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IL CORPO IN PSICOLOGIA Dal punto di vista filosofico la psicologia fenomenologico-esistenzialistica ha sottolineato come la corporeità sia caratterizzata da una particolare ambiguità poichè partecipa contemporaneamente di due piani di realtà, quello dell'oggettività e quello della soggettività. Il corpo, infatti, può essere considerato un oggetto tra gli altri posseduti dall'uomo, d'altronde nella sua esistenza concreta l'uomo è il suo corpo. In genere queste affermazioni si riferiscono più o meno direttamente alla distinzione di Husserl tra corpo fisico e corpo vissuto. Con il primo termine si intende il corpo anatomico, inteso come meccanismo fisico-chimico, esso è frutto dell'opera di oggettivazione operata dalla scienza moderna. In realtà non è che un'astrazione perchè in concreto non esiste mai un corpo puramente oggettivo, privato della sua dimensione sentita e vissuta. Il corpo soggettivo, vissuto è invece apertura sul mondo e sede di significati culturali e psicologici.

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IL CORPO IN PSICOLOGIA

Dal punto di vista filosofico la psicologia fenomenologico-esistenzialistica

ha sottolineato come la corporeità sia caratterizzata da una particolare

ambiguità poichè partecipa contemporaneamente di due piani di realtà,

quello dell'oggettività e quello della soggettività. Il corpo, infatti, può

essere considerato un oggetto tra gli altri posseduti dall'uomo, d'altronde

nella sua esistenza concreta l'uomo è il suo corpo. In genere queste

affermazioni si riferiscono più o meno direttamente alla distinzione di

Husserl tra corpo fisico e corpo vissuto. Con il primo termine si intende il

corpo anatomico, inteso come meccanismo fisico-chimico, esso è frutto

dell'opera di oggettivazione operata dalla scienza moderna. In realtà non è

che un'astrazione perchè in concreto non esiste mai un corpo puramente

oggettivo, privato della sua dimensione sentita e vissuta. Il corpo

soggettivo, vissuto è invece apertura sul mondo e sede di significati

culturali e psicologici.

...il corpo in psicologia...

Da un punto di vista empirico lo studio psicologico della corporeità si

articola intorno a due concetti: quello di Schema corporeo e di Immagine

corporea. Il concetto di schema corporeo nacque in maniera abbastanza

vaga tra la fine del secolo scorso e l'inizio dell'attuale, soprattutto per

spiegare alcune alterazioni psicologiche, a partire dalla nozione di

somatognosia. Con questo termine in neurologia si intende l'insieme delle

informazioni di cui il soggetto dispone sul proprio corpo. Queste a loro

volta sono fondate sulla sensibilità cinestesica (o cenestesica) intesa come

integrazione di tutte le sensazioni viscerali, termiche, dolorifiche,

propriocettive e stato-cinetiche dalle quali scaturisce la coscienza di Sè,

quale sentimento di un corpo che mi appartiene e della mia esistenza

nello spazio limitato del mio organismo. Alle nozioni di somatognosia e

cenestesia a partire dai primi anni del secolo si aggiunge quella di Schema

Corporeo utilizzata per indicare la rappresentazione permanente

dell'organizzazione topografica e spaziale del corpo, connessa in

particolar modo alla sensibilità vestibolare.

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Lo schema corporeo è, in altri termini, l'immagine tridimensionale e

dinamica che abbiamo di noi stessi nello spazio e nelle relazioni con gli

altri. Per immagine corporea non si intende , una semplice percezione e

neppure una rappresentazione mentale bensì un modello percettivo al

quale ogni nuova afferenza sensoriale si rapporta in modo tale che la

sensazione finale di posizione o di localizzazione viene correlata con un

sistema di riferimento in perenne evoluzione. Ogni nuova postura ed ogni

movimento vengono registrati su questo schema plastico , e l'attività

corticale mette in relazione ad esso ogni nuovo gruppo di sensazioni.

L'esistenza di questo schema ci permette di localizzare un punto sul nostro

corpo e di esplorare il mondo esterno in rapporto ad esso.

L'alterazione del sistema in seguito a lesione corticale è all'origine di

fenomeni patologici quali l'emisomatoagnosia (mancato riconoscimento di

una metà del corpo), l'autopoagnosia (incapacità di localizzare un punto

sul corpo) e di altri disturbi di interesse prevalentemente neurologico.

