Il diottro oculare Il modello più semplice del sistema ... · In genere il raggio di curvatura...

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Il diottro oculare Il modello più semplice del sistema visivo umano è una camera oscura. Infatti l’occhio è costituito da una camera interna scura con un foro di apertura variabile, la pupilla, che controlla la quantità di luce che arriva sullo schermo, la retina. Ha una lente di potere variabile, il cristallino, che forma immagini reali, capovolte e rimpicciolite sulla retina.

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Il diottro oculare

Il modello più semplice del sistema visivo umano è una camera oscura. Infatti l’occhio è costituito da una camera interna scura con un foro di apertura variabile, la pupilla, che controlla la quantità di luce che arriva sullo schermo, la retina. Ha una lente di potere variabile, il cristallino, che forma immagini reali, capovolte e rimpicciolite sulla retina.

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La struttura anatomica dell’occhio umano

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La parete del globo oculare è costituita da 3 membrane distinte stratificate: la sclera, la coroide e la retina.

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Lo strato più esterno è la sclera di tessuto fibroso e di colore biancastro costituisce il “bianco dell’occhio”. E’ la più robusta delle tre mebrane e da all’occhio la sua forma sferoidale. La sclera ha un foro posteriore dal quale penetra il nervo ottico e un’apertura anteriore più ampia nella quale è incassata la cornea.

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La coroide è applicata strettamente alla faccia interna della sclera. E’ una membrana ricca di vasi sanguigni e di un pigmento a base di ferro, la melanina. La melanina da alla coroide una colorazione nera che assorbe la luce proveniente dalla retina impedendo ogni riflessione o diffusione che nuocerebbero alla chiarezza delle immagini.

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La retina è una membrana sottilissima di struttura principalmente nervosa ma contenente anche vasi sanguigni. E’ costituita dall’espansione del nervo ottico e riveste i 2/3 della coroide, la parete interna del globo oculare.

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La coroide arriva fino ad 1 mm dal margine corneale quindi si flette all’interno lasciando spazio all’iride che è una struttura essenzialmente muscolare con un foro centrale, la pupilla. L’iride, visibile dall’esterno, è variamente colorato, può contrarsi e dilatarsi come un diaframma restringendo o allargando l’apertura della pupilla e regolando la quantità di luce entrante. Il diametro della pupilla può variare da 2 mm a 8 mm.

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La parte rifrattiva dell’occhio è costituita dalla cornea, dalla camera anteriore (umor acqueo), dal cristallino e dalla camera posteriore (corpo vitreo).

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La cornea è il primo mezzo ottico dell'occhio. E’ una membrana trasparente alla radiazione visibile ma che assorbe la radiazione ultravioletta UV-B (280-315 nm). L’ assorbimento serve a proteggere gli strati successivi dal danneggiamento che la radiazione UV potrebbe produrre ma può anche avere un effetto nocivo , procurando fastidiose irritazioni (cheratiti e congiuntiviti).

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La topografia della cornea ha una geometria complessa con una notevole variabilità individuale. La superficie anteriore è molto frequentemente torica. In genere il raggio di curvatura più corto (maggiore curvatura) è quello che si riferisce al meridiano verticale (Astigmatismo secondo regola).

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Dal punto di vista rifrattivo può considerarsi una lente sottile a menisco. Il raggio di curvatura anteriore è 6,8 mm, il raggio posteriore è 7,7 mm. Lo spessore è 0,5 mm, l’indice di rifrazione è n = 1,376 [Gullstrand]. Poiché lo spessore è di un ordine di grandezza inferiore alle misure dei raggi, la cornea può considerarsi una lente sottile.

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Rifratta dalla cornea, la luce attraversa la camera anteriore, viene rifratta dal cristallino, passa nella camera posteriore e arriva alla retina. La camera anteriore è riempita di una sostanza liquida, detta umor acqueo, costituita dal 98% di acqua. E’ spessa 3,1 mm con il cristallino a riposo e si restringe a 2,7 mm quando il cristallino è in massima accomodazione. L’indice di rifrazione dell’umor acqueo è n = 1,336.

