Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

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Tesi di laurea in Lingue nella Società dell'Informazione

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UNIVERSITA’ DEGLI STUDI DI ROMA

TOR VERGATA

FACOLTA’ DI LETTERE E FILOSOFIA

CORSO DI LAUREA IN

LINGUE NELLA SOCIETA' DELL'INFORMAZIONE

TESI IN LINGUA INGLESE

IL BINOMIO NAZIONE-FAMIGLIA NEL DISCORSO

POLITICO AMERICANO

Relatore: Sandra Petroni Chiar.ma Prof.ssa

Laureando: Mirko Saveriano Matr.: 0082213

Anno Accademico 2010-2011

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INDICE

INTRODUZIONE ............................................................................................................... 5

CAPITOLO I. La metafora concettuale e la blending theory ............................................. 7

1.1 Lingua, linguaggio e linguistica generale ................................................................. 7

1.2 La linguistica cognitiva e la non autonomia del linguaggio ...................................... 7

1.3 La teoria della metafora concettuale ......................................................................... 8

1.4 Classificazione delle metafore concettuali .............................................................. 11

1.4.1 Le metafore strutturali ...................................................................................... 11

1.4.2 Le metafore ontologiche .................................................................................. 12

1.4.3 Le metafore di orientamento ............................................................................ 13

1.5 Gli image-schema ................................................................................................... 14

1.6 Le metafore a livello specifico e a livello generico ................................................ 15

1.7 La blending theory .................................................................................................. 15

1.8 Differenze tra domini concettuali ............................................................................ 16

1.9 I limiti della metafora concettuale ........................................................................... 17

1.10 Come lavora la blending theory ............................................................................ 20

1.11 Tipologie di collegamento tra gli spazi d'ingresso ................................................ 21

1.12 Cosa rende metaforico un blending ....................................................................... 22

1.13 Teorie differenti ma complementari ...................................................................... 23

CAPITOLO II. La metafora nelle argomentazioni politiche ............................................ 25

2.1 La persuasione e la retorica dei politici ................................................................... 25

2.2 La metafora e i discorsi politici ............................................................................... 28

2.2.1 La metafora e i suoi “alleati” ........................................................................... 29

2.3 La personificazione di una nazione ......................................................................... 31

2.4 Gli stati “amici” e “nemici” .................................................................................... 34

2.5 Lakoff e il concetto di nazione-famiglia ................................................................. 36

2.5 Le nazioni “adulte” e le nazioni “bambine” ............................................................ 38

2.6 Giustificare una guerra e reputarla “giusta” ............................................................ 40

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CAPITOLO III. La ricerca e i risultati .............................................................................. 43

3.1 Il metodo di ricerca e il corpus ................................................................................ 43

3.2 La nazione è famiglia .............................................................................................. 44

3.3 Ronald Reagan (1981-1989) ................................................................................... 49

3.4 George Bush (1989-1993) ....................................................................................... 57

3.5 William J. Clinton (1993-1997) .............................................................................. 62

3.5 George W. Bush (2001-2009) ................................................................................. 69

3.6 Barak Obama (2009) ............................................................................................... 76

CONCLUSIONE .............................................................................................................. 82

BIBLIOGRAFIA .............................................................................................................. 84

RINGRAZIAMENTI ........................................................................................................ 86

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INTRODUZIONE

Oggi la politica è la principale fonte di argomenti che riguardano la vita di molte

persone e pertanto è necessario che venga mostrato cosa si nasconde dietro quelle

che sembrano essere semplici affermazioni. Lakoff sostiene nel suo libro “Don’t

think of an elephant!” che i presidenti americani gestiscono il loro governo

facendo riferimento ad una specifica metafora concettuale che vede una nazione

come una famiglia: i cognitivisti dimostrano che la mente umana ha la tendenza a

rappresentare metaforicamente grandi organizzazioni, gruppi sociali o enti

nazionali in termini di gruppi più piccoli come appunto la famiglia, all’interno

della quale la posizione egemone è quella del presidente stesso.

Lakoff, inoltre, afferma che esistono due modelli precisi a cui i presidenti

americani fanno riferimento e sono quelli del “padre severo” e del “genitore

premuroso”. Sono entrambi del tutto validi ma, chiaramente, hanno metodi

educativi ben differenti: il primo è molto più severo, rigido e rigoroso nel rispetto

delle regole e adotta come metodo educativo la punizione; il secondo, invece, è

più disponibile al dialogo, premuroso appunto, e come metodo di educazione

preferisce la responsabilizzazione dei figli alla punizione, proponendo l’empatia

come codice comportamentale valido sia all’interno del nucleo familiare che

all’esterno. Lakoff ritiene inoltre che, tra i due, il modello che riscuote più

successo sia quello del padre severo. Probabilmente questo è dovuto al fatto che in

un contesto socio-economico in deficit, dove l’insicurezza e la paura per il proprio

futuro regnano sovrane, è necessario che un adulto assuma un atteggiamento

molto più severo e che si dimostri all’altezza del compito che gli è stato affidato

riportando ordine e disciplina. Questo tipo di scelta andrebbe ad influire

sull’immagine del presidente stesso che, in questo modo, viene rappresentato

come una persona sicura di sé, responsabile e che sappia riportare la serenità nel

suo Paese conquistando così la benevolenza del suo popolo. In questo contesto è

possibile anche capire i motivi per cui la metafora concettuale che vede una

nazione in termini di una famiglia sia molto efficace: il fatto stesso che esiste una

relazione tra il presidente e i cittadini con le figure del capofamiglia e dei figli fa

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presupporre che ci sia un rapporto di fiducia che lega le due parti. Inoltre, è da

considerare anche che negli Stati Uniti d’America il capo di stato è eletto

direttamente dal popolo e per questo, ragionando in termini metaforici, è chiaro

che un genitore, severo o premuroso che sia, agisce sempre e comunque

nell’interesse dell’intera famiglia. Partendo da questo presupposto, quindi, risulta

più facile capire il motivo per cui il ricorso alla metafora diventa una delle

strategie retoriche più utilizzate nel linguaggio politico: grazie ad essa è possibile

sia spiegare il proprio modo di vedere il mondo, sia convincere gli altri che quello

è l’unico ammissibile, mostrando quindi tutto il suo potere persuasivo.

Le fasi di lavoro per realizzare il presente scritto sono state tre ed è proprio per

questo motivo che è stato deciso di suddividere l’elaborato in tre capitoli. Nel

primo verranno confrontate due teorie che riguardano la metafora concettuale: la

prima è quella risalente agli anni '80 di George Lakoff e Mark Johnson i quali,

attraverso il loro libro Metaphors We Live By, spiegano per la prima volta in che

modo dei concetti astratti vengono compresi ed elaborati dalla mente umana in

termini di altri concetti concreti, ponendo quindi delle relazioni unidirezionali tra

due rappresentazioni mentali; la seconda è quella più moderna di Gilles

Fauconnier e Mark Turner i quali, pur condividendo molti aspetti della teoria

originaria, hanno dimostrato che è possibile porre delle relazioni tra più spazi

mentali e soprattutto che esiste una multidirezionalità di tali connessioni. Nel

secondo capitolo, invece, verrà mostrato attraverso delle citazioni di noti uomini

politici, quali Churchill e G.W. Bush, come la metafora abbinata ad altre strategie

linguistiche, può rivelarsi uno strumento utile per influenzare il giudizio del

pubblico. Nel terzo ed ultimo capitolo, a supporto delle teorie di Lakoff, verranno

analizzati e commentati i discorsi inaugurali dei presidenti americani da Ronald

Reagan a Barak Obama mettendo in evidenza le peculiarità linguistiche e

semantiche che li caratterizzano.

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CAPITOLO I. La metafora concettuale e la blending theory

1.1 Lingua, linguaggio e linguistica generale

La linguistica è una disciplina descrittiva che studia scientificamente il linguaggio

umano, cioè studia gli elementi che influenzano il linguaggio di un uomo che

compie un certo tipo di discorso. Per descrittiva si intende che il compito della

linguistica non è quello di spiegare ciò che si può dire o meno, ma ciò che

effettivamente si dice. Per quanto riguarda il linguaggio, in questa trattazione

viene inteso come linguaggio naturale ossia come il sistema di comunicazione

usato dall'uomo per trasmettere informazioni ad un destinatario. Quindi è

differente dalla definizione di lingua con la quale intendiamo la forma che assume

questo sistema di comunicazione all'interno di una comunità linguistica.

Negli ultimi decenni, con gli studi di Lakoff e Johnsonn, la linguistica generale ha

ampliato i suoi obiettivi, tentando così di spiegare in che modo un certo tipo di

linguaggio viene utilizzato per rappresentare concetti che l'uomo crea all'interno

della sua mente. Cerca, inoltre, di sottolineare gli elementi che collegano questi

concetti astratti alle espressioni linguistiche che vengono effettivamente utilizzate.

Con queste motivazioni la linguistica inizia a lavorare a livello cognitivo, cioè

spiega in che modo la mente umana raccoglie informazioni dal mondo esterno per

rielaborarle successivamente. E' per questo che prende il nome di linguistica

cognitiva.

1.2 La linguistica cognitiva e la non autonomia del linguaggio

Nella linguistica cognitiva il linguaggio non è visto come un qualcosa di

autonomo, quindi non può esserci una facoltà linguistica che sia indipendente

dalle capacità cognitive umane. Questo significa che la mente non è modulare,

cioè non è strutturata in moduli autonomi dedicati a facoltà diverse dell'essere

umano. Il fatto che nella linguistica cognitiva il linguaggio non sia autonomo, non

implica che non c'è possibilità per un uomo di apprenderlo, infatti questo processo

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deriva da altre capacità cognitive precedenti che si aggiungono con lo sviluppo

fisico e sociale dell'uomo (Langacker, 1999a, p. 26):

"Of course, I am not assuming pure induction starting from a

blank slate. The acquisition process is part and parcel of the

physical, cognitive, social and cultural development of the

language learner, and reflects an innate predisposition to learn

language. This predisposition most likely represents the

specialization and adaptation for language of more basic and

general structures and abilities."

Le capacità cognitive sono condizionate dalle dimensioni fisiche dell'essere

umano. Infatti, la mente è tutt'uno con il corpo, come si dice in gergo è embodied,

ed è influenzata da due fattori: il primo è quello della sua grandezza fisica e il

secondo è quello della dimensione, della struttura corporea in generale e dalle

leggi del mondo circostante, come per esempio la forza di gravità. La linguistica

cognitiva si pone l'obiettivo di indagare la relazione tra struttura del linguaggio e

la sua motivazione cognitiva. Le dimensioni interne ed esterne all'individuo sono

fondamentali per strutturare il linguaggio, perché determinano i tipi di metafora

che daranno poi luogo alle forme grammaticali.

1.3 La teoria della metafora concettuale

Si inizierà ad introdurre il concetto di "metafora concettuale" analizzando le sue

origini attraverso lo studio della prima teoria realizzata da Lakoff e Johnson a

partire dagli anni '80, sottolineando le caratteristiche principali e la sua

classificazione riportando esempi tratti da varie opere di analisi linguistica, e del

confronto con un'altra teoria più moderna come quella della blending theory i cui

padri fondatori sono Fauconnier e Turner che dal 1994 analizzano in maniera più

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dettagliata l'uso della metafora concettuale in particolari contesti della vita

quotidiana.

Gli studi sulla metafora hanno avuto un forte impulso negli ultimi anni, anche in

ambiti diversi della linguistica. Grazie alla sua natura concettuale, la metafora

ricopre un ruolo fondamentale nella linguistica cognitiva e permette uno studio

più accurato del significato delle forme grammaticali. La teoria della metafora

concettuale viene elaborata soprattutto da Lakoff e Johnson negli anni '80, i quali

affermano che la metafora rappresenta la connessione tra la semantica, che per

natura è astratta e propria di un codice complesso come la lingua, e la base

cognitiva che informa la nostra conoscenza. Da questo punto di vista, la metafora

è descritta come uno strumento cognitivo che permette ad un dominio concettuale

concreto, definito come dominio di partenza, o source domain, di interpretare ed

elaborare concetti più astratti appartenenti a un dominio di arrivo, chiamato target

domain.

E' molto importante fare una distinzione tra metafora concettuale e espressione

linguistica metaforica: quest'ultima è composta da parole o espressioni

linguistiche che provengono direttamente da un linguaggio o una terminologia di

un dominio concettuale più concreto.

Consideriamo gli esempi seguenti:

AN ARGUMENT IS WAR

Your claims are indefensible.

I demolished his arguments.

He shot down all of my arguments.

LOVE IS A JOURNEY

Look how far we've come.

I don't think this relationship is going anywhere.

We'll just have to go our separate ways.

THEORIES ARE BUILDING

Is that foundation for your theory?

We need to construct a strong argument for that.

The theory needs more support.

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Dallo schema sopra possiamo notare come sia strutturata la metafora concettuale:

l'elemento A è B, dove B è compreso attraverso termini selezionati dal dominio

concettuale di A. Nel primo esempio, la metafora concettuale è "AN

ARGUMENT IS A WAR" dove l'elemento A è rappresentato da ARGUMENT e

l'elemento B da WAR. L'espressione metaforica linguistica invece è la messa in

pratica della metafora concettuale come può essere appunto la frase "Your claims

are indefesible".

C'è un insieme di corrispondenze tra il source domain e il target domain: agli

elementi costituenti del primo dominio corrispondono altri elementi del secondo.

Questo gruppo di relazioni viene definito col termine mappings. Osserviamo

l'esempio seguente relativo alla metafora concettuale LOVE IS A JOURNEY :

Source domain: JOURNEY Target domain: LOVE

The travelers => The lovers

The vehicle => The love relationship itself

The journey => Events in the relationship

The distance covered => The progress made

The obstacles encountered => The difficulties experienced

Decisions about which way to go => Choices about what to do

The destination of the journey => The goal(s) of the relationship

Dallo schema sopra indicato possiamo capire quanto sia importante conoscere una

metafora concettuale e l'insieme delle relazioni che collegano i due domini in

quanto sono queste che forniscono gran parte del significato delle espressioni

linguistiche metaforiche di una particolare metafora concettuale.

Come accennato in precedenza, la natura del source e del target domain è diversa.

Il primo riguarda elementi che appartengono al mondo concreto e pertanto include

elementi che si riferiscono ad argomenti come il corpo umano, salute e malattia,

animali, macchine e strumenti, edifici e costruzioni, piante, giochi e sport, cibo,

transazioni economiche, luce e oscurità. Il secondo invece si riferisce ad elementi

astratti della vita quotidiana come le emozioni, desideri, società, religione,

politica, economia, relazioni umane, tempo, vita e morte.

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E' importante notare che le metafore concettuali hanno una caratteristica

fondamentale, quella, cioè, di essere unidirezionali: partono dal dominio concreto

e vanno verso il dominio astratto e questo permette di spiegare concetti intangibili

del target domain, e quindi difficili da comprendere, attraverso elementi concreti

appartenenti al source domain.

1.4 Classificazione delle metafore concettuali

Esistono vari modi per classificare una metafora concettuale a seconda del punto

di vista dal quale la si analizza. In base alla loro funzione cognitiva, esse si

distinguono in strutturali, ontologiche e di orientamento.

1.4.1 Le metafore strutturali

Nelle metafore strutturali, il source domain fornisce una buona struttura del

concetto del target domain. La funzione cognitiva di questo tipo di metafora è

quella di permettere al parlante di comprendere un concetto A tramite il

significato della struttura del concetto B. Per esempio, nel caso della metafora

TIME IS MOTION possiamo comprendere la nozione di tempo attraverso

elementi di base come oggetti fisici, la loro posizione e la direzione del loro

movimento.

Ma c'è anche una condizione di fondo che si applica a questo esempio: il tempo

presente è allo stesso livello di un osservatore canonico. Quindi dati gli elementi

di base e analizzata la condizione di fondo, otteniamo il seguente insieme di

mappings:

I tempi sono oggetti.

Il passare del tempo è movimento.

I tempi futuri sono davanti all'osservatore, mentre quelli passati sono

dietro.

Un oggetto è in movimento, le altre sono ferme.

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La metafora TIME IS MOTION nella lingua inglese è concepita in due modalità

diverse: la prima è TIME PASSING IS MOTION OF AN OBJECT e la seconda

TIME PASSING IS AN OBSERVER'S MOTION OVER A LANDSCAPE.

Queste due versioni possono essere analizzate in esempi come:

TIME PASSING IS MOTION OF AN

OBJECT

TIME PASSING IS AN ABSERVER'S

MOTION OVER A LANDSCAPE

The time for action is arrived. He passed the time happily.

I'm looking ahead to Christmas. We're coming up on Christmas.

The time will come when ... We're getting close to Christmas.

On the preceding day ... There's going to be trouble along the road.

Nel primo caso, l'osservatore è fisso e i riferimenti temporali sono oggetti

indipendenti che si muovono in varie direzioni. Nel secondo invece, i tempi sono

fissi ed è l'osservatore che si muove in relazione al tempo.

Da quanto detto, si capisce quanto queste metafore siano importanti perché

forniscono un tipo di struttura che ci permette di comprendere espressioni che

fanno riferimento a concetti astratti.

1.4.2 Le metafore ontologiche

Le metafore ontologiche, rispetto a quelle strutturali, forniscono una minore

struttura cognitiva. La funzione principale di questo tipo di metafore è quella di

dare un valore ontologico ai concetti astratti. Questo significa che noi concepiamo

le nostre esperienze in termini di oggetti, sostanze e contenitori senza però

specificare esattamente a che tipo di oggetti, sostanze o contenitori si intendono.

In altre parole, le metafore ontologiche permettono di vedere una struttura ben

delineata dove essa è molto sottile o addirittura assente:

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Source Domain Target Domain

PHYSICAL OBJECTS => NONPHYSICAL OR ABSTRACT

ENTITIES (e.g., the mind)

=> EVENTS (e.g., going to the race),

ACTION (e.g., giving someone a call)

SUBSTANCE => ACTIVITIES (e.g., a lot of running in the

game)

CONTAINER => UNDELINEATED AND PHYSICAL

OBJECTS (e.g., a clearing in the forest)

=> PHYSICAL AND NONPHYSICAL

SURFACES (e.g., land areas, the visual

field)

=> STATES (e.g., to be in love)

Dagli esempi sopra citati notiamo come concetti astratti prendono vita, o

comunque acquisiscono qualità attribuibili ad un essere vivente. Questa

importante caratteristica è chiamata personificazione e permette, appunto di

assegnare abilità umane a entità astratte. E' molto utilizzata in letteratura, ma è

molto frequente anche nell'uso quotidiano come mostrano le espressioni seguenti:

Life has cheated me.

Inflation is eating up our profits.

The computer went dead on me.

Cancer finally caught up with him.

La personificazione, come si può notare, utilizza uno dei domini di partenza più

produttivi che esistono: noi stessi, o meglio, il corpo umano. Tramite l'ausilio di

questo strumento, possiamo comprendere meglio concetti legati ad entità astratte.

1.4.3 Le metafore di orientamento

Le metafore di orientamento, rispetto alle precedenti, forniscono una struttura per

i concetti d'arrivo ancora più minuta e la sua funzione è quella di rendere i

concetti astratti in maniera coerente con il nostro sistema concettuale. Il termine

"orientamento" deriva dal fatto che molte metafore che hanno questa funzione

utilizzano parole che si riferiscono all'orientamento spaziale umano come

"up/down", "center/periphery", e così via.