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In psicologia lo studio dell'immagine del corpo si innesta sulla sua

considerazione neurologica per esaminarne le componenti affettive e

psicodinamiche. Lo studio del processo di formazione e di evoluzione

dello schema corporeo nel bambino , infatti, mostra come l'immagine che

ne deriva non sia solo il risultato di un processo di integrazioni sensoriali,

bensì un'esperienza complessa sulla base della quale si forma la

Coscienza di sé ed il senso dell'unità psichica.

Nel corso dello sviluppo la nozione del proprio corpo non è un dato

immediato e primitivo, ma necessita di un'integrazione preliminare di

varie funzioni sensoriali: quella enterocettiva (relativa alla sensibilità

viscerale), quella propriocettiva (relativa all'equilibrio, alla postura ed al

movimento) e quella esterocettiva (relativa alle stimolazioni provenienti

dal corpo esterno).

Nel neonato lo spazio corporeo è limitato alla bocca e all'apparato

respiratorio, in seguito la maturazione degli apparati sensoriali e motori

...il corpo in psicologia...

permette l'integrazione di esperienza di prensione e di coordinazione oculo-

motoria. Dopo il sesto mese l'attenzione del bambino sembra rivolgersi

alle parti inferiori del corpo e sono riscontrabili i primi segni di una

differenziazione tra soma e mondo esterno. Ciò è facilitato dal fatto che

quando il bambino è in grado di mantenere la posizione seduta, può

vedere non solo lo spazio che lo circonda ma anche il proprio corpo. Fino

al sesto mese la vita psichica è basata sull'immagine di un corpo

spezzettato le cui parti successivamente vengono unificate grazie agli

apporti propriocettivi derivati dalla locomozione e quelli visivi desunti

dalle prime esperienze allo specchio, nonché ad un processo di

identificazione con la figura materna. Verso i due anni il bambino ha

acquisito la nozione dell'insieme del suo corpo ed il concomitante

sentimento di essere uno effettivamente e psichicamente; solo più tardi

però, arriverà a capire le relazioni che vi sono tra le diverse parti del corpo

ed a rappresentarle correttamente nel disegno.

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L'età compresa tra i due e i cinque anni è il periodo globale

dell'apprendimento e dell'uso di sé; esso è associato e a dei gesti e ad una

locomozione sempre più precisa. Tra i cinque e i sette anni si giunge ad

un completo sviluppo delle possibilità di controllo posturale e

respiratorio, alla distinzione tra destra e sinistra ed alla definizione della

laterizzazione manuale nonché all'indipendenza della motilità della

braccia dal tronco. Dai sette ai dodici anni si raggiunge l'elaborazione

definitiva dello schema corporeo e la stabilizzazione dei vari modi di

relazione con se stessi e con il mondo esterno. Numerose difficoltà del

bambino possono essere spiegate con l'alterazione o con una mancata

elaborazione dello schema corporeo. In particolare sono da segnalare i

disturbi della lateralità che possono comportare anomalie della

strutturazione spaziale con conseguente difficoltà nell'apprendimento

della lettura, della scrittura e del calcolo (alessia, agrafia, acalculia). Altri

disturbi più gravi sono causati da una mancata integrazione , su base

affettiva, delle esperienze corporee fondamentali, con conseguente

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compromissione della coscienza di sé e della separazione tra mondo

oggettivo esterno e mondo soggettivo interno. Un contributo

fondamentale allo studio psicologico del corpo è quello psicoanalitico. Al

corpo biologico dell'anatomista la psicoanalisi contrappone un corpo più

arcaico , materialmente invisibile, sede degli investimenti pulsionali della

prima infanzia, formatosi a partire dalle prime vicende della libido. Lo

studio dello schema corporeo , come si è visto, è nato in ambito

neurologico-psichiatrico per scoprire la struttura mentale responsabile

delle localizzazioni corporee; nella prospettiva della psicologia dell'età

evolutiva esso è stato studiato allo scopo di definire le tappe dello

sviluppo psicomotorio del bambino e della costituzione della Coscienza

di Sè. Le indagini psicoanalitiche completano le precedenti prospettive

vertendo prevalentemente sulla dimensione simbolica inconscia

dell'Immagine del Corpo.

