Il controllo sulla legge. La via incidentale 19 gennaio...

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1 Il controllo sulla legge. La via incidentale 19 gennaio 2015, ore 15:00 PARTE PRIMA: RELAZIONE Premessa: i diversi tagli possibili del tema e l’approccio prescelto: il controllo sulla legge inteso come “giudizio sulla legge”, nell’esperienza di alcuni Paesi europei (Italia, Francia, Germania, Spagna), nel contrappunto dell’esperienza nordamericana l’attenzione ai riflessi che il controllo sulla legge ha sulla tutela giurisdizionale dei diritti fondamentali (d.f.) → porta a privilegiare l’esame della via incidentale L’inquadramento del tema nella prospettiva attuale (per lo sviluppo storico: richiamo ai modelli della giustizia costituzionale e quindi rinvio alla lezione di Pegoraro) → alcuni assunti di partenza: 1) la giustizia costituzionale è attributo della democrazia liberale e dello Stato di diritto 2) il controllo sulla legge deve tener conto della ridefinizione dei modelli (e del ruolo dei giudici costituzionali); è necessario assumere un approccio dinamico, sensibile cioè ai mutamenti che anche di recente hanno caratterizzato l’esperienza di alcuni Paesi 3) il controllo sulla legge esige la considerazione della Costituzione come insieme di norme giuridiche, le quali a loro volta contemplano d.f., che l’organo di giustizia costituzionale assumerà in funzione parametrica del proprio giudizio (V. Onida: demolita l’idea della natura sovrana della legge) 4) il controllo sulla legge in via incidentale è una species del più ampio genus del controllo sulla legge: primi elementi di distinzione tra la via incidentale e la via principale (sicuramente trattata da P. Carrozza) e rinvio alla parte successiva della relazione; 5) il controllo sulla legge non è sempre funzione centrale, ed ha a sua volta ruoli e significati diversi in ordinamenti diversi (all’interno dei quali convivono modelli o comunque istituti diversificati, es. il ricorso diretto) 2% Germania, 95-97% ricorsi diretti pur con percentuale di successo bassissima, come pure in Spagna; in Italia, un tempo 90% incidentale, oggi è sceso al di sotto della metà (49% circa) - dal punto di vista della tutela dei d.f. - nei vari ordinamenti presi in considerazione; pur potendosi individuare alcune linee di fondo che consentono, entro certi limiti, di trattarne unitariamente in questa relazione 1) I profili “soggettivi” del controllo sulla legge in via incidentale: - i soggetti promotori del controllo (i giudici comuni (talvolta tramite impulso dei soggetti coinvolti nel giudizio; eventualmente gli stessi giudici costituzionali di fronte a se stessi)) → l’interposizione di un giudice (e di un giudizio) è necessaria = emerge la differenza fra controllo in via incidentale e ricorso diretto; per l’introduzione di un contrôle a posteriori de constitutionnalité des lois in Francia rinvio al dibattito (1) facciamo oggi esclusivo riferimento a quegli istituti che consentono l’eventuale attivazione di un giudizio incidentale su una legge (cuestión de incostitucionalidad, question prioritaire de constitutionnalité) e non invece a quelli che determinano l’immediata impugnazione di una legge, in cui l’interesse fatto valere da soggetti appositamente abilitati è di natura generale (ricorsi diretti non individuali = giudizio in via principale italiano, imponente per qualità e quantità negli ultimi 10 anni; recurso de incostitucionalidad spagnolo, ma anche normenkontrolle tedesco ed original and exclusive jurisdiction (per i giudizi sulle controversie tra Stati) della Corte suprema federale statunitense))

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Il controllo sulla legge. La via incidentale 19 gennaio 2015, ore 15:00

PARTE PRIMA: RELAZIONE

Premessa: i diversi tagli possibili del tema e l’approccio prescelto:

il controllo sulla legge inteso come “giudizio sulla legge”, nell’esperienza di alcuni Paesi

europei (Italia, Francia, Germania, Spagna), nel contrappunto dell’esperienza nordamericana

l’attenzione ai riflessi che il controllo sulla legge ha sulla tutela giurisdizionale dei

diritti fondamentali (d.f.) → porta a privilegiare l’esame della via incidentale

L’inquadramento del tema nella prospettiva attuale (per lo sviluppo storico: richiamo ai modelli della

giustizia costituzionale e quindi rinvio alla lezione di Pegoraro) → alcuni assunti di partenza:

1) la giustizia costituzionale è attributo della democrazia liberale e dello Stato di diritto

2) il controllo sulla legge deve tener conto della ridefinizione dei modelli (e del ruolo dei giudici

costituzionali); è necessario assumere un approccio dinamico, sensibile cioè ai mutamenti che anche

di recente hanno caratterizzato l’esperienza di alcuni Paesi

3) il controllo sulla legge esige la considerazione della Costituzione come insieme di norme

giuridiche, le quali a loro volta contemplano d.f., che l’organo di giustizia costituzionale assumerà

in funzione parametrica del proprio giudizio (V. Onida: demolita l’idea della natura sovrana della

legge)

4) il controllo sulla legge in via incidentale è una species del più ampio genus del controllo sulla

legge: primi elementi di distinzione tra la via incidentale e la via principale (sicuramente trattata da

P. Carrozza) e rinvio alla parte successiva della relazione;

5) il controllo sulla legge non è sempre funzione centrale, ed ha a sua volta ruoli e significati

diversi in ordinamenti diversi (all’interno dei quali convivono modelli o comunque istituti

diversificati, es. il ricorso diretto) 2% Germania, 95-97% ricorsi diretti pur con percentuale di

successo bassissima, come pure in Spagna; in Italia, un tempo 90% incidentale, oggi è sceso al di

sotto della metà (49% circa) - dal punto di vista della tutela dei d.f. - nei vari ordinamenti presi in

considerazione; pur potendosi individuare alcune linee di fondo che consentono, entro certi

limiti, di trattarne unitariamente in questa relazione

1) I profili “soggettivi” del controllo sulla legge in via incidentale:

- i soggetti promotori del controllo → (i giudici comuni (talvolta tramite impulso dei soggetti

coinvolti nel giudizio; eventualmente gli stessi giudici costituzionali di fronte a se stessi)) →

l’interposizione di un giudice (e di un giudizio) è necessaria = emerge la differenza fra controllo in

via incidentale e ricorso diretto; per l’introduzione di un contrôle a posteriori de constitutionnalité

des lois in Francia → rinvio al dibattito (1)

facciamo oggi esclusivo riferimento a quegli istituti che consentono l’eventuale attivazione di un giudizio

incidentale su una legge (cuestión de incostitucionalidad, question prioritaire de constitutionnalité) e non

invece a quelli che determinano l’immediata impugnazione di una legge, in cui l’interesse fatto valere da

soggetti appositamente abilitati è di natura generale (ricorsi diretti non individuali = giudizio in via

principale italiano, imponente per qualità e quantità negli ultimi 10 anni; recurso de incostitucionalidad

spagnolo, ma anche normenkontrolle tedesco ed original and exclusive jurisdiction (per i giudizi sulle

controversie tra Stati) della Corte suprema federale statunitense))

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[per i casi invece della verfassungsbeschwerde tedesca e dell’amparo spagnolo facciamo rinvio

all’esposizione di Pérez Tremp (sottolineando semmai un punto: l’eventuale autocuestión de

incostitucionalidad, sempre in Spagna, fa sì che – a giudizio di amparo accolto, in quanto la legge applicata

produca lesione dei d.f. o delle libertà pubbliche - sia necessariamente una delle Sales a rimettere la q.l.c. al

Pleno, non potendo tale questione essere sollevata direttamente; inoltre il Pleno giudicherà la legge

prescindendo da elementi fattuali e valutando se essa consenta astrattamente un’interpretazione non

incostituzionale)]

l’esperienza italiana, centrata sul controllo in via incidentale, e probabilmente già anche quella (pur breve)

francese, mostrano come la previsione di un ricorso diretto del cittadino non sia da considerarsi necessaria

(anzi, il giudizio incidentale ha svolto una preziosa opera di educazione costituzionale dei magistrati),

almeno fintantoché non emerga che le zone dell’ordinamento prive in tutto o in parte della copertura di un

controllo di costituzionalità siano estese e/o riguardino situazioni importanti (ad es. la materia elettorale),

oppure dipendano da una concezione troppo restrittiva dell’autorità legittimata a sottoporre la q.l.c. (ad es.

l’arbitro) o del contesto nel quale essa opera (ad es. il giudice cautelare) e più in generale dei requisiti della

q.l.c. → rinvio al punto 2 e al dibattito (Parte seconda, punto 2)

Tanto più considerando che nei sistemi europei di giustizia costituzionale la costituzionalità della legge

non è condizione di validità o di efficacia della stessa, per cui riservare l’accesso soltanto a determinati

soggetti (nella fattispecie, ai giudici comuni), o viceversa prevedere l’accesso diretto dei cittadini

interessati, può assumere un’incidenza determinante sul modello di giustizia costituzionale

concretamente operante

- i soggetti artefici del controllo (giudici comuni, giudici costituzionali) → la difficoltà di

riconoscere, in Europa, il delicato compito di sindacare gli atti provenienti dagli organi direttamente

rappresentativi del corpo elettorale ai giudici comuni, anche per il timore di un’eccessiva esposizione

politica della magistratura (oppure per le diffidenze verso l’operato della stessa), ha fatto sì che

venisse preferita l’introduzione di un controllo accentrato sulle leggi; e probabilmente la

contrapposizione tra giudizio diffuso e giudizio ad iniziativa diffusa ma accentrato (sistema misto)

costituisce l’elemento che ha marcato e continua a marcare più fortemente le differenze tra

l’esperienza europea e quella nordamericana; ma sempre la decisione sulla costituzionalità della

legge finisce per funzionare come “parte componibile” della successiva decisione del giudice

comune (A. Pizzorusso) e tale caratteristica è comune a tutte le esperienze qui considerate (v. punto

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è pur vero, tuttavia, che mentre il sistema nordamericano ha mantenuto sostanzialmente inalterato nel tempo

questo (ed altri) aspetti caratterizzanti (pur esercitando la Corte suprema federale un’autorità persuasiva di

tipo sistemico), viceversa in Europa si è assistito ad una “diffusione”, non tanto del controllo di

costituzionalità, quanto dell’applicazione diretta dei principi costituzionali e/o dell’interpretazione

conforme della legge alla Costituzione (infra), operati dai giudici comuni con il consenso più o meno

esplicito delle Corti o Tribunali costituzionali; questo in una stagione (definita da P. Carrozza della

“maturità” della giustizia costituzionale) a sua volta improntata alla collaborazione nel circuito cittadini-

giudici-Corte (collaborazione che sembra favorita in particolare dall’incidentalità dei giudizi, perché gli

accessi fondati sui ricorsi diretti, se possono costituire nell’immediato una forma di protezione assai efficace

dei d.f., possono nel medio-lungo periodo esaltare piuttosto una conflittualità tra giudici e Corte, come

accaduto in Spagna, dove recentemente il TC - interpretando la nozione di “speciale rilevanza costituzionale”

che rende ammissibile l’amparo – ha voluto circoscrivere le ipotesi di proprio intervento favorendo, secondo

R. Romboli, una maggiore diffusione della tutela costituzionale dei d.f.

in Germania, infine, è da sottolineare che anche i Laender (le cui Costituzioni prevedono parimenti d.f., da

interpretarsi in conformità della Legge fondamentale) hanno istituito appositi organi di giurisdizione

costituzionale, creando una notevole varietà di strutture e funzioni (è prevista ad es. pure l’actio popularis in

Baviera); molti organi risultano di fatto aggregati ai tribunali superiori del rispettivo Land, ed il

coordinamento tra le diverse giurisdizioni costituisce un problema solo parzialmente risolto dall’obbligo di

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rimettere, in caso di divergenze sull’interpretazione della Legge fondamentale, la decisione al Tribunale

costituzionale federale

2) Il tempus del controllo sulla legge in via incidentale ed i requisiti della questione di costituzionalità:

il controllo è sempre di tipo successivo ed eventuale → viene attivato nel momento in cui un giudice sta

per applicare una norma di legge ormai entrata in vigore ad un giudizio in corso; ed è rimesso all’iniziativa

dei soggetti di volta in volta legittimati (spesso, anche se non necessariamente, si sostiene che

dall’applicazione della legge derivi un possibile pregiudizio alla sfera di d.f. dei soggetti coinvolti nel

giudizio in corso (doctrine of standing); sempre, invece, si deve sospettare un qualche vulnus alla

Costituzione); secondo F. Fernandez Segado riflette una tendenza dominante delle giurisdizioni

costituzionali agli albori del nuovo millennio, ovvero quella del progressivo scivolamento dal controllo della

legge al controllo di costituzionalità (e ancora più spesso della applicazione) delle leggi; si tratta di un

controllo sempre eventuale, quindi rimesso all’iniziativa dei soggetti di volta in volta legittimati

vengono valutati positivamente, dal soggetto promotore del controllo, alcuni requisiti che la questione

di costituzionalità deve presentare → declinati nei vari Paesi con espressioni diverse, ma riassumibili

concettualmente secondo la terminologia italiana:

