Il cosmo in una danza

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DOPO DECENNI DI ABBANDONO, UN AFFASCINANTE MONUMENTO DELLA CAIRO OTTOMANA RIVIVE GRAZIE A RESTAURATORI ITALIANI: IL MONASTERO DEI DERVISCI DANZANTI di Giuseppe Fanfoni L’ Islam Il cosmo in una danza Il cosmo in una danza

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DOPO DECENNI DI ABBANDONO, UN AFFASCINANTE MONUMENTO DELLA CAIRO OTTOMANA RIVIVEGRAZIE A RESTAURATORI ITALIANI: IL MONASTERO DEI DERVISCI DANZANTI

di Giuseppe Fanfoni

L’Islam

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Il 13 dicembre 1925, Kemal A-tatürk ordinò la chiusura di tut-ti i monasteri dei dervisci,nella

Repubblica di Turchia da lui in-staurata, dichiarando che «la Tur-chia è una nazione moderna e la so-cietà moderna non ha tempo per lamagia dei dervisci».

Nel rispetto degli ordinamentigovernativi, anche la casa-madredei dervisci mevlevi, in Konya, fuchiusa e, nel 1927, trasformata inmuseo. Tuttavia, nel mausoleo an-nesso, la tomba del fondatore del-l’Ordine, Jalâl al-dîn Rûmî (m.1273),ha continuato a essere,e lo è atutt’oggi, meta di pellegrinaggi daogni parte del mondo islamico,in o-maggio al suo grande spirito di tol-leranza.

Malgrado l’editto di Atatürk, latakiyya (monastero) mevlevi delCairo non interruppe la propria at-tività. Infatti, il 13 giugno1928, sulquotidiano al-Ahram, la scrittriceegiziana Maji Ziyada fece una de-scrizione della manifestazione ri-tuale dei dervisci alla quale ebbemodo di assistere e, nel 1932, i der-visci mevlevi del Cairo parteciparo-no con otto brani musicali al con-gresso internazionale di musica a-raba tenutosi in Egitto.Ma nel 1945anche la takiyya del Cairo fu chiu-sa, passando in proprietà al mini-

stero dei Beni religiosi; gli ultimidervisci, ormai anziani, restarononegli edifici convertiti in ospizio.

La confraternita dei derviscimevlevi si era insediata in epoca ot-tomana nell’area a fianco alla mo-schea del Sultan Hassan, ai piedidella cittadella del Cairo, sede delgoverno. L’area (circa 7500 mq) eracaratterizzata essenzialmente dal-la presenza di due nuclei monu-mentali antichi risalenti al secoloXIV.

Non sappiamo esattamentequando quest’ordine religiosogiunse in Egitto.Alcuni documentiturchi riferiscono di viaggi e dellapermanenza di membri della con-fraternita in Egitto prima dellaconquista ottomana, lasciandosupporre ch già in quell’epoca po-trebbe essersi insediato qualchenucleo mevlevi in Egitto, collegato,in qualche modo,alla casa madre e,forse,allo stesso governo turco.

Tuttavia, il loro insediamentopermanente data a epoca ottoma-na, ed è probabile che la scelta delluogo sia stata suggerita dalla vici-nanza con la Cittadella, ma anchedalla presenza del mausoleo, dovesembra fosse sepolto anche il fra-tello (o semplicemente affiliato) delfamoso mistico Sayed al-Badawi,fondatore, a sua volta, dell’omoni-

Dervisci mevlevidurante la danzarituale, Konya(Turchia).

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mo Ordine di dervisci egiziano; inarmonia con il pensiero del fonda-tore, la confraternita mevlevi eratollerante e rispettosa di altre viemistiche e religiose, inoltre la pre-senza di sepolture di personaggidegni di devozione,anche se non af-filiati all’Ordine, costituiva un ele-mento determinate nel rito stessodella danza mevlevi.

La prima testimonianza ufficia-le della loro presenza in questa areaè la fondazione pia (waqf) dell’emi-ro yemenita Yusuf Pasha Sinan.L’atto di donazione, datato al 1607,includeva, oltre alla sede mevlevidel Cairo,anche altre tre donazionila cui rendita avrebbe consentito ilmantenimento della takiyya e la co-pertura delle spese per il personalee per le attività della comunità. Ildonatore stabilì anche l’assegna-zione di un salario per 50 persone,specificando le funzioni da lorosvolte nella takiyya,allora denomi-nata Sa’diyya.

