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Spedizione in abbonamento postale Roma, conto corrente postale n. 649004 Copia € 1,00 Copia arretrata € 2,00 L’OSSERVATORE ROMANO GIORNALE QUOTIDIANO Unicuique suum POLITICO RELIGIOSO Non praevalebunt Anno CLX n. 200 (48.524) Città del Vaticano giovedì 3 settembre 2020 . y(7HA3J1*QSSKKM( +"!"!;!z!@! Annunciata dal Papa alla ripresa delle udienze generali con i fedeli dopo la lunga parentesi “a porte chiuse” Il 4 settembre una giornata di preghiera e di digiuno per il Libano «Desidero invitare tutti a vivere una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano, venerdì prossimo, 4 settembre». Dal Cortile di San Damaso del Palazzo apostolico vaticano, dove mercoledì 2 sono riprese le udienze generali con la presenza finalmente dei fedeli, Papa Francesco ha annunciato l’iniziativa a un mese dalle esplosioni che a Beirut causarono numerose vittime. Nel salutare i vari gruppi linguistici di persone tornate a incontrarlo “faccia a faccia”, dopo sei mesi di catechesi in streaming a causa del covid-19, il Pontefice ha chiamato accanto a sé il sacerdote maronita Georges Breidi — che sventolava la bandiera del Paese mediorientale — e ha lanciato l’appello che pubblichiamo integralmente in questa pagina, rendendo nota anche l’intenzione di inviare per la circostanza il cardinale segretario di Stato nella capitale libanese. Cari fratelli e sorelle, a un mese dal- la tragedia che ha colpito la città di Beirut, il mio pensiero va ancora al caro Libano e alla sua popolazione particolarmente provata. E questo sacerdote che è qui, ha portato la bandiera del Libano a questa udien- za. Come San Giovanni Paolo II disse trent’anni fa in un momento cruciale della storia del Paese, anche io que- st’oggi ripeto: «Di fronte ai ripetuti drammi, che ciascuno degli abitanti di questa terra conosce, noi prendia- mo coscienza dell’estremo pericolo che minaccia l’esistenza stessa del Paese. Il Libano non può essere ab- bandonato nella sua solitudine» (Lettera apostolica a tutti i Vescovi del- la Chiesa cattolica sulla situazione nel Libano, 7 settembre 1989). Per oltre cento anni, il Libano è stato un Paese di speranza. Anche durante i periodi più bui della sua storia, i libanesi hanno conservato la loro fede in Dio e dimostrato la ca- pacità di fare della loro terra un luo- go di tolleranza, di rispetto, di con- vivenza unico nella regione. È pro- fondamente vera l’affermazione che il Libano rappresenta qualcosa di più di uno Stato: il Libano «è un messaggio di libertà, è un esempio di pluralismo tanto per l’O riente quanto per l’Occidente» (ibid.). Per il bene stesso del Paese, ma anche del mondo, non possiamo permette- re che questo patrimonio vada di- sperso. Incoraggio tutti i libanesi a conti- nuare a sperare e a ritrovare le forze e le energie necessarie per ripartire. Domando ai politici e ai leader reli- giosi di impegnarsi con sincerità e trasparenza nell’opera di ricostruzio- ne, lasciando cadere gli interessi di parte e guardando al bene comune e al futuro della nazione. Rinnovo al- tresì l’invito alla Comunità interna- zionale a sostenere il Paese per aiu- tarlo ad uscire dalla grave crisi, sen- za essere coinvolto nelle tensioni re- gionali. In modo particolare mi rivolgo agli abitanti di Beirut, duramente provati dall’esplosione: riprendete coraggio, fratelli! La fede e la pre- ghiera siano la vostra forza. Non ab- bandonate le vostre case e la vostra eredità, non fate cadere il sogno di quelli che hanno creduto nell’avveni- re di un Paese bello e prospero. Conversazione con il cardinale Jean-Claude Hollerich Per questo stiamo soffocando di MARCO BELLIZI S aremo più deboli. Tutti. Lo sarà l’Europa. Lo saranno gli Stati Uniti, l’Occidente nel suo insieme. Lo sarà anche la Chiesa, secondo quanto spiega il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Commissione delle Conferenze episcopali dell’Unione europea (Comece). Perché, a suo parere, la pandemia ha solo accelerato un processo ine- vitabile. Allora bisogna rimboccar- si le maniche con umiltà, ricono- scere il cristianesimo più autentico, agire di conseguenza. Chiamare al- la solidarietà. A soffocarci, infatti, spiega il porporato in questa con- versazione con «L’Osservatore Ro- mano», oltre alla terribile malattia ancora senza vaccino, è un consu- mismo che non ci permette di vi- vere autenticamente. E un cristia- nesimo esclusivamente culturale che non ha niente di cui nutrirsi. E di cui nutrire. Eminenza, sembra di poter dire che in tutto il dibattito mondiale sulla pan- CONTINUA A PAGINA 3 LABORATORIO DOPO LA PANDEMIA Da due agenti mentre Trump da Kenosha attacca i manifestanti Afroamericano ucciso a Los Angeles Candele in ricordo di Dijon Kizzee sul luogo della sua uccisione a Los Angeles (Afp) Si alza ulteriormente la tensione con Atene Ankara prolunga le esplorazioni energetiche nel Mediterraneo L’appello dell’Onu a far sentire la loro voce Non si esce dalla crisi senza l’aiuto delle donne ANNA LISA ANTONUCCI A PAGINA 4 Al via le iniziative di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21 Il futuro della memoria LEONARD O SANGIORGI A PAGINA 4 In bilico fra il probabile e il certo Approssimazioni cerebrali CARLO MARIA POLVANI A PAGINA 5 Gli sciami di meteore nelle notti estive Inseguendo la luce delle Perseidi PAOLO MARZIOLI A PAGINA 5 L’avventura della fede Il “vescovo santo” di Cartagena GENEROSO D’AGNESE A PAGINA 6 Un cortometraggio realizzato dalle diocesi di Nuoro e di Lanusei Quando il senso di comunità ci salva da un mondo di plastica GIORDANO CONTU A PAGINA 7 San Gregorio Magno Alle vere sorgenti della pace e della speranza PAGINA 7 ALLINTERNO WASHINGTON, 2. Un afroamericano è stato ucciso ieri a colpi di arma da fuoco da due agenti della polizia di Los Angeles. Secondo quanto riferi- scono fonti delle forze dell’ordine della città della California del sud, l’uomo è stato colpito a morte alla fine di un inseguimento e dopo che la vittima avrebbe preso a pugni in faccia uno degli agenti. Secondo la ricostruzione della po- lizia, i due agenti coinvolti avrebbe- ro visto la vittima in sella alla sua bicicletta e avrebbero deciso di fer- marlo per un controllo. A quel pun- to l’uomo — che la famiglia ha iden- tificato con i media come Dijon Kiz- zee, 29 anni — avrebbe abbandonato la bicicletta dandosi alla fuga. Quando gli agenti lo hanno rag- giunto, Kizzee avrebbe opposto resi- stenza, sferrando un pugno contro uno dei poliziotti. Poi avrebbe la- sciato cadere alcuni indumenti a ter- ra, dove gli agenti avrebbero notato una pistola. A quel punto hanno aperto il fuoco, uccidendolo. Momenti di tensione si sono veri- ficati quando centinaia di persone si sono radunate sul luogo della della sparatoria. E a gettare benzina sul fuoco in una situazione che rischia di diventare sempre più esplosiva ci ha pensato poche ore dopo Donald Trump. In visita a Kenosha — la cit- tà del Wisconsin dove il 23 agosto scorso l’afroamericano Jacob Blake è stato ferito con sette colpi di pistola alla schiena esplosi da parte di un agente, rimanendo paralizzato — il presidente ha infatti difeso l’operato della polizia e ha attaccato i manife- stanti che da giorni protestano con- tro il razzismo. A Kenosha Trump ha accusato i dimostranti di «terrorismo interno», sostenendo che la città del Wiscon- sin è stata devastata da rivolte «anti polizia e anti americane» dopo il fe- rimento di Blake. Quinta catechesi sulla necessità di guarire il mondo in tempo di pandemia PAGINA 8 Cari pastori, vescovi, sacerdoti, consacrati, consacrate, laici, conti- nuate ad accompagnare i vostri fede- li. E a voi, vescovi e sacerdoti, chie- do zelo apostolico; vi chiedo pover- tà, niente lusso, povertà con il vostro povero popolo che sta soffrendo. Date voi l’esempio di povertà e di umiltà. Aiutate i vostri fedeli e il vo- stro popolo a rialzarsi ed essere pro- tagonisti di una nuova rinascita. Sia- te tutti operatori di concordia e rin- novamento nel nome dell’interesse comune, di una vera cultura dell’in- contro, del vivere insieme nella pace, di fratellanza. Una parola tanto cara a San Francesco: fratellanza. Che questa concordia sia un rinnovamen- to nell’interesse comune. Su questo fondamento si potrà assicurare la continuità della presenza cristiana e il vostro inestimabile contributo al Paese, al mondo arabo e a tutta la regione, in uno spirito di fratellanza fra tutte le tradizioni religiose che ci sono nel Libano. È per questa ragione che desidero invitare tutti a vivere una giornata universale di preghiera e digiuno per il Libano, venerdì prossimo, 4 settembre. Io ho l’intenzione di inviare un mio rappresentante quel giorno in Liba- no per accompagnare la popolazio- ne: andrà il Segretario di Stato a no- me mio, per esprimere la mia vici- nanza e solidarietà. Offriamo la no- stra preghiera per tutto il Libano e per Beirut. Siamo vicini anche con l’impegno concreto della carità, co- me in altre occasioni simili. Invito anche i fratelli e le sorelle di altre confessioni e tradizioni religiose ad associarsi a questa iniziativa nelle modalità che riterranno più oppor- tune, ma tutti insieme. E adesso vi chiedo di affidare a Maria, Nostra Signora di Harissa, le nostre angosce e speranze. Sia Lei a sostenere quanti piangono i loro cari e infondere coraggio a tutti quelli che hanno perso le loro case e con esse parte della loro vita. Che inter- ceda presso il Signore Gesù, affinché la Terra dei Cedri rifiorisca ed effon- da il profumo del vivere insieme in tutta la Regione del Medio Oriente. NOSTRE INFORMAZIONI Il Santo Padre ha accettato la rinuncia all’Ufficio di Amministratore Aposto- lico ad nutum Sanctae Sedis dell’O rdi- nariato per gli Armeni cattolici resi- denti in Romania presentata da Sua Eccellenza Monsignor György - Mi- klós Jakubínyi. Nomina di Amministratore Apostolico Il Santo Padre ha nominato Sua Eccellenza Monsignor Gergely Kovács Amministratore Apostolico ad nutum Sanctae Sedis dell’Ordinariato per gli Armeni cattolici residenti in Romania. ANKARA , 2. Rischia di alzarsi ulteriormente la tensione nel Mediterraneo orientale. Ankara ha annunciato ieri che le sue controverse esplora- zioni energetiche al largo di Cipro proseguiran- no almeno fino al 12 settembre prossimo. Lo hanno comunicato le autorità turche, emetten- do un nuovo avviso di restrizione della naviga- zione (Navtex) per l’area dove stava già ope- rando la nave da ricerca sismica Oruc Reis. In precedenza, la conclusione delle attività era prevista per oggi. Si tratta della terza estensione del Navtex diffuso il mese scorso per le prospezioni in cer- ca di idrocarburi. La Oruc Reis è accompagna- ta dalle navi Ataman e Cengiz Han. L’annuncio giunge dopo l’escalation di ten- sione delle ultime settimane con la Grecia per le dispute sui rispettivi confini marittimi e sui diritti di trivellazione. Ankara sta inoltre effet- tuando esercitazioni militari nel Mediterraneo orientale al largo di Alessandretta, sulle sue co- ste meridionali, e di Cipro, che sono attual- mente previste fino all’11 settembre. L’Ue ha ri- petutamente condannato queste esercitazioni. Intanto, a complicare le cose, il ministro de- gli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu è intervenuto ieri accusando la Grecia di alimentare le ten- sioni. «Se la militarizzazione dell’isola di Ka- stellorizo supererà i limiti previsti dall’accordo di Parigi del 1947, sarà la Grecia a perdere» ha detto il ministro. La Turchia è «a favore di ne- goziati per un’equa distribuzione delle risorse nel Mediterraneo orientale» ha poi aggiunto. «Dopo le notizie diffuse dai media greci sullo sbarco di soldati ellenici sull’isola dell’Egeo su- dorientale, le autorità di Atene hanno detto che si trattava di un cambio della guardia. For- ze di questo tipo possono essere mantenute senza armi pesanti per ragioni di sicurezza in- terna. Ma ci sono dei limiti» ha sottolineato ancora Çavuşoğlu, parlando in una conferenza stampa ad Ankara con l’omologo algerino Sa- bri Boukadoum. «La Grecia non vuole risolve- re la questione e cerca di confonderci con un atteggiamento ostile», ma «le provocazioni so- no estremamente pericolose e sarà la Grecia a subirne i danni». Va detto che ieri anche il presidente turco Recep Tayyip Erdoğan ha accusato la Francia, che sostiene Atene, di usare la Grecia per estendere la propria influenza nel Mediterra- neo. Questo ha detto Erdoğan — «è un esempio di moderno colonialismo. Ne abbiamo abbastanza di questo teatro dell’ombra».

