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20 ConsumiI l c a s o Il Salvagente 19-26 aprile 2012

Illegali e anonime. C

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21Il Salvagente 19-26 aprile 2012

Valentina Corvino

ConsumiIl caso

Sevi dicessimo che la frittatache avete mangiato ieri, onei giorni scorsi, è illegale,

ci credereste? Ebbene sì, c’è un’altaprobabilità che le uova che avete uti-lizzato siano fuorilegge. L’equazioneè semplice: visto che nel nostro pae-se ci sono circa 18 milioni di gallineallevate in gabbie che non rispettanola legge (su un totale di 48 milioni dianimali), le loro uova o sono sparitenel nulla o finiscono nei nostri piatti“mascherate”.

Gabbie vietate

Ma andiamo con ordine. Dal 1° gen-naio 2012, per effetto di una direttivacomunitaria (la 74/99) sono vietati sututto il territorio comunitario gli al-levamenti di galline ovaiole con gabbie“non modificate”. In Italia, invece, ac-canto ad aziende che a loro spese si so-no adeguate alla nuova normativa, cene sono molte altre che continuano amantenere i sistemi vietaticon la com-piacenza delle istituzioni che poco han-no fatto per dare seguito ai dettami del-

. Che UOVA mangiamo?18 milioni di galline allevate

in gabbie fuorileggeMa le loro uova circolano e

finiscono in tavola senza checi sia modo di riconoscerle.

l’Europa, anche dopo una proceduradi infrazione del 2003. Il risultato è cheregna una gran confusione e il consu-matore non è in grado di distingueretra le uova che circolano con un codi-ce vero e quelle che, invece, potreb-bero avere un codice “taroccato”.

La situazione che si è venuta a creareè paradossale: dal 1° gennaio 2012, in-fatti, il codice 3 contraddistingue le uo-va di galline allevate in gabbie arricchi-te. Per le altre non esiste un codice iden-tificativo, né alcun tipo di imballaggioperché non possonoessere commercia-lizzate. Che fine fanno queste uova? Ven-gono distrutte? Difficile pensare che siacosì. Che vengano immesse sul merca-to con il codice 3 e che, dunque, finisca-no per alimentare una frode in commer-cio è più che un sospetto.

Ma è possibile che nessuno control-li e sanzioni? Avicoltori che allevanoin sprezzo delle norme e centri di im-ballaggioche operano senza chiedersida quali allevamenti provengano le uo-va che imballano ed etichettano? Perla verità le responsabilità non si ferma-no qui, perché anche la grande distri-

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buzione organizzata dovrebbe alme-no chiedersi la provenienza delle uo-va che espone sui suoi scaffali. Ma lafiliera - in questo caso - non vede, nonsente e non parla.

Rimpallo ministeriale

Il ministro delle Politiche agrico-le e forestali, Mario Catania, avevafatto sapere che “sta provvedendo adadeguare il regime sanzionatorio neiconfronti delle aziende che al 1° gen-naio 2012 non saranno in regola conle nuove disposizioni’ . In realtà nonc’è bisogno di “adeguare il regimesanzionatorio”, basterebbe applica-re le regole che ci sono. La Legge co-munitaria 2008, infatti, individuaproprio il ministero delle Politicheagricole alimentari e forestali co-me soggetto competente al control-lo per l’applicazione delle disposi-zioni citate, tramite l’Ispettoratocentrale per il controllo della qua-

Illegali eanonimeChe uova...

Il Salvagente 19-26 aprile 201222 ConsumiIl caso

Dal 2004 il sistema di etichet-tatura prevede che su ogni gu-scio vi sia un codice che iden-tifica:

“0”la tipologia

di allevamento;

“IT”una sigla che identificalo Stato di produzione;

“045TO”un codice riferito

al Comune di produzione;una sigla riferita alla

provincia di produzione;

“001”un codice relativo al-

l’azienda in cui la gallina è stata allevata;

L’ETICHETTATURASecondo la normativa in vigore le uova in commercio, oltre a una eti-chettatura che ne identifichi la categoria e ne consenta la “tracciabilità”,devono essere etichettate anche secondo il metodo di allevamento.

La Lav è una delle associazioni animaliste che hanno accolto confavore la direttiva del 1999 perché poneva fine all’allevamen-

to intensivo delle galline. Un entusiasmo durato poco, tanto c’è vo-luto, infatti, per trovarsi a fare i conti con una realtà diversa: quelprovvedimento è divenuto, nei fatti, lettera morta. “Un macrosco-pico illecito con indiscutibili effetti negativi sul piano del benesse-re degli animali, ma anche un macroscopico inganno per milionidi consumatori” ci spiega Roberto Bennati, vicepresidente dellaLega antivivisezione, che annuncia battaglia in sede comunitariaper denunciare il pericolo irregolarità in tema di etichettatura e chie-de l’intervento immediato del ministero delle Politiche agricole pergarantire il benessere degli animali. Bennati spiega che “l’introduzione della normativa di abolizionedelle gabbie di batteria e le campagne di sensibilizzazione del-l’opinione pubblica sulle drammatiche condizioni di vita delle gal-

