Il depliand di Terra arte e radici - cardanoscuole.it · Scorrere di immagini turistiche relative...
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Introduzione
La performance teatrale “Africa…raccontami chi sei” è il frutto del lavoro interdisciplinare e di
collaborazione tra i Docenti di Lettere, di Arte e Immagine, di Educazione Musicale e di Tecnologia
della Scuola Secondaria di 1° grado “M.Montessori” che nei loro diversi ambiti disciplinari hanno
permesso agli alunni di affrontare e approfondire il tema dell’Africa.
L’Africa è stata scelta in quanto il Consiglio Comunale dei Ragazzi e delle Ragazze aveva avvicinato
le problematiche del continente africano proponendo e raccogliendo fondi con il mercatino di natale
per il progetto “Un mattone per il Burundi”, in collaborazione con ACISS onlus di Gallarate.
Il testo della performance, che è frutto di un lavoro di ricerca e di cooperazione degli Insegnanti di
Lettere, è organizzato in 14 scene, una per ogni classe della Secondaria di 1° grado, che trattano un
aspetto della storia, della cultura o della vita del continente africano. Le scene sono collegate tra loro
da una cornice costituita da due madri: una madre europea con la sua bambina ed una madre
africana con la sua bambina. Attraverso i loro occhi si introducono e si affrontano i diversi
argomenti, mettendo in contrapposizione il mondo di chi ha tutto, con il mondo di chi fatica per
avere il minimo indispensabile. Ne esce così un quadro che mette in evidenza lati problematici e lati
positivi dell’Africa e propone una possibile soluzione dei suoi molteplici bisogni: non solo aiuto fine a
se stesso, ma vera cooperazione al fine di aiutare l’Africa a fare da sé. “Se dai ad un uomo un pesce,
lo aiuti per un giorno, ma se gli insegni a pescare, lo aiuti per la vita”: questo è il messaggio
conclusivo lasciato dallo spettacolo.
Si devono ringraziare le mamme che ci hanno dato una mano nella realizzazione dei costumi di
scena e i genitori che hanno contribuito alla realizzazione delle scenografie e degli oggetti di scena.
Mariagrazia Aspesi
Funzione Strumentale
per i rapporti con il Territorio
Le classi partecipanti
1-2-3 sez. A
1-2-3 sez. B
1-2-3 sez. C
1-2-3 sez. D
1-3 sez. E
I Docenti
Lettere
Aspesi Mg.
Bottini M.
Cerutti R.
Forni B.
Ambrosi L. ( suppl. Martines I.)
Morello R.
Tomasini R.
Vernocchi M.E
Educazione Musicale
Benci C.
Boninelli A.
Arte e Immagine
Arleo A.
Tecnologia
Luini G.
Operatrice del CCRR
Perrone M.
Stesura del copione: Mg. Aspesi, M. Bottini
Editing per il sito: Mg: Aspesi
Fotografie della performance: M.Perrone
“Azzurro” di A. Celentano, cantata dal coro
Scorrere di immagini turistiche relative all’Africa.
Entrano una mamma e una bambina europee con un depliant turistico che cominciano a sfogliare
Bambina europea: Mamma dove andiamo per le vacanze?
Mamma europea: In Africa
Voce fuori campo ( come se fosse una pubblicità) Kenia, un viaggio da sogno. Vieni nel
meraviglioso e misterioso Egitto! Madagascar, Timbuctu, Sharma…
Mamma e bambina: ( vanno a destra rispetto al pubblico, ripetendo)Bello! Bellissimo! Magnifico!
Hai visto che mare!
BUIO
Musica- Platoon- Adagio for Strigs ( main Theme) di Samuel Barber
Dal fondo entrano la mamma e la bambina africana: camminano piano e si posizionano alla sinistra
del pubblico:
Bambina africana: Siamo finalmente arrivati all’acqua, ma quanta strada e quanta fatica!
Mamma africana: Sì, ma l'acqua è indispensabile: con l'acqua possiamo bere, preparare il cibo e
coltivare.
Voce fuor campo 1 e Voce fuor campo 2 ( leggono i dati sull’acqua in Africa, alternandosi)
FC 1: Nell’Africa Subsahariana più del 40% della popolazione non ha accesso ad acqua pulita;
FC 2:il 37% delle persone che nel mondo non hanno accesso ad acqua pulita vive in Africa
Subsahariana;
FC 1:nell’Africa rurale in media ogni famiglia spende il 26% del proprio tempo per andare a
prendere acqua, un compito che
tocca quasi sempre alle donne;
FC 2:in media il peso dell’acqua che ogni donna africana trasporta ogni giorno è pari a 20 chili;
FC 1:al ritmo di progresso attuale l’Obiettivo del Millennio che punta a dimezzare entro il 2015 il
numero delle persone senza accesso ad adeguate misure igieniche nell’Africa Subsahariana sarà
raggiunto solo tra 200 anni
SCENA 1 (CLASSE 2 A)- L’ORIGINE DEL FIUME NILO
Entrano i due ragazzi che fanno il fiume Nilo e lo posizionano ai piedi dl palco. Muovono le
bottiglie per rappresentare lo scorrere del fiume.
Lettore 1: L'acqua è sempre stata il bene più prezioso in tutti i territori popolati dall'uomo, in
particolare in Egitto dove già Lo scrittore e storico greco Erodoto, vissuto nel quinto secolo
avanti Cristo, diceva che l’Egitto era un dono del Nilo intendendo con ciò l’eccezionale fertilità
della terra bagnata da questo grande fiume, che gli stessi Egiziani chiamavano “Terra nera”
per la presenza del Limo, un fango scuro e ricco di humus, in confronto al resto del territorio
egizio formato dal deserto: “Terra rossa”.
Entra Rai che si siede sui gradini di accesso al palco come se fosse sulla riva del Nilo
Lettore 2 : Mille e mille anni fa, in una larghissima valle africana, scorreva un fiume immenso.
L’immenso. La gente che abitava in quei luoghi era povera e affamata, perché su quel terreno
non cresceva niente di niente.
Stavano tutti seduti sulla sponda del fiume a guardare l’acqua che passava, passava e non si
fermava. Cercavano di prenderne un po’ con ciotole o vasi: ma era troppo poca e il sole
l’asciugava subito. Niente nasceva e cresceva su quella terra bruciata
Lettore 1: Un giorno, un bambino di nome Rai, seduto sulla riva, alzò un dito e lo tenne
puntato verso il cielo. Il fiume, che passava immenso e veloce, lo vide e si incuriosì, e rallentò
un poco la sua corsa.
Fiume: Piccolo uomo, che fai? Stai indicando il sole?
Rai: No, grande fiume.
Fiume: E perché tieni il dito così, allora?
Rai: Perché c’è qualcosa sulla punta, e non la voglio sprecare.
Fiume: E cos’hai di così prezioso sulla punta del dito?
Rai: Un po’ di miele.
Fiume: Miele? Cos’è il miele? – lo interruppe il fiume incuriosito.
Rai: È una cosa dolcissima. Lo producono le api.
Fiume: È buono? – (i ragazzi che fanno il fiume agitano le bottiglie facendo piccoli gorghi
vicino ai piedi del bambino)
Rai: Buonissimo! Contiene i profumi di tutti i fiori che le api mangiano.
Fiume: ( muovere le bottiglie) Senti, piccolo uomo, mi faresti assaggiare il tuo miele?
Rai: Perché dovrei? Ne ho poco, e se metto il dito nella corrente tu me lo porterai via tutto!
Fiume: Se tu metti il dito proprio al pelo dell’acqua, ti prometto che lo assaggerò soltanto!
Lettore 2 : Rai, lentamente, abbassò la mano arrivando a sfiorare l’acqua. Il grande fiume,
con un mulinello leggero, leccò delicatamente la punta del dito. Ci fu un momento di silenzio.
Poi la corrente riprese a scorrere
Fiume: Grazie, piccolo uomo. È davvero buonissimo. Per la tua gentilezza voglio fare a te e
alla tua gente un regalo.
Lettore 1: Da quel giorno il fiume, che si chiama Nilo, allargò ogni anno le sue acque sul fondo
della valle, depositando un fango scuro e molto fertile: e la gente poté coltivare il grano, il
papiro, il dattero, e vivere più felice.
FC2:Il Nilo oggi:
Oggi le acque del fiume Nilo non sono utilizzate solo per scopi agricoli, ma anche per la
produzione di energia idroelettrica, soprattutto grazie all'enorme diga di Assuan che ha
sbarrato il corso del Nilo dando origine al lago Nasser
FC 1:Il bacino artificiale ha però dato inizio anche a gravi problemi ecologici: infatti la portata
del fiume allo sbocco sul Mediterraneo si è ridotta di molto, causando un arretramento di oltre
2 km della linea di costa del delta
FC 2:altre conseguenze sull'ambiente devono essere ancora valutate, ma si ipotizza che anche
a causa del riscaldamento del clima si possa verificare un innalzamento del livello delle acque
marine e conseguente inondazione della regione del delta.
Bambina europea: E' vero oggi ci sono tutti questi problemi, ma a me piacerebbe tornare
nell'antico Egitto, magari al tempo di Cleopatra
SCENA 2 (CLASSE 3 C) – L’ANTICO EGITTO
Entra la processione con Cleopatra. Il fiume Nilo rimane ai piedi del palco
Sacerdote :bene e ora diamo sepoltura alla regina Cleopatra
(Canto funebre)
Amico: Salutiamola per l'ultima volta
Corteo: Addio grande regina
(Chiusura della camera, il corteo si allontana. Restano in scena Cleopatra, Osiride e Anubi)
Cleopatra: Cosa è successo? Dove sono? E quello? E' il libro dei morti
Voce fuori campo: Il libro dei morti è una raccolta di testi funerari contenente formule
magiche, inni e preghiere che guidavano e proteggevano l'anima nel suo viaggio attraverso la
regione dei morti.
Poiché si riteneva che ,dopo aver lasciato la tomba, le anime dei morti fossero in balia di infiniti
pericoli, le tombe erano tutte dotate di una copia del libro dei morti, vera e propria guida per il
mondo dell'aldilà.
Cleopatra (si avvicina al libro dei morti): Il mio viaggio è cominciato, tra poco sarò giudicata
Osiride: Benvenuta Cleopatra! Questa è la corte degli dei, tra poco sarai sottoposta alla
pesatura del cuore
Cleopatra: Sono pronta.