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Osserviamo lo schema seguente:

MORE IS UP; LESS IS DOWN: Speak up, please. Keep your voice down,

please.

HEALTHY IS UP; SICK IS DOWN: Lazarus rose from the dead. He fell ill

CONSCIOUS IS UP; UNCONSCIOUS IS DOWN: Wake up. He sank into a coma.

CONTROL IS UP; LACK OF CONTROL IS DOWN: I'm on top of the situation. He's under my

control.

HAPPY IS UP; SAD IS DOWN: I'm feeling up today. He's really low these

days.

VIRTUE IS UP; LACK OF VIRTUE IS DOWN: She's an upstanding citizen. That was a

low-down thing to do.

RATIONAL IS UP; NONRATIONAL IS DOWN: The discussion fell to an emotional level.

He couldn't rise above his emotions.

Leggendo gli esempi notiamo come cambia la valutazione delle espressioni usate.

Infatti, le formule utilizzate con un orientamento verso l'alto hanno un valore

positivo, mentre quelle che hanno un orientamento verso il basso sono valutate

negativamente.

1.5 Gli image-schema

Le metafore si possono fondare sia su conoscenze personali che su immagini.

Infatti, un altro importante strumento della linguistica cognitiva è l’image-schema,

nel quale non ci sono elementi concettuali da trasferire dal dominio di partenza

verso quello di arrivo, ma elementi concettuali provenienti da immagini della

nostra esperienza di vita. Lo stesso Johnson definì gli image-schema "dinamic

patterns that function somewhat like the abstract structure of an image, and

thereby connect up a vast range of different experiences tha manifest the same

recurrent structure" (1987, p. 13).

Alcuni esempi di metafore basati su image-schema sono:

Image-schema Estensioni metaforiche In-out I'm out of money

Front-back He's an up-front kind of guy

Up-down I'm feeling low

Motion He just went crazy

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Una cosa molto importante da dire è che questi possono essere utilizzati come

basi per spiegare altri tipi di concetti. L'esempio relativo al movimento ci guida

verso il concetto di un viaggio al quale partecipa un individuo che parte da un

luogo e compie un determinato tragitto fino al punto d'arrivo.

1.6 Le metafore a livello specifico e a livello generico

Le metafore concettuali possono essere classificate anche secondo il loro livello di

generalità. In questo contesto, possiamo distinguere due tipi di metafore: il primo

fa riferimento a concetti di livello specifico, mentre il secondo a quelli di livello

generico. Metafore come LIFE IS A JOURNEY, AN ARGUMENT IS WAR,

IDEAS ARE FOOD sono strutturate con elementi molto dettagliati (nel caso del

JOURNEY notiamo elementi come la strada, i viaggiatori, la meta, il mezzo) e

pertanto le classifichiamo come metafore di livello specifico.

Per quanto riguarda metafore come EVENTS ARE ACTIONS, GENERIC IS

SPECIFIC, possiamo dire che sono caratterizzate da una struttura molto semplice

con pochi elementi concettuali e con proprietà elementari. Pertanto sono definite

metafore di livello generico.

1.7 La blending theory

Finora abbiamo visto come la teoria della metafora concettuale, che ha origine

negli anni '80 con Lakoff e Johnson, sia divenuta oggetto di studio della

linguistica cognitiva. Questa, però, si è sviluppata in diversi campi ed ha ampliato

i suoi orizzonti con quella che viene chiamata blending theory, o meglio

integrazione concettuale e condivide molti aspetti con la sua forma originaria:

entrambe le teorie parlano della metafora come un fenomeno puramente

linguistico, includono proiezioni sistematiche di linguaggi, immagini e strutture

inferenziali tra i domini concettuali e così via. Tuttavia, ci sono delle differenze

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sostanziali tra le due teorie. Quella della metafora concettuale, che d'ora in poi

chiameremo CMT, pone delle relazioni tra due rappresentazioni mentali, mentre

la teoria del blending, che chiameremo BT, ne permette un numero maggiore;

inoltre, la CMT ha definito la metafora come un fenomeno strettamente

unidirezionale a differenza della BT che invece la descrive in maniera

multidirezionale.

1.8 Differenze tra domini concettuali

Come già accennato, nella CMT le metafore concettuali sono analizzate come

relazioni stabili e sistematiche tra due domini concettuali. Consideriamo la

seguente espressione:

The committee has kept me in the dark about this matter.

Gli elementi dei domini di partenza e di arrivo sono stati scelti attraverso una

combinazione tra il linguaggio utilizzato e una metafora concettuale pertinente,

con una mappatura di relazioni che ci indicano in che modo si delineano i due

domini. Ed è proprio grazie a quest'ultima che riusciamo a capire che l'ignoranza è

associata con l'oscurità, così come altre condizioni precludono la vista. Infatti,

stabilita la connessione tra percezione visiva con l'attività intellettuale, quasi ogni

concetto relativo ad una visione dell'esperienza viene associato ad un interlocutore

con delle idee chiare su un determinato argomento.

In questo contesto, la BT si comporta diversamente in quanto l'unità di base

dell'organizzazione cognitiva non è il dominio concettuale, ma lo spazio mentale,

una struttura di rappresentazione parziale e temporanea che i parlanti creano

quando parlano di situazioni presenti, passate e future oppure pensano a

determinate immagini. Gli spazi mentali non sono equivalenti ai domini, ma

dipendono comunque da essi, infatti rappresentano particolari scenari che sono

costruiti da domini specifici.

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Mentre nella CMT la mappatura delle relazioni avviene tra due strutture

concettuali, la BT fa prettamente uso di ben quattro modelli spaziali. Questi sono

composti da due spazi di ingresso (che in genere erano associati ai domini di

partenza e di arrivo), più uno spazio generico, che comprende una struttura

concettuale condivisa dai primi due, ed infine lo spazio "misto" dove gli elementi

dei due spazi di ingresso si combinano e interagiscono tra loro. Va sottolineata,

però, una delle caratteristiche principali di questa organizzazione: il materiale

viene proiettato dai domini di partenza e di arrivo direttamente nello spazio

"misto" e questo va in contrasto col modello della CMT la cui mappatura era

unidirezionale in quanto era proiettata dal dominio di partenza verso quello di

arrivo.

1.9 I limiti della metafora concettuale

La BT ha il vantaggio di poter spiegare fenomeni che la CMT con i suoi soli due

domini non è in grado di fare. Osserviamo l'esempio seguente:

This surgeon is a butcher.

L'espressione fa riferimento ad una sorta di incompetenza del chirurgo e per farlo

cerca di utilizzare elementi provenienti dal dominio della macelleria per arrivare

al dominio d'arrivo della chirurgia attraverso una serie di relazioni tra le due parti:

Macellaio <==> Chirurgo

Animali <==> Esseri umani

Merce <==> Paziente

Mannaia <==> Bisturi

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Il macellaio, senza nulla togliere al prestigio del chirurgo, è comunque

competente nel suo lavoro e deve essere pertanto rispettato. In questo caso quindi,

il concetto di incompetenza non viene trasferito dal dominio di partenza a quello

di arrivo. In che modo, allora, scegliamo la figura del macellaio come

un'appropriata immagine per un chirurgo? E come fanno questi elementi

selezionati a comunicare la nozione di incompetenza? La risposta potrebbe essere

spiegata dal fatto che la selezione dell'immagine di partenza e l'interpretazione

della frase dipendono parzialmente dal contrasto tra chirurghi e macellai. Questo

fattore è un meccanismo che la CMT non è in grado di spiegare. La BT invece,

grazie al suo modello dei quattro spazi, è in grado di motivare il concetto di

incompetenza.

In primo luogo, il blending ottiene alcune strutture da ogni spazio di ingresso.

Dallo spazio input d'arrivo, realizzato dal dominio della chirurgia, eredita alcuni

elementi come l'identità di una particolare persona che deve essere operata, per

esempio colui che parla, l'identità di un altro individuo che deve effettuare

l'operazione e quindi il luogo in cui avverrà l'operazione stessa.

Dallo spazio input di partenza, invece, che è guidato dal dominio della macelleria,

ricava il ruolo del macellaio e le attività inerenti al suo lavoro. Nello spazio

generico, vengono condivise alcune proprietà come il fatto che entrambe le figure

lavorative utilizzano strumenti affilati e taglienti per operare su altri esseri.

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Osservando attentamente lo schema si nota che l'incongruenza del risultato

perseguito dal macellaio con quello del chirurgo porta alla conclusione finale che

il chirurgo è un incompetente. Questa proprietà che deriva dal blending non può

essere ricavata dall'analisi della CMT sulle corrispondenze del dominio di

partenza a quello di arrivo.

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1.10 Come lavora la blending theory

Le analisi su una metafora concettuale da parte della BT sono basate su tre

processi: composizione, completamento ed elaborazione.

La fase della composizione si riferisce alla proiezione del contenuto di ogni

singola entrata nello spazio misto. A volte questo processo include la "fusione"

degli elementi dei vari input, come nel caso del chirurgo che acquisisce delle

caratteristiche del macellaio. La rappresentazione derivante dalla composizione

potrebbe non essere del tutto realistica, infatti non è ammissibile che un macellaio

possa operare su paziente in una sala operatoria, ma possiamo comunque

manipolare e costruire un'immagine mista affinché la mente crei uno scenario

attendibile.

La seconda fase, cioè del completamento, è quella in cui si compila un modello

all'interno dello spazio misto che verrà poi evocato quando la struttura proiettata

dagli spazi d'ingresso coincide con le informazioni presenti nella nostra memoria

a lungo termine. Per esempio, quando proiettiamo mentalmente un macellaio in

una sala operatoria, introduciamo la nozione di incompetenza per dare un senso

alla scena immaginata: l'idea di un movimento inappropriato e maldestro richiama

alla nostra mente la figura di una persona incompetente. Per questo motivo, spesso

il processo di completamento è fonte di nuovi contenuti deducibili, appunto,

all'interno dello spazio misto.

L'elaborazione, infine, è la prestazione simulata dell'evento a livello mentale. In

questa fase potremmo immaginare la figura del macellaio in una sala operatoria

che opera sul corpo di un paziente, fino ad arrivare ad una scena più violenta in

cui il macellaio fa a brandelli un corpo come se fosse carne di origine animale.

Una volta stabilite tutte le connessioni della nostra conoscenza riguardo alle

operazioni chirurgiche e alla macelleria, siamo in grado di immaginare scenari che

si dilungano verso innumerevoli prospettive.

Page 21: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

21

All'interno di ognuna di queste fasi c'è un potenziale contenuto che non può essere

ricavato semplicemente attraverso gli spazi d'ingresso. Nuovi frame e

caratteristiche nascono tutti quando si combinano elementi provenienti da spazi

mentali distinti.

1.11 Tipologie di collegamento tra gli spazi d'ingresso

Osservando con attenzione le modalità di analisi della BT si può notare

l'importanza delle connessioni tra i due spazi d'ingresso, in quanto è questa rete di

relazioni che permette di costruire il blending finale. E' per questo motivo che è

necessario approfondire le tipologie dei collegamenti tra le controparti.

La prima forma di collegamento, come nel caso di un individuo "kept in the dark

by the committee", la relazione è tra due identità: la prima si riferisce al soggetto

"tenuto nell'oscurità" presente nel primo input e la seconda a quello che "non è

informato sui fatti". In questo caso, lo stesso soggetto è rappresentato in entrambi

gli spazi d'ingresso e sono collegati tra loro in modo tale che possano aiutarci a

capire e interpretare il risultato finale del blending.

Un altro tipo di connessione tra spazi mentali diversi è quella che si riferisce al

ruolo e al valore delle controparti. Ricordiamo l'esempio del chirurgo e del

macellaio che vengono accostati per via di alcuni elementi in comune. In questo

contesto, è fondamentale l'uso di strumenti come la somiglianza e l'analogia che

giocano un ruolo importantissimo nell'integrazione concettuale, pertanto il

chirurgo e il macellaio condividono la struttura generica di un individuo che

utilizza un attrezzo affilato per svolgere il proprio lavoro.

Esiste un terzo tipo di connessione e si riferisce a tutte quelle metafore che non

sono basate né su somiglianza né su analogia, ma sono fondate su relazioni

d'esperienza. Proprio per questo motivo vengono definite metafore primarie.

Page 22: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

22

Un esempio potrebbe essere HAPPINESS IS BRIGHTNESS, in cui la felicità è

associata al calore e all'aumento della visibilità, entrambi aspetti di una particolare

dimensione di esperienza.

Un ultimo tipo di collegamento tra gli spazi mentali è quello dell'associazione

metonimica. Per esempio, quando pensiamo alla morte come uno scheletro con

una falce utilizziamo un'elaborata immagine metaforica che si ricava dall'aggiunta

di dettagli derivati da una mappatura anch'essa metaforica: gli scheletri appaiono

in scenari in cui la morte è il concetto di fondo e grazie al principio di relazione

metonimica, lo scheletro diventa inevitabilmente il soggetto più vicino

all'immagine della morte.

1.12 Cosa rende metaforico un blending

Finora è stato spiegato come la BT opera sulle espressioni metaforiche, ma non è

stato riferito in che modo una proprietà del blending rende metaforica

un'espressione linguistica. Alcune volte il risultato finale dipende dalla relazione

tra le controparti dettate da associazioni metaforiche convenzionali, ma ci sono

aspetti della loro struttura, del loro contenuto e della loro impostazione linguistica,

che le rendono metaforiche ai nostri occhi.

Gli spazi d'ingresso proiettano nel blending gli elementi più importanti che

verranno poi fusi in un'unica entità. Quindi un singolo elemento corrisponde ad un

altro in ognuno degli spazi d'ingresso.

Page 23: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

23

Molto importante è la questione legata alla fusione nel "framing", che è una

variante del processo di integrazione concettuale. In questa circostanza si

identifica una particolare entità in una struttura concettuale più ampia. Per

esempio, la frase "Carl is a bachelor" è il risultato di un processo concettuale che

prevede un uomo di nome Carl associato al nostro modello culturale di una

persona celibe, che a sua volta deve fare riferimento ad un nostro modello di

matrimonio. Il risultato finale di tale operazione è che il soggetto della frase, Carl,

viene fuso con la struttura del ruolo di essere celibe. Questo esempio, così come i

frame in generale, non viene percepito in senso metaforico in quanto è solo una

semplice variante della fusione, infatti alcuni elementi delle relazioni tra gli spazi

mentali vengono combinati attraverso il processo di composizione all'interno dello

spazio misto.

I blending metaforici invece coinvolgono differenti tipi di fusione e talvolta alcuni

aspetti importanti provenienti dalla struttura di un dominio d'ingresso non

vengono inseriti all'interno del blending e quindi ignorati. Questo è necessario

perché nella maggior parte delle espressioni metaforiche l'elemento incompatibile

tra il dominio di partenza e quello di arrivo è ciò di cui abbiamo bisogno per dare

alla frase un valore metaforico.

1.13 Teorie differenti ma complementari

Dopo aver illustrato il metodo di lavoro di entrambe le teorie, qualcuno potrebbe

decidere di seguirne solo una in quanto queste hanno una differente visione della

metafora. Del resto, abbiamo potuto constatare che la CMT si concentra su

strutture di modelli ricorrenti del linguaggio figurativo, mentre la BT focalizza la

sua attenzione su casi particolari individuali. Inoltre, la CMT spiega in che modo

operano le strutture di conoscenza rappresentate nella memoria a lungo termine, a

differenza della BT che analizza l'evoluzione diretta delle rappresentazioni

mentali del parlante.

Page 24: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

24

Se si riuscisse a trovare dei collegamenti che rendano la CMT e la BT più vicine,

il risultato finale dell'analisi di una metafora sarebbe stupefacente. Infatti, con gli

strumenti della blending theory, quali il legame tra le identità, la relazione per

somiglianza e analogia, è possibile spiegare in dettaglio concetti mentali che la

CMT analizza nelle sue forme più ristrette del dominio fonte e quello di arrivo.

Inoltre la CMT ha sottolineato l'importanza delle metafore per quanto riguarda la

struttura dei concetti astratti con dei modelli cognitivi che derivano da un dominio

di partenza più concreto. In questo senso la BT ha sviluppato un'abilità nello

spiegare gli stessi concetti astratti con un altro strumento che è, appunto, lo spazio

misto dove conferiscono le caratteristiche più importanti utili alla comprensione

dell'espressione metaforica.

Le due teorie continuano ed essere diverse, ma parallele, in quanto hanno in

comune l'obiettivo di spiegare gli stessi concetti: i sostenitori della CMT tentano

di ottenere delle generalizzazioni attraverso una grande varietà di espressioni

metaforiche, mentre i sostenitori della BT si concentrano su esempi individuali

particolari.

La base del problema sta nel fatto che la CMT è utile all'impostazione iniziale

della struttura dei due domini, quindi continuerà a porsi domande come quali

concetti sono convenzionalmente legati ad altri, come e perché questi legami

nascono e, infine, in che modo la mappatura delle relazioni deve essere costruita.

Dall'altro lato, invece, la BT mostra tutta la sua forza nel dimostrare in che modo

si crea un blending metaforico, cioè attraverso uno schema basato su quattro spazi

dai quali vengono selezionati gli elementi più importanti che daranno origine

all'espressione metaforica. L'obiettivo del confronto tra le due teorie era quello di

dimostrare che per comprendere a pieno titolo una metafora necessitiamo di una

completa conoscenza sia del modello della metafora concettuale che del modello

specifico del blending concettuale. Questo perché, dal mio punto di vista,

entrambi i modelli si completano a vicenda: il primo fornisce una struttura

generale che servirà al secondo per analizzare più a fondo una determinata

espressione linguistica metaforica utilizzando tecniche più specifiche.

Page 25: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

25

CAPITOLO II. La metafora nelle argomentazioni politiche

2.1 La persuasione e la retorica dei politici

In questo capitolo si mostrerà il modo in cui i politici usano la metafora come uno

strumento utile a trasferire il loro modo di pensare affinché questo possa essere

condiviso dalla maggior parte delle persone confermando, quindi, la loro

leadership. Ma in cosa consiste questa superiorità di alcuni politici su altri? Burns

lo spiega dicendo:

“Leadership over human beings is exercised when persons with

certain motives and purpose mobilize, in competition or conflict

with others, institutional, political, psychological, and other

resources so as to arouse, engage, and satisfy the motives of

followers.” (1978: 18)

Si può dedurre, quindi, che nei più solidi stati democratici il linguaggio è lo

strumento che viene utilizzato per mobilitare una massa di persone quanto più

ampia possibile ed è proprio grazie alla loro capacità linguistica che i leader hanno

la possibilità di legittimare la loro superiorità.

Il pubblico, però, non sempre è così facile da conquistare. Quasi sempre si ha la

tendenza a giudicare i propri rappresentanti politici dalla loro “estetica”, cioè dai

loro atteggiamenti, dalla loro gestualità, dal loro modo di vestire ma soprattutto da

impressioni complessive che coinvolgono la moralità del politico in questione,

come per esempio l’onestà e l’affidabilità. In questo contesto la scelta

comportamentale da parte dei politici cambia anche a seconda del mezzo di

comunicazione utilizzato per esporre le proprie idee e i propri valori. Basti

pensare al fatto che un intervento in televisione è ben diverso da uno fatto in

radio, in quanto la gestualità in quest’ultimo non è visibile e, pertanto, non

giudicabile. Ciò che conta in questo caso è la capacità persuasiva del loro discorso

ed è proprio qui che entra in gioco il linguaggio metaforico e con esso la retorica.

