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9 IL DDAI COME FATTORE DI RISCHIO DEI COMPORTAMENTI PREVARICANTI IN CLASSE: UNO STUDIO PILOTA Secondo i criteri del DSM-IV, 1 il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI) è caratterizzato da due gruppi di sintomi o dimensioni patologiche definibili come inattenzione e impulsività/iperattività. L’inattenzione si manifesta principalmente come scarsa cura per i dettagli, scarsa attenzione mantenuta e precoce distraibilità. L’impulsività e l’iperattività si presentano come inadeguato controllo degli impulsi e difficoltà nel posticipare una gratificazione. La diagnosi viene formulata sulla base di quattro criteri principali: 1. presenza da almeno 6 mesi, e in misura rilevante per lo sviluppo, di sintomi di disattenzione e/o iperattività-impulsività; 2. esordio della sintomatologia prima dei 7 anni; 3. compromissione rilevabile in 2 o più aree; 4. chiara evidenza di un danno a livello scolastico, sociale e di funzionamento generale, conseguente al comportamento non adattivo. 2 IL DDAI ha un’incidenza, secondo il DSM-IV, fra il 3% e il 5% dei bambini in età scolare. A questo disturbo si associano frequentemente numerose difficoltà, tra cui S OMMARIO Alcuni autori hanno individuato nel DDAI un fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti prevaricanti in classe. In questa prospettiva, al fine di analizzare le aree di sovrapposizione e le aree indipendenti fra ragazzi con DDAI e alunni coinvolti nel bullismo, entro un campione di 703 soggetti, allievi del secondo ciclo elementare e studenti di scuola media, sono stati individuati i ragazzi con diversi sottotipi di DDAI e gli studenti bulli, bulli-vittima e vittime di prepotenze. I risultati emersi hanno confermato che il DDAI incrementa il rischio di rendersi autori di prevaricazioni a scuola, individuando nella componente impulsiva del DDAI il fattore correlato alla condotta prepotente. IL DDAI come fattore di rischio dei comportamenti prevaricanti in classe: uno studio pilota SIMONA CARAVITA Centro di Ricerca delle Tecnologie dell’Istruzione (CRTI) Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano ROSA ANGELA FABIO Dipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano RICERCA ITALIANA Difficoltà di apprendimento Vol. 11, n. 3, febbraio 2006 (pp. xxx-xxx) Edizioni Erickson Trento ISSN 1123-928X ISSN 0393–8859xxxx

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IL DDAI COME FATTORE DI RISCHIO DEI COMPORTAMENTI PREVARICANTI IN CLASSE: UNO STUDIO PILOTA

Secondo i criteri del DSM-IV,1 il disturbo da deficit di attenzione/iperattività (DDAI) è caratterizzato da due gruppi di sintomi o dimensioni patologiche definibili come inattenzione e impulsività/iperattività.

L’inattenzione si manifesta principalmente come scarsa cura per i dettagli, scarsa attenzione mantenuta e precoce distraibilità. L’impulsività e l’iperattività si presentano come inadeguato controllo degli impulsi e difficoltà nel posticipare una gratificazione. La diagnosi viene formulata sulla base di quattro criteri principali:

1. presenza da almeno 6 mesi, e in misura rilevante per lo sviluppo, di sintomi di disattenzione e/o iperattività-impulsività;

2. esordio della sintomatologia prima dei 7 anni;3. compromissione rilevabile in 2 o più aree;4. chiara evidenza di un danno a livello scolastico, sociale e di funzionamento

generale, conseguente al comportamento non adattivo.2

IL DDAI ha un’incidenza, secondo il DSM-IV, fra il 3% e il 5% dei bambini in età scolare. A questo disturbo si associano frequentemente numerose difficoltà, tra cui

S O M M A R I O

Alcuni autori hanno individuato nel DDAI un fattore di rischio per la messa in atto di comportamenti prevaricanti in classe. In questa prospettiva, al fine di analizzare le aree di sovrapposizione e le aree indipendenti fra ragazzi con DDAI e alunni coinvolti nel bullismo, entro un campione di 703 soggetti, allievi del secondo ciclo elementare e studenti di scuola media, sono stati individuati i ragazzi con diversi sottotipi di DDAI e gli studenti bulli, bulli-vittima e vittime di prepotenze. I risultati emersi hanno confermato che il DDAI incrementa il rischio di rendersi autori di prevaricazioni a scuola, individuando nella componente impulsiva del DDAI il fattore correlato alla condotta prepotente.

