IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO FRA CODICI E … · Fonti di produzione non nazionale – 2.1....

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CAPITOLO 1 IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO FRA CODICI E COSTITUZIONE SOMMARIO: 1. I modelli nazionali – 1.1. Il contract e la common law – 1.2. Il progetto giuridico borghese ed il Code Civil – 1.3. Il modello tedesco fra frantumazione e ricodificazione – 1.4. Il contratto nel codice civile italiano 2. Fonti di produzione non nazionale – 2.1. Fonti convenzionali soggette a ratifica nazionale – 2.2. Norme e principi di origine sopranazionale – 2.2.1 L’acquis e gli atti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea – 2.2.2. Il quadro comune di riferimento – 2.2.3. La Corte di Giustizia – 2.3. Il “diritto comune” e il processo costituente europeo – 2.3.l. Contratto, codice e Costituzione – 2.3.2. La teoria generale del contratto nel sistema attuale delle fonti – 2.3.3. Il dialogo con le altre scienze – 2.3.4. Carta dei diritti e Costituzione europea – 2.3.5. Soggetto e contratto – 2.3.6. Contratto e circolazione dei beni – 2.3.7. I diritti fondamentali – 2.3.8. La libertà economica 1. I MODELLI NAZIONALI 1.1. Il contract e la common law Al pari dei sistemi di civil law anche il diritto inglese conosce una disciplina generale del contratto e la presenza di molte figure speciali non esclude affatto, ma presuppone uno schema che può essere utilizzato per colmare i vuoti e le lacune. Altrettanto evidenti sono le diversità fra i due sistemi. Nelle codificazioni ottocentesche il ruolo del contratto è centrale. In Germania, è un accordo vincolante inteso come una species di un genus (il negozio giuridico) che raggruppa molti atti di autonomia tutti sottoposti ad una disciplina generale posta a base del codice civile. In Francia e in Italia, le regole dell’accordo si estendono a coprire alcuni atti unilaterali (art. 1324 c.c. italiano). Nel diritto inglese, la scelta che matura nei secoli è diversa. Il contract è il risultato non di una normativa scritta ma di una stratificazione Codificazioni ottocentesche

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CAPITOLO 1

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO FRA CODICIE COSTITUZIONE

SOMMARIO:1. I modelli nazionali – 1.1. Il contract e la common law – 1.2. Il progetto giuridico

borghese ed il Code Civil – 1.3. Il modello tedesco fra frantumazione e ricodificazione – 1.4. Il contratto nel codice civile italiano

2. Fonti di produzione non nazionale – 2.1. Fonti convenzionali soggette a ratifica nazionale – 2.2. Norme e principi di origine sopranazionale – 2.2.1 L’acquis e gli atti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea – 2.2.2. Il quadro comune di riferimento – 2.2.3. La Corte di Giustizia – 2.3. Il “diritto comune” e il processo costituente europeo – 2.3.l. Contratto, codice e Costituzione – 2.3.2. La teoria generale del contratto nel sistema attuale delle fonti – 2.3.3. Il dialogo con le altre scienze – 2.3.4. Carta dei diritti e Costituzione europea – 2.3.5. Soggetto e contratto – 2.3.6. Contratto e circolazione dei beni – 2.3.7. I diritti fondamentali – 2.3.8. La libertà economica

1. I MODELLI NAZIONALI

1.1. Il contract e la common law

Al pari dei sistemi di civil law anche il diritto inglese conosce una disciplina generale del contratto e la presenza di molte figure speciali non esclude affatto, ma presuppone uno schema che può essere utilizzato per colmare i vuoti e le lacune. Altrettanto evidenti sono le diversità fra i due sistemi.

Nelle codificazioni ottocentesche il ruolo del contratto è centrale. In Germania, è un accordo vincolante inteso come una species di un genus (il negozio giuridico) che raggruppa molti atti di autonomia tutti sottoposti ad una disciplina generale posta a base del codice civile. In Francia e in Italia,le regole dell’accordo si estendono a coprire alcuni atti unilaterali (art. 1324 c.c. italiano). Nel diritto inglese, la scelta che matura nei secoli è diversa. Il contract è il risultato non di una normativa scritta ma di una stratificazione

Codificazioni ottocentesche

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di regole espresse in una miriade di decisioni giurisprudenziali, sulla base della common law e dell’equity. La sua disciplina è connaturale alla presenza di uno scambio e ingloba in sé l’aspetto genetico del programma negoziale e “il profilo del rapporto che lega le parti”1. Non mancano molte leggi anche di carattere generale ma esse hanno prevalenza rispetto al diritto comune, nei limiti segnati dalla originalità del sistema, che si basa su principi generali di produzione giurisprudenziale. È evidente la peculiarità.

Da un sistema di rigido formalismo basato, sino al XV secolo, su una serie di azioni tipiche, le Corti, sensibili alle esigenze e agli usi di una comunità di mercanti, foggiano una robusta cornice di principi e di regole che disegnano strutture contrattuali e rimedi efficienti.

Manca una distinzione fra diritto civile e diritto commerciale e non si adottano regole speciali per i commercianti o gli atti di commercio, ma il dialogo serrato fra Corti di common law e di equity è stato ricco di risultati per il miglioramento degli standard di valutazione sia dei diritti dei cittadini, sia dei comportamenti e degli schemi richiesti in ogni affare privato.

Se si vuol tentare una sintesi dei caratteri e dei principi basilari si può osservare quanto segue2.

Anzitutto spicca “la relativa assenza di norme giuridiche inderogabili”, perché la legislazione ha prevalentemente carattere sistematico e dispositivo e la maggior parte delle regole vanno ricercate nelle fonti giurisprudenziali. L’idea di base è che la valutazione dell’attività privata e imprenditoriale, in particolare, “deve essere flessibile e pronta ad adattarsi ai rapidi cambiamenti della società”. Sicché la legge deve “predisporre un insieme bilanciato di diritti e obblighi che troveranno applicazione in mancanza di un accordo tra le parti” e le Corti devono da un lato “rispettare e sanzionare giuridicamente le pratiche commerciali ragionevoli e dall’altro rifiutare il riconoscimento di contratti contrari all’ordine pubblico”. Da qui un ampio potere dei privati di creare e foggiare garanzie convenzionali in ogni forma, di “smembrare o trasferire diritti su beni” tramite un uso amplissimo del trust (“put not your trust in money, but put your money in trust”3), di stabilire rimedi anche senza la necessità di far ricorso ai Tribunali. Tutto ciò, che sarebbe in parte inconcepibile per un giurista di civil law, è una specifica caratteristica della common law che ne ha determinato la fortuna nel mondo degli affari, da secoli.

1 G. CRISCUOLI, Il contratto nel diritto inglese, Padova, 2001, p. 5, 52.2 V. per questi schematici riferimenti, l’opera lucidissima di R. GOODE, Il diritto commerciale del terzo millennio, trad. it. a cura di C. Mazzoni e V. Varano, Milano, 2003.3 O. WENDEL HOLMES, The Autocrat of the Breakfast-Table, 1903, cit. da R. Goode, op. cit., p. 21.

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Fra i principi ha un ruolo fondamentale il rapporto con l’etica e le pronunzie di equità, su cui occorre soffermarsi sin d’ora. Il diritto inglese non conosce un obbligo generale di buona fede e non è affatto sensibile ai temi dello squilibrio delle prestazioni, sia originario che sopravvenuto, e ciò per un motivo chiarissimo. Le Corti si preoccupano ben poco dell’iniquità sostanziale, mentre grande risalto viene dato “alla slealtà procedurale, alla scorrettezza del modo in cui si determina lo scambio contrattuale” tramite azioni che colpiscono l’omissione di informazioni su fatti rilevanti (“misrepresentation”) o reprimono la violenza fisica o morale. L’idea di fondo che i giudici hanno perfezionato da centinaia di anni è chiara: deve essere preferito un diritto certo e prevedibile ad un’astratta giustizia contrattuale, perché gli imprenditori debbono poter contare sull’adempimento preciso dei termini dell’accordo; su di un’interpretazione rigorosa di esso; su di un ragionevole grado di “continuità nel pensiero giuridico”, senza i rischi di una decisione ispirata da personali ideali di chi giudica. Il che non esclude il cambiamento, ma esige che esso non avvenga troppo rapidamente o troppo frequentemente. Questa convinzione -è bene precisarlo- non ha escluso affatto un arricchimento del rigido formalismo della common law. Solo che tale evoluzione è avvenuta interrogandosi continuamente sul difficile passaggio “dalle regole agli standard, dai precetti legali nei quali il contenuto della regola è determinato in anticipo, ai precetti legali, nei quali tale contenuto è stabilito solo al momento della decisione da un giudice o da un administrator e su base casistica”4.

Alle regole di equità è riconosciuto un ruolo fondamentale nella storia della common law e nella evoluzione delle stesse regole del commercio, ma se ne tracciano con chiarezza i limiti. La diffidenza verso il principio di buona fede espresso nelle codificazioni europee e nelle ipotesi di uniformazione ha alla base il rifiuto del principio di iniquità sostanziale e di proporzionalità. Ciò perché “la stabilità dei contratti... ha una particolare rilevanza”, la autonomia delle parti deve essere salvaguardata nella libertà di determinazione del contenuto contrattuale, i rimedi equitativi devono essere limitati alle situazioni che implicano scorrettezza dal punto di vista procedurale. Salvo l’adozione in base a precise disposizioni di legge distandard più protettivi per i consumatori. Non solo. Gli interventi di riequilibrio si reputa debbano “delimitare con rigore le obbligazioni fiduciarie” e gli standard che si richiedono ai fiduciari e si reputa che le regole di equità, relative al comportamento scorretto, siano precisate esattamente. Sino a escludere “quella che potrebbe definirsi scorrettezza presunta”, relativa cioè ad atti che “commessi in buona fede, siano stati

4 R. GOODE, Il diritto commerciale del terzo millennio, cit., p. 30 ss.

Principi: rapporto conl’etica e le pronunzie di equità

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accompagnati da una negligente omissione nell’assunzione di informazioni” (per esempio la consapevole cooperazione alle violazioni degli obblighi derivanti da un trust). Il che conduce a ritenere scorretto il solo “comportamento realmente disonesto”5.

Ancora. Ai concetti è assegnato il giusto rilievo di strumenti per conoscere ed operare, richiamando il monito che “classificare significa creare discipline” sicché “tale procedimento può essere giustificato solo in quanto sia necessario per realizzare uno scopo”6.

In conclusione, si può osservare che la centralità dell’autonomia delle parti e del ruolo delle Corti hanno determinato molti effetti positivi, con alcuni limiti dovuti all’eccesso di rigidità di alcune regole e all’assenza di un confronto con il diritto uniforme che si sta cercando di costruire nell’Unione Europea. Rigidità presente in particolare nella valutazione degli accordi precontrattuali e della responsabilità delle parti, nonché nelle regole sull’adempimento ove i rimedi sono insufficienti in ordine alla sospensione dell’esecuzione, dell’inadempimento anticipato, della valutazione delle sopravvenienze.

1.2. Il progetto giuridico borghese ed il Code Civil

Nei codici ottocenteschi, astrattezza ed eguaglianza formale sono nozioni fondamentali del progetto giuridico borghese ed elementi su cui si costruisce la fattispecie contrattuale. La cadenza del tramonto della parità è evidente in tutte le fonti nazionali e l’analisi non può che iniziare dal Code Civil, di cui si sono celebrati da poco i duecento anni di vita, esaltando la sua fondamentale presenza nella storia del contratto7.

La sua immedesimazione8 con Napoleone è scandita dalla cronaca, ma soprattutto dalla storia9. Il Code è espressione di una volontà imperiale che si esprime in un esigenza accentratrice dello Stato e di una classe, legata ad una precisa filosofia politica10. Ispirata da Portalis11. Uomo di azione,

5 R. GOODE, op. ult. cit. p. 34-36.6 R. GOODE, op. ult. cit., p. 43. 7 Si veda da ultimo per una sintesi, F. MARINELLI, La cultura del Code Civil. Un profilo storico, Padova, 2004.8 J. CARBONNIER, Le Code civil, in Les lieux de mémoire, dir. da P. Nora, II, p. 295.9 G. CRISCUOLO, Napoleone, Bologna, 1997, p. 114. Al fratello Giuseppe, nel raccomandare di estendere il Code a Napoli, l’imperatore scrive: “Tutto ciò che non è legato a voi finirà per distruggervi e ciò che vorrete conservare vi consoliderà: ecco il grande vantaggio, esso consolida il vostro potere”.10 U. PETRONIO, La nozione di Code Civil fra tradizione e innovazione (con un cenno alla sua pretesa “completezza”), in Quad. fior., 1998, p. 83 ss.

Napoleone e Portalis

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espressione della sensibilità dominante dei giuristi alla fine della Rivoluzione, nel suo pensiero si riflette, per esperienza diretta, il punto di arrivo di tutte le scienze sociali del tempo: la Politica, l’Economia, il Diritto. È nota la sua partecipazione alla vita pubblica, il suo esprit de moderation, il rifiuto di ogni “desir exalté de sacrifier violentement tout le droit a un but politique”. Costante è il suo riferimento ai grandi francesi del 600 e del 700 e dominante la suggestione di Montesquieu, da cui trae il senso e i limiti del richiamo alla natura delle cose come fondamento della legge12.

È ferreo in lui il convincimento che nell’affrontare “i rapporti fra individuo e Stato non ci si possa far condizionare da questa o quella premessa metafisica. Si tratta, invece, di osservare i fatti umani con occhio libero da ogni pregiudizio e con metodologia concreta”13. E i fatti, in quel tempo, erano assai istruttivi in ordine alla funzione del contratto e dello scambio in particolare.

Il Direttorio non aveva saputo realizzare il compito che la borghesia gli aveva assegnato. Sostenere le conquiste della Rivoluzione, chiudere i torbidi che ne seguirono, garantire la stabilità della vendita dei beni nazionali che aveva trasformato nel profondo la società francese. Oltre il 16% dei terreni espropriati alla Chiesa e agli esiliati, erano passati di mano in pochissimi anni. Questo nucleo di interessi era legato alla causa rivoluzionaria, dalla quale dipendeva la legittimità degli acquisti, e il Code divenne il titolo primario di questa nuova appartenenza14.

