Sussidiarietà orizzontale e crowdfunding: un binomio possibile?
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ALMA MATER STUDIORUM - UNIVERSITÀ DI BOLOGNA SCUOLA DI LETTERE E BENI CULTURALI
Corso di laurea in
SCIENZE DELLA COMUNICAZIONE PUBBLICA E SOCIALE
LA SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE E IL CROWDFUNDING:
UN BINOMIO POSSIBILE?
Tesi di laurea in
DIRITTO DELLE AMMINISTRAZIONI PUBBLICHE
Relatore: Prof. Daniele Donati
Correlatore: Prof.ssa Pina Lalli
Presentata da Angela Fauzzi
Seconda sessione
Anno Accademico 2012/2013
2
A chi c’è stato,
a chi c’è.
3
Indice
Introduzione……………………………………………………………………. 5
1. Il principio di sussidiarietà……………………………………............... 8
1.1 Le origini storico filosofiche del principio di sussidiarietà................ 8
1.2 Sussidiarietà in Europa……………………………………………... 12
1.3 Evoluzione del principio nell’ordinamento giuridico italiano……... 14
1.4 Il principio come sancito dall’art. 118 comma 4 della Costituzione.. 16
1.5 Sussidiarietà come «amministrazione condivisa»……………......... 21
1.6 Sussidiarietà e Terzo settore: le imprese sociali……………............. 24
2. Il fenomeno del crowdfunding………………………………………….. 28
2.1 Cos’è il crowdfunding………………………………………….…… 28
2.2 I modelli di crowdfunding…………………………………...…….. 30
2.2.1 Reward based………………………………………...…….. 30
2.2.2 Donation based…………………………………………….. 32
2.2.3 Social lending………………………………………………. 33
2.2.4 Equity based………………………………………………… 34
2.3 Le piattaforme di crowdfunding in Italia…………………………... 35
2.4 Il civic crowdfunding: fino a che punto è possibile parlare di
partecipazione……………………………………………………… 42
2.5 Le piattaforme di civic crowdfunding nel contesto internazionale… 44
2.6 Aspetti normativi: il regolamento Consob…………………………. 50
3. Sussidiarietà orizzontale e crowdfunding: l’analisi di casi……..…….. 57
3.1 Due casi studio: «Acquista con noi un pezzo di storia» e «Un passo
per San Luca»……………………………………………………… 57
3.2 La città di Torino coinvolta in una campagna di crowdfunding per
l’acquisizione di un bene culturale………………………………… 59
3.2.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nell’iniziativa………... 61
4
3.2.2 L’attività di interesse generale: la valorizzazione di un bene
culturale…………………………………………….………. 62
3.2.3 La campagna di crowdfunding tra online e offline…………. 64
3.2.4 I risultati…………………………………………………….. 69
3.3 Il Comune di Bologna e i cittadini per il portico di San Luca……… 71
3.3.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto………...... 78
3.3.2 L’attività di interesse generale: la tutela e la valorizzazione
di un bene culturale…………………………………………. 79
3.3.3 Lo sviluppo della campagna di crowdfunding……………… 81
3.3.4 La percezione del crowdfunding per il bene comune: PA e
cittadini a confronto……………………………….….…… 86
Conclusioni…………………………………………………………………….. 92
Appendice……………………………………………………………………… 100
Bibliografia e sitografia………………………………………………………... 108
5
Introduzione
La presente tesi si interroga sulla possibile relazione tra il principio costituzionale
della sussidiarietà orizzontale e il sistema di raccolta fondi dal basso, definito
«crowdfunding».
La ricerca di casi sussidiari da integrare a quelli raccolti e selezionati da Labsus, il
laboratorio per la sussidiarietà orizzontale, offerto dal corso di laurea in Scienze
della Comunicazione pubblica e sociale dell’Università di Bologna, ha favorito
l’interesse della scrivente verso l’attuazione di un principio costituzionale. In questa
occasione è nata in me la volontà di indagare e approfondire un principio sancito
all’interno della Carta fondamentale italiana, purtroppo sovente non considerato dai
cittadini, e troppo spesso ignorato, nonostante la sua grande potenzialità di
risoluzione di problemi di interesse generale.
La collaborazione tra soggetti pubblici e privati si pone come soluzione alla
necessità di cura di ciò che viene definito «bene comune». I cittadini, singoli e
associati, decidono di mettere a disposizione le proprie capacità e risorse per dare
risposte ai problemi della collettività, condividendo con i poteri pubblici la
responsabilità di governare.
In parallelo, la mia attenzione si è soffermata sul fenomeno del crowdfunding. Tale
sistema si differenzia dalla tradizionale raccolta fondi perché supportato dagli
strumenti del web 2.0, volti alla creazione di una vera e propria community che non
si limita a donare ma diventa co-creatrice del progetto da finanziare.
I casi esteri di ciò che viene definito «civic crowdfunding» pongono in evidenza
l’utilizzo di questo metodo per ottenere risorse economiche volte al finanziamento di
opere e progetti di interesse generale. Il capitale in gioco è di tipo «relazionale» e si
muove tra la sfera online e quella offline. È infatti fondamentale che le relazioni
createsi sul web possano concretizzarsi nella sfera pubblica offline mediante eventi
creati ad hoc.
6
Potendo considerare la rete di soggetti attivi che si mobilitano verso la cooperazione,
il confronto, il dialogo e l’agire insieme come il punto in comune tra il principio di
sussidiarietà orizzontale e il crowdfunding, mi è sembrato opportuno indagare su
una possibile relazione e integrazione, valutando aspetti positivi e limiti.
Il tirocinio svolto con l’associazione bolognese GINGER, che gestisce una
piattaforma web di crowdfunding territoriale operante in Emilia-Romagna, mi ha
permesso di seguire passo per passo lo sviluppo di una campagna di crowdfunding
basata sulla partecipazione di soggetti pubblici e privati per la tutela e la
valorizzazione di un bene culturale della città di Bologna, il portico di San Luca.
Questo ha rappresentato un caso esemplare in cui scorge un possibile binomio tra
azioni sussidiarie e crowdfunding.
Il primo capitolo presenta il principio di sussidiarietà partendo dalle origini storico-
filosofiche, seguendo l’evoluzione del principio in Europa e nell’ordinamento
giuridico italiano, fino ad arrivare alla revisione costituzionale del titolo V e
l’introduzione del principio all’art.118. Ci si sofferma in seguito sul concetto di
sussidiarietà come «amministrazione condivisa» e sul rapporto con il Terzo Settore,
ponendo in evidenza come il principio non sia visto come un dovere di arretramento
dell’amministrazione dallo svolgimento di compiti di interesse generale, ma
piuttosto come possibile collaborazione con i cittadini, singoli o associati.
Il secondo capitolo è dedicato al fenomeno del crowdfunding e all’analisi dei quattro
differenti modelli riservando una particolare attenzione alle piattaforme italiane.
Viene posta in risalto la tendenza del local crowdfunding approfondita mediante
l’analisi di tre piattaforme.
Segue una lettura approfondita di ciò che viene definito «civic crowdfunding»
correlata all’analisi dei casi internazionali in riferimento al principio di
partecipazione. Il capitolo si conclude con un accenno al regolamento Consob,
mirato a regolamentare l’equity crowdfunding in Italia.
7
Il terzo capitolo punta all’analisi di due casi studio accomunati dall’utilizzo di una
piattaforma di crowdfunding volta alla valorizzazione, in un caso, e alla tutela,
nell’altro, di un bene culturale.
I casi sono analizzati ponendo in primo piano da un lato l’attività di interesse
generale con riferimento alle disposizioni del «Codice dei beni culturali e del
paesaggio» e dall’altro le strategie comunicative legate alla campagna di
crowdfunding, dirette al coinvolgimento di soggetti pubblici e privati.
L’analisi dei casi mira alla valutazione di un possibile binomio tra i casi di
sussidiarietà orizzontale e l’utilizzo del sistema del crowdfunding.
8
Capitolo 1
IL PRINCIPIO DI SUSSIDIARIETÀ
1.1 Le origini storico filosofiche del principio di sussidiarietà
L’aggettivo «sussidiario» deriva dal latino subsidium ed era usato in ambito
militare presso la civiltà romana per indicare le truppe di riserva che restavano nella
retroguardia, pronta a intervenire in aiuto alle coorti che combattevano in prima
linea.
Ad oggi è difficile definire la sussidiarietà che “è e resta una nebulosa di concetti, di
modelli, di valori, che viene chiamata in causa, quasi invocata ogni volta che si
progetta, regola, o anche solo auspica un ripensamento del ruolo della Pubblica
Amministrazione nelle sue relazioni con i cittadini”1.
In ambito filosofico il principio di sussidiarietà emerge dapprima con Aristotele
secondo il quale l’individuo rappresenta “il fulcro del sistema politico e lo Stato, la
polis, deve agire in funzione del suo bene”2. Pertanto, secondo il filosofo greco del
IV sec. a.C., allo Stato spetta il compito di garantire la libertà e di intervenire solo
nel caso in cui le collettività minori e, in primo luogo l’individuo, non siano in grado
di svolgere determinati compiti.
La riflessione di Aristotele sul principio di sussidiarietà fu poi ripresa da Tommaso
D’Aquino che si concentrò sulla legittimazione dell’azione umana. La persona è la
prima protagonista per la costruzione del bene comune e le istituzioni che detengono
il potere politico vengono considerate legittime solo nella misura in cui aiutano il
singolo a realizzare quegli obiettivi che quest’ultimo non è capace di svolgere in
modo autonomo. Compito del potere politico è quello di “correggere, se trova
qualcosa in disordine; supplire se ci sono mancanze; perfezionare se qualcosa di
meglio può essere fatto”3. Ritroviamo in D’Aquino un’idea della sussidiarietà che
1 D. Donati, Origini, connessioni e interpretazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’ordinamento italiano, in D. Donati e A. Paci (a cura di), Sussidiarietà e concorrenza, Bologna, Il Mulino, 2010, pag. 26. 2 G. D’Agnolo, La sussidiarietà nell’Unione Europea, Cedam, Padova 1998, pag. 8. 3 F. Vecchio, Declinazioni costituzionali del principio di sussidiarietà, in C. Magnani (a cura di), Beni pubblici e servizi sociali in tempi di sussidiarietà, Torino, Giappichelli, 2007, pag. 180.
9
garantisce oltre al pluralismo del corpo sociale, una sfera di autonomia della persona
umana.
Ma è il filosofo tedesco Johannes Althusius a teorizzare una forma di sussidiarietà
verticale, anticipando le tematiche proprie del pensiero federalista. Nella società
teorizzata da Althusius ogni gruppo, comunità, tende all’autosufficienza ma il potere
pubblico si inserisce come garante del benessere creato dal popolo, incapace di
difendere la propria libertà in mancanza di un giudice imparziale che possa definire
le controversie tra gli individui.4
In Althusius troviamo una prima applicazione del principio di sussidiarietà sia
orizzontale che verticale: per la prima volta il potere statale viene chiamato a
confrontarsi non solo con soggetti privati come famiglie, corporazioni e associazioni
(sussidiarietà orizzontale) ma anche con soggetti detentori di poteri politici sul
territorio come città, province e signorie (sussidiarietà verticale).
Il principio di sussidiarietà viene declinato in senso negativo con Locke: il cittadino
si difende dallo Stato ponendo vincoli ben precisi alla sua autorità. Lo Stato è
un’organizzazione necessaria ma a esso spetta solo il compito di garantire la libertà
del mercato e la piena realizzazione dell’individuo. Non è ammessa alcuna
ingerenza pubblica salvo casi di stretta necessità, in caso contrario i cittadini
sarebbero legittimati a sciogliere il patto sociale.
Il principio di sussidiarietà è stato ampiamente trattato nell’ambito della dottrina
sociale della chiesa cattolica, in modo particolare in alcune encicliche papali.
Nell’enciclica Rerum Novarum del 1891 ritroviamo alcuni capisaldi della
sussidiarietà contemporanea.
Papa Leona XII scrive che la tutela da parte dello Stato sarebbe da evitare piuttosto
che cercare, nel momento in cui questo intervenga ponendo limiti ai diritti della
famiglia. Tuttavia, l’intervento dei pubblici poteri sarebbe utile nei casi di forte
ristrettezza economica della famiglia; in questo caso lo Stato è tenuto a tutelare e
4 “Per impedire che la sovranità soffochi le varie forme di organizzazione sociale, l’intervento del sovrano deve essere limitato alle ipotesi di inefficacia o insufficienza degli altri poteri esistenti sul territorio” in F. Vecchio, op. cit, pag. 185.
10
rispettare i diritti dei cittadini, “qui però deve arrestarsi lo Stato; la natura non gli
consente di andare oltre”5.
Nell’enciclica viene messa in evidenza l’importanza della famiglia propugnando un
intervento dello Stato solo nel momento in cui questa non sia capace di provvedere
da sola alle proprie esigenze. Ne viene fuori una concezione positiva della
sussidiarietà in cui lo Stato è chiamato a intervenire attivamente lì dove risultasse
necessario.
Ma la prima formulazione organica del principio di sussidiarietà è espressa
dall’enciclica papale Quadragesimo Anno del 1931. L’enciclica pone il principio di
sussidiarietà nell’accezione negativa sottolineando il dovere di non ingerenza dello
Stato e l’attribuzione di limiti ben precisi al suo intervento. Si afferma che:
è un’ingiustizia, un grave danno e un turbamento del giusto ordine attribuire ad una società maggiore e più elevata quello che possono compiere e produrre le comunità minori e inferiori6.
Tuttavia, nella stessa enciclica, è possibile ritrovare anche l’accezione positiva del
principio lì dove si afferma che:
L'oggetto naturale di qualsiasi intervento della società stessa è quello di aiutare in maniera suppletiva le membra del corpo sociale, non già distruggerle e assorbirle7.
La riflessione filosofica della Chiesa sul principio di sussidiarietà sarà ripresa nel
1961 nell’enciclica Mater e Magistrain in cui Giovanni XXIII afferma che l’azione
dei pubblici poteri “che ha carattere d'orientamento, di stimolo, di coordinamento, di
supplenza e di integrazione, deve ispirarsi al principio di sussidiarietà” 8 .
Nell’enciclica si afferma che il mondo economico è frutto dell’iniziativa economica
5 Leone XIII, Enciclica Rerum Novarum, Roma, 15 maggio 1891, par. 11 in http://www.vatican.va/offices/papal docs list it.html (consultato il 25 luglio 2013) 6 PIO XI, Lettera Enciclica Quadragesimo anno, Roma, 15 maggio 1931 in http://www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html (consultato il 25 luglio 2013) 7Ibidem. 8 Giovanni XXIII, Enciclica Mater et Magistra, Roma, 15 maggio1961, parr. 39-‐40 in www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html. (consultato il 25 luglio 2013)
11
personale dei cittadini, singoli o associati, per il perseguimento di interessi comuni.
Al par. 42 si legge che lo Stato è chiamato a promuovere lo sviluppo produttivo in
funzione del progresso sociale. La presenza dello Stato in campo economico non
deve ridurre la sfera di libertà di iniziativa personale dei cittadini ma deve
rafforzarla tutelandola.
Nel 1991 Giovanni Paolo II riprende il concetto di sussidiarietà nell’enciclica
Centesimus Annus affermando che a causa di un’inadeguata comprensione dei
compiti lo Stato assistenziale presenta dei difetti. Si sottolinea che “una società di
ordine superiore non deve interferire nella vita interna di una società di ordine
inferiore”9, lo Stato è tenuto a tutelare la comunità in viste della cura del bene
comune
Da questi scritti emerge come la dottrina sociale della Chiesa applichi alla
sussidiarietà sia un’accezione positiva (quando esorta all’aiuto pubblico in caso di
stretta necessità) sia un’accezione negativa (enfatizzando l’autonomia dei singoli).
Con Benedetto XVI si assiste a un’evoluzione del concetto sussidiario non più
basato sull’enfasi dell’autonomia della società civile in contrasto con lo Stato, ma
piuttosto su una collaborazione fra le due parti. Nell’enciclica Caritas in Veritate si
afferma che la sussidiarietà è espressione “inalienabile della libertà umana”, è un
aiuto alla persona offerto quando i singoli si trovano in difficoltà e necessitano
dell’aiuto degli altri. La sussidiarietà facendo leva sull’autonomia dei corpi
intermedi, li aiuta a sviluppare le proprie capacità rendendoli autonomi. La
sussidiarietà viene delineata come principio rispettoso dell’autonomia di ciascuno,
intesa come la capacità di fare scelte di cui ci si può assumere la responsabilità. Si
pone in evidenza come lo sviluppo umano sia strettamente legato all’autonomia dei
singoli10.
9 Giovanni Paolo II, Enciclica Centesimus Annus, Roma, 5 gennaio 1991, par. 48 in www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html (consultato il 25 luglio 2013) 10 Cfr Benedetto XVI, Enciclica Caritas in Veritate, Roma, 29 giugno 2009, par. 57 in www.vatican.va/offices/papal_docs_list_it.html (consultato il 25 luglio 2013)
12
Il contesto storico in cui si inserisce la Caritas in Veritate è caratterizzato dalla crisi
finanziaria e perciò vede nella collaborazione tra società civile e Stato una possibile
via d’uscita. In tale enciclica emerge una prospettiva nuova della sussidiarietà che si
muove tra l’aspetto personale e quello relazionale. Da un lato il principio è legato
alla persona umana, alla sua libertà e dignità; dall’altro il soggetto è considerato
come parte di una comunità che si muove in una rete di relazioni.
Sussidiarietà come «espressione dell’inalienabile libertà umana» è riscontrabile
anche all’art. 118 della Costituzione in cui si sostiene che i soggetti pubblici sono
tenuti a favorire l’iniziativa dei cittadini per la cura dei beni comuni. Si pone dunque
in evidenza la libertà dei cittadini e la loro responsabilità nell’agire per l’interesse
generale.
1.2 Sussidiarietà in Europa
Il principio di sussidiarietà, come principio regolatore dei rapporti tra Stati
membri e Unione, trova concreta formulazione nel 1992 con il trattato di Maastricht.
Secondo l’art. 3 b del trattato11, la Comunità ha una competenza «sussidiaria»:
Nei settori che non sono di sua esclusiva competenza la Comunità interviene, secondo il principio della sussidiarietà, soltanto se e nella misura in cui gli obiettivi dell'azione prevista non possono essere sufficientemente realizzati dagli Stati membri e possono dunque, a motivo delle dimensioni o degli effetti dell’azione in questione, essere meglio realizzati a livello comunitario. L’azione della Comunità non va al di là di quanto necessario per il raggiungimento degli obiettivi del presente Trattato12.
La sussidiarietà diviene criterio di allocazione dei poteri tra i diversi livelli
decisionali operanti nella Comunità Europea. Si tratta di una sussidiarietà verticale
dal momento in cui la Comunità si sostituisce agli Stati, nelle materie che non sono
di sua esclusiva competenza, per garantire efficacia ed efficienza d’azione.
Pare che il principio sia declinato anche in senso orizzontale quando si afferma che
“le decisioni siano prese il più vicino possibile ai cittadini”13. Ma è chiaro che
11 La formulazione adottata allora oggi si ritrova nell’art. 5 del trattato sull’Unione Europea. 12 Art. 3 B, Trattato di Maastricht, Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992, ora art. 5 del Trattato dell’Unione Europea. 13 Art. A, Trattato di Maastricht, Gazzetta ufficiale n. C 191 del 29 luglio 1992, ora art. 1 del Trattato dell’Unione Europea.
13
l’applicazione del principio in senso orizzontale sia di difficile attuazione
nell’ambito comunitario.
Con il trattato di Amsterdam, nel 1997, si afferma l’esigenza di tutelare il rispetto
del principio di sussidiarietà enunciato dal TUE. Nel Protocollo sull’applicazione
dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità al punto 3 si legge che “l’azione
della Comunità entro le sue competenze, sia ampliata laddove le circostanze lo
richiedano e, inversamente, ristretta e sospesa laddove essa non sia più
giustificata”14.
Al punto 4 si legge: “(…) le ragioni che hanno portato a concludere che un obiettivo
comunitario può essere conseguito meglio dalla Comunità devono essere confortate
da indicatori qualitativi o, ove possibile, quantitativi”. È prevista dunque
l’esposizione delle motivazioni che inducono a preferire l’azione comunitaria o
l’azione degli Stati membri.
Ma la messa in opera del protocollo non ha dato i risultati attesi. La Dichiarazione di
Laeken del 2001 ha messo in evidenza le lacune dell’Unione Europea in materia di
rispetto del principio di sussidiarietà15.
Per tale motivo si è proposta una nuova definizione di sussidiarietà nel nuovo
protocollo allegato al Trattato di Lisbona16.
Il Trattato associa i Parlamenti nazionali al controllo del principio di sussidiarietà
affermando loro il diritto di contestazione, dinanzi alla corte di giustizia dell’UE, di
un atto legislativo che non rispetti il principio di sussidiarietà17.
Ai sensi del Trattato di Lisbona, l’Unione europea esercita solo le competenze che le
sono espressamente attribuite; tutte le altre rimangono in capo agli Stati membri. 18
14 Protocollo sull'applicazione dei principi di sussidiarietà e di proporzionalità del 1997 in http://eur-‐lex.europa.eu/it/treaties/dat/11997D/htm/11997D.html#0105010010 ���5 (consultato il 27 luglio 2013) 15 Cfr A. Jannelli et al. (a cura di), Il principio di sussidiarietà nell’evoluzione giuridica europea, in «Eurofocus», n. 14, 2010 in http://www.cr.piemonte.it/dwd/infoleg/eurofocus/2010/eurofocus_n_14.pdf (consultato il 25 luglio 2013) 16 Con il Trattato di Lisbona del 2009 l’Unione si ritrova oggi ad avere due fonti fondamentali: il Trattato sull’Unione europea (TUE) e il Trattato sul funzionamento dell’Unione europea (TFUE). 17 Il trattato di Lisbona associa inoltre al controllo del principio di sussidiarietà il Comitato delle regioni. 18 Art. 6, par. 3, Trattato di Lisbona si legge: “In virtù del principio di sussidiarietà, nei settori che non sono di sua competenza esclusiva l'Unione interviene soltanto se e in quanto gli obiettivi
14
Seppure sia chiaro che a livello comunitario la sussidiarietà va intesa nella sua
accezione «verticale», è possibile far riferimento ad alcune iniziative europee mirate
a rendere i cittadini dei cittadini «attivi», dando forma alla sussidiarietà orizzontale.
Un esempio è quello del programma della cittadinanza europea attiva che favorisce
“azioni che mirano a consolidare un sentimento di comune appartenenza tra i
cittadini europei e, attraverso questo, favorire lo sviluppo di una coscienza
autenticamente europea che favorisce il processo di integrazione istituzionale”19.
1. 3 Evoluzione del principio nell’ordinamento giuridico italiano
Il principio di sussidiarietà ha fatto ingresso nella costituzione italiana
nell’ottobre 2001 con la legge di revisione costituzionale, ma era già previsto a
livello legislativo in diversi testi normativi, primo fra tutti la legge 15 marzo 1997,
n.59, la cosiddetta «legge Bassanini», Delega al Governo per il conferimento di
funzioni e compiti alle Regioni ed Enti locali, per la riforma della Pubblica
Amministrazione e per la semplificazione amministrativa. Tra gli obiettivi delle
riforme Bassanini vi era quello della trasformazione della Pubblica
Amministrazione, statale e centralizzata, in un’amministrazione articolata in vari
livelli regionali e locali coesistenti con un’attività statale di indirizzo e di
coordinamento. Era previsto, dunque, il trasferimento di materie e funzioni dallo
Stato alle regioni alle autonomie locali.
L’art. 4 comma 3 definisce la sussidiarietà come
L’attribuzione della generalità dei compiti e delle funzioni amministrative ai comuni, alle province e alle comunità montane, secondo le rispettive dimensioni territoriali, associative e organizzative, con l’esclusione delle sole funzioni incompatibili con le dimensioni medesime e l’attribuzione delle responsabilità pubbliche anche al fine di favorire l’assolvimento di funzioni e di compiti di rilevanza sociale da parte delle famiglie, associazioni e comunità, all’autorità territorialmente e funzionalmente più vicina ai cittadini interessati.
dell'azione prevista non possono essere conseguiti in misura sufficiente dagli Stati membri, né a livello centrale né a livello regionale e locale, ma possono, a motivo della portata o degli effetti dell'azione in questione, essere conseguiti meglio a livello di Unione.» in http://eur-‐lex.europa.eu/LexUriServ/LexUriServ.do?uri=OJ:C:2007:306:0010:0041:IT:PDF (consultato il 31 luglio 2013) 19 F. Giglioni, Alla ricerca della sussidiarietà orizzontale in Europa, in D. Donati e A. Paci (a cura di), Sussidiarietà e concorrenza, Bologna, Il Mulino, 2010, pag. 146.
15
Il principio di sussidiarietà viene introdotto in entrambe le sue accezioni: verticale
(quando stabilisce che le funzioni amministrative devono essere svolte dalle autorità
territorialmente più vicine ai cittadini) e orizzontale ( quando si afferma che i privati
possono farsi carico non solo di attività relative al loro interesse individuale, ma
hanno titolo e risorse per assolvere ad attività che soddisfano interessi generali o
pubblici20).