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Il cristallino separa completamente la camera anteriore dalla camera posteriore. Quest’ultima è riempita di un liquido denso, un gel trasparente detto umor vitreo. Nonostante la diversa densità, l’indice di rifrazione dell’acqueo e del vitreo è uguale n = 1,336. Lo spessore della camera posteriore è 17 mm, i 2/3 del globo oculare, con il cristallino rilassato; si riduce a 13 mm in massima accomodazione.

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Il cristallino è una struttura elastica e trasparente a forma di lente biconvessa con la faccia posteriore di curvatura maggiore. E’ avvolto da una membrana elastica sottilissima e trasparente, la capsula, per mezzo della quale è fissato ai muscoli ciliari. Il cristallino assorbe la radiazione UV-A (315-380 nm) esercitando un’azione di filtro per le strutture oculari che lo seguono. Secondo alcuni studi, l’assorbimento di UV potrebbe portare all’opacizzazione del cristallino (la cataratta) riducendone la trasparenza e rendendolo un filtro giallastro che modifica la percezione dei colori.

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All’interno il cristallino è costituito da una serie di strati concentrici di fibre lenticolari cioè cellule appiattite disposte regolarmente a strati sovrapposti che si estendono dal polo all’equatore. Le fibre formano la corteccia e il nucleo; crescono durante tutta la vita riducendo l’elasticità del cristallino.

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A riposo il cristallino è una lente spessa biconvessa con raggio anteriore di 10 mm, raggio posteriore di 6 mm e spessore 3,6 mm. Il suo diametro è di circa 10 mm. Il cristallino non è otticamente omogeneo, il suo indice di rifrazione decresce in modo graduale dall’esterno verso l’interno, dai poli (n=1,385) all’equatore (n=1,375). Nel nucleo è copreso fra 1,4 e 1,41. Come indice di rifrazione equivalente si prende n = 1,4085 per il cristallino a riposo.

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Attraverso la capsula il cristallino è fissato ad un muscolo anulare detto muscolo ciliare il quale contraendosi può deformare il cristallino restringendolo alla periferia e costringendolo a gonfiarsi nel senso dello spessore. Tale processo è detto accomodazione e consente di aumentare il potere diottrico dell’occhio e di mettere a fuoco sulla retina oggetti a distanze diverse.

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Durante l’accomodazione, la curvatura delle due superfici del cristallino aumenta e i raggi di curvatura diminuiscono. L’effetto è più marcato per la superficie anteriore e nella zona centrale (deformazione conoide). In massima accomodazione, il cristallino diventa una lente spessa equiconvessa con raggi di curvatura R1=R2=5,33 mm e spessore s = 4mm. Quindi R1 diminuisce di circa 5 mm, R2 diminuisce di circa 0,7 mm. In accomodazione l’indice di rifrazione del cristallino aumenta e in massima accomodazione vale n = 1,426 [Gullstrand].

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La retina è una membrana sottilissima di spessore variabile da 50 µm (centro fovea) a 600 µm (disco ottico). E’ costituita da 10 strati tra cui quello dei fotorecettori coni e bastoncelli che assorbono i fotoni. Localizzata a 2,5 mm verso la tempia si trova una regione chiamata macula lutea di forma ovale con diametro massimo di 5,85 mm. E’ rivestita di un pigmento che le conferisce un colore giallo limone e che ha un massimo di assorbimento a circa 460 nm. Non è fotosensibile ma è in grado di filtrare la luce quindi può influenzare la percezione cromatica e la sensibilità della retina. La macula lutea ha una sensibilità superiore al resto della retina.

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Al centro della macula lutea si ha una piccola area detta fovea centralis o punto di fissazione del diametro di 1,8 mm, dove l’acuità visiva è massima: quando si fissa un oggetto si fa cadere la sua immagine sulla fovea. Al centro della fovea c’è la foveola di 0,2 mm di diametro dove si ha il maggiore potere di discriminazione.

