passivo per la differenza trail credito vantato alla data del fallimento e quanto ricavato dall’allocazione del bene.

In caso di fallimento delle societa autorizzate alla concessione di finanziamenti sotto for-ma di locazione finanziaria, il contratto, compreso quello a carattere traslativo, prosegue el’utilizzatore conserva la facolta di acquistare alla scadenza del contratto, la proprieta del be-ne, previo pagamento dei canoni e del prezzo pattuito.

Art. 73Legge fallim.

In ossequio al dettato dei criteri di delega, la decisione del curatore nell’ipotesi di con-tratto a termine o rate e soggetta all’autorizzazione non piu del giudice delegato bensı del co-mitato dei creditori, ed e questo un ulteriore punto qualificante del nuovo assetto dei rapportitra gli organi della procedura e del ruolo rilevante attribuito dalla riforma ai rappresentantidei creditori. Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali518

Art. 74Legge fallim.

In tema di contratto di somministrazione la modifica del comma 1 dell’articolo in com-mento e conseguenza del nuovo assetto impresso all’articolo 72 della legge fallimentare.

La previsione contenuta nel comma 2 viene opportunamente integrata con il richiamoall’ipotesi in cui oggetto del contratto sia la prestazione dei «servizi».

Artt. 76 e 77Legge fallim.

Gli interventi emendativi contenuto negli articoli in esame sono di carattere redazionale.

Art. 78Legge fallim.

All’articolo in commento e stata data una nuova configurazione comprendendo nellaprevisione normativa anche il contratto di conto corrente bancario e per quanto riguardail contratto di mandato, innovando alla precedente disciplina, con l’introdurre una distinzio-ne tra il fallimento del mandatario e quello del mandante.

Nel primo caso il contratto si scioglie, nel secondo e rimessa al curatore la facolta di su-bentrare nel contratto e nell’ipotesi affermativa, il credito del mandatario e inserito fra quelliprededucibili per l’attivita compiuta dopo il fallimento a norma dell’articolo 111, n. 1).

Art. 79Legge fallim.

In tema di possesso del fallito a titolo precario, l’innovazione consiste nell’inserimentodel credito dell’avente diritto fra quelli prededucibili nel caso in cui il possesso della cosasia cessato dopo l’apposizione dei sigilli ed al terzo spetti l’integrale pagamento della cosaa norma dell’articolo 111, n. 1).

Art. 80Legge fallim.

All’articolo in commento e stata data una nuova configurazione, innovando alla prece-dente disciplina, con l’introdurre una distinzione tra il fallimento del locatore e quello delconduttore.

Nel primo caso il contratto di locazione di immobili non si scioglie e il curatore subentranel contratto, nel secondo caso, e rimessa al curatore la facolta in qualunque tempo di rece-dere dal contratto, corrispondendo al locatore un equo indennizzo per l’anticipato recessoche, nel dissenso delle parti, e determinato dal giudice delegato, sentiti gli interessati. In taleipotesi, il credito per l’indennizzo e inserito fra quelli prededucibili a norma dell’articolo 111,n. 1).

Art. 80-bisLegge fallim.

L’articolo in rassegna introduce ex novo la disciplina degli effetti del fallimento in ma-teria di contratto di affitto di azienda, prevedendo che il fallimento non e causa di scioglimen-to del contratto, ma che entrambe le parti possono recedere entro un termine di sessantagiorni, corrispondendo alla controparte un equo indennizzo, che nel dissenso delle parti edeterminato dal giudice delegato, sentiti gli interessati.

Il credito per l’equo indennizzo e inserito fra quelli prededucibili a norma dell’articolo111, n. 1).

Parte I - Dottrina 519

Art. 81Legge fallim.

La novella dell’articolo in commento in conformita di quanto dettato nei criteri di delegaprevede che la facolta del creditore di subentrare nel contratto di appalto si esercita previaautorizzazione non piu del giudice delegato, ma, del comitato dei creditori che, in preceden-za, esprimeva un parere non vincolante ed e questo un ulteriore punto qualificante del nuovoassetto dei rapporti tra gli organi della procedura.

Viene altresı congruamente ampliato il termine per il curatore per subentrare nel rap-porto.

Nel caso di fallimento dell’appaltatore regolato dal comma 2, e fatta salva la facolta delcommittente, per l’innanzi vietata, di consentire la presecuzione del rapporto anche nei casi incui la considerazione della qualita soggettiva dell’appaltatore era stata motivo determinantedel contratto. In caso contrario, il rapporto si scioglie.

Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale.

Art. 83-bisLegge fallim.

Nell’articolo in esame, viene inserita ex novo la disciplina degli effetti del fallimento inmateria di clausola arbitrale. E previsto in particolare che il procedimento arbitrale gia pen-dente non possa essere proseguito allorquando il contratto contenente la clausola arbitraleviene sciolto a norma delle disposizioni della presente sezione IV. Cio al fine di evitare cheil giudizio arbitrale sopravviva al regolamento di interessi convenzionali travolto dal fallimen-to e che era destinato a risolvere.

Il Capo quinto contiene le modifiche del capo IV del Titolo II della legge fallim. e, se-gnatamente, degli articoli da 84 a 90.

Il capo in argomento disciplina la custodia e l’amministrazione delle attivita fallimentari.Tenuto conto dell’evoluzione normativa europea e, in particolare, delle piu recenti leggi

in materia di insolvenza entrate in vigore in Spagna e Germania, nonche del criterio di de-lega che consente una nuova allocazione dei poteri e delle competenze degli organi dellaprocedura fallimentare, e emersa l’esigenza di contemplare nuove norme dirette a regolareil quomodo della acquisizione dei beni all’attivo da destinare al soddisfacimento dei credi-tori.

Art. 84Legge fallim.

Si e cosı mantenuta l’obbligatorieta del procedimento di apposizione dei sigilli, deman-dando al curatore il compito di provvedervi secondo le norme stabilite dal codice di rito ov-vero avvalendosi dell’assistenza di notaio.

Viene altresı previsto al fine di rendere piu celeri ed agevoli le operazioni, che il curatorepossa richiedere l’assistenza della forza pubblica e che qualora le cose e i beni del fallito sitrovino in luoghi diversi e non sia agevole l’immediato completamento delle operazioni me-desime, l’apposizione dei sigilli possa essere delegata dal curatore ad uno o piu coadiutoridesignati dal giudice delegato.

Art. 70Decreto legislativo

Per ragioni di coordinamento sistematico con le nuove disposizioni recate dall’articolo84, l’articolo 85 della legge fallim. viene espressamente abrogato.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali520

Art. 86Legge fallim.

I limiti oggettivi delle cose da non sottoporre alla apposizione dei sigilli sono rimasti par-zialmente inalterati.

Nello specifico, l’articolo in rassegna viene parzialmente riscritto nella parte in cui elencai beni e le cose che devono essere consegnate direttamente al curatore e pertanto, senza laprevia apposizione dei sigilli sulle stesse; ad esempio, il denaro contante, i titoli e le cambiali,le scritture contabili e ogni altra documentazione non ancora acquisita o depositata in cancel-leria. Viene inoltre disciplinato il rimedio avverso il diniego da parte del curatore di esibizionedelle scritture contabili al fallito o ad altri che ne abbiano diritto.

Art. 87Legge fallim.

L’articolo in commento sempre al fine di semplificare ed accellerare la procedura di in-ventariazione dei beni, consente al curatore di rimuovere i sigilli e di redigere l’inventario sen-za la previa autorizzazione del giudice delegato.

Inoltre, in analogia con i nuovi poteri gestori attribuiti al curatore, questi, quando occor-re, nomina egli stesso uno stimatore.

Viene riproposta, per il resto, la disciplina attuale.

Art. 87-bis

I limiti oggettivi delle cose da non sottoporre alla apposizione dei sigilli sono rimasti so-stanzialmente inalterati, come pure cio che deve formare oggetto di inventariazione.

Rispetto alla disciplina previgente, al fine di risolvere una dibattuta questione ermeneu-tica ed in accordo con le nuove disposizioni in materia di decreti di acquisizioni di cui all’ar-ticolo 25, comma 1, n. 2, si e ritenuto di trattare la problematica dei beni sui quali i terzi van-tino diritti nella piu generale attivita di formazione dell’inventario, includendo fra i beni in-ventariabili sia quelli che si trovano presso terzi consenzienti (salvo il diritto di costoro dichiederne la rivendica o la restituzione), sia quelli di cui il terzo ha il godimento in basead un titolo opponibile, ma in questo caso il bene non viene preso in consegna dal debitore:si pensi al caso del soggetto che abbia in godimento un macchinario per effetto di un con-tratto di noleggio opponibile al curatore. Per assecondare esigenze di certezza dei trafficicommerciali e di semplificazione, si e anche stabilito che beni che si trovano nella disponibi-lita del curatore possano non essere inventariati laddove sia immediatamente e chiaramentericonoscibile, quindi non contestato, il diritto reale o personale del terzo, evitando cosı la ne-cessita di presentare domanda di rivendica o di restituzione.

Art. 89Legge fallim.

Nel comma 1 dell’articolo in rassegna e in sintonia con quanto novellato nell’articoloprecedente, e stato precisato che il curatore deve predisporre l’elenco di tutti coloro che van-tano diritti reali e personali, mobiliari e immobiliari di cose in possesso o nella disponibilitadel fallito.

Art. 90Legge fallim.

L’articolo in esame reca ex novo la disciplina della formazione e della consultazione delfascicolo della procedura fallimentare. Si segnala al riguardo la possibilita che alcuni atti sianocustoditi separatamente per ragioni di riservatezza nonche il diritto del comitato dei creditori

Parte I - Dottrina 521

e di ciascun suo componente di prendere visione di ciascun atto o documento contenuti nelfascicolo. Tale previsione si aggiunge a quella contenuta nell’articolo 41, comma 5.

Analogo diritto viene riconosciuto al fallito, ad esclusione della relazione del curatore edegli atti che il giudice delegato abbia segretato. Il diritto degli altri creditori ed dei terzi diprendere visione e di estrarre copia di tali atti e documenti, passa attraverso il riconoscimentodel giudice delegato, sentito il curatore, di un loro specifico ed attuale interesse.

Il Capo sesto contiene le modifiche del capo V rubricato dell’accertamento del passivo edei diritti reali mobiliari ed immobiliari dei terzi del Titolo II della legge fallim. e, segnata-mente, degli articoli da 92 a 103. In esecuzione del principio di delega, che impone di abbre-viare i tempi della procedura al fine di realizzare il massimo grado di economia dei mezzi giu-diziari e di semplificare le modalita di presentazione delle domande, e stata rivisitata la disci-plina dell’accertamento del passivo e delle correlate impugnazioni, puntando su un modellounitario di procedimento, nel contesto del quale siano ben distinguibili i ruoli delle parti (cre-ditori istanti e curatore) e del giudice delegato, e sia ben definito il sistema delle impugnazio-ni, sulla base di una serie di principi di seguito enucleati.

Art. 92Legge fallim.

L’articolo in commento puntualizza il contenuto dell’avviso che il curatore da a mezzoposta, ovvero a mezzo telefax e posta elettronica, a tutti i creditori compresi i titolari di dirittireali o personali sui beni mobili e immobili di proprieta o in possesso del fallito.

Art. 93Legge fallim.

L’articolo in esame contiene la compiuta esplicitazione del contenuto della domanda diammissione al passivo, che puo avere ad oggetto tanto crediti, quanto la restituzione e/o larivendicazione di beni mobili ed immobili, nonche la descrizione esatta del petitum e dellafonte della pretesa, della quale si chiede l’ammissione al passivo, inclusa l’indicazione del ti-tolo di prelazione, con relativa graduazione del credito e l’eventuale descrizione del bene sulquale la pretesa, ove speciale, si esercita.

Novita sono altresı previste in ordine alla facolta del creditore di consentire che le suc-cessive dichiarazioni avvengano per posta elettronica o per telefax. Di particolare rilievo e ladisposizione che nei commi quarto e quinto sanziona con l’inammissibilita del ricorso la man-canza o l’assoluta incertezza di uno dei requisiti che definiscono il contenuto della domanda.Nel caso che tale carenza riguardi il titolo di prelazione il credito viene considerato chirogra-fario. Ancora di particolare importanza, al fine di evitare che la liquidazione possa coinvolge-re beni di terzi in contestazione, e la previsione secondo la quale il terzo puo chiedere la so-spensione della liquidazione di beni oggetto delle domande di restituzione o di rivendicazionedei beni. Infine, e chiarito che il rappresentante comune degli obbligazionisti puo presentarela domanda di ammissione al passivo a tutela degli interessi comuni dei singoli obbligazionistio di gruppi di obbligazionisti. Al fine, poi, di accelerare i tempi dell’esame delle domande diammissione al passivo, e previsto, a pena di decadenza, che i documenti non presentati con ladomanda devono essere depositati in cancelleria almeno quindici giorni prima dell’adunanzafissata per l’esame dello stato passivo.

Art. 94Legge fallim.

L’articolo in commento, che reca la disciplina degli effetti della domanda di ammissioneal passivo, equiparata negli effetti a quelli della domanda giudiziale, e stato alleggerito dellaprevisione riguardante la decadenza dei termini per gli atti che non possono essere compiuti

Il diritto fallimentare delle societa commerciali522

durante il fallimento in quanto non essendo ben chiaro quali effetti ulteriori, oltre la interru-zione della prescrizione, potessero conseguire dalla presentazione della domanda, essendopacifico in giurisprudenza che la presentazione della stessa, impedisce la decadenza del cre-ditore dall’azione contro il fideiussore ex articolo 1957 cod. civ.

Art. 95Legge fallim.

Nell’articolo in commento, la disciplina dell’accertamento del passivo viene innovata sindalla prima fase di formazione del progetto dello stato passivo direttamente da parte del cu-ratore, non piu da parte del cancelliere. Il curatore, previo esame delle domande di ammis-sione, predispone un completo progetto di stato passivo, con elenchi separati dei creditori edei titolari di altri diritti immobiliari e mobiliari rassegnando per ciascuna domanda le suemotivate conclusioni.

In tale fase, il curatore potra eccepire direttamente i fatti estintivi, modificativi e impe-ditivi del diritto azionato, nonche l’inefficacia del titolo su cui si fondano il credito o la pre-lazione.

Il progetto va depositato in cancelleria almeno sette giorni prima della udienza fissata perl’esame dello stato passivo e comunicato ai creditori ed al fallito, i quali possono esaminarlo epresentare osservazioni scritte sino a due giorni prima dell’udienza.

Nel corso di quest’ultima udienza, il giudice delegato, tenuto conto delle eccezioni sol-levate dal curatore, di quelle rilevabili d’ufficio e di quelle sollevate dagli altri creditori, decidesu ciascuna domanda nei limiti del richiesto. La norma chiarisce infine che il fallito, non solopuo intervenire in udienza, ma ha altresı il diritto di essere sentito in merito al contenuto delledomande.

Art. 96Legge fallim.

L’articolo in rassegna precisa che, in caso di contestazioni da parte del curatore, il giu-dice delegato debba succintamente motivare il decreto con cui accoglie, respinge o dichiarainammissibile la domanda di ammissione al passivo.

Il provvedimento di accoglimento deve inoltre indicare il grado dell’eventuale diritto diprelazione.

Viene inoltre nel comma 3, data precisa individuazione dei crediti ammissibili con riser-va.

In funzione acceleratoria del procedimento, viene soppressa la previsione che consentivaal giudice delegato di riservarsi la definitiva formazione dello stato passivo sicche il decreto diesecutivita dovra essere pronunciato in udienza al termine dell’esame di tutte le domande cioanche al fine di consentire ai creditori ammessi di procedere alle operazioni di voto per larichiesta di sostituzione del curatore o dei componenti del comitato dei creditori ai sensi del-l’articolo 37-bis. Di peculiare rilevo e la norma che ponendo fine ai contrasti interpretativi,dispone che sia il decreto di esecutivita dello stato passivo sia che le decisioni assunte dal tri-bunale all’esito delle impugnazioni di cui agli articoli 98 e 99 producono effetti soltanto al-l’interno della procedura fallimentare.

Art. 97Legge fallim.

La disposizione in esame reca l’onere per il curatore di comunicare a tutti i creditori in-sinuati l’avvenuto deposito dello stato passivo affinche questo possa essere dagli stessi esami-nato ai sensi dell’articolo 93. Il curatore dovra altresı informare i creditori non ammessi o am-messi parzialmente del diritto di proporre opposizione.

Parte I - Dottrina 523

Artt. 98 e 99Legge fallim.

Gli articoli in oggetto contengono la previsione di un’unica ampia categoria di «impu-gnazioni» dello stato passivo, all’interno della quale si collocano, attraverso l’esplicitazionedei relativi presupposti, le tre species dell’opposizione, dell’impugnazione propriamente dettae della revocazione. L’unificato procedimento di impugnazione, viene governato dal modellocamerale, destinato a chiudersi con decreto non reclamabile, ma ricorribile per cassazione.

L’articolazione del procedimento, nonostante la sua snellezza, garantisce il rispetto delcontraddittorio e del diritto di difesa.

In mancanza di contestazioni da parte del curatore o di altri creditori, il tribunale puoaccogliere la domanda, anche in via provvisoria, con decreto pronunciato nella stessa udienza.In mancanza, ovvero quando pronuncia in via provvisoria, il tribunale provvede in via defi-nitiva con decreto motivato entro venti giorni dall’udienza.

Art. 84Decreto legislativo

L’articolo in commento prevede l’espressa abrogazione dell’articolo 100 della legge fal-lim., gia colpito dalle pronunce della Consulta che ne hanno dichiarato, a piu riprese, l’ille-gittimita costituzionale. Art. 101 Legge fallim. Viene dettata una nuova e compiuta disciplinadelle domande tardive, attraverso la riduzione dei termini per la relativa presentazione – do-dici mesi, prorogabili fino a diciotto a far data dal deposito del decreto di esecuzione dellostato passivo – e la limitazione della possibilita di presentare domande fino all’esaurimentodelle ripartizioni dell’attivo ai soli casi di comprovata causa non imputabile.

Art. 102Legge fallim.

Viene altresı prevista la possibilita che il tribunale, dietro motivata istanza del curatore,decreti, sentito anche il comitato dei creditori ed il fallito, il non farsi all’accertamento delpassivo dopo la presentazione delle domande di ammissione e prima dell’udienza per la ve-rifica, qualora risulti che non vi sia alcuna prospettiva di realizzare un attivo da distribuire aicreditori, fatto salvo il pagamento delle spese della procedura e dei crediti prededucibili. L’o-biettivo e quello di realizzare, in esecuzione della delega, l’economia del mezzo processuale e,al contempo, di consentire al creditore istante i benefici fiscali ordinariamente connessi allapresentazione della domanda di ammissione al passivo.

Art. 103Legge fallim.

Viene infine previsto che ai procedimenti relativi all’accertamento dei diritti reali e per-sonali dei terzi sui beni immobili e mobili si applica il regime probatorio previsto dall’articolo621 cod. proc. civ. in tema di opposizione di terzo.

Viene poi introdotto il potere del creditore di modificare la domanda e di chiederel’ammissione al passivo del controvalore bene che non sia stato acquisito all’attivo della pro-cedura.

Il Capo settimo contiene le modifiche del capo VI rubricato della liquidazione dell’attivodel Titolo II della legge fallim. e, segnatamente, degli articoli da 104 a 110.

Coerentemente con l’impostazione della delega verso una semplificazione ed una mag-giore efficienza della procedura, il d.lgs. ha tenuto conto, in materia di liquidazione e di ri-partizione dell’attivo, delle prassi virtuose poste in essere dai tribunali piu attenti che da tem-po adottano soluzioni liquidatorie che privilegiano la duttilita e la rapidita delle operazioni di

Il diritto fallimentare delle societa commerciali524

cessione, cercando di superare le farraginose e poco efficienti norme sulle vendite, modellatesul sistema delle esecuzioni coattive individuali.

Invero, il previgente sistema improntato ad un apparente garantismo, spesso rivelatosipiu formale che reale, e stato in effetti concausa del sistematico ritardo della durata delle pro-cedure fallimentari.

Per questo, le nuove disposizioni sulla realizzazione e sulla ripartizione dell’attivo siispirano a criteri di efficienza e di semplificazione operativa. Cio ha anche reso necessaria,come sopra meglio illustrato, l’adozione di scelte nuove sul piano della ridefinizione dei ruo-li del giudice delegato, del curatore e del comitato dei creditori e su quello dell’individua-zione dei piu opportuni adempimenti procedurali, improntati, essi pure, a semplicita ed arapidita. In questa prospettiva, si e ritenuto di dover privilegiare la scelta di una minore giu-risdizionalizzazione, in coerenza con l’accentuato ruolo del curatore, divenuto il vero organomotore della procedura, dal quale parte ogni impulso per le scelte di liquidazione e di con-servazione delle imprese assoggettate alla procedura concorsuale, nella consapevolezza che,invece, il ruolo del giudice deve essere esclusivamente indirizzato ad una funzione di con-trollo sulla regolarita della procedura e di organo preposto alla soluzione dei conflitti endo-concorsuali. Proprio in ragione di questa scelta, si giustifica l’aver conservato la disposizionesecondo cui il giudice delegato ha il potere di sospendere la vendita quando il prezzo offertosia notevolmente inferiore a quello giusto (art. 108 legge fallim.). In stretta correlazione aquesta nuova impostazione delle attribuzioni degli organi fallimentari, e stato ridisegnato,anche nella fase liquidatoria, il ruolo del comitato dei creditori, espressione collettiva del-l’interesse comune al ceto creditorio, cui e attribuito il compito precipuo di effettuare le va-lutazioni sulla convenienza economica delle operazioni liquidatorie, mediante pareri, anchevincolanti, per il curatore ed autorizzazioni per gli atti maggiormente significativi sul pianoeconomico.

L’ulteriore novita consiste nel fatto che, per quanto possibile, l’attivita di liquidazionedovra avvenire non piu con operazioni diversificate, non coordinate, occasionali e non rien-tranti in una strategia unitaria, bensı nel quadro di un razionale programma di liquidazione,predisposto dal curatore ed approvato dal giudice delegato, previo parere vincolante del co-mitato dei creditori. Piano attuabile subito dopo che si siano resi disponibili i necessari ele-menti di valutazione sull’entita, sulla qualita e sul valore di mercato dei beni appresi all’attivo,ne variabile. Solo in presenza di «sopravvenute esigenze», il curatore puo presentare, con lestesse modalita, un supplemento del piano di liquidazione. Lo scopo del programma di liqui-dazione e, appunto, quello di evitare, per quanto possibile, i rischi di irrazionali disgregazioniliquidatorie. La possibilita di consentirne l’attuazione ancor prima dell’emanazione del decre-to di esecutivita dello stato passivo, si pone coerentemente in linea con l’esigenza di favorire laspeditezza del procedimento.

Inoltre, l’intervento riformatore, sempre in coerenza con la scelta generale di ridurre alminimo indispensabile la giurisdizionalizzazione del concorso, ha evitato, per quanto possibi-le, la tradizionale trasfusione, per relationem, nella riformata legge fallim. del sistema del cod.proc. civ. relativo alle esecuzioni individuali ed ha adottato nuove specifiche scelte operative,tratte anche da soluzioni pragmatiche positivamente sperimentate dalla giurisprudenza piuattenta.

Art. 104Legge fallim.

In questo contesto, frutto di un rinnovato modo di interpretare la stessa funzionedell’esecuzione forzata collettiva, si pone anche la previsione dell’esercizio provvisoriodell’impresa, il quale puo essere autorizzato o con la sentenza dichiarativa di fallimento,nel caso in cui l’improvvisa interruzione possa comportare «un danno grave», sempre che«non arrechi pregiudizio ai creditori», ovvero con successivo provvedimento del giudicedelegato, su proposta del curatore, qualora il comitato dei creditori, con parere vincolan-

Parte I - Dottrina 525

te, ritenga la continuazione temporanea dell’esercizio dell’impresa conveniente per i cre-ditori stessi o piu proficua ai fini della collocazione sul mercato dell’azienda o di suoi ra-mi. Ed e proprio in questo secondo caso che si puo cogliere l’aspetto puo significativodell’innovazione, essendosi qui voluto accentuare che l’istituto, a differenza di quantoprevisto dall’art. 90 del regio decreto del 1942, risponde non piu al solo interesse priva-tistico di consentire un miglior risultato della liquidazione concorsuale, ma e aperto aquello pubblicistico di utile conservazione dell’impresa ceduta nella sua integrita o in par-te, sempre che il ceto creditorio non ritenga di trarne nocumento. Difatti, al fine di scon-giurare tale eventualita, e stata mantenuta la previsione del parere favorevole vincolantedel comitato dei creditori per l’autorizzazione alla temporanea continuazione dell’eserci-zio dell’impresa.

Sul piano sostanziale, degna di rilievo e la disposizione secondo la quale i contratti pen-denti alla data del fallimento proseguono durante l’esercizio provvisorio, salva la facolta delcuratore di chiederne lo scioglimento secondo le norme dettate in materia di effetti del fal-limento sui rapporti giuridici pendenti (Sezione IV del Capo II del Titolo II). Le norme inmateria di effetti dal fallimento sui rapporti giuridici pendenti trovano impregiudicata appli-cazione anche al momento della cessazione dell’esercizio provvisorio dell’impresa per queicontratti ancora pendenti alla medesima data.

Al fine di dirimere possibili contrasti, e espressamente previsto che i crediti sorti durantel’esercizio provvisorio sono soddisfatti in prededuzione nel fallimento.

Art. 104-bisLegge fallim.

Nel quadro delle nuove esigenze conservative assume una particolare importanza l’isti-tuto dell’affitto dell’azienda, strumento ormai diffuso nella prassi e pienamente in lineacon un sistema concorsuale caratterizzato da un fine non esclusivamente liquidatorio, ma in-dirizzato al recupero delle componenti attive dell’impresa.

In realta, la prassi giudiziaria, ancora prima della legge n. 223 del 1991 (che, all’art. 7comma 4, dava per scontata la soluzione positiva), aveva largamente utilizzato questo istitutocome mezzo per la conservazione temporanea dell’integrita dell’azienda, o di suoi rami, anchenella prospettiva della loro migliore collocazione sul mercato.

La riforma ha inteso recepire questa prassi, colmando tuttavia la lacuna normativa, con-sistente, soprattutto, nella piu precisa individuazione degli effetti sulla procedura concorsualedella retrocessione dai terzi affittuari di aziende o di suoi rami. La soluzione, su questo punto,e stata trovata nella previsione di non «responsabilita del patrimonio acquisito all’attivo per idebiti maturati sino alla retrocessione», in deroga a quanto stabilito dagli articoli 2112 e 2560del cod. civ. La deroga trova giustificazione nel bisogno di assicurare che i creditori anteriori,in funzione della cui tutela l’affitto e stato disposto, non vengano ad essere penalizzati dallacondotta dissennata dell’affittuario.

Inoltre, sempre in deroga a quanto stabilito dal cod. civ., e stato previsto un conte-nuto contrattuale minimo obbligatorio, consistente nell’irrinunciabile diritto di ispezionedell’azienda da parte del curatore, nella costituzione di una garanzia per tutte le obbliga-zioni dell’affittuario derivanti dal contratto e dalla legge, nell’esclusivo diritto del curatoredi recedere unilateralmente previa, soltanto, la corresponsione all’affittuario di un giustoindennizzo, pagabile in prededuzione. Infine, in presenza delle odierne incertezze interpre-tative, una succinta disciplina procedimentale concernente l’esercizio della «prelazione»,dopo averne ampliato la sfera applicativa con la previsione ulteriore, rispetto al dispostodella legge n. 223 del 1991, che quel diritto puo essere concesso all’affittuario anche «con-venzionalmente», su autorizzazione del giudice delegato, previo parere favorevole del co-mitato dei creditori.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali526

Questa soluzione e stata ritenuta opportuna, proprio come mezzo per incentivare l’affit-tuario ad effettuare investimenti sull’azienda, onde rafforzarne il suo successivo interesse ac-quisitivo.

Art. 104-terLegge fallim.

Assoluta novita, tesa a semplificare e razionalizzare la fase di liquidazione dell’attivo, ecostituita dalla presente disposizione che impone al curatore di predisporre, entro sessantagiorni dalla redazione dell’inventario, il programma della liquidazione. In questo modo, a dif-ferenza da quanto previsto dalla precedente normativa, che subordinava l’apertura della fasedi liquidazione al deposito del decreto di esecutivita dello stato passivo, il curatore potra pro-cedere alla liquidazione dell’attivo piu speditamente, indipendentemente dalla chiusura dellostato passivo.

Trattandosi di un atto di gestione, il programma di liquidazione, prima di essere appro-vato dal giudice delegato, deve ottenere il parere favorevole vincolante del comitato dei cre-ditori, il quale valutera nel merito la opportunita e la convenienza delle scelte operate dal cu-ratore.

Ai noti fini semplificatori ed acceleratori, cui si ispira l’intento riformatore, e previsto untermine relativamente breve per la presentazione del programma di liquidazione (quello disessanta giorni indispensabile al curatore per acquisire gli elementi utili sulla composizione,sul valore, e sulle possibilita di realizzo del patrimonio), nonche che la sua approvazione tieneluogo delle autorizzazioni che sarebbero necessarie per l’adozione dei singoli atti previsti nelprogramma medesimo.

L’articolo in rassegna reca dettagliatamente il contenuto minimo del programma diliquidazione che, in particolare, deve indicare l’opportunita di disporre l’esercizio prov-visorio dell’impresa, o di singoli rami di azienda, ai sensi dell’art. 104, ovvero l’oppor-tunita di autorizzare l’affitto dell’azienda, o di rami, a terzi ai sensi dell’articolo 104bis. Viene inoltre prescritta la necessaria indicazione della sussistenza di proposte di con-cordato ed il loro contenuto, di azioni risarcitorie, recuperatorie o revocatorie da eser-citare, delle possibilita di cessione unitaria dell’azienda, di singoli rami, di beni o di rap-porti giuridici individuabili in blocco, nonche delle condizioni della vendita dei singolicespiti.

Viene attribuita al curatore la facolta di chiedere l’autorizzazione del giudice delegatoper affidare ad altri professionisti alcune incombenze della procedura di liquidazione dell’at-tivo.

Viene altresı previsto che il comitato dei creditori possa proporre al curatore modificheal programma presentato.

A fini acceleratori e semplificatori e stato previsto che l’approvazione del programmadi liquidazione tiene luogo delle singole autorizzazioni eventualmente necessarie ai sensidella presente legge per l’adozione di atti o l’effettuazione di operazioni inclusi nel pro-gramma.

Viene prevista la possibilita che per sopravvenute esigenze, non conosciute o conoscibilial momento della presentazione del piano, il curatore possa presentare un supplemento delpiano di liquidazione. Viene stabilito ancora che prima della approvazione del programma, ilcuratore puo procedere alla liquidazione di beni, previa autorizzazione del giudice delegato,sentito il comitato dei creditori, se gia nominato, solo quando dal ritardo puo derivare pre-giudizio all’interesse dei creditori.

Infine, risponde sempre ad esigenze di speditezza e di economicita la previsione, essa purinnovativa, di una possibile c.d. derelizione di beni che, per qualsivoglia ragione vuoi per illoro modesto valore venale vuoi per il carattere di oggettiva invendibilita come nel caso diimpianti fuori norma e, dunque incommerciabili, o di terreni inquinati etc.).

Parte I - Dottrina 527

Su tali beni, restituiti al debitore cui appartengono, potranno, se del caso, soddisfarsi, utisinguli, i creditori concorsuali.

Art. 105Legge fallim.

Per le medesime esigenze sopra evidenziate e sembrato necessario prevedere una speci-fica disciplina anche dalla vendita dell’azienda, che assume un ruolo centrale nel nuovo siste-ma dell’esecuzione coattiva concorsuale. Anzitutto, si e disposto che la vendita atomistica deisingoli beni rientranti in un complesso aziendale possa essere effettuata solo se non sia pos-sibile procedere alla cessione dell’intero complesso o di suoi rami; cio in coerenza con l’ado-zione della scelta generale della «conservazione». In secondo luogo, e stata prevista, come peri beni immobili, una piu ampia facolta di scelta tra ogni possibile forma liquidatoria consen-tita dall’ordinamento, se connotata, comunque, da massima trasparenza, da rapidita esecutivae dall’adozione delle piu opportune forme di «pubblicita» nessuna esclusa, fra le tante oggiofferte anche dai mezzi di informazione telematici.

Anche in questo caso, cosı come in tutta la fase della liquidazione dell’attivo, deve tro-vare applicazione ogni forma ed ogni mezzo che finisca per raggiungere il duplice obiettivodel massimo realizzo e della massima conservazione possibile dei nuclei ancora produttivi.Sotto questo secondo aspetto, si giustifica la previsione secondo cui, ai fini della vendita diaziende o di suoi rami in esercizio, la scelta dell’acquirente deve essere effettuata tenendoconto non solo dell’ammontare, in se, del prezzo offerto, ma anche delle «garanzie di prose-cuzione delle attivita imprenditoriali, avuto riguardo alla conservazione dei livelli di occupa-zione». Si tratta di un’indicazione gia adottata, da tempo, da alcuni giudici ma che e statasempre, a ragione, considerata alla stregua di una soluzione interpretativa praeter legem inpresenza di un contesto normativo, quale quello del 1942, che privilegiava, in via esclusiva,l’attenzione sul risultato in senso quantitativo, del realizzo.

Anche la previsione secondo cui, «nell’ambito delle consultazioni relative al trasferi-mento di un’azienda previste dall’art. 47 della legge 29 dicembre 1990 n. 428, il curatore,l’acquirente e il rappresentante dei lavoratori possono convenire il trasferimento solo par-ziale dei lavoratori alle dipendenze dell’acquirente e ulteriori modifiche del rapporto di la-voro consentite dalle norme vigenti in materia» costituisce evidente espressione di quellaflessibilita e duttilita di cui si e inteso caratterizzare l’intero impianto normativo, al finedi conseguire il primario risultato della rapida collocazione sul mercato dei nuclei produttiviancora vitali.

Per cio che riguarda le forme delle vendite e dei loro effetti, si e innovato molto e si eritenuto di eliminare ogni rinvio alla disciplina del processo esecutivo individuale, fermo re-stando, comunque, il fondamentale effetto «purgativo»delle vendite forzate. Si spiegano cosıle previsioni delle cessioni anche a mezzo di soggetti specializzati o con il conferimento in unao piu societa, anche di nuova costituzione, dell’azienda del debitore o di suoi rami, di beni ocrediti, con i relativi rapporti in corso, esclusa, comunque, la responsabilita dell’alienante aisensi dell’art. 2560 del cod. civ.

Si e, peraltro, inteso favorire le rapide cessioni anche attribuendo all’acquirente la pos-sibilita di effettuare le proprie controprestazioni non pagando direttamente il prezzo, bensıaccollandosi debiti concorsuali, purche cio non si traduca in una alterazione della graduazio-ne dei crediti, come potrebbe avvenire nel caso dell’acquisto dei beni concessi al debitore inleasing.

Art. 106Legge fallim.

Particolare importanza assume la previsione della possibilita di cessione di tutti i crediti,qualunque ne sia la natura, compresi quelli fiscali e futuri e pur se contestati.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali528

Questa soluzione, cosı come quella della possibilita di cedere le azioni revocatorie, e statadettata dall’esigenza di evitare ritardi nelle chiusure delle procedure concorsuali che, secondoil sistema previgente, sono spesso dovuti proprio ai lunghi tempi connessi alla definizione,con sentenza passata in giudicato, dei contenziosi fiscali e ordinari.

Le azioni cedibili sono tutte quelle comunque dirette a conseguire incrementi di patri-monio del debitore, mentre le revocatorie possono essere cedute limitatamente a quelle giapendenti, al fine di evitare che, in una materia cosı delicata, l’esercizio delle azioni – comun-que non cedibili ai prossimi congiunti del debitore insolvente e dei soggetti cui e stata estesala procedura o alle societa del gruppo di cui fa parte la societa insolvente – possa assumereuna connotazione negativa di tipo speculativo.

Art. 107Legge fallim.

Anche per la vendita dei beni immobili e delle aziende comprendenti immobili, sono sta-te previste norme dirette a conseguire l’obiettivo del massimo realizzo secondo modelli dispeditezza, flessibilita e trasparenza, totalmente slegate dai rigidi schemi procedurali previstiper le esecuzioni individuali e, quindi, non piu ancorate alle anacronistiche distinzioni basatesulla natura mobiliare o immobiliare dei beni.

Cio ha imposto la previsione di schemi procedurali molto piu flessibili che puntano es-senzialmente in due direzioni: quella della piu ampia deformalizzazione del procedimento e,parallelamente, quella del significativo ampliamento delle forme di pubblicita, in conformitaalla notevole gamma di mezzi, anche informatici e telematici, oggi disponibili. Sempre nelladirezione dell’efficienza e del fine di massimizzazione degli introiti, e stata anche adottataun’ulteriore significativa novita: quella dell’utilizzabilita anche della vendita di immobiliper «offerte private», se ritenute piu vantaggiose; in tal caso, per evitare il rischio di liquida-zioni sospette, e stata specificamente previsto, l’obbligo per il curatore di informare il giudicedelegato e il comitato dei creditori dell’esito delle procedure depositando in cancelleria la re-lativa documentazione.

In tale contesto si e ritenuto necessario attribuire al curatore il potere di sospendere lavendita qualora pervenga un offerta irrevocabile di acquisto migliorativa per un importo noninferiore al dieci per cento del prezzo piu alto precedentemente offerto.

Al fine, poi, di fissare i requisiti di onorabilita e di professionalita dei soggetti specializ-zati e degli operatori esperti dei quali il curatore puo avvalersi per gli atti di vendita e di li-quidazione e per determinare i mezzi di pubblicita e trasparenza delle operazioni di vendita, ilpresente articolo rinvia ad un regolamento del Ministro della giustizia da adottarsi a normadell’articolo 17, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400.

Art. 108Legge fallim.

Il comma 1 della disposizione in esame disciplina la facolta per il giudice delegato, de-rivantegli dal generale potere di vigilanza, di sospendere le operazioni di vendita qualora ri-corrano gravi e giustificati motivi su istanza del fallito, del comitato dei creditori o di altriinteressati e previo parere del medesimo comitato dei creditori.

E previsto altresı il potere del giudice delegato di impedire il perfezionamento dellavendita qualora, su istanza presentata dagli stessi soggetti da ultimo indicati, entro diecigiorni dal deposito della documentazione relativa agli esiti della procedura da parte del cu-ratore, il prezzo offerto risulti notevolmente inferiore a quello giusto in base all’andamentodel mercato. Al comma 2, si e ritenuto necessario precisare in modo esplicito che anche levendite di beni immobili e di mobili registrati, in quanto inserite in un contesto di esecu-zione collettiva e realizzata da un organo della procedura, sono esse stesse espressione diesecuzione forzata; per questo si e previsto che, una volta pagato il prezzo, il giudice deve

Parte I - Dottrina 529

ordinare, con decreto, la cancellazione delle iscrizioni e delle trascrizioni pregiudiziali gra-vanti il bene ceduto, anche se una tale soluzione avrebbe potuto darsi per scontata, percheconsequenziale al sistema.

Art. 108-bisLegge fallim.

Al fine di non rinviare tout court la soluzione delle varie problematiche connesse alla li-quidazione concorsuale al sistema delle vendite forzate delle procedure esecutive individuali,sono state previste norme specifiche a proposito delle vendite di navi, galleggianti ed aeromo-bili per i quali, in precedenza, mancava ogni raccordo con il codice di navigazione.

Art. 108-terLegge fallim.

Allo stesso fine illustrato nell’articolo precedente, sono state previste norme specifiche aproposito delle modalita di vendita di diritti sulle opere dell’ingegno, sulle invenzioni indu-striali e sui marchi.

Art. 109Legge fallim.

Nel comma 2, viene attribuito al tribunale il potere, che prima era in capo al giudice de-legato, di determinare la somma da liquidare in conto al compenso finale al curatore da liqui-darsi a norma dell’articolo 39.

Il Capo ottavo contiene le modifiche del capo VII rubricato della ripartizione dell’attivodel Titolo II della legge fallim. e, segnatamente, degli articoli da 110 a 117.

Anche la disciplina della ripartizione dell’attivo e stata improntata al principio della spe-ditezza e della economicita, essendo stata prevista la pronta distribuzione dei ricavati manmano che si realizzano, in conformita, del resto, all’attuale sistema.

Peraltro, il presente decreto ha altresı previsto una serie di precise soluzioni, spesso trattedal diritto vivente, volte a regolamentare, per un verso, fattispecie pur frequenti, ma non spe-cificamente disciplinate dalla legge del 1942, come quella dell’insufficienza dell’attivo ancheper il soddisfacimento dei soli creditori prededucibili o, per altro verso, a imporre regolecomportamentali obbligatorie nelle ipotesi in cui, nel vigore dell’attuale legge, si erano forma-ti suggerimenti o indirizzi interpretativi non sempre univoci o dotati di sufficiente chiarezza,come nel caso dei c.d. conti speciali o delle modalita di accertamento e di pagamenti dei cre-diti prededucibili e del decorso del computo degli interessi. Per altro verso, con il presenteintervento normativo vengono colmate vistose lacune esistenti nell’attuale sistema, da temposegnalate da dottrina e giurisprudenza: cosı, non solo per la disciplina relativa al trattamentodei crediti prededucibili, ma anche per cio che riguarda taluni aspetti dei meccanismi di ri-parto rimasti in ombra nel sistema vigente e tuttora fonte di ondivaghe interpretazioni.

Art. 110Legge fallim.

In tema di procedimento di ripartizione dell’attivo, nel comma 1 viene esteso il termineper il curatore per presentare un prospetto delle somme disponibili ed un progetto di ripar-tizione delle medesime.

Nel comma 2, in linea con le rimodellate attribuzioni degli organi della procedura falli-mentare, viene, da un lato, soppressa la previsione secondo cui il giudice delegato puo appor-tare al progetto di distribuzione le variazioni che reputa convenienti e dall’altro, viene intro-dotta la previsione secondo cui i creditori, entro il termine perentorio di quindici giorni dallacomunicazione dell’avvenuto deposito del progetto di ripartizione in cancelleria, possono

Il diritto fallimentare delle societa commerciali530

proporre reclamo contro il progetto di riparto nelle forme del procedimento camerale ex ar-ticolo 26, previsto in tema di reclamo avverso i decreti del giudice delegato e del tribunale.

Nell’ultimo comma viene infine previsto che una volta decorso il termine per il reclamo,il giudice delegato, su richiesta del curatore, dichiara esecutivo il progetto di ripartizione.

Se, nell’ipotesi inversa viene proposto reclamo, invece, il giudice delegato dichiara ese-cutivo il progetto di distribuzione previo accantonamento delle somme corrispondenti ai cre-diti oggetto di contestazione. Viene altresı precisato che il provvedimento con cui si decide ilreclamo si provvede anche in ordine alla destinazione delle somme accantonate.

Art. 111Legge fallim.

Una prima soluzione volta a chiarire l’ordine di distribuzione delle somme, e contenutanella modifica del comma 1 dell’articolo in commento dove, in sostituzione della previsionecontenuta nel numero 1) del regio decreto del 1942, viene stabilito che le somme ricavatedebbono essere erogate per il pagamento prioritario dei crediti prededucibili.

Nella modifica del comma secondo dell’articolo in esame viene dettata la definizione deidebiti prededucibili, stabilendo che tali sono quelli cosı qualificati dalla legge e quelli sorti inoccasione o in funzione della procedura concorsuale.

Art. 111-bisLegge fallim.

L’esigenza sopra meglio illustrata di porre le condizioni per favorire una uniformita ap-plicativa della ripartizione dell’attivo ha indotto a prevedere espressamente nel comma 1dell’articolo in rassegna, da un lato, che i crediti prededucibili debbono essere accertaticon le modalita del procedimento camerale ex articolo 26, previsto in tema di reclamo av-verso i decreti del giudice delegato e del tribunale e dall’altro, nel comma 2, un principio,gia affermato dalla giurisprudenza di legittimita, secondo cui i crediti prededucibili devonoessere soddisfatti per capitale, spese e interessi con il ricavato della liquidazione del patri-monio mobiliare e immobiliare, secondo un criterio proporzionale, ma con esclusione diquanto ricavato dalla liquidazione dei beni oggetto di pegno ed ipoteca per la parte desti-nata ai creditori muniti di garanzia reale sui beni alienati. Viene mantenuta altresı ferma ladiversa soluzione, costituente ius receptum, secondo cui tale priorita non esiste nel solo casoin cui i crediti prededucibili si riferiscano ad attivita incrementative del valore dei beni me-desimi, pignorati o ipotecati, o che, comunque, abbia arrecato beneficio ai creditori de qui-bus.

A fini acceleratori viene disposto che i crediti prededucibili, sorti nel corso del fallimen-to, liquidi, esigibili e non contestati, possono essere soddisfatti al di fuori del procedimentodi riparto se l’attivo e presumibilmente sufficiente a soddisfare tutti i titolari di tali crediti.In quest’ultima ipotesi viene, altresı, introdotta la disposizione di garanzia secondo cui dettopagamento, superiore ad un importo di 25.000,00 euro, deve essere autorizzato dal comi-tato dei creditori. La norma reca la possibilita che con decreto del Ministro della giustiziadetto importo sia aggiornato ogni cinque anni sulla base degli indici ISTAT sul costo dellavita.

Infine, per l’ipotesi in cui l’attivo risulti insufficiente, viene previsto che la distribuzioneavvenga secondo criteri di gradualita e proporzionalita conformemente all’ordine di prelazio-ne assegnato dalla legge.

Parte I - Dottrina 531

Art. 111-terLegge fallim.

Sempre nell’ottica chiarificatrice sopra accennata, viene prevista espressamente la disci-plina dei c.d. conti speciali, definendo cosa si intende per massa liquida attiva immobiliare emassa liquida attiva mobiliare e prescrivendo analitiche e specifiche modalita di conto per ilcuratore.

Art. 111-quaterLegge fallim.

Viene infine specificatamente introdotta la disciplina dei crediti assistiti da prelazione. Inproposito viene disposto che i crediti assistiti da privilegio generale hanno diritto di prelazio-ne per il capitale, spese ed interessi, nei limiti previsti dagli articolo 54 e 55, sul prezzo rica-vato dalla liquidazione del patrimonio mobiliare, cosı creando un coordinamento normativotra la norma in commento e il sistema di concorso dei diritti di prelazione (crediti pignoratizi,crediti ipotecari e crediti privilegiati).

Art. 112Legge fallim.

La modifica dell’articolo in commento si limita a riformulare la disposizione in tema dimodalita di partecipazione dei creditori ammessi tardivamente senza alterarne nella sostanzala struttura previgente.

Art. 113Legge fallim.

In questo sforzo di innovare, ma anche di fare chiarezza, onde evitare il protrarsi di ambi-guita e di incertezze, e stato, fra l’altro, stabilito che, gia nel primo progetto di riparto parziale, ilcuratore e tenuto a specificare le somme che spetterebbero a quattro precise categorie di cre-ditori, i cui diritti nell’ambito del concorso non siano stati ancora definitivamente accertati acausa di ammissioni con riserva o di opposizioni o di impugnazioni o di revocazioni in corso.Al fine di assicurare anche a questi creditori una prospettiva di soddisfacimento pari a quelladegli altri creditori concorsuali definitivamente ammessi, si e ritenuto di prevedere, anche insede di riparto finale, l’obbligatorieta degli accantonamenti a favore dei creditori gia insinuatial passivo, ma non ancora definitivamente ammessi per le quattro sopra specificate ipotesi tas-sative. Questa significativa novita rispetto al regio decreto del 1942 e dovuta alla necessita dicontemperare due esigenze, da un lato, quella di tutela dei creditori che hanno proposto do-manda di ammissione al passivo per crediti gia vagliati (positivamente o anche negativamente,in tutto o in parte o anche solo per la causa di prelazione) dal giudice delegato, le cui aspettativesarebbero frustrate nel caso in cui – come spesso ora avviene – la procedura concorsuale venissechiusa prima che fosse esaurito il procedimento sulle contestazioni; dall’altro, quella di favorirela rapidita delle procedure concorsuali, in conformita all’impostazione generale della riforma.

Art. 113-bisLegge fallim.

La norma introduce ex novo la disciplina dello scioglimento delle ammissioni con riserva,prevedendo che allorquando si verifica l’evento che ha determinato l’accoglimento di una do-manda con riserva, su istanza del curatore o della parte interessata, il giudice delegato con decretomodifica lo stato passivo disponendo che la domanda deve intendersi accolta definitivamente.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali532

Art. 114legge fallim.

La novella reca una duplice innovazione anche in tema di restituzione di somme riscosse,precisando, rispetto al sistema previgente, che, in primo luogo, i pagamenti effettuati in ese-cuzione dei piani di riparto non possono essere ripetuti, salvo il caso dell’accoglimento di do-mande di revocazione e che, in secondo luogo, i creditori i quali hanno percepito pagamentinon dovuti, devono restituire le somme riscosse, oltre gli interessi legali dal momento del pa-gamento effettuato a loro favore.

Art. 115Legge fallim.

La modifica dell’articolo in commento, sempre in un ottica chiarificatrice, dispone che ilcuratore provvede al pagamento delle somme assegnate ai creditori nel piano di ripartizionecon modalita che assicurino la prova dell’avvenuto pagamento.

Nel comma 2 viene precisato che nell’ipotesi di cessione dei crediti avvenuta prima dellaripartizione, il curatore deve attribuire le quote di riparto ai cessionari unitamente alla docu-mentazione che attesti l’avvenuta cessione risultante da un atto recante le sottoscrizioni au-tenticate di cedente e cessionario. In quest’ultima ipotesi viene altresı disposto che il curatoreprovveda alla rettifica formale dello stato passivo.

Art. 116Legge fallim.

La novella in tema di rendiconto reca, nel comma 1 della norma in esame, la precisazioneche il curatore, una volta compiuta la liquidazione dell’attivo e prima del riparto finale ed inogni caso in cui cessa dalle funzioni, presenta al giudice delegato l’esposizione analitica delleoperazioni contabili e della attivita di gestione della procedura.

Nel comma 2, viene altresı aggiunta la previsione che, oltre alle osservazioni, ogni inte-ressato puo presentare eventualmente anche delle contestazioni.

Dell’avvenuto deposito e della fissazione dell’udienza, il curatore da immediata comuni-cazione ai creditori ammessi al passivo, a coloro che hanno proposto opposizione, ai creditoriin prededuzione non soddisfatti ed al fallito, avvisandoli che possono prende visione del ren-diconto e presentare eventuali osservazioni o contestazioni fino all’udienza.

Se all’udienza stabilita non sorgono contestazioni o su queste viene raggiunto un accor-do, il giudice approva il conto con decreto; altrimenti, fissa l’udienza innanzi al collegio aisensi dell’articolo 26.

Art. 117Legge fallim.

E opportuno ricordare che l’art. 117 del regio decreto del 1942 prevedeva che la ri-partizione finale comprendesse obbligatoriamente anche gli accantonamenti precedente-mente fatti, proprio perche essa doveva aver luogo dopo che tutte le contestazioni fosserostate risolte e fosse stato approvato il rendiconto, su accordo dei creditori o giudizialmen-te ed altresı fosse stato liquidato il compenso al curatore. Ma poiche, con il passare deltempo, l’applicazione rigorosa di questo principio aveva, di fatto, allungato in modo ab-norme la durata delle procedure fallimentari, che dovevano rimanere aperte per il solofatto della pendenza di controversie, solitamente molto numerose, sullo stato passivo,la giurisprudenza ha progressivamente introdotto alcuni temperamenti al rigido principiodella previa necessita che la ripartizione finale dovesse presupporre la definizione, consentenza passata in giudicato, di tutte le contestazioni relative ai crediti concorrenti. Sen-nonche, questo indirizzo, teso a velocizzare la chiusura dei fallimenti, nell’interesse del

Parte I - Dottrina 533

debitore e dei creditori concorrenti non contestati, ha, a sua volta, finito per ledere i di-ritti patrimoniali di quelli contestati o quantomeno, per renderne sempre piu incerte leaspettative. Su questo punto, allora, la norma novellata prevede che, in sede di ripartizio-ne finale, gli accantonamenti fatti in precedenza devono essere distribuiti solo nel caso incui sia intervenuta la decisione irrevocabile sulle questioni che li avevano originati; diver-samente, essi devono essere mantenuti secondo le modalita stabilite dal giudice delegato enon impediscono la chiusura della procedura. Naturalmente, poiche la chiusura fa venirmeno anche gli organi della procedura stessa, si e previsto un semplice meccanismo pro-cessuale – un ricorso al giudice designato dal presidente del tribunale – al fine di consen-tire, comunque entro i cinque anni dalla chiusura stessa, la distribuzione delle somme ac-cantonate e depositate.

Il Capo nono contiene le modifiche del Capo VIII rubricato della cessazione dellaprocedura fallimentare, ed in particolare della sezione I dedicata alla chiusura del fallimen-to e, segnatamente, degli articoli da 118 a 123 nonche della sezione II dedicata al concor-dato fallimentare e segnatamente degli articoli da 124 a 141, del Titolo II della legge fal-limentare.

L’impianto normativo che regola l’estinzione della procedura di liquidazione concorsua-le e rimasto invariato rispetto alla legge fallim. del 1942, sono state, pero, previste ulterioriipotesi specifiche di chiusura conseguenti alle innovazioni concernenti i limiti, in generale,dell’apertura del concorso, cosı, ad esempio, e stato previsto il caso che, nel corso dell’accer-tamento dello stato passivo, si accerti che non avrebbe dovuto essere aperta la procedura peressere stata riscontrata la totale mancanza di attivo (art. 118).

Significativo e poi il fatto che si e colmata una lacuna del sistema previgente, il quale nonprevedeva alcuna impugnazione avverso il decreto che respingeva la richiesta di chiusura.Ora un tale provvedimento e reclamabile innanzi alla corte di appello da parte di chiunqueinteressato (art. 119).

Di notevole rilievo e, poi, l’innovazione che prevede un limite alla conservazione in capoai creditori dei diritti rimasti insoddisfatti nel concorso ma con un’importante eccezione, checostituisce uno degli aspetti piu qualificanti della riforma: quella, cioe, che non sia intervenutal’esdebitazione del fallito a norma degli articoli 142 e seguenti (art. 120).

Art. 118Legge fallim.

L’articolo in commento risulta modificato nel comma 1 con l’introduzione della piu am-pia locuzione «di tutti i debiti da soddisfare in prededuzione»in luogo «del compenso al cu-ratore e delle spese di procedura», contenuta nel testo del regio decreto del 1942.

Risulta inoltre modificato il numero 4) del medesimo comma 1 nella parte in cui intro-ducendo una piu ampia e completa previsione che la chiusura del fallimento possa trovareluogo quando nel corso della procedura si accerti che la sua prosecuzione non consente disoddisfare neppure parzialmente ne i creditori concorsuali, ne i crediti prededucibili, ne lespese di procedura. Viene precisato che l’accertamento di quest’ultima circostanza puo esserecontenuto sia nella relazione o con i successivi rapporti riepilogativi stilati dal curatore ai sensidell’articolo 33.

E stata poi inserita, dopo il comma 1, una ulteriore previsione che completa la disciplinadella chiusura della procedura di fallimento con l’ipotesi in cui esso riguardi una societa. Intal caso, il curatore ha l’onere di chiederne la cancellazione dal registro delle imprese. Se, poi,trattasi di societa appartenente a uno dei tipi indicati dall’articolo 147, viene altresı specificatoche la chiusura della procedura determina anche la chiusura di quella estesa ai soci, illimita-tamente responsabili, a norma dello stesso articolo 147. Cio naturalmente sempre che non sitratti di una procedura di fallimento aperta nei confronti del socio quale imprenditore indi-viduale.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali534

Art. 119Legge fallim.

L’articolo in esame registra la modifica imposta dalla Corte Costituzionale che ha dichia-rato l’illegittimita dell’articolo medesimo nella parte in cui esclude la reclamabilita dinanzi lacorte di appello non solo del decreto che dichiara la chiusura del fallimento, ma anche diquello che ne respinge la richiesta, decreto che e ora espressamente reclamabile a norma del-l’articolo 26. Una ulteriore modifica riguarda l’ipotesi in cui la chiusura venga dichiarata, pri-ma dell’approvazione del programma di liquidazione, ai sensi dell’articolo 118, comma 1, n.4) allorquando nel corso della procedura si accerti che la sua prosecuzione non consente disoddisfare neppure parzialmente ne i creditori concorsuali, ne i crediti prededucibili, ne lespese di procedura. E stabilito che in tal caso il tribunale decida sentiti il comitato dei cre-ditori ed il fallito.

Art. 120Legge fallim.

Nell’articolo in rassegna viene fissato un limite alla conservazione in capo ai creditori deidiritti rimasti insoddisfatti nel concorso, salvo che non sia intervenuta l’esdebitazione del fal-lito a norma degli articoli 142 e seguenti. Inoltre, affinche i creditori risultanti dallo stato pas-sivo possano chiedere che la pronuncia endoconcorsuale produca effetti nei confronti del de-bitore stesso al fine di consentire i tentativi recuperatori quando quest’ultimo tornera in bo-nis, e stata attribuita natura di prova scritta ai fini del procedimento d’ingiunzione ex art. 637del codice di rito al decreto o alla sentenza con cui il credito e stato ammesso al passivo.

Art. 121Legge fallim.

La disciplina dell’istituto della riapertura della procedura di liquidazione concorsuale erimasta immutata cosı come disciplinata dalla legge del 1942, viene solo arricchita da alcuneprevisioni tratte, anche qui, dalle prassi giudiziarie e dalla constatazione dell’esistenza di al-cune specifiche lacune del sistema concorsuale previgente.

In particolare, viene soppressa nel comma 2 la previsione secondo la quale la sentenzaemessa dal tribunale in camera di consiglio, gia in passato ritenuta comunque ricorribile aisensi dell’articolo 111, comma II della Costituzione, «non e soggetta a gravame».

Non necessita di commento la disposizione introdotta secondo cui i creditori gia ammes-si al passivo nel fallimento chiuso possono chiedere la conferma del provvedimento di ammis-sione salvo che intendano insinuare al passivo ulteriori interessi.

Infine, in coerenza con il sistema e con la modifica apportata dal comma 2 dell’articolo incommento, e stata aggiunta la previsione secondo cui la sentenza puo essere appellata a nor-ma dell’articolo 18.

Art. 122Legge fallim.

Nel comma 2 dell’articolo in esame viene apportata una modifica puramente formale dirinvio interno.

Art. 123Legge fallim.

Viene al comma 1 inserita la previsione di coordinamento interno ai termini previsti dal-l’articolo 67-bis in luogo di quelli originariamente previsti dall’articolo 70 cosı come modifi-

Parte I - Dottrina 535

cato dall’articolo 2, comma 1, lett. b) del decreto legge n. 35 del 2005 convertito nella legge n.80 del 2005.

Nel comma 2, inoltre, e stata aggiunto l’espresso richiamo agli atti a titolo oneroso o gra-tuito compiuti tra i coniugi di cui all’articolo 69.

Art. 124Legge fallim.

In virtu del principio di delega che imponeva la modifica della disciplina del concor-dato fallimentare, riducendo i tempi della procedura, consentendo l’eventuale suddivisionedei creditori in classi per posizione giuridiche nonche trattamenti differenziati per i credi-tori appartenenti alle diverse classi, si e provveduto a rinnovare in tal senso l’istituto inesame.

La prima novita, contenuta nel comma 1 dell’articolo in commento, consiste nella esten-sione della legittimazione alla proposta di concordato ad uno o piu creditori o ad un terzo.Inoltre, tale proposta puo essere presentata anche prima del decreto di esecutivita dello statopassivo, a condizione che i dati contabili e le altre notizie disponibili permettano al curatoredi predisporre un elenco provvisorio dei creditori da sottoporre all’approvazione del giudicedelegato. Essa non puo essere presentata dal fallito, da societa a cui egli partecipi o da societasottoposte a comune controllo, se non dopo il decorso di sei mesi dalla dichiarazione di fal-limento e purche non siano decorsi due anni dal decreto che rende esecutivo lo stato passivo.Il comma 2, nell’indicare il nuovo contenuto che puo assumere la proposta di concordato, faespresso riferimento alla suddivisione dei creditori in classi, secondo posizioni giuridiche edinteressi economici omogenei, ai trattamenti differenziati fra creditori appartenenti a classidiverse, adeguatamente motivati, e alla ristrutturazione dei debiti e alla soddisfazione dei cre-diti attraverso qualsiasi forma, anche mediante cessioni di beni, accollo o altre operazionistraordinarie. Riguardo a quest’ultima categoria vengono ricomprese le attribuzioni ai credi-tori nonche a societa da questi partecipate, di azioni, quote ovvero obbligazioni, anche con-vertibili in azioni o altri strumenti finanziari e titoli di debito.

La proposta puo prevedere che i creditori muniti di diritto di prelazione non venganosoddisfatti integralmente, purche il piano ne preveda la soddisfazione in misura non inferiorea quella realizzabile in ragione della collocazione preferenziale, sul ricavato in caso di venditaavuto riguardo al valore attribuibile al cespite o al credito oggetto della garanzia.

Viene altresı precisato che il trattamento stabilito per ciascuna classe non possa averel’effetto di alterare l’ordine delle cause legittime di prelazione. In relazione, poi, al program-ma di ristrutturazione ed alla soddisfazione dei crediti va evidenziato l’ampliamento delle mo-dalita e delle forme utilizzabili per ottenere il risultato prefissato in sintonia con quelle chesono le soluzioni negoziali per il superamento della crisi utilizzate nella prassi. Allo stesso finesi ispira la norma che nel disciplinare il contenuto della proposta di concordato fallimentarepresentata da un terzo, stabilisce la possibilita di prevedere la cessione oltre che dei beni com-presi nella massa attiva fallimentare, anche delle azioni di pertinenza del fallimento.

Infine, allo scopo di limitare l’impegno assunto dal terzo con il concordato e espressa-mente previsto che il medesimo puo essere limitato al soddisfacimento dei soli creditori am-messi al passivo, anche provvisoriamente e di quelli che hanno proposto opposizione allo sta-to passivo o domanda di ammissione tardiva prima della presentazione della proposta. Inquesto caso, tuttavia, il fallito continua a rispondere verso tutti gli altri creditori, fatto salvopero quanto disposto dalla disciplina della esdebitazione prevista agli articoli 142 e seguenti.

Art. 125Legge fallim.

L’articolo in esame rimodella il procedimento previsto in materia di esame della propo-sta imprimendo una forte caratterizzazione privatistica al medesimo. Difatti, viene sottratto al

Il diritto fallimentare delle societa commerciali536

giudice delegato il potere di valutare l’eventuale convenienza della proposta che viene, invece,comunicata ai creditori una volta sentiti il comitato dei creditori e il curatore, con specificoriferimento ai presumibili risultati della liquidazione e previa acquisizione del parere favore-vole del curatore.

Il comma 3 disciplina l’ipotesi in cui siano proposte piu domande di concordato e pre-vede che in tal caso, tutte, siano portate in votazione contemporaneamente.

L’ultimo comma, infine, si fa carico di disciplinare l’eventualita che la societa fallita ob-bligazioni o strumenti finanziari oggetto della proposta di concordato, prevedneo che la co-municazione della proposta venga inviata agli organi che hanno il potere di convocare le ri-spettive assemblee deputate ad esprimere il loro eventuale dissenso.

Art. 126Legge fallim.

L’articolo in esame in materia di concordato con numerosi creditori semplifica le moda-lita di comunicazione tramite pubblicazione della proposta, prevedendo che il testo integraledella medesima, anziche venire comunicata a ciascuno dei creditori, sia pubblicata su uno opiu quotidiani a diffusione nazionale o locale.

Art. 127Legge fallim.

La disposizione in esame disciplina le modalita di voto nel concordato, tenendo contodella eventualita che la proposta sia presentata prima del deposito del decreto di esecutivitadello stato passivo. In quest’ultimo caso il comma 1 dispone che hanno diritto di voto i cre-ditori risultanti dall’elenco provvisorio predisposto dal curatore e approvato dal giudice de-legato ai sensi dell’articolo 124, comma 1.

Nulla e innovato nel caso in cui la proposta di concordato sia stata presentata dopo ildecreto di esecutivita dello stato passivo.

Rimane ferma, in accordo con l’espressa previsione contenuta nella legge delega, la di-sposizione secondo la quale i titolari dei crediti assistiti da una causa legittima di prelazione,dovendo essere soddisfatti per l’intero, non hanno diritto al voto, salvo che rinuncino al di-ritto di prelazione.

La norma precisa inoltre che in caso di rinuncia, totale o parziale, alla prelazione, i cre-ditori per la parte del credito non coperta dalla garanzia sono assimilati ai creditori chirogra-fari e che la rinuncia alla prelazione ha effetto ai soli fini del concordato.

Viene precisato ancora che la disciplina in materia di esclusione dal diritto di voto, siapplica anche ai crediti delle societa controllanti, controllate o sottoposte a comune controllo.

Di peculiare rilievo e la modifica dell’ultimo comma dell’articolo in rassegna che, dero-gando al principio generale, attribuisce diritto di voto in conseguenza di trasferimenti di cre-diti effettuati a favore di banche o altri intermediari finanziari.

Art. 128Legge fallim.

Fatte salve le modifiche meramente redazionali, quelle apportate all’articolo in commen-to riguardano, in esecuzione dell’espresso principio contenuto nella legge delega, le modalitadi voto per classi. Qualora la proposta suddivida i creditori per classi il concordato risultaapprovato qualora riporti il voto favorevole dei creditori che rappresentino la maggioranzadei crediti ammessi al voto nelle singole classi. La norma in commento va, poi, coordinatacon quanto previsto dall’articolo 129 per il caso in cui la proposta di concordato sia stata ap-provata solo dalla maggioranza delle classi.

Parte I - Dottrina 537

Art. 129Legge fallim.

Anche la disciplina dell’omologazione del concordato viene radicalmente modificata inlinea con quanto dettato dai principi e criteri contenuti nella legge delega. A tal fine vengonoprevisti due distinti procedimenti: l’uno di omologazione e l’altro di approvazione.

Il primo riguarda il caso in cui non vengano proposte opposizioni nel termine fissato dalgiudice delegato; in tal caso, il tribunale si limita a verificare la regolarita della procedura el’esito della votazione prima di omologare il concordato con decreto motivato non soggettoa gravame. Detta procedura semplificata di omologazione presuppone altresı che la propostadi concordato, in caso di suddivisione dei creditori in classi abbia ottenuto l’approvazione ditutte le classi.

Il secondo si applica alle ipotesi in cui, invece, siano state proposte opposizioni da partedei creditori ovvero la proposta sia stata approvata soltanto dalla maggioranza delle classi e ilproponente abbia presentato la richiesta di approvazione; in tal caso, il tribunale non si limitaad accertare l’avvenuto raggiungimento della maggioranza di cui all’articolo 128, comma 1,ma puo procedere all’approvazione del concordato, nonostante il dissenso della minoranzadelle classi qualora ritenga che i creditori appartenenti alle classi dissenzienti possano esseresoddisfatti nel concordato in misura non inferiore rispetto alle alternative concretamente pra-ticabili in sede fallimentare. Al fine di precisare quali siano le maggioranze necessarie per l’ap-provazione del concordato in presenza di suddivisione dei creditori in classi, l’ultimo commadell’articolo in esame precisa che le classi dei creditori non ammessi al voto a norma dell’ar-ticolo 127, comma secondo, sono considerate favorevoli nel computo della maggioranza delleclassi previste in particolare dal settimo comma.

Art. 130Legge fallim.

L’articolo in esame tratta dell’efficacia del decreto e dispone che il medesimo provvedi-mento acquisti efficacia dal momento in cui scadono i termini per presentare opposizione al-l’omologazione ovvero da quelli in cui si esauriscono le impugnazioni previste dall’articolo129.

Nel comma 2 viene previsto che nel momento in cui diventa definitivo il decreto diomologazione del concordato fallimentare il curatore deve rendere il conto della gestioneed il tribunale dichiara chiuso il fallimento. Il decreto va pubblicato a norma dell’articolo117.

Art. 131Legge fallim.

L’articolo in commento disciplina il reclamo avverso il decreto del tribunale di omolo-gazione del concordato fallimentare; esso si propone dinanzi alla corte di appello che pronun-cia in camera di consiglio.

Viene altresı dettata puntualmente la procedura di proposizione, di trattazione e didecisione del ricorso, nel rispetto del principio del contraddittorio e del diritto di di-fesa.

Il decreto pronunciato dalla corte di appello deve essere pubblicato a norma dell’articolo17 e puo essere impugnato dinanzi alla corte di cassazione nel termine di trenta giorni dalladata in cui e stato comunicato al debitore. Lo schema procedimentale delineato dalla normain commento funge inoltre da paradigma anche per il reclamo avverso il decreto di annulla-mento (art. 138) o di risoluzione (art. 137) del concordato fallimentare, in virtu di testualirichiami.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali538

Art. 121 d.lgs. L’articolo in esame reca per naturali esigenze di coordinamento l’abroga-zione degli articoli 132, 133 e 134 della legge fallimentare.

Art. 136Legge fallim.

L’articolo in rassegna contiene disposizioni di mero coordinamento formale da introdur-re nel comma 1.

Il comma 3 viene modificato al fine di precisare che, accertata la completa esecuzione delconcordato, il giudice delegato oltre ad ordinare lo svincolo delle cauzioni e la cancellazionedelle ipoteche iscritte a garanzia, puo adottare qualsiasi misura idonea al conseguimento dellefinalita del concordato.

Art. 137Legge fallim.