Napoleone nel giuramento del 1804 in Notre Dame, ponendosi da solo la corona sulla testa, promise di mantenere l’integrità del territorio, rispettare e far rispettare la legge, garantire la libertà dei culti, l’eguaglianza dei diritti, la libertà politica e civile, e l’irrevocabilità delle vendite dei beni nazionali”15.

Questo accostamento di cose sacre e profane ci indica -più di ogni altro riferimento- come il contratto, assieme alla proprietà, sia stato uno degli Istituti classici fondativi del Code e della nuova società francese.

Quanto ai fini, storici autorevoli ci ricordano che il Code ha avuto di mira, più che la completezza16, l’unità, intesa come memoria, sistema,

11 B. OPPETIT, Portalis, in Droit e modernité, Presses Universitaires de France, 1998, p. 219 ss.12 B. OPPETIT, Portalis, cit., p. 225.13 L. GEIMONAT, Storia del pensiero filosofico e scientifico, III, Il settecento, Milano, 1979, p. 66.14 E. GLIOZZI, Dalla proprietà all’impresa, Milano, 1983, p. 9 ss.; J. TULARD, Napoleone, Milano, 2003, p. 206; S. LUZZATTO, Ombre rosse. Il romanzo della Rivoluzione francese nell’ottocento, Bologna, 2004, p. 21 ss.15 G. CRISCUOLO, Napoleone, cit., p. 56.16 U. PETRONIO, La nozione di Code Civil fra tradizione e innovazione, cit., p. 95 ss.

Funzione storica del Code

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simbolo17. Dunque il contratto è parte della memoria, di un sistema, di simboli essenziali. Tutto ciò non ne fa una forma astratta, ma lo strumento per porsi in piena sintonia con i mutamenti sociali e con il pensiero del tempo18.

La sua funzione è chiara.Con esso da un lato si ribalta il sistema feudale, ove l’appropriazione dei

beni e del prodotto altrui si legittimava in base alla diversità del Signore rispetto al produttore e avveniva senza la volontà di questi che era in soggezione. Dall’altro, si ribadisce che solo le appropriazioni delle cose derivanti dal lavoro personale possono essere considerate conformi al diritto naturale19. Ne segue l’esaltazione dello scambio come forma generale che esige eguale capacità e libertà delle parti e che consente l’appropriazione del prodotto del lavoro altrui, mediante i frutti del proprio lavoro20. Lineare è il programma politico e limpida la costituzionalizzazione del contratto.

I limiti sono quelli indicati da Paolo Grossi.Il giusnaturalismo sfocia in un rigido positivismo. Un’unica fonte

sostituisce un pluralismo giuridico, che aveva alle spalle più di duemila anni di vita. Un diritto mono-classe consente a un solo soggetto, il Principe, di “leggere la natura delle cose, di decifrarla e riprodurla in norme” sottratte ad ogni intervento interpretativo21.

Chiara è anche, nel secolo successivo, l’evoluzione di quel quadro normativo che si può scandire in qualche esempio.

17 J. CARBONNIER, Le Code Civil, cit., p. 305-309: “I Francesi sanno da due secoli che sono racchiuse in quel testo le radici di un diritto che li rassicura perché si ispira alle idee che per osmosi sono divenute le loro”; un testo che ha visto sfilare più di dieci costituzioni senza mutare la sua struttura.18 E. GLIOZZI, Dalla proprietà all’impresa, cit. p. 56; P. REMY, Observations d’un civiliste français sur les “resistences à la codification”, in Codici. Una riflessione di fine millennio, a cura di P. Cappellini e B. Sordi, Milano, 2002, p. 370 ss.19 E. GLIOZZI, Dalla proprietà all’impresa, cit., p. 48.20 E. GLIOZZI, Dalla proprietà all’impresa, cit., p. 52 ss. Secondo una parte della storiografia la disciplina del contratto e della proprietà sarebbe espressione dei principi del liberalismo dell’800, ma è avvertita da molti l’esigenza di correggere questa idea. Il Code non cristallizza una concezione della vita legata all’idea liberista né esalta l’individuo in sé. È nella seconda metà del secolo XIX che si affermano il principio formalistico e il positivismo giuridico che teorizza la separazione delle categorie giuridiche dalla evoluzione dei fatti economici. Ciò era estraneo al Code Civil che incoraggia, punisce, premia, vieta, espropria. Laissez faire e interventi correttivi coesistono e la libertà contrattuale è soggetta a precisi limiti. Questa disciplina, ecco la sua attualità, favorisce lo sviluppo di una nuova mentalità e anticipa alcune esigenze del capitalismo industriale col porre i principi giuridici indispensabili per lo sviluppo dei meccanismi di mercato. Eguaglianza giuridica, autonomia contrattuale, proprietà. Certo mancano le aperture sociali e la tutela del contraente debole, perché quei valori non rientrano nel quadro ideologico della borghesia.21 P. GROSSI, Mitologie giuridiche della modernità, Milano, 2001, p. 108 ss.

Limiti del Code

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L’opera di riordino e di semplificazione della legislazione speciale iniziata nel 1989 è stata utilissima ed è stata presa a modello dal legislatore italiano per la recente legge del 2002 e l’avvio dei codici settoriali. La Loi Scrivener del 1978 aveva delegato al Consiglio di Stato il controllo delle clausole abusive senza risultati soddisfacenti e la Corte di Cassazione, dopo una fase incerta, dal finire degli anni ’80 del secolo scorso (1987), aveva manifestato l’intenzione di intervenire in modo deciso. Già nel 1989 e poi nel 1991 i Giudici si sono riservati, con interpretazioni forti, la possibilità di eliminare le clausole contrarie a buona fede o abusive. Ciò in contrasto con il testo normativo, sino a quando la legge del 1995 ha previsto “la possibilità per il giudice di dichiarare l’abusività di una clausola senza dovere attendereun decreto del Consiglio di Stato che abbia preventivamente vietato il testo”22.

Nei contratti di impresa si ha una vicenda ancora più significativa. L’Ordonnance in tema di concorrenza è del 1945, e nel 1986 si è introdotta la fattispecie dell’abuso di dipendenza economica nei confronti di imprese che non dispongano di alternative sul mercato. Questa ultima legge è stata corretta più volte. Nel 1996 si è modificata e ampliata la disciplina, nel 2000 la si è inserita nel Codice di commercio e nel 2001 si è modificato ancora la fattispecie. Nel descrivere gli elementi essenziali dell’abuso e della dipendenza, si è eliminato il requisito dell’accertamento del possibile ricorso ad alternative equivalenti e l’abuso si è ipotizzato quando il partner si sottomette a condizioni ingiustificate. Ciò ha determinato un ampio dibattito in dottrina che ha colto in tale modifica un ritorno al dirigismo legale, volto alla protezione tout court delle piccole imprese francesi, al di là di ogni giustificazione concorrenziale dell’intervento23.

D’altra parte nel ’900 la Francia è stata, ancora, un grande laboratorio della modernità giuridica continentale, nella ricerca di ancoraggi per garantire la giustizia nelle leggi e nel tracciare il rapporto fra codice e costituzione, che ha avuto ricadute importanti anche nella teoria del contratto. Questo ordine superiore si è manifestato in tutta la sua forza con l’istituzione del Consiglio Costituzionale, vissuto dalla sinistra francese

22 V. per una sintesi di tale vicenda A. MUSIO, La buona fede nei contratti e i consumatori, Napoli, 2001, p. 155 ss. 23 v. la Loi 15 maggio 2001, n. 420 Nouvelles Régulations Economiques (NRE) che ha modificato l’art. 420-2 del Code de commerce. Cfr., sul punto, E. CLAUDEL, Abus de dépendance économique: absence de solution équivalente or non absence de solution équivalente?, in RTDcom., 2003, p. 77 ss.; R. DAVID, Abus de dépendance économique: retour sur la condition d’absence de solution équivalente, in Bulletin d’actualité Lamy Droit Economique, Paris, 2004, p. 463 ss.

Evoluzione normativa nel ‘900

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come “un colpo di Stato permanente”. Istituzione che si è pronunciata più volte, di recente, sul ruolo del contratto24.

1.3. Il modello tedesco fra frantumazione e ricodificazione

Se il code civil consolida l’assetto antifeudale dei rapporti sociali, il BGB costruisce le categorie funzionali alle necessità del tempo. “Come la libertà e l’eguaglianza formali erano gli strumenti per garantire all’homo economicus la disuguaglianza di fatto delle fortune, così la proprietà” e il negozio giuridico, ispirati alle esigenze della unità, semplicità e astrattezza, divengono la “pietra filosofale della civiltà capitalistica”25.

L’eleganza del testo francese lascia il posto ad un poderoso strumentario introdotto da quella Allgemeiner Teil, che da più parti si reputa ancora un capolavoro della speculazione giuridica. Certo la struttura originaria del codice interessa oramai solo lo storico, stante l’altissimo numero (ben più di un centinaio) di provvedimenti legislativi o provenienti dalla Corte Costituzionale che hanno innovato la disciplina sino alla Gesetz Modernisierung des Schulrechts. Un provvedimento lungamente ponderato dalla cultura giuridica tedesca, di cui occorre rimarcare solo due dati ai fini del nostro discorso26.

L’introduzione nella Sezione prima della Parte Generale delle definizioni di consumatore e di imprenditore (§ 13 e 14), che indica la chiara volontà di aprirsi ad una nuova sistematica; l’inserimento nel corpo del codice delle novità di provenienza comunitaria, che creano un contesto di grandissimo interesse per ogni riflessione su ciò che dovrà essere il diritto contrattuale europeo27.

Entrambi gli aspetti sottolineano come il Codice della borghesia abbia resistito a due vicende storiche epocali, proiettandosi nel futuro con una nuova profonda opera di edificazione concettuale. Sopravvissuto al Nazismo e alla riunificazione della Germania28, il BGB rafforza un’identità culturale e

24 P. GROSSI, Mitologie giuridiche della modernità, cit., p. 78.25 P. GROSSI, Mitologie giuridiche della modernità, cit., p. 108 ss.; Id., La proprietà e le proprietà nell’officina dello storico, in Il Dominio e le cose, Milano, 1983, p. 651.26 C-WILHELM CANARIS, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni. Contenuti Fondamentali e Profili Sistematici Del Gesetz Zur Modernisierung Des Schuldrechts, Padova, 2003, p. 11 ss.; Codice civile tedesco, Traduzione e Presentazione a cura di S. Patti, Milano, 2005, p. V ss.27 v. G. DE CRISTOFARO, Note introduttive sulla genesi e sull’oggetto della riforma tedesca e sui contenuti del Quaderno, in C-Wilhelm Canaris, La riforma del diritto tedesco delle obbligazioni, cit., p. IX ss.28 R. SACCO, Il Zivilgesetzbuch della Repubblica Democratica Tedesca, in Riv. dir. civ., 1976, II, p. 47 ss.

Il BGB e le categorie funzionali alle necessità del tempo

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si propone come uno dei modelli più significativi dell’uniformazione europea29.

1.4. Il contratto nel codice civile italiano

Il codice del 1865 riprese le idee madri del tempo espresse nel Code Civil. Sicché si è potuto dire che codice e sistema in quei testi coincidevano. Non si può dire altrettanto per il codice del 1942. La sua vicenda storica è del tutto peculiare. Il codice nasce quando un regime muore. Consolida idee in parte logore e non anticipa le nuove. Non ancora mature. Percepisce alcune novità nella crisi della proprietà, nei problemi del lavoro, nella centralità dell’impresa. Ma tutto ciò -come si è detto con grande lucidità-non costituì un punto di arrivo ma di partenza, per dare assetto a quelle forme giuridiche30.

L’unità è stata prima ricercata dall’esterno con il riconoscimento del valore giuridico della Carta del lavoro che doveva fondare i principi generali e i criteri di interpretazione e applicazione del diritto civile durante il periodo fascista. Poi è stata ricostruita dall’interno con l’abolizione di quel testo, la fondazione della Repubblica e l’approvazione della Carta, che ha mutato la gerarchia delle fonti e agganciato il codice ai valori costituzionali31.

La sistematica della Costituzione è chiara. Dopo i principi fondamentali, la prima parte muove dall’individuo preso in esame prima come singolo, poi nelle diverse forme di vita sociale in cui è inserito (famiglia, scuola, organizzazione economica e di lavoro, fino all’organizzazione politica). I principi che si ricavano dal testo hanno valore non ricognitivo ma normativo, come linee guida per l’interpretazione che hanno sicuro rilievo per il contratto.

In primo luogo, la centralità e il primato dei diritti e i doveri della persona (art. 2); poi, il pluralismo sociale che rifiuta l’individualismo dello Stato liberale ed esalta le formazioni sociali tutelate nella loro autonomia garantita da intromissioni pubbliche ( art.2 ).

Ancora l’eguaglianza formale e sostanziale, che impone di rimuovere gli ostacoli che di fatto impediscono la piena realizzazione della personalità(art.3). Infine, la preminenza del lavoro che fonda il ruolo sociale dell’individuo. (artt. 36,42, 44, 53 Cost.).

29 S. PATTI, in Codice Civile Tedesco, cit., p. VIII ss.30 v. R. NICOLÒ, voce Codice civile, in Enc. Dir., VII , Milano, 1960, p. 240 ss. 31 Cfr. P. RESCIGNO, Introduzione al codice civile, Roma-Bari, 1991, p. 8 ss.

Il codice civile del 1942

La Costituzione (centralità della persona)

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Questa doppia legalità ha effetti diversi nei vari periodi storici. In un primo momento, sino agli anni sessanta-settanta del secolo scorso,

vi è stato un problema di rilettura dell’intero sistema del codice civile. Su alcune disposizioni è caduto subito il sospetto di incostituzionalità. Le altre hanno assunto un nuovo significato. Ogni settore è stato ripensato. Dai soggetti, ai beni e alle attività. Il Codice, sciolto dal legame con l’ordine corporativo, si è agganciato ai valori costituzionali.

In una fase successiva, si sono moltiplicate le leggi speciali, secondo una cadenza che assume per alcuni il vero aspetto di una decodificazione.