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L’OSSERVATORE ROMANOGIORNALE QUOTIDIANO

Unicuique suum

POLITICO RELIGIOSO

Non praevalebunt

Anno CLX n. 200 (48.524) Città del Vaticano giovedì 3 settembre 2020

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Annunciata dal Papa alla ripresa delle udienze generali con i fedeli dopo la lunga parentesi “a porte chiuse”

Il 4 settembre una giornatadi preghiera e di digiuno per il Libano

«Desidero invitare tutti a vivere unagiornata universale di preghiera edigiuno per il Libano, venerdìprossimo, 4 settembre». Dal Cortile diSan Damaso del Palazzo apostolicovaticano, dove mercoledì 2 sono ripresele udienze generali con la presenzafinalmente dei fedeli, Papa Francescoha annunciato l’iniziativa a un mesedalle esplosioni che a Beirut causarononumerose vittime. Nel salutare i varigruppi linguistici di persone tornate aincontrarlo “faccia a faccia”, dopo seimesi di catechesi in streaming a causadel covid-19, il Pontefice ha chiamatoaccanto a sé il sacerdote maronitaGeorges Breidi — che sventolava labandiera del Paese mediorientale — eha lanciato l’appello che pubblichiamointegralmente in questa pagina,rendendo nota anche l’intenzione diinviare per la circostanza il cardinalesegretario di Stato nella capitalelibanese.

Cari fratelli e sorelle, a un mese dal-la tragedia che ha colpito la città diBeirut, il mio pensiero va ancora alcaro Libano e alla sua popolazioneparticolarmente provata. E questosacerdote che è qui, ha portato labandiera del Libano a questa udien-za.

Come San Giovanni Paolo II disset re n t ’anni fa in un momento crucialedella storia del Paese, anche io que-st’oggi ripeto: «Di fronte ai ripetutidrammi, che ciascuno degli abitantidi questa terra conosce, noi prendia-mo coscienza dell’estremo pericoloche minaccia l’esistenza stessa delPaese. Il Libano non può essere ab-bandonato nella sua solitudine»(Lettera apostolica a tutti i Vescovi del-la Chiesa cattolica sulla situazione nelLibano, 7 settembre 1989).

Per oltre cento anni, il Libano èstato un Paese di speranza. Anchedurante i periodi più bui della suastoria, i libanesi hanno conservato laloro fede in Dio e dimostrato la ca-pacità di fare della loro terra un luo-go di tolleranza, di rispetto, di con-vivenza unico nella regione. È pro-fondamente vera l’affermazione che

il Libano rappresenta qualcosa dipiù di uno Stato: il Libano «è unmessaggio di libertà, è un esempiodi pluralismo tanto per l’O rientequanto per l’Occidente» (ibid.). Peril bene stesso del Paese, ma anchedel mondo, non possiamo permette-re che questo patrimonio vada di-sp erso.

Incoraggio tutti i libanesi a conti-nuare a sperare e a ritrovare le forzee le energie necessarie per ripartire.Domando ai politici e ai leader reli-giosi di impegnarsi con sincerità etrasparenza nell’opera di ricostruzio-ne, lasciando cadere gli interessi diparte e guardando al bene comune eal futuro della nazione. Rinnovo al-tresì l’invito alla Comunità interna-zionale a sostenere il Paese per aiu-tarlo ad uscire dalla grave crisi, sen-za essere coinvolto nelle tensioni re-gionali.

In modo particolare mi rivolgoagli abitanti di Beirut, duramenteprovati dall’esplosione: riprendetecoraggio, fratelli! La fede e la pre-ghiera siano la vostra forza. Non ab-bandonate le vostre case e la vostraeredità, non fate cadere il sogno diquelli che hanno creduto nell’avveni-re di un Paese bello e prospero.

Conversazione con il cardinale Jean-Claude Hollerich

Per questostiamo soffocando

di MARCO BELLIZI

Saremo più deboli. Tutti. Losarà l’Europa. Lo saranno gliStati Uniti, l’Occidente nel

suo insieme. Lo sarà anche laChiesa, secondo quanto spiega ilcardinale Jean-Claude Hollerich,presidente della Commissionedelle Conferenze episcopalidell’Unione europea (Comece).Perché, a suo parere, la pandemiaha solo accelerato un processo ine-vitabile. Allora bisogna rimboccar-si le maniche con umiltà, ricono-scere il cristianesimo più autentico,agire di conseguenza. Chiamare al-la solidarietà. A soffocarci, infatti,spiega il porporato in questa con-versazione con «L’Osservatore Ro-mano», oltre alla terribile malattiaancora senza vaccino, è un consu-mismo che non ci permette di vi-vere autenticamente. E un cristia-nesimo esclusivamente culturale

che non ha niente di cui nutrirsi.E di cui nutrire.

Eminenza, sembra di poter dire che intutto il dibattito mondiale sulla pan-

CO N T I N UA A PA G I N A 3

LABORATORIODOPO LA PA N D E M I A

Da due agenti mentre Trump da Kenosha attacca i manifestanti

Afroamericano ucciso a Los Angeles

Candele in ricordo di Dijon Kizzee sul luogo della sua uccisione a Los Angeles (Afp)

Si alza ulteriormente la tensione con Atene

Ankara prolunga le esplorazioni energetiche nel Mediterraneo

L’appello dell’Onua far sentire la loro voce

Non si esce dalla crisisenza l’aiutodelle donne

ANNA LISA ANTONUCCI A PA G I N A 4

Al via le iniziativedi Parma Capitale Italianadella Cultura 2020+21

Il futurodella memoria

LEONARD O SANGIORGI A PA G I N A 4

In bilico fra il probabile e il certo

A p p ro s s i m a z i o n ic e re b r a l i

CARLO MARIA PO LVA N I A PA G I N A 5

Gli sciami di meteorenelle notti estive

Inseguendola luce delle Perseidi

PAOLO MARZIOLI A PA G I N A 5

L’avventura della fede

Il “vescovo santo”di Cartagena

GENEROSO D’AGNESE A PA G I N A 6

Un cortometraggio realizzatodalle diocesi di Nuoro e di Lanusei

Quando il sensodi comunitàci salva da un mondodi plastica

GIORDANO CONTU A PA G I N A 7

San Gregorio Magno

Alle vere sorgentidella pacee della speranza

PAGINA 7

ALL’INTERNO

WASHINGTON, 2. Un afroamericanoè stato ucciso ieri a colpi di arma dafuoco da due agenti della polizia diLos Angeles. Secondo quanto riferi-scono fonti delle forze dell’o rd i n edella città della California del sud,l’uomo è stato colpito a morte allafine di un inseguimento e dopo che

la vittima avrebbe preso a pugni infaccia uno degli agenti.