IL DDAI come fattore di rischio dei comportamenti prevaricanti in classe: uno studio pilota

SIMONA CARAVITACentro di Ricerca delle Tecnologie dell’Istruzione (CRTI)Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

ROSA ANGELA FABIODipartimento di Psicologia, Università Cattolica del Sacro Cuore, Milano

RICERCA ITALIANA

Difficoltà di apprendimentoVol. 11, n. 3, febbraio 2006 (pp. xxx-xxx)

Edizioni Erickson TrentoISSN 1123-928XISSN 0393–8859xxxx

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disturbi dell’apprendimento, disturbo di condotta, disturbo oppositivo provocatorio, nonché altri problemi emotivi e relazionali. Il disturbo è più frequente tra i maschi che tra le femmine, secondo un rapporto che va da 4 : 1 a 9 : 11.3

Il DSM-IV prevede attualmente la possibilità di individuare tre sottotipi di DDAI in base al prevalere dei sintomi inattentivi (DDAI-D) oppure di quelli di iperattività-impulsività (DDAI-I) o al concomitante manifestarsi di entrambi (DDAI-C).

Nella scuola i ragazzi con DDAI riportano spesso insuccessi, le cui ragioni sono collegabili ai deficit specifici del DDAI. Infatti, per avere successo a scuola un bambino deve:

– avere un’attenzione sostenuta;– essere capace di attendere il proprio turno;– stare seduto;– non intervenire in una conversazione se non è il suo turno;– rispettare le figure di autorità;– seguire correttamente le istruzioni;– essere capace di portare a termine i progetti;– avere abilità sociali accettabili;– avere la capacità di scrivere correttamente e di consegnare gli elaborati in

ordine.

Come è evidente, tutti questi comportamenti sono presenti in modo deficitario nei ragazzi con DDAI e possono comportare insuccesso e alti livelli di frustrazione nell’interazione scolastica, pur non essendo sufficienti da soli a giustificare la messa in atto di condotte prevaricanti.

Per quanto riguarda la fenomenologia del DDAI, sono stati indagati i rapporti fra questo disturbo e patologie con connotazioni sociali come il disturbo oppositivo provocatorio e il disturbo di condotta, ma non è ancora chiaro il rapporto fra DDAI e bullismo (che può avere o meno caratterizzazioni patologiche come il disturbo oppositivo provocatorio e il disturbo di condotta).4

A differenza dei comportamenti genericamente aggressivi, infatti, il bullismo si configura come un fenomeno complesso, strutturato e a connotazione relazionale, non riducibile alla sola condotta disadattiva di un singolo.5

Alla luce di questa specificità del bullismo, la ricerca internazionale,6 e in specie italiana, attuata ad opera di ricercatori di differenti università coordinati da Fonzi,7 non ha generalizzato alla spiegazione del comportamento prevaricante gli elementi eziologici individuati per la condotta aggressiva. Sono stati, invece, investigati i fattori familiari e di gruppo8 e i correlati psicologici9 che favoriscono l’acquisizione di comportamenti prepotenti o il divenire bersaglio delle molestie dei pari. Nello specifico, a livello micro-sistemico, stili familiari connotati da scarsa coesione relazionale, problematicità nella

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IL DDAI COME FATTORE DI RISCHIO DEI COMPORTAMENTI PREVARICANTI IN CLASSE: UNO STUDIO PILOTA

comunicazione intrafamiliare, eccessiva rigidità o permissivismo nei metodi educativi sono risultati favorire l’acquisizione di comportamenti prevaricanti, successivamente messi in atto a scuola.10 Inoltre si è rilevato che all’interno del gruppo classe possono determinarsi dinamiche di emulazione e disimpegno morale di gruppo che danno origine a episodi di prevaricazione.11 A livello individuale, inoltre, la letteratura ha individuato molteplici caratteristiche connesse alla condotta prepotente. Taluni stili di pensiero, infatti, quali il machiavellismo, il disimpegno morale e una teoria della mente evoluta12 ma con carenti processi empatici,13 sono caratteristici dei prevaricatori, mentre nei bulli-vittima sono stati rilevati stili di interazione ansiosi associati a pattern di condotta riconducibili all’aggressività reattiva e strumentale (proattiva).14

In questa prospettiva, in alcuni studi15 è stata individuata una correlazione tra DDAI, da un lato, e condotta prevaricante e vittimizzazione dall’altro.