Le leggi disciplinano materie al di fuori e contro il codice, come la riforma del diritto di famiglia e l’equo canone nelle locazioni. Obbediscono a logiche autonome. Sicché si teorizza un passaggio dal monosistema impostato sul codice ad un polisistema attorno al testo costituzionale, ove graviterebbero il codice e con pari dignità microsistemi di leggi speciali.

Certo è che dagli anni ’60 agli anni ’80, con l’espandersi del fenomeno dello Stato che interviene direttamente nella gestione delle imprese, il diritto più dell’economia è stato inteso come fattore idoneo a condizionare lo sviluppo della società.

Negli anni ’90, sotto l’impulso della legislazione comunitaria, è mutata la costituzione materiale. La disciplina del mercato ha conformato l’atto di autonomia sotto ogni profilo. L’individuazione di una serie di diritti a contenuto economico ha differenziato le posizioni soggettive del consumatore, del risparmiatore, dell’utente, dell’operatore economico vittima di abusi nel mercato e nel contratto32. Tutto ciò ha posto problemi diversi al legislatore ed all’interprete.

La creazione di nuovi status ha liberato da un astrattezza che aveva consentito le prevaricazioni, ma ha frantumato e può degenerare paradossalmente in nuove e diverse discriminazioni. L’interprete conosce ed elabora i nuovi statuti di protezione e fatica a ritrovare quel minimo di unità che serve ad orientare e a orientarsi33. Su tutto ciò dovremo soffermarci.

2. FONTI DI PRODUZIONE NON NAZIONALE

È opportuno distinguere:

32 v. G. VETTORI, (a cura di) Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Padova, 1999, p. XVI ss.33 v. G. VETTORI, (a cura di) Persona e Mercato. Lezioni, Padova, 1996, p. 1 ss.

Decodifica-zione (dal monosistema ad un polisistema)

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1) fonti convenzionali, che si basano su convenzioni sottoscritte dai singoli Stati che debbono essere ratificate dai relativi parlamenti per divenire legge ad ogni effetto; 2) fonti di origine sopranazionale, che promanano da un organo sovraordinato allo Stato. Vediamole entrambe.

2.1. Fonti convenzionali soggette a ratifica nazionale

Quanto alle prime, occorre ricordare anzitutto che vari organi e istituzioni intervengono per promuovere un diritto uniforme a livello europeo e mondiale. Fra di esse particolare importanza ha avuto l’Unidroit, un istituzione internazionale che ha studiato i modi per realizzare l’uniformità attraverso convenzioni internazionali in settori nodali come i titoli di credito, il trasporto, i contratti di viaggio.

Un ruolo centrale assume la Convenzione sulla vendita internazionale di beni mobili tra professionisti, sottoscritta a Vienna nel 1980 da oltre 60 Stati nazionali e ratificata dai principali partners commerciali dell’Italia. Con essa si è instaurato un unico diritto mondiale della vendita, capace di assicurare un regime giuridico uniforme per l’esportazione e importazione di merci e di fornire un modello per tutti i successivi tentativi di uniformazione. Il metodo seguito è chiaro ed è stato tanto efficace da suscitare l’emulazione. Si regola (art. 4) esclusivamente la formazione del contratto, i diritti e le obbligazioni delle parti e non la validità e gli effetti che dal contratto possono derivare sulla proprietà dei beni venduti, su cui era impossibile trovare una soluzione gradita a tutti i sistemi nazionali. In tal modo la Convenzione non si identifica con nessun ordinamento, perché vuole coniugarsi con tutti, e in ciò sta il suo indubbio merito che sperimenteremo più di una volta nello scrutare le diversità e le vicinanze fra i vari diritti.

2.2. Norme e principi di origine sovranazionale

Le tappe più significative del diritto dell’Unione Europea sono note. Se ne indica qui la cadenza essenziale.

L’art. 11 della nostra Costituzione consente l’adesione a Trattati che possono limitare la sovranità dello Stato e ciò legittima la sottoscrizione a Roma nel 1957 del trattato che istituisce la Comunità economica europea, la quale nasce con l’obbiettivo di creare un Mercato Unico fra i paesi membri. Da lì è iniziata una lenta evoluzione delle Istituzioni europee.

Dal 1986 al 1992, con l’Atto unico europeo e il Trattato di Maastricht, sono stati approvati i testi fondamentali di un assetto politico che porta alla creazione dell’Unione Europa.

Convenzione di Vienna del 1980

Le tappe del diritto dell’Unione Europea

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Nel 1997, con il Trattato di Amsterdam, si iniziano a gettare le basi per una cittadinanza europea.

Nel 2000, l’obbiettivo dell’allargamento ad Est dell’Unione rende necessario un atto ricognitivo delle tradizioni costituzionali comuni e dei principi elaborati dalla Corte di Giustizia e a Nizza è promulgata solennemente la Carta dei Diritti fondamentali, che dà avvio ad un più maturo assetto costituzionale.

Il Trattato che istituisce una costituzione per l’Europa è stato sottoscritto a Roma il 29 ottobre 2004, ma in Francia e Germania i referendum di ratifica hanno avuto esito negativo.

La Conferenza intergovernativa del 21-22 giugno del 2007 ha prodotto sostanziali novità.

Si è abbandonato il progetto costituzionale che intendeva abrogare tutti i Trattati esistenti e sostituirli con un unico testo denominato Costituzione, ma il cammino della riforma non si è interrotto.

Il 13 dicembre 2007, i 27 Capi di Stato e di Governo dell’U.E. hanno sottoscritto a Lisbona il Nuovo Trattato europeo, il quale modificherà senza sostituirli il Trattato sull’Unione Europea (TUE) e il Trattato istitutivo della Comunità Europea.

Il processo di ratifica è ancora in corso e non è facile prevedere l’esito finale. Si può solo osservare 34 che un Mercato comune, un’Unione Politica e una Costituzione materiale europea non tollerano diversità accentuate nel diritto dei contratti ed esistono infatti numerosi atti (Raccomandazioni e Comunicazioni del Parlamento e della Commissione europea) che sollecitano gli Organi comunitari alla elaborazione di strumenti di uniformazione e di consolidazione della disciplina.

Esiste peraltro un’acquis communautaire, formato da un’ampia serie di Direttive recepite nei singoli Stati membri, e sono al lavoro alcune Commissioni di studio per l’elaborazione di un codice del diritto privato europeo, su cui avremo occasione di soffermarci.

D’altra parte, la Corte di Giustizia è stata uno dei formanti più significativi del processo di uniformazione.

Su ognuno di questi aspetti (l’acquis, l’elaborazione dei Principi, la giurisprudenza) occorre soffermarsi, dopo l’esito negativo del referendum in Irlanda.

2.2.1. L’acquis e gli atti del Parlamento, della Commissione e del Consiglio dell’Unione Europea

34 G. VETTORI, Diritto dei contratti e costituzione europea, Milano, 2005.

Il Trattato di Lisbona

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È difficile dire se il corpo delle Direttive che sono state recepite negli ordinamenti nazionali abbia un preciso segno ideologico35. Certo il suo carattere è chiaro e definito. Oltre 70 provvedimenti interessano il diritto dei contratti, per di più emanati fra gli anni ’80 e gli anni ’90 del secolo passato: si tratta di provvedimenti settoriali su aspetti assai diversi, soprattutto dei contratti dei consumatori, privi di un contesto sistematico e volti a regolare aspetti del mercato interno. Il loro contenuto è analitico e puntiglioso, scritto in un linguaggio burocratico da cui traspare, senza alcuna mediazione letteraria, la rude realtà del conflitto di interessi contrapposti da cui emergono. Tanto che si comprende come uno degli obbiettivi primari che si sono posti gli Organi comunitari, è il miglioramento della loro qualità precettiva.36.

Questo contesto di regole è effettivo e vigente ed ha un ambito più ristretto37 del diritto nazionale, riferendosi alle “transazioni in cui almeno una delle parti agisce nello svolgimento della propria attività professionale”38. I suoi caratteri sono altrettanto precisi. L’intervento di regolazione interviene in presenza di fallimenti del mercato e i suoi strumenti concernono prevalentemente regole di trasparenza e di informazione e rifuggono, per lo più, da norme imperative, difficilmente uniformabili con i singoli diritti nazionali.

Nell’ultimo decennio si è però assistito a una volontà delle Istituzioni dell’Unione di abbandonare il solo ruolo di intervento attraverso le Direttive, per spingersi con una volontà politica e uno sforzo tecnico consistente verso la sollecitazione di attività concrete di uniformazione.

Per primo si è mosso il Parlamento Europeo, con tre successive Risoluzioni che riguardano l’intero diritto privato europeo. Il 26 maggio 1989 si sono sollecitate iniziative di armonizzazione, il 6 maggio 1994 l’attenzione si concentra su alcuni aspetti del diritto privato degli Stati membri, il 15 novembre 2001 si è parlato espressamente di avvicinamento

35 In senso diverso U. MATTEI, Il nuovo diritto europeo dei contratti, tra efficienza ed eguaglianza. Regole dispositive, inderogabili e coercitive, in Riv. critica dir. priv., 1999, p. 611, il quale ravvisa nei Principi Lando “un’ideologia marcatamente liberista” e nella normativa sui consumatori aspetti solidaristici; A. SOMMA, Temi e problemi di diritto comparato, IV, Diritto comunitario vs. diritto comune europeo, Torino, 2003, p. 7 ss., il quale, al contrario, individua tratti liberisti nella disciplina delle Direttive e principi solidali nel testo dei Principi Lando. V. sul punto l’analisi di V. ROPPO, Sul diritto europeo dei contratti: per un approccio costruttivamente critico, in Tradizione civilistica e complessità del sistema, a cura di F. Macario e M. Miletti, Milano, 2006, p. 521.36 V. ROPPO, op. ult. cit., p. 525 ss.37 v. in GUCE, 2001, C 255/1 e GUCE, 2003, C 63/1.38 S. GRUNDMAN, La struttura del diritto europeo dei contratti, in Riv. dir. civ., 2002, p. 373.

Risoluzioni del Parlamento europeo

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dei diritti civili e commerciali39. Mentre nei documenti recentissimi si chiede di riflettere su di un quadro di regole e principi valevoli per i contratti fra imprese e i contratti dei consumatori e sul principio di libertà contrattuale da riconsiderare alla luce del “modello sociale europeo”.

Il Consiglio nel vertice di Tampere del 1999 ha espresso una chiara volontà politica di procedere speditamente verso un attività di armonizzazione.

La Commissione si è concentrata sul solo diritto dei contratti e con due Comunicazioni del 2001 e del 2003 ha prodotto documenti di estremo interesse verso una precisa direzione. Elaborare un Quadro generale di riferimento “diretto ad affinare e armonizzare i termini, i concetti e le categorie” in ogni fase del contratto, dalla formazione alla validità, dalla esecuzione ai rimedi, per consentire il miglioramento dell’acquis e la possibile formazione di un corpus di regole opzionali da dotare di effettività normativa in un prossimo futuro. Successivi provvedimenti del 2004 e del 2005 chiariscono questi obbiettivi. Nel primo si precisa la funzione principale del Common Frame of Reference (Quadro comune di riferimento o CFR) come mezzo per migliorare il corpo delle direttive e di “ futuri strumenti giuridici nel settore del diritto contrattuale”, mediante “definizioni chiare di termini giuridici, principi fondamentali e modelli coerenti di regole di diritto contrattuale”, da riprodurre in un testo da tradurre in tutte le lingue ufficiali e da pubblicare, entro il 2009, sulla Gazzetta Ufficiale dell’Unione40.

2.2.2. Il quadro comune di riferimento

Anzitutto, occorre ricordare che il laboratorio europeo si è arricchito di un testo di Common Frame of Reference41 presentato come la prima bozza accademica di un possibile Quadro comune di riferimento basato su una revisione dei PECL (della Commissione Lando) volta a contenere principi, definizioni e modelli di regole sui contratti a altri atti giuridici, sulle obbligazioni e i corrispondenti diritti, sui fatti illeciti e su altre obbligazioni non contrattuali, oltre ad alcuni contratti speciali.

39 I tre provvedimenti si trovano rispettivamente in GUCE, 1989, C 158/400; GUCE, 1994, C 205/518;GUCE, 2001, C 140 E/538.40 v. Comunicazione della Commissione al Parlamento e al Consiglio sul Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis: prospettive per il futuro, dell’11 ottobre 2004 , in GUCE del 20.1.2005, p. 6.41 v. Principles, Definitions and Model Rules of European Private Law. Draft Common Frame of Reference (DCFR), Sellier European Law Publishers, München, 2008.

Due importanti Comunicazioni della Commissione

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Il tutto come materiale per una decisione politica sul diritto europeo dei contratti che è stata annunciata dalla Commissione entro il 2009, dopo la prima comunicazione del 200142 l’Action plan del 200343 e l’ulteriore comunicazione del 200444.

La struttura articolata denota l’alto grado di approfondimento raggiunto. Dopo un’Introduction sulla finalità, i propositi e gli sviluppi si individuano gli Academic contributors and funders, si formula una Table of destinationse una Table of Derivations con un raffronto fra i PECL e le model rules del CFR. Si precisa poi la struttura dei Model Rules distinti in sette Books due Annex e un Index. I sette Libri riguardano: General provisions (I) Contracts and other juridical acts (II), Obligations and corresponding rights (III),Specific contracts and the rights and obligations arising from them (IV),Benevolent intervention in another’s affairs (V), Non-contractual liability arising out of damage caused to another (VI), Unjustified enrichment (VII),Definitions (Annex 1), Computation of time (Annex 2).

Quanto alle reali intenzioni degli Organi comunitari, ciò che accadrà non è facilmente decifrabile. Basta ricordare che, dopo l’Action Plan del 2003, la commissione si era proposta il duplice obbiettivo di migliorare l’acquis comunitaire e di definire un Quadro Comune di Riferimento (CFR) contenente principi e modelli di regole comuni. I due obbiettivi hanno proceduto a lungo separati e in parallelo. Si è costituita una complessa struttura organizzativa ma, dopo una fase iniziale di lavoro sulla definizione dei Principi, sono emersi problemi non facilmente precisabili e di diversa natura. Si è preso atto che il settore dei contratti tra imprese non può essere assimilato ai contratti dei consumatori e d’altra parte ogni possibile contaminazione è vista con sospetto, in molti ambienti sociali. Sia perché ciò urta in modo evidente con precisi interessi imprenditoriali sia perché si dubita della legittimità delle istituzioni comunitaria a formulare principi sul contratto in generale.