Voce fuori campo: Il passaggio al regno di Osiride doveva essere preceduto dalla rituale
pesatura dell'anima: Maat, la dea della verità, poneva una piuma sul piatto della bilancia,
mentre sull'altro piatto veniva posto il cuore del defunto, sede di pensiero, bontà e sentimento.
Se ilcuore era leggero come la piuma, Anubi lasciava il defunto nelle mani di Osiride, in caso
contrario il cuore veniva divorato da Anut precludendo al defunto il passaggio nel mondo dei
morti.
Osiride: Cleopatra, recita la Confessione Negativa
Cleopatra:
Non ho detto il falso
Non ho rubato
Non ho ucciso uomini
Non ho commesso slealtà
Non ho sottratto le offerte al dio
Non ho commesso spergiuro
Non ho ceduto all'ira
Non sono stato sordo alle parole di verità
Non sono stato negligente
Non sono stato litigioso
Non ho mancato alla mia parola
Non ho commesso cose malvagie
Non ho alzato la voce
Non sono ricco se non grazie a ciò che mi appartiene
Anubi: Bene, possiamo procedere alla pesatura (pesano)
Anubi: Cleopatra, tu puoi passare nel regno dell'aldilà.
Cleopatra esce seguita dagli altri
SCENA 3 (CLASSE1D) – LEGGENDE AFRICANE
Bambina europea :Che mondo magico l'antico Egitto, ma che bella anche la leggenda del
Nilo! Mi leggi un’altra leggenda africana? ( apre un libro)
Mamma europea: Vediamo un po'... Quale scegliamo? Vuoi sapere come è venuta la prima
pioggia sul terra africana?...comincia a leggere la leggenda..Una volta, molto molto tempo fa,
a Osaw nacque una figlia…
Entrano i personaggi della leggenda
Lettore 1: ( riprende la lettura)Una volta, molto tempo fa, a Osaw (signore del Cielo) nacque
una figlia e a Nsi (signore della Terra) un figlio. Quando tutti e due furono in età di sposarsi,
Nsi mandò un messaggio
Nsi :Scambiamoci i figli. Io ti manderò mio figlio, perché sposi una delle tue ragazze e tu
manda tua figlia perché diventi mia moglie.
Lettore 2: Osaw accettò. Il figlio di Nsi andò in Cielo, portando molti bei regali e Ara, la
ragazza del Cielo, venne a stare sulla Terra. Con lei vennero degli schiavi e delle schiave, che il
padre le diede perché lavorassero per lei, così che non fosse obbligata a stancarsi.
Nsi : Moglie, vai a lavorare nella mia fattoria!
Ara : Mio padre mi ha dato gli schiavi perché lavorino al mio posto. Manda loro.
Nsi : ( arrabbiato “Devi lavorare tu stessa nella mia fattoria.
Lettore 1: Vari ordini di lavori pesanti si susseguirono per diversi giorni e Ara era sempre più
stanca e spesso piangeva. Un giorno, mentre Ara era al fiume a prendere acqua, si ferì ad un
orecchio con la brocca che aveva messo in testa per trasportarla. Stanca di essere umiliata,
piangendo, decise di trovare la strada per ritornare da suo padre e si arrampicò su un albero.
Lettore 2: Il pianto di Ara fu sentito da suo padre che ordinò alla moglie Akun di aiutarla e
farla entrare in casa dove fu lavata, vestita e rifocillata come segno di bentornata. Il padre e la
madre le regalarono vestiti, gioielli e una casa in cui vivere da sola. Osaw convocò i membri
dell’associazione più importante della città.
Osaw : trovatemi il figlio di Nsi ,mozzategli tutte e due le orecchie, frustatelo e rispeditelo da
suo padre con questo messaggio ( legge da un foglio ) “Io avevo costruito una grande casa
quassù nella mia città. Ci avevo messo tuo figlio e lo trattavo bene. Ora che so cos’hai fatto a
mia figlia ti rimando tuo figlio senza orecchie, a saldo dell’orecchio di Ara e delle sofferenze che
le hai procurato.
Lettore 1: Osaw prese le orecchie e fece un incantesimo grazie al quale si levò un grande
vento che trascinò il ragazzo verso la Terra. Quel vento portava tutti i dolori di Ara e le lacrime
che aveva versato, mischiate alle lacrime del ragazzo innocente. Fino a quel momento sulla
Terra non c’era mai stata la pioggia. Cadde la prima volta quando Osaw fece scatenare quel
gran vento che trascinò sulla Terra il figlio del suo nemico.
Escono tutti i personaggi
Bambina africana e Bambina europea ( insieme) Che bella! Ne vogliamo un’altra!
Bambina europea: Mi piacerebbe sentire una leggenda sul deserto. Ne sai qualcuna
mamma?
Mamma europea: Io non ne conosco proprio nessuna
( pausa e parte la mamma africa con l’incipit della leggenda sul deserto)
Mamma africana All'inizio il mondo era tutto un giardino fiorito...
Entra la classe che continua rappresentando la leggenda, mimando ciò che viene letto:
Lettore 3: All'inizio il mondo era tutto un giardino fiorito .Allah, creando l'uomo, gli disse: -
Ogni volta che compirai una cattiva azione, io farò cadere sulla terra un granellino di sabbia-
Ma gli uomini , che sono malvagi, non ci fecero caso. Che cosa avrebbero significato uno,
cento, mille granellini di sabbia in un immenso giardino fiorito?
Passarono gli anni e i peccati del mondo aumentarono: torrenti di sabbia inondarono il mondo.
Nacquero così i deserti, che di giorno in giorno diventarono sempre più grandi.
Ancora oggi, Allah ammonisce gli uomini dicendo loro: -Non riducete il mio mondo fiorito in un
immenso deserto!-
Bambina europea: E' vero, anche oggi i deserti continuano ad aumentare, ce lo ha spiegato
anche la maestra: ha detto che si tratta del fenomeno della desertificazione. Sarà colpa degli
uomini?
Mamma europea:credo proprio di sì. Il deserto è però un mondo affascinante come del resto i
suoi abitanti.
Bambina europea: Ma il deserto è vuoto, non c’è nulla, fa molto caldo e soprattutto manca
l’acqua.
Mamma europea: caldo, sabbia, vento, mancanza d’acqua… Ascolta si è alzato il vento. E’ il
ghibli, il vento del deserto…
Si sente il vento soffiare
SCENA 4 (Classe 2C) - I TUAREG: I FIGLI DEL VENTO E DELLE STELLE
Sullo schermo immagini del deserto del Sahara
Lettore 1: i forti e frequenti venti del deserto modellano il suolo, lo erodono riducendolo a
sabbia, rocce o ciottoli.
Lettore 2: Nel deserto esistono però alcuni luoghi dove è presente acqua in quantità
sufficiente alla crescita di vegetazione. L’acqua può emergere in superficie e nascono così le
oasi, coltivate e occupate da insediamenti.
Lettore 1: ma c’è anche chi riesce a vivere fuori dalle oasi, ai confini del deserto, dove si
trovano alcuni rari pascoli magri; conoscono il deserto così bene da percorrerlo in lungo e in
largo, spostandosi in accampamenti mobili: sono
i favolosi TUAREG. Ecco, appunto, che incrociamo una lunga strana carovana. ( entrano dal
fondo, passando per il corridoio centrale, con sottofondo del vento. Si fermano davanti ai
lettori)
Lettore 1: : Cosa trasportate ? dove andate?
Tuareg 1 : “Siamo diretti a Timbuctù con un carico di lastre di sale estratto dalle miniere di
Taodeni”
Lettore 2: Come fate ad orientarvi nel deserto?
Tuareg 2 : “ Io sono un tuareg ! I miei zii mi hanno insegnato a orientarmi nel deserto
osservando il colore e la consistenza della sabbia, ma anche assaggiandola …perché la
sabbia ha divesri sapori, secondo le zone “
Lettore 1: Ma ….scusate l’ignoranza…. I vostri, sono cammelli o dromedari?”
Tuareg 1: ” questi, con una sola gobba, sono dromedari; i cammelli hanno due gobbe e
vivono in altri deserti, in Asia, non nel nostro”
Tuareg 2: “ Sono i nostri alleati più fedeli perchè hanno zampe con due “dita che permettono
loro di camminare sulla sabbia rovente senza sprofondare. Il muso lungo e le narici strette li
riparano dalla sabbia sollevata dal vento e nella gobba tengono grasso e liquidi che vengono
utilizzati come riserva. Sono le navi del deserto.
Tuareg 1: " Però, oggi, solo pochi dei nostri figli sono interessati a continuare questo lavoro:
ormai le carovane di dromedari stanno lasciando il posto ai camion.".
Lettore 2: Ma chi siete? Sì, voglio dire, chi sono i tuareg”
Tuareg 2: noi dobbiamo andare, non possiamo star qui a rispondervi…ma laggiù, oltre quelle
dune c’è un nostro accampamento. Chiedete a loro”
I carovanieri vanno. Entrano i Tuareg e si siedono in cerchio sul palco.
Lettore 1: Ecco in lontananza un cerchio di tende; avviciniamoci e chiediamo ospitalità”
gruppo di tuareg; si salutano i lettori e i Tuareg del gruppo
T.3: Per lungo tempo siamo stati i signori incontrastati del deserto, l'unico popolo capace di
adattarsi al bahr belà mà, l'immenso "mare senz'acqua". Percorrevamo senza sosta le vie
carovaniere, tra il Maghreb e l'Africa nera. Attraversavamo le sconfinate distese di sabbia
trasportando oro, sale, spezie, stoffe e avorio.
T.4: "Tuareg" è un termine spregiativo coniato dagli arabi. Noi preferiamo chiamarci
"imohag", gli "uomini liberi". Siamo di stirpe berbera, ma le nostre origini rimangono avvolte
nel mistero.
Ci siamo convertiti all'Islam circa 1200 anni fa, ma manteniamo ancora intatte credenze più
antiche: siamo convinti, ad esempio, che gli alberi e le pietre possiedano un'anima, e abbiamo
amuleti per tenere lontani i "ginn", gli spiriti maligni del Sahara.
T.5: Noi Tuareg ci consideravamo figli del vento e delle stelle.. Siamo nomadi anche da fermi,
perché "L'essere nomade è un modo di vivere, ma anche un modo di pensare…Una casa, una
vera casa di pietra o mattoni, è come una tomba...la cosa migliore è dormire sotto un tetto di
stelle".
