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Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité Il census a Roma e la sua evoluzione dall’età «serviana» alla prima età imperiale Elio Lo Cascio Riassunto In età repubblicana, il census conosce diverse fasi in base alle varie ripartizioni del corpo civico prese in considerazione e in base alle categorie di maschi adulti di condizione cittadina che, per conseguenza, sono prese in considerazione. Da una fase nella quale l’elenco è quello dei mobilitati e più tardi dei mobilitabili, suddivisi per classi e centurie, si passa a un elenco, sempre per classi e centurie, di mobilitabili e di non più mobilitabili, astretti a obblighi di natura fiscale e ammessi a esercitare taluni diritti politici. L’ulteriore evoluzione (che sembra di potere datare, con qualche precisione, agli anni immediatamente successivi al 338) vede la sostituzione a questo elenco per classi e centurie di un nuovo elenco, per tribù. La registrazione su base tribale non viene meno dopo la Guerra Sociale, come non viene nemmeno a cadere l’obbligo, per il singolo sui iuris, di venire a Roma a farsi registrare. L’innovazione radicale in questo senso è quella introdotta da Cesare, con la norma sul census che leggiamo nella Tabula Heracleensis : le procedure del census vengono decentrate nelle singole municipalità, e una procedura ad hoc, a noi nota da un luogo della biografia svetoniana, è stabilita per i cittadini domiciliati a Roma. Gli elenchi, d’ora in avanti, non saranno più per tribù, ma per singola municipalità. È ormai la possibilità di esercitare i propri diritti di cittadinanza romana a livello locale a divenire lo scopo prevalente del census, per i cittadini comuni fuori di Roma, mentre per quelli di Roma lo è il poter essere ammessi a quei benefici che il possesso della cittadinanza, unito al domicilio a Roma, assicura. Citer ce document / Cite this document : Lo Cascio Elio. Il census a Roma e la sua evoluzione dall’età «serviana» alla prima età imperiale. In: Mélanges de l'Ecole française de Rome. Antiquité, tome 113, n°2. 2001. Antiquité. pp. 565-603; http://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5102_2001_num_113_2_9646 Document généré le 13/03/2018

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Mélanges de l'Ecole françaisede Rome. Antiquité

Il census a Roma e la sua evoluzione dall’età «serviana» allaprima età imperialeElio Lo Cascio

RiassuntoIn età repubblicana, il census conosce diverse fasi in base alle varie ripartizioni del corpo civico prese in considerazione ein base alle categorie di maschi adulti di condizione cittadina che, per conseguenza, sono prese in considerazione. Da unafase nella quale l’elenco è quello dei mobilitati e più tardi dei mobilitabili, suddivisi per classi e centurie, si passa a unelenco, sempre per classi e centurie, di mobilitabili e di non più mobilitabili, astretti a obblighi di natura fiscale e ammessi aesercitare taluni diritti politici. L’ulteriore evoluzione (che sembra di potere datare, con qualche precisione, agli anniimmediatamente successivi al 338) vede la sostituzione a questo elenco per classi e centurie di un nuovo elenco, pertribù. La registrazione su base tribale non viene meno dopo la Guerra Sociale, come non viene nemmeno a caderel’obbligo, per il singolo sui iuris, di venire a Roma a farsi registrare. L’innovazione radicale in questo senso è quellaintrodotta da Cesare, con la norma sul censusche leggiamo nella Tabula Heracleensis : le procedure del census vengono decentrate nelle singole municipalità, e unaprocedura ad hoc, a noi nota da un luogo della biografia svetoniana, è stabilita per i cittadini domiciliati a Roma. Glielenchi, d’ora in avanti, non saranno più per tribù, ma per singola municipalità. È ormai la possibilità di esercitare i propridiritti di cittadinanza romana a livello locale a divenire lo scopo prevalente del census, per i cittadini comuni fuori di Roma,mentre per quelli di Roma lo è il poter essere ammessi a quei benefici che il possesso della cittadinanza, unito al domicilioa Roma, assicura.

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Lo Cascio Elio. Il census a Roma e la sua evoluzione dall’età «serviana» alla prima età imperiale. In: Mélanges de l'Ecole

française de Rome. Antiquité, tome 113, n°2. 2001. Antiquité. pp. 565-603;

http://www.persee.fr/doc/mefr_0223-5102_2001_num_113_2_9646

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ELIO LO CASCIO

IL CENSUS A ROMA E LA SUA EVOLUZIONEDALL’ETÀ «SERVIANA» ALLA PRIMA

ETÀ IMPERIALE

Inizierò con alcune considerazioni preliminari. Non si insisterà maiabbastanza sul carattere pratico dei censimenti a Roma legato alle tre fina-lità del census, finalità che sono da concepire come ideologicamente con-nesse, sin da quando è sorta la vulgata su Servio e sul suo ordinamento. Etuttavia il rilievo che assume ciascuna delle tre finalità va visto, in base auna serie di suggestioni che ci derivano dalla stessa tradizione antica suServio, nonché dalla più solida documentazione relativa agli ultimi due se-coli dell’età repubblicana, in successione, piuttosto che contestualmente.Vale a dire che è difficile negare che il census sia visto nascere dalla nostradocumentazione prima di tutto come l’operazione che serve a costituire unesercito, al quale vengono attribuite certe competenze di natura politica eche è sostenuto, in prosieguo di tempo, dal contributo finanziario dei nonreclutati. Ma questa funzione primaria di natura militare cessa a mano amano di condizionare in misura decisiva le forme e le modalità della regi-strazione e dell’enumerazione, sicché vengono in primo piano, nelle opera-zioni di censimento, le altre due finalità e quella politica in particolare. Ciònaturalmente non vuol dire in nessun caso che la funzione del census perindividuare gli astretti al servizio militare venga ad attenuarsi : anzi si puòdire che le forme nuove che il census assume, le modalità nuove con le qua-li è effettuato a partire, io credo, dagli ultimi decenni del quarto secolo val-gono a modificare i criteri stessi con i quali è effettuato il dilectus.

Un altro elemento da tenere sempre presente è la necessità di distin-guere, per tutto il corso della storia del census a Roma, i vari momenti dellaregistrazione, della costituzione della lista e dell’enumerazione : certo ilcensus è perfezionato solo se il lustrum è stato conditum e dunque si puòdire perfezionato il census solo se l’operazione connessa col lustrum, l’enu-merazione, è stato possibile compierla. Ma, come si vedrà, non abbiamodavvero elementi per sostenere che la registrazione dei cittadini sarebbestata considerata come non avvenuta (come vorrebbe una lunga tradizionedi studi, a partire da Mommsen), qualora il census, per un motivo o per l’al-

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1 P. A. Brunt, Italian manpower 225 B.C.-A.D. 14, Oxford, 1971, p. 104 sgg., 700sgg.

2 1, 74, 5; cfr. E. Gabba, Un documento censorio in Dionigi di Alicarnasso 1.74.5,in A. Guarino e L. Labruna (a cura di), Synteleia V. Arangio Ruiz, Napoli, 1964, 486-93.

3 4, 22.4 De l. l. 6, 86-88.5 De har. resp. 14, 30; de lege agraria 1, 2, 4; orat. 156.6 N.H., 18, 1, 4 e 2, 11.7 N.A. 2, 10.

tro, non si fosse concluso col lustrum, mentre abbiamo viceversa indizi inCicerone e altrove, come ha messo in rilievo il Brunt1, per sostenere il con-trario (ciò che può contribuire, a mio avviso, a risolvere molte aporie dellastoria del census nell’età tardorepubblicana).

Infine un’ultima considerazione preliminare : le notizie sul census esulla sua evoluzione che ricaviamo dalla documentazione antica, pur al-l’interno delle ricostruzioni dell’annalistica che hanno integrato, quandonon inventato, molti dettagli, devono avere un nucleo di verità nella misu-ra in cui documenti censori devono essere stati stilati, conservati e tra-smessi, in varie forme, data, oltretutto, la stessa natura molto concreta epratica della registrazione e della conseguente enumerazione. Ricorderòsolo il luogo, ben noto, del primo libro di Dionigi (studiato in particolaredal Gabba)2, a proposito del numero degli anni che sarebbero corsi tra iprimi consoli dopo la cacciata dei re e la presa di Roma da parte dei Galli,nel quale si fa riferimento ai cosiddetti timhtikaù yΩpomnh¥mata, che i censorisi tramandano «di padre in figlio e hanno gran cura a trasmettere alla po-sterità, come si trattasse di riti familiari; e ci sono molti illustri uomini difamiglie censorie che custodiscono queste registrazioni». Dice Dionigi diavere trovato in questi documenti il ricordo del censimento effettuato nel-l’anno del consolato di L. Valerio Potito e T. Manlio Capitolino, nel cento-diciannovesimo anno dopo la cacciata dei re. Credo che il Gabba abbiaragione a considerare sostanzialmente fededegna la notizia circa l’esisten-za stessa di tali timhtikaù yΩpomnh¥mata e del loro modo di trasmissione : ciòche ha naturalmente rilievo nella discussione circa l’attendibilità dellestesse cifre dei censimenti, anche delle più antiche. Peraltro timhtikaùyΩpomnh¥mata sono ricordati dallo stesso Dionigi a proposito del censimentodi Servio Tullio3 e tabulae censoriae sono ricordate in un celeberrimo luo-go varroniano4, come quelle nelle quali l’erudito può ancora leggere l’ar-caica formula di convocazione al census, mentre Cicerone5 e Plinio6 si ri-feriscono a tabulae censoriae in altri contesti e Gellio7 a censorii libri. Pe-

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8 Cic. Cael. 78; Arch. 11 : census nostros requiris : vd. infra; Balb. 5; Cluent. 141.9 Qui arma ferre possent : Liv. 1, 44, 2; 3, 4, 10 (cfr. Caes. B.G. 1, 29, 2, a proposi-

to degli Elvezi); oıΩ eßn h™bq (ovvero oıΩ polı¥tai eßn h™bq : Dion. 5, 20, 1; 75, 4; 6, 2, 3; 63,4; 9, 25, 1; 36, 3, dove il riferimento è a oıΩ eßn h™bq paı̃dev, vale a dire ai figli adulti deisui iuris che si registrano al censimento; cfr. 6, 29, 5, con riferimento ai maschi adul-ti di Suessa Pometia, e 10, 26, 3, con riferimento ai maschi adulti di Ortona); oıΩ e¶xon-tev thùn stratey¥simon hΩlikı¥an : Dion. 4, 15, 6; 16, 3, dove sono contrapposti ai pre-sby¥teroi; 5, 45, 3, dove sono citati oıΩ yΩpeùr thùn stratey¥simon hΩlikı¥an; 5, 75, 4; 8, 17, 2;9, 69, 2; 11, 63, 2; cfr. 3, 65, 4, riferito ai Sabini); oıΩ dyna¥menoi o™pla basta¥zein : Pol. 2,24, 16; oıΩ eßn taı̃v hΩlikı¥aiv : Pol. 2, 23, 9; duicensus : Fest. p. 58 L.

10 Cfr. ora in particolare F. Coarelli, Il Campo Marzio. Dalle origini alla fine dellaRepubblica, Roma, 1997, p. 164 sgg. e passim.

raltro, lo stesso termine di census può alludere al documento nella suarealtà materiale, alle tabulae stesse8.

I problemi che mi pongo sono i seguenti : come sono fatte le liste apartire dalla registrazione; e come si passa dalla registrazione all’enumera-zione : a partire da quali dati si effettua il calcolo dei civium capita nei di-versi momenti, e, dunque, qual è la valenza della definizione, all’interno delgruppo dei maschi adulti, dei civium capita : valenza, come si vedrà, can-giante. Il riconoscimento di questa modificazione nella significazione stes-sa di civium capita vale, a mio avviso, a spiegare le stesse differenze tra levarie definizioni degli antichi di chi siano i civium capita registrati ed enu-merati : le definizioni che troviamo in Livio, in Dionigi, in Polibio, nonchéquella che possiamo dedurre da un lemma di Festo. Queste definizioni, co-m’è universalmente noto, sono quelle di qui arma ferre possent, di oıΩ eßn h™bq,di oıΩ e¶xontev thùn stratey¥simon hΩlikı¥an, di oıΩ dyna¥menoi o™pla basta¥zein, dioıΩ eßn taı̃v hΩlikı¥aiv. Infine assai significativa è la spiegazione che Festo dàdel termine duicensus : id est cum filio census9.

Esaminerò, nei limiti in cui la documentazione consenta di farlo, an-che l’oggetto della registrazione : che vuol dire, in primo luogo, la formache assume la professio che si richiede al sui iuris e gli elementi di cui sicompone nei vari momenti. Tralascerò, non avendo molto di nuovo da direal riguardo, le poche notizie che abbiamo circa la maniera nella quale sonocostruiti gli archivi dove sono contenuti i documenti del censo a Roma e laloro localizzazione10.

Mi sembra che si possa fare la ragionevole ipotesi che il census cono-sca, in età repubblicana, varie fasi in base alle varie ripartizioni del corpocivico prese in considerazione e in base alle categorie di maschi adulti dicondizione cittadina che, per conseguenza, sono prese in considerazione.

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11 40, 51, 9 : cfr. infra, p. 588.12 Roman statutes, 24, l. 142 sgg.13 Suet. Div. Iul., 41, 3, da confrontare con Roman statutes, 24, l. 1-55 : cfr.

C. Nicolet, Centralisation d’État et problème du recensement dans le monde gréco-romain, in Culture et idéologie dans la genèse de l’État moderne. Actes de la Tableronde, Rome 1984, Roma, 1985, p. 1-24; Id., La table d’Héraclée et les origines du ca-dastre romain, in L’Urbs. Espace urbain et histoire (Ier siècle av. J.-C.-III siècle ap. J.-C.). Actes du colloque (Rome 8-12 mai 1985), Roma, 1987 (Coll. de l’École française deRome, 98), p. 1-25; Id., L’inventario del mondo. Geografia e politica alle origini dell’Im-pero romano, trad. it., Roma-Bari, 1989, p. 127 sgg., con 144 sgg., 130 sg., 195 sgg.,204 sg.; E. Lo Cascio, Le professiones della Tabula Heracleensis e le procedure delcensus in età cesariana, in Athen. 78, 1990, p. 287-317; Id., Le procedure di recensusdalla tarda Repubblica al tardoantico e il calcolo della popolazione di Roma, in LaRome impériale : démographie et logistique. Actes de la table ronde de Rome (25 mars1994), Roma, 1997 (Coll. de l’École française de Rome, 230), p. 3-76.

Ciò che cambia è la maniera nella quale viene effettuata la registrazione estilato l’elenco dei cittadini. Da una fase nella quale l’elenco è quello, presu-mibilmente, dei mobilitati e più tardi dei mobilitabili, suddivisi per classi ecenturie, si passa a un elenco di mobilitabili e di non più mobilitabili,astretti a obblighi di natura fiscale e ammessi a esercitare taluni diritti po-litici : un elenco che continua a essere per classi e centurie, nel quale leclassi risultano distinte in base a censi minimi e nel quale le centurie sonole unità all’interno delle quali viene in concreto effettuata la coscrizione efra le quali viene ripartita la contribuzione richiesta per il pagamento delsoldo. L’ulteriore evoluzione (che mi sembra di potere datare, con qualcheprecisione, agli anni immediatamente successivi al 338) vede la sostituzio-ne a questo elenco per classi e centurie, più che l’affiancamento ad esso, diun nuovo elenco, per tribù. Ciò significa, di fatto, la costituzione di una se-rie di liste quante sono le tribù e, dunque, dopo il 241, di trentacinque liste,all’interno delle quali i cittadini continuano a essere distinti per classi dicenso e, in modi che continuano a essere assai discussi e sui quali, natural-mente, non mi soffermerò, in centurie. Un’ulteriore riforma nella manieradi costituire l’elenco è quella effettuata nel 179, a noi nota da un oscurissi-mo passo liviano11, che tuttavia mi sembra che consenta qualche ragione-vole conclusione circa la natura della riforma stessa.