- nella rilevanza (il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione della

questione, la legge deve essere applicable au litige, ovvero la sua validità dev’essere determinante

per la decisione), che conferisce al controllo il carattere della concretezza, non potendosi sollevare

questioni dal carattere astratto e speculativo; incidentalità (del giudizio) significa inoltre che il

petitum del giudizio non deve corrispondere con la proposizione della stessa questione di

costituzionalità (no alla lis ficta) → ma in certi casi, noto è quello italiano della sent. n. 1/2014 sulla

legge elettorale delle Camere, la Corte ha limitato il proprio controllo all’adeguatezza delle

motivazioni da parte del giudice a quo (il giudice era stato chiamato ad un giudizio di accertamento

del diritto elettorale rivendicato in giudizio)

- e nella non manifesta infondatezza (il dubbio di costituzionalità non deve essere pretestuoso, deve

trattarsi invece di un ragionevole dubbio, ovvero la question non dev’essere priva di un caractère

sérieux; ed inoltre il giudice che solleva la questione di costituzionalità non può risolverla ricorrendo

ai consueti canoni dell’interpretazione → sviluppo progressivo della tecnica dell’interpretazione

conforme alla Costituzione, o costituzionalmente conforme (i.c.c.), secondo quanto insegnato dalle

Corti italiana e tedesca nella prima fase della loro attività istituzionale): solo se essa non è possibile,

si deve ricorrere all’organo di giustizia costituzionale

A. Pizzorusso ha valutato più in generale nella pregiudizialità (e quindi nella rilevanza, intesa

come concretezza) un importante elemento di ravvicinamento dei diversi modelli e istituti

(ravvicinamento riconosciuto del resto da molti autori: L. Elia, L. Lopez Guerra, pur dubitando

quest’ultimo della possibilità di parlare di un “modello europeo” da contrapporre a quello

“nordamericano”): la pregiudizialità infatti combina la tecnica del controllo incidentale di matrice

americana con la tecnica del controllo accentrato di matrice austriaca, e la decisione della Corte

costituzionale – già si diceva al punto 1 - finisce per funzionare come “parte componibile” della

successiva decisione del giudice a quo → emerge quindi anche un carattere di autonomia che si

apprezza, rispettivamente o tra due fasi dello stesso giudizio (nel modello nordamericano) o tra due

giudizi, comune e costituzionale (nel modello europeo); mentre i ricorsi diretti, essendo di regola

subordinati all’esaurimento delle vie di ricorso ordinarie, si risolvono nell’esperimento di un

ulteriore grado di giurisdizione (tutto ciò consentirebbe, tra l’altro, di riaffermare la centralità del

sistema americano)

Le considerazioni che precedono non vogliono significare tuttavia necessariamente che un controllo

astratto e preventivo non possa produrre esiti significativi dal punto di vista della tutela dei diritti

fondamentali, come l’esperienza francese, soprattutto a seguito dell’introduzione della saisine

parlementaire (1974) e prima dell’introduzione del controllo a posteriori, dimostra.

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il giudizio in corso viene sospeso → il giudice comune (o costituzionale) sospende l’attività processuale che

stava compiendo e sottopone al Giudice costituzionale (o a se stesso) - oppure risolve esso stesso, nel

sistema statunitense di tipo diffuso - il dubbio di costituzionalità; il giudice riprenderà il proprio giudizio una

volta avuto l’esito del controllo sulla legge

3) Le funzioni del controllo sulla legge in via incidentale:

soddisfare, coniugandoli in modo variabile, interessi diversi alla c.d. legalità costituzionale:

- interessi dei singoli e dei gruppi → si apprezzano soprattutto a seguito dell’entrata in vigore

della legge perché è in questa fase che si può meglio percepire l’incidenza della stessa legge sugli

interessi giuridicamente rilevanti che i privati cittadini o le collettività organizzate nutrono, e quindi

valutare:

non tanto l’utilità di una reazione immediata alle applicazioni che della legge vengono fatte (allorché

l’ordinamento la rimetta direttamente nella disponibilità degli stessi soggetti in Germania, o

comunque di altri soggetti legittimati ad impugnare la legge in via diretta, ad es. il Defensor del

Pueblo in Spagna);

quanto invece l’opportunità di stimolare il soggetto che applica (rectius: sta per applicare) la legge in

giudizio a farsi carico dell’impostazione di una q.l.c. (laddove l’accesso al Giudice delle leggi non

sia diretto ma “incidentale”);

ancora, apprezzare, da parte del giudice comune ed in contesto di giudizio di costituzionalità diffuso,

la effettiva possibilità di soddisfare le richieste di tutela dei d.f. attraverso l’applicazione della legge

(magari facendone un’interpretazione costituzionalmente conforme) oppure se sia necessario mettere

in discussione la legge, tramite lo screening immediato di costituzionalità;

emerge spesso l’esigenza di rendere effettiva la tutela dei d.f. dei soggetti coinvolti nel giudizio → rinvio

al dibattito (2) paradigmatica l’esperienza statunitense, nella quale i giudici si occupano di questioni sulle

quali vi è effettiva contrapposizione di interessi, proposte in un contesto adversary e in una forma

storicamente concepita come suscettibile di risoluzione attraverso il processo; i giudici quindi decidono solo

in presenza di un caso concreto che richiede una diretta e definita statuizione intorno ai diritti delle parti, in

un procedimento delimitato dai fatti allegati.

- interesse generale dell’ordinamento (si apprezza non solo nella fase di vigenza della legge, ma

anche nel procedimento di formazione della legge) → risponde all’esigenza di non consentire

l’ingresso nell’ordinamento (o comunque di limitare al massimo la produzione di effetti) di

disposizioni capaci di produrre norme contraddittorie con le superiori norme costituzionali, non solo

in materia di d.f. (nel caso francese) ma anche in materia di organizzazione dei rapporti tra poteri

dello Stato e tra Stato ed entità infrastatali (e quindi di riparto delle attribuzioni legislative, o

normative in genere che portino alla produzione di atti equiparati alla legge)

emergono riflessi sulla forma di governo e sulla forma di Stato (cenni): prevedere uno strumento di

valutazione (giurisdizionale o comunque ben procedimentalizzato) dell’utilizzo del potere legislativo da

parte di determinati soggetti pubblici che caratterizzano la forma di governo e la forma di Stato (v. più

ampiamente al punto 4: perché oggetto del giudizio in via incidentale può essere anche una legge regionale o

un atto equiparato alla legge), che affianchi altri strumenti di compensazione delle diverse istanze in gioco,

contribuisce senz’altro a caratterizzare in un modo o in un altro il regime politico e gli assetti delle relazioni

tra centro e periferia (esemplare il ruolo arbitrale tra poteri del Conseil, addirittura definito “garante

dell’alternanza” tra maggioranza e opposizioni nella fase delle esperienze di “coabitazione” al governo);

anche se poi è necessario cogliere il peso effettivo giocato dai diversi strumenti in ciascuna esperienza (ad es.

in Italia il contenzioso Stato-Regioni di fronte alla Corte costituzionale ha assunto dimensioni qualitative e

quantitative non riscontrabili in Spagna o in Germania, ed ha costituito la via preferenziale di accesso al

giudizio sulla legge regionale, che pure è sindacabile attraverso il giudizio in via incidentale).

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4) I profili “oggettivi” del controllo sulla legge in via incidentale:

il termine “legge” riassume in realtà uno spettro molto variegato di atti:

ricomprende solitamente la legge intesa in senso formale, quindi l’insieme delle disposizioni

approvate all’esito di una procedura parlamentare, ma abbraccia poi – con scelte anche assai

diverse negli ordinamenti esaminati – un buon numero di atti ulteriori.

atti formalmente equiparati alla legge ordinaria

il più tradizionale criterio adoperato per individuare gli atti normativi suscettibili di scrutinio

è il rango posseduto da questi atti nel sistema delle fonti: può trattarsi di leggi ordinarie o di

atti formalmente equiparati alle stesse (decreti legislativi e decreti legge in Italia e Spagna,

ma anche le ordonnances ratificate dal Parlamento in Francia, quindi gli atti normativi

primari del potere esecutivo, nella terminologia più specifica accolta dai diversi ordinamenti)

atti normativi che sono organizzati rispetto alla legge dal criterio della competenza

(leggi o statuti dell’entità infrastatale; interessanti in particolare i casi dell’impugnazione

degli statuti valenciano e catalano in Spagna, in cui il Trib. Cost. ha esaminato anche ricorsi

contro previsioni in tema di d.f. (ad approvvigionamento di acqua di qualità; sì ai diritti

statutari → obiettivi o mandati al legislatore regionale, e più in generale sì a norme

programmatiche utilizzabili da legge di una Com. Auton. come ponte per costruire

“asimmetria”; in controtendenza però il Trib. Cost. sui diritti linguistici per la Catalogna)

atti alla legge sovraordinati (più raramente sottordinati)

(leggi organiche in Francia e Spagna, leggi costituzionali o di revisione costituzionale che

verranno sindacati alla luce dei principi supremi che connotano l’ordinamento, anche se tale

profilo (lo accennerò parlando dei parametri del controllo) risulta assai complicato). Più

raramente può trattarsi di atti sottoordinati alla legge, per i quali si privilegia il controllo

(anzitutto di legalità) da parte del giudice comune (talvolta esigendosi (talvolta prescindendo

dal)l’impugnazione di un atto applicativo dei regolamenti governativi), ma nel caso tedesco

ed in quello spagnolo deve ricordarsi come una forma di controllo si realizza attraverso

eventuali ricorsi diretti

atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese (fonti del diritto internazionale, in particolare

trattati internazionali e diritto UE)

infine può trattarsi di atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese (fonti del diritto

internazionale, in particolare trattati), ma in questo caso il controllo è preventivo, viene

condotto sulle leggi che autorizzano la ratifica dei trattati internazionali ed in caso di esito

negativo produce effetti non tanto su quelle fonti esterne, quanto sugli atti di diritto interno

che ne consentono il recepimento nell’ordinamento nazionale (oppure sui quali i trattati

hanno comunque dei riflessi, come la Costituzione) → per il diritto UE rinvio al dibattito (3)

alcuni problemi collegati:

il momento di entrata in vigore della legge (la sindacabilità degli atti anteriori alla Costituzione)

ragionando degli ambiti suscettibili di controllo in base al tempus, ovvero al momento dell’entrata in vigore

della “legge”, si evidenzia il problema della sindacabilità delle fonti anteriori alla Costituzione (o più in

generale anteriori al parametro del controllo), risolto diversamente in via giurisprudenziale:

ad es. in Italia la Corte, fin dalla sua prima sentenza del 1956, ha affermato chiaramente che il

controllo di costituzionalità non può ritenersi limitato alle leggi successive, essendo la

Costituzione lex superior, e non semplicemente lex posterior, non potendosi dunque considerare

da parte dei giudici comuni abrogate quelle leggi anteriori incompatibili nei loro significati con i

nuovi principi costituzionali (cui viene corrispondentemente riconosciuta una portata precettiva e

non meramente programmatica), ma dovendo gli stessi giudici sottoporle al controllo accentrato

della Corte (la quale ne dichiarerà eventualmente l’incostituzionalità sopravvenuta);

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in Spagna il Tribunal ha riconosciuto una competenza concorrente del giudice comune (che può

quindi procedere alla disapplicazione con effetti limitati al caso da decidere);

ed infine in Germania le fonti anteriori sono soggette ad un controllo diffuso da parte di tutti i

giudici, avendo la legge istitutiva del Tribunale costituzionale federale escluso tali fonti dal

giudizio in via incidentale, salvo che il legislatore abbia successivamente confermato ed “incluso

nella propria volontà” la fonte anteriore (gioca, a monte di tale scelta, una concezione della

funzione del TCF, nel giudizio in via incidentale, come “garante del legislatore”, piuttosto che di

“custode della Costituzione”, che serve a salvaguardare la soggezione dei giudici alla volontà

politica del legislatore democratico)

la giustiziabilità degli atti non formalmente equiparati alla legge (ma che producono effetti analoghi)

privilegiare i caratteri formali degli atti normativi, rischia di portare a trascurare questo problema,

almeno per quegli ordinamenti, come l’italiano, che non conoscono la “valvola di sfogo” del ricorso

diretto. Si allude qui al caso dei regolamenti indipendenti, ovvero quelli che non vedono mediato il

proprio rapporto con la Costituzione da nessuna legge, al più frequente caso dei regolamenti

autorizzati a prendere il posto della legge (abrogata contestualmente alla loro entrata in vigore), e al

recente problema delle ordinanze governative (o di altre autorità amministrative, ad es. i Sindaci)

che, previste da leggi, operano in deroga alla legge, in nome dell’emergenza, o di altre clausole

generali come la sicurezza o l’ordine pubblico, incidendo talvolta su d.f. con effetti non sempre

limitati nel tempo, e che - pur avendo la forma addirittura dell’atto amministrativo - mascherano la

sostanza della legge. La Corte costituzionale di recente (sentt. nn. 196/2009, 115/2011) non si è

accontentata, come in passato, del fatto che la legge attributiva del potere richiamasse la generica

cornice dei principi generali dell’ordinamento, ma ha richiamato all’esigenza del rispetto del

principio di legalità sostanziale e quindi all’esigenza di interventi del legislatore che circoscrivano la

discrezionalità dell’autorità amministrativa cui è stato conferito potere di ordinanza

la legge che non c’è (l’omissione legislativa)

- un problema infine in un certo senso speculare a quello dell’individuazione dell’oggetto del controllo

è costituito dall’ipotesi in cui manchi la legge (la legge “che non c’è”) e tuttavia si lamenti nel

giudizio di fronte alla Corte l’omissione legislativa); l’atteggiamento del giudice costituzionale è in

questo caso necessariamente cauto, dovendo evitare di sostituire con una propria scelta discrezionale

la scelta spettante al legislatore.