In tema di risoluzione del concordato fallimentare, la prima novita consistono nel fattoche anche il comitato dei creditori, oltre che il curatore, deve riferire al giudice delegato suifatti che possono comportare la risoluzione stessa. Inoltre, e precisato che il procedimentoper la risoluzione si svolge nelle forme previste dall’articolo 26, sesto, settimo e ottavo com-ma. Il decreto che si pronuncia sulla richiesta per la risoluzione, come gia detto, e reclamabileai sensi dell’articolo 131.

L’ulteriore aspetto innovativo e rappresentato dalla disposizione, coordinata con l’artico-lo 124, ultimo comma, secondo la quale l’istanza di risoluzione del concordato fallimentarenon puo essere proposta dai creditori del fallito nei confronti dei quali il terzo non abbia as-sunto responsabilita per effetto del concordato.

Art. 138Legge fallim.

In tema di annullamento del concordato fallimentare, le modifiche di carattere sostanzia-le sono quelle che dispongono che il procedimento si svolga nelle forme dell’articolo 137 eche il decreto che si pronuncia sull’azione di nullita e reclamabile ai sensi dell’articolo 131.

Art. 139Legge fallim.

La norma in esame prevede modifiche di carattere meramente formale derivanti dal ne-cessario coordinamento.

Art. 141Legge fallim.

Anche la disciplina regolata dall’articolo in commento adegua il testo all’estensione dellalegittimazione attiva anche a soggetti diversi dal fallito. Infine, dispone che il deposito dellesomme occorrenti per l’integrale pagamento del concordato, condizione per l’omologazionedella nuova proposta possa essere sostituito con la prestazione di garanzie equivalenti.

Il Capo decimo contiene le modifiche della sezione II del capo IX del Titolo II della leg-ge fallim. che viene ex novo rubricata della esdebitazione e, segnatamente, degli articoli da142 a 145.

L’istituto della esdebitazione, omologo a quello gia presente nella legislazione europea edamericana, costituisce una assoluta novita introdotta nel sistema e consiste nella incentivanteliberazione del debitore persona fisica dai debiti residui nei confronti dei creditori concorsua-li non soddisfatti integralmente, seppur in presenza di alcune condizioni.

Parte I - Dottrina 539

L’obiettivo e quello di recuperare l’attivita economica del fallito per permettergli un nuo-vo inizio, una volta azzerate tutte le posizioni debitorie. Nelle legislazioni nelle quali e statogia ampiamente sperimentato, l’istituto dell’esdebitazione viene strutturato in guisa da preve-nire, attraverso impedimenti e/o preclusioni, utilizzi impropri della procedura in danno deicreditori. Secondo il criterio dettato dalla legge delega il fallito e ammesso alla esdebitazionequalora sussistano determinate condizioni consistenti:

a) nell’avere cooperato con gli organi della procedura ai fini dell’accertamento del pas-sivo e del proficuo svolgimento della procedura, evitando di provocare o contribuire a pro-vocare ritardi nella stessa;

b) nel non avere beneficiato di altra esdebitazione nei dieci anni precedenti;c) nel non avere tenuto comportamenti penalmente rilevanti, quali distrazione dell’attivo

o esposizione di passivita inesistenti, causazione o aggravamento del dissesto rendendo diffi-cile la ricostruzione del patrimonio e degli affari, ricorso abusivo al credito ovvero nel nonavere riportato condanne per bancarotta fraudolenta o per delitti contro l’economia pubbli-ca, l’industria o il commercio, salvo che per tali reati sia intervenuta la riabilitazione.

In sintonia con gli elencati principi di delega, l’istituto e stato strutturato in modo tale daevitare che, nella applicazione pratica, possa incentivare distorsioni nei comportamenti deldebitore insolvente. Altrimenti, il sistema si sbilancerebbe a danno dei creditori in un otticadi un vero privilegio e non del mero favor debitoris, in stridente contrasto rispetto alla finalitadi sviluppo dell’economia. Una previsione meramente e totalmente liberatoria per il debitoreirrigidirebbe il sistema creditizio producendo una contrazione non solo del credito bancario efinanziario ma anche del sistema delle forniture, cosı rallentando il ciclo economico.

L’ammissione alla esdebitazione, e stata quindi ancorata a parametri e limitazioni che neevitino speculazioni dannose per il mercato. A tal fine, e stata espressamente inserita comecondizione preclusiva dell’esdebitazione la circostanza che non siano stati soddisfatti, neppu-re in parte, i creditori concorsuali. Invero, nella stessa legge delega si rinvengono spunti chemilitano a favore di tale scelta, difatti la terminologia utilizzata «debiti residui» e ha permessodi introdurre la suddetta soluzione.

Art. 142Legge fallim.

L’articolo introduce nell’ordinamento l’istituto della esdebitazione a favore del fallitopersona fisica per i debiti residui nei confronti dei creditori concorsuali non soddisfatti e recal’elenco delle condizioni per l’ammissione al beneficio. In primo luogo, viene posta la condi-zione secondo cui il debitore fallito deve aver cooperato con gli organi della procedura fal-limentare o concordataria, fornendo tutte le informazioni e la documentazione utile all’accer-tamento del passivo e deve essersi adoperato positivamente per il proficuo svolgimento delleoperazioni.

In secondo luogo il fallito non deve aver ritardato o aver contribuito a ritardare lo svol-gimento delle procedure.

Inoltre, viene dettata l’ulteriore condizione secondo il fallito non deve aver violato l’ob-bligo di consegna al curatore della corrispondenza relativa ai rapporti attratti nel fallimento aisensi dell’articolo 48.

Viene poi espressamente previsto che il fallito non deve aver beneficiato di altra esdebi-tazione nei dieci anni precedenti la richiesta.

Ancora, il fallito non deve aver distratto l’attivo o esposto passivita inesistenti, non deveaver cagionato o aggravato il dissesto ne aver fatto ricorso abusivo al credito. Inoltre non deveessere stato condannato con sentenza passata in giudicato per bancarotta fraudolenta e delitticontro l’economia pubblica, industria e commercio o per altri delitti compiuti in connessionecon l’esercizio dell’impresa, fatta salva l’intervenuta riabilitazione.

Il comma 2 dell’articolo in commento chiarisce che l’esdebitazione non puo essere con-cessa nell’ipotesi in cui non siano stati soddisfatti neppure in parte i creditori concorsuali.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali540

Quanto all’area di esonero dei debiti ammessi all’esdebitazione il comma 3 precisa chequesta non puo riguardare i debiti derivanti da obblighi di mantenimento o debiti per il ri-sarcimento dei danni da fatto illecito extracontrattuale, nonche quelli derivanti dalla irroga-zione di sanzioni penali e amministrative di carattere pecuniarie che non siano accessorie adebiti estinti.

Art. 143Legge fallim.

L’articolo e dedicato alla disciplina del procedimento di esdebitazione ed innanzitutto,per ragioni di certezza dei rapporti giuridici, viene limitato il ad un anno successivo alla di-chiarazione di fallimenti, il limite temporale entro cui il debitore puo presentare ricorso perottenere l’esdebitazione, qualora il tribunale non vi abbia provveduto con il decreto di chiu-sura del fallimento. Il tribunale, verificate le condizioni indicate nell’articolo 142, sentito ilcuratore ed il comitato dei creditori, dichiara estinti i debiti concorsuali non soddisfatti inte-gralmente tenuto altresı conto dei comportamenti positivi di cooperazione del debitore. Il de-creto che provvede sul ricorso puo essere reclamato da qualunque interessato a norma del-l’articolo 26.

Art. 144Legge fallim.

L’articolo in commento tratta dell’esdebitazione relativa dei crediti concorsuali non con-correnti, affermando il principio secondo il quale la stessa non produce effetti nei confrontidei titolari di crediti anteriori alla apertura della procedura che non abbiano presentato do-manda di ammissione al passivo, nei limiti di quanto gli stessi avrebbero potuto percepire nelconcorso, mentre la stesa esdebitazione opera per la sola eccedenza rispetto a quanto detticreditori avrebbero avuto diritto di percepire nel concorso. Tale soluzione evita che i credi-tori possano essere disincentivati, in presenza di una possibile esdebitazione da parte del fal-lito, ad insinuarsi nella procedura concorsuale.

Art. 128Decreto legislativo

Le modifiche introdotte nel capo in esame hanno imposto l’abrogazione dell’articolo 145della legge fallimentare.

Il Capo undicesimo contiene le modifiche della sezione II del capo X rubricata del fal-limento delle societa del Titolo II della legge fallim. e, segnatamente, degli articoli da 146 a153.

Art. 146Legge fallim.

La rubrica e stata modificata al fine di coordinarla con l’introduzione dei sistemi al-ternativi di amministrazione e controllo e la responsabilita dei soci di soc. a resp. lim. aisensi dell’art. 2476, settimo comma, cod. civ. Si e ritenuto opportuno suddividere il com-ma 2 in due parti: la prima concernente le azioni di responsabilita contro gli amministra-tori, i componenti degli organi sociali ed i liquidatori; la seconda riguardante l’azione diresponsabilita contro i soci di soc. a resp. lim., prevista dall’art. 2476, comma settimo,del cod. civ.. Il comma 2, lett. a), adotta una formulazione aperta in virtu della quale epossibile sostenere che le azioni di responsabilita riguardano anche i componenti degli or-gani sociali della soc. a resp. lim. e che le stesse sono promuovibili, oltre che nei confrontidei liquidatori, il che era pacifico, anche nei confronti dei componenti degli organi di con-trollo, sia nei casi di obbligatorieta della loro nomina, sia nelle ipotesi di facoltativita.

Parte I - Dottrina 541

Quanto agli amministratori della soc. a resp. lim. e al dibattito in ordine alla sussistenza diuna loro specifica responsabilita verso i creditori sociali, si e preferito, considerato che ladelega legislativa e muta al riguardo, adottare una formula «aperta»che lasci cioe agli in-terpreti il compito di stabilire se il curatore possa esercitare nei confronti degli ammini-stratori di soc. a resp. lim. solo l’azione di responsabilita sociale o anche quella verso icreditori sociali.

E stato soppresso il comma 3 che, secondo parte della giurisprudenza, doveva gia con-siderarsi implicitamente abrogato; il nuovo ruolo assegnato al giudice delegato dalla riformarende incompatibile l’assunzione da parte dello stesso di misure cautelari.

Art. 147Legge fallim.

Considerato che soggetto al fallimento e l’imprenditore, anche non commerciale, ma nonpiccolo, e sembrato opportuno precisare nel comma 1 che il fallimento di una delle societaappartenente ai tipi regolati i capi III, IV e V del libro quinto del cod. civ. (ossia le soc. innome coll., quelle in accomandita semplice e le societa per azioni) produce anche il fallimentodei soci, pur se non persone fisiche illimitatamente responsabili. L’inciso «pur se non personefisiche» e stato inserito quindi al fine di chiarire che falliscono per estensione anche le even-tuali societa (sia di capitali, sia di persone), socie (ai sensi dell’art. 2361, comma 2, c.c.) disocieta di persone. Viene altresı disposto che in questo caso il fallimento dei soci non puoessere dichiarato decorso un anno dallo scioglimento del rapporto sociale o dalla cessazionedella responsabilita illimitata se sono state osservate le formalita per rendere noti i fatti indi-cati ai terzi, cosı recependo le conclusioni della sentenza 21 luglio 2000, n. 319, della CorteCostituzionale; si e preferito, peraltro, al fine di dare maggiore certezza alla materia, oggettodi decisioni contrastanti della giurisprudenza anche dopo tale pronunzia, inserire una preci-sazione riguardante le operazioni di trasformazione, fusione e scissione. Nel quarto e nelquinto commi viene recepito il noto orientamento giurisprudenziale in tema di socio e di so-cieta occulta. Gli ultimi due commi disciplinano il regime delle impugnazioni richiamando ledisposizioni di cui agli articoli 18 in materia di appello e 22 in materia di reclamo avverso ildecreto di rigetto della domanda.

Art. 148Legge fallim.

Nel comma 1, si e risolta quella che si era definita una «svista»della legge fallim. che sem-brava attribuire al tribunale e non al giudice delegato il potere di nominare il comitato deicreditori.

Sempre nel comma 1 si e ritenuto di chiarire (aderendo all’orientamento dominante) chele diverse procedure, seppur dirette dallo stesso giudice delegato e condotte da un unico cu-ratore, restano distinte. Il comma 3 precisa, risolvendo un punto controverso, che l’eventualeprivilegio generale che assiste il credito verso la societa e conservato anche nel fallimento delsocio.

Art. 150Legge fallim.

Il comma 1 resta immutato rispetto al previgente. Il comma 2 fa proprio l’orientamentodominante secondo cui contro il decreto si agisce in via di opposizione ex art. 645 cod. proc.civ. e non ex art. 26 legge fallimentare.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali542

Art. 151Legge fallim.

La nuova disposizione sancisce il potere del giudice delegato di autorizzare, quando nericorrono i presupposti, il curatore ad escutere la polizza di assicurazione o la fideiussionebancaria rilasciata per garantire i conferimenti in denaro previsti dall’art. 2464, comma 4,cod. civ. o il valore del conferimento d’opera o di servizi, di cui all’art. 2464, comma 6,cod. civ.

Art. 152Legge fallim.

Il comma 1 e rimasto inalterato.Nel secondo si e ritenuto preferibile, in coerenza con la tendenza legislativa che emerge

dalla riforma del diritto societario, assegnare agli amministratori delle societa di capitali il po-tere di chiedere il concordato, nonche prevedere – per tutti i tipi societari – la derogabilitadelle scelte operate dal legislatore. Il comma 3, di nuova introduzione, stabilisce – similmentead altre ipotesi di carattere societario (ad es. emissione di obbligazioni, aumento delegato delcapitale, trasformazione di societa di persone) – l’obbligo di formalizzare attraverso l’inter-vento del notaio le decisioni concernenti la proposta di concordato riguardanti societa di ca-pitali.

Art. 153Legge fallim.

Le novita sono di carattere processuale, in coerenza con il modello camerale presceltodalla riforma.

Il Capo dodicesimo contiene le modifiche al capo IX del Titolo II della legge fallim. ru-bricato ex novo dei patrimoni destinati ad uno specifico affare e, segnatamente, degli articolida 155 a 159.

Art. 155Legge fallim.

Il comma 1 assegna al curatore l’amministrazione del patrimonio destinato, ribadendoche anche in caso di fallimento della societa permane l’obbligo della gestione separata, senzadistinguere fra ipotesi di capienza o incapienza del patrimonio destinato, considerato che bendifficilmente una distinzione ragionevole puo essere formulata dal tribunale gia in sede di di-chiarazione di fallimento, lasciando – in altri termini – al curatore la verifica relativa. Per lacessione a terzi del patrimonio destinato – comma 2 – si e ritenuto opportuno richiamare lenorme in tema di liquidazione dell’attivo del fallimento, mentre per la liquidazione del patri-monio separato sono state richiamate – con il limite della compatibilita – quelle in tema disocieta. Il comma 3 precisa la destinazione del corrispettivo della cessione o del residuo attivodella liquidazione.

Art. 156Legge fallim.

Il comma 1 attribuisce al curatore il compito di accertare se il patrimonio destinato eo e divenuto incapiente nel corso della gestione. Il comma 2 prevede che i diritti deicreditori sanciti dall’art. 2447 quinquies, commi terzo e quarto, del cod. civ. possano es-sere esercitati nel fallimento, sotto forma di insinuazione nel fallimento della societa. Ilcomma 3 sancisce che la violazione delle regole in tema di separatezza e perseguibilesul piano della responsabilita; la norma prevede, infatti, che il curatore possa agire in re-

Parte I - Dottrina 543

sponsabilita contro gli amministratori e i componenti degli organi di controllo ai sensi del-l’articolo 146.

Art. 139Decreto legislativo

La norma in esame stabilisce l’abrogazione degli artt. 157, 158, 159 del regio decreto del1942 in tema di procedimento sommario, ormai soppresso.

Il Capo tredicesimo contiene le modifiche al capo I del titolo III della legge fallim. ru-bricato dell’ammissione alla procedura di concordato fallimentare e, segnatamente, degli ar-ticoli 164 e 166.

Art. 164Legge fallim.

In armonia con il sistema delineato dall’articolo 26, la norma in esame sopprime la pre-visione prevista al comma 2 secondo cui il decreto del tribunale non e soggetto a gravame.

Art. 166Legge fallim.

Nel comma 1 viene rivisitato il testo della norma in esame, introducendo forme dipubblicita adeguate allo spirito della novella e alle tecnologie ormai comunemente acqui-site.

Il Capo quattordicesimo contiene le modifiche al capo II del titolo III della legge fallim.rubricato degli effetti dell’ammissione al concordato preventivo e, segnatamente, degli articoli167 e 169.

Art. 167Legge fallim.

Nel comma 1, viene soppressa l’attribuzione di un ruolo di direzione al giudice dele-gato, in armonia con il principio di delega dettato in materia di concordato e volto ad unriequilibrio delle posizioni riconosciute nell’ambito della procedura in capo ai diversi or-gani.

Dopo il comma 2 e aggiunta una innovativa disposizione per la quale, con il decreto diapertura della procedura di concordato preventivo o con successivo provvedimento, il tribu-nale puo stabilire un limite di valore al di sotto del quale non e dovuta l’autorizzazione di cuial comma 2, quest’ultimo rimasto invariato. L’intervento tende, come e evidente, ad un alleg-gerimento della procedura eliminando la necessita di non necessari adempimenti nei casi diminor peso economico.

Art. 169Legge fallim.

La norma reca un adeguamento di mero coordinamento formale aggiungendo nel rinviointerno anche il riferimento all’articolo 45 in tema formalita eseguite dopo la dichiarazione difallimento.

Il Capo quindicesimo contiene le modifiche al capo V del titolo III della legge fallim.rubricato ex novo dell’omologazione e dell’esecuzione del concordato preventivo. Degli ac-cordi di ristrutturazione di debiti, e, segnatamente, dell’inserimento dopo l’articolo 182-bisdell’articolo 182-ter.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali544

Art. 182-terLegge fallim.

La norma reca una disposizione di carattere fiscale e prevede che con il piano di ristrut-turazione dei debiti previsto dall’articolo 160, cosı come sostituito dal decreto legge n. 30 del2005 e convertito nella legge n. 80 del 2005, il debitore puo proporre il pagamento ancheparziale, dei tributi amministrati dalle agenzie fiscali e dei relativi accessori, anche se noniscritti a ruolo, ad eccezione dei tributi costituenti risorse proprie dell’Unione Europea. Siaggiunge che, se il credito tributario e assistito da privilegio, la percentuale, i tempi di paga-mento, e le eventuali garanzie non possono essere inferiori a quelli offerti ai creditori che han-no un grado di privilegio inferiore o a quelli che hanno una posizione giuridica ed interessieconomici omogenei a quelli delle agenzie fiscali. Ove, poi, il credito tributario sia chirogra-fario, e previsto che il trattamento non possa essere differenziato rispetto a quello degli altricreditori chirografari. Viene poi minutamente disciplinato il procedimento di presentazione evalutazione della domanda proposta dal debitore. Infine, viene previsto che ai debiti tributariamministrati dalle agenzie fiscali non si applicano le disposizioni di cui all’articolo 182-bis,introdotto dal decreto legge n. 30 del 2005 e convertito nella legge n. 80 del 2005 in temadi accordi di ristrutturazione dei debiti.

Il Capo sedicesimo contiene l’abrogazione del titolo IV della legge fallim., rubricato del-l’amministrazione controllata.

Art. 146Decreto legislativo

La norma, in sintonia con quanto imposto dalla legge delega, sancisce l’abrogazione deltitolo IV della legge fallim., rubricato dell’amministrazione controllata nonche la soppressio-ne di tutti i riferimenti a detto istituto nell’ambito della legge fallimentare.

Il Capo diciassettesimo contiene modifiche al titolo V della legge fallim., rubricato «Del-la liquidazione coatta amministrativa»e segnatamente degli articoli 195 e 213.

Art. 195Legge fallim.

Viene introdotta la precisazione, rispetto al testo del regio decreto del 1942, che il tribu-nale puo dichiarare l’insolvenza su richiesta non solo di uno o piu debitori, ma anche dell’au-torita che ha la vigilanza sull’impresa o di questa stessa. Viene altresı riprodotta la disposizio-ne, gia presente nell’articolo 9, secondo cui l’avvenuto trasferimento della sede principale del-l’impresa, intervenuto nell’anno antecedente l’apertura del procedimento, non rileva ai finidella competenza. Ulteriore innovazione e quella secondo cui contro la sentenza del tribunalepuo essere proposto appello da qualsiasi interessato a norma degli articoli 18 e 19. Con di-sposizione innovativa viene, infine, previsto che il tribunale provvede, su istanza del commis-sario giudiziale alla dichiarazione di insolvenza a norma dell’articolo in commento quando nelcorso della procedura di concordato preventivo di un’impresa soggetta a liquidazione coattaamministrativa, con esclusione del fallimento, si verifica la cessazione della procedura e sussi-ste lo stato di insolvenza.

Art. 213Legge fallim.

Le modifiche introdotte nel comma 1 e ne comma 3 della norma in esame sono di ade-guamento formale.

Il Capo diciottesimo contiene la disciplina transitoria, le abrogazioni e l’entrata in vigoredel decreto legislativo.

Parte I - Dottrina 545

Art. 149Decreto legislativo

E stato ritenuto opportuno inserire, come disciplina transitoria, la disposizione per laquale i ricorsi per dichiarazione di fallimento e le domande di concordato fallimentare depo-sitate prima dell’entrata in vigore del d.lgs. in commento, nonche le procedure di fallimento edi concordato fallimentare pendenti alla stessa data, sono definiti secondo la legge anteriore.La norma tende ad evitare che un concorso di discipline diverse susseguentisi nel tempo nel-l’ambito della stessa procedura possa determinare difficolta e nuocere al corretto svolgimentodella procedura stessa, alle ragioni dei creditori e alle esigenze di conservazione e recuperodelle componenti attive dell’impresa.

Art. 150Decreto legislativo

La norma reca l’abrogazione dell’articolo 3, comma 3, del decreto legge 8 luglio 2002, n.138, convertito con modificazioni dall’articolo 1 della legge 8 agosto 2002, n. 178, in materiadi transazione fiscale.

Art. 151Decreto legislativo

La norma interviene sul tema delle limitazioni personali poste a carico del fallito. Si trattadi conseguenze di tipo sanzionatorio che poggiano su di una lunga tradizione storica, ormaipriva di fondamento sostanziale, la cui funzione sembra essere quella di attribuire al fallimen-to un carattere infamante. In attuazione del principio di delega dettato sul punto, sono statisoppressi, tra l’altro, il pubblico registro dei falliti (art. 50 legge fallim.), del resto mai istituito,il propedeutico procedimento di riabilitazione (artt. 142, 145 legge fallim.), l’obbligo di resi-denza (art. 49 legge fallim.), l’obbligo dei responsabili del servizio postale di consegnare alcuratore tutta la corrispondenza diretta al fallito (art. 48 legge fallim.).

La norma in rassegna, come prima modifica, sopprime la prevista incapacita per il fallito,per cinque anni dopo il fallimento, di esercitare il diritto di voto (elettorato attivo) (art. 2,comma 1, D.P.R. 20 marzo 1967, n. 223), limitazione quest’ultima dalla cui permanenza di-scende il mantenimento o meno di una serie di altre limitazioni legate alla mancanza del pienogodimento dei diritti civili. Viene, infine, soppressa espressamente la limitazione imposta alfallito in relazione alla disciplina dell’attivita di consulenza per la circolazione dei mezzi ditrasporto contenuta nella lett. e) dell’articolo 3 della legge 8 agosto 1991, n. 264.

Art. 152Decreto legislativo

La norma contiene un’ultima disposizione sull’entrata in vigore del decreto, che si e ri-tenuto di rimettere al termine di sei mesi dopo la pubblicazione del decreto medesimo sullaGazzetta Ufficiale. Cio in considerazione della portata della riforma, che pone l’esigenza diassegnare sia alle strutture giudiziarie che agli ordini professionali interessati un congruo lassodi tempo al fine di predisporre gli adeguamenti opportuni alle intervenute innovazioni nor-mative in materia di procedure concorsuali.

Entrano invece immediatamente in vigore le disposizioni in materia di limitazioni personaliper il fallito (articoli 48, 49 e 50 legge fallim. e 151 d.lgs.), nonche l’articolo 151 che, in materiadi concordato fiscale, abroga l’articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 138 del 2002, convertito,con modificazioni, dalla legge n. 178 del 2002; cio al fine di evitare che nel periodo di vacatiopossa verificarsi una accentuazione del ricorso all’istituto da parte dei contribuenti, con evidentiriflessi negativi.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali546

IL DIRITTO FALLIMENTAREE D E L L E S O C I E T A C O M M E R C I A L I

PARTE SECONDA

CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE20 maggio 2004, n. 9643

Pres. Sciarelli - Est. Di Iasi - P.M. Matera

Trippetti c. Liquid. giudiziale beni ceduti dalla Soc. Federconsorzi

Soc. coop. a resp. lim.

Concordato preventivo - Concordato con cessione dei beni - Legittimazio-ne passiva - Litisconsorzio necessario - Esclusione - Intervento in pri-mo grado - Integrazione del contraddittorio in fase di gravame(Legge fallimentare, art. 182; Cod. proc. civ., art. 331)

Nel giudizio relativo alla verifica del credito, l’unico legittimato passivo eil debitore, non sussistendo la necessita del litisconsorzio nei confronti del li-quidatore; tuttavia, qualora il liquidatore sia intervenuto ad adiuvandum sidetermina un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale, alla quale conse-gue l’integrazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. nellefasi di gravame (1).

(Omissis)Fatto. – Il Tribunale di Roma, rigettando l’appello proposto da M.T.

confermava la sentenza pretorile che aveva escluso il diritto del predettoM.T. gia dirigente della F. Soc. coop. a r.l., ad un compenso aggiuntivoin relazione alle cariche sociali rivestite per molti anni, anche dopo la ces-sazione del rapporto, presso societa collegate alla datrice di lavoro.

In particolare, il Tribunale rilevava che non risultavano provate le se-guenti circostanze: che le attivita dedotte dal M.T. esulassero da quelledovute in forza dell’incarico dirigenziale ricoperto (soprattutto in relazionealla natura di societa capogruppo della F. Soc. coop. a r.l.); che esistesse uncomportamento aziendale volto a remunerare ai dirigenti le suddette attivi-ta, senza che potesse invocarsi in proposito il compenso aggiuntivo perce-pito dal dirigente che prima del M.T. aveva rivestito le suddette cariche, siaper l’inesistenza nel nostro ordinamento di un principio di parita di tratta-mento, sia perche il suddetto compenso poteva essere motivato dalle piu

(1) La legittimazione passiva del debitore concordatario e del liquidatore giudiziale:un’ipotesi di litisconsorzio necessario processuale.

Con la pronuncia in commento, la Suprema Corte, muovendo dall’assunto secondo cuideve escludersi la legittimazione passiva del liquidatore ovvero la sussistenza di un litisconsor-zio necessario con il debitore concordatario nell’ambito delle controversie aventi ad oggettola verifica dei crediti dopo l’omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni,

svariate e personali ragioni; che l’attivita disimpegnata dal M.T. in qualita diamministratore fosse usurante o esorbitante rispetto ai limiti tollerabili;infine che la F. Soc. coop. a r.l. avesse assunto l’impegno di remunerarela suddetta attivita dopo la cessazione del rapporto di lavoro, dovendosipercio ritenere che, una volta cessato quest’ultimo e quindi la legittimazionepassiva della F. Soc. coop. a r.l. le pretese fondate su prestazioni rese allesingole societa del gruppo dovessero essere fatte valere nei confrontidelle effettive beneficiarie.

Avverso tale sentenza M.T. propone ricorso per cassazione; resiste concontroricorso la liquidazione giudiziale dei beni ceduti dalla F. Soc. coop. ar.l. Entrambe le parti hanno depositato memoria.

Diritto – E innanzitutto da rilevare che la liquidazione giudiziale nelcontroricorso ha, tra l’altro, eccepito l’inammissibilita del ricorso neipropri confronti, rilevando che il suddetto ricorso non le era stato notificatoentro l’anno dalla pubblicazione della sentenza impugnata, sentenza che,pertanto, sarebbe passata in giudicato nei suoi confronti, atteso che, trattan-dosi di sentenza resa in cause scindibili, sarebbe applicabile alla fattispeciel’art. 332 c.p.c. e non il precedente art. 331.

E’ altresı da rilevare che nella memoria illustrativa depositata ai sensidell’art. 378 c.p.c. il ricorrente deduce l’infondatezza della eccepita inam-missibilita del ricorso nei confronti della liquidazione giudiziale, sottoli-neando che nell’ipotesi di concordato preventivo con cessione di beni aicreditori la legittimazione passiva nei giudizi promossi dai lavoratori perdiritti vantati nei confronti dell’impresa datrice di lavoro in concordato pre-ventivo spetta esclusivamente a quest’ultima, mentre il liquidatore giudizia-le e legittimato soltanto nelle controversie che influiscono sulle operazionidi liquidazione e sul riparto del ricavato, onde il controricorso presentatodalla liquidazione giudiziale dovrebbe essere dichiarato inammissibile,non avendo quest’ultima legittimazione processuale nel presente giudizio.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali272

affronta la questione inerente all’ipotesi in cui, nell’ambito di tali giudizi, al liquidatore inter-venuto per sostenere le ragioni del debitore concordatario, non sia stato notificato il ricorsoper Cassazione.

Dal tenore della sentenza sembrerebbe che il liquidatore sia intervenuto nella fase di ap-pello.

Nel caso di specie, quindi, i giudici di legittimita riconoscono che, determinando l’inter-vento ad adiuvandum del liquidatore una fattispecie di causa inscindibile, sia configurabile unlitisconsorzio processuale nei successivi gradi del processo, con conseguente applicazione deldisposto di cui all’art. 331 cod. proc. civ., a norma del quale deve essere ordinata l’integra-zione del contraddittorio nei confronti del liquidatore pretermesso, per consentirne la parte-cipazione al giudizio di legittimita.

A tale proposito e da rilevare che nella procedura concordataria non esisteuna norma come l’art. 43 l. fall. che dispone la perdita per il fallito dellacapacita processuale, onde, secondo la giurisprudenza costante, il debitoreconcordatario e l’unico legittimato passivo in ordine alla verifica dei creditidopo l’omologazione del concordato preventivo con cessione dei beni, sus-sistendo la legittimazione del liquidatore solo nei giudizi che investono loscopo liquidatorio della procedura; parte della dottrina, tuttavia, ammettel’intervento volontario del liquidatore nei giudizi relativi alla verifica deicrediti.

Escluso pertanto che il debitore perda la legittimazione processuale e/oche il liquidatore sia litisconsorte necessario del debitore nei giudizi relativialla verifica dei crediti, e prescindendo dall’ammissibilita o meno di un in-tervento del suddetto liquidatore in tali giudizi, resta il fatto che nel presen-te processo il liquidatore e intervenuto partecipando al secondo grado digiudizio, senza che la sentenza d’appello sia stata impugnata in questasede da alcuna delle parti per aver ammesso l’intervento e/o per non averestromesso l’interventore.

Allo stato, pertanto, il liquidatore e una parte del giudizio d’appello allaquale non risulta notificato il ricorso per cassazione ed occorre pertantofare riferimento alla disciplina dettata dal codice di procedura agli artt.331 e 332 per le ipotesi in cui la sentenza pronunciata tra piu parti nonsia stata impugnata nei confronti di tutte.

Parte II - Giurisprudenza 273

La problematica affrontata dalla sentenza ripercorre, seppur implicitamente, il dibattitosvoltosi in seno alla giurisprudenza ed ancora attuale, in ordine al criterio di ripartizione dellalegittimazione passiva nella fase esecutiva del concordato preventivo con cessione dei beni,ossia nella fase della liquidazione che consegue alla sentenza di omologazione, tra il liquida-tore nominato ai sensi dell’art. 182 legge fallim. ed il debitore concordatario (1).

I contrasti interpretativi sorti al riguardo nell’ambito della giurisprudenza sembravanoaver trovato una composizione definitiva a seguito dell’intervento delle Sezioni Unite (2), lequali, premesso che nelle azioni promosse dai creditori per l’accertamento dei propri creditila legittimazione passiva compete al debitore concordatario, che non perde la capacita pro-cessuale e conserva la titolarita dei rapporti obbligatori oggetto del concordato, ravvisanonei giudizi relativi ai beni oggetto della liquidazione ed alla distribuzione delle somme realiz-

(1) Il tema della legittimazione processuale, attiva e passiva, nella fase di esecuzione del concordato preven-

tivo con cessione dei beni, e stato ampiamente esaminato dalla dottrina e dalla giurisprudenza che si sono pro-nunciate spesso in modo non univoco in relazione alle diverse fattispecie oggetto di indagine, ora affermando la

legittimazione passiva del debitore concordatario ora quella del liquidatore a seconda che si trattasse di contro-versie concernenti l’accertamento dei crediti concorsuali ovvero di giudizi riguardanti le attivita di liquidazionedei beni ceduti. In dottrina per una esemplificazione delle fattispecie analizzate dalla giurisprudenza si veda Lo

Cascio, Il concordato preventivo, Milano, 1997, 563, nota 79.(2) Cfr. Cassazione, Sez. Un., 28 maggio 1987, n. 4779, in Dir. fall., 1987, II, 601.

Nella specie, questo collegio ritiene che sia configurabile l’ipotesi disci-plinata dall’art. 331 c.p.c. (e non quella disciplinata dall’art. 332 c.p.c., in-vocata dal controricorrente), posto che, quando l’interventore adesivo di-pendente si inserisce nel processo tra altre persone, il suddetto processorimane unico in quanto resta invariato l’oggetto della controversia, pur am-pliandosi il numero dei partecipanti, con la conseguenza che l’intervento adadiuvandum determina un’ipotesi di causa inscindibile, atteso che, se e con-sentito ad un soggetto intervenire per sostenere le ragioni di una delle partiin causa, restando unico ed indivisibile il giudizio, si deve necessariamenteconfigurare un litisconsorzio processuale nei successivi gradi di giudizio,poiche le ragioni che consentono e giustificano la presenza di parti accesso-rie non si esauriscono esclusivamente in un grado, persistendo l’interessedell’interventore ad influire con la propria difesa sull’esito della lite (v.Cass. n. 6760 del 1996), ed atteso altresı che la mancata partecipazione del-l’interventore al giudizio di impugnazione comporterebbe il passaggio ingiudicato della sentenza impugnata nei suoi confronti, con la possibilita (re-sistita da tutto il sistema) che, essendo unico il processo, si verifichi un con-flitto di giudicati.

A norma dell’art. 331 c.p.c., pertanto, nella specie andrebbe ordinatal’integrazione del contraddittorio per consentire la partecipazione del liqui-datore al giudizio di legittimita; tanto, tuttavia, non e necessario, posto cheil suddetto liquidatore si e gia ritualmente e tempestivamente costituito nelpresente giudizio depositando controricorso col quale si e compiutamentedifeso in relazione al ricorso avversario.

Col primo motivo, deducendo violazione e falsa applicazione dei prin-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali274

zate un litisconsorzio necessario fra il debitore ed il liquidatore, fatta salva l’ipotesi in cui sitratti di cessione con efficacia traslativa dei beni ai creditori ed immediata esdebitazione del-l’imprenditore per cui si puo profilare una legittimazione «solitaria» del liquidatore.

Inoltre la Suprema Corte, dall’osservazione che in virtu della sentenza di omologazionedel concordato con cessione dei beni, si determina una scissione tra titolarita del debito, cheresta all’imprenditore-debitore, e legittimazione all’adempimento dell’obbligazione, cui e te-nuto il liquidatore – il quale deve provvedervi con il ricavato della liquidazione – ha tratto ladeduzione che, essendo l’obbligo del liquidatore di pagare il debito correlato, appunto, allaqualificazione del debito come concordatario, la pronuncia che accerti il carattere concorda-tario di un credito deve necessariamente essere resa in contraddittorio di entrambi i soggetti,nei cui confronti e destinata ad operare in modo diretto e inscindibile.

Tuttavia, la giurisprudenza di legittimita chiamata a pronunciarsi, in epoca posteriore,sulla questione della legittimazione passiva del liquidatore in ordine ad azioni giudiziarie in-traprese da terzi, finalizzate all’accertamento di diritti di credito vantati nei confronti dell’im-prenditore assoggettato alla procedura concordataria, ha adottato nuovamente una linea in-terpretativa oscillante ed ha proposto soluzioni diverse.

Con alcune pronunce, infatti, si e riconosciuta l’estraneita del liquidatore rispetto allecontroversie promosse per l’accertamento dei crediti nei confronti del debitore ammesso al

cipi di diritto in tema di trattamento retributivo, nonche degli artt. 3 e 36Cost., 1175 e 1375 c.c., il ricorrente censura la sentenza impugnata rilevan-do che, se pure non esiste nel nostro ordinamento il principio di parita ditrattamento retributivo tra lavoratori svolgenti le medesime mansioni, tutta-via il datore di lavoro deve dimostrare la ragionevolezza di trattamenti dis-simili e tale ragionevolezza va valutata dal giudice nel rispetto dei principi dicorrettezza e buona fede, onde avrebbe errato il giudice d’appello nel nontenere conto, a tal fine, del titolo del compenso elargito al dipendente che,prima del M.T. svolgeva le medesime mansioni.

Parte II - Giurisprudenza 275

concordato, poiche nell’ambito di tali giudizi si e ritenuto che la legittimazione esclusiva deb-ba essere attribuita al debitore medesimo.

Al tempo stesso, nei giudizi riguardanti i beni da liquidare ovvero aventi ad oggetto leobbligazioni strettamente inerenti alle operazioni di liquidazione ed alla distribuzione dellesomme realizzate in favore dei creditori, e stata ammessa solo la legittimazione passiva delliquidatore (3).

Le ragioni che giustificano questa ripartizione della legittimazione processuale tra debi-tore concordatario e liquidatore giudiziale vengono individuate dalla giurisprudenza richia-mata (4) nella circostanza che il concordato con cessione di beni non incide sulla capacita pro-cessuale del debitore, il quale, pur conservando la titolarita dei beni ceduti, e privato del po-tere di disposizione degli stessi; potere che si trasferisce, per effetto della sentenza diomologazione del concordato, al liquidatore, il quale assume la veste di mandatario alla ge-stione ed alla liquidazione dei beni stessi.

Il panorama giurisprudenziale si e, tuttavia, arricchito di ulteriori decisioni, con cui laCassazione ha puntualizzato la propria posizione, pervenendo a delle conclusioni nelle qualisembra aver trovato seguito l’insegnamento proposto dalle Sezioni Unite (5).

(3) Le decisioni con cui la Cassazione ha espresso questa tendenza interpretativa sono state adottate nel-

l’ambito di giudizi aventi ad oggetto la domanda diretta all’annullamento del licenziamento ed alla reintegrazionenel posto di lavoro, nonche al risarcimento del danno, proposta dal dipendente dell’impresa ceduta; ovvero, e piu

in generale, la domanda concernente l’accertamento dei diritti vantati dal lavoratore nei confronti del datore dilavoro; ovvero, infine, la domanda inerente la verifica di crediti nei confronti del debitore concordatario derivanti

da esecuzione di lodo arbitrale. Per un esame della casistica giurisprudenziale in cui trova espressione l’orienta-mento segnalato si veda Cassazione, 19 febbraio 1991, n. 1735, in Dir. fall., 1991, II, 778; Cassazione, 23 agosto

1991, n. 9073, in Fallimento, 1992, 134; Cassazione, 30 ottobre 1991, n. 11542, in Dir. fall., 1992, II, 774; Cas-sazione, 6 aprile 1995, n. 4033, in Fallimento, 1996, 117; Cassazione, 10 settembre 1999, n. 9663, in Fallimento,

2000, 768; Cassazione, 27 ottobre 2000, n. 14206, in Giust. civ. Mass., 2000, 2193. La Corte Suprema, con unarecente pronuncia, perviene alla conclusione di dover escludere la legittimazione passiva del liquidatore nell’am-bito delle controversie aventi ad oggetto le fattispecie sopra indicate, trattandosi di giudizi vertenti su pretese

creditorie che esulano dall’ambito delle obbligazioni strettamente inerenti alle operazioni di liquidazione, fattasalva, comunque, per il liquidatore medesimo la possibilita di provare che la domanda cui intende resistere in-

fluisca sulla posizione degli altri creditori e, in generale, sulle operazioni di liquidazione e riparto: in tal sensoCassazione, 19 novembre 2001, n. 14472, in Fallimento, 2002, 836, con nota di Catallozzi, Ancora sulla legit-

timazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo con cessione dei beni.(4) Come gia evidenziato da Cassazione, Sez. Un., 28 maggio 1987, n. 4779, cit.

(5) Sempre Cassazione, Sez. Un., 28 maggio 1987, n. 4779, cit.

Col secondo motivo, deducendo vizi di motivazione, il ricorrentecensura la sentenza impugnata rilevando che avrebbe errato il giudice d’ap-pello nell’affermare che non risultava provato che le cariche sociali rivestitepresso la societa del gruppo esulavano dalle mansioni dovute in forza del-l’incarico dirigenziale ricoperto, senza considerare che per le suddette atti-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali276

Si e, quindi, rilevato che ove il creditore proponga non solo una domanda di accertamen-to del proprio diritto, ma anche una domanda di condanna del debitore concordatario all’im-mediato ed integrale soddisfacimento di esso, alla legittimazione passiva dell’imprenditore ce-duto (ammesso al concordato) si affianca quella del liquidatore, quale contraddittore neces-sario, in considerazione della interferenza negativa della domanda medesima sulle posizionidegli altri creditori, nonche sulle operazioni di liquidazione e gli adempimenti connessi (6).

Per completezza espositiva, infine, non puo trascurarsi l’esistenza di un indirizzo giuri-sprudenziale, senza dubbio minoritario, che ha riconosciuto la legittimazione esclusiva del li-quidatore ad esercitare tutte le azioni patrimoniali relative ai beni ceduti ed a resistervi in con-siderazione del fatto che la chiusura del procedimento concorsuale segna, per l’imprenditoreammesso al concordato con cessione dei beni, la definitiva perdita di tutti i suoi diritti suibeni ceduti e, conseguentemente, comporta la sua carenza di legittimazione ad agire ed a con-traddire in giudizio per la tutela di essi (7).

(6) In tal senso, Cassazione, 29 settembre 1993, n. 9758, in Dir. fall., 1994, II, 226; Cassazione, 15 gennaio

1997, n. 363, in Dir. fall., 1997, II, 915; Cassazione, 29 aprile 1999, n. 4301, in Fallimento, 2000, 718; Cassazione,26 luglio 2001, n. 10250, in Foro it., 2002, I, 1857, con nota di Tarzia, Accertamento dei crediti nel concordato

preventivo con cessione dei beni e legittimazione passiva. Queste pronunce apportano un contributo significativoal percorso interpretativo seguito dalla giurisprudenza di legittimita per definire i limiti della legittimazione pro-

cessuale del liquidatore, giacche in esse e stata espressa, piu di recente, un’adesione particolarmente compiuta aiprincipi affermati dalle Sezioni Unite. Infatti, in Cassazione, 29 settembre 1993, n. 9758, cit., viene riconosciuta la

legittimazione passiva, accanto al debitore, anche al liquidatore giudiziale, qualora il creditore agisca chiedendonon solo il riconoscimento del proprio diritto di credito, ma anche l’immediato adempimento di esso – vale a direfaccia valere un credito in prededuzione – in considerazione della idoneita della relativa domanda ad influire sulle

operazioni di liquidazione e di riparto del ricavato. Un consenso ancora piu completo al principio enunciato inCassazione, 28 maggio 1987, n. 4779, cit., si rinviene in Cassazione, 29 aprile 1999, n. 4301, cit.: in essa si assiste

per la prima volta – al di la della fattispecie in cui l’avevano espresso le Sezioni Unite – all’affermazione di unlitisconsorzio necessario fra il debitore concordatario ed il liquidatore giudiziale, qualora il creditore proponga

non solo un’azione di accertamento, ma anche di condanna o comunque idonea ad influire sulle operazioni diliquidazione e sulla distribuzione del ricavato. Questo indirizzo, infine, trova espressione in Cassazione, 26 luglio

2001, n. 10250, cit., la quale, riprendendo tale motivazione, perviene alle stesse conclusioni.(7) Cfr. Cassazione, 18 dicembre 1991, n. 13626, in Fallimento, 1992, 470; un’applicazione del principio

affermato si ha anche in Cassazione, 12 gennaio 1999, n. 226, in Fallimento, 1999, 1211, con nota di Rago, Con-cordato preventivo: due questioni in tema di legittimazione passiva, che, affronta l’esame della fattispecie, relativaad un ricorso per revocazione avverso una sentenza emessa in un giudizio concernente la riscossione di crediti

compresi nel patrimonio ceduto, riconoscendo, in tal caso, la sopravvivenza della legittimazione passiva del liqui-datore, ancorche tale impugnazione sia stata proposta dopo la chiusura delle operazioni concordatarie e, quindi,

dopo la completa esecuzione del concordato. La giurisprudenza di merito, gia in passato, aveva espresso i suoitimori ed il suo dissenso rispetto all’opinione quasi unanime in giurisprudenza di escludere la presenza del liqui-

datore dai giudizi per la verifica dei crediti . V. ad es., in particolare, Tribunale Milano, 10 luglio 1987, in Fal-limento, 1988, 247, con nota di Tarzia, Accertamento dei crediti nel concordato con cessione dei beni e legittima-

zione processuale.

vita il dipendente che aveva preceduto il M.T. aveva percepito un compen-so aggiuntivo e che tali attivita furono espletate dal M.T. anche dopo la ces-sazione del suo rapporto di lavoro con la F. Soc. coop. a r.l.

Secondo il ricorrente, inoltre, la sentenza impugnata sarebbe contrad-dittoria laddove afferma che il dirigente che aveva preceduto il M.T. perce-piva un compenso aggiuntivo per la sua attivita di consigliere di ammini-strazione, subito dopo sostenendo che nulla si sapeva delle ragioni percui veniva erogato tale compenso. Col terzo ed ultimo motivo, deducendo

Parte II - Giurisprudenza 277

Nell’ambito di questa rassegna giurisprudenziale si inserisce la sentenza in epigrafe che,invece di rappresentare la naturale evoluzione di un indirizzo interpretativo fortemente soste-nuto dalle pronunce degli ultimi anni (8), si e attestata, con l’attribuzione al solo debitore con-cordatario della legittimazione passiva in ordine alla verifica dei crediti, su una posizione qua-si anacronistica.

Nella fattispecie decisa, oggetto della contestazione e il diritto del dipendente di un’im-presa datrice di lavoro in concordato preventivo ad ottenere la condanna dell’imprenditore alpagamento di retribuzioni aggiuntive in ragione di prestazioni rese presso societa collegatealla datrice di lavoro dopo la cessazione del rapporto di lavoro.

Sebbene l’iter argomentativo seguito dalla Corte richiami l’orientamento pressoche co-stante in giurisprudenza, desta perplessita la circostanza che la sentenza, trascurando glispunti innovativi suggeriti dalla giurisprudenza piu recente e gli sforzi compiuti dalla dottrinaper valorizzare la legittimazione del liquidatore, non riconosca che l’azione giudiziaria intra-presa per far valere una pretesa creditoria, derivante dal rapporto di lavoro, nei confronti deldebitore concordatario, sia destinata ad incidere sulla posizione degli altri creditori e, comun-que, sulle attivita liquidatorie in genere, se ed in quanto la domanda di accertamento del di-ritto e preordinata all’integrale soddisfacimento di esso.

Una autorevole dottrina (9), avvedutasi della incompletezza della disciplina normativa sulconcordato preventivo con cessione dei beni, soprattutto per l’assenza di una disposizioneespressa, come per il fallimento (art. 43 legge fallim.), che statuisca la perdita della legittima-

(8) A tal proposito, Cassazione, 15 gennaio 1997, n. 363, cit.; Cassazione, 29 aprile 1999, n. 4301, cit.; Cas-sazione, 26 luglio 2001, n. 10250, cit; l’orientamento espresso da questo filone giurisprudenziale e stato, per taluniaspetti, anticipato dalla citata pronuncia delle Sezioni Unite, Cassazione, Sez. Un., 28 maggio 1987, n. 4779, cit.

(9) Tarzia, Accertamento dei crediti nel concordato con cessione dei beni, cit., in Fallimento, cit., 250. V., indottrina, sull’argomento della legittimazione processuale del liquidatore, anche Bonsignori, Concordato preven-

tivo, in Commentario Scialoja-Branca. Legge fallimentare, Bologna-Roma, 1979, 450; Pajardi, Manuale di dirittofallimentare, Milano, 1993, 845; Frascaroli Santi, Il giudizio di omologazione. L’esecuzione. La risoluzione e

l’annullamento, in Fallimento e le altre procedure concorsuali, diretto da Panzani, Torino, 2000, IV, 203; Landol-

fi, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo mediante cessione dei beni, in Dir. fall., 1991, 911; Ruggeri,

Capacita processuale del debitore, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concordato preventivo, in Falli-mento, 1988, 646; Catallozzi, Ancora sulla legittimazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo

con cessione dei beni, cit., 842; Lo Cascio, Il concordato preventivo, cit., 563; ed ancora Tarzia, Accertamentodei crediti nel concordato preventivo con cessione dei beni, cit., in Foro it., cit., 1862, in cui l’autore perfeziona ilproprio contributo sistematico apportato alla materia per giungere a concludere che sia nelle controversie sui be-

ni sia in quelle sui crediti contraddittore necessario e il liquidatore, con la facolta di intervento, in entrambi i casi,del debitore concordatario. Per una rassegna di opinioni dottrinarie e giurisprudenziali sul tema, v. Frascaroli

Santi, Il concordato preventivo, Padova, 1990, 682.

vizi di motivazione, il ricorrente censura la sentenza impugnata rilevandonela contraddittorieta e la illogicita per aver ritenuto che le attivita presso lesocieta del gruppo rientrassero nelle mansioni di dirigente della societa ca-pogruppo e non abbisognassero di un compenso aggiuntivo, contempora-neamente ritenendo che non fosse dovuto un compenso neppure per ilperiodo in cui tali attivita furono svolte dopo la cessazione del rapportodi lavoro con la societa capogruppo.

Le esposte censure sono infondate.Con riguardo al primo motivo, e da rilevare che non esiste nel nostro

ordinamento un principio di diritto positivo che imponga al datore di

Il diritto fallimentare delle societa commerciali278

zione processuale del debitore (10), si e impegnata nel ricondurre la problematica relativa allalegittimazione processuale del liquidatore nell’ambito del riesame degli effetti sostanziali delconcordato preventivo, valorizzando il principio generale posto dall’art. 100 cod. proc. civ.,che collega la legittimazione all’interesse ad agire e resistere in giudizio.

Si e, quindi, fatta discendere l’identificazione degli effetti sostanziali del concordato dallato passivo, dalla individuazione del momento della liberazione e della esdebitazione del de-bitore concordatario, poiche tale momento segna la perdita, da parte del debitore medesimo,di ogni interesse e, di conseguenza, della legittimazione a contraddire sull’accertamento deicrediti concorsuali.

In particolare, sulla coincidenza della liberazione del debitore con il trasferimento delladisponibilita dei beni e la consegna degli stessi ai creditori (e per essi al liquidatore), per ef-fetto della sentenza di omologazione (11), si e riconosciuta l’attribuzione della legittimazionepassiva nei giudizi di accertamento al liquidatore, in quanto organo preposto alle operazionidi riparto e di distribuzione delle somme realizzate.

D’altronde, l’accertamento dei crediti controversi e strumentale rispetto all’esecuzionedella ripartizione del ricavato della liquidazione in favore dei creditori, che e funzione tipicadi cui e investito il liquidatore.

Tali conclusioni, se rispondono senza dubbio all’esigenza di evitare possibili effetti pre-giudizievoli per i creditori concordatari derivanti da un’eventuale carenza di interesse del de-bitore a resistere alla «insinuazione» di nuovi crediti, tuttavia tendono a svilire l’esistenza di

(10) Emerge soprattutto nell’ambito della giurisprudenza di legittimita una tendenza a valorizzare la carenzanella procedura concordataria di una norma corrispondente a quella dettata nell’art. 43 legge fallim. per la pro-

cedura fallimentare, al punto da ricondurre a questa deficienza legislativa il riconoscimento della legittimazionedel debitore concordatario per i giudizi di accertamento dei crediti.

(11) Contra Landolfi, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo mediante cessione dei beni, cit.,928, il quale non ritiene possibile ammettere che la liberazione del debitore si verifichi con il conferimento della

disponibilita dei beni e la consegna degli stessi al liquidatore. In primo luogo l’autore osserva che l’obbligazioneassunta dal debitore con la proposta di concordato non e finalizzata alla cessione dei beni, ma e in funzione della

liquidazione di questi per il soddisfacimento dei creditori concordatari; in secondo luogo anche nella fase post-concordataria sopravvive l’interesse del debitore a che le operazioni di liquidazione siano condotte con un’effi-cienza tale da consentire il raggiungimento di un risultato utile ad impedire il rischio della risoluzione del con-

cordato provocata dal depauperamento del patrimonio ceduto – il che potrebbe in effetti avvenire in conseguen-za dell’accertamento di nuove passivita in corso di procedura –.

lavoro, nell’ambito di rapporti di lavoro privatistici, di attuare una parita ditrattamento retributivo e/o di inquadramento tra tutti i lavoratori svolgentile medesime mansioni. Tale principio, in particolare, non e ricavabile nedall’art. 36 Cost., che si limita a stabilire il principio della retribuzione,oltre che sufficiente, proporzionata alla quantita e qualita del lavorosvolto, senza alcun riferimento ad una comparazione intersoggettiva tra la-voratori, ne dall’art. 3 Cost., che impone l’uguaglianza dei cittadini di fronte

Parte II - Giurisprudenza 279

un interesse del debitore nel giudizio di accertamento dei crediti e non tengono nel dovutoconto l’opportunita di armonizzare la legittimazione attribuita al debitore con quella ricono-sciuta al liquidatore giudiziale (12).

Pertanto, se non puo ritenersi contestabile l’affermata legittimazione processuale del de-bitore nei giudizi riguardanti crediti vantati nei suoi confronti, trattandosi di rapporti obbli-gatori dei quali il debitore e ancora parte, posto che, per effetto dell’omologazione della pro-posta di concordato, il debitore medesimo ne conserva la titolarita (13), tuttavia suscita qual-che dubbio l’assunto che si tratti di legittimazione esclusiva (14).

La ricostruzione della problematica in esame, d’altronde, non puo prescindere dalla con-statazione dell’assenza nella procedura concordataria di un procedimento giurisdizionale diverifica dei crediti, per cui i creditori, ove sorga contestazione circa l’esistenza, l’entita ovveroil rango dei loro crediti, devono provvedersi di un titolo definitivo, ricorrendo al giudice or-dinario: la sentenza di omologazione, infatti, non esplica gli effetti preclusivi del giudicato inordine all’accertamento dei crediti ed alla loro natura.

Consegue che, rimanendo impregiudicata ogni decisione sulla sussistenza o sull’ammon-

(12) Si rinvengono numerosi tentativi in giurisprudenza ed anche in dottrina per riconoscere la legittima-

zione concorrente (si e anche detto il litisconsorzio necessario) del debitore e del liquidatore giudiziale nei giudizirelativi alla verifica dei crediti. A tal proposito, v. Cassazione, 29 settembre 1993, n. 9758, cit.; Cassazione, 15

gennaio 1997, n. 363, cit.; Cassazione, 29 aprile 1999, n. 4301, cit.; Cassazione, 26 luglio 2001, n. 10250, cit.;in dottrina, Catallozzi, Ancora sulla legittimazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo con cessionedei beni, cit., 843; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, cit., 854; Landolfi, Il liquidatore giudiziale nel con-

cordato preventivo mediante cessione dei beni, cit., 930; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, Napoli, 1996,567, il quale esclude la legittimazione del liquidatore nelle controversie per il riconoscimento dei diritti dei cre-

ditori, salvo che non si controverta sulla natura concorsuale o prededucibile dei crediti vantati. Contra Bonsi-

gnori, Concordato preventivo, cit., 451, il quale data l’esdebitazione immediata del debitore per effetto della sen-

tenza di omologazione, esclude l’ammissibilita di un litisconsorzio e riconduce la legittimazione esclusivamente incapo al liquidatore nelle azioni di accertamento dei crediti; cosı, anche, Frascaroli Santi, Il giudizio di omo-

logazione. L’esecuzione. La risoluzione e l’annullamento, cit., 203.(13) In tal senso rilevano i riferimenti giurisprudenziali di cui alla nota n. 3. La dottrina sembra pacifica nel

ritenere il debitore concordatario unico legittimato passivo nei giudizi di accertamento dei crediti, sebbene nonpossono trascurarsi gli sforzi compiuti – v. i richiami dottrinali nel corso della trattazione – per rivalutare la le-gittimazione concorrente anche del liquidatore.

(14) Cosı Bonsignori, Concordato preventivo, in Commentario Scialoja-Branca, cit., 451; Frascaroli

Santi, Il giudizio di omologazione. L’esecuzione. La risoluzione e l’annullamento, cit., 203; Tarzia, Accertamento

dei crediti nel concordato con cessione dei beni, cit., in Fallimento, cit., 251, il quale, dopo aver ammesso la ne-cessaria presenza del liquidatore nei giudizi per la verifica dei crediti, ha apportato un correttivo al suo eccessivo

rigore interpretativo in Foro it., cit., 1862, riconoscendo al debitore concordatario comunque una facolta di in-tervento.

alla legge, ma non anche nell’ambito dei rapporti privati (v. tra le altre daultimo Cass. Sez. L. n. 2027 del 1988 n. 457898; n. 2853 del 1987 RV451974; n. 1444 del 1986 RV 444838).

Ne consegue che la congruita del trattamento economico del lavoratorein relazione alle esigenze di una vita libera e dignitosa e alla quantita equalita delle prestazioni fornite va valutata con riferimento a parametrisocio-economici di carattere generale e non alla condizione di altri lavora-tori, cosı come la correttezza o meno dell’inquadramento di un lavoratoreva accertata alla stregua delle mansioni svolte in rapporto alle declaratoriecontrattuali e non puo invece essere desunta dalla qualifica attribuita ad

Il diritto fallimentare delle societa commerciali280

tare dei crediti, i pretesi creditori che intendano partecipare alla distribuzione del ricavatodella liquidazione, devono instaurare un autonomo giudizio ordinario di cognizione onde mu-nirsi di un titolo giudiziale di cui avvalersi nella procedura (15).

Considerato che (16) il debitore ammesso alla procedura di concordato preventivo con-serva la piena capacita processuale, in quanto titolare del diritto di proprieta sui beni ceduti,nonche dei rapporti giuridici oggetto del concordato, appare plausibile ritenere che l’azionedi accertamento promossa dal creditore venga esercitata nei confronti del debitore medesi-mo, in quanto titolare della situazione sostanziale dedotta in giudizio e, dunque, interessatoa resistere all’insinuazione di nuovi crediti ovvero all’attribuzione agli stessi di una diversaqualificazione che possano comportare il depauperamento del patrimonio ceduto.

Tuttavia, qualora il creditore agisca per l’accertamento della natura concordataria di pro-pri crediti ovvero per l’attribuzione di un grado diverso a crediti ammessi in sede di omolo-gazione del concordato, potendo determinarsi una modificazione del quadro creditorio, nel-l’ammontare o nel grado, non puo escludersi una concorrente legittimazione passiva del liqui-datore, il quale e tenuto all’esecuzione della liquidazione ed alla tutela della pienarealizzazione delle aspettative della massa creditoria, essendo portatore dell’interesse colletti-vo dei creditori al rispetto delle regole del concorso (17).

Il rischio, dunque, che la domanda del preteso creditore non si limiti al riconoscimentodi un proprio diritto, ma sia finalizzata alla condanna del debitore concordatario all’immedia-to adempimento dello stesso, giustifica l’instaurazione del contraddittorio, da parte del cre-ditore, anche nei confronti del liquidatore la cui presenza, quale mandatario dei risultati della

(15) Tali principi sono incontestabili in giurisprudenza ed in dottrina: v., per la prima, Cassazione, 14 aprile

1993, n. 4446, in Fallimento, 1993, 1036; Cassazione, 17 giugno 1995, n. 6859, in Fallimento, 1996, 50; Cassa-zione, 22 settembre 2000, n. 12545 in Giust. civ. Mass., 2000, 1978; per la seconda, Lo Cascio, Il fallimento e le

altre procedure concorsuali, Torino, 1998, 625; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, cit., 565; Pajardi,

Manuale di diritto fallimentare, cit., 850; Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1990, 456.

(16) In tal senso si e gia espressa Cassazione, Sez. Un., 28 maggio 1987, n. 4779, cit., e, successivamente,sembra essersi consolidato l’orientamento della giurisprudenza.

(17) Cosı Catallozzi, Ancora sulla legittimazione passiva del liquidatore nel concordato preventivo con ces-sione dei beni, cit., 843. Questa elaborazione interpretativa richiama, piu o meno implicitamente, gli argomenti

utilizzati dalla giurisprudenza – v. le decisioni citate nella trattazione – per sostenere la legittimazione passivaesclusiva del debitore nei giudizi di accertamento dei crediti concorsuali ovvero quella concorrente del liqui-datore.

altri dipendenti svolgenti le medesime mansioni (v., tra le altre, Cass. n.5649 del 1988 RV 460195 e n. 5233 del 1987, RV 453827).

Pertanto, la mera attribuzione di un trattamento retributivo superiore aparita di mansioni non potrebbe giammai fondare, di per se, il diritto dialtri lavoratori al medesimo, superiore compenso, ma, in totale assenza diapprezzabili e giustificate motivazioni di dette differenze, potrebbe esseresintomatica di un comportamento illegittimo del datore di lavoro, discrimi-natorio, in violazione dei criteri di correttezza e buona fede, nei confronti

Parte II - Giurisprudenza 281

gestione liquidatoria e rappresentante degli interessi della massa, e suggerita dalla natura diqueste controversie, in quanto idonee ad incidere sulla posizione degli altri creditori – poten-do determinare la diminuzione della garanzia dei loro crediti per effetto dell’incrementoquantitativo o qualitativo dei debiti – ed a condizionare, di conseguenza, le attivita di liqui-dazione e distribuzione del ricavato (18).

Sotto tale profilo, ed alla luce delle argomentazioni esposte, la sentenza che si annota nonconvince, non tanto per aver ribadito che, in assenza di un’espressa previsione legislativa, per-mane in capo al debitore concordatario la legittimazione passiva nei giudizi per la verifica deicrediti, quanto, piuttosto, per aver addirittura escluso la possibilita di configurare l’instaura-zione di un litisconsorzio necessario tra il debitore concordatario ed il liquidatore fin dal pri-mo grado, soprattutto considerando che l’accertamento del diritto di credito, oggetto dellacontroversia su cui e intervenuta la Corte con la decisione in esame, e funzionale, comegia evidenziato, al suo completo adempimento.

Appare, altresı, contestabile la posizione assunta da quella parte della dottrina e dellagiurisprudenza, alla quale si richiama la pronuncia in esame, che, pur negando al liquidatorela legittimazione passiva nell’ambito delle controversie in cui si faccia valere una pretesa cre-ditoria, riconosce, tuttavia, l’ammissibilita di un suo intervento ad adiuvandum.

Non si puo, infatti, non notare in questa prospettiva una certa contraddittorieta, in quan-to, se si ammette la configurabilita di un interesse processualmente rilevante del liquidatoread intervenire nel processo, e difficile ritenere che questo stesso interesse non giustifichi il suodiritto ad essere parte necessaria del giudizio medesimo (19).

La Suprema Corte, nella fattispecie decisa dalla sentenza in commento, nonostante il ri-gorismo iniziale del suo ragionamento, sembra accorgersi della sussistenza di un interesse delliquidatore a partecipare al giudizio.

(18) Cosı, pure, motiva Tarzia, Accertamento dei crediti nel concordato preventivo con cessione dei beni, cit.,

1861, il quale ravvisa la legittimazione passiva del liquidatore nella strumentalita dell’accertamento dei crediticontroversi rispetto al riparto del ricavo della liquidazione, ammettendo comunque una facolta di intervento

per il debitore.(19) Sull’ammissibilita di un intervento in giudizio del liquidatore, in dottrina, Ragusa Maggiore, Istitu-

zioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, 661; Landolfi, Il liquidatore giudiziale nel concordato preventivo me-

diante cessione dei beni, cit., 926; Mazzocca, Manuale di diritto fallimentare, cit., 567; Satta, Diritto fallimen-tare, cit., 474; in giurisprudenza, Cassazione, 12 gennaio 1988, n. 137, in Fallimento, 1988, 646, con nota di Rug-

geri, Capacita processuale del debitore, del commissario giudiziale e del liquidatore nel concordato preventivo, cit.;Cassazione, 30 ottobre 1991, n. 11542, cit., Cassazione, 6 aprile 1995, n. 4033, cit.; nella giurisprudenza di me-

rito, va segnalato Tribunale Milano, 10 luglio 1987, cit., 247 con nota di Tarzia, op. cit.

dei lavoratori esclusi dai trattamenti economici privilegiati, attribuendo aquesti ultimi il diritto al risarcimento del danno (v. Cass. n. 6448 del1994 RV 487329).

Prescindendo dalla considerazione (assorbente) che nella specie il M.T.si e limitato a chiedere il medesimo superiore trattamento economico attri-buito al suo predecessore a titolo retributivo e non risarcitorio, resta il fattoche il lavoratore che agisca a titolo risarcitorio non puo limitarsi a dedurre,come fatto dal ricorrente, la mera disparita di trattamento a parita di man-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali282

Come la stessa osserva, nell’ipotesi di contraddittorio non integro, per avere, il soggettoimpugnante, omesso di chiamare nella fase di impugnazione il liquidatore che ha esercitatoun intervento adesivo dipendente nel precedente grado del giudizio, la necessita del litiscon-sorzio nel giudizio di gravame implica che il giudice disponga l’integrazione del contraddit-torio ai sensi dell’art. 331 cod. proc. civ. (20), per consentire la partecipazione del liquidatoremedesimo al giudizio di legittimita, in modo che lo stesso possa contribuire alla formazionedel regolamento giudiziario definitivo della situazione sostanziale dedotta in giudizio, attra-verso l’esercizio dei poteri che l’intervento gli ha attribuito.

Tanto premesso, il liquidatore, una volta che sia intervenuto, come e accaduto nella fat-tispecie decisa dalla sentenza in rassegna, nell’ambito del processo instaurato nei confrontidel debitore concordatario, per sorreggerne le ragioni, partecipando al secondo grado di giu-dizio, ha assunto la qualita di parte e, dunque, ha acquistato il diritto a ricevere la notifica-zione del ricorso per Cassazione.

Ricorrendo, dunque, un’ipotesi di causa inscindibile (21) per effetto del vincolo, determi-natosi successivamente all’intervento, tra i soggetti del processo, la legge esige che l’ulteriorefase del giudizio si svolga nei confronti di tutte le parti che hanno partecipato alla fase pre-cedente (22): la inscindibilita, in tal caso, e determinata da ragioni d’ordine processuale, cheimpongono la unita del processo e della decisione in confronto di tutte le parti interessate.

(20) Sull’integrazione del contraddittorio disposta dall’art. 331 cod. proc. civ. nell’ipotesi di causa inscindi-

bile, v. Cassazione, 26 luglio 1996, n. 6760, in Giust. civ. Mass., 1996, 1059; inoltre, Cassazione, 21 giugno 1997,n. 5568, in Giust. civ. Mass., 1997, 1029, fa discendere dalla mancata integrazione del contraddittorio in caso di

litisconsorzio necessario processuale, la nullita dell’intero procedimento di secondo grado e della sentenza che loha concluso, rilevabile d’ufficio anche in sede di legittimita.

(21) In tal senso si e orientata Cassazione, 26 luglio 1996, n. 6760, cit., ritenendo che nell’ipotesi di inter-

vento ad adiuvandum, si determina una fattispecie di causa inscindibile, con conseguente applicazione del dispo-sto di cui all’art. 331 cod. proc. civ. Sulla nozione di inscindibilita v., anche, Cassazione, 22 gennaio 1998, n. 567,

in Giust. civ. Mass., 1998, 125; Cassazione, 30 dicembre 1999, n. 14753, in Giust. civ. Mass., 1999, 2659, per lequali il concetto di causa «inscindibile»non va riferito solo alle ipotesi di litisconsorzio necessario sostanziale, ma

si estende anche alle ipotesi di litisconsorzio c.d. processuale.(22) In dottrina, Mandrioli, Diritto processuale civile, II, Torino, 2004, 421; Proto Pisani, Lezioni di

diritto processuale civile, Napoli, 1999, 494; da ultimo Perago, Cumulo soggettivo e processo di impugnazione,Napoli, 2002, 140, osserva che nel concetto di causa inscindibile rientrano non solo le ipotesi in cui la necessita

di integrare il contraddittorio nei confronti di tutte le parti derivi dall’esistenza del litisconsorzio ex art. 102 cod.proc. civ., qualificato dalla deduzione in giudizio di situazioni sostanziali uniche plurisoggettive, ma anche quellein cui tale necessita sia determinata da ragioni processuali (c.d. litisconsorzio processuale), per cui il litisconsorzio,

facoltativo quanto all’instaurazione, diventa necessario quanto alla trattazione e decisione, che devono avere con-tenuto identico rispetto a tutte le parti.

sioni, circostanza di per se legittima, ma deve dedurre l’illegittimita delcomportamento datoriale (asseritamente causativa di danno) allegando eprovando l’intento discriminatorio e/o la violazione concreta dei criteri dicorrettezza e buona fede, nonche l’assoluta mancanza di qualsivoglia moti-vazione del trattamento privilegiato, potendo dette motivazioni essere le piusvariate (ad esempio, una maggiore esperienza lavorativa, oppure una mag-giore anzianita di servizio in azienda e/o nella qualifica, o ancora unmaggior carico familiare).