Page 26: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

26

Non si confonda, però, quest’ultima con la capacità di persuasione. Anche se

minima, la differenza è fondamentale: la retorica si riferisce all’atto di

comunicazione solamente dal punto di vista di chi ascolta, mentre la persuasione

si riferisce sia alle intenzioni di chi parla sia ai risultati positivi che da essa

derivano1. E’ ovvio, quindi, che il pubblico è persuaso solamente nel caso in cui la

retorica del parlante ha avuto successo.

Nei discorsi politici, ogni evento comunicativo ha come scopo quello di

persuadere la maggior parte delle persone che ascoltano per conquistare la loro

fiducia e di conseguenza il loro appoggio per eventuali manovre di governo o

semplici elezioni. A titolo di esempio, le campagne elettorali nelle grandi piazze

di città e paesi non sono altro che eventi comunicativi organizzati con lo scopo di

ottenere, e quindi persuadere, il giudizio positivo del pubblico.

La persuasione, però, è un processo comunicativo interattivo nel quale colui che

invia il messaggio punta a influenzare le credenze, attitudini e i comportamenti di

chi ascolta. E’ importante distinguere in maniera chiara i diversi ruoli che

intervengono nel processo comunicativo. Il primo è attivo ed è quello interpretato

da colui che invia il messaggio il quale è caratterizzato da una proprietà

persuasiva, che non è il risultato di un fenomeno casuale, ma scaturisce dalle

intenzioni del parlante. Lo stesso Jamieson afferma:

“Intention is a kind of focussing device in the imaginative

consciousness; it concentrates and thus it excludes; it is a

selective device, selecting an image to be raised into

consciousness from a range of alternatives. Without intention,

nothing has prominence, therefore one has to intend when one

imagines.” (1985: 49)

1 A tal proposito si distinguano l’atto illocutorio inteso come l’azione che viene effettivamente

compiuta proferendo l’enunciato (affermazione, promessa, ordine, avvertimento, ecc.) e l’atto

perlucutorio corrispondente all’obiettivo intrinseco ottenuto con l’atto illocutorio.

Page 27: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

27

Il secondo ruolo è quello passivo di colui che ascolta e, se la persuasione ha

successo, il messaggio deve coincidere con le sue volontà e le sue necessità.

Affinché il messaggio persuasivo abbia successo, il parlante ha a disposizione due

diverse strategie che influenzano il giudizio del pubblico, cioè quelle di

confermare o mettere in discussione le credenze, attitudini o comportamenti di

coloro che ascoltano.

Un buon “persuasore”, per definirsi tale, deve essere in grado di comprendere a

pieno le necessità del suo pubblico e capire i valori che lo mobilitano, per poi

aggiungerne di nuovi e fare in modo, poi, che questi vengano accettati. Questo

processo, però, non è facile da attuare come si può immaginare: le persone, infatti,

tendono a rigettare i cambiamenti perché comportano ulteriori rischi che possono

potenzialmente compromettere un eventuale equilibrio socio-economico già

precario. Jowett e O’Donnell lo spiegano in questo modo:

“People are reluctant to change; thus, in order to convince them

to do so, the persuader has to relate change to something in

which the persuadee already believes.” (1992: 22-3)

A seguito di uno studio linguistico sui discorsi politici, si evince che uno degli

strumenti più utilizzati per persuadere gli ascoltatori sia la metafora, considerata

dagli stessi Jowett e O’Donnell una vera e propria “àncora”, un punto di partenza

per un cambiamento che rappresenta qualcosa che è già largamente accettato da

un’intera comunità.

La metafora, nei discorsi politici, è fondamentale perché permette ad un

potenziale leader di comunicare attraverso quella che viene definita da Jowett e

O’Donnell “the voice within”, una voce interna che crea rappresentazioni

evocative negli ascoltatori suscitando delle emozioni che li porteranno ad avere un

feeling con colui che parla, ammesso che la persuasione abbia successo. Nel

paragrafo successivo capiremo meglio come prende forma questo processo e

Page 28: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

28

perché è così importante la metafora come mezzo di comunicazione in ambito

politico.

2.2 La metafora e i discorsi politici

Capita quotidianamente di ascoltare in tv o in radio degli interventi da parte di

alcuni politici che usano espressioni puramente metaforiche, ma difficilmente ci si

chiede per quale motivo siano così diffuse e soprattutto in che modo vengano

selezionate alcune metafore piuttosto che altre. Innanzi tutto va precisato che la

metafora è strettamente legata all’ideologia e al mito.

Jonathan Charteris-Black, infatti, ci propone degli elementi comuni come, per

esempio, quello della funzione di persuasione del discorso o delle potenzialità

espressive che coinvolgono chi ascolta sia a livello emotivo che a quello

cognitivo. Egli, inoltre, afferma:

“They differ in the extent to which appeals is made to conscious

cognition or to unconscious association. As with reasoned

argument, ideology appeals through consciously formed set of

beliefs, attitudes and values while myth appeals to our emotion

through unconsciously formed sets of beliefs, attitudes and

values.”

Da questa affermazione, si può capire l’importanza della metafora che, in questo

contesto, risulta essere lo strumento di mediazione tra cognizione ed emozione,

col fine di creare una prospettiva morale sulla vita. In altre parole, la metafora

utilizza un certo tipo di linguaggio per suscitare delle emozioni inconsce che

influiranno sui valori che diamo alle nostre idee per reputarle, infine, giuste o

sbagliate. Tutto questo avviene grazie a delle associazioni, negative o positive,

che vengono trasferite dalle parole utilizzate alla metafora finale.

Una volta chiarito questo, il motivo per cui viene utilizzata la metafora come

strumento cardine per influenzare il giudizio del pubblico diventa ovvio:

Page 29: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

29

legittimare le manovre di governo facendo leva su un sistema di valori morali,

sociali e culturali preesistenti nella mente umana.

2.2.1 La metafora e i suoi “alleati”

I politici molto spesso, oltre alla metafora, si avvalgono anche di altri strumenti

linguistici per essere sempre più persuasivi e riscuotere maggiore successo col

fine di legittimare le proprie idee. I potenziali leader, infatti, hanno la tendenza ad

usare la metafora per dare un valore positivo al loro modo di fare politica e di

conseguenza cercano di screditare quello di eventuali concorrenti e oppositori. Lo

stesso Chilton spiega quanto segue:

“Political discourse involves, among other things, the

promotion of representation, and a pervasive feature of

representation is the evident need for political speakers to imbue

their utterances with evidence, authority and truth, a process

that we shall refer to in broad terms, in the context of political

discourse, as legitimisation”. (2004: 23)

Rendere legittime le proprie idee non è l’unica strategia attuata dai politici, infatti

nella maggior parte dei casi troviamo anche espressioni di delegittimazione, cioè

frasi che intendono mettere in cattiva luce le idee e le opinioni degli altri. Questo

può avvenire attraverso una presentazione negativa delle politiche degli

oppositori, attaccando la loro razionalità e il loro buon senso.

Fare politica, linguisticamente parlando, significa suscitare delle emozioni

particolari nella coscienza di chi ascolta attraverso atti di comunicazione, cercare

di inserire nella mente del popolo una visione del mondo che il popolo stesso non

è abituato a vedere e apportare nuovi valori e credi socio-culturali affinché questi

vengano accettati dalla comunità. In tutto questo la metafora, grazie alle proprietà

della “voice within”, sembra essere l’unico strumento in grado di influenzare il

Page 30: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

30

giudizio del pubblico suscitando nuove emozioni e portando al successo le

intenzioni persuasive del parlante.

Un’ulteriore strategia usata dai politici per conquistare un pubblico più ampio è

quello che riguarda la relazione del contrasto semantico. Associando le metafore

ad espressioni che danno un valore positivo o negativo ad eventuali manovre

politiche si mettono in evidenza sia le cose giuste che quelle sbagliate. Questo

contrasto tra bene e male guida chi ascolta verso l’accettazione delle idee che il

parlante cerca di trasmettere fino ad esserne completamente persuasi. Questa

strategia fu di vitale importanza per molti importanti uomini politici del calibro di

Winston Churchill che approfondiremo nei prossimi paragrafi.

Le tipologie di metafore più gettonate nei discorsi politici sono essenzialmente

due, cioè quelle che definiamo “metafore del viaggio” utilizzate, ad esempio, nel

primo capitolo riguardo alla metafora concettuale LOVE IS A JOURNEY, e le

personificazioni.

Le prime sono molto utilizzate perché evocano un concetto relativo ad un tragitto

da compiere la cui meta è stabilita dagli obiettivi che il politico in questione

intende raggiungere. Inoltre, il viaggio ha uno scopo ben preciso: dare la certezza

agli ascoltatori che si ha un programma di marcia pianificato al minimo dettaglio,

il che trasmette anche una sensazione di maggiore sicurezza ed un minor rischio.

Il fine ultimo di questo tipo di metafora è, prima, quello di dare un valore positivo

alle politiche proposte dal potenziale leader e, dopo, far giudicare negativamente

dal pubblico la possibilità di non essere rappresentati da egli stesso.

Le personificazioni sono anch’esse molto frequenti nei discorsi politici perché

permettono di attribuire sentimenti ed attitudini umane ad entità politiche astratte

come gruppi sociali specifici o ad uno Stato. Non è un caso se nella totalità delle

metafore utilizzate da Churchill il 39% delle occorrenze è occupato dalle

personificazioni che vede la Germania come il nemico nazista e la Britannia come

l’eroe che lotta contro il male.

Page 31: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

31

2.3 La personificazione di una nazione

A volte succede che i leader di diversi partiti politici tendono a parlare delle

proprie idee facendo riferimento allo Stato in cui operano come se fosse un’entità

umana in carne ed ossa. Uno dei più grandi esponenti della personificazione in

contesto politico è Winston Churchill, il quale aveva l’obiettivo di creare il mito

dell’eroe rappresentato dalla Gran Bretagna e dai suoi alleati, contrapposto a

quello della Germania nazista di Hitler che rappresentava il male da sconfiggere.

Questo è possibile verificarlo analizzando, per esempio, uno dei suoi discorsi da

Primo Ministro:

“Side by side, unaided except by their kith and kin in the great

Dominions and by the wide empires which rest beneath their

shield – side by side, the British and French people have

advanced to resque not only Europe but mankind from the

foulest and most soul-destroying tyranny which has ever

darkened and stained the pages of history. Behind them – behind

us – behind the Armies and Fleets of Britain and France –

gather a group of shattered States and bludgeoned races: the

Czechs, the Poles, the Norwegians, the Danes, the Dutch, the

Belgians – upon all of whom the long night of barbarism will

descend, unbroken even by a star of hope, unless we conquer, as

conquer we must; as conquer we shall.” (19 maggio 1940)

Come possiamo vedere, nella retorica di Churchill le varie nazioni sono

concettualizzate come esseri umani che partecipano alla guerra con vesti diverse a

seconda del contesto sociale in cui si trovano e quindi vengono classificate come

eroi, vittime e malfattori. Ma quali sono i motivi che spingono Churchill ad usare

quelle espressioni? Perché usa in maniera così frequente la metafora

NAZIONE/STATO E’ PERSONA? A cosa punta quando, nel suo discorso,

chiama in causa anche le altre nazioni europee? Le risposte, in fondo, non sono

così difficili da trovare considerando il momento storico in cui tali parole sono

state pronunciate.

Page 32: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

32

Partiamo dall’inizio: Churchill aveva bisogno che il suo pubblico rafforzasse il

senso di patriottismo e che sviluppasse un forte senso del dovere nei confronti

della propria nazione. Per questo motivo ha richiamato il concetto di un eroe che

combatte il male. L’eroe in qualsiasi favola combatte il malfattore non per

ottenerne un beneficio, ma per sottolineare i buoni intenti delle sue azioni. La

motivazione che spinge invece a descrivere così dettagliatamente tutte le nazioni

coinvolte nella guerra è che bisognava creare una maggiore solidità e coesione

sociale facendo leva sull’empatia, un sentimento che permette ad un individuo di

comprendere le emozioni altrui.

Precedentemente è stato spiegato il motivo che porta un politico a fare un

confronto tra bene e male, cioè quello di persuadere il pubblico affinché accetti le

sue idee dando loro un valore positivo e, quindi, discriminando le altre.

Churchill fa ampio uso di questa tecnica, infatti passa da personificazioni di entità

astratte che hanno una valutazione negativa e che sono legati a soggetti anch’essi

giudicati negativamente, a personificazioni che al contrario sono valutate

positivamente, come la libertà, e che sono collegate a soggetti giudicati in maniera

positiva, come appunto la Gran Bretagna e i suoi alleati.

Lo schema seguente è il risultato di un’analisi di Charteris-Black su una serie di

discorsi fatti da Churchill durante i conflitti militari:

Valutazione positiva Totale Valutazione negativa Totale

Nazione/Gruppo politico

France (9)

nations (5)

countries (4) British nation (4)

41 Japan

Germany 3

Concetti astratti

destiny (4)

freedom (4)

justice (2) progress (2)

history (2)

21

Death (4)

war (3)

disaster (2)

woe (2)

17

Gruppi sociali

we/us (11) mankind (4)

motherland (2)

22 foe (3) enemy

evil doers

5

Gruppi militari

British army

French army Navy

9 Gestapo

German Aircraft 2

Ideologia western

democracies 1

Nazi regime

Communism Tyranny (5)

8

Altro 11 4

Totale 105 39

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33

Come possiamo notare, Churchill tende a sottolineare molto di più gli elementi

considerati positivi, in particolar modo coinvolge il popolo utilizzando parole

come we o us col fine appunto di rendere partecipe al conflitto anche chi non è in

prima linea, rafforzando così l’unità nazionale e risollevando il morale per chi,

invece, si trova sul campo di battaglia.

Anche se in numero di occorrenze decisamente superiore, la semplice

personificazione di una nazione non è l’unica strategia di Churchill. Egli, infatti,

la abbina alle journey metaphors, cioè utilizza anche forme linguistiche come

road, path, journey, toiling up a hill, forward e march. Si osservi un estratto del

discorso “The Price of Greatness is Responsability”:

“We may be quite sure that this process will be intensified with

every forward step the United States make in wealth and power.

Not only do we march and strive shoulder to shoulder at this

moment under the fire of the enemy on the fields of war or in the

air, but also in those realms of thought which are consecrated to

the rights and the dignity of man. I like to think of British and

Americans moving about freely over each other’s wide estates with

hardly a sense of being foreigners to one another.” (3 settembre

1943)

Da queste parole si può ricavare la metafora concettuale a cui Churchill faceva

riferimento: BRITAIN AND USA ARE TRAVELLING COMPANIONS.

Chiarito questo concetto lo scopo di Churchill appare più chiaro, cioè far scendere

in campo gli Stati Uniti d’America per combattere insieme il male, rappresentato

dalla tirannia nazista di Hitler. E’ importante capire, però, le funzioni che hanno

queste espressioni dal punto di vista linguistico-cognitivo: la prima è quella di

rendere chiaro il concetto che c’è una meta da raggiungere che è, appunto, la

vittoria della guerra e la sconfitta della Germania; la seconda è quella di fornire

l’idea di un viaggio da dover percorrere con qualcun altro che, nel caso specifico,

quel “compagno” è rappresentato dagli Stati Uniti d’America; l’ultima funzione è

Page 34: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

34

quella di autorizzare tutti i potenziali alleati ad entrare nel suo territorio. Queste

tre funzioni risaltano quelle che sono le vere intenzioni di Churchill: chiedere

aiuto a chiunque possa dare il minimo supporto.

A seguito di quanto detto finora, dovrebbe essere chiaro che la retorica di

Churchill è prettamente persuasiva, ricca di concetti e intenzioni ben definite che

implicano una reazione emotiva e comportamentale in chiunque lo ascolti. Non è

un caso, infatti, che gli Stati Uniti abbiano deciso di entrare in guerra in soccorso

degli Stati europei e lottare contro la Germania di Hitler. A tale proposito non si

intende affermare che solo grazie ai discorsi di Churchill gli americani hanno

deciso di partecipare al conflitto ma, ragionando esclusivamente a livello

linguistico-cognitivo, si potrebbe dire che tali parole avrebbero persuaso

chiunque.

2.4 Gli stati “amici” e “nemici”

Continuando a ragionare sulla metafora concettuale che vede gli stati come

persone, questi possono essere classificati anche in base alla natura della relazione

che lega gli uni agli altri pertanto possono definirsi “stati amici” e “stati nemici”.

Nel paragrafo precedente è stato illustrato il metodo di comunicazione di

Churchill: egli rappresentava la Gran Bretagna e i Paesi alleati come se fossero

persone legate tra loro da vincoli di fratellanza e amicizia oltre che da un obiettivo

comune, mentre considerava la Germania, l’Italia e il Giappone degli stati

“nemici”. Si osservi la frase seguente:

“The road to victory may not be so long as we expect. But we

have no right to count upon this. Be it long or short, rough or

smooth, we mean to reach our journey’s end.” (10 agosto 1940)

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35

Dopo aver analizzato la retorica di Churchill, in questa frase si potrebbe

interpretare la parola we come un modo per appellarsi non solo alle persone che

appartengono al suo Paese, ma anche a quelle degli stati “amici”, cioè a tutti i suoi

alleati. La motivazione che spinge Churchill a tale scelta linguistica è proprio

quella di scatenare una reazione interna che permettesse, a chi ascolta, di

considerare i soldati alleati non come dei forestieri venuti da chissà dove per un

motivo sconosciuto, ma come dei veri e propri amici, se non addirittura parenti,

giunti da lontano per sostenerci.

Questo senso di attaccamento e fiducia reciproca permetteva a tutti di sentirsi più

protetti, più forti. In quel momento storico, gli anni della Grande Guerra, in cui

tutti erano costantemente in pericolo di vita, tali parole suonavano come una dolce

melodia per diversi motivi: primo fra tutti, perché un incoraggiamento a non

arrendersi mai trova sempre un riscontro positivo in chi lo riceve o quanto meno

adempie alla sua funzione; il secondo motivo è quello che riguarda la reazione

non solo morale delle persone che ascoltano, ma anche comportamentale. E’ un

po’ come andare a correre in un parco senza avere la possibilità di ascoltare una

buona musica. Si può correre lo stesso, ovvio, ma una canzone può dare il giusto

ritmo, il giusto passo, migliorando così i nostri tempi e la nostra resistenza.

Sembra chiaro che l’obiettivo di Churchill fosse proprio questo: incoraggiare i

propri soldati e quelli degli stati “amici” a spingere sempre di più verso la fine del

“viaggio” e quindi alla sconfitta della Germania e di tutti gli stati “nemici”.