Secondo la ricostruzione della po-lizia, i due agenti coinvolti avrebbe-ro visto la vittima in sella alla suabicicletta e avrebbero deciso di fer-marlo per un controllo. A quel pun-to l’uomo — che la famiglia ha iden-

tificato con i media come Dijon Kiz-zee, 29 anni — avrebbe abbandonatola bicicletta dandosi alla fuga.Quando gli agenti lo hanno rag-giunto, Kizzee avrebbe opposto resi-stenza, sferrando un pugno controuno dei poliziotti. Poi avrebbe la-sciato cadere alcuni indumenti a ter-ra, dove gli agenti avrebbero notatouna pistola. A quel punto hannoaperto il fuoco, uccidendolo.

Momenti di tensione si sono veri-ficati quando centinaia di persone sisono radunate sul luogo della dellasparatoria. E a gettare benzina sulfuoco in una situazione che rischiadi diventare sempre più esplosiva ciha pensato poche ore dopo DonaldTrump. In visita a Kenosha — la cit-tà del Wisconsin dove il 23 agostoscorso l’afroamericano Jacob Blake èstato ferito con sette colpi di pistolaalla schiena esplosi da parte di unagente, rimanendo paralizzato — ilpresidente ha infatti difeso l’op eratodella polizia e ha attaccato i manife-stanti che da giorni protestano con-tro il razzismo.

A Kenosha Trump ha accusato idimostranti di «terrorismo interno»,sostenendo che la città del Wiscon-sin è stata devastata da rivolte «antipolizia e anti americane» dopo il fe-rimento di Blake.

Quinta catechesisulla necessitàdi guarire il mondoin tempodi pandemia

PAGINA 8

Cari pastori, vescovi, sacerdoti,consacrati, consacrate, laici, conti-nuate ad accompagnare i vostri fede-li. E a voi, vescovi e sacerdoti, chie-do zelo apostolico; vi chiedo pover-tà, niente lusso, povertà con il vostropovero popolo che sta soffrendo.Date voi l’esempio di povertà e diumiltà. Aiutate i vostri fedeli e il vo-stro popolo a rialzarsi ed essere pro-tagonisti di una nuova rinascita. Sia-te tutti operatori di concordia e rin-novamento nel nome dell’i n t e re s s ecomune, di una vera cultura dell’in-contro, del vivere insieme nella pace,di fratellanza. Una parola tanto caraa San Francesco: fratellanza. Chequesta concordia sia un rinnovamen-to nell’interesse comune. Su questofondamento si potrà assicurare lacontinuità della presenza cristiana eil vostro inestimabile contributo alPaese, al mondo arabo e a tutta laregione, in uno spirito di fratellanzafra tutte le tradizioni religiose che cisono nel Libano.

È per questa ragione che desideroinvitare tutti a vivere una giornatauniversale di preghiera e digiuno per ilLibano, venerdì prossimo, 4 settembre.Io ho l’intenzione di inviare un miorappresentante quel giorno in Liba-no per accompagnare la popolazio-ne: andrà il Segretario di Stato a no-

me mio, per esprimere la mia vici-nanza e solidarietà. Offriamo la no-stra preghiera per tutto il Libano eper Beirut. Siamo vicini anche conl’impegno concreto della carità, co-me in altre occasioni simili. Invitoanche i fratelli e le sorelle di altreconfessioni e tradizioni religiose adassociarsi a questa iniziativa nellemodalità che riterranno più oppor-tune, ma tutti insieme.

E adesso vi chiedo di affidare aMaria, Nostra Signora di Harissa, lenostre angosce e speranze. Sia Lei asostenere quanti piangono i loro carie infondere coraggio a tutti quelliche hanno perso le loro case e conesse parte della loro vita. Che inter-ceda presso il Signore Gesù, affinchéla Terra dei Cedri rifiorisca ed effon-da il profumo del vivere insieme intutta la Regione del Medio Oriente.

NOSTREINFORMAZIONI

Il Santo Padre ha accettato la rinunciaall’Ufficio di Amministratore Aposto-lico ad nutum Sanctae Sedis dell’O rdi-nariato per gli Armeni cattolici resi-denti in Romania presentata da SuaEccellenza Monsignor György - Mi-klós Jakubínyi.

Nominadi Amministratore ApostolicoIl Santo Padre ha nominato Sua

Eccellenza Monsignor Gergely KovácsAmministratore Apostolico ad nutumSanctae Sedis dell’Ordinariato per gliArmeni cattolici residenti in Romania.

AN KA R A , 2. Rischia di alzarsi ulteriormente latensione nel Mediterraneo orientale. Ankara haannunciato ieri che le sue controverse esplora-zioni energetiche al largo di Cipro proseguiran-no almeno fino al 12 settembre prossimo. Lohanno comunicato le autorità turche, emetten-do un nuovo avviso di restrizione della naviga-zione (Navtex) per l’area dove stava già ope-rando la nave da ricerca sismica Oruc Reis. Inprecedenza, la conclusione delle attività eraprevista per oggi.

Si tratta della terza estensione del Navtexdiffuso il mese scorso per le prospezioni in cer-ca di idrocarburi. La Oruc Reis è accompagna-ta dalle navi Ataman e Cengiz Han.

L’annuncio giunge dopo l’escalation di ten-sione delle ultime settimane con la Grecia perle dispute sui rispettivi confini marittimi e sui

diritti di trivellazione. Ankara sta inoltre effet-tuando esercitazioni militari nel Mediterraneoorientale al largo di Alessandretta, sulle sue co-ste meridionali, e di Cipro, che sono attual-mente previste fino all’11 settembre. L’Ue ha ri-petutamente condannato queste esercitazioni.

Intanto, a complicare le cose, il ministro de-gli esteri turco Mevlüt Çavuşoğlu è intervenutoieri accusando la Grecia di alimentare le ten-sioni. «Se la militarizzazione dell’isola di Ka-stellorizo supererà i limiti previsti dall’a c c o rd odi Parigi del 1947, sarà la Grecia a perdere» hadetto il ministro. La Turchia è «a favore di ne-goziati per un’equa distribuzione delle risorsenel Mediterraneo orientale» ha poi aggiunto.«Dopo le notizie diffuse dai media greci sullosbarco di soldati ellenici sull’isola dell’Egeo su-dorientale, le autorità di Atene hanno detto

che si trattava di un cambio della guardia. For-ze di questo tipo possono essere mantenutesenza armi pesanti per ragioni di sicurezza in-terna. Ma ci sono dei limiti» ha sottolineatoancora Çavuşoğlu, parlando in una conferenzastampa ad Ankara con l’omologo algerino Sa-bri Boukadoum. «La Grecia non vuole risolve-re la questione e cerca di confonderci con unatteggiamento ostile», ma «le provocazioni so-no estremamente pericolose e sarà la Grecia asubirne i danni».

Va detto che ieri anche il presidente turcoRecep Tayyip Erdoğan ha accusato la Francia,che sostiene Atene, di usare la Grecia perestendere la propria influenza nel Mediterra-neo. Questo — ha detto Erdoğan — «è unesempio di moderno colonialismo. Ne abbiamoabbastanza di questo teatro dell’ombra».

Page 2: Il 4 settembre una giornata di preghiera e di digiuno per ... · marlo per un controllo. A quel pun-to l’uomo — che la famiglia ha iden-tificato con i media come Dijon Kiz-zee,

L’OSSERVATORE ROMANOpagina 2 giovedì 3 settembre 2020

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La polizia parla di 17 fermi mentre la tensione resta alta sul piano internazionale

Bielorussia: Scontri a Minskdurante la protesta degli studenti

L’appello dell’Onu a far sentire la loro voce

Non si esce dalla crisisenza l’aiuto delle donne

MINSK, 2. Protesta degli studenti, ie-ri, nella capitale bielorussa Minsk.La tensione è ancora molto alta do-po la crisi scoppiata in seguito al vo-to dello scorso 9 agosto vinte dalpresidente Lukashenko, al potere dal1994. L’esito del voto, com’è noto, èstato contestato dall’opposizione eda gran parte della comunità inter-nazionale.

La polizia in assetto antisommossaha fermato almeno 17 studenti du-rante una protesta antigovernativache si è svolta ieri nel centro dellacapitale, precisamente nelle vie Kiro-va e Sverdlova. Il canale TelegramKuluari Kyky, ripreso dalla testataonline Meduza, riferisce di scontri eviolenze contro i fermati. La poliziaha bloccato più volte il percorso deicortei studenteschi chiudendo glisbocchi in piazza Indipendenza.Verso le 4 del pomeriggio, gli stu-denti hanno iniziato a sfilare in vialedell’Indipendenza. Altri fermi si so-no registrati presso lo stadio Dina-mo, secondo quanto riportano leagenzie internazionali.

Da segnalare che Ivan Kravtsov,segretario esecutivo del Consiglio dicoordinamento dell’O pposizionebielorussa, è stato convocato dal Co-mitato investigativo bielorusso peressere interrogato: lo riporta l’agen-zia Interfax citando l’ufficio stampadello stesso Consiglio di coordina-mento dell’opposizione bielorussa.

Sul piano internazionale, il presi-dente bielorusso Alexander Luka-shenko ha detto che lui e il presi-dente russo Vladimir Putin «salva-guarderanno la nostra patria comuneda Brest a Vladivostok». In questomodo, Lukashenko ha ribadito l’al-leanza con il Cremlino. Nei giorniscorsi Putin aveva detto di ricono-scere i risultati del voto. Lukashenkoha poi aggiunto: «Ho detto nel miodiscorso annuale al popolo e al par-lamento della Bielorussia prima delleelezioni: voi, la Russia, ci chiamatepartner oggi. Siamo diventati par-tner, non fratelli. E a torto! Questo èstato sentito sia al Cremlino che inogni dove. Oggi siamo nuovamentefratelli». Il governo bielorusso hachiesto a Mosca di rifinanziare il de-bito da 600 milioni di dollari dovuto

alla Russia nel 2021. Il 27 agosto ilpresidente Lukashenko aveva inoltredichiarato di aver trovato un accor-do con Putin per rifinanziare unprestito russo a Minsk da un miliar-do di dollari.

