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GiancarloAiraghi Nessuno mai scrisse che cosa cantava La dolce cicala alla formica Così la cicala si mise a cantare... E il vento portò antiche e nuove parole Ilcanto dellacicala Come la cicala del mio canto, sogno realtà umane, dove per umane intendo realtà che facciano l’uomo veramente uomo... E umanamente vivo il sogno: il sogno di una vita buona, fatta di cose semplici, una vita che, con tutti i suoi umani difetti, cerca giorno dopo giorno, di trovare e sperimentare la presenza di Dio in quella quotidianità, che oggi non va più tanto di moda e dalla quale tanti vorrebbero fuggire. Il mio pensiero corre indietro nel tempo e trova volti e immagini che hanno composto la mia vita fino ad oggi, penso con gratitudine a tante persone che mi hanno aiutato e insegnato a vivere e vorrei dire loro il mio grazie. Quante “cicale” hanno cantato nella mia vita, una fra tutte: fratel Antonio, ucciso in Burundi il 4 ottobre del 2000, un amico, uomo santo, semplice, innamorato di Dio e dei fratelli. Oggi il mio viaggio continua, ho una bellissima famiglia: una moglie che mi ama tanto e due bimbi che abbraccerei e bacerei dalla mattina alla sera... “Il canto della cicala” mi ha portato da loro ed essi sono ora i miei compagni di viaggio con i quali costruire, per dirlo con una mia canzone: “i nuovi posti dove s’andra’ a mendicare...” A Cinzia, a Beatrice e a Lorenzo...con tutto il mio cuore. Giancarlo Il canto_16mo 16-02-2006 15:24 Pagina 1

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GiancarloAiraghi

Nessuno mai scriss

e che cosa cantava

La dolce cical

a alla formica

Così la cicala si mise a can

tare...E il vento

portò antiche e nuo

ve parole

Ilcanto dellacicala

Come la cicala del mio canto, sogno realtà umane,

dove per umane intendo realtà che facciano l’uomo veramente uomo...

E umanamente vivo il sogno: il sogno di una vita buona,

fatta di cose semplici, una vita che,

con tutti i suoi umani difetti, cerca giorno dopo giorno,

di trovare e sperimentare la presenza di Dio in quella quotidianità,

che oggi non va più tanto di moda

e dalla quale tanti vorrebbero fuggire.

Il mio pensiero corre indietro nel tempo e trova volti

e immagini che hanno composto la mia vita fino ad oggi,

penso con gratitudine a tante persone che mi hanno aiutato

e insegnato a vivere e vorrei dire loro il mio grazie.

Quante “cicale” hanno cantato nella mia vita, una fra tutte:

fratel Antonio, ucciso in Burundi il 4 ottobre del 2000,

un amico, uomo santo, semplice, innamorato di Dio e dei fratelli.

Oggi il mio viaggio continua, ho una bellissima famiglia:

una moglie che mi ama tanto e due bimbi che abbraccerei

e bacerei dalla mattina alla sera...

“Il canto della cicala” mi ha portato da loro

ed essi sono ora i miei compagni di viaggio

con i quali costruire, per dirlo con una mia canzone:

“i nuovi posti dove s’andra’ a mendicare...”

A Cinzia, a Beatrice e a Lorenzo...con tutto il mio cuore.

Giancarlo

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Il Viaggio(testo e musica: Giancarlo Airaghi)

là dove svanisce l’orizzonte

io sono diretto...

dove il cielo s’abbraccia alla terra

ed il sole bacia la luna...

Quando potrò contemplare le stelle

E l’arcobaleno nello stesso istante

Allora e solo allora

Avrà fine il mio viaggio (2 v.)

Là dove il tempo si dissolve

In una luce che è da sempre

Io sono diretto

Io sono diretto...

Nel mio zaino pane e fiori

Ed acqua di sorgente...

Sento nostalgia

Di ciò che ancora non ho visto(2 v.)