La relazione fra DDAI e fenomeni di bullismo è stata recentemente indagata anche da Snyder,16 la quale ha rilevato come i bambini che presentano problemi di attenzione possano essere facilmente coinvolti nelle situazioni di bullismo. Infatti, una prima indagine epidemiologica17 sulla disciplina nelle scuole che ha interessato sia adulti sia bambini con DDAI ha evidenziato che circa il 32% di essi venivano segnalati dai coetanei come persone coinvolte in episodi di bullismo. Lo studio ha inoltre rilevato che molti ragazzi con DDAI sono vittime dei bulli, ma quando essi reagiscono ai bulli vengono puniti per i loro comportamenti, mentre ciò non accade ai bulli senza DDAI. Per queste ragioni, secondo Snyder, se non si comprende la dinamica precisa della situazione di bullismo, il rischio è quello di penalizzare ulteriormente le vittime.

Un’altra possibile spiegazione della relazione fra DDAI e bullismo evidenzia il dato che sia i ragazzi con DDAI sia i maschi vittime del bullismo hanno in comune scarse competenze sociali, bassa autostima e fragilità e ipersensibilità fisica.

Inoltre, molti ragazzi con DDAI con componenti di impulsività e iperattività sono facilmente vittime provocatorie perché si annoiano e spesso reagiscono in maniera eccessiva ai bulli. Infine, le vittime possono apprendere ciò di cui hanno bisogno per difendersi e divenire bulli loro stesse. Circa il 16% del campione di Snyder presentava infatti le caratteristiche sia di bullo che di vittima.

Alla luce dei dati riportati si pone la necessità di trovare un’ulteriore conferma ri-spetto al ruolo del DDAI come fattore di rischio per l’assunzione di condotte prevaricanti; è altresì necessario approfondire quale delle due dimensioni patologiche (inattentività o impulsività/iperattività) costituenti il disturbo da deficit di attenzione e iperattività predisponga alla messa in atto di prevaricazioni in classe.

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DIFFICOLTÀ DI APPRENDIMENTO N. 3, FEBBRAIO 2006

La ricerca

Ipotesi

Sulla base di quanto esposto, in questo lavoro viene avanzata l’ipotesi che nel DDAI sia la componente impulsiva a favorire l’attuazione di prepotenze e, pertanto, se si considerano le diverse tipologie del DDAI, tra i ragazzi con disturbo da deficit di attenzione e iperattività il maggior numero di prevaricatori e bulli-vittima si ritroveranno nei sottotipi combinato (DDAI-C) e iperattivo (DDAI-I).

Soggetti

Allo studio hanno preso parte 703 soggetti (382 maschi e 321 femmine), alunni di 3 scuole primarie e di 3 scuole medie inferiori della provincia nord-ovest di Milano, e appartenenti a due differenti fasce di età:

– 9-10 anni: terza e quarta primaria (187 maschi e 162 femmine);– 11-13 anni: prima e seconda media (195 maschi e 159 femmine).

Dal campione originario sono stati estratti 3 sottocampioni di soggetti con sintomi dei sottogruppi di DDAI e un gruppo di controllo:

1. un sottogruppo di 21 soggetti, 15 maschi e 6 femmine (età media: 11,1 anni), pari al 3,1% del campione iniziale e aventi una sintomatologia tipica di DDAI-D (punteggio medio nella scala di distraibilità della SDAI: 16,14; punteggio medio nella scala di iperattività della SDAI: 5,62);

2. un sottogruppo di 8 soggetti, tutti maschi (età media: 11 anni), pari all’1,2% del campione totale esaminato, con sintomi riconducibili al DDAI-I (punteggio medio nella scala di distraibilità della SDAI: 7,00; punteggio medio nella scala di iperattività della SDAI: 18,88);

3. un sottogruppo di 12 soggetti, tutti maschi (età media: 11,5 anni), pari all’1,7% del campione considerato, con quadro sintomatico di DDAI-C (punteggio medio nella scala di distraibilità della SDAI: 19,17; punteggio medio nella scala di iperattività della SDAI: 18,5);

4. un sottogruppo di controllo di 526 soggetti, 267 maschi e 259 femmine (età media: 11,1 anni), il 76,6% del campione non manifestanti sintomi di DDAI (punteggio medio nella scala di distraibilità della SDAI: 2,72; punteggio medio nella scala di iperattività della SDAI: 1,12) e da cui sono stati esclusi soggetti con disabilità, disturbi di apprendimento e ritardo intellettivo.