Tuttavia talvolta la Corte italiana riesce a lavorare sul terreno “interstiziale” delle

disposizioni comunque già presenti nell’ordinamento, e si rinvengono quindi, nell’ambito

delle pronunce c.d. manipolative, casi di sentenze di incostituzionalità “additive”, nel senso

che si dichiara l’incostituzionalità di una legge (che c’è) nella parte in cui non prevede

qualcosa che invece dovrebbe prevedere, e questo qualcosa non corrisponde ad una scelta

discrezionale ma discende a sua volta dai principi costituzionali; in Italia V. Crisafulli, a

questo proposito, aveva utilizzato un’espressione divenuta poi celebre, quella dell’addizione

a “rime obbligate”, per sottolineare che essa si ricava dalla trama costituzionale e

ordinamentale in genere, e quindi la Corte nell’evidenziarla si mantiene fedele al suo ruolo

di garante della legittimità costituzionale dell’ordinamento (esempi nella materia

dell’adozione e del matrimonio):

sent. n. 278/2013, in ordine alla eccessiva rigidità della disciplina in materia

di adozione, che tutela l’anonimato della madre e rende irreversibile il

segreto, frustrando il diritto dell’adottato a conoscere le proprie origini,

dichiara l’illegittimità costituzionale dell’articolo 28, comma 7, della legge

4 maggio 1983, n. 184 (Diritto del minore ad una famiglia), come sostituito

dall’art. 177, comma 2, del decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196

(Codice in materia di protezione dei dati personali), nella parte in cui non

prevede – attraverso un procedimento, stabilito dalla legge, che assicuri la

massima riservatezza – la possibilità per il giudice di interpellare la madre –

che abbia dichiarato di non voler essere nominata ai sensi dell’art. 30,

comma 1, del d.P.R. 3 novembre 2000, n. 396 (Regolamento per la revisione

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e la semplificazione dell’ordinamento dello stato civile, a norma

dell’articolo 2, comma 12, della legge 15 maggio 1997, n. 127) – su richiesta

del figlio, ai fini di una eventuale revoca di tale dichiarazione;

sent. n. 170/2014, in materia di scioglimento di matrimonio a seguito di

mutamento di genere, dichiara l’illegittimità costituzionale degli artt. 2 e 4

della legge 14 aprile 1982, n. 164 (Norme in materia di rettificazione di

attribuzione di sesso), nella parte in cui non prevedono che la sentenza di

rettificazione dell’attribuzione di sesso di uno dei coniugi, che provoca lo

scioglimento del matrimonio o la cessazione degli effetti civili conseguenti

alla trascrizione del matrimonio, consenta, comunque, ove entrambi lo

richiedano, di mantenere in vita un rapporto di coppia giuridicamente

regolato con altra forma di convivenza registrata, che tuteli adeguatamente i

diritti ed obblighi della coppia medesima, con le modalità da statuirsi dal

legislatore

In Spagna l’omissione del legislatore non può peraltro formare di per sé oggetto del giudizio

del TC, ma può valere come elemento per argomentare l’incostituzionalità di una legge

vigente per una presunta discriminazione o irrazionalità (cui può seguire la necessità

immediata di una riforma legislativa nella direzione indicata dalla doctrina del TC), oppure

eccezionalmente suggerisce una “raccomandazione” indirizzata al legislatore.

Mentre in Germania, dopo un primo orientamento negativo, si sono poi sviluppati

dispositivi, specie di mera incompatibilità (infra), che rimediano all’omissione del

legislatore, e nelle controversie federali l’eventuale accertamento di un’omissione legislativa

comporta, in virtù dell’effetto di “vincolo” (infra) e del principio della fedeltà federale,

l’obbligo di provvedere all’adozione dell’atto illegittimamente pretermesso.

- Più difficile, sia congegnare una q.l.c., sia operare sul piano delle tecniche decisorie, a fronte di una

radicale inerzia del legislatore, magari al cospetto di tematiche scottanti che dividono l’opinione

pubblica e per le quali la scelta politica non è ancora matura; in questo caso appare invece possibile

pensare ad un “uso giudiziario” (interpretazione ed applicazione diretta) della Costituzione, nel

senso che l’esigenza di fornire risposta a domande di giustiziabilità di diritti (tali o presunti) frustrati

può spingere il giudice comune, sulla scorta anche del divieto di no liquet, a cercare di valorizzare

direttamente le risorse costituzionali di cui l’ordinamento dispone (talvolta combinando insieme

diversi principi), per trarne norme immediatamente applicabili e dunque idonee a soddisfare le

istanze pervenute senza coinvolgere il giudice costituzionale (esempi recenti se ne sono avuti in

Italia sulle tematiche di fine vita, in mancanza di una legge che disciplini il c.d. testamento

biologico, il più famoso dei quali è costituito da un intervento della Corte di cassazione, nel 2007,

sul caso di Eluana Englaro (Cass. civ., sez. I, n. 21748/2007)).

5) I parametri del controllo sulla legge in via incidentale:

il termine “Costituzione” ed il parametro che si allarga:

il testo scritto della Carta in un certo momento vigente

non è sufficiente avere in mente il testo scritto della Carta in un certo momento vigente in ciascuno

dei Paesi considerati (statunitense del 1787 e successivi emendamenti; italiana del 1947; tedesca del

1949; francese del 1958; spagnola del 1978), ma sarà necessario considerare anzitutto

le fonti aventi (almeno apparentente: v. infra, sul concetto di nucleo duro) pari rango, ossia le leggi

formalmente costituzionali; per l’Italia si tratta di un punto di qualche rilievo, visto che alcune riforme anche

significative non sono rifluite per intero nell’articolato costituzionale ma possono cogliersi soltanto avendo

riguardo anche alle disposizioni rimaste fuori di esso (responsabilità dei ministri, autonomia regionale), ciò

che conduce quindi ad un primo caso di allargamento del parametro

8

casi di allargamento del parametro [bloc de constitutionnalité (vs bloque de costitucionalidad); in

particolare, il diritto dell’Unione europea (trattati istitutivi e principi generali del diritto europeo) → rinvio al

dibattito (3)]

ipotesi, l’allargamento del parametro, estremamente significativa per comprendere l’assetto di quei

Paesi, in particolare Francia e Spagna, che per scelta maturata in via giurisprudenziale (il Conseil) o

per diretta indicazione del diritto positivo vedono gli organi di giustizia costituzionale confrontarsi

con una gamma più vasta di disposizioni parametriche [bloc de constitutionnalité (vs bloque de

costitucionalidad)].

Nel primo caso, si deve far riferimento ad un insieme piuttosto ampio di testi normativi,

felicemente definito bloc de constitutionnalité da L. Favoreu, a partire dal preambolo della

Costituzione (dec. 1971-44) che proclama la fedeltà del popolo francese ai diritti dell’uomo

e ai principi della sovranità nazionale così come definiti dalla Dichiarazione dei diritti

dell’uomo e del cittadino del 1789, confermata e integrata dal preambolo della Costituzione

del 1946 → che a sua volta fa riferimento a “principi politici, economici e sociali

particolarmente necessari nel nostro tempo” e a “principi fondamentali riconosciuti dalle

leggi della Repubblica” (il Conseil ha attualizzato disposizioni della Dichiarazione del 1789,

ha fatto uso parsimonioso del primo tipo di principi e più spesso del secondo tipo, venendo

poi a riferirsi anche, negli anni ’80, a principi e obiettivi de valeur constitutionnelle, fino a

ricondurre nel b.d.c., negli anni ’90, i trattati internazionali e il diritto europeo, e negli anni

Duemila la LO in materia finanziaria).

Da non confondere col caso spagnolo, nel quale – diversamente - si tratta (art. 28 LOTC), nel

contenzioso tra Stato e CCAA, di quelle leggi emanate per delimitare le competenze dello

Stato e delle CCAA o per regolare o armonizzare l’esercizio delle stesse (statuti di

autonomia; leggi organiche di trasferimento; leggi “quadro” dello Stato);

il ruolo della stessa giurisprudenza costituzionale

un po’ in tutte le esperienze, sia pure con sfumature diverse, si pone poi l’esigenza di

considerare il ruolo della stessa giurisprudenza costituzionale, nell’implementazione del

parametro, che diventa tanto più forte in presenza (negli Stati Uniti) di una Costituzione

breve, antica e (di conseguenza) oscura, elementi che hanno lasciato spazio alle doctrines

della Corte suprema federale, le quali in molti settori (es. XIV emendamento: nessuno può

essere privato della vita, libertà, proprietà senza due process of law → principio del giusto

processo, formale e sostanziale) costituiscono il vero parametro della questione (la

Costituzione diventa “ciò che la Corte dice che essa sia”). Le nuove necessità di protezione

dei diritti storicamente esistenti devono risultare da un apprezzamento delle esigenze della

società americana così come esse si presentano in un determinato momento storico; per cui il

rilievo costituzionale di un’aspettativa di protezione è necessariamente connesso, nella

valutazione dell’interprete, all’apprezzamento di un mutamento già avvenuto nella società (e

non semplicemente in fieri, o addirittura soltanto possibile).

Ma anche in Spagna, il fatto che la LOTC abbia definito il TC “interprete supremo” della

Costituzione [che può inoltre, per la LO n. 6/2007 (di riforma della LOTC), delimitare il

proprio ambito di giurisdizione adottando tutti gli strumenti necessari a preservarla], fa sì

che la sua interpretazione dei precetti costituzionali, una volta formulata, vincoli tutti, e nella

pratica ciò ha effetto soprattutto nei confronti dei giudici comuni (per alcuni cenni, infra,

rinviando poi alla lezione di Romboli).

Non vi è quindi, infine, dubbio che un ruolo di primario rilievo spetti ai precedenti

giurisprudenziali delle stesse Corti, al di là del valore formalmente loro riconosciuto nei

diversi sistemi, per esigenze di coerenza e prevedibilità delle decisioni da prendere, o

comunque per spiegare i mutamenti nell’ottica di una tutela dei d.f. e degli interessi in gioco

che sia la più armonica possibile. Essi garantiscono tra l’altro una interpretazione evolutiva

dei diritti, perché la Costituzione è un “albero vivo” che si adegua alla realtà della vita

moderna, e contribuisce allo sviluppo della cultura giuridica, che non può ricostruirsi

solo con un’interpretazione letterale, sistematica e originalista dei testi giuridici ma anche

grazie all’osservazione della realtà sociale giuridicamente rilevante (“evidente evoluzione,

9

ma anche perfetta riconoscibilità, dell’istituto matrimoniale”: con questo tipo di valutazione

il Trib cost. spagnolo ha rigettato (sent. n. 198/2012) il recurso di incostituzionalità

presentato dai deputati del partito popolare sulla legge che consente il matrimonio

omosessuale (e l’adozione minorile nello stesso matrimonio omosessuale) in Spagna).