... vedrò e allora avrà fine il mio viaggio

... solo allora avrà fine il mio viaggio.

Tutti conoscono la celebre

fiaba della cicala e della formica, alla fine

la povera cicala viene derisa per la sua poca lungimiranza

e tutto sembrerebbe dare ragione alla formica, che invece

aveva lavorato sodo e ammassato una grande quantità di

provviste per l’inverno.

Anni e anni dopo, un’altrettanto celebre filastrocca, dando voce

al sentimento di molti, restituiva dignità alla cicala: “… che

il più bel canto non vende, regala.”

Non è sufficiente dire che la cicala regala il suo canto,

per avere ragione essa deve cantare certamente qualcosa

di importante, di vero, altrimenti il suo “regalo” non sarebbe

di alcuna utilità!

Così ho cercato di immaginare “il canto della cicala” e ho

pensato di intenderlo come il tentativo di esprimere il

desiderio profondo di senso che ciascuno di noi ha nel cuore,

un desiderio di verità, di pace, d’infinito… di Dio.

Ogni canto che esprime tutto questo è un “canto della cicala”,

perché parla al cuore e se il cuore è disposto ad ascoltare

allora la vita può assumere un nuovo significato, gli orizzonti

si allargano e tutto si illumina di una luce nuova, che infonde

ed effonde gioia e calore.

Questa raccolta di canti vuole dar voce alla cicala, ascoltiamo

quello che ha da dirci… e forse nel nostro cuore sentiremo

muoversi qualcosa.

Molti pa

ragonano

la vita

a un vi

aggio,

ma un vi

aggio ve

rso dove

? Verso

quale me

ta?

La cosci

enza inc

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otidiana

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ragione

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iusciamo

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Giancarlo Airaghi: voce; Rino Carbone: programmazione - tastiere; Shaila Cavatorti: violini;Pier Didoni: basso elettrico – contrabbasso; Claudio Frigerio: violoncelli; Davide Ragazzoni: batteria; Andrea Stelluti: chitarra acustica - chitarre elettriche

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E la vita usciva pian piano,

come l’acqua che scivola sulla mano,

insieme al sangue, che impregnava la terra ...

... E la terra d’Africa, stanca di bere odio,

accolse come benedizione un po’ d’amore.

Amore coltivato nella gioia e nel dolore

come se fosse una sposa,

come il piccolo principe e la sua rosa,

come un padre col suo bambino.

Antoine nato nell’acqua di un battesimo qualsiasi

e morto nel sangue di un agguato ...

Forse era un pazzo, certo, forse era malato ...

Io invece penso

all’acqua e al sangue usciti da un costato.

INGO TUMUKEZE, TUMUKEZE (venite lodiamolo, lodiamolo)

INGO TUMUYAGE, TUMUYAGE (venite esaltiamolo, esaltiamolo)

INGO TUMUKEZE, TUMUKEZE (venite lodiamolo, lodiamolo)

INGO TUMUYAG’ARABIKWYE. (venite esaltiamolo, perché lui solo ne è degno)

In quel momento capii che Antonio si sentiva a casa...un umuzungu

(uomo bianco), nato a Milano da famiglia benestante, che aveva

studiato, amava la musica e suonava il pianoforte...quell’uomo si

sentiva a casa sua proprio li, in quella bidonville del terzo

mondo poco lontana dalla discarica, dove ogni giorno tanta gente

cercava tra i rifiuti qualcosa da mangiare o da rivendere in

qualche modo. A Buterere, dove povertà, malattia e morte erano

all’ordine del giorno Antonio era a casa.

Quelle sue parole risuonano ancora oggi dentro di me...