La registrazione su base tribale non viene meno nemmeno dopo laGuerra Sociale, come non viene nemmeno a cadere, mi sembra, l’obbligo,per il singolo sui iuris, di venire a Roma a farsi registrare. L’innovazioneradicale in questo senso è quella introdotta da Cesare, con la norma sulcensus che leggiamo nella Tabula Heracleensis12 : le procedure del censusvengono decentrate nelle singole municipalità, e una procedura ad hoc èstabilita per Roma13. Gli elenchi, d’ora in avanti, non saranno più per tri-

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14 Come suggerisce, a tacer d’altro, il fatto che, in occasione della professio edunque della stessa registrazione non solo è richiesto al sui iuris di indicare espres-samente la propria tribù, ma questa informazione compare nel testo stesso che verràtrascritto sulla tabula.

15 C. Nicolet, L’inventario del mondo cit., p. 130.16 G. Pieri, L’histoire du cens jusqu’à la fin de la République romaine, Parigi,

1968, e si vd. la discussione di P. A. Brunt, in TR, 37, 1969, p. 263-67.17 Cfr. supra, n. 9.18 Liv. 1, 44, 2 : Milia octoginta eo lustro civium censa dicuntur; adicit scriptorum

antiquissimus Fabius Pictor eorum qui arma ferre possent eum numerum fuisse.19 Diversam. E. Gabba, Esercito e società nella tarda Repubblica romana, Firen-

ze, 1973, p. 19, nn. 53 sg. (scr. 1949), che ritiene per questo non pertinente il confron-to con Caes. B.G. 1, 29, 2, dove è evidente che il riferimento è per l’appunto all’età.Per il confronto tra l’espressione liviana e cesariana e quella polibiana di oıΩ dyna¥me-noi o™pla basta¥zein, parimenti tratta da Fabio Pittore, cfr. infra. Proprio questoconfronto, a mio avviso, conferma che anche in Polibio l’espressione non può che ri-ferirsi all’idoneità fisica che dipende dall’età.

bù14, ma per singola municipalità : a questo punto cominciano a muoversi idocumenti, e non più le persone, secondo l’icastica formulazione di ClaudeNicolet15, e cambia totalmente così l’efficacia della registrazione, come an-che la sua significazione. È, come sembra, la possibilità di esercitare i pro-pri diritti di cittadinanza romana a livello locale a divenire lo scopo preva-lente del census, per i cittadini comuni fuori di Roma, mentre per quelli diRoma lo è il poter essere ammessi a quei benefici che il possesso della cit-tadinanza, unito al domicilio a Roma, assicura.

Si può, a mio avviso, leggere nella documentazione la testimonianza diun passaggio, anzitutto, dal census dei mobilitati, al census dei soli mobili-tabili (che sono già ab initio o che diverranno in un secondo tempo i soli iu-niores), al census per classi e per centurie : un census che a questo puntopuò comprendere anche i non mobilitabili. È questa la tesi, com’è ben no-to, del libro di Pieri16 : e non voglio fare altro, qui, che mettere in rilievoquelli che a me sembrano gl’indizi più forti per individuare quest’evoluzio-ne. In primo luogo mi sembra che valga a suggerirla la stessa incertezzadella tradizione antica, che si spiega al meglio se c’è stato davvero un pas-saggio da una fase in cui il censo riguarda qui arma ferre possent o che han-no la stratey¥simov hΩlikı¥a17, a un’altra fase in cui sono inseriti anche i se-niores nell’ordinamento o comunque a una fase nella quale si fa una diffe-renziazione tra seniores e iuniores. Quando Livio attribuisce a FabioPittore l’opinione secondo la quale il census di Servio avrebbe enumeratoqui arma ferre possent18 (e non credo che vi possano essere dubbi sul fattoche l’idoneità in questione è quella che deriva dall’età e non da altro)19, mi

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20 Come voleva A. Momigliano, Timeo, Fabio Pittore e il primo censimento di Ser-vio Tullio, in Miscellanea di studi alessandrini in memoria di Augusto Rostagni, Tori-no, 1963, p. 180-7, poi in Terzo contributo alla storia degli studi classici e del mondoantico, Roma, 1966, p. 649-56, alle p. 652 sg.; vd. pure Brunt, Italian manpower cit.,p. 27 n. 1; e E. Alfisi, Le fonti dei censimenti romani in Plutarco e Plinio, in Atti Ces-dir, VI, 1974-75, p. 9-29, alle p. 20 sg. (dove, pur non accogliendosi la derivazione daTimeo, si accoglie l’argomentazione relativa al senso dell’espressione capita libera).La tesi secondo la quale le cifre dei primi censimenti avrebbero indicato il numerocomplessivo dei cittadini, maschi e femmine, adulti e bambini, fu avanzata nell’Ot-tocento da O. Clason, Römische Geschichte seit der Verwüstung Roms durch die Gal-lier, I, Berlino, 1873, p. 54, e da H. Nissen, Italische Landeskunde, II 2, Berlino, 1902,p. 110 sg.; e nel Novecento è stata ripresa da T. Frank, Roman census statistics from509 to 225 B.C., in AJPh, 51, 1930, p. 313-24, e più di recente da F. Coarelli, Demogra-fia e territorio, in A. Schiavone (a c. di), Storia di Roma, I, Roma in Italia, Torino,1989, p. 318-339; cfr. pure L. H. Ward, Roman population, territory, tribe, city, andarmy size from the Republic’s founding to the Veientane war, 509 B.C.-400 B.C., inAJPh, 111, 1990, p. 5-39. Il Brunt (Italian manpower cit. in n. 1, p. 113 con n. 2) consi-dera possibile che una parte della tradizione annalistica abbia davvero ritenuto che icensimenti più antichi avrebbero ricompreso tutti i cittadini e ne trova in qualchemodo una conferma nella necessità, avvertita da Livio, di mettere ben in chiaro cheil risultato da lui ricordato del primo censimento di Servio Tullio si riferiva, secondoFabio Pittore, agli «atti alle armi», quasi che circolasse un’altra ipotesi al riguardo.Ora, l’altra ipotesi sarebbe stata appunto questa : che i primi censimenti avrebberoricompreso l’intera popolazione cittadina.

21 E. Lo Cascio, The size of the Roman population : Beloch and the meaning of theAugustan census figures, in JRS, 84, 1994, p. 23-40, a p. 32.

22 L’opinione secondo la quale i civium capita sarebbero stati i soli assidui, e conla possibile inclusione dei liberti delle prime due classi, sino al censimento del 203a.C., mentre più tardi avrebbero compreso anche i proletarii che avessero un censustra i 4.000 e gli 11.000 assi, è stata sostenuta da E. Herzog, Die Bürgerzahlen im rö-mischen Census vom Jahr d. St. 415 bis zum Jahr 640, in Commentationes philologaein honorem Th. Mommseni, Berlino, 1877, p. 124-42 (va osservato che Herzog accettal’idea mommseniana secondo la quale diverso sarebbe stato il censo minimo richie-sto per l’arruolamento nelle legioni e quello a partire dal quale si sarebbe stati sog-getti al pagamento del tributum ex censu : cfr. E. Lo Cascio, Ancora sui censi minimi

sembra evidente che adombri l’esistenza di una differente interpretazionedi quella specifica cifra o di altre cifre. Mi sembra del tutto da escludereche l’ipotesi alternativa, a cui penserebbe Livio (se non lo stesso Fabio, aproposito del census più antico o dei census più antichi), possa essere quel-la di un computo di capita libera intesi come il complesso dei cittadini deidue sessi e di tutte le età20 (giacché, come ho mostrato altrove, capita liberanon significa mai, né in Livio, né in alcun altro autore, i cittadini dei duesessi e di tutte le età)21, o quella di un computo che non è limitato ai soli as-sidui, laddove lo sarebbe il computo di qui arma ferre possent, o ancoraquella di un computo dei soli sui iuris22. Credo, viceversa, che l’alternativa

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delle cinque classi «serviane», in Athen. n.s., 66, 1988, p. 273-302, a p. 273 sg.); chetutte le cifre di età repubblicana riguardassero gli assidui soltanto è stato sostenutodal Gabba, Esercito e società cit., part. p. 17 sgg. (scr. 1949), 521 sgg. (scr. 1952), se-guito dal Pieri, L’histoire du cens cit., p. 177 sgg.; in questo stesso senso D. C. Earl,Tiberius Gracchus. A study in politics, Bruxelles, 1963, p. 35 sgg.; J. Molthagen, DieDurchführung der gracchischen Agrarreform, in Historia, 22, 1973, p. 423-58, a p. 439sgg.; Y. Schochat, Recruitment and the programme of Tiberius Gracchus, Bruxelles,1980, p. 9 sgg.; l’opinione secondo la quale i civium capita conteggiati sarebbero statii soli sui iuris è stata sostenuta da K. G. Zumpt, Über den Stand der Bevölkerung unddie Volksvermehrung im Altertum in Abhandl. der Berl. Akad., phil.-hist. Kl., 1840,p. 1-92, a p. 19; da B. Hildebrand, Die amtliche Bevölkerungsstatistik im alten Rom,in Jahrbücher für Nationalökonomie und Statistik, 6, 1866, p. 81-96; e da Mommsennella prima edizione dello Staatsrecht, II, p. 371; l’ipotesi è stata ripresa nel Novecen-to da F. Bourne, The Roman republican census and census statistics, in Class. Weekly,45, 1952, p. 129-135; e più di recente considerata non implausibile da J.W. Rich, Thesupposed Roman manpower shortage of the later second century B.C., in Historia, 32,1983, p. 287-331, a p. 294, n. 34.

23 Cfr. supra, n. 9.24 Gell. N.A. 10, 28 : Tubero in historiarum primo scripsit Servium Tullium re-

gem, populi Romani cum illas quinque classes <seniorum et> iuniorum census facien-di gratia institueret, pueros esse existimasse, qui minores essent annis septem decem,atque inde ab anno septimo decimo, quo idoneos iam esse reipublicae arbitraretur, mi-lites scripsisse, eosque ad annum quadragesimum sextum ‘iuniores’ supraque eum an-

di un computo limitato a qui arma ferre possent dovesse essere quella di uncomputo esteso anche a coloro che, per età, non lo erano più. La prima ra-gione per pensarlo è la modulazione, per quanto attiene ai censimenti delquinto secolo, nella tradizione confluita in Dionigi, tra due diverse manieredi presentare le cifre stesse : da un lato la definizione di Dionigi è quella dioıΩ eßn h™bq, comprensiva dei seniores; dall’altro è quella, più specificamente,di oıΩ e¶xontev thùn stratey¥simon hΩlikı¥an, esclude i seniores23 : è evidente chela tradizione annalistica doveva serbare la memoria di una simile differen-ziazione e associarla alle cifre dei censimenti. La seconda ragione per pen-sarlo è la stessa incertezza della tradizione a proposito della divisione tracenturie di seniores e di iuniores nelle varie classi nella presentazione del-l’ordinamento serviano. Nella versione liviana la distinzione riguarda leprime tre classi, ma non le ultime due, né gl’inermi e ovviamente i proleta-ri, raccolti in un’unica centuria; nella versione dionigiana riguarda tutte leclassi e anche le centurie degli inermi, ma non, com’è ovvio, i proletari.Nella versione di Tuberone che leggiamo in Gellio, di norma non conside-rata nelle discussioni sull’ordinamento serviano, la distinzione non compa-re proprio per nessuna delle classi, tant’è che la maggior parte degli editorimoderni, senza avere alcun supporto nella tradizione manoscritta, ve l’han-no inserita24. A me sembra logico, viceversa, ritenere che Gellio qui riferi-

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num ‘seniores’ appellasse. Eam rem propterea notavi, ut discrimina, quae fuerint iudi-cio moribusque maiorum pueritiae, iuventae, senectae, ex ista censione Servi Tulli,prudentissimi regis, noscerentur. L’aggiunta <seniorum et> si deve al Thysius. Com-menta Marache (nella sua edizione, Aulu-Gelle, Les nuits attiques, t. II, Livres V-X,Parigi, 1978) : «On peut hésiter à suivre la tradition des éditeurs et à restaurer senio-rum et. Sans cette restauration, le texte indiquerait que Romulus [sic!] a instaurécinq classes de iuniores, considérant qu’auparavant, il n’y avait que des pueri et en-suite que des vieillards, désignés, il est vrai, par un comparatif. On sait que seul lesiuniores servaient dans l’armée».

25 C. Nicolet, L’idéologie du système centuriate et l’influence de la philosophie poli-tique grecque, in Colloquio italo-francese. La filosofia greca e il diritto romano (Roma,14-17 aprile 1973), I, Roma, 1976 (Problemi attuali di scienza e di cultura, 221), p. 111-137, con l’intervento di E. Gabba a p. 149 sg.; E. Gabba, Studi su Dionigi di Alicar-nasso. II. Il regno di Servio Tullio, in Athen., n.s., 39, 1961, p. 98-121.

26 Così E. Gabba in vari interventi e soprattutto in Esercito e società in età repub-blicana, Firenze, 1973, passim, e in Esercito e fiscalità a Roma in età repubblicana, inArmées et fiscalité dans le monde antique, Parigi, 1977, p. 13-33 (poi in Del buon usodella ricchezza, Milano, 1988, p. 117-32).

sca correttamente la tradizione di Tuberone : una tradizione che limitavaai soli iuniores l’iscrizione nelle classi e di conseguenza la ripartizione incenturie (una tradizione che parrebbe affiorare anche in Dion. 5, 75, dovesono solo coloro che hanno la stratey¥simov hΩlikı¥a a essere distribuiti incenturie). Il carattere di «contaminazione» tra ordinamento dell’esercito (odel popolo in armi) e del popolo in quanto titolare di certi diritti politicinonché di certi obblighi di natura fiscale, sganciati dal servizio militare ef-fettivo, che ha l’ordinamento serviano nella presentazione tradizionale (inLivio, Dionigi, Cicerone) va spiegato non solo come il risultato di un ripen-samento, filosoficamente o ideologicamente atteggiato, dell’intero corsodella storia delle istituzioni romane effettuato in un momento specifico(che risulta ancor oggi discusso : la prima metà del II secolo, l’età sillana)25,ma forse anche come il risultato di un’ovvia «compressione» nell’ordina-mento originario di tutta una serie di caratteristiche che l’ordinamentostesso è andato assumendo nel corso dei secoli26. Donde le contraddizioni ele assurdità stesse dell’ordinamento, che non sembra più essere quello diun popolo in armi, e dunque con valenza esclusivamente militare, ma nonè nemmeno quello nel quale venga in primo piano la funzione politica dellaripartizione all’interno del corpo civico : per esempio la previsione di unegual numero di centurie per iuniores e seniores sarebbe assurda se l’ordi-namento conservasse una valenza militare; ancor più assurdo è il fatto che,nella presentazione di Livio e Dionigi, l’armamento oplitico riguardi nongià i soli iuniores, ma anche i seniores, dunque persone che in teoria devo-no svolgere solo un servizio di guarnigione; ancora, per esempio, non bene

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27 Così T. J. Cornell, The beginnings of Rome, Londra-New York, 1995, p. 183 : ilcarattere militare della riforma serviana rende assai probabile «that the first censusmade no distinction between seniores and iuniores, but simply counted all men ofmilitary age».