E infine da rilevare che il canone della ragionevolezza, invocato dal ri-corrente, rappresenta un utile criterio di valutazione del rispetto da partedel legislatore del principio di uguaglianza posto dall’art. 3 Cost. ma nonpuo essere applicato con la stessa efficacia nella valutazione dei regolamentiprivati di interessi che siano frutto dell’autonomia contrattuale (v. in talsenso Cass. n. 62 del 1999, RV 522034 e n. 10581 del 1999, RV 530247).

Con riguardo al secondo motivo e sufficiente osservare, alla luce di tutte

Parte II - Giurisprudenza 283

Pertanto, quando e riconosciuto ad un soggetto, titolare di una situazione giuridicamentedipendente da quella oggetto del processo originario (23), il diritto di intervenire in un pro-cesso gia instaurato tra altre persone, per sostenere le ragioni di una delle parti in causa, ri-manendo unico ed indivisibile il giudizio, in quanto unico e il rapporto sostanziale oggetto delprocesso e, quindi, della pronuncia, si deve necessariamente configurare un litisconsorzioprocessuale nei successivi gradi di giudizio.

Invero, l’aspettativa del vantaggio che il terzo si ripromette dall’accoglimento della do-manda della parte adiuvata, e che giustifica l’intervento adesivo dipendente, non puo ritenersisoddisfatta in un solo grado di giudizio, ma permane negli ulteriori gradi, persistendo l’inte-resse del terzo intervenuto a condizionare con il proprio aiuto l’esito della controversia (24).

Non puo, in proposito, trascurarsi che l’interveniente adesivo, che abbia compiuto unconcreto atto di intervento, in una determinata fase del naturale sviluppo del processo, aven-

(23) Con riferimento ai poteri dell’interventore adesivo dipendente Giovannoni, In tema di legittimazionead impugnare dell’interventore adesivo dipendente: necessita di rivedere l’orientamento giurisprudenziale, in Foro

it., 1995, 2969, rileva che la situazione sostanziale che fa capo all’interventore adesivo dipendente e comunquelegata al rapporto principale da un nesso di pregiudizialita – dipendenza; sulle varie ipotesi di pregiudizialita– dipendenza v. Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit., 377.

(24) Sulla necessita del litisconsorzio in sede di impugnazione, Cassazione, 21 giugno 1997, n. 5568, cit.,osserva che essa deriva e deve essere imposta per il semplice fatto che tutte le parti sono state presenti nel giudizio

di primo grado: da cio discende, quindi, che anche in caso di litisconsorzio c.d. processuale sussista l’obbligato-rieta della integrazione del contraddittorio in fase di impugnazione. In senso conforme anche Cassazione, 23 feb-

braio 2001, n. 2661, in Giust. civ. Mass., 2001, 310 sostiene l’obbligatorieta dell’integrazione del contraddittorioin fase di impugnazione nel caso di litisconsorzio c.d. processuale, qualora detta impugnazione non venga pro-

posta nei confronti di tutti i partecipanti al giudizio di primo grado. A tal proposito, v. Cassazione, 30 dicembre1999, n. 14753, cit., per la quale la nozione di inscindibilita della causa si estende anche all’ipotesi di litisconsorzio

c.d. processuale, fattispecie configurabile anche nel caso di intervento adesivo dipendente – in tal senso Cassa-zione, 26 luglio 1996, n. 6760, cit. – e, che ricorre, quando la presenza di piu parti nel giudizio di primo gradodeve necessariamente persistere in sede di impugnazione.

le considerazioni sopra svolte, che la prova dell’incremento retributivoerogato al lavoratore che prima del M.T. rivestiva le medesime carichesociali non equivale di per se alla prova che le suddette attivita esulasseroda quelle dovute dal M.T. in forza dell’incarico dirigenziale ricoperto.

Sempre alla luce delle considerazioni esposte in relazione al primomotivo, e ancora da rilevare che non e ravvisabile alcuna contraddittorietanella sentenza impugnata laddove afferma che il compenso aggiuntivo eraerogato al predecessore del M.T. in relazione alle cariche sociali ricoperte,ma che nulla si sapeva delle ragioni di tale erogazione, atteso che, puressendo ancorata ad una precisa attivita, la maggiorazione retributivapoteva essere determinata dalle ragioni piu varie (ad esempio, maggioreesperienza, maggiore anzianita di servizio in azienda, e cosı via).

Venendo infine all’esame del terzo motivo di ricorso e da rilevare chenessuna illogicita e/o contraddittorieta e ravvisabile nella sentenza impu-gnata laddove essa afferma che le attivita presso le societa del gruppo rien-travano nelle mansioni di dirigente del M.T. ed erano percio compensatedalla retribuzione percepita a tale titolo, contemporaneamente negando ildiritto a compenso per il periodo in cui tali attivita furono svolte dopo lacessazione del rapporto di lavoro.

Invero, una volta cessato il rapporto di lavoro viene meno ogni obbligoo diritto reciproco del datore di lavoro e del prestatore, con la conseguenzache, ove si deduca una anche parziale sopravvivenza di tali obblighi e dirittioccorre dimostrare che sia intervenuto un patto successivo in base al qualeil datore di lavoro incarica il lavoratore di continuare a svolgere alcune at-tivita assumendosene i relativi oneri retributivi. Il ricorrente a tale proposito

Il diritto fallimentare delle societa commerciali284

do acquisito legittimamente una serie di poteri processuali nell’ambito del procedimento me-desimo, capaci di influire sul contenuto di merito della decisione emananda, ha il diritto dipartecipare, nel rispetto del contraddittorio, alla formazione del regolamento giudiziario de-finitivo dell’unica situazione sostanziale dedotta in giudizio, senza il rischio di veder vanificatii suoi poteri in itinere per una determinazione della parte originaria, che, nella fase di impu-gnazione, ometta di chiamare il terzo intervenuto (25).

La opportunita di mantenere unitario il giudizio di impugnazione avverso una sentenzapronunciata nei confronti di una pluralita di parti, attraverso la necessaria partecipazione almedesimo di tutti i soggetti che sono stati presenti nel precedente grado, trova la sua ragionenella necessita di evitare che la medesima sentenza, che disciplina situazioni soggettive inter-dipendenti, possa passare in giudicato nei confronti delle parti che sono state escluse dai suc-cessivi gradi del giudizio e non nei confronti di quelle che vi hanno partecipato, determinan-

(25) Fabbrini, Note in tema di integrazione del contraddittorio nei giudizi di impugnazione, in Giur. it.

1969, 555.

assume che la continuazione delle attivita avvenne su incarico della F. Soc.coop. a r.l. e per utilita della medesima, e che tanto emergerebbe dall’espe-rita istruttoria, ma omette, in violazione del principio di autosufficienza delricorso per cassazione, di riportare in questa sede il testo integrale delleprove documentali o testimoniali asseritamente non o male valutate dalgiudice d’appello, impedendo cosı a questo Collegio (che la natura delvizio denunciato non abilita alla lettura degli atti) di riscontrarne la decisi-vita.

Nella specie la ricorrente non ha neppure dedotto che un simile fattofosse desumibile implicitamente dalla tacita accettazione, da parte dellaF. Soc. coop. a r.l. delle attivita svolte presso le societa del gruppo, ma,ove anche vi fosse stata una simile deduzione, l’eventuale conoscenza, daparte della F. Soc. coop. a r.l. della continuazione delle suddette attivitanon avrebbe potuto rappresentare un dato univoco dal quale desumereun accordo tacito, posto che ben avrebbe potuto la F. Soc. coop. a r.l. ri-tenere che tali attivita venivano prestate su incarico delle predette societae che quindi ella non aveva titolo per farle cessare.

Risulta inoltre che le somme relative al periodo successivo alla cessazio-ne del rapporto di lavoro siano state richieste a titolo di compenso per leattivita svolte e non a titolo di ingiustificato arricchimento, ne la sentenzaimpugnata risulta censurata per non aver, in violazione dell’art. 2041 c.c.,attribuito le suddette somme al M.T. a tale titolo, onde sono da ritenersiirrilevanti i riferimenti del ricorrente agli asseriti vantaggi che la F. Soc.

Parte II - Giurisprudenza 285

do un possibile conflitto di giudicati in ordine alla stessa materia e nei confronti di quei sog-getti che siano stati parti del processo (26).

Pertanto, per garantire che la situazione sostanziale plurisoggettiva dedotta in giudiziovenga decisa in maniera unitaria nei confronti di ogni soggetto che ne sia partecipe, attraversouna sentenza emessa nel contraddittorio di tutti, deve essere provocata – cosı dispone l’art.331 cod. proc. civ. – la presenza nel giudizio di impugnazione di tutte le parti della fase pre-cedente, attraverso l’ordine, da parte del giudice, di integrazione del contraddittorio (27).

Puo, infine, evidenziarsi, a sostegno della necessita del litisconsorzio tra debitore concor-datario e liquidatore in fase di impugnazione, che, essendo unico il rapporto sostanziale con-troverso, esso e idoneo ad incidere in modo diretto e inscindibile sia nella sfera giuridica del

(26) Cfr. Cassazione, 21 giugno 1997, n. 5568, cit.; Cassazione, 22 gennaio 1998, n. 567, cit.; Cassazione, 30

dicembre 1999, n. 14753, cit. In dottrina, sul tema dell’integrazione del contraddittorio nel giudizio di impugna-zione Mandrioli, Diritto processuale civile, cit., 422; Proto Pisani, Lezioni di diritto processuale civile, cit.,

494.(27) Sulla obbligatorieta dell’integrazione del contraddittorio in fase di impugnazione v. oltre ai richiami

giurisprudenziali alla nota precedente, anche Cassazione, 26 luglio 1996, n. 6760, cit. e Cassazione, 23 febbraio

2001, n. 2661, cit.

coop. a r.l. avrebbe tratto dalla protrazione delle attivita presso le societadel gruppo dopo la cessazione del rapporto di lavoro, riferimenti che, pe-raltro, non sono neppure ancorati al riscontro di elementi probatori indivi-duati con precisione ed integralmente riportati in ricorso.

Il ricorso deve essere pertanto integralmente rigettato.Sussistono giusti motivi per compensare tra le parti le spese della pre-

sente fase di giudizio.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali286

debitore – titolare della proprieta del patrimonio ceduto – che nelle attivita di riparto del ri-cavato delle quali e incaricato il liquidatore – titolare del potere di disposizione dei beni stessi.

Da cio l’esigenza che la pronuncia, che intervenga a disciplinare tale rapporto, sia resa incontraddittorio di entrambi i soggetti (28).

Mara Adorno

Facolta di GiurisprudenzaUniversita degli Studi di Lecce

(28) Catallozzi, op. cit., 845, ritiene che l’esigenza che il giudizio si svolga nel contraddittorio di tutte leparti presenti e suggerita dall’impossibilita di regolare in modo utile i rapporti tra alcuni dei soggetti che hanno

partecipato al giudizio ed altri rimasti estranei al giudizio medesimo. Infatti, nel caso di una domanda giudizialecon la quale un creditore intenda conseguire un titolo esecutivo da utilizzare nell’ambito della procedura, la sen-

tenza favorevole al creditore resa a contraddittorio non integro, sarebbe priva di utilita per lo stesso, in quantonon utilizzabile per partecipare alla distribuzione del ricavato.

ITRIBUNALE DI VENEZIA

26 ottobre 2005 (decr.)

Giudice Simone

Edizione Holding Soc. per az. c. Caovilla e altri

Societa - Societa per azioni - Arbitrato - Azioni - Sequestro giudiziario -Competenza della autorita giudiziaria ordinaria(D.lgs. 17 gennaio 2003, n. 5, art. 35; cod. proc. civ., art. 669 quinquies;cod. proc. civ., art. 670)

Societa - Societa per azioni - Modificazioni dell’atto costitutivo - Assem-blea straordinaria - Prelazione - Azioni - Sequestro giudiziario(Cod. civ., art. 2365; cod. civ., art. 2437; cod. proc. civ., art. 670)

Sequestro giudiziario - Societa - Assemblea straordinaria - Modificazionidell’atto costitutivo - Prelazione - Azioni - Custodia - Poteri(Cod. proc. civ., art. 670; cod. civ., art. 2365; cod. civ., art. 2437; cod.proc. civ., art. 676)

Ai sensi del combinato disposto dell’art. 35, comma 5, d.lgs. n. 5/2003, edell’art. 669 quinquies cod. proc. civ., la devoluzione in arbitrato rituale dellecontroversie in materia societaria non preclude al socio di ricorrere alla auto-rita giudiziaria ordinaria per ottenere il sequestro giudiziario delle azioni diuna societa per azioni (1).

(1) La vicenda da cui trae origine il decreto in epigrafe ha ricevuto larga eco sulla stampaquotidiana, perche riguarda l’assetto azionario della societa editrice del quotidiano piu diffu-so nel nord-est, «il Gazzettino» di Venezia. Il decreto costituisce, a quanto risulta da un esa-me della giurisprudenza edita, uno dei primi provvedimenti cautelari assunti dopo l’entrata invigore del nuovo processo societario (v. in dottrina Maffuccini, Provvedimenti cautelari edarbitrato: appunti sull’art. 35, comma 5, d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5, in Giur. it., 2004, 2215). Ilsolo precedente di giurisprudenza che e stato possibile rintracciare e rappresentato da Tribu-nale di Trento 11 febbraio 2004, in Giur. Merito, 2004, 1699, con nota di Pedrelli, secondoil quale «in tema di esclusione di un socio di soc. in nome coll., il ricorso al giudice ordinario perottenere la sospensione della relativa decisione non puo ritenersi precluso dalla disposizione dicui all’art. 35, comma 5, d.leg. n. 5/2003 che attribuisce agli arbitri il potere di sospensiva, siaperche puo dubitarsi che tale potere, espressamente riferito dalla norma alle controversie in ma-teria di «validita di delibere assembleari», riguardi anche le societa di persone, sia perche essosembra spettare solo agli arbitri nominati in base ad una clausola compromissoria statutaria con-forme ai requisiti stabiliti dall’art. 34, comma 2, d.leg. cit., sia perche, comunque, puo dubitarsiche il suddetto potere arbitrale di sospensiva escluda l’analogo potere attribuito al giudice ordi-nario dall’art. 2287 cod. civ.».

La decisione del Tribunale di Trento appena riportata solleva il problema dei requisiti di

Il socio che prospetti la gia avvenuta violazione del diritto di prelazione –previsto a favore dei soci nello statuto di una societa per azioni per il caso cheuno o piu soci intendano cedere la propria partecipazione – puo ottenere ilsequestro giudiziario delle azioni degli altri soci prima che abbia luogo l’as-semblea straordinaria convocata per l’eliminazione della clausola statutariaavente ad oggetto la prelazione medesima (nella fattispecie il periculum inmora e stato individuato proprio nella convocazione dell’assemblea straordi-naria volta a modificare lo statuto) (2).

Disposto ex art. 670 cod. proc. civ. il sequestro delle azioni di una societacon il fine di evitare che la gia convocata assemblea straordinaria modifichila clausola statutaria di prelazione in violazione del diritto del socio che ab-bia richiesto il sequestro, non puo essere concesso al custode delle azioni se-questrate anche il diritto di voto nell’assemblea straordinaria predetta, inquanto qualsiasi deliberazione in tema di modifica statutaria finirebbe pervanificare la stessa misura cautelare, la quale mira alla cristallizzazione dellasituazione della societa nelle more del giudizio di merito, tenuto anche conto

Il diritto fallimentare delle societa commerciali288

validita delle clausole compromissorie, che possono essere contenute negli statuti delle societa«ad eccezione di quelle che fanno ricorso al mercato del capitale di rischio a norma dell’art.2325-bis del cod. civ.» (art. 34, d.lgs., n. 5 del 2003). In proposito v., oltre allo stesso Tribu-nale di Trento, 11 febbraio 2004, cit., secondo il quale «in base alla disciplina degli art. 34segg. d.lgs. n. 5/2003, applicabile anche alle societa di persone, e nulla la clausola compromis-soria contenuta nello statuto di una soc. in nome coll. che attribuisca alle parti il potere di no-mina degli arbitri»; Tribunale di Modena, 12 maggio 2004, in Societa, 2004, 1270, con nota diSoldati, secondo la quale «la controversia relativa alla nomina del liquidatore, non avendo adoggetto diritti disponibili, non puo essere devoluta agli arbitri a causa del divieto contenuto alcomma 1 dell’art. 34 d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5»; nonche Cassazione, 23 febbraio 2005, n.3772, in Foro it., Rep. 2005, Societa, n. 21, secondo la quale «le controversie in materia socie-taria possono, in linea generale, formare oggetto di compromesso, con esclusione di quelle chehanno ad oggetto interessi della societa o che concernono la violazione di norme poste a tuteladell’interesse collettivo dei soci o dei terzi; a tal fine, peraltro, l’area della indisponibilita deveritenersi circoscritta a quegli interessi protetti da norme inderogabili, la cui violazione determinauna reazione dell’ordinamento svincolata da qualsiasi iniziativa di parte, quali le norme dirette agarantire la chiarezza e la precisione del bilancio di esercizio (nella specie, in controversia intro-dotta prima della entrata in vigore del d.leg. 17 gennaio 2003 n. 5, che ha riconosciuto in modoesplicito la possibilita di devolvere ad arbitri le controversie concernenti la validita delle delibereassembleari – disciplina non applicabile, ex art. 41, comma 1, medesimo decreto, ai giudizi giapendenti alla data della sua entrata in vigore – la corte di cassazione ha confermato la sentenzaimpugnata che aveva ritenuto compromettibile una controversia nella quale, attraverso l’impu-gnazione di una delibera di un consorzio di imprese, un’impresa consorziata aveva chiesto il pa-gamento di un conguaglio commisurato all’ammontare dei lavori assegnati alle singole impreseche partecipavano al consorzio stesso; in motivazione, la corte ha affermato che gli effetti delladelibera impugnata sul bilancio del consorzio erano soltanto indiretti, in quanto non coinvolge-vano direttamente l’applicazione delle norme inderogabili che devono essere osservate nella re-dazione dei bilanci)».

che, altrimenti, qualsiasi decisione adottata in tema di modifica statutariacoinvolgerebbe il tribunale in una scelta spettante esclusivamente all’assem-blea (3).

IITRIBUNALE DI VENEZIA

15 febbraio 2006 (ord.)

Pres. est. Magaraggia

Edizione Holding Soc. per az. c. Caovilla e altri

Societa - Societa per azioni - Modificazioni dell’atto costitutivo - Clausoladi prelazione statutaria - Violazione - Azioni - Sequestro giudiziario(Cod. civ., art. 2365; cod. civ., art. 2437; cod. proc. civ., art. 670)

In presenza di una clausola statutaria di prelazione, il socio che ne lamentila violazione puo ottenere il sequestro giudiziale delle azioni degli altri socionde evitare che questi ultimi possano richiedere la convocazione dell’assem-blea straordinaria della societa per modificare lo statuto ed eliminare la clau-sola di prelazione predetta (4).

I

(Omissis)Il G.D. ha pronunciato il seguente decreto.Ritenuto in fatto che:la ricorrente, socia, al pari dei resistenti, della Societa Editrice Padana –

Parte II - Giurisprudenza 289

In materia occorre rammentare che la dottrina si e divisa sul problema della possibilederoga apportata all’art. 34, d.lgs. n. 5 del 2003 dagli artt. 35, comma 5, e 36, comma 1.Piu precisamente, vi e stato chi ha ritenuto che le ultime due disposizioni citate abbiano de-terminato la compromettibilita delle liti aventi ad oggetto qualsiasi deliberazione assembleare,con cio facendo venire meno, nella materia delle impugnative di deliberazioni assembleari, ilcriterio generale dettato dall’art. 34 in tema di clausole compromissorie relative a societa: se-condo l’art. 34 cit., infatti, possono essere devolute agli arbitri solo «le controversie insorgentitra i soci ovvero tra i soci e la societa che abbiano ad oggetto diritti disponibili relativi al rap-porto sociale», mentre ai sensi dell’art. 35, comma 5, «la devoluzione in arbitrato, anche nonrituale, di una controversia non preclude il ricorso alla tutela cautelare a norma dell’art. 669-quinquies del cod. proc. civ., ma se la clausola compromissoria consente la devoluzione in arbi-trato di controversie aventi ad oggetto la validita di delibere assembleari agli arbitri competesempre il potere di disporre, con ordinanza non reclamabile, la sospensione dell’efficacia del-la delibera»; per il comma 1 dell’art. 36, d.lgs. cit., poi, «anche se la clausola compromissoria

S.E.P. s.p.a. (di qui innanzi S.E.P. s.p.a.), della quale detiene una parteci-pazione pari al 25,76% del capitale sociale, ha promosso nei confrontidei resistenti due procedimenti arbitrali, si come previsto dall’art. 28 dellostatuto sociale, il primo per l’accertamento della violazione della clausola diprelazione di cui all’art. 7 dello stesso statuto ed il secondo (al quale e estra-nea la Gedit s.r.l.) per la violazione della clausola di prelazione contenutanel patto di sindacato e per l’inosservanza del divieto di sottoposizione avincoli delle azioni sindacate;

per quanto rileva ai fini del presente procedimento, alla base del primoprocedimento arbitrale la ricorrente deduce l’avvenuta stipulazione di unoo di piu accordi collegati tra i resistenti e l’ing. Francesco Gaetano Caltagi-rone per l’acquisto, da parte del Gruppo facente capo a quest’ultimo, delpacchetto azionario di maggioranza della S.E.P. s.p.a.;

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autorizza gli arbitri a decidere secondo equita ovvero con lodo non impugnabile, gli arbitridebbono decidere secondo diritto, con lodo impugnabile anche a norma dell’art. 829, comma2, del cod. proc. civ. quando per decidere abbiano conosciuto di questioni non compromettibiliovvero quando l’oggetto del giudizio sia costituito dalla validita di delibere assembleari».

La conseguenza dell’interazione delle tre norme appena riportate sarebbe che le liti aven-ti ad oggetto deliberazioni assembleari sarebbero sempre compromettibili in arbitrato indi-pendentemente dal carattere disponibile o indisponibile del diritto fatto valere (cfr. in questosenso Ricci, Il nuovo arbitrato societario, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., 2003, 521; Luiso, Ap-punti sull’arbitrato societario, in Riv. Dir. Proc., 2003, 709; Zucconi Galli-Fonseca, in Riv.Trim. dir. Proc. Civ., 2005, 484; Carpi, Profilo dell’arbitrato in materia societaria, in Riv. Arb.,2003, 419; in senso contrario Chiarloni, Appunti sulle controversie deducibili in arbitratosocietario e sulla natura del lodo, in Riv. Trim. proc. Civ. 2004, 123; Ferri, Le impugnazionidi delibere assembleari. Profili processuali, in Riv. Trim. dir. Proc. Civ., suppl. al n. 1/2005, 67;in materia v. altresı De Nova, Controversie societarie: arbitrato societario o arbitrato di dirittocomune?, in Contratti, 2004, 847; Soldati, Osservazioni a margine degli strumenti alternatividi risoluzione delle controversie nella riforma del processo societario, in Societa, 2003, 791; Bo-

ve, L’arbitrato nelle controversie societarie, in Giust. civ., 2003, II, 473).(2-4) Nel senso della esperibilita del ricorso in via cautelare in presenza di una violazione

della clausola statutaria di prelazione v. Tribunale di Milano, 24 novembre 2000, in Societa,2001, 873, con nota di Platania, secondo cui «in presenza di una clausola statutaria la qualepreveda la prelazione dei soci sulla cessione delle azioni, trasferibili a privati solo in misura delquaranta per cento, l’offerta in prelazione dell’intera partecipazione di un socio, a fronte dell’of-ferta fatta da un privato, e il trasferimento a privati del quaranta per cento della partecipazionecostituiscono circostanze positivamente valutabili in sede di procedimento cautelare al fine dellaconcessione di sequestro giudiziario, sia sotto il profilo del fondamento della futura domanda dimerito, sia sotto quello del pericolo nel ritardo»; Tribunale di Genova, 8 luglio 2004, in Societa,2004, 1265, con nota di Semino, secondo cui «va sospesa l’efficacia (e non deve essere iscrittaa libro soci) della cessione di quote di srl posta in essere in violazione di una clausola di prela-zione statutaria e di un sindacato di blocco stipulato da alcuni soci».

Secondo la giurisprudenza ormai invalsa della corte di cassazione la clausola di prelazio-ne – della cui legittimita non e piu possibile dubitare alla stregua del nuovo art. 2437 cod. civ.(cfr. Carmignani, in la riforma delle societa, Commentario diretto da Sandulli, Santoro,

nell’ambito di tale procedimento, nel corso del quale e gia avvenuto loscambio delle memorie di precisazione delle domande e di quelle di replica,l’odierna ricorrente ha chiesto, tra l’altro, che «preso atto, altresı, che Edi-zione Holding s.p.a. qui offre di pagare il prezzo... emettere lodo condizio-nale che dichiari l’obbligo dei signori Rene Ferdinando Caovilla, Ivano Beg-gio e Giuseppe Stefanel, nonche delle societa EGP s.r.l., Gedit s.r.l. e SI-MOD s.p.a., di intestare e consegnare le predette azioni ad Edizioni Hol-ding s.p.a. in proporzione alla partecipazione azionaria dalla stessa detenutain SEP, nonche per le ulteriori azioni che – all’esito della denuntiatio – do-vessero rimanere inoptate dagli altri soci SEP; intestazione e consegna su-bordinate al previo pagamento da parte della qui concludente del prezzodovuto ai convenuti, nell’importo e nei termini previsti dal suindicato ac-cordo di vendita e quali risultati all’esito dell’istruttoria» (cfr. il doc. 7del fascicolo di parte ricorrente);

al momento non e ancora intervenuta la girata delle azioni dei resistential Gruppo Caltagirone, a cio ostando la clausola n. 7 dello statuto, la cuiefficacia reale renderebbe siffatta girata inopponibile alla societa ed alla ri-corrente;

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Torino, 2004, 881; Callegari, in Il nuovo diritto societario, Commentario diretto da Cot-

tino, Bonfante, Cagnasso, Montalenti, sub art. 2437, Bologna, 2004, 1403; Dentama-

ro, in Societa, 2005, 192) – una volta che sia inserita nello statuto della societa, entra a farparte delle regole organizzative della societa medesima (cfr. Cassazione, 15 luglio 1993, n.7859, in Foro it., 1994, I, 1457; Cassazione, 26 novembre 1998, n. 12012, in Giur. it.,1999, 1436; e per l’accenno allo «interesse sociale» implicito nella valutazione di nuovi ingres-si nella compagine di una societa il cui statuto contenga una clausola di prelazione v. ancheCassazione, 12 giugno 2001, n. 7879, in Foro it., 2002, I, 825), imprimendole, anzi, un con-notato ben preciso. Infatti, secondo la giurisprudenza richiamata (cui adde recentemente Tri-bunale di Milano, ord. 22 giugno 2001, in Giur. It., 2002, 1898, con nota di Dentamaro),l’inserimento della clausola di prelazione nello statuto da luogo e configura uno specifico in-teresse della societa alla conservazione del gruppo dei soci che hanno approvato lo statutomedesimo: con l’inserimento nello statuto della clausola di prelazione, la conservazione delpreesistente gruppo dei soci (o comunque di un gruppo di soci coeso) diviene per lo stessostatuto della societa elemento oggettivamente essenziale al fine del miglior conseguimentodell’oggetto sociale.

Diviene chiara, a questo punto, l’importanza della completezza della denuntiatio, ossiadell’atto unilaterale con il quale il socio intenzionato a disfarsi della propria partecipazionecomunica agli altri soci i termini del negozio che si accinge a compiere: «in tema di pattodi prelazione per il caso di vendita delle azioni, ... la denuntiatio deve contenere anche l’indica-zione del nome del terzo offerente, trattandosi di tutelare, in relazione al riscontro di una vo-lonta delle parti che assegni rilevanza all’intuitus personae, non soltanto uno specifico interessea conservare una particolare omogeneita (anche familiare) della compagine sociale, ma anchel’esigenza di permettere una completa valutazione circa l’opportunita di esercitare o meno laprelazione, atteso che la serieta e congruita dell’offerta possono dipendere anche dalla perso-na dell’offerente, e dovendosi d’altra parte consentire ai soci titolari del diritto di prelazionela valutazione circa l’ingresso nella societa di nuovi soci (fattispecie in tema di vendita coattiva

sulla Gazzetta Ufficiale del 14 ottobre 2005 e stato pubblicato l’avvisodi convocazione (cfr. il doc. 13 ibid.) dell’assemblea straordinaria di S.E.P.s.p.a. per il giorno 31 ottobre 2005, in prima convocazione, e per il giorno 2novembre 2005, in seconda indicato «2 Abolizione del diritto di prelazionee conseguente modifica dell’articolo 7 dello statuto come segue: abolizionedei commi 1, 2, 3, 4, 5 ed introduzione di un unico comma dal seguentecontenuto «le azioni possono essere liberamente trasferite, nel rispetto dellenorme di legge, a qualunque titolo, per atto tra vivi e mortis causa»;

dalla prospettata modificazione dello statuto verrebbe meno l’unicoostacolo al completamento del programmato trasferimento delle azionidai resistenti in capo al Gruppo Caltagirone, posto che, come si evince dal-l’avviso di convocazione, l’assemblea e stata indetta ai sensi dell’art. 2367,comma 1, cod. civ. su richiesta di un solo rappresentante piu di un decimodel capitale sociale;

a parte la ricorrente, i soli soci esprimenti piu di un decimo del capitalesociale sono il Caovilla e la Gedit s.r.l., sı che la richiesta di convocazionenon puo che promanare da uno dei due, ed entrambi fanno parte di quelgruppo di azionisti, che ha stipulato l’intesa con il Gruppo Caltagirone,nel quale, mediante la stipulazione di opzioni di put & call, e stato program-mato il trasferimento del pacchetto azionario di maggioranza di S.E.P. s.p.a.per il corrispettivo di A 23,50 ad azione;

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di azioni date in pegno realizzata nelle forme dell’esecuzione espropriativa privata ex art.2797 e seg. cod. civ.)» (Cassazione, 12 giugno 2001, n. 7879, cit., cui si rinvia anche per irelativi richiami).

Proprio la rilevanza organizzativa, o come comunemente si dice «reale», assunta dallaclausola di prelazione per il fatto di essere inserita nello statuto fa sı che «la controversia re-lativa alla osservanza di clausola statutaria di societa di capitali, avente per oggetto la prelazionein caso di vendita di quote da parte di un socio, essendo soggetta alla disciplina dello statutodeve configurarsi quale controversia societaria» (Tribunale di Milano, 8 maggio 2003, in Foropad., 2003, I, 678). Piu incisivamente, il peculiare interesse sociale sopra evidenziato legittimala societa a rifiutare l’iscrizione nel libro dei soci a colui che abbia acquistato le azioni dellasocieta stessa senza rispettare la clausola di prelazione (Tribunale di Napoli, 17 marzo 2004,in Foro it., 2004, I, 2547, cui si rinvia anche per gli ampi richiami di dottrina e giurispruden-za; Tribunale di Catania, 5 maggio 2003, in Giur. Comm., 2003, II, 761, con nota di Miro-

ne), mentre l’interesse sociale predetto non e posto in discussione – e la prelazione non siapplica – «nel caso di conferimento di azioni in una holding interamente controllata dal confe-rente» (Tribunale di Venezia, 7 novembre 2003, in Banca, borsa, tit. credito, 2004, II, 688): inquest’ultimo caso, infatti, non si verifica alcuna effettiva modificazione del gruppo delle per-sone fisiche che animano la societa.

L’efficace salvaguardia dell’interesse sociale evidenziato, ed anzi la sua stessa concretaconsistenza, il contenuto di detto interesse sociale si misurano, pero, sulle parole con le qualie formulata la clausola statutaria nei singoli casi concreti. In altre parole, quanto piu chiarasara la formulazione della clausola e quanto piu estese saranno le ipotesi in cui il mutamentodella titolarita delle azioni fara scattare la prelazione a favore degli altri soci, tanto piu nitido

sussiste un chiaro interesse dei partecipanti al ridetto accordo alla mo-dificazione dell’attuale formulazione della clausola n. 7 dello statuto S.E.P.s.p.a., tanto piu che ai resistenti tutti fa capo un numero di azioni tale dapermettere l’approvazione della modifica dello statuto in sede di assembleastraordinaria.

Considerato in diritto che:a norma dell’art. 35, comma 5, d.lgs. 5/2005 la devoluzione in arbitrato,

anche non rituale (ma quello di specie e espressamente qualificato dall’art.28 dello statuto come rituale), di una controversia non preclude il ricorsoalla tutela cautelare a norma dell’art. 669 quinquies cod. proc. civ. e che sus-siste la competenza del Tribunale di Venezia a norma dell’art. 23 cod. proc.civ., per avere sede la S.E.P. s.p.a. in Venezia-Mestre via Torino 110;

il sequestro giudiziario, diretto ad assicurare la fruttuosita dell’esecuzio-ne per consegna e per rilascio, puo essere dato a cautela non solo di dirittiin re, ma anche ad rem, posto che la controversia sulla proprieta, costituenteun presupposto della misura in dibattito, ricorre non soltanto allorche sianoesperite le azioni di rivendica della proprieta, petizione ereditaria o conte-stazione sulle quote in sede di giudizio di divisione, ma anche in presenza diun’azione contrattuale (anche di nullita, rescissione, annullamento, simula-zione, revoca) o personale che, se accolta, importi condanna alla restituzio-

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sara l’interesse sociale alla coesione del gruppo dei soci configurato dalla giurisprudenza so-pra richiamata e dalla dottrina riportata a commento delle sentenze prima citate. Emerge cosıun triplice collegamento tra concreta formulazione della clausola di prelazione di volta in vol-ta contenuta nello statuto, effettiva possibilita per i soci non coinvolti nel trasferimento delleazioni di impedire l’ingresso di estranei nella societa ed interesse sociale della societa mede-sima alla coesione della propria compagine azionaria.

Questo complesso collegamento appena posto in luce e confermato dall’esame della giu-risprudenza: secondo Tribunale di Milano, 6 giugno 2002, in Giur. It., 2002, 1220, «presup-posto di applicabilita della clausola statutaria di prelazione, stabilita ‘‘a parita di condizioni’’ el’indifferenza della sostituzione del cessionario rispetto alle altre componenti negoziali della ces-sione; non costituisce quindi violazione della clausola la cessione delle quote sociali effettuatamediante loro conferimento in altra societa, poiche essa realizza un negozio di tipo associativoe non un semplice contratto di scambio»; secondo Tribunale di Milano, 29 maggio 2003, inForo pad. 2003, I, 377, «la clausola statutaria che attribuisce al socio un diritto di prelazionea parita di prezzo non e applicabile alla donazione per l’insussistenza del presupposto del con-fronto tra due prezzi».

Si conferma, cosı, la particolare attenzione che deve essere riservata alla formulazionedella clausola di prelazione di volta in volta esaminata, come pure alla sua interpretazione,e puo osservarsi che, nel caso di specie, – secondo quanto riportato nella motivazione delprovvedimento in epigrafe – l’art. 7 dello statuto della societa coinvolta nella vicenda preve-deva che «in caso di alienazione per atto tra vivi, spetta agli altri azionisti il diritto di prelazione...», cosicche nel caso di specie l’interesse sociale alla conservazione del nucleo sociale origi-nario sussiste e puo essere fatto valere nei confronti di qualunque terzo cui le azioni della so-cieta in discorso siano cedute per un qualsiasi atto inter vivos.

ne di un bene (Cass., sez. II, 19 ottobre 1993, n. 10333; 14 dicembre 1992,13176; sez. III, 15 ottobre 1986, n. 6038; sez. I 13 dicembre 1985, n. 6301);

ogni qual volta ci si trovi in presenza di un’azione, che, indipendente-mente dalla sua natura, comporti una statuizione, anche in via indiretta, sul-la proprieta sussiste la situazione prevista dall’art. 670, n. 1, cod. proc. civ.(cfr. Cass. sez. II, 28 aprile 1994, n. 4039, nella motivazione);

nel caso di specie la controversia involge per l’appunto la proprieta del-le azioni di S.E.P. s.p.a. in relazione alla prospettata violazione del diritto diprelazione correlabile all’intervenuto accordo tra i resistenti ed il Caltagiro-ne (in realta, come si dira fra breve, poco rileva l’identita dell’aspirante ces-sionario, dovendo valorizzarsi l’operazione contrattuale in essere con unsoggetto diverso dagli attuali soci della compagine interessata) ed alla immi-nente modifica statutaria, tanto piu che nel procedimento arbitrale la ricor-rente ha chiesto, tra le altre, l’accertamento dell’inefficacia, per violazionedell’art. 7 dello statuto, dell’accordo intercorso con l’ing. Caltagirone per

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Si pone, poi, un problema ulteriore, relativo all’efficacia della cessione delle azioni con-clusa senza rispettare la clausola statutaria di prelazione. In particolare, in forza del peculiareinteresse sociale – prima evidenziato – alla coesione del gruppo dei soci e pacifico che la so-cieta possa rifiutare la annotazione nei propri registri di quanti abbiano acquistato le azionisociali senza che fosse rispettata la prelazione statutariamente prevista a favore degli altri soci:cfr. Tribunale di Catania, 5 maggio 2003, cit., secondo cui «l’opponibilita erga omnes dellaclausola di prelazione comporta che soltanto la societa o i soci cui la prelazione giova possonoopporla all’acquirente, con la conseguenza che, ferma restando la validita dell’alienazione dell’a-zione o quota fra le parti, la societa puo farne valere l’inefficacia nei propri confronti ed i socipossono chiedere il risarcimento del danno»; Tribunale di Catania, 20 novembre 2002, in Dir.Fallim., 2003, II, 310 con nota di Ragusa Maggiore, secondo cui «alla violazione della clau-sola di prelazione conseguono effetti differenti a seconda dell’interesse preso in considerazione etutelato: ove ad agire sia la societa, in nome della efficacia reale della clausola, la sanzione ap-plicabile sara quella della inefficacia relativa del trasferimento, inopponibile all’ente ma validointer partes; ove ad agire siano i soci, guardando al contenuto meramente obbligatorio dellaclausola, essi devono invece ritenersi interessati esclusivamente alle conseguenze di natura risar-citoria, ferma restando, comunque, la validita inter partes della cessione».

In materia, in realta, diviene rilevante l’art. 2022 cod. civ. e la sua potenziale interferenza– almeno sul piano letterale – con il principio consensualistico di cui all’art. 1376 cod. civ.Dottrina autorevole ha intravisto nell’art. 2022 cod. civ. una deroga all’art. 1376 cod. civ.(cfr. Sacco, Il contratto, Torino, 2004, I, 897 seg., ivi citt. ulteriori; il tema e, peraltro, dibat-tuto: v. altresı Spada, L’efficacia del consenso traslativo nella circolazione dei titoli azionari:proposte per ripensare un problema, in Il contratto. Silloge in onore di Giorgio Oppo, II, Pado-va, 1993, 465 seg.), con la conseguenza che prima del transfert il contratto non sarebbe validoneppure inter partes. La giurisprudenza sembra non accogliere questo punto di vista: alle sen-tenze prima citate adde. Cassazione, 5 settembre 1995, n. 9314, in Foro it., Rep. 1995, voceSocieta n. 794, secondo cui «in tema di azioni di societa, le formalita previste dalla prima partedell’art. 2022 cod. civ. (c.d. trasfert), per cui il trasferimento del titolo nominativo si opera me-diante l’annotazione del nome dell’acquirente sul titolo e sul registro dell’emittente, sono neces-sarie soltanto per l’acquisto della legittimazione all’esercizio dei diritti sociali, mentre per l’ac-

la cessione in via congiunta del 54,59% delle azioni del capitale sociale diS.E.P. s.p.a.; l’accertamento e la dichiarazione del diritto di Edizione Hol-ding s.p.a. di esercitare la prelazione di cui all’art. 7 sulle azioni oggetto del-l’indicato accordo, nonche «preso atto, altresı, che Edizione Holding s.p.a.qui offre di pagare il prezzo... emettere lodo condizionale che dichiari l’ob-bligo dei signori Rene Ferdinando Caovilla, Ivano Beggio e Giuseppe Ste-fanel, nonche delle societa EGP s.r.l., Gedit s.r.l. e SIMOD s.p.a., di inte-stare e consegnare le predette azioni ad Edizione Holding s.p.a. in propor-zione alla partecipazione azionaria dalla stessa detenuta in SEP, nonche perle ulteriori azioni che – all’esito della denuntiatio – dovessero rimanereinoptate dagli altri soci SEP; intestazione e consegna subordinate al previopagamento da parte della qui concludente del prezzo dovuto ai convenuti,nell’importo e nei termini previsti dal suindicato accordo di vendita e qualirisultanti all’esito dell’istruttoria»;

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quisto della proprieta del titolo e sufficiente il semplice consenso delle parti legittimamente ma-nifestato, secondo la regola generale di cui all’art. 1376 cod. civ.; in particolare, l’iscrizione nellibro dei soci e necessaria a dimostrare la qualita di socio anche nel rapporto con la societa ed ha,percio, una funzione meramente certificativa ed esecutiva»; anche se – quanto meno in obiterdictum (ma secondo dottrina autorevole gli obiter dicta non devono essere sottovalutati per-che preparano le future rationes decidendi) – non mancano voci apparentemente discordanti:cfr. Cassazione, 19 febbraio 1999, n. 1410, in Banca, borsa, tit. credito, 2001, II, 156, con notadi Tucci, secondo cui «l’art. 2022 cod. civ., che prescrive, per l’esecuzione del trasferimento deititoli nominativi – ivi compresi quelli azionari di societa – l’annotazione del nome dell’acquiren-te sul titolo, e norma inderogabile (la cui violazione comporta nullita del trasferimento) ed ap-plicabile anche ai trasferimenti mortis causa».

(3-4) In generale, sui limiti dei poteri che ex art. 676 cod. proc. civ. possono essere attri-buiti al custode dei beni assoggettati a sequestro v. Cassazione, 30 maggio 2000, n. 7147, inGiust. civ., 2001, I, 215, secondo cui «il custode di beni sottoposti a sequestro (nella specie,sequestro conservativo in sede penale) ha una funzione limitata alla conservazione e all’ammi-nistrazione di tali beni, in relazione alla quale gli va riconosciuta la legittimazione processualeattiva e passiva, come rappresentante di ufficio di un patrimonio separato, esclusivamente rispet-to alle azioni relative alla medesima funzione; ne consegue che il custode di beni sottoposti asequestro conservativo in sede penale non e legittimato a proporre opposizione avverso la sen-tenza dichiarativa del fallimento della societa i cui beni sono oggetto del sequestro, atteso chetale attivita esula dai poteri del custode giudiziario e compete invece alla societa fallita e alsuo legale rappresentante, a nulla rilevando che ad abilitare il custode a tale opposizione sia statoil giudice del procedimento penale nel quale era stato disposto il sequestro conservativo, attesoche un tale provvedimento non e idoneo ad attribuire al custode poteri che, esorbitando dai li-miti della sua funzione, determinerebbero una indebita invasione dell’area riservata ad altri sog-getti».

Sui poteri che possono attribuirsi al custode di azioni o quote di societa assoggettate asequestro v. recentemente Tribunale di Firenze, 13 settembre 2000,in Foro it., Rep. 2002, So-cieta, n. 627: «il diritto di voto in assemblea e l’esercizio degli altri diritti societari possono es-sere attribuiti al custode giudiziario dal giudice istruttore che ha emesso il provvedimento di no-mina»; Cassazione, 26 maggio 2000, n. 6957, Giur. it., 2000, 2309, «la quota di partecipazione

dalle domande sı come prospettate, se accolte, conseguirebbe non solola pronuncia sulla proprieta delle azioni, ma anche la condanna alla conse-gna, stante il carattere reale della prelazione statutariamente prevista (cfr. explurimis, Cass., sez. I, 29 agosto 1998, n. 8645), sı da integrare il presuppo-sto del sequestro ex art. 670, n. 1, cod. proc. civ.;

in questa sede la valutazione dei requisiti atti a legittimare la concessio-ne della chiesta misura cautelare non puo risolversi in un giudizio di meraverosimiglianza o di probabilita del diritto azionato, dovendo per controprendere le forme di una valutazione contenutistica, pur nei limiti dellasommarieta del procedimento cautelare e, quindi, senza il presidio dell’ap-parato probatorio previsto dal libro II del codice di rito in tema di giudizioordinario di cognizione;

dalla documentazione prodotta dalla ricorrente emerge, allo stato, il fu-mus del diritto azionato e questo sulla base delle seguenti evidenze:

— in base all’art. 7 dello statuto societario di S.E.P. s.p.a. «1. In caso dialienazione di azioni per atto tra vivi, spetta agli altri azionisti il diritto diprelazione. 2. A tal fine il socio che intende alienare in tutto o in parte lapropria quota, dovra inviare all’Organo Amministrativo raccomandataAR dalla quale risultino almeno: il numero delle azioni trasferende, il ces-

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in una soc. a resp. lim. esprime una posizione contrattuale obiettivata che va considerata comebene immateriale equiparabile al bene mobile non iscritto in pubblico registro ai sensi dell’art.812 cod. civ., onde ad essa possono applicarsi, a norma dell’art. 813 cod. civ., le disposizioniconcernenti i beni mobili e, in particolare, la disciplina delle situazioni soggettive reali e dei con-flitti tra di esse sul medesimo bene, giacche la quota, pur non configurandosi come bene mate-riale al pari dell’azione, ha tuttavia un valore patrimoniale oggettivo, costituito dalla frazione delpatrimonio che rappresenta, e va percio configurata come oggetto unitario di diritti e non comeun mero diritto di credito; ne consegue che le quote di partecipazione ad una soc. a resp. lim.possono essere oggetto di sequestro giudiziario e, avendo il sequestro ad oggetto i diritti inerentila suddetta quota, ben puo il giudice del sequestro attribuire al custode l’esercizio del diritto divoto nell’assemblea dei soci ed eventualmente, in relazione all’oggetto dell’assemblea, stabilire icriteri e i limiti in cui tale diritto debba essere esercitato nell’interesse della custodia»; Tribunaledi Milano, 19 marzo 1990, in Foro it., 1990, I, 1703: «in caso di sequestro giudiziario di azioni,non puo disporsi che il diritto di partecipare alle assemblee sociali e di votarvi continui ad essereesercitato dal titolare delle azioni ovvero venga esercitato dal custode in conformita alle istruzio-ni del titolare medesimo».

In dottrina v. G. Ragusa Maggiore, Una nuova ipotesi di misura cautelare:il fermoprovvisorio di azioni, in Dir. Fallim., 1995, II, 8; C. Ferri, Sequestro, voce del Digesto civ.,XVIII, 460; piu specificamente sui problemi connessi al sequestro di quote di societa di per-sona e alla conseguente attribuzione al custode dei poteri (di gestione imprenditoriale) propridel socio di societa personale v. anche per riferimenti G. La Rocca, in Foro it., 1997, I, 2172.Al momento di licenziare le bozze si e avuta notizia che il provvedimento qui pubblicato estato confermato dal Tribunale di Venezia in data 15 febbraio 2006, in sede di reclamo. Pub-blichiamo anche questo secondo provvedimento riservandoci di commentarlo in un prossimonumero. [Dott. Gioacchino La Rocca]

sionario, il prezzo di cessione e le condizioni di pagamento. 3. Il Consiglioentro i sette giorni successivi al ricevimento della raccomandata, nelle me-desime forme, ne dara comunicazione ai soci al domicilio risultante dal librosoci. Questi nei trenta giorni successivi, dovranno (sempre mediante racco-mandata AR) comunicare al Consiglio se intendono esercitare la prelazione,e se intendono – ed eventualmente in quale misura – acquistare ulterioriazioni sulle quali non venisse esercitata la prelazione degli altri soci, e con-testualmente chiedere l’assenso al Consiglio stesso, ai sensi e per gli effettidel precedente art. 6...»;

— l’obbligo di denuntiatio statutariamente previsto non presupponel’intervenuta produzione dell’effetto traslativo, poiche se il comma 1 del-l’art. 7 dello statuto parla di «Alienazione tra vivi», il comma 2 dello statuto,in un’ottica di contenimento dei costi transattivi (quelli di gestione di unapossibile controversia), prevede che «A tal fine il socio che intende alienarein tutto o in parte la propria, dovra inviare all’Organo Amministrativo rac-comandata AR dalla quale risultino almeno: il numero delle azioni trasfe-rende, il cessionario, il prezzo di cessione e le condizioni di pagamento»;

— la norma statutaria procedimentalizza tanto l’obbligo del socio cheintenda alienare per atto tra vivi le proprie azioni, quanto quello degli altrisoci per l’eventualita che intendano esercitare, o non, il diritto di prelazione,poiche l’obbligo di denuncia al fine di permettere l’esercizio del diritto diprelazione non postula l’esistenza di una fattispecie traslativa gia produttivadi effetti, bastando un accordo suscettibile di esecuzione in forma specifica(cfr. App. Genova, 3 giugno 2003, sia pur in tema di diritto di riscatto, aisensi dell’art. 39 legge 392/78, in capo al conduttore, nonche per una vicen-da analoga alla presente, ma nella quale la denuncia era stata fatta, ma laproposta era stata formulata in modo tale da impedirne l’accettazione daparte del prelazionario, Trib. Milano 14 novembre 2000), tanto che la de-nuntiatio effettuata in adempimento degli obblighi scaturenti da un pattodi prelazione va ricostruita come proposta ferma e la sua accettazione daparte del promissario nello spatium deliberandi concessogli porta alla imme-diata conclusione di un contratto preliminare (cfr. Cass. 22 febbraio 2001,n. 2613);

— l’esistenza tra gli odierni resistenti ed altro soggetto, non menzionatoper ragioni di riservatezza nell’ambito del procedimento arbitrale, di propo-ste contrattuali di reciproche opzioni di put & call, subordinatamente all’e-liminazione della clausola statutaria di prelazione ed alla scadenza del pattodi sindacato emerge dalle memorie in quella sede depositate (cfr. il doc. 8,pag. 9), ibid., nonche i capp. a e b articolati in via istruttoria nella stessa me-moria).

— l’affermazione, contenuta nella memoria di parte Simod s.p.a. depo-sitata nell’ambito del primo procedimento arbitrale (cfr. il doc. 6, pag. 10,ibid.), «... i soci, ricevuta la proposta Benetton, semplicemente non l’hanno

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accettata nel brevissimo termine fissato dallo stesso Benetton. Essi hanno,nel frattempo, ricevuto un’offerta nettamente piu vantaggiosa dal GruppoCaltagirone (23,50 A per azione)», offre il destro per ritenere a contrarioil ricevimento da parte dei soci convenuti nel procedimento arbitrale (la fra-se e contenuta nella memoria della Simod s.p.a., ma il termine e usato alplurale) di una proposta di acquisto diretta al trasferimento del pacchettodi maggioranza della S.E.P. s.p.a.;

— la richiesta di convocazione dell’assemblea straordinaria volta perl’appunto alla soppressione della clausola statutaria di prelazione da partedi un socio esprimente piu un decimo del capitale sociale, come si legge nel-l’avviso pubblicato sulla G.U., porta a ritenere che uno dei richiedenti puoessere solo il Caovilla o la Gedit s.r.l. e, quindi, uno di quei soci interessati amettere a frutto la prospettiva di cessione nel quadro delle reciproche offer-te di put e call, che se non assimilabili ad un preliminare darebbero luogo alvicendevole assoggettamento all’altrui diritto potestativo di acquistare ovendere;

— l’esistenza di una sinergia fra i resistenti, come si e gia detto, derivadallo stesso tenore delle ridette memorie, la dove si riferisce delle propostecontrattuali di put e call e della formulazione di una offerta di acquisto acondizioni piu vantaggiose rispetto a quello prospettate dal Benetton, sıda corroborare la chiara volonta dei resistenti di alienare in tutto o in partele proprie azioni;

— l’annotazione nei bilanci di Simod s.p.a. e di Gedit s.r.l. (cfr. i docc.35 e 36 ibid.), rispettivamente, di acconti ed anticipi non meglio precisatiper un importo tale da far ritenere che si tratti degli acconti ottenuti in vistadella programmata operazione, posto che rapportando il numero di azionirispetto al valore di vendita prospettato si puo congetturare che gli importiin questione siano pari al 25,97% circa di quello complessivamente spettan-te in caso di completamento dell’operazione con il soggetto «terzo»;

— gli ampi resoconti giornalistici (cfr. doc. 34 ibid.), anche della piu ac-creditata informazione finanziaria (cfr. i docc. 34/9, 34/10 e 34/13), da cuisi ricavano nella sostanza i termini dell’operazione complessivamente de-scritta dalla ricorrente, senza per questo voler operare un’inversione meto-dologica, rappresentano nel quadro delle c.d. prove atipiche un riscontroagli elementi di prova sopra narrati (cfr., tuttavia, nel senso della piena uti-lizzabilita in sede cautelare dei resoconti giornalistici Trib. Milano 23 di-cembre 1989);

del pari deve ritenersi sussistente il periculum in mora che, nell’ottica delprospettato sequestro, deve essere inteso in termini di necessita di cristalliz-zazione della situazione esistente, al fine di non pregiudicare la posizionedella ricorrente, ma al tempo stesso di dover provvedere alla gestione tem-poranea delle azioni nelle more del procedimento arbitrale;

la situazione venutasi a determinare alla luce della convocazione dell’as-

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semblea straordinaria porta a ritenere l’esistenza di un periculum in re ipsa inmisura tale da rendere impossibile la previa instaurazione del contradditto-rio, posto che nelle more dell’udienza per l’integrazione del contraddittoriopotrebbe venir meno lo stesso oggetto della cautela: una volta operata la mo-difica statutaria cesserebbe qualsiasi ostacolo al completamento della vicen-da traslativa, finendo per frustrare le stesse ragioni del giudizio di merito;

deve essere disposta con il presente decreto l’autorizzazione della ricor-rente a procedere al sequestro giudiziario delle azioni di S.E.P. s.p.a. in pro-prieta a Rene Ferdinando Caovilla, Ivano Beggio, Giuseppe Stefanel, Gedits.r.l., EGP s.r.l. e SIMOD s.p.a., provvedendosi all’annotazione nel librosoci ed ordinando a Banca Intesa, Banca Antoniana Popolare Veneta, Ban-ca Popolare di Vicenza, quali istituti di credito presso cui le azioni devonoessere depositate per la partecipazione all’assemblea programmata per il 31ottobre 2005 (prima convocazione) e 2 novembre 2005 (seconda convoca-zione), l’esibizione dei titoli azionari, al fine di consentire l’immissione nelpossesso del nominando custode (incarico da intendersi remunerato ai sensidelle tariffe vigenti per l’ordine professionale di appartenenza), il qualeprovvedera a presentare trimestralmente una relazione sull’attivita svoltaai sensi dell’art. 593 cod. proc. civ.;

la funzione di garanzia svolta dal sequestro deve essere reale e non for-male (cfr. App. Milano 17 febbraio 1995), al nominando custode a mentedell’art. 676 cod. proc. civ. deve essere attribuito l’esercizio dei diritti ine-renti le partecipazioni in questione, compreso il voto come previsto dal vi-gente art. 2352, comma 1, cod. civ., ma limitatamente agli atti oggetto diapprovazione in sede di assemblea ordinaria e con esclusione, salva specifi-ca autorizzazione da parte dello scrivente, di quelli oggetto di assembleastraordinaria;

siffatta limitazione al potere del custode appare funzionale alle esigenzedella cautela ed ai tempi del procedimento arbitrale, fermo restando che,una volta attribuito al custode il diritto di voto e definito l’ambito del po-tere nei termini indicati, nessun margine di esercizio dei diritti inerenti lapartecipazione sociale puo residuare in capo ai resistenti;

la mancata estensione al curatore del diritto di voto anche con riferi-mento alle assemblee straordinarie appare in linea con l’esigenza di cristal-lizzazione della situazione esistente, poiche qualsiasi deliberazione in temadi modifica statutaria finirebbe per vanificare la stessa misura cautelare ed’altro canto qualsiasi decisione adottata su tale questione coinvolgerebbeil Tribunale nel merito della scelta rimessa all’assemblea;

l’ufficiale giudiziario deve essere autorizzato, ai sensi dell’art. 606 e 513cod. proc. civ., a ricercare i titoli azionari oggetto di sequestro sia presso lasede della S.E.P. s.p.a., sia presso terzi che le detengano per conto dei resi-stenti, nonche con le stesse modalita a ricercare il libro soci;

la ristrettezza dei termini previsti dall’art. 669 sexies, comma 2, cod.

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proc. civ. non consente di assegnare preventivamente un termine ai resi-stenti per il deposito della memoria di costituzione.

P.Q.M., visti gli artt. 669 quinquies, 669 sexies, 670, n. 1, 676 e 677 cod.proc. civ., nonche l’art. 35, comma 5, d.lgs. 5/2003, il G.D. cosı provvede:

1) autorizza Edizione Holding s.p.a. a procedere al sequestro giudiziariodelle azioni di Societa Editrice Padana - S.E.P. s.p.a. in proprieta a ReneFerdinando Caovilla, Ivano Beggio, Giuseppe Stefanel, Gedit s.r.l., EGPs.r.l. e SIMOD s.p.a. disponendo che l’esecuzione avvenga oltre che nelleforme di cui all’art. 677, comma 1, cod. proc. civ. anche mediante l’anno-tazione nel libro soci;

2) nomina custode delle ridette azioni l’avv. Renzo Gambato di Veneziacon attribuzione allo stesso dei diritti inerenti le partecipazioni in questione,compreso il voto, ma limitatamente alle sole assemblee ordinarie, subordi-nando l’esercizio del diritto di voto nelle assemblee straordinarie alla previaautorizzazione da richiedersi al tribunale. Il custode, inoltre, provvedera apresentare trimestralmente una relazione sull’attivita svolta ai sensi dell’art.593 cod. proc. civ.;

3) autorizza l’ufficiale giudiziario competente per territorio a ricercare ititoli azionari oggetto di sequestro sia presso la sede della Societa EditricePadana - S.E.P. s.p.a., sia presso terzi che le detengano per conto dei resi-stenti;

4) autorizza l’ufficiale giudiziario competente per territorio a ricercare illibro soci sia presso la sede della Societa Editrice Padana - S.E.P. s.p.a., siapresso terzi che le detengano per conto dei resistenti;

5) ordina a Banca Intesa, Banca Antoniana Popolare Veneta, Banca Po-polare di Vicenza, quali istituti di credito indicati nell’avviso di convocazio-ne pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 14 ottobre 2005 n. 240, di esibirei titoli azionari depositati, ai sensi dell’art. 12 dello statuto Societa EditricePadana - S.E.P. s.p.a., in funzione dell’assemblea del 31 ottobre 2005 in pri-ma convocazione e del 2 novembre 2005 in seconda convocazione;

6) fissa per la comparizione delle parti e per la conferma, modifica o re-voca del presente decreto l’udienza del 10 novembre 2005 h. 9.00 conce-dendo termine fino al 3 novembre 2005 per la notifica del ricorso e del pre-sente decreto ai resistenti;

7) dispone che il presente decreto sia altresı comunicato a mezzo fax distudio dell’avv. Visconti al nominato custode l’avv. Renzo Gambato.

II

(Omissis)Con ricorso depositato il 24 ottobre 2005 Edizione Holding s.p.a., socia

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della Societa Editrice Padana S.E.P. s.p.a., editrice de «Il Gazzettino», dicui sono soci, tra gli altri, Rene Fernando Caovilla, E.G.P. s.r.l., Ivano Beg-gio, Gedit s.r.l. (cessionaria di azioni gia di proprieta di Gecos s.p.a.), Giu-seppe Stefanel e la Simod s.p.a., chiedeva che venisse autorizzato «il seque-stro giudiziario di complessive n. 5.317.894 azioni ordinarie, pari al 54,21%del capitale sociale, della ‘‘Societa Editrice Padana S.E.P. S.p.A.’’... ovvero deldiverso, maggior o minore, numero di azioni che l’Ill.mo dice riterra necessa-rio ad assicurare le finalita cautelari perseguite nel presente ricorso». Premet-teva la ricorrente, in punto di fatto, che lo statuto sociale, all’art. 7, preve-deva clausola di prelazione e inoltre che Edizione Holding s.p.a. e i sum-menzionati soci, salvo Gecos s.p.a., erano legati da un patto di sindacato,contenente anch’esso una clausola di prelazione nonche l’impegno delleparti di non assoggettare a vincoli di qualsiasi genere le azioni sindacate sen-za la previa autorizzazione del Consiglio Direttivo del patto di sindacato.

Tra Edizione Holding s.p.a. e i soci di cui sopra erano pendenti dueprocedimenti arbitrali, entrambi promossi dalla ricorrente, la quale ha la-mentato, nel primo, l’avvenuta violazione della clausola contenuta nello sta-tuto di S.E.P. e, nel secondo (che non vede coinvolta Gedit s.r.l., estranea alpatto di sindacato), sia della clausola di prelazione contenuta nel patto disindacato sia del divieto, pur ivi contenuto, di sottoposizione a vincoli delleazioni sindacate.

Le contestate violazioni scaturivano dall’avvenuta stipula di un accordo,o di piu accordi collegati, tra i resistenti e l’ing. Francesco Gaetano Calta-girone per l’acquisto, da parte del gruppo che fa capo a quest’ultimo, delpacchetto azionario di maggioranza di S.E.P., quale congiuntamente dete-nuto dai resistenti.

L’esistenza di tale accordo risultava da: a) quanto ammesso dai resistentinel procedimento arbitrale; b) quanto dichiarato, confessoriamente, dalCom. Sinigaglia, presidente e legale rappresentante di una delle societa,la Simod s.p.a., al dott. Saccardi ed all’avv. Laghi; c) quanto risultantedai bilanci di esercizio di Gedit s.r.l. e Simod s.p.a., circa «anticipi da clien-ti» e «acconti» ricevuti; d) quanto riportato negli articoli stampa.

Gli accordi, consistiti nella sottoscrizione di opzioni put e call, distinte,ma fra loro collegate, avevano realizzato, sostanzialmente, gli effetti di unpreliminare e, comunque, costituivano manifestazione irrevocabile dei resi-stenti di vendere le loro azioni, con conseguente violazione del patto di pre-lazione (irrilevante essendo la circostanza che le opzioni fossero condiziona-te alla rimozione della clausola di prelazione in quanto un negozio sottopo-sto a termine ovvero a condizione sospensiva e un negozio di per se perfettoe, comunque, idoneo a concretare un’inequivocabile manifestazione la vo-lonta di vendere).

In punto ammissibilita della misura cautelare, evidenziava la sussistenzadi una controversia sulla proprieta (titolarita delle azioni oggetto di accor-

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do), che avrebbe portato alla restituzione del bene, stante anche il caratterereale della clausola statutaria.

Quanto al periculum in mora, faceva presente che era stato pubblicatosulla Gazzetta Ufficiale un avviso di convocazione dell’assemblea S.E.P.s.p.a. con all’ordine del giorno la proposta di abolizione del diritto di pre-lazione; una volta che questa fosse stata approvata, sarebbe stato rimossol’unico ostacolo che si frapponeva alla girata delle azioni, vanificazioni, cosı,l’esito dell’arbitrato promosso e lasciato alla ricorrente l’alternativa tra rima-nere socio di minoranza ovvero cedere la propria quota ad un prezzo pena-lizzante (questo era stato fissato in euro 13,389 ai sensi dell’art. 2437 tercod. civ., a fronte di euro 23,50 dell’accordo con Caltagirone).

Con decreto emesso inaudita altera parte il 26 ottobre 2005 il giudicedelegato accoglieva il ricorso (delle motivazioni di tale provvedimento, ri-prese nella successiva ordinanza, si dara conto nell’esame di questa), fissan-do per il prosieguo l’udienza del 10 novembre 2005, nella quale si costitui-vano Simod s.p.a., da un lato, e Rene Fernando Caovilla, E.G.P. s.r.l., IvanoBeggio, Gedit s.r.l., Giuseppe Stefanel, dall’altro (del contenuto di tali di-fese verra dato conto esaminando gli odierni reclami, che contengono e am-pliano quanto dedotto in precedenza).

Con ordinanza in data 30 novembre 2005 il giudice confermava il pre-cedente decreto.

Innanzi tutto rilevava l’ammissibilita del sequestro, visto che la contro-versia riguardava la proprieta delle azioni di S.E.P. s.p.a. e che dalle doman-de cosı come prospettate dalla ricorrente, se accolte, sarebbe conseguitanon solo la pronuncia sulla proprieta delle azioni, ma anche la condannaalla consegna, stante il carattere reale della prelazione statutariamente pre-vista.

Venendo al fummus, partendo dal dato testuale dell’art. 7, il giudice ri-levava che la prelazione e la relativa denuncia non presupponevano la giaintervenuta alienazione ne che fosse assunto un obbligo in tale senso invia preliminare poiche nulla diceva l’articolo su quale potesse essere lo stru-mento impiegato dai soci per trasferire le proprie azioni, salvo poi verificarein concreto l’idoneita di questo per eludere la prelazione.

Occorreva, invece, portare a conoscenza degli altri soci non gia l’astrattaintenzione di vendere, ma i termini precisi della vicenda programmata (ilcontenuto della denuntiatio doveva, infatti, assumere la consistenza diuna proposta contrattuale).

Quanto alla sussistenza dell’accordo, il giudice, premettendo che dellostesso non si conoscevano i contenuti, non avendo i resistenti prodotto al-cunche (ne era sostenibile che alla denuntiatio ostasse il vincolo di riserva-tezza assunto nei confronti del terzo, come questi avevano sostenuto), affer-mava come non potesse ritenersi la piena assimilazione tra gli effetti di unpreliminare bilaterale e quelli connessi a reciproche opzioni di pur (acqui-

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sto) e call (vendita), posto che all’attualita dell’obbligo dar corso alla vicen-da traslativa (propria del preliminare) si contrappone oggi il «solo» recipro-co assoggettamento all’altrui diritto potestativo di vendere e di acquistare,nella specie condizionato all’eliminazione della prelazione statutaria (e vi eradubbio che, nel caso di specie, si trattasse di una condizione e non piuttostodi un termine, stante la mancata produzione del testo delle opzioni da partedei resistenti, la circostanza che gli stessi avevano affermato di aver ricevutouna proposta che nelle sue linee generali ripeteva lo schema di quella a suotempo inviata dalla reclamata, ove la modifica dello statuto era ricostruita intermini temporali e il fatto che l’osservanza dell’accordo sottoscritto erapresidiata da un incentivo economico ad adempiere, ossia dalla previsionedi una penale).

Quanto all’opzione, il giudice rilevava che, pur non producendo l’effet-to traslativo, assoggettando il concedente alla decisione dell’opzionario, nonrendeva meno rilevante il vincolo, tant’e che la dichiarazione del conceden-te si considera quale proposta irrevocabile agli effetti di cui all’art. 1329cod. civ.

Quanto al periculum in mora, evidenziava che l’efficacia reale del pattoavrebbe finito per essere travolta l’approvazione della modifica statutaria,non potendo ritenersi che, mutato il tenore dell’art. 7, la vecchia disposizio-ne potesse mantenere efficacia ultrattiva. Vi era, quindi, la necessita di cri-stallizzare la situazione esistente nonche di gestire in via temporanea le azio-ni ex art. 2352 cod. civ.

I resistenti d’altro canto, avrebbero dovuto essere indifferenti al sogget-to cui vendere perche, comunque, il prezzo sarebbe stato pur sempre quellorichiesto dal terzo.

Infine, con riferimento all’oggetto, riteneva destituita di fondamento lapretesa di parte resistente di limitazione della pronuncia ad una quota parial 17,15%, ossia a quella porzione spettante ad Edizione Holding s.p.a. sul-la base della sua attuale (25,76%). E, infatti, i soci pretermessi, compresa laricorrente, vantavano una legittima aspettativa l’esercizio dell’opzione sututte le azioni messe in vendita. Non avendo i resistenti specificato nel con-creto e con riferimento a ciascuno di essi l’entita delle azioni opzionate, ognilimitazione sul piano dell’oggetto del sequestro sarebbe stata del tutto ca-suale.

Con ricorsi depositati il 12 dicembre 2005 Rene Ferdinando Caovilla,Ivano Beggio, Giuseppe Stefanel, Gedit s.r.l., EGP s.r.l., da un lato (proce-dimento n. 9963/2005 B), e Simod s.r.l., dall’altro (procedimento n. 9965/2005 B), proponevano reclamo contro il provvedimento cautelare concesso.Nel primo i ricorrenti evidenziavano quanto segue.

Eccepivano, innanzi tutto, la carenza di prove, anche di quelle richiestenel procedimento cautelare, che l’offerta Caltagirone, oltre ad essere stataproposta, fosse stata anche accettate. Le stesse non potevano essere rinve-

Parte II - Giurisprudenza 303

nute ne nel richiamo a voci di bilancio (assolutamente inidonee, nella loroneutralita, a provare l’assunto di Edizione Holding s.p.a. e significative, alpiu, di versamenti fatti a garanzia della serieta dell’offerta) ne negli articolidi stampa e nemmeno nell’informazione riferita attraverso una persona noncerto neutrale quale il Saccardi (dirigente di Edizioni Holding s.p.a. e re-sponsabile degli affari societari), unica fonte di quelle dichiarazioni attribui-te al Senigaglia che, pur prive di qualsiasi riscontro oggettivo, erano statesingolarmente apprezzate come una confessione.

Venendo al merito, facevano presente che, al piu, erano state conclusesemplici opzioni di put e call, condizionate, quanto all’esercizio, al fatto chelo statuto non recasse piu la clausola di prelazione e, come tali, non inciden-ti, neppure sul piano obbligatorio, sulla titolarita della partecipazione.