Anche l’espressione “we march and strive shoulder to shoulder” ha il suo valore

in questo contesto. Con chi si marcia e ci si batte spalla a spalla? Perché vengono

usate queste parole? Il verbo stesso, “battersi”, fa presupporre che ci sia un

nemico, qualcuno o qualcosa che deve essere sconfitto indipendentemente dalla

motivazione. E’ chiaro che nel contesto in cui tali parole furono pronunciate ci si

riferiva ad Hitler e i suoi alleati, ma ciò che sorprende è il processo cognitivo che

Churchill scatena nella mente della gente affinché tutti si sentano membri di un

unico popolo, aumentando il senso di protezione e devozione nei confronti dei

soldati alleati, un sentimento che si può avere solo nei confronti di un “amico”.

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36

2.5 Lakoff e il concetto di nazione-famiglia

Negli ultimi anni il linguaggio politico è cambiato notevolmente, non si cerca più

il consenso attraverso la semplice spiegazione dei programmi, ma si convince la

gente ad accettare un determinato tipo di frame, che è un insieme di concetti

associati ad altri nella mente dei parlanti che determinano il significato di ogni

singola parola, facendo leva sui valori morali che coinvolge qualsiasi essere

umano, come per esempio la famiglia. Non è un caso se lo stesso Lakoff ci fa

notare come la gente comune vota più per affermare e difendere la propria identità

piuttosto che per interesse personale.

Come già detto in precedenza, i politici odierni puntano a comunicare un

determinato frame e cercano di renderlo condivisibile dalla maggioranza degli

elettori. Una delle riflessioni proposte da Lakoff nasce da una dichiarazione di

Bush il quale, durante uno dei suoi discorsi in pubblico, ha utilizzato

un’espressione che faceva riferimento ad un ipotetico “permesso scritto” per poter

difendere gli Stati Uniti d’America da eventuali attacchi terroristici. A questo

punto la domanda sorge spontanea: perché Bush ha parlato di “permesso scritto”?

A chi si chiede questo “permesso” e perché deve essere scritto? Lakoff suggerisce

delle risposte dicendo che tali espressioni fanno riferimento ad uno studio molto

accurato dei valori della famiglia. Infatti, si parte dal presupposto che tutti

condividiamo la metafora concettuale della NAZIONE E’ FAMIGLIA e lo

dimostrano espressioni metaforiche linguistiche come “padri fondatori” o “i

nostri figli in guerra”. Questa metafora ci suona piuttosto naturale perché

generalmente si pensa ai grandi gruppi sociali, come appunto le nazioni, in termini

di famiglie o piccole comunità.

Spiegato il legame che esiste tra i concetti di NAZIONE e FAMIGLIA si può

proseguire con la prossima analisi. Nelle più grandi comunità democratiche

esistono diverse idee di nazione e questo porta inevitabilmente a seguire

determinate mentalità, a preferire alcuni valori ed atteggiamenti non

ammettendone altri. In effetti c’è un motivo se negli Stati Uniti, per esempio, ci

sono due maggiori correnti di pensiero ossia quello conservatore e quello

Page 37: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

37

progressista. Entrambi fanno riferimento a modelli di famiglia completamente

differenti: quello conservatore è strutturato su una mentalità che vede un “padre

severo” a capo della gerarchia familiare, mentre quello progressista si basa sulla

figura del “genitore premuroso”.

I presupposti e gli obiettivi di entrambi i modelli sono del tutto validi ma è ovvio

che il metodo educativo è molto differente. Il “padre severo”, infatti, è

consapevole che il mondo è un posto pericoloso dove la vita non è sempre facile

perché c’è sempre chi ti vuole far del male o che vuole avere sempre la meglio;

per questo motivo c’è bisogno di un padre forte che sia in grado di proteggere la

propria famiglia, sostenerla sempre e trasmettere ai propri figli il senso del dovere

e la facoltà di saper scegliere cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma qual è lo

strumento che permette ad un “padre severo” di educare i propri figli? La risposta

può sembrare naturale per chi è già genitore: la punizione. Punire i figli quando

sbagliano significa fargli ricordare che se commettono un errore ci saranno delle

conseguenze e anche gravi. Il tutto, quindi, è finalizzato a far accrescere in loro

una sorta di moralità ed etica che li guiderà verso il successo e uno status di

autosufficienza. Da questa analisi cognitiva del modello del “padre severo”

capiamo quindi che l’etica è strettamente legata al concetto di prosperità che

permette appunto la ricerca dell’interesse personale.

Il modello del “genitore premuroso” parte da presupposti completamente

differenti. Infatti, non si parla più di “padre” o “madre”; non si fa più distinzione

tra i sessi perché entrambi hanno un ruolo importante nel nucleo familiare. Anche

gli obiettivi educativi sono diversi, in quanto i figli devono diventare a loro volta

persone premurose e rispettose verso gli altri. Gli strumenti educativi utilizzati da

questo modello, affinché i più piccoli crescano secondo una certa disciplina, sono

l’empatia, quindi l’identificarsi con gli stati d’animo di un’altra persona, e il senso

di responsabilità. Perché chiamiamo questo modello “premuroso”? La risposta è

semplice: a differenza del “padre severo”, la disciplina si insegna attraverso il

dialogo piuttosto che con le punizioni, si proteggono i figli da qualsiasi attacco

esterno e in qualsiasi altra circostanza anche se questo comporta una sorta di

Page 38: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

38

dipendenza da parte dei figli verso i genitori. Il tutto, però, è finalizzato al

raggiungimento della loro felicità. E’ quindi una responsabilità morale. Ma non è

l’unico valore che il modello del “genitore premuroso” offre. Come ho già detto,

esiste anche quello della comunicazione, della sincerità reciproca e quello della

libertà di realizzare una vita soddisfacente.

A questo punto ci potremmo chiedere come si fa a convincere la gente che un

modello è quello giusto e l’altro è sbagliato. Uno dei motti dell’Illuminismo è che

“la verità rende liberi e se si raccontano i fatti alla gente, poiché le persone sono

fondamentalmente razionali, queste arriveranno alle conclusioni giuste”.

Purtroppo, però, le scienze cognitive ci hanno dimostrato che la gente non ragiona

così; le persone utilizzano i “frame”, cioè fanno riferimento ad una visione del

mondo già presente nella loro mente in cui si identificano loro stesse, e quella per

loro è l’unica verità ammissibile. Per essere accettata, quindi, la verità deve

rientrare nei frame mentali di quelle persone perché altrimenti la persuasione non

si concretizza e, come si dice in gergo popolare, “si parla al vento”. Spiegato

questo, risulta ovvio che non possiamo cambiare idea su qualcosa solo perché ci

viene detto che è giusto.

2.5 Le nazioni “adulte” e le nazioni “bambine”

Si torni, ora, alla questione legata all’espressione metaforica utilizzata da Bush a

proposito del “permesso scritto”. La sua strategia era quella di collegare più

concetti metaforici per dare un ulteriore potere persuasivo all’espressione stessa.

Infatti, Bush ha collegato la metafora LA NAZIONE E’ UNA PERSONA ad

un’altra metafora che è quella degli STATI SONO ADULTI/BAMBINI.

Il permesso scritto in genere lo chiedono gli adolescenti per poter uscire da scuola

o per fare un’attività specifica che richiede, appunto, un’autorizzazione da parte di

un adulto. Bush continua il suo discorso affermando che gli Stati Uniti d’America

non devono chiedere permessi speciali perché loro sono gli “adulti” e gli adulti

Page 39: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

39

sanno sempre cosa è giusto e cosa è sbagliato. Ma perché ha voluto sottolineare

con così tanta forza l’importanza del ruolo che il suo Paese gioca nella politica

interna ed estera? Egli voleva comunicare che la sua visione del mondo e il

modello a cui fa riferimento è proprio quello del “padre severo” e il suo obiettivo

era quello di innescare un meccanismo che permettesse di vincere le elezioni.

E’ stupefacente il processo cognitivo scatenato nella mente degli elettori che ha

portato, poi, alla vittoria dell’amministrazione Bush. Il tragico evento dell’11

settembre è stato il pretesto che ha permesso di dichiarare guerra al terrorismo.

Ma su quali valori o emozioni ha fatto leva Bush per ottenere il voto favorevole

dei suoi elettori? Lakoff afferma che la paura influenza la mente umana

spingendola ad adottare il modello del padre severo in modo tale da giustificare la

punizione come strumento di educazione. Questo concetto è importante perché,

per dichiarare guerra al terrorismo, si presuppone che la popolazione sia

costantemente terrorizzata e sotto pressione, e più la gente ha paura, più tende ad

attaccare. Per Bush, quindi, era fondamentale che i suoi elettori mantenessero

sempre attivo il frame della guerra in quanto l’incertezza e la paura li avrebbero

spinti a vedere la politica attraverso il modello del padre severo e, quindi, ad

approvare le sue manovre di governo.

A questo punto, tenendo sempre presente il frame della famiglia, ci si potrebbe

chiedere chi fossero in realtà i “figli”. In politica interna questi sono rappresentati

da organizzazioni, gruppi sociali, imprese, comunità religiose ecc. che hanno

bisogno di regole ben precise per operare perché altrimenti regnerebbe l’anarchia

e sarebbe eticamente scorretto; ma in politica estera possono anche essere

rappresentati dalle nazioni in via di sviluppo, che non hanno la solidità economica

e militare delle grandi potenze come quella degli Stati Uniti e quindi sono

considerate delle “bambine” che hanno bisogno di essere accudite ed educate.

Anche in questo contesto l’affermazione di Bush riguardo al “permesso scritto”

trova i suoi risvolti: l’America è un adulto e nessuno sa meglio di lei come

bisogna operare in qualsiasi settore, mentre tutti gli altri Paesi sono dei bambini da

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40

educare, ai quali devono essere spiegate le buone maniere per farli crescere sani e

forti, raggiungendo così il proprio interesse.

Le motivazioni che hanno spinto Bush a richiamare il frame del padre severo sono

numerose, ma il concetto di fondo è sempre lo stesso: dimostrare di saper

mantenere uno status di autorità morale in ogni settore. D’altronde, qualsiasi

genitore ha il dovere di dire ai propri figli cosa è giusto e cosa è sbagliato e

sarebbe del tutto illogico e immorale il contrario. I figli, quindi, devono obbedire

senza discutere. La comunicazione è a senso unico. Se applichiamo questo

concetto alla politica di Bush significa che gli Stati Uniti non possono, e non

devono, rinunciare alla loro sovranità. Non possono rinunciare ad essere genitori,

è contro le leggi della natura.

2.6 Giustificare una guerra e reputarla “giusta”

Abbiamo visto come la metafora concettuale della NAZIONE E’ FAMIGLIA sia

di vitale importanza nella politica estera, soprattutto in quella statunitense.

Attraverso gli studi di Lakoff, è stato possibile analizzare con maggiore attenzione

i discorsi dei politici americani riguardo a decisioni di importanza internazionale

come quello della dichiarazione di guerra all’Iraq. Molti cittadini americani sono

ancora convinti che dietro l’attentato alle torri gemelle dell’11 settembre ci sia la

mano di Saddam Hussein. Oggi, dopo le varie indagini delle autorità competenti,

siamo in grado di affermare che il mandante di tale genocidio era il capo di al

Qaeda Osama Bin Laden che con l’Iraq non aveva nulla a che vedere. Ma come

mai, allora, la gente era così disinformata sui fatti? La spiegazione è piuttosto

semplice se si analizza quelle che sono state le comunicazioni da parte dei media,

dei giornali e soprattutto dell’amministrazione Bush. La strategia adottata, infatti,

era proprio quello di diffondere la voce che esistesse un legame tra Bin Laden e

Saddam Hussein, nonostante fosse risaputo che i due non fossero in buoni

rapporti. Tale mossa centrò il bersaglio: il 40% della popolazione americana ha

accettato questo fatto ritenendolo veritiero solo perché è stato comunicato ed

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41

esposto come tale. Ma quale è stata la strategia adottata da Bush dal punto di vista

sia linguistico che cognitivo che ha permesso alla gente di credere che quella

guerra sarebbe stata “giusta”? La risposta verte su un modello che, grazie alla

metafora della NAZIONE E’ FAMIGLIA, si basa su due schemi narrativi tipici

dei racconti di fiabe: l’autodifesa e il salvataggio.

Ci sono delle figure che in entrambi i casi sono costanti: c’è un eroe, una vittima e

un cattivo. Nello schema dell’autodifesa il ruolo dell’eroe e della vittima

coincidono e in entrambi i modelli il cattivo è sempre irrazionale. L’obiettivo

dell’eroe è quello di sconfiggerlo o ucciderlo. La storia inizia con un delitto da

parte del cattivo e prosegue con le imprese dell’eroe per ristabilire la pace. In

contesto politico, il paese-eroe reputerà “giusta” un’ipotetica guerra sia con lo

schema dell’autodifesa che con quello del salvataggio.

Riguardo alla dichiarazione di guerra di Bush all’Iraq, c’era la necessità di

dimostrare che Saddam Hussein stesse tramando contro la sicurezza del popolo

iracheno, in modo tale che gli Stati Uniti d’America potessero intervenire col

ruolo dell’eroe innescando, quindi, il modello del salvataggio. Il risultato di tale

processo psicologico è che la guerra contro l’Iraq, da molti giudicata irrazionale in

quanto motivata solo da scopi di lucro per il controllo del petrolio e dell’economia

mondiale, è stata giudicata “giusta”. Ovviamente la maggior parte del popolo

americano conosceva bene i fatti, sapeva che non era il popolo iracheno che aveva

bisogno dell’intervento degli Stati Uniti e soprattutto che non c’erano armi di

distruzione di massa pronte per essere usate contro di loro, di conseguenza anche

lo schema dell’autodifesa non sussisteva. Ma come mai allora la gente non ha

fatto una scelta più razionale? Ancora una volta le scienze cognitive danno una

chiara risposta: le persone ragionano per frame e per metafore attraverso alcuni

modelli impressi nella sinapsi del nostro cervello presenti sotto forma di circuiti

neuronali. Abbiamo già detto precedentemente che se un fatto, per quanto

veritiero esso sia, non coincide con i frame presenti nella nostra mente esso viene

rifiutato e quindi ignorato. Ogni paese-persona cerca di raggiungere i propri

interessi e quando è necessario utilizza la forza militare per difenderli. E’

Page 42: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

42

sicuramente questa motivazione che ha spinto la maggioranza degli americani a

reputare la guerra in Iraq “giusta”; era l’unico modo per continuare ad avere il

controllo sui flussi di petrolio dal paese che, in numero di riserve, è secondo solo

all’Arabia Saudita. Questo avrebbe garantito agli Stati Uniti una duratura

egemonia mondiale sia politica che economica.

I modelli dell’autodifesa e del salvataggio non sono indipendenti da quello che

viene chiamato il modello dell’attore razionale secondo il quale ogni paese-

persona agisce in maniera razionale per preservare i propri interessi. Fu proprio

per questo motivo, per esempio, che al termine della guerra del Golfo sulle pagine

del New York Times quel conflitto fu definito un “affare”. Di principio, tale

affermazione può sembrare assurda e a dir poco immorale considerando il numero

delle vittime innocenti rimaste coinvolte durante il conflitto; ma ha una sua

spiegazione. L’attore razionale cerca di raggiungere i suoi obiettivi

massimizzando i profitti e minimizzando costi e perdite. I soldati sono parte

integrante dei beni di un paese così come la strumentazione bellica e il denaro

impiegato. Siccome in quella guerra gli Stati Uniti hanno subito poche perdite, il

risultato, continuando ad usare termini tipici dell’economia, è stato un

“investimento” e quindi un “affare”.

Da quanto si è detto fino ad ora, è stato possibile dimostrare come le persone

ragionano seguendo i propri frame concettuali e quasi sempre, in argomentazioni

politiche, sono del tutto inconsci. Non ci rendiamo conto che il nostro modo di

pensare è puramente metaforico e il linguaggio dei politici è sempre il risultato di

un lungo processo cognitivo strutturato su schemi precisi. L’obiettivo di tale

trattazione è proprio quello di spiegare il funzionamento di questi processi

cognitivi analizzando, in particolare, il frame della nazione-famiglia attraverso gli

interventi dei presidenti americani da Reagan ad Obama. Ma per questo

approfondimento si rimanda al capitolo successivo.

Page 43: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

43

CAPITOLO III. La ricerca e i risultati

3.1 Il metodo di ricerca e il corpus

Nel capitolo precedente sono state esposte alcune delle strategie linguistiche

adottate dai più importanti politici del mondo, come le personificazioni, la tecnica

del confronto tra il bene e il male, la creazione dell’immagine dell’eroe e del

cattivo, ed è stato mostrato come le metafore vengono integrate con esse. In

particolare, si è parlato di Lakoff e dei suoi modelli concettuali che vedono una

nazione intera in termini di piccole comunità, come le famiglie, con le figure del

padre severo e del genitore premuroso.

In questo capitolo, invece, verranno analizzati i discorsi inaugurali di inizio

mandato degli ultimi presidenti americani a partire dal 1981 con Ronald Reagan

fino al 2009 con Barak Obama con l’obiettivo di dimostrare che, effettivamente, il

modello nazione-famiglia è molto delineato nella mente dei presidenti presi in

esame. A tal proposito, non si ha la presunzione di mettere in discussione ciò che

Lakoff ha esposto nel suo libro “Non pensare all’elefante!” riguardo al modo di

concettualizzare la nazione come una famiglia, piuttosto si darà un’ulteriore

conferma alle sue teorie attraverso un’analisi testuale effettuata su un corpus

ottenuto grazie al sito internet http://www.presidency.ucsb.edu/index.php, che

raccoglie, in un archivio online, tutti gli interventi pubblici fatti dai presidenti

degli Stati Uniti d’America, da quelli in televisione a quelli radiofonici, dalle

semplici interviste ai quotidiani comunicati stampa.

Il sito internet sopra citato è fornito anche di un modulo di ricerca che permette di

filtrare i documenti attraverso l’uso di parole chiave o tipologia di documento

come ordini esecutivi, comunicati stampa, proclamazioni ecc. Tale modulo, però,

ha dei limiti per i fini di tale trattazione in quanto non permette di fare ricerche dal

punto di vista semantico e, quindi, si è scelto di analizzare solo i discorsi

inaugurali in quanto, generalmente, questi permettono di capire meglio quello che

è il modo di pensare e la personalità del presidente in esame, nonché il suo modo

di concettualizzare la nazione come una famiglia. Si procederà, quindi, con

l’analisi delle scelte adottate da ogni singolo presidente sia dal punto di vista

Page 44: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

44

linguistico che semantico e verrà spiegato come queste si integrano coi modelli

del padre severo o genitore premuroso proposti da Lakoff.

3.2 La nazione è famiglia

Prima di iniziare ad analizzare i discorsi presidenziali, è necessario spiegare la

metafora concettuale che vede una nazione in termini di una famiglia. Di seguito,

quindi, si riporteranno degli schemi così come è stato fatto nella prima parte di

questa trattazione col fine di sottolineare gli elementi sui quali si basa la metafora

NAZIONE E’ FAMIGLIA.