28 Pieri, L’histoire du cens cit., cap. II e III.29 Paul. Fest. 13 L., s.v. adscripticii. È, io credo, in base a questa particolare ca-

ratteristica del census più antico, che individua i mobilitati e poi i mobilitabili, cheva spiegata la significazione originaria della formula populus Romanus Quirites, conle sue due varianti populus Romanus Quiritesque e populus Romanus Quiritium : laduplicità è evidentemente quella del populus, come exercitus, e dei Quirites comecouirites*, e dunque dell’assemblea dell’exercitus – i comitia centuriata – e dell’assem-blea della totalità degli appartenenti alle curie, i comitia curiata. In definitiva, aquesta conclusione arrivano sia G. Prugni, Quirites, in Athen., n.s. 65, 1987, p. 127-161, che ritiene originaria la formula asindetica e derivate le altre due, sia A. L. Pro-sdocimi, Populus Quiritium Quirites, I, in Atti del Convegno internazionale «NomenLatinum». Latini e Romani prima di Annibale, Roma, Accademia di S. Luca, 24-26 ot-tobre 1995, Parte I, Il latino e le lingue italiche, in Eutopia, 1995, IV 1, p. 15-71, che,obiettando con forza all’idea che la variante populus Romanus Quiritium sia seriore,ipotizza un originario populus Quiritium Quirites, col senso, per l’appunto, di eserci-to dei Quiriti, più i Quiriti.

30 Cic. Caec. 99; Dion. 4, 15, 6; 5, 75, 4; Gai. 1, 160; Ulp. 11, 11; sulla ragione per

coerente con la funzione politica dell’ordinamento risulta la previsione diautonome centurie di inermi in quanto tecnici. Se posso permettermi di ac-cennare in questa sede a un problema di tale rilievo, mi sembra che la solu-zione più economica sia quella di supporre che l’ordinamento cosiddettoserviano ha attraversato varie fasi : che inizialmente è stato l’ordinamentodel popolo in armi, che combatte privato sumptu, dunque prima dell’intro-duzione dello stipendium e prima, verosimilmente, della stessa introduzio-ne dei censi minimi. Il census, in questa fase, dev’essere stato un’operazio-ne diversa dalla registrazione e deve avere riguardato i iuniores (o i maschiadulti in quanto ancora non distinti tra seniores e iuniores)27. Vale a direche census e dilectus in pratica devono essersi identificati, tant’è vero che lepene per gl’incensi sono quelle che poi colpiranno chi non risponde alla le-va. È solo supponendo l’esistenza di una fase nella quale census e dilectussono due aspetti o momenti di un’unica operazione che si spiegano, peral-tro, l’associazione del census col lustrum; o le modalità con le quali i comi-zi centuriati si riuniscono, evidenziate nel bel libro di Pieri28. In questa fasel’assemblea è effettivamente quella del popolo in armi e il census è la rico-gnizione di un esercito schierato : non è una registrazione, o una mera re-gistrazione, ma il risultato di un gathering di tutti i mobilitabili; non pernulla il census è un census legionum29. E d’altra parte, a meno di non am-mettere che census e dilectus sono due aspetti di un’unica operazione, lacrudezza delle pene per gl’incensi30 e soprattutto il fatto che siano le mede-

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la quale una norma che colpisce duramente gli incensi compaia nella lex Osca dellaTabula Bantina si vd. E. Lo Cascio, Gli incensi della Tabula Bantina, in A. StorchiMarino (a cura di), La maturazione politica del mondo italico, in c. d. s.

31 L’associazione risulta esplicitamente dal luogo della pro Caecina citato nellanota precedente.

32 Sembra in effetti illuminante, per definire la natura del census più antico edel suo rapporto col dilectus, quanto Livio racconta a 3, 69, 6-7 (446) : questo dilec-tus (in un’occasione di emergenza e dopo il discorso del console T. Quinzio allaplebe) comporta l’assembramento di tutti i iuniores al Campo Marzio, e senza che visia il tempo di verificare le giustificazioni di chi non risponde alla chiamata (Cumconsules in contione pronuntiassent tempus non esse causas cognoscendi; omnes iu-niores postero die prima luce in Campo Martio adessent; cognoscendis causis eorumqui nomina non dedissent bello perfecto se daturos tempus; pro desertore futurumcuius non probassent causam; – omnis iuventus adfuit postero die). Ora, l’assembra-mento somiglia per qualche verso non solo alla conventio descritta dai commentariiconsulares citati da Varr., de l. l., 6, 88, e convocata da qui exercitum imperaturuserit, ma pure all’assembramento per il census, com’è descritto dalle censoriae tabulaepure citate da Varr. de l. l., 6, 86 (che deve avvenire anch’esso all’alba). Questo luogoliviano è ricordato da Gabba, Esercito e società cit., p. 147, n. 15, che però consideral’attestazione di un dilectus al Campo Marzio non come traccia dell’uso dell’origina-ria leva per centurie, ma viceversa come «ricordo di una costumanza posteriore aPolibio», che descrive la leva per tribù che si effettua, apparentemente ancora al suotempo, al Campidoglio; ma appunto il confronto col census più antico parrebbe ren-dere meno probabile quest’ipotesi.

sime di coloro che non rispondono al dilectus31 non troverebbero spiegazio-ne. Il sistema in qualche modo si può considerare descritto da Livio a 3, 69,6-7 (446) e anche a 3, 4, 10 (dov’è adoperata, ancora una volta, l’espressionequi arma ferre possent con riferimento per l’appunto ai reclutati, non aicensiti)32.

La prima svolta si ha con il passaggio dalle centurie come articolazionidella legio a quadri di reclutamento e quindi con l’introduzione nelle centu-rie dei non reclutati, o meglio, dei non più reclutabili (quando si introducela distinzione tra seniores e iuniores) : la introduzione dei seniores nellecenturie presumibilmente non significa ancora la creazione delle centuriedei seniores, se le centurie hanno una funzione effettiva di quadri di reclu-tamento; e lo stesso servizio di guarnigione dei seniores ha tutta l’aria di es-sere un’invenzione erudita per spiegare l’esistenza stessa delle centurie diseniores, nate in un momento nel quale le centurie questa funzione di qua-dri di reclutamento non l’avevano più. È verosimile che contestuale all’in-troduzione di una distinzione tra mobilitabili e non più mobilitabili sia lastessa introduzione di censi minimi per l’iscrizione alle varie classi, nonchéquella dello stipendium, talché non si serve più privato sumptu : i non mo-

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33 È importante il riferimento in Livio allo scribarum ministerium nel luogo incui si parla dell’introduzione della censura (4, 8, 4).

34 Si vedano i pareri differenti di C. Nicolet, Tributum. Recherches sur la fiscalitédirecte sous la République romaine, Bonn, 1976; cfr. Id., Armée et fiscalité : pour unbilan de la conquête romaine, in Armées et fiscalité dans le monde antique, Parigi,1977, p. 435-52 (con la disc. a p. 453 sg.) e P. Marchetti, À propos du tributum ro-main : impôt de quotité ou de répartition?, in Armées et fiscalité cit., p. 107-131 (conl’intervento di C. Nicolet a p. 132 sg.).

35 Esercito e società cit., p. 144 sg. (scr. 1951); cfr. Id., Istituzioni militari e colo-nizzazione in Roma medio-repubblicana (IV-III sec. a.C.), in RFIC, 103, 1975, p. 144-54, a p. 151 sg., e Id., Esercito e fiscalità a Roma in età repubblicana, in Armées et fis-calité cit., p. 13-33, a p. 32. In effetti mi sembra sicuro il contrasto tra i due luoghi diDionigi, contrasto che parrebbe naturale intendere come lo ha inteso il Gabba, e inogni caso mi sembra sicuro che la leva nel sistema «serviano» originario non av-venisse per tribù, come sostengono L. R. Taylor, The centuriate assembly before andafter the reform, in AJPh, 78, 1957, p. 337-54, a p. 340 sgg., e R. Thomsen, King Ser-vius Tullius, Copenhagen, 1980, p. 188 sg., con n. 175, e proprio perché gli elenchidei cittadini non erano per tribù ma per centurie. La notizia liviana circa la leva ef-fettuata, nel 418, in sole dieci tribù estratte a sorte (Liv. 4, 46, 1), invocata dalla Tay-lor come indicativa del fatto che già nel 418 il reclutamento avvenisse per tribù, o vaconsiderata anacronistica, o va spiegata, col Gabba, come un peculiare caso di tu-multus. Non escluderei, peraltro, che in questo caso particolare la leva, pur essendo

bilitati pagano per i mobilitati; dunque i sui iuris per i loro figli, i senioresper i iuniores. È questa la fase nella quale può sorgere la nozione del dui-census.

È a questo punto che il census può divenire registrazione : è a questopunto che esso comincia a prevedere un’effettiva professio del sui iuris da-vanti al magistrato o ai suoi rappresentanti33. Il passaggio, peraltro, dallaregistrazione dei sui iuris all’enumerazione dei civium capita, che sono orai maschi adulti inseriti nelle classi e nelle centurie, è testimoniato propriodall’esistenza di un termine tecnico quale duicensus. La registrazione, ripe-tiamo, non può che essere registrazione degli appartenenti alle classi e allecenturie : e gli elenchi devono essere gli elenchi dei civium capita, divisi perclassi e per centurie. È d’altra parte per classi e per centurie, come suggeri-sce Dionigi a 4, 19 (che parrebbe in contrasto con la tradizione di Pisoneche lo stesso Dionigi ricorda a 4, 14-15), che si effettua la leva ed è per classie per centurie che viene riscossa la contribuzione per lo stipendium (anco-ra, tecnicamente, forse non definibile come tributum e, comunque, di sicu-ro una contribuzione di ripartizione e non di quotità34 : il tributum ex cen-su di quotità, se mai è stato introdotto, prescinde, a guardar bene, dallastessa distinzione del corpo civico in classi di censo definite da censi mini-mi). È solo all’inizio del III secolo, che è attestata la leva per tribù (e aderi-sco qui alla ricostruzione, che mi sembra assai convincente, del Gabba)35.

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centralizzata a Roma e pur essendo svolta per classi e per centurie, abbia riguardatosolo coloro i quali avevano i propri beni fondiari e la residenza in una delle dieci tri-bù estratte a sorte. La soluzione prospettata da Cornell, The beginnings of Rome cit.,p. 192 sgg., è geniale, ma ipotetica.

36 «Tribules» ed «aerarii». Una ricerca di diritto pubblico romano, in Athen. n.s.,11, 1933, p. 150-172, a p. 154 (= Opuscula, II, Pavia, 1957, 149-170, a p. 153).

37 L. R. Taylor, The voting districts of the Roman Republic, Roma, 1960, p. 7.38 Staaatsrecht, II3, p. 405.39 Né si può intendere in questo senso il riferimento ai misteriosi curatores tri-

buum nelle tabulae censoriae cui fa riferimento Varr. de l. l. 6, 86, che può ben rife-rirsi alla fase nella quale, come ora si vedrà, il census avveniva effettivamente per tri-bù.

40 G. V. Sumner, Aspects of the history of the comitia centuriata in the middleand late Republic, in Athen., 40, 1962, p. 37-84, a p. 75, che cita F. Gallo, La riformadei comizi centuriati, in SDHI, 18, 1952, p. 12-157, a p. 155 sgg. con n. 71, e J. J. Ni-cholls, The reform of the comitia centuriata, in AJPh, 77, 1956, p. 225-254, a p. 249.

Mi sembra del tutto escluso che, già in questa prima fase, ci sia unelenco dei cittadini per tribù, come si dice generalmente e che anzi la stes-sa operazione del census richieda una ripartizione del corpo civico su baseterritoriale : l’opinione è assolutamente prevalente, per non dire unanime,e mi basterà ricordare la formulazione del Fraccaro : «Ma era pur necessa-rio che il governo romano sapesse dove risiedeva ciascun cittadino, pergiungere sino a lui e controllarne la capacità economica; perciò la divisio-ne del territorio in distretti, in tribù, e la pratica, certo antichissima, di te-nere nota dei cittadini, oltre che per classi, anche per tribù»36. Parimenti laRoss Taylor : «The census could only be made on a local examination ofproperty and place of residence»37. Questa era anche la posizione diMommsen38, che distingueva tra una Steuerliste, che varrebbe per la vota-zione per tribù, e la Heerliste, che varrebbe per la votazione per centurie. Etuttavia il suo pensiero non è del tutto univoco, giacché sostiene anche che«Uebrigens stehen auch jene beiden Listen mit einander in enger Bezie-hung und man kann mit gleichem Recht von zwei verschiedenen Listensprechen, wie von verschiedenartiger Benutzung einer und derselben». Nési può sostenere che quanto afferma Dionigi, a 4, 19, 3, testimoni l’esisten-za, sin dall’inizio, di liste per circoscrizioni territoriali, giacché nel luogo inquestione non si dice che la costituzione dell’elenco avviene per tribù o perdistretto rurale39. Si è sostenuto che, alla base della riforma dei comizi cen-turiati successiva alla creazione delle due ultime tribù, ci sarebbe la neces-sità di una «administrative simplification by aligning the two types of orga-nization of the citizen body, the centuriate and the tribal»40. Nicholls ritie-ne che prima della riforma ci sarebbero stati due «citizen rolls», ridotti

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41 Nicholls, l. cit.42 Taylor, The centuriate assembly cit., p. 337 sgg.43 Liv. 2, 16, 4-5; cfr. Dion. 5, 40, 5; il distretto è costituito dall’ager trans Anie-

nem, che viene dato ai clienti del sabino Attius Clausus, poi Appius Claudius, accoltonella cittadinanza, e Livio adopera una formulazione curiosa : dice che quelli che ve-nivano da quella zona, una volta che vi furono aggiunti nuovi tribules, vennero chia-mati vetus Claudia tribus : sembrerebbe doversene dedurre che la tradizione conflui-ta in Livio opera una distinzione tra la creazione della tribù come distretto territo-riale e come ripartizione del corpo civico; si vd. in part. Taylor, The voting districtscit., p. 35 sg. con n. 6; sull’episodio tra gli altri L. Capogrossi Colognesi, Proprietà esignoria in Roma antica, Roma, 1986, p. 16 sgg.; C. Ampolo, I gruppi etnici in Romaarcaica : posizione del problema e fonti, in Gli etruschi e Roma, Roma, 1981, p. 45

appunto a uno, quello per tribù, dopo la riforma41. Questa tesi è stata re-spinta da Lily Ross Taylor, che ritiene che ancora prima della riforma gliunici elenchi sarebbero stati quelli per tribù, divisi in classi e classi di età, eforse con la registrazione degli anni di servizio militare42. Ora anche a mesembra implausibile che il «roll» possa mai essere stato più di uno : che ilnome del singolo cittadino possa essere comparso in più di un elenco; equesto perché ciò avrebbe comportato una complicazione eccessiva per unapparato burocratico ancora rudimentale, come doveva essere quello pre-posto all’effettuazione del census in Roma mediorepubblicana. Ma ritengoche, nel corso dell’età mediorepubblicana, vi siano stati effettivamente due«rolls» e tuttavia in successione : credo, peraltro, che la stessa documenta-zione ci fornisca la chiave per individuare il momento di passaggio da un«roll» all’altro : da un elenco per classi e centurie a un elenco per tribù.Questo passaggio lo si può facilmente individuare in un momento per mol-ti altri versi epocale della storia delle istituzioni romane : il momento delloscioglimento della lega latina e della contestuale ricostituzione su nuovebasi dello stato romano e, dunque, dello stesso corpo civico. È dopo il 338che muta la stessa natura dell’appartenenza al corpo civico romano, nellamisura in cui muta la modalità di costituzione dell’elenco dei cittadini colcensus. Lo dimostra un fatto a mio avviso capitale che si può riconoscerenella narrazione liviana e che o non viene notato, o viene interpretato comeil risultato accidentale di una trasmissione lacunosa delle informazioni nel-la tradizione annalistica.

Prima della costituzione, nel 332, della Maecia e della Scaptia, la crea-zione di nuove tribù, in base a quel che ci dice la tradizione confluita nelresoconto liviano, non è mai stata connessa col census e con l’attività deicensori. Così, la Claudia è attribuita da Livio al 504, ma senza alcun riferi-mento a un census43, e la Clustumina o in generale le ventuno tribù sono

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sgg.; J. Cels-Saint-Hilaire, La République des tribus. Du droit de vote et des ses enjeuxaux débuts de la République romaine (495-300 av. J.-C.), Tolosa, 1995, p. 59 sgg.