Similmente, entro il campione originario sono stati individuati alcuni sottocampioni contraddistinti dal fatto che rivestivano ruoli diversi entro il fenomeno del bullismo:

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1. un sottocampione di 65 prevaricatori (età media 12 anni), 58 maschi e 7 fem-mine, pari al 9,2% del campione, nominati dai compagni come bulli ma non come vittime (con punteggio nell’indicatore di prevaricazione superiore o uguale all’85° percentile e con punteggio nell’indicatore di vittimizzazione inferiore al 50° percentile);

2. un sottocampione di 39 vittime (età media 11,1 anni), 18 maschi e 21 femmine, il 5,5% del campione, nominati dai compagni come vittime ma non come pre-varicatori (con punteggio nell’indicatore di vittimizzazione superiore o uguale all’85° percentile e con punteggio nell’indicatore di prevaricazione inferiore al 50° percentile);

3. un sottocampione di 51 bulli-vittima (età media 11), 40 maschi e 11 femmine, pari al 7,3% del campione, nominati sia tra i bulli sia tra le vittime (con punteggio nell’indicatore di prevaricazione superiore all’85° percentile e con punteggio nell’indicatore di vittimizzazione superiore o uguale all’85° percentile).

4. un sottocampione di 548 non coinvolti (età media 11,1), 266 maschi e 282 femmine, pari al 78% del campione, nominati sia tra i bulli sia tra le vittime (con punteggio nell’indicatore di prevaricazione superiore all’85° percentile e con punteggio nell’indicatore di vittimizzazione superiore o uguale all’85° percentile).

Procedura

Gli strumenti

Per selezionare i soggetti con DDAI (riconducibili ai sottogruppi) si è provveduto alla somministrazione della scala SDAI18 e della scala SCOD.19

SDAI (Scala per l’individuazione di comportamenti e iperattività, diretta agli insegnanti). La scala si compone di 18 item che descrivono comportamenti (corri-spondenti a sintomi del DSM-IV), di cui l’insegnante deve rilevare la frequenza di comparsa nell’alunno su di una scala a 4 livelli (da 0, nel caso in cui il bambino non presenti «mai» la condotta illustrata, a 3, nel caso in cui la presenti «molto spes-so»). Lo strumento comprende due subscale: la subscala «Disattenzione», relativa alla difficoltà di mantenimento dell’attenzione, il cui punteggio è dato dalla somma dei punteggi degli item dispari della SDAI, e la subscala «Iperattività/impulsività», relativa ai comportamenti iperattivi, il cui punteggio è costituito dalla somma dei punteggi negli item pari della scala. In entrambe le subscale il raggiungimento di un punteggio uguale o superiore a 15 indica la presenza di disattenzione o iperattività. L’incrocio dei punteggi delle due subscale ha consentito di definire nei soggetti la presenza dei sottotipi di DDAI.

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SCOD-I (Scala di valutazione dei comportamenti dirompenti per insegnanti). La scala, utilizzata solo per i soggetti con DDAI e compilata dagli insegnanti, consente di definire la presenza concomitante di ulteriori disturbi ed è stata applicata al fine di esclu-dere dai sottocampioni di DDAI i soggetti affetti da disturbi differenti dal DDAI.

In specifico la scala si compone di:

– una subscala di 8 item di valutazione dei comportamenti aggressivi, di cui deve essere indicata la frequenza di manifestazione da parte del bambino secondo un punteggio da 0 a 3, la cui somma costituisce il punteggio complessivo;

– 1 item per la raccolta di informazioni relative al livello socioeconomico fami-liare;

– una serie di 5 item, corrispondenti ad altrettanti problemi di apprendimento scolastico, per i quali va indicata la gravità in base a un punteggio da 0 a 3; il punteggio totale della serie è rappresentato sempre dalla somma dei punteggi;

– 4 item per la raccolta di informazioni di carattere generale volte a discriminare i soggetti con DDAI da altre diagnosi correlate, per escludere tutti i soggetti con condizioni patologiche a livello sociale o psichiatrico.