L’ubicazione dell’insediamentodella comunità cui si riferisce la do-nazione risulta nella descrizionestessa dei confini dell’area donata,il cui lato ovest viene indicato comeconfinante con la takiyya Maw-lawiyya,nota come Sa’diyya.

L’area, come ha dimostrato l’in-dagine archeologica, era occupatada edifici in stato di abbandono edegrado. Tra il XVII e il XIX sec., idervisci mevlevi intervennero nel-l’area intermedia fra i resti dellamadrasa di Sunqur Sa’di e quellidel palazzo Aqbardi, adattaronoquanto dei monumenti preesisten-ti fosse ancora utilizzabile per le lo-ro esigenze e realizzarono una nuo-va ala su Shari al-Siyufiyah.

L’insieme,seppure in parte con-dizionato dal riutilizzo di strutturepreesistenti, raggiunse, infine, unassetto organico e una logica con-nessione funzionale delle variecomponenti definite da quattroblocchi di edifici,corrispondenti ad

altrettanti settori: 1) l’area cultualecon la samâ‘ khâna (D) e il mauso-leo (B); 2) l’area monastica costitui-ta dalle celle (E) disposte intorno algiardino che, come il convento diKonya, ha una fontana al centro; 3)l’area comprendente gli ambientiper le riunioni, per la preghiera, ilrefettorio e le cucine (F1-F13); 4) l’a-rea pubblica (H-G) con gli ambientidi ricevimento che delimitano ilcomplesso sul lato della strada; inquesto settore si trova anche l’in-gresso alla takiyya e al grande giar-dino Aqbardi, dove venivano accol-

N

A lato, pianta generaledel complesso dei

dervisci mevlevi, alCairo, comprendente il

mausoleo (B), la samâ‘khâna (D), il settore

delle celle monastiche(E), gli ambienti per

riunioni e per lapreghiera, il refettorio

e le cucine (F), e l’areapubblica (H-G),

comprendente l’accessodalla strada.

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Portale di Yashbak

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ti i pellegrini in sosta e i poveri chechiedevano cibo.

La sala della cupolaElemento centrale di questo im-pianto architettonico, da un puntodi vista sia planimetrico sia altime-trico, è la samâ‘ khâna (D). Dallastrada la sua vista è intenzional-mente preclusa dalla presenza delcomplesso di Sunqur Sa’di e dellestrutture realizzate successiva-mente dagli stessi dervisci. All’in-terno, la cupola è l’unica sua partevisibile dalle celle del convento. Lasua posizione non è casuale: l’auladella danza estatica si deve trovarea una quota intermedia tra il livellodel mausoleo e quello,più alto,del-le celle conventuali.

La tomba-mausoleo sottostantecostituisce un elemento visivo esimbolico di grande rilievo, come,del resto, altri complessi mevlevi,come quelli di Konya,di Damasco,olo Yeni Kapi di Istanbul. Infatti latomba è legata alla più antica sim-bologia del samâ‘, la cerimonia cheJalal al-din Rumi eseguì per la mor-te del suo maestro spirituale,Shamsi Tabrız.

La samâ‘ khâna del Cairo occu-pa una superficie quadrata di 15 mdi lato; come negli altri rari esempidatabili al periodo più tardo, l’area

destinata al samâ‘ è circolare(diam. m 10), pavimentata in legnoe circoscritta da una bassa balau-stra con due ingressi,uno dei qualisituato alla destra del post (posi-zione dello shaykh,che conduce ilrituale), l’altro nella parte oppo-sta,da dove i dervisci entrava-no nell’area del samâ'.

Nella concezione cosmo-logica dell’Islam, ilcerchio e il suo cen-tro simboleggianol’universo esistentee l’unità assoluta dacui esso emana. Se-condo Ankaravi,shaykh dellatakiyya mevlevi diGalata, in Turchia(XVI sec.), il centroè simbolo dell’u-nità trascendente as-soluta,mentre la circonfe-renza è il luogo delle cose esi-stenti ovvero il percorso della co-noscenza,senza inizio né fine,ema-nato dal centro via radius. La sim-bologia ha una corrispondenzageometrica tra la circonferenza edil centro, un punto, ovvero, una en-tità di cui è impossibile dare le di-mensioni, e diviene manifesto conla visualizzazione della circonfe-renza, che è a sua volta una linea,

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Assonometria del complesso. Sulle due pagine,veduta del quartieredel Cairo conindicazione deiprincipali monumenti.