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La fovea non si trova proprio sul polo posteriore dell’occhio cioè sull’asse ottico delle superfici rifrangenti ma spostata all’esterno verso la tempia di circa 5 gradi.

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Un’altra regione della retina è la papilla ottica che corrisponde al punto di inserzione del nervo ottico. Ha l’aspetto di un disco biancastro (disco ottico) del diametro di circa 1,8 mm o diametro angolare di 5⁰ ed è posto a 2,5 mm dalla fovea o a 15⁰, verso il naso. Tale regione, priva di terminazione nervose, non è sensibile alla luce perciò si dice anche punto cieco dell’occhio (blind spot).

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Lo strato dei fotorecettori della retina è costituito da coni e bastoncelli. I coni (verdi in figura), più grossi e più corti dei bastoncelli, sono deputati alla visione fotopica, funzionano ad alta intensità di luce, vedono i dettagli fini e i colori. I bastoncelli (marroncino in figura) sono deputati alla visione scotopica, sono sensibili a basse intensità di luce, non distinguono i dettagli fini e i colori ma percepiscono il movimento.

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I coni hanno alta densità nella fovea, nella foveola ci sono solo coni, e bassa densità all’esterno della fovea. I bastoncelli sono molto densi in un’area che si estende a circa 20⁰ attorno alla fovea e la loro densità diminuisce gradatamente ad angoli maggiori.

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I coni sono di 3 tipi: L, M, S, sensibili rispettivamente alle lunghezze d’onda long (rosso), medium (verde), short (blu). La figura rappresenta la sensibilità relativa dei 3 tipi di coni in funzione della lunghezza d’onda. La diversa sensibilità dei 3 tipi di coni permette la visione a colori.

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I bastoncelli non discriminano i colori ma hanno una sensibilità 3 volte superiore a quella dei coni e permettono la visione a basse intensità di luce (visione scotopica).

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Nella visione fotopica nella quale sono coinvolti i coni il picco di sensibilità si ha in luce giallo-verde (555 nm). In visione scotopica deputata ai bastoncelli la curva di sensibilità si sposta verso le lunghezze d’onda del blu e il picco di sensibilità si ha a 507 nm.

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I coni sono intorno ai 5 milioni, hanno bassa convergenza cioè coprono un campo di vista piccolo, hanno alta risoluzione spaziale e acuità visiva, bassa sensibilità, sensibilità cromatica, alta densità nella fovea. I bastoncelli sono circa 120 milioni, hanno alta convergenza, bassa risoluzione spaziale e acuità visiva, alta sensibilità, sensibilità cromatica assente.

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La luce che arriva all’occhio attraversa nell’ordine la cornea, l’umor acqueo, il cristallino, l’umor vitreo e raggiunge la fovea. Le superfici che delimitano i mezzi rifrattivi dell’occhio si possono considerare in prima approssimazione come sferiche e aventi i centri su un’unica retta, l’asse ottico. La direzione seguita dalla luce che arriva sulla fovea, l’asse visivo, è inclinata di circa 5⁰ rispetto all’asse ottico. Tuttavia con buona approssimazione possiamo considerare l’occhio come sistema ottico centrato.

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In particolare i diottri che compongono il sistema oculare sono 4: D1 : aria – film lacrimale D2 : film lacrimale – cornea D3 : cornea – acqueo D4 : acqueo - cristallino – vitreo.

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Consideriamo per i valori degli indici di rifrazione, dei raggi delle superfici e delle distanze fra le superfici, il modello dell’occhio schematico di Gullstrand nel quale il cristallino è considerato come 2 superfici rifrangenti. In tabella sono riportati i valori dei raggi di curvatura delle superfici a riposo e in massima accomodazione.

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Nell’occhio completo di Gullstrand si considera il cristallino formato da 4 superfici rifrangenti, 2 che rappresentano il nucleo e 2 la capsula esterna. In tabella sono riportati i valori dei raggi di curvatura delle superfici a riposo e in massima accomodazione.