Scala di nomina dei pari. Per individuare i ruoli dei soggetti entro il fenomeno del bullismo e distinguere i sottocampioni di bulli, vittime e bulli-vittima, è stata somministrata la Scala di nomina dei pari20 (si veda un esempio di compilazione nella figura 1). La scala è una versione scritta e modificata della tecnica di intervista di Olweus21 e si compone di 7 item a scelta multipla chiusa con 3 livelli di risposta («quasi mai», «a volte», «molto spesso»):

– 3 item di prepotenza agita (che forniscono l’indicatore di bullismo), – 2 item di vittimizzazione (che forniscono l’indicatore di vittimizzazione)– 2 item di nascondimento inseriti per mascherare lo scopo dell’indagine. Per il

calcolo del punteggio di ciascuno dei due indicatori sono stati sommati i valori corrispondenti ai livelli di risposta indicati dai compagni. Il punteggio così ottenuto è stato diviso per il numero di domande costituenti l’indicatore e per il numero di compagni valutatori.

Nel questionario somministrato a ciascuna classe, ogni allievo della classe vie-ne rappresentato con le prime due lettere del suo nome, con le prime due lettere del suo cognome e con una lettera indicante il genere d’appartenenza (M o F). Sulla base di questo schema a ogni soggetto è chiesto di valutare la frequenza con cui ciascun compagno adotta comportamenti di prepotenza fisica, verbale e indiretta o è oggetto di prepotenze dirette e indirette. Grazie alle valutazioni fornite da tutti i compagni di classe viene ottenuta una valutazione media di ciascun soggetto su 2 indicatori, uno di prevaricazione e uno di vittimizzazione.

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Con questa procedura, grazie all’incrocio dei punteggi nei due indicatori, è stato possibile distinguere un sottocampione di bulli (con punteggio superiore o uguale all’85° percentile nell’indicatore di prevaricazione e inferiore al 50° percentile nell’indicatore di vittimizzazione), un sottocampione di vittime (con punteggio superiore o uguale all’85° percentile nell’indicatore di vittimizzazione e inferiore al 50° percentile nell’indica-tore di prevaricazione) e un sottocampione di bulli-vittima (con punteggio superiore o uguale all’85° percentile nell’indicatore di prevaricazione e superiore o uguale all’85° percentile nell’indicatore di vittimizzazione).

Somministrazione degli strumenti

La somministrazione della Scala di nomina dei pari è avvenuta in situazione di classe e ha richiesto per ogni gruppo-classe una seduta di un’ora, avendo cura di non procedere oltre la quarta ora di lezione, al fine di evitare un calo di attenzione da parte dei soggetti.

Per la presentazione del questionario e la spiegazione delle modalità di compila-zione è stato approntato un cartellone riproducente in scala 1 : 7 lo schema relativo a un soggetto ipotetico, con i sette item e un esempio di risposta per ciascuno di essi. Pertanto, dopo avere distribuito i questionari, il somministratore, sconosciuto ai soggetti, ha letto la

* item di prepotenza agita: indicatore di bullismo** item di vittimizzazione: indicatore di vittimizzazione

Fig. 1 Esempio di compilazione della Scala di nomina dei pari.

An. Ce. M Quasi mai A volte Molto

spesso

È gentile con i compagni e gli insegnanti X

Altri bambini non vogliono parlare con lui e/o raccontano storie sul suo conto** X

Inizia zuffe con altri ragazzi a scuola* X

Presta facilmente ai compagni i suoi oggetti X

Altri bambini a scuola lo picchiano, sono cattivi con lui e/o lo offendono** X

Si rivolge ai compagni offendendoli o prendendoli in giro* X

Non rivolge la parola a qualcuno e/o si rifiuta di stare in sua compagnia* X

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consegna con le istruzioni per la compilazione dello strumento, illustrando la modalità di risposta con il cartellone, presentato come la valutazione di un ipotetico compagno di classe dello sperimentatore. Prima che i soggetti iniziassero a compilare il test, inoltre, è stato sottolineato l’anonimato del questionario e il somministratore si è dichiarato disponibile a fornire durante la compilazione ogni chiarimento necessario ai singoli studenti.

Lo schema del questionario, già predisposto per la classe con l’indicazione delle sigle riferite a ciascun alunno, è stato distribuito con un elenco riportante la corrispondenza tra i nomi degli allievi e le sigle utilizzate nel test. Dopo che i soggetti hanno terminato di rispondere, i questionari sono stati ritirati e sigillati in una busta chiusa davanti alla classe, in modo da garantire l’anonimato e la riservatezza, mentre gli elenchi con le corri-spondenze tra nomi degli alunni e sigle sono stati ritirati e distrutti davanti alla classe.

Le scale SDAI e SCOD-I, invece, sono state somministrate ai due insegnanti di lettere e matematica (le discipline con il maggior numero di ore di insegnamento) delle classi indagate.