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La psicoanalisi studia l'Immagine del corpo attraverso la successione delle

fasi dello sviluppo psicosessuale ed attraverso la modificazione dei

rapporti con gli oggetti affettivi. A partire da uno stadio di narcisismo

primario, la libido investe le varie parti del corpo generando una continua

modificazione della sua rappresentazione psichica. Nella fase orale, che

segue il periodo iniziale di indifferenziazione , il nucleo della Immagine

del Corpo è nella zona orale, e l'esperienza fondamentale è quella della

suzione. Tuttavia l'acquisizione della consapevolezza corporea si avvale

anche di altre esperienze come quelle derivate dalla stimolazione cutanea

e dal movimento degli arti. Nel secondo anno di vita la bocca incomincia

a perdere il suo primato libidico, e divengono dominanti la zona anale e le

funzioni escretorie. Questa parte del corpo acquista connotazioni

particolari in relazione alla soddisfazione degli impulsi ed alla relazione

con gli altri. La fase successiva è quella fallico-genitale in cui la regione

genitale diventa dominante per la soddisfazione dell'istinto sessuale.Con

la scoperta della differenziazione tra i sessi, l'Immagine del Corpo

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si costruisce in maniera diversa per i maschi e per le femmine. Nel maschio

l'erogeneità del corpo si concreta sul pene che diventa sede delle attività

masturbatorie infantili ed adolescenziali, nella ragazza la mancanza di un

organo specifico analogo a quello maschile porta ad un maggior

investimento libidico di tutto il corpo. Così , accanto al corpo percettivo

reale si forma un corpo immaginario, investito di cariche affettive

inconscie, animato da fantasie orali, anali e genitali che possono alterarne

la percezione come nei casi della sintomatologia da conversione somatica

o delle alterazioni più profonde del vissuto corporeo.

Le alterazioni del vissuto corporeo

Il termine “vissuto corporeo” in questo senso si colloca al di fuori di una

prospettiva puramente fenomenologica per indicare tutti gli aspetti

cognitivi,emotivo-affettivi e simbolici relative all'esperienza del corpo.

Tra le patologie psichiche centrate sul corpo risultano di particolare

interesse per gli operatori sanitari le malattie psicosomatiche in cui la

presenza di alterazioni organiche vere e proprie implica un intervento

medico oltre che psicologico.

L'isteria, chiamata anche nevrosi di conversione, è caratterizzata appunto

dalla conversione somatica per cui un affetto viene rappresentato e

vissuto nel corpo. La sintomatologia somatica classica della isteria è

costituita da paralisi, anestesie cutanee,crisi di dispnea, disturbi della

digestione,vomito, alterazione del ciclo mestruale, svenimenti e crisi di

agitazione scoordinata dei movimenti delle membra. La teoria

psicoanalitica chiarisce come i disturbi somatici del paziente siano la

rappresentazione simbolica di affetti inconsci inaccettabili, relativi al

...le alterazioni del vissuto corporeo...

complesso di Edipo, che nella malattia trovano la possibilità di esprimersi e

di appagarsi. La malattia dell'isterico, quindi, è assimilabile ad una messa

in scena in cui il corpo del paziente esprime attraverso i sintomi (il

linguaggio del corpo) la propria vicenda affettiva. Naturalmente il corpo

al quale rimanda l'isteria non è quello anatomico della medicina nè quello

percettivo reale, bensì il corpo libidico le cui funzioni sono suscettibili di

essere erotizzate secondo le fantasie tipiche delle prime fasi dello sviluppo

psicosessuale. Anche se la sofferenza soggettiva dell'isterico è di grado

elevato, in genere egli ostenta una certa indifferenza rispetto alla gravità

dei suoi sintomi e nel rapporto con il sanitario egli cerca più la

comunicazione che la rassicurazione. Diverso è l'atteggiamento

dell'ipocondriaco, querulo ed assillante, per il quale il rapporto con il

personale curante ha sostanzialmente lo scopo di essere rassicurato

all'infinito sui dubbi circa la sua salute.

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Per ipocondria si intende una valutazione peggiorativa della condizione

della propria salute; questa può manifestarsi sotto forma di manifestazioni

corporee semplici o di preoccupazioni ossessive ed ansiose per il proprio

stato fisico. Nelle forme meno gravi assume il carattere di una “fobia delle

malattie” quale manifestazione di angoscia nevrotica, mentre nelle forme

più gravi giunge a delle vere e proprie forme di delirio di deterioramento

somatico. In quest'ultimo caso la convinzione di essere ammalato assume

l'aspetto di una credenza tenace che resiste ad ogni tentativo di

dimostrazione e di persuasione. La negatività dei referti diagnostici non

provoca che una tranquillità provvisoria, che presto cede il posto a nuovi

dubbi e timori. La situazione dinamica che caratterizza il rapporto

dell'ipocondriaco con il proprio corpo è quella di un investimento totale

sugli organi e sulle funzioni corporee a scapito dell'orientamento della

tensione emotiva ed affettiva sul mondo esterno e sulle persone.

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In psicopatologia il ripiegamento narcisistico sul corpo può essere uno dei

primi sintomi di ritiro autistico nel corso di una incipiente psicosi.