Intanto, gli osservatori delle Na-zioni Unite per i diritti umani han-no reso noto di aver ricevuto segna-lazioni su 450 casi di tortura e abusisu prigionieri in Bielorussia in segui-to agli arresti avvenuti nelle ultimesettimane. E di essere stati informatianche di violenza contro donne ebambini, compresi abusi sessuali estupri con manganelli di gomma.

«Il divieto di tortura è assoluto aisensi del diritto umanitario interna-zionale. Non può essere giustificatoper nessuna ragione» hanno dettogli esperti di diritti umani, che sonoincaricati di osservare la Bielorussia,così come questioni globali quali latortura, le sparizioni forzate, le de-tenzioni arbitrarie, la libertà di paro-la e la libertà di assemblea. «Almenosei persone che erano state arrestatein seguito alle contestate elezioni inBielorussia rimangono disperse,mentre arresti indiscriminati di ma-nifestanti sono continuati nel finesettimana» hanno denunciato gli os-servatori. Anche l’Unione europeaha condannato la repressione dellescorse settimane.La manifestazione di Minsk (Ansa)

di ANNA LISA ANTONUCCI

Non si esce dalla crisi da co-vid-19 senza l’aiuto delledonne. Per questo il Segre-

tario generale delle Nazioni Unite,António Guterres ha rivolto un ac-corato appello perché «le donnefacciano sentire la loro voce». «So-lo così — ha aggiunto — r i u s c i re m oad uscire dalla crisi che il mondosta vivendo a causa della pandemiae a risollevarci avendo raggiunto

l’uguaglianza tra donne e uominiin termini di rappresentanza e dileadership». Guterres ha ribaditoche la crisi che ha scosso il mondonegli ultimi sei mesi ha avuto «unimpatto sociale ed economico spro-porzionato e devastante sulle don-ne e sulle ragazze». «Il covid-19 haesacerbato le disuguaglianze esi-stenti — ha sottolineato — tra cuiquella di genere. E dunque stiamoassistendo a una battuta d’a r re s t oin materia di parità di genere, do-po decenni di progressi sui dirittidelle donne, seppur limitati e fragi-li». «Se non rispondiamo immedia-tamente il progresso rischia di an-dare perduto». «Stiamo attraver-sando momenti difficili — ha prose-guito Guterres e nessuno pensa chefiniranno presto», per questo ab-biamo bisogno «della voce delledonne e del loro impegno». «Leorganizzazioni della società civilefemminile sono in prima linea nellarisposta alla pandemia di covid-19.Le Nazioni Unite ritengono cheascoltare le loro opinioni sia essen-ziale per realizzare una risposta euna ripresa efficaci» ha detto anco-ra il Segretario generale dell’O nu.Fin dall’inizio della pandemia, ledonne sono state in prima lineanella risposta, in quanto operatorisanitari, insegnanti, impegnate nel-la cura delle loro famiglie e dellecomunità. «Tra il 70 e il 90 percento degli operatori sanitari sonodonne — ha ricordato Guterres —ma i loro stipendi e le loro condi-zioni spesso non riflettono il ruolovitale che svolgono». «La pande-mia ha messo in luce la crisi del la-voro di assistenza non retribuito,che è aumentata in modo esponen-ziale a causa della chiusura dellescuole e delle esigenze degli anzia-ni, e colpisce in modo sproporzio-nato le donne», ha osservato. Inol-tre, rapporti inquietanti mostranoun aumento della violenza di gene-re, poiché molte donne sono stateconfinate con i loro abusatori,mentre le risorse e i servizi di sup-porto e assistenza vengono reindi-rizzati altrove. «La pandemia haesacerbato le notevoli barriere chele donne devono affrontare nell’af-fermare i loro diritti e nel realizzareil loro potenziale. I progressi persipossono richiedere anni, se non ge-nerazioni, per riprendersi», ha det-to Guterres. Egli ha ribadito che laprotezione dei diritti delle donne edelle ragazze in questo periodo èuna priorità assoluta per le NazioniUnite, sottolineando come all’ini-zio di aprile è stata pubblicata unanota politica in cui si chiedeva aigoverni di adottare misure concreteper porre le donne e le ragazze alcentro di tutti gli sforzi per com-battere la pandemia di covid-19.«Mentre ci rialziamo, dobbiamo ri-cordarlo. È giunto il momento diporre fine alle disuguaglianze nellavoro di assistenza non retribuitoe di creare nuovi modelli di busi-ness che funzionino per tutti», haaffermato il Segretario generale. «Ibenefici come il pagamento di as-senze per malattia, per l’assistenzaai figli, il congedo parentale nonsono di lusso, sono essenziali per ilfunzionamento delle nostre società.Estenderli ha inevitabilmente unadimensione di genere, poiché granparte del lavoro delle donne è sot-topagato e sottovalutato», ha con-cluso.

Vertice al Viminalesu LampedusaAttese tre navi

per la quarantena

ROMA, 2. Tre navi-quarantena, entrodomani, per svuotare l’hotspot diLampedusa, misure a sostegnodell’economia dell’isola e adegua-mento anti-covid dei centri d’acco-glienza siciliani. Sono le proposte alcentro dell’incontro convocato peroggi, a Palazzo Chigi, dal Primo mi-nistro italiano Giuseppe Conte con iministri dell’Interno e dell’Econo-mia, il presidente della Sicilia e ilsindaco dell’isola, per fare il puntosull’emergenza migranti.

La prima delle navi-quarantenaaccoglierà a Palermo i 353 migrantiin arrivo con la Sea Watch e 200provenienti da altre strutture. Intan-to la notte scorsa sono stati imbarca-ti sulla nave Allegra i 181 migrantiarrivati in autobus da Porto Empe-docle, dove erano stati trasferiti daLampedusa. La Allegra è in rada aPalermo in attesa dell’arrivo dellaSea Watch per il trasbordo dei 313migranti. È previsto faccia poi rottaper Lampedusa. All’Allegra si ag-giungeranno altre due navi-quarante-na individuate con apposito bando.

Anche la Francia cerca di fare iconti con l’immigrazione. Un centi-naio di famiglie di migranti che sierano installate nei giorni scorsi da-vanti al municipio di Parigi, perchiedere un’accoglienza degna e unalloggio, ieri sono state evacuate dal-la polizia. In attesa di trovare unasoluzione è stato deciso di aprire leporte dell’Hotel de Ville (il Comu-ne, ndr) e accogliere le famiglie inuna delle sale.

Erano state requisite agli agricoltori bianchi

Lo Zimbabwe restituisce le terre

Il presidente dello Zimbabwe Mnangagwa (Afp)

Al via il processo per l’attaccoa «Charlie Hebdo»

Mali: la giunta militare terrà colloquicon partiti politici e società civile

Gravi inondazioniin Sudan

Migliaia gli sfollati

KHARTUM, 2. Migliaia di personetra sfollati interni, rifugiati e co-munità di accoglienza sono statecolpite dalle forti piogge stagiona-li in Sudan, che hanno causatoinondazioni improvvise e spinto ifiumi a straripare, tra cui il Nilonella capitale Khartoum e nellacittà gemella Omdurman. Lo rive-la un rapporto dell’U n h c r.

Case e residenze comunitariesono state gravemente danneggia-te o distrutte, lasciando molte per-sone in disperato bisogno di al-loggio. Le piogge sono state parti-colarmente abbondanti nel Darfursettentrionale, dove circa 35.000sfollati interni, residenti e rifugiatinecessitano di assistenza, 15 perso-ne hanno perso la vita e altre 23risultano disperse.

Gravi anche le condizioni igie-nico-sanitarie, drasticamente peg-giorate a causa degli allagamentidelle latrine e delle contaminazionidei canali di approvvigionamentoidrico che impediscono di pratica-re le necessarie misure di preven-zione del covid-19. Alcune struttu-re sanitarie sono state danneggiateal punto da comprometterne le ca-pacità di curare i pazienti, nel casodovessero aumentare i casi di co-vid, di altri virus e malattie. Si sti-ma che, in totale, abbiano subitodanni 125.000 rifugiati e sfollati in-terni, in particolare nelle regionidel Sudan orientale, Nilo Bianco,Darfur e a Khartoum.

HARARE, 2. Lo Zimbabwe si è im-pegnato a restituire le terre ai pre-cedenti agricoltori bianchi stabilitisinel paese, le cui proprietà fondiariefurono requisite nella controversariforma agraria avviata venti annifa. Lo ha annunciato il governo lu-nedì, facendo un passo avanti versola risoluzione di una delle politichepiù dibattute dell’era di RobertMugabe, che continua a dividerel’opinione pubblica nel paese.

Il mese scorso, lo Zimbabwe hafirmato un accordo di compensa-zione pari a 3,5 miliardi di dollaricon i proprietari bianchi per le terresequestrate durante la presidenza diMugabe, che requisì loro oltre 4mila fattorie al fine di reinsediare lefamiglie nere storicamente emargi-nate. Secondo le leggi dello Zim-babwe — approvate durante un bre-ve periodo di governo di opposi-zione, ma ignorate da Mugabe —gli agricoltori bianchi stranieri pro-tetti dai trattati tra i loro governi elo Zimbabwe dovrebbero esserecompensati sia per la terra che peraltri beni. Il ministro delle Finanzee il ministro delle Terre hanno af-fermato in una dichiarazione con-giunta che i cittadini dello Zimbab-we o stranieri che hanno perso allo-ra le proprie terre possono fare do-manda «per il ripristino della tito-larità del pezzo di terreno agricoloobbligatoriamente acquisito al finedella sua ricollocazione». Per con-sentire ai precedenti proprietari «diriprendere possesso» della terra, il

governo revocherà le offerte fatte aicontadini neri e «offrirà loro dellaterra altrove». La riforma è da mol-ti considerata uno dei fattori chiavedella crisi economica, aggravatasiulteriormente ultimi dieci anni. LoZimbabwe continua, tuttora, a sof-

frire la carenza di alimenti basilari.Il presidente Emmerson Mnangag-wa ha affermato che la riformaagraria non può essere revocata, mache il pagamento del risarcimento èstato la chiave per ricucire i legamicon l’O ccidente.