Giancarlo Airaghi: voce; Rino Carbone: programmazione – tastiere; Shaila Cavatorti: violini, viole;Coro Bandeko: cori; Pier Didoni: bassi elettrici; Claudio Frigerio: violoncello

Gianpietro Marazza: fisarmonica; Davide Ragazzoni: batteria – percussioni; Andrea Stelluti: chitarra acustica

1992, Burundi, Africa centrale,

ricordo un episodio: andai a passare

qualche giorno con Antonio a Buterere,

un quartiere poverissimo alla periferia

della capitale Bujumbura, poco distante

dalla discarica e dall’aeroporto.

Un mattino, di buon ora ci alzammo per

andare a zappare nel campo che Antonio

coltivava...mentre eravamo al lavoro un

aereo passò sopra di noi ed entrambi

alzammo lo sguardo e mentre io, quasi

d’istinto, pensai all’Italia,

a casa mia e alla mia

famiglia, lui disse:

“Come devono essere tristi

quelle persone lassù!”.

Quell’affermazione mi

lasciò perplesso: “Perché dici così?”

domandai io, lui sorrise e rimettendosi

a zappare disse: “Tanta gente corre di

qua e di là tutta la vita, però non sa

dove sta andando!”.

Antoine(testo e musica: Giancarlo Airaghi)

Antoine veniva da lontano

era arrivato con un fiore nella mano

un giorno che pioveva, pioveva forte.

Piantò il suo fiore nella notte

e sorridendo disse:<Questa è casa mia>

... Tra le case di fango, la discarica e la moschea,

tra ciechi e lebbrosi, malati e carcerati ...

Lì Antoine piantò il suo fiore ...

Lì Antoine trovò l’amore.

Amore coltivato nella gioia e nel dolore

come se fosse una sposa,

come il piccolo principe e la sua rosa,

come un padre col suo bambino.

Antoine ha amato tanto la sua gente

e forse, questo, la nostra mente non può capire.

Solo l’amore, quello vero, lo può spiegare.

E quando una mano nemica

quella mattina ti tolse la vita

tu, certo no, non pensavi di morire.

Ma colui che è in tutte le cose,

quel Dio che a volte sembra crudele,

non ha fermato la mano assassina.

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Provate

a fare q

uesto es

periment

o: pensa

te alla

persona

che amat

e...visu

alizzate

il suo

volto, i

suoi oc

chi e

pensate

all’amor

e che pr

ovate pe

r lei...

adesso

pensate

a delle

cose che

vi piac

ciono o

che vi p

iacerebb

e fare,

ai vostr

i “sogni

nel cas

setto” m

agari...

li scamb

iereste

con la p

ersona c

he amate

? Probab

ilmente

siete di

sposti a

rinuncia

re quasi

a tutto

...

Giancarlo Airaghi: voceRino Carbone: programmazione – tastierePier Didoni: basso elettricoDavide Regazzoni: batteria – tamburelloAndrea Stelluti: chitarra acustica – chitarre elettricheKellie C. Turner, Shantena J. Fleming, Richard T. Tipton of “The Harlem Messengers”: cori

Giancarlo Airaghi: voceRino Carbone: programmazione – tastierePier Didoni: basso elettrico – armonica

Davide Ragazzoni: batteriaAndrea Stelluti: chitarra acustica - chitarre elettriche

Piccolo canto alla luce (testo e musica: Giancarlo Airaghi)

Vorrei essere un mendicante

che tende la mano

per ricevere granelli di luce

e che ogni granello ripone in cuore

un cuore trasparente e puro

come il cristallo...

Il cuore risplende della luce

dei piccoli doni

e squarcia il buio della notte

rivelando a me e agli uomini

i nuovi posti dove s’andrà a mendicare ...

... Arriverà il giorno ... La luce totale.

Tutti cerchiamo la Verità, tutti,

più o meno coscientemente,

cerchiamo il Senso pieno della nostra esistenza,

come dei mendicanti..

Lasciami solo quel poco(testo: Rabindranath Tagore - Gitanjali XXXIV musica: Giancarlo Airaghi)

Lasciami solo quel poco

con cui possa chiamarti il mio tutto.