Una seconda formulazione del principio di sussidiarietà è riscontrabile nella legge 3
agosto 1999, n.265 che definisce l’«Autonomia dei comuni e delle province». Si
prevede che comuni e province possano essere allo stesso tempo titolari di funzioni
proprie e destinatari di funzioni amministrative ulteriori, conferite con la legge dello
Stato o delle regioni, secondo il principio di sussidiarietà. Le funzioni svolte dai
comuni e dalle province derivano inoltre dall’autonoma iniziativa dei cittadini,
singoli e associati21.
A differenza della l. 59/1997 viene introdotto il criterio dell’adeguatezza: il
potenziale intervento dei privati necessita di una valutazione a priori, dovendo essere
«adeguato»22.
La terza formulazione del principio si ha con la legge 8 novembre 2000, n.328,
«Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e servizi
sociali»23.
Per la prima volta vengono riconosciute le prestazioni assistenziali come vero e
proprio diritto, infatti la legge valorizza l’intervento delle organizzazioni di
volontariato, delle associazioni e degli enti di promozione sociale. All’art. 5 si
afferma che “per favorire l’attuazione del principio di sussidiarietà, gli enti locali, le
regioni e lo Stato (…) promuovono azioni per il sostegno e la qualificazione dei
20 D. Donati, La sussidiarietà orizzontale nell’evoluzione normativa dello Stato e delle Regioni, in G. Arena e G. Cotturri (a cura di), Il valore aggiunto. Come la sussidiarietà può salvare l’Italia, Roma, Carocci, 2010, pag. 187. 21 Cfr Ivi, pag. 188. 22 Ivi, pag. 189. 23 A pochi mesi dall’approvazione della L. 328/2000, questa «viene superata dalla riforma costituzionale che assegna alle Regioni la piena competenza legislativa e ai Comuni quella amministrativa», Ivi pag. 190.
16
soggetti operanti nel terzo settore anche attraverso politiche formative e interventi
per l’accesso agevolato al credito e ai fondi dell’Unione Europea”24.
Con le tre norme si passa dalle disposizioni sul decentramento a quelle
sull’ordinamento degli enti locali, a quelle sul sistema dei servizi sociali ma come
spiega Donati25da una lettura «tra le righe» delle tre disposizioni emerge un sistema
valoriale preciso che:
- mette in connessione la riallocazione in verticale delle funzioni e dei compiti
amministrativi con la crescita del ruolo attivo dei cittadini nella cura degli interessi
generali;
- punta all’affermazione della maggiore «prossimità» tra azione pubblica e cittadini
destinatari;
- incentiva le istituzioni territoriali e i cittadini a una attitudine alla flessibilità nelle
scelte in base alle condizioni specifiche di ciascun contesto territoriale.
1.4 Il principio come sancito dall’art. 118 comma 4 della Costituzione
La legge costituzionale 18 ottobre 2011, n.3 ha introdotto importanti
modifiche nel titolo V della Costituzione italiana: il principio di sussidiarietà è
diventato un vero principio costituzionale.
Già la Commissione bicamerale per le riforme costituzionali, nel 1997, segna un
punto importante. All’art. 56 di quel progetto di riforma si prevedeva che:
Le funzioni che non possono più essere più adeguatamente svolte dall’autonomia dei privati sono ripartite tra le Comunità locali, organizzate in Comuni, Province, Regioni e Stato, in base al principio di sussidiarietà e di differenziazione, nel rispetto delle autonomie funzionali, riconosciute dalla legge. La titolarità delle funzioni spetta agli enti più vicini agli interessi dei cittadini, secondo il criterio di omogeneità e di adeguatezza delle strutture organizzative rispetto alle funzioni medesime.
È prevista da un lato l’assegnazione della titolarità delle funzioni agli enti locali più
vicini ai cittadini e dall’altro la titolarità dello svolgimento delle funzioni ai privati
24 Donati, Origini, connessioni e interpretazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’ordinameno italiano, pag. 43. 25 Donati, La sussidiarietà orizzontale nell’evoluzione normativa dello Stato e delle Regioni, pag. 192.
17
con l’obbligo di astensione del potere pubblico, salvo la non adeguata
organizzazione dei privati.
Ma tale testo fu presto sostituito dalla nuova disposizione elaborata dalla
Commissione che recita:
Nel rispetto delle attività che possono essere adeguatamente svolte dall’autonoma iniziativa dei cittadini, anche attraverso le formazioni sociali, le funzioni pubbliche sono attribuite a Comuni, Province, Regioni e Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà e differenziazione. La titolarità delle funzioni compete rispettivamente ai Comuni, alla Province, alle Regioni e allo Stato, secondo i criteri di omogeneità e adeguatezza. La legge garantisce le autonomie funzionali.
Rispetto alla prima formulazione scompare il riferimento alla «autonomia dei
privati» sostituita dall’«autonoma iniziativa dei cittadini», ponendo enfasi su una
particolare comunità qual è quella della cittadinanza. Inoltre i pubblici poteri non
sono chiamati ad astenersi dallo svolgere funzioni pubbliche ma piuttosto a
rispettare le autonome iniziative dei cittadini.
La Commissione bicamerale non riuscì a portare a termine il proprio mandato e la
definitiva costituzionalizzazione del principio di sussidiarietà avviene solo con la
riscrittura del Titolo V della parte seconda della Costituzione con la legge
costituzionale n. 3 del 2001. Il principio si colloca in coda all’art. 118 della
Costituzione:
1. Le funzioni amministrative sono attribuite ai Comuni salvo che, per assicurarne
l’esercizio unitario, siano conferite a Province, Città metropolitane, Regioni e
Stato, sulla base dei principi di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza.
2. I Comuni, le Province e le Città metropolitane sono titolari di funzioni
amministrative proprie e di quelle conferite con legge statale o regionale,
secondo le rispettive competenze.
3. La legge statale disciplina le forme di coordinamento fra Stato e Regioni (…) e
disciplina inoltre forme di intesa e coordinamento nella materia della tutela dei
beni culturali.
18
4. Stato, Regioni, Città metropolitane, Province e Comuni favoriscono l’autonoma
iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attività di
interesse generale, sulla base del principio di sussidiarietà.
L’art. 118 Cost. riserva un ruolo centrale al principio di sussidiarietà sia in senso
verticale che orizzontale. La verticalità (espressa nel primo comma) sta
nell’attribuzione della responsabilità e titolarità dell’intervento pubblico
all’istituzione più prossima al cittadino, i Comuni anzitutto che “proprio per questa
prossimità possono registrare con più precisione le necessità e corrispondere più
adeguatamente alle aspettative diffuse”26.
L’orientamento orizzontale, quello di maggior rilevanza per questa ricerca, è
espresso nel quarto comma e prevede che siano prima di tutto i cittadini (singoli e
associati) a svolgere attività di interesse generale supportati dal sostegno di Comuni,
Province, Regioni e dallo Stato. Si concretizza una “Repubblica costruita dal basso,
dove è la società che inizia ad acquistare un ruolo centrale in nome della
sussidiarietà orizzontale”27.
Il Comma 4 mette quindi in evidenza l’esigenza di perseguire le finalità istituzionali
dei pubblici poteri anche attraverso le iniziative autonome dei privati, singoli e
associati, la cui azione deve essere riconosciuta, favorita e valorizzata, attribuendo
alla stessa una rilevanza di interesse generale.
È importante sottolineare che non è previsto un arretramento dell’amministrazione
dallo svolgimento di compiti di cui i soggetti, pubblici e privati, possono
adeguatamente provvedere. È prevista invece una collaborazione tra soggetti
pubblici e privati.
Un’attenta analisi del testo dell’ultimo comma dell’art. 118 Cost. è opportuna per
una sua corretta interpretazione:
- “Gli enti amministrativi favoriscono l’autonoma iniziativa dei cittadini”, il
termine «favoriscono» fa riferimento a un dovere più che a una possibilità. Se i
26 G. Cotturri, La forza riformatrice della cittadinanza attiva, Roma, Carocci Editore, 2013, pag. 110. 27 M. Musella e M. Santoro, L’economia sociale nell’era della sussidiarietà orizzontale, Torino, Giappichelli, 2012, pag. 30.
19
cittadini si attivano per la cura dell’interesse generale, le pubbliche
amministrazioni devono aiutarli. Le amministrazioni possono scegliere come
sostenere concretamente l’iniziativa dei cittadini: concedendo il patrocinio di
un’iniziativa, autorizzando i privati all’uso di attrezzature o strutture di proprietà
dell’ente pubblico, rimborsando le spese sostenute o attraverso forme create ad
hoc di volta in volta.
Inoltre l’azione del favorire può essere analizzata facendo riferimento a due
criteri:
• il momento in cui avviene l’intervento a favore dei cittadini (interventi che
sostengono attività di privati già in corso o interventi propedeutici alla loro
attivazione)
• il modo in cui si esplica l’intervento a favore dei cittadini (interventi
diretti/indiretti, in positivo/in negativo, per azione/per omissione).28
- Rispetto all’espressione «autonoma iniziativa» viene posta l’idea che lo
svolgimento dell’attività di interesse generale da parte dei cittadini debba
avvenire spontaneamente. Questo comporta l’esclusione di qualsiasi forma di
retribuzione diretta e piena per le attività svolte. Inoltre, l’espressione autonoma
iniziativa può essere intesa come piena capacità dei cittadini di decidere
pienamente, nel rispetto delle leggi, sulla loro organizzazione, la loro attività e la
loro destinazione di risorse29.
- Con l’espressione «cittadini singoli e associati» pare che la norma voglia
evidenziare l’appartenenza delle persone a un sistema istituzionale, sociale ed
economico e quindi al loro dovere di partecipare alla costruzione della comunità
in cui vivono. La sussidiarietà offre quindi all’individuo di costruire e non più
28 Cfr, Donati, Origini, connessioni e interpretazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’ordinamento italiano, pag. 51. 29 Ovviamente i cittadini non possono fare tutto ciò che fanno le amministrazioni, non possono infatti assumere iniziative in materia di atti precettivi, di concessioni, di autorizzazioni, di provvedimenti ablatori e di sanzioni amministrative. Cfr. G. Arena, Cittadini attivi, Roma-‐Bari, Editori Laterza, 2006, pagg. 122-‐123.
20
delegare la cura di tutti quegli interessi che condivide con gli altri individui.
Sussidiarietà come collaborazione e non come delega.
La norma costituzionale non determina una esplicita distinzione tra attività con o
senza fini di lucro, si è infatti aperto un dibattito sulla natura lucrativa delle
attività ponendo attenzione sulle società senza scopo di lucro30.
- Con la locuzione «interesse generale» si fa riferimento a “tutte le prestazioni di
beni e di servizi che sono mosse da uno spirito solidale del soggetto erogatore, e
che sono capaci di rispondere a bisogni socialmente o economicamente rilevanti,
individualmente non soddisfabili”31.
L’interesse generale è l’interesse di una comunità in quanto tale, non ancora
assunto in seno ai pubblici poteri ma da questi lasciato alla cura degli stessi
cittadini.
L’interesse generale è evidentemente un’astrazione e storicamente il modo per
renderlo concreto consisteva nel trasformare l’interesse «generale» in interesse
«pubblico», inteso come interesse dello Stato. Questa concezione era legata al
paradigma panpubblicistico che ha caratterizzato il diritto amministrativo italiano
fin dalle sue origini e che ruota attorno a tre assunti progressivamente smentiti:
• Ciò che è di interesse generale è di interesse pubblico;
• Ciò che è di interesse pubblico è dello Stato;32
• Lo Stato provvede a ciò che è di interesse pubblico con apparati e strumenti
pubblici.33
30 A tal proposito si fa riferimento alla disciplina generale della fattispecie di società senza scopo di lucro, la Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n.118. Le imprese sociali per essere qualificate tali devono rispondere a due requisiti: l’utilità sociale e l’assenza dello scopo di lucro. Cfr Donati, La sussidiarietà orizzontale nell’evoluzione normativa, pagg. 204-‐205. 31 Donati, Origini, connessioni e interpretazione del principio di sussidiarietà orizzontale nell’ordinamento italiano, pag. 62. 32 L’assunto implica che lo Stato rappresenta l’unico soggetto titolare della sovranità. Da ciò ne deriva un forte accentramento dello Stato e la svalutazione del sistema territoriale e locale. A smentire l’assunto è la legge n. 142 del 1990 in cui si afferma la capacità delle regioni di intervenire nell’organizzazione delle funzioni locali e di farlo in modo selettivo e si riconoscono al Comune le funzioni amministrative attribuite dallo Stato. 33 Il terzo assunto prevede che i poteri unilaterali siano una caratteristica esclusiva del diritto amministrativo. Con l’avvio della stagione delle privatizzazioni in Italia nel 2001 anche tale assunto viene smentito.
21
Il primo assunto implica che non può esservi un interesse rilevante per la società
senza che questo sia “occupato” dal sistema politico-amministrativo. Tale assunto è
stato smentito con l’affermazione del principio di sussidiarietà orizzontale. Si passa
da una concezione soggettiva dell’amministrazione a una oggettiva, ossia “da
un’amministrazione pubblica che è tale con il suo rapporto con lo Stato ad
un’amministrazione che si qualifica per la funzione svolta al servizio della
collettività”34.
La norma costituzionale legittima i cittadini a uscire dal ruolo passivo di utenti dei
servizi pubblici per diventare soggetti attivi che si prendono cura di beni comuni. La
norma pone i cittadini su un piano di parità con le amministrazioni35.
G. Arena36pone in evidenza la questione dell’applicabilità immediata o meno
dell’art. 118. «La risposta positiva nel senso di immediata applicabilità si fonda sulla
constatazione che l’art. 118, u.c. non enuncia un principio, rinviando al legislatore
ordinario per la sua definizione, bensì prevede che si svolga un’attività fondata su un
principio, quello di sussidiarietà orizzontale»; non si tratta qui di dar forma a un
principio astratto ma di far riferimento a un’attività di cui sono già indicate
coordinate strutturali:
- i soggetti della relazione (istituzioni territoriali e cittadini)
- l’oggetto della relazione (svolgimento di attività di carattere generale)
- il principio che regola la relazione (il principio di sussidiarietà)
Al contrario, la necessità di ulteriori interventi da parte del legislatore per
l’applicabilità del principio, significherebbe attendere che sia chiarito ogni profilo
dell’enunciato in questione e quindi si finirebbe per escludere, per un periodo di
tempo indefinito, la vigenza del principio di sussidiarietà in Italia.
34 G. Arena, op. cit, pag. 112. 35 Ivi, pag. IX. 36 Ivi, pagg. 62-‐63.
22
Arena pone a questo punto in rilievo che l’attuazione dell’art. 118 non dipende dalle
istituzioni ma dai cittadini ai quali spetta assumere l’autonoma iniziativa
nell’interesse generale che costituisce il nucleo essenziale della norma.
1.5 Sussidiarietà come «amministrazione condivisa»
La sussidiarietà sfugge a una comprensione unica e unitaria. Si potrebbe
definire quale principio che regola la distribuzione di determinate funzioni che
riguardano sia i poteri pubblici che la società.
Tale principio implica due livelli di lettura: quello di sussidiarietà verticale e quello
di sussidiarietà orizzontale.
La sussidiarietà verticale prevede che le funzioni pubbliche siano affidate alle
istituzioni più prossime ai cittadini; solo quando il livello inferiore dimostra di non
essere in grado di svolgere le proprie funzioni interviene in forma «sussidiaria»
l’ente gerarchicamente superiore.
La sussidiarietà orizzontale disciplina i rapporti tra pubblico, privato e privato
sociale: non c’è contrapposizione, ma intreccio e collaborazione tra pubblico e
privato, tra cittadini e Stato37.
Il grande cambiamento in merito ai rapporti tra amministrazioni e cittadini si è avuto
con la legge 7 agosto 1990, n.241 (la legge sul procedimento amministrativo e la
trasparenza amministrativa). Tale legge ha condotto le amministrazioni a
considerare i soggetti non solo «amministrati» ma anche portatori di interessi e
titolari di diritti quali il diritto alla partecipazione al procedimento amministrativo, il
diritto all’informazione nei confronti dell’amministrazione e il diritto alla semplicità,
efficienza e efficacia dell’azione amministrativa. La legge in questione fu portatrice
di nuovi rapporti con le amministrazioni caratterizzati dal “passaggio dalla
separazione alla collaborazione, dalla diffidenza alla fiducia, dal segreto alla
comunicazione”38.
37 M. Musella e M. Santoro, op. cit., pag. 29. È su questo tipo di sussidiarietà che vuole concentrarsi il presente elaborato che mira a individuare una possibile integrazione del principio alle campagne di crowdfunding che coinvolgono pubblici e privati per la realizzazione e promozione di un bene comune. 38 G. Arena, op. cit., pag. 21.
23
Questi nuovi rapporti introducono quella che viene chiamata «amministrazione
condivisa» in cui il rapporto tra amministrazioni e cittadini diviene un rapporto di
collaborazione nell’interesse generale. È il ribaltamento del tradizionale «paradigma
bipolare»39 che vedeva da un lato l’amministrazione (autoritativa e di prestazione) e
dall’altro l’amministrato (un soggetto passivo).
Con il paradigma sussidiario il principio di partecipazione previsto dalla l. 241/1990
acquista un nuovo significato: mentre con la partecipazione al procedimento il
cittadino partecipa al processo decisionale della pubblica amministrazione in vista
dell’adozione di un provvedimento, con la partecipazione intesa come
«amministrazione condivisa» il cittadino partecipa con l’amministrazione alla
concreta soluzione di un problema di interesse generale.
Arena afferma che il modello dell’amministrazione condivisa può realizzarsi “o per
iniziativa della pubblica amministrazione, che autonomamente decide di uscire dal
paradigma bipolare, o per iniziativa dei cittadini, che si attivano sulla base dell’art.
118, u. c. della Costituzione”40.
Le amministrazioni possono «favorire» l’iniziativa dei cittadini in diversi modi41:
limitandosi ad attendere che i cittadini si attivino e chiedano sostegno o
collaborando direttamente con loro.
Arena sottolinea il fatto che siano i cittadini a dar vita al principio di sussidiarietà,
non le istituzioni che sono comunque chiamate ad assumere iniziative per
promuovere la conoscenza e quindi l’attuazione del principio in questione.
L’utilità dei cittadini attivi sta nel prendersi cura dei beni comuni42.
Quando si parla di cittadini si fa riferimento ai singoli appartenenti a una comunità e
che in quanto tali sono portatori di diritti e doveri. Arena definisce la maggior parte
dei cittadini italiani «cittadini normali»; essi si collocano su una soglia minima di 39 “Il paradigma bipolare si fonda sull’idea che «le amministrazioni hanno il monopolio del perseguimento dell’interesse pubblico e gli amministrati son meri destinatari dell’intervento pubblico”, Ivi, pag. 77. 40 Ivi, pag. 34. 41 Le amministrazioni possono mettere a disposizione strumenti, mezzi, spazi per aiutare concretamente i cittadini a prendersi cura dei beni comuni o possono intervenire con un semplice patrocinio. O ancora possono svolgere attività di comunicazione per promuovere l’attuazione della sussidiarietà. Cfr Ivi, pagg. 104-‐ 105. 42 Quando si parla di beni comuni si fa riferimento a quei beni di cui ciascuno può godere liberamente ma che proprio per questo motivo sono minacciati da un uso egoistico, come il territorio, l’ambiente, l’aria, l’acqua, i beni culturali, la salute, la legalità, i diritti dell’uomo, l’istruzione, le infrastrutture, i servizi pubblici.
24
cittadinanza in quanto si limitano a rispettare le leggi e a rappresentare un modello
civico. Esistono poi coloro i quali vengono definiti «cittadini parassiti» per il loro
comportamento non conforme alla legge (ad esempio gli evasori) e i «cittadini
extra» che offrono alla comunità più di quanto ricevono (i volontari). Con il
principio di sussidiarietà l’attivarsi dei «cittadini normali» per il bene comune dà
vita ai cittadini attivi che “si assumono volontariamente verso la collettività doveri
ulteriori rispetto a quelli che comporta normalmente lo status di cittadino, cercando
di dare risposte non solo ai propri problemi ma anche a quelli che riguardano tutti”43.
È importante sottolineare la necessità di collaborazione tra cittadini attivi e poteri
pubblici: i cittadini non si sostituiscono all’amministrazione ma si tratta di
un’alleanza tra soggetti tendenzialmente paritari.
A questo punto è necessaria una distinzione tra un’accezione negativa del principio e
un’accezione positiva. La concezione in negativo porta a considerare i cittadini
come coloro a cui i poteri pubblici possono delegare il proprio potere. L’intervento
dei soggetti pubblici è reso superfluo dall’intervento dei privati chiamati a svolgere
il maggior numero possibile di funzioni di interesse generale. Questo modo di
intendere il rapporto tra cittadini e amministrazioni sarebbe coerente con
l’applicazione del principio in accezione «verticale», basata sul limite di intervento
di un’autorità superiore rispetto a quella inferiore, qualora quest’ ultima abbia
capacità di azione autonoma. Ma la sussidiarietà in senso orizzontale prevede una
condivisione di risorse pubbliche e private per il perseguimento di fini di pubblica
utilità. La concezione in positivo della sussidiarietà prevede che soggetti pubblici e
privati si sostengano paritariamente a vicenda nel perseguimento dell’interesse
generale. I cittadini possono attivarsi «autonomamente» secondo l’art. 118 ma le
amministrazioni sono tenute a sostenerli e non limitarsi a osservare passivamente le
loro attività o ostacolarle.
1.6 Sussidiarietà e Terzo settore: le imprese sociali
Il principio di sussidiarietà orizzontale viene spesso definito come il nuovo sistema
di welfare. Il modello italiano di Welfare, sviluppatosi a partire dal dopoguerra, si è
fondato su un’alleanza tra Stato ed economia di mercato col fine di garantire le
43 Ivi, pag. 99.
25
classi più deboli attraverso finanziamenti erogati dallo Stato dal sistema tributario
progressivo. Ma il peso fiscale del sistema del welfare diventò la causa del problema
che doveva risolvere. Una delle cause della crisi del welfare è riscontrabile
nell’avvento della globalizzazione che sottrae allo Stato il potere di scegliere come
tassare la ricchezza.
Con la crisi del welfare state si è passati al welfare mix, “un sistema di
organizzazione della produzione e dell’offerta di servizi socio-assistenziali e sanitari
incentrata sulla pluralità di soggetti di offerta”44. Quando si parla di pluralità non si
fa solamente riferimento alla numerosità di offerte ma alla pluralità e varietà di
queste. La molteplicità di soggetti di offerta e la varietà dei prodotti vanta tre aspetti:
- garantisce la copertura di un’ampia gamma di bisogni sociali;
- l’offerta si adegua in modo più rapido ed efficace al mutare dei bisogni;
- grazie al welfare mix viene stimolata la competizione per qualità dei servizi offerti.
Nella prima fase di passaggio dal welfare state al welfare mix il principio di
sussidiarietà è stato interpretato come principio che mira ad affidare allo Stato
funzioni dell’interesse generale, delegando parte delle funzioni a soggetti di livello
inferiore, in modo particolare ai soggetti del Terzo settore, vicini alle politiche
socio-assistenziali. Oggi si avverte invece la necessità di collaborazione e co-
decisione di tutti i soggetti interessati e coinvolti nell’interesse generale, pubblico e
privato. Si dà vita a un nuovo sistema di welfare definibile «locale» per la prossimità
ai cittadini e per la partecipazione dal basso.
Il rapporto tra il Terzo settore e Amministrazione pubblica si è diffuso sempre più
negli ultimi venti anni nell’ambito del welfare dove le organizzazioni dell’economia
sociale erano tenute a rispondere alla domanda pubblica/statale attraverso la
partecipazione a bandi e appalti a ribasso.
Con il principio di sussidiarietà il Terzo settore trova la possibilità di attuare
liberamente la programmazione e l’erogazione di servizi.
In modo particolare le organizzazione denominate «imprese sociali» cooperano
assieme alle istituzioni pubbliche alla costruzione dello spazio sociale e del bene
comune nell’ambito del sottosistema economico. L’impresa sociale dà avvio al
44 M. Musella e M. Santoro, op.cit., pag. 17.
26
mercato dei cosiddetti «beni relazionali», un mercato che fa riferimento alla qualità
sociale del prodotto e perciò “utilizza il denaro come mezzo per trasformare un
prodotto relazionale in un altro prodotto relazionale”45. Tale categoria di beni
“necessita della partecipazione attiva dei soggetti nella loro identità di persone,
all’interno di un sistema culturale specifico”46, si tratta quindi di beni che non
possono essere forniti né dal mercato né dallo Stato.
Nel nostro ordinamento la definizione dell’impresa sociale47 è contenuta nel decreto
legislativo 24 marzo 2006, n.155 che definisce «imprese sociali»:
Tutte le organizzazioni private, ivi compresi gli enti di cui al libro V del codice civile, che esercitano in via stabile e principale un’attività economica organizzata al fine della produzione e dello scambio di beni e servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di interesse generale.
La legge, all’art. 2, specifica quali sono «i beni e i servizi di utilità sociale», ossia
quelli prodotti o scambiati nei seguenti settori:
assistenza sociale, assistenza sanitaria, tutela dell’ambiente, tutela dell’ecosistema,
turismo sociale, valorizzazione del patrimonio culturale, ricerca ed erogazione dei
servizi culturali, educazione, istruzione e formazione, turismo sociale, formazione
universitaria e post-universitaria, formazione extra scolastica, servizi strumentali
alle imprese sociali, resi da enti composti in misura superiore al settanta per
cento da organizzazioni che esercitano un'impresa sociale.
Inoltre la legge all’art. 2 definisce impresa sociale quell’impresa che prevede
l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili.