PARIGI, 2. Dopo più di cinque annidi indagini e un rinvio a causa delcoronavirus, prende oggi il via aParigi il processo per gli attentatialla sede del giornale satirico«Charlie Hebdo» e al supermarketkosher del gennaio del 2015.

Sul banco degli imputati 14 per-sone, accusate a vario livello diavere aiutato i responsabili degliattentati terroristici, in cui moriro-no 17 persone. I tre esecutori mate-riali degli attacchi sono stati uccisidalla polizia. Due di loro assaltaro-no la sede di «Charlie Hebdo»,

uccidendo 12 persone. Un terzoterrorista uccise una donna poli-ziotto e poi assaltò il supermercato,uccidendo altre quattro persone.

Gli attacchi terroristici del gen-naio di cinque anni fa furono i pri-mi di una lunga ed efferata serie diazioni terroristiche di matrice isla-mista, che tra il 2015 e il 2016 han-no provocato in Francia oltre 230morti. Il processo dovrebbe prose-guire fino al 10 novembre. Tre de-gli imputati saranno giudicati incontumacia.

BA M A KO, 2. La giunta militare cheha preso il potere in Mali due set-timane fa terrà colloqui con i par-titi politici e gruppi della societàcivile questo fine settimana, a se-guito di pressioni per un rapidopassaggio al governo civile. «Que-sti incontri mirano a elaborare unatabella di marcia per la transizio-ne, definendone contorni, organi estatuto». Lo ha dichiarato ieri ilComitato nazionale per la salvezzadel popolo (Cnsp), l’organo creatodagli ufficiali golpisti che ha de-posto il presidente Ibrahim Keita

e l’esecutivo. Sono stati invitati aicolloqui il Movimento 5 Giugno —che ha iniziato in questa data leproteste contro Keita e ora chiededi avere un ruolo nella transizione— gli ex ribelli, i sindacati e i rap-presentanti dei media. La giuntala scorsa settimana aveva annun-ciato un governo di transizione ditre anni. La comunità economicadegli stati dell’Africa occidentale(Ecowas) respinge però que-st’istanza, auspicando un’immedia-ta transizione al governo civile edelezioni entro un anno.

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 3 settembre 2020 pagina 3

LABORATORIOD OPO LA PA N D E M I A

«Per chi è responsabile la domanda ultima non è: come me la cavo eroicamente in quest’a f f a re ,

ma: quale potrà essere la vita della generazione che viene» (D. Bonhoeffer)

Conversazione con il cardinale Jean-Claude Hollerich, presidente della Comece

Per questo stiamo soffocandodemia la grande assente è l'assunzionedi responsabilità verso il sud del mon-do. Se si considera che per esempiol’Africa sembra una bomba, anche viro-logica, pronta ad esplodere, secondo leiserve più fare appello alla solidarietà oal realismo?

Penso che la solidarietà sia sempreuna risposta al realismo. L’Africa ègià stata colpita duramente. Non peri casi di malati o di morti, anche sece ne sono tanti, ma per la sofferen-za dell’economia. La gente in Africaè già diventata più povera. Bisognaapprofittare di questa crisi per fareun gesto di solidarietà. Noi in Euro-pa siamo ricchi, e lo siamo ancheperché abbiamo approfittato dellaricchezza dell’Africa, per cui è sem-plicemente giusto che come fratelli esorelle aiutiamo questa gente a tro-vare un nuovo equilibrio economico,a poter guadagnare la loro vita senzadover inviare i profughi in Europa.Abbiamo questa responsabilità, co-me cristiani, per tutta la terra. Lanostra solidarietà non deve averefrontiere. Naturalmente quello cheha detto a proposito del realismo èmolto vero. Perché i paesi europei, oanche la gente in Europa, ora quan-do parla di malati parla di se stessa,perché la povertà riguarda anchel’Europa, parla di come combatterela povertà qui. E questo è legittimo.Ma non possiamo dimenticare i piùpoveri. Il Vangelo e Cristo non ce lilasciano dimenticare.

Recentemente ad Alpbach, in Austria,in occasione della Messa per l'aperturadel Forum europeo, lei ha evocato unasorta di intervento congiunto da partedell’Europa per contrastare la pande-mia, a difesa della pace e per non tra-dire i valori cristiani. Che forma do-vrebbe assumere questo intervento?

Penso che noi dobbiamo farequalcosa per l’Africa come l'Americaha fatto per l'Europa dopo la guerra.Non basta fare piccoli programmi diaiuto. Bisogna avere veramente ungrande piano di sviluppo per questocontinente. È più difficile di quantosia stato per l’Europa, perché dopola guerra l’Europa ha ritrovato i suoisistemi democratici e noi sappiamoche in Africa ci sono sistemi politiciche qualche volta non permettono losviluppo dei popoli africani. È an-che vero che l’Europa non è sola, inAfrica. La Cina diventa via via piùpotente, la sua presenza si fa sentire.Dunque bisogna fare uno sforzo

congiunto con la Cina, con tutta lagente di buona volontà, per lo svi-luppo dei paesi africani. Noi parlia-mo come Chiesa cattolica ma ci so-no anche altre chiese in Africa, altrereligioni... Sarebbe così bello se lereligioni potessero diventare la co-scienza dell'umanità, per chiamareinsieme allo sviluppo di questi po-poli africani... Perché Dio ama allostesso modo la gente dell’Africa edell’Europa. Dio non ha una prefe-renza per l’Europa, questo è chiaro.Pensare il contrario è espressione diun eurocentrismo latente. E non ègiusto, dalla prospettiva cristiana. Sesiamo consapevoli che Dio ama ogniuomo, ogni donna, bisogna fare in-sieme. Perché la felicità, un certo be-nessere, la pace, la giustizia, devonoessere per tutti.

Le rivolgo una domanda franca: a suoparere l’Europa, così com’è, va riforma-ta o piuttosto rifondata?

Io spero sempre nell’Europa. Per-ché quando guardo alla breve storiadell’Unione europea, vedo che ci so-no già state tante crisi e ogni voltal’Europa le ha superate. Penso che cisia stato un vero pericolo, all’iniziodella pandemia, di non riuscire amantenersi in un nuovo ordine mon-diale. Ma ora si vede che l’E u ro p afarà i suoi compiti. Penso che leChiese cristiane, insieme con i nostriamici delle altre religioni, devonosentire la responsabilità della chia-mata alla coscienza europea, fare unp o’ di più, mostrare questa solidarie-tà, che vuol dire rinunciare a un po’di ricchezza per sé stessi per poterlacondividere con gli altri.

Perché l’Europa laica sembra fare cosìfatica a ritrovare e a difendere il sensoprofondo della sua azione e della sua

ragion d’essere? È un problema più po-litico o più culturale?

Penso che in qualche modo ci sia-no ancora nella cultura europea restidi quella cristiana. Questi resti nonsono come le antiche rovine ma sonoancora momenti attivi della culturadell’Europa. Questi resti aiutano avivere più di solidarietà. E sono pre-senti anche in uomini e donne dellapolitica che non si dichiarano cristia-ni. Si veda ad esempio come è stataaccolta la Laudato si’. C'è una gran-de apertura a questi messaggi, so-prattutto del Santo Padre, pure inun’Europa laicale. Qualche voltaquesta Europa laica o laicista si pre-senta anche in vestiti cristiani. Masono appunto soltanto vestiti. Nonsono gli elementi della cristianità edel Vangelo che sono all’opera, è so-lo un carnevale. La solidarietà, il fat-to di dividere, di voler dividere lericchezze con i più poveri, rispettarei diritti umani: questi sono elementidistintivi del cristianesimo. Ma pur-troppo penso anche che il cristiane-simo stia diventando più debole inEuropa. Anche dopo la pandemiacredo che il numero della gente cheva in chiesa sarà diminuito. Dobbia-mo pensare sempre all’evangelizza-zione dell’Europa. Non è vero chel’Europa sia sempre cristiana. Non èstato vero neanche nella storia, per-chè ci sono stati momenti di un pau-perizzazione completa. Noi dobbia-mo proclamare il Vangelo all’E u ro -pa, dobbiamo compiere un’opera dievangelizzazione. Bisogna farlo pri-ma con i fatti, con i nostri compor-tamenti, con il nostro aiuto, e dopocon le parole. Perché la gente ci di-ce: “Abbiamo sempre sentito questoparole ma non ci dicono niente, per-ché voi non vivete quello che procla-mate”. Come Chiesa siamo chiamatida Dio, anche attraverso la voce delnostro Papa, a diventare più cristia-ni, veramente più semplici, ancheeconomicamente più poveri. Perchénoi abbiamo un consumismo in Eu-ropa che non ci permette più di vi-vere. Stiamo soffocando la nostra vi-ta, in Europa. Abbiamo bisogno diuna evangelizzazione che vada inprofondità. Dobbiamo cambiare,dobbiamo sentire la voce di Cristoche ci chiama a un cambiamentop ro f o n d o .

Torniamo alla pandemia. Come giudicanel complesso l’intervento europeo?