Nel primo capitolo si è parlato di come le teorie della metafora concettuale e

quella del blending siano entrambe valide per poter comprendere in modo chiaro

una specifica espressione metaforica. Attraverso la prima teoria, si è in grado di

riconoscere sia il source domain che il target domain, che nel nostro caso

corrispondono rispettivamente alla famiglia e alla nazione. La struttura mediante

la quale la metafora concettuale si costruisce è quella che vede l’elemento A

compreso attraverso l’elemento B. Quindi il risultato di tale processo sarebbe il

seguente:

A B

LA NAZIONE E’ UNA FAMIGLIA

(target domain) (source domain)

Come si può notare, il source domain è rappresentato dalla famiglia in quanto è

l’elemento che permette di comprendere il concetto di nazione che è appunto il

target domain. Questo avviene perché ci sono degli elementi che legano il

concetto della nazione a quello della famiglia. Si osservi lo schema seguente:

Page 45: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

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Source domain: FAMIGLIA Target domain: NAZIONE

Capofamiglia => Presidente

Membri del nucleo familiare => Cittadini

Regole comportamentali => Leggi/manovre di governo

Crescita e sviluppo dei figli => Prospettive di crescita in ogni

settore

Così come è stato affermato nel I capitolo, però, la semplice schematizzazione di

una metafora concettuale attraverso questo sistema risulta essere molto limitata in

quanto non mette sempre in risalto gli elementi che costituiscono la metafora. Per

questo motivo, è necessario approfondire tale struttura attraverso il modello

adottato dalla blending theory. Si osservi lo schema seguente:

Page 46: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

46

Come si può notare, la struttura è decisamente diversa e molto più esplicativa.

Attraverso questo modello, infatti, il source e il target domain si inseriscono

all’interno degli spazi d’ingresso. Oltre ai soggetti coinvolti, è possibile elencare

anche altri elementi che li caratterizzano come gli strumenti di controllo e il ruolo

al vertice della gerarchia. A questo punto ci si potrebbe chiedere in che modo,

allora, la nazione viene accostata alla famiglia. La risposta è dettata non solo dagli

elementi in comune, ma anche dall’unico contrastante, ossia quello dell’area di

influenza, che in un certo senso può risultare essere quello più importante in

quanto permette di considerare, così come affermano le scienze cognitive, una

nazione in termini di gruppi più piccoli come appunto la famiglia.

Le corrispondenze tra i due spazi d’ingresso, quindi, risultano abbastanza chiare

ma nonostante tutto si reputa necessario commentarle in quanto ci sono delle

considerazioni importanti da fare. Per quanto la teoria della metafora concettuale e

quella del blending provino a spiegare le metafore attraverso i modelli riportati in

questa trattazione, queste risulteranno essere sempre incomplete o riduttive.

Secondo la blending theory questa ipotesi nasce dal fatto che una metafora è il

risultato di vari e a volte moltissimi frame collegati tra loro. Basti pensare alla

definizione stessa di nazione: molti la definiscono come una comunità di individui

che condividono alcune caratteristiche comuni quali la lingua, il luogo geografico,

la storia ed un governo, ma non sarebbe scorretto pensare ad essa come una tribù

o una confederazione di tribù che condivide lingua e area geografica, come può

essere quella degli indiani nord-americani o, per finire, un semplice contratto

sociale in cui vari popoli si riconoscono attraverso una costituzione comune.

Dal concetto di nazione deriva anche quello di Stato, il quale garantisce attraverso

un codice scritto, le leggi per esempio, un ordinamento giuridico e ne afferma la

sovranità.

Tale processo è applicabile anche al concetto di famiglia: il mondo occidentale è

abituato a pensare ad essa come un gruppo di persone che condividono legami di

sangue o legali, come il matrimonio o l’adozione, ma esistono anche altre

definizioni di famiglia come può essere quella del contratto tra un uomo e una

donna nel rispettarsi l’un l’altro col fine di salvaguardare l’unità familiare. Si

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47

potrebbe continuare a lungo nell’elencare tutte le definizioni possibili di famiglia,

infatti ogni disciplina scientifica ne ha una versione propria e questo non fa altro

che confermare la presenza di diversi frame concettuali legati da uno o più

elementi comuni.

Un altro fattore che unisce i concetti di nazione e famiglia è quello che, in

entrambi, vengono stabiliti dei “mezzi amministrativi”, cioè esistono delle regole

che tutti devono rispettare.

Nel caso di una nazione gli strumenti di controllo sono rappresentati dalle leggi

scritte approvate dagli organi di competenza e che permettono al Paese di

raggiungere determinati risultati come l’incremento delle risorse finanziarie, il

miglioramento della situazione economica, aumento della produttività delle

industrie, ecc.. Nella famiglia, le leggi trovano una perfetta corrispondenza in

quelle che sono le regole comportamentali che un adulto rivolge ai suoi figli.

Infine, l’ultima corrispondenza tra nazione e famiglia riguarda il ruolo al vertice

della gerarchia. Come mostrato in precedenza, si ha da un lato la figura di un

presidente e dall’altra quella del capofamiglia che, secondo i modelli di Lakoff,

possono fare riferimento al padre severo o al genitore premuroso.

Ai fini di questa ricerca si è scelto di contestualizzare la metafora concettuale

NAZIONE E’ FAMIGLIA limitandola esclusivamente ai discorsi inaugurali di

inizio mandato degli ultimi presidenti degli Stati Uniti d’America. Per questo

motivo, è importante mostrare in che modo la figura presidenziale può essere

associata a quella di un capofamiglia o come la nazione stessa sia molto simile ad

un “grande” nucleo familiare. Lo schema seguente permetterà di comprendere

meglio quanto appena affermato:

Page 48: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

48

Come si può notare, il ruolo del presidente è egemone rispetto a quello dei

cittadini così come lo è quello del capofamiglia nei confronti dei figli. Entrambi,

quindi, hanno il compito di fare da “moderatore” per mantenere l’ordine e la

disciplina all’interno della loro area di influenza.

Lakoff, inoltre, sostiene che ad ogni tendenza politica corrisponde un modello

genitoriale ben preciso. Negli Stati Uniti d’America il contesto politico è

caratterizzato principalmente da due correnti di pensiero che vedono contrapposti

gli ideali dei conservatori da quelli dei progressisti che secondo il linguista

corrispondono rispettivamente ai modelli del padre severo e del genitore

premuroso.

Il riferimento ai due modelli da parte dei presidenti americani implicano delle

scelte linguistiche ben precise, come per esempio quelle che riguardano i

riferimenti alla nazione/famiglia attraverso parole come we, our e us in

contrapposizione a quelle che vengono usate per parlare a nome del

presidente/capofamiglia come I, my e me.

A seguito dell’analisi effettuata sul corpus, infatti, si può affermare che la scelta di

tali riferimenti è di fondamentale importanza per distinguere la figura del

presidente, e quindi del capofamiglia, da quella dei cittadini che sono

rappresentati come i figli. Sia ben chiaro, però, che non si intende dire che parole

come we o I siano elementi metaforici, ma è ovvio che fanno riferimento a schemi

precisi che, invece, ne mostrano tutte le caratteristiche. Lo schema seguente

riassume quanto appena affermato:

Target domain:

NAZIONE

Source domain:

FAMIGLIA

WE, our, us: NAZIONE <=> TUTTI I MEMBRI DELLA

FAMIGLIA

YOU, your: CITTADINI <=> FIGLI

I, my, me: PRESIDENTE <=> CAPOFAMIGLIA

THEY, their: ALTRE NAZIONI <=> ALTRE FAMIGLIE

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Nei prossimi paragrafi si dimostrerà che il ruolo del presidente è ben distinto da

quello dei cittadini e sarà una caratteristica comune di tutti i discorsi analizzati in

questa trattazione.

3.3 Ronald Reagan (1981-1989)

Ronald Reagan sale alla presidenza degli Stati Uniti d’America nel 1981 come

rappresentante dei repubblicani conservatori. Così come tutti gli altri, anche lui

sin dal principio del suo primo discorso inaugurale si preoccupa della situazione

economica del Paese, quasi come un adulto di una famiglia che deve far fronte a

seri problemi economici che impediscono la crescita e lo sviluppo del nucleo

familiare stesso. Prova di quanto detto è la citazione seguente:

“The business of our nation goes forward. These United States are

confronted with an economic affliction of great proportions. We suffer from

the longest and one of the worst sustained inflations in our national history.

It distorts our economic decisions, penalizes thrift, and crushes the

struggling young and the fixed-income elderly alike. It threatens to shatter

the lives of millions of our people.”

Come si può notare dalle parole in grassetto, Reagan utilizza riferimenti in prima

persona plurale per parlare della nazione, della sua situazione economica e dei

problemi che la affliggono ma, come è stato affermato precedentemente, la

nazione ha tutte le caratteristiche di una famiglia. Quindi da questo punto di vista,

si può sottolineare il fatto che con we il presidente si rivolge al “grande” nucleo

familiare di cui lui stesso fa parte. Questo, però, non è l’unico caso in cui viene

fatto un riferimento alla nazione in termini di una famiglia, anzi si ripropone per

tutto il suo discorso. Si osservi lo schema seguente:

(1) “But great as our tax burden is, it has not kept pace with public spending.

For decades we have piled deficit upon deficit, mortgaging our future and

our children's future for the temporary convenience of the present.”

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(2) “Why, then, should we think that collectively, as a nation, we're not bound

by that same limitation? We must act today in order to preserve tomorrow.

And let there be no misunderstanding: We are going to begin to act,

beginning today.”

(3) “The economic ills we suffer have come upon us over several decades.

They will not go away in days, weeks, or months, but they will go away.

They will go away because we as Americans have the capacity now, as

we've had in the past, to do whatever needs to be done to preserve this last

and greatest bastion of freedom.”

(4) “In this present crisis, government is not the solution to our problem;

government is the problem. From time to time we've been tempted to

believe that society has become too complex to be managed by self-rule,

that government by an elite group is superior to government for, by, and of

the people. Well, if no one among us is capable of governing himself, then

who among us has the capacity to govern someone else? All of us together,

in and out of government, must bear the burden. The solutions we seek

must be equitable, with no one group singled out to pay a higher price.”

(5) “We hear much of special interest groups. Well, our concern must be for a

special interest group that has been too long neglected. (…) It is made up

of men and women who raise our food, patrol our streets, man our mines

and factories, teach our children, keep our homes, and heal us when we're

sick—professionals, industrialists, shopkeepers, clerks, cabbies, and truck

drivers. They are, in short, "We the people," this breed called Americans”

(6) “Well, this administration's objective will be a healthy, vigorous, growing

economy that provides equal opportunities for all Americans, with no

barriers born of bigotry or discrimination. Putting America back to work

means putting all Americans back to work. Ending inflation means freeing

all Americans from the terror of runaway living costs. All must share in

the productive work of this "new beginning," and all must share in the

bounty of a revived economy. With the idealism and fair play which are the

core of our system and our strength, we can have a strong and prosperous

America, at peace with itself and the world”

(7) “So, as we begin, let us take inventory. We are a nation that has a

government—not the other way around. And this makes us special among

the nations of the Earth. Our government has no power except that

granted it by the people.”

(8) “It is rather to make it work--work with us, not over us; to stand by our

side, not ride on our back.”

(9) “If we look to the answer as to why for so many years we achieved so

much, prospered as no other people on Earth, it was because here in this

land we unleashed the energy and individual genius of man to a greater

extent than has ever been done before. (…) The price for this freedom at

times has been high, but we have never been unwilling to pay that price.”

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(10) “Our forbearance should never be misunderstood. Our reluctance for

conflict should not be misjudged as a failure of will. When action is

required to preserve our national security, we will act. We will maintain

sufficient strength to prevail if need be, knowing that if we do so we have

the best chance of never having to use that strength.”

(11) “The crisis we are facing today does not require of us the kind of sacrifice

that Martin Treptow and so many thousands of others were called upon to

make. It does require, however, our best effort and our willingness to

believe in ourselves and to believe in our capacity to perform great deeds,

to believe that together with God's help we can and will resolve the

problems which now confront us.”

Come si può notare, in tutte queste citazioni si distingue chiaramente una delle

identità dei soggetti coinvolti nella metafora concettuale presa in esame in questa

trattazione e cioè quella del popolo americano che in senso metaforico

corrisponde alla totalità dei membri di un’unica grande famiglia. Già nella prima

citazione, infatti, si può vedere come la parola our sia accostata a children, figli

per l’appunto. E’ chiaro a questo punto che il presidente si rivolge alla sua nazione

come se tutti facessero parte del suo stesso gruppo familiare, altrimenti non

avrebbe senso considerare “propri figli” persone che paradossalmente nemmeno si

conoscono.

Nelle citazioni (4) e (6) si può notare anche come il presidente cerca di esporre le

proprie idee su come poter affrontare i problemi che gli Stati Uniti sono costretti a

fronteggiare, proprio come fa un adulto all’interno di una famiglia. Infatti, in (4)

Reagan afferma che tutti devono impegnarsi affinché la nazione, e quindi la

famiglia, possa tornare a crescere e progredire. In (6), invece, con “this

administration's objective” è come se si ponesse a capo dell’intero nucleo

familiare, presentandosi quindi come una vera e propria guida spirituale. E’ molto

importante, però, che si coinvolga tutti ad agire affinché la rinascita della nazione

sia possibile e proprio per questo Reagan in (11) cerca di rafforzare il senso di

unità tra i cittadini, proprio come fa un genitore verso i suoi figli.

Bisogna dire, però, che ci sono occasioni dove la figura del presidente è separata

da quella dei cittadini, proprio a sottolineare la differenza dei ruoli che

distinguono i “grandi” dai “piccoli”. Si osservino le seguenti citazioni:

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(12) “You and I, as individuals, can, by borrowing, live beyond our means, but

for only a limited period of time.”

(13) “It is my intention to curb the size and influence of the Federal

establishment and to demand recognition of the distinction between the

powers granted to the Federal Government and those reserved to the States

or to the people.”

(14) “Now, so there will be no misunderstanding, it's not my intention to do

away with government.”

(15) “I do not believe in a fate that will fall on us no matter what we do. I do

believe in a fate that will fall on us if we do nothing.”

(16) “To paraphrase Winston Churchill, I did not take the oath I've just taken

with the intention of presiding over the dissolution of the world's strongest

economy. In the days ahead I will propose removing the roadblocks that

have slowed our economy and reduced productivity.”

(17) “I'm told that tens of thousands of prayer meetings are being held on this

day, and for that I'm deeply grateful. We are a nation under God, and I

believe God intended for us to be free. It would be fitting and good, I think,

if on each Inaugural Day in future years it should be declared a day of

prayer.”

Come si può notare, la posizione del presidente è ben diversa da quella dei

cittadini. Reagan in questo senso rappresenta il capofamiglia, l’adulto che sa cosa

è giusto fare e cosa no. Questo lo capiamo già dalle citazioni (12), (13) e (14)

dove il presidente si rivolge prima ai cittadini/figli utilizzando you e

successivamente spiega come andrà ad “educare” i suoi figli dicendo “It’s my

intention” invece, per esempio, di “It’s our intention”.

Nella citazione (16), inoltre, si può notare come la posizione del capofamiglia sia

nettamente superiore a quella degli altri in quanto vengono usati riferimenti in

prima persona singolare per esporre le intenzioni del presidente, come nel caso di

“I will propose”, mentre si utilizzano quelli in prima persona plurale come “our

economy” per riferirsi a ciò che è comune a tutti. Tutto questo sembra quasi

rispecchiare una situazione in cui un genitore si rivolge ai suoi figli dicendo

“decido io per il bene di tutti”.

Così come è stato affermato nel secondo capitolo di questa trattazione, le nazioni

possono essere considerate “amiche” o “nemiche” a seconda del tipo di relazione

Page 53: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

53

che intercorre tra loro. Questo è visibile anche attraverso i discorsi presidenziali

presi in esame per tale ricerca. Si osservino le citazioni seguenti:

(18) “To those neighbors and allies who share our freedom, we will strengthen

our historic ties and assure them of our support and firm commitment. We

will match loyalty with loyalty. We will strive for mutually beneficial

relations. We will not use our friendship to impose on their sovereignty,

for our own sovereignty is not for sale.”

(19) “As for the enemies of freedom, those who are potential adversaries, they

will be reminded that peace is the highest aspiration of the American

people. We will negotiate for it, sacrifice for it; we will not surrender for

it, now or ever.”

Sembra chiaro che è necessario assumere un certo comportamento anche con chi

non è considerato parte integrante della famiglia, come per esempio dei vicini o

degli amici. In queste due citazioni è interessante notare le identità dei soggetti

coinvolti: si utilizza we per indicare la “famiglia americana”, mentre usa they,

their e them per indicare le “famiglie amiche/nemiche”.

Nel suo secondo discorso inaugurale Reagan continua a distinguere il suo ruolo di

capofamiglia da quello degli altri e lo fa sin dalle prime battute quando afferma

quanto segue:

“There are no words adequate to express my thanks for the great honor

that you've bestowed on me. I'll do my utmost to be deserving of your

trust.”

E’ evidente quindi la differenza tra le identità dei soggetti che intervengono nei

suoi discorsi che sono appunto quelle del presidente/capofamiglia e dei

cittadini/membri del nucleo familiare. Tale distinzione diventa ancora più netta

quando Reagan dice:

(20) “When I took this oath 4 years ago, I did so in a time of economic stress.

Voices were raised saying that we had to look to our past for the greatness

Page 54: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

54

and glory. But we, the present-day Americans, are not given to looking

backward. (…)

Four years ago, I spoke to you of a New Beginning, and we have

accomplished that. But in another sense, our New Beginning is a

continuation of that beginning created two centuries ago when, for the first

time in history, government, the people said, was not our master, it is our

servant; its only power that which we the people allow it to have.”

(21) “Well, with heart and hand let us stand as one today—one people under

God, determined that our future shall be worthy of our past. As we do, we

must not repeat the well-intentioned errors of our past. We must never

again abuse the trust of working men and women by sending their earnings

on a futile chase after the spiraling demands of a bloated Federal

Establishment. You elected us in 1980 to end this prescription for disaster,

and I don't believe you reelected us in 1984 to reverse course.”

(22) “We've come to a turning point, a moment for hard decisions. I have asked

the Cabinet and my staff a question and now I put the same question to all

of you. If not us, who? And if not now, when? It must be done by all of us

going forward with a program aimed at reaching a balanced budget. We

can then begin reducing the national debt.”

Come si può notare in queste citazioni, vengono distinte ben tre identità che

corrispondono esattamente ai ruoli dei componenti di una famiglia. Lo schema

seguente ne riassume le caratteristiche:

Target domain Source domain

I => Presidente <=> Capofamiglia

We, our => Nazione <=> Intero nucleo familiare

You => Cittadini <=> Figli

Una cosa molto importante da dire è che ci sono casi in cui Reagan, mentre parla

di quelle che sono le prerogative della politica estera, non utilizza più we per

riferirsi alla sua nazione, e quindi alla “famiglia americana”, ma agli adulti di tutte

Page 55: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

55

le altre famiglie del mondo. Con le seguenti citazioni sarà più semplice

comprendere quanto appena affermato:

(23) “There is only one way safely and legitimately to reduce the cost of

national security, and that is to reduce the need for it. And this we're trying

to do in negotiations with the Soviet Union. We're not just discussing

limits on a further increase of nuclear weapons; we seek, instead, to

reduce their number. We seek the total elimination one day of nuclear

weapons from the face of the Earth.”

(24) “Now, for decades, we and the Soviets have lived under the threat of

mutual assured destruction—if either resorted to the use of nuclear

weapons, the other could retaliate and destroy the one who had started it.