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Con i dati di Gullstrand calcoliamo il potere totale del diottro oculare considerato come sistema centrato in condizioni di riposo e in condizioni di massima accomodazione. Film lacrimale: R=6,8 mm, n=1,34 (s=0). Cornea: R1=7,7 mm, R2=6,8 mm, n=1,376 (s=0,5 mm). Cristallino a riposo R1=10 mm, R2=-6 mm, s=3,6, n=1,4085. Cristallino in massima accomodazione: R1=5,33 mm, R2=-5,33 mm, s=4 mm, n=1,426. La cornea si può considerare come una lente sottile visto lo spessore di un ordine di grandezza inferiore alle misure dei raggi di curvatura. Il cristallino deve essere considerato come una lente spessa.

Cristallino a riposo

Cristallino in massima accomodazione

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Per calcolare il potere effettivo consideriamo l’occhio come un sistema di due lenti con i rispettivi poteri P1 e P2. Lo spessore è la distanza H2H3 fra il secondo piano principale della cornea e il primo piano principale del cristallino. I poteri e lo spessore cambiano passando dalla condizione di riposo e alla massima accomodazione.

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In condizione di massima accomodazione i piani principali del cristallino variano la loro posizione e di conseguenza varia anche lo spessore H2H3:

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Il potere effettivo dell’occhio umano a riposo e in massima accomodazione risulta:

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Nota la posizione dei piani principali della cornea e del cristallino, possiamo calcolare la posizione dei piani principali H e H’ del sistema oculare. Le distanze dei piani principali del sistema rispetto al secondo piano principale della prima lente e rispetto al primo piano principale della seconda lente sono date dalle relazioni:

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Calcoliamo la posizione dei piani principali del sistema oculare con cristallino a riposo.

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In assenza di accomodazione i piani principali dell’occhio si trovano a circa 1,6 mm dall’apice corneale e sono molto vicini fra loro (circa 0,2 mm):

In massima accomodazione dai dati di Gullstrand:

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In massima accomodazione i piani principali dell’occhio si allontanano entrambi dall’apice corneale di circa 0,4 mm rimanendo fissa la distanza fra loro.

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I punti e piani nodali del sistema oculare non coincidono con i punti e piani principali poiché le due lenti, cornea e cristallino, sono separate da due mezzi di indice di rifrazione diverso, aria n=1 e umor vitreo n=1,336. Dai dati di Gullstrand, a riposo i punti nodali si trovano a circa 7,33 mm dall’apice corneale e sono separati da circa 0,3 mm. In massima accomodazione si avvicinano entrambi all’apice corneale di circa 0,5 mm rimanendo circa alla stessa distanza fra loro.

In assenza di accomodazione:

In massima accomodazione:

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Nella tabella sono riportati i dati di Gullstrand relativi al diottro oculare a riposo e in massima accomodazione.

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In figura sono riportate le misure di Gullstrand del diottro oculare a riposo. Sono indicati i 6 punti cardinali del sistema oculare, i 2 fuochi F e F’, i 2 punti principali P e P’ e i 2 punti nodali N e N’.

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Se consideriamo i 6 punti cardinali possiamo pensare il sistema oculare costituito da un solo diottro sferico. Infatti i punti principali e i punti nodali, molto vicini tra loro, possono considerarsi un unico punto principale e un unico punto nodale. Il singolo punto principale corrisponde al vertice del diottro mentre il singolo punto nodale corrisponde al centro della superficie sferica che è anche il centro ottico del diottro.

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Il modello dell’occhio a un solo diottro si dice occhio ridotto standard. In questo modello si adotta un potere diottrico di 60D e indici di rifrazione n1 =1 della’aria e n2=4/3 pari a quello dell’acqua. Con questi valori si ricava il raggio del diottro, la posizione dei fuochi primario e secondario e la lunghezza assiale ridotta del bulbo oculare, ridotta nel senso che non corrisponde alla lunghezza assiale dell’occhio reale ma alla distanza a cui si forma l’immagine, sulla retina, qualsiasi sia la distanza dell’oggetto.