45 A. Giorio, Impresa sociale, crisi e sussidiarietà, «Os-‐ servatorio Isfol», I (2011), n. 3-‐4, pag. 50, in http://www.isfol.it/pubblicazioni/osservatorio-‐isfol/numeri-‐pubblicati/allegati-‐anno-‐i-‐n.3-‐4/giorio. (consultato il 18 agosto 2013). 46 F. Gagliarducci e A. Iurleo, Impresa sociale, in C. Cittadino (a cura di), Dove lo Stato non arriva. Pubblica amministrazione e terzo settore, Bagno a Ripoli (Firenze), Passigli Editori, 2008, pag. 43. 47 L’impresa sociale è definita dall’art. 1 del decreto legislativo come un’organizzazione privata che esercita un’attività economica di utilità sociale volta a realizzare finalità di interesse generale. La definizione permette di collocare l’impresa sociale nell’ambito del settore non profit; possono quindi essere imprese sociali anche associazioni, fondazioni, comitati, organizzazioni di volontariato e cooperative. La legge 8 novembre 1991, n.381 che istituiva le «cooperative sociali» può essere considerata il preludio del decreto che istituisce le imprese sociali: la legge consentiva di combinare l’esercizio di attività economica con il perseguimento dell’interesse generale della comunità.
27
Tre sono i requisiti fondamentali affinché un’organizzazione possa qualificarsi come
impresa sociale48:
- è necessario che essa operi solo in ambito di particolare rilievo sociale o che
persegua l’inserimento lavorativo di soggetti svantaggiati o disabili;
- assenza dello scopo di lucro;
- impossibilità per i soggetti pubblici e per le imprese private con finalità lucrative di
detenerne il controllo e di esercitare attività di direzione.
Tornando al principio di sussidiarietà è necessario sottolineare il fatto che questo sia
legato al principio di responsabilità che rende tutti i soggetti, singoli e associati,
portatori di specificità proprie.
Alle amministrazioni pubbliche spetta la responsabilità di garantire e sostenere
l’autonoma iniziativa dei soggetti. Allo stesso tempo le imprese sociali “devono
abbandonare logiche di richieste di riconoscimenti e contribuiti economici” 49
sostituendole con richieste di strumenti di sostegno concreto per la realizzazione di
servizi e beni relazionali di cui sono portatori.
48 Cfr Ivi, pagg. 146-‐147. 49 A. Giorio, op.cit., pag. 54.
28
Capitolo 2
IL FENOMENO DEL CROWDFUNDING
2.1 Cos’è il crowdfunding
Il crowdfunding è generalmente definito come il finanziamento dalla folla. Il
termine è composto da crowd folla e funding finanziamento.
Si tratta di una forma di finanziamento non tradizionale in cui la folla viene
coinvolta all’interno di un progetto.
Il crowdfunding affonda le proprie radici nel concetto di «micro-finanza»: micro
perché si tratta di piccole somme che una volta aggregate possono fare la
differenza50.
Tramite il finanziamento dal basso più persone possono contribuire, con somme di
denaro di varia entità, alla realizzazione di un progetto o di un’iniziativa in cui
credono e a cui vogliono avvicinarsi partecipando attivamente.
Il concetto di crowdfunding esiste già da alcuni secoli ma oggi la vera novità è il
supporto di internet e dei social media, strumenti fondamentali per la creazione della
community pronta a finanziare progetti.
Nel libro scritto a due mani da Kavin Lawton e Dan Maron51 si fa riferimento a un
caso storico di crowdfunding risalente al 1884, quando la Francia donò
all’Inghilterra – in segno di amicizia – la statua della libertà. L’American Commette
non aveva a disposizione i 100.000 $ necessari per la realizzazione del piedistallo
che l’avrebbe sorretta, ma il noto giornalista Joseph Pulitzer riuscì a coinvolgere i
cittadini lanciando una campagna di finanziamento sul suo giornale52. Furono
raccolti ben dodicimila micro-donazioni in soli cinque mesi. Questa iniziativa di
finanziamento permise la realizzazione del progetto, ma soprattutto il senso di
responsabilità dei cittadini nei confronti di un monumento alla cui realizzazione
avevano contribuito. 50 Cfr D. Castrataro et al., Crowdfuture. The Future of Crowdfunding, 2012, pag.15 in http://www.slideshare.net/crowdfuture/ebook-‐crowdfuture (consultato il 10 settembre 2013). 51 Kavin Lawton e Dan Maron, The crowdfunding revolution: how to raise venture capital using social media, McGraw-‐Hill, 2012, pag. XI. 52 Lo storico manifesto che sollecitava le donazioni recitava: “Every american citizen should feel proud to donate to the Pedestal Fund and own a Model in token of their subscription and proof of title to ownership in this great work”, cfr Ibidem.
29
Il termine crowdfunding viene coniato nel 2006 da Michail Sullivan che lanciò
fundavlog una sorta di incubatore per progetti legati al videoblog. La piattaforma
includeva una semplice funzionalità per effettuare donazioni online ma si rivelò un
progetto fallimentare. Il termine «crowdfunding» si diffuse poi con l’avvento della
piattaforma Kickstarter, la più popolare piattaforma di reward based crowdfunding
lanciata nell’aprile 2009.53 I progetti su Kickstarter possono essere finanziati da
chiunque in qualsiasi parte del mondo ma possono essere presentati solo da persone
residenti negli Stati Uniti.
Prima che il sistema di crowdfunding diventasse una vera e propria tendenza
(soprattutto in America e Gran Bretagna) la «folla» era coinvolta in progetti di
«crowdsourcing», il processo di sviluppo collettivo di un prodotto. Si parla di
«saggezza della folla» e Wikipedia è uno dei migliori esempi54.
Con il crowdsourcing e con il crowdfunding si dà vita a un nuovo tipo di
partecipazione attiva, i cui protagonisti si dividono tra la folla e il web. “Il vero
potere del crowdfunding” scrive Dan Maron “sta nella capacità di sfruttare la
saggezza della folla e creare una comunità di individui motivati ad avviare un vero
cambiamento”55.
Si parla di «condivisione di energia sociale in rete» volta alla realizzazione di idee e
progetti che toccano il mondo della musica, del cinema, della tecnologia, delle
startup, della cultura ma anche del settore pubblico. In quest’ultimo caso si parla di
«crowdfunding civico» che permette agli individui, nonché cittadini, di lavorare con
le municipalità e supportare l’impegno pubblico56.
Lawton e Maron definiscono il crowdfunding come lo spirito del fare con gli altri, il
cosiddetto «DIWO» (Do It With Others). La gente tende a investire in progetti,
anche con piccole somme, quando è attratta dal punto di vista emozionale e sociale,
quando si sente vicina a una causa che rispetta o quando conosce il progettista in cui
ripone fiducia.
53 Gli ideatori della piattaforma sono Perry Chen, Yancey Strickler e Charles Adler. 54 L’enciclopedia virtuale conta oltre 100.000 autori provenienti da tutto il mondo che dedicano gratuitamente tempi e conoscenze a un progetto in cui credono. 55 D. Castrataro et al., op.cit., pag.6. 56 Il fenomeno del crowdfunding civico sarà approfondito nei prossimi paragrafi e ripreso nei casi analizzati nel terzo capitolo. D. Castrataro et al., op. cit., pag. 8.
30
Si tratta quindi di un multi-finanziamento collaborativo proveniente dal basso e
mosso dalla fiducia e dall’apprezzamento collettivi.
I sostenitori di una campagna di crowdfunding non sono definibili come «pubblico»
ma come «comunità». Dato che uno degli elementi costitutivi del fenomeno è
Internet, la comunità viene raggiunta attraverso un processo di raccomandazione
virale e mediante la sua promozione sui social media.
Non solo comunità, affinità, passione e fiducia sono gli elementi alla base di una
campagna di «finanziamento dalla folla» ma anche le «ricompense», monetarie,
materiali o simboliche, capaci di rendere più coinvolgente e attrattiva la campagna.
2.2 I modelli di crowdfunding
Se in passato il crowdfunding veniva utilizzato dalle grandi organizzazioni57
dotate di risorse da investire nella comunicazione, promozione e marketing, con
l’avvento dei social media tale fenomeno sta vivendo una seconda vita.
È diventato semplice per chiunque contattare migliaia di utenti gratuitamente. Sono
nate piattaforme che assistono tecnicamente l’utente nella raccolta di denaro su
Internet.
Esistono più di 500 piattaforme di crowdfunding al mondo e il «Crowdfunding
Report di Massolution» del 2012 distingue quattro modelli:
• Reward based
• Donation based
• Social lending
• Equity based
2.2.1 Reward based
Il reward based è il modello utilizzato dai due terzi delle piattaforme e
consiste in uno «scambio» tra il progettista e il «backer» (il sostenitore del progetto).
57 La raccolta fondi online veniva utilizzata soprattutto per beneficienza dalle organizzazioni non profit e dalla politica, ricordiamo la campagna di Obama nel 2008.
31
In cambio delle donazioni sono previste delle ricompense materiali (pre-ordine del
prodotto non ancora in commercio) o simboliche (l’inserimento del nome del
donatore nell’albo dei sostenitori).
Il valore delle ricompense è spesso minore rispetto alla donazione effettuata in
quanto l’obiettivo per un donatore non è ricevere ricompense ma sostenere un
progetto in cui si crede.
L’originalità di una ricompensa58gioca spesso un ruolo importante in una campagna
di crowdfunding, diretta a coinvolgere direttamente il sostenitore nella realizzazione
del progetto. Inoltre il sistema delle ricompense non solo aiuta a finanziare i progetti
ma permette anche di valutare l’interesse pubblico prima di lanciare nuovi prodotti.
Come spiega Chiara Spinelli59 il reward based non è mercato, né investimento, ma
può essere definito come l’intersezione di fenomeni tipici del web 2.0 come lo
storytelling (il saper raccontare storie che appassionano e coinvolgono la gente), il
social commerce (l’idea che la community online diventi una sorta di team di
marketing, contribuendo a promuovere il progetto a tutti i loro amici e contatti) e il
community building.
Nel modello reward based è possibile distinguere due tipologie di piattaforme:
-‐ generaliste: raccolgono progetti legati a svariati argomenti;
-‐ tematiche: raccolgono progetti rivolti a una determinata community e a un
determinato argomento.
È possibile distinguere inoltre due modelli tipici di raccolta fondi:
-‐ il tutto o niente (all or nothing): in questo caso il progettista stabilisce un
budget e il tempo di raccolta. Se nel tempo di raccolta il budget non viene
raggiunto il progetto decade e le offerte tornano in mano del sostenitore;
58 Nella piattaforma settoriale «Musicraiser», dedicato agli artisti musicali emergenti, cantautori e band promettono, tra le maggiori ricompense, una cena a casa del donatore o un live. 59 Cfr. http://www.slideshare.net/crowdfuture/reward-‐based-‐crowdfunding-‐chiara-‐spinelli-‐eppela (consultato il 12 settembre 2013).
32
-‐ prendi tutto (keep at all): viene stabilito un budget e il tempo di raccolta ma,
in questo caso, il finanziamento giunge al progetto a prescindere se esso
raggiunga o meno il proprio target entro la scadenza prevista.
Possono essere definiti elementi alla base di tale modello di crowdfunding il
racconto (attraverso cui il progettista ha la possibilità di trasmettere la propria
passione) le ricompense e le informazioni sul progettista, tese a creare il circuito di
fiducia tra progettista e sostenitore.
2.2.2 Donation based
Questo modello di crowdfunding non prevede alcun ritorno economico per
chi effettua la donazione. È utilizzato soprattutto da organizzazioni non profit ed è il
sistema più simile al fundraising online.
Il fundraising viene definito come “l’insieme delle attività di un soggetto collettivo
volte a reperire le risorse economiche necessarie a raggiungere gli scopi che esso si
propone, ossia a rendere sostenibili le cause sociali da esso promosse”60. Tale
fenomeno si è ampiamente sviluppato nell’ambito delle organizzazioni non profit.
Il fundraising online utilizza il web per coinvolgere e convincere la gente a donare.
In questo caso il sito web di un’organizzazione non profit diviene il fulcro delle
azioni di raccolta fondi online.
A differenza del fundraising online, in una campagna di crowdfunding viene
predefinito l’inizio e la fine della raccolta fondi e la somma da raccogliere.
Il crowdfunding non è solo donazione, i sostenitori ricevono un beneficio emotivo e
di riconoscibilità sociale. Non si tratta di semplice fundraising ma è “storytelling, è
comunicazione, è attivazione della community”61.
Dan Maron definisce questa nuova forma di finanziamento «il nuovo like», una
forma attiva di partecipazione. Grazie agli strumenti del web 2.0 la community dei
sostenitori può essere direttamente coinvolta nella formazione di un’idea e nella sua
realizzazione.
60F. Ambrogetti, M. Coen Cagli e R. Milano, Manuale di Fund Raising per le organizzazioni non profit, Carocci editore, Roma, 1998. 61 Cfr. http://www.slideshare.net/crowdfuture/reward-‐based-‐crowdfunding-‐chiara-‐spinelli-‐eppela (consultato il 12 settembre 2013).
33
È possibile seguire passo per passo lo sviluppo di un progetto tutelati dalla garanzia
di trasparenza offerta dai feedback provenienti dalla folla. La reputazione di un
progetto e del suo progettista dipende grosso modo dalla validazione della
community che giudica la qualità dell’idea e decide di sostenerla62. Il sostenitore non
è solo un acquirente ma diviene artefice del successo del progetto.
In Italia ci sono dieci piattaforme di donation based crowdfunding tra cui la Rete del
dono, Shinynote, Distribuzioni dal basso, Let’s Donation, iodono.com,
pubblicobene, fund for culture, commno beta, buonacausa.org, Leevia. È la forma di
crowdfunding prevalente in Italia dopo il reward based.
2.2.3 Social lending
Lo spot63di «Smartika», una piattaforma di social lending italiana, definisce
tale modello come “un modo di dare o ricevere finanziamenti più semplice, con
meno costi, più rapido e più trasparente”. Social lending significa letteralmente
«prestito sociale» in cui un prestatore presta denaro a più richiedenti.
È possibile distinguere tre modelli:
- modello micro-prestiti: è la fornitura di servizi finanziari a clienti con bassi redditi.
Il denaro è raccolto da un gruppo di persone ed è gestito da un intermediario locale;
- prestito peer to peer: è una transazione finanziaria (prestare e prendere in prestito).
Avviene direttamente tra individui senza l’intermediazione delle tradizionali
istituzioni finanziarie. Un gruppo di persone presta piccole somme di denaro alla
stessa persona o organizzazione.
- prestito peer to business: si tratta di un micro-prestito a piccole imprese o start up.
Per entrare a far parte della comunità di prestatori della piattaforma italiana Smartika
è necessario registrarsi al portale e creare un’offerta di prestito scegliendo tra
cinquecento e cinquantamila euro; l’offerta verrà successivamente immessa sul
mercato per essere distribuita in parti uguali a cinquanta richiedenti differenti.
62 Ipotizzando che i casi di sussidiarietà possono essere sostenuti da campagne di crowdfunding, la trasparenza diventa un elemento fondamentale. Grazie alla trasparenza i cittadini hanno tutte le informazioni su come viene utilizzato il denaro e su come procedono i «lavori» per la realizzazione del progetto finanziato. 63 Smartika: cos’è il social lending, consultabile su https://www.youtube.com/watch?v=PAZEUEN7BqY (consultato il 10 settembre 2013)
34
Per entrare a far parte della comunità dei richiedenti è necessario avere la maggiore
età, un conto corrente, una buona storia creditizia e un reddito dimostrabile.
I richiedenti possono richiedere un prestito da mille a quindicimila euro e decidere
se estinguere il finanziamento in ventiquattro, trentasei o quarantotto mesi.
Il modello del social lending è la tipologia di crowdfunding che ha avuto la crescita
maggiore nel 2012.
2.2.4 Equity based
Se con il reward based crowdfunding il contributo di un sostenitore è
«ripagato» con una ricompensa, con l’equity based il denaro investito in un
determinato progetto viene «ripagato» con partecipazioni azionarie.
Si tratta di una forma di crowdfunding associata al profit sharing che permette a una
rete distribuita di finanziatori di ottenere quote o azioni in una società.
Secondo i dati del Crowdfunding Report di Massolution nel 2012 è cresciuto del 30
% a livello globale.
Ci sono due modelli64 attraverso cui l’equity viene attivato nel mondo:
-‐ modello cooperativa: consiste nella creazione di una piattaforma fittizia che
funge da meccanismo di collezione dell’investimento. In questo modello i
contribuenti vengono riuniti in entità legali (cooperative) che investono nei
progetti;
-‐ modello club: le piattaforme reclutano potenziali investitori come membri di
un club di investimento chiuso. In questo modo l’offerta non viene fatta
direttamente al pubblico.
L’equity crowdfunding si distingue da altre forme di investimento in quanto
permette a tutti gli individui di diventare degli investitori. Questa possibilità
richiede necessariamente dei regolamenti volti a prevenire eventuali frodi e a
tutelare gli investitori dal rischio di impresa.
64 Questi modelli saranno ripresi nel paragrafo dedicato alla questione normativa.
35
2.3 Le piattaforme di crowdfunding in Italia
Secondo i dati del Crowdfunding report di Massolution nel 2012, grazie alle
campagne di crowdfunding, sono stati raccolti, in tutto il mondo, più di due miliardi
di dollari e sono stati finanziati 1,1 milioni di progetti (in particolare sono stati
raccolti 1,6 miliardi di dollari in Nord America e 945 milioni di dollari in Europa).
Dal 2010 al 2012 si è assistito a un’enorme crescita delle piattaforme, in modo
particolare del modello social lending. (fig.1)
L’incremento delle piattaforme ha coinvolto anche l’Italia. Nell’arco di un anno si è
passati da sedici a ben trentotto piattaforme65. La forma di crowdfunding prevalente
è il reward based, seguita dal donation based, dall’equity based e per ultimo il
social lending. C’è da tener presente che lo sviluppo delle piattaforme di equity
based è stato frenato dall’attesa delle indicazioni del regolamento Consob. Si
65 Secondo le ricerche portate avanti da Ivana Pais, in Italia sono presenti quattro piattaforme di social lending (Smartika, Terzo Valore, Prestiamoci, Boober); sette piattaforme di equity based (Siamo Soci, UnicaSeed, Crowdfundme, Startify, Silicon Veneto, Fundera, We are starting); diciasette piattaforme di reward based (Kapipal, Produzioni dal basso, Starteed, Eppela, Idea Ginger, DeRevolution, Finanziami il tuo futuro, Kendoo, Boomstarter, We are community, Musicraiser, ForItaly, H2 Raise.it, Cineama, Crowdfunding, WereAlize.it, MicroCredit Artistique); dieci piattaforme di donation based (Rete del dono, Shinynote, Distribuzioni dal basso, Let’s Donation, iodono.com, pubblicobene, fund for culture, commno beta, buonacausa.org, Leevia). Cfr Ivana Pais, Crowdfunding per i beni comuni, 29 agosto 2013, pag.29 in http://www.slideshare.net/ivana.pais (consultato il 12 settembre 2013).
Figura 1 Growth by crowdfunding model. Fonte: Crowdfunding Report di Massolution 2012
36
consideri, a tal proposito, che l’Italia è il primo paese al mondo ad essersi dotato di
una normativa secifica sull’equity crowdfunding. Il quadro normativo di riferimento
parte dal cosiddetto “Decreto crescita Bis”, in modo particolare dall’art.30 del
decreto legislativo 18 ottobre 2012, n.179 convertito con modificazioni nella legge
17 dicembre 2012, n. 221. Alla Consob è stata affidato il compito di stilare un
regolamento66.
Figura 2 Le piattaforme di crowdfunding italiane
Secondo gli studi di Ivana Pais e Daniela Castrataro 67 vi è una scarsa
internazionalizzazione delle piattaforme italiane, ma allo stesso tempo, le
piattaforme più popolari come Indiegogo e Kickstarter vengono utilizzate dagli
italiani per cercare finanziamenti per i loro progetti. 68
In Italia si stanno determinando tre tendenze:
66 Il regolamento Consob sarà approfondito nei prossimi paragrafi. 67 Ivana Pais e Daniela Castrataro sono due delle fondatrici dell’ICN (Italian Crowdfunding Network), un’associazione senza scopo di lucro volta alla diffusione del crowdfunding in Italia, mediante la diffusione di informazioni sul fenomeno e il networking dei professionisti del settore. http://www.italiancrowdfunding.org (consultato il 12 settembre 2013). 68 Sulla piattaforma Indiegogo (piattaforma internazionale di reward based crowdfunding nata a San Francisco) i progetti italiani sono duecentocinquanta. Duencentoquattordici sono conclusi, quarantacinque dei quali con successo.
4
7
17
10
Social lending
Equity Based
Reward Based
Donation Based
37
-‐ piattaforme settoriali
-‐ piattaforme DIY (do it yourself)
-‐ piattaforme territoriali
Le piattaforme settoriali sono dedicate esclusivamente ad un determinato settore.
Musicraiser69 ne è un esempio: si tratta di una piattaforma lanciata nel 2012 che
accetta progetti di raccolta fondi per la registrazione di dischi, tour, videoclip,
concerti e tutto ciò che è legato alla musica.
Con do it yourself si fa riferimento a quelle campagne di crowdfunding che non
vengono affidate a una delle piattaforme già esistenti ma vengono portate avanti
creando un sito web apposito. Questo modello viene spesso utilizzato in Italia per
progetti di civic crowdfunding.
Le piattaforme territoriali sono un’altra tendenza italiana e danno vita al cosiddetto
local crowdfunding.
Un fenomeno interessante e utile per la ricerca in quanto si tratta di piattaforme che
raccolgono progetti legati a un determinato territorio e volte molto spesso alla sua
valorizzazione.
Sono tre le piattaforme italiane di local crowdfunding: l’emiliana «Idea Ginger», la
pugliese «Finanziami il tuo futuro» e la bergamasca «Kendoo».
In assenza di riferimenti bibliografici o accademici in merito è stato sottoposto un
questionario ai gestori delle tre piattaforme al fine di porre in evidenza alcuni
elementi quali le modalità di gestione delle piattaforme, i tipi di progetti finanziati e
il rapporto con la pubblica amministrazione. Si è posta attenzione all’accezione
«territoriale» con cui le tre piattaforme si identificano.
Le tre piattaforme sono state inaugurate nel 2013 a distanza di pochi mesi una
dall’altra e sono tutte accomunate dal fattore «territoriale» che caratterizza i progetti
presentati.
69 Piattaforma di reward crowdfunding Musicariser, http://www.musicraiser.com (consultato il 12 settembre 2013).
38
Kendoo70 è stata inaugurata il 29 gennaio 2013 e viene definita una piattaforma
«iperlocale» in quanto si rivolge ai cittadini di Bergamo e provincia. È un progetto
di innovazione digitale promosso da Mediaon, società del gruppo editoriale
bergamasco SEEAB.
Ogni progetto presentato sulla piattaforma è «territoriale» o perché promosso da
persone che vivono il territorio o perché il progetto mira alla promozione del
territorio bergamasco.
Il modello è quello del reward based e vige la regola dell’all or nothing, ogni
progetto ottiene il finanziamento solo una volta raggiunto il budget prefissato. Nel
caso in cui il progetto viene finanziato Kendoo trattiene il 2,5 %.
La piattaforma ha lo scopo di raccogliere progetti che hanno un impatto sociale sulla
comunità, per tale motivo è previsto un iter di approvazione e verifica da parte dei
gestori di Kendoo.
Ad oggi la piattaforma rende pubblici otto progetti, sei dei quali conclusi con
successo. La maggior parte dei progetti sono presentati da associazioni o fondazioni.
La Fondazione credito bergamasco ha sostenuto sei dei progetti presentati con
somme da 70 a 1000 euro e sembrerebbe rappresentare una sorta di big player della
community di Kendoo.
La promozione della piattaforma, e quindi dei progetti, è favorita dal sostegno dei
media di SEESAB (web, stampa, tv, radio).
«Finanziami il tuo futuro»71 è una piattaforma pugliese - con sede a Locorotondo –
inaugurata nel marzo 2013. Si tratta di un progetto realizzato da Fare associazione e
finanziato dal Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca.
I fondatori della piattaforma sono cinque giovani laureati dai ventisette ai trentatré
anni. Nel questionario sottoposto ai fini della ricerca dichiarano che l’idea del
progetto nasce dall’analisi del mercato e del territorio di riferimento, da cui sono
emersi due elementi: la difficoltà da parte dei giovani di accedere a forme di credito
e la presenza di un tessuto sociale reattivo e propositivo.
70 La piattaforma di Kendoo, consultabile su http://www.kendoo.it (consultato il 20 settembre 2013). 71 La piattaforma di «Finanziami il tuo futuro» è consultabile su http://www.finanziamiiltuofuturo.it (consultato il 20 settembre 2013).
39
La propensione all’attivazione, all’autoimpiego e alla progettualità delle nuove
generazioni, unita alla volontà di favorire la crescita di un territorio, hanno condotto
allo sviluppo della piattaforma di crowdfunding. La scelta è ricaduta sul cosiddetto
local crowdfunding in quanto si dà peso alla promozione da un lato di nuove forme
di interazione e dall’altro a formule di cooperazione finanziaria tra attori pubblici e
privati.