44 Liv. 2, 21, 7.45 Si vd. in particolare Thomsen, King Servius Tullius cit., p. 118 sgg. e passim;

Cels-Saint-Hilaire, La République des tribus cit., cap. II e passim.46 Dion. 6, 96, 4 : e si tratta di un census importante, perché connesso col foedus

Cassianum.47 Liv. 6, 4, 4.48 Diod. 15, 22, 1; cfr. T. R. S. Broughton, The magistrates of the Roman Republic,

New York, 1951-52, I, p. 98, n. 3; J. Suolahti, The Roman censors. A study on socialstructure, Helsinki, 1963, p. 181 sg.; Taylor, The voting districts cit., p. 48, n. 2. Natu-ralmente l’opinione va contraddetta, giacché ammesso pure che Diodoro conservi lamemoria della nomina di due censori, ciò non basta a far ritenere destituita di fon-damento la data liviana dell’istituzione delle tribù : in ogni caso non viene messa indiscussione la conclusione secondo la quale in realtà l’istituzione delle tribù, sino al-la Maecia e alla Scaptia, non è attuata dai censori.

49 Ciò che va detto contro Taylor, The voting districts cit., p. 50 n. 10, secondo laquale «there were probably censors in office in this year, but Livy does not recordtheir names, and there is a lacuna in the Fasti»; cfr. anche Pieri, L’histoire du censcit., p. 159.

create nel 49544 (e non entro nel merito della difficilissima questione chepone il luogo liviano che ce ne parla)45, ma, ancora una volta, non c’è men-zione del census e anzi non c’è apparentemente census se non nel 49346. Pa-rimenti non c’è contemporaneità col census per le tribù istituite dopo laGuerra di Veio : Livio a 6, 5, 8 (387) ricorda l’istituzione delle nuove tribùsenza menzione di censo e di censori (il riferimento che precede è a sei tri-buni militari, e subito prima alla dedica dell’aedes Martis votata in occasio-ne della Guerra gallica da parte di un duumviro sacris faciundis) : Tribusquattuor ex novis civibus additae, Stellatina Tromentina Sabatina Arniensis;eaeque viginti quinque tribuum numerum explevere. Non c’è census nemme-no due anni prima, nel 389, nel momento in cui viene data la cittadinanzaai nuovi cittadini : Eo anno in civitatem accepti qui Veientium Capenatium-que ac Faliscorum per ea bella transfugerant ad Romanos, agerque his noviscivibus adsignatus47, anche se qualche moderno ha voluto attribuire a que-st’ultimo anno, e non al 387, l’istituzione delle tribù, perché due nomi ag-giuntivi di tribuni militari dati da Diodoro per quest’anno sono stati inter-pretati come nomi dei censori che avrebbero organizzato le due nuove tri-bù48. Ancora, l’istituzione della Pomptina e della Poblilia, nel 358, ricordatada Livio a 7, 15, 12, non sembra implicare la presenza di un census e di cen-sori, che difatti Livio non nomina49 : Eodem anno duae tribus, Pomptina etPublilia, additae. È solo con la Maecia e con la Scaptia che la creazione del-le nuove tribù diviene un’operazione rilevante effettuata precisamente dai

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sgg.; J. Cels-Saint-Hilaire, La République des tribus. Du droit de vote et des ses enjeuxaux débuts de la République romaine (495-300 av. J.-C.), Tolosa, 1995, p. 59 sgg.

44 Liv. 2, 21, 7.45 Si vd. in particolare Thomsen, King Servius Tullius cit., p. 118 sgg. e passim;

Cels-Saint-Hilaire, La République des tribus cit., cap. II e passim.46 Dion. 6, 96, 4 : e si tratta di un census importante, perché connesso col foedus

Cassianum.47 Liv. 6, 4, 4.48 Diod. 15, 22, 1; cfr. T. R. S. Broughton, The magistrates of the Roman Republic,

New York, 1951-52, I, p. 98, n. 3; J. Suolahti, The Roman censors. A study on socialstructure, Helsinki, 1963, p. 181 sg.; Taylor, The voting districts cit., p. 48, n. 2. Natu-ralmente l’opinione va contraddetta, giacché ammesso pure che Diodoro conservi lamemoria della nomina di due censori, ciò non basta a far ritenere destituita di fon-damento la data liviana dell’istituzione delle tribù : in ogni caso non viene messa indiscussione la conclusione secondo la quale in realtà l’istituzione delle tribù, sino al-la Maecia e alla Scaptia, non è attuata dai censori.

49 Ciò che va detto contro Taylor, The voting districts cit., p. 50 n. 10, secondo laquale «there were probably censors in office in this year, but Livy does not recordtheir names, and there is a lacuna in the Fasti»; cfr. anche Pieri, L’histoire du censcit., p. 159.

create nel 49544 (e non entro nel merito della difficilissima questione chepone il luogo liviano che ce ne parla)45, ma, ancora una volta, non c’è men-zione del census e anzi non c’è apparentemente census se non nel 49346. Pa-rimenti non c’è contemporaneità col census per le tribù istituite dopo laGuerra di Veio : Livio a 6, 5, 8 (387) ricorda l’istituzione delle nuove tribùsenza menzione di censo e di censori (il riferimento che precede è a sei tri-buni militari, e subito prima alla dedica dell’aedes Martis votata in occasio-ne della Guerra gallica da parte di un duumviro sacris faciundis) : Tribusquattuor ex novis civibus additae, Stellatina Tromentina Sabatina Arniensis;eaeque viginti quinque tribuum numerum explevere. Non c’è census nemme-no due anni prima, nel 389, nel momento in cui viene data la cittadinanzaai nuovi cittadini : Eo anno in civitatem accepti qui Veientium Capenatium-que ac Faliscorum per ea bella transfugerant ad Romanos, agerque his noviscivibus adsignatus47, anche se qualche moderno ha voluto attribuire a que-st’ultimo anno, e non al 387, l’istituzione delle tribù, perché due nomi ag-giuntivi di tribuni militari dati da Diodoro per quest’anno sono stati inter-pretati come nomi dei censori che avrebbero organizzato le due nuove tri-bù48. Ancora, l’istituzione della Pomptina e della Poblilia, nel 358, ricordatada Livio a 7, 15, 12, non sembra implicare la presenza di un census e di cen-sori, che difatti Livio non nomina49 : Eodem anno duae tribus, Pomptina etPublilia, additae. È solo con la Maecia e con la Scaptia che la creazione del-le nuove tribù diviene un’operazione rilevante effettuata precisamente dai

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54 Secondo la Taylor, The voting districts cit., p. 17 sgg., «Under 332 Livy’s no-tice, preceding the account of the law of that year already mentioned [quella sullacittadinanza agli Acerrani], might suggest that the censors created the tribes»; ma lastudiosa continua : «I think it likely that there had been earlier legislation for thetwo new tribes, and that the role of the censors was simply to add the tribes, withnames of members, to the registers». Naturalmente il problema può ben essere risol-to in questo senso; ma ciò che è importante è il fatto che l’individuale registrazionedei cittadini nelle tribù e dunque la compilazione dell’elenco dei cittadini tribù pertribù è un compito che ora spetta al censore.

55 Mommsen, Staatsrecht, II3, p. 390 n. 2.56 Ibid., p. 334 n. 3.

li è Publilio Filone), e quale che sia il fondamento in base al quale si deter-mina questa fondamentale modificazione nei criteri della registrazione54.La mancanza di una connessione tra l’istituzione delle nuove tribù e il cen-sus (e i censori) in precedenza pare, insomma, attestare con una qualchesicurezza che l’elenco redatto dai censori non è inizialmente un elenco pertribù e lo è solo a partire dal 332.

Questa mancata connessione tra istituzione di nuove tribù e censusnon era sfuggita al Mommsen dello Staatsrecht. Ma il Mommsen la consi-derava comunque dipendente dallo stato delle fonti. Mommsen commenta-va il luogo liviano sulla creazione della Maecia e della Scaptia e il riferimen-to all’attività dei censori e notava come anche le successive istituzioni dinuove tribù (del 318/7, del 300/299, del 241/40) fossero connesse col census,ma concludeva : «Wenn den Einrichtungen neuer Tribus während des 3. u.4. Jahrh. – 259. 367. 396 – correspondirende Schätzungen nicht nach-gewiesen werden können..., so liegt dies sicher nur an der getrübten undmangelhaften Ueberlieferung»55 e ancora constatava, rassegnando le infor-mazioni che possediamo sui lustra, che gli annalisti non sembrano averconnesso lustra con la creazione della tribù Claudia o delle tribù successi-ve56. Ora tutto questo non può essere casuale. La stessa espressione liviana,in riferimento all’istituzione della Maecia e della Scaptia, è altamente signi-ficativa : Livio non solo associa, com’è ovvio, l’esito della guerra latina e laregistrazione di novi cives al censo, ma ad esso associa anche la creazionedelle due nuove tribù, delle quali si dice che propter eos [scil. i novi cives]sono state additae. E anzi afferma pure, esplicitamente, che a fare l’aggiun-ta, questa volta (e come sembrerebbe legittimo integrare, per la prima vol-ta) sono stati, per l’appunto, i censori.

È alla luce di questa trasformazione nei criteri di registrazione, che si-gnifica anche dei criteri di ripartizione del corpo civico, che si comprendebene l’incertezza della tradizione, poi riflessa dalle contrastanti ipotesi deimoderni, circa la natura delle tribù più antiche. Sebbene molti aspetti della

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57 «Tribules» ed «aerarii» cit.58 J. Cels-Saint-Hilaire, La République des tribus cit., cap. II-III e passim;

R.E. Mitchell, Patricians and plebeians. The origin of the Roman State, Ithaca-Lon-dra, 1990, p. 147 sgg. e passim; Cornell, The beginnings of Rome cit., cap. VII.

59 Con quello che a me sembra un punto debole : il rifiuto della notizia livianacirca l’esistenza di ventuno tribù nel 495.

60 Se si escludono i due capitoli famosi di Dionigi (4, 14 e 15) sui criteri di coscri-zione e di riscossione del tributo, in contraddizione, come si è detto, con quanto ri-sulta da Dion. 4, 19, e sul criterio originario di computo dei cittadini dei due sessi eancora dei nati, dei morti e dei maschi che arrivavano all’età adulta, per la quale tra-

complessiva ricostruzione del Mommsen incentrata sulla differenziazionetra la cosiddetta Bodentribus e la Personaltribus non si possano accettare intoto, come ha mostrato un saggio famoso di Plinio Fraccaro57, certo è signi-ficativo che ancora in tre fra i contributi più recenti, quello della Cels-Saint-Hilaire, quello di Mitchell, e quello di Cornell, si prospettino, dellanatura delle tribù in epoca più risalente, ricostruzioni del tutto contrastantifra loro58. Per la studiosa francese le nove tribù più antiche, create da Ser-vio Tullio, sarebbero i quadri per la registrazione di coloro che non fannoparte delle gentes, per i plebei : e di qui l’enfasi che viene data alla presuntadistinzione tra tribù che prendono il nome dal territorio e tribù che hannonomi gentilizi, create tra il 470 e il 449 dai patrizi, e le altre, create a partiredalla vittoria su Veio, nuovamente con nomi topografici, per l’integrazionecollettiva nel corpo civico romano delle comunità ivi stabilite59. Per il Mit-chell le tribù risulterebbero da un’evoluzione delle curie. Per Cornell, chenega la stessa distinzione tra tribù gentilizie e tribù che prendono nomegeografico, tutte le tribù più antiche avrebbero origine gentilizia e tutte sa-rebbero dell’epoca monarchica (andrebbero attribuite a una seconda rifor-ma dello stesso Servio Tullio). La verità è forse che le tribù più antiche, esino, appunto, a quelle istituite nel 332, non avendo nulla a che vedere conla registrazione dei cittadini al census, non hanno nulla a che vedere con laloro ripartizione in quanto cittadini. Le tribù, in quanto Bodentribus, sonooriginariamente circoscrizioni meramente territoriali, fatte di ager privatuse dalle quali risulta significativamente escluso l’ager publicus.

Peraltro, se davvero in questa fase il sistema di reclutamento è perclassi e centurie e il sistema di riscossione della contribuzione fiscale è ba-sato su un criterio di ripartizione, sarebbe illogico che l’elenco dei cittadini,che risulta dalle professiones al censo, fosse un elenco per tribù e va ribadi-to che non possiamo dire di avere prove indiscusse di una connessione ori-ginaria del census – in quanto costituzione di un elenco di persone registra-te – con le tribù né in Livio, né in Dionigi, né nel Papiro di Servio Tullio(P. Oxy. 2088)60. L’assenza di una lista di cives per tribù sembra peraltro

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dizione Dionigi cita Pisone. Una plausibile proposta di inquadramento della tradi-zione confluita nel Papiro di Servio Tullio in G. Traina, Il papiro di Servio Tullio, inASNP, s. III, 17, 2, 1987, p. 389-406 (anche se non sarà necessariamente da acco-gliere l’idea che le centuriae ivi citate siano le centurie agrarie).

61 Dion. 6, 89, 1 (cfr. Ascon. in Corn. 60) : 493 : elezione dei primi tribuni daparte dei comizi curiati; 471 : Dion. 9, 43, 3. Una ragione per la quale, peraltro, la re-gistrazione per classi e per centurie non può essere utilizzata è presumibilmente ilfatto che i comizi centuriati non sono comizi del popolo nella sua interezza, ma de-gli uomini in armi.

62 P. 117 L., cfr. 126 L. Si vd. la disc. in M. Humbert, Municipium et civitas sinesuffragio. L’organisation de la conquête jusqu’à la guerre sociale, Roma, 1978, cap. 1.

63 Italian manpower cit., p. 17 sgg.64 Dion. 20, 1 : Campani, Sabini e Volsci formano contingenti separati ad Au-

sculum.65 23, 5, 1; e 28, 45, 13.

confermata dal fatto che la tradizione sa bene che le stesse prime riunionidella plebe sono indette per curie : ciò che sarebbe inspiegabile qualora cifosse stata una registrazione inclusiva di tutti i cives diversa da quella percurie61.

Al di là della questione della natura e del ruolo della tribù nel suo com-plesso, mi sembra dunque che abbiamo sufficienti indizi per sostenere cheè solo con l’introduzione nel corpo civico romano dei novi cives dopo il 338e la conseguente creazione di due nuove tribù, che la tribù stessa diviene laripartizione fondamentale del corpo civico romano : quella in base allaquale si effettua la registrazione e anche l’enumerazione dei cives.

Questo passaggio da un census per classi e centurie a un census per tri-bù ha una serie di conseguenze, a più o meno breve scadenza. La prima èl’esclusione dal novero dei civium capita dei cives sine suffragio, in quantoesclusi dalle tribù. È ben noto che l’argomento forte per sostenere che i ci-ves sine suffragio fossero compresi fra i civium capita è il luogo di Festo-Paolo, forse risalente anche per questa parte a Servio Sulpicio, che parla diuna loro inclusione nelle legioni62. A mio avviso il luogo potrebbe attestare,diversamente da quel che sostiene il Brunt63, che i cives sine suffragio pos-sono originariamente aver servito nelle legioni, mentre è solo dopo la rifor-ma del census che per essi sono stati previsti, come per gli alleati, dei con-tingenti autonomi. Certo è significativo che le notizie che abbiamo di con-tingenti a parte di cives sine suffragio siano per l’appunto riferibili a eventidel III secolo64, come è significativo il fatto che Livio qualifichi di socii iCampani e gli altri cives sine suffragio65. Ma poi è in ogni caso l’esistenzastessa delle Tabulae Caeritum, che parrebbe provare una registrazione aparte.