Ne conseguiva che la denuntiatio avrebbe dovuto intervenire nel mo-mento (che, nell’optione call, era rimessa ad una successiva ed eventuale ma-nifestazione di volonta di acquistare del titolare del diritto) in cui si fossedeterminata l’effettiva volonta traslativa. Richiederla alla semplice conclu-sione dell’opzione significava pretenderne una inutile ed ingiustificata du-plicazione e compulsare la volonta reale delle parti, imponendo al sociodi vendere ora cio che egli non voleva vendere ora, ma fare oggetto diuna mera facolta di vendita o di acquisto futura.

Le opzioni, per contro, non consentivano di considerare certa la venditaperche postulavano il verificarsi della condizione e, ammesso che questa sifosse verificata, l’ulteriore nuova e necessaria manifestazione di volonta con-trattuale dell’altra parte.

Inoltre, secondo l’impostazione del giudice, e in contrasto con il conte-nuto della prelazione, l’esercizio attuale dello stesso non sarebbe avvenuto aparita di condizioni rispetto al negozio di opzione in quanto, mentre il socioprelazionario manifesta la volonta di acquistare le azioni, il terzo si riservaunicamente la facolta di manifestare in futuro, se lo vorra, l’intenzione diacquistare.

Ne la soluzione mutava, come sosteneva controparte, se, invece, di es-sere in presenza di mere proposte di opzione, vi fosse stata accettazione del-le stesse in quanto un contratto di opzione, per di piu condizionato, nonera, comunque, idoneo a rendere certo il trasferimento della partecipazione.

Aggiungevano che, nell’ipotesi di opzione call, condizionata all’elimina-zione della causa di prelazione, vi era non solo un elemento di sospensivitadegli effetti circa la volonta traslativa, ma anche di intuitus personae, che eraontologicamente incompatibile con la violazione della clausola statutaria.Ed invero, finche la clausola di prelazione era presente, il socio non era in-tenzionato a vendere e, ove essa non vi fosse piu stata e il socio avesse po-tuto scegliere l’acquirente in base all’intuitus personae, solo allora vi sarebbestata l’intenzione di vendere.

Quanto alle condizioni, lamentavano che il giudice di prime cure avesse

Il diritto fallimentare delle societa commerciali304

espresso dubbi quando la loro esistenza era stata sempre sostenuta dai re-clami e ammessa dalla reclamata.

In punto di rito, eccepiva l’inammissibilita del rimedio cautelare richie-sto in quanto giudizio arbitrale non avrebbe potuto mai concludersi conuna statuizione diretta ad intestare e far consegnare le azioni S.E.P. ad Edi-zione Holding s.p.a. sia perche non ricorreva alcuna controversia in relazio-ne alla proprieta (i resistenti non avevano concluso alcun accordo direttotrasferire le loro partecipazioni) sia perche, anche ammessa l’efficacia realedella prelazione, si doveva escludere che la violazione della stessa potessedar luogo al riscatto dei soci pretermessi o potesse trovare rimedio nell’u-tilizzazione dell’art. 2932 cod. civ. per ottenere effetti analoghi.

Quanto al periculum, ne predicavano l’inesistenza proprio secondo laprospettazione che dava controparte. Stante il carattere reale della clausoladi prelazione ed essendo il negozio asseritamente concluso nella sua vigen-za, si sarebbe potuta azionare la nullita e/o l’inefficacia, indipendentementedalla rimozione della clausola dallo statuto.

Infine i reclamanti evidenziavano che in data 29 novembre 2005 si erasvolta l’assemblea della S.E.P. s.p.a., avente ad oggetto la modifica statuta-ria diretta a sopprimere la contestata clausola di prelazione, modifica che,non avendo raggiunto il voto favorevole della maggioranza, non era stataapprovata. Ne conseguiva che, caduta la delibera, veniva a cessare il pericu-lum sul quale il provvedimento di sequestro si fondava.

Nel reclamo depositato da Simod s.p.a., questa faceva propria, in buonasostanza, le difese degli altri reclamanti.

In punto fumus, precisava che l’accertamento dell’avvenuta violazionedel diritto di prelazione, e dunque diritto ad essere riconosciuto destinata-rio della relativa denuntiatio, poteva avvenire solo mediante valutazione expost, da eseguirsi al realizzarsi dell’effettivo trasferimento delle azioni ogget-to della prelazione. Era, infatti, in quel momento che il diritto di prelazionepoteva dirsi violato, pur se l’evento poteva teoricamente essere retroattiva-mente ricondotto alla data di eventuale contratto preliminare o di accordoconsimile.

Quanto alla condizione, il fatto che l’evento fututo e incerto dipendessedalla volonta delle parti non ne mutava certo la natura del momento che,pure in presenza di una penale, i venditori si sarebbero potuti rendere ina-dempienti.

Quanto al periculum in mora, lamentava il grave pregiudizio che si erarecato ai soci privandoli del loro diritto di voto e della possibilita di modi-ficare lo statuto facendo presente che, per evitare un diritto presunto, si eraleso un diritto reale.

Quanto all’oggetto del sequestro (riguardante tutte le azioni S.E.P. diproprieta dei resistenti), affermava che la misura cautelare avrebbe dovutoessere concessa limitatamente al numero azioni su cui Edizione Holding

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s.p.a. avrebbe potuto esercitare con diritto di prelazione, e dunque in pro-porzione alla propria partecipazione in S.E.P. Cio perche ciascun potenzia-le venditore avrebbe potuto offrire in prelazione le azioni di sua proprieta atutti gli altri soci, i quali avrebbero potuto decidere di acquistarle.

All’udienza del 17 gennaio 2006 Edizione Holding s.p.a. si costituiva sianel reclamo proposto da Caovilla ed altri sia in quello proposto da Simods.p.a.

Nel primo dava rilievo ad alcuni elementi probatori sopravvenuti.Innanzi tutto una serie di documenti dai quali si evinceva (sicuramente

per Simod s.p.a., ma, con un ragionamento logico deduttivo, anche per glialtri soci venditori) che tutti i reclamanti avevano ricevuto un acconto/ca-parra/deposito dal gruppo Caltagirone, che confermava come costui consi-derasse il rapporto un impegno contrattuale vero e proprio e non una meraproposta.

In secondo luogo le risultanze probatorie del primo arbitrato, ove erastata tenuta l’udienza di assunzione dei testi: in questa era stato sentito ildr. Saccardi, il quale aveva confermato le precedenti dichiarazioni, nonchela dott. Cristina Castagna e l’avv. Mauro Princivalli, le cui deposizioni, oltrea non smentire quanto affermato dal Saccardi, erano state alquanto reticenti.Ribattendo, inoltre, alle deduzioni dei reclamanti, evidenziava quanto segue.

Inesistente era il profilo dell’intuitus personae in quanto la propostad’acquisto di Edizione Holding s.p.a. era stata lasciata cadere dai reclamantiperche economicamente meno vantaggiosa di quella dell’ing. Caltagirone enon gia perche quest’ultimo fosse l’acquirente «di elezione» degli stessi.

Quanto alle condizioni apposte, lamentava che i reclamanti non aveva-no assolto all’onere probatorio su di loro incombente, e che, per comodita,avevano dato per pacifica la circostanza, cosa non corrispondente al vero.

Quanto al presunto diritto «diritto maggiore» che avrebbe esercitato ilprelazionario rispetto a quello spettante al terzo, rilevava che l’affermazioneera fondata in quanto nei confronti del primo dovevano operare le medesi-me condizioni sospensive concordate tra denunziante e terzo.

Quanto al riscatto, non sussisteva affatto la necessita di invocare inquanto la reclamata si era giudizialmente attivata prima del verificarsi del-l’effetto traslativo, quando le azioni S.E.P. erano (e sono) ancora intestate aireclamanti, come dagli stessi dichiarato.

Quanto al periculum, era del tutto possibile che i reclamanti convocas-sero una nuova assemblea straordinaria per la modifica dello statuto. Ne l’e-vento poteva dirsi indifferente visto che il negozio era stato concluso nellavigenza della clausola di prelazione in quanto con l’avvenuta modifica l’ef-fetto traslativo si sarebbe definitivamente compiuto.

Le difese svolte da Edizione Holding Holding s.p.a. nel reclamo pro-mosso da Caovilla ed altri venivano svolte pure nel reclamo promosso daSimod s.p.a.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali306

Si aggiungevano, peraltro, alcune valutazioni sulle dichiarazioni rese dalSinigaglia, che, secondo la reclamata, ex art. 2735 cod. civ., avrebbero do-vuto essere considerate come confessione (per lo meno per Simod s.p.a.,mentre riguardo altri reclamanti costituivano elementi probatori liberamen-te valutabili): infatti erano state rese dal Sinigaglia, nella qualita di Presiden-te del Consiglio di amministrazione, al dr. Saccardi, dipendente di EdizioneHolding e persona che aveva sempre seguito la trattativa, e all’avv. Laghi,incaricato dalla reclamata di coadiuvare il Saccardi e anch’egli «rappresen-tante» di quest’ultima.

Quanto al periculum, se era vero che il negozio avrebbe potuto esseredichiarato inefficace, era anche vero che vi erano grossi dubbi sulla possi-bilita di far valere tale inefficacia nei confronti dei terzi (cosı come disposto,per altre fattispecie, dagli artt. 2901 e 1414 e 1415 cod. civ.).

Quanto al fatto che venisse confiscato il diritto di voto, ricordava che illegislatore della riforma ha disposto che nel caso di sequestro vi provveda ilcustode ex art. 2352 cod. civ. ritenendo prevalente l’esigenza di cristallizza-zione e che, comuque, tale asserita limitazione sarebbe durata siano al 15aprile 2006, termine a disposizione degli arbitri per la pronuncia del lodo.

All’udienza 17 gennaio 2006 i due reclami venivano riuniti e il collegioriservava la decisione alla successiva del 6 febbraio 2006.

Il provvedimento oggetto di reclamo va confermato.La misura cautelare richiesta, secondo il disposto dell’art. 670 cod.

proc. civ., puo essere concessa su beni mobili «quando ne e controversala proprieta» ed e «opportuno provvedere alla loro custodia o alla loro ge-stione temporanea».

Per quanto concerne il primo presupposto, e sufficiente l’esistenza diuna controversia sulla proprieta, il che qualifica in maniera particolare ladeliberazione (differenziandola, ad esempio, da quella che viene fatta nelcaso di sequestro conservativo, ove, pur nella sommarieta dell’esame, si de-ve valutare la probabilita della sussistenza del credito). Sul punto la giuri-sprudenza di legittimita (Cass. n. 2989/1968) appare orientata nel sensoche l’indagine possa limitarsi a verificare che l’azione di merito non sia privadi fondamento, ovvero che la controversia, oltre ad esistere, appaia seria enon pretestuosa.

Le premesse appena svolte sono importanti in quanto tutta la vicendache ci occupa non va interpretata nell’ottica dell’emissione di una decisionedi merito (che spetta al collegio arbitrale), ma in quella della concessione(per quanto concerne questo procedimento, della conferma) o meno diun provvedimento cautelare e di quel particolare provvedimento cautelarecosı come sopra connotato.

In primo luogo si tratta di verificare se sussista una controversia sullaproprieta delle azioni.

Leggendo le conclusioni prese da Edizione Holding s.p.a., non vi e al-

Parte II - Giurisprudenza 307

cun dubbio: si discute sulla proprieta delle azioni di S.E.P. L’odierna recla-mata ha, infatti, chiesto di «accertare e dichiarare l’inefficacia... dell’accordostipulato con l’ing. Francesco Gaetano Caltagirone... accertare e dichiarare ildiritto di Edizione Holding s.p.a. di esercitare la prelazione... nonche delle so-cieta... di effettuare... la denuntiatio» nonche di «... emettere lodo condizio-nale che dichiari l’obbligo dei signori Rene Fernando Coavilla, Ivano Beggio eGiuseppe Stefanel nonche delle societa E.G.P. S.r.l. Gedit S.r.l. e SimodS.p.A., di intestare e consegnare le predette azioni ad Edizione HoldingS.p.A. in proporzione alla partecipazione azionaria dalla stessa detenuta inS.E.P., nonche per le ulteriori azioni che – all’esito della denuntiatio – doves-sero rimanere inoptate dagli altri soci S.E.P.: intestazione e consegna subordi-nate al previo pagamento da parte della qui concludente del prezzo dovuto aiconvenuti, nell’imporre e nei termini previsti dal suindicato accordo di vendi-ta e quali risultanti all’esito dell’istruttoria».

Peraltro, sulla scorta dell’insegnamento del Supremo Collegio, non ci sipuo limitare alla prospettazione della controversia, ma si deve valutarne laserieta, nel senso, lo si ripete, non del probabile accoglimento della doman-da, ma della sua non manifesta infondatezza.

Si deve, quindi, innanzi tutto, delibare la questione dell’asserita violazio-ne del patto di prelazione.

Il collegio non ritiene di definire, in astratto, la natura giuridica dellaclausola di prelazione statutaria. Infatti la stessa, costituendo, per opinioneassolutamente prevalente, una applicazione, in campo societario, della pre-lazione convenzionale, non ha, a differenza delle ipotesi di prelazione legalepreviste nel codice civile e nelle leggi speciali, una generale e completa re-golamentazione. Ne consegue che la disciplina va desunta dal contenutodella clausola stessa, che, essendo, pur sempre, il frutto di un accordo,puo variare da statuto a statuto (e, infatti, la prassi offre una serie di possi-bili configurazioni della clausola di prelazione).

Va, quindi, valorizzato il dato testuale.L’art. 7 dello statuto, al comma primo, prevede: 1. In caso di alienazione

di azioni per atto tra vivi, spetta agli azionisti il diritto di prelazione. 2. A talfine il socio che intende alienare o in tutto o in parte la propria quota, dovrainviare all’Organo Amministrativo raccomandata AR dalla quale risultino al-meno: il numero delle azioni trasferende, il cessionario, il prezzo di cessione ele condizioni di pagamento. 3. Il Consiglio entro i sette giorni successivi al ri-cevimento della comandata, nelle medesime forme, ne dara comunicazione aisoci al domicilio risultante dal libro soci. Questi nei trenta giorni successivi,dovranno (sempre mediante raccomandata AR) comunicare al Consiglio se in-tendono esercitare la prelazione, e se intendono – ed eventualmente in talemisura – acquistare ulteriori azioni sulle quali non venisse esercitata la prela-zione dagli altri soci. E contestualmente chiedere l’assenso al Consiglio stesso,ai sensi e per gli effetti del precedente art. 6...».

Il diritto fallimentare delle societa commerciali308

La norma chiaramente prescrive che, nel momento in cui il socio «inten-de» vendere, «deve» effettuare una comunicazione scritta, avente un conte-nuto minimo (si legge: «almeno»): numero delle azioni, cessionario, prezzodi cessione e condizioni di pagamento.

Dall’interpretazione meramente letterale si evince che la denuntiatio (ri-costruita come obbligo e non come onere) deve essere effettuata in una fasein cui vi sia gia una volonta di alienare (non generica, che, altrimenti, non sicomprenderebbe il riferimento al contenuto che la comunicazione deveavere: numero delle azioni, cessionario, prezzo di cessione e condizioni dipagamento), ma non si sia ancora pervenuti all’attuazione della vicenda tra-slativa (che, altrimenti, non si comprenderebbe l’utilizzo dei termini «inten-de» e «trasferende»).

Tale configurazione della denuntiatio corrisponde, d’altro canto, a quel-la che da la giurisprudenza prevalente, che, qualificandola come proposta,afferma come la stessa non possa consistere nella mera enunciazione, daparte del promettente, dell’intenzione di vendere, ma debba indicare tuttiquegli elementi del contratto che si rendano necessari per dare consapevo-lezza al prelazionario dei termini dell’accordo (Cass. 12 marzo 1981, n.1407; Tribunale Cassino, 9 settembre 1997; Tribunale Napoli, 21 gennaio1995, n. 622; Pretura Pavia, 15 gennaio 1993; Tribunale Perugia, 8 marzo1982).

Le parti hanno lungamente discusso sul punto e, in particolare, sul mo-mento in cui debba ritenersi maturato l’obbligo alla denuntiatio e, conse-guentemente, in sua mancanza, violato il patto di prelazione.

E da osservare come l’indagine non possa che riguardare il caso concre-to (in tal senso la giurisprudenza citata dall’una e dall’altra parte, pure scru-tinata da questo collegio, appare, sotto questo profilo, poco significativa),che deve essere valutato alla luce della configurazione della clausola statu-taria e del particolare svolgimento dei fatti.

Lo statuto, nel caso di specie, non indica in quale momento si concretil’obbligo di denuntiatio, ma, connotando, sotto il profilo contenutistico, ipresupposti per la sua insorgenza, sembra non lasciare dubbi interpretativi:termini del contratto determinati (la norma elenca anche quali debbano es-sere) e volonta di alienare certa.

E che il venditore sia determinato ex se o a seguito di un’offerta del ter-zo, che si sia ancora in fase di trattativa o si sia arrivati ad un preliminare,che si utilizzi uno strumento contrattuale piuttosto che un altro (e le ipotesipossono essere le piu varie) poco importa. Cio che rileva e il raggiungimen-to di quella soglia in cui gli elementi del contratto sono definiti e il vendi-tore voglia dar corso alla vicenda traslativa.

E stato, infatti, acutamente sostenuto, in una valutazione complessivadel rapporto di preferenza, che tenga conto del comportamento complessi-vo che le parti debbono tenere secondo diligenza: «Non sempre sara neces-

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sario attendere la definitiva violazione del diritto del promissario – vale a direla avvenuta alienazione ad un terzo in difetto di denuntiatio od a condizionidifformi da quelle comunicate – per ritenere inadempiente il debitore, il cuicomportamento appaia gia idoneo, in concreto, a pregiudicare la soddisfazionedell’interesse creditorio. Puo infatti configurarsi un inadempimento del pro-mettente anche quando questi «manifesti irrevocabile la sua intenzione di ob-bligarsi e stipuli un preliminare» o «conceda un’opzione o una proposta irre-vocabile e perda, quindi, per un atto irretrattabile, la liberta di scelta in ordineal contratto, oggetto della preferenza, senza soddisfare l’interesse del preferitoche diviene in tale ipotesi attuale».

Una volta interpretata la clausola statutaria, si deve valutare lo svolgi-mento della vicenda per verificare se, nel caso concreto, si siano verificatii presupposti per l’effettuazione della denuntiatio.

Preliminarmente va osservato che agli atti della presente causa (e neiprocedimenti arbitrali) non e stato prodotto alcun documento (esistente,da quanto emerso dall’istruttoria– vedi dichiarazioni del dr. Sandro Saccar-di, che si riponeranno in seguito –), ne riguardo alla proposta di opzioni pute call (affermata dai reclamanti) ne riguardo all’eventuale accettazione (so-stenuta dalla reclamata).

La vicenda va ricostruita in base ad elementi diversi dal dato scritto, ilche, oltre a non facilitare l’indagine, non da certezza sul reale svolgimentodei rapporti tra le parti.

Nel primo procedimento arbitrale e, in particolare, nella prima memo-ria depositata da Simod s.p.a. questa ha affermato di aver «ricevuto un’of-ferta nettamente piu vantaggiosa dal Gruppo Caltagirone» (23,50 Euro perazione); gli altri reclamanti, nella memoria in data 3 ottobre 2005, hannodichiarato «di aver ricevuto da un terzo esclusivamente una proposta contrat-tuale contenente opzioni put e call, sottoposte a diverse condizioni, esercita-bili ed efficaci tra le parti solo ove lo statuto non recasse piu la clausola di pre-lazione e dopo la scadenza del patto di sindacato».

Nel presente procedimento le posizioni dei reclamanti, in buona sostan-za, sono le medesime in quanto gli stessi hanno ribadito di aver ricevuto so-lo una proposta di opzioni put e call condizionata.

Per contro il collegio ritiene sussistenti vari elementi, che, valutati nelloro complesso, portano a ritenere non manifestamente infondata l’ipotesiche si sia giunti ben oltre la fase della proposta.

In primo luogo vanno valorizzate le dichiarazioni del dr. Sandro Saccar-di, dipendente di Edizione Holding, dirigente preposto agli affari societari eal bilancio consolidato, sentito nell’ambito del procedimento cautelare e,successivamente, nel procedimento arbitrale.

Nel procedimento cautelare ha dichiarato: «...il 3 dicembre verso mezzo-giorno mentre in treno rientravo da Treviso a Milano, mi chiamo il cav. Sini-gaglia dicendomi che i resistenti erano riuniti presso l’aeroporto di Venezia

Il diritto fallimentare delle societa commerciali310

con l’ing. Francesco Gaetano Caltagirone, arrivato quella mattina per presen-tare loro una controproposta. Il Sinigaglia mi disse che l’ing. Caltagirone ave-va proposto un prezzo piu alto e che quindi bisognava fare una controffertaadeguata e quindi migliorativa. Tornato a Treviso andai dall’avv. Laghi,non prima di aver contattato telefonicamente il sig. Benetton, e successiva-mente si parlo telefonicamente con l’avv. Grimaldi, il quale disse che Calta-girone aveva proposto 23,50 euro ad azione ed una garanzia di euro6.000.000 per eventuali sopravvenienze passive. In alternativa fu Benettona proporre euro 22,50 ad azione senza garanzia. Offerta che pareggiava quelladel Caltagirone. Sempre quel pomeriggio l’avv. Grimaldi ci disse che l’ing.Caltagirone aveva espunto la garanzia richiesta. L’avv. Laghi disse all’avv.Grimaldi, previa intesa con il Benetton, che la trattativa non poteva esserechiusa per telefono, invitando i resistenti a vedersi, l’ultima telefonata conl’avv. Grimaldi avvenne intorno alle 17,00... Successivamente il cav. Siniga-glia telefono, forse l’8 o il 9 dicembre, dicendo che era stato concluso l’accordocon Caltagirone, ma era intenzionato a salvaguardare la posizione dei soci esi-stenti all’interno del c.d.a. Faccio presente che per il 17 dicembre era previstaun’assemblea per la fusione di Sep con l’editoriale Il Gazzettino s.p.a. Siniga-glia mi chiese di attivarmi per raccogliere le altre deleghe dei soci non vendi-tori. Risposi a Sinigaglia che l’offerta non mi pareva praticabile... Alle mie per-plessita il Sinigaglia mi rispose che esisteva un solo esemplare dell’accordo cu-stodito dal Bastianello e che aveva bisogno di rileggerselo per vedere se ci fosseun margine di manovra. Un paio di giorni dopo il Sinigaglia mi disse che nonpoteva fare nulla perche c’erano delle penali elevatissime... Sinigaglia mi disseche le penali erano legate alla violazione del contratto... L’accordo di cui haparlato il Sinigaglia era riferito alla vendita delle azioni... Il prezzo offertoda Caltagirone, da quanto riferitomi dal Sinigaglia, era uguale per tutti».

Il Saccardi e stato pure sentito nell’istruttoria svolta, dopo l’emissionedell’ordinanza impugnata, nel primo arbitrato (udienza 20 dicembre2005), confermando le precedenti dichiarazioni («Il Comm. Sinigaglia michiamo dicendomi che i soci Sep a cui noi avevamo presentato offerta irrevo-cabile di acquisto avevano venduto a Caltagirone... il Comm. Sinigaglia mi co-munico che dopo aver esaminato il contratto aveva riscontrato che non c’eranomargini di manovra per coalizzare questa maggioranza precisando che eranopreviste penali molto elevate»).

Tali affermazioni non sono state smentite dai testi introdotti dai recla-manti, pure sentiti all’udienza 20 dicembre 2005.

La dott. Cristina Castagna, dipendente dal gruppo Pam s.p.a. e la cui«attivita e rendere assistenza legale alle societa del gruppo Pam e nella spe-cie di Gedit», ha affermato: «Confermo che in data 3 febbraio 2004 i signoriCavilla, Beggio, Stefanel e la societa Gedit – non ricordo se anche EGP – nonsottoscrissero un preliminare di compravendita perche ricevettero soltanto unaproposta contrattuale da parte del terzo. La proposta contrattuale contenente

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opzioni put and call era condizionata alla scadenza e al mancato rinnovo delpatto parasociale e alla rimozione dello statuto della clausola di prelazione egradimento. Preciso che la proposta fu discussa e negoziata a detta data». Ri-chiesta se tale proposta fosse stata anche accettata, ha risposto: «Precisandoche il quesito a chiarimento non e contenuto nel capitolo, ricordo che fu con-segnato un documento scritto contenente la proposta, ma non ricordo se essofu sottoscritto dalla parte ricevente» (a seguito di ulteriore richiesta di chia-rimenti, ha ribadito: «non ricordo se fu firmato dai riceventi»).

L’avv. Mauro Princivalli, legale dello Stefanel e consigliere di alcune so-cieta che fanno capo allo stesso, tra cui la Stefanel s.p.a., preventivamenterichiesto sulla facolta di avvalersi dell’astensione, ha affermato di voler ren-dere deposizione, dichiarando: «Confermo perche ho partecipato personal-mente alla sessione in cui fu discussa la proposta del terzo condizionata allaeliminazione dallo statuto della clausola di prelazione e alla non vigenzadel patto parasociale... La proposta conteneva due opzioni put an call condi-zionate, nelle premesse e nella parte dispositiva alle condizioni di cui sopra...Ricordo che la proposta era sottoscritta dal terzo proponente. Preciso che ilconvenuto della proposta prevedeva la facolta di vendere le quote entro uncerto periodo di tempo e successivamente la facolta del terzo di acquistare...La scadenza prevista per la clausola put era il 31 dicembre 2005. Per il call,non sono sicuro ma mi pare, un paio di mesi dopo». Richiesto di precisare sela proposta fosse stata sottoscritta dai riceventi, l’avv. Princivalli ha eccepito«di essere vincolato da un obbligo di riservatezza nei confronti della parte as-sistita», aggiungendo «in relazione al chiarimento richiesto ritengo esuli daicapitoli di prova per i quali avevo ottenuto l’esonero dalla riservatezza profes-sionale».

Osserva il collegio come alquanto singolare appaia la deposizione delladr. Castagna, la quale, nella veste di addetta all’ufficio legale, ha assistito aduna lunga e importante trattativa per conto di Gedit s.r.l., ma non ricordase la proposta sia stata o meno firmata e cioe se si sia arrivati alla stipula delcontratto.

Altrettanto singolare e l’utilizzo del vincolo al segreto professionale daparte dell’avv. Princivalli, il quale ha deciso di non avvalersene in relazionead alcune domande e di avvalersene per altre.

Spettera al collegio arbitrale valutare tali testimonianze. Per questo tri-bunale e sufficiente constatare che le dichiarazioni del Saccardi sull’esisten-za di una proposta accettata e, quindi, di un accordo concluso non hannoricevuto smentita.

In secondo luogo vanno valorizzati alcuni versamenti effettuati dalgruppo Caltagirone e di cui si e avuto riscontro documentale nell’ambitodel primo arbitrato, successivamente all’emissione dell’ordinanza di cui sidiscute (volutamente non si esaminano le ulteriori deduzioni che la reclama-ta vuole trarre dalla documentazione versata agli atti e attinente alle altre

Il diritto fallimentare delle societa commerciali312

societa venditrici, stante la scarsa valenza probatoria, valutata anche in re-lazione alla sommarieta dell’indagine che deve effettuare questo tribunale).

Su invito del collegio arbitrale, sollecitato da Edizione Holding s.p.a., ilegali di Simod s.p.a. hanno prodotto copia della scheda contabile relativaalla posizione «deb. FINCAL 2000» (doc. 49 reclamata), da cui si evinceche gli «acconti» per euro 4.686.163,00, risultanti dal bilancio di esercizio2004 della Simod s.p.a. (cui Edizione Holding s.p.a. aveva fatto riferimentofin dal ricorso introduttivo, asserendo, ma non provando, che sarebberopervenuti dall’ing. Caltagirone, sulla considerazione che detto importo cor-rispondeva ad un terzo circa del fatturato della societa e al 25,97% delprezzo offerto dall’acquirente, rapportato al numero di azioni di proprietadella societa), corrispondono all’incasso di un bonifico di pari importo per-venuto dalla societa «FINCAL 2000». Dalla visura camerale (doc. 50 recla-mata) emerge che Presidente del C.d.A. di tale societa e Alessandro Calta-girone, figlio dell’ing. Francesco Gaetano Caltagirone e che la societa FIN-CAL 2000 appartiene al gruppo Caltagirone (si veda il patto parasociale del20-23 luglio 2004 (doc. 51 reclamata), relativo all’esercizio del diritto di vo-to nella B.N.L., rinvenuto nell’archivio storico dei patti parasociali comuni-cati alla Consob ai sensi dell’art. 122 D.Lgs. n. 58/1998, nel quale, fra i«Partecipanti», figura anche «la societa FINCAL 2000 S.p.A. che fa capoal controllo dell’Ing. Francesco Gaetano Caltagirone»).

Si e, dunque, avuto riscontro che gli importi ricevuti da Simod s.p.a.provengono dal gruppo Caltagirone.

Oltre a cio va valorizzato un altro dato documentale.Dal bilancio d’esercizio di Fincal 2000, chiuso al 31 maggio 2005, si ri-

leva che sotto la voce «crediti verso altri», viene indicato l’importo di euro35.958.469,00 (corrispondente a circa il 26% del prezzo complessivo dicessione delle azioni ad euro 23,50 l’una), che, nella nota integrativa al bi-lancio, viene individuato come «caparra corrisposta a seguito di impegnocontrattuale condizionato» (doc. 53 reclamata).

Orbene, anche ammettendo una qualche approssimazione del redattoredel bilancio, tale dicitura e univoca e conferma che tra i reclamanti e l’ing.Caltagirone vi e stato un vero e proprio accordo, la cui serieta e vincolativitasi desume proprio dall’esistenza e dall’importo di tale caparra. E, infatti,francamente poco credibile ritenere, come fanno i reclamanti, che quest’ul-timo, da oltre un anno, abbia versato un importo di euro 35.958.469,00 soloper garantire la serieta di una semplice offerta, senza alcun obbligo dellecontroparti.

Terzo elemento da valorizzare e il fatto che sia voluta convocare l’as-semblea per la modifica dello stato sociale (dall’avviso risulta che vi e statarichiesta di un socio rappresentante piu di un decimo del capitale sociale e,oltre ad Edizione Holding s.p.a., i soli azionisti di SEP titolari di piu di undecimo del capitale sociale sono il Caovilla e la Gedit s.r.l.).

Parte II - Giurisprudenza 313

Se, come affermato i reclamanti, la loro e stata, nella complessiva vicen-da, una posizione sostanzialmente passiva (hanno sempre sostenuto di esse-re stati destinatari esclusivamente di una proposta di opzione, facendo rife-rimento ad ipotesi contrattuali solo per mero scrupolo), per cui nulla, anco-ra, sarebbe accaduto, non si comprende perche si sia dato corso alla vicen-da, chiedendo la notifica statutaria.

Concludendo, il collegio ritiene non manifestamente infondata l’esisten-za di un accordo.

Questo, secondo l’impostazione data dagli stessi reclamanti, riguarde-rebbe opzioni put e call.

Orbene, le opzioni sono strumenti finanziari costituiti da un contrattoche conferisce il diritto, ma non l’obbligo, per l’acquirente di acquistare(opzione call) ovvero alienare (opzione put) una determinata attivita finan-ziaria ad un prezzo stabilito e ad una certa data o entro un periodo di tem-po prefissato. Il diritto e rilasciato dal venditore all’acquirente contro paga-mento contestuale di un premio, che costituisce il prezzo dell’opzione e chee stabilito da una percentuale dell’importo oggetto del contratto.

Sotto il profilo giuridico, le operazioni in esame vanno inquadrate nelladisciplina dei contratti di opzione disciplinati dall’art. 1331 cod. civ., ai sen-si del quale, quando le parti convengono che una di esse rimanga vincolataalla propria dichiarazione e l’altra abbia facolta di accettarla o meno, la di-chiarazione della prima si considera quale proposta irrevocabile per gli ef-fetti previsti dall’art. 1329 cod. civ. Ne discende che, con la stipulazione diun contratto di opzione, la parte c.d. venditrice dell’opzione assume un im-pegno irrevocabile di acquistare o vendere una determinata attivita a prez-zo, condizioni e termini prefissati. La controparte, c.d. compratrice l’opzio-ne, si riserva la facolta di accettare la proposta irrevocabile dell’altra e solocon la manifestazione della sua volonta si conclude il contratto.

Il collegio non ritiene di qualificare giuridicamente gli effetti prodottidall’incrocio delle opzioni put e call, stante l’assenza del testo contrattualee/o, comunque, di altre prove sui termini precisi dell’accordo. L’indagine,d’altro canto, non si rivela necessaria in quanto cio che si deve valorizzare,ai fini del presente giudizio, e l’opzione call.

In particolare il fatto che, secondo la disciplina che governa tale contrat-to, il venditore abbia assunto un impegno irrevocabile di acquistare ai sensidegli artt. 1329 e 1331 cod. civ.

Sussiste, quindi, quella volonta di vendere certa richiesta dallo statutoall’art. 7 e, poiche sono gia definiti il quantitativo di azioni (quelle in pro-prieta dei reclamanti), il prezzo della cessione (euro 23,50 ad azione), il ter-zo a cui si intende vendere (gruppo Caltagirone), devono ritenersi integrati ipresupposti richiesti dalla clausola statutaria per la denuntiatio. Non essen-do stata questa effettuata, deve ritenersi violato il patto di prelazione.

I reclamanti, pur sostenendo che vi sia stata solo una proposta, hanno

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pure ipotizzato la sua accettazione, sostenendo, comunque, che il risultatonon sarebbe mutato: non poteva ritenersi certa la volonta di vendere inquanto era incerta la volonta di acquistare, rimessa al terzo.

L’osservazione non e corretta in quanto quella che viene in rilievo nel-l’ambito della prelazione e la volonta del venditore e non quella dell’acqui-rente. La denuntiatio va, quindi, fatta fin dal momento in cui il primo si de-termini alla vendita e non nel momento in cui il terzo si determini, eventual-mente, all’acquisto.

Tra l’altro, e l’osservazione e assorbente, qualora il terzo eserciti l’opzio-ne, il contratto si conclude automaticamente. Il posticipare la denuntiatio,come vorrebbero i reclamanti, a tale momento equivale a svuotare di con-tenuto la norma sulla prelazione in quanto, come si e detto, nell’istante incui dovrebbe essere effettuata la denuntiatio in ottemperanza alla stessa,questa e gia violata.

I reclamanti hanno ulteriormente argomentato sostenendo che, anchedata per ammessa l’accettazione della proposta di opzione, in ogni casonon vi sarebbe volonta traslativa essendo il contratto sottoposto a condizio-ni (nella specie il mancato rinnovo del patto parasociale e la rimozione dallostatuto della clausola di prelazione).

Le parti hanno discusso se tali condizioni risultassero provate e su chicadesse l’onere della prova nonche se si trattasse di vere e proprie condizio-ni o non, piuttosto, di termine (e cio sia perche alcuni dei reclamanti, nelfare riferimento alla proposta, avevano affermato che la stessa, nelle sue li-nee generali, ripeteva lo schema di quelle effettuate, in precedenza da Edi-zione Holding s.p.a. nelle quali il dato della modifica statutaria era riferitoin termini temporali, sia perche la modifica statutaria poteva considerarsievento certo stante la maggioranza che detenevano i reclamanti).

Il collegio ritiene ogni indagine sul punto, da un lato, improduttiva (co-me gia si e detto, non conoscendo esattamente i termini della vicenda con-trattuale, si ragionerebbe – come fanno le parti – su ipotesi) e, dall’altro,superflua (per quel che interessa la presente causa l’esistenza di tali elementiaccessori non sposta il ragionamento).

E pacifica interpretazione, infatti, che un contratto sottoposto a termineo a condizione sia un contratto perfetto, anche se ne e posticipata l’efficacia.

In ogni caso, per ritenere violato il patto di prelazione, non occorre lacertezza della vicenda traslativa, ma e sufficiente la definitiva volonta divendere: e questa esiste pur in presenza di termine o di condizione.

Ne si puo introdurre, attraverso la condizione, come fanno i reclamanti,un profilo di intuitus personae: finche vi e la clausola di prelazione il socionon e intenzionato a vendere e, ove essa non vi sia piu e il socio possa sce-gliere l’acquirente da esso prescelto in base all’intuitus personae, solo alloravi e l’intenzione di vendere.

Osserva il collegio che quando esiste una clausola di prelazione non esi-

Parte II - Giurisprudenza 315

ste l’intuitus personae, essendo (e dovendo essere) indifferente (terzo o so-cio) il soggetto a cui vendere.

Qualora si voglia dar valore a tale profilo, non si deve introdurre la clau-sola di prelazione o, se introdotta, la si deve togliere. E gli attuali reclaman-ti, disponendo della necessaria maggioranza, avrebbero potuto farlo.

Lo stesso risultato non puo, per conto, essere ottenuto impegnandosi avendere nella vigenza della clausola di prelazione senza effettuare la denun-tiatio e, con cio, violando la clausola stessa.

Altro argomento che viene speso dai reclamanti e che, aderendo alla tesidella reclamata, l’acquisto da parte del prelazionario non avverrebbe a pa-rita di condizioni (si sostiene che, mentre il socio prelazionario manifesta lavolonta di acquistare le azioni, il terzo si riserva unicamente la facolta di ma-nifestare in futuro, se lo vorra, l’intenzione di acquistare).

L’obiezione non coglie nel segno: e, infatti, evidente che il soggetto pre-lazionante subentra nella stessa posizione del terzo, rimanendo sottoposto,qualora voglia esercitare la prelazione, alla disciplina contrattuale concordata.

Premesso quanto sopra relativamente al fumus, si tratta, ora, di verifica-re l’ammissibilita della misura.

Pur essendo la questione logicamente e giuridicamente pregiudiziale, ilcollegio ritiene di esaminarla ora in quanto solo lo svolgimento della vicen-da di cui si discute, cosı come sopra tratteggiato, consente di deciderla.

E interpretazione pacifica quella che ritiene passibili di sequestro giudi-ziario i beni che siano investiti non solo dalle tipiche azioni di rivendicazio-ne, di reintegrazione o di manutenzione, ma anche da quelle, pur di naturapersonale, che, comunque, portino ad una statuizione di condanna alla re-stituzione o al rilascio (Cass. 28 aprile 1994 n. 4039; Cass. 19 ottobre 1993n. 10333; Cass. 3 agosto 1988 n. 4807; Cass. 15 ottobre 1986 n. 6038; Cass.13 dicembre 1985 n. 6301; Cass. 15 giugno 1981 n. 3885).

I reclamanti hanno eccepito l’inammissibilita della misura, sostenendoche, anche ammessa l’efficacia reale della clausola e, quindi, la nullita e/oinefficacia (assoluta e/o relativa) del negozio concluso con il terzo (a secon-da delle interpretazioni che si vogliono seguire), in ogni caso non si potreb-be avere un effetto restitutorio: infatti l’orientamento preferibile escludeche la violazione della clausola di prelazione dia diritto al riscatto dei socipretermessi o possa trovare rimedio nell’utilizzazione dell’art. 2932 cod. civ.

Il collegio conosce e condivide l’orientamento giurisprudenziale preva-lente che non ammette il diritto al riscatto (Tribunale Napoli, 12 ottobre1988; Tribunale Roma, 4 maggio 1998; Tribunale Napoli, 4 giugno 1993;Tribunale Napoli, 20 febbraio 1989; Tribunale Napoli, 12 ottobre 1988).

Nel caso di specie, tuttavia, non vi e motivo di ragionare termini di ri-scatto (diritto da esercitare nei confronti del terzo acquirente, al quale siastata trasferita la proprieta sul bene) per la semplice ragione che le azionidi cui si discute sono ancora intestate ai reclamanti e l’effetto traslativo

Il diritto fallimentare delle societa commerciali316

non si e verificato, cosı come risulta dalle affermazioni di questi ultimi (siveda quanto dichiarato nella prima memoria dimessa nel primo arbitrato:«per avvedersi che nessun trasferimento delle azioni SEP detenute dagli odier-ni convenuti e avvenuto – tanto meno a favore del gruppo Caltagirone o del-l’Ing. Caltagirone in violazione della clausola statutaria di prelazione, si pro-ducono... tanto i titoli azionari dei convenuti (...) – che risultano ancora no-minativamente intestati agli stessi – quanto l’estratto notarile del libro soci(...), il quale non indica in alcun punto tra i soci SEP ne l’Ing. Caltagironene societa riconducibili al gruppo Caltagirone»).

Edizione Holding s.p.a. si e, infatti, attivata nel momento in cui ritenevavi fosse stata violazione della clausola di prelazione, ma prima che tale vio-lazione fosse portata alle definitive conseguenze con il trasferimento delleazioni.

Tanto premesso in punto riscatto, si deve verificare se, ritenuta fondatae accolta la domanda, cosı come prospettata, si possa giungere ad una sta-tuizione di condanna alla restituzione e/o alla consegna.

Orbene, se si leggono le conclusioni svolte da Edizione Holding s.p.a. nelprimo arbitrato, risulta evidente la sussistenza del presupposto. Infatti la re-clamata ha chiesto l’accertamento dell’inefficacia del negozio, dell’esistenzadel proprio diritto di esercitare la prelazione e, dato atto di voler offrire ilprezzo pattuito, che venga emesso «... lodo condizionale che dichiari l’obbligodei signori Rene Fernando Caovilla, Ivano Beggio e Giuseppe Stefanel nonchedelle societa E.G.P. S.r.l., Gedit S.r.l. e Simod S.p.A., di intestare e consegnarele predette azioni ad Edizione Holding S.p.A. in proporzione alla partecipazioneazionaria dalla stessa detenuta in S.E.P., nonche per le ulteriori azioni che – al-l’esito della denuntiatio – dovessero rimanere inoptate dagli altri soci S.E.P.:intestazione e consegna subordinate al previo pagamento da parte della qui con-cludente del prezzo dovuto ai convenuti, nell’importo e nei termini previsti dalsuindicato accordo di vendita e quali risultanti all’esito dell’istruttoria».

E, quindi, evidente che l’esito sperato da Edizione Holding s.p.a. equello dell’acquisto delle azioni e cioe di un trasferimento di proprietadai reclamanti alla reclamata, il che, evidentemente integra quel presuppo-sto della «consegna» che la giurisprudenza richiede qualora si sia in presen-za di azione personale e non reale.

E, si aggiunge, il ragionamento non muta anche se, nel concreto, la ven-dita non avverra (si rammenta quanto sopra detto in relazione alla presenzadi condizioni e/o termini e al subentro di Edizione Holding s.p.a. nella me-desima posizione del terzo) in quanto per il giudice della cautela e sufficien-te che la consegna sia un possibile esito della vicenda.

Si deve, infine, valutare il profilo del periculum in mora.La Suprema Corte ha chiarito che per la concessione del sequestro giu-

diziario non si richiede, come per il sequestro conservativo, che ricorra ilpericolo, concreto ed attuale, di sottrazione o alterazione del bene, essendo

Parte II - Giurisprudenza 317

invece sufficiente, ai fini dell’estremo dell’opportunita richiesto dalla nor-ma, che lo stato di fatto esistente in pendenza di giudizio comporti la merapossibilita, sia pure astratta, che si determinino situazioni tali da pregiudi-care l’attuazione del diritto controverso (Cass. 12 febbraio 1982 n. 854 e,piu Cass. 6 novembre 1964 n. 2694). «In altre parole l’opportunita di con-servazione del bene non sorge solo in presenza di un pericolo attuale di sot-trazione e distruzione, ma e sufficiente che si prospetti la semplice possibi-lita di pregiudizio e, piu in generale, una situazione di fatto diversa da quel-la di diritto, tale che al termine della lite la parte istante non riuscirebbe adottenere il vantaggio che le spetta» (Cass. 27 settembre 1993 n. 9729; in talsenso anche Cass. 28 giugno 1969 n. 2342).

Per negare ogni periculum i reclamanti osservano che l’assemblea pa-ventata nel ricorso e la cui convocazione aveva indotto il giudice di primecure a concedere la misura cautelare inaudita altera parte si e tenuta senzache la clausola di prelazione sia stata rimossa.

E da rilevare, tuttavia, che l’assemblea potrebbe essere riconvocata e laprelazione eliminata.

Sul punto i reclamanti hanno rilevato che tale evento dovrebbe risultareindifferente, proprio nella prospettazione fatta da controparte: poiche il ne-gozio sarebbe stato concluso nella vigenza della clausola, stante il caratterereale di questa, si sarebbe potuto far valere la nullita e/o l’inefficacia senzaalcun problema essendo la fattispecie gia perfetta ed esaurita al momentodella domanda arbitrale.

L’osservazione dei reclamanti e, in parte, corretta, ma non viene portataalle conseguenze ultime. Innanzi tutto il collegio condivide quelle interpre-tazioni che predicano il carattere reale della causa di prelazione (Cass. 29agosto 1998 n. 8645; Tribunale Napoli, 4 giugno 1993; Tribunale Milano,22 giugno 2001; Tribunale Bassano del Grappa, 17 febbraio 1993; Tribu-nale Roma, 18 marzo 1998; Tribunale Como, 23 febbraio 1994) e, quindi,della possibilita del socio pretermesso di far valere l’inefficacia del negozio(si propende per tale interpretazione (Cass. 16 ottobre 1959, n. 2881; Tri-bunale Napoli, 4 giugno 1993; Tribunale Milano, 23 settembre 1991; Tri-bunale Catania, 20 novembre 2002; Tribunale Catania, 6 febbraio 2003) inquanto il contratto, non nullo ne annullabile, tuttavia, di fronte all’azione dialcuni soggetti lesi, si manifesta inidoneo a produrre i propri effetti e vienetravolto, non a causa di un vizio intrinseco, ma in forza di una circostanzaad esso esterna; non per quella della nullita (Cass., 21 ottobre 1973, n.2763; Appello Bari, 29 aprile 1989; Tribunale Como, 23 febbraio 1994; Tri-bunale Napoli, 12 ottobre 1988; Tribunale Rimini, 12 aprile 1984), che evizio che attiene all’essenza del negozio ed e prevista dalla legge solo nelleipotesi piu gravi; non, infine, per quella dell’annullabilita (Appello Napoli,12 gennaio 1969; Appello Bari, 14 dicembre 1959) che puo comminarsi so-lo nei casi espressamente previsti).

Il diritto fallimentare delle societa commerciali318

Premesso questo, correttamente i reclamanti affermano che l’abolizionedella clausola statutaria e evento indifferente in quanto l’inefficacia del ne-gozio, essendo lo stesso stato concluso nella vigenza della stessa, puo essereancora azionata. Dimenticano, tuttavia, che, una volta tolta la clausola, lavicenda traslativa viene portata a definitivo compimento per cui ad Edizio-ne Holding s.p.a. non rimarrebbe altro che il risarcimento del danno, do-vendosi escludere, come sopra si e fatto, la possibilita di riscatto. Per con-tro, nel caso di specie, Edizione Holding s.p.a., come gia detto, si e attivatagiudizialmente in un momento in cui, secondo la ricostruzione sopra effet-tuata, si e violata la clausola statutaria, ma le azioni sono ancora intestate aivenditori e la prelazione puo essere esercitata, con l’ottenimento del risul-tato sperato e cioe l’acquisto delle stesse.

Dal che, evidentemente, deriva l’opportunita di cristallizzare la situazio-ne in attesa dell’esito del giudizio di merito.

Un’ultima osservazione va fatta in relazione al numero di azioni seque-strate. Il provvedimento reclamato va confermato anche sul punto in quan-to il collegio ritiene che i soci pretermessi vantino una legittima aspettativadi poter esercitare il diritto di opzione su tutte le azioni messe in vendita.Ogni limitazione dell’oggetto della misura cautelare si rivelerebbe incon-grua e contrasterebbe con quell’opportunita di cristallizzare la situazionein attesa della decisione definitiva che si e appena richiamata in punto pe-riculum.

P.Q.M., rigetta i reclami proposti e conferma l’ordinanza impugnata;spese al definitivo.

Parte II - Giurisprudenza 319

ITRIBUNALE DI ROVIGO

31 gennaio 2005

Pres. Bordon - Est. Ghedini

Fallimento Fin.Tess. Soc. per az. (Avv.ti Inzitari e Sichirollo) c. Cassa di

Risparmio di Ferrara Soc. per az. (Avv.ti Nicoli e Garbin)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Legit-timita costituzionale(Art. 98 legge fallim.; artt. 3, 24, 25, 111 Cost.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Azio-ne riconvenzionale - Ammissibilita e ritualita - Difetto di autorizzazio-ne - Irregolarita sanabile con efficacia ex tunc(Art. 98 legge fallim.; artt. 166 e 167 cod. proc. civ.; art. 31 legge fallim.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Giu-dizio a cognizione piena(Art. 98 legge fallim.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Pe-gno strumenti finanziari - Insussistenza e inopponibilita garanzia - Ac-certamento - Rigetto opposizione(Art. 2787 cod. civ.; art. 34 d.lgs. n. 213/1998; d.lgs. n. 170/2004; Re-gol. Consob n. 11768/1998)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Scrit-ture contabili - Inidoneita probatoria - Data certa - Timbro postale -Corrispondenza in corso particolare - Corrispondenza in autopresta-zione - Insufficienza(Art. 98 legge fallim.; art. 2704 cod. civ.; art. 2710 cod. civ.)

Non e manifestamente fondata la questione di legittimita costituzionaledell’art. 98 legge fallim. in relazione agli artt. 3, 24, 25, 111 Cost. in quantola piena legittimita dell’attuale assetto normativo, nella parte in cui prevedeche le cause di opposizione ex art. 98 legge fallim. vengano trattate dallo stes-so giudice delegato che ha reso esecutivo lo stato passivo, e stata piu volte af-fermata dalla Corte Costituzionale e da ultimo ribadita con la recente ordi-nanza del 19 marzo 2002, n. 75 (1).

(1-12) Le sentenze hanno deciso il giudizio di opposizione allo stato passivo promosso dadue istituti di credito. Nel caso deciso dalla sentenza sub I la Banca ha impugnato lo statopassivo del fallimento per far valere: a) un credito in via privilegiata pignoratizia derivante

E ammissibile la domanda riconvenzionale da parte del curatore che siaconvenuto nel giudizio di opposizione allo stato passivo, purche la domandadipenda strettamente dal medesimo fatto o inerisca il medesimo oggetto intro-dotto in giudizio dall’opponente, e la mancanza di autorizzazione al momentodella proposizione della domanda riconvenzionale comporta una mera irrego-larita sanabile con la produzione in giudizio del provvedimento autorizzativo,purche effettuata prima che intervenga la pronuncia della sentenza (2).

Attesa la natura del giudizio di opposizione allo stato passivo quale impu-gnazione a devolutivita piena, il giudice del gravame e investito della cogni-zione sull’intera pretesa creditoria fatta valere con la domanda di insinuazioneallo stato passivo e non e in alcun modo vincolato dalla motivazione assuntanel provvedimento che ha reso esecutivo lo stato passivo (3).

Il creditore che intenda ottenere l’ammissione al passivo del credito deri-vante da mutuo assistito con garanzia pignoratizia su strumenti finanziari de-ve fornire la prova non soltanto del credito (per la quale non e sufficiente insede di opposizione allo stato passivo la produzione dell’estratto conto) ma al-tresı della valida costituzione del pegno secondo gli specifici requisiti previstidall’art. 2787 cod. civ., e cioe occorre che siano presenti gli elementi idonei aidentificare con certezza senza ombra di dubbio il credito e, quando quest’ul-timo ha ad oggetto strumenti finanziari, che la registrazione nel libro vincoliex art. 34 del d.lgs. n. 213/1998 (per le garanzie costituite prima dell’abroga-zione del libro dei vincoli avvenuta con d.lgs. n. 170 del 21 maggio 2004) con-tenga i requisiti previsti dal Regolamento Consob n. 11768/98 e che, in ognicaso, soddisfi i medesimi requisiti imposti dalla disciplina generale codicisticadi cui all’art. 2787 cod. civ. (4).

Attesa la posizione di terzo che riveste il curatore nel procedimento di ve-

Parte II - Giurisprudenza 321

da un mutuo garantito da pegno su titoli (credito ammesso in chirografo in sede di verifica,con esclusione della garanzia per assenza di un valido titolo costitutivo opponibile alla pro-cedura); b) un credito in via chirografaria per saldo debitore del conto corrente della societafallita (credito escluso in sede di verifica per la carenza di prova del contratto di conto cor-rente e della pattuizione del tasso di interessi ultralegali); c) un credito in via chirografaria perfideiussione rilasciata dalla fallita a garanzia di un mutuo di una societa del gruppo. Nel casodeciso dalla sentenza sub II la Banca ha impugnato lo stato passivo del fallimento per far va-lere: a) un credito in via chirografaria per saldo debitore del conto corrente della societa fal-lita (credito escluso in sede di verifica per la carenza di prova del credito e del suo esatto am-montare); b) alcuni crediti in via chirografaria per fideiussioni rilasciate dalla fallita a garanziadi societa del gruppo (crediti esclusi in sede di verifica in parte per l’inefficacia ex art. 64 leg-ge fallim. della garanzia fideiussoria, in parte per la carenza di data certa della garanzia e diprova del credito, in parte per l’inopponibilita al fallimento del decreto ingiuntivo portante ilcredito garantito); c) un credito in via chirografaria per avallo da parte della societa fallita dicambiali agrarie emesse da una ditta individuale dello stesso amministratore della societa fal-lita (credito escluso in sede di verifica per nullita del negozio cambiario in quanto posto inessere dalla societa fallita a favore del suo amministratore e, quindi, in violazione dell’art.

rifica dei crediti e nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il credito deverisultare da atto (diverso dalle scritture contabili del creditore in quanto nonaventi rilevanza probatoria nei confronti del curatore) avente data certa ante-riore all’apertura della procedura concorsuale e a tal fine e insufficiente il tim-bro postale apposto sulla parte esterna del modulo prestampato, costituente ilretro delle pattuizioni, e riservata all’intestazione, in quanto la unica valenzache puo essere attribuita alla timbratura de quo e quella di provare in modocerto la fisica esistenza del modulo cartolare, mentre e necessario provare cheil modulo cartolare sia stato riempito e sottoscritto con quel determinato con-tenuto in data anteriore all’apertura della procedura concorsuale ed una taleprova incombe al creditore che avanza pretese nei confronti del fallimento enon gia a chi (curatore) contesta che il timbro postale cosı apposto costituiscaun fatto equipollente ai sensi dell’art. 2704 cod. civ. Del tutto inidonei al finedella data certa, poi, sono il timbro in ‘corso particolare’ ovvero la corrispon-denza in ‘autoprestazione’ (nella specie il credito dell’opponente e stato riget-tato in quanto la documentazione offerta non presentava quegli elementi ido-nei ad integrare ‘un altro fatto che stabilisca in modo certo l’anteriorita dellaformazione del documento’ ai sensi dell’art. 2704 cod. civ. e inoltre le scritturecontabili dell’opponente, delle quali e stata dichiarata la non utilizzabilita neiconfronti del curatore ai sensi dell’art. 2710 cod. civ., erano in ogni caso inop-ponibili in quanto recavano la vidimazione di chiusura successiva alla dichia-razione di fallimento) (5).

Il diritto fallimentare delle societa commerciali322

2624 cod. civ. nella formulazione anteriore al d.lgs. n. 61/2002); d) un credito in prededuzio-ne per spese relative alla proposta istanza di fallimento (credito escluso in sede di verifica inconseguenza dell’esclusione dei crediti principali cui esso accedeva).

Nel costituirsi in giudizio il fallimento ha chiesto il rigetto dell’opposizione e la confermadel provvedimento del Giudice delegato che ha reso esecutivo lo stato passivo. Inoltre, il fal-limento ha svolto azione riconvenzionale per far valere, nel caso deciso dalla sentenza sub I,l’inefficacia e la revoca ex artt. 2901 cod. civ. e 66 legge fallim. della costituzione di pegno edella fideiussione, nonche in via subordinata la nullita del mutuo; nel caso deciso dalla sen-tenza sub II, l’inefficacia e la revoca ex artt. 2901 cod. civ., 64 e 66 legge fallim. della fideius-sione, nonche l’inefficacia, invalidita ed inopponibilita della stessa ai sensi degli artt. 2384 e2384 bis cod. civ., come pure la nullita ex art. 1418 cod. civ. del negozio di garanzia per avallodi cambiali agrarie.

Le sentenze hanno rigettato le opposizioni degli istituti di credito, integralmente nel casodeciso dalla sentenza sub I, per la quasi totalita nel caso deciso dalla sentenza sub II, per lamancanza di data certa della documentazione prodotta dagli opponenti a sostegno delle pre-tese fatte valere (sul punto, in particolare, le sentenze offrono una motivazione articolata conampi riferimenti giurisprudenziali), nonche (sentenza sub I) per insussistenza della garanziapignoratizia a causa della insufficiente indicazione del credito garantito, nonche (sentenzasub II) per la nullita del negozio di garanzia in quanto posto in essere in violazione dell’art.

IITRIBUNALE DI ROVIGO

31 gennaio 2005

Pres. Bordon - Est. Ghedini

Fallimento Fin.Tess. Soc. per az. (Avv.ti Inzitari e Sichirollo)c. Capitalia Soc. per az. - Gruppo Bancario Capitalia

(Avv.ti Giacomelli e Ubertone)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Azio-ne riconvenzionale - Ammissibilita e ritualita - Costituzione in giudizio- Inapplicabilita regime ordinario - Difetto di autorizzazione - Irrego-larita sanabile con efficacia ex tunc(Art. 98 legge fallim.; artt. 166 e 167 cod. proc. civ.; art. 31 legge fallim.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Giu-dizio a cognizione piena(Art. 98 legge fallim.)

Fallimento - Opposizione stato passivo - Scritture contabili - Inidoneitaprobatoria - Data certa - Timbro postale - Corrispondenza in corsoparticolare - Corrispondenza in autoprestazione - Insufficienza(Art. 98 legge fallim.; art. 2704 cod. civ.; art. 2710 cod. civ.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Fi-deiussione controllante - Estraneita oggetto sociale - Accertamento -Rigetto opposizione(Artt. 1956, 2384 e 2384 bis cod. civ.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - De-creto ingiuntivo non definitivo - Non equiparabilita a sentenza nonpassata in giudicato - Accertamento - Rigetto opposizione(Artt. 95 e 98 legge fallim.)

Fallimento - Accertamento del passivo - Opposizione stato passivo - Ga-ranzia per avallo cambiali agrarie - Contrarieta a norma imperativa -Nullita(Art. 1418; art. 2624 cod. civ. ante d.lgs. n. 61/2002)

Fallimento - Accertamento del passivo - Istanza fallimento - Spese legali -Non ammissibilita allo stato passivo - Spese bollo - Ammissibilita allostato passivo - Esclusione prededuzione(Art. 6 e 98 legge fallim.)

Il curatore convenuto nel giudizio di opposizione allo stato passivo puosvolgere domanda riconvenzionale senza necessita di costituirsi venti giorni

Parte II - Giurisprudenza 323

prima dell’udienza di comparizione e la mancanza di autorizzazione al mo-mento della proposizione della domanda riconvenzionale comporta una merairregolarita sanabile con la produzione in giudizio del provvedimento autoriz-zativo, purche effettuata prima che intervenga la pronuncia della sentenza (6).

Attesa la natura del giudizio di opposizione allo stato passivo quale impu-gnazione a devolutivita piena, il giudice del gravame e investito della cogni-zione sull’intera pretesa creditoria fatta valere con la domanda di insinuazioneallo stato passivo e non e in alcun modo vincolato dalla motivazione assuntanel provvedimento che ha reso esecutivo lo stato passivo (7).

Attesa la posizione di terzo che riveste il curatore nel procedimento di ve-rifica dei crediti e nel giudizio di opposizione allo stato passivo, il credito deverisultare da atto avente data certa all’apertura della procedura concorsuale e atal fine e insufficiente il timbro postale apposto sulla parte esterna del moduloprestampato, costituente il retro delle pattuizioni, e riservata all’intestazionein quanto la unica valenza che puo essere attribuita alla timbratura de quoe quella di provare in modo certo la fisica esistenza del modulo cartolare, men-tre e necessario provare che il modulo cartolare sia stato riempito e sottoscrittocon quel determinato contenuto in data anteriore all’apertura della proceduraconcorsuale ed una tale prova incombe al creditore che avanza pretese nei con-fronti del fallimento e non gia a chi (curatore) contesta che il timbro postalecosı apposto costituisca un fatto equipollente ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.Del tutto inidonei al fine della data certa, poi, sono il timbro ‘in corso parti-colare’ ovvero la corrispondenza in ‘autoprestazione’ (8).

Deve presumersi la gratuita della garanzia prestata dalla controllante a fa-vore della controllata e deve affermarsi l’estraneita della stessa garanzia all’og-getto sociale della controllante fideiubente, pur se formalmente rientrante nelsuo oggetto sociale, quando le condizioni patrimoniali e finanziarie della so-cieta controllata sono tali da non rendere prospettabile un vantaggio compen-sativo per la controllante fideiubente (nella specie e stata ritenuta la naturagratuita della garanzia prestata dalla controllante a favore della controllatasulla base di una serie di elementi accertati dal giudice, costituiti dalla crisidi liquidita della controllata garantita, desumibile dalla differenza negativa

Il diritto fallimentare delle societa commerciali324

2624 cod. civ. (vecchia formulazione) e in conflitto di interesse (sul punto sono pochissimi iprecedenti: Appello Torino, 28 maggio 1966, in questa Rivista, 1968, II, 43; Tribunale Pado-va, 25 febbraio 2002, in Giur. merito, 2002, 986).

Le sentenze si segnalano inoltre per avere affrontato ulteriori profili di rilievo: la legitti-mita costituzionale dell’art. 98 legge fallim. in relazione agli artt. 3, 24, 25 e 111 Cost.; l’am-missibilita e ritualita dell’azione riconvenzionale del curatore nel giudizio di opposizione allostato passivo e la sua proponibilita sino all’udienza di prima comparizione, in deroga al regi-me ordinario di decadenza previsto dagli artt. 166 e 167 cod. proc. civ.; la natura del giudiziodi opposizione allo stato passivo quale «impugnazione a devolutivita piena» che investe il giu-dice della cognizione sull’intera pretesa creditoria e non lo vincolano alla motivazione del

tra crediti ‘a breve’ e debiti ‘a breve’ risultante dai bilanci, dalla svalutazioneeffettuata nel bilancio della controllante della partecipazione nella controllatae dai rilievi svolti dai sindaci della controllante in ordine al rischio di realizzodei crediti verso le societa partecipate) (9).

Il decreto ingiuntivo che non e divenuto definitivo per essere intervenu-ta la dichiarazione di fallimento del debitore in pendenza del termine perproporre opposizione non e equiparabile alla sentenza non passata in giudi-cato e pertanto e inapplicabile a tale fattispecie l’art. 95 legge fallim. ed ilcreditore ha l’onere di provare il proprio credito secondo le regole generali,non potendosi avvalere dell’accertamento monitorio contenuto nel decretoingiuntivo non definitivo (nella specie il creditore aveva ottenuto un decretoingiuntivo sia nei confronti del debitore principale sia nei confronti del ga-rante, poi fallito nelle more del termine per proporre opposizione, e in forzadi tale decreto ingiuntivo aveva presentato domanda di insinuazione al pas-sivo del fallimento del garante e ne era stato escluso. Il tribunale ha riget-tato l’opposizione in quanto ha ritenuto inopponibile e privo di valenza pro-batoria del credito il decreto ingiuntivo perche non definitivo e, inoltre, haaccertato la inidoneita probatoria e l’inopponibilita per mancanza di datacerta dell’ulteriore documentazione prodotta dal creditore, costituita nellospecifico dall’estratto di saldaconto, dagli estratti conto e dalla richiesta diampliamento dei fidi) (10).

E nullo, per violazione della norma imperativa dell’art. 2624 cod. civ.(nella formulazione anteriore al d.lgs. 11 aprile 2002, n. 61 riguardante la di-sciplina degli illeciti penali e amministrativi delle societa commerciali) il ne-gozio di garanzia posto in essere con l’avallo di cambiali agrarie emesse da unaditta individuale quando l’amministratore della societa avallante sia altresı ti-tolare della ditta individuale avallata, a nulla rilevando il mutamento legisla-tivo che intervenga successivamente al compimento dell’atto, abrogando o mo-dificando la fattispecie criminosa (11).

Non sono da ammettersi al passivo le spese legali sostenute per la di-chiarazione di fallimento in quanto la relativa istanza puo essere presentatapersonalmente e, dunque, non richiede l’assistenza di un legale. Sono daammettersi, per contro, le spese vive (bollo) sostenute per la presentazionedell’istanza, credito quest’ultimo da riconoscere al chirografo e con esclusio-ne della prededuzione, in quanto maturato prima della dichiarazione di fal-limento (12).

Parte II - Giurisprudenza 325

provvedimento reso in sede di verifica; l’irrilevanza ed inopponibilita del decreto ingiuntivonon definitivo ai fini della prova del credito; la natura non prededucibile del credito portatodalle spese legali relative alla presentazione dell’istanza di fallimento. (Avv. Giovanna

Garofalo)

I

(Omissis)Svolgimento del processo. – Con ricorso ex art. 98 legge fallim. Cassa di

Risparmio di Ferrara soc. per az. (da ora in poi, brevemente, Banca) tem-pestivamente depositato e ritualmente notificato si opponeva alla decisionedel giudice delegato del fallimento della soc. per az. Fin.Tess. (da ora in poiFallimento) con cui questi aveva rigettato integralmente le due domande diammissione al passivo della predetta procedura per:

a) A 2.519.227,60 in via privilegiata pignoratizia, per pegno su titoli, as-seritamente dovute per debito derivante da mutuo effettuato in pool con laBNL Ferrara (credito ammesso come richiesto solo in via chirografaria at-tesa la assenza dı un valido titolo costitutivo di pegno opponibile alla pro-cedura);

b) A 83.704,94 in chirografo in relazione al saldo debitore al momento delfallimento del c/c 4358 intestato alla fallita (richiesta rigettata stante la man-cata prova del contratto di conto corrente avente data certa opponibile al fal-limento, e la assenza di pattuizione efficacie di tasso di interessi ultralegale);

c) A 63.856,47 in chirografo in forza della fideiussione rilasciata daFin.Tess. a favore della soc. a resp. lim. Ardea (credito escluso in ragionedella mancanza di data certa del contratto di garanzia, e della nullita del me-desimo per violazione dell’art. 2384 bis cod. civ.).

In breve, e rimandando alla parte motiva per le dettagliate motivazionidi opposizione distinte per ogni singolo rapporto creditorio, esponeva laBanca di avere fornito prova completa del proprio credito e della ragionedi privilegio e insisteva per la ammissione dello stesso.

Si costituiva, il giorno precedente alla prima udienza del 18 giugno2003, il fallimento insistendo per il rigetto della opposizione e la confermadel provvedimento del G.D. e chiedendo in via riconvenzionale la declara-toria di inefficacia ex art. 2901 cod. civ. e art. 66 legge fallim. dell’atto co-stitutivo del pegno su titolo, asseritamene consistente la ragione di privile-gio ed in via subordinata l’accertamento della nullita del mutuo sottostanteil pegno medesimo per assenza di causa e conseguentemente la nullita delpegno; nonche la inefficacia ex art. 2901 cod. civ. e art. 66 legge fallim. dellafideiussione rilasciata in favore della banca e relativa alla esposizione debi-toria di Ardea soc. a resp. lim.

A fronte della comparsa della procedura l’opponente eccepiva la inam-missibilita delle domande riconvenzionali e la loro improcedibilita in quan-to non autorizzate dal G.D., essendo stata richiesta e concessa la autorizza-zione in un momento successivo alla proposizione delle domande stesse;sollevava inoltre questione di legittimita costituzionale dell’art. 98 legge fal-lim. nella parte in cui prevedeva che fosse il giudice delegato a istruire lacausa di opposizione.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali326

Concessi i termini di cui agli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. il G.I., rite-nuta la non rilevanza della questione di legittimita costituzionale; assunte leprove il G.I. invitava le parti a precisare le loro conclusioni.

Precisate le conclusioni come sopra riportate le causa perveniva alla de-cisione del collegio previa assegnazione dei termini per comparse e per me-morie conclusionali.

Motivi della decisione. – I. In via assolutamente preliminare la difesadella banca solleva eccezione di legittimita costituzionale dell’art. 98 leggefallim. in relazione agli artt. 3, 24, 25, 111 Cost.; la questione e assai notae svariate volte il giudice costituzionale ne e stato investito, sia prima chedopo la entrata in vigore della nuova formulazione dell’art. 111 Cost., senzamai pervenire ad una decisione di accoglimento e quindi ad una declarato-ria di incostituzionalita.

Apparendo sufficiente il richiamo a quanto gia affermato dal G.I. in or-dinanza resa in corso di causa e l’ampio excursus delle decisioni svolto dalladifesa del fallimento, si ribadisce che concorrono a fare ritenere manifesta-mente infondata la questione sia la natura sommaria della cognizione delgiudice delegato in sede di formazione dello stato passivo, che la mera effi-cacia endofallimentare della decisione del giudice delegato, essendo solo lasentenza che decise sulla opposizione idonea a formare giudicato.

La questione sollevata non pare quindi fondata.II. Sempre in via preliminare appare opportuno chiarire che, nel giudi-

zio di opposizione allo stato passivo, l’onere della prova grava per intero sulcreditore che chiede di essere ammesso al passivo del fallimento: cio si giu-stifica per la natura di ordinario giudizio di cognizione dell’opposizione allostato passivo, nell’ambito del quale l’opponente assume la veste di attore (edeve fornire ex novo la prova piena del suo credito) ed il curatore quella diconvenuto, e il tribunale deve riesaminare l’intero rapporto da cui trae ori-gine il credito insinuato.