I più “avari” non hanno avuto ra-gione. Ma ora bisogna aspettare ildibattito nel Parlamento europeo,nei parlamenti nazionali. Non è fini-ta. Bisogna accompagnare i diversiprocessi. Ma penso che anche laChiesa in Europa è chiamata a dareuna parola di sostegno a questeazioni. Senza cadere nella tentazionedi voler fare politica o di imporreuna risposta piuttosto che un’altra.Questo non è il nostro compito. Madi affermare che l’Unione europea èimportante sì. Perché senza l’Unioneeuropea i paesi più poveri o più col-piti dalla pandemia, come l’Italia, laFrancia, la Spagna sarebbero più po-veri ancora e senza l'Unione europeai paesi ricchi, come quelli del Nord,non potrebbero essere maestri diesportazioni. Tutti abbiamo bisognodi questa Unione europea. E comecristiani dobbiamo essere per il benecomune. È molto difficile pensare aun bene comune senza l’Unione eu-ropea. Io non sono europeista. Sonoper il bene comune. E il bene comu-ne è più grande dell’Europa. Pensoche ci siano tanti uomini, tante don-ne, anche se non tutti cristiani, che

CO N T I N UA Z I O N E DALLA PA G I N A 1

L’annuncio di Macron durante la visita a Beirut

Libano: nuova conferenzaper gli aiuti

BE I R U T, 2. «La Francia è pronta adospitare una conferenza per gli aiu-ti al Libano in ottobre» perché «iprossimi tre mesi saranno fonda-mentali» per avviare quel processodi riforme di cui il paese ha urgen-temente bisogno». Questo il mes-saggio lanciato ieri dal presidentefrancese, Emmanuel Macron, du-rante la visita a Beirut. «La libertà,il dialogo, la coesistenza. Il Libanoè forte grazie a questi valori» hadichiarato il capo dell’Eliseo, affer-mando che il paese «saprà rinasce-re dalla crisi che sta attraversando»dopo la terribile esplosione del 4agosto scorso che ha ucciso oltre200 persone.

Macron ha spiegato ai giornalistidi essere convinto che il nuovo go-verno libanese sarà formato entro15 giorni; «il mio compito non èinterferire né approvare». Poi haprecisato: «Un governo deve essereformato velocemente, la corruzioneva combattuta, il sistema dell’elet-tricità riformato e il sistema banca-rio va riformato. Le elezioni sonolo spazio attraverso il quale il po-polo esprimerà la propria rabbia edovrà scegliere nuovi funzionari».Macron ha inoltre sottolineato lanecessità che nel paese prevalga undialogo inclusivo, che tenga contodi tutte le sue componenti. A co-minciare da Hezbollah, «un partitoche rappresenta una parte del po-

polo libanese; se non vogliamo cheil Libano diventi un paese in cui ilterrorismo domina sulle altre que-stioni, allora Hezbollah e altri par-titi devono comprendere le loro re-sp onsabilità».

Dopo aver visitato il porto diBeirut devastato dall’esplosione,Macron si è recato dal presidentelibanese, Michel Aoun, per un col-loquio. Proprio durante la visitadel capo dell’Eliseo si è tenuta unamanifestazione nel centro di Beirutper protestare contro gli aiuti fran-cesi. La manifestazione è degenera-ta in scontri quando un gruppo didimostranti si è staccato dal corteoprincipale per dirigersi verso il Par-lamento. Alcuni di loro hanno cer-cato di forzare il blocco. Gli agentihanno quindi risposto al lancio dipietre sparando gas lacrimogeni.Ventidue i feriti.

Intanto, questa mattina Macronsi è recato a Baghdad, in Iraq. È lasua prima visita nel paese da presi-dente. Prima di lasciare Beirut, ierisera, il capo dello Stato aveva det-to di volere «lanciare un’iniziativainsieme con le Nazioni Unite persostenere il processo di sovranitànazionale» dell’Iraq. «Ci sono diri-genti e un popolo che sono co-scienti di questo e che voglionoprendere in mano il loro destino. Ilcompito della Francia è aiutarli».

Collo quisul nucleare

iranianoVIENNA, 2. I rappresentanti diplo-matici di Iran, Cina, Francia,Germania, Gran Bretagna e Rus-sia si sono riuniti a Vienna per di-scutere dell’accordo sul nuclearedi Teheran, il Joint Comprehensi-ve Plan of Action (Jcpoa). D opoavere abbandonato unilateralmen-te l’intesa nel maggio del 2018,Washington, lo scorso agosto, halanciato formalmente una campa-gna per riprendere le sanzionicontro Teheran. La proposta sta-tunitense vede l’opposizione dellecinque potenze internazionali, cherimangono impegnate sul prose-guimento del trattato Jcpoa, fir-mato a Vienna il 14 luglio del2015.

«Ora il mondo intero osservacosa faranno gli Stati membri delJcpoa per contrastare gli sforzistatunitensi, e questo è importan-te per chiarire il futuro percorsodi collaborazione», ha detto il vi-ce ministro degli Esteri di Tehe-ran, Abbas Araqchi. Il funziona-rio ha inoltre sottolineato l’imp or-tanza della riunione, alla luce deltentativo degli Stati Uniti, finorarespinto, di attivare il meccanismosanzionatorio contro l’Iran perestendere l’embargo di armi, inscadenza a ottobre. Teheran so-stiene che la parziale ripresa dellesue attività nucleari sia legittima,perché compiuta in risposta al ri-tiro unilaterale dall'intesa e allesanzioni di Washington.

Positivi passi in avanti verso la ripresa del dialogo

Il Governo afghano scarceraaltri detenuti talebani

lo hanno capito e che per questo vo-gliono una maggiore solidarietà. Al-lora noi dobbiamo chiamare a unapiù grande solidarietà, che sia eco-nomicamente e politicamente possi-bile.

Le chiedo una previsione: alla finel’Europa come uscirà, da questo perio-do drammatico, più o meno forte? E laChiesa?

Parto dalla seconda parte delladomanda. Penso al mio paese: sare-mo diminuiti di numero. Perché tuttiquelli che non sono più venuti allaMessa, perché venivano solo per ra-gioni culturali, questi “cattolici cul-turali”, di sinistra e di destra, nonvengono più. Hanno visto che la vi-ta è molto comoda. Possono viveremolto bene senza dover venire inchiesa. Anche le Prime Comunioni,il catechismo per i ragazzini, tuttoquesto diminuirà di numero, ne so-no quasi certo. Ma non è una la-mentela da parte mia. Avremmoavuto questo processo anche senzapandemia. Forse ci avremmo messouna decina di anni in più. Ma arri-vati a questo punto, la Chiesa deveessere ispirata da un’umiltà che cipermetta di riorganizzarci meglio, diessere più cristiani, perché altrimentiquesta cultura del cristianesimo,questo cattolicesimo soltanto cultu-rale, non può durare nel tempo, nonha nessuna forza viva dietro. Pensoche sia una grande opportunità perla Chiesa. Noi dobbiamo capirequello che è in gioco, dobbiamo rea-gire e mettere in campo nuove strut-ture missionarie. E quando dico mis-sionarie dico allo stesso tempo azio-ne e parola. Penso anche che nelmondo dopo la pandemia, l’O cci-dente, gli Stati Uniti, e l’Europa, sa-ranno più deboli di prima, perchéquel fenomeno dell’accelerazioneportato dal virus farà crescere altreeconomie, altri paesi. Ma questodobbiamo vederlo con realismo,dobbiamo abbandonare l'eurocentri-smo presente nei nostri pensieri econ grande umiltà dobbiamo lavora-re con gli altri paesi per il futurodell'umanità, per avere maggioregiustizia. Anche, nel senso indicatodalla Laudato si’, dobbiamo impe-gnarci. Ma per un buon impegno

serve umiltà. Senza umiltà non c’ènessun impegno realistico possibile.

Qual è stata la sua più grande delu-sione, in questi mesi, e invece quale ilmomento di maggiore speranza?

La mia grande disillusione è stataquando ci sono state reazioni com-pletamente nazionaliste in Europa,all’inizio della pandemia. Come sel’Unione europea, come solidarietà,non esistesse. Questo mi ha fatto ma-le veramente. Come la frontiera chiu-sa con la Germania, nell’anno in cuiricorreva l'anniversario dell’o ccupa-zione tedesca del Lussemburgo:un’insensibilità verso la storia euro-pea. Ma la mia speranza viene dalfatto che i responsabili hanno visto ehanno capito e si sono detti che an-che in presenza di una nuova crisi, diuna recrudescenza di casi, non faran-no più lo stesso. E poi la mi speran-za è Cristo. Per me è vedere la miafragilità. E che la mia fragilità non èuna minaccia per me ma un’o ccasio-ne per dire che io trovo la mia sal-vezza in Gesù Cristo, che lui è la miasperanza e che la sua parola, la suamorte sulla croce, la sua resurrezione,fanno sì che io mi impegni sempre dipiù per una società più giusta.

Morto l’ex capo degli Khmer RossiKaing Guek Eav

KABUL, 2. Il Governo dell’Afghani-stan ha liberato una parte degli ul-timi talebani previsti nell’ambito diuno scambio di prigionieri. Lo hadichiarato Suhail Shaheen, portavo-ce degli insorti, che si è detto fidu-cioso nella prossima apertura dicolloqui di pace. «I nostri prigio-nieri sono stati liberati e riteniamociò un passo avanti positivo cheapre la strada all’inizio dei colloquiinterafghani», ha infatti dichiaratoShaheen.

Kabul ha rilasciato finora quasi5.000 detenuti talebani, molti deiquali accusati di terrorismo. Unascarcerazione che ha suscitato di-sappunto e dolore nelle famigliedelle vittime. Tuttavia, il rilascio eranecessario per poter giungere aicolloqui previsti nell’ambito di unaccordo tra Stati Uniti e talebaniconcordato a febbraio a Doha. In-tesa nella quale Washington ha af-fermato che ritirerà le sue truppedall’Afghanistan entro la metà del2021 in cambio di garanzie di sicu-rezza. Un impegno, questo, assuntodal presidente degli Stati Uniti,Donald Trump, che in vista delleelezioni di novembre ha in più diun’occasione dichiarato di «volereporre fine alla guerra più lungad’America».