È nel quadro del passaggio da un census per classi e per centurie a un

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66 P. 103 O. = p. 189, 16 sgg. Stangl (Fraccaro, «Tribules» ed «aerarii» cit., p. 164;C. Nicolet, Appius Claudius et le double Forum de Capoue, in REL, 20, 1961, p. 683-720, a p. 712; Pieri, L’histoire du cens cit., p. 122).

67 Non sono sicuro che l’espunzione del non sia da accogliere; il passo potrebbesignificare : «... venisse trasferito nelle Tabulae Caeritum e divenisse aerarius e perquesto motivo non fosse nell’albo della propria centuria e oltre a ciò non fosse citta-dino soltanto per il fatto che dovesse pagare aera a titolo di tributo per il suo caput»,come a dire che la sua condizione di cittadino non sussisteva soltanto per il fatto cheera obbligato a pagare un tributo di capitazione.

68 Recenti discussioni della riforma delle tribù di Appio Claudio e dell’ulterioreintervento di Fabio in Nicolet, Appius Claudius cit.; L. Loreto, La censura di AppioClaudio, l’edilità di Cn. Flavio e la razionalizzazione delle strutture interne dello statoromano, in Atene e Roma n.s. 36, 1991, p. 181-203; Cels-Saint-Hilaire, La Républiquecit., cap. VIII; M. Humm, Recherches sur Appius Claudius Caecus, tesi, Strasburgo,II, 1999, Deuxième partie, B; Id., Spazio e tempo civici : riforma delle tribù e riformadel calendario alla fine del quarto secolo a.C., in C. Bruun (ed.), The Roman Middle Re-public. Politics, religion, and historiography c. 400-133 B.C., Rome, 2000 (Acta Institu-ti Romani Finlandiae, 23), p. 91-119.

census per tribù che spiegherei anche alcune delle notizie che possediamocirca la sostanza delle animadversiones censorie nei confronti dei cittadinicomuni, e in particolare quella dello pseudo-Asconio66 : censores... cives sicnotabant : ut, qui senator esset, eiceretur senatu; qui eques R., equum publi-cum perderet; qui plebeius, in Caeritum tabulas referretur et aerarius fieret acper hoc non esset in Albo centuriae suae, et ad hoc [non] esset civis tantum-modo, ut pro capite suo tributi nomine aera praeberet67 : prima del 332 lapunizione che consiste nell’aerarium facere, disgiunta da quella del tribumovere (evidentemente solo possibile, a partire dal momento nel quale nonsolo c’è una registrazione per tribù, ma ci sono tribù di serie b, le urbane),deve davvero consistere nel trasformare un cittadino elettore in un cittadi-no che è esclusivamente contribuente.

La riforma del census ha anche per conseguenza, forse non immedia-ta, che d’ora in avanti anche coloro i quali sono fuori delle classi, i proleta-rii, possono essere censiti in quanto appartenenti alle tribù, così come pos-sono essere censiti, in quanto appartenenti alle tribù, i liberti : i primi di-vengono, per l’appunto, capite censi, nella misura in cui si fanno censire,nella misura in cui non rimangono incensi; i secondi, in quanto registratinelle tribù, sono attribuiti alla classe di censo cui li destina il loro patrimo-nio.

Ma, se è così, acquista nuova luce anche la vicenda delle due censure,di Appio Claudio e di Fabio e Decio68. Il passaggio da una registrazione perclassi e centurie a una registrazione per tribù comportava il problema di

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69 È questa un’osservazione di capitale importanza, e hanno torto certamentecoloro che non riconoscono la significatività di questa notazione liviana (come oraLoreto, l. cit.) : mi sia consentito rinviare alla trattazione di Civium capita. Le cifredei censimenti e l’evoluzione demografica a Roma tra l’età repubblicana e la prima etàimperiale, di pross. pubbl.

70 Si vd. Civium capita cit.71 L’osservazione secondo la quale Appio Claudio humilibus per omnes tribus di-

visis forum et campum corrupit (e non entro nel merito dei problemi di natura te-stuale che presenta il passo, cfr. p. es. Humm, Recherches, p. 309 sgg.) va, a mio av-viso, sicuramente intesa come quella che allude a un intervento specifico sullacomposizione dei comitia centuriata e mi sembra la più ragionevole delle conclusio-ni che un simile intervento sia consistito precisamente nella possibilità di includereora per la prima volta, in una centuria a sé, coloro che non raggiungevano il censominimo per essere inclusi nelle classi : il punto viene discusso più dettagliatamentein Civium capita cit.

come ripartire fra le tribù, sino a quel momento esclusive Bodentribus, icittadini. Doveva valere il criterio del possesso di un fondo nel territoriodella tribù? o quello del domicilio nel territorio della tribù? o un qualsiasialtro criterio? Il primo criterio avrebbe escluso dalla registrazione non soloi non proprietari, ma anche chi non fosse proprietario di beni immobili,salvo che la registrazione nella tribù sul cui territorio si era proprietari nonsi fosse associata a un criterio diverso per i non proprietari : o quello diuna loro libera scelta della tribù nella quale registrarsi o quello di una lororelegazione in alcune tribù, quelle che non per caso la tradizione livianavuole per l’appunto «denominate» come tribù urbane da Fabio69. A mesembra, anche se non posso entrare nei dettagli in questa sede70, che quan-to sappiamo da Livio (9, 46, 10), da Diodoro (20, 36, 4) e dalle altre fonticirca il contenuto dell’azione di Appio e della reazione di Fabio, trovi la suaglobale spiegazione, se si suppone, appunto, che questi sono i primi decen-ni nei quali è in opera un nuovo criterio di registrazione dei cittadini, basa-to sulle tribù : un nuovo criterio che, presumibilmente, non deve avere de-terminato meccanicamente l’inclusione immediata di coloro che non sonoassidui (se il requisito per la registrazione nella tribù dev’essere stato quel-lo del possesso di una proprietà fondiaria nel territorio della tribù e non ilsemplice domicilio), ma che l’ha a un certo punto favorita o quanto menopermessa, a seguito della riforma di Appio Claudio, che garantiva – eviden-temente ai nullatenenti – la possibilità di iscriversi in una tribù a loro scel-ta, e poi dell’azione di Fabio, che in qualche modo «creava» le tribù urbanecome quelle specificamente destinate alla registrazione dei nullatenenti71.Ci spiegheremmo perché, pur dopo queste riforme, non è da pensare chefossero censiti la gran massa dei proletarii che si trovassero a risiedere nel-l’ager Romanus, ma lontano da Roma. È d’altra parte alla luce di una modi-

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72 Appius Claudius cit., p. 717.73 Vd. supra, note 34 e 35 e riferimenti ivi.74 Il primo caso attestato di arruolamento di proletarii mediante tumultus è

quello, riferentesi presumibilmente al 281, ricordato da Ennio in Gell. 16, 10, 1 : cfr.Gabba, Esercito e società, p. 148.; Brunt, Italian manpower, p. 395 n. 6.

75 E ciò avrà avuto per conseguenza, per un verso, che ogni comunità di civessine suffragio avrà svolto autonomamente le operazioni del census, come auto-nomamente erano svolte quelle delle comunità latine e alleate, per un altro verso

ficazione nella costituzione della lista dei cittadini che ci possiamo spiega-re la «cesura profonda..., negli ultimi anni del IV secolo, meno tra due par-titi che tra due assemblee della città», come ha scritto il Nicolet72, che illuogo liviano sulla censura di Fabio e Decio pare rivelare.

Parimenti, il ritenere avvenuto, negli anni trenta del quarto secolo,questo radicale mutamento nelle procedure del census spiega perché si af-fermi e sia perciò attestato, dopo una generazione, così un nuovo modo dieffettuare la leva, ormai basato sulle tribù e non più sulle classi e sulle cen-turie, come, presumibilmente, un nuovo criterio di imposizione della con-tribuzione fiscale, se davvero la contribuzione fiscale passa ad essere, daimposta di ripartizione, imposta di quotità, effettivo tributum ex censu73 :mi sembra significativo che il termine di tributum indicherà sempre, inmodo pregnante, l’imposta per quotità, che grava sul singolo contribuente,o sul singolo complesso patrimoniale. Parimenti non dev’essere casualeche le prime notizie di proletarii, che servono in situazioni di emergenza ein base a leva in massa e non a dilectus, siano successive al momento in cuila registrazione è ormai per tribù74.

Naturalmente il passaggio a una registrazione per tribù deve averecomportato l’esigenza di un qualche adeguamento tribù-classi nella costi-tuzione dell’elenco o degli elenchi dei cittadini. D’ora in avanti ci sarannostate, verosimilmente, tante liste quante erano le tribù, e all’interno di ognilista, una distinzione dei cittadini in base alla classe. Sembra parimenti deltutto certo che le liste saranno state due per tribù, una per i seniores, l’altraper i iuniores, come ci fa pensare l’allusione, in Livio, e nel contesto dellavicende della Guerra annibalica, alle tabulae iuniorum (Liv. 24, 18, 7), cheevidentemente presuppongono, come sempre si osserva, l’esistenza (purnon attestata) di tabulae seniorum. Dunque possiamo ipotizzare lo schemadella registrazione e poi anche della redazione delle liste : nella lista di ognitribù saranno comparsi i cittadini della prima classe e poi di seguito quellidelle altre, e infine i capite censi. A parte devono essere state le liste dei ci-ves sine suffragio (presumibilmente distinte per comunità)75. Come poi inconcreto si realizzasse il rapporto fra tribù e centurie in quanto unità di vo-

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che, nel computo dei civium capita, i cives sine suffragio non devono essere stati ri-compresi : Civium capita cit.

76 Pol. 2, 23-24.77 E. Lo Cascio, I togati della formula togatorum, in AIISS 12, 1991/94, p. 309-28,

part. p. 324 sgg.; Id., The population of Roman Italy in town and country, in J. Bin-tliff e K. Sbonias (ed.), Reconstructing past population trends in Mediterranean Eu-rope (3000 BC-AD 1800), Oxford, 1999, p. 161-171, part. p. 166 sgg.; vd. pure Civiumcapita cit.

78 Che si tratti di due tipi di computo diversi – effettuati in tempi diversi, concriteri diversi e con una diversa finalità – mi pare certo : la cifra totale dei civium ca-pita registrati al census comprende i seniores, ma non comprende, come si è detto, icives sine suffragio che non sono registrati nelle tribù; comprende i seniores perché ilcensus ha una finalità politica e una finalità fiscale; ma per conoscere quanti iu-niores fossero disponibili in una situazione di emergenza il numero dei civium capi-ta non sarebbe stato utile, proprio per la probabile sotto-registrazione dei proletarii.C’è una fondamentale differenza tra la procedura del dilectus e la procedura del tu-multus : nel caso del dilectus, il singolo iuniore che veniva coscritto doveva rispon-dere alla chiamata del suo nome (ad nomina respondere : si vd. i luoghi citati daBrunt, Italian manpower, p. 628 sg.); nel caso di un tumultus, il iuniore doveva dareil proprio nome (nomen dare o edere : vd. Brunt, Italian manpower, p. 630) : vale adire che nel primo caso c’era già un elenco, l’elenco del census, mentre nel secondo

to nei comizi centuriati, prima e dopo la fine della creazione di nuove tri-bù, non può che rimanere campo per speculazioni.

Non credo che la testimonianza polibiana sulla leva in massa nel 22576

riveli modifiche di rilievo nei criteri in base ai quali il census veniva con-dotto, ma semmai nella maniera nella quale il tumultus, in quanto non im-plicante una chiamata individuale degli astretti al servizio, veniva effettua-to. A me sembra certo, come ho già avuto occasione di mettere in rilievo al-trove77, che il dato relativo a Romani e Campani non è in alcun mododirettamente conguagliabile con il risultato di un normale censimento, eche non sia da pensare che Polibio o Fabio abbiano commesso un errorenel calcolare due volte i reclutati, com’è sostenuto da una lunga tradizionedi studi facente capo al Beloch. Il dato, poi, va certamente inteso comequello che si riferisce – e tanto per gli alleati quanto per Romani e Campani– ai soli iuniores. La menzione di Etruschi e Sabini mi sembra che mostriche vengono computati assieme iuniores di comunità alleate e di comunitàdi cittadini; e la menzione congiunta dei Romani e dei Campani attesta chesono computati assieme iuniores provenienti da comunità di cives sine suf-fragio e da comunità di cittadini optimo iure. Corrispondendo il computo aun tumultus, che non presuppone la chiamata individuale e una preventivaregistrazione al census, è possibile che abbia interessato anche quei prole-tarii che normalmente restavano incensi78. In più, la leva in massa è chiara-

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caso, evidentemente, non c’era alcun elenco preconfezionato (l’elenco del census nonsarebbe potuto essere del tutto efficace ai fini del tumultus). L’esistenza di due diffe-renti procedure, quella del dilectus e quella del tumultus, è la migliore conferma delfatto che le liste tribali del census col terzo secolo erano divenute insufficienti se sitrattava di procedere a una leva in massa. Detto altrimenti : era possibile chiamare,nominativamente e individualmente, i iuniores registrati nel census che erano assi-dui e perciò obbligati a servire, ma per coscrivere i proletarii non si poteva ov-viamente ricorrere al normale dilectus, alla chiamata individuale, ma bisognava ri-correre al tumultus, il reclutamento che non implicava la chiamata individuale dauna lista già esistente. Dare nomen o edere nomen, come Brunt ha mostrato, non si-gnifica necessariamente presentarsi volontari : in determinate circostanze si potevaessere obbligati a dare il nome. Nel caso del dare nomen, la registrazione era conte-stuale alla coscrizione, invece che precederla. Inoltre, per conseguire migliori risul-tati il tumultus doveva essere condotto regionalmente (e non c’era alcuna necessitàdi radunare tutti i coscritti a Roma). La conclusione della procedura era la costru-zione di un elenco o meglio di più elenchi, che erano diversi dalle liste tribali del cen-sus : i computi potevano poi essere accorpati regionalmente e mettendo assieme cit-tadini di comunità di differente statuto giuridico, come appunto mostrano le cifrepolibiane. In ogni caso andrà osservato che le cifre del census in quanto tali nonavrebbero potuto essere comunque direttamente utilizzate, se non nell’anno in cui siconcludeva il census : ogni anno dei successivi, in effetti, sarebbe stato necessariocomunque aggiornare la lista dei iuniores per togliere dall’elenco quelli che avevanosuperato l’età (ed erano divenuti seniores) e per inserirvi coloro che avevano raggiun-to i diciassette anni ed erano perciò coscrivibili (cfr. quanto osserva acutamenteG. Tibiletti, The comitia during the decline of the Roman Republic, in SDHI, 25, 1959,p. 94-127, a p. 107 sg.), e che i censori eletti per il 225 (C. Claudius Centho e M. Iu-nius Pera : Suolahti, the Roman censors cit., p. 297 sgg.) avessero concluso le opera-zioni quando fu necessario apprestare le misure di emergenza contro i Celti non mipare certo.

79 Il caso è quello della registrazione dei legionari fuori d’Italia nel 203, Liv. 29,37, 5 : Lustrum conditum serius quia per provincias dimiserunt censores, ut civiumRomanorum in exercitibus quantus ubique esset referretur numerus : cfr. Brunt, Ita-lian manpower cit. p. 62 sgg. e passim.

mente su base locale, ed è per questo che compaiono grandi circoscrizionisu base territoriale.