T.6.: Oggi siamo pochi, poco più di un milione, dispersi fra cinque stati: Niger, Mali, Libia,
Algeria e Burkina Faso.
Oggi il Sahara dei Tuareg di un tempo non esiste più: i confini tracciati dalle potenze coloniali,
ereditati negli anni '60 dagli Stati africani indipendenti, hanno spezzato il deserto come un
enorme mosaico.
T.7: Le terribili siccità e carestie degli ultimi trent'anni hanno bruciato i nostri pascoli,
sterminato le nostre greggi. Molti Tuareg hanno abbandonato il nomadismo per trasferirsi in
città a lavorare come fabbri, artigiani del cuoio o guide turistiche.
T.2: Alcuni Tuareg possiedono terre ed hanno case rettangolari, con tetto a terrazza,
costruite in mattoni o in pietra.
T. d.1 Noi donne Tuareg andiamo a volto scoperto, godiamo di molte libertà e prendiamo
parte alle decisioni che guidano la comunità. Siamo le depositarie principali della scrittura e
quindi responsabili dell’educazione dei figli.
T. d.2: Pare che siamo state proprio noi a introdurre tra gli uomini l’uso del “tagelmust”, il
turbante impregnato di indaco che lascia scoperti solo gli occhi . Sembra, infatti, che in seguito
a una sconfitta in battaglia, le donne abbiano imposto ai mariti l'uso del velo. Da allora I
Tuareg sono chiamati "Uomini Blu". Oggi però non viene quasi più usato, se non nei giorni di
festa
T. d.1: Bando alle chiacchiere, dovete provare il nostro tè
T. d.2: La tradizione impone che vengano offerte tre tazze. La prima è amara come la vita. La
seconda dolce come l'amore. La terza soave come la morte
T.6 Il tè verde cinese viene fatto bollire tre volte, al termine di ogni bollitura si aggiunge lo
zucchero che viene rimescolato travasando il tè da una teiera ad un’altra. Le due donne Tuareg
mimano il rito del te. Offrono ai lettori il bicchiere di te.
Lettore 1: ( dopo aver bevuto) Quello del tè è un rito che si ripete nelle pause sotto il sole
cocente, nel primo pomeriggio e la sera sotto le stelle, dopo cena, fra la sabbia ed il vento.
Lettore 2: Ci vuole tempo, ma il tempo non manca mai nel deserto.
Escono e rimane sullo schermo una dia con le dune del deserto.
Suono aereo entra l’aviatore e dopo il piccolo principe
SCENA 5 ( CLASSE 1 C)- UN AVIATORE, UN PICCOLO PRINCIPE ED UNA VOLPE
Suono aereo entra l’aviatore e dopo il piccolo principe
Aviatore: Molti hanno percorso o sorvolato il deserto del Sahara ed anch'io che sono Antoine
de Saint-Exupéry, Sono un pilota che ha lavorato per la Compagnia Aéropostale. Avevo il
compito di trasportare la posta, da Tolosa a Casablanca nel Sahara Occidentale. Mi piaceva
volare e sei anni fa, ebbi un incidente con il mio aeroplano e precipitai nel deserto del Sahara
dove scoprii personaggi straordinari…
Entra in scena il piccolo principe e da una duna spunta una volpe che gli parla stando alle sue
spalle
Volpe Buon giorno.
Piccolo Principe ( voltandosi incuriosito verso la volpe) Buon giorno. Ma dove sei?
Volpe Sono qui.
Piccolo Principe Chi sei? Sei molto carino...
Volpe Sono una Volpe.
Piccolo Principe Vieni a giocare con me, sono così triste...
Volpe Non posso giocare con te, non sono addomesticata.
Piccolo Principe Ah! scusa. Ma che cosa vuol dire "addomesticare"?
Volpe Non sei di queste parti, tu, che cosa cerchi?
Piccolo Principe No. Cerco degli amici. Che cosa vuol dire "addomesticare"?
Volpe E' una cosa da molto dimenticata. Vuol dire "creare dei legami"...
Piccolo Principe Creare dei legami?
Volpe Cero: Tu, fino ad ora, per me, non sei che un ragazzino uguale a centomila ragazzini. E
non ho bisogno di te. E neppure tu hai bisogno di me. Io non sono per te che una volpe uguale
a centomila volpi. Ma se tu mi addomestichi, noi avremo bisogno l'uno dell'altro. Tu sarai per
me unico al mondo, e io sarò per te unica al mondo.
Piccolo Principe Comincio a capire.
Volpe La mia vita è monotona. E io mi annoio perciò. Ma se tu mi addomestichi, la mia vita
sarà come illuminata. Conoscerò un rumore di passi che sarà diverso da tutti gli altri. Gli altri
passi mi fanno nascondere sotto terra. Il tuo mi farà uscire dalla tana, come una musica. E poi
sarà meraviglioso quando mi avrai addomesticato. Per favore... addomesticami.
Piccolo Principe Volentieri, ma non ho molto tempo, però. Ho da scoprire molti amici e da
conoscere molte cose.
Volpe Non si conoscono che le cose che si addomesticano. Se tu vuoi un amico
addomesticami!
Piccolo Principe Che bisogna fare?
Volpe Bisogna essere molto pazienti. In principio tu ti sederai un po' lontano da me, così. Io ti
guarderò con la coda dell'occhio e tu non dirai nulla. Le parole sono una fonte di malintesi. Ma
ogni giorno tu potrai sederti un po' più vicino... Sarebbe meglio ritornare alla stessa ora. Se tu
vieni, per esempio, tutti i pomeriggi alle quattro, dalle tre io comincerò ad essere felice. Col
passare dell'ora aumenterà la mia felicità. Quando saranno le quattro, io comincerò ad
agitarmi ed ad inquietarmi; scoprirò il prezzo della felicità!
Aviatore E fu così che il Piccolo Principe addomesticò la Volpe
Il Piccolo Principe tenta un approccio. La volpe, che inizialmente è ancora diffidente e tende ad
allontanarsi, infine si lascia accarezzare. Tra i due si stabilisce una tenera intesa e attraverso
un rito fatto di giochi imitativi e balli, si stringe un legame d'amicizia e devozione. Tutto è
accompagnato da una dolce musica di sottofondo. Il Piccolo Principe si rivolge al pubblico
Piccolo Principe La mia Volpe non era che una Volpe uguale a centomila altre. Ma ne ho
fatto il mio amico ed ora è per me unica al mondo.
Il Piccolo Principe ritorna dalla sua Volpe.
Piccolo Principe Addio. Devo andare oltre il deserto, devo scoprire nuove terre
Aviatore: io ho sorvolato molte volte l’Africa, ho visto la sua sagoma e i suoi colori. Ma
l’essenziale è invisibile agli occhi.
Escono di scena
Bambina europea.: A scuola anche noi abbiamo letto il piccolo principe: mi sono piaciute
molto le sue avventure. La maestra però ci ha parlato anche delle esplorazioni dell’Africa...
SCENA 6 ( CLASSE 3 D) - L’AFRICA UN CONTINENTE DA ESPLORARE
Maestra parla come voce fuori campo : Alla metà del XIX secolo, la maggior parte dei 30
milioni di chilometri quadrati del continente africano, rappresentavano ancora un mistero per
gli europei. Il cuore dell'Africa era praticamente ancora sconosciuto.
Maestra: Quando Livingstone , nel 1841, arrivò in Africa per la prima volta, la maggior parte
delle regioni centrali era contrassegnata sulle carte geografiche dalla scritta “inesplorato”
(Entra Livingstone con carte geografiche)
Ragazzo vestito da esploratore: (entra in scena e si posiziona di lato) David Livingstone è
stato un missionario, esploratore e medico britannico dell'era vittoriana.
Dal 1852 al 1856 esplorò l'entroterra africano, scoprendo le cascate Vittoria, a cui diede il
nome dell'allora Regina d'Inghilterra. Livingstone fu uno dei primi europei a fare un viaggio
transcontinentale attraverso l'Africa. Lo scopo del suo viaggio era aprire nuove vie
commerciali, accumulare informazioni utili sul continente africano e, in particolare, sostenere le
missioni e il commercio nell'Africa centrale .
II ragazzo vestito da esploratore ( entra e si posiziona accanto al primo ragazzo): Nel
marzo 1866, Livingstone tornò in Africa, a Zanzibar, da dove cominciò a cercare la sorgente
del Nilo.
I ragazzo : Si ammalò e per tre anni perse completamente il contatto con il mondo esterno.
Solo uno dei suoi 44 dispacci arrivò sino a Zanzibar.
Livingstone si siede vicino ad un tavolino e scrive
II ragazzo: Durante gli anni'60 del XIX secolo nei salotti e nelle corti tiene banco
un'appassionante discussione circa le sorti di David Livingstone del quale non si avevano
notizie ormai da anni. Alcuni lo davano per morto, forse mangiato da una delle terribili tribù di
cannibali, di cui si favoleggiava l'esistenza.
I ragazzo : Il New York Herald allora decise di mandare alla ricerca del missionario uno degli
inviati più coraggiosi di cui la redazione disponesse: Henry Morton Stanley, già corrispondente
dall'estero: dalla Turchia e ,in seguito dall'Africa.
(Entrano Stanley e James Gordon Bennet, direttore del giornale)
Stanley: Signor Direttore, sarà una spedizione piuttosto complicata: quanto potrò spendere?
Bennet: Prendete 1000 sterline, quando saranno finite, prendetene ancora 1000, e quando le
avrete spese, chiedetene altre 1000, e quando le esaurirete ce ne saranno altre 1000 e così
via,...MA TROVATE LIVINGSTONE!
(Bennet esce di scena)
II ragazzo: Quando Stanley partì alla volta dell'Africa si tramutò in esploratore. Per tre lunghi
anni anni vagò invano, fino al giorno in cui alcuni indigeni gli dissero che un uomo simile a chi
cercava viveva non lontano.
(entrano indigeni e si avvicinano a Stanley e lo circondano festanti)
Susi:(alla destra di Stanley) Good morning, sir!
Stanley: E tu chi sei?
Susi (sorridendo): Sono Susi, il servo del dottor Livingstone.
Stanley: Come! Il dottor Livingstone è qui?
Susi: Sì, signore
Stanley: In questo villaggio?
Susi: Sì, signore
Stanley: Ne sei sicuro?