Tale piattaforma si differenzia nettamente dalle altre in quanto vi sono precise
indicazioni in merito ai progettisti e ai progetti; la piattaforma è infatti rivolta ai
giovani, di età compresa tra i 18 e 35 anni, di solo alcuni comuni pugliesi72 e inoltre
tutti i progetti devono essere volti alla promozione del territorio della Valle d’Itria.
La ricezione dei progetti ha avuto un inizio e una fine (dal 25 marzo al 20 maggio);
in tale periodo circoscritto i gestori della piattaforma hanno ricevuto diciassette
progetti, tredici dei quali sono stati pubblicati.
Finanziami il tuo futuro mira a valorizzare l’innovazione e la creatività dei giovani
del territorio che, come progettisti, sono tenuti a garantire un impegno costante di
promozione e pubblicizzazione delle proprie idee.
Il contributo massimo possibile da richiedere è di diecimila euro per la realizzazione
di progetti della durata massima di dodici mesi.
I sostenitori possono contribuire al progetto sia mediante l’utilizzo della
piattaforma73, con carta di credito o account PayPal, sia in contanti nella sede legale
di Fare Associazione o durante gli eventi a cui partecipa lo staff di Finanziami il tuo
futuro.
La piattaforma prevede un sistema a step volto, a detta dei gestori della piattaforma,
a responsabilizzare i promotori del progetto. Solo i progetti finanziati fino al 70%
entro il 30 novembre potranno «gareggiare» per ottenere il finanziamento
complessivo.
Questo tipo di piattaforma sembra essere fin troppo limitativa rispetto alle altre. Il
principio è che cittadini, associazioni, imprese e istituzioni scelgano a quale progetto
dare la possibilità di realizzarsi ma tale scelta è limitata dai termini imposti dal
72 La piattaforma prevede che i giovani progettisti siano residenti nei comuni di Alberobello, Cisternino, Locorotondo, Martina Franca, Noci e Putignano. 73 Le donazioni effettuate online vengono completamente rimborsate se i progetti non raggiungono le soglie previste.
40
regolamento della piattaforma. Basti pensare che, all’inizio della campagna, i
progetti che in un mese non hanno raggiunto il 5% sono stati eliminati a priori,
nonostante la fase di finanziamento duri sei mesi.
D’altra parte «Finanziami il tuo futuro» mette a disposizione dei progettisti risorse
umane utili alla promozione e diffusione dei progetti non solo online ma anche
offline.
Il fattore locale che caratterizza la piattaforma si fonda sulla necessità di creare un
rapporto tra i creatori e i sostenitori anche attraverso l’organizzazione di eventi,
iniziative e banchetti.
Il primo luglio 2013 sono stati pubblicati tredici progetti e solamente in cinque
hanno superato il primo step, ossia hanno raggiunto il 5% dell’importo richiesto. Tra
i sostenitori non compaiono fondazioni, aziende o enti ma solo singoli privati. A
differenza di Kendoo le somme donate da ciascun sostenitore non sono rese
trasparenti. Finora le donazioni sono state raccolte prevalentemente online.
Idea Ginger74 è stata inaugurata nel giugno 2013 e si propone come piattaforma di
local crowdfunding. Ginger sta per «Gestione idee nuove e geniali Emilia
Romagna» e permette a chiunque (singoli, associazioni, fondazioni, pubblica
amministrazione) di presentare il proprio progetto, purché i progettisti siano
domiciliati in Emilia Romagna e il progetto abbia ricadute sulla regione.
Le fondatrici di Ginger sono cinque giovani laureate che non si occupano solamente
della gestione della piattaforma ma si dedicano anche all’organizzazione di
workshop volti a sensibilizzare e informare sul tema del crowdfunding, molto spesso
erroneamente considerato la via del successo.
A detta delle fondatrici la piattaforma con valore «territoriale» nasce
dall’accostamento di un attento benchmarking della situazione del crowdfunding in
Italia alle loro esperienze nel settore delle imprese culturali e creative sul territorio.
74 La piattaforma di Idea Ginger è consultabile su http://www.ideaginger.it/index.html (consultato il 20 settembre 2013).
41
Ginger adotta il modello reward based e a differenza di altre piattaforme non
trattiene nessuna percentuale75.
L’offline è considerato il valore aggiunto che permette di entrare in contatto diretto
con i progettisti, seguirli in veste di consulenti, organizzare insieme a loro eventi,
parlare con le istituzioni, rendendo la piattaforma un punto di riferimento tangibile
per il territorio. Mediante ciò che chiamano «crowdfunding analogico» (raccolta
fondi off line durante gli eventi) i progettisti hanno la possibilità di incontrare i
cittadini.
La piattaforma ha ricevuto finora trenta progetti sei dei quali sono stati pubblicati.
Nella tabella sottostante è presentata la situazione odierna delle piattaforme in
merito ai progetti ricevuti, pubblicati e finanziati.
Kendoo Finanziami il tuo
futuro
Idea Ginger
Data di attivazione Gennaio 2013 Marzo 2013 Giugno 2013
Progetti ricevuti n.p. 17 30
Progetti pubblicati 8 13 6
Progetti finanziati 7 n.p. 2
Valore
complessivo
progetti finanziati
16.190 euro 2.719 euro 5.400 euro
Commissione del
sito se il progetto
ha successo
2,5 % no no
Servizi aggiuntivi
offerti dalla
piattaforma
n.p. ✔ ✔
Collaborazione
con la p.a.
n.p.
✔
✔
Tabella 1 Le piattaforme di local crowdfunding italiane
75 Non viene trattenuta nessuna percentuale ma c’è una quota iniziale di 100 o 200 euro in cui è compreso un servizio di assistenza prima, dopo e durante la campagna di crowdfunding con presenza fisica dello staff durante la raccolta fondi in occasione di eventi di promozione.
42
I gestori delle piattaforme dichiarano di avere difficoltà nel diffondere la cultura
della donazione e in modo particolare il meccanismo del crowdfunding sia tra i
donatori che tra i progettisti. I finanziatori sono diffidenti sull’utilizzo della
piattaforma e molto spesso non ragionano in termini collaborativi e partecipativi. Ai
progettisti, molto spesso, manca la volontà di promuovere se stessi e la propria idea,
di partecipare attivamente all’interno della comunity.
Per quanto riguarda il rapporto con la pubblica amministrazione i gestori di
Finanziami il tuo futuro dichiarano di aver cercato di siglare dei partenariati con i sei
comuni di riferimento, così come con gli altri organi sovracomunali come i Gruppi
di Azione Locale. Tuttavia, il partenariato si è rivelato essere un puro atto formale
senza alcun risvolto pratico.
Diversa la situazione per Idea Ginger in cui la collaborazione con il Comune di
Bologna sta permettendo di dar avvio a una campagna di crowdfunding per il
restauro di un bene culturale76.
2.4 Il civic crowdfunding: fino a che punto è possibile parlare di
partecipazione.
Il crowdfunding finora definito si delinea quale strumento innovativo per la
realizzazione di un’idea, di un progetto che necessita di finanziamenti.
Trasparenza, partecipazione e la possibilità di contribuire alla realizzazione di un
progetto, anche con piccole entità di denaro, distinguono il crowdfunding dal
semplice fundraising.
Sempre più spesso la «folla» decide di finanziare progetti strettamente legati al
proprio territorio, a ciò che viene definito «bene comune»77.
Quando cittadini, associazioni, fondazioni, imprese - con la collaborazione e il
supporto della pubblica amministrazione - finanziano opere e progetti pubblici si
parla di «civic crowdfunding».
76 Sarà questo uno dei casi studio affrontati nell’ultima parte di questa tesi. 77 Con il termine beni comuni si fa riferimento a quei beni che essendo di tutti e potendo da tutti essere facilmente utilizzati, sono a continuo rischio. Rientrano in tale tipologia di beni l’aria, l’acqua, la sicurezza, il territorio, i beni culturali, la salute, l’istruzione, ecc. Cfr. G. Arena, op. cit., pagg. 117-‐118.
43
La crowd del civic crowdfunding è molto spesso una comunità locale legata al
territorio a cui è collegato il progetto da finanziare.
Il capitale in gioco è un capitale «relazionale» che si muove tra la sfera online e
quella offline. È infatti fondamentale che le relazioni createsi sul web possano
concretizzarsi nella sfera pubblica offline mediante eventi creati ad hoc.
Nel civic crowdfunding il coinvolgimento emotivo è essenziale anche perché nel
caso il progetto sia lanciato dalle pubbliche amministrazioni, la mancanza di budget
non permetterebbe un ritorno monetario ai cittadini, ma al massimo piccole
ricompense immateriali e simboliche.
Il cittadino decide di contribuire per il semplice scopo di migliorare la comunità, non
certo per ricevere qualcosa in cambio.
Un tipico esempio di civic crowdfunding è quello del ponte pedonale costruito a
Rotterdam grazie a una campagna di finanziamento dal basso. «I make Rotterdam» è
il nome della campagna di crowdfunding e vede protagonisti i cittadini di Rotterdam
che, per far fronte al problema della mobilità urbana, si sono organizzati e hanno
auto-finanziato la realizzazione di un ponte pedonale che unisce due estremità della
città fino ad allora impraticabile a piedi.
Un principio indispensabile insito in una piattaforma di civic crowdfunding è la
trasparenza78, ottenuta mediante video, immagini e informazioni relative alle varie
fasi di realizzazione del progetto e al progettista stesso. Tutto ciò rende più facile
per i donatori apprezzare un progetto ma soprattutto permette ai cittadini di seguire
passo per passo lo stato dei lavori e di sapere in che modo esattamente saranno spesi
i loro soldi.
A detta di Angelo Rindone79 , fondatore di «Produzioni dal basso» la prima
piattaforma di crowdfunding nata in Italia, il modello civico del crowdfunding
potrebbe diventare un «discrimine della minoranza», visto che i progetti non saranno
78 La trasparenza è un concetto relazionale e si concretizza nelle relazioni che legano due o più soggetti. Si veda sul tema D. Donati, Il principio di trasparenza nella Costituzione, in F. Merloni (a cura di) La trasparenza amministrativa, Giuffrè, 2008, pag. 83 79 Cfr Angelo Rindone, Crowdfunding civico e bilancio partecipativo, Milano, 2013 in http://www.produzionidalbasso.com/manuale/PDB_cf_e_bp.pdf (consultato il 15 settembre 2013).
44
finanziati dall’intera comunità. Matthew Hollow 80 , ricercatore della Durham
University, pone invece in evidenza la possibilità offerta a chiunque di promuovere
qualsiasi progetto o idea, indipendentemente dalle ambizioni o dalla dimensione.
Quando si parla di crowdfunding civico si parla di «cittadinanza attiva»81 o di
«cittadinanza partecipativa» in quanto sarebbero i cittadini a proporre progetti utili
alla comunità o comunque a scegliere l’entità di denaro da investire e il progetto da
finanziare.
Ma fino a che punto è possibile parlare di partecipazione?
Mettendo per un attimo da parte il crowdfunding, è utile prendere in considerazione
la legge 8 giugno 1990, n. 142, sulle autonomie locali, che ha modificato il rapporto
tra pubblica amministrazione e cittadini.
La legge stabilì per le province e i comuni l’obbligo di dotarsi di uno statuto che
prevedesse il diritto all’informazione dei cittadini e forme di accesso e
partecipazione ai procedimenti amministrativi.
Negli artt. 6 e 7 si precisarono le forme di partecipazione dei cittadini tra le quali
l’accesso ai servizi, alle informazioni e agli atti amministrativi in possesso
dell’amministrazione, i referendum consultivi (anche su richiesta di un adeguato
numero di cittadini), la consultazione della popolazione, le istanze, le petizioni e le
proposte dirette a promuovere interventi per la miglior tutela di interessi collettivi.
In seguito le quattro leggi Bassanini posero le basi per processi di semplificazione,
accesso ai documenti e trasparenza.
Le forme di esercizio di diritti di partecipazione riservate ai cittadini si
identificarono dunque nelle istanze, nelle petizioni, nelle proposte e nelle richieste di
referendum.
Tali riforme spinsero la pubblica amministrazione a muoversi verso l’inclusione
nelle decisioni pubbliche dei cittadini, ossia i destinatari delle decisioni.
Oggi la partecipazione dei cittadini conosce molta diffusione in diverse attività
legate alla pubblica amministrazione come le attività di programmazione e
80 Hollow, M. Crowdfunding and Civic Society in Europe: A Profitable Partnership?, Open Citizenship, 2013;4:68-‐73. 81 Arena parla di cittadinanza attiva facendo riferimento a quei cittadini che si assumono verso la collettività volontariamente doveri che vanno oltre quelli che riguardano lo status di normale cittadino. Cfr G. Arena, op. cit., pag. 153.
45
pianificazione82 o le attività di controllo in cui i cittadini sono chiamati a monitorare
l’efficienza delle amministrazioni.
Il punto fermo del principio di partecipazione è che il legame primario tra cittadini e
pubblica amministrazione è costituito dai loro rappresentanti eletti. Spetta dunque
all’amministrazione (titolare legittimata della funzione di governo) il dovere di
decidere e questo punto fermo non può che essere valido anche per le piattaforme di
crowdfunding civico.
Qualora i cittadini avessero la possibilità di proporre progetti di interesse pubblico e
qualora riuscissero a finanziarlo interamente senza il supporto della pubblica
amministrazione, spetterebbe comunque a quest’ultima la decisione finale in merito
all’approvazione del progetto.
Un caso limite è quello avvenuto a Detroit dove, nel 2011, i cittadini hanno lanciato
sulla piattaforma Kickstarter una campagna di crowdfunding per costruire la statua
di Robocop (famoso poliziotto del film di fantascienza del 1987 girato nella città
statunitense), col progetto di farla diventare nuovo simbolo della città. La statua
sarebbe stata posta, a detta dei 2718 donatori e sostenitori del progetto, all’esterno
dell’ex Michigan Central Station, edificio simbolo della città. In realtà la statua non
è mai stata costruita in quanto il progetto è andato incontro alla ferma opposizione
del sindaco che ha ritenuto che la cifra raccolta dovesse essere destinata a un utilizzo
più consapevole e più utile alla città.
Seppur un caso limite, identificato come civic crowdfunding in quanto si tratta di un
progetto sostenuto dai cittadini per la città, mette ben in evidenza i limiti della
cosiddetta “partecipazione attiva”. I cittadini sono chiamati a proporre progetti ma il
potere decisionale è nelle mani dell’amministrazione.
Alessio Barollo83, uno degli opinion leader italiani sul civic crowdfunding, ha
avanzato una proposta per la creazione di una piattaforma di civic crowdfunding in
82 A questo proposito Donati fa riferimento a casi del piano paesaggistico di cui all’art. 144 del “Codice dei beni culturali e del paesaggio”, D. Lgs. Recante il 22 gennaio 2004, n.42, che prevede «la partecipazione dei soggetti interessati e delle associazioni costituite per la tutela degli interessi diffusi» al procedimento. Cfr D. Donati, Ruolo, limiti e responsabilità dei soggetti della partecipazione nel modello della democrazia partecipativa , in A. Valastro (a cura di) La democrazia partecipativa: itinerari per la costruzione di un metodo di governo. Principi, regole, limiti, Napoli, Jovene, 2010, pag. 28.
46
Italia che consiste nell’integrazione di un sistema di crowdsourcing,
crowdvalidation e crowdfunding.
Nella prima fase i cittadini, singoli o associati, sono chiamati a inserire nella
piattaforma progetti di interesse generale o a finanziare progetti sottomessi dagli
enti (questi ultimi sarebbero facilitati nel capire le priorità dei cittadini a riguardo).
Barollo sottolinea il necessario controllo da parte delle amministrazioni qualora i
progetti siano presentati dai cittadini, un controllo che, come è stato spiegato finora,
è una funzione legittima della pubblica amministrazione.
La proposta di Barollo prevede un’ulteriore fase in cui i progetti vengono votati dai
cittadini; i progetti più votati passano allo stadio successivo, quello di
finanziamento, e una volta raggiunto il target di finanziamento prefissato, vengono
avviati dall’amministrazione.
Anche se garantire il finanziamento di progetti pubblici non è semplice, le
piattaforme di civic crowdfunding potrebbero rappresentare un’alternativa alla
mancanza di budget della pubblica amministrazione per la realizzazione ( e non
solo) di opere pubbliche. Si tratterebbe di piattaforme tese a facilitare l’attuazione
del principio di sussidiarietà offrendo al territorio quei servizi che altrimenti non
sarebbero garantiti, aggirando le problematiche economiche di cui le comunità locali
sono protagoniste.
Una critica condivisibile legata a tale modello di crowdfunding consiste nel
sostenere che i progetti pubblici debbano essere finanziati dai governi locali
attraverso le tasse. D’altra parte, questa nuova forma di finanziamento dal basso
potrebbe rappresentare un supporto ai casi di sussidiarietà: da un lato la libera
iniziativa dei cittadini, singoli o associati, viene favorita dalla pubblica
amministrazione (mediante autorizzazioni o patrocini), dall’altro le proposte della
parte pubblica trovano il supporto e la condivisione dei cittadini attraverso
donazioni.
Il crowdfunding per il bene comune sarebbe un’alternativa alla mancanza di budget
della pubblica amministrazione e permetterebbe di realizzare più progetti legati
83 Cfr. A. Barollo e D. Castrataro, Il Crowdfunding civico: una proposta, 2012, pag.17 in http://issuu.com/alessiobarollo/docs/civic-‐crowdfunding (consultato il 19 settembre 2013).
47
all’interesse generale. C’è da considerare che il piccolo contributo a un’iniziativa
non è obbligatorio ma spontaneo e consapevole: i cittadini scelgono di finanziare un
progetto, anche mediante un piccolo contributo, per un valore affettivo verso il
territorio.
2.5 Le piattaforme di civic crowdfunding nel contesto internazionale
In un suo articolo Alexandra Lange84 , critica di architettura e design,
suppone che una piattaforma di finanziamento adatto per un orologio non possa
essere una piattaforma di finanziamento per una città: Kickstarter non sarebbe
quindi una piattaforma adatta per il civic crowdfunding.
Come si è spiegato in precedenza il crowdfunding per i progetti pubblici è rivolto a
una comunità di un determinato territorio, per tale motivo si suppone necessaria una
piattaforma creata ad hoc per il progetto (ciò che prende il nome di do it yourself) o
una piattaforma che comprenda tutti i progetti di natura civica. In questo secondo
caso è importante che la piattaforma diventi un vero e proprio punto di riferimento
per i soggetti coinvolti a cui è data la possibilità di vedere i progressi e gli sviluppi
dei progetti e di partecipare ulteriormente a prescindere dalla donazione fatta a
favore.
In Italia non esistono piattaforme di civic crowdfunding ma è utile per la ricerca
capire come funzionano le piattaforme esistenti a livello internazionale.
Nella tabella sottostante sono rappresentate le piattaforme di civic crowdfunding
peresenti in Europa e in America.
Piattaforma Nazionali
tà
Chi
presenta i
progetti
Ruolo
pubblica
amministrazi
one
Ruolo cittadini Modello
crowdfund
ing
Spacehive Gran
Bretagna
Cittadini,
singoli o
Progettista Progettista/
donatore
Donation
crowdfundi
84 Alexandra Lange, “Against Kickstarter Urbanism”, Observatory, 5 febbraio 2012, in http://observatory.designobserver.com/feature/against-‐kickstarter-‐urbanism/34008/, (consultato il 16 settembre 2013).
48
associati,
pubblica
amministrazi
one
ng
LeihDeinerSt
adtGeld
Germania Pubblica
amministrazi
one
Progettista Donatore Social
lending
crowdfundi
ng
Neighbor.ly USA Pubblica
amministrazi
one
Progettista Donatore Donation
crowdfundi
ng
Citizinvestor USA Pubblica
amministrazi
one
Progettista Donatore/posso
no proporre
progetti
mediante
petizioni
Reward
based
crowdfundi
ng
Zenfunder USA Cittadini,
singoli o
associati,
Pubblica
amministrazi
one
Progettista Progettista/dona
tore
Donation
crowdfundi
ng
Tabella 2 Le piattaforme di civic crowdfunding nel contesto internazionale.
Spacehive85 è una piattaforma britannica i cui progetti raccolti possono essere
presentati da chiunque: cittadini, associazioni, enti pubblici, aziende private. Si tratta
di una piattaforma di donation crowdfunding, per cui non sono previste ricompense
in cambio delle donazioni.
Finora la piattaforma ha raccolto 255 progetti, 146 al momento in fase di
autorizzazione e ventidue conclusi con successo.
I progetti conclusi con successo hanno ottenuto maggiori donazioni da parte di
grandi finanziatori come organizzazioni, enti o aziende private.
85 La piattaforma Spacehive, è consultabile su https://spacehive.com/growanentrepreneurfortomorrow#Funders, (consultato il 26 settembre 2013).
49
LeihDeinerstadtGeld86 è una piattaforma tedesca che si differenzia da tutte le altre
piattaforme di civic crowdfunding perché si identifica nel modello di social lending.
I cittadini, infatti, possono prestare i propri risparmi all’ente per finanziare un
determinato progetto; essi possono anche scegliere di non farsi ripagare gli interessi
o di ridurli in modo da supportare ulteriormente la comunità.
Ad oggi la piattaforma presenta due casi, uno conclusosi con successo87 e l’altro in
fase di avvio.
Neighbory88 è una piattaforma statunitense con base a Kansas City. Essa raccoglie
solo progetti proposti da amministrazioni locali ed enti pubblici. Si tratta di una
piattaforma di reward crowdfunding, infatti sono previste ricompense in cambio
delle donazioni. Finora sono nove i progetti conclusi, nessuno dei quali ha raggiunto
il budget prefissato ma, trattandosi di un modello keep it all, le somme di denaro
vengono comunque raccolte.
Citizinvestor89 è un’altra piattaforma statunitense creata per raccogliere e finanziare
progetti pubblici. I cittadini hanno la possibilità di finanziare progetti pubblicati dal
governo locale, molti dei quali in lista di attesa nei piani di budget degli enti locali.
Ai cittadini è data la possibilità di dar avvio a petizioni per progetti che vorrebbero
vedere realizzati. A differenza della piattaforma Neighbor.ly questa applica il
modello all or nothing, infatti i progetti non vengono avviati se non raggiungono il
100% del finanziamento necessario.
Le offerte, avendo finalità strettamente pubbliche e quindi categorizzabili come
donazioni, possono essere scaricate dalle tasse.
86 La piattaforma LeihDeinerstadtGeld è consultabile su https://www.leihdeinerstadtgeld.de (consultato il 26 settembre 2013). 87 La campagna di crowdfunding conclusa con successo è stata promossa dal sindaco di Oestrich-‐Winkel, Paul Weimann, a favore dei vigili del fuoco, per finanziare la sostituzione delle reti radio analogiche, l’installazione di una rete wireless e un corso formativo sull’uso del nuovo sistema. La campagna è iniziata il 17 ottobre 2012 e ha raccolto 83.200 euro. 88 La piattaforma di Neighbory, è consultabile su http://neighbor.ly (consultato il 23 settembre 2013). 89 La piattaforma di Citizinvestor, consultabile su http://www.citizinvestor.com (consultato il 23 settembre 2013).
50
Zenfunder90 è una piattaforma di civic crowdfunding californiana. Essa è stata
integrata al sito CitySourced, la piattaforma ufficiale di impegno civico per la città
come San Jose, San Diego, Honolulu, Omalia e il LAUSUD.
Zenfunder raccoglie progetti proposti da cittadini o dalla pubblica amministrazione.
I progetti sono monitorati fin dal momento in cui sono presentati e la «crowd» può
commentare e porre domande circa il progetto, ottenendo aggiornamenti sui
progressi mediante foto e video.
Inoltre la pubblica amministrazione è tenuta a dare informazioni in merito
all’approvazione o disapprovazione di un progetto.
Il legame con CitySourced permette a un residente di segnalare un problema, come
un incrocio pericoloso e allo stesso momento di proporre una soluzione dando avvio
a una campagna di crowdfunding.
Al momento il sito non è di facile navigazione in quanto sulla piattaforma non è
prevista una sezione dedicata solamente ai progetti da finanziare ma è possibile
«scovarli» solo inserendo il nome del quartiere statunitense di interesse91.
2.6 Aspetti normativi: il regolamento Consob
Vige una sorta di autoregolamentazione nel settore del crowdfunding. Per i
modelli di reward based e donation based il denaro offerto dai sostenitori rientra in
ciò che viene definito «donazione»92. Le somme di denaro offerte, infatti, non
possono essere considerate «finanziamenti» in quanto i donatori ricevono in cambio
delle ricompense non in denaro.
Le cose cambiano per il lending based e l’equity based crowdfunding.
90 La piattaforma di Zenfunder, consultabile su http://www.citysourced.com/default.aspx (consultato il 23 settembre 2013). 91 Per un quartiere di San Jose, Pete Constant, un consigliere comunale repubblicano, ha proposto l’installazione di segnali di attraversamento pedonali lampeggianti nelle vicinanze di una scuola elementare. Ad oggi il progetto sembra aver raccolto solo 10 dollari, ma probabilmente la piattaforma è in fase di aggiornamento. Il caso è consultabile a questo indirizzo: http://www.citysourced.com/zenfund/1/unsafe-‐crosswalk-‐in-‐front-‐of-‐de-‐vargas-‐elementary-‐school (consultato il 23 settembre 2013). 92 All’art. 769, Titolo V, Capo I, del Codice Civile, la donazione è definita come “il contratto col quale, con spirito di liberalità, una parte arricchisce l’altra, disponendo a favore di questa di un suo diritto o assumendo verso la stessa una obbligazione”.