Questo precedente deve avere avuto un riflesso sui criteri che si an-dranno affermando in particolare dopo la guerra annibalica nella condu-zione dello stesso dilectus, che avrà presumibilmente presto cessato di esse-re condotto centralmente a Roma, secondo il meccanismo descritto da Po-libio nel sesto libro. Ma per quanto riguarda il censo? Il fatto che le liste delcensus fossero per tribù non implicava in alcun modo un decentramentodelle procedure di registrazione, che continuarono a essere, e salvo in uncaso79, come suggeriscono le stesse notizie che abbiamo sui census deglianni della guerra annibalica e dei decenni successivi, centralizzate a Roma.Durante la guerra annibalica si ebbero mutamenti, semmai, nella maniera

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80 E. Lo Cascio, Ancora sui censi minimi delle cinque classi «serviane», in Athen.,n.s., 66, 1988, p. 273-302, part. p. 299 sgg.

81 C. Nicolet, La réforme des comices de 179 av. J.-C., in RHDFE, 4 s., 39, 1961,p. 341-58, a p. 357 sg.

82 Pol. 6, 19, 2; 23, 15.83 L. Grieve, Livy 40. 51. 9 and the centuriate assembly, in CQ, 35, 1985, p. 417-29;

ma l’osservazione era stata fatta già dallo stesso Nicolet, Le réforme cit., p. 356.84 Grieve, Livy 40. 51. 9 cit., p. 418 sg.85 Una connessione della riforma con la concessione del suffragium a Formiae,

nella quale venivano distinte, in base ai censi minimi, le classi : mutamentilegati, com’è ovvio, alle manipolazioni monetarie di quegli anni80.

Una modificazione di rilievo si ebbe nel 179 : la riforma attuata daM. Emilio Lepido e M. Fulvio Nobiliore, più forse che introdurre varie listeall’interno delle tribù, deve avere previsto la sostituzione dell’ordine permere classi censitarie all’interno della lista di ogni tribù con un diverso or-dine, che teneva conto di altri elementi oltre al censo e all’età (a meno dinon voler supporre, col Nicolet, che il passo liviano che ce ne informa siaguasto)81. Mi chiedo se non possiamo addirittura ipotizzare che vi sia statauna sorta di trasformazione delle classi oltre la prima, come conseguenzadella scomparsa stessa di censi minimi come ciò che distingueva le classidiverse dalla prima e al di là del censo minimo per appartenere alle classi,il discrimine tra assidui e proletarii : certo potrebbe non essere casuale chePolibio conosca o riferisca due soli censi minimi, quello della prima e quel-lo della quinta classe82. E in effetti dalla testimonianza liviana sulla riformadel 179 (una testimonianza che sembrerebbe riprodurre in qualche modoverbatim uno specifico documento, come ha messo in rilievo Lucy Grieve)83

parrebbe emergere che in ogni tribù le persone non venivano più distintein base al solo census ma anche in base ad altri elementi. Dice Livio (40, 51,9) : Mutarunt suffragia regionatimque generibus hominum causisque etquaestibus tribus discripserunt (dove mutarunt suffragia deve intendersi«mutarono la composizione delle centurie elettorali»)84. Dal passo in que-stione sembrerebbe doversi dedurre che, essendosi affermato, verosimil-mente dopo il 225, un nuovo criterio per effettuare le operazioni di dilectussu base locale, cominciasse ad affermarsi una ripartizione del corpo civicosu base territoriale (spiegherei in questo modo il regionatim). Sembrerebbedoversi dedurre, altresì, che venisse introdotto un nuovo criterio sostitutivodella semplice differenziazione in classi di censo : un criterio che dovevatener conto della possibilità che nelle varie comunità di cives (e per esem-pio in quelle da poco donate del suffragium)85 potessero esservi diversi ge-

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Fundi e Arpinum nel 188 (Liv. 38, 36, 7-9) è ipotizzata da R. E. A. Palmer, The ar-chaic community of the Romans, Cambridge, 1970, p. 73 sg.

86 Un confronto forse pertinente, quanto meno a livello terminologico (e fattodalla Grieve, Livy 40. 51. 9 cit., p. 425), è quello coi genera civium di Agrigentum inbase alle leges de senatu cooptando date da uno Scipione, presumibilmente l’Asiage-no, leges che individuano veteres e novi cives : Cic. 2 Verr. 2, 123 (su cui in part.E. Gabba, Sui senati delle città siciliane nell’età di Verre, in Athen. n.s. 37, 1959,p. 304-20); ma naturalmente una distinzione del genere poteva anche riguardarecomunità di cives Romani, come sarebbe accaduto più tardi, per esempio, a Pompeidopo la deduzione della colonia sillana : Cic. pro Sulla 60-62; cfr. E. Lo Cascio, Pom-pei dalla città sannitica alla colonia sillana : le vicende istituzionali, in M. Cébeillac-Gervasoni (dir.), Les élites municipales de l’Italie péninsulaire des Gracques à Néron,Actes de la table ronde de Clermont-Ferrand 28-30 novembre 1991, Rome, 1996 (Coll.de l’École française de Rome, 235), p. 111-123, a p. 117 sgg.

87 Roman statutes 24, l. 147.88 Diversam. A. Storchi Marino, Censo e artigiani : i collegia di Floro, in L’in-

cidenza dell’antico. Studi in memoria di Ettore Lepore, III, Napoli, 1996, p. 587-606, ap. 598, n. 37.

89 Roman statutes 24, l. 94 sg.; cfr. E. Lo Cascio, Mazzocchi e la questione dellaTabula Heracleensis, in Studi lucani, Galatina, 1976, p. 77-107 (ripubbl. in AlessioSimmaco Mazzocchi e il Settecento meridionale, Salerno, 1979, p. 215-62), a p. 92sgg.; Id., Praeconium e dissignatio nella Tabula Heracleensis, in Helikon, 15-16, 1975-76, p. 351-71.

nera civium86, ma che doveva certamente basarsi sulla condizione giuridicapersonale (causis) e sul mestiere (quaestibus) dei cittadini. Un’articolazio-ne dell’elenco di ogni tribù su base regionale, che tenesse conto di una seriedi altri elementi oltre al patrimonio e all’età, deve avere complicato la pro-cedura della registrazione – ciò che viene definito formula in Livio 4, 8, 4 e29, 15, 9, e poi ancora nella Tabula Heracleensis87 – e avere reso di necessitàpiù dettagliata la professio che si richiedeva al sui iuris e più complesso illavoro dei censori, i quali a questo punto non si trovavano più a dover fare iconti con una valutazione monetaria complessiva, ma dovevano anche te-ner conto, oltre che della condizione giuridica personale del dichiarante,del tipo di ricchezza da lui posseduta e della sua attività (la ratio pecuniaeex formula census della Tabula Heracleensis può ben avere incluso il riferi-mento all’origine e alla natura della fortuna e dunque all’attività svolta88, ed’altra parte le norme sull’ineleggibilità alle cariche municipali per certecategorie di persone, come praecones, dissignatores e libitinarii in eserci-zio89, si spiegano meglio, supponendo non solo che una dichiarazione sulproprio mestiere fosse richiesta al dichiarante, ma che fosse inserita speci-ficamente nella sua registrazione).

Quanto di questa nuova maniera di articolare le tribù si sia conservatonel tempo non sappiamo, anche se è certo significativo che nella breve pre-

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90 I 6, 3 : Ab hoc populus relatus in censum, digestus in classes, decuriis atque col-legiis distributus summaque sollertia regis ita est ordinata res publica ut omnia patri-monii, aetatis, dignitatis, artium officiorumque discrimina in tabulas referrentur, ac simaxima civitas minimae domus diligentia contineretur.

91 Grieve, Livy 40. 51. 9 cit.; Storchi Marino, Censo e artigiani cit.92 Come che si risolva l’annosa questione dell’identificazione della dracma poli-

biana e, per conseguenza, quella della definizione in termini di denari o sesterzidelle cifre dei censi minimi della prima e quinta classe fornite da Polibio (lett. e disc.in E. Lo Cascio, Spesa militare, spesa dello stato e volume delle emissioni nella tardaRepubblica, in AIIN, 29, 1982, p. 75-97, part. p. 77 sgg., e Id., Ancora sullo stipen-dium legionario dall’età polibiana a Domiziano, in AIIN, 36, 1989, p. 101-20, part.p. 110 sgg.; si vd. ora L. Pedroni, Illusionismo antico e illusioni moderne sul soldo le-gionario da Polibio a Domiziano, in Historia, 50, 2001, p. 115-30, che, probabilmenteperché ritiene «banale» ed «evidente» il «ragionamento» per il quale la dracma poli-biana sarebbe pari a sei oboli e, assieme, a una dracma attica, tanto che «potrebbeapparire superfluo» il riproporlo, non apporta nuove argomentazioni sul punto spe-cifico, pur centrale per la sua – a dire il meno – spericolata e non sempre perspicuaricostruzione, limitandosi ad attribuire agli studiosi che contesta opinioni esatta-mente opposte a quelle effettivamente espresse), andrà sottolineato come a indicarela progressiva differenziazione della società romana in termini di ricchezza valga ladifferenza che si rileva tra il dato liviano e dionigiano e quello polibiano : secondo lascala dei censi minimi «serviani» in Livio e in Dionigi, il censo minimo della quintaclasse sarebbe stato 1/9,9 o 1/8 di quello della prima classe (11.000 o 12.500 assi ri-spetto a 100.000); secondo Polibio (e con riferimento verosimilmente alla sua etàpiuttosto che all’età della Guerra Annibalica) il censo minimo per essere obbligati aservire nelle legioni sarebbe stato pari a 1/25 del censo minimo della prima classe(400 dracme rispetto a 10.000) : Lo Cascio, Ancora sui censi minimi cit., p. 299.

sentazione che Floro fa dell’ordinamento attribuito a Servio compaia, an-cora una volta, come uno dei criteri attraverso i quali il populus risultavadistributus, quello dell’ars e dell’officium90. Il confronto tra il luogo livianoe quello di Floro è stato prospettato da Lucy Grieve e più recentemente daDina Storchi Marino91, con soluzioni in parte diverse, soprattutto per quan-to attiene al senso che dobbiamo assegnare alla menzione delle decurie edei collegia. Ma al di là di questo specifico problema è difficile non conside-rare significativo il fatto che si potesse, da parte di Floro, attribuire una va-lenza specifica, nella distribuzione del populus che si attuava col census, al-l’attività svolta, oltre che al patrimonium, alla dignitas e all’aetas. Quest’ul-teriore articolazione del corpo civico romano, rispetto a una meradistinzione in classi di censo, potrà allora forse considerarsi il prodotto del-la progressiva differenziazione strutturale della società romana : un pro-cesso parallelo, peraltro, a quello per il quale la stessa differenza tra censominimo per appartenere alle classi e censo minimo della prima classe di-viene assai più ampia, come ci mostrano le cifre polibiane92. È possibileche il passo liviano, allora, significhi che i censori tengono conto, nel muta-

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93 Cfr. supra, note 12 e 13 e riferimenti ivi.94 E. Lo Cascio, The size of the Roman population cit.; The population of Roman

Italy in town and country cit.95 A. N. Sherwin-White, The Roman citizenship, Oxford, 19732, p. 168

re i suffragia, dunque nel mutare la ripartizione in centurie dei cittadini re-gistrati nelle tribù, di nuovi elementi : e questa potrebbe ben essere la ra-gione per la quale non c’è riferimento all’età e allo stesso patrimonio comecriteri di discriminazione : i due elementi che, sino ad allora, hanno gioca-to nella ripartizione dei cittadini fra le varie classi e centurie. Spiegherei ilregionatim, peraltro, come indicativo del fatto che, sin da quando l’elencodei cittadini è per tribù, ci dev’essere stato un criterio territoriale per divide-re i cittadini appartenenti alle varie tribù nelle varie centurie di ogni classe,vale a dire che è probabile che gli appartenenti alle varie centurie in ogniclasse, e tanto i iuniores, quanto i seniores, siano stati vicini di residenza.

Mi sembra che il successivo, importante discrimine nell’evoluzionedelle procedure del census sia quello dell’età cesariana. Mi pare sicuro, co-me ho cercato di mostrare altrove, che è solo negli anni della dittatura diCesare che si è attuato il decentramento delle operazioni del census, ac-compagnato da una nuova maniera di effettuare il census a Roma, e cioèvicatim e per dominos insularum, come sappiamo da un celebre luogo diSuetonio93. Da questa conclusione scaturisce anzitutto una specifica e deltutto plausibile spiegazione del «salto» nella cifra dei civium capita tra il 70e il 2894, ma discendono anche altre conclusioni che riguardano, più speci-ficamente, la natura e le funzioni delle operazioni censuali a livello locale,e il loro rapporto con una registrazione complessiva dei civium capita de-stinata a essere effettuata sempre più raramente tra la tarda repubblica egl’inizi dell’età imperiale (quanto meno nelle forme tradizionali che preve-dono la sua conclusione attraverso la cerimonia del lustrum), e poi destina-ta con l’età flavia a interrompersi, come pare, definitivamente. Tali conclu-sioni possono schematicamente riassumersi nel modo seguente. 1) L’intro-duzione di una registrazione decentrata con Cesare sembra essere la provadi una radicale modificazione delle strutture stesse dello stato romano, conla conclusione di quello che è stato icasticamente definito il processo di«capitalizzazione» di Roma95 : essa è la prova del progressivo estenuarsidella significazione «politica» della cittadinanza, nella misura in cui pro-prio attraverso questo nuovo criterio si prende atto della netta distinzioneo anzi contrapposizione tra i cives Romani domiciliati a Roma e i cives Ro-mani delle comunità d’Italia. La registrazione decentrata pare legarsi dun-que a una nuova definizione del corpo civico, espressa chiaramente dal

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96 E. Lo Cascio, Census provinciale, imposizione fiscale e amministrazioni citta-dine nel Principato, in Lokale Autonomie und römische Ordnungsmacht in den kaiser-zeitlichen Provinzen vom 1.-3. Jahrhundert, hrsg. v. W. Eck unter Mitarbeit v. E. Mül-ler-Luckner, Monaco, 1999, p. 197-211, a p. 197 sgg. (ora in Id., Il princeps e il suoimpero. Studi di storia amministrativa e finanziaria romana, Bari, 2000, p. 205-19, ap. 205 sg.).

nuovo modo di confezionare l’elenco dei civium capita : al passaggio dauna registrazione centralizzata a una registrazione decentrata corrisponde,infatti, il passaggio da un’elencazione dei cittadini per tribù a un’elencazio-ne dei cittadini per comunità. La registrazione decentrata enfatizza, peral-tro, com’è ovvio, il significato che una ricognizione periodica del corpo ci-vico può avere a livello locale e per scopi locali : di partecipazione politica,anzitutto, ma anche di definizione ad esempio di obblighi lato sensu tribu-tarii96. 2) Tale valenza locale della registrazione induce a ritenere, perciò,che prima dell’introduzione di un census decentrato con Cesare siano coe-sistiti census centralizzato a Roma e census locale, come peraltro suggeri-scono non solo l’attestazione di quinquennales negli ultimi decenni dellarepubblica in alcune città italiche, ma anche alcuni sparsi riferimenti cice-roniani. 3) La valenza locale del census induce peraltro a interpretare lastessa norma della Tabula Heracleensis, dalla quale apprendiamo dell’intro-duzione di una procedura decentrata, in modo un po’ diverso da quello incui normalmente la si intende : essa non vale a limitare, per l’avvenire, lericognizioni censuali nelle comunità locali a quelle che vengono effettuatein concomitanza con l’effettuazione del census a Roma : ma vale a fissarel’obbligo che sia effettuato un census locale allorché si procede al censi-mento generale dei cittadini romani, quello che si conclude con la cerimo-nia del lustrum; e a far sì che tale censimento locale venga compiuto secon-do schemi comuni (la formula census adottata a Roma dal censore), dun-que superando le diversità che, pur dopo l’incorporazione delle comunitàitaliche nella cittadinanza romana, dovevano o potevano sussistere. E ciòspiega il motivo per il quale, pur dopo l’entrata in vigore della norma dellaTabula Heracleensis, manchi apparentemente una connessione cronologicaprecisa tra gli anni in cui viene effettuato il census in talune comunità loca-li o quanto meno gli anni di quinquennalità in tali comunità e gli anni incui sappiamo esservi stato un census concluso col lustrum : dunque il 28 el’8 a.C., il 14, il 47 e il 73 d.C.