Al fine di individuare eventuali patologie che simulano il DDAI, infine, sono state condotte osservazioni e colloqui individualizzati prestrutturati con i soggetti da parte di un esperto.

Analisi statistiche

I dati sono stati analizzati utilizzando il programma statistico SPSS for Windows, versione 11.0.

In specifico, dopo aver effettuato il calcolo dei punteggi percentili degli indicatori di prevaricazione e di vittimizzazione al fine di individuare i sottogruppi di bulli, vit-time e bulli-vittima, sono state analizzate con il test del Chi quadrato le frequenze dei sottogruppi del bullismo e del DDAI.

Risultati

Un controllo di differenze in rapporto all’età evolutiva non ha presentato differenze significative, per questa ragione i soggetti delle due fasce di età sono stati considerati unitariamente.

L’analisi delle frequenze dei sottogruppi di DDAI in relazione ai ruoli di pre-varicazione (χ2 = 117,225; df = 9; p < 0,001) ha evidenziato che il 25% dei soggetti del sottogruppo DDAI-C è individuato dai compagni come bullo, a cui si aggiunge il 66,7% dei soggetti con DDAI-C identificato come bullo-vittima. Entro il sottogruppo DDAI-I, invece, il 12,5% dei soggetti è nominato dai compagni come bullo e il 50% come bullo-vittima.

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Complessivamente, pertanto, il 62,5% dei soggetti con DDAI-I e il 91,7% dei sog-getti con DDAI-C sono segnalati dai compagni come aventi condotte di prevaricazione (si vedano la figura 2 e la tabella 1).

χ2 = 117,225; df = 9; p < 0,001

Fig. 2 Sottogruppi di DDAI e ruoli di prevaricazione.

100%

80%

60%

40%

20%

0% DDAI-D DDAI-I DDAI-C Controlli

Bulli Bulli vittima Vittime Non coinvolti

66,7%

4,8%

14,3%

14,3%

37,5%

50,0%

12,5%

8,3%

66,7%

25,0%

84,6%

4,0%4,2%7,2%

Se consideriamo il sottogruppo DDAI-D, il 66,7% dei soggetti è risultato non coinvolto nel fenomeno del bullismo, mentre il 14,3% è stato nominato come bullo e un altro 14,3% come bullo-vittima.

Entro il gruppo di controllo, invece, solo il 7,2% dei soggetti è stato indicato dai compagni come bullo e il 4% come bullo-vittima.

Per quanto riguarda il ruolo di vittima delle prevaricazioni, tra i soggetti con DDAI solo uno, appartenente al sottogruppo DDAI-D, è stato indicato come bersaglio di prepotenze da parte dei pari.

Anche l’analisi dei confronti separati tra sottotipi di DDAI rispetto al gruppo di controllo (si vedano le tabelle 2, 3 e 4), operati attraverso il test del Chi quadrato, ha confermato che le differenze significative tra i gruppi si collocano fra i sottotipi DDAI-I e DDAI-C, mentre i soggetti con sottotipo DDAI-D non si differenziano significativamente dai compagni senza disturbo di deficit di attenzione e iperattività (tabella 2).

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TABELLA 1 Frequenze e percentuali di soggetti e ruoli nel bullismo

Non coinvolti Bulli Vittime Bulli-vittima

DDAI-D

Frequenze 14 3 1 3

% sottotipi DDAI 66,7 14,3 4,8 14,3

% ruoli 3,0 6,7 4,3 8,3

DDAI-I

Frequenze 3 1 – 4

% sottotipi DDAI 37,5 12,5 – 50,0

% ruoli 0,6 2,2 – 11,1

DDAI-C

Frequenze 1 3 – 8

% sottotipi DDAI 8,3 25,0 – 66,7

% ruoli 0,2 6,7 – 22,2

Controlli

Frequenze 445 38 22 21

% sottotipi DDAI 84,6 7,2 4,2 4,0

% ruoli 96,1 84,4 95,7 58,3

χ2 = 117,225; df = 9; p<0,001.

TABELLA 2 Frequenze e percentuali di soggetti con DDAI-D e di controllo e ruoli nel bullismo

Non coinvolti Bulli Vittime Bulli-vittima

DDAI-D

Frequenze 14 3 1 3

% sottotipi DDAI 66,7 14,3 4,8 14,3

% ruoli 3,1 7,3 4,3 12,5

Controlli

Frequenze 445 38 22 21

% sottotipi DDAI 84,6 7,2 4,2 4,0

% ruoli 96,9 92,7 95,7 87,5

χ2 = 7,010; df = 3; n.s.