51
Nel primo caso la «ricompensa» si identifica negli interessi del prestito e quindi si
parla di «finanziamenti», nel secondo caso la «ricompensa» si traduce in
partecipazioni azionarie.
L’equity based, infatti, permette a una rete distribuita di finanziatori di ottenere
quote o azioni in una società e per tale ragione necessita di una normativa.
La tabella sottostante mostra la situazione normativa nel mondo.
L’Italia è il primo e unico paese nel mondo ad essersi dotato di una normativa
specifica e organica sull’equity crowdfunding93. Ma la tabella mostra che in paesi
come Gran Bretagna, Francia e Germania l’equity, anche se non regolato, è
comunque consentito mediante escamotage che permettono di aggirare le
legislazioni vigenti. Ne sono alcuni esempi:
-‐ modello club: è adottato nel Regno Unito con la piattaforma Crowdcube, si
tratta della vendita di equity a una rete privata (gli investitori registrandosi
alla piattaforma diventano automaticamente soci di un «club» di
investimento chiuso. L’offerta non viene fatta al pubblico);
93 Art. 30 del decreto legislativo 18 ottobre 2012, n.179 convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Tabella 3 Fonte: Crowdfunding industry Report, Massolution 2013
52
-‐ vendita di equity a investitori sofisticati: adottato in Germania con la
piattaforma Innovestment e negli Usa con SeedUps, in attesa dell’attuazione
del JobsAct94;
-‐ modello cooperativa: adottato in Francia con la piattaforma Wiseed. Prevede
la costituzione di un veicolo di investimento indiretto (cooperativa) che
investirà nella società in questione.
Nell’USA nell’aprile 2012 Obama ha adottato una specifica normativa, la Jobs Act,
e ha delegato all’autorità finanziaria statunitense (SEC) un regolamento di
attuazione, tutt’oggi in fase di elaborazione.
Il Jobs Act prevede esenzioni dagli obblighi di registrare offerte pubbliche presso la
SEC. Tali esenzioni permetterebbero di sfruttare i portali Internet. Tra le condizioni:
-‐ per un’offerta possono esserci fino a 500 investitori non accreditati o 2000
investitori totali
-‐ l’uso di portali online è consentito solo per offerte fino a un milione di dollari
-‐ l’investimento massimo avviene in base al reddito annuale di un investitore
-‐ la revisione di bilancio è prevista per offerte tra i 100.000 e i 500.000 $
Probabilmente il Jobs Act ha ispirato in parte il regolamento italiano.
In Italia il quadro normativo di riferimento parte dal cosiddetto «Decreto crescita
Bis», in modo particolare dall’art.30 del decreto legislativo 18 ottobre 2012, n.179
convertito con modificazioni nella legge 17 dicembre 2012, n. 221.
Il decreto è stato adottato con lo scopo di dare uno stimolo alla crescita economica
del Paese, infatti, nella mente del legislatore il crowdfunding rappresenterebbe uno
strumento adatto allo sviluppo delle start-up innovative.
94 Il testo del Jobs Act è disponibile su https://www.govtrack.us/congress/bills/112/hr3606/text (consultato il 23 settembre 2013).
53
La XI sezione del decreto contiene «Misure per la nascita e lo sviluppo di imprese
start up» e l’art. 30 si riferisce alla «Raccolta di capitali di rischio tramite portali
online e altri interventi di sostegno per le startup innovative».
All’art. 30 sono riportati gli artt. 50-quinquies e 100-ter del decreto legislativo 24
febbraio 1998, n. 58.
L’art. 50 riguarda la gestione di portali per la raccolta di capitali per le start-up
innovative. L’art.100-ter riguarda le offerte attraverso portali per la raccolta di
capitali.
Secondo l’art. 50-quinquies TUF:
-‐ è gestore di portali il soggetto che esercita professionalmente il servizio di
gestione portali;
-‐ l’attività di gestione di portali è riservata alle imprese di investimento, alle
banche autorizzate, ai soggetti iscritti in un apposito registro tenuto dalla
Consob.
Secondo l’art.100-ter TUF:
-‐ le offerte al pubblico condotte esclusivamente attraverso portale possono
avere ad oggetto solo la sottoscrizione di strumenti finanziari emessi da start-
up innovative;
-‐ delega a Consob per determinare la disciplina applicabile alle offerte, al fine
di assicurare la sottoscrizione di una quota da parte di investitori
professionali o particolari categorie di investitori (quando l’offerta non sia
riservata esclusivamente a clienti professionali);
-‐ delega a Consob per tutela investitori diversi dai professionali nel caso di
cessione dei soci di controllo a terzi.
Il 26 giugno 2013 la Consob ha presentato il regolamento per l’equity
crowdfunding95.
Il regolamento si compone di venticinque articoli ed è suddiviso in tre parti:
95La Consob con la delibera 26 giugno 2013, n. 18592 ha pubblicato il regolamento in materia di "Raccolta di capitali di rischio da parte di imprese start-‐up innovative tramite portali on-‐line" consultabile all’indirizzo: http://www.consob.it/main/documenti/bollettino2013/d18592.htm (consultato il 23 settembre 2013).
54
La prima parte 1 (artt. 1-3) si riferisce alle fonti normative, alle definizioni e alle
modalità per la comunicazione e la trasmissione alla Consob; la seconda parte (artt.
4-25) fa riferimento all’istituzione del registro, il procedimento di iscrizione, le
regole di condotta e i provvedimenti sanzionatori e cautelari. La terza e ultima parte
del regolamento (artt. 24-25) si riferisce alle condizioni per l’ammissione delle
offerte sul portale e al diritto di revoca.
L’equity crowdfunding è ammesso solo per le start up innovative96. Questo può
rappresentare un limite ma d’altra parte si è scelto di agevolare le start up in quanto
imprese neocostituite sulle quali difficilmente si sceglie di investire.
Tra le start up innovative, come fa notare Alessandro Maria Lerno, non sono
comprese quelle che si occupano di industrial design, una categoria che risulta
essere fortemente finanziata su altre piattaforme come Kickstarter e Indigogo, pur
essendo piattaforme di reward based crowdfunding.
Le startup innovative possono offrire i propri strumenti finanziari attraverso portali
sul web solo se sono iscritte in una sezione speciale del regime delle imprese. Qui
sono tenute a dare tutte le informazioni in merito all’attività svolta, ai soci fondatori,
al personale e ad altri elementi indicati dal Decreto come il bilancio.
Secondo il regolamento le piattaforme online possono essere di due tipi:
-‐ piattaforme web ordinarie;
-‐ piattaforme web gestite da banche e società d’investimento.
In merito alle due piattaforme sono previste differenti indicazioni: le prime sono
obbligate a registrarsi nel registro tenuto dalla Consob e possono gestire
autonomamente operazioni di crowdfunding solo per investimenti minimi (se
l’investitore è una persona fisica il limite di investimento è pari a cinquecento euro e
mille euro annui, se invece si tratta di una persona giuridica il limite è di mille euro e
di diecimila euro annui); banche e società di investimento sono invece più autonome
e le loro piattaforme vengono semplicemente annotate in una sezione speciale del
registro. Quest’ultime hanno un ruolo anche nel caso degli investimenti minimi in
quanto alle piattaforme web ordinarie non è permesso di detenere denaro o strumenti 96 All’art. 25, comma 2, del decreto legge 18 ottobre 2012, n. 179 vengono definite le start up innovative.
55
finanziari di terzi, è quindi necessario aprire un conto a nome della società che
propone l’investimento97.
Il gestore delle piattaforme può fornire diversi servizi agli investitori come la
predisposizione della documentazione per l’offerta, il benchmarking, le analisi
competitive.
Il regolamento Consob punta molto alla trasparenza prevedendo che i portali
forniscano agli investitori chiare informazioni98 circa le start up e le singole offerte
mediante la compilazione di apposite schede fornite dalla Consob. Tali informazioni
possono essere presentate anche mediante strumenti multimediali come video.
Trattandosi di un nuovo strumento di investimento legato a possibili rischi quale
frode o perdita di capitale, il regolamento ha previsto una forte tutela nei confronti
degli investitori retail (quelli diversi da banche, compagnie di assicurazione, Sim,
ecc.) per i quali è previsto una sorta di «percorso di investimento consapevole».
Infatti, prima di poter aderire alle offerte, gli investitori non professionali devono
dichiarare di aver preso visione delle informazioni pubblicate sul portale e nella
sezione di investitor education, rispondere positivamente a un questionario in cui si
vuol valutare le conoscenze dell’investitore in merito ai rischi dell’investimento in
start up innovative e, infine, il soggetto in questione è tenuto a dichiarare di essere in
grado di sostenere economicamente l’eventuale intera perdita dell’investimento che
intende effettuare. Solo dopo essere risultato idoneo a tale «percorso di investimento
consapevole» l’investitore non professionale potrà procedere all’offerta.
Sono previsti inoltre obblighi di tutela degli investitori connessi alla gestione dei
rischi operativi (art.18), di riservatezza (art.19) e di conservazione della
documentazione (art.20).
Agli investitori è riconosciuto il diritto di revoca entro sette giorni dalla data in cui
nuove informazioni rispetto a quelle esposte sul portale sono portate a conoscenza
degli investitori.
97 Nel caso delle piattaforme gestite da banche e SIM ai rapporti tra portale e investitori si applicano le regole comuni di servizi di investimento. 98 L’investitore deve essere in grado di acquisire un’adeguata conoscenza in merito al portale, all’investimento in capitale di rischio immesso da una start up innovativa, alle singole offerte.
56
Una volta acquistati i titoli di capitale si diventa soci della start up e questo implica
la possibilità di partecipare alla vita societaria mediante il diritto di voto (se
previsto) o valutare e approvare i bilanci societari. La documentazione in merito alla
start up non sarà contenuta obbligatoriamente nel portale ma sul sito internet della
società che ciascun socio è tenuto a seguire.
Un punto discusso del regolamento è che alla chiusura dell’offerta il gestore del
portale è tenuto a verificare che il 5% dei sistemi finanziari offerti sia stato
sottoscritto da investitori professionali. Qualora non risulti esserci tale contributo
l’operazione di crowdfunding non può dirsi perfezionata, i sottoscrittori non
assumono la qualifica di azionisti, il denaro raccolto non può essere utilizzato dalla
società target. Questo rappresenta un vero limite per la campagna di crowdfunding
che non può avvalersi dell’investimento di soli investitori non professionali, coloro i
quali rappresenterebbero la crowd.
È importante sottolineare che anche in una campagna di equity crowdfunding il
fattore emozionale gioca un ruolo essenziale. L’investitore è tenuto a investire il
proprio denaro con la consapevolezza che oltre all’impossibilità di ottenere utili fino
a quando l’emittente sarà una start up (come previsto dal Decreto crescita bis che
pone il divieto di distribuzione di utili fino a quando l’emittente possiede i requisiti
di start-up innovativa, e cioè per un massimo di 4 anni dalla iscrizione nella sezione
speciale del registro delle imprese), è anche possibile perdere l’intero capitale
investito.
Non è da sottovalutare il fatto che si tratti di una società da poco costituita, ma
d’altra parte il crowdfunding si basa fondamentalmente sul fattore emozionale, sulla
scelta della «folla» di contribuire a un’idea o a un progetto a cui è interessata.
L’investitore dovrebbe essere «tutelato», oltre che con le indicazioni previste dal
regolamento, anche e soprattutto mediante una sorta di «formazione» al concetto di
crowdfunding che prevede più che un investimento in previsione di utili, una
partecipazione attiva e spontanea della folla spinta dall’interesse verso un progetto.
57
Capitolo 3
SUSSIDIARIETÀ ORIZZONTALE E CROWDFUNDING: L’ANALISI DI
CASI
2.1 Due casi studio: «Acquista con noi un pezzo di storia» e «Un passo
per San Luca»
La tesi mira a cogliere una possibile relazione tra il principio di sussidiarietà
orizzontale e il fenomeno del crowdfunding, in modo particolare a ciò che viene
definito civic crowdfunding.
Finora sono stati presi in esame i due elementi oggetto della ricerca. Da un lato il
principio costituzionale di sussidiarietà, che permette ai pubblici poteri di perseguire
le finalità istituzionali anche attraverso le iniziative autonome dei cittadini, singoli e
associati, la cui azione deve essere riconosciuta, favorita e valorizzata, attribuendo
alla stessa una rilevanza di interesse generale; dall’altro il fenomeno del
crowdfunding definito come il processo di finanziamento dal basso che mobilita
persone e risorse.
I progetti di civic crowdfunding prevedono la partecipazione e la collaborazione di
cittadini, singoli o associati, con la pubblica amministrazione in vista di un’attività
di interesse generale.
Per valutare l’esistenza del binomio «sussidiarietà-crowdfunding», si pone
necessaria l’analisi di due casi studio.
Considerando che in Italia non esistono piattaforme di civic crowdfunding da cui
poter estrapolare casi da analizzare, la scelta è ricaduta su due iniziative promosse da
soggetti privati e favorite dall’amministrazione comunale.
I casi presi in esame provengono da due regioni italiane, Piemonte e Emilia
Romagna, e sono accomunate dall’utilizzo di una piattaforma di crowdfunding volta
alla valorizzazione, in un caso, e alla tutela, nell’altro, di un bene culturale.
In entrambi i casi si tratta di piattaforme do it yourself, create quindi appositamente
per la campagna di raccolta fondi. Per l’analisi dei casi si prenderanno in
58
considerazione determinati item inseriti in una scheda che permette di sintetizzare e
evidenziare gli elementi più significativi dal punto di vista sussidiario99.
Gli item presi in considerazione sono i seguenti: i soggetti privati, i soggetti
pubblici, il comportamento dei soggetti pubblici, il bene comune, il meta bene
comune, l’origine dell’intervento, i destinatari e le risorse.
L’attività di interesse generale di ciascuna iniziativa sarà analizzata con riferimento
alle disposizioni del «Codice dei beni culturali e del paesaggio»100 del decreto
legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, soprattutto in merito alle funzioni che i soggetti
pubblici e privati espletano in ordine ai beni culturali.
Si consideri che nel nuovo art. 117 della Costituzione101 le funzioni in tema di beni
culturali sembrano sostanziarsi nella tutela e nella valorizzazione; secondo il Codice
le due funzioni sono chiamate a “preservare la memoria della comunità nazionale e a
promuovere lo sviluppo della cultura”102.
Nonostante l’art.9 comma 2 della Costituzione richiami il dovere di tutti i livelli
istituzionali ad assicurare e sostenere la conservazione del patrimonio culturale e
favorire la pubblica fruizione e valorizzazione, la «tutela» dei beni culturali
spetterebbe alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, in base a quanto dispone
l’art. 117 della Costituzione103.
La «valorizzazione» dei beni culturali è invece assegnata alla potestà legislativa
concorrente tra Stato e Regioni104: la legge statale sarebbe autorizzata a intervenire
solo per la fissazione dei principi fondamentali, lasciando la restante disciplina alla
legge regionale105.
La valorizzazione intesa come attività amministrativa può essere a iniziativa
pubblica o privata. La prima è retta dai principi che caratterizzano i servizi pubblici,
99 Il modello della scheda è in linea con i casi di amministrazione condivisa archiviati da Labsus, il laboratorio per la sussidiarietà che punta alla promozione di un’amministrazione condivisa. Il sito web di Labsus è consultabile su http://www.labsus.org (consultato il 14 ottobre 2013). 100 D’ora in avanti Codice. 101 Risultante dopo la riforma del Titolo V operata dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n.3. 102 Art. 1, comma 1, Codice dei beni culturali e del paesaggio, del d. lgs. 22 gennaio 2004, n. 42. 103 Art. 117, comma 2, lett. s, legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3. 104 Art, 117, comma 3, legge costituzionale 3 del 2000. 105 Cfr C. barbati et al. (a cura di), Diritto e gestione dei beni culturali, Bologna, Il Mulino, 2006, pag. 116.
59
la seconda pone le premesse per l’applicazione di normative di sostegno, di tipo
economico e fiscale106.
La valorizzazione spetta anzitutto al soggetto che ha la proprietà del bene culturale,
ma risulta altresì possibile alla parte pubblica concorrere alla valorizzazione dei beni
privati e, viceversa, alla parte privata partecipare alla valorizzazione di beni
pubblici.
L’analisi del primo caso, facente riferimento all’acquisizione di un bene culturale da
parte di un museo, si soffermerà sul rapporto tra pubblico e privato nella disciplina
della valorizzazione del bene culturale.
Nel secondo caso si porrà attenzione alla disciplina della tutela e in modo particolare
alla raccolta fondi volta al restauro di un bene culturale.
L’analisi degli item dei casi e il riferimento alle discipline di valorizzazione e tutela
aiuteranno a capire se il convergere di soggetti pubblici e privati verso l’obiettivo
comune, rappresentato dall’interesse generale, possa essere considerato un caso
sussidiario così come inteso dal principio costituzionale.
I casi saranno infine analizzati dal punto di vista delle strategie comunicative attuate
per il coinvolgimento dei soggetti pubblici e privati.
2.2 La città di Torino coinvolta in una campagna di crowdfunding per
l’acquisizione di un bene culturale.
«Acquista con noi un pezzo di storia» è il nome attribuito alla prima
campagna di crowdfunding italiana per l’acquisto di un’opera d’arte conclusasi con
successo.
Il 31 gennaio 2013 il museo Palazzo Madama di Torino ha lanciato una
sottoscrizione pubblica per l’acquisto di un servizio in porcellana di Messein,
appartenuto alla famiglia Tapparelli d’Azeglio.
Nel dicembre 2012 il museo raggiunse un accordo con la casa d’aste Bonhams di
Londra e con il proprietario dell’opera per acquisirla prima della vendita pubblica.
106 Cfr. ibidem pag. 105.
60
Per l’acquisto dell’opera sarebbe stato necessario raccogliere 66 mila sterline (circa
80 mila euro) entro il 31 marzo 2013.
Grazie alla campagna di crowdfunding sono stati raccolti ben 96.103,90 euro in soli
due mesi, dal 31 gennaio al 31 marzo, permettendo di restituire al museo, alla città
di Torino e ai cittadini un patrimonio culturale.
Per ragioni di drammatica congiuntura economica il museo non acquisiva opere dal
2008, perciò in tale occasione si è scelto di sperimentare un’operazione di
crowdfunding che potesse mobilitare cittadini, associazioni, imprese e
amministrazioni per la valorizzazione di un bene culturale.
Di seguito è presentata la scheda del caso in cui sono sintetizzati e evidenziati gli
elementi più significativi dal punto di vista sussidiario.
Origine dell’intervento La campagna di crowdfunding è stata
promossa da Palazzo Madama, un ente
privato di natura pubblica.
Cosa Attraverso una piattaforma di crowfunding
sono stati raccolti i fondi necessari per
l’acquisto dell’opera d’arte appartenente
alla storia torinese. Cittadini (torinesi e
non), associazioni e imprese hanno
contribuito economicamente all’iniziativa
con donazioni dai 2 euro in su.
Dove Torino
Soggetti privati che si attivano Museo Palazzo Madama, cittadini
Soggetti pubblici coinvolti Comune di Torino
Comportamento dei soggetti pubblici Il Comune di Torino ha dato libertà di
azione al museo e sostenuto la raccolta
fondi dal punto di vista della
comunicazione.
Bene comune Bene artistico e culturale
Meta bene comune Restituzione di un pezzo di storia della
città, rafforzamento dei rapporti sociali,
valorizzazione della cultura
Destinatari Città di Torino e l’intera umanità per il
61
valore artistico, culturale e storico
dell’opera.
Risorse Le risorse sono state reperite tramite una
piattaforma di crowdfunding.
Risultati Sono stati raccolti 96.103,90 euro (con
1590 donazioni) grazie ai quali oggi il
servizio di porcellana di Messein è esposto
a Palazzo Madama.
Replicabilità È replicabile soprattutto nell’ambito
culturale in assenza di fondi per la cultura. Tabella 4 La scheda di analisi del primo caso sussidiario.
2.2.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nell’iniziativa
Tra i soggetti coinvolti vi è principalmente il museo Palazzo Madama. Il
museo fa parte della Fondazione Torino Musei sorta il 26 luglio 2002 a seguito
dell’applicazione dell’art. 35 della legge 28 dicembre 2001, n. 448. La legge
prevedeva la possibilità per gli enti locali di costituire fondazioni a cui affidare il
proprio patrimonio artistico e culturale.
Nella deliberazione del Consiglio Comunale di Torino, che ha come oggetto la
costituzione della Fondazione Torino Musei, si legge che “il modello proposto
permette al Comune di mantenere le funzioni di vigilanza e controllo sul sistema
museale torinese e, nel contempo, di compartecipare alla gestione dei servizi
museali, in quanto la città sarà autorevole socio fondatore dell'ente di diritto privato
di cui si tratta, con poteri evincibili dallo statuto allegato alla presente proposta”107.
Si tratta quindi di un ente privato di natura pubblica. Il soggetto in questione ha
promosso l’iniziativa che è stata accolta dai cittadini propensi a collaborare per
l’acquisizione di un bene culturale.
Un sostegno fondamentale è stato quello della Consulta per la Valorizzazione dei
beni artistici e culturali di Torino108. La Consulta ha sostenuto l’iniziativa sia dal
punto di vista finanziario (facendosi carico delle spese di comunicazione 107 È possibile consultare la deliberazione del consiglio comunale di Torino per la costituzione della Fondazione Torino Musei su http://www.fondazionetorinomusei.it/contenuto2.php?pag=124 (consultato il 10 ottobre 2013). 108 La Consulta è un’associazione composta da trentacinque aziende ed enti del territorio che investe nel recupero e nella valorizzazione del patrimonio storico-‐artistico di Torino.
62
dell’iniziativa e dei costi dell’implementazione del sito web dedicato alla raccolta
fondi online) sia dal punto di vista logistico (partecipando a tutte le fasi di
progettazione, realizzazione e promozione della raccolta fondi).
Il soggetto pubblico coinvolto è il Comune di Torino. La parte pubblica ha
«favorito» l’iniziativa dando la libertà di azione al museo e sostenendo la raccolta
fondi dal punto di vista comunicativo mediante la presenza dell’assessore alla
cultura della città di Torino, Maurizio Braccialarghe, al lancio e alla chiusura
dell’iniziativa.
L’amministrazione comunale si è quindi limitata ad assecondare l’iniziativa di
privati cittadini senza collaborare in altro modo.
2.2.2 L’attività di interesse generale: la valorizzazione di un bene
culturale
L’attività di interesse generale del caso in analisi è la valorizzazione di un
bene culturale.
Seppur in Italia il settore dei beni culturali è stato un ambito per lungo tempo gestito
dallo Stato, con il Codice dei Beni Culturali e del paesaggio anche i privati cittadini
hanno la possibilità di concorrere alla valorizzazione.
Rispetto alla tutela, la valorizzazione appare una funzione «aperta» perché idonea a
comprendere ogni iniziativa rivolta a favorire il godimento del bene da parte della
collettività e «dinamica» perché esposto a quelle trasformazioni indotte
dall’evoluzione della società sulle modalità del pubblico nel godimento dei beni
culturali109.
A detta del Codice le attività di valorizzazione dei beni culturali consistono nella
costituzione e organizzazione stabile di risorse, strutture o reti, o nella messa a
disposizione di competenze tecniche o risorse finanziarie o strumentali, finalizzate a
promuovere il patrimonio culturale e a garantire la fruizione pubblica del patrimonio
stesso.
All’art. 6 comma 1 del Codice la valorizzazione viene definita come
109 Cfr C. Barbati et. al. (a cura di), op.cit., pag. 57.
63
l’esercizio delle funzioni e della disciplina delle attività dirette a promuovere la conoscenza del patrimonio culturale e ad assicurare le migliori condizioni di utilizzazione e fruizione pubblica del patrimonio stesso.
L’articolo richiama inoltre il principio di sussidiarietà orizzontale definendo che la
Repubblica è tesa a “favorire la partecipazione dei soggetti privati alla
valorizzazione del patrimonio culturale”.
Il principio costituzionale è ripreso all’art. 111 del Codice in cui è ribadito che alle
attività di valorizzazione di beni culturali “possono concorrere, cooperare o
partecipare soggetti privati” precisando poi nel comma 2 che “la valorizzazione è a
iniziativa pubblica o privata”.
Nel caso in analisi l’attività di valorizzazione, coincidente con l’acquisizione di
un’opera d’arte, è un’iniziativa privata. Il Museo Palazzo Madama, promotore
dell’iniziativa, come si è detto, fa parte della Fondazione Torino Musei nata con la
legge 28 dicembre 2001, n. 448 che offre la possibilità agli enti locali di affidare i
servizi culturali alle fondazioni110.
L’art. 113 del Codice si sofferma sulla possibile cooperazione tra soggetti pubblici e
privati. La collaborazione può identificarsi nel «sostegno pubblico» (con aiuti
economici, mediante sovvenzioni o agevolazioni fiscali, o con accordi o altre
tipologie di convenzioni). I soggetti pubblici volti a favorire gli interventi di
valorizzazione promossi dai privati possono concordare con questi ultimi le modalità
della valorizzazione, altrimenti esclusa da interferenze pubbliche.
Nel caso esaminato la parte pubblica non ha previsto alcun sostegno economico a
favore dell’iniziativa del museo. Il «favorire» dell’amministrazione comunale si è
limitato al consenso dato per procedere con la raccolta fondi.