Lasciami solo quel poco

con cui possa sentirti in ogni luogo

e venire a te in ogni cosa

e offrirti il mio amore ogni momento. (2v.)

Lasciami solo quel poco

Con cui non possa mai nasconderti.

Lasciami solo la catena

con cui possa legarmi al tuo volere

e il tuo fine sia realizzato nella mia vita

e che è la catena del tuo amore. (2v.)

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Nel 1997 passai sei

mesi, come volontario,

nel nord-est del

Brasile.

Aiutai a scavare pozzi

e

a costruire acquedotti

per portare l’acqua al

la

povera gente di quelle

zone sperdute tra la

foresta vergine e le

grandi praterie dei pr

o-

prietari terrieri.

Ero ospite nella missi

o-

ne di Arame e la parro

c-

chia era intitolata a

S.

Francesco d’Assisi.

Un giorno entrando in

chiesa, trovai un

foglietto che riportav

a

la “Preghiera semplice

di Francesco...ho semp

re

amato molto questo san

to

povero e semplice, ver

o

mendicante di Dio e al

contempo suo giullare,

innamorato della poesi

a

e della musica e credo

davvero che non esista

“Cicala” migliore da

ascoltare...

Giancarlo Airaghi: voceRino Carbone: programmazione - tastiere - cori Stefano Covri: chitarre acustichePier Didoni: contrabbasso – coriGianpietro Marazzo: fisarmonicaDavide Ragazzoni: batteria - percussioniAndrea Stelluti: chitarra classica

Oração de São Francisco(testo: S. Francesco d’Assisimusica: Giancarlo Airaghi)

Senhor, fazei-me instrumento de vossa paz.

Onde houver ódio, que eu leve o amor.

Onde houver ofensa, que eu leve o perdão.

Onde houver discórdia, que eu leve a união.

Onde houver dúvida, que eu leve a fé.

Onde houver erro, que eu leve a verdade.

Onde houver desespero, que eu leve a esperança.

Onde houver tristeza, que eu leve a alegria.

O Mestre, fazei que eu procure mais

consolar que ser consolado,

compreender que ser comprendido,

amar, que ser amado. (2 v.)

Pois é dando que se recebe,

é perdoando que se é perdoado

e é morrendo que se vive

para a vida eterna ... (Rit.)Che c

osa cantav

a la cical

a?

Qual era l

’oggetto d

el suo can

to?

Proviamo a

tornare c

on la ment

e

a quando e

ravamo bam

bini, cerc

hiamo di

ricordare

i nostri s

ogni, i no

stri

desideri d

i allora..

.proviamo

a cercare

nella memo

ria almeno

un evento

della

nostra vit

a che ci h

a fatto “r

espirare

a pieni po

lmoni”, un

episodio

in cui

dentro di

noi abbiam

o provato

un inaspet

tato senso

di pace e

di

commozione

...è passa

to tanto t

empo vero?

Cerchiamo

di fissare

per un at

timo

quel momen

to e facci

amo silenz

io...

ecco, non

sentite fo

rse un can

to?

Il canto della cicala(testo e musica: Giancarlo Airaghi)

Nessuno mai scrisse che cosa cantava

La dolce cicala alla formica

E il vento portò antiche e nuove parole

Così la cicala si mise a cantare...

A te che ballavi in un campo di grano

canto parole scritte nel cuore

per ricordarti l’uomo che eri,

l’uomo che dorme dentro di te. (3v.)

A te che oggi non sai più ballare

dico che i campi di grano son là:

dove la gente li zappa e coltiva ...

... Dopo il lavoro vi danzerà. (3v.)

A te che corri fra tanti frastuoni

dono una spiga di grano e chissà ...

... Forse al vederla o grazie al profumo,

voglia di danza si risveglierà. (3v.)

La cicala donò il suo canto al silenzio

la formica cambiò quel silenzio in attesa

poi come se udisse una musica in cuore

nei campi di grano si mise a ballare.