Is there either logic or morality in believing that if one side threatens to

kill tens of millions of our people our only recourse is to threaten killing

tens of millions of theirs?”

(25) “I have approved a research program to find, if we can, a security shield

that will destroy nuclear missiles before they reach their target. (…) We

will meet with the Soviets, hoping that we can agree on a way to rid the

world of the threat of nuclear destruction.”

Come si può notare in (23) e (24) la funzione di we cambia completamente.

Infatti, non vengono più presi in considerazione i cittadini americani, ma si fa

riferimento ai “grandi”, agli adulti, e in politica estera di certo i semplici cittadini

non possono definirsi tali. Piuttosto, l’obiettivo era quello di fare riferimento ai

grandi capi di stato e, nel caso specifico, si puntava all’Unione Sovietica.

La citazione (25) è un po’ una conferma di quanto appena detto. Reagan ritorna a

parlare in prima persona singolare quando si parla di prevenzione da attacchi

nucleari, come a sottolineare che certe decisioni spettano unicamente a lui in veste

di presidente e quindi di capofamiglia. Subito dopo, invece usa we per comunicare

ai figli che i “grandi” stanno cercando un accordo coi vicini per una pacifica

convivenza.

Page 56: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

56

Finora sono state analizzate soltanto le identità dei soggetti coinvolti nella

metafora NAZIONE E’ FAMIGLIA all’interno dei discorsi inaugurali di Reagan,

ma queste non rappresentano gli unici elementi che accomunano i due domini. E’

stato detto che anche gli strumenti di controllo fanno parte dello spazio misto della

blending theory, i quali sono rappresentati da un lato dalle leggi, o nel nostro caso

dall’esposizione dei programmi di governo, e dall’altro dalle regole che un

genitore rivolge ai suoi figli. Per giudicare in che modo i presidenti impongono la

propria autorità si è scelto di analizzare le forme verbali utilizzate nei momenti in

cui vengono esposte le manovre di governo da attuare.

In questo contesto si può dire che Reagan fa scelte ben precise. A seguito di

un’analisi approfondita sul corpus, infatti, risulta che il numero di occorrenze dei

verbi modali must e will utilizzati con funzione deontica, quindi con valore

d’obbligo, è nettamente superiore a quello dei verbi “esortativi” che prevedono il

costrutto let us seguito dalla forma base del verbo.

Si osservi lo schema seguente che riassume il numero delle occorrenze dei modi

verbali maggiormente utilizzati:

Quella di Reagan è una posizione di comando rispetto a quella dei cittadini e per

tale ragione i verbi con will vanno interpretati come fossero degli obblighi. Questo

dato permette di sottolineare il fatto che il presidente, almeno nel suo primo

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MUST + VERBO WILL + VERBO LET US +VERBO

1° discorso inaugurale

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discorso, tende ad imporre le sue regole attraverso un tono più pacato, utilizzando

will invece di must, facendo recepire queste più come un insegnamento che come

regola vera e propria.

Nel secondo discorso, invece, Reagan assume un atteggiamento più rigido e

severo. Infatti, il numero delle occorrenze delle forme verbali si inverte:

Come si può notare dallo schema, l’atteggiamento di Reagan diventa decisamente

più rigoroso preferendo l’uso di must invece di will. Questa scelta evidentemente è

dettata dal fatto che, come padre severo, Reagan doveva insegnare ai suoi figli la

disciplina e l’importanza del comportarsi in maniera etica. Pertanto, la scelta di

must + verbo in funzione deontica era fondamentale.

La questione legata ai verbi non sono gli unici indici che permettono di

classificare Reagan come padre severo. Infatti, fa spesso riferimento a valori e

ideali tipici di questo modello, come quello della libertà sia personale che

collettiva, quello del coraggio di mettersi sempre in competizione e l’uso della

forza in caso di necessità che corrisponde, in un contesto familiare, alla punizione

di un padre verso i suoi figli.

3.4 George Bush (1989-1993)

Per quanto riguarda George Bush si può dire che il modello della famiglia si

applica in maniera simile a quello di Reagan. I riferimenti alle identità dei soggetti

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MUST + VERBO WILL + VERBO LET US +VERBO

2° discorso inaugurale

Page 58: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

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rimangono invariati ma, a differenza del suo predecessore, Bush molto spesso

parla ai giovanissimi, richiama il ricordo degli antenati e soprattutto si riferisce

alla situazione economica degli Stati Uniti d’America come se fosse una sorta

eredità. Osserviamo le citazioni seguenti:

(1) “There is a man here who has earned a lasting place in our hearts and in

our history. President Reagan, on behalf of our nation, I thank you for the

wonderful things that you have done for America.”

(2) “I've just repeated word for word the oath taken by George Washington 200

years ago, and the Bible on which I placed my hand is the Bible on which

he placed his. It is right that the memory of Washington be with us today not

only because this is our bicentennial inauguration but because Washington

remains the Father of our Country. And he would, I think, be gladdened by

this day; for today is the concrete expression of a stunning fact: our

continuity, these 200 years, since our government began.”

(3) “My friends, we are not the sum of our possessions. They are not the

measure of our lives. In our hearts we know what matters. We cannot hope

only to leave our children a bigger car, a bigger bank account. We must

hope to give them a sense of what it means to be a loyal friend; a loving

parent; (…). And what do we want the men and women who work with us to

say when we're no longer there? That we were more driven to succeed than

anyone around us? Or that we stopped to ask if a sick child had gotten

better and stayed a moment there to trade a word of friendship?”

(4) “I have spoken of a Thousand Points of Light, of all the community

organizations that are spread like stars throughout the Nation, doing good.

We will work hand in hand, encouraging, sometimes leading, sometimes

being led, rewarding. We will work on this in the White House, in the

Cabinet agencies. I will go to the people and the programs that are the

brighter points of light, and I'll ask every member of my government to

become involved.”

(5) “Our children are watching in schools throughout our great land. And to

them I say, Thank you for watching democracy's big day. For democracy

belongs to us all, and freedom is like a beautiful kite that can go higher and

higher with the breeze. And to all I say, No matter what your circumstances

or where you are, you are part of this day, you are part of the life of our

great nation.”

Ciò che si vuole mettere in risalto, oltre ai vari riferimenti alla nazione in termini

di una famiglia, è che Bush in (1), per esempio, si rivolge al suo predecessore

Reagan come per sottolineare il cambio generazionale che stava avvenendo.

Infatti sembra quasi che il “vecchio capo” lascia il posto a quelli che un tempo

Page 59: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

59

erano i giovani da accudire e che ora hanno raggiunto la piena maturità. Così

come evolve una famiglia, anche una nazione prosegue il suo percorso di

maturazione attraverso il cambio del suo massimo rappresentante, il presidente

appunto. Non è un caso, infatti, se Bush in (2) parla di una continuità di governo

che risale a ben due secoli prima.

Una parte molto interessante del suo discorso inaugurale è quella in cui parla della

situazione economica del Paese. Come si può vedere dalla citazione (3) Bush

sembra quasi preoccuparsi del futuro dei giovani come se tutto dipendesse dalle

sue azioni. Da questo punto di vista, si potrebbe avvicinare il concetto di

situazione economica a quello che potrebbe rappresentare una sorta di eredità che

un genitore lascia ai suoi figli. Tale ragionamento permetterebbe di giustificare

espressioni come “We cannot hope only to leave our children a bigger car, a

bigger bank account”.

Come è stato detto precedentemente, Bush da buon capofamiglia si rivolge anche

ai giovanissimi della “grande famiglia americana” e lo fa attraverso espressioni

come “our children”. Anche lui quindi, così come faceva Reagan, considera i suoi

cittadini come se fossero parte integrante del suo nucleo familiare. In (5) questa

caratteristica è ben visibile, soprattutto quando si riferisce al suo Paese utilizzando

espressioni come “our great nation” che in senso metaforico può essere inteso

come “our great family”.

Proseguendo con l’analisi del discorso inaugurale di Bush è possibile notare

alcuni casi in cui il ruolo del presidente/capofamiglia viene separata da quello dei

cittadini/membri del nucleo familiare. Ciò è dimostrabile attraverso queste

citazioni:

(6) “I come before you and assume the Presidency at a moment rich with

promise. We live in a peaceful, prosperous time, but we can make it

better.”

(7) “We don't have to talk late into the night about which form of government

is better. We don't have to wrest justice from the kings. We only have to

summon it from within ourselves. We must act on what we know. I take as

my guide the hope of a saint: In crucial things, unity; in important things,

diversity; in all things, generosity.”

(8) “No President, no government can teach us to remember what is best in

what we are. But if the man you have chosen to lead this government can

Page 60: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

60

help make a difference; if he can celebrate the quieter, deeper successes

that are made not of gold and silk but of better hearts and finer souls; if he

can do these things, then he must.”

(9) “I have spoken of a Thousand Points of Light, of all the community

organizations that are spread like stars throughout the Nation, doing good.

We will work hand in hand, encouraging, sometimes leading, sometimes

being led, rewarding. We will work on this in the White House, in the

Cabinet agencies. I will go to the people and the programs that are the

brighter points of light, and I'll ask every member of my government to

become involved.”

(10) “A President is neither prince nor pope, and I don't seek a window on

men's souls. In fact, I yearn for a greater tolerance, and easygoingness

about each other's attitudes and way of life.”

Come si può notare, la posizione del presidente è decisamente diversa da quella

dei cittadini e in più occasioni i riferimenti alle identità dei soggetti sono ben

marcati. Infatti in (6) e (7) troviamo I, riferito alla figura del presidente e quindi

del capofamiglia, we che corrisponde all’intero nucleo familiare, ed infine you

quando si rivolge esclusivamente ai cittadini, e cioè ai figli, quindi ad esclusione

del presidente.

Nonostante la distinzione dei ruoli sia piuttosto ovvia, va detto che Bush non si

mostra così autoritario come può sembrare. Infatti in (8) e in (9) spiega

chiaramente che non intende mantenere il suo ruolo egemone per imporre le

proprie regole, ma cerca in ogni caso di dialogare con i suoi cittadini così come fa

un padre con i suoi figli e con tutte le persone a lui vicine. La citazione (10) non è

altro che una conferma di quanto appena affermato: non vuole affermare la sua

superiorità ma pretende dai suoi figli che ci sia un maggiore rispetto l’uno nei

confronti dell’altro.

A proposito di tolleranza e atteggiamenti da assumere nei confronti del “vicinato”,

Bush non perde occasione per comunicare ai giovani della “famiglia americana”

come intende procedere riguardo alle questioni legate alla politica estera. Si

osservino le seguenti citazioni:

(11) “To the world, too, we offer new engagement and a renewed vow: We will

stay strong to protect the peace. The offered hand is a reluctant fist; once

made -- strong, and can be used with great effect. There are today

Americans who are held against their will in foreign lands and Americans

Page 61: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

61

who are unaccounted for. Assistance can be shown here and will be long

remembered. Good will begets good will. Good faith can be a spiral that

endlessly moves on.”

(12) “Great nations like great men must keep their word. When America says

something, America means it, whether a treaty or an agreement or a vow

made on marble steps. We will always try to speak clearly, for candor is a

compliment; but subtlety, too, is good and has its place. While keeping our

alliances and friendships around the world strong, ever strong, we will

continue the new closeness with the Soviet Union, consistent both with our

security and with progress. One might say that our new relationship in

part reflects the triumph of hope and strength over experience. But hope is

good, and so is strength and vigilance.”

Come è possibile notare, quando si parla di politica estera i cittadini, che in questa

ricerca sono rappresentati come i giovani di una famiglia, vengono completamente

esclusi. Infatti, come è stato per Reagan, in questi casi we non fa più riferimento

all’intero nucleo familiare ma agli adulti, a coloro che hanno il potere decisionale,

ai capofamiglia. D’altronde sono i genitori a dover insegnare ai figli come ci si

comporta con i “vicini”.

A proposito di regole, per quanto riguarda le forme verbali più utilizzate quando si

parla di manovre di governo da mettere in atto Bush mantiene la posizione del suo

predecessore. Si osservi il grafico seguente:

Sembra evidente, quindi, che Bush comunica le sue regole utilizzando forme

verbali con will piuttosto che con must ma, si ricordi, che entrambi hanno un

valore d’obbligo. La differenza sta semplicemente nel fatto che will esprime un

livello di severità minore rispetto a must, quindi è recepito non come

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MUST + VERBO WILL + VERBO LET US +VERBO

1° discorso inaugurale

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un’imposizione ma come un consiglio che è giusto seguire. Come è stato

dimostrato, infatti, Bush tende spesso a mostrarsi disponibile al dialogo sia con i

giovani, riferendosi a loro in maniera piuttosto diretta, che con i “grandi” delle

altre nazioni/famiglie. Ciò non esclude il fatto, però, che è disposto ad imporre la

sua autorità a chi trasgredisce le regole o si comporta in maniera sbagliata,

riflettendo così lo strumento educativo tipico del padre severo: la punizione.

3.5 William J. Clinton (1993-1997)

Come è stato visto nel paragrafo precedente, quando viene eletto un nuovo

presidente è come se avvenisse un cambio generazionale, cioè quelli che una volta

erano i piccoli da accudire, ora sono diventati adulti. Anche con Clinton, quindi, è

possibile notare questo aspetto:

(1) “My fellow citizens, today we celebrate the mystery of American renewal.

This ceremony is held in the depth of winter, but by the words we speak and

the faces we show the world, we force the spring, a spring reborn in the

world's oldest democracy that brings forth the vision and courage to

reinvent America. When our Founders boldly declared America's

independence to the world and our purposes to the Almighty, they knew that

America, to endure, would have to change; not change for change's sake but

change to preserve America's ideals: life, liberty, the pursuit of happiness.

Though we marched to the music of our time, our mission is timeless. Each

generation of Americans must define what it means to be an American.”

(2) “On behalf of our Nation, I salute my predecessor, President Bush, for his

half-century of service to America. And I thank the millions of men and

women whose steadfastness and sacrifice triumphed over depression,

fascism, and communism.”

(3) “Today, a generation raised in the shadows of the cold war assumes new

responsibilities in a world warmed by the sunshine of freedom but

threatened still by ancient hatreds and new plagues. Raised in unrivaled

prosperity, we inherit an economy that is still the world's strongest but is

weakened by business failures, stagnant wages, increasing inequality, and

deep divisions among our own people.”

Sembra chiaro che in (1), per esempio, Clinton voglia comunicare il fatto che è

avvenuto un cambiamento, infatti, non è un caso se utilizza proprio l’espressione

Page 63: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

63

“each generation of Americans” e soprattutto è ovvio che egli si pone a capo di

questa nuova generazione, essendo lui il nuovo presidente in carica. Infatti, nella

citazione (2), così come ha fatto G. Bush, Clinton ringrazia il “vecchio capo” per

il suo lavoro come se si rivolgesse ad un anziano non più in grado di poter gestire

una grande famiglia. La conferma di quanto detto è la citazione (3) dove il

presidente parla espressamente della maturazione raggiunta da questa nuova

generazione.

Proseguendo con l’analisi del corpus si può notare che Clinton, nel resto del suo

discorso, rinuncia alla chiara distinzione dei ruoli tra quella del

presidente/capofamiglia e cittadini/membri del nucleo familiare. Infatti, le uniche

due occasioni in cui tale differenziazione è marcata sono le seguenti:

(4) “The American people have summoned the change we celebrate today. You

have raised your voices in an unmistakable chorus. You have cast your

votes in historic numbers. And you have changed the face of Congress, the

Presidency, and the political process itself. Yes, you, my fellow Americans,

have forced the spring. Now we must do the work the season demands. To

that work I now turn with all the authority of my office. I ask the Congress

to join with me. But no President, no Congress, no Government can

undertake this mission alone.”

(5) “My fellow Americans, you, too, must play your part in our renewal. I

challenge a new generation of young Americans to a season of service: to

act on your idealism by helping troubled children, keeping company with

those in need, reconnecting our torn communities. (…) In serving, we

recognize a simple but powerful truth: We need each other, and we must

care for one another.”

Come è possibile notare, in entrambe le citazioni vengono distinte tre identità

diverse, ossia quella del presidente, quella dei cittadini e infine quella della

nazione. Clinton usa riferimenti in prima persona singolare, quindi I e my per

parlare di quelli che saranno i suoi compiti da presidente, mentre invoglia i

cittadini a fare la loro parte utilizzando riferimenti in seconda persona plurale,

cioè you e your. Infine, come è stato fatto finora, viene utilizzato we per riferirsi

alla “grande famiglia americana”, cioè alla nazione.

La mancanza della chiara distinzione tra i diversi ruoli delle identità coinvolte fa

pensare a ciò che Lakoff affermava nel suo libro “Don’t think of an elephant!” e

cioè che i rappresentanti dei conservatori assumono una posizione molto più

Page 64: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

64

autoritaria rispetto a quella dei progressisti o dei liberali e proprio per questo

Lakoff sostiene che i primi fanno riferimento al modello del padre severo mentre i

secondi a quello del genitore premuroso. Il fatto stesso che Clinton non si mette

mai al di sopra del popolo, esclusi i casi delle citazioni (4) e (5) che risultano

essere dettati più dalle circostanze che dalla volontà di sottolineare la differente

posizione dei ruoli, fa pensare che lui fa riferimento più al modello del genitore

premuroso che a quello del padre severo. Infatti, tutti i membri della famiglia sono

considerati di vitale importanza e l’autorità dei genitori lascia il posto al dialogo e

all’aiuto reciproco. Di seguito le citazioni che dimostrano quanto appena

affermato:

(6) “We earn our livelihood in America today in peaceful competition with

people all across the Earth. Profound and powerful forces are shaking and

remaking our world. And the urgent question of our time is whether we

can make change our friend and not our enemy. (…) when the cost of

health care devastates families and threatens to bankrupt our enterprises,

great and small; when the fear of crime robs law-abiding citizens of their

freedom; and when millions of poor children cannot even imagine the lives

we are calling them to lead, we have not made change our friend.”

(7) “We know we have to face hard truths and take strong steps, but we have

not done so; instead, we have drifted. And that drifting has eroded our

resources, fractured our economy, and shaken our confidence. Though

our challenges are fearsome, so are our strengths. Americans have ever

been a restless, questing, hopeful people. And we must bring to our task

today the vision and will of those who came before us. From our

Revolution to the Civil War, to the Great Depression, to the civil rights

movement, our people have always mustered the determination to

construct from these crises the pillars of our history. Thomas Jefferson

believed that to preserve the very foundations of our Nation, we would

need dramatic change from time to time. Well, my fellow Americans, this is

our time. Let us embrace it.”

(8) “To renew America, we must be bold. We must do what no generation has

had to do before. We must invest more in our own people, in their jobs,

and in their future, and at the same time cut our massive debt. And we

must do so in a world in which we must compete for every opportunity. It

will not be easy. It will require sacrifice, but it can be done and done

fairly, not choosing sacrifice for its own sake but for our own sake. We

must provide for our Nation the way a family provides for its children.”

(9) “We can do no less. Anyone who has ever watched a child's eyes wander

into sleep knows what posterity is. Posterity is the world to come: the

world for whom we hold our ideals, from whom we have borrowed our

planet, and to whom we bear sacred responsibility. We must do what

America does best: offer more opportunity to all and demand more

Page 65: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

65

responsibility from all. It is time to break the bad habit of expecting

something for nothing from our Government or from each other. Let us all

take more responsibility not only for ourselves and our families but for

our communities and our country.”