Quale che sia la giustificazione della svolta, certo è che si è attribuita priorità alla revisione del diritto dei consumatori con la pubblicazione di un libro verde sulla revisione delle otto fondamentali direttive sul consumo, con l’obbiettivo di predisporre “una direttiva orizzontale civilistica in un contesto settoriale”. Resta da vedere quale sorte avrà il CFR e sul punto il dialogo è in atto in ogni ordinamento ove ci si interroga sulla stessa consistenza di un riferimento ad un diritto contrattuale europeo.

42 COM/2001/398 def.43 COM/2003/68 def.44 COM/2004/651def. Diritto contrattuale europeo e revisione dell’acquis: prospettive per il futuro.

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2.2.3 La Corte di Giustizia

È indubbia la essenziale funzione della Corte di Giustizia ed è sufficiente qualche cenno di richiamo per rimarcarne il peso. Nel 1963 la Corte aveva affermato (Van Gend en Loos c. Nederlandse der Belastingen, 5 febbraio 1963, 26/62, Racc. p. 3) “che i singoli possono far leva sulle disposizioni dei Trattati se questi conferiscono loro diritti e impongono agli Stati membri un obbligo così preciso e incondizionato da poter essere adempiuto senza la necessità di ulteriori misure.”

Ma la “costituzionalizzazione per via giudiziaria” è iniziata con l’affermazione, ad opera della Corte, l’anno successivo, del primato del diritto comunitario rispetto alla legislazione precedente e successiva degli Stati membri (Costa c. Enel, 15 luglio 1964, 6/64, Racc. p.1129). Di fronte alla eccezione di incompetenza sollevata dal Governo italiano, la Corte ha sostenuto, già allora, che la creazione di una Comunità dotata di propri organi e di personalità ha limitato i poteri sovrani degli Stati e “creato un complesso di diritto vincolante per i loro cittadini e per loro stessi”.

Quanto al processo costituzionale attuato per via giudiziaria, dopo le prime forti rivendicazioni di competenza basate sui valori e tradizioni comuni, l’opera di fondazione della Corte è andata alla ricerca di basi sicure, attraverso un processo tutt’altro che facile e lineare. E’ facile avvertire la difficoltà interpretativa di un sistema che si dilata da sei a venticinque Stati45. D’altra parte, nelle decisioni più delicate, ci si è ispirati direttamente alle norme della Convenzione europea del 4 novembre 1950 per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle libertà fondamentali (CEDU), come limite intrinseco alle competenze delle istituzioni europee46. Ed è altrettanto facile constatare come quel quadro normativo doveva essere ampliato e integrato da nuove regole e principi che sono state recepite nella Carta di Nizza e nel Trattato del 2004.

Si è osservato, anche, con grande lucidità, che la Corte non ha brillato per un “elevato tasso di garantismo dinamico”, rispetto ad un Europa in profonda evoluzione nell’ultima metà del Novecento. Nelle sue sentenze non c’è stato niente di paragonabile “alle decisioni della Corte Suprema americana nell’età di Kennedy e di Johnson” o alle pronunzie della “Corte costituzionale italiana nei primi anni settanta”47. I Giudici di Lussemburgo hanno fabbricato degli involucri, ma non li hanno riempiti di contenuti. 45 Così G.F. MANCINI, Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea, Bologna, 2004, p. 152.46 G.F. MANCINI, op. ult. cit., p. 154.47 G.F. MANCINI, op. ult. cit.

Primato del diritto comunitario

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Tranne alcuni casi, i nuovi bisogni non hanno trovato tutela o non sono stati sottoposti al suo esame.

La vera eccezionalità dell’opera della Corte è stata nella sua capacità di incidere “nella dinamica dei rapporti di potere fra Comunità e Stati membri.”. Nello “sviluppo di una higher law, di norme superiori a tutela dei diritti fondamentali”48. Ne è prova un recentissimo caso49 ove si configura un illecito dello Stato per violazione del diritto comunitario, dovuta ad un’errata interpretazione e applicazione di tale diritto da parte del giudice supremo amministrativo austriaco.

Sui meriti ed i limiti della giurisprudenza della Corte di Giustizia è emblematico un caso recente sulla applicabilità della disciplina delle vendite porta a porta alle fideiussioni rilasciate da un genitore al figlio fuori dai locali della Banca. Non essendo stato informato per iscritto sulla possibilità di recesso, il garante aveva invocato il suo diritto ad ottenere l’inefficacia del contratto di garanzia.

Appare in tale fattispecie il contrasto fra il diritto comunitario del consumo ispirato da una logica di protezione all’interno di un mercato efficiente e il diritto privato interno degli Stati nazionali che deve preoccuparsi anche della validità dei contratti conclusi in presenza di turbative o circostanze soggettive che determinano iniquità o squilibri. Sottoposto il caso alla Corte di Giustizia, questa ha ritenuto applicabile la Direttiva sulle vendite porta a porta “alla precisa condizione che il rapporto fondamentale fosse costituito da un contratto fra un consumatore e un professionista”50. Il che, nel caso di specie, ha condotto all’esclusione della tutela.

La Corte ha evitato di formulare “un principio giuridico concernente lo sfruttamento delle relazioni personali nell’esercizio dell’autonomia privata”, ed ha esitato ad intervenire su di un problema di equilibrio del contratto, rinviando al diritto interno tedesco che ha fatto, poi, sul punto passi in avanti notevoli.

D’altra parte l’esigenza di indicare un livello minimo di tutela per il contraente all’interno dell’Unione è stato assai più accentuata nel caso Courage51, ove la Corte ha sollecitato al Giudice nazionale una valutazione in concreto sull’eventuale posizione di inferiorità grave di una parte nei confronti dell’altra, tale da compromettere o da annullare la libertà di negoziare le clausole del contratto. Ma la decisione ha sollevato molte critiche e si avverte egualmente con forza l’esigenza di un pensiero comune su di un tema centrale per l’assetto futuro del diritto contrattuale europeo.

48 V. ancora testualmente G.F. MANCINI, Democrazia e costituzionalismo nell’Unione europea, cit., p. 156.49 Koebler c. Repubblica d‘Austria, C224/01, in Foro it., 2004, IV, c. 4.50 C. JOERGES, Il ruolo interpretativo della Corte di Giustizia e la sua interazione con le corti nazionali nel processo di europeizzazione del diritto privato, in Riv. crit. dir. priv., 2000, II, p. 292.51 Corte di Giustizia, 20 settembre 2001, in Foro it., 2002, c. 76.

Sviluppo di norme superiori a tutela dei diritti fondamentali

Meriti e limiti

L’istitutodi credito

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2.3. Il “diritto comune” e il processo costituente europeo

Vari gruppi di studio stanno lavorando su ipotesi e testi più o meno strutturati. Si sta operando per tracciare le linee di un codice civile europeo52, sui metodi di comparazione53, su varie ipotesi di possibile uniformazione54, ma il testo che ha avuto più attenzione per i risultati e per la lunga e sapiente attività di preparazione è ancora il corpus dei Principi di diritto europeo dei contratti redatti dalla commissione presieduta da Ole Lando55, ripensato ora dal progetto di Common Frame of Reference. A questi testi si farà continuo riferimento.

2.3.l. Contratto, Codice e Costituzione

Una riflessione sulle fonti e sulle tecniche di formazione di un diritto contrattuale europeo non può eludere un confronto con i contenuti del Trattato di riforma delle Istituzioni europee e della Carta dei diritti fondamentali. Provo a spiegare il perché.

Se si trascura l’idea di un’armonizzazione blanda che lascia il mercato e le sue logiche arbitre dei processi di uniformazione sono tre, come si è accennato, le opzioni indicate nella Comunicazione della Commissione Europea del 7 luglio 200156. Incentivare la creazione di un quadro di Principi. Formare un Codice, vero e proprio, da introdurre nell’ordinamento dell’Unione mediante Direttiva o Regolamento. Creare un Codice modello a cui ispirarsi per riformare i testi nazionali o per approvarne di nuovi57. Nella

52 C. VON BAR, Il gruppo di studio su un Codice Civile europeo, in Alpa e Luccico, Il codice civile europeo, Milano, 2001, p. 20 ss.; ma v. anche Accademia dei Giusprivatisti europei, Code européen des contrats, Avant-projet, Livre premier, Milano, 2002.53 M. BUSSANI E A. MUSY, I metodi della comparazione: il “Common Core” dei diritti europei del contratto, in Riv. crit. dir. priv., 2000, p. 537 ss.54 In primo luogo le iniziative di Secola sotto la guida di Stefan Grundman.55 v. C. CASTRONOVO, Principi di diritto europeo dei contratti, Parte I e II, Milano, 2001.56 Si tratta della Comunicazione della Commissione al Consiglio e al Parlamento europeo sul diritto contrattuale europeo, pubblicata in GUCE del 13 settembre 2001, C 255, in I contratti, 2001, n. 10, p. 943, e in Europa dir. priv., 2001, p. 641. La relazione e le reazioni del mondo accademico e delle categorie professionali sono consultabili in www.europa.eu.int/comm/dg24. La Comunicazione della Commissione al Parlamento europeo e al Consiglio Maggiore coerenza nel diritto contrattuale europeo. Un piano d’azione, Bruxelles 12 dicembre 2003 è consultabile anch’essa nel sito ufficiale della Unione Europea, www.europa.eu.int.57 v. la Comunicazione (ult. cit.) al punto n. 4, opzioni per iniziative future della CE nel settore del diritto contrattuale e su di esse G. ALPA, La riforma dei codici e il progetto di un codice civile europeo, in Le riforme dei codici in Europa e il progetto di un codice civile europeo, a cura di G. Alpa e E. N. Buccico, Milano, 2002, p. 3; ed ivi, C. CASTRONOVO,

Principi di diritto europeo dei contratti

Le tre opzioni della Commissione Europea

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Comunicazione del 12 dicembre 2003 (Action-Plan), la Commissione sembra propendere per quest’ultima soluzione. Un Codice europeo opzionale che lasci sopravvivere le leggi nazionali e si ispiri all’acquis comunitario più che ad una prospettiva comparata dei vari ordinamenti.

La soluzione si muove nel solco, assai prudente, della sperimentazione progressiva e va apprezzata per questa cautela, opportuna affatto. Ma il tema esige anche orientamenti più coraggiosi e incisivi e, per procedere in questa direzione, sono necessarie alcune osservazioni preliminari.

Anzitutto sulla contrapposizione fra un testo di Principi e un Codice. Indulgere su tale interrogativo evita di riflettere se questa forma percettiva sia ancora attuale o se i giuristi tendano piuttosto a rimanere “avvinghiati a modelli passati” non sempre riproponibili58.

È noto che il termine (codice) richiama sempre, in ogni campo ed in ogni epoca, il senso di una stabilizzazione e di una riunione di elementi riconducibili ad un ordine fisso ed è molto dubbio che tale funzione possa oggi essere svolta da un testo normativo, per almeno due motivi indicati chiaramente da Paolo Grossi59.

L’evoluzione sociale è così tumultuosa che lo stesso legislatore è costretto a modificare i contenuti delle norme “un momento dopo averle prodotte”. La riduzione di complessità è compito molto diverso dal passato, in presenza di problemi assoluti che travalicano la possibilità di un ordine pensato per un territorio60.

Tutto ciò induce ad una prima riflessione sulla struttura di un diritto comune dei contratti. Più che porsi come obbiettivo il governo (impossibile) di una prassi in profonda evoluzione, occorre una grande cornice, un codice di principi che “non galoppi dietro i fatti” ma sia capace di valorizzare gli apporti dei vari attori sociali61.

Natura e modi di un codice europeo nell'esperienza delta Commissione Lando, p. 145, L.DIEZ-PICAZO, Un codice civile europeo?, nonché N. Lipari, Conclusioni, p. 89. 58 P. GROSSI, Codici: qualche conclusione tra un millennio e l'altro, in Codici: Una riflessione di fine millennio, a cura di P. Cappellini e B. Sordi, Milano, 2002, p. 579 ss.59 P. GROSSI, op. ult. cit., p. 580, nota 1 e p. 596. 60 P. GROSSI, op. ult. cit., p. 596; P. CAPPELLINI, Il codice eterno. La forma-codice e i suoi destinatari morfologie e metamorfosi di un paradigma della modernità, in Codici una riflessione di fine millennio, cit., p. 55 ss. ove si osserva che la forma-codice, sotto il profilo pragmatico, cioè di relazione con gli utenti, ha in partenza un difetto di esasperata astrazione e di uniformazione eccessiva dei rapporti comunicativi. Tale “difetto…deriva, non è difficile oramai affermarlo, sostanzialmente anche dalle sue origini storiche” che richiederanno un esame attento “di molti dei luoghi comuni e dei semplicismi appunto da età dei lumi; della (e sulla) premessa della codificazione “classica”. Si vedano anche le osservazioni di B. OPPETIT, Essai sur la codification, Paris, 1998, p. 14 ss.; Id., Retour à un droit commun européen?, in Droit et modernité, Paris, 1998, p. 73 ss.61 P. GROSSI, op. ult. cit., p. 599.

Un codice di principi

GIUSEPPE VETTORI 20

Se è così, alcune delle opzioni formulate nella Comunicazione della Commissione non sono in alternativa rigida. Integrare e coordinare i risultati dell’elaborazione dei Principi e creare una nuova legislazione a livello comunitario sono, sotto molti profili, due facce della stessa medaglia.

Si tratta casomai di porre in luce quali siano i dati ordinanti su cui fondare il testo e, per iniziare a fornire qualche risposta, occorre porsi il problema del rapporto fra Codice e Costituzione. Centrale per diversi motivi.

C’è anzitutto una ragione storica. È noto che le Carte di diritti avevano nel passato, per lo più, un carattere filosofico e politico, mentre spettava ai codici enunciare le regole di configurazione degli Istituti di primario rilievo. Il Code civil ed il Codice italiano del 1865 hanno rappresentato “l'autentica costituzione dello Stato borghese”. Codice e sistema coincidevano62. Nel secolo scorso il ruolo si è invertito e le Costituzioni sono divenute assetti concreti “per il loro innesto immediato e scoperto con il mondo dei valori”.