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Il diottro ridotto standard ha il vertice coincidente con il punto principale ed è posizionato a 1,6 mm dall’apice corneale rispetto al diottro oculare. Il raggio r di curvatura del diottro standard non corrisponde al raggio di nessuna superficie rifrattiva dell’occhio ma è una buona approssimazione della curvatura dell’intero sistema.

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Il vertice V è il punto di entrata del fascio incidente mentre il vertice V’ è il punto di miglior fuoco sulla retina, la macula M. La linea immaginaria che parte dall’oggetto, entra nel sistema oculare dal vertice V, passa dal punto nodale N e arriva sul vertice V’ si dice asse visuale o linea di vista. La retta che congiunge i vertici V e V’ passando per il punto nodale è l’asse ottico del sistema. Nell’occhio reale le due direzioni formano un angolo di 5⁰ mentre nel modello dell’occhio ridotto standard le due direzioni coincidono.

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Nonostante questo, l’occhio ridotto standard è una buona approssimazione del sistema rifrattivo oculare mentre l’angolo non nullo fra la direzione dell’asse ottico e della linea di vista deve essere considerato nella centratura delle lenti.

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Durante l’accomodazione, la posizione dei punti principali e dei punti nodali varia in modo trascurabile quindi nel diottro ridotto standard l’accomodazione si considera solo come un aumento del potere diottrico senza variazione delle misure del diottro. Per convenzione la distanza dei punti davanti all’occhio si considera negativa. In questo modo per focalizzare un oggetto a distanza finita è necessario un aumento del potere del diottro standard pari alla vergenza dell’oggetto.

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Si definisce occhio emmetrope un occhio privo di difetti di rifrazione. Si definisce occhio ametrope un occhio in cui sia presente qualche anomalia rifrattiva. Un occhio emmetrope non accomodato vede nitidamente un oggetto all’infinito o in altre parole i raggi paralleli all’asse ottico provenienti dall’oggetto sono focalizzati sulla retina. Nel modello del diottro ridotto standard questo significa che la distanza focale secondaria f2 del diottro, il fuoco immagine, coincide con la lunghezza assiale ridotta L. Un occhio è emmetrope anche se, deviando dai valori dell’occhio ridotto standard, ha il fuoco secondario coincidente con la lunghezza assiale.

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Si definisce punto remoto il punto più lontano che l’occhio non accomodato focalizza sulla retina. Per un occhio emmetrope standard la distanza del punto remoto è infinito che corrisponde a circa 6 m nell’occhio emmetrope reale.

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Per un occhio emmetrope che ha il punto remoto all’infinito, il potere di accomodazione coincide con la vergenza dell’oggetto. Nell’occhio standard emmetrope, la distanza immagine è uguale alla distanza ridotta L qualunque sia la distanza p dell’oggetto. Per focalizzare un oggetto a distanza finita il potere del diottro emmetrope deve aumentare di una quantità pari a +1/p.

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Si definisce punto prossimo il punto più vicino che l’occhio in massima accomodazione focalizza sulla retina. Accomodando, il fuoco immagine F2 si sposta davanti alla retina in modo che il punto immagine, coniugato con il punto prossimo, cada sulla retina.

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Nel modello dell’occhio ridotto standard il punto prossimo è la distanza oggetto coniugata alla distanza immagine L , pari alla lunghezza ridotta, quando il potere diottrico è massimo. La distanza del punto prossimo non è fissa, dipende dal massimo potere di accomodazione che l’occhio può raggiungere, valore che diminuisce nel corso della vita.

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Si chiama ampiezza di accomodazione A la differenza fra i poteri diottrici dell’occhio in assenza e in massima accomodazione cioè la differenza fra la vergenza del punto remoto e la vergenza del punto prossimo. La differenza fra la distanza del punto prossimo e la distanza del punto remoto si dice range di accomodazione a.