Nell’ambito del giudizio di opposizione il giudice conosce dell’interorapporto allegato dal creditore a sostegno della sua originaria domanda,senza che sia in alcun modo vincolante la motivazione del provvedimentodi rigetto del G.D.: nonostante abbia la natura di impugnazione la opposi-zione in commento e atta solo a determinare il passaggio da una fase a co-gnizione sommaria – necessaria –, ad una fase di cognizione piena – even-tuale – avente ad oggetto la medesima pretesa azionata con la insinuazioneal passivo (Cassazione, 8 novembre 1997, n. 11026; Corte Costituzionale 9marzo 2002, n. 75).

Poiche si tratta di una impugnazione a devolutivita piena, essa «da luo-go a una integrale rinnovazione del giudizio, quali che siano le ragioni delgravame», essendo i giudici della opposizione «comunque investiti della co-gnizione sulla intera pretesa creditoria fatta valere con la domanda di insi-nuazione» (Cassazione, 24 luglio 2003, n. 11456, in Fall. 2004, 1308).

Parte II - Giurisprudenza 327

Dalla natura di giudizio a cognizione piena della fase di opposizione exart. 98 legge fallim. deriva la inidoneita probatoria di quegli strumenti cheinvece possono agevolare e sostenere la pretesa del creditore in una fasesommaria quale quella monitoria: basti pensare all’estratto conto di cui al-l’art. 50 t.u. bancario, sufficiente a ottenere la emissione del decreto ingiun-tivo, ma assolutamente inefficacie a provare il credito nella fase di opposi-zione.

Nel procedimento di verifica del passivo e negli inerenti giudizi di op-posizione allo stato passivo la posizione di terzieta del curatore e ormai fuo-ri discussione (cfr. Cassazione S.U., 28 agosto 1990, n. 8879, in Fall., 1990,1225; Cassazione, 14 gennaio 1999, n. 352, in Fall., n. 12/1999, 1315; Cas-sazione, 6 maggio 1998, n. 4551, in Fall., n. 4/1999, 375), con ogni conse-guenza in ordine alla prova della scrittura ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.

Di qui derivano tutte le conseguenze in punto di efficacia probatoria deidocumenti prodotti dalla opponente e di opponibilita al fallimento che ven-gono allegate nella motivazione che segue, in punto di disamina delle spe-cifiche voci di credito.

Nel quadro delle precisazioni generali sulla natura del giudizio di oppo-sizione, rilevanti ai fini della decisione della fattispecie in esame, va intro-dotta inoltre la valutazione della infondatezza delle eccezioni di rito svoltedalla difesa della banca in ordine alla ammissibilita e ritualita delle domandericonvenzionali.

In ordine al primo dei rilievi svolti, concernente la inammissibilita aborigine della domanda riconvenzionale del fallimento in un giudizio di op-posizione allo stato passivo, si osserva che la giurisprudenza legittimita e dimerito sono uniformi nel ritenere pienamente ammissibile la domanda sud-detta, pur con una applicazione rigorosa dei criteri di cui all’art. 36 cod.proc. civ., ovvero qualora la domanda dipenda strettamente dal medesimofatto o inerisca il medesimo oggetto introdotto in giudizio dalla pretesa del-l’opponente (da ultimo, in parte motiva, Cassazione, 23 dicembre 2003, n.19718, in Fall., 2003, 1360; Cassazione, 1 agosto 1986, n. 6963; TribunaleMonza, 30 dicembre 2002, in Fall. 2003, 801; Tribunale Padova, 28 agosto2002, in Giur. merito, 2003, 697): nel caso de quo non v’e dubbio che ladifesa relativa alla revocabilita-nullita della garanzia pignoratizia e alla an-nullabilita di quella fideiussoria ineriscano il medesimo titolo dedotto dallaopponente a sostegno della propria pretesa.

Ancora di piu tale convincimento trova conforto qualora si osservi chele domande riconvenzionali svolte sono esclusivamente tese ad una eventua-le dichiarazione di inefficacia o di inesistenza del titolo, senza che sia svoltain merito alcuna pretesa restitutoria con spiegamento di azioni di condanna,avendo in buona sostanza il senso di una eccezione riconvenzionale.

In ordine al secondo rilievo avanzato dalla banca, inerente il rilascio del-la autorizzazione del G.D. alla proposizione di domande riconvenzionali so-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali328

lo in un momento successivo alla proposizione stessa, per conforme giuri-sprudenza di legittimita la mancanza di autorizzazione, al momento dellaformulazione della domanda, genera una mera irregolarita sanabile con l’ot-tenimento e la produzione della autorizzazione prima della pronuncia dellasentenza (ex plurimis Cassazione, 27 marzo 2003, n. 4555; Cassazione, 20settembre 2002, n. 13764; Cassazione, 15 maggio 1997, n. 4310).

Le relative eccezioni devono quindi essere rigettate.III. Venendo alla disamina del merito della domanda, la banca ha chie-

sto la ammissione della somma di A 2.519.227,60 asseritamente dovuti perdebito derivante da mutuo effettuato in pool con la BNL Ferrara, in via pri-vilegiata, essendo il credito garantito dalla costituzione di pegno su titoli perla somma di A 619.748,27 in forza di contratto di pegno sottoscritto in data13 settembre 1999. L’intero credito della banca e stato ammesso dalla pro-cedura in via chirografaria: la opposizione verte dunque sulla esistenza dellacausa di privilegio.

Nonostante la banca abbia chiesto la insinuazione in via privilegiata perla intera somma di A 2.519.227,60, e chiaro che l’eventuale accoglimentodella opposizione comporterebbe la ammissione in privilegio per la minoresomma di A 619.748,27 ovvero per il valore di titoli dati in pegno, essendo ilcredito per la residua somma privo di alcuna causa di prelazione.

Ritiene pero il collegio che la banca non abbia fornito la prova della va-lida costituzione di pegno.

Come per tutti i negozi volontari istitutivi di garanzia del credito raffor-zative della generica garanzia patrimoniale, il legislatore, sia a tutela dellaparte debitrice che degli altri creditori, ha previsto per la costituzione delpegno su beni mobili requisiti formali di particolare rigore. In particolareil pegno, qualora inerisca crediti eccedenti la somma di A 2,58, deve esserestipulato con atto scritto avente data certa, che contenga sufficiente indica-zione del credito garantito e della cosa data in pegno.

Ai fini della sufficiente indicazione del credito garantito non e richiestoche esso risulti specificato in tutti i suoi elementi costituitivi ma che sianopresenti elementi idonei a identificare con certezza e senza ombra di dubbioil credito (Cassazione, 91/7794); per contro il requisito, previsto a pena dinullita dalla legge, non e soddisfatto che l’oggetto della garanzia sia deter-minabile solo con l’ausilio di dati esteriori e quinti non siano in alcun modoindividuabili sulla scorta di collegamenti indicati nella scrittura stessa (Cas-sazione, 95/7163). Per esempio se l’atto fa solo riferimento al conto corren-te bancario del debitore, a nulla vale la produzione in giudizio del libro fidi,pur se autenticato regolarmente (Cassazione, 96/9727).

Nel caso de quo l’atto costitutivo di pegno, integrato da un modulo pre-stampato e predisposto dalla banca e successivamente compilato, reca la in-dicazione, quale credito garantito del «mutuo ipotecario di lire 5.000.000.000in pool durata dieci anni, rate semestrali», e quale oggetto del pegno «titoli di

Parte II - Giurisprudenza 329

stato o equiparati per valore di lire 1.200.000.000 cosı specificati: 133861 BTP1 novembre 2009 B 328.000, 132177 CCT 1 marzo 2006 B 306.000»: la indi-cazione del credito garantito non appare sufficientememte individuata. Nonsono indicate ne le parti del mutuo, la data di sottoscrizione e la data dellaiscrizione ipotecaria: la stessa documentazione prodotta dalla banca al doc.30 (libro fidi), a prescindere dalla sua inopponibilita alla procedura stante lavidimazione ben posteriore al fallimento ed in generale la operativita del-l’art. 2710 cod. civ. avverso il curatore, attesta la presenza di svariate lineedi credito e riporta due volte la annotazione di un mutuo in pool per 5 mi-liardi, il primo definito ipotecario il secondo fondiario. A fronte della repli-ca della banca che spiega essere la medesima linea di credito con specifica-zione delle quote spettanti alle due banche erogatrici in pool, si osserva cheapparirebbe comunque consolare che il totale di fidi diretto venga indicato,alla fine della annotazione, in lire 9.600.000.000. In ogni caso poi, per leragioni sopra riportate, il contratto di pegno deve essere autosufficiente nel-l’individuare la linea di credito garantita non potendosi pretendere dalleparti il ricorso a elementi e strumenti di estranei al documento e da essonon richiamato.

Al momento in cui si afferma essere stato costituito il pegno era in vi-gore il d.lgs. 213 del 1998 che prevedeva che, per i titoli dematerializzati,in deroga a quanto previsto dall’art. 1997 cod. civ., il vincolo venisse creatomediante registrazione in apposito conto tenuto dall’intermediario. Il rego-lamento Consob emanato sul punto n. 11768/98 prevedeva che nella anno-tazione fossero indicate la causale della iscrizione e la indicazione degli stru-menti finanziari. A nulla vale, per la causa de quo, che nel 1994 il libro vin-coli sia stato abrogato con d.lgs. n. 170 del 21 maggio 2004, in quanto essoprevede espressamente che le nuove disposizioni si applicano alle garanziecostituite dopo la entrata in vigore della legge: per il pegno di cui e causaera ed e quindi necessaria, ai fini della sua valida costituzione la iscrizionea libro vincoli che soddisfi i caratteri di specificita e determinatezza stabilitidalla Consob nel suo regolamento, e che comunque soddisfi gli analoghi re-quisiti imposti dalla disciplina generale codicistica ex art. 2787 cod. civ.

Oltre ad essere insoddisfacente ed a sollevare perplessita per la sua ge-nericita, la iscrizione a libro vincoli di cui al doc. 30 di parte opponente giacitato, e di per se in opponibile alla procedura in quanto assolutamente pri-vo di data certa opponibile alla stessa, recando una vidimazione finale disvariati mesi successiva al fallimento.

Infatti nel procedimento di verifica del passivo e negli inerenti giudizi diopposizione allo stato passivo la posizione di terzieta del curatore e ormaifuori discussione (cfr. Cassazione, 14 gennaio 1999, n. 352, in Fall. n.12/1999, 1315; Cassazione, 6 maggio 1998, n. 4551, in Fall., n. 4/1999,375), con ogni conseguenza in ordine alla prova della scrittura ai sensi del-l’art. 2704 cod. civ.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali330

Quanto alla data certa del contratto di pegno, la banca ha prodotto uncontratto, stipulato mediante il riempimento di formulario predisposto dal-la banca, in originale; il foglio reca, nella medesima parte contenente le pat-tuizioni contrattuali, la sottoscrizione e la data del 13 settembre 1999: taledata e priva di certezza ai sensi dell’art. 2704 cod. civ. e per comprenderetale conclusione e imprescindibile esaminare concretamente e nel dettaglioil documento prodotto al n. 9 da parte opponente. Il foglio infatti e riem-pito per intero dalle condizioni predisposte quanto ad una facciata; il retroappare diviso in quattro settori, come se il foglio fosse destinato – e se nevedono ancora i segni sulla carta – a essere piegato in quattro lasciando al-l’esterno le due parti in bianco di cui una recante il nominativo della banca:a mo di busta.

Il timbro postale e stato apposto su tale parte bianca, che – una voltacreata la busta – doveva svolgere da intestazione della stessa, e che non con-tiene alcuna sottoscrizione o pattuizione, presentandosi in buona sostanzacome settore a parte e diverso rispetto al documento contenente le pattui-zioni essendo presente solo un timbro postale su di una parte del retro delfoglio lasciata in biancoretro, in bianco, del foglio contenente le pattuizionicontrattuali.

Deve essere all’uopo specificamente esaminato il significato probatoriodel timbro postale apposto nella corrispondenza in cd. corso particolare (so-stituita oggi dalla cd autoprestazione).

L’art. 2704 cod. civ., pacificamente applicabile nei rapporti tra il cura-tore ed i terzi che hanno stipulato con il fallito (sia pure limitatamente allasede della verifica dello stato passivo e nel conseguente giudizio di opposi-zione), posto che, in relazione a tali rapporti, il curatore va ritenuto estraneoalla pattuizione, elenca una serie di fatti idonei ad attribuire certezza alladata della scrittura.

Vero e che tale elencazione non e tassativa, poiche la legge stessa con-sente la possibilita di apprezzare come equipollente dei fatti enunciatiespressamente anche «un altro fatto che stabilisca in modo certo l’anterioritadella formazione del documento» (il giudizio sulla idoneita del fatto atipicoad attribuire certezza alla data del documento e sottratto al sindacato di le-gittimita in quanto trattasi di apprezzamento di merito).

E altrettanto vero, pero, che il fatto de quo deve essere dotato di taleforza probatoria da porsi con uguale grado di certezza rispetto ai fattiespressamente elencati dall’art. 2704 cod. civ., altrimenti verrebbe frustratala ratio della norma, di impedire le frodi a danno dei terzi.

D’altronde, non e che si debba necessariamente presumere che alcunoponga in essere comportamenti fraudatori delle ragioni dei creditori; gli eche la legge tende a prevenire le frodi con riferimento a qualunque sogget-to, e non e dato in questa sede distinguere il trattamento ex lege in base allaconsiderazione della maggiore o minore credibilita istituzionale che puo

Parte II - Giurisprudenza 331

avere l’uno o l’altro creditore, atteso che tale facolta di discernimento non econsentita dall’art. 2704 cod. civ.

La frode sarebbe la conseguenza che si potrebbe astrattamente verifica-re considerando come idonei ad attribuire certezza alla data del documentodei fatti che, di per se, si potrebbero prestare ad interpretazione non uni-voca rispetto alla loro pretesa idoneita.

Nessuno potrebbe contestare l’inequivoca forza probatoria che puoavere la registrazione dell’atto presso un ufficio pubblico, la morte del sog-getto che ha compiuto l’atto, o la sopravvenuta sua impossibilita fisica, o lariproduzione in atti pubblici della scrittura.

La stessa norma di cui all’art. 2704 cod. civ. parla di un «fatto che sta-bilisca in modo egualmente certo l’anteriorita».

Tale forza probatoria non puo essere comunque riconosciuta al timbropostale, anche se esso sia sento apposto da un terzo rispetto alla formazionedel documento (l’incaricato dell’Ufficio Postale) ed anche se esso formi uncorpo unico con il foglio sul quale il timbro e apposto, anche se nella partecontenente l’indirizzo dei destinatario (cosı Cassazione, 25 luglio 1997, n.6943).

II timbro postale si presta invero ad equivoche interpretazioni circa ladata, quando sia stato apposto semplicemente sul foglio cioe sulla cartache contiene il documento, essendo in concreto possibile provvedere allacertificazione della data mediante l’apposizione del timbro sul foglio noncompilato, senza la sua contestuale spedizione, ovvero con la spedizione al-lo stesso mittente o ad altri soggetti del foglio (non compilato) ripiegato intre parti a mo’ di busta, in modo da non consentire la visione del contenutodall’esterno, con la possibilita dunque di compilarlo in futuro (cfr. Tribuna-le Trieste, 29 febbraio 1996, in Nuova giur. civ. comm. 1997, 596, per il qua-le «...nulla impedisce di ritenere che il lato scritto fosse «bianco» al tempo del-la spedizione»).

Di conseguenza che il timbro postale non attribuisce con certezza datacerta al contenuto del documento in cui esso e apposto, cosicche anche solol’astratta possibilita che il mezzo de quo possa prestarsi ad un uso distortonon puo che escludere la sua valenza probatoria in ogni caso in cui non siasuffragato da altri elementi che ne evidenzino la assoluta incontestabilita

Tale ultima situazione si potrebbe verificare soltanto se il timbro fosseapposto non sul foglio, cioe sulla carta come tale, bensı sulla scrittura, all’in-terno del foglio, tale che l’inchiostro del timbro fosse chiaramente appostosopra, e quindi successivamente, almeno in parte, all’inchiostro della scrit-tura (cfr. Tribunale Padova, 2 marzo 1999, Fall. n. 8/1999, 934, confermatada Appello Venezia, 17 maggio 2000, secondo cui «...con il termine docu-mento non si intende il foglio in quanto tale, bensı quel foglio riempitocon la relativa scrittura. Con l’ulteriore conseguenza che, ove la scrittura, co-me di regola avviene, acquisti giuridica rilevanza con la sottoscrizione delle

Il diritto fallimentare delle societa commerciali332

parti, il «documento» sara a sua volta rilevante (e, in definitiva, sara giuridi-camente utilizzabile) quando sia stato formato con le sottoscrizioni del caso(...) cosicche davvero non sembra possibile dubitare che, laddove, nella stessanorma, si fa riferimento alla «formazione del documento», quest’ultimo nonpuo essere considerato nella pura materialita fisica del supporto cartaceo, pre-scindendo dalla scrittura sul medesimo apposta. Ma allora, deve convenirsiche, ai fini di che trattasi, non e sufficiente, per attribuire data certa alla scrit-tura, che il fatto atıpico (nella specie il bollo postale) consenta di ritenere che,ad una determinata data, il «supporto materiale» gia esisteva, bensı che dettofatto consenta di ritenere che, a quella data, su quel «supporto materiale» giaera stata apposta e sottoscritta la scrittura privata della quale si controverte(...) essendo la norma dettata al fine di determinare la «certezza» della datadella scrittura (e non gia la possibilita ovvero la probabilita che la scritturarisalga ad una determinata data) (...), laddove, nel caso che ne occupa, e lagia avvenuta sottoscrizione ad una determinata data – e quindi la giuridicaesistenza della scrittura — che l’apposizione del timbro postale, nel contestosopra descritto, non e idonea a comprovare)»; l’orientamento e sfato confer-mato da Appello Venezia, 15 giugno 2000; cfr., nello stesso senso, AppelloVenezia, sent. n. 1858/1994; cfr. anche Tribunale Padova, 30 maggio 2002,in Fall., 2003, 326; Tribunale Padova, 3 marzo 2003, in Fall., 2003, 897).

Cio vale ad escludere, nel caso concreto, la valenza probatoria del tim-bro postale apposto sul foglio contenente le condizioni contrattuali e sul re-tro dello stesso: la unica valenza che puo essere conferita alla timbratura dequo e quella di provare in maniera certa la esistenza concreta del modulocartolare ma «non che esso sia stato completato e sottoscritto prima del fal-limento».

Dunque, la timbratura postale ex se (mancando cioe altri significativielementi) non puo essere considerata tra i fatti equipollenti nel conferire da-ta certa, e l’onere probatorio resta a chi vuole dimostrare la data della scrit-tura, non a chi contesta l’idoneita del fatto equipollente (in tal senso, cfr.Appello Venezia, 17 maggio 2000, per cui «...nessun onere di prova contra-ria (del resto dalla legge non richiesto) incombe sul terzo (ossia il fallimento) acui la scrittura viene opposta»).

Poiche la corrispondenza in corso particolare non consentiva un tran-quillizzante risultato in ordine alla certezza della data della scrittura in essacontenuta, prevalendo invece le situazioni di incertezza, l’art. 41 del CodicePostale (d.p.r. 29 marzo 1973 n. 156), che prevedeva (alla lettera b) tale for-ma particolare di invio, e stato abrogato dall’art. 16 del d.lgs. 22 luglio 1999n. 261 e, pertanto, la corrispondenza in corso particolare oggi non esistepiu.

Si pensi per vero alla singolarita di tale corrispondenza (consistente nel-la presentazione di un piego, aperto o chiuso, da parte del mittente, che neera anche il destinatario, consentendo alle Poste di evitare il lavoro del ritiro

Parte II - Giurisprudenza 333

e, poi, della consegna del piego al mittente-destinatario stesso, limitandosiinvece a provvedere all’annullo del francobollo), da cui i mittenti non si se-paravano mai, provvedendo essi stessi alla presentazione all’addetto all’Uf-ficio postale, che apponeva il timbro sul foglio praticamente a mani del pre-sentatore, con le conseguenze che si sanno in ordine al significato probato-rio di tale gesto, posto che il foglio poteva anche essere presentato aperto(sul diritto o sul rovescio), e, dunque, si poteva inferire che il timbro dessecertezza alla data della scrittura.

Attualmente, la corrispondenza in corso particolare e stata sostituitadalla cosı detta «auroprestazione», cioe la prestazione di servizi postali daparte della persona fisica o giuridica che e all’origine della corrispondenza,prevista dall’art. 8 del d.lgs. 22 luglio 1999 n. 261, che e caratterizzata da:presentazione da parte del mittente-destinatario del plico chiuso; apposizio-ne della dicitura «autoprestazione» sul fronte del plico; affrancatura in basealle vigenti tariffe del Corriere Prioritario; apposizione del bollo a data daparte dell’addetto e immediata restituzione ai presentatore.

Essendo il plico per norma sempre chiuso, e evidente che non possonopiu farsi questioni sulla data della scrittura contenuta in esso, non essendole Poste dotate di apparecchiature per la lettura ai raggi X, per cui tale mez-zo di invio non puo piu neppure lontanamente somigliare a quelli che lanorma dell’art. 2704 cod. civ. indica direttamente, o descrive come equipol-lenti.

Di assoluta irrilevanza le determinazioni in merito, relative alla idoneitadel timbro postale in autoprestazione a creare data certa, della Associazionebancaria italiana, organismo privo di finalita interpretative del diritto e lecui argomentazioni certamente non sono in alcun modo vincolati per il giu-dice.

Parimenti inidoneo a colorare di certezza la data del documento de quoe l’estratto autentico del registro vincoli e del libro fidi (doc. 11 e 30 parteopponente): al di la della generale inutilizzabilita nei confronti del curatore– attesa la sua gia menzionata posizione di terzieta, della valenza probatoriaex art. 2710 cod. civ. delle scritture contabili, efficace solo tra imprenditori(Cassazione, 14 gennaio 1999, n. 352, in Fall. 1999, n. 352), si osserva che iregistri recano una vidimazione finale ben successiva al momento del falli-mento, ed addirittura successiva alla udienza di verifica dello stato passivo(7 marzo 2003). La formalita e quindi, ai sensi dell’art. 45 legge fallim.,inopponibile alla procedura fallimentare, dovendo essere comunque appo-sta in momento anteriore al fallimento per essere efficace nei confronti diquesto (Cassazione, 26 maggio 1997, n. 4646, in G. it., 1998, 1135; Tribu-nale Treviso, 16 gennaio 1999, in G. it., 1999, 1409).

Da ultimo si osserva che il parere della Consob di cui al doc. 31 di parteopponente riguarda la mancata applicazione dell’art. 45 del regolamentoConsob precitato, al di la della sua mancata vincolativita, riguarda in ogni

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caso il pegno irregolare di titoli – ovvero quello in cui e consentito al creditoche possiede il bene dato in pegno di farne uso e poi sostituirlo con il tan-tundem, e non gia la ipotesi oggetto della presente cognizione, che e percontro un pegno regolare con patto di rotativita.

Il titolo che fonderebbe la causa di privilegio del credito della banca av-verso il fallimento non e dunque stato provato.

IV. La banca chiede inoltre, in riforma del provvedimento del G.D., diessere ammessa al passivo per A 83.704,94 in chirografo in relazione al saldodebitore al momento del fallimento del c/c n. 4358 intestato alla fallita.

La banca infatti ha prodotto un contratto di apertura di conto correnteprivo di alcuna data certa ex art. 2704 cod. civ. (v. supra); ne i due docu-menti, anch’essi in fotocopia (docc. 19 e 18), contenenti calcoli del pretesocredito effettuati dalla banca, provenienti unilateralmente dalla stessa, prividi valore contrattuale e di data certa. Nessuna prova e stata pertanto fornitadella stipulazione di un contratto bancario, pattuizione che deve essere ef-fettuata in forma scritta a pena di nullita ex art. 117 t.u. bancario.

Alcuna rilevanza puo essere fornita alla produzione di documentazionecontenente gli estratti conto del rapporto allegato come esistente fra Fin.-Tess. soc. per az. e Banca si tratta di atti privi di alcuna data certa o veri-ficabile, formati e prodotti unilateralmente dalla banca e non, mentrenon possono essere utilizzati nei confronti del curatore, che non e impren-ditore per i fini di cui all’art. 2710 cod. civ. (Cassazione, 14 gennaio 1999, n.352, in Fall. n. 12/1999, 1315).

L’Istituto di credito che voglia, infatti, essere ammesso al passivo del fal-limento presunto correntista deve dare, soprattutto nel giudizio di opposi-zione, che e giudizio a cognizione piena, piena prova del suo credito ai sensidell’art. 2679 cod. civ. non potendosi giovare nei confronti del curatore,stante la sua posizione di terzo, degli effetti della approvazione tacita delconto ex art. 1832 cod. civ. (peraltro nella presente causa non e stata nem-meno provata la spedizione al correntista), validi solo fra le parti (Cassazio-ne, 9 maggio 2001, n. 6465, in Fall. 2002, 389; Tribunale Monza, 9 aprile2002, in Fall. 2003, 199; Tribunale Padova, 6 agosto 2003, in Giur. Mer.,2004, 922; Tribunale Roma, 24 luglio 2000, in Dir. e prat. Societaria2001, f. 4, 73).

La domanda deve quindi essere rigettata per mancata prova del credito.V. Da ultimo la banca opponente insiste per la ammissione al passivo

del credito di A 63.856,47 in chirografo in forza della fideiussione rilasciatada Fin.tess. a favore della banca in relazione alla posizione debitoria permutuo chirografario di soc. a resp. lim. Ardea, partecipata della fallita. An-che in tal caso deve ritenersi la mancata prova da parte dell’istante dei pre-supposti della propria domanda. Il contratto di fideiussione infatti reca ladata del 29 gennaio 1999 ma essa appare priva dei requisiti di necessariacertezza, essendo solo stato apposto, sul retro in bianco del foglio contenen-

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te il modulo delle condizioni, un timbro postale per cui valgono analogheconsiderazioni di inidoneita a attestare a certezza della data rispetto a quellegia svolte al punto sub III.

Identiche argomentazioni rispetto a quella svolte al punto IV vanno ri-chiamate, ove necessario, in ordine alla carenza di prova del credito dellabanca verso il debitore principale, Ardea soc. a resp. lim., trattandosi diun preteso mutuo chirografario risultante da scrittura privata priva di datacerta. La opposizione va pertanto rigettata con condanna al pagamento del-le spese liquidate come in dispositivo.

P.Q.M. il tribunale, definitivamente pronunciando, ogni diversa istanzadisattesa, dichiara manifestamente infondata la questione di costituzionalitasollevata dalla opponente in relazione all’art. 98 legge fallim.; rigetta la op-posizione proposta da Cassa di Risparmio di Ferrara avverso il provvedi-mento con cui il G.D. dichiarava esecutivo lo stato passivo di fallimentoFin.tess. soc. per az. (Omissis)

II

(Omissis)Svolgimento del processo. – Con ricorso ex art. 98 legge fallim. Capitalia

soc. per az. (da ora in poi, brevemente, Banca) tempestivamente depositatoe ritualmente notificato si opponeva alla decisione del giudice delegato delfallimento della soc. per az. Fin.Tess. (da ora in poi Fallimento) con cuiquesti aveva rigettato integralmente la domanda di ammissione al passivodella predetta procedura per una somma complessiva di A 3.866.531,73,di cui:

a) A 175.687,51 in chirografo asseritamente dovute per esposizione pas-siva di conto corrente intestato alla fallita (domanda rigettata in considera-zione della mancata prova della esistenza e della quantificazione del creditoda passivo di c/c),

b) A 2.072.103,89 in chirografo dovute in forza di fideiussione rilasciatail 23 febbraio 2001 dalla fallita a favore della partecipata In.Food. soc. peraz. (richiesta rigettata stante la inefficacia ex art. 64 legge fallim. della garan-zia fideiussoria rilasciata a favore di In.Food. soc. per az.),

c) A 97.002,47 in chirografo in forza della fideiussione rilasciata il 15 ot-tobre 1998 da Fin.tess. a favore della soc. a resp. lim. Ardea (credito esclusoin ragione della mancanza di data certa del contratto di garanzia e dellamancata prova del credito principale),

d) A 58.293,13 in chirografo a titolo di fideiussione a favore di RivaAgricoltura soc. a resp. lim. (istanza rigettata in ragione della inopponibilitaal fallimento del decreto ingiuntivo emesso a favore della banca e della as-senza di prova del titolo),

Il diritto fallimentare delle societa commerciali336

e) A 1.456.271,76 in chirografo a seguito di avallo cambiario sottoscrittodalla fallita a favore delle cambiali agrarie emesse da Tessarin Savino (cre-dito escluso stante la nullita del negozio di avallo in quanto garanzia espres-sa dalla societa a favore dell’amministratore della stessa),

f) ed infine A 7.172,97 in prededuzione per spese relative alla proposi-zione della istanza di fallimento (istanza rigettata in quanto avente naturaaccessoria rispetto alle altre).

In breve, e rimandando alla parte motiva per le dettagliate motivazionidi opposizione distinte per ogni singolo rapporto creditorio, esponeva laBanca di avere fornito prova completa del proprio credito e insisteva perla ammissione dello stesso.

Si costituiva, alcuni giorni prima della prima udienza del 17 settembre2003, il fallimento insistendo per il rigetto della opposizione e la confermadel provvedimento del G.D. e chiedendo in via riconvenzionale la declara-toria di inefficacia ex art. 64 legge fallim. – o in subordine ex art. 2901 cod.civ. e art. 66 legge fallim. – della fideiussione 23 febbraio 2001 a favore diIn.Food., ed in via ulteriormente subordinata l’accertamento della invaliditaex artt. 2384 e 2384 bis cod. civ. della medesima garanzia, nonche la dichia-razione di nullita ex art. 1418 cod. civ. della garanzia per avallo prestata dal-la fallita a favore del suo amministratore.

A fronte della comparsa della procedura l’opponente eccepiva la tardi-vita delle domande riconvenzionali ai sensi dell’art. 167 cod. proc. civ. e lainammissibilita delle stesse in quanto non autorizzate dal G.D., essendo sta-ta richiesta e concessa la autorizzazione in un momento successivo alla pro-posizione delle domande stesse.

Concessi i termini di cui agli artt. 183 e 184 cod. proc. civ. il G.I. riget-tava le istanze istruttorie e invitava le parti a precisare le loro conclusioni.

Precisate le conclusioni come sopra riportate le causa perveniva alla de-cisione del collegio previa assegnazione dei termini per comparse e per me-morie conclusionali.

Motivi della decisione. – I. Preliminarmente appare opportuno chiarireche, nel giudizio di opposizione allo stato passivo, l’onere della prova gravaper intero sul creditore che chiede di essere ammesso al passivo del falli-mento: cio si giustifica per la natura di ordinario giudizio di cognizione del-l’opposizione allo stato passivo, nell’ambito del quale l’opponente assume laveste di attore (e deve fornire ex novo la prova piena del suo credito) ed ilcuratore quella di convenuto, e il tribunale deve riesaminare l’intero rap-porto da cui trae origine il credito insinuato.

Nell’ambito del giudizio di opposizione il giudice conosce dell’interorapporto allegato dal creditore a sostegno della sua originaria domanda,senza che sia in alcun modo vincolante la motivazione del provvedimentodi rigetto del G.D.: nonostante abbia la natura di impugnazione la opposi-zione in commento e atta solo a determinare il passaggio da una fase a co-

Parte II - Giurisprudenza 337

gnizione sommaria – necessaria –, ad una fase di cognizione piena – even-tuale – avente ad oggetto la medesima pretesa azionata con la insinuazioneal passivo (Cassazione, 18 novembre 1997, n. 11026; Corte Costituzionale,9 marzo 2002, n. 75).

Poiche si tratta di una impugnazione a devolutivita piena, essa «da luo-go a una integrale rinnovazione del giudizio, quali che siano le ragioni delgravame», essendo i giudici della opposizione «comunque investiti della co-gnizione sulla intera pretesa creditoria fatta valere con la domanda di insi-nuazione» (Cassazione, 24 luglio 2003, n. 11456, in Fall. 2004, 1308).

Dalla natura di giudizio a cognizione piena della fase di opposizione exart. 98 legge fallim. deriva la inidoneita probatoria di quegli strumenti cheinvece possono agevolare e sostenere la pretesa del creditore in una fasesommaria quale quella monitoria: basti pensare all’estratto conto di cui al-l’art. 50 t.u. bancario, sufficiente a ottenere la emissione del decreto ingiun-tivo, ma assolutamente inefficacie a provare il credito nella fase di opposi-zione.

Nel procedimento di verifica del passivo e negli inerenti giudizi di oppo-sizione allo stato passivo la posizione di terzieta del curatore e ormai fuori di-scussione (cfr. Cassazione, 14 gennaio 1999, n. 352, in Fall. n. 12/1999, 1315;Cassazione, 6 maggio 1998, n. 4551, in Fall. n. 4/1999, 375), con ogni con-seguenza in ordine alla prova della scrittura ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.

Di qui derivano tutte le conseguenze in punto di efficacia probatoria deidocumenti prodotti dalla opponente e di opponibilita al fallimento che ven-gono allegate nella motivazione che segue, in punto di disamina delle spe-cifiche voci di credito.

Nel quadro delle precisazioni generali sulla natura del giudizio di oppo-sizione, rilevanti ai fini della decisione della fattispecie in esame, va intro-dotta la valutazione della infondatezza delle eccezioni di rito svolte dalla di-fesa della banca in ordine alla tempestivita e ritualita delle domande ricon-venzionali.

Rileva la opponente che la domanda riconvenzionale va proposta, aisensi dell’art. 166 cod. proc. civ., mediante comparsa di costituzione e ri-sposta depositata entro venti giorni prima della udienza fissata ex art.180 cod. proc. civ. A tale proposito va osservato che il giudizio di opposi-zione allo stato passivo si pone in rapporto di specialita con il rito dettatoper il processo civile in generale e che le norme dettate dal codice di ritodebbono e possono essere applicate in quanto compatibili con le normedettate dal legislatore del fallimento. Di conseguenza la norma di cui all’art.166 cod. proc. civ., che impone un termine perentorio al convenuto per for-mulare eventuale domanda riconvenzionale, deve essere coordinato con lanorma di cui all’art. 98 della legge fallimentare, in forza del quale nel giu-dizio di opposizione il creditore opponente puo costituirsi in giudizio fino acinque giorni prima della udienza di comparizione. La applicazione al rito

Il diritto fallimentare delle societa commerciali338

fallimentare della norma prevista dall’art. 166 cod. proc. civ., senza alcunfiltro di coordinamento, imporrebbe al convenuto di formulare la domandariconvenzionale in un termine addirittura anteriore a quello previsto perl’attore per costituirsi in giudizio mediante deposito del proprio fascicoloe documenti: il convenuto potrebbe essere obbligato a spiegare la propriadifesa, anche riconvenzionale, senza avere visto i documenti depositati dallacontroparte.

Per ovviare a questa evidente stortura, ed al vulnus al diritto di difesache ne consegue, la giurisprudenza di merito fino ad ora pubblicata e citatacompiutamente dalla difesa del fallimento (Tribunale Monza, 28 gennaio2003, in Fall. 2003, 1123; Tribunale Monza, 12 febbraio 2001, in Fall.2002, 183; Tribunale Verona, 19 dicembre 2001, in Fall. 2002, 1341; Tri-bunale Bari, 27 maggio 1996, in Corr. Giur., 1997, 943), ha escluso la ap-plicabilita dell’art. 166 cod. proc. civ. al rito della opposizione ritenendoche il fallimento convenuto possa costituirsi fino alla udienza ex art. 180cod. proc. civ. e nel medesimo termine possa esperire azione riconvenzio-nale; non manca poi una tesi piu garantista delle ragioni del convenutoche ritiene che questi possa formulare azione riconvenzionale nel terminedi cui all’art. 180 comma 2, cod. proc. civ. (Tribunale Catania, 25 gennaio2000, in Dir. Fall., 2000, II, 196).

Senza in questa sede approfondire il tema della fondatezza delle due tesi– approfondimento non necessario ai fini della decisione de quo posto chele riconvenzionali sono state avanzate in comparsa depositata due giorniprima della udienza ex art. 180 cod. proc. civ. – puo dunque affermarsiche le azioni spiegate dal fallimento sono tempestive.

Del resto la medesima sentenza della Suprema Corte citata dalla difesadella banca (Cassazione, 18 dicembre 1990, n. 11989), affrontando il diver-so tema della applicabilita alla impugnazione della sentenza che decide ilgiudizio di opposizione della norma prevista dall’art. 326 cod. proc. civ.,in motivazione afferma il principio secondo il quale le norme del codicedi rito possono avere applicazione al giudizio ex art. 98 legge fallim. soloin assenza di una disciplina fallimentare espressa e per quanto non fatto og-getto di espressa deroga: principio che impone, in presenza dell’espresso di-sposto di cui all’art. 98 citato, di non poter considerare applicabile la disci-plina generale.

In ordine al secondo rilievo avanzato dalla banca, inerente il rilascio del-la autorizzazione del G.D. alla proposizione di domande riconvenzionaii so-lo in un momento successivo alla proposizione stessa, per conforme giuri-sprudenza di legittimita la mancanza di autorizzazione, al momento dellaformulazione della domanda, genera una mera irregolarita sanabile con l’ot-tenimento e la produzione della autorizzazione prima della pronuncia dellasentenza (ex plurimis Cassazione, 27 marzo 2003, n. 4555; Cassazione, 20settembre 2002, n. 13764; Cassazione, 15 maggio 1997, n. 4310).

Parte II - Giurisprudenza 339

Le relative eccezioni devono quindi essere rigettate.II. La banca chiede di essere ammessa al passivo per A 175.687,51 do-

vuti in quanto saldo passivo di conto corrente.Quanto alla prova della esistenza del credito principale nessuna rilevan-

za probatoria puo essere fornita all’estratto conto ex art. 50 t.u. bancario(doc. 2), utile ai soli fini monitori, la banca infatti ha prodotto al doc. 1un contratto di apertura di conto corrente in mera fotocopia e privo di al-cuna data certa; ne i due documenti, anch’essi in fotocopia (docc. 28 e 29),contenenti calcoli del preteso credito effettuati dalla banca, provenienti uni-lateralmente dalla stessa, privi di valore contrattuale e di data certa. Nessu-na prova e stata pertanto fornita della stipulazione di un contratto bancario,pattuizione che deve essere effettuata in forma scritta a pena di nullita exart. 117 t.u. bancario.

Alcuna rilevanza puo essere fornita alla produzione di documentazionecontenente gli estratti conto del rapporto allegato come esistente fra Fin.-Tess. soc. per az. e Banca si tratta di atti privi di alcuna data certa o veri-ficabile, formati e prodotti unilateralmente dalla banca e non, mentrenon possono essere utilizzati nei confronti del curatore, che non e impren-ditore per i fini di cui all’art. 2710 cod. civ. (Cassazione, 14 gennaio 1999, n.352, in Fall. n. 12/1999, 1315).

L’Istituto di credito che voglia, infatti, essere ammesso al passivo del fal-limento presunto correntista deve dare, soprattutto nel giudizio di opposi-zione, che e giudizio a cognizione piena, piena prova del suo credito ai sensidell’art. 2679 cod. civ. non potendosi giovare nei confronti del curatore,stante la sua posizione di terzo, degli effetti della approvazione tacita delconto ex art. 1832 cod. civ. (peraltro nella presente causa non e stata nem-meno provata la spedizione al correntista), validi solo fra le parti (Cassazio-ne, 9 maggio 2001, n. 6465, in Fall. 2002, 389; Tribunale Monza, 9 aprile2002, in Fall. 2003, 199; Tribunale Padova, 6 agosto 2003, in Giur. Mer.,2004, 922; Tribunale Roma, 24 luglio 2000, in Dir. e prat. Societaria2001, f. 4, 73).

La domanda deve quindi essere rigettata per mancata prova del credito.III. Afferma la opponente che la fallita avrebbe, in data 23 febbraio

2001, rilasciato fideiussione a favore della banca e relativa alle obbligazioniassunte dalla soc. per az. In.Food verso la banca stessa per un importo di 5miliardi delle vecchie lire e che al momento del fallimento il debito dellaln.Food soc. per az. verso la Banca ammontava a A 2.072.103,89.

Vanno accolti in questa sede i rilievi della difesa del fallimento in meritoalla assenza dei sufficienti requisiti di opponıbilita alla procedura della do-cumentazione prodotta dalla banca a prova della esistenza del contratto difideiussione, e conseguentemente deve ritenersi che la banca non abbia for-nito la prova della esistenza della causa del credito.

La banca ha prodotto un contratto, stipulato mediante il riempimento

Il diritto fallimentare delle societa commerciali340

di formulario predisposto dalla banca, in originale; il foglio reca, nella me-desima parte contenente le pattuizioni contrattuali, la sottoscrizione e la da-ta del 23 febbraio 2001: tale data e priva di certezza ai sensi dell’art. 2704cod. civ.

Nel procedimento di verifica del passivo e negli inerenti giudizi di oppo-sizione allo stato passivo la posizione di terzieta del curatore e ormai fuori di-scussione (cfr. Cassazione, 14 gennaio 1999, n. 352, in Fall. n. 12/1999, 1315;Cassazione, 6 maggio 1998, n. 4551, in Fall. n. 4/1999, 375), con ogni con-seguenza in ordine alla prova della scrittura ai sensi dell’art. 2704 cod. civ.

Deve essere all’uopo specificamente esaminato il significato probatoriodel timbro postale apposto nella corrispondenza per autoprestazione (cheha sostituito la corrispondenza c.d. «in corso particolare»).

L’art. 2704 cod. civ., pacificamente applicabile nei rapporti tra il cura-tore ed i terzi che hanno stipulato con il fallito (sia pure limitatamente allasede della verifica dello stato passivo e nel conseguente giudizio di opposi-zione), posto che, in relazione a tali rapporti, il curatore va ritenuto estraneoalla pattuizione, elenca una serie di fatti idonei ad attribuire certezza alladata della scrittura.

Vero e che tale elencazione non e tassativa, poiche la legge stessa con-sente la possibilita di apprezzare come equipollente dei fatti enunciatiespressamente anche «un altro fatto che stabilisca in modo certo l’anterioritadella formazione del documento» (il giudizio sulla idoneita del fatto atipicoad attribuire certezza alla data del documento e sottratto al sindacato di le-gittimita in quanto trattasi di apprezzamento di merito).

E altrettanto vero, pero, che il fatto de quo deve essere dotato di taleforza probatoria da porsi con uguale grado di certezza rispetto ai fattiespressamente elencati dall’art. 2704 cod. civ., altrimenti verrebbe frustratala ratio della norma, di impedire le frodi a danno dei terzi.

D’altronde, non e che si debba necessariamente presumere che alcunoponga in essere comportamenti fraudatori delle ragioni dei creditori; gli eche la legge tende a prevenire le frodi con riferimento a qualunque sogget-to, e non e dato in questa sede distinguere il trattamento ex lege in base allaconsiderazione della maggiore o minore credibilita istituzionale che puoavere l’uno o l’altro creditore, atteso che tale facolta di discernimentonon e consentita dall’art. 2704 cod. civ.

La frode sarebbe la conseguenza che si potrebbe astrattamente verifica-re considerando come idonei ad attribuire certezza alla data del documentodei fatti che, di per se, si potrebbero prestare ad interpretazione non uni-voca rispetto alla loro pretesa idoneita.

Nessuno potrebbe contestare l’inequivoca forza probatoria che puoavere la registrazione dell’atto presso un ufficio pubblico, la morte del sog-getto che ha compiuto l’atto, o la sopravvenuta sua impossibilita fisica, o lariproduzione in atti pubblici della scrittura.

Parte II - Giurisprudenza 341

La stessa norma di cui all’art. 2704 cod. civ. parla di un «fatto che sta-bilisca in modo egualmente certo l’anteriorita».

Tale forza probatoria non puo essere comunque riconosciuta al timbropostale, anche se esso sia stato apposto da un terzo rispetto alla formazionedel documento (l’incaricato dell’Ufficio Postale) ed anche se esso formi uncorpo unico con il foglio sul quale il timbro e apposto, anche se nella partecontenente l’indirizzo del destinatario (cosı Cassazione, 25 luglio 1997, n.6943).

Il timbro postale si presta invero ad equivoche interpretazioni circa ladata, quando sia stato apposto semplicemente sul foglio cioe sulla cartache contiene il documento, essendo in concreto possibile provvedere allacertificazione della data mediante l’apposizione del timbro sul foglio noncompilato, senza la sua contestuale spedizione, ovvero con la spedizione al-lo stesso mittente o ad altri soggetti del foglio (non compilato) ripiegato intre parti a mo’ di busta, in modo da non consentire la visione del contenutodall’esterno, con la possibilita dunque di compilarlo in futuro (cfr. Tribuna-le Trieste, 29 febbraio 1996, in Nuova giur. civ. comun. 1997, 596, per ilquale «...nulla impedisce di ritenere che il lato scritto fosse «bianco» al tempodella spedizione»).

Pertanto il timbro postale non attribuisce con certezza data certa al con-tenuto del documento in cui esso e apposto, cosicche anche solo l’astrattapossibilita che il mezzo de quo possa prestarsi ad un uso distorto non puoche escludere la sua valenza probatoria in ogni caso in cui non sia suffragatoda altri elementi che ne evidenzino la assoluta incontestabilita.

Tale ultima situazione si potrebbe verificare soltanto se il timbro fosseapposto non sul foglio, cioe sulla carta come tale, bensı sulla scrittura, all’in-terno del foglio, tale che l’inchiostro del timbro fosse chiaramente appostosopra, e quindi successivamente, almeno in parte, all’inchiostro della scrit-tura (cfr. Tribunale Padova, 2 marzo 1999,in Fall. n. 8/1999, 934, confer-mata da Appello Venezia, 17 maggio 2000, secondo cui «...con il terminedocumento non si intende il foglio in quanto tale, bensı quel foglio riempitocon la relativa scrittura. Con l’ulteriore conseguenza che, ove la scrittura, co-me di regola avviene, acquisti giuridica rilevanza con la sottoscrizione delleparti, il «documento» sara a sua volta rilevante (e, in definitiva, sara giuridi-camente utilizzabile) quando sia stato formato con le sottoscrizioni del caso(...) cosicche davvero non sembra possibile dubitare che, laddove, nella stessanorma, si fa riferimento alla «formazione del documento», quest’ultimo nonpuo essere considerato nella pura materialita fisica del supporto cartaceo, pre-scindendo dalla scrittura sul medesimo apposta. Ma allora, deve convenirsiche, ai fini di che trattasi, non e sufficiente, per attribuire data certa alla scrit-tura, che il fatto atipico (nella specie il bollo postale) consenta di ritenere che,ad una determinata data, il «supporto materiale» gia esisteva, bensı che dettofatto consenta di ritenere che, a quella data, su quel «supporto materiale» gia

Il diritto fallimentare delle societa commerciali342

era stata apposta e sottoscritta la scrittura privata della quale si controverte(...) essendo la norma dettata al fine di determinare la «certezza» della datadella scrittura (e non gia la possibilita ovvero la probabilita che la scritturarisalga ad una determinata data) (...), laddove, nel caso che ne occupa, e lagia avvenuta sottoscrizione ad una determinata data – e quindi la giuridicaesistenza della scrittura – che l’apposizione del timbro postale, nel contestosopra descritto, non e idonea a comprovare)»; l’orientamento e stato confer-mato da Appello Venezia, 15 giugno 2000; cfr., nello stesso senso, AppelloVenezia, sent. n. 1858/1994; cfr. anche Tribunale Padova, 30 maggio 2002,in Fall., 2003, 326; Tribunale Padova, 3 marzo 2003, in Fall., 2003, 897).

Cio vale ad escludere, nel caso concreto, la valenza probatoria del tim-bro postale apposto sul foglio contenente le condizioni contrattuali e sul re-tro dello stesso: la unica valenza che puo essere conferita alla timbratura dequo e quella di provare in maniera certa la esistenza concreta del modulocartolare ma «non che esso sia stato completato e sottoscritto prima del fal-limento».

Dunque, la timbratura postale ex se (mancando cioe altri significativielementi) non puo essere considerata tra i fatti equipollenti nel conferire da-ta certa, e l’onere probatorio resta a chi vuole dimostrare la data della scrit-tura, non a chi contesta l’idoneita del fatto equipollente (in tal senso, cfr.Appello Venezia, 17 maggio 2000, per cui «...nessun onere di prova contra-ria (del resto dalla legge non richiesto) incombe sul terzo (ossia il Fallimento)a cui la scrittura viene opposta»).

Poiche la corrispondenza in corso particolare non consentiva un tran-quillizzante risultato in ordine alla certezza della data della scrittura in essacontenuta, prevalendo invece le situazioni di incertezza, l’art. 41 del CodicePostale (d.p.r. 29 marzo 1973, n. 156), che prevedeva (alla lettera b) taleforma particolare di invio, e stato abrogato dall’art. 16 del d.lgs. 22 luglio1999, n. 261 e, pertanto, la corrispondenza in corso particolare oggi nonesiste piu.

Si pensi per vero alla singolarita di tale corrispondenza (consistente nel-la presentazione di un piego, aperto o chiuso, da parte del mittente, che neera anche il destinatario, consentendo alle Poste di evitare il lavoro del ritiroe, poi, della consegna del piego al mittente-destinatario stesso, limitandosiinvece a provvedere all’annullo del francobollo), da cui i mittenti non si se-paravano mai, provvedendo essi stessi alla presentazione all’addetto all’Uf-ficio postale, che apponeva ıl timbro sul foglio praticamente a mani del pre-sentatore, con le conseguenze che si sanno in ordine al significato probato-rio di tale gesto, posto che il foglio poteva anche essere presentato aperto(sul diritto o sul rovescio), e, dunque, si poteva inferire che il timbro dessecertezza alla data della scrittura.

Attualmente, la corrispondenza in corso particolare e stata sostituitadalla cosi detta «autoprestazione», cioe la prestazione di servizi postali da

Parte II - Giurisprudenza 343

parte della persona fisica o giuridica che e all’origine della corrispondenza,prevista dall’art. 8 del d.lgs. 22 luglio 1999, n. 261, che e caratterizzata da:presentazione da parte del mittente-destinatario del plico chiuso; apposizio-ne della dicitura «autoprestazione» sul fronte del plico; affrancatura in basealle vigenti tariffe del Corriere Prioritario; apposizione del bollo a data daparte dell’addetto e immediata restituzione al presentatore.

Essendo il plico per norma sempre chiuso, e evidente che non possonopiu farsi questioni sulla data della scrittura contenuta in esso, non essendole Poste dotate di apparecchiature per la lettura ai raggi X, per cui tale mezzodi invio non puo piu neppure lontanamente somigliare a quelli che la normadell’art. 2704 cod. civ. indica direttamente, o descrive come equipollenti.

Il titolo che fonderebbe il credito della banca avverso il fallimento non edunque stato provato.

Inammissibili le prove per testi dedotte dalla banca in corso di causa ereiterate in sede di precisazione delle conclusioni, per le medesime argo-mentazioni svolte dal G.I. in sede di ordinanza istruttoria: la prova della da-ta certa – dovendosi peraltro superare il limite di valore del contratto di perse ostativo alla ammissione della prova – puo essere fornita per testi maquest’ultima deve riguardare circostanze estranee alla formazione dellascrittura stessa, che consentano di ancorare e collegare in maniera certa etranquillante la formazione del documento a un momento storico, e nongia la formazione stessa della scrittura (Cassazione, 4 giugno 1986, n.3742; in motivazione Cassazione, 8 novembre 2001, n. 13183).

Per completezza di motivazione deve osservarsi che non paiono privi difondamento i rilievi dalla difesa della procedura in ordine alla gratuita delnegozio di prestazione di garanzia a favore della banca e alla conseguenteinefficacia ipso iure ex art. 64 legge fallim.

Anche volendo aderire alla teoria, in questo caso sfavorevole alla proce-dura, sostenuta dalla S.C. e relativa alla applicabilita della presunzione exart. 2901 cod. civ. di onerosita delle garanzie prestate dal terzo in modocontestuale al sorgere del credito, tale circostanza non esclude che possa es-sere fornita dalla procedura, trattandosi di presunzione iuris tantum, provadella gratuita del negozio.

E ben vero quanto affermato dalla difesa della banca, ovvero che la fal-lita, societa finanziaria e capogruppo del cd gruppo Tessarin, prevedeva nelsuo oggetto sociale la prestazione di garanzie e favore di societa partecipateo controllate – come normale nel caso di societa finanziarie –, ma e altresıvero che la fallita era pur sempre una societa commerciale tesa al profitto enon alla crescita degli utili: la erogazione di garanzie, come ogni altra suaattivita, aveva un senso economico e rientrava nell’oggetto sociale solo inquanto potenzialmente idonea a portare benefici alla garante, fossero essibenefici diretti o indiretti, comunque traducentesi in produzione ed aumen-to e degli utili.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali344

Per contro la lettura della documentazione prodotta dalla banca in re-lazione alla situazione patrimoniale e finanziaria della garantita e partecipataIn.Food. non pare fornire alcuna informazione positiva circa la prospetta-bilita di un vantaggio, cd compensativo, a favore della Fin.Tess.: dai bilancidella partecipata emerge negli anni 1999 e 2000, immediatamente prece-denti la data della pretesa prestazione di garanzia, una imponente crisi diliquidita con una differenza negativa fra crediti e debiti a breve terminedi oltre 15 miliardi di vecchie lire per il 99 e di circa 16 miliardi per l’annosuccessivo; non a caso nel corso dell’esercizio 2001, il medesimo in cui siafferma essere stata rilasciata la fideiussione, la Fin.Tess. provvedeva a sva-lutare in bilancio la partecipazione In.Food. Lo stesso collegio sindacaledella fallita, nel gennaio 2001, pochi giorni prima la data della pretesa fi-deiussione, rilevava che i crediti verso le partecipate erano a forte di rischiodi realizzo e che si prevedevano forti perdite gestionali delle medesime so-cieta (doc. 6 parte opposta).

IV. La banca chiede di essere insinuata al passivo per la somma di A97.002,47 dovute in forza di garanzia fideiussoria rilasciata il 15 ottobre1998 dalla fallita a favore della banca e relativa al debito della Ardea soc.a resp. lim., societa anch’essa partecipata dalla fallita e facente parte delcd «gruppo» Tessarin.

A fronte del proprio preteso credito la banca aveva ottenuto, preceden-temente al fallimento, un decreto ingiuntivo sia nei confronti della Ardeasoc. a resp. lim. che nei confronti della Fin.Tess. soc. per az.: la dichiarazio-ne di fallimento della Fın.tess. soc. per az. e pero intervenuta prima che tra-scorressero i termini per la proposizione della opposizione con la conse-guente mancata definitivita del decreto e la sua inopponibilita al fallimento.

La dottrina e la giurisprudenza prevalenti, tra cui anche la prassi costan-temente seguita da questo tribunale, sono concordi nel ritenere che l’art. 95legge fallim., contrariamente a quanto sostenuto dalla difesa della banca,non si applichi, nella parte in cui prevede che il fallimento, per potere riget-tare il credito asseverato da sentenza non passata in giudicato, debba impu-gnare la sentenza stessa: al contrario il credito asseverato da decreto nondefinitivo puo essere liberamente rigettato ove non si ritenga provato il cre-dito senza alcun onere di proporre opposizione (Cassazione, n. 90/2974; n.91/10269; n. 94/10260; n. 95/3580; n. 97/9346); n. 98/7221).

Il creditore deve quindi fornire piena prova del proprio credito non po-tendosi giovare dell’accertamento monitorio; a tale proposito la banca haprodotto copia della documentazione prodotta in allegato alla richiesta diD.I. oltre a ulteriore documentazione inerente il rapporto debitorio princi-pale fra la Ardea soc. a resp. lim. e la banca.

Deve essere respinta in merito la argomentazione svolta dalla difesa delfallimento e relativa alla assenza di data certa della fideiussione in esame:pur essendo stato apposto sul retro del foglio recante la sottoscrizione delle

Parte II - Giurisprudenza 345

parti timbro postale in autoprestazione – per cui valgono le medesime con-siderazioni svolte al punto precedente – deve rilevarsi che il documento ri-sulta, dalla documentazione prodotta, allegato alla istanza per decreto in-giuntivo, pacificamente depositata in data anteriore al fallimento, circostan-za che, a parere di questo giudice, costituisce elemento da cui dedurre conragionevole certezza ex art. 2704 cod. civ. che il documento sia stato forma-to in data anteriore alla procedura e quindi sia alla stessa opponibile.

Quanto alla prova della esistenza del credito principale nessuna rilevan-za probatoria puo essere fornita all’estratto conto ex art. 50 t.u. bancario,utile ai soli fini monitori, ben potendosi dire altrettanto della ulteriore do-cumentazione prodotta in sede di opposizione: la banca infatti ha prodottoal doc. 40 una lettera in fotocopia contenente una richiesta a firma Ardea diampliamento dei fidi – priva di data certa in maniera radicale – e una letteradi pretesa risposta della banca, anch’essa priva di data certa in quanto re-cante timbro postale in autospedizione. Nessuna prova e stata pertanto for-nita della stipulazione di un contratto bancario – facendo peraltro riferi-mento le due missive di cui sopra ad un precedente rapporto su cui si inne-stava la richiesta di modifica –, pattuizione che deve essere effettuata in for-ma scritta a pena di nullita ex art. 117 t.u. bancario.

Alcuna rilevanza puo essere fornita alla produzione di documentazionecontenente gli estratti conto del rapporto fra Ardea e Banca: si tratta di attiprivi di alcuna data certa o verificabile, formati e prodotti unilateralmentedalla banca, di cui non vi e modo alcuno, non essendo peraltro la fallita par-te del rapporto, di verificare la spedizione al correntista e la mancata impu-gnazione.

Neppure gli estratti conto quindi possono servire al caso, poiche pro-vengono dalla Banca Ricorrente e non hanno valore contrattuale, mentrenon possono essere utilizzati nei confronti del curatore, che non e impren-ditore per i fini di cui all’art. 2710 cod. civ. (Cassazione, 14 gennaio 1999, n.352, in Fall. n. 12/1999, 1315).

L’Istituto di credito che voglia, infatti, essere ammesso al passivo del fal-limento presunto correntista deve dare, soprattutto nel giudizio di opposi-zione, che e giudizio a cognizione piena, piena prova del suo credito ai sensidell’art. 2679 cod. civ. non potendosi giovare nei confronti del curatore,stante la sua posizione di terzo, degli effetti della approvazione tacita delconto ex art. 1832 cod. civ. (peraltro nella presente causa non e stata nem-meno provata la spedizione al correntista), validi solo fra le parti (Cassazio-ne, 9 maggio 2001, n. 6465, in Fall. 2002, 389; Tribunale Monza, 9 aprile2002, in Fall. 2003, 199; Tribunale Padova, 6 agosto 2003, in Giur. Mer.,2004, 922; Tribunale Roma, 24 luglio 2000, in Dir. e prat. Societaria2001, f. 4, 73).

La domanda deve quindi essere rigettata per mancata prova del creditoprincipale cui afferisce la garanzia prestata dalla fallita. A nulla rileva, sul

Il diritto fallimentare delle societa commerciali346

punto, la circostanza della avvenuta ammissione del credito della banca ver-so Ardea soc. a resp. lim. allo stato passivo del fallimento dı quest’ultima –dichiarato successivamente a quello della Fin.tess. soc. per az. dal Tribunaledi Ferrara, avendo pacificamente il provvedimento di ammissione allo statopassivo mera efficacia endofallimentare, e peraltro non avendosi alcunaprova o riscontro della documentazione allegata alla istanza di ammissione.

V. Il credito di ulteriori A 58.293,13 deriverebbe da altra garanzia fi-deiussoria rilasciata dalla fallita in data 19 ottobre 1999 a favore della bancae relativa a obbligazioni della Riva Acquacultura soc. a resp. lim., anch’essapartecipata dalla Fintess soc. per az.

Non essendo il decreto ingiuntivo, richiesto e ottenuto dalla banca av-verso il debitore principale e la garante in bonis, divenuto definitivo alla da-ta del fallimento, valgono qui le medesime considerazioni svolte al puntoche precede. Analoghe considerazioni a quelle svolte per la posizione Ar-dea, in relazione alla esistenza di data certa anteriore al fallimento, vannorichiamate per la documentazione allegata al ricorso per decreto ingiuntivoper la posizione Riva.

Diversamente concludendo si deve pero in questo caso ritenere provatala sussistenza non solo del titolo avverso la fallita anche del credito princi-pale verso la Riva, poiche la documentazione prodotta in sede monitoria,relativa al mutuo per credito peschereccio stipulato dalle parti e asseveratodalla emissione di relativa cambiale privilegiata, e anch’essa opponibile alfallimento avendo data sicuramente anteriore al medesimo, ed e sufficientea fare ritenere provato il credito.

Il credito va quindi ammesso come richiesto.VI. La domanda di ammissione per A 1.456.271,76 si riferisce a un de-

bito di Savino Tessarin quale titolare della Azienda Agricola Tessarin Savi-no contratto nei confronti della banca mediante la sottoscrizione di cambia-li agrarie, avallate per garanzia dalla Fin.tess. soc. per az. a mezzo del suolegale rappresentante, Savino Tessarin.

Nessuna eccezione svolge la difesa del fallimento in merito alla formalevalidita ed opponibilita alla procedura dei titoli cambiari prodotti dalla op-ponente, peraltro in mera fotocopia.

Fondata appare la doglianza del fallimento circa la nullita del negoziogiuridico di avallo prestato dalla fallita a favore dell’azienda agricola Tessa-rin Savino: con l’avallo l’amministratore della societa garante (Fin.tess. soc.per az.) ha prestato garanzia, impegnando con cio il patrimonio della per-sona giuridica a favore di se stesso personalmente, in evidente conflitto diinteressi e realizzando una delle ipotesi tipiche di reato previste dall’art.2624 cod. civ. previdente, ovvero il farsi prestare dalla societa garanziaper debiti propri.

La violazione dell’art. 2624 cod. civ. e stata dalla giurisprudenza piu re-cente di legittimita rigorosamente qualificata come causa di radicale nullita

Parte II - Giurisprudenza 347

del negozio, sulla scorta della identita tra norme penalmente sanzionate enorme imperative, la cui violazione determina nullita del negozio (Cassazio-ne, 14 maggio 1999, n. 4774; Cassazione, 4 febbraio 2000, n. 1228; Cassa-zione, 2 aprile 1998, n. 2858).

Non si vede come, seguendo le argomentazioni della banca, si possa dif-ferenziare il soggetto fisico Tessarin Savino dalla azienda agricola – impresaindividuale – da lui posseduta; si tratta di impresa individuale che si iden-tifica con il soggetto fisico che ne e il titolare e i cui rapporti debitori e cre-ditori nessuna distinzione possono avere da quelli che il Tessarin avessecontratto per questioni personali e non imprenditoriali. I debiti della azien-da agricola erano e sono debiti propri del titolare essendo unico il patrimo-nio su cui i creditori si possono rivalere: basti pensare alla ipotesi di falli-mento dell’imprenditore individuale nella cui massa passiva confluisconotutti, di qualsiasi natura, i debiti contratti dal soggetto fallito.

Sul punto e gia stato stabilito che la fideiussione rilasciata dall’ammini-stratore di una soc. per az. in favore di una soc. nome coll. di cui l’ammini-stratore sia socio e nulla per violazione dell’art. 2624 cod. civ. (TribunalePadova, 25 febbraio 2002, in Giur. Merito, 2002, 986 ed in Societa, 2002,1267).

La realizzazione di un negozio in violazione di una norma imperativa,quale certamente e la norma penale che sanziona come reato la condottastessa. E causa di nullita radicale del negozio stesso: la nullita colpisce l’attoal suo sorgere e non puo essere sanata da una norma successiva che abrogao sostituisce la fattispecie criminale. Non si deve infatti confondere il pianocivilistico, che e quello che a noi esclusivamente interessa, da quello penali-stico: indubbiamente sotto il profilo penale la abrogazione del reato o la suamodifica in melius giova all’imputato che non sia ancora stato raggiunto dalgiudicato, ma il principio del favor rei non va confuso o sovrapposto a quel-lo della irretroattivita della legge civile, per cui la nullita di un atto non puocertamente essere sanata da una modifica legislativa successiva all’atto inforza del quale il negozio sarebbe valido (Cassazione, 21 febbraio 1995,n. 1877). Il ragionamento e ancora di piu comprensibile se si pensi ad esem-pio ad una donazione di bene immobile conclusa in via orale, e pertantoradicalmente nulla per carenza di forma: certamente, se dopo il perfeziona-mento della donazione orale, intervenisse una legge che stabilisce che talinegozi possono essere conclusi anche oralmente, il nostro contratto rimar-rebbe nullo, senza potersi giovare della nuova normativa.

A completamento della motivazione si osserva poi che anche alla lucedel nuovo articolo 2634 cod. civ. la condotta del Tessarin, che si fa prestaredalla societa garanzia per debiti propri, non potendosene certamente esclu-dere il dolo, presenta profili di dubbia liceita anche penalistica.

Essendo l’avallo della fallita nullo ex art. 1418 cod. civ. nessuna pretesasulla scorta di esso puo essere avanzata avverso il fallimento.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali348

VII. Da ultimo la opponente chiede la ammissione in prededuzione del-le spese legali sostenute per la presentazione della istanza di fallimento.

La istanza di fallimento puo essere presentata dalla parte personalmentee non necessita dell’ausilio di un legale, non spettando quindi in ogni caso eper nessuna ragione le spese legali – a meno che, secondo taluni, non si sia-no dovute svolgere complesse argomentazioni giuridiche, ipotesi certamen-te non ricorrente nel caso de quo; il credito relativo in ogni caso sarebbematurato prima del fallimento, e non potrebbe certamente essere avanzatoverso la massa, in cio consistendo invece la invocata prededuzione. Possonoquindi essere ammesse, come spese accessorie al credito, le spese vive soste-nute per la presentazione della istanza, assenti nel caso in esame, stante l’in-tervenuta eliminazione del bollo a seguito della entrata in vigore del t.u.spese di giustizia.

Le spese dell’istante quindi non possono trovare alcuna utile collocazio-ne nel fallimento.

Rigettate nella quasi totalita le opposizioni svolte dalla opponente, lespese seguano la soccombenza. (Omissis)

Parte II - Giurisprudenza 349

TRIBUNALE DI MESSINA18 aprile 2005

Pres. Suraci - Est. Blatti

Niceta Liliana-Siracusano Pasquale (proponenti: Avv. R. Venuto -Avv. F. Bruschetta) c. Marsala Filippo Soc. a resp. lim.

(assuntore: Avv. R. Venuto)c. Fallimento My Market di legge Niceta & C. Soc. acc. sempl.

c. Intesa Gestione Crediti Soc. per az. (opponente: Avv. G. Staiti)

Fallimento - Concordato fallimentare - Concordato con assuntore - Giudi-zio omologazione - Limiti assunzione pagamenti debiti(Legge fallim., art. 44, 52, 93 seg.; Cod. Proc. Civ. art. 215; Cod. Civ.art. 2704, 2709, 2710)

E inammissibile la proposta di concordato che limiti l’impegno dell’assun-tore al pagamento dei creditori che abbiano gia presentato domanda di ammis-sione al passivo, cosı escludendo dal soddisfacimento dei crediti concordatariquelli che dovessero divenire tali in seguito all’accoglimento delle azioni revo-catorie fallimentari (1).

La mancata prestazione, entro il termine di apertura del giudizio di omo-logazione, della garanzia fideiussoria promessa dall’assuntore per l’esecuzionedel concordato costituisce inadempimento della medesima proposta, tale daimpedire al tribunale di valutare, nella sede propria del giudizio di omologa-zione del concordato, la congruita e validita delle garanzie offerte (2).

La Corte ecc. (Omissis)Svolgimento del processo. – Con ricorso, depositato in cancelleria in data

(1-2) Il tribunale messinese ha bocciato una proposta di concordato, rilevando come laclausola di limitazione di responsabilita, escludendo dalla liquidazione concordataria i creditiche eventualmente dovessero sorgere ex art. 71 legge fallim. dall’accoglimento delle azionirevocatorie – e come tali non insinuati al passivo – determini un’inaccettabile disparita di trat-tamento tra le due classi di creditori. E cio perche crediti anteriori alla dichiarazione di fal-limento sono anche quelli il cui pagamento, avvenuto prima del fallimento in forza di un attoestintivo pienamente valido, sia dichiarato inefficace nei confronti della massa in applicazionedell’art. 67 legge fallim.