Come si può notare, Clinton parla spesso di ciò che andrebbe fatto per continuare

a crescere in qualità di grande potenza mondiale, ma mai parla in prima persona

singolare come per imporre le sue regole da presidente/capofamiglia piuttosto si

pone allo stesso livello dei cittadini cancellando quindi ogni forma di gerarchia.

La frase finale della citazione (8) è molto importante considerando la metafora

concettuale che si sta analizzando in questa ricerca. Non può essere una

coincidenza se si paragona la nazione ad una famiglia, soprattutto se si parla dei

servizi che lo stato deve offrire ai suoi cittadini, i quali sono legati

metaforicamente alla figura dei figli. E’ praticamente un richiamo alla premura e

all’attenzione che un adulto rivolge ai più piccoli.

Non possono mancare, infine, le indicazioni su come bisogna comportarsi al di

fuori del nucleo familiare:

(10) “There is no longer a clear division between what is foreign and what is

domestic. The world economy, the world environment, the world AIDS

crisis, the world arms race: they affect us all. Today, as an older order

passes, the new world is more free but less stable. Communism's collapse

has called forth old animosities and new dangers. Clearly, America must

continue to lead the world we did so much to make.”

(11) “While America rebuilds at home, we will not shrink from the challenges

nor fail to seize the opportunities of this new world. Together with our

friends and allies, we will work to shape change, lest it engulf us. When

our vital interests are challenged or the will and conscience of the

international community is defied, we will act, with peaceful diplomacy

whenever possible, with force when necessary. The brave Americans

serving our Nation today in the Persian Gulf, in Somalia, and wherever

else they stand are testament to our resolve. But our greatest strength is

the power of our ideas, which are still new in many lands. Across the

world we see them embraced, and we rejoice. Our hopes, our hearts, our

hands are with those on every continent who are building democracy and

freedom. Their cause is America's cause.”

La parte iniziale della citazione (10) è praticamente l’espressione che forse rende

più chiara l’idea di ciò che si è affermato finora e cioè che la nazione è intesa

Page 66: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

66

metaforicamente come una famiglia. La parola “domestic” racchiude in sé tutti i

concetti legati a quelli di un nucleo familiare: i suoi membri, una casa, un

vicinato, ecc.; sono tutti elementi che si collegano perfettamente con i ruoli che

coinvolgono una nazione.

Per quanto riguarda il secondo discorso inaugurale di Clinton, la tendenza di

eliminare ogni forma gerarchica tra presidente e cittadini risulta essere ancora più

accentuata. Infatti, c’è solo un caso in cui si distingue il ruolo del capofamiglia da

quello dei figli ed è il seguente:

(12) “To that effort I pledge all my strength and every power of my office. I ask

the Members of Congress here to join in that pledge. The American people

returned to office a President of one party and a Congress of another.

Surely they did not do this to advance the politics of petty bickering and

extreme partisanship they plainly deplore. No, they call on us instead to be

repairers of the breach and to move on with America's mission. America

demands and deserves big things from us, and nothing big ever came from

being small.”

Anche in questa occasione sembra che tale differenza di posizione sia dettata più

dalle circostanze che dalla propria volontà. Infatti, per tutto il resto del discorso

egli si pone allo stesso livello dei cittadini mentre lascia agli organi istituzionali il

compito che spetterebbe al capofamiglia. Si osservino le seguenti citazioni:

(13) “As times change, so Government must change. We need a new

Government for a new century, humble enough not to try to solve all our

problems for us but strong enough to give us the tools to solve our

problems for ourselves, a Government that is smaller, lives within its

means, and does more with less. Yet where it can stand up for our values

and interests around the world, and where it can give Americans the

power to make a real difference in their everyday lives, Government

should do more, not less. The preeminent mission of our new Government

is to give all Americans an opportunity, not a guarantee but a real

opportunity, to build better lives.”

(14) “Our Founders taught us that the preservation of our liberty and our

Union depends upon responsible citizenship. And we need a new sense of

responsibility for a new century. There is work to do, work that

Government alone cannot do: teaching children to read, hiring people off

welfare rolls, coming out from behind locked doors and shuttered windows

to help reclaim our streets from drugs and gangs and crime, taking time

Page 67: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

67

out of our own lives to serve others.”

Come si può notare, viene nominato il governo come se fosse l’unico ad occupare

una posizione di rilievo rispetto a quella degli altri. In questo contesto, il

presidente preferisce, ancora una volta, porsi allo stesso livello dei cittadini come

per sottolineare che non c’è alcuna differenza di potere tra quello che dovrebbe

rappresentare il capofamiglia e quello che invece spetta ai figli. Ulteriore

conferma di quanto appena affermato sono le seguenti citazioni:

(15) “When last we gathered, our march to this new future seemed less certain

than it does today. We vowed then to set a clear course to renew our

Nation. In these 4 years, we have been touched by tragedy, exhilarated by

challenge, strengthened by achievement. America stands alone as the

world's indispensable nation. Once again, our economy is the strongest on

Earth. (…)Problems that once seemed destined to deepen, now bend to our

efforts. Our streets are safer, and record numbers of our fellow citizens

have moved from welfare to work. And once again, we have resolved for

our time a great debate over the role of Government. Today we can

declare: Government is not the problem, and Government is not the

solution. We—the American people—we are the solution. Our Founders

understood that well and gave us a democracy strong enough to endure

for centuries, flexible enough to face our common challenges and advance

our common dreams in each new day.”

(16) “Each and every one of us, in our own way, must assume personal

responsibility not only for ourselves and our families but for our neighbors

and our Nation. Our greatest responsibility is to embrace a new spirit of

community for a new century. For any one of us to succeed, we must

succeed as one America. The challenge of our past remains the challenge

of our future: Will we be one Nation, one people, with one common

destiny, or not? Will we all come together, or come apart?”

(17) “Our land of new promise will be a nation that meets its obligations, a

nation that balances its budget but never loses the balance of its values, a

nation where our grandparents have secure retirement and health care

and their grandchildren know we have made the reforms necessary to

sustain those benefits for their time, a nation that fortifies the world's most

productive economy even as it protects the great natural bounty of our

water, air, and majestic land. And in this land of new promise, we will

have reformed our politics so that the voice of the people will always

speak louder than the din of narrow interests, regaining the participation

and deserving the trust of all Americans.”

Page 68: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

68

Come si può notare, la figura del presidente sembra scomparire del tutto

fondendosi con quella dei cittadini. Clinton utilizza, infatti, solo riferimenti in

prima persona plurale, quindi we, our e us per coinvolgere l’intera nazione nei

progetti importanti, mentre nomina il governo come se fosse un’entità a parte

quasi a voler prendere le distanze da tutto ciò che renda il suo ruolo più

importante di quello dei cittadini.

Per quanto riguarda invece le regole comportamentali, che in questa trattazione

vengono giudicate dal punto di vista verbale, si può affermare che Clinton, nel suo

primo discorso inaugurale, usa prevalentemente il modale must e i verbi

“esortativi” tramite il costrutto let us seguito dal verbo come dimostra il grafico

seguente:

Va precisato, però, che must non ha più quel valore d’obbligo così forte come è

stato per Reagan e G. Bush. Il fatto stesso che Clinton elimini la gerarchia che

distingue un presidente dai cittadini, fa recepire le sue intenzioni più come dei

suggerimenti che come delle imposizioni di un padre nei confronti dei figli.

Inoltre è importante considerare anche il dato relativo ai costrutti verbali con let us

seguito dal verbo. Grazie a questi, infatti, è come se il capofamiglia permettesse

una comunicazione bilaterale tra genitore e figli. Questa sua peculiarità si riflette

inevitabilmente anche nel discorso inaugurale del suo secondo mandato e il

grafico seguente mostra i risultati dei dati raccolti:

0

5

10

15

MUST + VERBO WILL + VERBO LET US + VERBO

1° discorso inaugurale

Page 69: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

69

Come si può notare, le occorrenze dei verbi con must si riducono drasticamente,

mentre aumentano quelli con will. Questo dato è importante perché, come

mostrato con i primi due presidenti, i verbi al futuro hanno un valore d’obbligo

molto meno evidente rispetto agli altri e considerando che questi vengono alternati

ai verbi “esortativi”, seppur in numero molto ridotto, ogni regola esposta dal

capofamiglia perde buona parte della sua forza impositiva.

3.5 George W. Bush (2001-2009)

Attraverso l’analisi dei discorsi inaugurali dei presidenti presi in esame finora è

stato possibile mettere in evidenza il fatto che il ramo conservatore della politica

americana tende a distinguere in maniera piuttosto eloquente il ruolo che spetta al

presidente, cioè al capofamiglia, da quello che invece spetta ai cittadini. Reagan e

Bush, infatti, alternano riferimenti come I e my per sottolineare la posizione

egemone del presidente su quella dei cittadini, mentre usano we e our per riferirsi

all’intero nucleo familiare e cioè alla nazione americana. E’ evidente quindi che il

potere decisionale delle due parti è diverso. In Clinton questa differenza viene

abolita in quanto l’obiettivo non era quello di porsi al di sopra degli altri membri

della “grande famiglia americana” per imporre la propria autorità, ma di mettersi

esattamente al loro stesso livello, sconvolgendo ogni gerarchia.

Nel 2001 con G.W. Bush si ritorna a fare di nuovo una netta distinzione tra la

figura del presidente e quella del popolo. Si osservino le seguenti citazioni:

0

10

20

30

MUST + VERBO WILL + VERBO LET US + VERBO

2° discorso inaugurale

Page 70: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

70

(1) “I am honored and humbled to stand here where so many of America's

leaders have come before me, and so many will follow. We have a place, all

of us, in a long story, a story we continue but whose end we will not see.”

(2) “Our unity, our Union, is a serious work of leaders and citizens and every

generation. And this is my solemn pledge: I will work to build a single

nation of justice and opportunity. I know this is in our reach because we are

guided by a power larger than ourselves, who creates us equal, in His

image, and we are confident in principles that unite and lead us onward.”

(3) “Many in our country do not know the pain of poverty. But we can listen to

those who do. And I can pledge our Nation to a goal: When we see that

wounded traveler on the road to Jericho, we will not pass to the other side.”

(4) “I will live and lead by these principles: to advance my convictions with

civility to serve the public interest with courage, to speak for greater justice

and compassion, to call for responsibility and try to live it, as well. In all

these ways, I will bring the values of our history to the care of our times.”

(5) “What you do is as important as anything Government does. I ask you to

seek a common good beyond your comfort, to defend needed reforms

against easy attacks, to serve your Nation, beginning with your neighbor. I

ask you to be citizens (…).”

Come si può notare, Bush tende a sottolineare più volte l’egemonia del suo ruolo

rispetto a quello dei cittadini, proponendosi come una vera e propria guida

spirituale. Infatti in queste citazioni si distinguono chiaramente tre identità

diverse: quella del capofamiglia con i riferimenti I e my, quella dei figli con you e

your, e infine quella dell’intero nucleo familiare con we e our Nation. Un’ulteriore

considerazione che la metafora concettuale NAZIONE E’ FAMIGLIA propone è

quella che riguarda l’esempio che gli adulti devono dare ai più giovani: attraverso

il molteplice uso di riferimenti in prima persona singolare è come se Bush stesse

insegnando ai suoi figli cosa è giusto fare e come è giusto comportarsi.

Nonostante questo, non mancano le occasioni in cui Bush si pone allo stesso

livello dei cittadini inglobando la sua funzione con i doveri del popolo:

(6) “Americans are called to enact this promise in our lives and in our laws.

And though our Nation has sometimes halted and sometimes delayed, we

must follow no other course.”

(7) “Our democratic faith is more than the creed of our country. It is the

inborn hope of our humanity, an ideal we carry but do not own, a trust we

bear and pass along. Even after nearly 225 years, we have a long way yet

Page 71: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

71

to travel.”

(8) “While many of our citizens prosper, others doubt the promise, even the

justice of our own country. The ambitions of some Americans are limited

by failing schools and hidden prejudice and the circumstances of their

birth. And sometimes our differences run so deep, it seems we share a

continent but not a country. We do not accept this, and we will not allow

it.”

(9) “Some seem to believe that our politics can afford to be petty because in a

time of peace the stakes of our debates appear small. (…) If our country

does not lead the cause of freedom, it will not be led. If we do not turn the

hearts of children toward knowledge and character, we will lose their gifts

and undermine their idealism. If we permit our economy to drift and

decline, the vulnerable will suffer most.”

(10) “Together we will reclaim America's schools before ignorance and apathy

claim more young lives. We will reform Social Security and Medicare,

sparing our children from struggles we have the power to prevent. And we

will reduce taxes to recover the momentum of our economy and reward the

effort and enterprise of working Americans.”

In questi casi la sola identità che si riesce a distinguere risulta essere quella della

nazione, ossia della “famiglia americana”. Infatti gli unici riferimenti che si

notano sono quelli in prima persona plurale e così facendo G.W. Bush riesce in

qualche modo a coinvolgere il popolo nelle decisioni importanti e allo stesso

tempo fa pesare meno l’autorità che il suo ruolo comporta.

Anche per G.W. Bush non manca l’occasione per comunicare al “vicinato” la

posizione egemone del suo Paese:

(11) “We will build our defenses beyond challenge, lest weakness invite

challenge. We will confront weapons of mass destruction, so that a new

century is spared new horrors. The enemies of liberty and our country

should make no mistake: America remains engaged in the world, by

history and by choice, shaping a balance of power that favors freedom.”

(12) “We will defend our allies and our interests. We will show purpose

without arrogance. We will meet aggression and bad faith with resolve

and strength. And to all nations, we will speak for the values that gave our

Nation birth.”

Spesso in questa trattazione si è fatto riferimento a Lakoff e ai suoi modelli del

genitore premuroso e del padre severo. Quest’ultimo è caratterizzato dalla figura

Page 72: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

72

predominante di un adulto che, in quanto tale, sa come bisogna comportarsi con

gli altri, pertanto non deve chiedere nessun “permesso scritto” per agire nel

proprio interesse. Queste citazioni ne sono la prova: G.W. Bush, in qualità di

adulto, è disposto ad usare la forza contro quelle nazioni che non condividono i

suoi stessi ideali e che considera quindi dei bambini da educare. A questo punto

sembra ovvio che l’unico metodo utile allo scopo è la punizione, anche perché è lo

strumento cardine del modello del padre severo, che in contesto politico non è

altro che l’impiego della forza militare.

Per quanto riguarda il discorso inaugurale del suo secondo mandato G.W. Bush

continua a distinguere i ruoli del presidente/capofamiglia da quello dei

cittadini/figli. Le seguenti citazioni ne sono la prova:

(13) “On this day, prescribed by law and marked by ceremony, we celebrate

the durable wisdom of our Constitution and recall the deep commitments

that unite our country. I am grateful for the honor of this hour, mindful of

the consequential times in which we live, and determined to fulfill the oath

that I have sworn and you have witnessed.”

(14) “At this second gathering, our duties are defined not by the words I use

but by the history we have seen together. For a half a century, America

defended our own freedom by standing watch on distant borders.”

(15) “My most solemn duty is to protect this Nation and its people from further

attacks and emerging threats. Some have unwisely chosen to test America's

resolve and have found it firm. We will persistently clarify the choice

before every ruler and every nation, the moral choice between oppression,

which is always wrong, and freedom, which is eternally right.”

(16) “Today I also speak anew to my fellow citizens. From all of you I have

asked patience in the hard task of securing America, which you have

granted in good measure. Our country has accepted obligations that are

difficult to fulfill and would be dishonorable to abandon. Yet because we

have acted in the great liberating tradition of this Nation, tens of millions

have achieved their freedom. (…) By our efforts, we have lit a fire as well,

a fire in the minds of men. (…)And one day this untamed fire of freedom

will reach the darkest corners of our world.”

(17) “All Americans have witnessed this idealism and some for the first time. I

ask our youngest citizens to believe the evidence of your eyes. You have

seen duty and allegiance in the determined faces of our soldiers. You have

seen that life is fragile and evil is real and courage triumphs. Make the

choice to serve in a cause larger than your wants, larger than yourself,

and in your days you will add not just to the wealth of our country but to

Page 73: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

73

its character.”

E’ evidente che le identità dei soggetti sono tre: la prima, ovviamente, è quella del

presidente che tende sempre a mostrarsi come lo spirito guida attraverso i soliti

riferimenti I e my; la seconda invece è quella dei cittadini rappresentati da you e

your e infine quella che coinvolge tutta la nazione attraverso espressioni come all

Americans, this Nation e riferimenti come we e our.

Oltre alla semplice differenziazione dei ruoli, ciò che si vuole mettere in evidenza

è il fatto che G.W. Bush, soprattutto in (17), si rivolge ai giovani della “famiglia

americana” come se questi fossero tutti suoi figli. L’ultima citazione infatti

sembra quasi rispecchiare una situazione in cui un padre si rivolge ai più piccoli

per insegnare loro ad agire in maniera corretta. D’altronde gli adulti sanno sempre

cosa è giusto e cosa non lo è. Da questo, quindi, si capisce che mantenere la

gerarchia dei ruoli istituzionali, per G.W. Bush è di fondamentale importanza

affinché venga riconosciuta la sua autorità in qualità sia di presidente che di

capofamiglia. Come è stato detto in precedenza, l’uso massivo di riferimenti che

tendono a stabilire una netta divisione tra gli organi istituzionali e il popolo fa sì

che le regole del genitore vengano recepite come delle imposizioni e, in quanto

tali, i figli non le accettano in piacevolmente. Pertanto era necessario unire la

figura del presidente con quella dei cittadini per sembrare meno autoritario . Come

si può notare dalle citazioni seguenti, ogni riferimento in prima persona singolare

sparisce:

(18) “We are led, by events and common sense, to one conclusion: The survival

of liberty in our land increasingly depends on the success of liberty in

other lands. The best hope for peace in our world is the expansion of

freedom in all the world.”

(19) “America's vital interests and our deepest beliefs are now one. From the

day of our founding, we have proclaimed that every man and woman on

this Earth has rights and dignity and matchless value, because they bear

the image of the Maker of heaven and Earth. Across the generations, we

have proclaimed the imperative of self-government, because no one is fit to

be a master and no one deserves to be a slave. Advancing these ideals is

the mission that created our Nation. It is the honorable achievement of our

fathers. Now, it is the urgent requirement of our Nation's security and the

calling of our time.”

Page 74: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

74

(20) “America will not pretend that jailed dissidents prefer their chains or that

women welcome humiliation and servitude or that any human being

aspires to live at the mercy of bullies. We will encourage reform in other

governments by making clear that success in our relations will require the

decent treatment of their own people. America's belief in human dignity

will guide our policies.”

(21) “And now we will extend this vision by reforming great institutions to

serve the needs of our time. To give every American a stake in the promise

and future of our country, we will bring the highest standards to our

schools and build an ownership society. We will widen the ownership of

homes and businesses, retirement savings, and health insurance, preparing

our people for the challenges of life in a free society. By making every

citizen an agent of his or her own destiny, we will give our fellow

Americans greater freedom from want and fear and make our society

more prosperous and just and equal.”