Giancarlo Airaghi: voceRino Carbone: programmazione - tastiere - basso elettrico Shaila Cavatorti: violiniPier Didoni: tastiereDavide Ragazzoni: batteriaAndrea Stelluti: chitarra acustica, chitarre elettriche

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Quando

l’uom

o trov

a Dio

e ne p

ercepi

sce la

prese

nza

costan

te nel

la vit

a, non

può c

he ele

varlo

quale

interl

ocutor

e priv

ilegia

to cui

rivol

gere t

utto

se ste

sso...

non è

possib

ile in

contra

re Dio

nel p

roprio

cuore

e non

sentir

si pic

coli,

bisogn

osi di

aiuto

e inad

eguati

a qua

lsiasi

tipo

di ris

posta

degna.

..

così n

asce l

a preg

hiera

Preghiera(testo: Rabindranath Tagore - Gitanjali XXXVImusica: Giancarlo Airaghi)

Di questo ti prego, Signore colpisci:

colpisci alla radice

la miseria che è nel mio cuore.

Dammi la forza di sopportare

serenamente gioie e dolori. (2v.)

Dammi la forza di rendere il mio amore

utile e fecondo al tuo servizio. (2v.)

Dammi la forza di non rinnegare

mai il povero,

di non piegare le ginocchia

davanti all’insolenza dei potenti.

Dammi la forza di elevare il mio pensiero

sopra le meschinità della vita di ogni giorno.

E dammi la forza di arrendere con amore ...

La mia forza alla tua volontà. (2v.)

Io desidero te(testo: Rabindranath Tagore - Gitanjali XXXVIII musica: Giancarlo Airaghi)

Io desidero Te, soltanto Te

il mio cuore lo ripeta senza fine.

Sono falsi e vuoti i desideri che

continuamente mi distolgono da Te.

Come la notte nell’oscurità

cela il desiderio della luce,

così nella profondità

della mia incoscienza, risuona questo grido:

<... Io desidero Te, soltanto Te ...

Soltanto Te>. (2v.)

Come la tempesta cerca fine nella pace

anche se lotta contro la pace,

così la mia ribellione lotta

contro il tuo amore, eppure grida:

<.. Io desidero Te, soltanto Te ...

Soltanto Te>. (2v.)

Dentro

ciasc

uno di

noi c

’è un

deside

rio gr

ande

ed inn

ato di

infin

ito, b

asta f

ermars

i un a

ttimo

fare s

ilenzi

o e as

coltar

si...l

a fren

esia i

nterio

re

lascer

à il p

osto a

lla pa

ce e d

entro

di noi

sentir

emo si

curame

nte na

scere

un des

iderio

dolci

ssimo.

.

Giancarlo Airaghi: voceClaudio Frigerio: violoncelloAndrea Stelluti: chitarra acustica – effetti

Giancarlo Airaghi: voceRino Carbone: programmazione - tastiereShaila Cavatorti: violini - violePier Didoni: basso elettricoClaudio Frigerio: violoncelliDavide Ragazzoni: batteriaAndrea Stelluti: chitarra acustica

chitarre elettriche

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Occhi di ghiaccio, faccia al vento e l’armatura,

il cavaliere corre senza il suo Signore,

giunge agli oscuri monti della luna,

dove nessun uomo mai metter piede osò ...

Ora la terra è muta e spaventata,

il re del nero impero ha visto il cavaliere ...

Ora un duello egli sta per affrontare,

mentre al vegliardo non resta che pregare.

Spade di fuoco, lance frecce avvelenate,

al cavaliere non rimane che gridare:

<Oh mio Signore, oh vegliardo, ho sbagliato.

Perdonatemi vi prego, riprendetemi tra voi!>

Ora nella vasta prateria del grande sole,

stan due vegliardi che pregano il Signore.

Due sai rozzi, piedi scalzi, barba bianca ...