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Per un occhio emmetrope che ha il punto remoto all’infinito l’ampiezza di accomodazione coincide con la vergenza del punto prossimo. Il range di accomodazione è infinito poiché va dal punto prossimo all’infinito davanti all’occhio.

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L‘ampiezza di accomodazione varia con l'età. Con il tempo il cristallino diventa meno elastico, perde potere di accomodazione (presbiopia) e si riduce l’ampiezza di accomodazione. L’ampiezza di accomodazione ha il suo valore massimo, intorno alle 14 D, in giovane età e si riduce alla metà intorno ai 40 anni.

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L‘ampiezza di accomodazione varia anche con l'intensità luminosa. Una minore intensità luminosa sposta il punto remoto dall’infinito più vicino all'occhio mentre il punto prossimo si allontana dall’occhio. La conseguenza è una diminuzione dell'ampiezza di accomodazione.

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Nel modello dell’occhio ridotto standard emmetrope possiamo considerare il potere di accomodazione massima di 70D a 20 anni, il punto prossimo corrisponde a 70-60 = 10D cioè 10 cm. A 40 anni l’accomodazione massima è 65D e il punto prossimo è a 20 cm.

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Si chiama distanza della visione distinta la distanza minima di un oggetto la cui immagine viene focalizzata sulla retina senza sforzo di accomodazione significativo. Corrisponde alla distanza di lettura e alla distanza minima alla quale l’occhio vede due oggetti come distinti. Per convenzione in un occhio emmetrope corrisponde a 25 cm. Talvolta la distanza della visione distinta viene confusa con la distanza del punto prossimo. Infatti, anche se le definizioni delle due distanze sono diverse, la distanza del punto prossimo varia con l’età e intorno ai 45 anni si avvicina al valore di 25 cm adottato per la distanza della visione distinta.

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L’angolo visivo è l’angolo sotteso dall’immagine retinica rispetto al secondo punto nodale N’ ed è uguale all’angolo sotteso dall’oggetto rispetto al primo punto nodale N. I due angoli sono uguali perché sono considerati rispetto ai punti nodali. Nell’occhio ridotto standard che ha un solo punto nodale N coincidente con il centro di curvatura del diottro, l’angolo visivo è l’angolo sotteso dall’oggetto oppure l’angolo sotteso dall’immagine retinica, rispetto a N.

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Usando il modello dell’occhio ridotto standard possiamo determinare l’altezza dell’immagine retinica. Consideriamo un raggio proveniente da un oggetto ad una certa distanza dall’occhio passante per il punto nodale N. Tale raggio arriva sulla retina senza essere deviato. L’oggetto e l’immagine sottendono lo stesso angolo quindi:

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La risoluzione angolare dell’occhio è il più piccolo angolo visivo, sotteso da due punti vicini percepiti come separati, (è detto anche minimo separabile) e corrisponde ad 1' di arco. L’altezza apparente dell’oggetto è l’altezza che appare all’osservatore, diversa dall’altezza reale.

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L’angolo visuale di 1’ corrisponde a 2,9 mrad quindi ad una grandezza apparente di circa 1/3400. Ciò significa che due punti sottendono un angolo di 1’ quando la loro distanza dall’occhio è 3400 volte la loro distanza reciproca. Ad esempio due punti si vedono distinti se sono distanti 1 m alla distanza di 3,4 Km dall’occhio oppure se distano 1 cm alla distanza di 34 m dall’occhio.

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Quanto più piccolo è l’angolo visivo sotto il quale si distinguono due punti vicini, tanto migliore è l’acutezza visiva. Per questo motivo si definisce l’inverso del valore dell’angolo visivo minimo come potere risolutivo dell’occhio o acuità visiva. Per esempio acuità visiva 2 significa che l’angolo minimo di separazione è 30’’ cioè quando è possibile separare due punti distanti dall’occhio 3400x2=6800 volte la loro distanza. Il potere risolutivo corrispondente alla risoluzione angolare di 1’ vale:

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Per avere un’idea della distanza angolare possiamo usare la mano tenendola davanti agli occhi a braccio teso. In figura sono rappresentate le distanze angolari sotto cui vediamo gli oggetti che appaiono stare tra le dita. L’angolo di 1’ = 1/60⁰ corrisponde alla sessantesima parte del dito mignolo.