line nelle gabbie di batteria, hanno contribuito alla forte crescita, intutti i paesi della Ue, della vendita di uova di galline allevate con si-stemi non in gabbia. Anche nel nostro paese si assiste a questa ten-denza: il volume delle uova prodotte nel 2006 da sistemi non in gab-bia (all’aperto, biologiche e da galline allevate a terra) è prossimoal 30% della produzione totale di uova. In particolare le uova da gal-line allevate a terra, che in Italia sono circa il 20%della produzione totale e che registrano una di-namica di crescita molto più forte rispetto allealtre uova, e quelle da allevamento biologico chehanno un valore generato doppio rispetto aicorrispondenti volumi, segno evidente di mar-gini di vendita e ricavo almeno doppi rispet-to ad altre tipologie di uova. Questa sostitu-zione nelle scelte dei consumatori è una con-danna senza appello per il sistema dell’alle-vamento intensivo delle gabbie di batteria”.

LA LAV: “UN ILLECITO ENORMEE UN INGANNO AI CONSUMATORI”

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lità dei prodotti agroalimentari (Icq).Con quali poteri? Qualora la partitacontrollata non sia ritenuta confor-me, il servizio di Ispezione (l’Icqrf)ne può vietare la commercializza-zione. Da quello che ci risulta, però,nessuna partita fino a oggi è statamai ritirata dal commercio.

La cosa più sconcertante è propriol’inerzia delle istituzioni. Se il mini-stero della Salute, seppur tardiva-

mente, ha disposto un cen-simento degli allevamen-ti in regola, dalle Politi-che agricole le prese diposizione sono ancoratroppo deboli ma, so-

prattutto, ferme a un de-creto ministeriale del

2011 adottato, tra l’altro,

contro la volontà del ministero del-la Salute. E comunque destinato anon risolvere la questione.

Il decreto, infatti, ha come oggettole procedure per la presentazione di“istanze di adesione volontaria al pro-gramma di adeguamento degli im-pianti di allevamento delle galline ova-iole alle norme per il benessere ani-male mediante l’introduzione di nuo-ve gabbie”. Istanze che saranno poi in-serite in un elenco nazionale “da isti-tuire” presso il ministero con artico-lazione regionale, e in base a cui po-trà essere concesso l’accesso a pro-grammi di sviluppo rurale e ad altristrumenti di finanziamento. La pro-cedura di acquisizione on line di que-ste istanze presentate dalle aziendeinteressate, attiva dal 30 settembre

2011, è scaduta il 31 ottobre 2011, maè stata ovviamente prorogata al 31 di-cembre 2011.

È possibile che dopo 13 anni stia-mo ancora cercando di trasformare

19 luglio 1999viene emanata la direttiva comunitaria 74 del 1999

1° luglio 2003da questa data non possono essere più costruitegabbie con una densità pari a 550 cm2

29 luglio 2003con il decreto legislativo n. 267, il ministero della Salu-te recepisce la direttiva comunitaria e incassa la primaprocedura di infrazione da parte dell’Unione europea

2006il ministero della Salute corregge la norma

23 giugno 2008la Ue emana il Regolamento 589/2008 Ce che fissa nel 1°gennaio 2012 la data in cui la dicitura “uova da alleva-mento in gabbia” sugli imballaggi si debba riferire esclu-sivamente agli allevamenti che rispettino la direttiva74/99. In Italia la legge comunitaria del 2008 individuaquale soggetto competente ai controlli il ministero del-le Politiche agricole e forestali tramite l’Ispettorato cen-trale per il controllo della qualità dei prodotti agroali-mentari. Qualora riscontrato un illecito, il dicastero puòvietare la commercializzazione dell’intera partita

1° gennaio 2012da quella data tutte le gabbie devono essere modifica-te. Lo spazio minimo è di 750 cm2 totali e devono esse-re arricchite di nido, lettiera, posatoio, sistema di abbe-veraggio, mangiatoie

26 gennaio 2012l’Unione europea invia a 13 Stati membri, tra cui l’Ita-lia, una lettera di messa in mora sollecitandoli a inter-venire per ovviare alle carenze nell’attuazione dellalegislazione Ue relativa al benessere degli animali, ein particolare a far rispettare il divieto delle gabbie“non modificate” per le galline ovaiole

CRONOLOGIA

Quattro le tipologie di allevamento:

codice “0”: allevamento biologico - l’animale èlibero in un terreno coltivato a biologico, vienenutrito con mangimi biologici (integrati con almassimo un 20% di mangime tradizionale);

codice “1”: allevamento all’aperto - le gallinepossono razzolare all’aperto per alcune ore algiorno;

codice “2”: allevamento a terra - le galline sonochiuse in capannoni dove possono, però, razzo-lare liberamente;

codice “3”:allevamento in gabbia - le galline so-no rinchiuse all’interno di capannoni, in gab-bie arricchite.

i-”,

“21/12”la data di scadenza

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Il Salvagente 19-26 aprile 2012