Da considerare poi il ruolo di altre giurisprudenze costituzionali, che possono essere

richiamate ad adiuvandum, come accaduto ad es. in Italia con la sent. n. 170/2014 (supra, al

punto 4); e infine possibili richiami delle giurisprudenze delle due Corti europee, il cui

significato però cambia seconda che, rispettivamente, si siano già pronunciate su questione

analoga (es. sent. n. 278/2013 (ancora supra punto 4) rispetto a Godelli c. Italia, pronunciata

dalla Corte di Strasburgo l’anno precedente, in materia di adozione: la Corte italiana dichiara

l’illegittimità costituzionale sulla base degli stessi rilievi formulati dalla Corte Edu,

superando propria pronuncia di infondatezza n. 425/2005, pur costruendo la motivazione in

modo autonomo, con decisivo riferimento agli artt. 2 e 3 Cost.), oppure più genericamente

sulla stessa materia, ed eventualmente addirittura con riferimento ad ordinamenti differenti

il parametro che si restringe:

allorché si ponga il problema di sindacare una legge costituzionale → il “nucleo duro” della Costituzione e il

problema (diverso, ma collegato) di una gerarchia interna delle norme costituzionali

ragionando in senso inverso, una legge costituzionale impone - già sul piano logico - di assottigliare le

norme utili ad impostare il raffronto, e che possono essere descritte in termini molto generali come il

“nucleo duro” della Costituzione; la praticabilità di una tale prospettiva è stata ammessa chiaramente

in Italia dalla Corte costituzionale (sent. n. 1146/1988) che si è riferita ai principi supremi, ovvero

principi fondamentali e diritti inalienabili della persona umana, che “appartengono all’essenza dei valori

supremi sui quali si fonda la Costituzione” e quindi non sono assoggettabili al procedimento di revisione

costituzionale né sottoponibili, pertanto, al vulnus portato da fonte, la legge costituzionale, avente solo

apparentemente pari rango); recentemente la sent. n. 238/2014 ha ribadito questa prospettiva,

dichiarando addirittura l’incostituzionalità della norma internazionale consuetudinaria sull’immunità

degli Stati dalla giurisdizione civile degli altri Stati, ridotta già nella sua portata ad opera delle

giurisdizioni nazionali, nel senso che essa attribuisce l’immunità solo per gli atti ritenuti iure imperii →

rectius dell’art. 3 della legge 14 gennaio 2013, n. 5 (Adesione della Repubblica italiana alla Convenzione

delle Nazioni Unite sulle immunità giurisdizionali degli Stati e dei loro beni, firmata a New York il 2

dicembre 2004, nonché norme di adeguamento dell’ordinamento interno), come pure dell’art. 1 della

legge 17 agosto 1957, n. 848 (Esecuzione dello Statuto delle Nazioni Unite, firmato a San Francisco il 26

giugno 1945), limitatamente all’esecuzione data all’art. 94 della Carta delle Nazioni Unite,

esclusivamente nella parte in cui obbliga il giudice italiano ad adeguarsi alla pronuncia della Corte

internazionale di giustizia (CIG) del 3 febbraio 2012, che gli impone di negare la propria giurisdizione in

riferimento ad atti di uno Stato straniero che consistano in crimini di guerra e contro l’umanità, lesivi di

diritti inviolabili della persona (il Tribunale di Firenze dubitava della legittimità costituzionale di alcune

norme che gli avrebbero imposto di declinare la giurisdizione, come eccepito dalla convenuta, in

relazione a tre giudizi instaurati contro la Repubblica federale di Germania (RFG) per ottenere la

condanna di quest’ultima al risarcimento dei danni patiti nel corso della seconda guerra mondiale da tre

cittadini italiani, catturati nel territorio italiano da forze militari tedesche e deportati in Germania per

essere adibiti al lavoro forzato nei campi di concentramento);

in Francia la Legge costituzionale che ha previsto il controllo a posteriori limita il riscontro delle

disposizioni legislative ai diritti e alle libertà che la Costituzione garantisce (rinvio al dibattito, punto 1);

mentre in Germania è possibile impostare il problema (diverso, ma collegato) di una gerarchia

interna delle norme costituzionali a partire dalla dignità umana, come concetto affermato in base

all'art. 1 Cost. (protezione della dignità), integrato dall'art. 2 (libero sviluppo della personalità), e come

interpretato dalla giurisprudenza del Bundesverfassungsgericht che permea l’intera categoria dei d.f. (dei

quali il TC ha, tra l’altro, dato un’interpretazione estensiva), ed esige quindi una tutela particolarmente

pregnante;

negli Stati Uniti di fronte ai valori fondativi della convivenza democratica, non solo viene meno la

presunzione di legittimità che assiste invece generalmente le leggi, ma si impone al contrario un giudizio

più rigoroso (a more strict scrutiny: infra) per il sospetto di violazione di un preferred right, cioè di un

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diritto degno di una tutela maggiore, che comporta – a sua volta - l’inversione dell’onere della prova:

anziché presumere la legittimità della legge fino a prova contraria, il giudice la riterrà incostituzionale a

meno che non si dimostri che essa non lede il d.f. [in virtù dell’insegnamento della Corte suprema

federale la quale, a partire dal caso Carolene del 1937, focalizza la lettura del testo costituzionale (in

particolare i principi contenuti negli emendamenti, in quel caso la equal protection of law) sulla tutela,

appunto, dei preferred rights]

altri possibili parametri: le norme “interposte”, i trattati internazionali (che non abbiano condotto ad una

revisione costituzionale e comunque negli ordinamenti che riconoscono loro una rilevanza costituzionale: su

quest’ultimo punto, rinvio al dibattito (3)), le Costituzioni delle entità infrastatali

quella di norme “interposte” è un’espressione utile a riassumere quelle ipotesi in cui la legge

(rectius: l’oggetto del controllo) viola non disposizioni costituzionali ma altre fonti che invece la

Costituzione imporrebbe di rispettare;

in Italia si possono fare gli esempi, tra gli altri, della legge di delegazione legislativa e della

legge statale che pone principi fondamentali della materia, in ambiti di competenza concorrente

tra Stato e Regioni, come pure degli statuti regionali (che la legge regionale e la legge statale

devono rispettare, in virtù del principio di competenza); ed in virtù delle sent. cost. nn. 348 e

349/2007, anche della Convenzione europea per la salvaguardia dei diritti dell’uomo e delle

libertà fondamentali (Cedu) → quindi anche i trattati internazionali diventano, in Italia, norme

“interposte, sia pure in un modo del tutto particolare, perché il giudice comune, prima di

rimettere q.l.c. è tenuto a verificare la possibilità di un’interpretazione convenzionalmente

conforme (in questo senso la Cedu è parametro) mentre poi la Corte costituzionale si riserva lo

scrutinio della legge interna e della stessa Cedu per eventuale violazione di principi

costituzionali, diversi dall’art. 117 Cost. (che esige più in generale il rispetto dei trattati

internazionali da parte delle leggi (statali e regionali)), portandola quindi nell’area dell’oggetto;

in Germania è norma interposta ogni fonte di diritto federale (richiamata dal principio del

primato del diritto federale su quello dei Laender (art. 31 LF));

in Spagna sono tali anche le leggi organiche (canones indirectos de constitucionalidad), la cui

violazione da parte di una legge ordinaria si pone come violazione del generale principio di

riserva materiale a favore delle leggi organiche (a loro volta previste dall’art. 81 CE)

ma importanti strumenti integrativi del parametro di costituzionalità - quando si discute di un diritto

o di una libertà dell’individuo tutelati in Costituzione - sono la Dichiarazione universale dei diritti

dell’uomo e i trattati o accordi sulla stessa materia ratificati dalla Spagna (art. 10, comma 2, Cost.: i

d.f. vanno interpretati in conformità ai trattati internazionali)

in particolar modo nel giudizio astratto, ma non solo in esso, negli ordinamenti a struttura federale,

bisogna poi tener conto anche delle Costituzioni delle entità infrastatali

6) I vizi della legge sindacabili:

I vizi formali:

se si guarda all’oggetto del controllo come prodotto finale di un’attività, vengono in considerazione

anzitutto i vizi per mancato rispetto del procedimento legislativo (avendo la Costituzione francese

disciplinato in modo piuttosto accurato la procedura legislativa, è stato possibile, per il Conseil in

sede di giudizio preventivo, elaborare una notevole giurisprudenza in materia di vizi formali degli

atti sottoposti al suo scrutinio, attraverso il controllo preventivo delle leggi. Incisivo in particolare

l’esame dei profili della fissazione dell’ordine del giorno, del potere di iniziativa e di emendamento e

delle modalità di voto di un progetto di legge);

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diversamente, in Italia si è imposto, con riferimento ai decreti-legge (d.l.) il problema delle

precondizioni, dell’“ambiente giuridico” nel quali tali provvedimenti possono essere validamente

prodotti: alludo qui al problema della mancanza dei presupposti oggettivi dell’atto (cenni):

l’assenza di “casi straordinari di necessità ed urgenza” ingenera infatti una situazione per la quale il

Governo esercita un potere normativo che gli è costituzionalmente precluso (art. 77 Cost.) ed i cui

prodotti, perciò, sono soggetti a caducazione; ma i tempi ed i modi del processo costituzionale

italiano avevano fino ad un certo punto reso impossibile il controllo (intervenuta la legge di

conversione, perdevano rilievo le censure relative ai limiti del potere del Governo); poi l’abuso dello

strumento da parte del Governo ha indotto la Corte a trovare una soluzione: l’eventuale evidente

mancanza dei presupposti configura un vizio di legittimità costituzionale del d.l. e un vizio in

procedendo della legge di conversione (dapprima obiter dictum, sent. 29/1995, poi a supporto di due

dichiarazioni di incostituzionalità (sentt. nn. 171/2007 e 128/2008)); ancor più di recente (sent. n.

22/2012) la Corte ha colpito la potestà di emendamento propria del Parlamento, dichiarando

illegittimi emendamenti del tutto estranei all’oggetto o alle finalità del d.l., per via del nesso di

interrelazione funzionale tra d.l. e legge di conversione che caratterizza il relativo procedimento e

che il Parlamento non può spezzare.

A metà strada tra vizi formali e sostanziali il problema del riparto delle competenze: è un tipo di

vizio che trova notevoli riscontri nel rapporto tra Stato ed entità infrastatali (Italia, Germania,

Spagna), ed in Francia per il rispetto del domaine de la loi):

come ha osservato G. Zagrebelsky, infatti, “data una certa forma legislativa, risulta il divieto di certi

contenuti”, ma è anche vero che “dato un certo contenuto, il procedimento adottato risulta

insufficiente” (comunque sia, è un tipo di vizio che trova notevoli riscontri nel rapporto tra Stato

ed entità infrastatali (Italia, Germania, Spagna), ed in Francia per il rispetto del domaine de la loi:

dei due procedimenti finalizzati a garantire il riparto di competenze legislative e regolamentari,

previsti agli artt. 37, comma 2, e 41 Cost. francese, solo il primo (che può portare alla c.d.

delegalizzazione della legge (o di una ordonnance ratificata), così abilitando il Governo ad

intervenire in difesa del domaine réglementaire “invasa” dal legislatore) è utilizzato ancora con una

qualche frequenza (anche se il Conseil ha interpretato in maniera estensiva l’art. 34 Cost., in

particolare del concetto dei “principi fondamentali della materia”, favorendo una progressiva

riapertura del domaine législatif, che la Costituzione aveva richiuso nella gabbia delle competenze

enumerate); mentre in caso di conferma da parte dell’Assemblea nazionale di proposte o

emendamenti formulati nel corso del procedimento legislativo cui sia stata opposta l’irricevibilità da

parte del Governo, quest’ultimo si è rivolto al Conseil poche volte (l’ultima, nel 1979).

Recentemente (2007) è stato realizzato anche il primo controllo di una legge per verificare un

indebito intervento nel dominio dell’Assemblea della Polinesia francese. Più in generale, il riscontro

di eventuali violazioni del riparto costituzionale delle competenze tra le diverse fonti (legge

costituzionale, legge organica, legge ordinaria, regolamento) è sempre stato tra le priorità del

Conseil.

I vizi sostanziali e l’eccesso di potere legislativo → rinvio al dibattito (4)

7) L’uso dello strumentario processuale dei giudici costituzionali come possibile elemento selettivo

delle questioni di legittimità costituzionale (motivato o non motivato: certiorari denial); cenni

A seguito della riforma operata dal Congresso nel 1988, la Corte suprema federale degli Stati Uniti

concede il writ of certiorari (revocabile peraltro in qualsiasi momento), e si pronuncia solo sui casi

speciali ed importanti, per la cui individuazione si serve dell’ambiguità del concetto di case and

controversy (supra), selezionando - e quindi evitando di decidere - casi che non presentano questioni

ancora mature, nei quali non vi è una reale controversia o non vi sono soggetti legittimati, oppure

ipotesi in cui sia stato chiesto di esprimere un parere (advisory opinion). Il diniego di certiorary,

generalmente non motivato (anche se è ammessa l’espressione del dissenso), sembra tuttavia privo di

particolari significati, testimoniando la mancata formazione di un orientamento della Corte intorno

alla necessità di riesaminare un caso; ma talvolta possono pesare ragioni di merito, e quindi

considerazioni di judicial policy, anche in prospettiva strategica e non avendo presente solo il caso da

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esaminare. Per un esempio di caso molto discusso: Weis vs Casper (2005), nel quale la Corte

suprema non concesse il certiorari pur trattandosi di un problema delicatissimo di supposta, mancata

tutela di d.f.