Sono felici di vivere così.

Come fa un padre di famigl

ia a trovare

la forza tutte le mattine

di andare al lavoro?

Sempre le stesse cose, le

stesse facce, gli stessi p

roblemi...

Come fa una madre a trovar

e la forza tutte le mattin

e

di curare i bambini, fare

i mestieri,

preparare da mangiare? Non

sembra forse migliore

la vita di chi non si pren

de troppe responsabilità?

Io credo di no!

C’è una profonda differenz

a tra chi ha trovato

“il Grande Sole” e chi anc

ora lo sta cercando...

Giancarlo Airaghi: voce - chitarra acustica; Rino Carbone: programmazione - tastiereRenato Carminati: flauto traverso; Pier Didoni: basso elettrico - mandolinoDavide Ragazzoni: batteria - percussioni; Andrea Stelluti: chitarra acustica

La prateria del grande sole(testo e musica: Giancarlo Airaghi)

Un tempo nella prateria del grande sole

stava un vegliardo che pregava il suo Signore.

Un saio rozzo, piedi scalzi, barba bianca ...

Era felice di vivere così.

Un giorno venne alla sua tenda un cavaliere,

disse:<Seguire io voglio il tuo Signore!>.

Il vecchio euforico accolse il grande dono,

ma nei suoi occhi proprio non guardò.

Per quindici anni se ne stettero a pregare,

con grande fede, senza bere né mangiare:

solo il Signore li nutriva nel segreto ...

Era il Signore della prateria del sol.

Un giorno un cieco, sull’orlo di morire,

venne a supplicare di poter guarire.

Il cavaliere alzatosi all’istante

diede la mano all’uomo, che guarì.

Il cavaliere, esaltato dall’impresa,

pensò che il mondo poteva conquistare.

Prese il cavallo, la lancia e l’armatura,

disse al vegliardo:<Io non ritornerò>

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Per vivere non aspettare, sperando che domani ci sia

il sole, anche la pioggia e il cielo grigio di oggi

possono portarti cose buone!Non è facile, ma è possibile...

Giancarlo Airaghi: voceShaila Cavatorti: violino

Stefano Covri: chitarra acustica

Verrà il mattino(testo: Tagore - adatt. Gitanjali XIX musica: Giancarlo Airaghi)

Se non parli riempirò il mio cuore

del tuo silenzio e lo custodirò in me.

E con calma aspetterò,

come la notte nella sua veglia stellata ...

Aspetta il sole.

Verrà senza dubbio il mattino

e l’ombra svanirà. (2v.)

E la tua voce si diffonderà, per tutto il cielo,

in rivoli d’oro.

Le tue parole voleranno, cantando,

da ognuno dei miei nidi.

E le tue melodie sbocceranno, come fiori,

nel mio deserto. (2v.)

Pier - Rino

Davide

Andrea

Ringra

ziamen

ti

a Luca

Barto

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arre

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le conce

ssione

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itori

per

Giancarlo Airaghi è nato a Magenta (MI) il 30 luglio 1972. Nel 1992 parte comevolontario internazionale per la missione di Mutoyi, in Burundi (Africa Centrale)dove rimane per due anni. Nel 1993 scoppia la drammatica e sanguinosa guerra fraHutu e Tutsi... un genocidio dalle proporzioni tremende che lascerà un segno profondo nella sua vita come in quella di tutti i suoi compagni di missione...Alla fine del 1994 rientra in Italia e trova un lavoro che lo porterà a viaggiarein diversi paesi del mondo, come la Corea del sud, l’Iran, la Polonia. Nel 1997riparte come volontario alla volta della missione di Arame, nel Nord-Est delBrasile, dove aiuterà a scavare pozzi e a costruire acquedotti. Oggi Giancarlo è sposato, ha due figli e continua il suo cammino coltivando una grande passione per la musica, attraverso la quale cerca di comunicare agli altri la sua esperienza di vita...

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