Nonostante ciò l’amministrazione non può che trarne vantaggio dall’azione di
privati in quanto le crescenti difficoltà organizzative e finanziarie della gestione
pubblica pongono la necessità di affiancare a quest’ultima privati in grado di 110 Il modello fondazione è caratterizzato dall’assenza dello scopo di lucro e dalla capacità di intervenire sulla natura giuridica del bene o dell’istituto culturale (il museo), trasformandolo in un soggetto formalmente privato che, in quanto tale è, o può essere aperto alla partecipazione di terzi (soggetti pubblici o privati non profit), cfr. ibidem, pag. 216.
64
svolgere meglio e con minori costi i propri compiti. Il caso in questione vede quindi
l’applicazione del principio di sussidiarietà quale principio inteso come il
«soccorso» di soggetti privati, nei confronti della pubblica amministrazione, per lo
svolgimento di un’attività di interesse generale.
Il caso presenta inoltre alcuni punti su cui è bene porre attenzione. Da un lato,
trattandosi di una campagna di crowdfunding, l’azione non è continuativa e non si
prolunga nel tempo. Cittadini, associazioni, imprese e pubblica amministrazione
sono stati coinvolti in una raccolta fondi lanciata a gennaio 2013 e conclusa a marzo
2013. Allo stesso modo l’iniziativa ha generato un’opportunità a lungo termine per
le presenti e future generazioni, in quanto il bene acquisito è oggi esposto in un
museo e permette la fruizione da parte di tutta la collettività.
D’altra parte l’iniziativa prevede un rapporto «virtuale» tra i cittadini o comunque
limitato ad alcuni eventi promossi dal museo (conferenze, mostre, incontri). Seppure
la collaborazione tra i singoli appare alquanto limitata il progetto di finanziamento
dal basso ha visto la mobilitazione dei cittadini ottenendo un risultato positivo e
rendendo il caso replicabile.
2.2.3 La campagna di crowdfunding tra online e offline
Il caso analizzato è un caso di civic crowdfunding che vede i cittadini, singoli
e associati, coinvolti in una raccolta fondi per l’acquisizione di un bene culturale.
Come spiegato nel capitolo precedente, la «crowd» è spesso una comunità locale
legata al territorio a cui è collegato il progetto da finanziare. Infatti il target di
riferimento preso in considerazione dal museo sono i cittadini torinesi.
Il museo ha creato un sito web apposito per il progetto scegliendo di non affidarsi a
una piattaforma di crowdfunding già esistente. Il sistema del do it yourself è una
tendenza tutta italiana e viene sfruttata soprattutto nei casi in cui la somma da
raggiungere è troppo alta rispetto alla media dei progetti presentati sulle piattaforme
generaliste. Inoltre il museo è stato incentivato in questa scelta dalla possibilità
offerta dalla Consulta di avere a disposizione un budget utile alla creazione del sito
web.
65
La campagna di crowdfunding ha condotto a un risultato positivo dovuto, a detta di
Carlotta Margarone, la responsabile del settore di comunicazione del Museo Palazzo
Madama, a diversi fattori tra cui “l’ascolto e la conoscenza dei pubblici,
l’applicazione di strumenti di partecipazione, coinvolgimento e condivisione, lo
studio di esempi di musei esteri, la costante analisi dell’andamento dell’iniziativa e
dei risultati attesi e raggiunti”.
Uno degli elementi a favore del museo è stata la possibilità di far partire la raccolta
fondi con un budget d’inizio pari a 30 mila euro, derivante da una generosa
donazione testamentaria da parte di un privato, il signor Franco Coppi.
Inoltre il prestigio del museo Palazzo Madama e le iniziative realizzate negli anni
precedenti hanno permesso di creare una vera e propria «community»: il museo
conta circa ottanta mila abbonati111.
D’altra parte si consideri che una campagna di crowdfunding si fonda sulla
partecipazione emotiva del pubblico. Il riferimento a due casi esteri può rendere più
chiaro il concetto: nel 2008 la National Gallery di Londra e le National Galleries di
Scozia hanno lanciato la campagna di raccolta fondi per l’acquisizione di «Diana e
Atteone», un importante dipinto di Tiziano; nel 2012 l’Ashmolean Museum ha
acquisito il ritratto di Mademoiselle Claus di Edouard Manet per la cifra di 7,8
milioni di euro. In entrambi i casi esteri si tratta di opere d’arte di famosi artisti che
grazie alla loro fama coinvolgono emotivamente il pubblico.
Nel caso dell’acquisizione del servizio in porcellana è stato necessario costruire e
condividere un racconto che mettesse in evidenza il valore, la storia e l’importanza
del servizio d’Azeglio per la città di Torino. La percezione dell’opera quale bene
comune avrebbe coinvolto emotivamente il pubblico.
Dal punto di vista della strategia comunicativa, la campagna si è rivolta a differenti
target di riferimento:
111 Il target degli abbonati è stato quello preso principalmente in considerazione dal Museo. L’aspettativa era quella di raccogliere 80 mila euro anche grazie a una donazione minima di ciascun abbonato. I risultati sono stati diversi, solo il 40% dei donatori risulta appartenere alla fascia degli abbonati al museo.
66
- il mercato di massa: cittadini disposti a donare una piccola somma al
museo;
- il mercato dei membri del museo e dei loro amici: cittadini già legati al
museo;
- il mercato dei donatori di livello sociale elevato: cittadini che potrebbero
essere indotti dal loro reddito e dall’interesse verso il museo a donare una
somma significativa;
- il mercato dei donatori ad alto reddito: cittadini ma anche aziende disposti a
contribuire con cifre elevate.
Trattandosi di un progetto di crowdfunding rivolto a una specifica comunità locale,
la campagna di comunicazione deve necessariamente dividersi tra la sfera online e
quella offline, quest’ultima più strettamente legata al territorio.
Seppur il museo abbia deciso di limitare al minimo gli investimenti in
comunicazione tradizionale sfruttando il web, il digital divide e la poca propensione
degli italiani nell’effettuare pagamenti online hanno indotto il museo allo sviluppo e
alla promozione di eventi, incontri pubblici, conferenze, visite guidate e piccole
mostre. Tutto ciò volto al coinvolgimento del pubblico tipico del museo che per il
38,6 % è composto da persone con età dai 51 ai 65 anni.
Dal punto di vista della strategia comunicativa attuata sul web è utile l’analisi del
sito e dei social network utilizzati per coinvolgere il target dedicato.
Il sito web rappresenta il centro principale della raccolta fondi ed è lo spazio
dedicato alla trasparenza del progetto.
Presenta una struttura semplice e coinvolge gli utenti in cinque step:
- homepage: viene presentato il progetto con un breve racconto mirato al
coinvolgimento emotivo dei lettori. Sono inseriti due link di rimando al sito
istituzionale di palazzo Madama contenenti approfondimenti storici;
- registrazione: in questa sezione l’utente è chiamato a inserire i propri dati
personali. La sezione è specificatamente dedicata a un’azienda o a un singolo
privato;
67
- scelta dell’importo: l’utente è chiamato a scegliere l’importo da versare in
favore del progetto avendo la possibilità di scegliere o importi prestabiliti e
collegati a determinate ricompense o una donazione libera;
- scelta del metodo di pagamento: l’utente ha la possibilità di pagare online
con carta di credito, bancomat o PayPal o in banca mediante bonifico
bancario;
- riepilogo e conferma: tale sezione permette all’utente di confermare
l’operazione.
A campagna conclusa è possibile visualizzare sul sito web una lista contenente nome
e cognome dei rispettivi donatori.
Trattandosi di una campagna di reward based crowdfunding sono state previste delle
ricompense che si differenziano in base al contributo donato. Le donazioni
predefinite corrispondono a due, quindici, cinquanta e cento euro con rispettivi
benefit che vanno dal ringraziamento pubblico ai biglietti gratuiti per accedere al
museo.
Per la promozione del sito online si è fatto un largo e accurato uso dei social media,
in particolare Facebook, Twitter, Instagram e Pinterest. Il contenuto di ciascun
strumento social si è adattato al target di riferimento.
- Facebook - target generalista: rientrano utenti nazionali e internazionali
amanti della tecnologia, dei social media e dell’arte in generale;
- Twitter - target specifico: rientrano utenti nazionali e internazionali
specificatamente amanti dell’arte e dei social media;
- Pinterest - target specifico: utenti dai 18 ai 26 anni, casalinghe, amanti della
cucina e del fai da te;
- Instagram- target vario: amanti della fotografia in generale.
Alcuni hashtag rappresentavano momenti ludici di condivisione di foto o citazioni.
L’hashtag #cupforfund invitava gli utenti, ad esempio, a condividere la foto della
propria tazza preferita.
La strategia social è stata ovviamente volta a coinvolgere un target giovane e amante
dei social.
68
Come mostrato nel grafico sottostante la strategia social ha ottenuto visibili risultati:
i picchi delle donazioni corrispondono ai picchi di attività sui social media. Pare che
la promozione sul web sia riuscita a mobilitare la «crowd».
La campagna di crowdfunding si è estesa anche a livello offline. Il lancio pubblico
dell’iniziativa è avvenuto con la presenza dell’assessore alla cultura della città di
Torino Maurizio Braccialarghe; sono seguiti tre comunicati stampa: uno di lancio,
uno intermedio per mostrare aggiornamenti sulla campagna e uno finale a risultato
raggiunto.
La stampa ha prodotto 62 articoli sull’argomento e sono stati mandati in onda sei
servizi televisivi e tre radiofonici.
In una campagna di crowdfunding è importante che il donatore possa rapportarsi con
il progetto o il progettista, in questo caso con il museo. A questo scopo sono stati
programmati diversi eventi tra cui conferenze, piccole mostre e visite guidate
gratuite.
Dal 20 febbraio al 20 marzo 2013 è stato esposto a Palazzo Madama il dipinto
appartenente alle collezioni della Galleria d’Arte Moderna di Torino che raffigura la
tazzina del servizio d’Azeglio, un’occasione per raccontare ancora una volta la storia
che coinvolge i cittadini torinesi.
Figura 3 -‐ Confronto donazioni e attività sui social. Fonte Palazzo Madama.
69
Durante gli eventi il museo ha messo a disposizione delle teche in cui era possibile
donare in contanti; inoltre è stato distribuito un pieghevole il cui contenuto si
divideva tra una breve storia del servizio, l’invito a donare e l’IBAN sul quale poter
direttamente effettuare il versamento.
2.2.4 I risultati
La raccolta fondi ha visto la partecipazione di ben 1590 donatori. Sono stati
raccolti 96.103,90 euro, di cui 88.994,49 tramite il sito web.
Come mostrato nella fig.4112 poco più della metà dei donatori ha contribuito
mediante donazioni online.
La scelta di differenziare le vie di accesso alla donazione, tenendo conto del digital
divide e di un pubblico over 60, ha condotto a risultati positivi.
Le donazioni al di sopra dei mille euro sono state quattordici (di cui una ha
raggiunto il picco di dodici mila euro). I big funders in parte sono stati raggiunti con
i contatti diretti della direzione del museo e in parte si sono presentati
spontaneamente in favore del bene comune.
112 Elaborazione personale dell'autore della tesi sulla base dei dati gentilmente forniti da Carlotta Margarone, responsabile di comunicazione del Museo Palazzo Madama. Il report ufficiale «Acquista con noi un pezzo di storia: Crowdfunding a Palazzo Madama. Scelte, strategie e analisi dei risultati.» è in fase di pubblicazione nella rivista annuale di Palazzo Madama.
45%
21%
19%
15%
Tipologia di pagamento
Contante
Boniyico
Carta di credito
Paypal
Figura 4 -‐Tipologia di pagamento. Fonte Museo Palazzo Madama
(N) 1590
70
Ma la vera forza di questa raccolta fondi sono state le donazioni comprese tra i 2 e i
25 euro. Questo dato pone in evidenza la caratteristica del crowdfunding: la raccolta
di micro donazioni per un grande progetto.
Il target maggiormente raggiunto dalla strategia comunicativa è stato infatti il
mercato della massa disposta a contribuire con piccole donazioni.
A fine campagna è stato inviato via web un questionario a tutti i donatori teso a
verificare la composizione anagrafica dei sostenitori, le vie di comunicazione più
efficaci e le motivazioni che hanno spinto alla donazione. Sono state raccolte 581
risposte e tra i dati più significativi si segnala il 32% dei donatori che dichiara di non
essere un abbonato ai Musei Torino Piemonte; questo dato mette in evidenza il fatto
che la campagna di crowdfunding abbia raggiunto fasce di pubblico nuove, non
legate precedentemente al museo.
L’86,2% dei donatori ha residenza a Torino e questo mostra il carattere locale della
campagna rivolta prevalentemente alla comunità torinese.
Alla domanda “Come è venuto a conoscenza dell’iniziativa di raccolta fondi?” il
16% in totale dichiara di aver conosciuto il progetto grazie all’accesso via web e in
modo particolare tramite la newsletter del Museo; il 12 % dichiara di aver avuto
accesso alla notizia mediante il passaparola. Ancora una volta la sfera online e
quella offline si compensano.
24%
41%
14%
12%
7%
2%
Somme donate
da 2 a 9 euro
da 10 a 25 euro
da 26 a 50 euro
da 51 a 100 euro
da 100 a 500 euro
oltre 1000 euro
Figura 5-‐ Somme donate. Fonte Museo Palazzo Madama.
(N) 1590
71
Molto interessanti i dati in merito alle motivazioni che hanno spinto i donatori a
contribuire all’iniziativa.
Più della metà dei donatori richiama tra le motivazioni la «partecipazione a un
progetto della collettività» e la «salvaguardia di un bene comune».
Figura 6-‐ Le motivazioni che hanno spinto i sostenitori a partecipare con un contributo alla raccolta fondi.
Partecipazione e bene comune possono essere considerati gli elementi chiave che
favoriscono un binomio possibile tra sussidiarietà e crowdfunding. Sono gli stessi
cittadini a individuare l’empowerment a loro favore offerto da una campagna di
crowdfunding in cui online e offline sono coniugati da una rete di soggetti attivi
volti a promuovere azioni di interesse generale che in questo caso si concretizzano
nella valorizzazione di un bene culturale.
3.3 Il Comune di Bologna e i cittadini per il portico di San Luca
Il secondo caso analizzato vede il sistema del crowdfunding integrato in un
ampio progetto promosso dal Comune di Bologna, il «Progetto Portici». Tale
progetto è volto alla tutela e alla valorizzazione di un bene comune della città che si
estende per 42 km: i portici di Bologna.
24%
54%
56%
45%
3%
14%
4%
Fiducia nelle proposte di Palazzo Madama/ Legame affettivo con Il Museo
Partecipazione a un progetto della collettività
Proteggere un bene comune
Amore per la mia città/ amore per la cultura italiana
Fare un omaggio alla memoria della fam. Tapparelli D'Azeglio
Arricchire le collezioni del Museo
Gratificazione personale/ dono
Le motivazioni dei sostenitori. (Due risposte) (N) 581
72
La campagna di crowdfunding sarà lanciata a fine ottobre 2013 e sarà interamente
dedicata alla raccolta fondi per il restauro del portico di San Luca, simbolo della
città emiliana.
Ai fini della ricerca è opportuno avere un quadro completo del «Progetto Portici»
mediante la definizione dei soggetti coinvolti e delle iniziative correlate, tra cui la
campagna di crowdfunding.
Dal 2006 il sistema portici e il portico di San Luca sono stati inseriti nella lista
propositiva italiana dei siti Patrimonio dell’Umanità dell’UNESCO. Tale
candidatura è stata riconfermata nelle ultime liste propositive. Per ottenere il
riconoscimento definitivo l’UNESCO richiede la presentazione di un dossier di
candidatura in cui sia espressa l’unicità e la particolarità dei portici di Bologna come
patrimonio culturale. Rilevante per l’UNESCO è la valorizzazione del portico non
solo come manufatto di qualità architettonica ma anche nei suoi significati
comunitari, sociali e sussidiari: il portico come bene comune.
Per tale motivo il progetto, delineato dall’amministrazione comunale, prevede
iniziative mirate a coinvolgere attivamente i cittadini, favorendo da un lato la
conservazione del bene in oggetto e dall’altro la sua valorizzazione a livello
internazionale.
Il Comune di Bologna si presenta come una regia chiamata a guidare la promozione
della candidatura assieme a diversi soggetti tra cui la Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici della provincia di Bologna, la Regione Emilia
Romagna, la Provincia di Bologna, la Fondazione Del Monte, la Fondazione
Carisbo, la Camera di Commercio, l’APT servizi, l’università e la curia.
Il dossier richiesto dall’UNESCO presenterà due macro temi, uno dedicato agli
aspetti storico-scientifici, l’altro al piano di gestione. L’amministrazione comunale
si è affidata a degli interlocutori dotati di conoscenze specifiche nel campo.
La cura del dossier per gli aspetti storico-scientifici è stata infatti affidata al Centro
«Gina Fasoli»113 per la storia delle città, afferente al Dipartimento di Scienze
113 Il Centro svolge attività di ricerca nell’ambito della storia della città, incrociando gli studi storici con le tecnologie informatiche e i fondamenti metodologici e disciplinari delle scienze delle costruzioni e dell’urbanistica.
73
dell’educazione dell’Università di Bologna. A tale istituzione spetta la descrizione
storica, architettonica e scientifica del bene.
Degli aspetti di natura gestionale si occuperà la società Tecnicoop114, chiamata a
compilare la parte del dossier dedicata a un vero e proprio piano di gestione. “Il
Piano di Gestione comprenderà il quadro delle misure legislative, regolamentari e di
pianificazione messe in atto per proteggere e gestire il bene.”115 Il dossier conterrà
quindi informazioni in merito alle modalità di manutenzione, conservazione e
rivalutazione del portico.
Lo studio affronterà diversi temi: l’identificazione e la descrizione del bene, i motivi
della candidatura, i problemi di tutela e i fattori che ne influenzano la conservazione
e le linee guida per la costruzione di un progetto di protezione e gestione.
Lo studio degli aspetti di natura gestionale prevede il coinvolgimento attivo dei
cittadini mediante questionari, incontri, discussioni e forum online. Le esigenze di
intervento saranno definite mediante un lavoro di ascolto e condivisione con i
principali stakeholders e la comunità tutta. Un progetto che mette in primo piano ciò
che viene definita «amministrazione condivisa».
Sono diverse le iniziative del Progetto Portici, tutte attente coinvolgere la
cittadinanza e a raccogliere proposte, suggerimenti e idee.
Uno strumento volto alla partecipazione e al racconto del progetto è il «Repository
Grafico», una piattaforma volta all’elaborazione e alla messa in relazione di tutti i
dati e le informazioni a disposizione sui portici. La realizzazione sarà curata dal
Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna e dal Cineca116.
Si tratta di uno strumento di valorizzazione di un bene che nasce in chiave
innovativa ma allo stesso tempo partecipata. Un progetto innovativo che prevede un
lavoro di gruppo tra diversi soggetti:
-‐ i Sistemi Informativi territoriali del Comune (SIT) forniranno la base
cartografica con riferimenti territoriali costantemente aggiornati; 114 Tecnicoop è una società di ingegneria che eroga servizi tecnici e promuove progetti innovativi in materia di sostenibilità territoriale, ambientale ed economica. 115 L’affermazione è tratta dalla scheda riassuntiva del Progetto Portici fornita dal coordinatore del progetto, Luigi Virgolin, funzionario del Comune di Bologna presso il Dipartimento di Economia e promozione della città. 116 Il Cineca (Consorzio Interuniversitario per il calcolo automatico dell’Italia Nord Orientale) è il maggiore centro di calcolo in Italia.
74
-‐ il Dipartimento di Architettura dell’Università di Bologna produrrà i
modelli tridimensionali;
-‐ il CINECA avrà il compito di collegare i modelli 3D con gli altri
database e gli archivi documentali e di sviluppare un’interfaccia grafica per
la navigazione e la visualizzazione.
La piattaforma potrà quindi interfacciarsi con tutti i database che già esistono in città
sui portici.
Oltre il carattere informativo e di divulgazione culturale, la piattaforma si presenterà
quale strumento partecipativo permettendo alla comunità di condividere progetti
culturali volti alla valorizzazione dei portici. Il repository grafico diventerà
strumento di racconto anche mediante il supporto dei social e dei contribuiti dei
cittadini concretizzati nella condivisione di foto e video.
La piattaforma sarà strumento volto a lanciare campagne di sensibilizzazione sulle
criticità dei portici segnalate dagli stessi cittadini. Le criticità segnalate diventeranno
priorità per l’amministrazione comunale tesa a promuovere una nuova realtà di
amministrazione condivisa.
Il Progetto Portici prevede due bandi per due iniziative particolarmente sussidiarie:
l’iniziativa «adotta un chilometro di portico» e il sistema di incentivi messi a
disposizione dall’amministrazione per la manutenzione dei portici e le facciate degli
edifici.
«Adotta un chilometro di portico» è un caso sussidiario in quanto promosso da un
gruppo di privati cittadini con l’interesse di contribuire al miglioramento della
qualità urbana dei portici, mettendo al servizio del bene non solo le competenze
manageriali ma anche le risorse finanziarie necessarie a mantenere economicamente
il progetto. L’amministrazione comunale ha favorito l’iniziativa accogliendola e
autorizzando la fase sperimentale dell’attività con la delibera della giunta comunale
del 27/11/2012. L’iniziativa consiste nella gestione della pulizia, in modo continuo e
professionale, di un tratto di portico da parte di privati o aziende locali.
In seguito a un risultato positivo, derivante dalla fase sperimentale, il Comune di
Bologna ha lanciato un bando per la selezione di soggetti privati con i quali stipulare
contratti di sponsorizzazione per la pulizia di tratti dei portici cittadini.
75
I soggetti candidati avranno il compito di occuparsi della pulizia del tratto di portico
«adottato» a loro spese, ottenendo in cambio visibilità mediante i mezzi di
comunicazione a diposizione del Comune.
La seconda iniziativa è volta alla collaborazione tra amministrazione comunale e
cittadini per interventi di manutenzione dei portici mediante la pulizia dei muri da
vandalismi grafici e la rimozione di oggetti incongrui.
Sono chiamati ad aderire a tale progetto i singoli proprietari dei portici, a cui il
comune concederà gratuitamente il suolo pubblico necessario al cantiere, o i
proprietari organizzati in forma associata, a cui sarà concesso gratuitamente il suolo
pubblico e il canone per impianti pubblicitari. Trattandosi di un’attività di tutela, le
azioni di manutenzione prevedono l’autorizzazione della Soprintendenza per i beni
architettonici e paesaggistici per l’esecuzione di lavori di pulitura su beni immobili
sottoposti a vincolo, ai sensi del decreto legislativo 42 del 2004.
L’ampio Progetto Portici, mirando al coinvolgimento dei cittadini, offre un
calendario ricco di iniziative volte alla valorizzazione dei portici come bene comune.
Tra le iniziative:
-‐ Wiki Loves Monuments, un evento di valorizzazione visiva delle
risorse culturali locali diretto da Wikipedia Italia che ha visto la
partecipazione dei cittadini bolognesi a un concorso fotografico per la
divulgazione di immagini dei portici e per la loro diffusione in creative
commons sull’archivio fotografico di Wikipedia. Si consideri che la
diffusione online dell’immagine di un monumento prevede la previa
autorizzazione da parte della Soprintendenza, come espresso negli artt. 107 e
108 del Codice.
-‐ La «FaiMarathon», una maratona culturale organizzata dal FAI
(Fondo Ambiente Italiano)117 che ha visto la partecipazione dei cittadini
impegnati in diverse tappe tra i portici più importanti della città.
117 Il FAI è una fondazione non profit nazionale volta alla salvaguardia del patrimonio culturale.
76
-‐ «I portici di Bologna nel contesto europeo», un convegno
internazionale quale momento di confronto con altre città mondiali nelle
quali i portici si configurano come elemento valoriale del paesaggio urbano.
-‐ Una serie di incontri pubblici per proporre e condividere iniziative e
per monitorare di volta in volta le azioni sui portici in corso.
Il progetto finora descritto sarà affiancato da una campagna di crowdfunding volta
alla raccolta fondi necessaria alla pulizia e alla manutenzione di un patrimonio
simbolo della città di Bologna: il portico di San Luca.
L’iniziativa sarà lanciata a fine ottobre 2013, per tale motivo l’analisi del caso non
potrà prendere in considerazione i risultati della campagna ma solo i dati e le
informazioni in merito alla progettazione della piattaforma di crowdfunding e agli
eventi correlati, oltre all’analisi dei soggetti coinvolti e dell’attività di interesse
generale.
La raccolta fondi è promossa dal Comune di Bologna in collaborazione e su
proposta del Comitato per il Restauro del Portico di San Luca che dal 1988 raccoglie
fondi, sottoscrizioni e sponsorizzazioni dedicati alla cura e al restauro del portico in
questione.
Il Comitato si è avvalso delle competenze in campo di crowdfunding
dell’associazione che gestisce una piattaforma territoriale in Emilia Romagna,
Ginger118. L’intento è quello, a detta di Luigi Virgolin, il coordinatore del Progetto
Portici, di avviare una raccolta fondi capace di coinvolgere in modo innovativo e
creativo i cittadini per la tutela e la valorizzazione di un bene comune.
La tutela del bene prevede opere di restauro da effettuare nel corso di 10 anni lungo
il portico di San Luca; l’importo totale stimato supera i tre milioni di euro,
considerando che il costo del restauro di ciascun arco è pari a circa quindici mila
euro. I lavori di restauro del portico vengono eseguiti di volta in vota in relazione
all’effettiva disponibilità economica.