Negli altri Paesi i Giudici costituzionali dispongono comunque di uno strumentario processuale più o

meno raffinato e variegato per raggiungere un risultato analogo a quello del certiorari, e quindi

selezionare le questioni da decidere; uno strumentario che non può qui essere analizzato (si è

accennato a quanto possa essere rigorosa la valutazione dell’interesse ad agire, o della rilevanza), ma

che assolve ad una funzione generalissima di filtro sui fronti che maggiormente impegnano le Corti,

determinando quindi l’eventuale inammissibilità dei ricorsi diretti o delle qq.ll.cc.

8) Gli effetti dell’avvenuto controllo sulla legge: possono apprezzarsi in relazione al tipo di pronuncia che

chiude il giudizio delle Corti, che a sua volta dipende da diversi elementi di valutazione:

a) accoglimento della questione di legittimità costituzionale o del ricorso diretto (disapplicazione vs

annullamento vs abrogazione); bisogna tener conto della gravità del vizio rilevato

negli Stati Uniti, il fatto di rilevare nel corso di un giudizio un vizio radicale di nullità dell’atto

normativo, conduce il giudice a disapplicarlo, con effetti dichiarativi, ed inter partes (tale decisione

può influire su altri giudizi pendenti, e quindi retroagire, nei limiti però dell’applicazione del

principio dello stare decisis, e quindi tenendo conto del carattere persuasivo che il precedente

giudiziario possiede in quel Paese)

nelle esperienze europee, da ultimo anche in Francia (infra), è prevalsa invece la considerazione del

vizio dell’atto sottoposto a giudizio come vizio di annullabilità → conseguentemente le Corti

emanano un provvedimento giudiziale di carattere costitutivo, con effetti erga omnes e di per se

stessi pro futuro (anche se poi si prevede l’estensione degli effetti ai rapporti giuridici non esauriti,

ed in particolare alle liti pendenti, venendo meno altrimenti l’interesse a coltivare le qq.ll.cc. o i

ricorsi diretti). In Germania la sentenza di accoglimento dichiara la nullità della legge (ed ha

espressamente “forza di legge”) con effetti ex tunc (pur con limiti disposti nell’interesse della

certezza del diritto), anche se il TCF ha importanti poteri di modulazione degli effetti temporali delle

proprie pronunce (infra)

“ordine di esecuzione” e discipline transitorie autoapplicative

il TCF tedesco può stabilire nella sua decisione chi deve darvi esecuzione (intendendosi per

esecuzione l’insieme di tutte le misure che occorrono per creare i fatti necessari per la realizzazione

del diritto individuato dallo stesso TCF) → nella prassi ha utilizzato questo potere per dettare

d’ufficio una disciplina transitoria autoapplicativa fino a quando il legislatore non avrà adempiuto al

“mandato di riparazione” dei vizi della legge accertati con dispositivi di nullità o di mera

incompatibilità (infra)

↓ ↓

eventuale modulazione degli effetti temporali (mera incompatibilità; incostituzionalità

sopravvenuta; prospective overruling)

sempre il TCF tedesco può limitarsi ad accertare la mera incompatibilità di una disposizione

normativa, decisione che non comporta l’eliminazione della disposizione dall’ordinamento giuridico,

ma consente invece di differire nel tempo gli effetti della decisione di accoglimento, dando al

contempo al legislatore la possibilità di intervenire modificando la disciplina di riferimento. In Italia

e in Spagna la modulazione degli effetti temporali è stata disposta in via di prassi e molto più

raramente; diverso il caso dell’incostituzionalità sopravvenuta, che dipende dal mutamento del

parametro (supra, punto 5), mentre con il c.d. prospective overruling si allude (e si può qui solo

accennarlo) al complesso problema della delimitazione, negli Stati Uniti, degli effetti retroattivi delle

decisioni in materia penale, in mancanza di un principio costituzionale che sostenga l’applicazione

della norma più favorevole al reo

13

b) interpretazione costituzionalmente conforme della legge (i.c.c.) → rinvio al dibattito (5)

c) rigetto della questione di legittimità costituzionale o del ricorso diretto, e limiti della loro

riproponibilità:

c.1) casi europei del giudizio accentrato: è preclusa la facoltà di riproporre la stessa questione nel medesimo

giudizio a quo, per il divieto di bis in idem, ma ogni altro giudice potrà riproporre il problema alla Corte

costituzionale, per evitare una “pietrificazione” (petrificación) (F. Rubio Llorente), nel tempo,

dell’ordinamento e della giurisprudenza costituzionale → il giudice a quo farà le sue valutazioni e

normalmente applicherà la disposizione indubbiata (in Francia si prevede specificamente, per il nuovo

controllo a posteriori, che la legge si applichi al litigio dal quale la questione è scaturita);

c.2) caso del giudizio diffuso negli Stati Uniti: il giudice utilizza la propria decisione sulla q.l.c. come

precondizione logica e giuridica per la definizione del caso di specie

I “mancati effetti attesi” e la prospettiva della tutela “multilivello” dei d.f. (rinvio ad altri interventi),

con due sottolineature (per l’Europa): due chiavi di apertura all’esterno (cioè al giudizio delle due Corti

europee, di Lussemburgo e di Strasburgo):

una notazione finale tutta sul versante dei d.f.: il controllo sulla legge (e più in generale, sugli atti

normativi) potrebbe non sortire gli effetti attesi → l’esperienza europea, in questo senso, è

interessante perché il giudizio nei diversi Paesi non funziona più come un hortus conclausus, bensì

conosce due chiavi di apertura all’esterno (cioè al giudizio delle due Corti europee, di Lussemburgo

e di Strasburgo):

della prima, ovvero del rilievo del rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia ed i suoi rapporti

con il controllo interno sulla legge, in parte si dirà (infra, punto 3 della Parte seconda);

della seconda, ovvero della valorizzazione della responsabilità degli Stati (anche) per la loro

attività normativa, con strumenti diversi, da parte di entrambe le Corti europee, segnalo, da

una parte, che la CG ha affermato fin dall’inizio degli anni ’90 il principio della responsabilità del

legislatore per inadempimento agli obblighi derivanti dall’appartenenza alla Comunità europea, che

legittima a certe condizioni il singolo a chiedere il risarcimento dei danni medio tempore subiti, di

fronte al giudice nazionale; dall’altra parte, come la Corte di Strasburgo (Corte Edu) non si limiti più

ad accordare equi indennizzi per le lesioni dei d.f. dei singoli individui garantiti dalla Cedu da parte

degli Stati, ma venga negli ultimi anni sempre più spesso a chiedere interventi di carattere generale,

dunque talvolta anche sul piano della legislazione, capaci di soddisfare più pienamente gli interessati

dei torti subiti, ma anche di prevenire ulteriori violazioni di analoghi d.f. di cui sono titolari altri

consociati.

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PARTE SECONDA: DIBATTITO SU ALCUNI TEMI

1. (Sui soggetti del controllo): la previsione di un ricorso diretto del cittadino non è da considerarsi sempre

necessaria, anzi è stata ridimensionata nell’esperienza spagnola tramite il requisito della especial

trascendencia constitucional (ipotesi enumerate dal TC nella sent. n. 155/2009; essa non è ancora sempre

ben giustificata, ciò che determina l’inammissibilità di una certa percentuale di ricorsi d’amparo); ma proprio

l’esigenza, recentemente avvertita, di colmare una lacuna sul versante dell’accesso del cittadino alla giustizia

costituzionale, spiega probabilmente l’introduzione di un contrôle a posteriori de constitutionnalité des

lois in Francia → focus

L’esperienza di questo Paese, infatti, originariamente caratterizzata dal riconoscimento della legittimazione

al ricorso preventivo ad un numero ben preciso di soggetti istituzionali (sia pure non tutti allo stesso modo e

per le medesime categorie di atti), dopo il fallito tentativo dell’inizio degli anni ’90 di introdurre la c.d.

exception d’incostitutionnalité, è stata sottoposta di recente ad una novità radicale (legge cost. 23/7/2008, n.

724; legge org. (LO) 10/12/2009, n. 1523; P. Costanzo ha parlato di un “big bang juridictionel”),

rappresentata dalla possibilità per i soggetti che sono parti di un giudizio comune (ma non per il giudice

autonomamente, ossia di ufficio), di sollevare di fronte al giudice una question prioritaire de

constitutionnalité (QPC), per violazione di un diritto o di una libertà che la Costituzione garantisce, su

di una legge che sia applicable au litige, non priva di un caractère sérieux, e che non sia stata dichiarata

conforme a Costituzione nella sede del giudizio preventivo;

- la dichiarazione di conformità costituzionale che pregiudica la proposizione di una QPC

deve essere espressa nelle motivazioni e nel dispositivo della sentenza precedente. Qualora la

dichiarazione di conformità costituzionale di una disposizione di legge sia espressa nelle

motivazioni, ma non nel dispositivo, tale testo potrà essere oggetto senz’altro di una successiva

QPC;

- una disposizione già oggetto di scrutinio da parte del Conseil, che l’aveva dichiarata conforme

alla Costituzione con una réserve d’interprétation, è stata nuovamente denunciata, ma il Conseil

ha escluso la sussistenza di un cambiamento di circostanze, in ragione del fatto che, a quanto

risultava, la réserve era stata costantemente rispettata da parte dei giudici (dec. 2011-142/145

QPC);

- di per sé, un mutamento di giurisprudenza non è idoneo a fondare un cambiamento di

circostanze, al riguardo dovendosi primariamente verificare, ad opera dei giudici comuni (e

segnatamente dei giudici supremi), se la nuova interpretazione sia conforme alla Costituzione

(dec. 2011-120 QPC);

- il riferimento alla garanzia costituzionale implica l’impossibilità, per il Conseil, di

utilizzare la question prioritaire de constitutionnalité per censurare violazioni di diritti e

libertà riconosciuti da fonti diverse, e segnatamente da quelle di matrice sovranazionale,

relativamente alle quali resta ferma la competenza dei giudici comuni a svolgere il contrôle

de conventionnalité (dec. 2011-217 QPC). Al di là di questa limitazione, il Conseil ha

comunque interpretato in maniera piuttosto generosa la clausola attributiva del potere di

sindacato in via incidentale. L’ammissibilità delle questioni non è stata, infatti, circoscritta ai

casi nei quali venissero invocati i testi facenti parte del bloc de constitutionnalité più

direttamente riferibili a situazioni giuridiche soggettive, quali la Déclaration des droits de

l’homme et du citoyen del 1789 ed il Preambolo della Costituzione del 1946. Si è anzi adottata

una interpretazione lata, che non ha escluso, in linea di principio, l’invocazione di una qualunque

delle componenti del bloc de constitutionnalité;

- il testo della Costituzione del 1958, per contro, non dovrebbe, in linea massima, essere

invocabile se non in ipotesi eccezionali, non recando esso che sporadiche disposizioni su diritti e

libertà. In taluni casi, tuttavia, l’invocazione di disposizioni tratte da questo testo si è associata a

quella di altri atti di rango costituzionale, ciò che ha escluso problemi di ammissibilità: al

riguardo, può citarsi la dec. 2012-278 QPC, relativa ad una questione in cui il richiamo all’art.

64, in materia di status dei magistrati, si era associato a quello dell’art. 6 della Dichiarazione del

1789, in tema di accesso ai pubblici uffici;

15

- lo stesso schema è stato seguito in relazione all’art. 34, inerente al riparto di competenze tra

legge e regolamento: con giurisprudenza costante, il Conseil ha chiarito che il mancato rispetto,

da parte del legislatore, della propria competenza (c.d. incompetenza negativa) non può essere

invocato se non nel caso in cui il difetto di normazione si sia riverberato nella lesione di un

diritto o di una libertà garantita dalla Costituzione (decc. 2010-95 QPC, 2011-134 QPC, 2011-

176 QPC, 2011-171/178 QPC, 2011-221 QPC, 2011-223 QPC, 2012-230 QPC, 2012-231/234

QPC, 2012-254 QPC e 2012-277 QPC);

- là dove, dunque, le disposizioni della Costituzione del 1958 sono state invocate isolatamente, di

solito il Conseil ha invece escluso la sussistenza delle condizioni per l’esame nel merito.

- in questo quadro, potrebbe ritenersi eccezionale la configurazione della libera amministrazione

delle collettività territoriali, di cui all’art. 72 della Costituzione, alla stregua di uno dei diritti e

libertà garantiti dalla Costituzione, come tale invocabile anche isolatamente in sede di question

prioritaire de constitutionnalité (dec. 2010-107 QPC, implicitamente confermata dalla dec.

2012-277 QPC)123, se non si dovesse, però, rammentare come, soprattutto sotto la spinta della

giurisprudenza amministrativa, il relativo principio sia stato de plano ritenuto costituire “une

liberté fondamentale”.