Sicché la Costituzione e non i codici hanno espresso i principi fondamentali del diritto privato, moltiplicando i piani della legalità63.

L’idea di un Codice europeo segna ancora un aspetto di novità. Al diritto dei contratti si riconosce, nei documenti ufficiali, una funzione

trainante per l’integrazione europea, un ruolo decisivo nella definizione della posizione globale dell’Unione. Un mezzo per rinsaldare i legami che la Comunità ha con i paesi terzi e in particolare con l’America Latina. Da qui la sua funzione politica che avvicina codice e costituzione64.

C’è anche una ragione sostanziale. Come è stato esattamente osservato, sono del tutto incerti i dati ordinanti

di un sistema uniforme delle relazioni contrattuali in Europa, per diversi motivi. Irrilevanti sono lo spazio e il territorio in una serie sempre maggiore

62 Cfr. G. CAZZETTA, Critiche sociali al codice e crisi del modello ottocentesco di unità deldiritto, in Codici, cit., p. 320 ss.: “La corrispondenza tra generalità senza mondo di quest’ordine e gli interessi della borghesia è ben evidente e non mancherà di essere sottolineata a forti tinte da chi guarderà ai difetti sociali del codice”. V. altresì sul valore costituzionale della Carta dei diritti e dei codici, A. PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, Bologna, 2002, p. 36 ss., e in particolare M. FIORAVANTI, Sovranità e costituzione: il «modello europeo» fra Otto e Novecento, in Id., La scienza del diritto pubblico. Dottrina dello Stato e della Costituzione fra Otto e Novecento, Milano, 2001, vol. II, p. 889 ss. 63 P. GROSSI, op. ult. cit.64 S. RODOTÀ, Un codice per l'Europa? Diritti nazionali, diritto europeo. I diritti globali, in Codici, cit., p. 541 ss., in particolare p. 555: “Il codice viene proiettato al di là della sfera puramente tecnica e della proclamata ipotesi di una razionalizzazione. Il diritto costante diviene un momento della definizione della posizione globale dell’Unione e anche per questo recupera una funzione dichiaratamente politica”.

Funzione politica del codice

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 21

di rapporti. Manca un soggetto storico di riferimento65. Deperisce la stessa idea di una sovranità popolare66.

In tale evanescente contesto, la Carta dei diritti compie scelte precise. Non la sovranità ma la Persona è posta al centro dell’azione comune; la rilevanza dei diritti fondamentali costituisce un limite espresso al potere dei gruppi economici e un vincolo di contenuto che configura ogni situazione e istituto del diritto dei privati. Ciò implica un impulso per il legislatore europeo a relativizzare il precedente assetto fondato sulle logiche di mercato e costituisce un segnale67 volto a predisporre un intervento legislativo, vincolante o di riferimento, per impedire che la formazione del diritto europeo dei contratti sia delegata a “centrali private”68 e per realizzare un corpo di regole coerenti con le tradizioni nazionali, cogliendo l’occasione storica del processo costituente in corso.

2.3.2. La teoria generale del contratto nel sistema attuale delle fonti

Una riflessione sulle prospettive della parte generale del contratto nel nuovo sistema delle fonti non può che muovere dall’interrogativo, di fondo, sul grado di effettività e sul ruolo di queste regole in questo momento storico.

È noto come mutano le norme nell’ultimo decennio del secolo scorso. La disciplina per i consumatori e per le imprese è oggetto di interventi minuziosi e innovativi69. La normativa sull’usura e la rilevanza della 65 S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 556 e su alcuni aspetti della globalizzazione M. R. FERRARESE. Le Istituzioni della globalizzazione. Diritto e diritti nella società transnazionale, Bologna, 2000; P.G. Monateri, Globalizzando il diritto: “a bordo di auto potentissime in strade nazionali”, in Biblioteca delle libertà, n. 146, 1998, p. 31- 40; F. GALGANO, Diritto ed economia alle soglie del nuovo millennio, in Contratto e Impresa, 2000, p. 198 ss.66 S. RODOTÀ, op. loc. ult. cit. e Le Governance europee. Libro bianco della Commissione CE, 1, Bruxelles, 25 luglio 2001, p. 5 e 28; G. SOLARI, La formazione storica e filosofica dello Stato moderno, Napoli, 1974, p. 75 ss.; N. MATTEUCCI, Contrattualismo, in N. Bobbio, N. Matteucci e G. Pasquino, Dizionario di politica, 21° ed., Torino, 1983, p. 241 ss. e da ultimo A. PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, cit., p. 128 ss.67 v. G. VETTORI, Carta europea e diritti dei privati, in Riv. dir. civ., 2002 e l’omonimo volume nella collana Persona e Mercato, 5, Padova. 2002, pag. 51 ss.; v. anche sul tema Diritti e confini, Dalle costituzioni nazionali alla Carta di Nizza, a cura di M.E. Comba, Torino 2002; Diritto, diritti, Giurisdizione. La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea, a cura di R. Toniatti, Padova. 2002; L’Europa dei diritti, a cura di R. Bifulco, M. Cartabia. A. Celotto, Bologna, 2001; I diritti fondamentali dopo la Carta di Nizza. Il costituzionalismo dei diritti, a cura di G. F. Ferrari, Milano, 2001. 68 S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 576.69 V. in particolare G. ALPA, Il diritto dei consumatori, Roma-Bari, 1999, e G. VETTORI (a cura di), Materiali e commenti sul nuovo diritto dei contratti, Padova, 1999.

GIUSEPPE VETTORI 22

diversità di potere negoziale interessa ogni atto di autonomia70. La legislazione antitrust impone di conciliare la teoria classica, basata su regole generali conosciute in precedenza da tutti, con norme sui comportamenti determinate caso per caso71. Il ruolo delle Autorità Garanti espande l’area degli interventi esterni sul contenuto, secondo le necessità dei vari mercati72.

Tutto ciò frantuma il diritto dei contratti. Accentua il ruolo della negoziazione associativa, delle categorie, degli ordini in un contesto che evoca aspetti di neocorporativismo73. In ogni settore di disciplina dell’atto di autonomia, dalla formazione all’efficacia, dalla validità ai rimedi, emerge l’esigenza di un ordine. Non foss’altro perché l’evoluzione tumultuosa di questi anni impone di riformulare il rapporto fra i sistemi di base delle relazioni fra privati (la comunicazione, il linguaggio, le azioni) con il diritto74.

Tale sistemazione evoca la necessità di principi, di regole generali e necessita di un chiarimento sul metodo.

Anzitutto la collocazione della norma non è un elemento di ermeneutica rilevante per la ricerca di regole generali e la riflessione va ben oltre il dibattito, utilissimo75, di qualche anno fa, sulla preminenza della parte generale o di quella speciale all’interno del codice. Il passato non torna: dalla crisi dei codici nascerà una legalità nuova e diversa, dai volti ancora incerti.

2.3.3. Il dialogo con le altre scienze

70 G. VETTORI, (a cura di), Squilibrio e usura nei contratti, Padova, 2002.71 L. RAISER, Funzione del contratto e libertà contrattuale, in Il compito del diritto privato, trad. it., Milano, 1990, p. 101 ss.; B. OPPETIT, La liberté contrattuelle à l’èpreuve du droit de la concurrence, in Revue des sciences morales et politiques, 1995, p. 241; E. BROUSSEAU, L’économiste, le juriste e le contrat, in Le contrat au début du XXI siècle, Etude offert à J. Ghestin, Paris, 2001, p. 601 ss.; B. FAGES E J. MESTRE, L’emprise du droit de la concurrence sur le contrat, in RTD com., 1998, p. 71 ss.72 G. DE NOVA, Le fonti di disciplina del contratto e le Autorità indipendenti, in Riv. dir. priv., 2003, p. 5 ss.; M. ORLANDI, Autonomia privata e autorità indipendenti, ivi, p. 271 ss.; F. ADDIS, Le clausole d’uso nei mercati regolati dalle Autorità indipendenti, ivi, p. 319 ss.73 G. GITTI, Autorità indipendenti, contrattazione collettiva, singoli contratti, in Riv. dir. priv., 2003, p. 255; F. MACARIO, Autorità indipendenti, regolazione del mercato e controllo di vessatorietà delle condizioni contrattuali, p. 295 ss.74 A. FALZEA, Note introduttive, in Giornate in onore di Angelo Falzea, Milano,1993, p. 46.75 G. BENEDETTI, La categoria generale del contratto, in Riv. dir. civ., 1991, p. 1662 ss., ora in Il diritto comune dei contratti e degli atti unilaterali tra vivi a contenuto patrimoniale, Napoli, 1997, p. 32 ss.; G. DE NOVA, Dal titolo terzo del libro quarto del codice alla disciplina attuale, in La civilistica italiana dagli anni ’50 ad oggi tra crisi dogmatica e riforme legislative, Padova, 1991, p. 321 ss.; Id. Sul rapporto tra disciplina generale dei contratti e disciplina dei singoli contratti, in Contr. e Impr., 1988, p. 327 ss.; P. VITUCCI, Parte generale e parte speciale nella disciplina dei contratti, ivi, p. 804 ss.

Necessità di regole generali

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 23

D’altra parte l’esigenza di una grande cornice di principi indicata dagli storici come necessaria evoluzione delle codificazioni implica una riflessione sulle fonti di produzione76, ma anche sull’essenza del contratto oggetto di tale generalizzazione.

Sul punto sono molto diverse le opinioni.Si è posto l’accento sulle radici storiche del contratto, ma lo storicismo

può appiattire l’analisi sui fatti che hanno anch’essi una loro tirannia77. Si è esaltata la sacralità della norma, ma con ciò si affida la soluzione di ogni problema di senso alla contingenza storica78. Si è riproposta la priorità dei valori79, ma tale teoria divide e richiama il monito di Berlin80 sulla fallacia della credenza che esista un tesoro nascosto o che vi sia, da qualche parte, qualcosa o qualcuno che sia depositario della soluzione finale.

Per una buona teoria generale occorre superare l’alternativa fra natura e storia prestando attenzione al contratto, come entità sociale che ha una sua oggettività rispetto alla legge e alla natura delle cose81. 76 P. GROSSI, Codici: qualche conclusione tra un millennio e l’altro, cit., p. 579 ss.; G. VETTORI, Carta dei diritti e codice europeo dei contratti, in Riv, dir. priv., 2002, p. 673 ss.77 E. TROELTSCH, Lo storicismo e i suoi problemi, Napoli, 1985-93, I, p. 237; F. MEINECKE, L’origine dello storicismo, Firenze, 1954. “Lo storicismo coincide con la storicizzazione di ogni realtà e di ogni valore, ovvero con il disciogliersi nel flusso del divenire eracliteo di tutte le creazioni umane: Stato, diritto, morale, religione, arte”; così G. FORNERO-S. TASSINARI, Le filosofie del novecento, Milano, 1997, p. 137.78 V. la lucidissima analisi di N. IRTI, Nichilismo e metodo giuridico, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2002, p. 1160 ss.79 Altrettanto lucida e convincente la risposta di L. MENGONI, Diritto e tecnica, in Riv. trim. dir. proc. civ., 2001, p. 1 ss.80 I. BERLIN, Due concetti di libertà, Milano, 2000, p. 11 ss.; Id. Quattro saggi sulla libertà, Milano, 1989, p. 189; ma soprattutto Id., Il riccio e la volpe, Milano,1998, p. 71-72 ove la metafora evoca il contrasto fra monismo e pluralismo. Fra chi riferisce tutto ad una visione centrale e chi persegue “molti fini, spesso disgiunti e contraddittori…non unificati da un principio morale o estetico”. “Una credenza in particolare, più di ogni altra, è responsabile della strage di individui sull’altare dei grandi ideali storici – giustizia, progresso, felicità. È la credenza che da qualche parte, nel passato o nel futuro, nella rivelazione divina o nella mente di un singolo pensatore, nelle solenni dichiarazioni della storia o della scienza o nel cuore di un uomo buono e integro, ci sia una soluzione finale”. v. Quattro saggi, cit., p. 231-232.81 v. A. REINACH, I fondamenti a priori del diritto, in Filosofia del diritto,a cura di A. G. Conte, P. Di Lucia, L. Ferrajoli, M. Jori, Milano, 2002, p. 17 ss. e in particolare p. 21: “Le entità giuridiche…hanno il loro essere indipendente, come case e alberi: possiedono un essere, allo stesso modo dei numeri, degli alberi o delle case; questo essere è indipendente dall’eventualità che gli uomini lo colgano oppure no, e…, in modo particolare è indipendente da ogni diritto positivo”. “Per le entità giuridiche valgono proposizioni a priori. Questa a priorità non deve voler dire alcunché di oscuro o di mistico, essa è orientata ai meri fatti cui abbiamo accennato: ogni stato di cose, che, nel senso indicato, è generale ed esiste necessariamente, è qualificato da noi come a priori”. Ma si veda in particolare J. R. SEARLE, La costruzione della realtà sociale, Milano, 1995, p. 7 ss. Id., La razionalità dell’azione, Milano, 2003; e ancora Id., Gli “enti” della realtà sociale, stralcio tradotto in italiano della

Il contratto come entità sociale

GIUSEPPE VETTORI 24

L’ontologia sociale ci richiama particolari tipi di fatti che occupano uno spazio fisico (come quelli materiali) e sono soggetti al tempo (a differenza di quelli ideali)82. Fra questi c’è il contratto come atto sociale che deve essere valutato e disciplinato in base alle necessità e alle percezioni del tempo. Per tale attività non si può che procedere all’astrazione, ma occorrono una serie di concetti che superino la rarefazione del passato e che risultino più astratti di un resoconto descrittivo di ciò che accade giorno per giorno o legge per legge83.

Da qui la necessità di un dialogo forte con le altre scienze. La filosofia politica del ‘900 ha fornito categorie di analisi lucidissime.

Rawls e la teoria della giustizia84, Dworkin85 e la riflessione sui diritti “presi sul serio”, il dibattito fra Comunitarismo e liberalismo86 sono essenziali per affrontare problemi cruciali del contratto e dell’autonomia privata oggi.