118 Ginger sta per “gestione idee nuove e geniali Emilia Romagna” ed è una piattaforma di local crowdfunding già descritta nel capitolo dedicato alle piattaforme italiane.
77
Data la somma ingente da raccogliere la campagna di crowdfunding si estenderà per
un periodo di tempo pari a dieci mesi; il budget da raggiungere sarà pari a 300 mila
euro ma la campagna sarà svolta nella modalità keep it all, ossia qualsiasi cifra
raccolta sarà destinata al portico di San Luca.
Ancora una volta l’attività di interesse generale è rivolta a un bene culturale e in
questo caso l’azione della parte pubblica mira a favorire l’iniziativa facendosi essa
stessa promotrice, assieme ai soggetti privati.
Nella scheda sottostante sono presentati gli item che descrivono gli aspetti più
significativi dal punto di vista sussidiario.
Origine dell’intervento
L’iniziativa è stata proposta dal Comitato per
il restauro del Portico di San Luca.
Cosa Il Comune di Bologna ha presentato il
«Progetto Portici» volto alla valorizzazione
culturale dei portici di Bologna. Nel progetto
è prevista anche la realizzazione di una
campagna di crowdfunding volta alla raccolta
fondi necessari per la pulizia e la
manutenzione del portico di San Luca. Sono
previste iniziative online e offline in cui i
cittadini saranno coinvolti.
L’iniziativa aiuterà a testimoniare il valore
artistico, culturale e civico dei Portici e la
campagna di crowdfunding contribuirà a
dimostrare il coinvolgimento della
cittadinanza.
Dove Bologna
Soggetti privati che si attivano Comitato per il restauro di San Luca,
cittadini, curia.
Soggetti pubblici coinvolti Comune di Bologna.
Comportamento dei soggetti pubblici L’Amministrazione comunale ha favorito
l’iniziativa facendosi promotrice assieme al
Comitato per il restauro del portico di San
Luca. Il comune sosterrà la campagna di
78
crowdfunding mediante la promozione sui
suoi canali di comunicazione. Il comune
diventerà il principale testimonial del
progetto dando avvio all’iniziativa «100%
San Luca»; inoltre contribuirà con una
somma pari a 100 mila euro.
L’amministrazione comunale ha sottoposto
un questionario ai cittadini per capire in via
preliminare qual è il rapporto tra il portico di
San Luca e i cittadini.
Bene comune Bene artistico-architettonico simbolo della
città di Bologna.
Meta bene comune Valorizzazione del patrimonio storico-
culturale italiano, rafforzamento dei rapporti
sociali, sviluppo culturale di una comunità.
Destinatari Cittadini bolognesi. Trattandosi di un bene
culturale è coinvolta l’intera umanità.
Risultati La campagna di crowdfunding partirà il 28
ottobre 2013 e terminerà a settembre 2014. Tabella 4 Scheda analisi secondo caso sussidiario.
3.3.1 I soggetti pubblici e privati coinvolti nel progetto
Il Comitato per il Restauro del Portico di San Luca è tra i soggetti
principalmente coinvolti. Esso è nato nel 1988 ed è composto dall’Arcidiocesi di
Bologna, il Santuario della B. V. di San Luca, il Comune di Bologna e il quartiere
Saragozza. Il Comitato rappresenta l’interesse collettivo e pubblico legato alle
vicende che riguardano il portico. Da 15 anni si occupa della raccolta di fondi,
sottoscrizioni e sponsor per la cura e il restauro del Portico di San Luca. Per la
gestione di una raccolta fondi innovativa il Comitato si è affidato a Ginger,
piattaforma di crowdfunding territoriale che si distingue dalle altre in quanto si
focalizza sul territorio dell’Emilia Romagna. Il ruolo di Ginger sarà quello di offrire
una lunga campagna di comunicazione online e offline coinvolgendo la cittadinanza
in un’opera di responsabilizzazione collettiva ai fini della tutela di un patrimonio
narrabile come bene comune.
79
I cittadini sono chiamati a contribuire alla raccolta fondi mediante donazioni ma
anche mediante idee e proposte per valorizzare le iniziative in programma. Ci si
aspetta un’opera di «crowdsourcing», ossia la collaborazione attiva dei cittadini con
la pubblica amministrazione nel sostegno e nella creazione di eventi a favore della
tutela e valorizzazione del portico di San Luca.
Il soggetto pubblico coinvolto nell’iniziativa è il comune di Bologna. Esso ha
favorito l’iniziativa proposta dal Comitato non limitandosi ad assecondarla ma
assumendo un atteggiamento propositivo, ponendosi come un vero e proprio stimolo
per la diffusione del principio sussidiario.
L’amministrazione comunale si presenta quale spinta propositiva per perseguire
un’attività di interesse generale in cui ricopre esso stesso un ruolo di primaria
importanza. Trattandosi non solo della valorizzazione ma anche della tutela di un
bene culturale, è necessario che l’ente pubblico in questione abbia rapporti con la
Soprintendenza per i beni architettonici. L’amministrazione comunale si presenta
come soggetto volto a recepire le esigenze della cittadinanza e delineare le
possibilità di partecipazione che la cittadinanza possiede.
3.3.2 L’attività di interesse generale: la tutela e la valorizzazione di un bene
culturale
L’attività di interesse generale è la tutela di un bene culturale. La campagna di
crowdfunding è infatti volta al restauro del portico di San Luca.
La nozione di «tutela» è riportata all’art. 3 comma 1 del Codice dei beni culturali e
del paesaggio; la funzione in esame è chiamata da un lato a individuare i beni che
costituiscono il patrimonio culturale e dall’altro a garantire la protezione e la
conservazione del bene.
Il restauro rientra nella misura di conservazione del bene che secondo l’art.29
comma 1 è assicurata da una “coerente, coordinata e programmata attività di studio,
prevenzione, manutenzione e restauro”. Con restauro si intende l’attività volta
all’integrità materiale e al recupero del bene, alla protezione e alla trasmissione dei
suoi valori culturali.
80
In base a quanto dispone l’art. 117 della Cost., la tutela dei beni culturali è riservata
alla potestà legislativa esclusiva dello Stato119, salva la possibilità di delega alle
regioni. Si consideri l’elemento di flessibilità introdotto dall’art. 118 della Cost. il
quale prevede che la legge statale possa disciplinare forme di coordinamento fra
Stato e Regioni.
L’art. 30 del Codice pone in capo a tutti i detentori dei beni culturali (pubblici e
privati) l’obbligo di garantirne la conservazione seppur assimilati alle prescrizioni
del Soprintendente. Infatti l’art 31 del Codice dispone che il restauro e gli altri
interventi conservativi sui beni culturali siano subordinati ad autorizzazione del
Soprintendente120 che ha il compito di redigere una relazione tecnica dei lavori da
eseguirsi con la dichiarazione della necessità della loro esecuzione.
Nel caso analizzato i progetti relativi ai singoli tratti del portico da restaurare sono
soggetti al rilascio di nullaosta da parte della Soprintendenza per i beni architettonici
e paesaggistici che si esprime valutando le caratteristiche peculiari che si
evidenziano e si rilevano per ogni caso.
Il portico di San Luca è di proprietà della Fabbriceria del Santuario della B.V. di San
Luca e considerato l’art. 30 del Codice, che richiama i detentori del bene a
garantirne la conservazione, le metodologie e i criteri generali di restauro del portico
sono stati concordati tra i tecnici del Santuario e i funzionari della Soprintendenza. I
singoli progetti di restauro vengono quindi ricondotti a tale approvazione.
Seppur nell’ordinamento italiano la tutela è di competenza statale, essa si può
attuare anche attraverso l’azione dell’ente gestore. Nel caso in analisi l’attività di
conservazione necessita di risorse umane e finanziarie che soggetti pubblici e privati
hanno scelto di reperire attraverso una campagna di crowdfunding.
A differenza delle tradizionali modalità di raccolta fondi, il sistema del crowdfuding
permette di realizzare un’azione di valorizzazione nei confronti del bene culturale.
Si consideri che le iniziative in programma correlate alla raccolta fondi sono dirette
a promuovere la conoscenza del bene mediante mostre, eventi, concorsi fotografici
119 Art. 117, comma 2, lett. s, legge costituzionale del 18 ottobre 2001, n. 3. 120 La soprintendenza fa parte degli organi periferici del ministero per i beni e le attività culturali. L’art. 17, comma 1, del d.p.r. 26 novembre 2007, n. 233 rileva che le soprintendenze di settore costituiscono articolazioni delle direzioni regionali per i beni culturali e paesaggistici che ne coordinano le attività. Cfr. C. Barbati et. al. (a cura di), op.cit., pag. 155.
81
aventi come oggetto il portico di San Luca. Tutto ciò sarà inoltre teso allo sviluppo
culturale di una comunità.
Il caso in questione può essere considerato un caso sussidiario considerando la
sussidiarietà non come «soccorso» o «sostituzione» dei cittadini nei confronti della
pubblica amministrazione ma piuttosto come «sostegno» e «affiancamento». È un
caso in cui l’iniziativa di un soggetto privato qual è il Comitato per il restauro del
Portico di San Luca è ampiamente favorita dall’amministrazione comunale che si fa
essa stessa portavoce e sostenitrice.
Con il crowdfunding si vogliono creare le condizioni affinché lo svolgimento di
un’attività di interesse generale da parte dei cittadini possa manifestarsi in modo
organizzato e in collaborazione con la pubblica amministrazione.
Bisogna inoltre considerare che rimane fortemente presente l’elemento della
volontarietà: i cittadini sono invitati e non obbligati a contribuire per il bene
culturale. La loro azione è volontaria seppur stimolata dall’amministrazione
comunale e dal Comitato.
3.3.3 Lo sviluppo della campagna di crowdfunding
Il Comitato per il restauro del Portico di San Luca, impegnato fin dal 1988
nella raccolta fondi (ma anche sottoscrizioni e sponsorizzazioni) per il restauro e la
manutenzione del bene culturale, ha deliberato la sperimentazione di una nuova
forma per il finanziamento. Il Comitato ha quindi individuato in Ginger- Gestione
idee nuove e geniali Emilia Romagna, il soggetto adatto a realizzare, promuovere,
sviluppare e gestire una campagna di crowdfunding diretta a sensibilizzare i cittadini
sulle criticità del Portico e a raccogliere fondi da destinare alla pulizia, alla
manutenzione e al restauro.
La città di Bologna è quindi coinvolta in un progetto di crowdfunding civico in cui
non è un solo individuo a beneficiare delle micro-donazioni ma un’intera collettività
che condivide spazi, valori e obiettivi. Non a caso la gestione della campagna è stata
affidata a una piattaforma di crowdfunding territoriale che opera nella regione
Emilia Romagna, dedicata quindi al coinvolgimento attivo di una determinata
comunità legata a un determinato territorio.
82
Si tratta di un progetto che vede la partecipazione e la collaborazione attiva di
soggetti pubblici e privati; tutte le decisioni in merito a tempistiche, eventi da
realizzare e strumenti di comunicazione da utilizzare sono prese in accordo comune
tra tre soggetti: Il Comitato, l’associazione Ginger e l’amministrazione comunale.
Il nome attribuito alla campagna di crowdfunding è «Un passo per San Luca». È
stato creato un sito web ad hoc sfruttando ancora una volta la tendenza del do it
yourself (DIY). Si è scelto di non inserire il progetto in una piattaforma di
crowdfunding già esistente gestita da Ginger, considerando la somma cospicua di
denaro da raccogliere.
Il DIY per i beni culturali è una tendenza italiana che si allontana dai casi esteri; si
consideri a tal proposito il caso francese in cui la pubblica amministrazione ha
lanciato delle campagne di raccolta fondi dal basso, per il restauro di alcuni
importanti monumenti come il Pantheon di Parigi, appoggiandosi a una piattaforma
di reward based crowdfunding già esistente. Per il Pantheon la somma richiesta di
5000 euro è stata abbondantemente superata (si sono raccolti più di 68 mila euro). Si
consideri inoltre che, nel caso francese, l’oggetto da restaurare corrispondeva a un
monumento statale di grande fama per l’intera nazione.121
Nel caso in analisi, seppur l’oggetto da tutelare si identifica in un bene comune
importante per la cittadinanza bolognese, è necessario creare una community che
possa sensibilizzarsi sulle criticità del Portico e mobilitarsi per effettuare donazioni
in favore del restauro.
Se da un lato la raccolta fondi sarà devoluta al restauro di un patrimonio simbolo
della città, dall’altro l’iniziativa contribuirà a testimoniare il valore artistico,
culturale, religioso e civico del Portico dimostrando il coinvolgimento attivo della
cittadinanza.
Considerando i 300 mila euro necessari per il restauro di parte del Portico di San
Luca, la scelta del modello di raccolta fondi è ricaduto sul keep at all, ossia il
finanziamento giunge al progetto a prescindere se esso raggiunga o meno il proprio
target entro la scadenza prevista per settembre 2014.
121 La piattaforma di crowdfunding a cui lo stato francese ha deciso di appoggiarsi è consultabile su http://www.mymajorcompany.com/projects/tags/art (consultato il 19 ottobre 2013).
83
La raccolta fondi avviene secondo un programma di comunicazione, di storytelling e
di eventi sul territorio che aumentano la partecipazione attiva del cittadino e
favoriscono la creazione di una vera e propria community.
Il crowdfunding diventa uno strumento volto a dimostrare la responsabilizzazione
collettiva ai fini della tutela e della valorizzazione di un bene comune. Una
tradizionale modalità di raccolta fondi viene resa innovativa e più virale grazie alle
potenzialità del web ma allo stesso tempo, dato le diversità dei vari target di
pubblico da raggiungere e il problema del digital divide, la campagna di
crowdfunding si appoggerà alle iniziative più tradizionali volte al coinvolgimento di
un target che va oltre il web.
Sono diversi i target di pubblico da coinvolgere e ognuno di essi è caratterizzato da
peculiarità specifiche in termini di comunicazione:
- mercato di massa: target generico composto dai cittadini disposti a fare una
micro-donazione in favore del Portico di San Luca;
- mercato di donatori di livello sociale elevato: cittadini propensi alle
donazioni per un bene comune rappresentativo della città;
- mercato di donatori di alto reddito: rientrano i cittadini ma anche le aziende
disposte a contribuire con somme elevate:
- mercato di donatori specifici: un target legato al Portico di San Luca perché
particolarmente interessato all’aspetto storico, artistico, architettonico del
bene:
- mercato del donatore religioso: un target legato all’aspetto religioso del
bene;
- mercato del turista: target non residente a Bologna ma interessato al Portico
quale bene culturale.
È opportuno ai fini della ricerca dedicata alle strategie di comunicazione,
soffermarsi sull’analisi del sito web realizzato.
Il sito web (www.unpassopersanluca.it) sarà lanciato il 28 ottobre 2013 in occasione
di una conferenza stampa con la presenza del sindaco di Bologna e dell’assessore al
84
Marketing Urbano, assieme ai soggetti rappresentativi del Comitato, della Curia e
dell’associazione Ginger.
La piattaforma non prevede solamente l’azione di crowdfunding ma anche la
promozione delle iniziative legate al progetto in un’ottica di coinvolgimento e
partecipazione attiva dei cittadini nei confronti di un bene comune.
Il sito web è il punto di riferimento della campagna e si compone di cinque sezioni:
-homepage: si apre con un video rappresentativo del significato emotivo del Portico
di San Luca. Non sono previsti link interni ma l’utente è invitato a seguire lo
storytelling composto da quattro macrostrutture tese a raccontare la storia del portico
dal punto di vista storico e architettonico. Una delle macrostrutture pone in evidenza
il Portico come risultato di un atto sussidiario in quanto costruito tra il 1674 e il
1721 con il contributo dell’intera cittadinanza. Proprio perché è il risultato
dell’impegno economico e del lavoro dell’intera collettività l’ultima macrostruttura
dell’homepage invita i cittadini a contribuire;
-sostieni il portico: è la sezione che corrisponde all’ultima macrostruttura
dell’homepage. L’utente ha la possibilità di selezionare la somma predefinita da
donare o può scegliere di contribuire con una donazione libera. Sono inoltre
contenute informazioni in merito alle modalità di pagamento online e offline.
-il progetto: è la sezione dedicata alla descrizione del progetto e ai promotori, il
Comune di Bologna e il Comitato.
-notizie: è una sezione dedicata alla periodica pubblicazione di notizie,
aggiornamenti, video e immagini riguardanti le attività legate al portico di San Luca
e alla promozione della raccolta fondi. Tale sezione non è prevista in altre
piattaforme di crowdfunding in cui ci si limita a «raccontare» il progetto e a
richiamare l’attenzione sulle donazioni. Tale piattaforma vuole invece rendere i
cittadini aggiornati non solo sull’andamento delle donazioni ma anche sugli eventi
correlati che vedono essi stessi protagonisti. Si consideri inoltre la partecipazione
attiva dell’amministrazione comunale anche dal punto di vista comunicativo in
quanto le notizie di maggior rilevanza saranno pubblicate sul sito del comune di
Bologna;
85
-aiuto: è la sezione dedicata alle FAQ122;
- sostenitori: è la sezione dedicata ai donatori in cui saranno introdotti nominativi,
foto e video.
Il modello di crowdfunding è ibrido in quanto si divide tra il modello reward based
e il modello donation. Si è scelto di dare largo spazio alle donazioni libere in quanto
si presuppone che il donatore decida di contribuire per il semplice scopo di
migliorare la comunità e non per ricevere qualcosa in cambio.
D’altra parte sono previste delle ricompense legate ad alcuni eventi o iniziative.
Per la promozione del sito web è previsto un largo uso dei social media (Facebook,
Twitter, Instagram e Youtube) mirato a coinvolgere un target preciso
formato da utenti legati alla tecnologia, ai social media, all’arte e alla fotografia.
Le iniziative sul web, come i contest fotografici, avranno un riscontro sulla realtà
offline per interagire con un più ampio target.
A novembre, in occasione della settimana UNESCO ESS 2013 sarà allestita una
mostra con una selezione di immagini del Portico di San Luca legate al contest
fotografico lanciato sui social. La mostra avrà lo scopo di promuovere il valore
artistico, storico e comunitario del portico di San Luca e di unire il target online e
quello offline123.
Il canale Youtube sarà invece utilizzato per la diffusione di spot virali della
campagna di crowdfunding e di video testimonianze dei cittadini (intercettati
durante la raccolta offline) e della pubblica amministrazione. L’utilizzo di queste
clip permetterebbe di attivare meccanismi virtuosi di fidelizzazione, da un lato, e
meccanismi di responsabilizzazione dell’utenza, dall’altro, centrali per l’efficacia di
una campagna di crowdfunding124.
122 FAQ sta per frequently asked questions, ossia le domande più frequenti degli utenti. 123 I vari contest saranno promossi anche dalla rete civica di Bologna Iperbole. 124 Le interviste vanno quindi considerate come dei piccoli box narrativi da parte dei cittadini, dove è possibile esprimere il perché del proprio sostegno, le criticità in merito, e quant’altro, ai fini di creare un piccolo blog multimediale di testimonianze.
86
3.3.4 La percezione del crowdfunding per il bene comune: PA e cittadini a
confronto
Il caso in analisi vede una collaborazione attiva tra pubblico e privato. È
importante porre in evidenza l’azione orizzontale in cui i soggetti sono coinvolti:
l’amministrazione chiede al cittadino di partecipare e contribuire mediante
donazioni, suggerimenti e iniziative in un continuo dialogo online e offline.
Luigi Virgolin ha definito il crowdfunding una “dimensione personale di
partecipazione in cui il cittadino può interagire in maniera accessibile”.
Il successo del crowdfunding deriva soprattutto dal fatto che ognuno, in base alle
proprie possibilità, può contribuire a un progetto condiviso. In linea con tale
affermazione il Comune di Bologna si propone come primo donatore del progetto
contribuendo con 100 mila euro alla raccolta.
Da tale azione nasce l’iniziativa «100% San Luca» che punta a raggiungere cento
donatori pronti a donare cento euro ciascuno per portare il progetto al 100%.
Per promuovere l’iniziativa, il Comune di Bologna coinvolgerà alcune tra le
personalità più celebri della città a cui sarà chiesto di manifestare l’adesione
donando e realizzando un breve video clip di testimonianza. I video clip e le
immagini dei «big» saranno affiancati a quelli di tutti i cittadini che vorranno aderire
e far sentire la propria voce. I nominativi, le foto e i video dei donatori saranno
inseriti nella sezione del sito dedicato ai sostenitori del progetto.
Per ottenere un feedback continuo dai cittadini, l’amministrazione comunale, in
accordo con il Comitato per il Portico di San Luca, ha proposto un questionario
online anonimo125 per capire qual è il rapporto tra il portico e la città che lo ospita,
se c’è la propensione dei cittadini a contribuire economicamente per il restauro e
qual è la percezione del fenomeno del crowdfunding.
Essendo online il sondaggio mira indirettamente a verificare l’età e gli interessi del
target che sarà coinvolto nelle iniziative online. In base alle risposte ricevute
si tratta di utenti di età compresa fra i 20 e i 59 anni e l’attività svolta maggiormente
online sembra essere la lettura delle mail e dei giornali; ben il 59 % dichiara di fare
125 Il questionario è stato lanciato il 26 settembre 2013. I dati rilevati fanno riferimento alle risposte ottenute dal 26 settembre all’11 ottobre 2013, pari a 844.
87
acquisti e/o pagamenti online; quest’ultimo è un dato interessante considerando la
possibile propensione del soggetto a utilizzare la piattaforma di crowdfunding per le
sue donazioni.
Il 63% dichiara di non conoscere il Comitato per il Portico di San Luca che risulta
quindi essere un’ istituzione poco rilevante per la cittadinanza.
Alla domanda «Cosa rappresenta San Luca per Bologna» il 47% risponde «cuore» e
il 23% «storia». Di riflesso le parole «casa», «bellezza» e «religione»
rappresenterebbero San Luca per ogni cittadino bolognese. Nei giorni corrispondenti
al lancio del questionario i social della rete civica del Comune di Bologna Iperbole,
dell’Urban Center Bologna e di Ginger hanno diffuso la domanda «Cosa
rappresenta San Luca per Bologna?»; dalle risposte raccolte e rilevate su Twitter e
Facebook la maggior parte dei bolognesi considera San Luca «il faro », il simbolo di
Bologna per poter dire di «essere a casa»126.
Ben il 73% dei cittadini si dice informato sulla candidatura del Portico come
«patrimonio dell’umanità» dell’UNESCO e allo stesso tempo si mostra consapevole
del bisogno di lavori di restauro. Un problema percepito dunque e il 60% si dice
disposto a risolverlo con un piccolo contributo, ma non è da sottovalutare il 12% che
si dichiara contrario al contributo da parte dei cittadini.
Varie le riposte legate all’utilità della presenza di determinati soggetti (pubblici e
privati) per una raccolta fondi affidabile. Come mostrato nella tabella sottostante
fondamentale per i cittadini risulta essere la partecipazione del Comune e la
trasparenza nel rendiconto pubblico delle spese e nel progresso dei lavori. Segue
l’importanza della partecipazione della curia, delle aziende private e di «chi ha di
più». Sarebbe quindi percepita in maniera positiva la partecipazione attiva
dell’amministrazione comunale e la possibilità offerta dalla piattaforma di
crowdfunding di mostrare in modo trasparente l’andamento delle donazioni e del
progresso dei lavori.
126 Tali spunti sono stati presi in considerazione per la realizzazione del video promo della campagna di crowdfunding, rappresentativo del Portico di San Luca così come percepito dai cittadini.
88
Figura 7 – Risposta questionario quesito n. 10.
I cittadini si dicono pronti a ricevere una «ricompensa» in cambio della donazione
mostrando una preferenza per le visite guidate ai monumenti, gli spazi per i giovani
artisti o un semplice attestato di ringraziamento. Il 15% dei cittadini dichiara di non
voler nulla in cambio ponendo in evidenza il valore del dono127.
Mediante un’analisi di dati comparata è emerso che più della metà dei cittadini
dichiarati contrari a finanziare, con un piccolo contributo, il restauro del Portico di
San Luca, si dicono disposti a contribuire nel momento in cui sia prevista una
ricompensa, con particolare preferenza per gli spazi per i giovani artisti e per le
visite guidate ai monumenti di Bologna.
Il 60% dichiara di non conoscere il fenomeno del crowdfunding. Al quesito
successivo «Cosa ne pensi?» le risposte aperte mostrano le diverse percezioni dei
cittadini nei confronti di una raccolta fondi volta alla tutela di un bene comune. 127 Questi dati sono riportati in figura n. 11 in appendice.
68%
78%
54%
27%
17%
25%
21%
46%
31%
58%
57%
59%
4%
1%
20%
17%
8%
14%
23%
3%
3%
2%
1%
2%
1%
Partecipazione Comune
Trasparenza
Contributo di chi ha di più
Partecipazione Curia
Partecipazione azeinde private
Partecipazione aziende conosciute
Partecipazione imprese emergenti
Q10 -‐ Quanto ritienui utili i seguenti requisiti per una raccolta fondi afRidabile?
Fondamentale Utile Indifferente Svantaggioso (N) 844
33%
31%
89
Per una visione sintetica ma soddisfacente delle risposte saranno di seguito delineati
i cinque punti di vista rilevati e ritrovabili nel seguente grafico.
-‐ Visione positiva del crowdfunding per il bene comune: si sottolinea il
potenziale dello strumento grazie al quale il piccolo contributo di tanti
permettere di raccogliere somme considerevoli per il miglioramento della
città. Si sottolinea il senso di partecipazione civica per un progetto comune.