Il giudice investito della questione, non potendo decidere (tranne che in alcuni limitati casi), deve trasmettere

la question alla Corte suprema del rispettivo ordine (Cour de Cassation o Conseil d’État), la quale dispone a

sua volta di 3 mesi (per l’esigenza che la procedura si svolga sollecitamente) per decidere se sollevare QPC

di fronte al Conseil. All’iniziale rifiuto della Corte di cassazione di sollevare QQPPCC attinenti a sue

precedenti interpretazioni, ha fatto seguito una maggiore apertura (abbinata alla tecnica delle interpretazioni

costituzionalmente conformi), sulla scia della dottrina prevalente che ricomprende il diritto vivente

(“giurisprudenza costante” secondo il Conseil) nella logica del controllo a posteriori, cui hanno corrisposto

da parte del Conseil alcune decisioni interpretative di rigetto (infra, punto 5). Nel complesso il Conseil ha

prodotto, in questa nuova sede di giudizio, alcune centinaia di decisioni.

Si deve infine ricordare l’effetto abrogativo automatico (il quale può essere anche, e viene spesso,

posticipato) previsto per le decisioni di incostituzionalità totale o parziale rese dal Conseil nel controllo a

posteriori, che ha il potere tuttavia di determinare le conseguenze della dichiarata incostituzionalità sulla

situazione giuridica pregressa (di fatto, l’abrogation è un annullamento a tutti gli effetti). Da notare quindi

come, paradossalmente, l’effetto abrogativo faccia assomigliare l’attività del Conseil a quella del

“legislatore negativo” immaginato da Kelsen, dal quale il modello francese originariamente tanto si

discostava; anche se poi il Conseil è intervenuto con alcune opportune precisazioni: - qualora il controllo operato dal Conseil conduca alla constatazione di una incompatibilità tra

oggetto e parametro del giudizio, si fa luogo ad “abrogation” (termine, questo, da intendersi

come “annullamento”, alla luce degli effetti retrospettivi che il Conseil ha riconosciuto alle

declaratorie) della/e disposizione/i legislativa/e;

- gli effetti nel tempo di questa abrogation sono governati, in linea di principio, dal carattere

incidentale del giudizio, il quale postula che la dichiarazione di incostituzionalità debba

andare a vantaggio di chi è stato all’origine della QPC. All’uopo, la regola generale esclude

l’applicabilità della disposizione dichiarata incostituzionale a decorrere dalla data della decisione

del Conseil, e dunque il mutato quadro normativo è invocabile in tutti i procedimenti in corso.

2. (Sulle funzioni del controllo): l’utilizzo della via incidentale consente di per sé un buon tasso di tutela

effettiva dei d.f., o ci sarebbe comunque bisogno di un ricorso individuale diretto (pur a sua volta ben

modulato, come recentemente nell’esperienza spagnola)? → alcune decisioni recenti che tutelano i diritti

fondamentali in Italia, con cenni alle perduranti “zone d’ombra” del controllo sulla legge in via

incidentale

Negli Stati Uniti si parla di case and controversy doctrine: non possono pertanto essere proposte domande

dal carattere astratto e speculativo, di cui sarebbe difficile circoscrivere la portata, e che condurrebbero le

16

Corti non a decidere una causa ma a pronunciarsi sulla disposizione, assumendo una funzione simile a quella

legislativa. La selezione dei casi da decidere da parte della Corte suprema federale (CSFSU) avviene poi per

il tramite di alcune categorie processuali (il cui complesso costituisce la tematica della justiciability), tra le

quali lo standing, che riassume in sé la legittimazione e l’interesse ad agire

[caso recente Hollingsworth v. Perry (2013) in cui la CSFSU – nello stesso giorno in cui dichiara

incostituzionale il DOMA (v. al successivo punto 4) - dichiara inammissibile il ricorso di un

comitato promotore di referendum contro una previsione della Corte suprema della California che

aveva definito quale diritto fondamentale il “right to marry” aprendo la via del riconoscimento del

matrimonio tra persone dello stesso sesso]: la questione sottesa al caso può essere presa in

considerazione solo se dall’applicazione della legge ritenuta illegittima la parte possa subire una

lesione diretta, concreta ed attuale nella sfera dei propri interessi individuali → ciò che non poteva

dirsi nel caso di specie]

con orientamento oscillante a fronte delle class actions,

un esempio recente delle quali è costituito dalla decisione del 2012 (Knox v. Service Employees

International Union, Local 1000) con cui la CSFSU ha travolto l’obbligo di contribuzione, pur senza

espressa adesione, a favore di attività sindacali a tutela dei diritti degli impiegati pubblici);

è pur vero che poi la CSFSU (quando decide di decidere) pone sullo sfondo la questione concreta, per

focalizzarsi maggiormente sulla fattispecie astratta e valutarne la legittimità costituzionale o meno; anche se

la Corte attuale, presieduta da Justice Roberts, manifesta, al contempo, una tendenza (probabilmente

spiegabile sulla base della difficile definizione degli equilibri nel Collegio) a spostare - ogni volta che il

thema decidendum lo consente - sull’interpretazione del testo legislativo la questione di costituzionalità,

trasferendo pertanto la questione di diritto su un terreno diverso (la legislazione federale, o comunque quella

di attuazione delle clausole costituzionali), riducendo espressamente la portata dei dispositivi e

circoscrivendo le ipotesi di impiego delle proprie sentenze in funzione di precedente (la ricostruzione in

termini di principi generali viene limitata all’essenziale, e le tentazioni scettiche prevalgono sulle

ricostruzioni dogmatiche).

Nelle altre esperienze, comunque, la dimensione concreta della questione (che si traduce nel requisito della

rilevanza) si riflette normalmente in un buon tasso di tutela effettiva dei d.f. e degli interessi corrispondenti

che l’ordinamento riesce a garantire (normalmente non vuol dire però necessariamente: la tutela effettiva dei

d.f., infatti, potrebbe soffrirne se si faccia un’applicazione rigoristica della rilevanza, non accontentandosi di

considerarla come “mera applicabilità” della legge al giudizio a quo, ma viceversa esigendo una “necessaria

influenza” su di esso (ovvero: la norma di cui si dubita si pone come necessaria ai fini della definizione del

giudizio), altrimenti pronunciandosi l’inammissibilità della q.l.c. → in questo senso, alcuni casi in Italia che

denotano un’evoluzione nell’orientamento (tendenzialmente rigoroso) della Corte:

rispetto alle norme penali di favore (altrimenti irrilevanza “istituzionale”: sent. n. 148/1983 si

accontenta di una “generica utilità”, potendo l’eventuale pronuncia di incostituzionalità influire sulla

formula di proscioglimento)

rispetto alla legislazione sulla procreazione assistita (sent. n. 151/2009, ord. n. 150/2012, sent. n.

162/2014): il giudice cautelare può sollevare q.l.c. sia quando abbia provveduto (sì alla

crioconservazione degli embrioni), sia quando non abbia provveduto sulla domanda (no alla

fecondazione eterologa), purché non abbia definitivamente esaurito il proprio potere: quando la

concessione della misura cautelare è fondata proprio sul dubbio di l.c. della norma di

riferimento)→l’esito del giudizio cautelare dipende dall’esito del giudizio di costituzionalità

rispetto alla legislazione elettorale: sent. n. 1/2014, la Corte ha anche sottolineato la peculiarità ed il

rilievo costituzionale del diritto oggetto dell’accertamento, definendo la legge elettorale (l.n.

270/2005) come le regole essenziali per il funzionamento di un sistema democratico, le quali non

possono essere immuni dal sindacato di costituzionalità, pena il determinarsi una zona franca, e

quindi un vulnus intollerabile per l’ordinamento complessivamente considerato → il giudice a quo

dirà poi che l’intervento della Corte può ritenersi pienamente satisfativo per il futuro, essendo stato

leso effettivamente il diritto elettorale nel periodo di vigenza della legge 270/2005 → dimostrando

implicitamente che si è trattato di un ricorso sostanzialmente diretto, nel senso che è stata ammessa

implicitamente la possibilità di lites fictae, non potendosi in ogni caso saltare la intermediazione del

giudice a quo

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Rimangono “zone d’ombra” del giudizio di costituzionalità sulla legge: ad es. se d.f. vengono incisi da

norme contenute in atti-fonte sottratti al giudizio in via incidentale, come i regolamenti parlamentari,

secondo quanto confermato recentemente dalla Corte italiana:

sent. n. 120/2014: Nel sistema delle fonti delineato dalla stessa Costituzione, il regolamento

parlamentare è espressamente previsto dall’art. 64 come fonte dotata di una sfera di competenza

riservata e distinta rispetto a quella della legge ordinaria e nella quale, pertanto, neppure questa è

abilitata ad intervenire. L’art. 134 Cost., indicando come sindacabili la legge e gli atti che, in quanto

ad essa equiparati, possono regolare ciò che rientra nella competenza della stessa legge, non consente

di includere tra gli stessi i regolamenti parlamentari (…). Le vicende e i rapporti che ineriscono alle

funzioni primarie delle Camere sicuramente ricadono nella competenza dei regolamenti e

l’interpretazione delle relative norme regolamentari e sub-regolamentari non può che essere affidata

in via esclusiva alle Camere stesse (…). Se altrettanto valga per i rapporti di lavoro dei dipendenti e

per i rapporti con i terzi, è questione controversa, che, in linea di principio, può dar luogo ad un

conflitto fra i poteri; infatti, anche norme non sindacabili potrebbero essere fonti di atti lesivi di

diritti costituzionalmente inviolabili e, d’altra parte, deve ritenersi sempre soggetto a verifica il

fondamento costituzionale di un potere decisorio che limiti quello conferito dalla Costituzione ad

altre autorità. L’indipendenza delle Camere non può infatti compromettere diritti fondamentali, né

pregiudicare l’attuazione di principi inderogabili (…). Il rispetto dei diritti fondamentali, tra i quali il

diritto di accesso alla giustizia (art. 24 Cost.), così come l’attuazione di principi inderogabili (art. 108

Cost.), sono assicurati dalla funzione di garanzia assegnata alla Corte costituzionale. La sede naturale

in cui trovano soluzione le questioni relative alla delimitazione degli ambiti di competenza riservati è

quella del conflitto fra i poteri dello Stato: «Il confine tra i due distinti valori (autonomia delle

Camere, da un lato, e legalità-giurisdizione, dall’altro) è posto sotto la tutela di questa Corte, che può

essere investita, in sede di conflitto di attribuzione, dal potere che si ritenga leso o menomato

dall’attività dell’altro» (già sent. n. 379 del 1996)

3. (Sul parametro del controllo): l’inserimento degli atti esterni al sistema delle fonti di ciascun Paese ed in

particolare del diritto dell’Unione europea (UE) → la c.d. doppia pregiudizialità, costituzionale ed

europea, ed il c.d. dialogo tra Corti costituzionali di ciascun Paese e Corte di Giustizia dell’Unione

europea

Nel caso del diritto dell’Unione europea (UE), il discorso è abbastanza complesso: tale diritto comprende,

oltre ai trattati istitutivi e integrativi (delle originarie Comunità e poi dell’UE), e ai principi generali del

diritti comunitario (rectius: eurounitario) elaborati progressivamente nel tempo dalla giurisprudenza della

CG (infra) molte altre fonti (regolamenti, direttive, decisioni, decisioni-quadro) prodotte dalle istituzioni

politiche create dai trattati, alcune delle quali direttamente applicabili negli ordinamenti interni; è stata

prevista al contempo in seno all’Unione medesima una Corte (CG del Lussemburgo) col compito specifico di

sindacare (eventualmente, se attivato il rinvio pregiudiziale di validità) la compatibilità, oppure di chiarire i

significati (attraverso il rinvio pregiudiziale di interpretazione) di quegli atti-fonte con i principi generali

del diritto dell’UE; infine le Corti costituzionali nazionali riconoscono la c.d. pregiudiziale comunitaria,

ovvero il fatto che i giudici comuni devono interrogare quella Corte per ottenere i chiarimenti che

necessitano [un elemento di significativa differenza tra l’esperienza italiana e quella francese è dato tuttavia

dal rapporto in cui la pregiudiziale comunitaria si pone con (l’eventuale) pregiudiziale costituzionale (c.d.

doppia pregiudizialità) perché mentre in Italia (anche sulla scorta di una nota sentenza della CG, c.d.

Simmenthal, del 1978) la formulazione del quesito alla CG deve precedere l’eventuale sottoposizione di una

q.l.c. alla Corte interna, in Francia la legge org. del 2009 ha compiuto la scelta esattamente inversa, dovendo

il contrôle de constitutionnalité necessariamente precedere il contrôle de conventionnalité (e la Corte di

cassazione francese ha chiesto con rinvio pregiudiziale alla CG di esprimersi sulla compatibilità della

riforma francese con il diritto UE; la CG, trovandosi in mezzo ad un vero e proprio “affaire d’Etat”, ha

valutato il meccanismo compatibile con il Trattato sul funzionamento dell’UE, a determinate condizioni che

spetta al giudice nazionale verificare)].