Quadri ipocondriaci stabilizzati, invece, sono riscontrabili in personalità

paranoicali in cui la paura della malattia rappresenta un delirio di

persecuzione riferito al corpo. Il “male” è l'agente persecutore che

minaccia il corpo debole ed indifeso con il quale il paziente si identifica

cercando disperatamente di difenderlo. In altre patologie del vissuto

corporeo, invece, è lo stesso corpo a giocare il ruolo del persecutore. E'

questo il caso della anoressia mentale di tipo psicotico nella quale il

paziente si sente perseguitato dal suo stesso organismo, fino a giungere al

paradosso di doverlo distruggere digiunando per sopravvivere. Nella

anoressia mentale come nell'obesità, ad una alterazione del vissuto

corporeo, si aggiunge una patologia della funzione alimentare sulla quale

sarebbe opportuno aprire una digressione.

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Presentando brevemente le tappe dello sviluppo psico-sessuale si è

accennato al fatto che le varie parti del corpo e le funzioni ad esse

inerenti appaiono cariche di significati simbolici e relazionali, è questa la

ragione per cui tali significati si prestano ad essere rappresentati e

comunicati con il “linguaggio degli organi ”. In particolare è parso utile

esaminare sotto questo punto di vista la funzione alimentare, poiché le

patologie che ad essa si riferiscono per le conseguenze fisiche che

provocano divengono di sovente oggetto dell'intervento di medici ed

infermieri, ed anche perchè il trattamento di molti pazienti impone

restrizioni alimentari tali da suscitare reazioni conseguenti a significati

inconsci. Infatti l'alimentazione è carica di sfumature che vanno ben oltre

il bisogno nutrizionale dell'organismo. Le condotte alimentari variano da

epoca ad epoca e da una località geografica all'altra con una gamma che

varia dalla semplice nutrizione per la sopravvivenza alla ricerca della

raffinatezza gastronomica.

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In ogni civiltà divieti, prescrizioni e rituali regolano l'uso dei cibi e spesso le

abitudini regolano l'assunzione del cibo più del fabbisogno calorico vero e

proprio; inoltre presso tutti i popoli mangiare è un atto collettivo,

mediatore di relazioni umane. Nel contesto dello scambio e del rapporto

interpersonale si collega il significato psicologico peculiare della funzione

alimentare, importante per capire l'anoressia e la bulimia, sia intesi come

quadri psicopatologici sia come reazioni conseguenti a disagi di altro tipo:

in particolare nel corso del rapporto nutrizionale con la figura materna si

verificano, nella storia psicologica individuale, le prime esperienze di

soddisfazione istintuale e le prime esperienze di relazione interpersonale.

E' proprio in connessione con questa esperienza universale che si pongono

le basi dell'educazione del desiderio e della sua soddisfazione, della

formazione dei sentimenti positivi della fiducia e della gratitudine nel

confronto del partner umano, nonché nel riconoscimento delle sensazioni

corporee viscerali intorno alle quali si coagulerà il senso della propria

...le alterazioni del vissuto corporeo...

identità corporea. La fissazione a questo stadio dello sviluppo predispone

alla formazione di tratti caratteriali passivo-dipendenti o sadici-aggressivi

che possono orientare definitivamente la struttura della personalità. La

presenza di conflitti orali non risolti può essere causa di alterazioni vere e

proprie della condotta alimentare, conflitti che possono essere slatentizzati

nel corso di un regime di restrizioni alimentari provocando scompensi

psichici di vario tipo. In particolare l'obesità e l'anoressia mentale

rappresentano condizioni cliniche caratterizzate da una dinamica

intrapsichica simile, vertendo su un vissuto corporeo peculiare e su

dinamiche orali patologiche derivate da un rapporto nutrizionale ed

affettivo madre figlio alterato. Di tipo ancor più profondo sono le

alterazioni dell'immagine e del vissuto corporeo riscontrabili nelle

malattie mentali più gravi. Se i processi di rappresentazione del corpo

sono semplicemente distorti nelle nevrosi, essi risultano distrutti nelle

psicosi in cui il riconoscimento del corpo come forma è impossibile.

...le alterazioni del vissuto corporeo...

Il soggetto percepisce il corpo come un involucro vuoto che egli non abita,

oppure lo colloca in un universo frammentario in cui l'esperienza del

corpo è un'esperienza di pezzi che il paziente non riesce ad integrare in

un'immagine unica.