Palazzo di Qusun

Ampliamento di Aqbardi

Takiyya dei Mevlevi Sama’ khana Madrasa

Mausoleo minareto di Sunqur Sa’di

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ovvero una sequenza di punti, im-magini del centro.In armonia con ilpensiero sufi il valore simbolico deinumeri e la loro rappresentazionefigurativa geometrica costituisca-no la chiave interpretativa dellastruttura cosmica attraverso sim-boli e archetipi. Le dottrine cosmo-logiche islamiche hanno origine ne-gli elementi pitagorici e platonicidel pensiero esoterico greco, cui siaggiunsero elementi delle culturedei Paesi orientali con le quali l’I-slam entrò in contatto.

Conformemente a questi princi-pi generali,la configurazione plani-metrica e spaziale della samâ' khâ-na del Cairo scaturisce da un siste-ma geometrico proporzionale inti-mamente legato al simbolismo delsama’,alle fasi del rito e al coinvol-gimento mistico dei presenti. Sul-l’asse orizzontale che unisce il mih-

rab (che indica la direzione dellaMecca) e la tomba-mausoleo, untriangolo equilatero, originato dal-la posizione del post,determina conil suo lato, uguale a tre volte il rag-gio del cerchio dell’area del samâ',la dimensione del quadrato che de-limita la pianta della samâ' khâna.Lo sviluppo geometrico di una seriedi cerchi intorno a quello centraletangente il triangolo equilatero,vi-sualizza lo spazio del samâ' e l’e-spansione di esso sugli spettatori esu tutta l’area della sala, determi-nando, contemporaneamente, laposizione dei pilastri che sostengo-no la cupola.

Il medesimo schema geometricosi ripropone nella sezione verticaledell’edificio, caratterizzando gli a-spetti spaziali e volumetrici dell’in-sieme, simbolicamente rappresen-tato da un cubo,archetipo della ter-ra, al centro del quale una sferasimbolizza il cosmo, all’interno delquale, al pari di pianeti, ruotano idervisci. Essi si muovono intorno aun asse segnato in alto,verso l’infi-nito,dalla scritta centrale della cu-pola e in basso da un’area circolarerossa,al centro della quale,sul fini-re della cerimonia, si pone loshaykh circondato dai dervisci.

La danza rituale nella sala restaurata (v.anche sulle due pagine). Sotto, la cupoladella samâ' khâna prima del restauro.

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Una simbologia geometricaLa tipologia architettonica dellasamâ‘ khâna non ha una originestorica documentata; ha un’evolu-zione lenta che giunge a compimen-to nel XVI-XVII secolo, periodo incui il pensiero sufi e,nel caso speci-fico, l’Ordine mevlevi ha raggiuntola sua massima vitalità.

Gli elementi architettonici es-senziali della samâ‘ khâna erano lacupola e la sottostante area desti-nata alla cerimonia, quindi lo spa-zio tende a essere definito da unapianta centrale,conformemente al-la simbologia geometrica. DopoKonya (XVI sec.), caratterizzata dauna aggregazione non omogenea dispazi architettonici,una grande at-tenzione alla simbologia rituale ealle sue funzioni si nota nella samâ‘khâna di Galata e Yeni Kapi (Istan-bul), in quella di Bursa e in molti al-tri casi.

Tuttavia, la definizione delleproporzioni dello spazio architetto-nico, secondo le speculazioni filo-sofiche dell’Ordine, appartiene al-l’ultima fase del suo sviluppo (XIXsec.), come è evidente nella samâ‘khâna di Kutaya.Questa mostra unimpianto con le stesse dimensionidi quella coeva del Cairo e uno spa-

La confraternita dei derviscimevlevi, comunemente detti, per

il loro caratteristico rito, "rotanti",ebbe origine a Konya, in Turchia, nelXIII sec., sugli insegnamenti delmistico musulmano Jalâl al-dînRûmî. Nato nella parte afghana delKhorasan nel 1207, Rûmî lasciò lasua terra all’età di cinque anni aseguito del padre, il grande misticoBaha’ al-din Valad, il “sultano deisapienti”. Dopo varie peregrinazioni,si stabilì a Konya, dove morì nel 1273.Al suo funerale era presente l’interapopolazione della città, non solo imusulmani, ma anche cristiani edebrei, in riconoscimentodell’immenso spirito di tolleranzadel Maestro. Paragonato, per la suasensibilità, a San Francescod’Assisi e, per la sua cultura edespressività, a Jacopone da Todi,Rûmî è considerato «il più grandepoeta mistico di tutti i tempi»(Nicholson, che ne ha curato latraduzione). Contesodall’Afghanistan per nascita,dall’Iran per la lingua persiana usatanelle sue opere scritte, dalla Turchiaove visse e fu sepolto, con il suoinsegnamento è oggi, come eglivolle, un patrimonio culturale sentitoda tutti, che avvicina i popoli edaccumuna ogni credo: «Non giudeosono, né cristiano, né ghebro omusulmano! Né orientale néoccidentale… Non di Persia oBabilonia, né del Khorasan io sono!… Il mio luogo è l’Oltrespazio, il mio