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Il massimo dell'acuità visiva è a livello della fovea, dove si ha la concentrazione maggiore di coni. L’esistenza di un angolo minimo di separazione dipende dalla struttura a mosaico dello strato dei coni nella fovea. In sezione vista di fronte il mosaico è costituito da cellette esagonali adiacenti che rappresentano ciascuna l’estremità di un cono. Le dimensioni di ciascuna cella o base di un cono sono di circa 5 μm.

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Il fotorecettore può segnalare al cervello che è stato colpito ma non può indicare dove è stato colpito. Di conseguenza se 2 stimoli luminosi colpiscono la stessa celletta o due cellette contigue, non essendo possibile apprezzare la distanza dei punti colpiti, viene prodotto lo stesso segnale e il cervello interpreta i due punti come un unico punto. Solo se gli stimoli luminosi colpiscono due zone separate da una celletta non eccitata, il cervello avverte che sono effettivamente due e li interpreta come provenienti da due punti distinti.

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Da quanto detto si deduce che due punti sono visti come separati se impressionano due zone sulla retina distanti almeno quanto il diametro di una celletta che è di y’ = 5 μm. Questa distanza minima fra due coni della retina corrisponde all’angolo visivo minimo di 1’. Nel grafico in basso si vede che l’occhio umano vede dettagliatamente cioè con la massima acuità visiva in un campo visivo di circa 1⁰ corrispondente all’ampiezza angolare di estensione della fovea.

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Esempio. Due punti alla distanza di 6 m da un osservatore vengono visti come separati se la loro distanza apparente è almeno di 1’ cioè se vengono visti 3400 volte più vicini della loro distanza dall’occhio. μ

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Esercizio: calcolare l’angolo visivo sotto il quale la persona della foto vede l’albero. Il bastoncino la cui altezza corrisponde all’altezza apparente dell’albero è alto 30 cm e la lunghezza del braccio è 60 cm. Se la distanza dell’albero è 6 m, quanto è alto l’albero?

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Esercizi 1. Calcola i punti focali, il raggio e la lunghezza assiale di un occhio ridotto non standard emmetrope con potere diottrico P =66D. [f1=15,15 mm, f2=20,20 mm = L, R=5,05 mm] 2. Un oggetto sottende 1° ad un occhio ridotto standard emmetrope. Calcola l’altezza dell’immagine retinica. [0,291 mm] 3. Un oggetto sottende 1° ad un occhio ridotto emmetrope con P = +57D. Calcola la grandezza dell’immagine retinica. [0,306 mm] 4. Un oggetto sottende 1° ad un occhio ridotto emmetrope con P = +63D. Calcola la grandezza dell’immagine retinica. [0,277 mm] 5. Un oggetto sottende 20’ ad un occhio ridotto emmetrope con lunghezza assiale di 20mm. Calcola la grandezza dell’immagine retinica. [87 μm] 6. In un occhio ridotto emmetrope con lunghezza assiale di 23 mm si forma un’immagine retinica -500µm. Calcola l’angolo sotteso dall’oggetto. [1,66⁰] 7. Calcolare il potere diottrico, le distanze focali e il raggio di curvatura di un occhio ridotto non standard emmetrope con lunghezza assiale di 24 mm. [P=55,55D, f1=18mm,f2=24mm,r=6mm] 8. Calcolare l’ampiezza di accomodazione di un occhio standard emmetrope con punto prossimo a 20 cm. [A=5D]

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9. Calcolare il potere diottrico e l’ampiezza di accomodazione di un occhio non standard emmetrope con lunghezza assiale di 20mm e punto prossimo a 10 cm. [P=66,67D, A=10D] 10. Trovare l’angolo visivo sotto il quale si vedono due punti distanti fra loro tanto quanto distano dall’occhio.