“I portici sono stati costruiti con i soldi dei cittadini di allora, quindi trovo
giusto che vengano restaurati con i soldi dei cittadini di oggi». Questa
percezione rappresenta il 62% delle risposte. Ricorrente è l’aggettivo «utile»,
ritrovato in ben 33 risposte.
-‐ Visione scettica nei confronti dello strumento del crowdfunding: si
ritiene il crowdfunding uno strumento funzionale in paesi esteri come
l’America e la Gran Bretagna in cui è forte il senso filantropico; si ritiene
dunque il crowdfunding uno strumento non adeguato per l’Italia. Dalle
risposte emerge inoltre il problema del digital divide e la poca fiducia degli
italiani nei sistemi di pagamenti online. Tale visione rappresenta il 12% delle
risposte.
62% 12%
6%
8%
2% 6%
4%
La percezione dei cittadini sull'utilizzodel crowdfunding
Positiva
Scettica
Negativa
Positiva se trasparente
Partecipazione di PA e curia
Non so
Risp. non coerenti
(N) 102
Figura 8 -‐ Risposte ricavate dalla domanda aperta proposta sul questionario.
90
-‐ Visione positiva del crowdfunding se usato in modo trasparente: si
pone in evidenza la necessità di uno strumento trasparente e alla portata di
tutti sottolineando il diritto di avere «sicurezze e prove tangibili del lavoro
svolto». Si reputa inoltre necessaria la fiducia nei confronti
dell’amministrazione.
-‐ Visione critica nei confronti della pubblica amministrazione: i
cittadini sottolineano l’incapacità della pubblica amministrazione nella
gestione del denaro pubblico. L’unico contributo possibile da parte dei
cittadini coincide con il pagamento delle tasse; si ritiene quindi inopportuno
chiedere ulteriori contributi ai cittadini. “Le tasse sono il modo democratico
con cui ogni cittadino contribuisce al bene comune”;
-‐ Necessaria partecipazione di curia e pubblica amministrazione: seppur
questo punto di vista rappresenta il 2% delle risposte, non è un dato da
sottovalutare. Si richiama l’attenzione sulla necessità di una partecipazione
attiva, in termini di contributi economici, da parte del Comune, della Curia e
delle fondazioni bancarie.
Dalle risposte dei cittadini si rileva un misto di criticità, scetticismo e speranza
ponendo la pubblica amministrazione da un lato come soggetto indispensabile per
una raccolta fondi innovativa, trasparente e controllata e dall’altro come soggetto
non adatto a chiedere contributi ai cittadini al di fuori delle tasse.
Un feedback importante questo che pone in evidenza le possibili criticità dello
strumento del crowdfunding se utilizzato e promosso da soggetti pubblici.
D’altra parte si rileva la difficoltà da parte dei cittadini di considerare il bene
comune un bene differente da quello pubblico, un bene cioè che necessita di
un’amministrazione condivisa, della partecipazione attiva e volontaria dei cittadini
per la cura del bene.
Nel caso analizzato l’obiettivo della campagna di crowdfunding sarebbe duplice:
restaurare un bene che ha urgente bisogno di manutenzione e aumentare la
consapevolezza dei cittadini nei confronti del bene stesso, ponendolo al centro della
vita culturale e sociale e definendolo come oggetto di un’azione sussidiaria.
91
Conclusioni
La ricerca condotta ha delineato e descritto gli elementi cardine oggetto del quesito
di partenza: il principio costituzionale di sussidiarietà orizzontale e il sistema di
crowdfunding sono un binomio possibile?
I due soggetti si basano sulla rete di cittadini attivi che, favoriti dall’azione di soggetti
pubblici, operano per la soddisfazione e la realizzazione di interessi di carattere
generale.
Si è partiti da un principio che ha preso vita con la revisione costituzionale del
Titolo V rompendo l’assetto centralistico dello Stato e creando un sistema circolare
che coinvolge i cittadini e la pubblica amministrazione.
La sussidiarietà orizzontale è un principio non ancora del tutto inserito nel
linguaggio e nelle conoscenze dei cittadini, spesso all’oscuro del significato e delle
possibilità offerte.
Si tratta di un principio che ben si collega a quello di partecipazione, trasparenza e
autonomia. I cittadini hanno la possibilità di partecipare non solo al processo
decisionale pubblico ma alla soluzione concreta di un problema di interesse generale
mettendo a disposizione idee e risorse.
L’amministrazione è tenuta a condividere con i cittadini attivi il proprio patrimonio
di informazioni instaurando un approccio di comunicazione che sia orizzontale e
trasparente.
L’art. 118 al comma 4 fa riferimento a un’iniziativa «autonoma» dei cittadini perché
dovuta a una scelta libera e spontanea, nonché responsabile nei confronti dei
soggetti pubblici e dei cittadini stessi. La gratuità di tutte le attività civiche ne fonda
l’autonomia, a detta di Cotturri, “fornendo un giacimento di capacità innovative che
consentono di spostare in avanti la frontiera della soddisfazione dei bisogni”.128
Si parla di «amministrazione condivisa» perché non si tratta di sostituire i cittadini
all’amministrazione ma di dar vita a una cooperazione tra soggetti pubblici e privati,
soggetti con differenti responsabilità e capacità.
128 G. Cotturri, La forza riformatrice della cittadinanza attiva, Carrocci Editore, Roma, 2013, pag. 121.
92
Per questo si parla di «democrazia mista» composta da soggetti di diversa natura,
con poteri distinti ma destinati a concorrere per l’attività di interesse generale che in
quanto tale riguarda l’intera collettività e presuppone l’agire di tutti i soggetti,
pubblici e privati, indirizzati verso il bene comune.
Il crowdfunding si presenta quale sistema di strumenti volti alla cura del bene
comune. Tramite il finanziamento dal basso più persone possono contribuire, con
somme di denaro di varia entità, alla realizzazione di un progetto o un’iniziativa in
cui credono e a cui vogliono avvicinarsi partecipando attivamente. Il concetto del
crowdfunding non è nuovo, ma l’eccezionalità di quest’epoca sta nel supporto di
Internet e dei social media attraverso cui è possibile creare una vera e propria
comunità attiva e partecipe.
Nei due casi analizzati nel corso della ricerca l’attività di interesse generale mira alla
valorizzazione e alla tutela di un bene culturale.
Considerando la situazione critica su cui versa il patrimonio culturale e la difficoltà
delle amministrazioni comunali nell’investire fondi in tale settore, si è scelto, in
entrambi i casi, di sperimentare un’operazione di crowdfunding che potesse
mobilitare i cittadini rendendoli partecipi alla cura del bene.
Questi progetti sono la dimostrazione che esiste una specularità tra il crowdfunding
e la «sussidiarietà orizzontale»: entrambi si fondano su una rete di soggetti attivi che
decidono di condividere con i soggetti pubblici la responsabilità di governare, dando
risposte concrete ai problemi della collettività con piccoli gesti o contributi
muovendosi verso la cooperazione, il confronto, il dialogo, l’agire insieme.
La cooperazione dal basso è necessaria per affrontare problemi che le
amministrazioni pubbliche non riescono più a risolvere sempre più spesso per
mancanza di risorse. Christian Iaione129, il direttore di Labsus – il Laboratorio per la
sussidiarietà, parla di «wikisussidiarietà» riferendosi a un nuovo paradigma
sussidiario nell’ecosistema digitale. Egli ritiene che gli strumenti del web 2.0
129 Cfr. C. Iaione, Città e beni comuni, in G. Arena e C. Iaione (a cura di), L’Italia dei beni comuni, Roma, Carrocci editore, 2012, pag. 138.
93
possano essere utilizzati per favorire l’empowerment dei cittadini in linea con il
principio sussidiario.
Il sostegno dei soggetti pubblici nei casi sussidiari è rimesso alla discrezionalità
politica delle istituzioni e questo è stato evidente nell’analisi dei casi presi in esame.
Nel primo caso il «favorire» del Comune di Torino si è limitato nel dare libertà di
azione al museo per l’acquisizione di un’opera d’arte; l’amministrazione comunale
ha sostenuto la raccolta fondi dal punto di vista comunicativo mediante la presenza
dell’assessore alla cultura della città di Torino al lancio e alla chiusura
dell’iniziativa.
Nel caso dell’attività volta alla tutela e valorizzazione del Portico di San Luca,
l’amministrazione comunale ha agito accogliendo la proposta del Comitato in
maniera più che positiva, facendosi promotore della campagna di crowdfunding.
Non si dimentichi che, in questo caso, il comune di Bologna ha necessità di proporre
all’UNESCO una candidatura valida dei portici in cui questi vengano valorizzati non
solo dal punto di vista architettonico ma anche dal punto di vista comunitario,
sociale e sussidiario. Le iniziative legate alla campagna di crowdfunding, pensata
come raccolta non solo di fondi ma anche di idee e proposte da parte dei cittadini,
potrebbero diventare materiale interessante per arricchire il dossier di candidatura da
presentare alla Commissione UNESCO.
Ad ogni modo il questionario proposto dall’amministrazione comunale ai cittadini
bolognesi pone in evidenza l’importanza posta da questi al Comune per una raccolta
fondi che possa essere definita affidabile. Il «brand» dell’amministrazione pubblica
può dare infatti autorevolezza al progetto. Ma allo stesso tempo, la presenza di
soggetti pubblici, quale possa essere il Comune, in un progetto di raccolta fondi può
diventare una criticità. Dai risultati del questionario emerge una diffidenza da parte
di alcuni cittadini nei confronti dell’amministrazione comunale, ponendo in
evidenza l’inadeguatezza del soggetto in questione a chiedere un contributo ulteriore
ai cittadini, che vada oltre le tasse. Si fa leva sulla cattiva gestione del denaro
pubblico da parte dell’amministrazione considerando il pagamento delle tasse
l’unica modalità conforme alla tutela del bene comune.
94
Tale considerazione si pone in contrasto con il significato ultimo di bene comune
che necessita di un’amministrazione condivisa e plurale e per tanto formata da
soggetti pubblici e privati. Si consideri il crowdfunding non uno strumento di mera
raccolta fondi ma uno strumento realizzato allo scopo di mettere i cittadini in
condizione di collaborare in vista della cura di un problema collettivo legato a un
determinato bene comune. Nel caso della tutela e valorizzazione di un bene culturale
è necessaria la guida di una pubblica amministrazione pronta a favorire un’iniziativa
che possa manifestarsi in modo organizzato anche grazie al supporto degli strumenti
del web 2.0.
D’altra parte i cittadini che mostrano un atteggiamento positivo nei confronti del
crowdfunding pongono in evidenza il potenziale dello strumento grazie al quale il
piccolo contributo di tanti permette di raccogliere somme considerevoli. È la
«folla», la «collettività» che fa la differenza e questo è stato dimostrato anche dai
risultati della campagna di crowdfunding promossa dal Museo Palazzo Madama a
Torino, in cui si è rilevato che più della metà delle donazioni erano comprese tra i 2
e i 25 euro.
Si consideri inoltre l’elemento della volontarietà che caratterizza l’iniziativa: i
cittadini sono invitati a contribuire per il bene culturale e non obbligati. Arena
definisce «cittadini attivi» quelli che “si assumono volontariamente verso la
collettività doveri ulteriori rispetto a quelli che comporta normalmente lo status di
cittadino”130.
Dan Maron131 definisce il crowdfunding come lo spirito di fare con gli altri. La gente
è disposta a partecipare e contribuire quando attratta dal punto di vista emozionale e
sociale, quando si sente vicina a una causa e soprattutto quando ripone fiducia in chi
si fa promotore del progetto.
I cittadini bolognesi, considerando le risposte rilevate dal questionario, pongono in
evidenza non solo la necessità di fiducia nei confronti dell’amministrazione
comunale, ma anche e soprattutto la necessità di uno strumento trasparente e alla
portata di tutti che permetta di monitorare e rendere visibili le donazioni effettuate e
le attività rese possibili grazie alla raccolta fondi.
130 G. Arena, op.cit., pag. 99. 131 Cfr. Kavin Lawton e Dan Maron, op.cit., pag. 10.
95
Se da un lato l’amministrazione è considerata il soggetto meno adatto a proporsi
come promotore di un’iniziativa di raccolta fondi, dall’altro la sua presenza risulta
importante per un’iniziativa che possa definirsi affidabile.
Si noti come i principi di partecipazione, trasparenza e autonomia (intesa come
volontarietà) si ritrovino insiti in una campagna di civic crowdfunding.
Considerati gli item presi in considerazione per verificare gli elementi più importanti
dal punto di vista sussidiario, i due casi analizzati si pongono di fronte al principio
costituzionale in maniera differente. Nel caso dell’attività di valorizzazione,
coincidente con l’acquisizione di un’opera d’arte, l’iniziativa privata del museo
Palazzo Madama è stata «favorita» dall’amministrazione comunale in maniera
limitata. In questo caso l’azione sussidiaria corrisponde a un’azione di «soccorso»
dei soggetti privati, nei confronti della pubblica amministrazione, per lo svolgimento
di un’attività mirata alla valorizzazione di un bene culturale. Si ricordi che il
principio di sussidiarietà è ripreso all’art. 111 del Codice dei beni culturali e del
paesaggio, in cui è ribadito che alle attività di valorizzazione di beni culturali
“possono concorrere, cooperare o partecipare soggetti privati” precisando poi nel
comma 2 che “la valorizzazione è a iniziativa pubblica o privata”.
L’amministrazione non può che trarne vantaggio dall’azione di privati in quanto le
crescenti difficoltà organizzative e finanziarie della gestione pubblica pongono la
necessità di affiancare a quest’ultima privati in grado di svolgere meglio e con
minori costi i propri compiti.
Nel secondo caso l’azione sussidiaria può essere considerata non come «soccorso» o
«sostituzione» dei cittadini nei confronti della pubblica amministrazione ma
piuttosto come «sostegno» e «affiancamento». È un caso in cui l’iniziativa di un
soggetto privato qual è il Comitato per il restauro del portico di San Luca è
ampiamente favorita dall’amministrazione comunale che si fa essa stessa portavoce
e sostenitrice. In questo caso l’attività di interesse generale è duplice: è volta da un
lato alla tutela del bene culturale mediante la raccolta fondi e dall’altro alla
valorizzazione del bene mediante il coinvolgimento attivo della cittadinanza. È un
caso in cui è evidente la collaborazione tra soggetti pubblici e privati che li vedrà
96
coinvolti per 11 mesi in un’attività che necessita di risorse umane e finanziarie e che
coinvolge l’intera comunità.
Il crowdfunding, quando volto a un’azione di tipo sussidiario, si identifica in un
programma di comunicazione, storytelling ed eventi sul territorio. È importante che i
sostenitori siano emotivamente coinvolti, perciò risulta fondamentale la fase dello
storytelling, ossia il saper raccontare mettendo in evidenza il valore, la storia e
l’importanza di un bene culturale. Nei casi come quelli analizzati, in cui la raccolta
fondi è rivolta alla cura di un bene comune l’elemento delle ricompense non è
fondamentale: il donatore decide di contribuire per il semplice scopo di migliorare la
comunità e non per ricevere qualcosa in cambio. Il piccolo contributo di ciascun
sostenitore è ricambiato da una sorta di beneficio emotivo e di riconoscibilità
sociale.
Tra le motivazioni rilevate dal sondaggio rivolto ai sostenitori del progetto del
Museo Palazzo Madama emergono due parole chiave: partecipazione e bene
comune. La gente dichiara di aver donato principalmente per rendersi partecipe a un
progetto della collettività e per la salvaguardia di un bene culturale. Il sistema del
crowdfunding ha dato la possibilità ai cittadini di mettersi in condizione di
collaborare ottenendo il risultato sperato.
Tra i possibili criteri «interni» di applicazione del modello sussidiario indicati da
Donati132, vi è il principio della continuità. L’intervento a cui i privati si dedicano
dovrebbe consistere in una prestazione ripetuta nel tempo ma nel caso delle
iniziative di crowdfunding l’attività rivolta all’interesse generale si limita a una
prestazione occasionale con termini ben definiti. Cittadini e pubblica
amministrazione sono coinvolti in un’azione comune entro i termini della campagna.
Ciononostante l’iniziativa può generare un’opportunità a lungo termine per le
presenti e future generazioni, che sia la fruizione di un bene culturale (esposto in un
132 Daniele Donati distingue tra principi interni e principi esterni alla sussidiarietà alla luce di quali amministrazione e legislatore devono conformare ii loro intervento. I primi fanno riferimento all’azione sussidiaria nel suo svolgersi, i secondi ai principi che guidano i pubblici poteri nei confronti della sussidiarietà come il «favorire». Cfr. D.Donati e A. Paci, op.cit. pagg. 206-‐207.
97
museo) da parte di tutta la collettività o la valorizzazione di un patrimonio storico-
culturale quale possa essere il Portico di San Luca.
In conclusione si rileva un possibile rapporto tra il principio di sussidiarietà
orizzontale e il sistema del crowdfunding. Un binomio possibile se l’iniziativa di
raccolta fondi dal basso risponda ai principi di trasparenza, partecipazione e
autonomia. È necessario che il crowdfunding, attraverso l’apporto di Internet e dei
social media, diventi uno strumento volto a monitorare e rendere visibili non solo le
donazioni effettuate ma anche e soprattutto tutte le fasi delle attività rese possibili
grazie alla raccolta fondi. I sostenitori richiedono un continuo aggiornamento e
trasparenza nelle informazioni.
Quando si parla di crowdfunding «civico» è necessario ricordare che l’iniziativa
privata prevede il consenso pubblico, si potrebbe dunque parlare di crowdfunding
condiviso, sussidiario, in quanto non dipende dalla sola iniziativa dei cittadini. È
opportuna una collaborazione tra soggetti pubblici e privati volti entrambi alla cura
dell’interesse generale.
La propensione della pubblica amministrazione a farsi promotrice di un’iniziativa di
crowdfunding potrebbe essere percepita in modo negativo da quei cittadini che
delegano l’intera responsabilità dei beni comuni sotto l’egida dei soggetti pubblici.
D’altra parte l’utilizzo del sistema del crowdfunding potrebbe stimolare la
responsabilità civica dei cittadini per la soluzione di un problema di interesse
generale, che in quanto tale comporta la partecipazione dell’intera collettività.
Il binomio è possibile se i cittadini pongono fiducia nei confronti
dell’amministrazione e se l’amministrazione, da parte sua, favorisce l’iniziativa
privata ponendosi come stimolo per la diffusione del principio sussidiario.
L’amministrazione deve presentarsi come soggetto volto a recepire le esigenze della
cittadinanza e delineare le possibilità di partecipazione che la cittadinanza possiede.
Il progetto di crowdfunding non è solo volto alla raccolta di fondi ma anche di idee,
proposte e feedback da parte dei cittadini coinvolti in un continuo dialogo.
Nel caso della tutela e della valorizzazione del Portico di San Luca, la campagna di
crowdfunding potrebbe rappresentare il trampolino di lancio verso un progetto più
98
ampio. Il repository grafico (l’iniziativa che rientra nel più ampio «Progetto
Portici») progettato per l’elaborazione e la messa in relazione di tutti i dati e le
informazioni sui portici potrebbe svilupparsi integrando il sistema di crowdfunding.
I cittadini avrebbero la possibilità non solo di valorizzare il bene comune mediante
la condivisione di immagini, foto, informazioni, progetti culturali ma anche di
segnalare le criticità legate ai portici. Tali criticità diventerebbero priorità di
intervento per l’amministrazione comunale e il crowdfunding potrebbe trasformarsi,
in alcuni casi, in un veicolo per porre rimedio.
Il crowdfunding potrebbe rilevarsi uno strumento utile per creare le condizioni
affinché lo svolgimento di un’attività di interesse generale da parte dei cittadini
possa manifestarsi in modo organizzato e in collaborazione con la pubblica
amministrazione.
99
APPENDICE – LE RISPOSTE DEI CITTADINI AL QUESTIONARIO «COSA RAPPRESENTA SAN LUCA PER BOLOGNA?» Di seguito i risultati del questionario proposto dal Comune di Bologna ai cittadini in
previsione del lancio di una campagna di crowdfunding tesa alla raccolta fondi per il
restauro del Portico di San Luca.
Il questionario è stato diffuso online sul sito ufficiale del Comune di Bologna. I dati
raccolti fanno riferimento alle risposte ricevute dal ventisei settembre 2013
all’undici ottobre 2013.
Figura 1.
Figura 2.
2%
20%
46%
23%
9%
Q1 -‐ Quanto spesso ti capita di passare dal portico di S. Luca?
Mai
Raramente
Qualche volta
Spesso
Molto spesso
(N) 844
37%
63%
Q2 -‐ Conosci il «Comitato per il restauro del portico di San Luca»?
Sì
No
(N) 844
100
Figura 3. Le voci «sport», «fede» e «identità» non erano previste dal questionario ma sono state ricavate dalle risposte aperte racchiuse precedentemente nella voce «altro». Figura 4. Le voci «ricordi» e «simbolo» sono state ricavate successivamente dalle risposte aperte.
4%
2%
24%
50%
1% 4%
9%
1% 3% 2%
Q3-‐ In una parola cosa rappresente San Luca per Bologna?
Arte
Turismo
Storia
Cuore
Cittadini
Condivisione
Caratteristico
Sport
Fede
Identità (N) 844
18%
46%
16%
5%
6%
5%
1% 2% 1%
Q4 -‐ Cosa rappresenta per te?
Bellezza
Casa
Religione
Sport
Cultura
Relax
Ricordi
Simbolo
Altro
(N) 844
101
Figura 5. Figura 6.
72%
28%
Q5 -‐ Sai che i portici di Bologna sono candidati come «patrimonio dell'umanità» dell'UNESCO?
Sì
No
(N) 844
1% 1%
4%
44%
50%
Q6 -‐ Che valore porta questo riconoscimento alla città?
Nessuno
Scarso
Basso
Alto
Altissimo
(N) 844
102
Figura 7.
Figura 8.
88%
3% 9%
Q7 -‐ Pensi che il portico abbia bisogno di lavori di restauro e di ripulitura?
Sì
No
Non saprei
(N) 844
61% 12%
27%
Q8 -‐ Con un piccolo contributo saresti disposto a Rinanziare il restauro del portico di San Luca?
Sì
No
Non saprei
(N) 844
103
Figura 9.
68%
78%
31%
54%
33%
27%
17%
25%
21%
46%
31%
58%
57%
59%
4%
1%
20%
17%
8%
14%
23%
3%
3%
2%
1%
2%
1%
Partecipazione Comune
Trasparenza
Contributo di chi ha di più
Partecipazione Curia
Partecipazione azeinde private
Partecipazione aziende conosciute
Partecipazione imprese emergenti
Q10 -‐ Quanto ritienui utili i seguenti requisiti per una raccolta fondi afRidabile?
Fondamentale Utile Indifferente Svantaggioso (N) 844
104
Figura 10. Il grafico rappresenta i cittadini che pur avendo dichiarato di non voler contribuire alla raccolta fondi, si dicono favorevoli nel caso in cui sia prevista una ricompensa. Figura 11. La voce «nulla/senso civico» non era prevista nel questionario, è stata ricavata dalle risposte aperte.
65%
35%
I cittadini contrari alla raccolta fondi
Contribuisco con una ricompensa
Non contribuisco
(N) 103
12%
13%
4%
6%
1% 3% 16%
30%
15%
Q9 -‐ Se ci fosse una ricompensa per il tuo contributo, cosa vorresti in cambio?
Un oggetto che ricorda San Luca Un attestato di ringraziamento Un ingreso per un'esposizione artistica Un ingresso per un concerto di musica classica Un oggetto d'arte
Un invito a un aperitivo di ringraziamento Spazi per i giovani artisiti di Bologna Visite guidate ai monumenti di Bologna Nulla/senso civico
(N) 814
105
Figura 12. Figura 13. Il grafico rappresenta il rapporto tra l’età dei potenziali sostenitori e il tipo di ricompensa scelta.
1%
36%
48%
15%
Q11-‐ Quanti anni hai?
meno di 20
da 20 a 39
da 40 a 59
più di 60
(N) 843
3
2
3
1
38
41
12
16
5
13
55
74
36
40
47
6
15
6
8
62
125
60
22
15
4
11
1
11
35
27
Oggetto che ricordi San Luca
Un attestato
Ingresso esposizione artistica
Concerto musica classica
oggetto d'arte
Invito aperitivo
Spazi per giovani artisti
Visita guidata ai monumenti
Nulla/senso civico
Rapporto età sostenitori/ricompensa scelta
meno 20 da 20 a 39 da 40 a 59 più di 60
106
Figura 14. Le voci «ricerco informazioni» e «lavoro» non erano previste nel questionario ma sono state ricavate dalle risposte aperte raccolte nella voce «altro» Figura 15.
21%
25%
17%
16%
18%
2% 1%
Q12 -‐ Quali attività svolgi su Internet
Leggo giornali
Posta elettronica
Social Network
Acquisti/Pagamenti Online
Home Banking
Ricerco informazioni
Lavoro
(N) 844
40%
60%
Q13 -‐ Conosci il fenomeno del crowdfunding?
Sì
No
(N) 844
107
Figura 16. Le voci in elenco sono state ricavate dalle risposte aperte.
62% 12%
6%
8%
2% 6%
4%
La percezione dei cittadini sull'utilizzodel crowdfunding (Risposta aperta)
Positiva
Scettica
Negativa
Positiva se trasparente
Partecipazione di PA e curia
Non so
Risp. non coerenti
(N) 102
108
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111
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