L’antropologia87 è utilissima nella sua ricerca di strutture che hanno acquisito oggettività, perché dotate di autonomia e indipendenza. L’etologia88 ci guida allo studio dei comportamenti isolando i dati della realtà indispensabili per una moderna teoria delle clausole generali.

Le teorie economiche89 ci forniscono, da sempre, modelli per la elaborazione delle nostre categorie e sono oggi determinanti nello studio dei rapporti fra contratto e concorrenza .

2.3.4. Carta dei diritti e Costituzione europea

lecito magistralis letta all’Università Cattolica di Milano il 19 maggio 2003 sul tema The future of Philosophy, in Sole 24 ore, 18 maggio 2003, p. 34: “la mia proposta è di avere una filosofia della società autonoma, che stia alle scienze sociali come la filosofia della mente sta alla psicologia e alle scienze cognitive; …un’ontologia della realtà sociale che ci consenta di comprendere come è possibile che gli esseri umani, grazie alle loro interazioni sociali, riescano a creare una obbiettiva realtà sociale composta e regolata da fattori come il denaro, la proprietà, il matrimonio, le forme di governo ecc.”82 M. FERRARIS, Né relativismo né diritto divino, in Sole 24 ore, 18 maggio 2003, p. 34.83 J. R. SEARLE, Gli “enti” della realtà sociale, cit., p. 34.84 J. RAWLS, Una teoria della giustizia, Milano, 1991, p. 21; Id., Giustizia come equità. Una riformulazione, Milano, 2001, p. 11 ss.85 R. DWORKIN, I diritti presi sul serio, Bologna, 1982, p. 284; Id:, Virtù sovrana. Teoria dell’eguaglianza, Milano, 2002.86 A. FERRARA, (a cura di), Comunitarismo e liberalismo, Roma, 1992, p. 80 ss.87 Affascinante è il classico libro di A. J. TOYNBEE, Il racconto dell’uomo, Milano, 1992; e da ultimo E. MORIN, L’identità umana. Il metodo, Milano, 2002.88 I. EIBL-EIBENSFELDT, Etologia, in Enciclopedia delle scienze sociali, III, Roma,1993, p. 685 ss.89 F. HAYEK, Legge, legislazione e libertà, Milano, 1986, p. 136 ss. ma per una lettura piacevole e lineare sul liberalismo economico e sui suoi limiti, I. M. KIRZNER, Come funzionano i mercati, Roma, 2002.

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 25

Ma il giurista ha bisogno di dati positivi e in una stagione dell’esperienza giuridica “in cui per molti versi si va perdendo la dimensione sistematica del sapere, la prospettiva europea assume un ruolo innovativo perché aiuta a saldare le cose nuove con quel quadro sistematico che è il dato qualificante di qualsiasi ordinamento”90. Si comprende, così, l’attenzione che da qualche anno si sta dedicando alla Carta dei diritti fondamentali, proclamata a Nizza e recepita ora dal Trattato di Lisbona.

Come è stato osservato91, con quel testo non nascerà ancora un Europa politica ma un Unione debole sul piano istituzionale e forte sul piano dei diritti. I principi sono stati, già adesso, strattonati nelle direzioni più diverse e sono stati oggetto di modifiche anche nella ipotizzata trasposizione della Carta nel Trattato, ove gli articoli 51 e 52 attenuano l’ambito di estensione e l’efficacia delle situazioni fondamentali92. Esistono però indicazioni sistematiche di grande rilievo.

Ciò è sufficiente per ribadire che la ratifica di quelle norme, se e quando avverrà, sarà in grado di completare il passaggio da un Europa dei mercati ad un Europa dei diritti. Al di là dello slogan, efficacissimo, occorre interrogarsi, sin d’ora, sull’incidenza di quel complesso di regole e di principi sulla disciplina generale del contratto93.

2.3.5. Soggetto e contratto

Il diritto europeo deve anzi tutto precisare la rilevanza nuova del “soggetto” e del “contratto”, le cui linee “costituzionali” emergono ancora dalla Carta.

È nota la semplificazione che ha origine nella dottrina del ‘600 e il suo esito nelle declamazioni contenute nelle codificazioni ottocentesche94. Le linee guida di questo processo possono riassumersi secondo questa cadenza: semplicità, unità, libertà. Si costruisce un unico soggetto, un unico contratto, un’unica proprietà espressione di un mondo semplificato incentrato sulla 90 N. LIPARI, (a cura di) Trattato di Diritto Privato Europeo, 2° ed., Padova, 2003, ed ivi l’introduzione p. 2.91 S. RODOTÀ, Una Costituzione senza Stato. Il paradosso della nuova Europa, in Repubblica, 22 luglio 2003, p. 15.92 G. VETTORI, (a cura di), Carta europea e diritti dei privati, Padova, 2002, p. 51 ss.93 V. S. RODOTÀ, op. ult. cit., p. 15.94 P. ZATTI, Persona giuridica e soggettività, Padova, 1975, p. 57 ss.; G. ALPA, Status e capacità. La costruzione giuridica delle differenze individuali, Bari, 1993; A. SOMMA, Autonomia privata e struttura del consenso contrattuale, Milano, 2000, p. 178 ss.

Codificazioni ottocentesche: linee guida

GIUSEPPE VETTORI 26

libertà e sulla proprietà. Al centro del sistema c’è il soggetto di diritto caratterizzato da quei tratti e dominato dall’ideologia dell'individualismo proprietario95, su cui si costruirà la rilevanza e la disciplina del soggetto e del contratto96.

Ogni uomo è capace di diritto. La sua legge coincide con i suoi diritti fondamentali. Il concetto e l’operatività dei diritti deve fare i conti con il “soggetto morale autonomo” frutto dell’idea Kantiana di ragione, libertà morale, decisione97. Da qui nasce il concetto moderno di soggetto di diritto,come valore che precede ogni fine. Come entità dotata di ragione e volontà, di capacità di intendere e di volere su cui si sono costruite le moderne categorie di soggettività, di capacità giuridica e di capacità di agire.

Duemila anni di pensiero filosofico hanno identificato il soggetto con quei termini: ragione e volontà, intendere e volere. I giuristi francesi del ‘700, con la grande operazione di frantumazione degli status, hanno salvato le qualità naturali, isolato l’incapacità, e con una qualche operazione chirurgica esaltato il nucleo essenziale del soggetto: ragione e volontà. Requisiti che costituivano il suo valore, il suo connotato di normalità98.

L’uso della ragione e l’astrazione massima di tale requisito hanno creato confini rigidi con un’utilità evidente. Il diritto del mercato ha bisogno di un modello semplice di rapporto, depurato da ogni rilevante diversità e privato di ogni momento emotivo non compatibile con la logica degli acquisti99.

È emersa da tempo l’insufficienza di tale costruzione per dettare regole in ogni settore del diritto dei privati, e in molti rapporti personali e

95 P. BARCELLONA, L'individualismo proprietario, Torino, 1987.96 Si veda per una visione di sintesi P. CAPPELLINI, Il codice eterno. La forma-codice e i suoi destinatari: morfologia e metamorfosi di un paradigma delle modernità, in Codici, cit., p. 45 ss.; G. CAZZETTA, Critiche sociali al codice e crisi del modello ottocentesco di unità del diritto, ivi, p. 309 ss., P. STEIN, I fondamenti del diritto europeo, trad. it. a cura di A. De Vita, D. Panforti e V. Varano, Milano, 1995, p. 185 ss. e 281 ss.97 V. P. CAPPELLINI, Postilla breve per un’anamnesi di “capacità giuridica” e “sistema del diritto romano attuale”, in Annali dell'Università di Ferrara, I, 1987, p. 29 ss.; A. FALZEA, Il soggetto nel sistema dei fenomeni giuridici, Milano, 1939; Id., Capacità (teoria generale), in Enc. Dir., VI, p. 8 ss.; P. RESCIGNO, Persona e Comunità, Bologna 1966; P. STANZIONE, Capacità e minore età nella problematica della persona umana, Napoli, 1975; P. PERLINGIERI, La personalità umana nell’ordinamento giuridico, Napoli, 1972, p. II, 55; G.B. FERRI, Persona e formalismo giuridico, Bologna, 1987, p. 7, 55.; A. CAMPITELLI, Persona fisica (Diritto Internazionale), in Enc. Dir., XXXIII, p. 181; M. BESSONE-G. FERRANDO, Persona fisica (Diritto Privato), ivi, p. 1955 e da ultimo E. CALÒ, Il ritorno della volontà, Milano, 1991, p. 45. 98 P. ZATTI, Verso un diritto per la bioetica: risorse e limiti del discorso giuridico, in Riv. dir. civ., 1995, I, p. 51; F.D. BUSNELLI, Lo statuto del concepito, in Dem. e diritto, 1988, p. 213. 99 N. IRTI, Persona e mercato, in Persona e mercato a cura di G. Vettori, Padova, 1997, p. 91 ss.; Id., L’ordine giuridico del mercato, Roma-Bari, 1998, p. 11 ss.

Necessità di una evoluzione

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 27

patrimoniali la nozione di capacità e la disciplina dell'atto debbono essere ripensate graduando i presupposti di rilevanza e i rimedi.

Nei Principi Lando, si considera inefficace ogni clausola non negoziata contraria a buona fede (art. 4:110) e si amplia la rilevanza dello squilibrio richiedendo, da un lato un ingiusto profitto o un vantaggio iniquo e dall’altro una serie di circostanze (dipendenza, bisogno economico, necessità urgente, mancanza di esperienza o accortezza, art. 4:109) che superano la nozione di incapacità o di bisogno contenuta nel codice civile italiano (artt. 1448 e 428 c.c.).

La Carta dei diritti recepisce questa evoluzione. Individua nella dignità umana il limite che conforma ogni situazione soggettiva (art. 2) e riconosce nuovi diritti e nuove soggettività ai consumatori (art. 38) ai minori (art. 24), agli anziani (art. 25), ai disabili (art. 26). Ciò muta radicalmente l’attenzione al soggetto e al contratto.

La diversa posizione soggettiva implica una diversità di potere negoziale che mina alla radice l’unità ottocentesca, con una ricostruzione forte della rilevanza giuridica della supremazia o della soggezione di una parte già enunciata in testi ufficiali dell’Unione Europea100 ed in pronunce della Corte di Giustizia101 e che ha ora un suggello “costituzionale”.

D’altra parte, l’art. 16 della Carta non disciplina l’autonomia privata e tace sui limiti alla libertà di impresa, che è riconosciuta in modo conforme al diritto comunitario e alle legislazioni e prassi nazionali. Tuttavia, da un’interpretazione sistematica del testo e dei suoi formanti (le Direttive, la giurisprudenza della Corte di Giustizia) si traggono elementi ricostruttivi di rilievo per il diritto dei contratti. Non foss’altro perché i nuovi diritti, le nuove soggettività, la tutela della concorrenza, esigono una rinnovata attenzione al potere di cui è portatore il soggetto prima dell’accordo102, attenzione che prelude ad una diversificata disciplina che non può più basarsi sull’unità presupposta dal riferimento al “contraente” e al “contratto”.

100 v. il Considerando n. 16 della Direttiva 93/13/Cee del 5 aprile 1993, ove si osserva che il giudizio di buona fede nella valutazione della vessatorietà delle clausole nei contratti dei consumatori “deve tenere conto anche della particolare attenzione alla forza delle rispettive posizioni delle parti”.101 v. Corte di Giustizia, 20 settembre 2001, in Foro It., 2002, c. 76 ss., che attribuisce rilevanza alle “condizioni di supremazia economica nell'ambito delle trattative precedenti la stipula dell’accordo”. Cfr. sul punto la nota di E. SCODITTI, Danni da intesa anticoncorrenziale per una delle parti dell’accordo: il punto di vista del giudice nazionale, ivi, p. 88. 102 Già G. VETTORI, Anomalie e tutele nei rapporti di distribuzione fra imprese. Diritto dei contratti e regole di concorrenza, Milano, 1983, p. 55 e 56; e da ultimo V. ROPPO, Il contratto del duemila, Torino, 2002, p. 23 ss., ove si teorizza il “contratto con asimmetria del potere contrattuale”, individuando la genesi e gli sviluppi di un nuovo paradigma.

Principi Lando

La Carta dei diritti

GIUSEPPE VETTORI 28

Tutto ciò esige una scelta già enunciata con chiarezza nell’elaborazione dei Principi di diritto europeo del contratto.

Superata l’unità e l’astrazione, la valutazione del contenuto del contratto è affidata sempre meno ad elementi di struttura della fattispecie (volontà e causa) e sempre più ad una clausola generale di buona fede che consenta al giudice di tener conto della correttezza e della posizione concreta di potere della parte103, secondo un’indicazione che può affermarsi in ogni ordinamento dell’Unione. Ciò perché, al di là di alcune persistenti affermazioni di principio, stanno emergendo posizioni dottrinarie che valorizzano un denominatore comune fra “buona fede di matrice continentale e una serie di strumenti e teorie che nella common law sono volti a limitare gli abusi, i comportamenti disonesti e lo sfruttamento indebito di una posizione di potere”104.

Emerge così l’utilità e la tendenziale omogeneità di una clausola (di buona fede) come principio di controllo e di limite alla libertà contrattuale, in termini diversi dal passato e nei modi che appaiano sempre più omogenei alle tradizioni costituzionali comuni dei paesi dell’Unione. Tradizioni che sono qualificate dalla Carta Europea e dai Trattati come principi generali del diritto comunitario e che hanno perciò piena efficacia giuridica sino a rappresentare già, per alcuno, il nucleo essenziale di una costituzione esistente. Costituzione “non scritta, ma vigente con l’efficacia e la forza derivanti da secoli di storia e di civiltà comune”105.

In tale esprit collectif, la revisione del “dogma” e della disciplina dell’autonomia contrattuale è evidente e i caratteri essenziali vanno recepiti assieme nell’aggiornamento dei Trattati e nella formulazione di un codice europeo dei contratti.