Il corpo del paziente

Da quanto esposto in precedenza risulta chiaro che nel momento del suo

incontro con il paziente l'operatore sanitario non debba ritenere di avere

di fronte un insieme di visceri e di muscoli, quale gli è stato mostrato sul

tavolo anatomico all'inizio del suo corso di studi, bensì un corpo vivo e

vissuto, carico di significati simbolici, fantastici e culturali, sede di

emozioni e sentimenti. Nel corso della malattia il corpo del paziente perde

il suo carattere silenzioso per portare alla ribalta alcune sensazioni

dolorose, fastidiose o comunque insolite, chiamate sintomi. Sono in

genere questi segnali del corpo che spingono il paziente a consultare il

sanitario, e costituiscono l'oggetto principale della comunicazione tra

sanitario e paziente.

I sintomi rappresentano l'esperienza soggettiva della malattia e possono

essere connessi ad un' alterazione organica dell'organismo o a contenuti

affettivo simbolici, come si è visto in precedenza.

...il corpo del paziente...

In questo ultimo caso si parla di sintomatologia funzionale o psicogena.

Gran parte dell'indagine medica consiste nel rinvenire segni obiettivi di

alterazione organica a partire dai sintomi soggettivi lamentati dal

paziente. E' questa un'operazione di obiettivazione del corpo dell'altro a

partire dall'esame obiettivo fino alle indagini strumentali che permettono

di penetrare nel corpo del paziente molto più profondamente delle mani e

dell'occhio del medico. Questo momento rappresenta una condizione

indispensabile dell'iter diagnostico ma può costituire una modalità

relazionale particolarmente snaturante per il malato. A questo proposito si

può notare come nel corso di una malattia somatica il corpo del paziente

oscilli continuamente tra le due dimensioni delle quali

contemporaneamente partecipa: è corpo vissuto che si esprime secondo

modalità esistenziali diverse , ed è anche corpo oggettivo scrutato e

manipolato.

...il corpo del paziente...

Per il personale curante spesso non è facile mantenere un equilibrio tra due

diverse prospettive di approccio al paziente, l'una caratterizzata

dall'incontro tra persone e l'altra dall'oggettivazione del corpo per

intervenire tecnicamente. Il malato ,poi, ha un rapporto altrettanto

ambiguo con un corpo divenuto estraneo e limitante ma,

contemporaneamente oggetto esclusivo di interesse e di sollecitudini per

cui egli, più che viverlo, lo scruta.

Questo ripiegamento narcisistico sul corpo risulta utile per la mobilitazione

delle energie del paziente ai fini della guarigione, può tuttavia interferire

nel suo rapporto con gli altri orientando tutte le sue conversazioni e

privandolo di tutte le soddisfazioni compensatorie che potrebbe avere da

attività creative o da incontri sociali. Specialmente nelle fasi acute della

malattia non è facile instaurare con il malato una conversazione che non

abbia per argomento i sintomi , le funzioni corporali quotidiane, i risultati

degli esami clinici , i miglioramenti, i peggioramenti, le speranze.

...il corpo del paziente...

Altra componente soggettiva spesso trascurata nell'approccio al corpo del

malato è quella connessa al pudore. Con questo termine si intende un

sentimento di conformità con le convenzioni sociali nel nascondere agli

sguardi alcune parti del corpo e lo svolgimento di alcune funzioni, in

particolare quelle riferite alla sessualità, alla minzione e alla defecazione.

Il pudore ,originariamente riferito al corpo, si estende ad ogni

manifestazione di riservatezza sulla propria intimità fisica e psicologica.

Le esigenze del pudore differiscono significativamente nelle diverse

culture e variano anche a seconda delle situazioni sociali alle quali si

riferiscono. Nel corso del rapporto del personale sanitario, per

convenzione, esse dovrebbero venir meno sia nei sanitari sia nei pazienti.

Il corpo ricondotto alla sua dimensione anatomica oggettiva , infatti,

esclude l'erotizzazione ed è sancito dai dettami dell'etica professionale

che lo sguardo del medico si rivolga a dei corpi privati della loro

dimensione libidica.

...il corpo del paziente...