Susi: Sicuro sicurissimo, signore, l'ho lasciato or ora.
Stanley: E il dottore sta bene?
Susi: Non molto ,signore.
Stanley: Ora tu corri dal dottore e avvisalo del mio arrivo
Susi: Sì, signore ( esce di corsa)
(Stanley e gli indigeni si dirigono verso Livingstone. Stanley si avvicina e si leva il cappello)
Stanley: Il dottor Livingstone , suppongo
Livingstone: Sì (sorride e alza un poco il cappello)
(si rimettono il cappello e si stringono le mani)
Stanley: Ringrazio Iddio, dottore, che mi ha permesso di incontrarvi
Livingstone: E io sono ben contento di trovarmi qui a ricevervi.
(Stanley e Livingstone escono, indigeni si spostano vicino alla pietra)
I ragazzo: Stanley e Livingstone continuarono insieme per un anno ad esplorare il lago
Tanganica, poi Stanley partì, mentre Livingstone decise di restare in Africa per terminare la
sua missione, ma nel 1873 morì in Zambia di malaria.
II ragazzo: Il suo corpo ritornò in Inghilterra per essere sepolto nell'Abbazia di Westminster,
mentre il suo cuore venne sepolto nel luogo dov'era morto.
(Ragazzi si spostano vicino alla pietra)
I ragazzo: Cos'è questa pietra?
II ragazzo: E' il monumento che ricorda il punto di partenza di Stanley e Livingstone per
l'esplorazione in canoa del lago Tanganica alla ricerca delle sorgenti del Nilo.
Pensa che i due esploratori sono stati i primi bianchi ad entrare in Burundi e ciò ebbe quindi
una grande risonanza locale, tanto che venne posta questa pietra in loro ricordo.
(escono tutti)
Mamma africana: e’ vero questa è stata la prima volta che in Burundi hanno visto un bianco,
ma i Bianchi erano anche altri
Bambina africana: che cosa significa?
Mamma africana :Ora ti racconto una triste storia, la storia di un periodo nel quale la nostra
Africa è diventata oggetto del desiderio per delle popolazioni bianche che arrivavano da
lontano. Prima vennero dal mare per prendere i più giovani e i più forti di noi, portarli nelle
piantagioni dell’America e trasformarli in schiavi. Poi dalla metà dell’Ottocento vennero per
impossessarsi delle nostre terre…
Inno del Kenia: canto
SCENA 7 (CLASSE 3B) – L’AFRICA… UN CONTINENTE DA CONQUISTARE
Entrano tre colonizzatori bianchi che si mettono ad osservare la cartina dell’Africa nella dia di
sfondo:
Voce fuori campo: Siamo a Berlino nel 1882. Qui si apre un congresso per spartirsi l’Africa a
tavolino.
Colonizzatore 1: ( con accento inglese) io prenderei la parte orientale dell’Africa, perché mi
serve per proteggere le terre che ho già conquistato, che sono affacciate sull’Oceano Indiano.
Colonizzatore 2: ( con accento francese)io preferirei la parte occidentale: Marocco, Algeria,
Tunisia…
Colonizzatore 3: ( con accento tedesco)io voglio la parte centrale
Entra una ragazza, che rappresenta l’Africa, con una torta e si mette in mezzo al palco. I tre
colonizzatori si piombano sulla torta gridando
Colonizzatore 1-2-3: ( insieme)Io voglio! Io voglio! Io voglio!
Voce fuori campo: tra il 1870 e il 1914 l’Africa viene smembrata e divisa tra le grandi
potenze europee. Da quel momento l’Africa inizia a intristire e ad impoverirsi
Colonizzatore 4: Ci sono anch’io. E’ rimasta qualche briciola di terra per me?
Colonizzatore 2:Serviti pure. Sono rimaste la Libia e l’Etiopia
Colonizzatore 4: Ora anche l’Italia ha il suo Impero.
I colonizzatori si mettono ai lati del palco e salgono sulle panchine; davanti a loro si pongono dei
colonizzati seduti per terra, con le braccia sulla testa. L’Africa si siede ai piedi dei colonizzatori
Entra il Primo poeta
Poeta 1: sono Timothy Holmes, appartengo alla guerriera stirpe dei Boscimani e così ho descritto a
conquista del mio territorio da parte degli Olandesi e degli Inglesi:
Un grido rotto, una caduta silente,
un balzo dal sottobosco alle rocce e alla macchia,
finirono una generazione, lasciarono pulito
per il nuovo arrivato con aratro e fucile
Tre giorni prima, l’ultimo stanco clan
Di un popolo disperso, quattro generazioni,
fu cacciato dal proprio nido; e scalò ripide montagne che spaventavano il nibbio,
inseguito da grida e voci nate
seimila miglia lontano.
Colpo dopo colpo
caddero antenato, padre, zio, marito. Il terrore
fece scalare a madri-mogli la più alta scogliera.
Le due ultime morti lasciarono il paese
nelle mani degli stranieri.
Africa: Le ultime due morti, mi lasciarono nelle mani degli stranieri
Poeta 2: io sono Ngana, un poeta camerunense. Io vivo e lavoro a Roma. Io non ho vissuto il
periodo della colonizzazione, ma l’ho rivissuto attraverso i ricordi dei miei avi.
Africa, Africa mia
Africa fiera di guerrieri nelle ancestrali savane
Africa che la mia ava canta
In riva al fiume lontano
Mai t’ho veduta
Ma del sangue tuo colmo ho lo sguardo
Sangue del tuo sudore
Sudore del tuo lavoro
Lavoro di schiavi
Schiavitù dei tuoi figli.
Africa: Sangue del mio sudore, lavoro dei miei figli schiavi, schiavitù dei miei figli.
Poeta 3: io sono colui che tutto ha perduto. Io ho vissuto nell’Africa prima della conquista. Io ho
vissuto la conquista, l’ho vissuta sulla mia pelle… Prima tutto era sole, canto e libertà..Prima..
Risa di sole nella mia capanna
E le mie donne belle e flessuose
Eran palme alla brezza della sera
Scivolavano i figli sul gran fiume
Come morte profondo
E le mie piroghe lottavano coi coccodrilli
Materna, la luna s’univa alle danze
Frenetico e grave del tam-tam il ritmo
Tam-Tam di gioia Tam-Tam spensierato
Fra i fuochi di libertà
Poeta 3: Poi un giorno, il silenzio...
Africa: Poi un giorno il silenzio
Del sole i raggi parvero oscurarsi
Nella capanna d’ogni senso vuota
Le bocche rosse delle mie donne premevano
Le labbra dure e sottili dei conquistatori dagli occhi d’acciaio
E i figli miei lasciarono la quieta nudità
Per l’uniforme di ferro e di sangue
E più non ci siete, neppur voi
Tam-Tam delle mie notti, Tam-Tam dei miei padri
Le catene della schiavitù han straziato il mio cuore!
Poeta 4: Con la conquista il tam tam tace e tacerà fino a quando saremo finalmente liberi. TAM-
TAM,TAM-TAM-TU
Africa: Silenzio, sempre silenzio ( si sdraia e sembra morta)
Silenzio.
Sempre silenzio.
Non parliamo piu'.
Non danziamo piu'.
Non gridiamo piu'.
Perche' non siamo liberi.
Perche' non siamo piu' liberi in casa nostra.O Africa d'un tempo!
O Africa domata!
O Africa, Africa nostra.
Tam-Tam,Tam-Tam-Tu
senza sosta, per sempre.
Africa, paese delle tristezze!
Africa,paese senza danze, senza canzoni!
Africa,paese di pianti e lamenti...
Tam-Tam, Tam-Tam-Tu
Senza sosta,
suonati per sempre ,
per rianimare tutta l'Africa,
Per risvegliare quest'Africa addormentata,
fino alla creazione d'un'Africa Nuova,
ma sempre Nera.
I colonizzati si avvicinano all’Africa e la scuotono per risvegliarla
Poeta 1: Tam-tam-tam tam tu. Africa dimmi come potremo risvegliarti?
L’Africa si risveglia, si alza, si mette in mezzo al palco e rivolta al pubblico, indicando un punto in
fondo alla sala
Africa: ”Figlio impetuoso il forte giovane albero
Quell’albero laggiù
Splendidamente solo fra i bianchi fiori appassiti
E’ l’Africa, l’Africa tua che di nuovo germoglia
Pazientemente, ostinatamente
E i cui frutti a poco a poco acquistano
L’amaro sapore della libertà.
I colonizzatori scendono dalle panche e a capo chino se ne vanno verso il fondo della sala. I
colonizzati si avvicinano all’Africa e si danno la mano. Al suono del Tam tam escono ballando.
MUSICA: The lion sleeps tonight ( da Il re leone): brano strumentale
SCENA 8 (CLASSE 1B)- L’AFRICA… UN SOGNO E UN RIMPIANTO
Bambina europea: Mamma, ma come abbiamo fatto a considerare l’Africa solo come una terra di
conquista? A pensare che gli europei se la sono divisa come una torta, mi vergogno un po’.
Mamma europea: Purtroppo nella storia ci sono stati momenti bui durante i quali non siè pensato
che l’Africa è stata la nostra culla, la culla dell’umanità. Ti ricordi di Lucy?
Bambina europea: Certo! Il primo essere che ha cominciato a camminare in posizione eretta nella
Rift Valley. Me lo ha spiegato la maestra.
Mamma europea: Da lì è partita la diffusione degli esseri umani che hanno popolato la Terra.
L’Africa è sempre stata un continente che ha attirato i bianchi. L’Africa è il sogno e il rimpianto di
molti
Entra Karen Blixen accompagnata da tre indigeni Kikuiu
Karen Blixen: Io vi racconterò della mia Africa. Chi sono? Sono Karen Blixen, una scrittrice danese.
Ho vissuto in Africa dal 1914 al 1931, in una fattoria del Kenia dentro una piantagione di caffè e ho
descritto la mia esperienza nel libro “La mia Africa”da cui è stato tratto un famosissimo film.
Lettore: In Africa avevo una fattoria ai piedi degli altipiani del Ngong. A centocinquanta chilometri
più a nord su quegli altipiani passava l'equatore; eravamo a milleottocento metri sul livello del mare.
Di giorno si sentiva di essere in alto, vicino al sole, ma i mattini, come la sera, erano limpidi e calmi,
e di notte faceva freddo.