2.3.6. Contratto e circolazione dei beni

La disciplina della proprietà privata è da sempre divisa, nei vari ordinamenti, fra codice e Costituzione106. Nel primo si è formalizzata la

103 v. Principi di diritto europeo dei contratti, a cura di C. Castronovo, Milano, 2001, p. 125 ss.; ed ivi, C. CASTRONOVO, Un contratto per l’Europa, p. XIII. 104 v. da ultimo L. ANTONIOLLI DEFLORIAN, L’integrazione del diritto inglese con il diritto comunitario: l’esempio della Direttiva sulle clausole abusive nei contratti con i consumatori ed il principio di buona fede, in Riv. dir. civ., 2002, 1, p. 452 ss. 105 A. PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, cit., p. 157 ss. 106 P. GROSSI, Il dominio e le cose, Milano, 1992, ed ivi in particolare, Tradizione e modelli nella sistemazione post-unitaria della proprietà, p. 439; Id., La proprietà e le proprietà nell’officina dello storico, p. 603; Vendita e trasferimento della proprietà nella prospettiva storico comparatistica, a cura di L. Vacca, Milano, 1991; S. RODOTÀ, Poteri dei privati e disciplina della proprietà, in Diritto privato nella società moderna, Bologna, 1971, p. 364; G.

L’utilità di una clausola generale di buona fede

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 29

scelta, diversa da Stato a Stato, sul trasferimento; nella seconda si è affermata o perfezionata la normativa sul contenuto e i limiti del diritto.

Emerge un quadro d’insieme fra i più complessi. Se confrontiamo le regole di circolazione vigenti nei singoli paesi, una prima lettura pone in luce realtà molto diverse. Il code civil francese e il codice civile italiano proclamano la sufficienza del titulus, il BGB tedesco reputa necessaria la consegna e si ispira all’idea del modus, il codice austriaco rimane fedele alla soluzione al diritto comune che richiede il titulus e modus, la common law tiene distinta la compravendita di cose mobili e immobili107. Gli altri ordinamenti si ispirano all’uno o all'altro modello e l’uniformazione della disciplina è da sempre ardua, perché le regole diverse sono espressione diinteressi e scelte diverse radicate nella storia dei popoli e delle nazioni108.

Nella Francia del ‘700 “la liberazione del suolo dai tradizionali pesi procede parallelamente alla liberazione degli individui dai vincoli personali dell’ancien regime e un tale obbiettivo non può non toccare nell’essenza le regole della circolazione dei beni che debbono essere depurate da ogni forma e solennità, per soddisfare l'interesse della nuova classe dei potenziali acquirenti, uscita vittoriosa dalla rivoluzione”109. L’elaborazione dei Pandettisti in Germania foggia una figura proprietaria funzionale alle necessità dell’operatore economico che ha bisogno di un modello semplice, adatto alla circolazione e alle sue leggi economiche.

Tali esigenze prevalgono sull’affermazione di un “trasferimento già perfetto con l’accordo e nel disciplinare l’atto traslativo si richiedono altre formalità”110.

Nella common law l’impianto feudale che grava sul dominio rende naturale il frazionamento dell’utilità, sicché “oggetto dei diritti divengono sempre più spesso, non le cose ma le prerogative nell’immobile” (estates).

Da qui la necessità di realizzare un corpus di regole volte a semplificare e a dare certezza ai trasferimenti. A ciò provvede la Land Law del 1925 che

VETTORI, Consenso traslativo e circolazione dei beni, Milano, 1995; P.M. VECCHI, Il principio consensualistico, Torino, 1999. 107 Nel diritto inglese, al centro dell’attenzione si pone il bene alienato più che il processo traslativo, v. M.D. PANFORTI, La vendita immobiliare nel sistema inglese, Milano, 1992, p. 61 ss.; R. PRELATI, Real property fondiaria, Napoli, 2000, p. 26 ss.108 Si veda per tutti R. SACCO, Introduzione al diritto comparato, Torino, 1980, p. 89 ss.; P. G. MONATERI, La sineddoche, Milano, 1985, p. 306; CHIANALE, Obbligazioni di dare e trasferimento della proprietà, Milano, 1990, p. 169 ss. 109 E. GLIOZZI, Dalla proprietà all’impresa, Milano, 1985, p. 63; G. VETTORI, I contratti ad effetti reali, in Tratt. di diritto privato, dir. da M. Bessone, V, Torino, 2002, p. 85 ss.110 G. VETTORI, op ult. cit., p. 89.

GIUSEPPE VETTORI 30

ha introdotto un procedimento “caratterizzato da un contratto di natura obbligatoria, un atto formale che recepisce i formalismi medioevali”111.

È noto che da tempo un’autorevole dottrina ha sollecitato la ricerca, al di là delle declamazioni, “delle vicinanze, a volte sorprendenti delle regole operazionali che, nei vari sistemi, disciplinano in concreto aspetti significativi del trasferimento: ma tale invito a porsi a cavalcioni delle frontiere non ha sempre condotto a risultati appaganti”112. Da un lato si resta accecati dalla lettera dalla legge113, dall’altro il disvelamento delle proclamazioni conduce a gettar via il bambino con l’acqua sporca, rifugiandosi in regole di settore che mal si conciliano con l’esigenza di certezza di ogni legge di circolazione114.

È altresì noto che il modello seguito dalla Convenzione di Vienna ha avuto un grande successo. Quel testo evita di prendere posizione sui diversi regimi nazionali e disciplina non il momento traslativo ma la consegna come “atto semplificato nella struttura e idoneo nella sua analitica previsione a dettare regole agli interessi vari dei contraenti”. La legge scompone in maniera diversa il comportamento delle parti e precisa i fatti cui seguono gli effetti fondamentali della liberazione del venditore dal suo obbligo e dal passaggio dei rischi. La mancata scelta di una delle soluzione vigenti è stato un segno di rispetto della storia e una abilità indubbia del legislatore uniforme, che si è così aperto alle adesioni evitando fratture insanabili115.

Le commissioni di studio incaricate da tempo non possono che iniziare da qui e i risultati raggiunti sono, in alcuni casi, incoraggianti.

Si utilizza il testo della vendita internazionale di merci ma si vuol andare oltre. Tale modello non è recepito da tutti i paesi (Irlanda, Portogallo, Inghilterra), non è pensato per il contesto europeo, non si applica ai consumatori. L’idea è di un’uniformazione totale con una disciplina che si applichi a tutti i contratti e a tutti i beni, ma proprio sul trasferimento della proprietà esistono ancora dubbi e non sarà facile trovare una soluzione accettabile da tutti116.

111 M.D. PANFORTI, op. ult. cit., p. 211 ss.112 Così R. SACCO, op. ult. cit., p. 89 ss.113 V.C. M. BIANCA, Il principio del consenso traslativo, in Dir. Privato, I, 1995, che ripropone una visione acritica dell’art. 1376 c.c.114 A. GAMBARO, Il diritto di proprietà, in Tratt. Dir. Civ. e Comm., a cura di Cicu-Messineo-Mengoni, Milano, 1995, p. 671 ss.115 v. G. BENEDETTI, Convenzione di Vienna nei contratti di vendita internazionale di beni mobili, in Le nuove leggi civili commentate, 1989, p. 9 ss; ed ivi G. VETTORI, Commento all’art. 31, p. 124 ss.; v. altresì J. BONELL, Vendita (disciplina internazionale) in Enc. Giur.116 Si vedano i risultati non ufficiali del Gruppo di Utrecht nella vendita coordinata da C. Von Bar, cui fa cenno. G. ALPA, Le riforme dei codici civili e il progetto di un codice civile europeo, cit., p. 5.

Il modello seguito dalla Convenzione di Vienna

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 31

Per tale obbiettivo occorre davvero porsi a “cavalcioni delle frontiere” seguendo l’esempio della Convenzione di Vienna, ma trovando ancora una base di appoggio nella Carta di Nizza.

L’art. 17 non contiene precise indicazioni. Riafferma i principi già emersi nelle sentenze della Corte di Giustizia e nelle Costituzioni dei Paesi membri che consentono di disciplinare l’uso della proprietà privata in modo sostanzialmente omogeneo, giacché ogni ordinamento, se pur con terminologie e strumenti diversi, esprime un contesto e un limite di un diritto uniformabile senza grandi dissonanze117.

È la ratio del testo costituzionale nel suo complesso che può essere di ausilio nel disciplinare il trasferimento della proprietà, perché il futuro codice europeo dovrà tener conto del superamento delle ragioni storiche che avevano condotto a scelte diverse e dell’obiettivo politico di realizzare un mercato unico che esige un’unica regola di circolazione. La quale dovrà contemperare due esigenze diverse: la successione nel diritto reale che riproduce nell’acquirente la posizione dell’alienante e l’opponibilità del titolo.

Per la prima vicenda non vi sono da tutelare interessi generali sicché le parti possono graduare, secondo i loro interessi, il prodursi dell’effetto reale.

Diverso il problema della rilevanza erga omnes di tali accordi. Sorge in tal caso un esigenza di tipicità e di sicurezza della circolazione e saranno opponibili quei titoli a cui un criterio legale e uniforme attribuirà prevalenza118.

Una tale soluzione può coniugarsi con le scelte nazionali senza fratture insanabili e opzioni prive di un consenso generale, e su tale via paionoincamminati un progetto di studio e il Common Frame of Reference, dove si prevede (Book 4, Sales, 1:301) la possibilità per le parti di derogare alle regole previste nelle Disposizioni Generali della Vendita119. 117 V. A. LUCARELLI. Commento all’art. 16 L. in L’Europa dei diritti, cit., p. 139; Corte di Giustizia, 14 maggio 1974, 4-73, in Rass., 1979, p. 2749; L. DANIELE, La tutela del diritto di proprietà e del diritto al libero esercizio delle attività economiche nell’ordinamento comunitario e nel sistema della Convenzione europea dei diritti dell’uomo, in Il diritto dell’Unione europea, 1998, p. 69. 118 Mi permetto di richiamare sul punto G. VETTORI, I contratti a effetti reali, cit., p. 105; al Id., Consenso traslativo e circolazione dei beni. Analisi di un principio, Milano, 1995, p. 19. 119 v. il progetto del Gruppo Utrecht, cui fa riferimento G. ALPA, op. ult. cit., p. 5. V., “il venditore deve consegnare il bene e trasferire la proprietà, come richiesto dal contratto”. Per il Common Frame of Reference, Book 4, Part A, Sales, Chapter 1, Section 3 – 1:301, 1:202. Si veda, altresì, l’art. 46 del “codice europeo dei contratti”, redatto dall’Accademia dei giusprivatisti europei, ove si individua nella consegna il momento traslativo di una cosa mobile, salvo esplicito patto contrario, e si afferma che per i mobili registrati e per i beni immobili “per gli effetti reali continuano ad applicarsi nei vari Stati le norme in essi in vigore al momento dell'adozione di questo codice. Comunque per i beni mobili registrati e per i beni

L’art. 17 della Carta di Nizza

GIUSEPPE VETTORI 32

In tal modo si valorizza la volontà e il titulus nel prodursi del trasferimento e si lascia spazio alla previsione di una diversa ma necessaria esigenza formale per l’opponibilità erga omnes di ogni vicenda che incide sulla circolazione del bene.

2.3.7. I diritti fondamentali

Il tema dei diritti fondamentali pone più di ogni altro il confronto fra codice e Costituzione, per vari motivi. È noto anzi tutto che la teoria e la tecnica di tali figure sono radicate in epoche storiche remote e in diversi filoni della storia del pensiero. Solo nel XVIII secolo, con i testi francesi e americani, prende avvio la stagione della formulazione giuridica come primaria esperienza “di quel movimento politico e culturale che va sotto il nome di Costituzionalismo”.

Alle Dichiarazioni solenni furono affiancate le Costituzioni volte a definire la struttura istituzionale e fra i due documenti si instaurò un rapporto diverso fra paese e paese. Le Dichiarazioni dei diritti furono utilizzate come preamboli, inserite nelle Costituzioni o accolte nei codici civili in molti paesi europei nell'800. Fino a che, dopo Weimar, la Costituzione ebbe il duplice compito di individuare l'assetto politico dello Stato e di garantire i diritti fondamentali. I quali peraltro, in Inghilterra, sono stati per secoli individuati e protetti dalla giurisprudenza e solo di recente (1988) riconosciuti con una legge (Human Right Act) che ha recepito la Convenzione Europea dei diritti dell’uomo (CEDU)120.

Due sono da sempre i problemi. La loro identificazione e il grado di tutela accordato alle varie situazioni.

Nei vari paesi si sono, via via, identificati i diritti fondamentali e le situazioni soggettive riconosciute nei testi costituzionali con diverso grado di tutela (a seconda della classica distinzione fra diritti civili, politici e sociali). Riconosciuto il carattere precettivo e non solo programmatico delle normecostituzionali, si è attribuita ai diritti della prima generazione piena protezione, mentre è nota la disputa sulla rilevanza giuridica dei diritti sociali che comportano una pretesa nei confronti dei pubblici poteri.

immobili gli effetti reali si verificano dovunque solo col compimento delle formalità di pubblicità previste per la zone in cui si trova il bene immobile o nella quale deve essere consegnato all’avente diritto il bene mobile registrato”.120 cfr. A. PIZZORUSSO, Il patrimonio costituzionale europeo, op. cit., p. 123 ss.; e M. FIORAVANTI, Sovranità e costituzione: il “modello europeo” fra Otto e Novecento, Id., La rilevanza del diritto pubblico, dottrina dello Stato e delle Costituzioni fra Otto e Novecento, Milano, 2001, II, p. 889 ss.

Il c.d.Costituziona-lismo

Diritti fondamentali e altre situazioni soggettive costituzional-mente riconosciute

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 33

Si è discusso a lungo sulla diversa struttura degli uni e degli altri e sulla effettività del riconoscimento giuridico dei secondi, anche se non mancano esempi, nel costituzionalismo moderno, di una tutela differenziata dei diritti di libertà e dei diritti sociali che non esclude un omogenea configurazione e struttura121.

La Carta Europea ha compiuto sul punto scelte importanti, che non possono non incidere sulla legislazione di diritto privato.

In primo luogo l’abbandono della classica distinzione fra i diritti per “affermare l'indivisibilità delle situazioni fondamentali unificate dai valori di riferimento che assicurano una flessibile interpretazione” e consentono un ulteriore risultato in termini di tutela122.