L’accordo firmato a Doha puntaa riportare la pace nel martoriatoAfghanistan dopo quasi 19 anni diconflitto e dovrebbe essere seguito

dall’apertura di un tavolo di pacetra i talebani e Kabul.

Il testo, negoziato per un anno emezzo nella capitale qatariota, èstato firmato dal capo negoziatoredi Washington, Zalmay Khalilzad,e dal capo politico dei talebani,Abdul Ghani Baradar, alla presen-za del segretario di Stato america-no, Mike Pompeo. Oltre al rilasciodei prigionieri, l’intesa prevede il

ritiro completo dall’Afghanistandelle truppe, comprese quelle Na-to, entro 14 mesi, a patto che i ta-lebani rispettino gli impegnistabiliti, ossia intavolare dei nego-ziati di pace con Kabul (finorasi sono sempre rifiutati), impedirela presenza di gruppi terroristicisul territorio e, di conseguenza,contribuire a contrastare il terrori-smo.

PHNOM PENH, 2. L’ex capo dellafamigerata prigione S-21 deiKhmer Rossi, Kaing Guek Eav,conosciuto come “Compagno Du-ch”, è morto oggi a Phnom Penh.Duch, 77 anni, è stato il primo co-mandante dei Khmer Rossi ad es-sere giudicato dal tribunale spe-ciale, istituito col sostegnodell’Onu, per perseguire i criminicompiuti dal regime comunistache, in meno di quattro anni, trail 1975 e il 1979, provocò in Cam-bogia 2 milioni di morti.

La notizia della morte di Duchè stata confermata dal portavocedel tribunale, senza specificare le

cause del decesso. Duch era statoriconosciuto colpevole di criminicontro l’umanità nel 2010 e nel2012, dopo che il suo appello ven-ne respinto, condannato all’e rg a -stolo.

Durante il processo, emerseche sotto la guida di Duch, nelcarcere S-21, noto anche comeTuol Sleng, vennero torturate euccise migliaia di persone. Nelcarcere, oggi divenuto un museodel genocidio, durante il brevema sanguinoso regime dei KhmerRossi furono detenute oltre 12mi-la persone.

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 4 giovedì 3 settembre 2020

Un masterper impararead accompagnarei ragazzi

«La città di Loreto che da poco hovisitato, dove ho desiderato firmarel’esortazione post sinodale Cristus vivit,— scriveva Papa Francesco il 10 apriledel 2019 — custodisce un tesoroprezioso: alcune delle pietre della Casadella Famiglia di Nazareth. Ed èsignificativo che all’ombra di questepietre che hanno ascoltato il “sì” dellagiovane Maria siano formatiaccompagnatori di giovani checamminino con loro “lì dove sono” p erarrivare insieme alla vocazione diciascuno, alla propria gioia». Nella sualettera, Papa Francesco stava facendoriferimento al progetto «Alzati e vàverso il mezzogiorno» un Masterformativo in accompagnamentospirituale relazionale con i giovaniorganizzato dalla Provincia Picena SanGiacomo della Marca dei Frati Minoricon la collaborazione della Prelaturadella Santa Casa di Loreto e delServizio nazionale per la pastoralegiovanile della Conferenza episcopaleitaliana; la prima edizione, iniziatanell’ottobre 2019, si è conclusa nelgiugno scorso. All’esperienza del master,diretto da fra’ Alessandro Angelisantisarà dedicata una giornata di studi, chesi svolgerà a Loreto, presso la Casa diSpiritualità Terra dei Fioretti, sabatoprossimo, 5 settembre (per informazioni,m a s t e r l o re t o @ g m a i l . c o m ,#terradeifioretti, #loreto).

Una mostra e poi un archivioIl 5 settembre apre al pubblico la più grande installazione di ParmaCapitale Italiana della Cultura 2020+21: «Hospitale — Il futuro dellamemoria», allestita nella Crociera dell’Ospedale Vecchio. Rimarràaperta fino all’8 dicembre e — insieme all’intero ComplessoMonumentale, oggetto di un intervento di rigenerazione urbana —darà vita a un museo multimediale permanente dedicato allamemoria della città, che sarà inaugurato nel 2022. Videoproiezioni edue testimoni virtuali, gli attori Marco Baliani e Giovanna Bozzolo,accompagneranno i visitatori nel racconto di una Parma pococonosciuta: la città dell’assistenza religiosa, civile e della rivoltapopolare. L’Ospedale Vecchio, nel quartiere dell’Oltretorrente, è unodei complessi monumentali più importanti di Parma: la sua storia dicura e ospitalità diventa oggi, nell’ambito di Parma2020+21,l’occasione per mettere la cultura al servizio della comunità,promuovendo il dialogo tra identità e innovazione.

di LEONARD O SANGIORGI

La mostra «Hospitale» vuole esse-re una sorta di anteprima, unamoderna “o u v e r t u re ” visiva e so-nora dedicata alla futura ma an-che imminente realizzazione del

Museo Archivio della Città.A questo punto e in questo momento co-

sì significativo ed emblematico è lecito do-mandarsi: oltre a essere testimone del suotempo, può una storica opera d’arte archi-tettonica essere anche rappresentativa deltempo in cui oggi viene osservata? Puòl’opera mantenere e manifestare gran partedelle caratteristiche e delle qualità chel’avevano caratterizzata nel passato al tem-po della sua realizzazione? Può infinequest’opera sviluppare una virtuosa simbio-si con i moderni mezzi della tecnologia,con i comportamenti, le richieste e le attivi-tà di una moderna comunità?

Queste sono le domande che stanno allabase del progetto multimediale del MuseoArchivio della Città di Parma. Queste sonole sfide che Studio Azzurro — collettivo divideo artisti (di cui chi scrive fa parte) cheindagano e operano nel campo delle imma-gini elettroniche e nel rapporto tra l’uomoe i nuovi mezzi di comunicazione — ha in-trapreso nel lungo percorso di progetto ere a l i z z a z i o n e .

La struttura e la trama del grande e arti-colato spazio dell’Ospedale Vecchio, im-portante complesso architettonico medioe-vale della città, diventa il foglio bianco,meglio ancora le superfici lineari e pulite,su cui sviluppare il progetto installativo emultimediale di questo monumentale spa-zio. La forma a crociera ha suggerito di svi-luppare concettualmente il progetto delpercorso esibitivo come la rappresentazione

consultare e studiare la grande quantità didati, contenuti nell’Archivio residente e ne-gli archivi esterni a esso collegati.

Lo spazio finale della navata principalepropone un’ampia area luminosa e sgombrada imponenti strutture, dedicata ai bambinie ai ragazzi più giovani. Ancora una voltal’Ospedale Vecchio, organizza una partedei suoi spazi, così come faceva e ha sem-pre fatto nei secoli della sua attività a quel-la fascia di utenti, che ha bisogno di mag-giori stimoli, attenzioni e aiuti.

Quest’area si conforma come un “lab ora-torio – mobile”, dove personale specializza-to coordinerà lo svolgersi delle attività ludi-che, didattiche e divulgative. In questo spa-zio, leggere strutture modulari, montate suruote, possono disporsi a piacimento, a se-conda delle attività dei piccoli visitatori.Queste strutture mobili hanno inoltre lapossibilità di modificarsi, attraverso il mo-vimento a cerniera di alcune loro parti e di-ventare alternativamente, sedute collettive,piani di lavoro ordinario, con fogli matite ealtri strumenti o infine essere superfici se-nsibili per “m a n e g g i a re ” e osservare mate-riali multimediali.

L’altra navata laterale, disposta specular-mente a quella precedentemente illustrata,si addentra ancora di più nel tema dellospazio e in particolare a quello più specifi-co dell’architettura. I temi sono declinati dadue exhibit principali, che nel gioco delcambiamento di scala ci parlano in modopiù specifico, prima della città e della suaparticolare struttura urbana e poi ancorapiù in particolare, della storia dell’O spedaleVe c c h i o .

Le loro immagini ci parlano dell’O speda-le Vecchio, della sua storia, di chi l’ha pe-nsato e realizzato, e di coloro, le cui vitehanno ruotato attorno a questo edificio, at-

le vele della volta. Il pubblico potrà assiste-re a questi filmati, da sedute mobili, monta-te anch’esse su ruote che riecheggiano laforma delle scale che nel vecchio Archivio,venivano usate per raggiungere gli scaffalipiù alti. L’ampio tratto finale della navatacentrale riprende il lungo pellegrinaggio at-traverso gli exhibit dedicati agli ultimi cin-que secoli.

cordi, alle loro storie, alle loro testimonian-ze. Infine il “tempo reale” accoglie il mo-derno pellegrino, al termine del suo percor-so temporale, con una suggestiva “fonte aimmagini”, sormontata dall’ologramma del“t o re l l o ”, metaforica simbiosi, tra la moder-na tecnologia e un antico simbolo della cit-tà e della sua comunità. La liquidità delleimmagini, favorita dal collegamento in di-

Al via le iniziative di Parma Capitale Italiana della Cultura 2020+21

Il futurodella memoria

L’odissea di una ragazza di campagnaA cento anni dall’uscita di «Way Down East», del regista americano David Griffith

Il melodramma era trattodalla commedia di Lottie Blair Parkerche Phoebe Davies aveva portatosulle scene in Inghilterra e in Americaper dieci anni, dal 1897 al 1905Fu un grande successo, il quarto filmper incassi del cinema muto

traverso il racconto di otto reali e anche im-maginari “testimoni” che alternandosi nellanarrazioni, ci rivelano accadimenti poconoti e a volte totalmente sconosciuti, degliaccadimenti, che sono stati alla base dellafondazione dell’edificio e del suo successivosviluppo. Lo spazio sotto la cupola dellalanterna ospiterà spettacolari proiezioni sul-

In particolare il Novecento come già al-tre parti del Museo Archivio della Città, èaffrontato come un periodo i cui contenutisono ancora mobili, non ancora completa-mente storicizzati. Per questa ragione l’a re adel XX secolo si conforma come un altrospazio laboratoriale, soprattutto dedicato aldialogo tra il Museo e i cittadini, ai loro ri-

Crociera dell’Ospedale Vecchio durante i lavoridi consolidamento strutturale (Parma Infrastrutture SpA)

di EUSEBIO CICCOTTI

Al termine della Grande Guerra, do-po milioni di morti sui diversi frontie pandemie (la spagnola imperversò

sino a tutto il 1920) il pubblico cinemato-grafico aveva sete di storie in cui il benetrionfasse. David Wark Griffith, che inpieno conflitto con I n t o l e ra n c e (1916) avevarealizzato un film contro l’intolleranza,

scene in Inghilterra e in America per diecianni, dal 1897 al 1905, facendone il melo-dramma più visto dalla borghesia e dalp op olino.