Karen B: Vivevo immersa in un paesaggio unico al mondo. Gli alberi avevano un fogliame delicato e
leggero, diverso da quelli europei. Nelle pianure crescevano erba e fiori il cui profumo pungeva le
narici. Il tratto più caratteristico del paesaggio e della vita lassù era l’aria.
Indigeno1: La signora Blixen viveva nella terra di noi Kikuiu. Il nostro villaggio indigeno era al
confine della piantagione, le nostre case, le shambas, con i loro cocuzzoli argillosi sembravano un
grappolo di tane di talpa. Noi , come ci chiamavano i bianchi, eravamo gli squatters.
Indigeno 2: Noi indigeni che lavoriamo sulla terra di un colono bianco siamo gli squatters. In realtà
i bianchi sono ospiti dei nostri possedimenti. La signora Karen era diversa dagli altri europei. Lei
cercava di capirci con l’amore, non ci guardava con superiorità, anzi ha cercato di migliorare le
nostre condizioni di vita, si è trasformata in medichessa e ha provveduto anche alla scuola…
Karen B.: Sin dalle prime settimane passate in Africa, provai un grande amore per gli indigeni. Era
un sentimento che abbracciava tutti, vecchi e giovani, uomini e donne…
Indigeno 3: Lei aveva un rapporto idilliaco con la natura africana, lei ha fatto il ritratto più bello
dell’Africa, della sua natura, dei suoi colori e della sua gente.
Karen B.: penso che l'Africa sia superiore all'Europa in quanto più pura e più vicina al mondo che
Dio ha preparato per gli uomini (Karen esce do scena e i tre indigeni si sistemano in un angolo del
palco)
Entra Hemingway col fucile a tracolla seguito da un cacciatore
Lettore: molti europei e molti americani dimostrarono la loro ammirazione per l’Africa dei grandi
animali, delle savane, dei safari e della caccia grossa. Uno di loro è stato lo scrittore americano
Hemingway, che nel libro “Verdi colline d’Africa” descrive le sue battute di caccia grossa.
Hemingway: …era il 1934, con mia moglie insieme ad un gruppo di amici andai in Kenia, nelle
assolate distese della savana. Io amo l’Africa; quando sono in quella terra provo grande gioia e la
caccia è una parte intensa di quella gioia.
Ogni mattina partivamo per una battuta. Cercavo e volevo abbattere un kudù.
Cacciatore: ecco il nostro kudù. Chi spara il primo colpo?
Entra una guardaparchi che blocca i cacciatori
Guardaparchi: Nessuno. ( con un gesto li manda in un angolo del palcoscenico) Ora i grandi parchi
dell’Africa centrale e meridionale sono riserve naturali. Basta. Se volete potete fare solo un safari
fotografico. Prima sono arrivati i cacciatori bianchi che li hanno sterminati solo per avere un trofeo,
dopo i contrabbandieri e i bracconieri, ancora più spietati, li hanno quasi estinti. Noi dobbiamo
salvaguardare il nostro ambiente e proteggere la sua fauna: il leone, l’elefante, il rinoceronte, il
ghepardo…
Entra Dian Fossej che, rimane a lato del palco e si inserisce nell’elenco
Dian Fossej: … e non dimentichiamo il gorilla di montagna dei Monti Virunga. Sono animali
rarissimi, ne esistono ormai non più di 500 esemplari. Io sono Dian Fossej, un’ etologa, ed ho
dedicato tutta la mia vita ai gorilla di montagna. Ho cercato di sensibilizzare il mondo sul loro
problema, ho combattuto una dura battaglia per salvaguardare sia il loro habitat, minacciato dal
turismo, sia i gorilla stessi, minacciati dagli zoo europei che pagavano ingenti somme di denaro pur
di avere cuccioli ed adulti da esporre nelle loro strutture.
Colpo di fucile; Dian Fossej esce
Guardiaparco: Dian Fossej nel 1985 perse la vita tragicamente proprio a causa del suo impegno.
Ad ucciderla sarebbero stati i bracconieri, perchè era una grande minaccia in quanto intralciava i loro
affari.
Hemingwaj avanza verso il centro del palco
Hemingway: E’ possibile trovare un cielo, ma non un paese più bello dell’Africa. Non ero ancora
partito dall’Africa, ma desideravo ritornare in Africa, ero già pieno di nostalgia.
Hemingway esce con il cacciatore. Entra il reporter Kapuscinski con la macchina fotografica
Guardiaparco: Bentornato signor Kapuscinski.
Il reporter Kapuscinski: Sono arrivato in aereo e la prima cosa che mi colpisce è la luce. Luce
forte, intensa, sole dappertutto. Appena noi europei scendiamo dall’aereo, ci colpisce l’odore dei
tropici, poi immediatamente facciamo la scoperta principale: la gente del posto. Ci colpisce la loro
grazia, la loro forza, la loro resistenza, si muovono in modo libero e naturale al ritmo del clima e
della tradizione, un ritmo rallentato, che non conosce fretta: sanno che nella vita non si può avere
tutto, sanno che bisogna lasciare qualcosa agli altri.
Entra un turista con l’aria trasognata che continua a ripetere:
Turista: voglio tornare in Africa! Dov’è l’Africa? Africa! Africa! Devo tornare!
Il reporter Kapuscinski: ( finge di non vederlo) L’Africa è un continente troppo grande per poterlo
descrivere. E’ un oceano, un pianeta a sé stante, un cosmo vario e ricchissimo.
Turista: Africa! Africa! Devo tornare! Sto troppo male, senza i tuoi paesaggi, i tuoi spazi, i tuoi
colori…
Il reporter Kapuscinski : Non preoccupatevi! E’ solo affetto da mal d’Africa. Ma dovete sapere che
ci sono due mal d’Africa come ben spiega Oliviero Toscani ( di volta in volta indica il turista 1 o il
gruppo degli indigeni)
Il nostro, che e’ come un sogno.
E il loro, che e’ come un incubo.
Il mal d’Africa bianco e’ dolce come la vita.
Quello nero e’ amaro come la morte.
Per noi il mal d’Africa e’ un bellissimo ricordo.
Per loro, e’ un pessimo futuro.
Il vero mal d’Africa non viene a chi parte.
Rimane a chi resta.
Prima o poi il mal d’Africa a noi passa.
A loro no.
Non c’e’ da stupirsi se dall’Africa ci portiamo via il mal d’Africa,
dal momento che abbiamo sempre portato via tutto.
Diamanti e avorio, oro giallo e oro nero, gazzelle e leoni, uomini e donne.
Noi lo chiamiamo mal d’Africa.
Loro dovrebbero chiamarlo Mal d’Occidente.
Prima che i bianchi mettessero piede nel continente nero Il mal d’Africa non esisteva.
Lo capisce anche un bambino. (Soprattutto se africano).
Escono tutti: il turista, i 3 indigeni, il guardaparco e per ultimo Kapuscinski
Mamma africana: I mali dell’Africa li capisce anche un bambino. Quanti sacrifici deve fare un
bambino in Africa.
SCENA 9 (CLASSE 2D) - ESSERE BAMBINI IN AFRICA
Voce fuori campo:
Convenzione sui diritti del fanciullo. Articolo 28.
Gli Stati riconoscono il diritto del fanciullo all’educazione, ed in particolare, al fine di
garantire l’esercizio di tale diritto rendono l’insegnamento primario obbligatorio e gratuito per tutti
Bambina europea.: Belle parole, ma avviene davvero così in tutto il mondo? Anche in Africa?
Bambina africana: Sarebbe bello, ma nella maggior parte dei casi la nostra scuola è molto
diversa...
(Ragazzo/a legge a lato del palco mentre entrano i personaggi)
Narratore: Il cortile della scuola si affolla di bambini che arrivano da ogni parte: molti di loro
devono percorrere parecchi chilometri per raggiungere la scuola, la maggior parte a piedi.
Prima che la maestra arrivi i bambini spazzano le aule e il cortile. Poi entrano in aula e arriva la
maestra.
Maestra: Bene, bambini, avete le vostre lavagnette? Scrivete: 3+5+7....
(bambini scrivono, la maestra passa tra loro e guarda il lavoro)
Narratore :Non ci sono quaderni, solo lavagnette: i quaderni costano troppo e una volta finiti si
devono buttare. Le famiglie hanno almeno 4 o 5 figli e la lavagna passa da uno all'altro.
Maestra: Ora passiamo alla lingua: sapete che è importante imparare il francese oltre al nostro
dialetto
Bambino 1 ( recita in francese la poesia di L.
Sengor)
Cher frère blanc,
Quand je suis né, j'étais noir,
Quand j'ai grandi, j'étais noir,
Quand je suis au soleil, je suis noir,
Quand je suis malade, je suis noir,
Quand je mourrai, je serai noir.
Tandis que toi, homme blanc,
Quand tu es né, tu étais rose,
Quand tu as grandi, tu étais blanc,
Quand tu vas au soleil, tu es rouge,
Quand tu as froid, tu es bleu,
Quand tu as peur, tu es vert,
Quand tu es malade, tu es jaune,
Quand tu mourras, tu seras gris.
Alors, de nous deux,
Qui est l'homme de couleur ?
Bambino 2 ( recita in italiano la poesia di L.
Sengor)
"Caro uomo Bianco,
Io, quando sono nato, ero Nero.
Quando prendo il sole, sono Nero.
Quando ho freddo, sono Nero.
Quando mi spavento, sono Nero.
Quando mi ammalo, sono Nero.
E quando sarò morto, sarò Nero.
Invece tu, uomo Bianco,
Quando sei nato, eri Rosa.
Quando prendi il sole, sei Rosso.
Quando hai freddo, sei Blu.
Quando ti spaventi, sei Giallo.
Quando ti ammali, sei Verde.
E quando sarai morto, sarai Grigio.
E avresti ancora la sfacciataggine
di chiamarmi Uomo di Colore?
Narratore: L'impatto con la scuola passa anche attraverso questa nuova lingua che i bambini,
abituati a parlare la lingua locale con parenti e amici, devono imparare ad usare per esprimersi.
(un bastone colpisce una pentola)
Maestra: Bene, la prima parte della lezione è finita, potete alzarvi : come si dice?
Ragazzi: (ripetono tutti insieme e poi si alzano) Je me lève! (escono di scena)
Voce fuori campo:
Convenzione sui diritti del fanciullo. Articolo 38.
1. Gli Stati si impegnano a rispettare ed a far rispettare le regole del diritto umanitario
internazionale loro applicabili in caso di conflitto armato e la cui protezione si estende ai fanciulli.