Per il paziente, invece, il disinvestimento libidico del corpo può risultare più

difficile, specialmente nelle fasi iniziali della malattia per cui il dove

mostrare le parti intime può sollecitare sentimenti di imbarazzo e di

vergogna, dei quali il personale curante dovrebbe tener conto. Inoltre il

fatto di dover svolgere le funzioni escretorie in presenza di altri, oppure il

fatto di perderne il controllo, urta contro una riservatezza incoraggiata dal

processo di educazione degli sfinteri e quindi entra in conflitto con i

sentimenti di autonomia e di padronanza di sè, che nel corso del processo

di educazione si istruiscono a partire dalla capacità di disciplinare le

funzioni corporali. La violazione di intimità fisica può, specialmente in

personalità fragili, incidere anche a livello più profondo sul senso della

propria integrità psichica. In questi casi l'esposizione e la manipolazione

del corpo da parte di altri possono essere vissuti come una vera e propria

violenza o come una denigrazione totale della personalità con relativi

sentimenti di svalutazione, di spersonalizzazione e di ostilità.

LE REAZIONI PSICOLOGICHE ALLA MALATTIA

LE REAZIONI EMOTIVE

Ogni malattia contiene in sé implicito il riferimento alla sofferenza e alla

morte, ed in questo senso costituisce un trauma , intendendo con questa

parola un'esperienza tale da provocare in poco tempo un aumento di

eccitazione psicologica così forte da non poter essere liquidato o elaborato

con mezzi normali. In queste situazioni l'equilibrio psichico non si

ristabilisce facilmente a causa del persistere di emozioni violente e

protratte che rappresentano per l'organismo una situazione di stress.

Bisogna anche tener presente che una malattia non grave può essere

traumatica per i significati che riveste per un individuo o per persone la

cui stabilità emotiva sia già precaria in precedenza. Naturalmente ciò che

è traumatico da un punto di vista psichico è soprattutto il significato

psicologico della malattia. Questo può essere più o meno conscio e palese

oppure, come vedremo, inconscio e legato a simbolismi personali.

...le reazioni emotive...

I significati emotivi più immediati e responsabili di molte reazioni dei

pazienti sono legati al fatto che la malattia possa essere sentita come un

pericolo, una frustrazione e una perdita. Il pericolo è originariamente per

la vita e per l'integrità fisica, infatti la malattia costituisce sempre una

minaccia di dolore , di menomazione ed evoca sempre, più o meno

indirettamente, il fantasma della morte. L'emozione che si prova di fronte

ad un pericolo è la paura; questa si può manifestare con una varietà che va

dalla preoccupazione ragionevole e responsabile che spinge alla

collaborazione col medico, al panico angoscioso e paralizzante che può

disorganizzare progressivamente la struttura psichica di una persona. Può

anche manifestarsi senza ragioni particolari come emozione immotivata,

cioè come ansia riferita, piuttosto che a qualcosa di definito, alla stessa

situazione di incertezza e di attesa che caratterizza soprattutto la fase

iniziale di una malattia. Chi è malato, poi, subisce necessariamente una

limitazione alla soddisfazione dei propri bisogni, da quelli più elementari,

...le reazioni emotive...

come gustare cibi graditi e riposare durante la notte, a quelli secondari più

elaborati che provocano il bisogno di rapporti affettivi soddisfacenti e di

realizzazioni personali corrispondenti al proprio livello di aspirazione ed

alle proprie capacità. Il paziente allontanato dal suo ambiente e confinato

nella sua camera da letto, sarà necessariamente limitato nella

soddisfazione di queste necessità. In termini esistenzialisti la malattia

stessa consiste in una limitazione più o meno grave delle possibilità di una

persona e del suo progetto di vita. Il soggetto è perciò frustrato,

intendendo per frustrazione qualsiasi circostanza che si frapponga tra il

soggetto stesso e la soddisfazione dei propri bisogni. In psicologia

generale si studia come la reazione normale alla frustrazione sia

l'aggressività, cioè la mobilitazione di pulsioni distruttive originariamente

dirette alla rimozione dell'ostacolo frustrante e percepite soggettivamente

come collera.

...le reazioni emotive...

La collera può essere trattenuta da meccanismi di difesa , oppure trasformarsi

in un'utile grinta nella lotta per il recupero della salute. In alcuni casi per

la sua eccessiva intensità o per la fragilità dell'assetto difensivo del

paziente, la collera può assumere manifestazioni esplosive e può essere

diretta verso l'ambiente da soggetti che diventano irascibili e violenti; altre

volte l'aggressività viene introiettata e rivolta verso il soggetto stesso

diventando depressione e desiderio di autodistruzione. Ad uno stato di

depressione e di dolore morale contribuisce anche la serie di perdite

inflitte al paziente dalla patologia del suo organismo: la perdita della

salute, delle occupazioni abituali, della compagnia dei familiari (se

ospedalizzato), nonché la perdita dell'autostima, cioè del senso del proprio

valore e delle proprie capacità. Possiamo considerare ogni malattia come

una ferita narcisistica, cioè un'umiliazione del desiderio nascosto in tutti

di essere onnipotenti,invulnerabili, immortali e di primeggiare sugli

altri.La malattia mette bruscamente di fronte alla fragilità dell'esistenza

...le reazioni emotive...