Segno è il senza Segno, … Unocerco, Uno conosco, Uno canto, Unocontemplo!» E infine: «Dopo lamorte, non cercate la tomba mianella terra: nel petto degli uominisanti è il mio sepolcro».Il suo poema mistico Masnavî,un’opera in persiano di più di 26.000versi doppi in sei volumi, è la baseculturale per l’Ordine che a lui siriferisce. La sua raccolta di poesieDîvân (Canzoniere) è un’operaimmensa dedicata a Shams-i Tabrîz,il suo maestro spirituale (per unabreve antologia si veda Rumi. Poesiemistiche, a cura di A. Bausani,Milano1980). I dervisci mevlevi, comei monaci delle confraternitecristiane, facevano anche operaassistenziale. Il samâ', letteralmente«ascolto» (dell’armonia del cosmonel senso mistico della simbologiamevlevi), rappresentò il ritofondamentale dell’Ordine sin dalXIV sec., ma si precisò solo nel XVIsec., periodo in cui moltepersonalità culturali aderironoall’Ordine. L’elaborazione delpensiero di Jalâl al-dîn Rûmî allaluce delle dottrine cosmologiche diIbn Sina, al-Biruni e di alcunipensatori sufi, condusse alladefinizione del samâ’ nei suoiriferimenti al cosmo e alla rotazionedei pianeti e delle sfere celesti. Ilrito era accompagnato da unaorchestra il cui principale strumentomusicale era il flauto.La confraternita mevlevi ebbe unacostante ma lenta espansione finoall’epoca ottomana, quando moltepersonalità della cultura e dellapolitica, interessate al pensierofilosofico e alla cultura musicaledell’Ordine, decisero di associarsi aesso. Dal XVII sec., al capodell’Ordine fu conferito il privilegiodi sancire l’investitura del sultano. Nel 1491 si contavano già 86 takiyyae, con l’espansione ottomana, laconfraternita mevlevi diffuse nelmondo islamico numerosi altri centricollegati alla casa madre di Konya. Dopo l’editto di Ataturk, del 13dicembre 1925, per un certo periodole numerose takiyya esistenti nelmondo islamico fecero riferimentoal Centro di Aleppo, in Siria,protetto dal governo locale, e poi al Centro del Cairo, che restò attivo fino al 1945.

UNA DOTTRINA CHE ACCOMUNA OGNI CREDO

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zio creato dalle stesse proporzionigeometriche, ma con una irregola-rità dovuta alla posizione dell’edi-ficio rispetto alla qibla (direzionedella preghiera),per cui manca l’al-lineamento assiale tra il mihrâb e ilmausoleo. Possiamo dunque cosìconsiderare la samâ‘ khâna delCairo come la più compiuta espres-sione del simbolismo della danzamistica mevlevi.

Paesaggi rococòLe attività del CIERA (Centro italo-egiziano per il restauro e l’archeo-logia) si sono concentrate in primoluogo sulla samâ' khâna.Costruitacompletamente in legno, salvo imuri perimetrali, è coperta da unacupola che,con un diametro di 10 me uno spessore strutturale di soli 10cm,è fra le più grandi di quelle rea-lizzate in legno al Cairo. La cupola,deformata e già mancante di alcuneparti, è stata cerchiatacon fasce d’acciaio chele hanno in parte resti-tuito la forma geome-trica originale.Le lacu-ne strutturali sonoquindi state reintegra-te con materiali e tec-niche conformi alle o-riginali tecniche arti-gianali e, nell’insieme,consolidate con il sup-porto di tecnologie an-tisismiche. Anche lemalte sono state ri-composte con fibre dipaglia di lino, ma conl’aggiunta di resine at-te a migliorarne l’ade-sione e la durabilità nel tempo.