L’orientamento prevalente (gia da Cassazione, 14 luglio 1965 n. 1491, in questa Rivista,1965, II, 538, con osservazioni di Provinciali; per un’esaustiva rassegna si veda da ultimoMontanari, Clausole limitative della responsabilita dell’assuntore del concordato e giudicatodi omologazione, nota a Cassazione, 17 marzo 2004 n. 5391, in Fallimento, 2005, 539) ritieneinvece «ammissibile e legittima la clausola di limitazione di responsabilita dell’assuntore aisoli creditori ammessi al passivo» (arg. ex art. 135, comma 1, ult. inciso, legge fallim. (non

17 settembre 2002, integrato con memorie di precisazione del 13 marzo2003 e del 23 maggio 2003, Niceta Liliana, n.q. di socia accomandatariadella My Market di legge Niceta & C. soc. acc. sempl., Siracusano Pasquale,quale socio illimitatamente responsabile della predetta soc. acc. sempl. non-che in proprio, entrambi dichiarati falliti con sentenza del Tribunale diMessina del 1 febbraio 1996, e la Marsala Filippo soc. a resp. lim., in per-sona del legale rappresentante pro-tempore, quest’ultima nella qualita di as-suntore, chiedevano di essere ammessi alla procedura di concordato falli-mentare, proponendo le seguenti condizioni:

1) pagamento immediato delle spese di giustizia, del compenso del cu-ratore e della totalita dei crediti privilegiati entro tre mesi dalla data di omo-logazione del concordato;

2) il pagamento per i crediti chirografari nella misura totale del 16%, dicui il 20% del dovuto entro tre mesi dalla data di omologazione del concor-

Parte II - Giurisprudenza 351

modificato dalla riforma); l’impegno a soddisfare – sia pur in percentuale – anche gli altri cre-ditori e condizione per l’immediata liberazione del debitore: Appello Milano, 10 luglio 2002,in Fall. 2003, 224, s.m.). I giudici di Messina evidenziano il pregiudizio che la veduta clausoladi limitazione recherebbe ai creditori non insinuati, che non potrebbero far valere le loro ra-gioni verso l’assuntore, al quale, in esecuzione del concordato, sarebbero trasferiti i beni deldebitore, ne verso il debitore che se ne e spogliato (Tribunale Roma, 30 settembre 1993, inGiur. merito 1994, 4, con nota di Granzotto).

In secondo luogo, a dispetto della dichiarata «inammissibilita», la sentenza si spinge adesaminare «il merito delle proposte e la serieta delle garanzie offerte» (art. 130 legge fallim.),assumendo che la mancata prestazione in termini della fideiussione da parte dell’assuntoreintegri un colpevole inadempimento. Invero legittimita e merito appaiono inevitabilmenteconnessi, giusta la natura complessa dell’istituto (sı da rendere velleitario non tanto privilegia-re, quanto distinguere i profili processuali – ritenuti prevalenti dalla tesi pubblicistica: Ragu-

sa Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova 1994, pag. 499; Mazzocca, Manua-le di diritto fallimentare, Napoli 1996, pag. 469 – da quelli negoziali – valorizzati dalla tesicontrattualistica: Satta, Diritto Fallimentare, Padova 1996, pag. 358; Ferrara – Borgioli,Il Fallimento, Milano 1995, pag. 634), in un giudizio che, consistendo in definitiva nella va-lutazione della proposta come «accettabile» soluzione compromissoria – ove accettabile e l’e-sito che realizzi l’optimum economico – poggia principalmente su quegli elementi strutturalidell’accordo che, indicati dall’art. 124, inducono a ritenere «conveniente» la proposta (art.125); e tuttavia, nel complesso giudizio di sintesi, sono nettamente distinti, quanto meno sottoil profilo logico, il controllo relativo alla sussistenza dei requisiti formali previsti dalla legge(cfr. da ultimo Tribunale Napoli, 19 gennaio 2000, Giur. nap., 2000, 230), le c.d. «condizionidi ammissibilita» del (vecchio) concordato preventivo (art. 160, previgente) – e la valutazionedi merito (cfr. Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano 1993, pag. 688; Mazzocca,cit., pag. 482; Bonsignori, Diritto Fallimentare, Torino 1992, pag. 279). Di conseguenzal’«inammissibilita» blocca il giudizio all’esito negativo della verifica sulla ritualita del proce-dimento e sull’osservanza degli adempimenti imposti dalla legge per l’intera sequenza proce-dimentale, definendolo con pronuncia di rito. Il tribunale entra invece nel merito, pronun-ciandosi sulla congruita e validita delle garanzie offerte, rifiutando l’omologazione per gli ef-fetti pregiudizievoli nei confronti dei creditori ex art. 71 legge fallim. e per la condotta«colposa» dell’assuntore.

dato, la rimanente quota pari all’80% del dovuto in cinque rate, con sca-denza trimestrale di pari importo; il termine di esecuzione del concordatoveniva fissato in 18 mesi dalla data di passaggio in giudicato della sentenzadi omologa;

3) la prestazione di una garanzia fideiussoria (mediante polizza assicu-rativa fideiussoria resa da Compagnia di Assicurazione primaria) di A

4.000.000,00 da parte della Filippo Marsala soc. a resp. lim., da depositarsientro il termine di apertura del giudizio di omologazione.

L’obbligo di eseguire il concordato veniva assunto dalla Filippo Marsalasoc. a resp. lim., a condizione che fossero trasferite alla stessa le attivita ac-quistate o acquistande al fallimento (beni immobili, beni mobili, aziende,crediti) e le azioni revocatorie. La stessa societa si impegnava al pagamentodelle somme concordatarie in confronto di tutti i creditori anteriori alla di-chiarazione di fallimento, sempre che avessero presentato domanda di am-missione al passivo e nei limiti della stessa.

Il curatore con relazione depositata il 3 marzo 2003 esprimeva parere

Il diritto fallimentare delle societa commerciali352

Anche sul punto non si concorda con l’opinione del collegio messinese. E dubbia la le-gittimazione dell’assuntore ad agire e a contraddire «in proprio» rispetto alla curatela falli-mentare e ai creditori opponenti in un giudizio a carattere officioso e, secondo l’opinione pre-valente, a contraddittorio eventuale: in assenza di creditori opponenti, parte necessaria e soloil fallito (Ragusa Maggiore, cit., pag. 516; Mazzocca, cit., pag. 471; Satta, cit., pag. 412;in giurisprudenza v. Cassazione, 2 giugno 1994, n. 5350: «in sede di omologazione di concor-dato preventivo, il garante del concordato non e parte necessaria del giudizio, in quanto lacomparizione dei fideiussori e prevista solo in relazione all’eventuale risoluzione del concor-dato medesimo» ex artt. 137 e 186 legge fallim.; v. anche Tribunale Vicenza, 28 giugno 1993,in Fallimento, 1994, pag. 85; Appello Roma, 6 dicembre 1988, Giur. merito, 1989, pag. 1117contra, Cass. 11 novembre 1974 n. 3518, in questa Rivista, 1975, II, 49, ritiene assunta la vestedi parte anche il garante che sottoscrive la proprosta di concordato). In ogni caso, l’obbliga-zione dell’assuntore, diviene attuale solo a seguito della omologazione del concordato e, pre-cisamente, dalla data di pubblicazione della sentenza omologativa da parte del tribunale invirtu della provvisoria esecutivita della stessa (Tribunale Catania, 16 settembre 1999, in Ban-ca, borsa, 2000, II, 595). Si veda anche Cass. 20 gennaio 1984, n. 455 (in questa Rivista, 1984,II, 448; Giur. Comm. 1984, II, 785; Fall. 1984, 945; Giur. It., 1985, I, 1, 358) secondo cui glieffetti del concordato fallimentare non derivano dalla convenzione delle parti a contenuto re-missorio o liberativo, ma dalla legge, che attribuisce alla sentenza di omologazione l’effetto disovrapporsi agli accordi tra le parti, che ne costituiscono soltanto il presupposto e che in essasono trasfusi e rimangono assorbiti. Ne consegue che, nell’ipotesi di una proposta di concor-dato sottoscritta, oltre che dal debitore, da un altro soggetto in qualita di assuntore, e di suc-cessiva modificazione di tale proposta, la sentenza che abbia omologato il concordato in basealla proposta modificata spiega i suoi effetti anche nei confronti dell’assuntore che non abbiaproposto opposizione nel giudizio di omologazione e non abbia successivamente impugnato-to la relativa sentenza; con la conseguenza che l’assuntore del concordato non puo ritenersiliberato dagli obblighi secondo quanto e stabilito nella sentenza, ancorche essa sia difformedalla proposta, da lui formulata, di limitare il proprio obbligo al pagamento dei crediti am-messi al passivo.

interlocutorio attraverso il quale venivano richieste alcune precisazioni, de-positate le quali veniva richiesto il parere del Comitato dei creditori. Que-st’ultimo, ritualmente interpellato, nulla opponeva. Conseguentemente ilG.D. con provvedimento del 16 giugno 2003 ordinava la comunicazioneimmediata a tutti i creditori della proposta e fissava al 16 luglio 2003 il ter-mine entro il quale i creditori dovevano fare pervenire al tribunale la lorodichiarazione di dissenso.

In data 18 luglio 2003 veniva redatto verbale di dichiarazione di voto,in esito alla quale il G.D., con ordinanza pronunciata ai sensi dell’art. 129legge fallim., rilevato che era stata raggiunta la maggioranza numerica deicreditori mentre non era stata raggiunta la maggioranza in somma dei cre-diti prevista dall’art. 128 legge fallim., tenendo conto anche dei crediti na-scenti da fideiussione, dichiarava respinta la proposta di concordato. Inesito a reclamo ex art. 26 legge fallim., il tribunale, accogliendo il ricorsoproposto, annullava il decreto del giudice delegato, dichiarando raggiuntala maggioranza ex art. 128 legge fallim.; rimetteva quindi gli atti al G.D.per i provvedimenti di competenza ai fini dell’apertura della proceduradi concordato, che veniva dichiarata aperta dallo stesso G.D. con provve-dimento del 12 novembre 2003, fissando l’udienza di comparizione del 18dicembre 2003.

Comunicata e pubblicata la detta ordinanza come per legge, con atto dicitazione notificato il 12 dicembre 2003, la Intesa Gestione Crediti soc. peraz., nella qualita di creditore dissenziente, proponeva opposizione all’omo-logazione del concordato per i seguenti motivi:

1) nella proposta venivano illegittimamente unificate le masse attive deifallimenti in questione;

2) si ometteva di precisare quale sarebbe stato l’attivo realizzabile daciascuna massa, cosicche non poteva valutarsi adeguatamente la convenien-za della proposta;

3) illegittimamente essa postergava il pagamento dei creditori privilegia-ti al terzo mese successivo all’omologazione del concordato;

4) la proposta non prevedeva il pagamento degli interessi legali per ilpagamento delle somme previste oltre il sesto mese;

5) la proposta limitava il pagamento della percentuale a quei creditorichirografari gia ammessi prima della sentenza di omologazione, mentreescludeva le altre categorie di creditori anteriori alla dichiarazione di falli-mento, quali coloro che diventino tali in esito all’accoglimento dei procedi-menti pendenti ai sensi dell’art. 67 legge fallim.; infatti, la societa assuntriceprecisava di impegnarsi al pagamento delle somme concordatarie nei con-fronti di tutti i creditori anteriori che avevano presentato domanda di am-missione al passivo e nei limiti della stessa;

6) la proposta conteneva la condizione che il trasferimento dei beni del-la massa all’assuntore sarebbe avvenuta con il pagamento di una tassa di re-

Parte II - Giurisprudenza 353

gistro calcolata nei limiti della rendita catastale, senza precisare cosa sareb-be avvenuto se fosse stata determinata un’imposta in misura diversa.

Depositata la relazione del Curatore con il suo parere definitivo, la cau-sa, assegnati i termini di cui all’art. 190 cod. proc. civ., all’udienza del 26febbraio 2004 veniva assunta per la decisione. Il Tribunale con ordinanzadel 9 luglio 2004 chiedeva chiarimenti alle parti e rimetteva la causa sul ruo-lo. All’udienza del 28 ottobre 2004, assegnati nuovamente i termini di cuiall’art. 190 cod. proc. civ., veniva assunta per la decisione.

Motivi della decisione. – La proposta di concordato e inammissibile edeve essere rigettata. Per il loro carattere assorbente, vanno in primo luogoesaminati due caratteri della proposta.

Richiesti specifici chiarimenti in ordine all’estensione della clausola dilimitazione di responsabilita ed in particolare se la stessa riguardava anchei creditori concorsuali ai sensi dell’art. 71 legge fallim., ovvero se, in caso diesito favorevole dell’azione revocatoria, l’assuntore riconosceva al creditorela misura concordataria del 16% – cosı direttamente riducendo la pretesanei confronti di questi ultimi – la difesa dei falliti dichiarava, all’udienzadel 20 settembre 2004, che la suddetta clausola di limitazione non riguar-dava i crediti sorti a seguito di esito favorevole delle azioni revocatorie,che andavano anch’essi soddisfatti nel pieno rispetto della par condicio cre-ditorum. A tale dichiarazione non aderiva pero l’assuntore, che nulla dicevaal riguardo, neppure attraverso la propria difesa, cosı evidentemente disso-ciandosi dalle deduzioni dei falliti.

Tali circostanze inducono a ritenere che non risulta soddisfatta una con-dizione di ammissibilita della proposta di concordato. Infatti – come purericonosciuto dai falliti proponenti, ma non gia dall’assuntore sul quale gra-vava l’impegno di dare esecuzione al concordato – la proposta determinauna situazione di disparita tra i creditori anteriori alla dichiarazione di fal-limento, considerato che la clausola di limitazione di responsabilita appostaalla proposta di concordato in esame, per la sua formulazione, limita l’im-pegno dell’assuntore al pagamento dei creditori che abbiano gia presentatodomanda di ammissione al passivo, cosı escludendo dal soddisfacimento deicrediti concordatari quelli che dovessero sorgere per l’accoglimento delleazioni revocatorie fallimentari e che pertanto non hanno ancora potuto es-sere insinuati al passivo. Tra i creditori anteriori alla dichiarazione di falli-mento, per il vero, vanno pure computati quelli il cui pagamento, avvenutoprima del fallimento, sia dichiarato inefficace nei confronti della massa aisensi dell’art. 67 legge fallim. Tale valutazione si spiega considerando chel’atto estintivo di un debito compiuto da un fallito prima della dichiarazionedi fallimento e pienamente valido. Nel caso in cui, poi, venga dichiaratoinefficace nei confronti della massa a seguito dell’esercizio di un’azione re-vocatoria proposta ai sensi dell’art. 67 legge fallim., il credito si ricostituisceed ha natura concorsuale perche anteriore al fallimento. E questa la ratio

Il diritto fallimentare delle societa commerciali354

che sottende la disciplina di cui all’art. 71 legge fallim. e che deve governareanche la disciplina del concordato fallimentare nel caso in cui si preveda lacessione delle azioni revocatorie nel fallimento, perche solo cosı, secondo lamigliore dottrina da condividersi pienamente, si garantisce al terzo conve-nuto in revocatoria di vedere immodificata la sua posizione, anche ove av-venga il trasferimento dell’azione che subisce, nell’ambito di una vicendaconcordataria.

Altre e piu gravi considerazioni riguardano un secondo profilo del pro-posto concordato fallimentare.

Lo stesso assuntore Filippo Marsala soc. a resp. lim., infatti, ha omessodi dare corso all’impegno assunto nel corpo della proposta di prestare unagaranzia fideiussoria per l’esecuzione del concordato (mediante polizza as-sicurativa fideiussoria di A 4.000.000,00, resa da compagnia di assicurazioneprimaria), che doveva essere depositata entro il termine di apertura del giu-dizio di omologazione. Invero, non puo essere presa in considerazione ladichiarazione prestata dal difensore di quest’ultimo in corso d’udienzache prometteva di depositare la fideiussione medesima entro il termine digiorni trenta dall’omologazione. Tale affermazione non costituisce soltantoun’inammissibile variazione peggiorativa della proposta gia votata dai credi-tori, bensı consacra anche un’inaccettabile inadempimento della medesimaproposta, che impedisce al tribunale di valutare, nella sede propria del giu-dizio di omologazione del concordato, la congruita e validita delle garanzieofferte. Inoltre, ove si accogliesse la domanda di omologazione del concor-dato, si determinerebbe l’immediato trasferimento dei beni costituenti l’at-tivo del fallimento in capo all’assuntore, cosicche i creditori perderebbero lagaranzia patrimoniale che questi integrano, senza che sia stata contestual-mente costituita altra garanzia per l’esatta esecuzione del concordato.

La proposta di concordato in esame, pertanto, per le ragioni sopraesposte, deve essere rigettata.

Le spese del giudizio seguono la soccombenza e devono pertanto essereposte esclusivamente a carico dell’assuntore. Infatti, va considerato che laproposta non viene omologata in ragione delle condizioni imposte da que-st’ultimo e per l’inadempimento dell’impegno assunto di prestare la fideius-sione prima dell’apertura del giudizio di omologazione.

Le stesse spese vanno liquidate seguendo i parametri previsti per le cau-se di valore indeterminabile. Oggetto del giudizio e infatti solo quello dellavalutazione della regolarita formale del procedimento seguito e della propo-sta, nonche della sua conformita a legge. Esse si computano quindi in favo-re del creditore opponente in complessivi A 12.015,66, di cui A 15,66 perspese, A 2.000 per diritti ed A 10.000 per onorari, oltre IVA, CPA e rimb.spese generali come per legge.

P.Q.M. sentiti i procuratori delle parti, definitivamente pronunciandosulla domanda proposta da Niceta Liliana e Siracusano Pasquale n.q. di soci

Parte II - Giurisprudenza 355

illimitatamente responsabili della My Market di legge Niceta & C. soc. acc.sempl., e l’ultimo anche quale titolare della ditta «Siracusano S. & F. di Li-no Siracusano», proponenti; Marsala Filippo soc. a resp. lim., in personadel suo legale rappresentante pro tempore, assuntore, con atto depositatoin data 17 settembre 2002 e successive integrazioni – nei confronti del fal-limento My Market di L. Niceta & C. soc. acc. sempl. e dei soci illimitata-mente responsabili Niceta Liliana e Siracusano Pasquale, quest’ultimo an-che quale titolare della ditta «Siracusano S. & F. di Lino Siracusano», inpersona del Curatore Avv. Carlo De Francesco, nonche nei confronti delcreditore dissenziente Intesa Gestione Crediti soc. per az., con sede in Mi-lano, opponente, per l’ammissione alla procedura di concordato fallimenta-re, cosı provvede:

1) dichiara inammissibile la proposta di concordato, rigettandola perl’effetto;

2) condanna l’assuntore Filippo Marsala soc. a resp. lim. al pagamentodelle spese del giudizio in favore del creditore opponente Intesa GestioneCrediti soc. per az., liquidandole in complessivi A 12.015,66, di cui A

15,66 per spese, A 2.000 per diritti ed A 10.000 per onorari, oltre IVA,CPA e rimb. spese generali come per legge. (Omissis)

Il diritto fallimentare delle societa commerciali356

TRIBUNALE DI NAPOLI12 marzo 2004

Giudice unico Abete

Fallimento «Plasticarta di De Felice Cosimo & C.» Soc. acc. sempl.(Avv. Vincenzo Santonino) c. Ascione Anna, Ascione Assunta,

Montagna Giovan Giuseppe (Avv.ti Giuseppe Di Meglioe Primo Celebrin)

Fallimento - Azione revocatoria - Azione revocatoria fallimentare - Attianormali - Revocatoria ex art. 67, comma 1, n. 1, legge fallim. di attocompiuto da socio illimitatamente responsabile - Sussistenza dello sta-to di imprenditore e conoscenza di tale stato da parte del terzo - Ne-cessita - Esclusione(R.D. 16 marzo 1942, n. 267, art. 67, comma 1, n. 1; cod. civ., art. 2193)

Al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 69 legge fallim., la sussistenza dellostato di decozione e la conoscenza ovvero l’ignoranza dello stato di insolvenzaoperano da presupposti della revocatoria fallimentare indipendentemente esenza necessita alcuna, neppur di natura sistematica, che vi si affianchino,in pari tempo, quali presupposti ulteriori (o, quanto meno, quali elementi si-gnificativi per la valutazione della scientia ovvero della inscientia decotionis),la sussistenza dello stato di imprenditore assoggettabile a fallimento e la cono-scenza di detto stato da parte del terzo chiamato in revocatoria (1).

Con atto di citazione (Omissis...).Si evidenzia, in primo luogo, che, qualora si ambisca a conseguire la re-

voca, segnatamente la revoca ex art. 67, comma 1, n. 1, legge fallim., di atticompiuti dal socio illimitatamente responsabile dichiarato fallito in esten-sione ai sensi dell’art. 147, comma 1, legge fallim., il presupposto soggettivo

(1) L’elemento soggettivo nell’azione revocatoria di atti compiuti dal socio illimitata-mente responsabile.

1. Con la sentenza in commento, il Tribunale di Napoli affronta scrupolosamente diversequestioni giuridiche di interesse.

La prima di esse che viene in rilievo concerne l’individuazione del soggetto, il cui stato diinsolvenza il terzo conosceva, o avrebbe dovuto conoscere, nel caso venga proposta l’azionerevocatoria (ex art. 67 comma 1, n. 1 legge fallim.), di atti compiuti dal socio illimitatamenteresponsabile, dichiarato fallito in estensione ai sensi dell’art. 147 legge fallim. L’alternativaverte, in astratto, nel ritenere che il soggetto, del quale si debba provare lo stato di insolvenza– conosciuto o conoscibile dal terzo –, sia il socio illimitatamente responsabile (che aveva

della scientia ovvero della inscientia decoctionis non puo che essere riferitoall’organismo societario ossia al soggetto cui e imputabile l’attivita di impre-sa (cfr. Cassazione, 13 settembre 1997, n. 9075; Cassazione, 6 febbraio1997, n. 1122, ove si puntualizza che, «poiche e l’insolvenza della societaa determinare il fallimento anche del socio, deve dedursi che ancora l’insol-venza della societa assuma rilievo sotto il profilo della scientia decoctionis,con riguardo anche all’azione revocatoria proposta avverso gli atti di dispo-sizione del socio e di quelli che comunque coinvolgono il suo personale pa-trimonio». Si tenga conto del resto che la prevalente dottrina riferisce sen-z’altro la qualifica di imprenditore alla societa personale, sicche esclude chel’attivita d’impresa possa essere imputata, in veste di coimprenditori, ai soci;

Il diritto fallimentare delle societa commerciali358

compiuto l’atto revocando), oppure la societa della quale il socio fa parte. La questione, co-m’e noto, non e nuova in giurisprudenza ed in dottrina (1).

Il tribunale decide che il soggetto, del quale deve provarsi la conoscenza che il terzo ave-va dello stato di insolvenza, sia la societa (di cui il socio faceva parte), e non il socio stesso, purse autore dell’atto revocando.

Sebbene, di la da tale ipotesi, nelle altre fattispecie, vi sia perfetta coincidenza tra l’autoredell’atto ed il soggetto del quale bisogna provare che il terzo conosceva lo stato di insolvenza,nella fattispecie in esame e invece inevitabile distinguere, perche una e la persona che compiel’atto, altra e quella di cui si deve provare la scientia decoctionis (la societa).

La soluzione adottata appare peraltro da condividersi, per piu di una ragione.Anzitutto, le norme di cui agli artt. 64 e segg. legge fallim.. prevedono fattispecie (nego-

ziali e no) in cui da una parte vi e il terzo e dall’altra parte il fallito (che viene indicato, perprecisione lessicale, come «debitore» – non «imprenditore» – dalle norme fallimentari, allor-che esse descrivano atti che il soggetto ha compiuto prima della dichiarazione di fallimento,soggetto che, oltretutto, per la sentenza in commento – come si dira infra –, potrebbe in queltempo non essere ancora imprenditore). Inoltre, e fuor di dubbio che il socio non e ne im-prenditore (essendo tale la societa, dotata di una sua distinta soggettivita giuridica), ne «de-bitore», ai fini di cui alle norme in esame (essendo responsabile – quale fideiussore ex lege – diobbligazioni, il cui unico titolare, dal lato passivo, e la societa). Sulla base di tali premesse,appare, per l’esegesi testuale, sicuramente corretta la decisione del tribunale sul punto.

(1) In giurisprudenza, ritengono che la prova dello stato di insolvenza debba riguardare la societa di cui ilsocio faccia parte – fra tante – Cassazione, 13 settembre 1997 n. 9075, in Giur. it., 1998, I, 1, 723; Cassazione, 6

febbraio 1997 n. 1122, in Fallimento, 1997, 1179; Cassazione, 20 giugno 1994 n. 5921, in Fallimento, 1995, 152;Cassazione, 21 marzo 1991 n. 3060, in Fallimento, 1991, 794; Cassazione, 21 dicembre 1990 n. 12415, in Falli-mento, 1991, 673. Piu indietro nel tempo, Cassazione, 22 ottobre 1976 n. 3745, in Giur. Comm. 1977, II, 15, con

nt. adesiva di Maffei Alberti, in cui l’A. afferma che «la conoscenza dello stato di insolvenza va riferita alla societae non al socio perche l’elemento soggettivo della revocatoria deve essere inteso come conoscenza del fatto che, nel

momento in cui e stato posto in essere l’atto impugnato, la controparte (o il solvens) era in condizioni tali da poteressere dichiarato immediatamente fallito» (corsivo nostro). Decisamente minoritaria l’opinione per cui sarebbe

rilevante la scientia decoctionis del socio: Tribunale Roma, 30 novembre 1974, in Giur. Comm. 1975, II, 467; Tri-bunale Milano, 27 gennaio 1972, in Giur. it. 1973, I, 2, 384; Tribunale Milano, 22 novembre 1971, in Dir. Fall.

1972, II, 487.

si veda peraltro Cassazione, 24 luglio 1989, n. 3498, secondo cui la titolaritadei beni sociali e da ascrivere alla societa e non gia ai soci collettivamente).

Si sottolinea, in secondo luogo, che un significativo filone giurispruden-ziale esclude che il terzo convenuto in revocatoria possa dimostrare l’insus-sistenza dello status soggettivo di imprenditore o di socio illimitatamente re-sponsabile al tempo del compimento dell’atto impugnato (cfr., in tal senso,Cassazione, 25 marzo 1994, n. 2911, secondo cui nel giudizio promosso dalcuratore con azione revocatoria fallimentare non e consentito mettere in di-scussione la qualita d’imprenditore del fallito, essendo ogni indagine al ri-guardo riservata alla sentenza dichiarativa del fallimento ed all’eventualeprocedimento d’opposizione contro di essa) e, conseguentemente, reputache non e rilevante accertare che il convenuto in revocatoria sia stato con-sapevole, al tempo del compimento dell’atto medesimo, della sussistenzadell’anzidetto status, trattandosi di atteggiamento soggettivo non ricompre-so tra i requisiti dell’azione (cfr. parimenti Cassazione, 25 marzo 1994, n.2911, ove si aggiunge che non e rilevante accertare se di tale qualita sia stataconsapevole la parte convenuta al tempo dell’atto impugnato, trattandosi diatteggiamento soggettivo non compreso fra i requisiti occorrenti per l’acco-glimento della domanda (influenzata dalla «scientia» o dalla «inscientia»dello stato d’insolvenza dell’obbligato, a prescindere dalla prospettazionedella sussistenza delle ulteriori condizioni necessarie per l’apertura del fal-

Parte II - Giurisprudenza 359

L’argomentazione appare poi anche coerente con l’interpretazione logica, visto il decisi-vo rilievo per cui e lo stato di insolvenza della societa a determinare il fallimento, e solo ilfallimento della societa (e nessun altro presupposto) produce il fallimento del socio illimita-tamente responsabile ex art. 147 legge fallim., irrilevante essendo, ai fini della revocatoria, lasua eventuale personale insolvenza, come pure, evidentemente, la prova della conoscenza diessa in capo al terzo (2).

2. Altra questione di notevole impegno esegetico e quella che attiene all’oggetto dellaprova della conoscenza in capo al terzo: se cioe in detta prova, oltre all’ovvia ed indiscussaconoscenza dello stato di insolvenza del fallito, debba rientrare anche la qualita di imprendi-tore commerciale o di socio illimitatamente responsabile.

La questione non e affatto di facile soluzione: dalla interpretazione testuale delle norme,

(2) In giurisprudenza, cfr. nota 1. In dottrina, ritengono correttamente che sia lo stato d’insolvenza dellasocieta a determinare il fallimento, e non quello dei singoli soci, Maffei Alberti, Il fallimento, in Giur. Sist.

Bigiavi, vol. II, Torino, 1978, 33; Nigro, Il fallimento del socio illimitatamente responsabile, Milano, 1974,99. Taluni affermano che la societa non potrebbe essere considerata insolvente quando i soci illimitatamente re-

sponsabili siano in grado di pagare i debiti sociali (cfr. Denozza, Sul presupposto oggettivo del fallimento delsocio receduto, in Giur. Comm. 1976, II, 566), ma tuttavia appare condivisibile il rilievo per cui e pur sempre

lo stato di insolvenza della societa a determinare il fallimento, mentre l’insolvenza dei soci ha un rilievo indirettoe non necessario (i soci, pur se non insolventi, potrebbero decidere di non pagare i debiti sociali per un qualsiasi

motivo).

limento); cfr. altresı, nello stesso senso, Cassazione, 7 febbraio 2000, n.1317, e Cassazione, 20 dicembre 2002, n. 18151).

Non e tacersi, tuttavia, che si registrano indicazioni di segno contrario.Si e, invero, reputata rilevante la conoscenza della qualita di imprendi-

tore commerciale ovvero di socio illimitatamente responsabile e si e ricono-sciuta l’ammissibilita della prova articolata a tal fine (cfr. in tal senso Cas-sazione, 7 marzo 1998, n. 2540, secondo cui «la conoscenza della qualitadi imprenditore commerciale del soggetto che ha posto in essere l’atto re-vocando rappresenta una delle componenti, se non necessarie, quanto me-no significative del presupposto soggettivo della scientia decotionis e dun-que costituisce uno degli elementi da valutare allorche il terzo chieda diprovare la «inscientia». ...Infatti le esigenze della buona fede dei terzi, dellacertezza dei rapporti giuridici rendono rilevante che il terzo sia consapevoleche l’altro contraente abbia quella determinata qualita soggettiva alla quale

Il diritto fallimentare delle societa commerciali360

come e noto, si ricava che la prova deve riguardare la scientia decoctionis, e non v’e menzionedi altro.

Il silenzio del legislatore e stato interpretato in vario modo e con risultati contrastanti:secondo un orientamento, esso e il chiaro indice che la conoscenza della qualita di impren-ditore, o di socio illimitatamente responsabile, non e richiesta ai fini dell’azione revocatoria,essendo peraltro dette due qualita gia state accertate, una volta per tutte, dalla sentenza di-chiarativa del fallimento (3). In merito a tale ultimo rilievo, tuttavia, deve ribattersi che nelcaso in esame non e in discussione l’esistenza o no di dette qualita, ma la conoscenza di esseda parte del terzo, di modo che l’efficacia della sentenza dichiarativa, sul punto, sembra es-sere del tutto irrilevante.

Per un altro insegnamento, invece, la prova dovrebbe attenere anche alla qualita di im-prenditore, o di socio illimitatamente responsabile, e cio sia per esigenze di tutela della buonafede dei terzi, sia perche la conoscenza dello stato di insolvenza appare conglobare in se e

(3) L’insegnamento secondo il quale la prova della conoscenza, in capo al terzo, non deve riguardare la qua-lita di imprenditore commerciale e sostenuto da Satta, Diritto fallimentare, Padova, 1996, 227, nt. 38 (pur con le

precisazioni di cui infra); Terranova, Effetti del fallimento sugli atti pregiudizievoli ai creditori, Tomo I, in Com-mentario Scialoja-Branca, Bologna-Roma, 1993, 91, che pone l’accento sulla finalita redistributiva del sistema re-

vocatorio; Ferrara, in Ferrara-Borgioli, Il fallimento, Milano, 1995, 416, pur dubitativamente, ritiene chel’ignoranza della qualita di imprenditore non implica anche l’ignoranza dell’insolvenza, dato che il debitore puo

essere insolvente anche se non e imprenditore commerciale.In giurisprudenza, e frequente la poco condivisibile massima secondo cui non e consentito mettere in di-

scussione la qualita di imprenditore commerciale del fallito, essendo ogni indagine al riguardo riservata alla sen-tenza dichiarativa di fallimento, o comunque l’affermazione per cui la prova dello stato di insolvenza non presup-

pone anche quello della qualita di imprenditore commerciale, essendo l’insolvenza riferibile anche a soggetti di-versi: Cassazione, 20 dicembre 2002 n. 18151, in Fallimento, 2003, 680; Cassazione, 7 febbraio 2000 n. 1317, inFallimento, 2000, 1273, nt. Panzani; Cassazione, 25 marzo 1994 n. 2911, in Giur. it. 1995, I, 1, 232 e in Giur.

Comm. 1995, II, 838, nt. Piscitello; Tribunale Milano 25 febbraio 1971, in Dir. Fall. 1971, II, 561; TribunaleMilano, 22 novembre 1971, in Dir. Fall. 1972, II, 487.

l’ordinamento ricollega l’assoggettabilita alla procedura fallimentare»; inol-tre, Cassazione, 27 novembre 1997, n. 11978, ove si puntualizza che «l’ele-mento soggettivo della scientia decoctionis non puo non avere tra le suecomponenti oggettive la qualita di socio illimitatamente responsabile dellasocieta (in stato d’insolvenza) rivestita dall’autore dell’atto revocando...»;Cassazione, 20 giugno 1994, n. 5921; Tribunale Torino, 8 settembre

Parte II - Giurisprudenza 361

presupporre anche quello di imprenditore commerciale o di socio illimitatamente responsa-bile (4).

2.1 Il tribunale pero, richiamato l’art. 1186 cod. civ., si affretta a rilevare che «l’insolven-za non e stato patologico da riferire in via esclusiva all’imprenditore, segnatamente all’im-prenditore suscettibile di fallimento»: per cui, allorche le norme fallimentari richiedono la co-noscenza dello stato di insolvenza, esse non pretenderebbero anche la prova della conoscenzadella qualita di imprenditore commerciale, ne quella di socio illimitatamente responsabile.

Non solo: allorquando l’imprenditore – individuale o collettivo – si sia iscritto nel regi-stro delle imprese, l’opponibilita ai terzi della qualita di imprenditore deriva direttamente daiprincipi della pubblicita dichiarativa (art. 2193 cod. civ.), e non necessita, in ogni caso, dispecifici mezzi di prova.

(4) Sostiene tuttavia che la prova della mancata conoscenza della qualita di imprenditore commerciale pos-

sa pero condizionare la stessa prova della inscientia decoctionis, Satta, Diritto fallimentare, cit. Decisamente afavore, invece, dell’insegnamento secondo cui uno degli elementi necessari del presupposto soggettivo della scien-

tia decoctionis e la conoscenza della qualita di imprenditore commerciale del soggetto che ha compiuto l’atto re-vocando e quindi la conoscenza della sottoponibilita a fallimento del medesimo, Maffei Alberti, Il fallimento,

in Giur. Sist. Bigiavi, cit., che pure sottolinea che il problema assume rilevanza solo qualora sia richiesta la revocadi atti non direttamente riconducibili ad un’attivita d’impresa commerciale – come e nel caso in commento –,

mentre nei cd. atti di impresa la prova del primo elemento e implicita nel secondo. Seguono l’opinione di taleA., Quatraro e Fumagalli, La revocatoria ordinaria e fallimentare, Milano, 2002, 322, che applicano tale prin-cipio pure alla revocatoria di atti compiuti dal socio illimitatamente responsabile, ritenendo che debba provarsi

che il terzo conosceva tale qualita in capo al socio.Per altri, la prova della conoscenza della qualita di imprenditore commerciale del soggetto poi fallito e un

autonomo presupposto della revocatoria: Sandulli, La rilevanza della qualita di imprenditore commerciale nellarevocatoria fallimentare, in Banca, borsa, 1977, II, 228; Id., Gratuita dell’attribuzione e revocatoria fallimentare,

Napoli, 1976, 158; Pajardi, Il sistema revocatorio, Milano, 1990, 105.In giurisprudenza, si sottolinea la necessita della conoscenza, in capo al terzo, della qualita di imprenditore

commerciale per esigenze di tutela dell’affidamento e, allorche l’atto sia stato compiuto dal socio poi dichiaratofallito, la necessita della conoscenza in capo al terzo di tale qualita dell’autore dell’atto revocando, essendo essa

indispensabile per accertare la scientia decoctionis della societa: Cassazione, 7 marzo 1998 n. 2540, in Fallimento,1999, 61; Cassazione, 27 novembre 1997 n. 11978, in Fallimento 1998, 1155; in obiter dictum, Cassazione, 12novembre 1998 n. 11419, in Foro It. 1999, I, 1, 1513; Cassazione, 20 giugno 1994 n. 5921, in Fall. 1995, 152

(«e necessaria la prova della conoscenza, o della inscientia, secondo le previsioni dell’art. 67 legge fallim., dellaqualifica di socio illimitatamente responsabile .... e dello stato di insolvenza della societa con riferimento alla data

dell’atto revocando; ma non della conoscenza che il socio illimitatamente responsabile receduto fosse al correntedella insolvenza della societa»); Tribunale Torino, 8 settembre 1999, in Fallimento, 2000, 1167. Diversamente, si

aggiunge, la conoscenza dello stato di insolvenza di un soggetto (la societa) diverso dal soggetto col quale l’atto estato compiuto (il socio) resterebbe effettivamente priva di alcun significato (in tal senso, Guglielmucci e Lo

Cascio, Effetti sugli atti pregiudizievoli ai creditori, in Diritto fallimentare, coordinato da Lo Cascio, Milano,1996, 640).

1999, in Il Fall. 2000, 1167, ove del pari si e riconosciuta l’ammissibilita del-la prova da parte del terzo della non conoscenza della qualita di socio illi-mitatamente responsabile del contraente ai fini della dimostrazione della in-scientia decoctionuis da parte dello stesso terzo convenuto in revocatoria).Ne sfugge a questo giudicante l’attento rilievo dottrinario, alla cui stregual’indirizzo esegetico espresso, tra le altre, dalla pronuncia n. 2911/1994del Supremo Collegio, varrebbe a caratterizzare il rimedio di cui all’art.67 legge fallim. in termini di estrema severita, ben piu marcata di quellache, viceversa, connoterebbe lo strumento revocatorio contemplato, pergli atti tra coniugi, all’art. 69 legge fallim., norma tradizionalmente (ed, inverita, correttamente) additata come la piu rigorosa fra quelle integranti ilsistema revocatorio fallimentare ed ove, senza limiti temporali, pur si con-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali362

A questo punto, poi, il tribunale si spinge oltre: non solo – afferma – e irrilevante provareche il terzo conoscesse o no la qualita di imprenditore commerciale o di socio illimitatamenteresponsabile, ma e addirittura ininfluente, per l’applicabilita della revocatoria, anche che dettequalita esistessero, al compimento dell’atto revocando. Ben potrebbe darsi, pertanto, che l’attosia stato compiuto dal soggetto – pur sempre naturalmente durante il cd. periodo sospetto –,ma prima che egli avesse la qualita di imprenditore commerciale; e quindi, applicando dettaaffermazione all’imprenditore collettivo, prima che la societa – seppur gia esistente – inco-minciasse ad esercitare l’impresa commerciale (5).

2.2 Maggiori e condivisibili perplessita suscita invece tale conclusione se riferita al socioillimitatamente responsabile: se cioe egli abbia compiuto l’atto revocando prima di assumerela qualita di socio illimitatamente responsabile della societa poi dichiarata fallita.

Il tribunale si preoccupa di rimarcare le differenze tra le due ipotesi: in quest’ultimo caso– osserva – altro e l’imprenditore commerciale (la societa), altro e il soggetto che compie l’atto(il futuro socio). Quid juris se questi abbia compiuto detto atto, prima ancora che la societa siavenuta ad esistenza? oppure, prima ancora che egli sia divenuto socio della societa, gia esi-stente?

Si osserva correttamente che, poiche l’insolvenza nel periodo sospetto, rilevante ai finidella revocatoria, e solo quella dell’imprenditore commerciale – quindi, della societa –, costi-tuirebbe, rispetto al primo quesito, un assurdo logico ipotizzare uno stato di insolvenza incapo ad un soggetto non ancora esistente; mentre, rispetto all’ultima questione, risulterebbedel pari impossibile la prova della scientia decoctionis in capo al terzo, visto che il vincolo con-trattuale tra l’autore dell’atto e la societa non e stato – ancora – costituito.

(5) Per l’opinione contraria, gia Mazzocca, La qualita di imprenditore commerciale nei limiti dell’eserciziodella revocatoria fallimentare, in Dir. Fall., 1968, I, 395; per Bonsignori, voce Revocatoria fallimentare, in Dige-sto Disc. Priv. Sez. Commerciale, XII, Torino, 1996, 465, tale soluzione «oltre che farsi discendere dalla funzione

della revocatoria stessa o dalla protezione della buona fede del terzo, puo riportarsi all’esigenza di parita di trat-tamento dei creditori, la quale costituisce aspetto peculiare dello status di imprenditore commerciale: si tratta di

una deduzione (...) che si estende a ogni altra ipotesi, stante il fondamento unitario dell’azione» e che comportal’impossibilita di giustificare una pronuncia di inefficacia al di fuori di qualsiasi atteggiamento psicologico del

debitore e del terzo, se non facendo riferimento alla qualita di imprenditore commerciale.

diziona la revocabilita dell’atto compiuto in favore del proprio coniuge allacontestuale esplicazione di attivita di impresa.

In relazione ai profili ricostruttivi da ultimo evidenziati, in ordine aiquali, dunque, si registra un significativo divario di opinioni pur in seno allagiurisprudenza di legittimita, sembra doveroso, a rigore, discriminare il the-ma della necessita della sussistenza della qualita di imprenditore commer-ciale al tempo del compimento dell’atto impugnato e della rilevanza dellaconoscenza, parimenti riferita al dı del compimento dell’atto revocando,di detto status da parte del terzo convenuto in revocatoria, dal thema, con-nesso ma diverso, della necessita della sussistenza della qualita di socio illi-mitatamente responsabile al tempo del compimento dell’atto impugnato edella rilevanza della conoscenza, del pari riferita al momento del compi-mento dell’atto revocando, di detto status da parte del terzo chiamato inrevocatoria.

Siffatta ultima quaestio, destinata indiscutibilmente ad esplicar valenzanel caso di specie, giacche i convenuti hanno chiesto di dimostrare a mezzotesti di non aver avuto conoscenza della qualita di socio illimitatamente re-sponsabile della «Plasticarta» soc. acc. sempl. ricoperta da Cosimo De Fe-lice (in parte qua la prova non e stata ammessa e deve reputarsi reiterata insede di precisazione delle conclusioni merce il richiamo delle istanze, ancheistruttorie, formulate in comparsa di risposta), riveste, d’altronde, una piu

Parte II - Giurisprudenza 363

Pertanto, puo essere oggetto di revocatoria solo l’atto compiuto dal soggetto attualmentesocio illimitatamente responsabile.

Riepilogando: il tribunale sostiene che il soggetto – autore dell’atto revocando nel perio-do sospetto – non necessariamente deve essere in quel tempo imprenditore commerciale; equindi, nel caso di imprenditore collettivo, puo ben essere esistente, ma non esercitare l’im-presa commerciale. Allorche l’autore dell’atto sia invece il socio illimitatamente responsabile,questi deve esser gia tale al momento del compimento dell’atto.

La prima conclusione si giustifica perche lo stato di decozione – presunto in via assolutadalle norme fallimentari nel periodo sospetto – puo (secondo il tribunale) ben attagliarsi nonsolo all’imprenditore commerciale, ma anche ad un qualsiasi soggetto. La seconda afferma-zione, invece, prescinde dal (controverso) presupposto di cui sopra, se cioe per «insolvenza»debba intendersi uno stato riferibile solo all’imprenditore commerciale o a qualunque sogget-to, mentre postula solo e necessariamente che si condivida il – corretto – insegnamento, percui lo stato di insolvenza rilevante in sede di revocatoria e quello della societa, e non quellodel socio autore dell’atto.

Rimane un ultimo problema, non affrontato dalla sentenza in esame: dato per indiscu-tibile che la societa sia gia stata costituita e la partecipazione sociale da parte del socio, cuisi riferisce la revocatoria, sia stata gia assunta al momento del compimento dell’atto, quid jurisse la societa non esercitava in quel periodo l’impresa commerciale? Se si applica il principioaffermato dal tribunale – e cioe che l’insolvenza non e situazione giuridica peculiare solo al-l’imprenditore commerciale – dovrebbe concludersi che l’esercizio dell’attivita imprenditoria-le da parte dell’ente collettivo sia circostanza del tutto irrilevante per la revoca dell’atto pre-giudizievole concluso dal socio responsabile illimitatamente.

pregnante problematicita, tenuto conto, siccome si e evidenziato in dottri-na, che sol la consapevolezza da parte del terzo della qualita di socio illimi-tatamente responsabile della sua controparte assurge ad elemento idoneo araccordare l’estremo della scientia ovvero della inscientia decoctionis, da ri-ferire, come anticipato, alla societa, e l’atto compiuto da un soggetto diver-so (il socio illimitatamente responsabile, appunto).

Ebbene, in questi termini, in merito al primo thema, si osserva, ante om-nia e sulla scorta di un autorevole insegnamento, ancorato alla lettera del-l’art. 1186 cod. civ., che l’insolvenza non e stato patologico da riferire invia esclusiva all’imprenditore, segnatamente all’imprenditore suscettibiledi fallimento (identificantesi con l’imprenditore commerciale, medio-gran-de e privato, individuale o collettivo che sia). Del resto, pur a non travali-care l’ambito dell’impresa tout court, quale segnato dai caratteri fondanti lanozione di cui all’art. 2082 cod. civ., e difficile disconoscere che insolventepossa essere, oltre che il debitore civile, altresı il piccolo imprenditore, l’im-prenditore agricolo ovvero, ancora, l’ente pubblico che jure privatorumesercita attivita d’impresa e, quindi, l’imprenditore sottratto per espressascelta legislativa alla declaratoria di fallimento.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali364

Del resto, la soluzione proposta – limitatamente al soggetto (futuro) socio illimitatamenteresponsabile – appare per il tribunale preferibile, anche tenuto conto che la ratio generale delsistema fallimentare sembra non giustificare, osserva la sentenza, un principio drasticamente«redistributivo» – per cui dovrebbero esser revocabili tutti gli atti compiuti nel periodo so-spetto, sol che essi siano idonei ad arrecare pregiudizio ai creditori concorrenti ed al loro pa-ritario trattamento –, mentre risulta decisamente preferibile seguire l’opposta tendenza «in-dennitaria», per cui e revocabile solo l’atto che – oltre ad esser pregiudizievole – sia statocompiuto nel mentre il terzo era a conoscenza dello (o avrebbe dovuto conoscere lo) statodi insolvenza, e, quindi, il carattere pregiudizievole dell’atto stesso.

2.3 Alla tutela del terzo non puo, invero, rinunciarsi, e del resto la soluzione propostaappare rispettosa del dato testuale, che richiede la conoscenza, in capo al terzo, dello statodi insolvenza dell’autore dell’atto (futuro fallito): ora, nessuna difficolta esegetica si incontra,qualora ci sia coincidenza tra autore dell’atto e soggetto della cui insolvenza si sia a conoscenza(irrilevante essendo la conoscenza della qualita di imprenditore commerciale, individuale ocollettivo, potendo detta qualita, per la sentenza, pur mancare del tutto in capo al soggettoche compie l’atto).

Qualche perplessita si riscontra, pero, allorche ci si preoccupi della tutela del terzo,quando l’atto revocando e stato compiuto dal socio (attualmente) illimitatamente responsa-bile: a) si e gia detto all’inizio che, condivisibilmente, la scientia decoctionis da provarsi in ca-po al terzo riguarda esclusivamente la societa; b) si e poi detto (inevitabilmente, data la primaaffermazione, non potendosi immaginare una conoscenza dello stato di insolvenza della so-cieta, se non si e gia costituito il vincolo giuridico tra l’ente collettivo ed il socio) che l’autoredell’atto deve essere gia socio illimitatamente responsabile al momento della conclusione del-l’atto; c) da tali premesse, ne consegue di necessita che il terzo doveva conoscere detto vincoloe, quindi, conoscere la qualita di socio illimitatamente responsabile dell’autore dell’atto.

Il tribunale in proposito richiama il principio della pubblicita dichiarativa (art. 2193 cod.

Inoltre, con riferimento all’argomento esegetico che, in chiave sistema-tica, si e inteso desumere dall’art. 69 legge fallim., e indubitabile che la sus-sistenza dello stato di imprenditore commerciale costituisca elemento inte-grante la fattispecie ivi prevista (l’atto deve essere stato compiuto dal coniu-ge poi fallito allorche esercitava un’attivita di impresa commerciale, sicchela sussistenza dello status di imprenditore al tempo del compimento dell’at-to e coessenziale alla fattispecie); nondimeno, e ad opinarsi che siffatto re-quisito in tal contesto normativo concorra in via del tutto speciale a segnareil momento iniziale del periodo sospetto, sicche e da escludere che possatrascendere i limiti della previsione di cui al medesimo art. 69, comma 1,legge fallim. ed assurgere a presupposto generale della revocatoria fallimen-tare. Ne, al contempo, puo reputarsi in tal guisa attenuato (ovvero in dipen-denza dell’estraneita di siffatto ulteriore presupposto alle altre ipotesi di re-vocatoria) il carattere di peculiare severita di quest’ultima previsione legisla-tiva: il periodo sospetto, svincolato da una puntuale predeterminazionetemporale ed ancorato ad un dato oggettivo di agevole riscontro pratico,e ragionevolmente e verosimilmente destinato a dilatarsi oltre il terminemassimo (biennio) previsto all’art. 67 legge fallim.

D’altro canto, ammettere la necessita della sussistenza dello stato di im-prenditore commerciale e, parallelamente, la conoscenza di detto status altempo del compimento dell’atto revocabile, in dipendenza dell’asserita im-prescindibile connessione tra stato di insolvenza e la qualita di imprenditoresuscettibile di fallimento, potrebbe ripercuotersi significativamente, dandocausa a patenti contraddizioni sistematiche, sulla presunzione assoluta, juris

Parte II - Giurisprudenza 365

civ.) ed afferma che quindi la qualita di socio illimitatamente responsabile e opponibile per talvia al terzo, prescindendosi dall’effettiva conoscenza (6).

2.4 Sul punto, pero, si deve fare un’osservazione: tale soluzione non e invero applicabile,allorche la societa non si sia iscritta e sia rimasta «irregolare»; oppure, anche – in una societa«regolare» – allorche sia avvenuta una cessione di quote sociali non iscritta al registro.

Ora, appare quanto meno singolare che dalla mancata iscrizione nel registro delle impre-se (dell’atto costitutivo, o anche solo dell’atto di cessione di quote) derivi una situazione divantaggio per il socio illimitatamente responsabile, nei cui confronti il curatore non potra ot-

(6) Sull’efficacia dichiarativa della pubblicita legale, Ragusa Maggiore, Il Registro delle Imprese, 3, in

Commentario del Codice Civile fondato da Schlesinger, Milano, 51. Sulla distinzione tra efficacia negativa ed effi-cacia positiva – che consiste nella presunzione di ignoranza dei fatti non iscritti e di conoscenza di quelli iscritti –,

v. Ferri, Imprese soggette a registrazione, 2, in Commentario del Codice Civile Scialoja-Branca, Bologna-Roma,2002, 31 e segg. L’iscrizione di un fatto non vero e comunque idonea a produrre l’affidamento dei terzi, in baseai principi dell’apparenza giuridica (Ferrara-Corsi, Gli imprenditori e le societa, Milano, 2002, 98 e seg.), pur

se si esclude, correttamente, la tutela del terzo, allorche l’atto iscritto sia affetto da un vizio gia percepibile attra-verso l’iscrizione stessa (Marasa-Ibba, Il registro delle imprese, 221 e seg.).

et de jure, di sussistenza dello stato di decozione nel periodo sospetto tra-dizionalmente prefigurata dalla giurisprudenza (cfr. in tal senso Cassazione,29 novembre 1985, n. 5953): gli esiti istruttori potrebbero indurre a disco-noscere la qualita di imprenditore esposto ad esecuzione concorsuale in ca-po al soggetto poi fallito al momento del compimento dell’atto ricadentenello spazio temporale sospetto, ancorche, sotto altro profilo, la menzionatapresunzione assoluta valga a fondare inconfutabilmente il riscontro per l’in-tero periodo sospetto dell’insolvenza, insolvenza, si badi, concepita, in lineadi principio, in imprescindibile connessione con la qualita di imprenditoreassoggettabile ad esecuzione fallimentare.

Infine, pur ad assumere che la sussistenza dello stato di imprenditoresuscettibile di fallimento costituisca un presupposto autonomo della revoca-toria, opinare nel senso che la dimostrazione della conoscenza della esisten-za di detto status (lo si supponga senz’altro esistente al dı del compimentodell’atto revocando) costituisca uno specifico thema probandum, quantun-que ai fini della valutazione della scientia ovvero della inscientia decotionis,sembra tuttavia rinvenire, allorquando l’imprenditore sia stato regolarmen-te iscritto nel registro delle imprese al tempo del compimento dell’atto, uninsormontabile ostacolo nella previsione di cui all’art. 2193, comma 2, cod.civ. ovvero nell’effetto dell’opponibilita che la disciplina codicistica ricolle-ga all’assolvimento dell’obbligo di iscrizione specificamente sancito a caricodi colui che svolge un’attivita commerciale dall’art. 2196 cod. civ. Piu esat-tamente, siccome scriveva autorevole dottrina, «l’iscrizione del fatto lo ren-de sempre opponibile, non potendo i terzi addurre di averlo ignorato», l’ef-ficacia dell’iscrizione (destinata altresı ad esplicarsi sin dal momento in cui estata operata), cioe, «prescinde dalla possibilita in cui i terzi si siano trovatidi prenderne conoscenza», sicche, prosegue la citata dottrina, «in definitiva

Il diritto fallimentare delle societa commerciali366

tenere la revocatoria, quante volte quest’ultimo non riuscira a dimostrare che il terzo cono-sceva la qualita di socio: il che e prova non facile, atteso che, mentre gli atti compiuti dall’im-prenditore commerciale sono inerenti all’impresa, gli atti conclusi dal socio ben possono es-sere (e di fatto sono) personali e comunque «neutri» rispetto all’attivita commerciale.

Tale rilievo deve esser tenuto fermo, anche se si condivide l’interpretazione «estensiva»dello stato di insolvenza seguita dal tribunale: qui infatti deve provarsi che il terzo conoscevala qualita di socio dell’altro contraente, e quindi una circostanza da cui dedurre questa con-clusione puo, normalmente, esser rinvenuta proprio nella natura dell’atto compiuto. Allorchel’atto sia invece «non significativo» (perche non inerente all’impresa, ma personale del socio),la prova della stessa qualita di socio in capo all’autore dell’atto diventa evidentemente dif-ficile.

Si potrebbe addirittura immaginare che la societa (e cioe l’amministratore, che potrebbeessere anche il socio illimitatamente responsabile) non abbia mai provveduto all’iscrizione nelregistro, proprio per rendere piu gravosa la successiva eventuale azione revocatoria del cura-tore e, nel periodo sospetto, abbia «alleggerito» il proprio personale patrimonio, avendo curadi non manifestare ai terzi il proprio vincolo con la societa.

il sistema di pubblicita si riduce a questo, che l’obbligato all’iscrizione intanto puo opporre il fatto che vi e soggetto in quanto dia la prova o dellaconoscenza del medesimo da parte del terzo o della sua iscrizione nel regi-stro delle imprese».

Alla stregua dei premessi rilievi, pertanto, vi e ampio margine per rite-nere che, al di fuori dell’ipotesi di cui all’art. 69 legge fallim., la sussistenzadello stato di decozione (oggetto, come anticipato, di una presunzione juriset de jure) e la conoscenza ovvero l’ignoranza dello stato di insolvenza ope-rino da presupposti della revocatoria fallimentare indipendentemente e sen-za necessita alcuna, neppur di natura sistematica, che vi si affianchino, inpari tempo, quali presupposti ulteriori (o, quanto meno, quali elementi si-gnificativi per la valutazione della scientia ovvero della inscientia decotio-nis), la sussistenza dello stato di imprenditore assoggettabile a fallimentoe la conoscenza di detto stato da parte del terzo chiamato in revocatoria.

La disamina del thema della necessita della sussistenza della qualita disocio illimitatamente responsabile al tempo del compimento dell’atto impu-gnato e della rilevanza della conoscenza, del pari riferita al dı del compi-mento dell’atto revocando, di tale status da parte del terzo chiamato in re-vocatoria, non puo prescindere dalle argomentazioni che precedono, ben-vero nella consapevolezza delle peculiarita di siffatta ipotesi.

Per completezza ricostruttiva va previamente puntualizzato che la quae-stio della sussistenza della qualita di imprenditore commerciale al tempo delcompimento dell’atto e della conoscenza di detto status puo, a pieno titolo edi certo, configurarsi pur in relazione alla societa personale dichiarata falli-ta, il cui socio illimitatamente responsabile, dichiarato fallito, a sua volta, aisensi dell’art. 147, comma 1, legge fallim., abbia posto in essere l’atto revo-cando.

Piu esattamente e ben possibile che al tempo del compimento, da partedel socio, dell’atto impugnato la societa personale poi fallita non abbia avu-

Parte II - Giurisprudenza 367

A tale rilievo potrebbe obiettarsi, di contro, che la mancata iscrizione provoca effetti giu-ridici sfavorevoli per la societa (mentre qui il soggetto avvantaggiato sarebbe solo il socio); eche, oltretutto, a ben vedere, piu che di un reale svantaggio per il curatore, sembrerebbe trat-tarsi di un mancato vantaggio (il poter invocare, da parte di costui, l’opponibilita della pub-blicita dichiarativa), essendo comunque la qualita di socio illimitatamente responsabile ogget-to di conoscenza in capo al terzo.

Tali obiezioni formalistiche non sembrano tuttavia essere decisive: dal mancato aumentodell’attivo fallimentare (aumento che si sarebbe invece conseguito con il vittorioso esperimen-to della revocatoria), sono pregiudicati in definitiva i creditori, e nella dinamica processualenon puo non riconoscersi che il fallimento istante puo ben esser dichiarato soccombente se ilterzo era, concretamente, in buona fede, non sapendo che l’autore dell’atto era socio illimi-tatamente responsabile.

In conclusione, se e vero – come sostiene il tribunale – che la necessaria prova della co-

to veste di imprenditore commerciale, ma, di contro, di imprenditore agri-colo, non assoggettabile, come tale, a fallimento (si rammenta che l’art.2249 cod. civ. stabilisce che le societa che hanno per oggetto l’eserciziodi un’attivita commerciale devono necessariamente costituirsi in forma disoc. nome coll., di soc. acc. sempl., di soc. per az., di s.a.p.a. e di soc. a resp.lim.; viceversa, lo svolgimento in forma collettiva di attivita di natura noncommerciale (ovvero di attivita agricola: tertium non datur) puo esplicarsisia merce il modulo organizzativo della societa semplice sia attraverso i mo-duli di organizzazione che sostanziano la soc. nome coll., la soc. acc. sempl.,la soc. per az., la s.a.p.a. e la soc. a resp. lim.) ed abbia assunto successiva-mente (pur sempre nel periodo sospetto, ma, evidentemente, prima delladichiarazione di fallimento) a proprio oggetto una delle attivita ricompresenella previsione dell’art. 2195 cod. civ.

Ebbene, per siffatta evenienza non possono che reiterarsi le conclusionicui si e inteso addivenire in relazione all’imprenditore commerciale indivi-duale (regolarmente iscritto nel registro delle imprese): lo stato di decozionee la sua conoscenza ovvero la sua ignoranza fungono da presupposti dellarevocatoria fallimentare a prescindere dalla sussistenza, al dı del compimen-to dell’atto, e dalla correlata conoscenza dello stato di imprenditore espostoa fallimento.

Nondimeno le medesime conclusioni possono a giusta ragione essere ri-badite anche in relazione al caso in cui, sussistente senz’altro la posizione disocio illimitatamente responsabile della soc. acc. sempl. ovvero della soc.nome coll. poi dichiarata fallita allorquando l’atto revocando fu posto in es-sere, il terzo chiamato in revocatoria abbia dedotto di non aver avuto cono-scenza di tale veste.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali368

noscenza, in capo al terzo, della qualita di socio illimitatamente responsabile puo esser rag-giunta attraverso l’effetto dell’opponibilita della pubblicita dichiarativa (assimilandosi, quoadeffectum, la conoscibilita con l’effettiva conoscenza); e se e vero che l’atto revocando ben puoessere – nei termini di cui sopra – neutro (siccome compiuto dal socio in proprio e non es-sendo inerente all’esercizio dell’impresa – per cui il terzo, perlomeno dalla natura dell’atto,avrebbe potuto sospettare dell’appartenenza del socio alla societa –): dovra allora concludersiche sara buona norma, per il terzo, eseguire sempre una visura al registro delle imprese al no-me dell’altro contraente – quale che sia l’atto che sta per concludersi – per verificare l’esisten-za o no di un potenziale vincolo sociale di questi con una societa in stato di insolvenza. Nonpuo nascondersi, pero, a questo punto, una obiettiva perplessita in merito all’eccessiva one-rosita e gravosita della posizione del terzo contraente.

2.5 Potrebbe infine anche prospettarsi una decisiva difficolta per la tesi del tribunale, sesi argomenta che l’efficacia dichiarativa di cui all’art. 2193 cod. civ. dovrebbe valere solo neiconfronti dei terzi che entrano in rapporto con l’imprenditore (individuale o collettivo), e noncoi soci in proprio. Invero, il terzo che conclude un negozio col socio, o il terzo creditore, nondovrebbe essere investito in alcun modo dalla detta efficacia dichiarativa: peraltro, in qualiipotesi di diritto positivo al terzo puo essere opposta la qualita di socio ex art. 2193 cod.

Difatti, in simile ipotesi non puo che operare, del pari, l’effetto dell’i-nopponibilita ex art. 2193, comma 2, cod. civ., effetto destinato a prodursia seguito della iscrizione nel registro delle imprese dell’atto costitutivo dellasoc. nome coll. ovvero della soc. acc. sempl. poi dichiarata fallita, atto ove,rispettivamente, in virtu del disposto dell’art. 2295, n. 1, cod. civ. e delcombinato disposto degli artt. 2295, n. 1, 2315 e 2316 cod. civ., e indica-zione del nome dei soci, segnatamente dei soci illimitatamente responsabili,nonche a seguito della iscrizione nel registro delle modificazioni del mede-simo atto e, quindi, delle variazioni della compagine sociale.

Residua l’ipotesi in cui l’autore dell’atto revocando abbia assunto la ve-ste di socio illimitatamente responsabile della societa personale dichiaratafallita in epoca posteriore al compimento del medesimo atto, fattispecieche registra un’indubbia e significativa divergenza rispetto all’ipotesi di as-sunzione in epoca successiva al compimento dell’atto revocando della qua-lita di imprenditore commerciale da parte della persona fisica poi dichiaratafallita.

Infatti, nella prima ipotesi la qualita di imprenditore commerciale e daimputare ad un soggetto diverso (la societa) da colui (l’autore dell’atto) che,successivamente al compimento dell’atto revocando, assume la qualita (disocio illimitatamente responsabile) che vale a cagionarne la declaratoriadi fallimento; di conseguenza non vi e margine perche, indipendentementee pur in difetto della qualita di imprenditore commerciale, possa egualmen-te e comunque configurarsi uno stato di decozione dell’imprenditore: altempo del compimento dell’atto revocando la societa-imprenditore potreb-be non esser ancora stata costituita (siccome l’insolvenza che rileva e quelladella societa, non esplica valenza alcuna la circostanza che il soggetto autore

Parte II - Giurisprudenza 369

civ. del proprio debitore (o della propria controparte negoziale)? Non pare che nell’ordina-mento constino fattispecie in cui l’assetto negoziale e/o la posizione debitoria possano esserein qualche modo influenzati dalla detta opponibilita.

Possono invero immaginarsi fattispecie differenti, nelle quali il terzo creditore possa es-sere pregiudicato dal conferimento che il socio (proprio debitore) ha eseguito a vantaggio del-la societa, e contro il quale il terzo potra agire, se del caso, con le azioni di simulazione o re-vocatorie ordinarie; ma in nessun caso – sembra – l’avvenuta iscrizione nel registro del costi-tuito rapporto sociale puo avere efficacia alcuna nel dirimere il conflitto tra il terzo creditoreed il socio.

All’opposto, l’unico caso (come pare) in cui, nel rapporto personale tra il terzo creditoreed il socio debitore, vi e una differenza di disciplina tra la qualita di socio di una societa com-merciale risultante dal registro e tra la qualita di socio di una societa non iscritta, e rinvenibilenel combinato disposto degli artt. 2270 e 2305 cod. civ.: in esso pero la legge, lungi dal pre-giudicare il terzo, lo avvantaggia invece in maniera evidente, conformemente ai principi, delresto, per cui gli effetti della mancata iscrizione a registro ricadono sempre a solo pregiudiziodella societa, nonche dei soci che ne fanno parte.

dell’atto, poi destinato ad assumere la veste di socio illimitatamente respon-sabile, sia eventualmente ed a sua volta insolvente al compimento dell’atto).

Ebbene, in relazione a siffatta ipotesi (che in verita esula dalla vicendaper cui e controversia), o si opina, secondo una logica rigorosamente «redi-stributiva» ed «antindennitaria», che a ferrea garanzia della par condicio illegislatore del ’42 ha concepito un sistema nel cui ambito l’efficacia di qual-sivoglia atto astrattamente idoneo a ledere il principio della parita di tratta-mento dei creditori e, in certa qual misura, subordinata alla condizione ri-solutiva della mancata assunzione entro il periodo sospetto (rilevante ai finidella revocatoria) della qualita di socio illimitatamente responsabile da par-te dell’autore del medesimo atto ed alla condizione risolutiva della sua man-cata declaratoria di fallimento ai sensi dell’art. 147, comma 1, legge fallim.:vano si rileverebbe, difatti, attesa l’inesistenza del soggetto imprenditore, ilpotere-onere del terzo chiamato in revocatoria di dimostrare la propria in-scientia decoctionis. Oppure, viceversa, si opina, secondo una logica di tipo«indennitario», che non puo assolutamente configurarsi «concorso» nell’at-to lesivo della generica garanzia patrimoniale o della par condicio, se il terzo

Il diritto fallimentare delle societa commerciali370

Per ultimo, ammesso che la conoscenza, da parte del terzo, della qualita di socio illimi-tatamente responsabile e giuridicamente necessaria, perche logicamente presupposta per po-tere (con un successivo passaggio deduttivo) affermare e dimostrare la conoscenza, sempre daparte del terzo, dello stato di insolvenza della societa (sola ed unica scientia decoctionis rile-vante, cfr. supra), ci si chiede se in tal caso – e solo in tal caso – sia ortodosso equiparare l’ef-fettiva conoscenza (della qualita di socio, da cui poi deriverebbe quello dello stato di insol-venza dell’ente), con l’ipotetica conoscibilita, quale risulta dal regime della pubblicita dichia-rativa.

3. Oggetto dell’azione revocatoria, nel caso di specie, e un negozio di compravendita diun fondo, per il quale l’attore ha invocato l’art. 67 comma 1 n. 1 legge fallim., sussistendo, asuo dire, una notevole sproporzione tra la prestazione del terzo (il pagamento del prezzo), asvantaggio del contraente socio (illimitatamente responsabile). La parte convenuta tuttavia haeccepito che il prezzo reale non era quello dichiarato nel rogito notarile, ma quello risultanteda una controscrittura stipulata, tra le stesse parti, in pari data del contratto di vendita e co-munque successivamente ad esso; in questo stesso atto, la parte venditrice rilasciava quietanzaliberatoria all’acquirente.

Il tribunale esamina detto documento e vi rinviene una duplice qualificazione: esso equietanza in merito al versamento dell’importo ulteriore rispetto a quello di cui in contratto;ed e controscrittura, «nella parte in cui vale a documentare il patto dissimulato in ordine alprezzo, e quindi l’accordo simulatorio circa il prezzo risultante dall’atto pubblico». Passapoi a verificare: a) la certezza della data della quietanza; b) la reale provenienza; c) la dedu-zione della data della controscrittura.

Provate a mezzo di testimoni le prime due circostanze (stante il dettato dell’art. 2704cod. civ. ult. comma, per la prova della data della quietanza), il tribunale ritiene di dimostrareil momento di redazione della controscrittura invocando il disposto di cui all’art. 2704, com-ma 1 cod. civ., nella parte in cui prevede la certezza della data «dal giorno in cui si verifica unaltro fatto che stabilisca in modo egualmente certo l’anteriorita della formazione del docu-mento».

chiamato in revocatoria non ne ha percepito (ne avrebbe potuto percepir-ne) il carattere pregiudizievole a cagione e motivo dell’inesistenza del sog-getto della cui garanzia patrimoniale si tratta o al cui ceto creditorio va ri-ferito il principio della parita di trattamento. In tale ultima prospettiva, chesi reputa piu aderente alla prefigurazione del potere-onere di prova di cuialla prima parte dell’art. 67, comma 1, prima parte legge fallim., l’esplica-zione di tale potere-onere, la dimostrazione ossia della inscentia decoctionis,non puo che risolversi, deve necessariamente risolversi, nella dimostrazionedella insussistenza dello stato di socio illimitatamente responsabile in capoall’autore dell’atto ovvero, il che e lo stesso, nella dimostrazione della suc-cessiva costituzione rispetto al tempo del compimento dell’atto revocandodella societa personale dichiarata fallita.

Alla luce dei rilievi tutti in precedenza svolti si rimarca che in nessunmodo i convenuti hanno dato ragione della propria inscientia decoctionis(Omissis...).

Alla stregua delle riferite argomentazioni, pertanto va senz’altro disco-

Parte II - Giurisprudenza 371

Da segnalare appaiono i rilievi del Giudice in ordine alla qualificazione di controscritturae soprattutto in merito alla prova della certezza della data (e comunque della anteriorita diessa rispetto alla dichiarazione di fallimento) di detta controscrittura, atteso il disposto dicui all’art. 2723 cod. civ. (patti posteriori alla formazione del documento), «agganciando»la prova di essa a quella della data della quietanza.