2008 e questo ritardo non è giustifica-bile. Nel frattempo gli allevatori nonhanno avuto il coraggio di investire inqualcosa che sarebbe potuto risulta-re inadeguato.E cosa è stato fatto dal 2008?Ci sono allevamenti che si sono ade-guati e altri che stanno completandoi lavori che auspico si concluderannonel più breve tempo possibile. Ma nonva dimenticato che nel 2008 eravamoin piena crisi finanziaria con le bancherestie a concedere credito. Consideriche per adeguare le gabbie occorro-no 25 euro a gallina e che ogni alleva-tore, per garantirsi un reddito minimo,deve avere almeno 50mila galline.È possibile che queste uova finisca-no in commercio con il codice “3”?È possibile ma non stiamo parlando diun prodotto tossico! Questa è statauna scelta dei nostri governanti chehanno parzialmente accettato una si-tuazione di fatto. Comunque gli alle-vatori che stanno completando l’ade-guamento assicurano già adesso unospazio più ampio agli animali.Resta il fatto che questi allevatoristanno dando ai consumatori un’in-formazione non corretta: il codice“3” indica uova provenienti da gal-line allevate in gabbie arricchite.Dove dovremmo approvvigionarci?Nei paesi terzi dove non sono garan-titi neanche i controlli minimi?Non basterebbe “semplicemente”rispettare le regole?Lo stanno facendo: hanno iniziato inritardo ma come le ho detto, non è sta-ta solo colpa loro.

“Per adeguarsi servonosoldi. E con la crisi...”

INTERVISTA A RITA PASQUARELLI

C he fine fanno le uova provenienti da galline allevate in gabbie non arricchite? L’Icqrf (or-gano del ministero delle Politiche agricole) si trincera dietro alla più classica delle spie-

gazioni italiane: “È una questione di rispetto di competenze”. È questo che ci spiega Paolo

Tolomei, dirigente dell’ufficio di coordinamento ispettivo. La sua posizione è chiara ma non

esaurisce il nostro sospetto: “Il ministero della Salute ha avviato nel mese di dicembre dello

scorso anno uno specifico programma ispettivo per rendere uniformi e omogenei i controlli

in allevamenti di galline ovaiole su tutto il territorio nazionale, invitando i competenti ser-

vizi delle Regioni e Province autonome a organizzare controlli da parte dei veterinari delle

Asl e a ispezionare gli allevamenti. Ai fini dei controlli istituzionali di questo ispettorato in

materia di commercializzazione delle uova da consumo è necessario disporre, una volta con-

cluse, degli esiti delle verifiche effettuate dai servizi veterinari locali presso gli allevamenti

di galline ovaiole in attuazione del programma ispettivo. In tal senso potranno essere indi-

viduate eventuali partite di uova provenienti da allevamenti per i quali è stata revocata la

registrazione e impedirne la commercializzazione”.

Inutile chiedere che fine abbiano fatto questi controlli e perché, quattro mesi dopo che è

scattata l’illegalità delle gabbie “non modificate”, non si veda ancora alcun risultato. Noi ab-

biamo provato a farlo con il ministero della Salute, ma purtroppo nessuno ha trovato tempo,

modo (e forse anche i dati) per rispondere pubblicamente.

L’associazio nedi allevatori

attaccal’Europa ma

ammette cheè possibile

che ci sianouova

etichettate“illegal mente”

“Il mancato adeguamento di tut-ti gli allevatori alle nuove norme

è prettamente un problema economi-co”. Rita Pas qua relli, presidentedell’Unione nazionale avicoltura, nonci sta a dipingere il settore come po-co trasparente. E attacca la Com mis-sione europea che non sarebbe, a suogiudizio, senza colpa.Pasquarelli, perché accusare Bru-

xelles dei ritardi italiani?L’articolo 10 della direttiva 74

del 1999 aveva dettato unobbligo che la riguardava:

la Commissione avrebbedovuto, infatti, emanare en-

tro il 2005 un rapporto nel qualesi metteva nero su bianco l’impattoche avrebbe avuto la nuova norma.Questo documento è arrivato solo nel

un adempimento obbligatorio inun’adesione volontaria? È fuori dub-bio che il passaggio da un sistema al-l’altro, da gabbie convenzionali a gab-bie “modificate”, richieda investimen-ti onerosi per le aziende zootecniche,ma è altrettanto vero che 13 anni so-no un tempo sufficientemente lungoper un passaggio morbido verso ilnuovo sistema di allevamento. Bastipensare che la Germania si è messain regola nel 2009 e lo ha fatto in so-li 9 mesi e la Svizzera dal 1980ha ban-dito le gabbie di batteria. In Italia, in-vece, le istituzioni sono in balia diuna lobby - questa volta degliavicoltori - e a pagare le con-seguenze sono, ancora unavolta, i consumatori. E gliallevatori che hanno investi-to per tempo per adeguarsi alle leg-ge e devono competere con i colleghiche se ne sono infischiati.

NESSUN SEQUESTRO“QUESTIONE DI COMPETENZE”