Negli atti preparatori della Carta si enuncia chiaramente il metodo seguito: la revisione dei diritti fondamentali si basa su di un netto rifiuto di un ruolo subordinato dei diritti sociali, rispetto ai diritti di libertà secondo una precisa scelta. Attualizzare dove è possibile il contenuto dei diritti tradizionali per adeguarli ai nuovi interessi, elaborare altrimenti nuove situazioni, predisponendo le azioni individuali o collettive adatte ad assicurare la più intensa protezione, ed è evidente la sollecitazione rivolta al legislatore di diritto privato123.

Essenziale, più di un’astratta differenziazione dei vari diritti, è il collegamento fra l’attribuzione della situazione di vantaggio e le norme processuali che attribuiscono effettività alla realizzazione dell’interesse al bene individuale e collettivo.

Sul punto si sono realizzati importanti passi in avanti e sono ancora utili le indicazioni contenute nella Carta quando si riconosce (art. 47), in caso di lesione, il diritto ad un ricorso “effettivo” dinanzi ad un giudice precostituito per legge, indipendente e imparziale che decida equamente e in un tempo ragionevole.

La tutela processuale, accresciuta e diversificata, diviene, dunque, il mezzo per realizzare l’effettività delle nuove situazioni di vantaggio riconosciute ai contraenti nel nuovo assetto dei rapporti fra privati che si sta

121 A. BALDASSARRE, Diritti sociali, in Enc. Giur., XI, Roma, 1989; M. LUCIANI, Sui diritti sociali, in La tutela dei diritti fondamentali davanti alle Corti Costituzionali, a cura di R. ROMBOLI, Torino, 1994, p. 79 ss.; P. COSTA, Alle origini dei diritti sociali: “Arbeitender Staat” e tradizione solidaristica, in Democrazia, diritti, costituzione, a cura di G. Ghiozzi, Bologna, 1975, p. 227.122 A. PIZZORUSSO, op. ult. cit., p 104; e G. VETTORI, Carta europea e diritti dei privati, in Riv. dir. civ., 2002, p. 43 ss.123 Catalogo dei diritti e Costituzione europea: relazione del gruppo di esperti in materia di diritti fondamentali (c.d. Comitato Simitis), in Foro it., 1999, c. 342 ss.

Situazione di vantaggio e tutela processuale

GIUSEPPE VETTORI 34

delineando nell’Unione Europea e che il Codice e la Costituzione debbono recepire assieme124.

2.3.8. La libertà economica

Sulla libertà economica l’art. 3 del progetto di Trattato europeo e l’art. 16 della Carta dei diritti non riconoscono direttamente valore costituzionale all’autonomia privata ma esiste, in quest’ultimo testo, un richiamo alla libertà di impresa nei limiti derivanti dalle legislazioni interne e dal diritto comunitario125.

Una riformulazione attenta della teoria generale del contratto, coerente con il contesto comunitario, non può che muovere da tali indicazioni, ma dovrà prendere atto, anche, delle acquisizioni più rilevanti del pensiero scientifico in tema di libertà economica e dei suoi limiti che sono espressi in forme e regole diverse.

Si può solo ricordare che le teorie del Novecento hanno rivalutato e identificato, pur muovendo da posizioni ideologiche diverse, il ruolo e la funzione della scoperta imprenditoriale126, dell’iniziativa inventrice, della creatività individuale127 come atti, motivati dal profitto, che generano, nella libera gara, apprendimenti reciproci e determinano il funzionamento stesso dei mercati128. Del resto, la grande intuizione di Hayek sta nell’aver dimostrato che “tutte le argomentazioni a sostegno della libertà intellettuale valgono anche per la libertà di azione”129. Sicché uno studio delle regole generali del contratto e dell’autonomia dei privati non può non tener conto di tale acquisizione. Il problema più delicato è quello dei limiti e si farà riferimento, qui, ad alcuni aspetti fra i più rilevanti.

124 Per una sintesi delle novità normative sul punto A. PROTO PISANI, Note sulla tutela civile dei diritti, in Foro it., 2002, c. 165 ss. in part. 168.125 G. VETTORI, (a cura di) Carta Europea e diritti dei privati, cit., p. 57 ss.126 Sul pensiero si v. F. Von Hayek v. di recente AA.VV., Friedrich Von Hayek e la Scuola Austriaca di economia, Rubbettino, 2003; e in particolare I.M. KIRZNER, Come funzionano i mercati. Squilibrio, imprenditoriabilità e scoperta, Roma, 2002, p. 7 ss.; R. CUBEDDU, Margini del liberalismo, 2003.127 M. NOVAK, L’etica cattolica e lo spirito del capitalismo, Milano, 1999, p. 237 ss.128 I.M. KIRZNER, Come funzionano i mercati, cit., p. 70: “L’atto di scoperta non è un atto di produzione deliberata (frutto di ingredienti noti); non è neanche una mera reazione passiva ad un colpo di fortuna. L’atto di scoperta è un atto durante il quale si diventa consapevoli dell’esistenza di un guadagno disponibile senza costi. Il profitto imprenditoriale rappresenta l’altra faccia di questo guadagno disponibile senza costo, frutto della scoperta. Riconoscendo nella scoperta la forza motrice del mondo in squilibrio, l’approccio della scoperta imprenditoriale difende il profitto puro, sul piano della giustizia, su basi che, in un mondo che non lascia niente alla scoperta, non sarebbero rilevanti”.129 V. così G. BEDESCHI, Hayek contro Kelsen, in Sole 24 ore, del 10 agosto 2003, p. 31.

La disciplina della concorrenza

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 35

In primo, luogo il rapporto fra contratto e disciplina della concorrenza avvertito da sempre, in modo diverso, nella storia dell’antitrust130.

Lo Sherman Act fu concepito in America come presidio contro la dilatazione del potere economico. Dopo il 1945 gli alleati indussero la Germania a dotarsi di una legge antitrust, per “evitare la concentrazione di potere economico e per rompere il suo legame con il potere politico che tramite i cartelli aveva controllato la produzione e si era preparato allo sforzo bellico”. La CECA fu istituita in Europa con analoghi intenti: evitare concentrazioni di potere in settori vitali, come erano allora il carbone e l’acciaio131.

Tutto ciò pone in luce un’esigenza di delimitazione comune ad ogni ordinamento democratico, ove si avverte la difficoltà di marcare un confine oltre al quale “il potere dei privati assume una forza tale da divenire illegittimo e oltre il quale il potere pubblico sconfina e non è più legittimo”. Nell’individuare questa linea d’ombra si sono divisi e si dividono forze e ideologie diverse in America e in Europa132 e si confrontano posizioni difformi, che influenzano in modo totalmente diverso le scelte della dottrina e della giurisprudenza sui rapporti fra contratto e regole di mercato.

I seguaci della Scuola di Chicago, molto attivi anche in Italia133, reputano che l’unico scopo delle regole antitrust sia il raggiungimento dell’efficienza economica e ciò determina una ricaduta essenziale sulla disciplina del contratto. Si reputano lecite tutte le pratiche da cui non deriva una restrizione della quantità di ricchezza prodotta e soprattutto si ipotizza una netta separazione fra i profili di giustizia dell’atto di autonomia e la tutela della concorrenza134.

D’altra parte, si nega l’esistenza di un’unica finalità delle regole di mercato e si configura il relativo statuto “in primo luogo come strumento di libertà: libertà di impresa, libertà dei consumatori e in una parola libertà dei cittadini”. Sicché un tale insieme di norme non può che essere “un sistema che nasce dal basso e mira alla tutela dei diritti dei singoli”, con

130 V. da ultimo il bel saggio di B. SORDI, Ordine e disordine del mercato (in margine ad alcuni scritti di Tullio Ascarelli), in Ordo Iuris, Milano, 2003, p. 319 ss. G. AMATO, Il potere e l’antitrust, Bologna, 1998, p. 13 ss.; Id. Il gusto della libertà, Roma-Bari, 1998, p. 3 ss.; S. PODESTÀ-F. GOLFETTO, La nuova concorrenza, Milano, 2000; F. GOBBO, Il Mercato e la tutela della concorrenza, Bologna, 2001.131 G. AMATO, Il potere e l’antitrust, cit., p. 13 ss.132 v. ancora G. AMATO, op. ult. cit., p. 105 ss.133 cfr. per un ottima sintesi di tale teoria, da ultimo F. DENOZZA, Norme efficienti. L’analisi economica delle regole giuridiche, Milano,2002; v. anche sul tema di recente R. PARDOLESI e B. TASSONE, I giudici e l’analisi economica del diritto privato, Bologna, 2003.134 Sull’autonomia dell’antitrust europeo dalle altre politiche comunitarie, v. G. AMATO, Il potere e l’antitrust, cit. p. 108 ss.

L’efficienza economica

GIUSEPPE VETTORI 36

un’incidenza diretta sulla disciplina degli atti di autonomia privata e delle tutele135.

Il diritto europeo è orientato nettamente verso questa seconda direzione. Basta qui ricordare gli articoli 2 e 3 del Trattato Comunitario, l’art. 138 (ex 130 A) e l’art. 2 del Trattato dell’Unione, ove gli obbiettivi e le finalità sono esattamente definiti, senza tacere del Trattato di Lisbona in cui i tratti di una economia sociale di mercato sono espressi con chiarezza136. Ciò determina una connessione stretta fra la disciplina dei singoli mercati e la disciplina del contratto che comporta il superamento di alcune tradizionali impostazioni, se non altro perché la disciplina della concorrenza precisa i criteri di liceità delle intese e dei contegni e la teoria del contratto deve ridefinire le azioni e i rimedi.

Un secondo aspetto dei limiti alla libertà economica deve prendere atto della debolezza dei diritti sociali, ma anche di alcune indicazioni positive che emergono dalle fonti comunitarie137.

In primo luogo, l’indivisibilità dei diritti sociali, economici e di libertà implica un risultato preciso138. Il bilanciamento in caso di conflitto avviene nei confronti di situazioni soggettive di pari dignità e ciò ha un significato forte nell’attività del giudice, il quale ha un elemento in più per valutare le norme e i principi che emergono dai Trattati in modo coordinato e sistematico139.

D’altra parte, è bene ricordare che l’art. 6 par. 2 del Trattato dell’Unione esige già il rispetto dei diritti fondamentali140 garantiti dalla Convenzione europea dei diritti dell’uomo e dei diritti risultanti dagli ordinamenti e dalle tradizioni comuni degli Stati membri, in quanto principi generali del diritto comunitario. La Carta di Nizza riafferma tali diritti che non sono la somma dei diritti nazionali. Deve essere rispettato il livello più elevato nel rispettivo ambito di applicazione nazionale. Sicché spetterà alle Corti europee stabilire

135 v. G. ROSSI, Antitrust e teoria della giustizia, in Riv. soc., 1995, p. 1 ss.; Id., Prefazione al volume di W. Hutton, Europa vs. America, cit., p. 7 ss.136 G. ROSSI, Le regole del mercato fra Europa e America, Relazione introduttiva al Convegno “Antitrust e globalizzazione” del 19 settembre 2003, pubblicata su Repubblica, 20 settembre 2003, p. 15.137 V. R. DEL PUNTA, I diritti sociali come diritti fondamentali: riflessioni sulla Carta di Nizza, in G. Vettori, (a cura di), Carta europea e diritti dei privati, cit. p. 169; e S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato, Bologna, 2003, p. 165 ss.138 I. EIBL-EIBENSFELDT, Etologia, in Enciclopedia delle scienze sociali, III, Roma, 1993, p. 685 ss.139 M. FIORAVANTI, La Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea nella prospettiva del costituzionalismo moderno, in G. Vettori, Carta europea e diritti dei privati, cit., p. 203 ss.140 G. VETTORI, op. ult. cit., p. 51 ss.

I diritti sociali

IL DIRITTO CONTRATTUALE EUROPEO 37

quale fra le diverse scelte normative potrà assumere il valore di principio generale141. Nel caso Albany, le finalità sociali dei Trattati sono già state ritenute prevalenti sulle stessa normative della concorrenza142.

Un’analisi dei limiti alla libertà economica non può tacere che si sono individuate nell’opera ricognitiva operata con la Carta di Nizza nuove situazioni soggettive, sollecitando la predisposizione di azioni individuali e collettive adatte ad assicurare la più intensa protezione143. Ciò ha portato al riconoscimento di autonomi diritti non solo ai consumatori, ma anche ai bambini, ai disabili, agli anziani, e c’è in questa scelta un modello ed utilissime indicazioni per l’elaborazione di una teoria generale.

Chiarissimo è anche il segnale. Se la frantumazione del contratto richiama un ruolo forte delle

categorie, delle corporazioni, degli ordini chiamati a dettare regole in una società priva di centro. Se la lex mercatoria diviene sempre più lo strumento di una dominazione culturale e giuridica. Se è fondato il timore di tornare ad un’organizzazione sociale in cui il gruppo o il modello dominante può prevalere su ogni aspetto di tutela dei singoli. Se tutto ciò è vero, “la logica dei diritti esorcizza in parte tali pericoli. Ci parla di eguaglianza e di libertà, di posizioni individuali e di legami sociali privi di costrizioni comunitarie”144.

Tutto questo è sufficiente per individuare una base orientativa di principi e di limiti per avviare una profonda rilettura del diritto dei contratti, non più affidata alla virtù del codice, ma alla virtù di una fonte superiore che ci indica un obbiettivo e un compito preciso.

L’istituzione dei diritti non è un “dono di Dio, né un’antica credenza, né uno sport nazionale ma una pratica complessa e problematica”145, a cui tutti in futuro dovremo prestare la massima attenzione.

141 Così A. ADINOLFI, Intervento, in Lavoro e diritti sociali nella Costituzione europea, Seminario della Facoltà di Giurisprudenza di Firenze del 22 ottobre 2003, organizzato da Silvana Sciarra.142 S. GIUBBONI, Diritti sociali e mercato, cit., 227.143 C. MARZUOLI, Carta europea dei diritti fondamentali, “Amministrazione” e soggetti di diritto: dai principi sul potere ai diritti dei soggetti, Carta europea e diritti dei privati, cit., p. 255, ed ivi, G. PASSAGNOLI, I diritti del bambino nella Carta europea, p. 327.144 S. RODOTÀ, Una costituzione senza Stato. Il paradosso della nuova Europa, cit., p. 15.145 R. DWORKIN, I diritti presi sul serio, cit., p. 284.

Prevalenza della logica dei diritti