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L’unico caso in cui il diritto UE dotato di efficacia diretta può divenire oggetto diretto del giudizio delle

Corti costituzionali nazionali (al di là del controllo preventivo condotto alla stregua dei trattati internazionali,

quindi dei trattati istitutivi e modificativi dell’UE) è quello in cui tale diritto lambisca l’area c.d. dei

controlimiti, ovvero metta in discussione principi supremi dell’ordinamento interno, ipotesi per la quale le

Corti (in teoria) si riservano un controllo (facendo scattare quindi “controlimiti” ai limiti che il principio del

primato del diritto dell’UE (con i suoi corollari di immediatezza e uniformità) ha prodotto da tempo rispetto

agli ordinamenti nazionali dei Paesi membri. Quindi, il diritto dell’Unione europea risente del quadro

particolare in cui esso si colloca (supra) e del primato ad esso riconosciuto, che fa sì che esso venga

sostanzialmente attratto al livello del parametro costituzionale, con sfumature differenti sul piano tecnico nei

diversi giudizi nei vari Paesi, che conducono gli organi di giustizia costituzionale ad occuparsi soprattutto

della conformità degli atti di diritto interno attuativi di diritto UE dotato di efficacia indiretta (ad es. le

direttive) visto che – come si è detto sopra - per gli atti dotati di efficacia diretta il controllo (diffuso) di

compatibilità con essi della legge nazionale è svolto immediatamente da parte del giudice comune

(eventualmente con l’ausilio interpretativo della CG nella sede del rinvio pregiudiziale)

Pur essendo quindi limitate le occasioni di intervento delle Corti costituzionali nei settori disciplinati dal

diritto UE, nel recente passato si è avuto un fenomeno interessante, ovvero le Corti costituzionali dei 4 Paesi

europei qui considerati hanno sollevato essi stessi questioni pregiudiziali di fronte alla Corte di Giustizia: lo

hanno fatto il Tribunale costituzionale spagnolo (2011, col noto caso Melloni, in materia di mandato di

arresto europeo= d.f. di difesa), il Tribunale costituzionale tedesco (2014), il Consiglio costituzionale

francese e la nostra Corte costituzionale proprio nell’ambito di giudizi sulle leggi attivati attraverso la via

incidentale (2013) = il rinvio pregiudiziale è divenuto strumento di dialogo tra le Corti nazionali e la Corte di

Giustizia UE (molti studi in dottrina, si segnala qui, con una sintesi, quello di R. Romboli in

www.rivistaAIC.it, fasc. 3/2014):

a. la CG rileva che il condannato ha volontariamente rinunciato a partecipare ai giudizi penali nei suoi

confronti, nonostante che questo fosse stato regolarmente avvertito, per cui nessuna lesione del

diritto di difesa può ritenersi realizzata nella specie, con riferimento a quanto garantito dagli artt. 47

e 48 (diritto ad un ricorso effettivo e diritto di difesa) della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione

europea (sent. 26 febbraio 2013, Melloni) → con la decisione della Corte di giustizia, accolta dal

Tribunal constitucional, dovrà essere modificata la giurisprudenza spagnola circa la estradizione del

condannato in contumacia, finora condizionata al fatto che lo stesso potesse, nel suo Paese di

origine, ricorrere contro la sentenza, come prescritto dalla garanzia del diritto di difesa e del giusto

processo.

b. Per il Tribunale costituzionale tedesco (ord. 14 gennaio 2014). l’occasione (la propria legittimazione

era già stata affermata in astratto) è data da un ricorso diretto avanzato da un gruppo di deputati e

professori euroscettici in ordine ad un provvedimento della Banca centrale europea contenente

misure per il salvataggio dell’euro, stabilendo in particolare l’acquisto di titoli di stato dei paesi

membri dell’Unione europea. Il ricorso diretto era utilizzato a tutela del principio democratico ed

allo scopo però di denunciare un atto ultra vires di un organo dell’Unione, la cui ammissibilità è

stata contestata in alcune opinioni dissenzienti (il controllo ultra vires consiste nella possibilità da

parte del Tribunale federale di verificare se atti di organi o istituzioni europee realizzino un

manifesto eccesso delle propria competenze o riguardino una sfera della identità nazionale non

trasferita né trasferibile all’Unione). Pertanto in una logica di cooperazione e di dialogo, alla Corte di

Giustizia spetta l’interpretazione della misura adottata ed al Tribunale federale l’accertamento

dell’incomprimibile nucleo della identità costituzionale e conseguentemente se tale misura, nella

interpretazione data dalla C.G.U.E., invada tale nucleo.

c. Il Conseil constitutionnel propone la sua prima questione pregiudiziale il 4 aprile 2013, sempre in

materia di mandato d’arresto europeo. La Corte di cassazione, la quale avrebbe ovviamente potuto

proporre essa stessa la questione alla Corte di giustizia, decide invece di sollevare questione di

costituzionalità della disposizione del codice di procedura penale, nella parte in cui esclude(va) il

ricorso contro la decisione che autorizza la consegna del condannato in applicazione del mandato di

arresto europeo, per supposta violazione del principio di eguaglianza e del diritto di difesa.

Attraverso il rinvio pregiudiziale il Conseil tendeva a sapere dalla Corte di giustizia se la

disposizione del codice di rito impugnata doveva ritenersi “eurounitariamente” obbligata oppure

19

come frutto di una scelta discrezionale del legislatore nazionale. Solo nel secondo caso infatti

sarebbe stata ravvisabile una competenza del Giudice costituzionale francese a controllarne la

conformità alla Costituzione. Il Conseil, in considerazione della materia trattata (libertà individuale)

e della ristrettezza dei tempi entro i quali decidere (tre mesi), chiede alla Corte di applicare la

procedura d’urgenza. Nel caso di specie si trattava di una legge che dava attuazione ad una direttiva

eurounitaria e veniva quindi in considerazione la giurisprudenza costituzionale francese, anch’essa

consolidata, che esclude in questo caso la competenza del Conseil, con solamente due eccezioni: a)

qualora il legislatore ecceda dai margini ad esso consentiti dalla direttiva; b) qualora la direttiva si

ponga in contrasto con una disposizione espressa della Costituzione o con un principio o regola

inerente la identità costituzionale della Francia. La Corte di Giustizia ha risposto che la scelta

operata dal legislatore francese non poteva ritenersi imposta dalla direttiva eurounitaria, aprendo così

la possibilità per il Conseil di controllarne la conformità alla Costituzione. Cosa che quest’ultimo ha

fatto, concludendo per la incostituzionalità della disposizione processuale e mostrando così di potersi

pronunciare su una legge di trasposizione di una direttiva che non adempie correttamente al proprio

compito e simultaneamente lede un diritto garantito a livello costituzionale.

d. Nessun elemento può invece essere dedotto dalla decisione della Corte italiana che per la prima volta

ha effettuato nel luglio 2013 un rinvio pregiudiziale nell’ambito di un giudizio incidentale sulle

leggi, dal momento che, nonostante l’assoluta novità della scelta, in contrasto con quanto

espressamente affermato cinque anni prima (ord. 103/2008), la Corte non motiva affatto il proprio

ripensamento e decide il rinvio come se ciò si ponesse invece in assoluta continuità con la propria

precedente giurisprudenza. Nel merito, la questione di costituzionalità sollevata davanti alla Corte

aveva ad oggetto la disciplina dei contratti di lavoro a tempo determinato senza la previsione di una

durata massima. I giudici a quibus rilevavano un sicuro contrasto della disciplina nazionale rispetto

alla normativa euro unitaria e proprio stante l’evidenza della stessa, non ritenevano di alcuna utilità

rivolgersi alla Corte di Giustizia a fini interpretativi. Dal momento che si trattava di normativa

dell’Unione non direttamente applicabile, i giudici, non potendo procedere alla diretta

disapplicazione della legge nazionale, avevano rimesso la questione alla Corte costituzionale per

supposta violazione dell’art. 117, 1° comma, Cost. La Corte (ord. 18 luglio 2013, n. 207), pur

dichiarandosi a conoscenza della giurisprudenza sul punto della Corte di Giustizia, ha ritenuto ciò

nonostante necessario chiedere alla stessa la corretta interpretazione della clausola eurounitaria che

funziona come norma interposta per la questione di costituzionalità, sussistendo qualche dubbio in

ordine alla puntuale interpretazione della stessa.

Una spinta alla Corte costituzionale italiana può essere derivata dal timore di ricevere, prima o poi, una

condanna da parte dell’Unione per non aver esercitato il rinvio, secondo quanto imposto dal Trattato sul

funzionamento dell’Unione alle autorità giudiziarie di ultimo grado, ma forse maggiore è stata l’influenza del

riconoscimento della forza normativa, pari a quella dei Trattati UE, attribuito alla Carta dei diritti

fondamentali dell’Unione dopo Lisbona. A seguito di ciò è risultato chiaro, anche da una serie di

applicazioni giurisdizionali, che il bilanciamento tra diritti fondamentali e libertà economiche era ormai

destinato a divenire un bilanciamento a tutto tondo, dal quale il Giudice costituzionale non poteva continuare

ad essere escluso, pena il totale isolamento ed il continuo scavalcamento da parte del raccordo giudici

comuni-Corte di giustizia che poteva ridurre la giustizia costituzionale nazionale ad una sorta di primo grado

o di giustizia regionale. Più in generale, certamente il contatto ravvicinato, che per lungo tempo i Giudici

costituzionali nazionali hanno cercato di evitare, aumenta le possibilità di divergenze, se non proprio di

scontri, su specifiche fattispecie o questioni, in conseguenza della esistenza di differenti sensibilità in ordine

ai valori che concretamente vengono in gioco (si pensi ad esempio, per l’Italia, al noto caso Pupino del

2005). Agli aspetti positivi del dialogo diretto, e non più per interposta persona, che sono motivi di stimolo

per la Corte costituzionale italiana a superare le remore fin allora mostrate, sono infatti da unire anche i rischi

di un possibile irrigidimento delle rispettive posizioni specie su tematiche che possono divenire, a seguito

della scesa in campo dei Giudici costituzionali, di un livello costituzionale ancora più alto, venendo in certi

casi a coincidere con i “vecchi” controlimiti, la cui europeizzazione può certamente favorire il dialogo, ma

altrettanto facilmente può realizzare una posizione di superiorità o supremazia della Corte di Giustizia sui

Giudici costituzionali nazionali.

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Ad attenuare un simile rischio, trattandosi di attività di collaborazione tra due soggetti, può essere decisivo il

modo come le questioni vengono poste, vale a dire le modalità di impostazione e gli argomenti utilizzati. Da

parte dei Giudici costituzionali, si pensi ad esempio al diverso modo come la questione del mandato di

arresto europeo è stata impostata dal Tribunal constitucional spagnolo rispetto al Conseil constitutionnel

francese e soprattutto all’utilizzo fatto di recente del ricordato controllo ultra vires, elaborato dal Tribunale

federale tedesco, dalla Corte costituzionale ceca (la quale ha dichiarato ultra vires una sentenza della Corte

di giustizia in materia previdenziale, sostenendo che essa si era spinta oltre le competenze cedute all’Unione

europea da parte della Repubblica ceca, la quale ha esplicitamente ammesso che non darà attuazione alcuna

alla suddetta sentenza). Dal lato invece della Corte di Giustizia lo spirito di collaborazione sembrerebbe

richiedere di norma decisioni che tendano maggiormente a persuadere ed a convincere che ad ordinare ed

imporre certi comportamenti, mostrando dosi di tolleranza in ordine all’impatto dei principi eurounitari

nell’ordinamento nazionale e nei riguardi dei caratteri peculiari di quest’ultimo. Nel dialogo collaborativo fra

interpreti ed interpretazioni un ruolo fondamentale dovrebbe assumere la motivazione dei provvedimenti, sul

presupposto che la realizzazione dei diritti fondamentali è da ritenere un finalità generale e non una materia

rientrante nella competenza specifica di un organo, con la conseguenza che le forme di tutela debbono

integrarsi tra di loro per raggiungere il massimo risultato, senza in tal senso poter essere viste o considerate

come una limitazione della sovranità nazionale.