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TABELLA 3 Frequenze e percentuali di soggetti con DDAI-I e di controllo e ruoli nel bullismo

Non coinvolti Bulli Vittime Bulli-vittima

DDAI-I

Frequenze 3 1 – 4

% sottotipi DDAI 37,5 12,5 – 50,0

% ruoli 0,7 2,6 – 16,0

Controlli

Frequenze 445 38 22 21

% sottotipi DDAI 84,6 7,2 4,2 4,0

% ruoli 99,3 97,4 100,0 84,0

χ2 = 38,347; df = 3; p < 0,001

TABELLA 4 Frequenze e percentuali di soggetti con DDAI-C e di controllo e ruoli nel bullismo

Non coinvolti Bulli Vittime Bulli-vittima

DDAI-C

Frequenze 1 3 – 8

% sottotipi DDAI 8,3 25,0 – 66,7

% ruoli 0,2 7,3 – 27,6

Controlli

Frequenze 445 38 22 21

% sottotipi DDAI 84,6 7,2 4,2 4,0

% ruoli 99,8 92,7 100,0 72,4

χ2 = 99,095; df = 3; p < 0,001

Tuttavia, prendendo in considerazione le percentuali interne ai sottogruppi di bulli e bulli-vittima (tabella 1), risulta che l’84,4% dei prevaricatori e il 58,3% dei bulli-vittima non appartengono ad alcun sottogruppo di DDAI. Tale risultato evidenzia che il disturbo da deficit di attenzione e iperattività costituisce un fattore di rischio per l’assunzione di comportamenti prevaricanti, ma non consente di spiegare nel suo complesso il coinvolgimento nel bullismo come prepotenti (figura 3).

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D’altro canto la natura complessa e relazionale del fenomeno delle prevaricazioni tra pari invita a adottare una prospettiva esplicativa multicausale, che non permette di rinvenire in un’unica caratteristica individuale, quale il deficit di attenzione e iperattività, la causa ultima del verificarsi delle sopraffazioni tra compagni.

Inoltre, il DDAI presenta un’incidenza estremamente bassa nella popolazione di età scolare, incidenza individuabile nel 3-5%, tale da non poter costituire la sola causa dell’assunzione di comportamenti di prepotenza, dal momento che tra gli alunni della scuola primaria e media i giovani identificati come bulli raggiungono percentuali superiori al 30%.24

Conclusioni

In linea con quanto riportato dalla letteratura, che ha rilevato come il 32% dei soggetti con DDAI sia coinvolto nel fenomeno del bullismo, l’analisi dei risultati non solo ha confermato in un campione italiano il dato che il DDAI effettivamente è asso-ciato all’acquisizione e alla messa in atto di condotte di prevaricazione, ma ha anche verificato l’ipotesi che sia la componente di impulsività/iperattività del deficit a costituire un fattore di rischio per l’emergere di comportamenti prepotenti.

In particolare, i soggetti con DDAI-I e con DDAI-C vengono più frequentemente segnalati dai compagni come prevaricatori e soprattutto come bulli-vittima.

Questo risultato appare congruente anche con altri studi25 che — a differenza di quanto accade per i bulli «puri» — hanno individuato nei bulli-vittima, oltre a pattern

Fig. 3 Sovrapposizione dei soggetti con DDAI e di quelli individuati come prevaricatori (bulli e bulli-vittima).

41 soggetti con DDAI

22 soggetti

81 prevaricatori

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di condotta aggressiva, anche una bassa autostima, ansia e instabilità emotiva; proprio tali caratteristiche possono essere connesse all’elevata impulsività tipica dei soggetti in età evolutiva con DDAI-I e DDAI-C.

In questa prospettiva, ulteriori ricerche potranno approfondire il rapporto rinvenuto tra sottotipi di DDAI e tipologie differenti di prevaricatori, considerando che, presumi-bilmente, l’iperattività è poco influente o addirittura è inversamente proporzionale alla cognizione «fredda» e sofisticata che è stata evidenziata in alcuni tipi di bulli.26

Dai dati conseguiti nel presente studio, invece, il DDAI non sembra incremen-tare il rischio di rivestire il ruolo di vittima passiva (non reattiva) delle prepotenze dei compagni, confermando ulteriormente la natura complessa e multideterminata del fenomeno del bullismo.