2. Gli Stati adottano ogni misura possibile a livello pratico per vigilare che le persone che non
hanno raggiunto l’età di quindici anni non partecipino direttamente alle ostilità.
II voce fuori campo:
L'uso dei bambini in guerra non è una novità ma continua a verificarsi nei conflitti odierni nonostante
i progressi nei riguardi dei diritti dei bambini. Tutto questo è spesso collegato ad interessi che non
hanno niente a che vedere con quelli dei bambini, come la sete di potere, l'accesso alle risorse
naturali o al traffico di armi (Manuel Fontaine)
(Entrano alcuni bambini soldato tra cui Capitan Africa che avanza e parla)
Capitan Africa :In una sera di un giorno qualsiasi il mio villaggio è stato circondato da un reparto di
guerriglieri. Quando cominciò l'attacco io ero lontana da casa: tornavo dalla missione di padre
Augustin. Ero ancora ad alcuni chilometri da casa quando vidi una colonna di fumo sollevarsi sopra
gli alberi della foresta e cominciai a correre verso il mio villaggio.
Mio padre e mia madre avevano sempre detto a me e a mio fratello minore Kissou che, se il nostro
villaggio fosse stato attaccato, saremmo dovuti fuggire nella foresta. Ma io come potevo fuggire? Se
il mio fratellino era rimasto al villaggio...così ho continuato a correre, ma quando mi sono ritrovata
davanti a casa era troppo tardi: un guerrigliero mi ha puntato il fucile e mi ha fatta prigioniera.
Altro bambino-soldato: Poi cosa è successo?
Capitan Africa: poi mi ha trascinata in uno spiazzo dove avevano radunato i bambini: tra loro c'era
anche Kissou.
Ci hanno poi imposto di seguirli: ore e ore di cammino al buio e con una terribile paura, sino a
quando ci ordinarono di fermarci e di disporci il fila, l'uno accanto all'altro. In quel momento mi sono
resa conto che tra i soldati c'erano ragazzini che avevano pressappoco la mia età: ho capito anche
che facevo parte di quell'esercito.
Bambino-soldato: Anche per me è stata circa la stessa cosa, poi mi hanno dato un'arma, una
divisa, un grado e mi hanno detto che avrei avuto un nuovo nome.
Capitan Africa: Anch'io ho dovuto cambiare nome perchè, ci dissero, da quel momento avremmo
dovuto cominciare una nuova vita. Mi chiamarono Capitan Africa, un nome importante, perchè ero
stata l'unica a non aver mai pianto in tutte quelle ore. Io e mio fratello siamo rimasti nell'esercito
per due anni interi, abbiamo fatto la guerra, abbiamo combattuto.
Bambino- soldato: E se qualcuno si rifiutava di combattere ?
Capitan Africa: Il colonnello diceva che se ci fossimo rifiutati di combattere ci avrebbe fatto legare
a un albero nella foresta, vicino a una colonia di formiche .
Bambino-soldato: Ma ora sei riuscita a fuggire...E allora perchè non sei ancora andata a cercare i
tuoi genitori? E Kissou? Dov'è tuo fratello Kissou?
Capitan Africa: Lui è ancora....prigioniero...
(ragazzi escono tristi)
Voce fuori campo: Sono circa 250.000 nel mondo i bambini-soldato e 24 i paesi in cui essi
vengono comprati o rapiti per essere addestrati militarmente e poi impegnati in combattimenti. Molti
di questi paesi sono in Africa. Alcuni bambini-soldato non hanno più di 7 anni.
Musica- Platoon- Adagio for Strigs ( main Theme) di Samuel Barber
SCENA 10 (CLASSE 3 A)- IL SUDAFRICA: UN PAESE IN BIANCO E NERO
Bambina europea:solo i bambini come Kissou vengono tenuti in prigione?
Mamma europea: No, ci sono anche molti adulti, imprigionati per le loro idee. Devi sapere che in
Africa c’è un Paese bellissimo, il Sudafrica: un Paese in bianco e nero…Un Paese dove molti neri non
erano liberi
Mamma africana: gli antichi abitanti del Sudafrica erano i Boscimani, cacciatori nomadi, gli
Ottentotti, popolo di allevatori, e gli Zulu, popolo di pastori e agricoltori.
Mamma europea: la colonizzazione non avvenne come per le altre regione africane con
un’occupazione territoriale; avvenne attraverso un lento insediamento dei contadini olandesi che
fuggivano dalla loro terra per motivi religiosi.
Mamma africana: Vennero poi gli anche gli Inglesi…
Musica- Simply Minds, Mandela Day
Entrano 2 ragazzi bianchi che mettono striscia bianca sul palco e lo dividono in due sezioni per
rappresentare l’ Apartheid.
Entrano in gruppo mescolato dei ragazzi bianchi e dei ragazzi neri e si dispongono secondo il colore
a destra o a sinistra della linea bianca
Per.1 IL Sudafrica una terra ricca di materie prime, soprattutto oro e diamanti che fin dal 1600 ha
attirato l’attenzione degli europei, in particolare Olandesi ed Inglesi. Dall’inizio del 1900 una piccola
minoranza di bianchi ha presoil potere economico e politico, a fronte di una grande maggioranza di
neri che non ha diritti. Dal 1948 viene imposto per legge un sistema di divisione tra bianchi e neri
chiamato apartheid, un sistema in base al quale la popolazione nera viene privata dei diritti politici
essenziali e discriminata per ragioni razziali; questo sistema ha caratterizzato il Sudafrica per buona
parte del XX secolo ed ha causato il progressivo isolamento politico e diplomatico del governo
sudafricano a livello internazionale.
Per.2: I neri non potevano frequentare le scuole e gli ospedali, i bar e i cinematografi dei bianchi;
non potevano sedere sulle panchine dei bianchi e passare sulla parte della strada riservata a loro;
non potevano sposare i bianchi e neppure essere sepolti negli stessi cimiteri dei bianchi.
Per.3: I bianchi non potevano rivolgersi a un nero con l’appellativo di “signore” ; i mezzi di trasporto
erano rigorosamente diversificati; i neri non potevano essere proprietari dei loro appartamenti. Era
difficilissimo per i neri frequentare scuole superiori e questo serviva a mantenere la supremazia dei
bianchi. Ogni uomo di colore doveva essere munito di una serie di lasciapassare che gli
consentivano di muoversi nella città: permesso di residenza, cetificato del padrone di casa, del
datore di lavoro e un lasciapassare per il coprifuoco.
Per.4: All’interno il regime dell’apartheid era contrastato dall’African National Congress, il partito dei
neri guidato da Nelson Mandela ( entra Mandela e si pone nella parte dei ragazzi neri)… Egli a causa
delle sue idee fu rinchiuso in carcere per ben 26 anni, ma nonostante ciò continuò a dare forza ai
neri per contrastare l’apartheid.
Per. 2: nel giugno del 1990 Mandela tenne davanti al Congresso degli Stati Uniti un discorso nel
quale faceva un appello per un Sudafrica nuovo, democratico e pacifico.
Mandela: Il nostro popolo chiede democrazia. ll nostro Paese, che vive in mezzo alle sofferenze ed
al dolore, ha bisogno di democrazia.
Lottiamo per un futuro in cui tutti, indipendentemente dalla razza, dal colore, dalla religione o dal
sesso, avranno il diritto di votare. Siamo impegnati in una lotta per assicurare che i diritti di ogni
individuo siano garantiti e protetti da una Costituzione democratica. Negare a qualsiasi persona i
suoi diritti umani significa sfidare l’umanità. Imporle una vita miserabile di fame e privazioni significa
disumanizzarla. Eppure questa è la sorte terribile di tutte le persone nere del nostro Paese nel
sistema dell’apartheid.
Musica- Simply Minds, Mandela Day
Mandela: Per distruggere il razzismo nel mondo, dobbiamo operare uniti ed eliminare dal Sudafrica
il razzismo dell’apartheid. La giustizia e la libertà devono essere i nostri strumenti , la prosperità e
la felicità le nostre armi. Quando questa nazione unita - questa nazione fatta di bianchi e neri-
eserciterà la propria volontà, senza dubbio nell’estremo Sud dell’Africa sarà nato un Paese che ogni
Stato civile potrà definire amico ed alleato per il suo contributo alla ricerca universale della
libertà, dei diritti umani , della prosperità e pace tra i popoli. E quel giorno sta ormai arrivando!
Teniamoci per mano per formare una barriera contro ogni forma di razzismo
I ragazzi bianchi e neri tendono le mani, rimanendo sempre al di là della striscia bianca
Per.3: Nel 1989 il presidente Le Klerk avviò un processo di democratizzazione liberando Mandela
che con le elezioni del 1994 è diventato il Presidente della Repubblica Sudafricana. Mandela insieme
a Le Klerk ha ottenuto il premio Nobel per la pace nel 1993. L’apartheid era finito!
Mandela toglie la striscia bianca di divisione e i ragazzi bianchi e neri si mescolano tra loro
Esce Mandela con ragazzi bianchi e neri:
Musica -We are the world, cantata dal coro, 1 strofa)
SCENA 11 (CLASSE 2B) – IL PAESE DEI GRIOT
Bambina europea: Mamma, ma tu conosci questa canzone?
Mamma europea: Certo! E’ una vecchia canzone per il futuro di tutti che fa parte del progetto
“USA for Africa” del 1985.
Mamma africana: Bella l’idea di aiutarci con una canzone, in quanto la musica è una parte
importante della nostra cultura. Anche noi abbiamo una grande tradizione musicale, per esempio i
Griot del Senegal.
Bambina europea: Chi sono i Griot? A scuola non ne abbiamo parlato…
Entrano due ragazzi vestiti con camicioni
Griot 1: Il mondo senza griot è come il riso senza condimento”
Griot 2: Così dice un proverbio diffuso in tutta l’Africa Occidentale. In effetti la presenza dei griot
nella vita collettiva di molte popolazioni della zona dell’Africa che va dal Sahel al Senegal è molto
significativa. Il griot ( appellativo francese che risale al periodo coloniale) è un musicista, un
cantastorie specializzato nella narrazione delle vicende degli abitanti e delle storie familiari.
Griot 1: il griot è presente a tutte le ricorrenze, è invitato a tutte le celebrazioni e a tutti i momenti
importanti della vita di un popolo: matrimoni, nascite, funerali e soprattutto feste del raccolto.