Stessa ed alla possibilità che desideri ed aspirazioni debbano sottostare alle

limitazioni imposte dalla realtà esterna, ad incominciare dalla realtà stessa

del corpo. La malattia mette di fronte al fatto di essere un comune

mortale, sottoposto come tutti alle leggi della natura, bisognoso dell'aiuto

e della comprensione degli altri. E per alcuni pazienti è proprio l'orgoglio

ferito che costituisce uno dei sentimenti più penosi. La malattia

compromette anche il narcisismo sano legato all'immagine di sé ed

all'autostima. Ognuno di noi si è dato, infatti, nel corso dello sviluppo una

serie di modelli e di criteri in base ai quali giudicare il proprio valore;

quanto più ci si avvicina a questo ideale tanto più si provano sentimenti di

compiacimento ed autostima. Ora, quando l'ammalato si trova debole,

incapace e bisognoso di aiuto, meno realizzato degli altri, i sentimenti che

ne scaturiscono sono di vergogna, di inferiorità e di colpa ed esse

contribuiscono alla tristezza ed alla depressione, quanto la ferita

all'orgoglio contribuisce alla collera.

...le reazioni emotive...

I sentimenti di umiliazione, di vergogna e di inferiorità, si rafforzano

soprattutto quando la malattia si cronicizza e costituisce un'incrinazione

permanente dell'amore di sé (o narcisismo). Le malattie a carico

dell'apparato riproduttivo o che ne compromettano la funzionalità ,

possono essere lesive per la delicata sfera che verte sull'identità sessuale

creando sentimenti di dubbio o di inferiorità rispetto alla propria

femminilità o virilità ed alla propria capacità riproduttiva, attributi questi

ultimi carichi di forti connotazioni affettive. Altri sentimenti violenti, che

contribuiscono allo stato di stress emotivo del paziente, possono arrivare

dalla sollecitudine dei conflitti latenti connessi con lo sviluppo psichico

individuale. Infatti il fatto che le malattie compromettano vari organi e

varie funzioni può risolversi nella sollecitazione di fantasie relative alle

corrispondenti fasi dello sviluppo psico-sessuale. possono essere

sollecitati conflitti orali centrati sulla dipendenza, sull'avidità e

sull'aggressività nelle malattie che compromettono l'apparato orale e

...le reazioni emotive...

l'alimentazione; conflitti anali centrati sul controllo ,sul dominio e sulla

pulizia , nelle malattie a carico dell'intestino e della zona anale; conflitti

edipici e problemi relativi alla sessualità nelle malattie a carico

dell'apparato riproduttivo. Naturalmente anche le altre parti del corpo

sono cariche di significati simbolici tali da suscitare emozioni particolari

(ad esempio le mani possono significare il contatto personale e le gambe

l'autonomia) e tutto ciò confluisce nello stato emotivo del paziente

determinandone la coloritura.

LE DIFESE

Si è visto come l'essere malati sia un'esperienza carica di ripercussioni

emotive. La struttura psichica umana dispone di meccanismi di difesa che

permettono di evitare che la coscienza venga disorganizzata dalle intensità

delle emozioni e che le fantasie dell'inconscio oscurino la percezione della

realtà esterna. I meccanismi che si risvegliano nello stato di malattia

rappresentano tutta la gamma delle difese di cui l'io dispone: la negazione,

la proiezione, la scissione, la rimozione, lo spostamento, la

razionalizzazione, la formazione reattiva, e la regressione.

La regressione rappresenta la reazione più comune; essa consiste

nell'assunzione di comportamenti tipici di fasi primitive dello sviluppo, in

cui il paziente ha la possibilità di compensare le frustrazioni inferte dalla

malattia godendo delle attenzioni e della sollecitudine degli altri. Il

malato diventa esigente ed assillante, desidera essere accudito in tutte le

sue funzioni e coccolato come un bambino piccolo affidato alle cure di

adulti amorevoli. E' spesso irritato e deluso dall'atteggiamento del

...le difese...