In queste citazioni è evidente che G.W. Bush tende a sottolineare uno degli ideali

che fanno parte del modello del padre severo, cioè quello di impartire ordine e

disciplina per permettere ai figli di crescere in maniera sana e rincorrere i propri

interessi che, in fin dei conti, sono gli stessi dell’intero nucleo familiare:

raggiungere uno status socio-economico stabile e autosufficiente. Partendo da

questi presupposti, la scelta di abolire ogni forma gerarchica e adottare riferimenti

in prima persona plurale risulta piuttosto scontata e prevedibile, oltre che

funzionale.

Per quanto riguarda la questione legata al “vicinato” G.W. Bush, da buon padre

severo, rinnova il suo impegno:

(22) “Today, America speaks anew to the peoples of the world. All who live in

tyranny and hopelessness can know: The United States will not ignore

your oppression or excuse your oppressors. When you stand for your

liberty, we will stand with you.”

(23) “Democratic reformers facing repression, prison, or exile can know:

America sees you for who you are, the future leaders of your free country.

The rulers of outlaw regimes can know that we still believe as Abraham

Lincoln did: "Those who deny freedom to others deserve it not for

themselves and, under the rule of a just God, cannot long retain it."

(24) “The leaders of governments with long habits of control need to know: to

serve your people, you must learn to trust them. Start on this journey of

progress and justice, and America will walk at your side.”

(25) “And all the allies of the United States can know: We honor your

Page 75: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

75

friendship; we rely on your counsel; and we depend on your help. Division

among free nations is a primary goal of freedom's enemies. The concerted

effort of free nations to promote democracy is a prelude to our enemies'

defeat.”

Da queste citazioni si può notare come vengono posti gli Stati Uniti d’America al

vertice delle potenze mondiali. Infatti, soprattutto in (24), il presidente si rivolge

alle “nazioni bambine” come se fosse un adulto che insegna ai più piccoli il modo

giusto per agire e maturare in maniera etica. La stessa espressione “you must learn

to trust them” è una prova evidente di quanto appena affermato. Chi, in genere, ha

il dovere di imparare? E, soprattutto, chi può permettersi di rivolgere

un’espressione simile a qualcun altro? Le risposte a queste domande, una volta

compresa l’ideologia di G.W. Bush, risultano ovvie: i “piccoli” devono essere

educati da adulti con esperienza, esattamente come lo sono gli Stati Uniti.

Per quanto riguarda la comunicazione delle regole dal punto di vista della

modalità verbale, si può affermare che G.W. Bush preferisce l’uso dei verbi al

futuro tramite will piuttosto che il modale must in funzione deontica, cioè con

valore d’obbligo. Inoltre, anche il numero di occorrenze di entrambi i costrutti

rimane invariato nei suoi due discorsi inaugurali come mostra il seguente grafico:

E’ evidente che G.W. Bush, a differenza del suo predecessore, non utilizza verbi

“esortativi” escludendo, quindi, ogni possibilità di una comunicazione tra padre e

figli. Questo, va detto, è anche il risultato del continuo mantenimento di una

struttura gerarchica ben definita che vede il presidente, e quindi il capofamiglia, in

0

5

10

15

20

MUST + VERBO WILL + VERBO LET US +VERBO

1° discorsoinaugurale

2° discorsoinaugurale

Page 76: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

76

una posizione più autorevole rispetto a quella dei cittadini che sono considerati

semplici membri del nucleo familiare.

3.6 Barak Obama (2009)

Così come è stato per Clinton, anche il democratico liberale Barak Obama nel suo

discorso del 2009 ha abolito ogni forma gerarchica che separasse le identità del

presidente da quella dei cittadini. Infatti le uniche occorrenze in cui vengono usati

riferimenti in prima persona singolare si trovano nella parte iniziale dove Obama,

come tutti i presidenti analizzati in questa trattazione, ringrazia il “vecchio”

capofamiglia per il lavoro svolto e dà inizio all’ennesimo cambio di generazione:

(1) “My fellow citizens, I stand here today humbled by the task before us,

grateful for the trust you have bestowed, mindful of the sacrifices borne by

our ancestors. I thank President Bush for his service to our Nation, as well

as the generosity and cooperation he has shown throughout this transition.”

(2) “Forty-four Americans have now taken the Presidential oath. The words

have been spoken during rising tides of prosperity and the still waters of

peace. Yet every so often, the oath is taken amidst gathering clouds and

raging storms. At these moments, America has carried on not simply

because of the skill or vision of those in high office, but because we the

people have remained faithful to the ideals of our forebears and true to our

founding documents.”

(3) “So it has been; so it must be with this generation of Americans.”

Come si può notare, la differenza tra le identità coinvolte non è altro che il

risultato di una formalità che prevede il passaggio di potere da un “anziano” ad un

“nuovo adulto”. Al contrario di G.W. Bush, quindi, il neo presidente non intende

affermare la sua autorità sui propri cittadini anzi, come si mostrerà in seguito,

tende a coinvolgere il popolo quasi nella totalità del suo discorso utilizzando

riferimenti in prima persona plurale eliminando, così, ogni struttura gerarchica che

tenda a distanziare il capofamiglia dai suoi figli. Si osservino le seguenti citazioni:

Page 77: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

77

(4) “We remain a young nation, but in the words of Scripture, the time has

come to set aside childish things. The time has come to reaffirm our

enduring spirit, to choose our better history, to carry forward that precious

gift, that noble idea passed on from generation to generation: the God-given

promise that all are equal, all are free, and all deserve a chance to pursue

their full measure of happiness.”

(5) “We remain the most prosperous, powerful nation on Earth. Our workers

are no less productive than when this crisis began. Our minds are no less

inventive. Our goods and services no less needed than they were last week

or last month or last year. Our capacity remains undiminished. But our time

of standing pat, of protecting narrow interests and putting off unpleasant

decisions, that time has surely passed. Starting today, we must pick

ourselves up, dust ourselves off, and begin again the work of remaking

America.”

(6) “The state of the economy calls for action, bold and swift, and we will act

not only to create new jobs but to lay a new foundation for growth. We will

build the roads and bridges, the electric grids and digital lines that feed our

commerce and bind us together. We will restore science to its rightful place

and wield technology's wonders to raise health care's quality and lower its

cost. We will harness the sun and the winds and the soil to fuel our cars and

run our factories. And we will transform our schools and colleges and

universities to meet the demands of a new age. All this we can do. All this

we will do.”

(7) “As for our common defense, we reject as false the choice between our

safety and our ideals. Our Founding Fathers, faced with perils that we can

scarcely imagine, drafted a charter to assure the rule of law and the rights

of man, a charter expanded by the blood of generations. Those ideals still

light the world, and we will not give them up for expedience's sake.”

(8) “For we know that our patchwork heritage is a strength, not a weakness.

We are a nation of Christians and Muslims, Jews and Hindus and

nonbelievers. We are shaped by every language and culture, drawn from

every end of this Earth. And because we have tasted the bitter swill of civil

war and segregation and emerged from that dark chapter stronger and

more united, we cannot help but believe that the old hatreds shall someday

pass, that the lines of tribe shall soon dissolve; that as the world grows

smaller, our common humanity shall reveal itself, and that America must

play its role in ushering in a new era of peace.”

(9) America, in the face of our common dangers, in this winter of our hardship,

let us remember these timeless words. With hope and virtue, let us brave

once more the icy currents and endure what storms may come. Let it be said

by our children's children that when we were tested, we refused to let this

journey end; that we did not turn back, nor did we falter. And with eyes

fixed on the horizon and God's grace upon us, we carried forth that great

gift of freedom and delivered it safely to future generations.”

Page 78: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

78

E’ evidente che per Obama non è ammissibile una distinzione tra il suo ruolo e

quello dei cittadini in quanto sono tutti membri della sua famiglia e, in veste di

genitore premuroso, per lui tutti sono allo stesso livello e hanno la medesima

importanza. Non è un caso infatti che, nonostante le grandi differenze culturali,

sociali e credi religiosi che formano gli Stati Uniti d’America, per lui non esistono

barriere che possano impedire a tutti i suoi figli di crescere e maturare. La

premura e la dedizione di Obama si può notare anche dal modo in cui si

preoccupa della situazione economica del Paese, cioè di quella che in senso

metaforico può essere considerata l’eredità di un genitore per i suoi figli. La

citazione (6) è la prova lampante di quanto appena affermato.

C’è una caratteristica particolare di Obama che è possibile notare in alcuni

momenti del suo discorso che è quella di elogiare le qualità del suo popolo

attraverso riferimenti in terza persona, quasi come se si mettesse da parte per

evidenziare le caratteristiche che fanno degli americani dei “figli modello”. Si

osservino le seguenti citazioni:

(10) “In reaffirming the greatness of our Nation, we understand that greatness

is never a given. It must be earned. Our journey has never been one of

shortcuts or settling for less. It has not been the path for the fainthearted,

for those who prefer leisure over work or seek only the pleasures of riches

and fame. Rather, it has been the risk-takers, the doers, the makers of

things--some celebrated, but more often men and women obscure in their

labor--who have carried us up the long, rugged path toward prosperity

and freedom.”

(11) “For as much as Government can do and must do, it is ultimately the faith

and determination of the American people upon which this Nation relies. It

is the kindness to take in a stranger when the levees break, the

selflessness of workers who would rather cut their hours than see a friend

lose their job, which sees us through our darkest hours. It is the

firefighter's courage to storm a stairway filled with smoke, but also a

parent's willingness to nurture a child, that finally decides our fate.”

Come si può notare in (10), l’identità del presidente si fonde con quella della

nazione e lo dimostrano i riferimenti in prima persona plurale come “our Nation”

e “our journey”. Va sottolineato anche il fatto che, a differenza di tutti i presidenti

“severi” analizzati in questa trattazione, Obama a volte depersonalizza le

espressioni utili a comunicare le sue regole. Un esempio di quanto detto è la frase

Page 79: Il binomio Nazione-Famiglia nel discorso politico americano

79

“It must be earned”: contrariamente a quanto avrebbero fatto Reagan, G. Bush e

G.W. Bush, l’attuale presidente non distingue il ruolo di capofamiglia da quello

dei figli ed elimina il confronto I/you, utilizzando il verbo modale must in

funzione deontica ma in forma impersonale. Questa scelta linguistica

permetterebbe di mantenere la forza impositiva di quella che potremmo definire

una regola comportamentale senza dover necessariamente rivolgersi ai figli con

riferimenti diretti come you. Anche in (11) la tendenza di Obama non cambia.

Infatti, indica ai suoi figli il modo giusto di comportarsi ricordando loro quelli che

sono i valori su cui si fonda il modello del genitore premuroso di Lakoff, ossia la

generosità verso il prossimo, la gentilezza e il coraggio di affrontare situazioni

difficili. Quello che si vuole mettere in evidenza è che Obama non impone in

nessun modo la sua autorità sui figli e quindi vengono sempre evitati riferimenti

diretti.

Tutt’altra faccenda, invece, è quella che riguarda i rapporti col resto del mondo. Si

osservino le seguenti citazioni:

(12) “(…)And so to all the other peoples and governments who are watching

today, from the grandest capitals to the small village where my father was

born, know that America is a friend of each nation and every man,

woman, and child who seeks a future of peace and dignity, and we are

ready to lead once more.”

(13) “Guided by these principles once more, we can meet those new threats

that demand even greater effort, even greater cooperation and

understanding between nations. We will begin to responsibly leave Iraq to

its people and forge a hard-earned peace in Afghanistan. With old friends

and former foes, we will work tirelessly to lessen the nuclear threat and

roll back the specter of a warming planet. We will not apologize for our

way of life, nor will we waver in its defense. And for those who seek to

advance their aims by inducing terror and slaughtering innocents, we say

to you now that our spirit is stronger and cannot be broken. You cannot

outlast us, and we will defeat you.”

(14) “To the Muslim world, we seek a new way forward based on mutual

interest and mutual respect. To those leaders around the globe who seek to

sow conflict or blame their society's ills on the West, know that your

people will judge you on what you can build, not what you destroy. To

those who cling to power through corruption and deceit and the silencing

of dissent, know that you are on the wrong side of history, but that we will

extend a hand if you are willing to unclench your fist.”

(15) “To the people of poor nations, we pledge to work alongside you to make

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your farms flourish and let clean waters flow, to nourish starved bodies

and feed hungry minds. And to those nations like ours that enjoy relative

plenty, we say we can no longer afford indifference to suffering outside

our borders, nor can we consume the world's resources without regard to

effect, for the world has changed, and we must change with it.”

Come si può notare l’atteggiamento di Obama è decisamente diverso quando si

tratta di politica estera. Questo potrebbe essere giustificato dal fatto che un

genitore premuroso è disposto a difendere i propri figli da qualsiasi minaccia

esterna con tutte le sue forze. Infatti, specialmente in (13) e (14), le identità dei

soggetti coinvolti sono essenzialmente due: quella della “famiglia americana” con

we e our, e quella che comprende tutte le altre famiglie del “vicinato” con you e

your. Sembra evidente che Obama cerca in tutti i modi di affermare la superiorità

degli Stati Uniti nei confronti del resto del mondo. Non è un caso infatti che,

nonostante la prima scelta sia quella del dialogo, il presidente è disposto ad usare

la forza in caso di necessità ed espressioni come “we will defeat you” ne sono la

prova. Oltre a mostrare il suo potere dal punto di vista bellico, Obama evidenzia la

sua superiorità anche nei confronti di tutti i popoli in difficoltà socio-economiche,

per esempio proponendosi come l’adulto in grado di insegnare loro come rendere

le fattorie più efficienti o mantenere le acque più pulite. A questo punto risulta

anche più chiara la considerazione di Obama per i suoi “vicini”: esistono, come

per tutti i presidenti analizzati in questa ricerca, delle famiglie “amiche” e altre

“nemiche”. E’ ovvio che la natura di tali relazioni dipenda esclusivamente

dall’atteggiamento che queste hanno nei confronti della sua nazione, o meglio

della “famiglia americana”.

Dal punto di vista verbale Barak Obama sembra comunicare le sue regole

adottando principalmente i verbi futuri con will e con il modale must in funzione

deontica:

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81

Così come è stato per Clinton, va sottolineato che anche Obama ha cercato di

eliminare ogni forma gerarchica che ponesse la sua figura più in alto rispetto a

quella dei cittadini e, nonostante le forme verbali più utilizzate siano indice di

severità, le regole che il capofamiglia rivolge ai suoi figli vengono recepite come

dei consigli. Inoltre va ricordato che Obama a volte depersonalizza le sue

indicazioni e questo gli consente di porsi più come un confidente che come un

genitore, che per natura ha un ruolo egemone rispetto a quello dei più piccoli.

0

5

10

15

MUST + VERBO WILL + VERBO LET US + VERBO

1° discorso inaugurale

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CONCLUSIONE

Più volte Lakoff ha affermato che una nazione viene intesa dalla mente umana in

termini di gruppi più piccoli, come una famiglia. Da questi presupposti si è

proceduto col mostrare gli elementi che permettono alla metafora NAZIONE E’

FAMIGLIA di concretizzarsi. Grazie ai risultati ottenuti da tale ricerca, infatti, è

stato possibile provare che, in effetti, esistono diverse relazioni che legano i due

domini concettuali: in entrambi troviamo una figura dominante, cioè quella del

capofamiglia e quella del presidente; una figura subordinata, che fa riferimento da

una parte a quella dei figli e dall’altra a quella dei cittadini; uno strumento di

controllo che permette di associare le leggi di una nazione ad un regolamento

comportamentale dettato da un genitore e, infine, un’area di influenza che lega i

confini territoriali alle mura domestiche.

Attraverso l’analisi dei discorsi inaugurali degli ultimi presidenti americani è stato

possibile dimostrare che questi hanno un modo di intendere la politica come se

questa fosse qualcosa di simile alla gestione di una comune famiglia. Lo scopo di

tale trattazione, infatti, è quello di confermare ciò che Lakoff sostiene nel suo

libro Don’t think of an elephant! riguardo ai modelli genitoriali che i presidenti

americani adottano come riferimento: i rappresentanti del ramo conservatore

assumono un atteggiamento da padre severo impartendo delle regole ben precise

ai propri figli e, in caso di trasgressione, la punizione risulta essere lo strumento

più efficace per infondere una certa disciplina; i rappresentanti dei liberali, invece,

adottano il modello del genitore premuroso grazie al quale si tende sempre a

cercare il dialogo coi figli permettendo così una comunicazione bilaterale. Per tale

motivazione, quindi, si può affermare che Reagan, G. Bush e G.W. Bush sono

padri severi in quanto nei loro discorsi prevale una netta separazione dei ruoli

attraverso il confronto di riferimenti come I/you/we che, abbinato a costrutti

verbali con valore d’obbligo, stabilisce la superiorità degli adulti sui più giovani;

Clinton e Obama, invece, grazie alla fusione dei loro ruoli con quello dei cittadini,

possono essere considerati dei genitori premurosi in quanto cercano di dare buoni

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consigli sia ai propri figli che alle persone in difficoltà, insegnando il giusto modo

di comportarsi sia dentro che fuori dal contesto familiare.

Un ulteriore obiettivo di tale ricerca è stato quello di dimostrare che il mondo

politico moderno ragiona in termini puramente metaforici e, contrariamente a

quanto si possa immaginare, i discorsi che ne derivano non sono altro che i

risultati di una particolare metafora concettuale studiata a dovere, creata con la

chiara intenzione di persuadere chi ascolta.

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Per l'archivio dei discorsi inaugurali dei presidenti americani:

http://www.presidency.ucsb.edu/index.php

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RINGRAZIAMENTI

Desidero innanzitutto ringraziare la Prof.ssa Petroni per i suoi preziosi insegnamenti e per

il tempo dedicato alla mia tesi. Inoltre, vorrei esprimere la mia sincera gratitudine ai miei

compagni di corso, in particolare Rubina, da sempre mia alleata durante la preparazione

degli esami e un’amica sincera fuori dal contesto universitario, e coloro che in tutti questi

anni si sono dimostrati degli amici leali e che mi hanno sempre sostenuto nei momenti

più difficili: Lele, Luca, Massimo, Roberta, Ilaria, Fabiana, Dalila e Lorena…grazie

ragazzi!

Per ultimi, ma non per questo meno importanti, ho desiderio di ringraziare con affetto mia

sorella Marianna per essermi stata accanto in ogni momento durante il mio percorso di

studi così come nella vita, e mio cognato Giammarco per aver condiviso con me

numerosi momenti di gioia e per essere riuscito a strapparmi dei sorrisi anche in

situazioni di maggiore stress.

Infine vorrei ringraziare i miei genitori non solo per avermi dato la possibilità di

frequentare l’università, ma anche per avermi preso per mano ed avermi accompagnato,

giorno dopo giorno, nel mio cammino della vita, per i bellissimi ricordi che custodirò per

sempre nel mio cuore, per avermi fatto credere e convincere, guardandovi ogni giorno,

che l'amore vero esiste, e per avermi trasmesso il vero significato della parola

"FAMIGLIA", che mi sarà utile quando un giorno dovrò crescere ed educare i miei figli.

Per tutto questo e per mille altri motivi che ancora ci saranno, dal profondo del cuore…

GRAZIE!

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