Il restauro delle pitture internedella cupola, alterate da sedimentidi varia origine, ha permesso il re-cupero dei paesaggi ottomani-ro-cocò e le iscrizioni del tamburo del-la cupola. Lo studio delle pitture o-riginali si è basato su foto alla fluo-rescenza dell’ultravioletto e analisidi sezioni al microscopio, che han-no messo in evidenza gli strati pit-torici e i numerosi restauri, spessomaldestri, succedutisi nel tempo.

L’edificio,costruito nell’area delcortile centrale della madrasa diSunqur Sa’di, riutilizzando in partele preesistenti strutture murarie,ha richiesto interventi tecnici par-ticolarmente complessi.

Il restauro della samâ‘ khâna èstato infatti effettuato in modo taleda consentire l’esecuzione di scaviarcheologici per riportare alla lucele sottostanti strutture della ma-drasa. A tal fine, sospeso su parti-colari ponteggi l’edificio, sono sta-ti effettuati gli scavi e,quindi, sonostate prolungate in acciaio le strut-ture della samâ‘ khâna fino allaquota della madrasa e alle nuovefondazioni dell’edificio. Un lavorolungo e impegnativo, che ha peròpermesso di ritrovare i resti dellamadrasa di Sunqur Sa’di, un esem-pio del tutto particolare di architet-tura mamelucca bahrita. Infatti, lamadrasa, che si pensava fosse ba-sata su un impianto a quattro

iwân, ha invece rivelato un cortilecentrale con due iwân sui lati brevie tre piani di stanze sui lati lunghi.

Le indagini archeologiche neglistrati sottostanti la samâ‘ khânalasciano supporre che, in una pri-ma fase,i mevlevi abbiano sfruttatole celle della madrasa, utilizzandoper il samâ‘ l’area dell’iwân accan-to al mausoleo di Hasan Sadaqa,dacui il nome takiyya Sa’diyya datoalla loro sede fino al tempo dellostorico ‘Ali Mubarak (1888-89), ilprimo a menzionarla come takiyyaal-Mawlawiyya.

Gli interventi costruttivi deimevlevi, dunque, consistettero ini-zialmente nella sistemazione delsettore Aqbardi in funzione della

Le attività nell’area della samâ' khâna dei dervisci mevlevi iniziarono nel 1978con l’organizzazione di un cantiere-scuola in funzione di corsi di restauroche l’autore del presente articolo era stato chiamato a tenere pressol’università del Cairo. Nel corso del tempo le attività si sono valse delcontributo di diversi Enti e programmi: la DGPCC del ministero per gliAffari esteri (MAE) per la ricerca archeologica; il CNR, per vari programmidi ricerca di tecnologie per il restauro; la DGCS del MAE per la formazioneprofessionale; sponsor privati, per l’acquisto di attrezzature.Nel gennaio 1986, per fare fronte alle molteplici difficoltà burocratiche, gliesperti italiani, sino ad allora impegnati nel cantiere-scuola, e appartenentia università, CNR, Istituti statali d’arte, ICR, nonché tecnici e specialisti divari Ministeri italiani costituirono l’Associazione “Centro formazioneprofessionale restauro” CFPR che, come tale, a tutt’oggi gestisce le attivitàdel cantiere-scuola del Cairo e ne assicura la continuità, molto spesso con ilvolontariato degli associati.Il 28 luglio 1988, in occasione dell’apertura al pubblico della restaurata samâ'khâna , è stato inaugurato il Centro italo-egiziano per il restauro el’archeologia (CIERA). Da allora il CIERA, gestito dal CFPR Italia, hanotevolmente ampliato il proprio impegno in Egitto, con l’istituzione di corsidi restauro nelle università di Heluan, al Cairo, di Qena, di Alessandria e diTanta. Svolge inoltre attività di consulenza per missioni straniere in Egitto eper imprese locali, ma principalmente conserva a tutt’oggi un’organizzazionedi cantiere-scuola, in cui la concreta attività di recupero dei monumentidell’area si intreccia costantemente con la ricerca scientifica e tecnologica

e con la formazione, sia teorica siapratica, di operai, tecnici, artigiani,professionisti. In quest’ottica siinserisce il programma di Formazioneprofessionale per il restauro el’archeologia, promosso, nel 2002-2003,dalla DGCS e svolto su agreementSCA-CIERA affiancando le operazionidi restauro sui monumenti della vastaarea. Dopo l’apertura al pubblico dellasamâ' khâna, nel 1988, è statainaugurata la madrasa di Sunqur Sa’die il Museo Mevlevi nel 2001;recentemente sono stati completati i restauri del mausoleo di HasanSadaqa e del convento mevlevi. Si veda anche: http://www.cfpr.it