È per questo motivo che non credo che, a dimostrare l’esistenza dellaregistrazione decentrata, come sostitutiva della venuta a Roma del sui iu-ris, già prima dell’età cesariana possa valere l’allusione, nella pro Cluentio,a proposito delle malefatte di Oppianico, alle tabulae publicae censoriae di

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97 Cic. pro Clu. 14, 41 : illum tabulas publicas Larini censorias corrupisse de-curiones universi iudicaverunt; 44, 125 : dum vero eum fuisse Oppianicum constabitqui tabulas publicas municipi manu sua corrupisse iudicatus sit.

98 Ph. Moreau, La mémoire fragile : falsification et destruction des documents pu-blics au Ier siècle av. J.-C., in La mémoire perdue, Parigi, 1994, p. 121-147; seguono Mo-reau M. Crawford e C. Nicolet, in Roman statutes, p. 388 sg.

99 Si vd. i riferimenti e la discussione in Moreau, La mémoire fragile cit., p. 123sgg.

100 La mémoire fragile cit., p. 130 sgg.101 Roman statutes 24, l. 148 sgg.102 Né valgono, a risolvere questa difficoltà, le considerazioni di Moreau, La mé-

moire fragile cit., p. 134.

Larino97. Recentemente, proprio basandosi sull’idea dell’«inclusion desdonnées des census locaux dans le census général à Rome à cette époque»che non sarebbe, a suo avviso, ormai più contestata, Philippe Moreau hacostruito quello che a me sembra un castello di ipotesi circa l’interpretazio-ne che si deve dare dei due luoghi dell’orazione che ricordano il iudiciumespresso dai decuriones universi di Larinum : che Oppianico avrebbe «cor-rotto» (corrupisse) le tabulae publicae Larini censoriae, le tabulae publicaemunicipii. Partendo dal presupposto che la procedura individuata dalla Ta-bula Heracleensis fosse già in vigore negli anni 80, Moreau ritiene che l’a-zione di Oppianico sarebbe consistita nell’adulterare i libri sui quali veniva-no trascritti i risultati del census locale da inviare a Roma98. Ora, a parte ilfatto che è proprio l’effettuazione del census generale con procedura decen-trata ciò che bisognerebbe provare e non semplicemente considerare perpresupposta, va osservato che, qualunque sia il significato che si dà al iudi-cium dei decurioni – se atto giurisdizionale specifico del senato o invito aimagistrati ad avviare un procedimento o ancora voto di censura99, sembradoversi escludere che la falsificazione potesse riguardare la copia del cen-sus locale da inviare a Roma proprio perché il termine che viene adoperatoda Cicerone è quello di tabulae : nel testo di Eraclea sono definite tabulae,come mette in rilievo peraltro lo stesso Moreau100, le tabelle cerate da archi-viare, e tanto quelle delle singole comunità, da cui si trae la copia da invia-re a Roma, quanto le tabulae publicae a Roma nelle quali census populipraescriptus erit; la copia da inviare a Roma, viceversa, ha come supportonon delle tabulae, ma dei libri, dunque verosimilmente dei volumina di pa-piro101. Sembra dunque necessario concludere che la falsificazione non puòche avere riguardato le tabulae di Larino : quelle, cioè, che comunque sa-rebbero rimaste, dopo che se n’era fatta eventualmente la copia da inviarea Roma, nel tabularium di Larino102. Ipotizzare con Moreau che la falsifica-

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103 Certo non dimostrano l’introduzione di una procedura decentrata i due luo-ghi liviani (25, 5, 5-9 e 43, 14, 2-10) addotti da Humbert, Municipium cit., p. 323 sg.,e relativi a eventi del 212 e del 169 a.C. : cfr. Lo Cascio, Le professiones cit., p. 310sg.; e Y. Thomas, «Origine» et «commune patrie». Étude de droit public romain (89av. J.-C.-212 ap. J.C.), Roma, 1996, p. 110 n. 14, il quale peraltro ritiene, proprio sullabase delle informazioni che traiamo oltre che dalla pro Cluentio dalla pro Archia (sucui, infra, p. 595), che la procedura di registrazione decentrata fosse in vigore dal pe-riodo immediatamente successivo alla Guerra Sociale.

104 Così per esempio il census a Pompei che dobbiamo supporre effettuato daiduoviri quinquennales M. Porcius e C. Quinctius Valgus, la cui attività in connes-sione con la costruzione dell’anfiteatro è attestata da CIL X 852 (che l’anno dellaquinquennalità fosse il 70 è stato sostenuto di recente da F. Zevi, Pompei dalla cittàsannitica alla colonia sillana : per un’interpretazione dei dati archeologici, in Les élitesmunicipales de l’Italie péninsulaire des Gracques à Néron cit., p. 125-38, a p. 129).

zione avrebbe riguardato i libri coi risultati del census da inviare a Romaimplica, poi, dover necessariamente datare la falsificazione nell’86, e dovernecessariamente supporre che Oppianico o sia stato quattuorvir quinquen-nalis in quell’anno o in quell’anno trascelto dai decurioni come uno dei le-gati per la trasmissione dei risultati del census a Roma, laddove sarebbepiù logico connettere la falsificazione con l’attività esplicata da Oppianicodurante il suo quattuorvirato dell’82 (l’unico peraltro attestato), un anno incui non vi è census generale, ma vi può ben essere stato, proprio in conse-guenza dell’esito della guerra civile, un censimento a Larino. Ancora unavolta : a me sembra che le difficoltà nascano dalle due petizioni di princi-pio di Moreau : la prima è che sia già in vigore la norma che prevede la cor-relazione tra census locale e census a Roma, in quanto il census generaledei cives Romani avviene di già con procedura decentrata; la seconda èche, essendo già in vigore la norma che prevede la correlazione tra censuslocale e census a Roma, non ci potesse essere stato altro census a Larino, senon nell’86. Ma in verità non abbiamo alcuna attestazione del fatto che lacorrelazione tra census locale e census a Roma fosse in vigore prima del-l’età cesariana103 : prima di questa data possono ben essere coesistiti censuslocali, affidati ai quinquennales, ed effettuati per scopi locali104, e il census aRoma, implicante la comparizione personale del sui iuris a Roma per farsiregistrare; di più : la stessa norma della Tabula Heracleensis non escludeaffatto che si effettuino dei censimenti a livello locale, e per scopi locali;ma prescrive soltanto che, allorché si effettua il censimento a Roma, il cen-simento debba essere necessariamente effettuato anche nelle comunità lo-cali, perché si possa conseguire, attraverso la mera raccolta dei dati prove-nienti dalle varie comunità, e dunque facendo spostare i documenti, un ri-sultato analogo a quello che si conseguiva in precedenza, facendo venire a

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105 Cic. pro Archia 7-11.106 Roman statutes, I, p. 388 sg.107 Osserverei, per di più, che sarebbe ben strano che Cicerone, nel parlare di un

incendio del tabularium a Roma che ha mandato distrutte le tabulae di Eraclea dica,riferendosi per l’appunto alle tabulae di Eraclea e ad esse soltanto, che interisse sci-mus omnes, laddove la notazione ciceroniana è perfettamente comprensibile qualo-ra si riferisca all’incendio del tabularium di Eraclea.

Roma i sui iuris. L’esistenza della tabulae publicae censoriae di Larino misembra dunque la prova del fatto che nell’età sillana dovevano coesisterecensus locali, per scopi locali, e il census generale a Roma, sostanzialmenteeffettuato per definire il posto del cittadino entro le ripartizioni per classi eper tribù, e per consentirgli così di potere godere dei diritti politici a Roma.

Mi pare che questa stessa conclusione debba trarsi da alcuni altri rife-rimenti nella pro Archia e dallo stesso svolgersi dell’argomentazione cicero-niana sulla contestata sua acquisizione della cittadinanza105. Mi pare signi-ficativo che Cicerone distingua, sostanzialmente, tre tipi di documenti : ilprimo è costituito dalle tabulae publicae degli Eracleesi, dove sarebbe do-vuto comparire il nome di Archia, cittadino, a suo dire, di Eraclea, primache Eraclea divenisse municipium : sono queste le tabulae contenute nelTabularium, bruciato durante l’Italicum bellum. Il secondo tipo di docu-menti è costituito dalle tabulae publicae del pretore Metello, redatte con ledichiarazioni degli adscripti alle comunità d’Italia donate della cittadinan-za, che per potere ottenere individualmente il beneficio, ai sensi della lexPlautia Papiria, dovevano effettuare la professio davanti a uno dei pretorientro sessanta giorni. Il terzo tipo di documenti è costituito dalle tabulaecoi risultati del censimento a Roma, ovviamente conservate a Roma. È as-sai improbabile, mi sembra, che le tabulae eracleesi andate in fumo siano,secondo la recente suggestione di Crawford e Nicolet106, le tabulae eracleesiconservate nel tabularium di Roma, incendiato nell’83 : e questo, a tacerd’altro, perché estremamente improbabile mi sembra che bellum Italicumnel linguaggio ciceroniano possa alludere agli eventi dell’83107. La sugge-stione nasce dalla necessità di eliminare la significatività dell’evidente con-trapposizione, nel testo ciceroniano, tra le tabulae ad Eraclea e le tabulaedel census a Roma : ciò che implicherebbe l’esistenza di due registrazioni,una locale e una a Roma, distinte e anzi indipendenti fra loro. Quando Ci-cerone, rivolgendosi all’accusatore di Archia, dice : census nostros requirise poi spiega il motivo per il quale Archia non è stato censito né nell’89, nénell’86, né nel 70 (perché era fuori d’Italia), si riferisce ai documenti cen-suali di Roma : e se dice nostros, è perché vuol evidentemente contrappor-

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108 Secondo quanto stabilito dalla disposizione della Tabula Heracleensis, l. 157sg.

109 Pieri, L’histoire du cens cit., p. 172; Brunt, Italian manpower cit., p. 36.110 Roman statutes, p. 389.111 T. P. Wiseman, The census in the first century B.C., in JRS 59, 1969, p. 59-75,

a p. 68.

re i documenti del census a Roma ai documenti di Eraclea. È del pari evi-dente che Cicerone pensa che Archia, qualora fosse stato in Italia, si sareb-be registrato a Roma, non a Eraclea, come sarebbe dovuto accaderequalora fosse stata in vigore la registrazione decentrata. Certo, si potrebbeastrattamente pensare che la registrazione non dovesse avvenire ad Eracleaperché Archia poteva avere domicilium in più municipi108. Ma a me sembrache la spiegazione più economica sia di ritenere che, se Cicerone parla, peri census sino al 70, di census nostros, con riferimento ai documenti conser-vati a Roma, e senza fare riferimento ai documenti di Eraclea, è perché ilcensus generale non è ancora decentrato in municipia, coloniae, praefec-turae.

E veniamo a quella che potrebbe considerarsi la prova del fatto che an-cora nel 70 era necessario venire a Roma per farsi censire. Cicerone ricor-da in I Verr. 54 come appunto in quell’anno la città di Roma fosse estrema-mente affollata di persone che venivano da tutta l’Italia comitiorum ludo-rum censendique causa : la più ovvia spiegazione dell’affollamentocensendi... causa è che, ancora a quella data, era necessaria la comparizio-ne del sui iuris a Roma, per effettuare la professio. Si è ritenuto da parte dialcuni che l’affollamento sarebbe stato determinato da coloro ai quali,avendo domicilia in più comunità d’Italia, si consentiva di farsi registrare aRoma, secondo quanto esplicitamente prescrive la Tabula Heracleensis109;Crawford e Nicolet propongono ora di considerare l’affollamento come ilrisultato della presenza a Roma dei legati delle singole municipalità italicheche portano i libri dei census locali (secondo la procedura, vale a dire, de-scritta nella penultima sezione della Tabula Heracleensis)110. Entrambe que-ste pur ingegnose ipotesi non valgono, a mio avviso, a spiegare l’allusioneciceroniana, e per un motivo messo in rilievo da Wiseman111 : perché coloroche avevano domicilia in più centri non sarebbero potuti essere comunquetanto numerosi da giustificare l’affermazione di Cicerone, e meno numero-si ancora sarebbero potuti essere coloro che, avendo più domicilia, decide-vano di farsi censire a Roma, o (a maggior ragione) i legati delle comunitàitaliche, che difficilmente sarebbero potuti essere più di qualche migliaiodi persone. Né si può supporre che l’affollamento potesse essere determina-

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112 L. Homo, Rome impériale et l’urbanisme dans l’antiquité, Parigi, 1951, p. 123sgg.

113 II XIII 164 sg.114 Fest. p. 366 L.115 Broughton, MRR, s.a.; J. Suolahti, The Roman censors cit., p. 464 sgg.116 Staatsrecht II3, p. 333, con n. 2.

to dagli abitanti dei fora e conciliabula nei pressi di Roma, che non avreb-bero potuto effettuare la professio nella propria comunità, diversamentedai cives Romani di municipia, coloniae e praefecturae : il processo di muni-cipalizzazione nelle aree dell’ager Romanus più vicine a Roma, con la tra-sformazione delle tribù rustiche più antiche in municipia, doveva già esse-re molto avanzato nel 70 e quello che Homo definiva la «commune de Ro-me» non andare molto al di là dei continentia della città112.

L’attribuzione a Cesare della nuova procedura di registrazione consen-te, a mio avviso, anche di comprendere quali siano state le ragioni, prati-che, per le quali il meccanismo stesso della ricognizione censuale si dovettesostanzialmente inceppare nei decenni successivi alla Guerra sociale, indi-pendentemente dai tentativi (ipotizzati e certo plausibili, ma occorre direinattestati esplicitamente dalle nostre fonti) da parte di settori della classedirigente di impedire, con l’accesso alla cittadinanza di molti fra i novi ci-ves, la partecipazione di tali novi cives al gioco della politica, ciò che avreb-be potuto portare allo sconvolgimento di voluti equilibri. Sappiamo chepiù volte i censori non furono in grado di fare il census o quanto meno dicompletarlo : di condere il lustrum. Ciò accadde nell’89 : dice Cicerone nel-la pro Archia (11) che in quell’occasione nullam populi partem esse censam(anche se i Fasti Antiates testimoniano che si compì il lustrum113 e lo con-ferma l’antiquario Veranio in Festo, quando dice che tale lustrum fu, co-munque, parum felix)114; ciò accadde ancora spesso, dopo la parentesi silla-na e dopo la censura di Lentulo Clodiano e di Gellio Poplicola nel 70 : icensori non furono in grado di condere il lustrum ancora nel 65, nel 64, nel61, nel 55, nel 50115. Assieme ad altri fattori deve essere stata proprio la dif-ficoltà di considerare concluse operazioni che comunque comportavanouna registrazione minoritaria del corpo civico a impedire l’effettuazionedel lustrum. Ora, che effetti poteva avere questa mancata effettuazione dellustrum? significava automaticamente l’annullamento delle operazionicensuali effettuate, come sostiene la maggior parte della dottrina, sulla sciadi Mommsen?116 E se sì, vuol dire che i neocittadini, pur registrati nei cen-sus del 65 o del 64 o del 61 o del 55 o del 50, non venivano inseriti nelle tri-bù e nelle classi, dunque non avevano la possibilità di partecipare alla vita

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117 Taylor, The voting districts cit., p. 106, p. 119 sg. e passim; G. Tibiletti, The«comitia» during the decline of the Roman Republic cit., part. p. 103 sgg.; Wiseman,The census in the first century B.C. cit., p. 69 sg.

118 G. Luraschi, La questione della cittadinanza nell’ultimo secolo della Repubbli-ca, in F. Milazzo (a cura di), Res publica e princeps. Vicende politiche, mutamentiistituzionali e ordinamento giuridico da Cesare ad Adriano, Atti del Convegno inter-nazionale di diritto romano, Copanello 25-27 maggio 1994, Napoli, 1996, p. 35-99,part. p. 66 sgg.