In prospettiva educativa, i risultati presentati pongono in rilievo la necessità di considerare la possibilità che gli alunni con deficit DDAI-I o DDAI-C siano coinvolti attivamente in fenomeni di prevaricazione nel ruolo di bullo o bullo-vittima e, quindi, la necessità di prestare attenzione a potenziali indicatori di comportamenti prepotenti (ad esempio l’allievo spesso offende o prende in giro uno o più compagni oppure ne danneggia le proprietà).

Per prevenire questa possibilità, o prendere provvedimenti laddove gli alunni con DDAI presentino già condotte aggressive, l’insegnante deve considerare che l’intervento sul deficit di attenzione e iperattività è primario.

A questo riguardo, il DDAI è connesso a elevati livelli di disordine interno (arousal alto, irrequietezza, ecc.) e quindi è opportuno in prima istanza che l’ambiente esterno in cui vivono i bambini con questo problema sia opportunamente strutturato.27 Inoltre, genitori e docenti devono attuare interventi educativi che forniscano prevedibilità e ripetitività di spazi e tempi e si concretizzino in una serie di azioni volte a dare costan-za sia a livello strutturale (giochi, esposizione ai media, organizzazione e regolarità di spazio e tempo) sia a livello personale (accettazione incondizionata, coerenza, capacità di dare le regole, capacità di rafforzare e dare ascolto). Tutto questo può fornire punti di riferimento saldi ad alunni che, a causa della loro impulsività, tendono naturalmente a oltrepassare i limiti fissati.

Altri interventi molto utili sono quelli volti a favorire l’autoregolazione del com-portamento, ad esempio attraverso la metacognizione come proposto da Cornoldi e collaboratori,28 interventi i cui scopi principali sono promuovere l’autocontrollo nei bambini con difficoltà di attenzione e creare una procedura per la regolazione consapevole sia nell’apprendimento cognitivo sia nelle situazioni quotidiane. In queste procedure la tecnica di base che viene insegnata ai ragazzi è quella delle autoistruzioni, che un educatore applica a un compito proponendosi inizialmente come modello. In seguito sarà richiesto al ragazzo di eseguire un esercizio applicando lui stesso la tecnica appresa.

Anche la proposta di Feuerstein,29 come quella di Cornoldi e collaboratori sopra citata, opera accentuando la dimensione metacognitiva dell’autocontrollo: ad esempio

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insegnare a un alunno con problemi di impulsività a compiere un gesto neutrale (come toccarsi la testa) prima di agire o reagire impulsivamente a una situazione lo aiuta a interporre un momento di pensiero e autocontrollo al comportamento spontaneo, altri-menti non controllato.

Oltre agli interventi citati anche l’attuazione di programmi strutturati antibullismo, come quelli proposti da Olweus30 e da Sharp e Smith,31 rivolti a tutti gli alunni della scuola o della classe, possono prevenire l’insorgere di fenomeni di prevaricazione. In questa prospettiva, è possibile operare azioni educative tese a rafforzare l’autostima degli alunni, a insegnare modalità non aggressive di gestione dei conflitti interpersonali o a favorire la diffusione di comportamenti prosociali tra gli alunni. In quest’ultima direzione i modelli di supporto tra pari, come quello dell’«operatore amico», risultano particolar-mente efficaci. Questo tipo di intervento32 richiede il coinvolgimento a turno di tutti gli scolari della classe nel ruolo di «operatore amico», con compiti di supporto dei compagni nei momenti di conflitto o di semplice inattività durante le ore di lezione (ad esempio coordinando le attività della ricreazione), tutelando anche gli alunni più deboli. Al fine di apprendere le abilità comunicative e operative necessarie a svolgere questo ruolo, gli allievi di volta in volta selezionati devono partecipare a un breve training formativo comunicativo-relazionale coordinato da esperti e, dopo un periodo di intervento nella classe come operatori, gli alunni vengono sostituiti da altri compagni. Questa forma di intervento migliora il contesto relazionale del gruppo-classe sia attraverso l’azione attiva degli operatori amici, sia attraverso il potenziamento delle abilità sociali e la promozione dei comportamenti prosociali degli alunni ottenuti a seguito del training.

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25 Andreou E. (2000), op. cit.

Fonzi A. (1997), op. cit.

Olweus D. (1996), op. cit.26 Smorti A. e Pagnucci S. (1998), op. cit.

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