Entrano altri griot tra cui anche qualche ragazza e in sottofondo si sentono suoni tipici della
tradizione griot
Griot 3: noi griot siamo importanti perché manteniamo vivo il ricordo del passato; abbiamo anche
una funzione sociale: siamo ambasciatori, cantanti e narratori della tradizione orale, memoria delle
leggi, dei valori e della tradizione di un intero popolo.
Griot 4: Veniamo anche chiamati a discutere controversie legali tra le famiglie o per ricordare i
grandi eventi che riguardano una famiglia o un intero gruppo etnico. Quando svolgiamo il nostro
lavoro noi possiamo dire quello che vogliamo
Griot 2: Noi non lavoriamo i campi, ma siamo mantenuti dalla comunità che si preoccupa di
assicurarci tutto quello di cui abbiamo bisogno. Griot si nasce, ma lo si diventa anche nel tempo,
infatti il futuro griot deve avere accanto a sé fin da piccolo un maestro di musica e di vita. Riceviamo
un'istruzione costituita da nove gradi di sette anni ciascuno, ogni grado corrisponde ad un
particolare momento della vita. Non si tratta di una vera e propria istruzione scolastica, ma di una
forma di istruzione continua: ogni momento può essere utile per imparare le storie e le tecniche
narrative e mnemoniche; una caratteristica importante è ascoltare gli anziani ed imitarli
Griot 5 ( ragazza): anche noi donne possiamo diventare griot o meglio griotte e siamo invitate
soprattutto ai matrimoni e ai battesimi per vantare i pregi dei festeggiati.
Arrivano dei pescatori e i griot sulla scena mimano danze, suonano i tamburi e preparano il
mercato sulla spiaggia:si stendono dei teli , si finge di sistemare il pesce, si mima la vendita e il
baratto di pesci ed oggetti…
Griot 5 ( ragazza): l’arrivo dei pescatori sulla spiaggia è uno dei tanti momenti di festa che
permette a noi griot di danzare, suonare insieme agli abitanti del villaggio che organizzano il
mercato sulla spiaggia. E’ uno dei tanti modi per mostrarci alla comunità, per far capire che siamo
parte della comunità.
Griot 3: la Kora è insieme al tamburo lo strumento che noi usiamo. E’ uno strumento a corda la cui
cassa di risonanza è costituita da mezza zucca svuotata e ricoperta di pelle di animale ( mucca o
antilope). Sulla cassa è infisso un manico da cui partono 21 corde. La kora si suona sorreggendola
con le due dita medie che fanno presa su due sporgenze di legno. Le corde vengono pizzicate con
l’indice e il pollice di entrambe le mani.
Tutti i griot in scena si rimettono a ballare e a suonare il tamburo ed escono passando per il corridoi
centrale della sala. I griot 1 e 2 scendono dal palco, arrivano fino a metà sala e mentre gli altri si
allontanano tornano sul palco.
Griot 1: ( rivolto al pubblico) Come avete visto la permanenza delle tradizioni antiche è molto forte
nella nostra Africa. Noi cerchiamo di rendere piacevole la vita e di attirare la benevolenza delle
entità soprannaturali sugli uomini e sulle loro attività quotidiane.
Griot 2: Volete scoprire altre tradizioni dell’Africa? Ne abbiamo tante perché siamo un popolo
gioioso, nonostante tutto.
Musica: “Everybody loves”, cantato dal coro
SCENA 12 ( CLASSE 1 A) – L’AFRICA E LE SUE MASCHERE
Bambina africana: Ti ricordi mamma come è stata bella la festa per il matrimonio del capo del
villaggio. Voi adulti eravate bellissimi, i maschi con il corpo colorato e i copricapo di piume, le lance ,
gli scudi… Tu mamma indossavi quel vestito coloratissimo con il turbante verde e ballavi insieme a
tutte le altre mamme.
Mamma africana: Per noi la danza è vita perché rappresenta la vita e la descrive, cercando di
renderla bella anche se spesso non lo è.
Entrano dei ragazzi e delle ragazze che danzano indossando delle maschere
Ragazzo/a1: Le maschere sono una delle espressioni più importanti dell’arte e della cultura
tradizionale dell’Africa occidentale e sub sahariana. Ogni etnia di questa area ha le sue maschere,
ma tutte hanno in comune tre elementi: il significato religioso, l’uso nelle danze rituali e il
riconoscimento di una condizione sociale speciale per gli artisti che le realizzano.
Ragazzo/a2 : Nelle maschere c’è un significato religioso e simbolico, che è presente in tutte le
espressioni dell’arte africana: Sono espressione di forze superiori ( gli spiriti fondatori delle tribù, gli
antichi re ed anche i defunti), hanno lo scopo di captare le energie soprannaturali e sono un
elemento di mediazione tra l’uomo e le forze soprannaturali. Da ciò derivano il loro aspetto: devono
rappresentare e assomigliare alle spirito che viene invocato nella danza.
Ragazzo/a3: Proprio per il loro significato spirituale sono autorizzati ad indossarle solo gli uomini
più rappresentativi delle tribù, in particolare gli anziani, le persone di alto rango, i capi del popolo e i
re. Le maschere vengono usate nelle danze propiziatorie, quelle legate alla caccia o alla fertilità della
terra e all’abbondanza dei raccolti, oppure per i riti di iniziazione, come ad esempio l’ingresso degli
adolescenti nel mondo degli adulti.
Ragazzo/a4: il tipo più diffuso di maschera è quello che si indossa sul volto, ma ci sono anche
maschere-sculture che si appoggiano sulla testa o sulle spalle del danzatore. Gli artisti che le creano
sono considerati maghi o veggenti in quanto hanno il compito di cogliere o catturare la realtà
misteriosa che si nasconde dietro l’apparenza delle cose.
Ragazza 5: uno dei soggetti più comuni della maschera è la donna, rappresentata nella forma
ideale di bellezza tipica di ogni etnia e di ogni villaggio.
I ragazzi in scena compiono movimenti di danza, agitando le maschere che hanno in mano.
Entra u professore di storia dell’arte con alcuni studenti con in mano fogli per appunti; osservano la
scena.
I ragazzi sul palco si fermano e si dispongono come se fossero le statue di un museo.
Bambina europea: Mamma, ma come sono diverse dalle nostre statue e dai nostri ritratti
Mamma europea: L’arte africana presenta caratteristiche estetiche diverse da quelle della
tradizione europea
Mamma africana: l’arte africana è basata sulla deformazione della figura umana, non sulla
riproduzione realistica: i corpi sono stilizzati, allungati o compressi, in modo da esaltarne gli
elementi più espressivi.
Professore di storia dell’arte: agli inizi del Novecento, nell’epoca del colonialismo, in Europa si
moltiplicarono le mostre di arte africana. Numerosi artisti europei ed americani, alla ricerca di
un’alternativa ai tradizionali stili occidentali, rimasero affascinati dalle linee essenziali e dalle forme
delle opere africane e le riprodussero nelle proprie opere: per esempio celebri pittori come Picasso,
Matisse e Modigliani si ispirarono chiaramente all’arte africana.
Esce il professore con i suoi studenti.
Al ritmo di una danza africana escono i ragazzi che sono sul palco, passando dal corridoio centrale.
SCENA 13 (CLASSE 1E)- L’AFRICA IN CUCINA
(Ragazzi entrano in scena uno alla volta portando oggetti e cibi, si posizionano per preparare i cibi e
poi si siedono per mangiare)
1° ragazzo: Un vecchio proverbio popolare recita:“Se vuoi conoscere i segreti di un uomo, siediti a
tavola e mangia con lui”, infatti i pranzi africani sono rituali tutti da scoprire: sono momenti di
condivisione e festa, occasione per socializzare, stringere nuovi rapporti, rinsaldare vecchie amicizie.
Inoltre le cucine africane sono estremamente ricche e fantasiose.
2° ragazzo: Il protagonista indiscusso della cucina nord-africana è il couscous, un piatto a base di
semola di grano duro o di miglio.
Nella lingua berbera la parola kouskous indica l'imbeccata di cibo che gli uccelli formano a pallottole
per i loro piccoli. Tradizionalmente è il piatto del pranzo del venerdì, dopo la preghiera comunitaria
del mezzogiorno.
1°ragazza : (entra con il piatto e mima le azioni) In Marocco le donne dedicano, almeno
settimanalmente, lunghe ore alla sua preparazione. Il couscous va lavorato a lungo in larghi piatti di
terracotta con movimenti lenti e circolari del palmo della mano, i granelli vengono passati in setacci
sempre più fini secondo le dimensioni desiderate.
2° ragazza: Molto importanti nella cucina del nord-africa sono le spezie, non possiamo perciò
dimenticare il ras-al-hanout che letteralmente significa “il padrone della bottega”: è un miscuglio di
un numero infinito e illimitato di spezie del Maghreb. Può comprendere: cardamomo, noce moscata,
pepe nero, cannella, chiodi di garofano, zenzero, boccioli di rosa (i ragazzi potrebbero citare a turno
le spezie e fingere di rovesciarle in un unico contenitore): ogni droghiere ha la sua ricetta segreta!
3° ragazzo: A proposito di ricette, ecco una gustosa ricetta per preparare il couscous. (legge su un
foglio la ricetta mentre gli altri simulano la preparazione)
Ingredienti: Mezzo chilo di carne di agnello, mezzo chilo di carote, mezzo chilo di zucca, mezzo
chilo di zucchine, 2 etti e mezzo di pomodori, 4 etti di rape bianche, 1 etto di ceci, 1 etto e mezzo di
cipolle, mezzo chilo di semola di couscous, mezzo cucchiaino di pepe macinato, curry, zenzero in
polvere, paprica, sale, prezzemolo, olio e 2 litri di acqua.
Preparazione: Per iniziare si puliscono le verdure, si tagliano a pezzi e si fanno cuocere in una
pentola con un po’ d’olio, la carne tagliata a bocconcini, la cipolla tritata, tutte le spezie,l’acqua, si
lascia cuocere per una mezz’ora circa e successivamente si vanno ad aggiungere le patate, le
zucchine, le rape tagliate a pezzi e il pomodoro, si prosegue la cottura ancora per mezz’ora ed infine
si aggiungono i ceci e la zucca a pezzi e si lascia andare per 15 minuti ; a parte si prende un
contenitore e vi si mescola il couscous all’acqua, si cuoce il tutto per 15 minuti circa, si dovrà
sgranare il couscous e si aggiunge il sale, un po’ d’olio e si continua la cottura mescolando; una
volta pronto si sistema il couscous un un grande piatto ed al suo centro si ricaverà una sorta di buco
dove si andrà a sistemare la carne, le verdure invece andranno ai lati del piatto.