3.1 Certo, la controscrittura documenta l’accordo simulatorio in ordine al prezzo, ma na-turalmente non e, essa stessa, accordo simulatorio, come e subito chiaro leggendone il testo:«in relazione all’atto per notar ...di data odierna, con il quale vi ho venduto i beni in ...comemeglio descritti in atto, con la presente vi dichiaro che, a seguito di migliore valutazione, inaggiunta a quanto in detto atto dichiarato, mi avete versato la somma ulteriore di £. .............,di cui accuso ricezione, rilasciando quietanza con dichiarazione di non aver altro a pretendereper detta causale, dovendosi detto atto ritenere ricondotto ad equita».

Invero, il documento contiene una dichiarazione unilaterale, proveniente dal venditore: ilche, se e del tutto normale per la parte dell’atto che contiene la dichiarazione di quietanza,induce poi ad escludere che lo si possa qualificare «accordo simulatorio», essendo invece unadelle prove che, documentalmente, dimostra l’esistenza di tale patto, rimasto verbale.

L’atto contiene, pertanto, due dichiarazioni di mera scienza e non negoziali: naturalmen-te la quietanza, e poi anche la dichiarazione con cui il venditore attesta l’ulteriore versamentodel prezzo, che vale a provare l’accordo simulatorio verbale, in esecuzione del quale l’acqui-rente ha provveduto a detta integrazione (7).

(7) Sull’accordo simulatorio, tra tanti, cfr Messineo, Il contratto, in Trattato di diritto civile e commerciale

Cicu-Messineo, Milano, 454; Bianca, Diritto civile, 3, Il contratto, 1993, Milano, 699; Gentili, Simulazione deinegozi giuridici, in Digesto Disc. Priv., IV ed., Torino, 514. Netta e la distinzione con la controdichiarazione, che e

dichiarazione di scienza normalmente avente natura confessoria, puo essere formulata anche da una sola parte edanche posteriormente alla stipulazione del contratto, ed ha funzione di prova dell’accordo simulatorio.

nosciuta la sussistenza dell’estremo della «notevole sproporzione» tra il va-lore di mercato della zona di terreno sita in Barano d’Ischia, localita FondoFerraio, di circa mq 1.000 ed il prezzo, da ritenersi acclarato in £50.000.000, che i convenuti ebbero a concordare ed a corrispondere a Co-simo De Felice.

Giusti motivi suggeriscono l’integrale compensazione delle spese e com-petenze di lite. (Omissis...).

Il diritto fallimentare delle societa commerciali372

Tuttavia, il riferimento ad espressioni quali «a seguito di migliore valutazione» e «doven-dosi detto atto ricondotto ad equita», fanno chiedere all’interprete se, in astratto, non sia piucorretto individuare una causa diversa dalla simulazione, che sia ad esempio rinvenibile nellavolonta di reductio ad equitatem dell’assetto di interessi, cui si sia giunti dopo un rinnovatoesame della portata delle contrapposte prestazioni («a seguito di migliore valutazione»).

Intendiamoci: relativamente al caso di specie, tenuto conto di tutte le circostanze concre-te (tra cui anche la quasi contemporaneita tra la stipulazione del rogito e la redazione dellacontroscrittura), sembra del tutto certo che tale volonta negoziale di riconduzione ad equitadissimuli a sua volta l’accordo simulatorio, e che quindi sia essa stessa simulata, come condi-visibilmente ritiene il tribunale.

Pur tuttavia, in astratto, una corretta esegesi testuale dovrebbe non escludere a priori cheuna tale controdichiarazione, lungi dal costituire sempre e comunque una prova della simu-lazione, ben potrebbe documentare la volonta «correttrice»di cui sopra, apparendo sorrettada una causa che giustifica se stessa e meritevole di tutela.

Paolo Lucci

Dottore di ricercain Diritto comune patrimoniale

TRIBUNALE DI LAMEZIA TERME17 marzo 2005

Pres. Garofalo - Est. Ermini

Fallimento Agricola Lamezia Soc. per az.c. Smurfit Sisa Soc. per az.

Fallimento - Fallimento delle societa - Imprese soggette - Societa di capi-tali - Imprese agricole - Individuazione - Criteri - Connessione con ilfondo - Esclusione(Cod. civ. artt. 2135 – 2221; Legge fallim. art. 1)

Va escluso il fallimento di una societa di capitali agricola quando l’attivitadi coltivazione resta caratterizzata dal fattore terra e l’impianto della serra co-stituisce soltanto una modalita di utilizzazione del terreno volta ad ottimizzar-ne la produttivita ed a mitigare la connaturata rigidita di tale mezzo di pro-duzione il cui sfruttamento, anche se si ricorre all’impianto delle serre, nonpuo comunque essere intensificato oltre il limite fissato dalle potenzialita,estensione e localizzazione del terreno (1).

(Omissis)I ricorsi non possono essere accolti.L’art. 2249 comma 2 cod. civ. consente la costituzione di societa per

azioni che abbiano per oggetto l’esercizio di un’attivita diversa dall’attivitacommerciale e, quindi anche l’esercizio dell’impresa agricola.

La veste societaria della Agricola Lamezia (nella specie, appunto, unasoc. per az. iscritta con la qualifica di impresa agricola nel registro delle im-prese di Catanzaro) non consente di ritenere implicitamente sussistente inre ipsa il requisito della natura commerciale della societa.

Infatti, non la qualita soggettiva derivante dalla veste societaria, ma sol-tanto la natura dell’attivita sociale (statutariamente prevista ovvero di quella

(1) Brevi note sulla fallibilita delle societa agricole.

Con la decisione che si annota, il Tribunale di Lamezia Terme ha respinto le istanze difallimento depositate dai creditori di una societa di capitali in quanto questa svolgeva attivitaagricola.

Sostenevano i ricorrenti che la societa resistente fosse da comprendere nell’ambito dellacategoria delle imprese commerciali, percio assoggettabile alle procedure concorsuali, piutto-sto che in quella agricola, cosı come peraltro emergeva dal suo statuto sociale. Il Tribunale diLamezia Terme ha disatteso la tesi dei ricorrenti ritenendo invece che si dovesse dare rilievoall’attivita concretamente svolta.

fattualmente svolta dalla societa) permette di individuare il discrimen tral’impresa commerciale e quella agricola e giustifica la sottrazione della se-conda dal fallimento.

Deve, quindi, negarsi che, in astratto, le dimensioni dell’impresa o lacomplessita della sua struttura organizzativa dipendente dall’adozione diquesto specifico modello societario possano incidere, con rilevanza diri-mente, sulla natura agricola o commerciale dell’imprenditore.

Diversamente opinando si finirebbe con il ritagliare il profilo dell’im-prenditore agricolo solo sulla falsariga di quello del piccolo imprenditore,cosı negando la specificita dell’impresa agricola, relegata ad un ruolo econo-mico sostanzialmente marginale, a strutture organizzative semplici ed a tec-niche di produzione rudimentali. E cio in contrasto con il modello delineatodall’art. 2135 cod. civ. (soprattutto dopo la riforma introdotta con la legge228/2001), che assegna all’impresa agricola una fisionomia economicamentepiu pregnante e complessa e tale da richiedere modelli organizzativi sofisti-cati, strutture specializzate ed una elevata qualificazione professionale.

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Questa pronuncia si segnala poiche e una delle prime ad essersi pronunciata su questotema dopo la novella del 2001. La disciplina dell’imprenditore agricolo, con riguardo ancheall’esenzione di quest’ultimo dalle procedure concorsuali (1), ha assunto particolare rilievosuccessivamente alla novellazione dell’art. 2135 cod. civ. effettuata ad opera della legge228/2001.

In particolare, il Tribunale sottolinea come non sia tanto la qualita soggettiva data dallaveste societaria a consentire una distinzione tra impresa commerciale ed agricola quanto lanatura dell’attivita imprenditoriale.

Considera il Tribunale, infatti, che l’art. 2249 comma 2 cod. civ. consente la costituzionedi societa per azioni che abbiano ad oggetto l’esercizio di un’attivita diversa da quella com-merciale e piu in generale rileva che, anche le imprese agricole, possono costituirsi in societanelle stesse forme tipizzate dal legislatore per l’attivita commerciale.

Il Tribunale osserva inoltre che la riforma del 2001 ha riconosciuto all’impresa agricolauna rilevanza maggiore rispetto al passato. Tuttavia, le dimensioni dell’impresa o la sua strut-tura organizzativa non devono incidere sulla valutazione dell’interprete. In caso contrario, in-fatti, si assegnerebbe all’impresa agricola un ruolo marginale, negando la specificita della suadisciplina e soprattutto assimilando il profilo dell’imprenditore agricolo a quello del piccoloimprenditore.

Sulla base di questi principi, il Tribunale pone in risalto che una corretta qualificazione

(1) La marcata differenziazione normativa esistente fra l’impresa agricola e quella commerciale e evidentenon solo in relazione al mancato assoggettamento del primo alla procedura fallimentare, ma anche al privilegio

per quanto riguarda il diritto di prelazione agraria nonche in materia creditizia e fiscale. I benefici di cui godel’imprenditore agricolo, inoltre, sono divenuti ancora piu rilevanti a seguito del d.lgs. 29 marzo 2004, n. 99 in

conseguenza del quale esso puo godere, a determinate condizioni, di alcune agevolazioni fiscali riconosciute allapersona fisica che abbia qualifica di coltivatore diretto.

Cio posto, si tratta, adesso, di decidere se la societa Agricola Lameziaabbia natura di impresa agricola o di impresa commerciale.

Al riguardo occorre premettere che ai fini della soggezione al fallimen-to, la qualificazione di un’attivita d’impresa come commerciale o agricola vaoperata alla stregua delle norme del cod. civ. e della legge fallim., e non at-traverso il richiamo a norme di settore – quali quelle fiscali o quelle contri-butive – che apprestano alla stessa attivita una qualificazione di impresaagricola non suscettibile di generale applicazione, in quanto rispondente al-le particolari finalita dei rispettivi ordinamenti (cfr. tra le altre, Cassazione,Sez. I, n. 10527 del 23 ottobre 1998; Cassazione, Sez. I, n. 17251 del 5 di-cembre 2002).

Pertanto si dovra valutare la corrispondenza al modello normativo del-l’imprenditore agricolo delineato dall’art. 2135 cod. civ. della Agricola La-mezia partendo prima dall’analisi dell’oggetto sociale statutario per poiscendere a vagliare l’attivita produttiva svolta in concreto dalla societa.

In relazione al primo profilo osserva il Collegio che l’oggetto sociale sta-tutario della Agricola Lamezia (come rilevabile dalla visura camerale in atti)non menziona alcuna attivita economica che esuli dalla definizione norma-tiva dell’imprenditore agricolo (art. 2135 cod. civ.) e consenta di ravvisaremomenti di qualificazione dell’impresa in termini chiaramente commerciali;ne, del resto, con riferimento all’oggetto sociale statutario, i creditori istantihanno dedotto l’esistenza di elementi interpretativi seppure relativi ad un’u-nica attivita tra quelle previste – che possano indurre a qualificare comecommerciale l’attivita della Agricola Lamezia.

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della natura della societa debba tener conto unicamente dell’oggetto sociale statutario e del-l’attivita in concreto svolta dalla stessa, a nulla importando le dimensioni dell’impresa o lacomplessita della sua struttura organizzativa (2).

Nel caso di specie, tuttavia, l’oggetto sociale della resistente non rappresentava un elemen-to di discussione, poiche esso rientrava a pieno titolo nella definizione normativa dell’impren-ditore agricolo (3). I criteri valutativi sono stati invece ricercati sul piano dell’attivita concreta-mente svolta in quanto questa si identificava appunto con un’attivita tipicamente agricola.

Prima di illustrare il ragionamento seguito dal Tribunale e pero opportuno premettereche, nel vigore del precedente art. 2135 cod. civ., la dottrina ha espresso due teorie al finedi distinguere l’attivita commerciale da quella agricola: l’una estensiva (4), per la quale ogniattivita di sfruttamento del ciclo biologico naturale era da qualificarsi come agricola; l’altra

(2) In tal senso anche Cassazione, Civ. 26 ottobre 1972, n. 3283.(3) In relazione alla rilevanza dell’oggetto sociale, si veda, Anfuso, Condizioni di fallibilita dell’impresa col-

lettiva: basta lo scopo o occorre anche l’effettivo esercizio dell’attivita commerciale?, in Fallimento, 2002, 602.(4) Jaeger-Denozza, Appunti di Diritto Commerciale, 2002, passim.

Sgombrato il campo dal primo termine della questione, occorre, adessovagliare quella che e l’attivita svolta in concreto dalla societa al fine di ve-rificare se, a prescindere dalle previsioni statutarie, l’attivita imprenditorialeconcretamente posta in essere dalla societa, per l’uso di tecniche peculiari oper particolari modalita di organizzazione della produzione, abbia assuntonatura industriale o commerciale.

A tale fine occorre dare sommariamente atto delle risultanze dellaistruttoria svolta e, in particolare, delle dichiarazioni rese dal legale rappre-sentante della societa Michelangelo Scutella (il quale, giova chiarire, rivestetuttora la carica di amministratore e legale rappresentante della societa, seb-bene in regime di prorogatio, fino alla nomina di un nuovo amministratore,atteso che le dimissioni costituiscono una causa di cessazione dalla carica adefficacia differita).

L’Agricola Lamezia, dispone di 29 ettari di terreno e produce fiori dicrisantemo su 42.000 mq. interamente investiti a serre (i restanti 24 ettaridi terreno sono sostanzialmente incolti). Le piante vengono riprodotteper talee asportate dalle piante madri, derivanti da selezionate talee ibridate

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restrittiva, ed allora prevalente, per cui si richiedeva un legame esclusivo tra l’attivita agricolaed il fondo sul quale veniva svolta l’attivita stessa (5). Quest’ultima poteva connotarsi comeprincipale (coltivazione, silvicoltura o allevamento), ovvero connessa soggettivamente (nelsenso che doveva esservi identita tra la persona che esercitava l’attivita agricola principalee quella connessa) od oggettivamente (prodotti ottenuti dalle attivita agricole essenziali) (6).

La nuova disposizione, pur conservando da un punto di vista meramente strutturalel’impianto del testo previgente, che distingueva tra attivita principali e connesse, amplia que-ste ultime categorie in modo tale che la teoria restrittiva e oggi assolutamente incompatibilecon la nozione di imprenditore agricolo.

Al comma 1 dell’art. 2135 cod. civ. si legge che e imprenditore agricolo chi esercita l’at-tivita di coltivazione del fondo, di selvicoltura, di allevamento di animali nonche attivita aqueste connesse.

Il legislatore ha sostituito la parola ‘bestiame’, presente nella previgente formulazione delcitato articolo, con ‘animali’, neutralizzando in tal modo le aspre polemiche che per sessan-t’anni si erano sviluppate intorno alla vecchia norma (7).

Tradizionalmente, infatti, la nozione di ‘bestiame’ e stata sempre limitata alle sole forme

(5) Si veda a riguardo, Tribunale di Treviso, 14 aprile 1997, Agricoltura, in Rep. For. It., 1998, 63.

(6) Cassazione, civ. Sez. I, 23 ottobre 1998, n. 10527, in Mass. Giur. It., 1998; Cassazione, civ. Sez. I, 23luglio 1997, n. 6911, in Mass. Giur. It., 1997.

(7) Tra i contributi piu autorevoli si segnalano: Alessi, L’Impresa agricola, Artt. 2135-2140, in Il CodiceCivile Commentario, 1990, 99; Masi, Allevamento del bestiame e allevamento zootecnico nella sistematica dell’at-tivita d’impresa, in Giur. It., I, 1976, 1846; Bione, Allevamento del bestiame, fondo, impresa agricola, in Riv. Dir.

Civ., I, 1968, 537; Pavone La Rosa, Le attivita connesse all’agricoltura ed il criterio di normalita, in Annali delseminario giuridico dell’Universita di Catania, III, 1949, 342.

brevettate, in Olanda. Le piante madri sono coltivate dalla stessa societa indue serre. Nelle altre quattro serre vengono coltivati i crisantemi da com-mercializzare. Una volta ottenute le talee dalle piante madri, le piantine ven-gono fatte radicare direttamente sul suolo, irrigate e concimate, previa ara-tura e livellatura del terreno. Durante il periodo invernale, nelle serre, e infunzione un impianto di riscaldamento a 18 gradi; nelle prime quattro set-timane di vita delle piantine e in atto un impianto di illuminazione artificialeche inibisce la fioritura al fine di ottenere una coltivazione programmata deifiori. Nella fase iniziale della fioritura la pianta crea un bocciolo centraleasportato manualmente al fine di favorire lo sviluppo di altri boccioli. Infi-ne, dopo dodici settimane dalla radicazione, si arriva alla fioritura, alla rac-colta manuale dei fiori ed alla vendita del prodotto. Oltre alle serre, la so-cieta dispone unicamente di due trattori e di una macchina cubettatrice perfare le zollette di terreno dove sono impiantate le talee per essere radicate alsuolo. La societa non ha mezzi di trasporto per la commercializzazione deifiori, che vengono (o meglio venivano, essendo ormai la produzione ferma)venduti ai grossisti e a qualche dettagliante della zona direttamente in loco,

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animali stanziali o comunque collegate al fondo. In questa impostazione, chi aderiva alla tesirestrittiva nel vigore del precedente testo dell’articolo qui esaminato, considerava imprendi-tore agricolo chi esercitava l’attivita di allevamento delle sole specie animali utilizzate per lacoltivazione del fondo o alimentate con prodotti da esso provenienti.

Al contrario, la parola ‘animali’ del nuovo art. 2135 cod. civ., per il suo significato ge-nerico, non permette di effettuare una discriminazione in ordine alle diverse caratteristichedelle specie animali allevate, consentendo quindi l’inserimento in essa di generi prima esclusi.

Nel comma 2 dell’art. 2135 cod. civ., inoltre, si legge che le attivita sopra menzionate, peressere considerate agricole, non necessariamente abbisognano di una particolare connessionecon il fondo, essendo sufficiente che queste siano dirette alla cura ed allo sviluppo di un ciclobiologico (sia esso animale o vegetale) o almeno, di una fase necessaria del ciclo stesso (8).

Viene in questo modo disatteso completamente il vecchio orientamento prevalente, il cuiprincipio cardine riteneva necessario il collegamento dell’attivita dell’imprenditore agricolocon il fondo (9).

(8) Il medesimo principio era stato gia affermato prima della riforma nella sentenza della Corte d’Appellodi Venezia, 15 marzo 2000, in Rep. For. it., 2000, Agricoltura, n. 112; in Dir. e giur., con nota di Carmignani,

Agricoltura ed ambiente, 2000, 549, in Riv. Dir. agr., 2000, II, 108, con nota di Costanzo. La Corte stabiliva,infatti, che ai fini della qualificazione dell’attivita agricola, occorrevasi verificare, non tanto una coltivazione di-

retta del fondo, quanto la dipendenza della produzione da un ciclo biologico.(9) Si veda sul punto, Tribunale S. Maria Capua Vetere, 23 luglio 2002, in Fallimento, 2003, 1161, con nota

di Minutoli, per cui ‘l’ancoraggio della nozione di attivita agricola al criterio del ciclo biologico, animale o vege-tale, ha determinato, in certa misura, il superamento dell’orientamento – prevalente prima dell’attuale riforma –

secondo il quale con i termini di coltivazione del fondo, silvicoltura ed allevamento del bestiame si enunciava unpreciso collegamento tra l’attivita agricola e la terra, sostenendosi, da questo filone interpretativo, che qualunque

attivita agricola per essere tale doveva comunque essere collegata allo sfruttamento del fondo’.

ovvero inviati ad un importante grossista di Ragusa mediante una ditta diautotrasporti esterna. La societa dispone, inoltre, di una cella frigoriferoper la conservazione dei fiori raccolti in attesa della vendita ai grossisti.

La ricostruzione dell’attivita produttiva e delle sue concrete modalita diorganizzazione ed estrinsecazione offerta dal legale rappresentante della so-cieta non e stata contestata dai creditori istanti e ritiene il Collegio che essa,in punto di fatto, riproduca in modo attendibile l’effettiva attivita materialedi coltivazione svolta dall’Agricola Lamezia soc. per az.

Cio posto, ritiene il Collegio che tale attivita rientri pienamente nei pa-rametri dell’impresa agricola delineati dall’art. 2135 cod. civ.

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E possibile affermare oggi che la coltivazione del fondo, secondo la normativa qui esa-minata, possa essere svolta anche al di fuori di esso (10) (‘utilizzano o possono utilizzare il fon-do’), cosı venendo ad essere ricomprese nella categoria delle attivita agricole tutte quelle col-ture c.d. ‘fuori terra’ (11).

Al riguardo, nel caso di specie, il Tribunale non ha dovuto dirimere alcun dubbio inter-pretativo, in considerazione del fatto che l’attivita della resistente rientrava chiaramente neiparametri delineati dall’art. 2135 cod. civ. Il Collegio, infatti, sottolinea come l’Agricola La-mezia produca un vegetale la cui coltivazione, sebbene sia essa effettuata all’interno di serre,si svolge indubbiamente su un ciclo biologico legato in modo diretto allo sfruttamento dellerisorse naturali, ed in particolare, della terra.

Secondo una lettura combinata dei disposti di cui al primo e secondo comma, in defini-tiva, si puo sostenere che la nuova disciplina abbia posto due elementi costitutivi della nozio-ne giuridica dell’attivita agricola. Da un lato, infatti, si richiede l’esistenza di un ciclo biolo-gico (12), da intendersi come un complesso di attivita tendenti al mantenimento o allo svilup-po di una specie animale o vegetale, e dall’altro all’utilizzazione del fondo, sia essa effettiva opotenziale (13).

Anche il comma 3, che regola le attivita connesse e che non apparteneva alla precedente

(10) Cosı anche, Tribunale di Brescia, 6 dicembre 2002, in questa Rivista, 2003, VI, 971, con nota di Ba-

gnulo, in cui si afferma che per qualificare un’attivita come agricola alla luce della nuova riforma, il necessario

collegamento funzionale con il fondo e oggi sostituito dalla mera ‘possibilita’ di una utilizzazione dello stesso.(11) La Dottrina maggioritaria e concorde nel ritenere che per colture ‘fuori terra’ debbono intendersi quel-

le coltivazioni che si possono anche svolgere in terra. Cosı, Galloni, sub art. 2135, in Commentario del cod. civ.

Scialoja-Branca a cura di Galgano, Libro quinto - Del lavoro. Impresa Agricola. Disposizioni Generali. Art. 2135-2140, 2003, 58; Germano, L’impresa agricola, in Riv. dir. agr. amb., 2001, 513.

(12) In tal senso, si veda Tribunale di Mantova, 4 gennaio 2003, che ha dichiarato il fallimento della societadebitrice la quale aveva acquistato e poi alienato numerosi bovini senza pero attendere ad alcuna fase del ciclo

biologico, non disponendo delle stalle per il ricovero dei capi.(13) L’affermazione troverebbe conforto nell’orientamento espresso dal Tribunale di Agrigento con sent.

14 aprile 2003, in Giur. It., 2004, 1431, con nota di De Rentiis; in Fallimento, 2004, 213, con nota di Geno-

viva, secondo il quale ai fini della dichiarazione di fallimento di una societa, va esclusa la natura di impresa agri-

cola ai sensi del novellato art. 2135 cod. civ. che ne precluderebbe la sua assoggettabilita alla procedura concor-suale, se l’attivita di lavorazione e trasformazione di ortaggi viene effettuata in assenza della diretta cura di alcunciclo biologico vegetale o animale.

Il prodotto e costituito, infatti, da un vegetale (fiore di crisantemo) la cuicoltivazione si svolge in base ad un ciclo biologico legato in modo direttoallo sfruttamento delle risorse naturale e, in particolare, allo sfruttamentodel fattore terra.

Tutta la produzione deriva dallo sviluppo di un ciclo biologico ed eesposta al c.d. rischio biologico (tanto che non si e potuto procedere all’ul-timo raccolto a causa di una infestazione parassitaria: v. dichiarazioni resedal presidente del Collegio sindacale all’udienza del 18 gennaio 2005).Ne puo plausibilmente negarsi che il crisantemo sia prodotto in base adun ciclo biologico sol perche la coltivazione avviene in serra.

La serra consente, infatti, di attenuare (anche grandemente) il solo rischiometeorologico e, per limitati scopi, di incrementare o rallentare, attraverso l’u-so della illuminazione artificiale, la crescita della pianta. Ma non vi e dubbioche, nel caso di specie, la pianta cresce e si sviluppa in base ad un ciclo bio-logico e tramite lo sfruttamento della terra dove la talea viene posta a radicaree dove la pianta cresce fino alla fioritura ed al taglio del crisantemo.

Deve quindi negarsi che l’utilizzazione delle serre costituisca di per seelemento da solo sufficiente ed idoneo a trasformare la produzione dei cri-santemi da agricola ad industriale. Questo perche l’attivita di produzione

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formulazione dell’art. 2135 cod. civ., e in linea con la nuova definizione di impresa agricolavoluta dal legislatore.

Come indicato in precedenza, sulla base del vecchio testo, la dottrina prevalente ritenevache la connessione dovesse sussistere sia soggettivamente sia oggettivamente. Partendo da talerapporto inoltre, si distinguevano le attivita ‘connesse atipiche’ da quelle ‘connesse tipiche’.

Le prime sono ancora attualmente individuate nella parte finale del comma 1, ma hannooggi perduto la valenza discriminatrice che avevano in passato, poiche la sostituzione ad ope-ra del legislatore della parola ‘bestiame’ con ‘animali’ permette di includere lo sfruttamento diqualsiasi specie all’interno della categoria dell’attivita imprenditoriale agricola (14).

Per quanto riguarda le attivita tipiche, invece, la scelta legislativa ha prodotto la creazio-ne di due distinte categorie: una comprendente le attivita di manipolazione, conservazione,trasformazione, commercializzazione e valorizzazione di prodotti, l’altra concernente la forni-tura di beni e servizi. In relazione alla prima, si considerano connesse le attivita esercitate dalmedesimo imprenditore agricolo e relative ai prodotti ottenuti dalle attivita agricole essenzia-li. E da notare, inoltre, come in questo ambito venga ampliata la categoria delle attivita con-nesse, grazie all’aggiunta del termine valorizzazione dei beni prodotti oltre che della trasfor-

(14) Le attivita connesse tipiche erano state create, nella formulazione del cod. civ. del 1942, prevalente-

mente per inquadrare all’interno della categoria dell’imprenditore agricolo alcune attivita zootecniche, che nonrientravano nella nozione di bestiame ma tuttavia praticate sul fondo. Oggi, invece, poiche il legislatore con la

parola ‘animali’ ha inserito all’interno dell’attivita agricola specie prima escluse, e possibile sostenere che la nor-ma, in questa sua parte, e stata svuotata completamente del suo significato. In questo senso, Buonocore, Il‘nuovo’ imprenditore agricolo, l’imprenditore ittico e l’eterogenesi dei fini, in Giur. Comm., 16, I, 2001.

dei crisantemi descritta dallo Scutella si identifica in tutto e per tutto con laattivita di coltivazione: infatti le talee vengono poste a radicare direttamentenel terreno, previamente arato e livellato e poi irrigato e concimato; dallaterra la pianta trae il proprio nutrimento e, in forza del ciclo biologico, siperviene alla fioritura del crisantemo, raccolto manualmente dagli operai.

L’attivita di coltivazione resta caratterizzata dal fattore terra e l’impiantodella serra costituisce soltanto una modalita di piu intensa utilizzazione delterreno, volta ad ottimizzare la produttivita e a mitigare la connaturata rigi-dita di tale mezzo di produzione, il cui sfruttamento, anche se si ricorre al-l’impianto delle serre, non puo, comunque, essere intensificato oltre il limitefissato dalle potenzialita, estensione e localizzazione del terreno medesimo.Tanto che neanche con l’uso delle serre di cui dispone la societa AgricolaLamezia sarebbe ad es. possibile coltivare piante di banane o di datteri alpolo nord, prescindendo completamente dalla natura del suolo, dalla sualocalizzazione, dalla sua esposizione, dalla sua giacitura, ecc.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali380

mazione ed alienazione, operazioni gia presenti nel previgente testo. Ancora, viene inserito ilcriterio della prevalenza dell’attivita agricola per la produzione dei beni, in luogo di quellodell’esclusivita.

La seconda categoria di attivita, non prevista prima della novella, riguarda la fornitura dibeni e servizi mediante le attrezzature o le risorse normalmente utilizzate nell’azienda agrico-la. Ancora una volta viene ribadito il criterio di prevalenza dell’attivita agricola in luogo diquello dell’esclusivita.

Il tema, tuttavia, non e stato affrontato dal Collegio giudicante nel caso in oggetto, attesoche la societa Agricola Lamezia si limitava ad ‘alienare la merce prodotta a grossisti e a qualchedettagliante in loco o inviarla ad un importante grossista mediante una ditta di autotrasportiesterna’.

Il complesso delle novita legislative relative all’impresa agricola ripropone un duplice in-terrogativo: da un lato la sussistenza di una effettiva distinzione tra imprenditore commercialeed imprenditore agricolo, dall’altro la praticabilita delle motivazioni poste alla base della dif-ferente disciplina applicabile. E innegabile, che la novella legislativa ha risolto alcuni contrastiinterpretativi associati alla vecchia disciplina. Gli stessi Giudici di legittimita, infatti, sono sta-ti concordi nel ritenere che lo spirito del legislatore del 2001 e stato quello di eliminare unperdurante contrasto di interpretazione in materia (15).

D’altro canto, pero, la novella ha riportato alla luce critiche mai sopite. Parte della dot-trina (16), infatti, sulla scorta dell’opera iniziata cinquant’anni or sono dal Graziani (17), ha so-stenuto che l’unica vera differenza tra l’imprenditore commerciale e quello agricolo consistenell’applicabilita delle norme della legge fallim. unicamente agli esercenti commerciali.

(15) Cassazione, 5 dicembre 2002, n. 17251, in Fallimento, 2003, 1156, in questa Rivista, 2003, II, 559, connota di Alu; in Dir. giur. agr. amb., 2003, IV, 213, con nota di Masini.

(16) Buonocore, op. cit., 28.(17) Graziani, L’impresa e l’imprenditore, 2ª ed., 1962, 48, in cui l’autore invitava il legislatore di estendere

anche all’attivita agricola lo statuto dell’impresa commerciale, ed in particolar modo del fallimento, in conseguen-za della sempre piu complessa e progredita organizzazione.

In altri termini, l’uso della serra e le tecniche di coltivazione poste inessere dalla Agricola Lamezia, come descritte dal legale rappresentante con-sente di cogliere la sussistenza di tutti gli elementi tipici dell’impresa agri-cola che giustificano la sua esenzione dal fallimento (stagionalita della pro-duzione, deperibilita delle merci, ridotta elasticita dei meccanismi dell’of-ferta, particolari modalita di vendita, ecc.).

L’ammodernamento delle tecniche di produzione non elimina, dunque,la caratteristica tradizionale della agrarieta dell’impresa, tanto piu che, nelcaso di specie, l’attivita di coltivazione continua ad avere come oggetto«un’attivita agricola (che) si svolge sul fondo» (v. relazione al cod. civ.) me-diante un razionale sfruttamento produttivo del terreno.

La natura della agrari eta dell’impresa resistente si coglie ancor piu aseguito della riforma dell’art. 2135 cod. civ. introdotta con la sopra citatanovella del 2001, laddove viene grandemente sfumato lo stesso requisitodell’ ager, potendosi qualificare agricola perfino l’attivita che anche soltantoin via potenziale possa sfruttare il fondo. Ma, per quanto sopra illustrato,tale (nuova ed interessante) problematica non viene qui in diretto rilievoposto che l’attivita di coltivazione svolta dalla societa Agricola Lamezia ri-produce i caratteri tradizionali dell’attivita agricola, svolgendosi interamen-te sul fondo e mediante lo sfruttamento del terreno (sia per la coltivazionedelle piante madri, previo acquisto delle talee, sia per la produzione dei cri-

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Come accadeva in passato, e ancora oggi possibile sostenere che il privilegio dell’esonerodal fallimento, concesso dal legislatore del 1942, e giustificato dal doppio rischio (18) a cui sog-giace l’imprenditore agricolo: il primo, quello di impresa, che caratterizza qualsiasi attivita ri-conducibile all’interno del disposto di cui all’art. 2082 cod. civ., e il secondo, quello rappre-sentato dalle avversita atmosferiche, esclusivamente riconducibile alla categoria dell’imprendi-tore agricolo. E interessante notare che quest’ultimo elemento viene utilizzato dal Tribunale, aifini della decisione, sebbene solamente in modo sussidiario. Il Collegio sottolinea, infatti, comenon si sia potuto procedere all’ultimo raccolto a causa di una infestazione parassitaria.

E da considerare tuttavia che oggi, in agricoltura, sono prevalenti modalita d’uso dellerisorse e delle tecnologie produttive davvero lontane da cio che un tempo segnava la loro di-stanza dalle imprese di genere industriale. In questa impostazione, la succitata teoria del«doppio rischio» risulta ormai inattuale, o comunque da adoperare caso per caso. In defini-tiva, il concetto di imprenditore agricolo e rimasto per lungo tempo limitato ad una elenca-zione dell’art. 2135 cod. civ. fortemente ancorata al concetto di fondo agricolo, e presumibil-mente ad un tipo di agricoltura strettamente legata alla terra, ma nel tempo e andato esten-dendosi a fattispecie normative sempre piu ampie, che privilegiavano in misura sempre mag-

(18) In proposito si veda, Ragusa Maggiore, L’impresa agricola e i suoi aspetti di diritto commerciale efallimentare, 1964; Id., Il presupposto soggettivo, in Il Fallimento - Le procedure concorsuali, Trattato diretto da

Ragusa Maggiore e Concetto Costa, 1997; Romagnoli, voce Impresa Agricola, in Digesto/Comm., VII, 1992.Contrariamente all’orientamento del «doppio rischio», Tribunale di Forlı, 15 febbraio 1997, in Fallimento,

1997, I, 643, con nota di Ziniti.

santemi da commercializzare le cui talee vengono prodotte dalle piante ma-dri coltivate dalla Agricola Lamezia).

L’assenza della qualita di imprenditore commerciale assoggettabile alfallimento, rende superflua ogni indagine in merito allo stato di insolvenzadella societa.

Spese compensate, data la natura delle questioni trattate.

P.Q.M. letto l’art. l della legge fallim., rigetta il ricorso; compensa le spe-se processuali. (Omissis)

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giore l’aspetto della commercializzazione del prodotto agricolo (19). Nel contesto attuale diuna agricoltura industrializzata, infatti, il ricorso al credito e al mercato dei capitali e un fe-nomeno ormai di grandi dimensioni (20), equiparabile a pieno titolo a quanto avviene per leimprese commerciali (21).

Queste considerazioni sono in linea con quanto disposto piu volte dalle Corti di legitti-mita, secondo le quali l’intervento legislativo si e reso necessario per l’esigenza di rivisitare lanozione di imprenditore agricolo, adeguandolo alle nuove metodologie produttive e tecnolo-giche che hanno investito il settore stesso (22).

Giova brevemente ricordare che la normativa comunitaria gia da alcuni anni si differen-zia da quella nazionale. Qust’ultima, infatti, lungi dall’affermare il tentativo di individuareuna categoria unitaria in tema di imprenditore agricolo, si e limitata piuttosto a definire i pro-dotti agricoli, qualificandoli come ‘i prodotti del suolo, dell’allevamento e della pesca, comepure i prodotti di prima trasformazione che sono in diretta connessione con tali prodotti’.

Alla luce di queste considerazioni, e lecito oggi mettere in discussione le ragioni costitu-tive di una speciale disciplina che regola l’attivita dell’impresa agricola. La Cassazione ha piuvolte sottolineato che l’intervento del legislatore delegato ha in concreto mirato alla correzio-ne del vecchio disposto normativo. L’obiettivo di questo intervento e stato quello di raffor-zare la posizione imprenditoriale dell’operatore agricolo, spostando la chiave prospettica, aifini della individuazione di quest’ultimo, dal fondo al prodotto da immettere sul mercato.

Per qualificare una attivita come agricola, tuttavia, diviene oggi operazione primaria lavalutazione del ciclo biologico del prodotto (23). Per evitare allora che vengano allargati oltre-modo i privilegi riservati all’imprenditore agricolo a fattispecie unicamente riconducibili nellasfera dell’imprenditore commerciale, bisogna auspicare che le Corti di legittimita e di merito‘accertino oggi piu di ieri che vi sia, nel caso concreto, un collegamento tra il processo produttivoed il fondo, comunque esso si atteggi, anche di semplice supporto strumentale, sebbene limitatoo parziale, purche, pero, vi sia’ (24).

Daniele Ceccarelli

Dottore in GiurisprudenzaUniversita Luiss ‘‘Guido Carli’’

(19) Fellah, Il fondo rustico alla luce del nuovo art. 2135 cod. civ., in Riv. dir. agr., 2003, I, 58.

(20) Bessone, Imprese e societa, lineamenti di Diritto Commerciale, 2001, 131.(21) Satta, Diritto Fallimentare, 1996, 16.(22) Su tutte, Cassazione, civ. sez. III, 2 dicembre 2002, n. 17042.

(23) Buonocore, op. cit., passim; Bessone, op. cit., passim.(24) Cassazione Civ., 5 dicembre 2002, n. 1725.

TRIBUNALE DI NAPOLI8 luglio 2004

Giudice unico Perrino

Fallimento Palfin Soc. per az. (avv. A. Nardone)c. Azienda Vitivinicola ed Olearia Soc. a resp. lim. (avv. A. Di Cle-

mente)

Fallimento - Azione revocatoria - Azione revocatoria fallimentare - Revo-catoria di rinuncia a crediti - Remissione del debito - Differenze - Rap-porti infragruppo - Vantaggi compensativi - Rilevanza anche degli ef-fetti riflessi e mediati della rinuncia - Esclusione(Cod. civ., artt. 2497 e 2497 ter; r.d. n. 267/1942, art. 64)

Ai fini della revocatoria fallimentare, il contratto (e, amplius, il negozio,ex art. 1324 cod. civ.) e oneroso quando all’attribuzione in favore di un sog-getto corrisponda un’obbligo a carico dello stesso, o all’eventualita dell’attri-buzione in suo favore corrisponda l’eventualita di un’attribuzione a suo carico;altrimenti e gratuito. A tal fine, e richiesta la corrispondenza delle prestazioni:quando tale corrispondenza si specifica, nel senso che una prestazione sia re-munerazione dell’altra, la corrispondenza diviene corrispettivita (nella speciesi discuteva di una societa appartenente ad un gruppo che aveva rinunziato adun credito a favore di altra societa del gruppo) (1).

(Omissis)In citazione, si discorre indifferentemente di rinuncia e di remissione

del debito; anzi, il fallimento attore qualifica senz’altro la rinuncia come re-missione del debito.

(1) La revocatoria (recte, la declaratoria di inefficacia) degli atti a titolo gratuito, conparticolare riferimento ai gruppi di societa.

1. Rinuncia al credito e remissione del debito: differenze di effetti e di disciplina. – La sen-tenza emessa dal Tribunale di Napoli offre l’occasione per approfondire l’annosa questionedella revocatoria fallimentare degli atti a titolo gratuito e per affrontare la piu recente tema-tica della rilevanza dell’interesse di gruppo ai fini della qualificazione in termini di gratuita odi onerosita di una data operazione.

La pronuncia in esame era stata sollecitata dalla curatela di una societa fallita la quale,nella posizione di controllante di altra societa, aveva rinunciato, in favore di quest’ultima, en-tro il periodo di due anni prima della dichiarazione di fallimento, a crediti per notevoli im-porti. In conseguenza di cio, la curatela attrice aveva chiesto al giudice adıto la declaratoria diinefficacia, ex art. 64 legge fallim., della remissione operata in favore della controllata o, insubordine, quella di nullita per estraneita all’oggetto sociale.

I due istituti, di rinuncia e di rimessione del debito, vanno distinti.Si ha remissione del debito quando il creditore comunichi al debitore la

propria dichiarazione di esonerarlo dal suo debito.La remissione del debito e negozio unilaterale recettizio. La dichiarazio-

ne acquista efficacia solo mediante comunicazione al debitore interessato;essa e subordinata risolutivamente, nell’effetto liberatorio, alla dichiarazio-ne del debitore di non volerne profittare.

La rinuncia e negozio unilaterale non recettizio. Essa comporta l’abban-dono della titolarita di un rapporto; il suo effetto immediato, e negoziale, e– soltanto – l’estinzione del rapporto medesimo. La rinuncia non puo di-pendere, ne puo essere efficacemente impedita dalla volonta di un terzo,sia pure il debitore: il debitore ha diritto, perche puo avere interesse, di

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L’estensore, dopo aver distinto gli istituti della rinuncia al credito e della remissione deldebito ed aver inquadrato, sul piano giuridico, la fattispecie sottoposta al suo esame nell’am-bito del primo, ha valutato quale incidenza avessero gli effetti riflessi e mediati della rinunciasulla natura dell’atto.

Occorre, pertanto, prendere le mosse dall’operata distinzione, al fine di valutarne la fon-datezza e la rilevanza in sede di esercizio dell’azione revocatoria fallimentare (recte, dell’azio-ne finalizzata alla declaratoria di inefficacia ai sensi dell’art. 64 legge fallim.).

In termini generali e di primo approccio al problema, possono condividersi le definizioniindicate dall’organo giudicante secondo cui, mentre la rinuncia al credito rappresenta un ne-gozio unilaterale non recettizio il cui effetto (che si concreta nella dismissione della titolaritadel diritto) non trascende la sfera del creditore, la remissione del debito e un negozio unila-terale recettizio il cui effetto (identificabile nella liberazione del debitore dalla posizione giu-ridica passiva) e destinato ad operare direttamente nella sfera giuridica del remissario. Al ri-guardo, rileva il principio generale del nostro diritto privato che legittima in generale i negoziunilaterali aventi effetto sulla sfera giuridica altrui, quando l’effetto e insuscettibile di pregiu-dizio personale o patrimoniale.

Una delle conseguenze inevitabili della enunciata distinzione e rappresentata dal fattoche la remissione acquista efficacia solo mediante comunicazione al debitore interessato ede subordinata risolutivamente, nell’effetto liberatorio, alla dichiarazione di quest’ultimo dinon volerne profittare (ex art. 1236 cod. civ.). Di contro, la rinuncia cd. abdicativa nonpuo essere efficacemente impedita dalla volonta del debitore il quale, pertanto, non puo im-pedire che il creditore rinunci al proprio credito.

L’ulteriore passaggio logico evidenziato nella sentenza del Tribunale partenopeo e quellosecondo cui l’unico effetto diretto ed immediato della rinuncia sarebbe rappresentato, nel ca-so di specie, dall’estinzione del debito che la controllante-capogruppo, di poi fallita, aveva neiconfronti della societa controllata.

Orbene, almeno quest’ultima considerazione va sottoposta a vaglio critico, non potendocondividersi nei suoi assunti teorici.

Com’e noto la remissione e il negozio unilaterale mediante il quale il creditore rinunziagratuitamente al proprio diritto di credito. La dichiarazione del creditore di rimettere il de-bito ha carattere recettizio in quanto, per produrre l’estinzione dell’obbligazione, deve esserecomunicata al debitore. Quest’ultimo puo rifiutare la remissione del debito, ma ha l’onere dicomunicare il rifiuto entro un congruo termine.

non accettare una remissione, ma non puo impedire che il creditore rinuncial proprio credito, rispetto al quale la rinuncia non sia vietata o irrilevanteper legge.

La funzione economico-sociale della rinuncia, la sua causa, consiste nel-l’abbandono della titolarita del credito; sono irrilevanti i motivi dell’agire, inquanto non incidono sullo schema causale.

Nel caso in esame, l’interprete si trova al cospetto soltanto dell’anno-tazione nei libri contabili della «rinuncia al credito»da parte di Palfin soc.per az.

In mancanza di ulteriori elementi, si deve ritenere che Palfin soc. per az.abbia effettivamente compiuto una rinuncia in favore di soc. a resp. lim.Azienda vitivinicola ed olearia e non gia una remissione del debito.

Si tratta, in particolare, di una rinuncia in senso proprio o abdicativa, inquanto l’intento del rinunciante non e consistito in un proprium alienum fa-

Parte II - Giurisprudenza 385

Sul piano della disciplina applicabile e degli effetti, e opportuno distinguere la remissio-ne del debito non solo dalla rinuncia al credito (sul punto postea), ma anche dal cd. pactum denon petendo. In realta, manca un apprezzabile interesse per operare quest’ultima distinzionenel caso di obbligazione soggettivamente semplice, allorquando il creditore si impegna in viadefinitiva (in perpetuum) a non esercitare il credito. Invero, chi si obbliga a non far piu valereil credito di fatto vi rinunzia. Viceversa, la distinzione rileva quando il creditore si obbliga anon chiedere la prestazione per un certo tempo (nel qual caso si e in presenza di un accordofinalizzato alla dilazione dei termini di scadenza di un credito) o in presenza di determinatecircostanze. In siffatta evenienza l’impegno non estingue l’obbligazione, ma ne limita unica-mente l’esigibilita.

La prevalente dottrina qualifica la remissione come un atto di rinunzia e la inquadra nel-l’ambito dei modi di estinzione delle obbligazioni a carattere non satisfattivo. Un orientamen-to minoritario in dottrina, invece, contesta l’assimilazione predetta, assumendo che la remis-sione del debito non avrebbe ne l’oggetto ne la struttura della rinunzia. In particolare, la ri-nunzia avrebbe ad oggetto unicamente la dismissione del diritto (come sostenuto nella sen-tenza in esame) e l’estinzione del debito che essa comporta costituirebbe un effetto riflessoe non necessario, potendosi riscontrare ipotesi di rinunzia al credito da parte del suo titolareche non comportano l’estinzione del debito. A tal ultimo riguardo, si fa l’esempio della rinun-zia fatta dal concreditore solidale attivo. L’estinzione del debito rappresenterebbe, invece,l’effetto diretto e necessario della remissione.

Alla tesi che contrappone remissione e rinunzia la prima teoria obietta che la remissionedeve identificarsi in un atto di rinunzia, atteso che il creditore che rimette il debito di fattorinunzia alla propria pretesa creditoria. Avverso l’esempio riportato a sostegno della necessitadi tenere distinti i due istituti, viene evidenziato che, rappresentando il credito ed il debitotermini coessenziali di un unico rapporto obbligatorio ed essendo le due posizioni correlative,l’estinzione dell’una comporta necessariamente l’estinzione dell’altra. In quest’ottica, la rinun-zia fatta dal concreditore solidale attivo estinguerebbe il credito, sia pure limitatamente per laparte spettante al creditore rinunziante.

Appare maggiormente condivisibile la teoria che differenzia la rinuncia al credito dallarimessione del debito, ritenendo che la prima, rappresentando un mero atto abdicativo deldiritto, non tollera il rifiuto altrui, a differenza della remissione, sı come statuito dall’art.

cere, ossia nel trasferire ad altri un proprio diritto (ipotesi in cui parte delladottrina ravvisa la c.d. rinuncia traslativa).

Palfin non ha trasferito a soc. a resp. lim. Azienda vitivinicola ed oleariail proprio credito, ma si e limitata ad abbandonarlo, con l’effetto di estin-guere il debito della convenuta.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali386

1236 cod. civ. Pertanto, e piu corretto discorrere di rinunzia allorquando il disponente abbiala facolta di esprimere da solo il suo intento abdicativo e di remissione nell’ipotesi in cui ildestinatario del negozio unilaterale abbia il potere di opporsi alla realizzazione dell’intentomanifestato dal disponente.

Aderendo alla tesi che si e inteso propugnare, ne deriva come conseguenza sul piano lo-gico (ancor prima che giuridico) che, qualificando l’atto negoziale analizzato come rinunzia,l’estinzione del debito non rappresenta l’effetto diretto ed immediato dell’atto abdicativo,bensı un effetto riflesso.

Non vi e dubbio, invece, che la causa della rinunzia cd. abdicativa (da non confonderecon quella traslativa) e essenzialmente gratuita, atteso che il creditore, di regola, rinunzia alproprio diritto senza una controprestazione.

2. I connotati dell’atto a titolo gratuito: prospettive di veduta. – E bene evidenziare sin daora che la gratuita della causa non implica necessariamente la liberalita dell’atto, tanto e veroche sia per la remissione del debito che per la rinuncia al credito non e richiesto l’animus do-nandi in capo al remittente o al rinunziante. D’altra parte, ai sensi dell’art. 769 cod. civ., ladonazione consiste nel disporre a favore di un’altra parte di un proprio diritto o nell’assumereverso la stessa un’obbligazione. A tutto concedere, potrebbe sostenersi in alcuni casi che si siain presenza di una donazione indiretta, vale a dire di una liberalita risultante da atti diversidalla donazione (art. 809 cod. civ.).

E vero che alcuni studiosi hanno ravvisato nella remissione un negozio a causa neutra ovariabile, che in alcuni casi potrebbe risultare anche a titolo oneroso. Ma e altrettanto veroche, in realta, l’onerosita e il connotato di altri tipici negozi, con la conseguenza che, se il cre-ditore rinunzia al suo diritto verso un corrispettivo, si e in presenza semmai di una datio insolutum o di una transazione.

Cio debitamente premesso, va stabilito in presenza di quali presupposti l’atto sia da qua-lificare gratuito, piuttosto che oneroso. Invero, la distinzione tra atti a titolo gratuito ed atti atitolo oneroso e centrale per stabilire la disciplina applicabile: se quella prevista dall’art. 64 oquella invece dell’art. 67 legge fallim., profondamente diversa sia per il carattere costitutivodell’azione (con le ovvie differenze in punto prescrizione e decorrenza degli interessi) sia perla rilevanza dell’elemento soggettivo della scientia decoctionis.

Attenti studiosi hanno distinto i rapporti bilaterali da quelli trilateri, evidenziando chementre con riferimento ai primi la dottrina e la giurisprudenza non avevano dimostrato par-ticolari difficolta nel definire la gratuita dell’atto, non altrettanto poteva dirsi in relazione aisecondi.

Invero, quando il rapporto intercorre soltanto tra il solvens fallito e l’accipiens, e gratuito«ogni atto che concretizzi una spontanea attribuzione del fallito ad un terzo di un vantaggiopatrimoniale senza alcun corrispettivo diretto o indiretto a favore del fallito medesimo, il cuipatrimonio, percio, in conseguenza della spontanea alienazione, offrira, da allora in poi, mi-nori garanzie ai creditori».

Quando, invece, l’attribuzione patrimoniale a favore dell’accipiens viene effettuata da unterzo (successivamente fallito) rispetto al soggetto originariamente obbligato, la questione sicomplica.

Effetto diretto (unico effetto diretto) della rinuncia, ossia l’unica vicen-da la cui fattispecie sia costituita dal negozio giuridico di rinuncia, e l’e-stinzione del debito che la convenuta aveva nei confronti di soc. per az.Palfin.

Il complessivo maggior valore della partecipazione di Palfin soc. per az.in soc. a resp. lim. Azienda Olearia e vitivinicola (dedotto dalla convenuta)non e imputabile direttamente ed immediatamente al negozio di rinuncia,ma e effetto riflesso di esso.

Il complessivo maggior valore presenta con la rinuncia un legame cau-sale mediato, giacche si riallaccia non gia direttamente al negozio di rinun-cia, ma alla vicenda dell’estinzione del debito immediatamente derivante

Parte II - Giurisprudenza 387

In questo caso e sorto contrasto tra la giurisprudenza della Suprema Corte e parte dellagiurisprudenza di merito. Invero, la Cassazione ha risolto le singole questioni sottoposte alsuo vaglio (1), ponendosi dall’angolo di visuale dell’accipiens. In tal senso ha sostenuto chenon si puo parlare di atto a titolo gratuito in tutti i casi in cui alla prestazione del terzonon corrisponda un vantaggio patrimoniale per il terzo stesso, ma essa costituisca comunqueper l’accipiens adempimento di una prestazione dovuta. In tali casi, infatti, sussiste si unaspetto di gratuita nell’adempimento ex parte solventis, ma solo nei rapporti tra il soggettooriginariamente tenuto all’adempimento ed il solvens stesso, e non anche nei rapporti conil beneficiario della prestazione. Non bisogna, peraltro, tralasciare la menzione anche di altrepronunce di segno contrario, a mente delle quali la qualificazione giuridica della gratuita diun atto ai fini dell’esercizio dell’azione di inefficacia di cui all’art. 64 l.fall., andrebbe fattaproprio ex parte solventis, ossia con esclusivo riferimento agli effetti che l’atto abbia determi-nato sul patrimonio del fallito (2).

La prevalente giurisprudenza di merito ha, invece, sostenuto che, nell’ambito dell’azionerevocatoria, occorre aver riguardo alla posizione del solvens, in quanto tale azione e direttaalla ricostituzione del patrimonio del fallito a garanzia dei creditori. A sostegno di tale tesisi e evidenziato che, diversamente ragionando, i creditori del fallito sarebbero privi di tutelain tutti i casi di donazione indiretta (come, ad esempio, nel caso in cui il fallito abbia pagato ildebito altrui).

Un argomento testuale a favore di tale orientamento viene individuato nell’art. 67, com-ma 1, n. 1, legge fallim. il quale, prevedendo la revoca degli atti a titolo oneroso in cui le pre-stazioni eseguite o le obbligazioni assunte dal fallito sorpassano notevolmente cio che a lui estato dato o promesso (la recente riforma della revocatoria fallimentare ha, sul punto, unica-mente chiarito quand’e che due prestazioni in rapporto di sinallagmaticita vanno consideratesproporzionate), dimostrerebbe che nell’ambito dell’azione revocatoria fallimentare la valuta-zione di onerosita o gratuita deve essere compiuta con riferimento esclusivo agli effetti del-l’atto sul patrimonio del fallito. A dire il vero, appare difficile parlare in siffatta evenienza

(1) Cassazione civ. 13 settembre 1983, n. 5548 in Il Fallimento n. 2, anno 1984, pag. 446.(2) Cassazione civ., 21 novembre 1983, n. 6929 inedita; Cassazione civ., sez. I, 12 maggio 1992, n. 5616 in Il

Fallimento n. 9, anno 1992, pag. 922; Cassazione civ., sez. I, 20 maggio 1987, n. 4608 in Il Fallimento n. 1, anno1988, pag. 17.

dalla rinuncia. In questa vicenda esso (qualora effettivamente riscontrabile)rinviene la propria fattispecie.

Rinunzia al credito e remissione del debito, benche conducano al mede-simo risultato complessivo, vi approdano merce effetti diretti del tutto di-stinti:

Il diritto fallimentare delle societa commerciali388

di atto parzialmente gratuito, in particolare considerando l’attribuzione patrimoniale affettada notevole sproporzione atto a titolo gratuito per la sola eccedenza.

Altro argomento a supporto della tesi sarebbe da individuare nell’art. 1923 cod. civ. ilquale, consentendo, nel caso di assicurazione sulla vita a favore di un terzo, la revoca dei pre-mi pagati dal soggetto di poi fallito, confermerebbe che la gratuita dell’atto va considerata exparte solventis, tenuto conto che il premio rappresenta per l’assicuratore il corrispettivo afronte del rischio assunto.

La soluzione del problema offerta da attenti studiosi e quella di scegliere tra la tutela diinteressi ugualmente meritevoli di tutela, quello dei creditori del fallito alla reintegrazione del-la garanzia patrimoniale e quello dell’accipiens a trattenere il corrispettivo della prestazione dalui eseguita o comunque dovuta, tenendo conto che, mentre nel caso di atto a titolo onerososia l’interesse dei creditori che quello del terzo beneficiario sono ugualmente meritevoli ditutela (a fronte dell’esigenza del creditore di ripristinare la garanzia patrimoniale per il sod-disfacimento del proprio credito sta la circostanza che anche il beneficiario e creditore dellaprestazione ricevuta e che, a fronte di tale prestazione, egli ha sopportato un corrispondentesacrificio patrimoniale), nel caso dell’atto gratuito l’equivalenza degli interessi non sussiste e,quindi, la tutela del terzo beneficiario e posposta a quella dei creditori. In particolare, se gliinteressi sono ugualmente tutelabili, soltanto il particolare atteggiamento soggettivo del terzobeneficiario (la partecipazione alla frode e, nel fallimento, la consapevolezza dello stato d’in-solvenza del fallito) consentirebbe di risolvere il conflitto a favore dei creditori. Cio, secondol’autore, presuppone pero che la valutazione della gratuita dell’atto si fondi sulla posizionedel terzo beneficiario. Diversamente, ove si considerasse la gratuita ex parte debitoris, si con-sentirebbe infatti la revoca di un atto, il pagamento del debito del terzo, che e invece a titolooneroso per il creditore che lo riceve. Tuttavia, sacrificare l’interesse del terzo beneficiario aquello dei creditori del solvens avrebbe senso se il terzo avesse avuto soltanto un vantaggiopatrimoniale a fronte del danno patito dai creditori, ma non anche allorquando il terzo abbiaa sua volta posto in essere una prestazione nei confronti di altri. D’altra parte, conclude l’au-tore, cio non significherebbe escludere ogni possibilita di revoca dell’atto, che sarebbe sem-mai subordinata alle condizioni previste per gli atti onerosi.

E evidente che la tesi prospettata prende le mosse dalla disciplina della revocatoria or-dinaria, rendendola, sotto l’aspetto esaminato, estensibile alla revocatoria fallimentare.

I sostenitori della contraria tesi affermano, invece, che, poiche la revocatoria ha finalitarecuperatorie, la gratuita dell’atto va valutata guardando alla posizione del solvens.

In realta, entrambi gli orientamenti sembrano partire da un assioma per farne discendereconseguenze, a loro dire, inevitabili. In particolare, mentre la tesi che propugna di valutarel’atto ex latere accipientis ritiene che l’azione revocatoria ordinaria e quella fallimentare si fon-dino sul medesimo presupposto, quella che considera l’atto ex latere solventis trae tale con-vinzione dalla finalita recuperatoria propria della revocatoria fallimentare (che consentirebbedi riconoscere prevalenza all’interesse finalizzato alla ricostruzione del patrimonio del fallito).

Avverso la prima teoria vanno formulati due rilievi critici. In primo luogo, si confonde lapremessa con la conclusione nel momento in cui si sostiene che nel caso di equivalenza degliinteressi in gioco si debba valutare la gratuita dell’atto sulla base della posizione del terzo be-

— l’effetto della prima, che si risolve nella dismissione della titolaritadel credito, non trascende la sfera del creditore;

— l’effetto della seconda, che si concreta nella liberazione del debitoredalla posizione giuridica passiva, e destinato, per propria indole, ad operaredirettamente nell’altrui sfera giuridica, quella del remissario.

Parte II - Giurisprudenza 389

neficiario. Invero, in tal guisa ragionando, non si indicano i criteri oggettivi alla stregua deiquali stabilire se si e in presenza di un atto a titolo gratuito (nel qual caso non sussisterebbel’equivalenza degli interessi) o di un atto oneroso. In secondo luogo, nell’ipotesi disciplinatadall’art. 64 legge fallim. non e a parlarsi di un’azione revocatoria fallimentare, in relazione alquale sola si e posta in passato la questione sull’identita o diversita di natura rispetto all’actiopauliana. E noto, infatti, che, in presenza dei presupposti indicati dall’art. 64 legge fallim.,l’atto e inefficace di diritto sin dalla dichiarazione di fallimento del solvens e che l’azioneche si rende necessaria per consentire al curatore l’apprensione dei beni oggetto dell’atto inef-ficace e meramente dichiarativa, oltre a non essere soggetta a prescrizione. Con la conseguen-za che frutti ed interessi decorrono dalla data dell’atto «revocato» o, a tutto concedere, dallasentenza dichiarativa di fallimento. Inoltre, l’inefficacia sancita dall’art. 64 legge fallim. ha ca-rattere oggettivo, atteso che non rilevano in alcun modo le condizioni soggettive del solvenssuccessivamente fallito e dell’accipiens e non rilevano ne la sussistenza o meno dello stato diinsolvenza in capo al debitore-fallito al momento in cui poneva in essere l’atto di cui si tratta,ne – da ultimo – la conoscenza o meno di tale stato di insolvenza nel terzo avvantaggiato dal-l’atto medesimo (3). Sono evidenti, pertanto, le differenze sostanziali che intercorrono con larevocatoria fallimentare, a partire dal fatto che la stessa conduce, se fondata, ad una pronun-cia di tipo costitutivo. Ripetesi: gli atti a titolo gratuito non debbono essere «revocati», masono «di diritto» inefficaci rispetto ai creditori. Certo i casi contenziosi dovranno esser risoltigiudiziariamente, ma non tramite l’esperimento di una azione revocatoria, bensı a mezzo diuna causa di cognizione di natura dichiarativa che, accertata la natura gratuita dell’atto e l’e-sperimento dello stesso – da parte del fallito – nei due anni anteriori alla dichiarazione di fal-limento, ne dichiarera, appunto, l’inefficacia «di diritto» (4).

D’altra parte, pur condividendosi l’assunto secondo cui l’azione di inefficacia di cui al-l’art. 64 legge fallim. ha una funzione recuperatoria dettata dall’esigenza di tutelare i creditoridella massa fallimentare, puo trarsi da tale premessa la conclusione che gli interessi di questiultimi vanno percio privilegiati rispetto a quelli dei soggetti beneficiari degli atti a titolo gra-tuito, ma di per se non anche quella in base alla quale la valutazione di gratuita andrebbeeffettuata dal punto di vista del solvens. La prevalenza in tal guisa attribuita dal legislatoreagli interessi dei creditori concorsuali trova spiegazione nella mancanza di un interesse degnodi tutela in capo a coloro che hanno beneficiato degli atti a titolo gratuito, ma non offre unvalido ed obiettivo criterio per qualificare un atto in termini di gratuita o di onerosita.

(3) Pajardi, Il sistema revocatorio, cit., 153; Tribunale Torino, 26 gennaio 1988, in Il Fallimento 1988, 512;

Tribunale Venezia, 18 aprile 1985, ivi, 1985, 1103.(4) Cosı l’opinione assolutamente prevalente: in dottrina, si vedano: Ferrara, Il fallimento, Milano, 1989,

378; Pajardi, Manuale di diritto fallimentare, Milano, 1986, 398; Provinciali, Trattato di diritto fallimentare,Milano, 1974, 1053; Azzolina, Il fallimento e le altre procedure concorsuali, Torino, 1953, 1082. In giurispru-denza, per tutte, Cassazione civ., 21 novembre 1983, n. 6929, in Dir. fall. 1984, II, 65; Cassazione civ., 18 giugno

1980, n. 3854, in Il Fallimento 1980, 784.

La rinuncia al credito compiuta da Palfin soc. per az. ha prodotto effettilimitati alla sfera della rinunciante.

La convenuta esclude la natura gratuita della rinuncia, sostenendo chela sua onerosita si evince dall’effetto di accrescimento del patrimonio di soc.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali390

Nell’ipotesi di garanzia prestata dal fallito a fronte di debito altrui la Cassazione e la giu-risprudenza maggioritaria hanno affermato che la norma contenuta nell’art. 2901, comma 2,cod. civ. deve essere considerata espressione di un principio operante anche in tema di revo-catoria fallimentare perche «la prestazione della garanzia si inserisce in una complessiva edunitaria operazione con legame di sinallagmaticita rispetto alla concessione del credito da par-te del garantito, che ne costituisce la controprestazione».

Diversi giudici di merito hanno, invece, affermato l’opposta tesi, argomentando sia dallalettera dell’art. 2901, comma 2, cod. civ. che nel dettare il principio dell’onerosita della ga-ranzia contestuale, lo limita «agli effetti della presente norma», sia dalla natura della revoca-toria fallimentare, ritenuta diversa da quella ordinaria.

Appare maggiormente condivisibile il primo orientamento, in considerazione del fattoche, nelle ipotesi di contestualita tra erogazione del credito e concessione della garanzia daparte del terzo, in tanto il garantito si risolve a concedere il credito, in quanto vi sia la garanziadel credito. Anche se, al riguardo, e opportuno riportare una pronuncia della Suprema Cortea tenor della quale si ricaverebbe dal testo dall’art. 2901 cod. civ., che il criterio dettato, dalcomma 3 della stesso disposizione per individuare la natura onerosa o gratuita di una presta-zione di garanzia, ricollegandosi alla contestualita o meno con il credito garantito, non e ap-plicabile in sede fallimentare, ove, nell’assenza di analoghi criteri negli art. 64 e 67 legge fal-lim., la gratuita (od onerosita) andrebbe valutata caso per caso, con esclusivo riguardo allaposizione del garante e agli effetti che l’atto, ovvero, eventualmente, altri ad esso funzional-mente collegati, abbiano determinato nel suo patrimonio (5).

Di contro, le garanzie non contestuali al credito non possono essere considerate, argo-mentando a contrariis, tutte gratuite, ma si deve caso per caso accertare la loro natura. In par-ticolare, la costituzione di garanzia per debito altrui prestata dal fallito non contestualmenteal sorgere del credito va qualificata come atto a titolo gratuito (con la conseguenza che puoessere dichiarata inefficace ai sensi dell’art. 64 legge fallim.) se il garante non riceve alcun van-taggio economico dal debitore principale o dal creditore garantito.

Al di fuori dell’ipotesi di garanzia prestata per un debito altrui (in cui il legislatore hafornito un criterio di massima – contestualita o meno della prestazione di garanzia rispettoall’atto da garantire – per qualificare l’atto come a titolo gratuito o a titolo oneroso), spettaalla giurisprudenza ed alla dottrina individuare i criteri per l’esatta qualificazione dell’opera-zione posta in essere dal soggetto successivamente dichiarato fallito.

Di recente si e osservato che, nel valutare la gratuita dell’atto in ragione del depaupera-mento del patrimonio del fallito, occorre tener conto di tutti i corrispettivi, diretti o indiretti,che egli puo ricevere (purche si tratti di corrispettivi economicamente apprezzabili) e, quindi,non soltanto di quanto possa provenirgli dall’accipiens (ad esempio, creditore garantito), maanche dal debitore beneficiato (ad esempio, debitore principale) in forza di specifici accordi

(5) Cassazione civ., sez. I, 28 maggio 1998, n. 5264, Monte Paschi Siena c. Fall. Giugni, in Giust. civ. Mass.

1998, 1149.

per az. Palfin, conseguente al complessivo maggior valore della partecipa-zione, diretta ed indiretta, di soc. per az. Palfin al capitale di soc. a resp.lim. Azienda Vitivinicola ed Olearia. Fa leva, in definitiva, sulla rilevanzadell’interesse del gruppo al quale appartenevano e Palfin soc. per az., eAzienda vitivinicola ed olearia soc. a resp. lim.

La tesi della convenuta si snoda attraverso due postulati, tra loro con-nessi:

Parte II - Giurisprudenza 391

contrattuali (6). In quest’ottica, se il debitore originario si obbliga a ristorare il solvens del sa-crificio patrimoniale, l’atto compiuto non sarebbe privo di corrispettivo. Cio presuppone, pe-raltro, che gia sia stata risolta la questione relativa al punto di vista dal quale porsi per valu-tare l’atto in senso favorevole alla posizione del solvens.

In termini generali, deve considerarsi gratuito l’atto compiuto dal fallito senza alcun cor-rispettivo, ovvero l’atto che comporti diminuzione di patrimonio senza contropartita (7).

Appare utile richiamare alcune pronunce in materia favorevoli sia all’uno che all’altroorientamento in precedenza esposti, al fine di desumerne i principi ispiratori, prendendole mosse da quello favorevole ad analizzare l’atto ex latere solventis.

Un parte della giurisprudenza, rimarcando la finalita recuperatoria propria anche dell’a-zione ex art. 64 legge fallim., sostiene che il sistema della revocatoria, o piu in generale del-l’inefficacia dei pagamenti effettuati dal debitore in adempimento di un debito del fallito, sa-rebbe improntato alla tutela dei creditori di massa, in quanto sarebbe destinato a dare rile-vanza esclusiva al depauperamento del patrimonio del debitore ed alla menomazione dellepossibilita satisfattive dei creditori concorrenti. Pertanto, andrebbe qualificato gratuito il pa-gamento posto in essere dal fallito senza alcun corrispettivo diretto od indiretto, senza che, atale effetto, potrebbe assumere rilevanza alcuna la posizione del terzo contraente a cui favoreviene destinato l’atto solutorio quando egli non avesse sopportato alcun sacrificio refluibilenel patrimonio del fallito (8).

Viene altresı posto in rilievo che, ai fini della revocatoria fallimentare degli atti a titologratuito compiuti dal fallito nel biennio anteriore al fallimento, il carattere gratuito dell’attodeve essere valutato con riferimento ai rapporti esistenti tra i soggetti dell’atto stesso senzache assuma rilevanza il vantaggio che ne possa derivare ad un terzo (9). In quest’ottica, il pa-gamento del debito altrui viene considerato per chi paga un atto a titolo gratuito, in quanto ilbeneficio e’destinato all’originario debitore rimasto estraneo all’atto.

Occorre partire da un presupposto: l’atto va valutato, con valenza pregnante, guardandoal rapporto intercorso tra i soggetti che ne rappresentano, rispettivamente, il «disponente»edil beneficiario. Da questo punto di vista, non puo condividersi appieno la tesi secondo cui ilpagamento effettuato dall’imprenditore, poi fallito, per estinguere un debito altrui, se anche atitolo oneroso ove si guardi al rapporto tra il debitore originario e il creditore (nell’ipotesi in

(6) Cfr. Cassazione civ., sez. I, 12 maggio 1992, n. 5616 in Il Fallimento n. 9, anno 1992, pag. 922.

(7) Cassazione civ., 12 maggio 1992, n. 5616 in Il Fallimento n. 9, anno 1992, pag. 922; Cassazione, 13 mag-gio 1987, n. 4394 in Il Fallimento n. 11, anno 1987, pag. 1150.