4. (Sui vizi sindacabili): se ci si concentra sui contenuti normativi dell’oggetto del controllo, l’aspetto più

complesso e interessante è costituito dall’eccesso di potere legislativo, che si traduce nel controllo di “non-

arbitrarietà” della legge: declinato a sua volta in espressioni caratterizzate nelle diverse esperienze da

sfumature diverse [focus sul controllo di razionalità, ragionevolezza, proporzionalità, a partire dagli

standards di giudizio elaborati nella giurisprudenza della Corte suprema federale degli Stati Uniti ]

Il controllo di razionalità, ragionevolezza per l’Italia e gli Stati Uniti (C. Mortati già rilevava come la

nozione di ragionevolezza non fosse nella sostanza diversa da quella di eccesso di potere legislativo), o di

proporzionalità (proportionnalité, con un test organizzato su una triade canonica: adéquation, nécessité,

proportionnalité au sens strict) per Francia, Germania e Spagna, rappresenta un punto fondamentale

dell’attività delle Corti e viene operato almeno in due accezioni:

1) per un primo aspetto, può evidenziarsi uno stretto legame con il principio di eguaglianza (allorché

ci si esprime in termini di razionalità, logica, coerenza, congruità) e qui le Corti àncorano il proprio

sindacato alla ratio legis; la razionalità è un carattere interno ad un sistema informato al principio di

coerenza, e si risolve in sostanza nel criterio di non contraddizione della legge con se stessa (e con le altre

leggi); l’irrazionalità è quindi la rottura della coerenza interna dell’ordinamento

→ Non significa carattere assoluto della generalità della legge, ma richiede giustificatezza delle

differenziazioni (nei trattamenti dei cittadini) → sent. n. 204/1982 coerenza come carattere strutturale del

diritto, altrimenti le norme degradano al livello di un “gregge senza pastore” (“ovejas sin pastor”)

2) il riferimento alla ragionevolezza è poi utile per estendere il giudizio delle Corti a tutti i principi

costituzionali coinvolti nella q.l.c., al fine di operare un ragionevole bilanciamento (o un equilibrato

contemperamento) degli stessi e di giudicare appunto come irragionevole o non irragionevole la scelta del

legislatore, a seconda che essa esprima o meno un uso distorto della discrezionalità di cui il legislatore

dispone. Qui la ragionevolezza ha a che vedere con un sistema di valori complessivo

(Corte cost. italiana, sent. n. 162/2014, sul divieto di fecondazione eterologa: “lo scrutinio delle

censure va effettuato, avendo riguardo congiuntamente a tutti questi parametri, poiché la

procreazione medicalmente assistita coinvolge «plurime esigenze costituzionali» e,

conseguentemente, la legge n. 40 del 2004 incide su una molteplicità di interessi di tale rango”).

Questi, nel loro complesso, richiedono «un bilanciamento tra di essi che assicuri un livello minimo di

tutela legislativa»” (…) “Il censurato divieto, nella sua assolutezza, è pertanto il risultato di un

irragionevole bilanciamento degli interessi in gioco, in violazione anche del canone di razionalità

dell’ordinamento, non giustificabile neppure richiamando l’esigenza di intervenire con norme

primarie o secondarie per stabilire alcuni profili della disciplina della PMA di tipo eterologo”)

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e si risolve nell’esigenza di giustificare le componenti dell’ordinamento rispetto ad essi; le Corti non si

sovrappongono al legislatore ma valutano la (mera) plausibilità (o meglio, la non implausibilità) delle scelte

legislative (evitando, o cercando di evitare, un sindacato diretto sull’uso del potere discrezionale degli organi

elettivi, secondo la genuina versione della political question doctrine (1849), che esclude la discussione in

sede giudiziaria delle scelte politiche; anche se nel corso del Novecento l’attivismo della CSFST, soprattutto

sotto la presidenza Warren, ha ridimensionato i limiti di sistema tradizionalmente riconnessi al judicial

review, imponendo ai giudici di astenersi dal rendere una decisione solo qualora decidere equivalga a violare

le prerogative degli organi democraticamente eletti.

In continuità con una giurisprudenza ormai ampiamente consolidata, il Conseil constitutionnel ha

escluso di poter esercitare un controllo generale sulla discrezionalità del legislatore, giacché l’organo

di giustizia costituzionale non ha un potere decisionale analogo a quello del Parlamento (decc. 2012-

233 QPC e 2012-282 QPC). Ciò vale, evidentemente, in tutte quelle ipotesi nelle quali si ponga un

problema di contemperamento tra contrapposti interessi, che evocano prese di posizione da parte del

legislatore sulle quali il Conseil non ritiene di poter intervenire per diversamente collocare il punto di

equilibrio individuato (di particolare interesse sono, ad esempio, la dec. 2011-148/154 QPC, in tema

di diverso trattamento tra salariati ed altri lavoratori nell’applicazione della c.d. “giornata della

solidarietà”, la dec. 2011-172 QPC, sul test del DNA post mortem, la dec. 2012-230 QPC,

concernente limitazioni imposte all’elettorato passivo, la dec. 2012-248 QPC, in tema di conoscenza

delle proprie origini, relativamente al contemperamento tra gli interessi della madre biologica e

quelli del figlio, la dec. 2012-249 QPC, sulla necessità del previo consenso scritto della madre per il

prelievo del cordone ombelicale, e la dec. 2012-268 QPC, in tema di adozione ed affidamento ai

servizi sociali del minore in stato di abbandono).

La deferenza nei confronti delle scelte legislative non è, tuttavia, assoluta. In primo luogo, il Conseil

giustifica sovente l’impossibilità di sovrapporsi alle soluzioni legislative con lo stato attuale delle

conoscenze tecnico-scientifiche (dec. 2012-249 QPC). In secondo luogo, e soprattutto, il Conseil si

riserva di censurare l’“erreur manifeste d’appréciation” in cui sia incorso il legislatore, tanto da

provocare una compressione eccessiva di un diritto o di una libertà nel quadro della composizione tra

interessi contrapposti (dec. 2011-139 QPC, concernente la conciliazione tra la libertà di iniziativa

economica ed altre esigenze costituzionali).

→La legge ragionevole tiene conto dell’insieme delle prescrizioni costituzionali di valore (principi e fini)

entro il quale deve muoversi

Ci sono poi casi di “irragionevolezza intrinseca”: la legge non è giustificata da alcuna esigenza sociale, va

contro le strutture culturali presupposte allo stesso diritto positivo, è insensata = è affetta da un vizio

intrinseco della funzione legislativa → diversi esempi nella giurisprudenza costituzionale italiana, dalla sent.

n. 91/1973 sul divieto di donazione tra coniugi, alla sent. n. 172/2012, in materia di regolarizzazione di

lavoratori extracomunitari, passando per la sent. n. 303/1996, sulla differenza di età tra adottanti e adottato

(caso di irragionevole automatismo, che rende la legge, non contestabile in astratto, incapace però di far

fronte alle esigenze di giustizia del caso concreto).

La Corte suprema federale degli Stati Uniti ha peraltro elaborato una corposa giurisprudenza (a partire dalla

equal protection clause) che consente di evidenziare alcuni standards del giudizio di ragionevolezza, esso si

svolge cioè attraverso una pluralità di criteri:

rational relationship test → sindacato che si limita a richiedere una relazione ragionevole

tra gli obiettivi perseguiti dalla legislazione ed i mezzi previsti per realizzarli (finendo per

censurare solo le misure manifestamente irrazionali, specialmente in materia economica e

sociale)

intermediate scrutiny → criterio intermedio elaborato negli ultimi decenni per settori

meritevoli di un controllo rinforzato (es. sesso, nazionalità, filiazione): il legislatore deve

dimostrare che la sua scelta è sostanzialmente collegata ad un importante obiettivo pubblico

Maryland v. King (2013): per il caso del prelievo di DNA su soggetto fermato sulla

base di generici indizi di colpevolezza, al fine di procedere alla sua identificazione,

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in assenza di un provvedimento giurisdizionale, viene bilanciato il significant

government interest nell’accertamento dell’identità del sospettato con il diritto alla

privacy

strict scrutiny → la normativa sottoposta a controllo deve mostrare di perseguire un

obiettivo stringente e di fondamentale importanza, allorché attenti ai d.f. costituzionalmente

tutelati oppure si basi su di un criterio sospetto (es. la razza degli individui); altrimenti si

presume l’incostituzionalità delle leggi (supra)

Patient Protection and Affordable Care Act (2012): l’individual mandate, aspetto

essenziale della riforma sanitaria, conduce a ridurre la portata della clausola sul

commercio interstatale (commerce clause) in nome della necessità di tutelare la

libertà individuale di scelta e le prerogative di azione politica degli Stati (quid: la

salute negli Usa è un power o un right?); incostituzionale viene invece giudicata la

previsione di estensione delle categorie di beneficiari del Medicaid tramite fondi

federali stanziati a favore dei singoli Stati, la cui mancata attuazione veniva

sanzionata con la sospensione di tutti i fondi federali al Medicaid, annientandone in

pratica le facoltà di scelta

Diverso il ragionamento sul Defense of Marriage Act - DOMA (2013) in cui, pur

dichiarandosi la violazione dell’Equal Liberty of Persons e del Due Process,

l’argomentazione si incentra tutta sull’ingerenza del potere federale in un ambito di

competenza statale, anche se poi scivola impercettibilmente nel principio di eguale

tutela dei diritti (c’è un implicito apprezzamento della legislazione statale, laddove si

afferma che lo Stato di New Jork ha conferito alla “law conduct” delle coppie

omosessuali intenzionate a sposarsi un “lawfull status”)

Fisher v. University of Texas at Austin (2013) contro una politica universitaria che

aveva utilizzato la categoria dell’appartenenza razziale per selezionare gli studenti,

ed in particolare escludere dall’immatricolazione una studentessa = i criteri di

immissione racial neutral che avrebbero dovuto garantire la diversificazione della

provenienza etnica della popolazione studentesca non erano assolutamente

necessari, lo scopo viene valutato come insufficiente e indisponibile → sfavore vs le

affermative actions, che richiedono cmq lo strict scrutiny

5. (Sugli effetti delle decisioni): in Europa si è avvertita la necessità di trovare soluzioni ulteriori, in qualche

modo intermedie rispetto alla summa divisio accoglimento/rigetto, e ispirate al principio di conservazione

dell’atto normativo impugnato [focus sulle tecniche di giudizio e cenni agli effetti di “vincolo”]

in Italia, in particolare, la tecnica dell’i.c.c. non viene utilizzata soltanto dai giudici comuni (supra,

Parte prima, punto 2) ma “condivisa” con la stessa Corte, che ne fa uso per ovviare – con sentenza

interpretativa solitamente di rigetto - al rigido sbocco binario del suo giudizio, sia pure con modalità

variabili nelle diverse fasi di esperienza; questa tecnica è stata limitata più recentemente ai casi in cui

l’operazione interpretativa appare più ardita, ovvero quando il significato indicato dalla Corte non

discende chiaramente dal testo normativo → l’interpretazione fatta propria dalla Corte italiana non

vincola i giudici comuni, per via della loro autonomia, ma vale come suggerimento autorevole (si

discute semmai di un eventuale vincolo per il solo giudice a quo);

anche in Spagna il TC talvolta formula “sentenze interpretative”, pur avendole definite (sent. n.

5/1981) un mezzo lecito, anche se molto delicato e di difficile uso, cui è opportuno fare ricorso con

una certa cautela; la dottrina ha segnalato come esse non abbiano un dispositivo univoco e si

pongano ai margini del principio di sicurezza giuridica, cosicché, alla fine, producono effetti

differenziati a seconda della tecnica decisoria utilizzata dal TC (G. Rolla);

diversamente, in Germania, le interpretazioni conformi che fanno parte delle rationes decidendi

(che a loro volta sostengono il dispositivo) partecipano al c.d. effetto di “vincolo” per espressa

previsione delle legga istitutiva del TCF, e devono quindi essere rispettate da tutti gli organi

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costituzionali, amministrativi e giurisdizionali (se poi vengono inserite nel dispositivo, partecipano

alla “forza di legge” propria della decisione di accoglimento);

in Francia, poi, il Conseil ha aggiunto (nel 1959 per i regolamenti parlamentari; nel 1968 per le

leggi) ai tre tipi di decisioni espressamente previsti nel giudizio in via preventiva un quarto tipo

(conformité sous réserve d’interprétation), in cui ricostruisce il significato delle disposizioni in

modo da renderle conformi alla fonte superiore: la legge è quindi fatta salva a condizione che venga

interpretata secondo quanto dedotto in motivazione (nei considérants) e ripreso nel dispositif (la

dottrina ha poi distinto vari tipi di riserve, a seconda di intensità ed effetti).

La tecnica delle sentenze interpretative di rigetto si sta adesso affermando nel nuovo controllo a

posteriori → ad esempio, delle 184 decisioni rese nel biennio 2011-2012, la maggioranza assoluta è

rappresentata dalle 102 (55,43%) che hanno dichiarato conformi alla Costituzione (tutte) le

disposizioni impugnate. Sono peraltro piuttosto numerose quelle che, all’opposto, hanno dichiarato

incostituzionali tutte le disposizioni impugnate: 31, pari al 16,85%. Meno numerose (19, cioè il

10,33%) sono state le decisioni per così dire intermedie, di non conformità parziale. Interessante è

anche il dato concernente le pronunce recanti almeno una decisione di conformità con riserva di

interpretazione, che ammontano a 27 (14,67%): siffatti dispositivi, già ampiamente sperimentati nel

giudizio a priori, assumono nel giudizio in via incidentale un significato più pregnante nell’ottica

della instaurazione di un dialogo tra Conseil e giudici comuni, pur dovendosi rimarcare che

l’efficacia vincolante anche delle motivazioni delle decisioni del Conseil rende difficilmente

proponibile un parallelo con le decisioni interpretative di rigetto rese dalla Corte costituzionale

italiana

Elena Malfatti

Per contatti e-mail: [email protected]