3° ragazza: Nell'Africa centrale invece la manioca costituisce la base dei pasti. Cucinata in tutte le
salse, bollita, fritta, fatta seccare e poi macinata per ottenere la tapioca, cioè la farina che
permetterà di realizzare il foufou, ossia tapioca macerata, elemento fondamentale della cucina
regionale.
4° ragazzo: Altri ingredienti diffusi nella regione sono le verdure, i funghi e le mandorle, ma anche
le lumache, le termiti e i bruchi. Questi ultimi hanno un alto valore proteico e in molti luoghi si
preparano veri e propri involtini di bruco, avvolti in larghe foglie di piante tropicali
Un'autentica sfiziosità è il ndole, ovvero la coda di bue agli spinaci, aromatizzata con arachidi,
zenzero, cipolle e aglio. L'alimentazione è ricca di frutta: gli ananas, le banane che possono essere
servite bollite, ridotte in purè o sotto forma di frittelle.
5° ragazzo: In Sudafrica si prepara un'altra specialità: il bobotie. Eccovi la ricetta.(legge come
sopra)
Ingredienti: 350 ml di latte, 1 fetta di pane, 2 cipolle affettate, 1 cucchiaio di olio di oliva, 2
cucchiaini di curry, 1 kg di polpa di manzo, sale e pepe, 2 cucchiai di gelatina di frutta, un cucchiaino
di zucchero di canna, 100 g di mirtilli, 2 uova, 6 foglie di alloro.
Preparazione: Bagnare la fetta di pane in 150 ml di latte. In una padella far dorare le cipolle
nell'olio. Aggiungere il curry e la carne e farle perdere il rosso del crudo. Unire il pane e condire con
il sale, il pepe, la gelatina di frutta e i mirtilli. Versare in una teglia da forno unta. Versare anche il
restante latte, mescolato alle uova battute. Cuocere in forno preriscaldato a 180 gradi per circa 30
minuti. Servire con riso.
SCENA 14 ( CLASSE 3E) – AFRICA: STORIA DI DUE DONNE SIMBOLO
Bambina europea: Che acquolina! Mi prepari una di queste ricette per cena?
Mamma europea: Come faccio, non ho tempo; non ho nessun ingrediente e non faccio in
tempo ad andare al supermercato.
Mamma Africana: Noi abbiamo tempo, ma abbiamo ancora una lunga marcia, abbiamo
ancora molto da fare per uscire tutte dal silenzio.
Bambina africana: quale silenzio! Se abbiamo detto che siamo un mondo gioioso.
Mamma africana: cantiamo balliamo, ma noi donne africane dobbiamo lavorare molto. Pensa
alla mia giornata: 20 chilometri per l’acqua, la cura dei figli, il lavoro nell’orto domestico, la
cura degli animali domestici, macinare le granaglie e preparare il cibo… E tutto questo nel
silenzio dell’ignoranza, nel silenzio della mancanza di diritti.
Fortunatamente, però, alcune di noi ce l’hanno fatta e sono diventate dei simboli.
Voce Fuori campo: Premio Nobel per la pace a Wangari Maathai ( entra Wangari)
Voce Fuori campo: (legge con tono solenne la motivazione del premio Nobel) ha contribuito
a combattere l’oppressione politica a livello nazionale ed internazionale. E’ stata per molti
un’ispiratrice
Wangari Maathai: Sono Maathai, una donna mai piegata, come sono stata definita. Sono
stata sposata per 11 anni con un uomo politico che nel 1980 chiese il divorzio.
Entra il marito
Marito di M.: Non posso più averla come moglie! Mi è impossibile controllarla. Pensa con la
propria testa
Wangari Maathai: il giudice accolse la sua domanda e mi impose di non usare mai più il
cognome di mio marito. Ma io non potevo. Io ero conosciuta nel mondo proprio per quel
cognome e continuai ad usarlo. Mi misero in prigione per questo, ma io non avevo alcuna
intenzione di piegarmi. Quando uscii di prigione feci un atto di sfida: aggiunsi una a, una
semplice a, al cognome del mio ex marito:MAATHAI. ( il marito esce)
Voce fuori campo: Maathai è diventata un simbolo per le donne africane e non solo per il
rifiuto ad una cieca sottomissione. Ha studiato: prima in Kenia, poi negli Stati Uniti e in
Germania, dove si è laureata in biologia. E’ stata la prima donna dell’Africa a diventare
professore universitario.
Wangari Maathai: Ho fondato il Green Belt Movement ( Movimento cintura verde) per salvare
dall’erosione i suoli africani, ma soprattutto ho lottato contro la corruzione politica, contro la
gestione dittatoriale di molti Paesi africani, contro la politica tribale che perpetua l’odio.
Wangari si pone a lato del palco
Voce Fuori campo: Premio Nobel per la pace 2011 a Ellen Sirleaf ( entra Sirleaf)
Voce Fuori campo: (legge con tono solenne la motivazione del premio Nobel) ha contribuito
a combattere la battaglia non violenta a favore della sicurezza delle donne e del loro diritto alla
piena partecipazione nell'opera di costruzione della pace.
Ellen Sirleaf : (con tono solenne) Donne, siete pronte per la storia? Il futuro è nostro perchè
ce ne siamo fatte carico.
Entra un ragazzo che intervista Sirleaf
Ragazzo: Questo è uno dei suoi motti : rispecchia la situazione delle donne africane oggi?
Ellen Sirleaf: Sicuramente il futuro dell'Africa e della sua crescita economica è legato a filo
doppio alla condizione femminile. Le donne africane, nonostante ancora la scarsa istruzione e
le disuguaglianze, continuano a lottare: vogliono partecipare alle decisioni che riguardano la
loro vita, contribuire alla società, sentirsi realizzate.
Ragazzo: Cosa può rallentare l'avanzata delle donne in Africa?
Ellen Sirleaf: Un ostacolo è il passaggio alla scuola superiore: ancora troppe donne si fermano
prima per i matrimoni precoci. Comunque, mi creda, nei prossimi anni le donne cambieranno il
volto dell'Africa.
Ragazzo: Lei può essere un esempio?
Ellen Sirleaf: Posso essere l'esempio che anche se con fatica e in situazioni difficili possiamo
ottenere dei risultati. Poi il fatto di essere donna e madre di 4 figli mi ha permesso di
rispondere meglio a donne e giovani. Non a caso mi chiamano “Mama Ellen”.
Bambina europea: Che fatica per l’Africa ottenere qualsiasi cosa! Bisogna dare una mano
mamma. Dai!
Mamma europea: Secondo te che cosa dobbiamo fare?
Bambina europea: ( con entusiasmo) raccogliere dei soldi…mandare cibo…mandare
materiale per la scuola…inviare le cose di cui hanno bisogno…
Mamma europea: belle proposte. Ci sono anche gli aiuti mandati attraverso le associazioni e
le organizzazione non governative…gli aiuti organizzati dall’ONU…
Bambina europea: possiamo aiutare l’Africa come fanno i volontari …
Mamma africana: Belle queste iniziative, ci aiutano a superare le difficoltà di un momento.
Noi abbiamo bisogno soprattutto di altro: noi abbiamo bisogno di imparare a fare da soli. Non
basta darci ciò che ci manca, dovete insegnarci a fare da soli, a renderci autonomi e
camminare verso il futuro con le nostre gambe.
Mamma africana e bambina africana salgono sul palco; le seguono la mamma europea e la
bambina europea, in mezzo al palco si uniscono e si danno la mano
Voce Fuori campo: se dai ad un uomo un pesce, lo aiuti per un giorno; se a quell’uomo
insegni a pescare lo aiuti per tutta la vita.
Mamma africana: Ecco ciò di cui abbiamo bisogno!
Musica -” We are the world”: brano strumentale
Bibliografia
- L’ORIGINE DEL FIUME NILO: siti vari di Internet
- L’ANTICO EGITTO: siti vari di Internet
- LEGGENDE AFRICANE: AA.VV., L’altra Biblioteca, Lattes, 1
- I TUAREG: I FIGLI DEL VENTO E DELLE STELLE:
siti vari da Internet, in particolare www.nationalgeographic.it
- UN AVIATORE, UN PICCOLO PRINCIPE ED UNA VOLPE:
A. de Saint Exupery, Il piccolo principe
- L’AFRICA UN CONTINENTE DA ESPLORARE:
Henry Morton Stanley, Alla ricerca di Livingstone,White Star
siti vari di Internet
- L’AFRICA… UN CONTINENTE DA CONQUISTARE:
Timothy Holmes, La conquista
N. Ngana, Africa;
Colui che tutto ha perduto;
Tam tam, tam tam tu
- L’AFRICA… UN SOGNO E UN RIMPIANTO:
K.Blixen, La mia Africa, Feltrinelli
E.Hemingway, Verdi colline d’Africa, Mondadori
R. Kapuscinski, Ebano, Feltrinelli
O.Toscani, Il mal d’Africa, da Internet
AA.VV., I viaggi di Mr. Fogg, Il Capitello, 3
- ESSERE BAMBINI IN AFRICA:
Convenzione dei Diritti del Fanciullo
L.Senghor, Cher frère blanc, da Internet
Asnaghi, Oltrepagina, Lattes, 3: A. Melis, Capitan Africa
AA.VV, Facciamo geografia, Zanichelli, 3: A scuola in Africa
- IL SUDAFRICA: UN PAESE IN BIANCO E NERO:
Asnaghi, Oltrepagina, Lattes, 3
AA.VV., I viaggi di Mr. Fogg, Il Capitello,3
- IL PAESE DEI GRIOT :
AA.VV., Geoviaggi, Mursia, 3
- L’AFRICA E LE SUE MASCHERE:
AA.VV, Facciamo geografia, Zanichelli, 3
- L’AFRICA E LE SUE RICETTE:
AA.VV., Geoviaggi 3, Mursia
ricette da Internet
- AFRICA:STORIA DI DUE DONNE SIMBOLO:
articoli tratti da” Il Corriere della Sera”
AA.VV, Facciamo geografia, Zanichelli, 3