RESTAURO, ARCHEOLOGIA E FORMAZIONE

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parte conventuale abitativa (E-F),forse grazie all’importante dona-zione fatta dal comandante YusufBey nel 1672,e moltre altre ricevutesuccessivamente.Tuttavia, le data-zioni di cui disponiamo sono tuttesono relative al XIX secolo; secondolo storico ‘Abd al-Rahman Fahmı lasamâ‘ khâna fu costruita nel 1810.Annotazioni nel documento di do-nazione di Yusuf Pasha Sinan indi-cano attività costruttive riferite al-le strutture del palazzo Aqbardi re-lative all’anno 1818 d.C.; la data ri-portata nel tondo centrale della cu-pola della samâ‘ khâna è 1857 d.C.;la data delle pitture paesaggisticheeseguite da Tabrızı Qâsim è 1865d.C.‘Ali Mubârak, infine,segnala o-pere di costruzione e restauro volu-te da Said Pasha, (1854-1863).

Infine, il tabellone sul post, Yahadrat Mawlâna («O Signore Maw-lana»),a firma dello shaykh ‘Aziz Al-Rifa’i,datato al 1922,indica un mo-mento di vivace attività per il cen-tro mevlevi del Cairo,che evidente-mente ricevette anche un certo ap-poggio governativo.Difatti Moham-mad ‘Abd al-Aziz al-Rifa’i, il “prin-cipe dei calligrafi”,venne dalla Tur-chia al Cairo per scrivere e decora-re il famoso Corano di re Fu’ad e,in-fine, fondò al Cairo una scuola dicalligrafia. Questa fase di partico-lare vitalità si ebbe proprio nel pe-riodo in cui, in Turchia,Atatürk de-cretava,nel 1925,la chiusura di tut-ti i conventi di dervisci.

I problemi nei quali l’Ordine,nelsuo insieme, venne a trovarsi e laperdita del centro di riferimento di

Konya,gradualmente portarono al-la chiusura anche la takiyya delCairo; della samâ‘ khâna furonomurati gli accessi,per evitare che lastruttura subisse danni, oltre aquelli causati dall’abbandono.Questa situazione si protrasse finquando la direttrice dell’Istituto i-taliano di cultura del Cairo, C. Bur-ri, dopo aver visitato la samâ‘ khâ-na, ne sollecitò il recupero. In se-guito, tutti gli edifici furono impe-gnati per i programmi del cantiere-scuola per il restauro.

Il quartiere in cui sorge il con-vento era un tempo un’area urbanaemarginata dalla vita moderna del-la capitale egiziana. La presenzadel Centro e le attività da esso svol-te hanno portato sul posto primastudenti di Università per attivitàdi training; poi, il recupero dellasamâ‘ khâna ha suscitato l’interes-se di esponenti della cultura inter-nazionale per questi edifici. Nel1998 grazie all’interessamento delministro della Cultura turco fu pos-sibile rappresentare nuovamente,dopo più di 50 anni di completo ab-bandono, il rituale mevlevi nellasamâ‘ khâna del Cairo.

G. Fanfoni, Restauri del complessoarchitettonico dei Dervisci Mevlevial Cairo. In: Architettura nei PaesiIslamici, II Mostra Internazionale di Architettura - Biennale di Venezia 1982 ; pp. 258-259.

G. Fanfoni, Il complessoarchitettonico dei Dervisci Mevleviin Cairo. In: "Rivista degli StudiOrientali", LVII (1983), pp. 77-92

T. Battain, Architettura emisticismo sufi: la Tekke Mawlawidel Cairo, in Islam, 12, settembre1985, pp.165-173

Giovanni Canova, Iscrizioni edocumenti relativi alla takiyya dei dervisci Mevlevi del Cairo, in Quaderni di Studi Arabi, 17, 1999, pp. 123 - 146.

G. Fanfoni, La conservazione delCairo storico. Palazzo Yashbak -Madrasa di Sunqur Sa'di -TakiyyaMevlevi, in Cento anni in Egitto:percorsi dell'archeologia italiana,Milano 2001, pp. 196-213

G. Fanfoni - "Il restauro della Sama`Khana deiDervisci Mevlevi". Cairo2006 (2a ed. ampliata ; initaliano, inglese, arabo),con ulteriori riferimentibibliografici.

PER APPROFONDIRE

Il convento deidervisci mevlevi aKonya (Turchia).