(8) Tribunale Vicenza, 17 luglio 1997, Fall. soc. Mondragon c. Boon, in Fallimento 1998, 607.(9) Cfr., in tal senso, Tribunale Milano, 17 gennaio 1994, Fall. soc. Intersider c. Soc. Tribunale Ancona, in

Gius 1994, fasc. 8, 218.

A – la rilevanza, oltre che degli effetti diretti, anche di quelli riflessi emediati della rinuncia.

Si e formato, al riguardo, un orientamento che riconosce l’onerosita an-che dei negozi gratuiti preordinati al soddisfacimento di interessi economicidell’agente, sia pure mediati e indiretti, ma giuridicamente rilevanti (Cassa-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali392

cui quest’ultimo non fa che accettare l’adempimento di una propria obbligazione), e, invece,atto a titolo gratuito se si tiene conto del rapporto tra debitore originario e fallito, allorquan-do il pagamento effettuato da quest’ultimo con denaro proprio sia privo di corrispettivo (10).Infatti, in tal guisa ragionando, la prospettiva di analisi verrebbe spostata sul rapporto tra sol-vens e terzo beneficiato. E vero che la gratuita dell’atto (ad esempio, pagamento del debitoaltrui) puo essere considerata anche nei rapporti con il debitore principale e che, nei rapporticon il creditore, potrebbe configurarsi l’istituto dell’adempimento del terzo ex art. 1180 cod.civ. (se vi e in capo al disponente l’animus solvendi debiti alieni) o, a tutto concedere, un in-debito soggettivo ex latere solventis ex art. 2036 cod. civ. (se difetta il predetto elemento psi-cologico); tuttavia, e altrettanto vero che in siffatte evenienze il solvens puo semmai agire, nelprimo caso, nei confronti del debitore surrogandosi nei diritti del creditore soddisfatto e, nelsecondo caso, si nei confronti dell’accipiens, ma solo in presenza di un errore scusabile (re-quisito, quest’ultimo, non richiesto, invece, dall’art. 64 legge fallim.). Viceversa, l’azione inesame va esperita nei confronti del beneficiario, conduce ad una declaratoria di inefficacia,prescinde dalla condizione soggettiva delle parti ed e imprescrittibile. Quest’ultima caratteri-stica potrebbe indurre a sostenere che l’atto viene colpito dalla sanzione dell’inefficacia inquanto sostanzialmente privo di causa. Tuttavia, in siffatta evenienza la patologia da cui sa-rebbe affetto l’atto sarebbe quella della nullita, in base al combinato disposto degli artt. 1418,comma 2, e 1325 cod. civ. In realta, la categoria dell’inefficacia in senso stretto deve essererigorosamente distinta dall’invalidita, ravvisandosi il carattere distintivo nel fatto che il nego-zio inefficace e pur sempre un negozio valido e, quindi, dotato di una propria rilevanza difronte al diritto. In particolare, si e in presenza della categoria dell’inefficacia successiva incui il fatto sopravvenuto (declaratoria di fallimento del disponente) e collegato alla fattispeciein via funzionale, e non gia strutturale.

D’altra parte, la stessa Suprema Corte ha evidenziato in passato, con riguardo ad un’o-perazione di giroconto mediante la quale, con il trasferimento di somme dal conto di un clien-te a quello di altro cliente, la banca aveva soddisfatto (mediante compensazione) il propriocredito verso il secondo, che (pur configurando, nel rapporto fra il fallito stesso e la bancacreditrice, la suddetta operazione come un atto solutorio, impugnabile come tale con l’azionerevocatoria di cui all’art. 67 legge fallim.) il contraddittorio doveva essere instaurato nei con-fronti della sola banca (beneficiaria), alla stregua della estraneita del debitore rispetto ad unapronuncia destinata a produrre effetti esclusivamente nei confronti dell’accipiens (11). Ebbe-ne, tale principio va esteso anche all’azione ex art. 64 legge fallim., traendone la inevitabileconseguenza dell’irrilevanza della posizione (almeno processuale) del beneficiato (pur eviden-ziando che in alcuni casi – quale la dichiarazione di inefficacia del pagamento di un debito

(10) Corte appello Catania, 18 dicembre 1985, in Giur. comm. 1986, II, 437.(11) Cassazione civ., sez. I, 11 luglio 1989, n. 3265, in Giust. civ. Mass. 1989, fasc. 7 in Fallimento 1989,

1192, in Giur. comm. 1990, II, 28.

zione, 24 febbraio 2004, n. 3615, in Gius 2004, 2682; 29 settembre 1997, n.9532, in Fallimento 1998, 1041).

La tesi non si puo condividere.Sono gli effetti diretti (e solo questi) che si ricollegano alla fattispecie

negoziale.

Parte II - Giurisprudenza 393

altrui – si verificano effetti riflessi anche nei confronti del debitore, a seguito della reviviscen-za del debito originario). A tutto concedere, si sarebbe in presenza di un nesso di conseguen-zialita-dipendenza che potrebbe legittimare il debitore ad intervenire nel processo ad adiu-vandum rispetto al creditore. E evidente che il principio da ultimo enunciato non puo valerenei casi in cui il rapporto e di tipo bilaterale, quale e l’ipotesi esaminata dalla sentenza in com-mento.

In quest’ottica, non puo condividersi la tesi, pur sostenuta in alcune sentenze di meri-to (12), secondo cui dovrebbe essere considerato a titolo gratuito l’atto che non fosse connessoad un vantaggio patrimoniale (ad esempio, dilazione di pagamento o riduzione del tasso diinteresse) elargito dal creditore garantito al debitore principale.

Parimenti, non potrebbe qualificarsi l’atto sulla base della valutazione della posizione diuna sola delle parti coinvolte, atteso che l’indagine va estesa anche a tutte le ragioni econo-miche del rapporto sottese all’operazione giuridica.

In definitiva, la natura gratuita o onerosa dell’atto va accertata, ripetesi, sulla base delrapporto intercorso tra il solvens e l’accipiens, non rivestendo valenza pregnante (oltre cheil solo angolo prospettico del beneficiario, anche) il rapporto tra il solvens ed il beneficiato(che pur condurrebbe ad una qualificazione in termini di gratuita, poiche, ad esempio, l’a-dempimento ex art. 1180 cod. civ. da parte del soggetto poi sottoposto a procedura concor-suale difetterebbe di una causa onerosa che ne giustifichi la liberazione). In quest’ottica, oc-corre aver riguardo all’effetto dell’atto nei confronti del patrimonio del fallito. Del resto, spes-so non esiste motivo di protezione dell’accipiens, il quale sa che chi paga va a soddisfare undebito altrui senza alcun corrispettivo. Inoltre, diversamente opinando (vale a dire, conside-rando l’atto esclusivamente ex parte accipientis), l’operazione, in caso di rapporti trilaterali(laddove e evidente che una rinuncia al credito e connotata in termini di gratuita), sarebbesempre a carattere oneroso, perche il beneficiario avrebbe contestualmente erogato un finan-ziamento o eseguito in precedenza una prestazione in favore del beneficiato.

Se si aderisce alla tesi che si e inteso propugnare, nessun rilievo avranno la concessione,ad opera del creditore garantito, di una proroga del termine di scadenza del debito del terzosuo debitore (13) o l’estinzione di un’obbligazione preesistente (14).

L’atto e, pertanto, gratuito qualora il solvens successivamente fallito, non abbia ricevuto,a fronte dell’atto di disposizione del proprio patrimonio, alcun corrispettivo diretto o indiret-to, ovvero alcun vantaggio di natura patrimoniale, senza che possa assumere rilievo il fatto

(12) Tribunale Treviso, 15 ottobre 1996 inedita.(13) Contra, Cassazione civ., sez. I, 28 settembre 1991, n. 10161, Societa Cooperativa carburanti e lubrifi-

canti c. Fallimento Ambrosini, in Giust. civ. 1992, I, 689.

(14) Nel caso di adempimento di un debito altrui; contra, Cassazione civ., sez. I, 7 dicembre 2001, n. 15515,Belardinelli e altro c. Biffoli e altro, in Foro it. 2002, I, 2454; Cassazione civ., sez. I, 12 settembre 1991, n. 9560,

Societa SAIME c. Fallimento societa CEI, in Fallimento 1992.

Su di essi e non su quelli riflessi si delinea l’impostazione del regolamen-to d’interessi prescelta. Uno dei caratteri salienti degli effetti riflessi e perl’appunto la loro indifferenza rispetto alla normale previsione dell’autoredel negozio.

I tratti fisionomici del negozio, ricostruiti dalla sua funzione, sono iden-tificati dagli effetti diretti, che altri denominano elementi essenziali: la natu-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali394

che il solvens disponga del proprio patrimonio a vantaggio di un terzo, ovvero che l’ accipienssia creditore di un terzo in favore del quale il solvens abbia effettuato il pagamento (15). Inaltre parole, la sanzione di inefficacia di cui all’art. 64 legge fallim., colpisce il pagamentoin se considerato e non gia il beneficio che da tale pagamento puo derivare all’accipiens.Quand’anche, infatti, nei confronti di quest’ultimo il pagamento possa considerarsi come l’a-dempimento di un’obbligazione, tuttavia nei confronti del fallito esso rappresenta una dimi-nuzione del suo patrimonio che, costituendo la garanzia dei creditori (e come tale protettodagli artt. 64-71 legge fallim.) deve essere, per quanto possibile, reintegrato.

Puo, in conclusione, condividersi l’enunciato generale in base al quale ricadono nella di-sciplina dell’art. 64 legge fallim. tutti gli atti che concretano alienazione di beni priva di cor-rispettivo o comportano diminuzione di patrimonio senza contropartita (16).

3. Le singole ipotesi di atti a titolo gratuito. – E evidente, poi, che il corrispettivo puoprovenire anche dal terzo beneficiato. Per quanto concerne la prova del carattere gratuitodell’atto dispositivo, va ricordato che, secondo il constante orientamento giurisprudenziale,la natura gratuita di un atto di disposizione patrimoniale, agli effetti della declaratoria d’inef-ficacia ai sensi dell’art. 64 legge fallim., puo essere desunta dalla mancanza di corrispettivitacontabile nei libri dell’imprenditore fallito e dalla mancata deduzione ad opera del convenutodi un rapporto giuridico fondato su un apprezzabile e coerente sinallagma negoziale. Pur evi-denziandosi che non e possibile desumere la rinuncia ad un credito per il solo fatto che ilcredito stesso non risulta riportato nel bilancio di liquidazione della societa creditrice (17).Ovviamente, il beneficiario convenuto in giudizio in tanto potra dedurre la sussistenza diun corrispettivo conseguito dal solvens ad opera del beneficiato, in quanto l’assunzione del-l’impegno ad erogare un corrispettivo o la concreta erogazione gli siano stati esternati da que-st’ultimo. Da questo punto di vista, condivisibile appare una interessante sentenza del Tribu-nale di Bologna del 31 marzo 1994, a mente della quale il convenuto deve dedurre l’esistenza«di un rapporto giuridico fondato su un sinallagma apprezzabile e coerente».

Si e in presenza di una sorta di accollo esterno in cui, non essendovi dichiarazioneespressa in tal senso da parte del creditore, non si realizza la liberazione del debitore origi-nario.

Nell’ipotesi in cui, invece, non viene esternato il profilo teste enunciato, il creditore do-vra imputare a se stesso la circostanza di non essersi informato, non configurandosi, in man-canza, un affidamento incolpevole da tutelare. In quest’ottica, l’ipotesi disciplinata dall’art. 64

(15) Cassazione civ., 12 maggio 1992, n. 5616 in Il Fallimento n. 9, anno 1992, pag. 922; Cassazione, 28settembre 1991, n. 10161 inedita.

(16) Cfr., in tal senso, Tribunale Roma, 26 gennaio 1995, Fall. soc. Arvedi c. Soc. Sogemi Five, in Dir. fall.1995, II, 917 con nota Di Gravio.

(17) Cassazione civ. 17 dicembre 2001, n. 15906 inedita.

ra di una fattispecie negoziale non si puo che dedurre dagli effetti che nedefiniscono il significato giuridico fondamentale.

Anche il connotato di onerosita (o gratuita), che colora la causa del ne-gozio, dev’essere individuato in base agli effetti diretti e non gia a quelli ri-

Parte II - Giurisprudenza 395

legge fallim. e speciale rispetto a quella prevista dall’art. 1180 cod. civ., su di essa prevalendo,in ossequio al principio generale lex speciali posterior derogat generali (18).

D’altra parte, a ben vedere, le principali ipotesi di atti a titolo gratuito prospettate in giu-risprudenza avvalorano indirettamente la tesi formulata.

Le garanzie per debito proprio prestate dal soggetto di poi fallito devono essere consi-derate gratuite se concesse per debiti scaduti, in quanto e evidente la mancanza di qualsivo-glia concreto vantaggio per il garante fallito.

Anche la rinuncia ad un credito senza corrispettivo rientra senz’altro (con esclusione deirapporti tra imprese appartenenti allo stesso gruppo, sul quale tema si tornera successivamen-te) tra gli atti a titolo gratuito, con la sola precisazione che la rinuncia dell’erede all’eredita afavore dei coeredi non e inquadrabile negli schemi degli atti a titolo gratuito od oneroso: per-tanto il vantaggio conseguito dai coeredi accettanti e effetto indiretto della rinunzia, derivantedirettamente dalla legge in forza del diritto di accrescimento da essa riconosciuta; con la con-seguenza che il curatore non potra agire per la declaratoria d’inefficacia della rinunzia ai sensidell’art. 64 legge fallim., ma dovra impugnarla nelle forme e nei termini previsti dall’art. 524cod. civ., che prevede peraltro un’azione sostanzialmente analoga.

Il patto di riservato dominio e nullo per difetto di causa, se stipulato dopo la vendita (inquanto medio tempore si sarebbe gia realizzato l’effetto traslativo), ed a titolo oneroso (inquanto considerato dalle parti nel sinallagma contrattuale) se contestuale al contratto di ven-dita (fermo restando che, per risultare opponibile ai creditori, deve avere data certa anterioreal fallimento).

La costituzione di un fondo patrimoniale costituisce un atto a titolo gratuito (perche sot-trae dei beni alla garanzia dei creditori), a meno che la destinazione non rappresenti l’adem-pimento da parte del coniuge (o dei coniugi) costituente (i) dell’obbligo di contribuire ai bi-sogni di famiglia.

Parimenti, nessun dubbio puo essere formulato in ordine all’inquadramento tra gli attigratuiti della cessione di un credito senza corrispettivo.

Il problema in realta si pone unicamente per i rapporti trilaterali, quali la prestazione diuna garanzia per un debito altrui e ed il pagamento di un debito alieno. Mentre con riferi-mento alla prima ipotesi il criterio risolutivo viene indicato dallo stesso legislatore (pur ricor-dando che differente e la natura dell’azione prevista dall’art. 64 legge fallim. e di quella di-sciplinata dall’art. 2901 cod. civ.), in relazione alla seconda fattispecie la soluzione maggior-mente condivisibile appare quella enunciata in precedenza.

4. La rilevanza dell’interesse di gruppo ai fini della qualificazione di un atto. - I cd. vantaggicompensativi. – La sentenza in esame pone, infine, la delicata questione della rilevanza degli

(18) Tenuto conto che, per un imprevedibile gioco di sovrapposizioni, mentre il libro quarto del cod. civ. eentrato in vigore il 21 aprile del 1942, la legge fallim., in virtu degli artt. 73, comma 3, Cost. e 10, comma 1, delle

disposizioni sulle leggi in generali, e entrata in vigore 15 giorni dopo la sua pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale,avvenuta in data 6 aprile 1942.

flessi; nella specie, in base all’effetto estintivo, e non gia a quello di accre-scimento, riannodabile soltanto in via mediata alla rinuncia;

B – la rilevanza della «logica di gruppo» e, quindi, dell’interesse digruppo, reputato idoneo a giustificare un’attribuzione patrimoniale ed aconferire carattere di onerosita all’operazione.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali396

effetti riflessi e mediati della rinuncia e, soprattutto, del cd. interesse di gruppo ai fini dellaqualificazione di un’operazione in termini di onerosita, piuttosto che di gratuita. Nella fatti-specie sottoposta al vaglio del Tribunale partenopeo la convenuta, al fine di sottrarsi alla de-claratoria di inefficacia di una rinuncia ad un credito vantato nei confronti di una societa con-trollata, aveva sostenuto l’onerosita dell’atto desumibile dall’effetto di accrescimento del suopatrimonio, a sua volta conseguente al complessivo maggior valore della partecipazione nellacontrollata.

L’estensore della pronuncia, partendo dal presupposto secondo cui il connotato di one-rosita (o gratuita) di un negozio deve essere individuato in base ai soli effetti diretti dell’atto(nel caso di specie, identificabili in quello estintivo dell’obbligazione, laddove l’accrescimentodel patrimonio avrebbe rappresentato un mero effetto riflesso), ha escluso l’esistenza di unacontroprestazione, nonche la possibilita di desumere quest’ultima da un mero interesse digruppo.

Appare opportuno prendere le mosse dalle statuizioni giurisprudenziali assunte in mate-ria, per poi analizzare la questione alla luce della recente riforma del diritto societario.

La Suprema Corte passa da pronunce piuttosto generiche, secondo cui «non possonoconsiderarsi gratuiti, ma effettuati nel proprio interesse economico, sia pure indirettamente,gli interventi gratuiti in favore di una societa autonoma da quella che ha compiuto gli atti inquestione, ma ad essa collegata» (19), ad altre che, con maggiore analiticita, escludono la vali-dita dell’obbligazione assunta da una societa controllata a favore di altra societa del gruppo odella stessa controllante-capogruppo, allorquando l’obbligazione non rappresenti per la so-cieta obbligata un vantaggio neppure mediato o riflesso (20).

Non viene esclusa nei gruppi di societa la cd. logica di gruppo, sostenendosi che, fermarestando l’autonomia giuridica delle singole societa controllate, e legittimo l’esercizio di unadirezione unitaria da parte della capogruppo, che implica necessariamente un interesse digruppo, inteso come perseguimento di scopi comuni, anche trascendenti gli obiettivi dellesingole societa (21). Nel caso affrontato dalla Suprema Corte, peraltro, una societa controllataaveva concesso una garanzia fidejussoria in favore della controllante la quale ultima rappre-sentava il «polmone finanziario» di tutto il gruppo, con la conseguenza che in tanto le con-trollate potevano espletare le loro rispettive attivita, in quanto la banca, garantita per il sod-disfacimento del proprio credito, erogasse alla capogruppo i mezzi finanziari necessari.

Interessante risulta una sentenza nella quale la Cassazione, con riguardo ad un gruppo disocieta collegate in senso economico e dirigenziale (in virtu dell’unione personale costituita

(19) Cassazione civ., sez. I, 29 settembre 1997, n. 9532, Soc. Gestione incremento zootecnico c. Banca naz.agr., in Dir. fall. 1999, II, 85.

(20) Cassazione civ., sez. I, 5 dicembre 1998, n. 12325, Banca Roma c. Soc. Sacal e altro, in Giur. it. 1999,2317.

(21) Cfr. in tal senso, Cassazione civ., sez. I, 5 dicembre 1998, n. 12325, Banca Roma c. Soc. Sacal e altro, inGiur. it. 1999, 2317.

In giurisprudenza, in nome dell’interesse di gruppo, non sono state consi-derati atti di liberalita:

— la remissione del debito da parte della holding in favore di una suacontrollata, volta a ridurre il passivo di questa ed a salvarla dal rischio difallimento (Cassazione, 20 marzo 1968, n. 2215, in Riv. legisl. fiscale1969, 263; 2 aprile 1969, n. 1693, id., 1969, 1948);

— la cessione gratuita di crediti verso terzi da una societa all’altra delmedesimo gruppo (Cassazione, 11 marzo 1996, n. 2001, in Foro it. 2001,I, 1222).

Parte II - Giurisprudenza 397

dalla pressoche totale identita dei titolari dei pacchetti azionari e dalla comunanza degli or-gani direttivi), ma non in senso giuridico (per l’inconfigurabilita dei presupposti richiesti dal-l’art. 2359 cod. civ.), ha ritenuto che gli organi amministrativi di una societa non possonocompiere atti che, realizzando le direttive del gruppo, favoriscano altre societa collegate,quando tali atti pregiudichino gli interessi della prima societa (22). La pronunzia va ora coor-dinata con l’attuale art. 2497 sexies cod. civ., a mente del quale, ai fini di quanto previsto nelcapo IX, si presume (con presunzione iuris tantum) che l’attivita di direzione e coordinamen-to di societa sia esercitata dalla societa o ente tenuto al consolidamento dei loro bilanci o checomunque le controlla ai sensi dell’art. 2359 (la disposizione e stata in tal guisa modificatadall’art. 5, lett. a, del d.lgs. 6 febbraio 2004, n. 37). E evidente che la mera identita dei titolaridei pacchetti azionari e/o degli organi direttivi, se non sfocia in una influenza dominante de-rivante da vincoli contrattuali, in una influenza notevole determinata dal quorum dei voti van-tato nell’assemblea ordinaria o nell’obbligo di redigere bilanci consolidati, non puo di per seautorizzare una valutazione dell’interesse complessivo di gruppo nell’ottica di qualificare unatto come gratuito o come oneroso.

Viceversa, nei rapporti tra imprese appartenenti giuridicamente al medesimo gruppo,l’interesse della singola societa controllata, ed eventualmente l’esistenza di un suo pregiudizio,deve essere valutato globalmente, considerando i vantaggi che alla controllata derivano dal-l’appartenenza al gruppo (23).

Da questo punto di vista, non sono mancate statuizioni della giurisprudenza di meritosecondo cui, ai fini dell’azione revocatoria fallimentare, la garanzia infragruppo puo ritenersiatto a titolo gratuito solo nell’ipotesi in cui si accerti l’inesistenza, per il garante, di un van-taggio patrimoniale concreto, che nel caso di fideiussione prestata da societa controllante infavore della controllata puo rinvenirsi nel fatto che la garanzia tende a salvaguardare, unita-mente al patrimonio della controllata, anche il valore della partecipazione detenuta dalla con-trollante (24). Correttamente, peraltro, e stato evidenziato altresı che comunque non e suffi-ciente, per qualificare onerosa tale garanzia, l’esistenza di un «interesse economico» della fal-

(22) Nella specie, trattavasi di una fideiussione a favore di altra societa del gruppo, senza vantaggi econo-

mici per la fideiubente, che veniva a partecipare solo al rischio delle perdite; Cassazione civ., sez. I, 13 febbraio1992, n. 1759, Mediocredito Ligure c. Fassio e altro, in Giust. civ. Mass. 1992, fasc. 2.

(23) Vedasi, per una pronuncia anteriore alla riforma, Corte appello Milano, 11 luglio 1991, Soc. Tetrafin c.Soc. Icit, in Giur. comm. 1993, II, 257.

(24) Tribunale Bologna, 12 settembre 2001, Credito it. c. Soc. coop. operai mobilieri, in Giur. comm. 2003,

II, 128.

Cassazione 2001/96 autorizza ad intravedere nell’interesse di gruppol’espressione di un assetto di interessi (il gruppo di societa, per l’appunto),idoneo a sostanziare atti privati coerenti con l’art. 1322, comma 2, cod. civ.La configurabilita di negozi traslativi atipici purche sorretti da causa lecitatrova fondamento nel principio dell’autonomia contrattuale posto da questanorma: per questa via, secondo Cassazione, 9 ottobre 1991, n. 10612 (id.,Rep. 1991, voce Contratto in genere, n. 338), l’interesse del gruppo escedal limbo dei motivi, tradizionalmente irrilevanti per il diritto ed acquistarilevanza giuridica.

La tesi si scontra con l’impossibilita (sinora) di elaborare una nozione di

Il diritto fallimentare delle societa commerciali398

lita al conseguimento di un finanziamento da parte di altra societa appartenente allo stesso«gruppo» (25).

La sentenza in esame non ha escluso la possibilita che dalla rinuncia ad un credito van-tato nei confronti della controllata derivi per la capogruppo rinunciante un vantaggio in ter-mini di maggior valore della partecipazione, ma ha sostenuto che siffatto vantaggio rappre-senta un effetto indiretto ed ulteriore della rinuncia la quale, di per se, determina direttamen-te solo l’estinzione dell’obbligazione.

In passato, pertanto, ci si era posti soprattutto il problema se fosse atto oneroso od atitolo gratuito la costituzione di garanzia da parte di una societa a favore di altra societa ap-partenente al medesimo gruppo, statuendo che la mera appartenenza ad uno stesso grupponon implicasse tout court l’onerosita della prestazione di garanzie rese per societa collegate,controllate o controllanti. Il vero problema era stabilire in quali casi esistesse un vantaggio,anche se mediato ed indiretto, tale da escludere la gratuita della costituzione, ad esempio,di un pegno o di una fidejussione.

Con orientamento sostanzialmente conforme alla sentenza in esame, lo stesso Tribunaledi Napoli aveva gia ritenuto che la gratuita andasse analizzata solo in relazione ai riflessi di-retti ed immediati che la concessione della garanzia aveva avuto sulla situazione patrimonialedel soggetto fallito (cioe del soggetto che ha prestato la garanzia) e non anche dell’eventualebeneficio trattone dal terzo garantito. In tale prospettiva, la sentenza si poneva, pero, in anti-tesi con la Suprema Corte, la quale nella sentenza della I Sezione n. 9532 del 29 settembre1997 aveva affermato che: «la non gratuita della fidejussione risulta dal vantaggio che la garan-te si riprometteva di ritrarre, intendendosi con tale termine non necessariamente un incrementoimmediato del proprio patrimonio, ma il beneficio del terzo garantito, inserendosi il contratto afavore di terzo in uno schema tipicamente oneroso». Viceversa, per il Tribunale di Napoli, poi-che la concessione della garanzia (nel caso specifico, il pegno di titoli) non aveva avuto qualecontropartita l’incremento del patrimonio della garante poi fallita – non potendosi altresı rav-visare la contropartita per la garante in una «evanescente ed indefinita rifrazione del «grup-po» ovvero della capogruppo» – non si poteva che concludere per l’esclusione del carattereoneroso della prestazione di garanzia in esame; con conseguente possibile applicazione del-l’art. 64 legge fallim.

(25) Tribunale Treviso, 16 gennaio 1999, Banca pop. veneta c. Fall. soc. Antica Quercia, in Giur. it. 1999,1409.

interesse sociale delle componenti che tenga in qualche misura conto del-l’interesse di gruppo (Cassazione, 13 febbraio 1992, n. 1759, id., Rep.1992, voce Societa, n. 521).

Con la conseguenza che il perseguimento del secondo a scapito del pri-mo si e ritenuto che giustifichi:

— la revoca degli amministratori delle controllate (Tribunale Verona,31 gennaio 1991, id., Rep. 1991, voce cit., n. 609; Tribunale Venezia, 14dicembre 1990, id., Rep. 1993, voce cit., n. 641);

— la responsabilita degli stessi verso la societa amministrata (Cassazio-

Parte II - Giurisprudenza 399

Attenti studiosi hanno posto correttamente in rilievo che le sentenze della Suprema Cor-te, oltre all’elemento giuridico riferito al tema del controllo, tendono ad analizzare se la ga-rante e la garantita sono societa facenti parte di un gruppo, gestito nell’ottica di una politicaimprenditoriale volta al perseguimento di obiettivi che trascendono quelli delle singole socie-ta partecipanti. Il concetto di «direzione unitaria», diventa, quindi, il parametro di giudizioper valutare se la concessione di garanzie infragruppo sia un atto oneroso o a titolo gratuito.

Opportunamente si e altresı evidenziato che l’esistenza di legami di natura economica oproduttiva esistenti fra le singole imprese, atte a qualificare l’esistenza di un «gruppo», pos-sono far valutare in una nuova ottica i concetti stessi di vantaggio e di svantaggio economico-patrimoniale.

In mancanza, per converso, della dimostrazione dell’esistenza di quelle circostanze chesvelano la presenza di una «direzione unitaria» del gruppo, non puo che concludersi chela concessione di garanzie infragruppo sia un atto a titolo gratuito. In questo senso, si con-corda con la decisione del Tribunale di Napoli qui esaminata, essendo del tutto assenti i pre-detti elementi probatori.

Non puo, invece, condividersi l’assunto teorico secondo cui «il connotato di onerosita (ogratuita), che colora la causa del negozio, dev’essere individuato in base agli effetti diretti e nongia a quelli riflessi».

Occorre considerare che ogni qual volta una societa dipendente venga richiesta di com-piere una operazione, anche la piu semplice (quale, ad esempio, la concessione di finanzia-menti o di garanzie a favore di un’altra societa), che risponde ad un interesse del gruppo uni-tariamente considerato, ma non sarebbe di per se utile o vantaggiosa rispetto alla societa sin-gola isolatamente considerata, si pone un problema di conflitto di interessi. D’altro canto,non e contestabile che l’appartenenza ad un gruppo strutturato comporta una serie di van-taggi, sia sotto il profilo organizzativo, sia sotto il profilo della potenzialita di sviluppo delleattivita delle singole unita produttive. In quest’ottica, per quanto concerne la rilevanza del-l’interesse di gruppo, la giurisprudenza ha riconosciuto che la logica unitaria puo influiresul significato da attribuire a singole operazioni, escludendo che la rinuncia della holding acrediti nei confronti di societa controllate, o la prestazione di garanzie a favore di societadel gruppo siano da considerare atti a titolo gratuito (26).

Gia con la nota sentenza relativa alla vicenda Caltagirone vennero individuati gli aspetti

(26) Cassazione civ., 14 settembre 1976, n. 3150, in Riv. dir. comm. 1978, II, 220; Cassazione civ., 11 marzo1996, n. 2001, in Foro it. 1996, I, 1222; Cassazione civ., 5 dicembre 1998, n. 12325, in Le societa 1999, 170.

ne, 8 maggio 1991, n. 5123, id., 1992, I, 817; Tribunale Milano, 19 marzo1993, id., Rep. 1993, voce cit., n. 499);

— l’annullamento delle delibere assembleari e consiliari assunte (Tribu-nale Palermo, 5 maggio 1992, ibid., n. 500);

— la responsabilita della controllante verso i creditori della controllata(Appello Milano, 21 gennaio 1994, id., 1995, I, 1001) nonche

— verso la controllata stessa ed i soci di minoranza (Tribunale Orvieto,4 novembre 1987, id., Rep. 1988, voce cit., n. 605).

Il codice prevede(va) come forma di esercizio collettivo dell’impresasoltanto la societa singola, dettando una serie di norme che non sono con-ciliabili col gruppo. In tale prospettiva, l’interesse di gruppo si configura co-me istanza di mero fatto, senz’altro recessiva rispetto alla tutela apprestatadalla legge all’interesse sociale delle singole componenti (Tribunale Milano,2 marzo 1995, in Giur. it. 1995, I, 2, 706).

Queste considerazioni non erano smentite, prima, dalle numerose leggispeciali che fanno riferimento al controllo, le quali disciplinano aspetti di-versi dal problema centrale posto dai gruppi, quello della tutela delle mino-ranze e dei creditori. Anche la l. 3 aprile 1979, n. 95 assume «la direzione

Il diritto fallimentare delle societa commerciali400

qualificanti del fenomeno «gruppo» nella direzione economica unitaria di una pluralita di so-cieta che mantengono la loro autonomia, per cui il gruppo, pur costituendo una impresa uni-ca, «non diventa un unico soggetto di diritto (27).

Viene riconosciuta, quindi, la legittimita di operazioni che perseguono interessi di grup-po, purche, pero, tali operazioni non contrastino con gli interessi della singola societa che licompie sino al punto di recarle pregiudizio e sempre che «le relazioni privilegiate non si tra-ducano in scelte che non trovano altra giustificazione che quella di favorire la capogruppo adanno della societa controllata».

In definitiva, perche scatti la tutela degli interessi che alle singole societa fan capo, e ne-cessaria non solo la potenzialita del conflitto d’interessi, ma anche l’effettivita del conflittoidoneo a causare danno alla societa (28).

Ragionando nei termini predetti, considerato che la societa inserita in una aggregazionepiu vasta «viene non di rado a conseguire dei vantaggi che la compensano dei pregiudizi su-biti per effetto di altre operazioni» (29), si e ammessa «la possibilita che una societa control-lata assuma obbligazioni a favore di altra societa del gruppo o della stessa controllante-capo-gruppo... salva l’ipotesi in cui» l’impegno assunto «non rappresenti, per la societa medesima,un vantaggio neppure mediato o riflesso». In tal modo la Suprema Corte gia aveva fatto pro-prio il criterio di valutazione dei cd. vantaggi compensativi e cioe dei vantaggi sul piano or-ganizzativo, produttivo, commerciale e finanziario che derivano dalla strutturazione dell’im-

(27) Cassazione civ., 26 febbraio 1990, n. 1439 Lamanna Filippo in Il Fallimento n. 5, anno 1990, pag. 495.(28) Cassazione civ., 13 febbraio 1992, n. 1759, in Giur. comm. 1993, II, 502; Cassazione civ., 5 febbraio

1990, n. 1439 inedita.(29) Cassazione civ., 11 marzo 1996, n. 2001, cit.

unitaria» ad elemento di una fattispecie lesiva delle controllate, il cui depau-peramento la legge mira a reprimere. Unica eccezione e la normativa sulgruppo bancario (d.leg. 1 settembre 1993, n. 385), che consente alla capo-gruppo di perseguire l’interesse all’efficienza del gruppo (il c.d. interesse al-la stabilita: art. 61, comma 4 e 98, comma 2, lett. a), con il limite di rispet-tare l’equilibrio finanziario gestionale di ciascuna controllata.

Le considerazioni che precedono non sono smentite, anzi, sono confer-mate, oggi, dalla riforma del diritto della societa dei capitali.

L’interesse di gruppo ha acquisito giuridica rilevanza perche ha fatto in-gresso nella legge delega di riforma.

Nella relazione si da atto che «la collocazione all’interno di un gruppomuta le condizioni di esercizio dell’impresa sociale...» e che «il corretto calco-lo dei costi/benefici...non puo non tener conto dei costi e dei benefici generalidell’appartenenza al gruppo».

Ne e derivata l’introduzione:a. dell’art. 2497 ter cod. civ., che ammette la trasposizione, entro l’as-

Parte II - Giurisprudenza 401

presa in forma di gruppo. E bene evidenziare che i vantaggi compensativi non possono con-fondersi con il principio della «compensatio lucri cum damno» (secondo cui, in virtu del ri-chiamo operato dall’art. 2056 cod. civ. all’art. 1223 cod. civ., anche in tema di illecito aqui-liano l’obbligo risarcitorio e da ritenersi estinto o ridotto nel suo oggetto, qualora in conse-guenza del medesimo evento dannoso si sia prodotto un vantaggio nel patrimonio del dan-neggiato), il quale pure opera solo in presenza di poste compensative comparabili ovvero omo-genee (nel senso che siano caratterizzate dalla medesima natura giuridica, in relazione allafonte) e che siano conseguenze immediate e dirette del medesimo fatto illecito (30), attesoche in tema di gruppi di societa il vantaggio compensativo potra valutarsi solo sul lungo tem-po, in una visione prospettica.

E sostanzialmente opinione comune quella secondo cui non bastano i generici beneficiderivanti dall’organizzazione di gruppo per compensare il pregiudizio conseguente al compi-mento di una singola operazione. Varia il modo di intendere in che cosa debba consistere lacompensazione, individuata da alcuni nella ridistribuzione del saldo attivo dell’operazione tratutte le societa del gruppo, da altri in un vero e proprio indennizzo contestuale a favore dellasocieta che ha subıto il pregiudizio e, nella piu recente proposta interpretativa, in una valu-tazione dei benefici anche non immediati, ma ragionevolmente certi, che possono derivarealla societa controllata anche su piani e in ambiti diversi da quelli inerenti all’operazione im-posta dalla capogruppo.

Aderendo all’orientamento prospettato, le fideiussioni rilasciate da una societa del grup-po a favore di altra societa del medesimo gruppo non sono di per se atti estranei all’oggettosociale della prima, perche «preordinati ad un interesse sia pure mediato e indiretto della so-cieta, ma giuridicamente rilevante e non possono, pertanto, a causa della semplice mancanza

(30) C.d. unicita causale dell’evento dannoso; cfr., in tal senso, Cassazione, civ., sez. III, 15 aprile 1998, n.3807, Com. Castellavazzo c. Soc. Montedison, in Giust. civ. 1999, I, 223.

semblea o l’organo amministrativo della controllata, di decisioni assunte da-gli organi della controllante, per realizzare interessi esterni alla controllata ecorrispondenti al piu generale interesse del gruppo coordinato dalla con-trollante;

b. dell’art. 2497, comma 1, che esclude la responsabilita della control-lante per la lesione dei diritti dei soci o dei creditori della controllata «quan-do il danno risulta mancante alla luce del risultato complessivo dell’attivita didirezione e coordinamento ovvero integralmente eliminato anche a seguito dioperazioni a cio dirette».

Vi e stato quindi bisogno di un espresso ed organico intervento del le-gislatore per far emergere l’interesse di gruppo e conferirgli giuridica con-sistenza.

Il contratto (e, amplius, il negozio, ex art. 1324 cod. civ.) e onerosoquando all’attribuzione in favore di un soggetto sia corrispondente un’attri-buzione a carico dello stesso, o all’eventualita dell’attribuzione in suo favorel’eventualita di un’attribuzione a suo carico; altrimenti e gratuito.

E richiesta la corrispondenza delle prestazioni: quando tale corrispon-denza si specifica, nel senso che una prestazione sia remunerazione dell’al-tra, la corrispondenza diviene corrispettivita.

Il diritto fallimentare delle societa commerciali402

di controprestazioni contrattualmente esigibili, essere considerati contrari o estranei al con-seguimento dell’oggetto sociale della societa che li ha compiuti».

Quest’ultima statuizione consente di formulare un’ulteriore considerazione. L’estraneitadi un atto all’oggetto sociale deve essere accertata caso per caso, verificando le concrete fina-lita dell’atto stesso e tenendo quindi conto non dei soli effetti strettamente giuridici, ma anchedi quelli pratici ed economici (31). Peraltro, l’appartenenza di una societa ad un gruppo nonlegittima l’esercizio di qualunque attivita estranea all’oggetto sociale solo perche a favore delgruppo o di altra societa del gruppo, in quanto vi deve essere sempre un nesso tra attivita eoggetto sociale, nesso la cui sussistenza va valutata in concreto (32). In quest’ottica, l’assunzio-ne di rischi elevati da parte degli amministratori della societa controllata non puo giustificarsisulla base di un’ipotetica convergenza con gli interessi della societa controllante, dovendosiverificare l’osservanza dell’obbligo di diligenza da parte dell’organo di amministrazionecon esclusivo riferimento al perseguimento dell’oggetto sociale e all’interesse della societa am-ministrativa (33).

Del resto, le controllate traggono vantaggio dall’appartenenza al gruppo «non solo sottoil profilo dell’immagine e del conseguente credito di cui le societa operative possono goderesul mercato, ma anche, in forma piu immediata, in termini di utilizzazione dei servizi di co-

(31) Cfr., in tal senso, Cassazione civ., sez. I, 5 dicembre 1998, n. 12325, Banca Roma c. Soc. Sacal e altro,in Giur. it. 1999, 2317.

(32) Cassazione civ., sez. I, 13 febbraio 1992, n. 1759, Medio credito Ligure e altro c. Fassio, in Giur. comm.1993, II, 502.

(33) Tribunale Milano, 2 marzo 1995, in Giur. it. 1995, I, 2, 706.

Nel caso in esame, non vi e alcuna corrispondenza di prestazioni. Anzi,per la precisione, non vi e alcuna prestazione a carico di soc. a resp. lim.Azienda vitivinicola ed olearia a fronte della prestazione di rinuncia disoc. per az. Palfin, in considerazione del significato giuridico fondamentaledella rinuncia, dinanzi illustrato.

a. E irrilevante l’esame prospettato dalla convenuta dell’effetto riflessodella rinuncia, che consisterebbe nei vantaggi, anche indiretti, della societarinunciante.

b. La rinuncia va assoggettata al regime dell’art. 64 legge fallim., chesancisce l’inefficacia di diritto degli atti a titolo gratuito compiuti dal fallitonei due anni anteriori al fallimento, senza richiedere alcun requisito sogget-tivo ne del debitore, ne del terzo (per l’applicabilita dell’art. 64 alla rinunciaal credito per contributi governativi assegnati ai produttori cinematografici,Tribunale Roma, 22 maggio 1962, in Dir. fall. 1962, II, 672; alla rinuncia diun socio di maggioranza ad un suo credito verso la societa, anche se preor-dinato a risollevare le sorti della societa riducendone la perdita, Cassazione,n. 73/1987, in Giur. comm. 1988, II, 63).

Queste considerazioni assorbono le ulteriori questioni proposte dalleparti.

(Omissis)

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Parte II - Giurisprudenza 403

mune interesse e di realizzazione di economie di scala». In conseguenza, il corretto calcolo deicosti/benefici in una decisione assunta da una societa controllata ben puo, e a rigore deve,essere diverso da quello ipotizzabile se la societa operasse isolatamente, posto che il calcolonon puo non tenere conto dei costi e benefici generali dell’appartenenza al gruppo (cfr., in talsenso, la relazione alla legge delega sulla riforma). Significativo, da questo punto di vista, e ilcomma 3 dell’art. 2634 cod. civ., a mente del quale «in ogni caso non e ingiusto il profittodella societa collegata o del gruppo, se compensato da vantaggi, conseguiti o fondatamenteprevedibili, derivanti dal collegamento o dall’appartenenza al gruppo».

E evidente che per gli atti a titolo gratuito e piu difficile concepire (ed in concreto raggiun-gere la prova di) una loro strumentalita all’oggetto sociale; ed anzi si e da taluni assunto un con-trasto ontologico, e quindi astratto, di tali atti con l’oggetto sociale di qualunque societa.

Ferrara, La natura dell’azione ai sensi dell’art. 64 legge fallim., in Il fallimento, Milano, 1974,378. In giurisprudenza Cassazione, civ. 21 novembre 1983, n. 6929, in Dir. fall. 1983,II, 65.

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Il diritto fallimentare delle societa commerciali404

L’attuale disciplina sui gruppi di societa denota un notevole favor per le politiche digruppo, pur se in vista della piu equa composizione degli interessi anche a tutela delle mino-ranze e dei creditori. In particolare, al fine di non appesantire l’azione della direzione unitaria,non si e accolta la prospettiva strettamente sinallagmatica (la cd. «ultro citroque obligatio»propugnata da Labeone) sull’obbligo di compensazione certa ed immediata delle eventualiperdite inflitte alla societa controllata.

In conclusione, l’attivita di direzione e coordinamento dovrebbe ispirarsi ad una gestionecorretta del gruppo nella sua unitaria coerenza economica, con la possibilita di sacrificare gliinteressi della controllata (per esempio, richiedendo garanzie a titolo gratuito a favore di altresocieta del gruppo) in nome di quelli del gruppo, purche vi siano vantaggi anche indiretti(come dall’immagine del gruppo o dalla possibilita di sfruttare know-how) o ragionevolmenteattesi (secondo le prospettiva della teorica dei vantaggi compensativi) derivanti dall’apparte-nenza al gruppo, ovvero comunque il danno alla controllata non risulti eccessivo, ossia reite-rato o particolarmente grave nella sua irreversibilita e portata pregiudiziale. Solo in presenzadei predetti «vantaggi» puo condividersi l’assunto secondo cui (34) gli interventi gratuiti com-piuti da una societa a favore di un’altra societa giuridicamente autonoma dalla prima, ma adessa collegata, debbono presumersi (qualora ricorrano particolari circostanze che rivelino uni-tarieta di finalita e di amministrazione) non gia come espressione di spirito di condiscendenzae di liberalita, bensı come atti preordinati al soddisfacimento di un proprio interesse econo-mico, sia pure mediato e indiretto, ma giuridicamente rilevante.

Andrea Penta

Giudice presso il Tribunale di Isernia

(34) Cassazione civ., sez. I, 29 settembre 1997, n. 9532, Fall. soc. G.I.Z. c. Banca naz. agr., in Fallimento1998, 1041.

TRIBUNALE DI GENOVA13 aprile 2005

Pres. ed est. Delucchi

Arcoleasing Soc. per az. c. Curatore del fall. Perfect Soc. in acc. sempl.di Mura Luciano & C.

Fallimento - Azioni di rivendicazione, restituzione e separazione - Beni inpossesso del fallito - Determinabilita e individuabilita - Necessita(Legge fallim., art. 103)

Fallimento - Azioni di rivendicazione, restituzione e separazione - Dirittodi proprieta o altro diritto reale - Prova - Atto avente data certa - Ne-cessita(Legge fallim., art. 103; cod. civ., artt. 2704, 2729; cod. proc. civ., artt.619, 621)

Ai fini dell’esercizio delle azioni di rivendicazione, restituzione e separa-zione disciplinate dall’art. 103 legge fallim., occorre che le cose consegnateal fallito siano determinabili e individuabili (1).

Colui che agisce in rivendica deve provare con atto munito di data certaanteriore alla dichiarazione di fallimento il suo diritto di proprieta o altro di-ritto reale sui beni che intende rivendicare, nonche l’affidamento di questi aldebitore, cosı da giustificare che tali beni, al tempo dell’apertura della proce-dura concorsuale, erano detenuti o posseduti dal debitore a titolo diverso daquello di proprieta (2).

(Omissis)Svolgimento del processo. – Con ricorso ex art. 103 legge fallim. la Ar-

coleasing soc. per az., premesso di aver acquistato dalla Life Fitness soc.per az. una serie di macchinari per il fitness e di averli poi concessi in lea-sing alla fallita Perfect soc. in acc. sempl. di Mura Luciano & C., chiedeva larestituzione dei beni elencati nei contratti di leasing.

Il G.D. contestava la rivendica perche i beni rivendicati non erano in-dividuabili; la Arcoleasing soc. per az., con ricorso depositato il 7 aprile2003, proponeva opposizione avverso lo stato passivo della Perfect soc.in acc. sempl. di Mura Luciano & C. si costituiva contestando la domanda

(1-2) Rivendicazione di beni mobili e regime probatorio.

Due sono i temi trattati in questo recente provvedimento del Tribunale fallimentare diGenova:

di parte opponente, con l’argomentazione secondo la quale i beni rivendi-cati dovevano considerarsi fungibili e i contratti di leasing a essi relativi era-no privi di data certa anteriore alla dichiarazione di fallimento: chiedeva,quindi, il rigetto dell’opposizione, con condanna dell’opponente alle spesedel giudizio.

Il G.I., proceduto agli adempimenti di cui all’art. 180, 183 e 184 cod.proc. civ., rigettate le istanze istruttorie di parte attrice in opposizione, rite-nuta la causa matura per la decisione, invitava i procuratori delle parti allaprecisazione delle conclusioni, fissando per tale incombente, l’udienzadell’11 gennaio 2005; a questa udienza, precisate le conclusioni in epigrafe,il G.I. rimetteva la causa al Collegio per la decisione, assegnando all’oppo-nente e al convenuto i termini ex art. 190 cod. proc. civ.

Motivi della decisione. – Innanzitutto occorre prendere in esame le ec-cezioni di rito sollevate da parte opponente, rappresentate da una doglianzadi carenza di motivazione del decreto del Giudice delegato che aveva esclu-so la rivendica della Arcoleasing soc. per az. e da un’eccezione di inammis-sibilita delle contestazioni formulate in comparsa di risposta dalla difesadella curatela, sul presupposto che tali contestazioni fossero dirette a otte-nere una reformatio in pejus del succitato provvedimento del Giudice dele-gato.

Entrambe le eccezioni difettano di pregio, poiche, quanto alla prima, eormai principio consolidato in giurisprudenza (cfr., per tutte: Tribunale Mi-lano, 1 febbraio 1982, in Il Fall. 1983, 120) che non soltanto la sinteticitadei provvedimenti adottati dal G.D. in sede di verifica dello stato passivonon e motivo di nullita degli stessi (conclusione sulla quale concorda la stes-sa difesa di parte opponente) ma anche che tale genus di decreti richiede,per sua natura, una succinta motivazione, la quale possa essere sufficientea far comprendere al creditore destinatario del provvedimento se la sua do-manda di insinuazione o rivendica sia stata o meno accolta ovvero se l’am-montare del credito sia stato contestato in tutto o in parte o sia stata esclusauna causa di prelazione: nella specie, non vi e dubbio che l’impugnato prov-vedimento del G.D. abbia posto l’attuale opponente in condizioni di com-

Il diritto fallimentare delle societa commerciali406

a) la necessita che i beni mobili di cui e chiesta la restituzione o la separazione ex art. 103legge fallim. siano concretamente individuabili all’interno del patrimonio del fallito;

b) la necessita che gli stessi beni si trovino in possesso del fallito in base a un rapportogiuridico documentato da atto avente data certa.

Si tratta per la verita di argomenti che, seppure molto interessanti e quindi spesso affron-tati, non hanno mai dato luogo a particolari questioni interpretative perche sia la dottrina chela giurisprudenza si sono mostrate quasi sempre d’accordo. Tuttavia vale la pena di ripren-dere ancora una volta il discorso, soprattutto per ricostruire il percorso logico che viene se-guito nella sentenza che qui si annota.

prendere le ragioni dell’esclusione della propria domanda e di impostareun’appropriata difesa in sede di ricorso ex art. 98 legge fallim.

In ordine, poi, alla seconda eccezione, e sufficiente una prima letturadegli scritti difensivi del patrono della curatela per rendersi conto che la di-fesa di quest’ultimo ha soltanto sviluppato e ampliato i motivi di contesta-zione sinteticamente addotti dal G.D. nel provvedimento oggetto della pre-sente opposizione e non ha affatto chiesto una modifica in senso peggiora-tivo di detto provvedimento (cosa, peraltro, che sarebbe stato ben arduofare, in presenza di un decreto di radicale esclusione delle pretese fatte va-lere dal creditore Arcoleasing soc. per az.): anche su questo punto, delresto, e ormai ius receptum in giurisprudenza che il curatore, convenuto insede di opposizione allo stato passivo, non e vincolato dalla motivazioneadottata dal G.D. nel provvedimento con il quale siano state contestate,in tutto o in parte, le ragioni creditorie dell’opponente, bensı e libero difar valer, in via di eccezione, «ragioni di iinfondatezza della pretesa del ricor-rente anche (n.d.r.) diverse da quelle enunciate nell’originario provvedimentodi non ammissione ...al passivo, non essendovi alcun onere di sollevare tuttele possibili contestazioni nel corso dell’adunanza prevista dall’art. 96 della leg-ge fallimentare» (cosı Cassazione, 1 agosto 1996, n. 6963, in Il Fall. 1997,468; nello stesso senso: Appello Bologna, 8 luglio 2003, ivi, 2004, 223; Tri-bunale Monza, 3 novembre 1990, ivi, 1991, 1067).

Di conseguenza, le suddette eccezioni meritano di essere disattese.

Parte II - Giurisprudenza 407

a) Necessita che i beni mobili di cui e chiesta la restituzione o la separazione ex art. 103 leggefallim. siano concretamente individuabili all’interno del patrimonio del fallito.

Nel caso affrontato dal Tribunale di Genova, la controversia riguardava un’istanza di ri-vendicazione di macchinari per il fitness proposta, ex articolo 103 della legge fallim., da partedi una societa, la Arcoleasing soc. per az. Questa societa, dopo avere acquistato i macchinaridalla casa produttrice, li aveva concessi in leasing ad una societa in accomandita per azionipoi fallita, e pertanto ne chiedeva la restituzione.

Il contratto di leasing prevede, come e noto, che una parte conceda ad un’altra, dietropagamento di un canone, il godimento di un bene per un certo periodo di tempo al terminedel quale e prevista, a favore di chi ha ricevuto il godimento, la possibilita di scelta tra variealternative: restituire il bene, proseguire nel godimento con un canone notevolmente ridotto,acquistare la proprieta del bene o, ancora, chiederne la sostituzione con un altro meglio uti-lizzabile o con altri simili (1).

(1) La letteratura sul leasing e molto vasta. Si fa riferimento qui solo ad alcune delle numerose opere inargomento: E. M. Leo, L’essenza del credito e il leasing finanziario, in Riv. soc., 1978, 61 seg.; E. Gabrielli,

Sulla funzione del leasing, in Riv. dir. civ., 1979, II, 455; A. M. Marchio, Il leasing e alcuni aspetti problematici

in relazione al fallimento dell’utilizzatore, in Fallimento, 1984, 348; G. Bonfante, I rapporti pendenti nel falli-mento e la locazione finanziaria, Milano, 1989; E. Lucchini, Fallimento dell’utilizzatore e disciplina del contratto

di leasing, in NGCC, 1990, II, 483.

Nel merito, l’opposizione ex art. 98 proposta dall’Arcoleasing soc. peraz. non e fondata, per le seguenti ragioni:

come e noto, la ormai consolidata giurisprudenza sul punto ha indivi-duato una serie di condizioni alle quali e subordinato l’accoglimento diuna domanda di rivendicazione di beni mobili nell’ambito del fallimentoe che sono rappresentate da:

1) determinabilita e individuabilita delle cose consegnate al fallito (cfr.Cassazione, 81/5768; Cassazione, 90/4262), con la conseguenza che le cosefungibili non possono essere rivenditarte (Cassazione, 84/1200);

2) applicabilita del regime probatorio dettato dall’art. 621 cod. proc.civ., sul presupposto della identita di natura e di funzioni tra l’opposizionedi terzo nell’esecuzione e le domande di rivendicazione, restituzione e sepa-razione di beni mobili nel fallimento (cfr. ex plurimis, Cassazione, 71/375;Cassazione, 84/6482; Tribunale Milano, 22 giugno 1989, in Il Fall., 1989,1273) dal che discende l’onere, per colui che agisce in rivendica, di provare,con atto munito di data certa anteriore al pignoramento (nel caso di specie,alla dichiarazione di fallimento) il suo diritto di proprieta o altro diritto rea-le sui beni pignorati (nella specie, caduti nel fallimento) nonche l’affidamen-

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Accade non di rado pero che, in seguito al fallimento dell’utilizzatore, i beni mobili con-cessi in leasing vengano indebitamente trattenuti dal curatore, il quale li inserisce nell’inven-tario e quindi li include nella massa attiva destinata a soddisfare le pretese dei creditori (2). Inquesto caso e spesso molto difficile che la richiesta di rivendicazione, restituzione o separa-zione presentata dalla societa di leasing venga accolta, anche quando e fondata su un contrat-to avente data certa ai sensi dell’articolo 2704 cod. civ. (3).

Il fatto e che, purtroppo, la disciplina prevista dalla legge fallim. per la rivendicazione deibeni mobili che si trovano in possesso del fallito al momento della dichiarazione di fallimentoma che non sono di sua proprieta, non aiuta a risolvere in modo agevole questo problema,perche risulta molto scarna e poco dettagliata.

Infatti, la formulazione dell’art. 103 legge fallim., che si limita a richiamare gli artt. da 93a 102 legge fallim., determina l’applicazione delle disposizioni sulla formazione dello statopassivo, sulla verifica dello stesso e sui rimedi contro i provvedimenti del giudice delegato,alle azioni di rivendicazione, restituzione e separazione, ma non contribuisce a fare chiarezzacon riferimento specifico alle condizioni che devono sussistere perche il bene sia suscettibiledi rivendicazione (4).

Per colmare questa lacuna, la soluzione proposta in via interpretativa dalla maggioranzadegli autori e poi anche dalla giurisprudenza si e progressivamente adattata alle esigenze della

(2) V. Cassazione pen., 17 gennaio 1997, n. 2038, in Giust. pen., 1998, II, 379.

(3) Cosı ritiene M. La Torre, in La rivendica dei beni concessi in leasing in caso di fallimento dell’utilizza-tore, in Riv. It. Leasing, 1991, 301.

(4) L’articolo 103 legge fallim., norma centrale in questa materia, non chiarisce ad esempio se per «cosemobili in possesso del fallito» si possono intendere anche beni come i titoli di credito, anche se ormai e pacifico

per prassi giurisprudenziale che essi possono essere rivendicati.

to di questi al debitore, cosı da giustificare che tali cose, al tempo del pigno-ramento (o della apertura della procedura concorsuale), erano detenute opossedute dal debitore a titolo diverso da quello di proprieta (cosı Cassazio-ne, 6 febbraio 1970, n. 280, Giust. civ. Rep. 1970, v. Esecuzione forzata, n.70; Cassazione, 10 marzo 1967, n. 577, Giust. civ., Rep. 1967, v. cit. n. 119).

Orbene, nel caso concreto nessuna delle suddette condizioni apparesoddisfatta: non la prima, poiche, come risulta evidente dall’elencazione de-gli strumenti ginnastici contenuta nei contratti di leasing prodotti in casuada parte opponente, i beni rivendicati non sono affatto individuati ne indi-viduabili, perche si tratta di attrezzi con caratteristiche similari a altri dellostesso tipo, prodotti da diverse industrie, privi di qualsivoglia tipico e ido-neo elemento identificativo (quale, per es. numeri di matricola), che non siail semplice marchio, tanto piu che, nella specie, come riconosce la stessa di-fesa della Arcoleasing soc. per az., la societa fallita, dopo la stipulazione deicontratti di locazione finanziaria dedotti in giudizio, aveva acquistato diret-tamente dallo stesso fornitore al quale si era rivolta la Arcoleasing soc. peraz., la Life Fitness, altri attrezzi da palestra (cfr. pag. 2 della memoria ex art.184 cod. proc. civ. di parte opponente), i quali, evidentemente, presentava-no lo stesso marchio e le stesse caratteristiche tecnico-costruttive di quelli

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prassi commerciale: mentre in un primo tempo, soprattutto da una parte della dottrina (5) siriteneva rivendicabile soltanto il bene di natura infungibile, piu di recente, un’impostazioneutile ai fini di una migliore e piu corretta tutela del terzo, ha portato a ritenere che, riguardoai beni fungibili, prima di escluderne la identificabilita all’interno del patrimonio del fallito,occorre verificare se veramente vi e stata commistione inscindibile con gli altri beni di pro-prieta del fallito stesso (6).

In questo piu recente indirizzo si colloca anche la sentenza del Tribunale di Genova, se-condo cui non si tratta tanto della natura fungibile oppure infungibile del bene, quanto dellapossibilita concreta di individuarlo all’interno del patrimonio del fallito, perche possa essererestituito a chi su di esso vanta un effettivo diritto. Soluzione che nel caso di specie non estato possibile adottare, in quanto i macchinari per il fitness rivendicati non erano identifica-bili nemmeno attraverso i numeri di matricola.

b) Regime probatorio utilizzabile e in particolare necessita che i beni rivendicandi si trovino inpossesso del fallito in base a un rapporto giuridico documentato da un atto avente data certa.

Precisato dunque che l’aspetto della individuazione o individuabilita del bene (e con essotutti gli aspetti di corollario relativi al regime probatorio che il terzo potra utilizzare per di-

(5) A. Chiozzi, Rivendicazione, restituzione e separazione, in Fallimento, 1990, 963. In giurisprudenza, v.

Tribunale Torino, 23 novembre 1990; Tribunale Torino, 1 dicembre 1990; Tribunale Torino, 12 dicembre 1990e Tribunale Torino, 23 novembre 1991, in Fallimento, 1991, 424.

(6) V.: Cassazione, 20 febbraio 1984, n. 1200, in Fallimento, 1984, 1163 e in Dir. fall., 1984, II, 424; Cas-sazione, 16 maggio 1990, n. 4262, in Giur. comm., 1991, II, 608.

oggetto dei rapporti di leasing, con conseguente impossibilita di distinguerequesti ultimi da quelli comperati dalla fallita Perfect soc. in acc. sempl.

Neppure, tuttavia, appare soddisfatta la seconda (e decisiva) condizio-ne, rappresentata dalla esistenza di data certa anteriore alla dichiarazionedi fallimento sui contratti di leasing posti a fondamento del preteso dirittodi proprieta dell’opponente sui beni rivendita: entrambi detti documenti, diconseguenza, risultano privi di qualsivoglia valore probatorio ai sensi e pergli effetti di cui al combinato disposto degli artt. 103 legge fallim. e 621 cod.proc. civ. (si veda, ex plurimis, Cassazione SS.UU., 28 agosto 1990, n. 8879,in Il Fall., 1990, 1225; Cassazione, 9 maggio 2001, n. 6465, in Foro it., 2001,I, 3542; Tribunale Milano, 21 dicembre 2001, 1271) e cio anche a voler pre-scindere dall’ulteriore assorbente questione della inutilizzabilita dei medesi-mi documenti, in quanto espressamente disconosciuti dalla curatela in com-parsa di costituzione a termini dell’art. 293, comma 3, cod. proc. civ. percheprodotti in semplici fotocopie.

La certezza della data dei suddetti contratti di locazione finanziaria nonpuo neppure ricavarsi, ai sensi dell’art. 2704 cod. civ., come vorrebbe la di-fesa dell’opponente, dai timbri postali apposti sugli avvisi di ricevimentodatati 14 marzo 2002 delle lettere raccomandate inviate dalla Arcoleasingsoc. per az. con le quali si intimava la risoluzione dei rapporti di leasingde quibus per inadempimento dell’utilizzatore (v. prod. di parte ricorrente10, 11 e 12), per le seguenti ragioni:

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mostrare che il bene rivendicato e veramente quello stesso che egli aveva a suo tempo affidatoal fallito) si pone come primario nell’ambito delle azioni disciplinate dall’art. 103 legge fallim.,e inevitabile rilevare che anche la questione relativa alla/e prova/e dell’esistenza del dirittoche il soggetto vanta nei confronti del bene stesso, non e priva di elementi di incertezza.

Infatti, benche sia stata da tempo riconosciuta identita di natura e di funzione tra l’azionedisciplinata dall’art. 103 legge fallim. e l’opposizione di terzo di cui all’art. 619 cod. proc. civ.,esistono comunque ai fini della rivendicazione fallimentare alcune limitazioni all’utilizzabilitadel regime probatorio previsto dal cod. proc. civ. per l’opposizione di terzo.

Una prima limitazione sta nel divieto di provare per testimoni oppure per presunzioni, ildiritto sul bene (7): l’ammissibilita della prova testimoniale e esclusa dall’articolo 621 cod.proc. civ., mentre l’uso delle presunzioni e escluso dall’articolo 2729 cod. civ., comma 2,

(7) V.: R. Provinciali, Trattato di diritto fallimentare, III, Milano, 1974, 1538; D. Mazzocca, Manuale

di diritto fallimentare, Napoli, 1986, 359; A. Bonsignori, Diritto Fallimentare, Torino, 1992, 236; G. Ragusa

Maggiore, Istituzioni di diritto fallimentare, Padova, 1994, 407; A. Castagnola, Le rivendiche mobiliari nel

fallimento, Milano, 1996, 131; S. Ronco, Affidamento di beni mobili e insolvenza dell’affidatario, Padova,2000, 255 segg. In giurisprudenza si v. tra le altre: Appello Milano, 22 febbraio 1985, in Fallimento, 1985,683; Tribunale Milano, 26 giugno 1986, ivi, 1986, 1389; Tribunale Venezia, 3 febbraio 1989, ivi, 1989, 952; Tri-

bunale Milano, 22 giugno 1989, ivi, 1989, 1273; Tribunale Torino, 5 marzo 1990, ivi, 1990, 856; Tribunale Na-poli, 2 luglio 1992, ivi, 1993, 313.

in primis, il fatto che, anche in questo caso si tratta di semplici fotocopienon attestate conformi agli originali e ritualmente disconosciute dalla cura-tela convenuta ex art. 293, comma 3, c.p.a. e, percio, inutilizzabili comeprove (cosı Cassazione, 21 maggio 2003, n. 7960, in Mass. Foro It., n. 59);

in secondo luogo, comunque, perche i timbri postali, in quanto non appo-sti direttamente sulle lettere di risoluzione dei contratti, non sono idonei a con-ferire data certa alle stesse, poiche, per costante giurisprudenza, «il timbro po-stale deve ritenersi idoneo a conferire carattere di certezza alla data di una scrit-tura tutte le volte in cui lo scritto faccia corpo unico con il foglio sul quale il timbrostesso risulti apposto» (cosı Cassazione, 19 marzo 2004, n. 5561, in Mass. ForoIt., 2004, n. 9; Cassazione, 25 luglio 1997, n. 6943, ivi, 1997, n. 28).

L’onere probatorio gravante sull’opponente in ordine alla proprieta eindividuabilita dei beni oggetto della rivendica non puo venire assolto nep-pure con i mezzi istruttori dedotti in causa dalla difesa dell’opponente me-desimo e ribaditi in sede di precisazione delle conclusioni, in quanto nonammessi dal G.I., perche:

in ordine alle prove testimonaili, al giurisprudenza e pacifica nel commi-narne l’inammissibilita ai fini della dimostrazione del diritto di proprieta delrivendicante sui beni oggetto di rivendica nel fallimento, sotto il profilo percui, nel procedimento ex art. 103 legge fallim., trova applicazione la preclu-sione posta dall’art. 621 cod. proc. civ. all’utilizzo della prova per testi e del-le presunzioni, richiedendosi quale unica idonea dimostrazione del dirittodel terzo rivendicante il documento munito di data certa anteriore alla di-chiarazione di fallimento (cfr., sul punto, per tutte: Cassazione, 14 gennaio1999, n. 352, in Il Fall., 1999, pag. 1315); nella fattispecie, inoltre, non ri-corre neppure l’eccezione al divieto della prova testimoniale introdotta dal-lo stesso art. 621 cod. proc. civ.

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che prevede l’impossibilita del ricorso a presunzioni come mezzo di prova nei casi in cui lalegge esclude la prova per testi.

Una seconda limitazione attiene al fatto che colui che esercita un’azione ex art. 103 leggefallim., deve dimostrare il suo diritto attraverso la produzione di documenti muniti di datacerta anteriore alla dichiarazione di fallimento.

La prova del momento di formazione della scrittura e, si sa, soggetta ai requisiti di cuiall’art. 2704 cod. civ.: in base ad esso, se la sottoscrizione di una scrittura privata non e stataautenticata, la scrittura risulta opponibile ai terzi solamente dal giorno in cui e stata registratao dal giorno della morte o della sopravvenuta impossibilita fisica di colui o di uno di coloroche l’hanno sottoscritta, oppure dal giorno in cui il contenuto della scrittura stessa e statoriprodotto in atti pubblici, oppure ancora dal giorno in cui si verifica un altro fatto che sta-bilisca in modo ugualmente certo, l’anteriorita della formazione del documento.

Ora, un’analisi delle posizioni interpretative porta a rilevare che a fronte dell’orientamen-to dominante (prevalentemente dottrinale) secondo cui le limitazioni probatorie disposte dal-l’art. 621 cod. proc. civ. si applicano tanto alla prova del diritto reale quanto alla prova del-l’affidamento, vi e una posizione giurisprudenziale, che chi scrive si sente di condividere, che

Quanto alla richiesta CTU sui beni rivendicati, e sufficiente ricordarecome la CTU non sia un mezzo di prova, ma soltanto un ausilio per il giu-dice nella valutazione delle risultanze delle prove ritualmente acquisite se-condo il codice di rito, valutazione che richieda la conoscenza di specifichediscipline di carattere tecnico; irrilevante appare, poi, la richiesta riprodu-zione fotografica dei macchinari inventariati, posto che la stessa, data la na-tura fungibile di tali strumenti, per le ragioni piu ampiamente spiegate inprecedenza, non puo apportare alcun elemento utile alla decisione dellacausa; in merito, infine, all’istanza di esibizione, ex art. 210 cod. proc.civ., delle fatture e/o scritture contabili dalle quali risulti l’acquisizione,da parte della societa fallita, in compravendita o in leasing, di attrezzi dapalestra, si tratta di mezzo istruttorio inammissibile, perche caratterizzatoda evidente finalita esplorativa, in palese contrasto con il dettato dell’art.210 cod. proc. civ., il quale richiede la deduzione, da parte del richiedente,della idoneita dei documenti da esibirsi a contenere la prova dei fatti con-troversi e l’indicazione specifica degli stessi (si veda, in merito, Cassazione,8 settembre 1999, n. 9512, in Mass. Foro It., 1999, n. 3).

Pertanto, l’opposizione deve essere rigettata. (Omissis)

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ammette la possibilita di provare con qualunque mezzo l’affidamento del bene a colui che poie fallito (8).

Anche in una recente sentenza della Corte di Cassazione si affronta il medesimo proble-ma: in proposito i giudici di legittimita rilevano che l’art. 2704 cod. civ. non contiene un’e-lencazione tassativa dei fatti in base ai quali la data di una scrittura privata non autenticatadeve ritenersi certa rispetto ai terzi e che pertanto sta al giudice di merito decidere, in casodi sussistenza di un fatto diverso dalla registrazione, sull’idoneita di questo fatto a dimostrarela data certa (9).

Un’ipotesi del genere non ha potuto essere ravvisata nel caso trattato dal Tribunale diGenova: i giudici infatti prendendo in considerazione l’utilizzabilita, a sostegno della data cer-ta, dei timbri postali apposti sugli avvisi di ricevimento delle lettere raccomandate di intima-zione della risoluzione dei rapporti di leasing per inadempimento dell’utilizzatore, hanno poinegato tale utilizzabilita, in considerazione del fatto che i timbri non risultavano apposti di-rettamente sulle lettere di risoluzione dei contratti.

Simonetta Ronco

Avvocato in Genova

(8) Si tratta di una posizione espressa dalla Corte di Appello di Bologna nell’ambito di una controversiariguardante una gru: Appello Bologna, 1 febbraio 1974, in Giur. comm., 1975, II, 112.

(9) Cassazione, 8 novembre 2001, n. 13183, in Fallimento, 2002, 723. Si v. anche: Cassazione, 28 giugno1963, n. 1760, massima 262702; Cassazione, 4 giugno 1986, n. 3742, massima n. 446622; Cassazione, 16 novem-

bre 2000, n. 14873, in Giust. civ. mass., 2000, 2352.