119 Supra, n. 1. Andrà osservato che un parere in questo stesso senso era statoespresso, verbalmente, da E. Badian a G. Tibiletti : cfr., di quest’ultimo, The «comi-tia» during the decline of the Roman Republic cit., p. 96 sg., n. 11. Certamente, a farritenere nulle le operazioni di registrazione effettuate dal censore se il lustrum non èconditum, non può in alcun modo bastare la testimonianza di Cass. Dio 54, 28, 4, ad-dotta dal Mommsen (l. cit. a n. 116).

120 72 sgg.

politica a Roma? Il problema è certamente spinoso e ha sollecitato, nellastoria degli studi, ipotesi interpretative diverse, che hanno cercato di supe-rare la difficoltà in vari modi (per esempio supponendo che i novi cives po-tessero votare nelle assemblee tribute, anche in assenza di una registrazio-ne censuale, ma non in quelle centuriate)117. Non mi sembra tuttavia credi-bile che si sia potuto impedire per decenni l’accesso ai diritti politici chesolo l’iscrizione al census, e dunque alle tribù e alle classi, avrebbe potutoconsentire; né mi sembra credibile che, come ha sostenuto recentemente ilLuraschi118, si potessero trovare meccanismi diversi di certificazione dellostatus di cittadino rispetto all’iscrizione al census, per consentire la parteci-pazione politica a quei cittadini, appunto, che non avessero potuto effet-tuare la loro professio. Assai più probabile e tutto sommato fondata misembra l’ipotesi del Brunt : che, pur in assenza del lustrum, la registrazionedei cittadini, qualora fosse stata effettuata nelle forme debite, non potessein alcun modo considerarsi invalida119. Ha ragione il Brunt a mettere in ri-lievo come sia questa la conclusione che pare doversi trarre dall’episodioraccontato da Cicerone nella pro Flacco120 : per garantirsi la proprietà deibeni di Aminta di Apollonide di cui si era illegittimamente impadronito,Appuleio Deciano li avrebbe dichiarati come propri al census (presumibil-mente quello del 64). Ora, è significativo che la ragione di nullità dell’attodi Deciano non fosse individuata da Cicerone nella nullità del census nelsuo complesso, ma nella circostanza che i beni in questione, essendo inprovincia, non potessero considerarsi come censui censendo, dunque nonfossero registrabili nel census. Pure significativo è che Cicerone, nel de ora-tore (I 183), si ponesse il problema se gli effetti giuridici della manumissioex censu corressero dal momento della dichiarazione al census o dal mo-mento in cui il lustrum era stato conditum : un problema che doveva risul-

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121 The census in the first century B.C. cit., p. 65.122 Mi sembra che la cosa risulti, in maniera esplicita, da quanto Livio osserva a

29, 37, 1 (cit. supra, n. 79) : il lustrum è stato conditum serius, quia per provincias di-miserunt censores, ut civium Romanorum in exercitibus quantus ubique esset referre-tur numerus : dunque, la condizione perché sia effettuato il lustrum è che il numerodei civium capita sia noto.

tare evidentemente di grosso rilievo in questi decenni centrali del primo se-colo proprio per il fatto che i censori, pur avviando la registrazione dei cit-tadini, non erano in grado di compierla.

Si può dire, dunque, che abbia ragione Wiseman nel sostenere che inlinea di massima, così come non si dava il caso di un lustrum senza un cen-sus, non si potesse dare un census valido che non fosse concluso dal lu-strum121. Ma ciò non può voler dire necessariamente che le singole registra-zioni sarebbero state nulle. In verità bisogna sempre tenere presente la ne-cessità di distinguere, nella procedura del census, tra i due momenti dellaregistrazione e dell’enumerazione : è solo al momento dell’enumerazioneche evidentemente si pone il problema dell’effettuazione del lustrum122 enon è perciò casuale che la formula ufficiale con la quale, nella nostra tra-dizione, sono tramandati i risultati dei censimenti preveda per l’appuntoche l’indicazione del numero dei civium capita conteggiati sia associata al-la menzione del lustrum e non semplicemente del census, e che lo stessopossa dirsi per la menzione che Augusto fa delle cifre dei civium capita nel28 a.C., nell’8 a.C. e nel 14 d.C. nel capitolo ottavo delle Res gestae. Conclu-deremo che non è verosimile che le registrazioni degli anni 65, 64, 61, 55,50 non abbiano avuto efficacia. Se tali registrazioni, pur essendo state par-ziali, hanno avuto efficacia, diventa ancor più plausibile che il recensus diCesare, limitato a Roma e effettuato vicatim e per dominos insularum, siastato concepito come un census parziale, destinato, una volta introdotta lanuova procedura, ad essere integrato dai census nelle comunità locali.

Mi sembra che si possa concludere che dunque la riforma cesarianamirava a consentire una più efficace registrazione del corpo civico romanoattraverso l’utilizzazione delle registrazioni locali. Ma per far questo dove-va essere abbandonato il criterio sino ad allora seguito nella confezionedelle liste dei cives a Roma. Le liste delle municipalità romane, com’era sta-to prima della Guerra sociale delle liste delle comunità alleate, erano ov-viamente, appunto, liste per comunità. Le liste dei cives Romani erano vice-versa liste redatte per tribù ancora nel 51, se possiamo considerare comeindicativo della situazione a Roma il fatto che Cicerone assegni nel de legi-bus, appunto, ai censori il compito di dividere i cittadini per tribù (3, 7).

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123 NH VII 163 sg.; cfr. Flegonte di Tralles, FGrHist 257, F 37.124 Roman Statutes 24, l. 146.125 Interpreto il criterio dell’appartenenza a una determinata comunità come

quello del domicilium in senso proprio in quella comunità, sulla base della letteradel documento epigrafico, che prevede, come caso a parte, quello di chi abbia piùdomicilia, e lo prevede, appunto, in quanto evidentemente lo contrappone al casopiù comune, al caso di chi di domicilium ne abbia uno solo : non sono del tuttoconvinto dalle pure assai acute argomentazioni di Thomas, «Origine» et «communepatrie» cit., p. 117 sgg., non solo per respingere «l’idée que les municipes ou les coloniaient dû se faire enrôler sur place, lorsqu’il habitaient en dehors de leur cité d’ori-gine», ma, su questa base, per contestare che «le recensement local ait été organisé,selon la Table d’Héraclée, en fonction du domicile», per arrivare alla conclusioneche «le domicile ne fut pas adopté comme critère de rattachement à la cité, contrai-rement à ce que croient la plupart des historiens». È vero, tuttavia, che, anche ade-rendo alla ricostruzione di Thomas, non è messo in discussione il punto essenziale :che è quello dell’abbandono del criterio di appartenenza alla tribù, per quello diun’appartenenza alla comunità locale.

Dunque, le liste delle singole municipalità dovevano essere inconguagliabi-li con le liste del census generale a Roma, sin tanto che queste ultime conti-nuavano a essere per tribù. Né si può pensare che le liste per comunità po-tessero essere, esse, riaccorpate per tribù : in ogni comunità, in effetti, po-tevano esservi appartenenti a tribù diverse ed è significativo che ilriaccorpamento delle liste per comunità, quando vi sarà, prescinderà total-mente dalla ripartizione per tribù : sarà, dopo la creazione delle regiones daparte di Augusto, un riaccorpamento appunto per regiones, come sappiamoda una celebre testimonianza di Plinio, relativa ai centenari dell’Emilia123.

È significativo, peraltro, che, in base alla procedura descritta dalla Ta-bula Heracleensis, ogni cittadino dovesse dichiarare nome, prenome, pater-nità o patronato, tribù e cognome124 : si prevede, dunque, che, all’interno diun municipio, ci possano essere persone appartenenti a differenti tribù(perché altrimenti la tribù sarebbe in testa al liber o ai libri che contengonoi dati di una specifica municipalità, e non nel corpo del documento e perciascuno cittadino). Vuol dire che vige ora, evidentemente, e per la primavolta, per l’iscrizione al census il criterio del domicilium come fatto sgan-ciato dall’iscrizione alla tribù125. La riforma cesariana non ha solo introdot-to la validità delle registrazioni censuali locali al fine della redazione del-l’elenco complessivo dei cives Romani : per ottenere questo risultato ha do-vuto modificare radicalmente la forma stessa di questo elenco. A mesembra decisivo, per intendere il senso della trasformazione nelle modalitàdel census e nella confezione delle liste dei cittadini, da liste per tribù a li-ste per municipalità, che proprio a partire da questi anni – dal 44 se dob-biamo credere a un’acuta interpretazione di un luogo delle Filippiche cice-

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126 C. Nicolet, Plèbe et tribus : le statues de Lucius Antonius et le testament d’Au-guste, in MEFRA, 97, 2, 1985, p. 799-839, alle p. 816 sgg.; Id., L’inventario del mondocit., p. 237; E. Lo Cascio, Le procedure di recensus cit., p. 14 sg.

127 II XIII, 1, p. 214.128 I. Neumann, De quinquennalibus coloniarum et municipiorum, tesi, Lipsia,

1892; H. Legras, La table latine d’Héraclée, Parigi, 1907, p. 145 sgg.; Pieri, L’histoiredu cens cit., p. 185 sgg.

129 De quinquennalibus cit., p. 74.

roniane (6, 12-15) che ha proposto il Nicolet – sorga la nozione di una plebeurbana «delle trentacinque tribù»126.

Se la presenza di due tipi di registrazioni – centrale a Roma e localenelle municipalità – non sembra potersi mettere in discussione per il perio-do tra la Guerra sociale e Cesare, dovremo pensare che una volta istituito ilcriterio del decentramento per il census generale, non vi potessero esserepiù ragioni di effettuare censimenti locali, anche sganciati dal censimentocomplessivo dei cives Romani? Credo che non vi sia motivo per pensarlo ecredo che proprio considerare la possibilità che i census locali siano conti-nuati a esservi indipendentemente dai census generali renda ragione delfatto che possediamo una serie di testimonianze epigrafiche relative all’at-tività dei quinquennales che ci mostrano come anche successivamente all’e-tà cesariana le attività di censimento a livello locale non siano state semprecoordinate con il censimento a Roma. Il Degrassi ha messo in rilievo cheabbiamo notizia dell’effettuazione del census a Ostia negli anni 1, 6, 11 e 16,e che in questi stessi anni il census si è tenuto a Nola, Puteoli e Capena; chegli anni di quinquennalità possono essere stabiliti per alcune comunità del-l’Italia e che essi non sono corrispondenti fra di loro127. Come deve spiegar-si questa mancanza di coordinamento, se era in vigore, ormai, la nuovaprocedura introdotta dalla Tabula Heracleensis? Si è in genere pensato, giàdal Neumann alla fine del secolo scorso e dal Legras all’inizio del nostro, epiù recentemente per esempio dal Pieri128, che in realtà il census populi, ilcensus generale, non fosse effettivamente altro che la riunione delle liste lo-cali, ma senza che il criterio della contemporaneità fosse più rispettato (ilNeumann riteneva, in base al caso di Brixia, che questo criterio sarebbestato abbandonato poco dopo l’8 a.C.)129. E tuttavia una soluzione del gene-re non appare del tutto soddisfacente : proprio uno dei punti qualificantidella norma – e vorrei dire anche la condizione per la quale potesse avereancora un senso effettuare il lustrum, una volta compiuta l’enumerazionedei cittadini – doveva appunto essere il criterio della contemporaneità. Cre-do che sia pienamente accettabile, allora, una soluzione alternativa : che,sebbene le comunità abbiano continuato ad effettuare il censimento locale

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130 G. Tibiletti, Principe e magistrati repubblicani, Roma, 1953, p. 62 sgg.131 J. González, The Lex Irnitana : a new copy of the Flavian municipal law, in

JRS, 76, 1986, p. 145-243, cap. L (p. 162, p. 187, per la traduzione, e p. 214, per ilcommento); F. Lamberti, «Tabulae Irnitanae». Municipalità e «ius Romanorum»,Napoli, 1993, p. 79 con n. 218; Lo Cascio, Pompei dalla città sannitica alla colonia sil-lana cit., p. 118 sg.

132 A Como, all’epoca di Plinio, era pari, com’è ben noto, a 100.000 sesterzi (Plin.Epist. 1, 19, 2) e discusso è se il dato possa generalizzarsi.

133 Roman statutes, 15, l. 26-29134 de cond. agr. 146 La. = 110 Th.

per scopi locali, e secondo una formula locale, in base alla periodicità pre-vista in ciascuna comunità, vi sia stato, in occasione del census a Roma, uncensimento locale aggiuntivo, e per gli scopi, diversi, che una ricognizionegenerale dei cives Romani poteva avere, in occasione del census a Roma,secondo quanto prescritto dalla norma della Tabula Heracleensis : la quale,come si è detto, non prevede affatto che il census a livello locale debba av-venire soltanto quando si effettua il census a Roma, ma solo prescrive chequando si effettua il census a Roma si debba effettuare anche il census nel-le municipalità. Una soluzione del genere è quella che risolve una serie diaporie. Il census locale aveva funzioni specifiche e non poteva portare, ineffetti, a liste costruite nel medesimo modo di quelle costruite per il censusa Roma : per esempio non era importante, ai fini della vita interna dellamunicipalità, conoscere la tribù romana di appartenenza (salvo che comeelemento dell’onomastica) o, verosimilmente, la classe di censo per votarea Roma (qualora si ammetta che la distinzione del populus Romanus inclassi di censo abbia continuato a sussistere dopo il 28 e la riforma dei co-mizi di quell’anno : cosa di cui, seguendo Tibiletti130, ritengo si debba forte-mente dubitare), ma era viceversa essenziale l’assegnazione del cittadinodella municipalità alla curia o tribus, quale ripartizione del corpo civicodella singola municipalità (e mi basti ricordare la nuova testimonianza of-ferta al riguardo dalla lex Irnitana, che ha rinnovato la discussione su que-sto specifico problema delle ripartizioni del corpo civico nelle comunitàdell’impero)131. Parimenti era essenziale conoscere il livello di censo di cia-scun cittadino della singola comunità perché egli potesse concretamentegodere dei diritti politici passivi (e forse anche attivi?) : non c’è bisogno diricordare che esisteva un censo minimo per accedere all’ordo132, che si pote-va esprimere, come per esempio a Taranto, nel possesso di una casa coper-ta da un numero minimo di tegole133. Ancora, una ricognizione periodicadelle persone e delle fortune, al livello della singola municipalità, era neces-saria per potere sottoporre i cittadini a obblighi di natura fiscale. Farò unsolo esempio : Siculo Flacco134 ricorda come la manutenzione delle strade,

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135 P. Fraccaro, Iscrizioni della via Valeria, in Athen. 29, 1941, p. 44-58 = Id.,Opuscula, III, Pavia, 1957, p. 273-87 = AÉ 1947, 41 e 42 : cfr. E. Lo Cascio, Il Prin-ceps e il suo impero cit., p. 206, 287 sg.

affidata a redemptores, dovesse essere finanziata da contribuzioni richiesteai proprietari delle città interessate, e due cippi di Chieti e di Alanno atte-stano la responsabilità di Frentrani Histonienses e di Teatini Marrucini perla manutenzione di un tratto della via Valeria135. Ora è improbabile chequesto genere di contribuzioni potesse essere imposto, e riscosso, in Italiasenza una periodica ricognizione delle persone e dei beni.

A risultare a un certo punto inutile doveva essere non già la ricognizio-ne locale dei cives, ma la loro enumerazione complessiva. È forse per que-sto che il census generale dei cives Romani, con la sua tradizionale conclu-sione rappresentata dal lustrum, verosimilmente viene ad interrompersicon l’età flavia.

Elio LO CASCIO