personale curante che, per quanto possa essere sollecito, a volte non si rende

conto di quanto il paziente senta il bisogno di manifestazioni di affetto e

di partecipazione, indipendentemente dalle sue necessità materiali. In caso

di malattie gravi, di quelle con prognosi infausta e nella fase iniziale di

ogni malattia , la regressione risulta utile al malato per accettare la sua

condizione e permette al personale sanitario di ottenere da parte sua una

certa sottomissione utile al trattamento. In fase di guarigione, se la

regressione non viene superata, può essere di grande ostacolo perchè

induce il paziente a radicarsi in una situazione di passività e di dipendenza

che egli sente preferibile al recupero dell'autonomia ed al reinserimento

sociale. Molte persone psicologicamente fragili ed immature indulgono

nella malattia proprio per eludere responsabilità che non riescono a

sostenere; in alcuni casi i sintomi reali della malattia vengono magnificati

per assicurarsi la protezione di parenti ed amici. Sintomo di regressione è

spesso la fuga nel sonno, nel quale il paziente trova rifugio e l'importanza

...le difese...

che assume l'alimentazione che diviene soggetto di particolare attenzione per

il malato e per chi lo assiste. Nel corso della malattia a causa della

regressione e del ripiegamento narcisistico, le funzioni corporali

acquistano una particolare importanza come fonti di soddisfazione o di

insoddisfazione, come avviene normalmente nella prima infanzia e nella

terza età. Per alcune persone invece, regredire e dipendere sono vissuti

come situazioni psicologicamente inaccettabili, pericolose ed angoscianti,

o perchè si teme una perdita totale di autonomia e di padronanza di sé o

perchè sussistono delle difficoltà di fondo nella capacità di instaurare

rapporti interpersonali fondati sulla fiducia. Le formazioni reattive contro

la regressione si manifestano come resistenza ad accettare la condizione di

malato,rifiuto di prestar fede alle diagnosi del medico e di attenersi alle

sue prescrizioni. Nei casi più gravi queste manifestazioni giungono al

limite della patologia configurandosi come operazioni di negazione e di

proiezione . Sono queste difese arcaiche , tipiche di un Io poco strutturato

...le difese...

che si risolvono in una perdita di contatto con la realtà. La negazione, in

verità, se contenuta entro certi limiti in fase iniziale rappresenta una difesa

di tutte le persone, anche normali, le quali in genere preferiscono non

credere e non pensare all'eventualità di essere malati. E' comune

riscontrarla in casi di pazienti gravemente ammalati nei quali rappresenta

l'unica possibilità di difendersi dall'angoscia della morte incipiente.

Naturalmente in questi casi va rispettata, mentre andrebbe scoraggiata nei

pazienti in cui da una presa di coscienza della malattia potrebbe scaturire

una migliore gestione delle condizioni di salute.

Sicuramente dannosa per l'instaurarsi di un buon rapporto terapeutico è la

proiezione. In virtù di questo meccanismo i propri sentimenti ostili

vengono attribuiti al personale curante o a chi assiste il malato, che viene

considerato dal paziente responsabile delle proprie sofferenze. L'ambiente

ospedaliero poco familiare, la sensazione di essere in balia degli altri

...le difese...

e quella di non potersi difendere, provocano spesso reazioni vere e proprie di

paura nei confronti del personale curante , specie di quello infermieristico

del quale ogni trascuratezza ed ogni mancanza sono considerati dal

paziente un atto deliberato contro di lui, oppure manifestazioni di una

scandalosa superficialità professionale. Con questo non si vuol dire che le

lamentele dei pazienti contro lo staff sanitario siano tutte frutto di una

alterata visione della realtà; sono infatti molteplici le mancanze delle

strutture sanitarie e del personale ospedaliero, specialmente in relazione ai

bisogni psicologici. Ciò che si vuole sottolineare è il fatto che il malato si

trova in una condizione psichica di particolare fragilità, per cui è esposto

a reazioni emotive violente e ad operazioni difensive primitive che

possono accrescere il suo disagio mettendolo nella condizione di sentirsi

minacciato dall'ambiente stesso dal quale dovrebbe sentirsi protetto. Altro

meccanismo di difesa riferito all'aggressività facilmente osservabile è

quello dello spostamento. In questo caso il paziente dirige contro chi gli è

...le difese...

più vicino la collera impotente che non gli è possibile sfogare contro i

personaggi potenti che lo curano o contro la situazione stessa che è

costretto a subire.

Sarebbe utile che nel trattamento sanitario si tenesse conto delle reazioni

emotive del paziente dei meccanismi e comportamenti difensivi da lui

messi in atto per correggerne le conseguenze indesiderate. Ogni singola

situazione naturalmente, si configura in termini diversi, comunque in

ogni caso favorire un buon adattamento psicologico nel paziente

significa mantenere l'autostima e l'interesse per il mondo esterno ed

ottenerne la collaborazione per il miglior recupero funzionale possibile.