Una ragazza di campagna, Anna Moore(Lilian Gish, ingenua e delicata, già prota-gonista in I n t o l e ra n c e , amata dal pubblico)figlia unica di madre vedova, su richiestaaddolorata della medesima madre, deve re-carsi lontano più di cento chilometri, dairicchi parenti, nella cittadina di Tremont,dalle parti di Boston, per chiedere un aiu-to economico.

Il caso vuole che la fanciulla giungaquando la benestante famiglia, compostadi zia e due altezzose allampanate figlie,stia dando una gran festa di gala per i no-tabili della cittadina. Durante la festa, unpadrone terriero, Mister Lennox, seduceAnna, solo per aggiungere un numero allasua lista. Nel giro di pochi giorni mette suun finto matrimonio, con un complice tra-vestito da prete e due sgangherati testimo-ni.

Dopo le finte nozze, la abbandona. An-na, rimasta incinta, si nasconde in una ca-mera in affitto in un villaggio vicino Tre-mont. Il piccolo nasce ma poi muore. An-na, depressa e distrutta, disonorata, cam-mina per la campagna, chiedendo lavoronelle varie fattorie. Finché non viene accol-ta in una fattoria, dal brusco capofamigliaSquire Bartlett che vive improntando lasua condotta alla Bibbia, alla lettera. Il

giovane figlio, il bel David, subito si inna-mora di Anna, ma lei lo respinge ormaiterrorizzata dagli uomini.

Dopo diverse traversie il malfattore Len-nox, amico dei Bartlett, viene smascheratodalla stessa Anna la quale viene cacciata dicasa da Squire Bartlett come indegna e, dinotte, fugge per la vergogna, durante unatormenta.

Nella fuga finisce su una lastra di ghiac-cio del fiume e rischia di precipitare nelvortice della cascata quando viene salvatada David, postosi sulle sue tracce. La se-

quenza del salvataggio, risolta con ripreseaeree e un montaggio alternato stringentedi dettagli/campi medi/campi lunghi (sene ricorderà Ejzenštejn) farà scuola per losviluppo della suspense cinematografica.

Agonia sui ghiacci si chiude con il matri-monio di Anna e David e una didascaliache ricorda la forza del “vincolo sacramen-tale”. All’epoca fu un enorme successo dipubblico e di critica: quarto film per incas-si nella storia del cinema muto. Da alloraè passato un secolo, forse anche di più.

squisitamente pacifista (boicottato nella di-stribuzione in Europa, ovviamente: biso-gnava vendere le armi e bloccare le mi-gliaia di casi di diserzione), nel 1920 tornasu questi temi etici, addirittura biblici, conWay Down East (“Agonia sui ghiacci”).

Un melodramma tratto dalla commediadi Lottie Blair Parker, che l’attrice teatralegallese Phoebe Davies, aveva portato sulle

retta con “telecamere live”, installate neipunti più significativi della struttura urba-na, sono la degna conclusione e il giustopunto di partenza, per guardare con i pro-pri occhi e vivere dal vero, la città e le per-sone che la abitano, con ancora nella menteil nutrimento visivo del Museo Archiviodella città di Parma.

di due assi cartesiani, il primo asse, quellorappresentato dalla navata centrale rappre-senta il “temp o”, l’altro, che incontra il pri-mo sotto la cupola della lanterna, e ha unminor sviluppo lineare, è dedicato allo“spazio”.

L’accoglienza era la prima e più impor-tante attività dell’Ospedale, l’accoglienza èe sarà l’attività con la quale il Museo Archi-vio si metterà in rapporto immediatamentecon i suoi visitatori. Il Museo Archivio in-vita tutti a frequentarlo e ciò che contiene èdedicato a tutti, a fasce diversissime diutenti, dai bambini in età pre-scolare, aigiovani e moderni specialisti, più esigenti eper finire agli anziani che ricordano ancoraavvenimenti accaduti nel passato, di cui lo-ro sono stati testimoni, di cui ora sono icustodi e che attraverso le strutture e i dis-positivi del Museo, attraverso moderni dis-positivi e informatici archivi personali in-crementabili, possono conservare, salva-guardare e condividere nelle apposite sezio-ni del museo importanti beni immaterialidella nostra cultura, delle tradizioni del ter-ritorio.

Le videonarrazioni si articolano lungo lanavata centrale suggerendo l’idea di unaimmaginaria e intangibile macchina deltempo, che parte dalle antiche origini dellacittà fino al XX secolo. Il loro alternarsi èregolato dallo spazio architettonico dellecampate ad arco e dalla cadenza regolaredei secoli. La consultazione si adatta alladiversa tipologia di contenuti: da quellaiconografica e degli approfondimenti stori-ci, fino allo storytelling per ricostruire lastoria più recente della città.

Le due navate laterali sono dedicate in-vece alla narrazione degli aspetti più archi-tettonici e spaziali della storia dell’O speda-le Vecchio. Si alterneranno grandi video-proiezioni sulle pareti a sistemi interattivistudiati all’interno di una imponente strut-tura ad armadio.

La struttura, che rimanda ai grandi arma-di delle sagrestie settecentesche, contienetavoli ripiegabili, le cui superfici orizzontalisono costituite da schermi touch-screen. Se-dute a scomparsa estraibili, sono alloggiatenel corpo della struttura dove singolarmen-te o collettivamente il pubblico può consul-tare gli archivi e crearne di personali. Cosìil visitatore ha la possibilità di fermarsi,

Museo Multimediale Permanente dedicato alla memoria della città, progetto di Studio Azzurro, realizzazione prevista per il 2022

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 3 settembre 2020 pagina 5

Gli sciami di meteore nelle notti estive

Inseguendola luce

delle Perseididi PAOLO MARZIOLI

Se anche voi avete trascorso qualche serataa rivolgere lo sguardo verso il cielo, vi sa-rete di sicuro chiesti chi sono e da dovevengono le indiscusse ospiti d’onore deinostri cieli estivi: le stelle cadenti, quei

lampi che all’improvviso tracciano splendenti binarinelle torride notti estive per poi sparire e lasciarciai nostri desideri.

All’origine dell’intera storia c’è Swift-Tuttle, unacometa scoperta nel 1862, che completa il suo giroattorno al Sole ogni circa 130 anni (con l’ultimopassaggio compiuto nel 1992). Come ogni cometa,quando vicina al Sole, Swift-Tuttle lascia sul suopercorso dei piccoli frammenti che definiamo “me-t e o ro i d i ”. Questi frammenti formano una vera e

In bilico fra il probabile e il certo

A p p ro s s i m a z i o n ic e re b r a l i

R i d u r reil funzionamento del cervelloa una procedura probabilisticapuò apparire ingiustoÈ però necessario chiedersise nella nostra mentela correlazione e la causalitàsiano congiunteal punto che quest’ultima non siache la probabilità di un eventoridotta a “0” (non può succedere)o stimata a “1” (succederà sicuramente)

Questi frammenti formanouna vera e propria nuvola di materialeche resta vicinaalla lunghissima traiettoria della cometaEd è come se i frammenti vicinivolessero continuare il loro viaggioin senso contrarioQuasi come un passeggeroche si mette a correre sul marciapiededopo essere sceso alla fermata sbagliata

Vasilij Kandinskij, «Composizione VIII» (1923)

propria nuvola di materiale che, semplificando unp o’, resta vicina all’orbita, alla lunghissima traietto-ria della cometa; è come se i frammenti volesserocontinuare il loro viaggio, intestarditisi, quasi comeun passeggero che si mette a correre sul marciapie-de dopo essere sceso alla fermata sbagliata.

Con un punto di vista un po’ inusuale, si dia ilcaso che, mentre i frammenti fanno del loro meglioper continuare la corsa, un’altra viaggiatrice, benpiù grande di una cometa, si trovi di passaggio sul-lo stesso pezzo di strada. La Terra, il nostro auto-bus con più di qualche miliardo di passeggeri, in-terseca la fascia di meteoroidi creata dalla cometaSwift-Tuttle ogni anno tra luglio e agosto. Non so-no le stelle cadenti a venire da noi, siamo noi cheandiamo letteralmente ad investire i frammenti chesono lì, d’intralcio alla nostra orbita, già da moltianni. Infatti, i meteoroidi impiegano diverso tempoad espandere il proprio cammino verso l’orbita ter-restre: quelli che vediamo oggi come stelle cadentisono stati rilasciati dalla cometa almeno nel penul-timo passaggio del 1862. È un po’ strano se ci pen-sate: ogni stella cadente, ogni pietruzza che vedeteoggi brillare nel vostro cielo potrebbe essere giàstata osservata dai nonni dei vostri nonni, se nonprima, mentre cavalcava la coda di una cometa. Imeteoroidi diventano meteore mentre fanno ingres-so nell’atmosfera terrestre, il momento in cui si ac-cendono e si consumano rapidamente a causadell’attrito della nostra atmosfera. Ci si può accor-gere di come sembrano tutte provenire da un pun-to preciso della volta celeste, che per i frammentidella Swift-Tuttle è vicino alla costellazione di Per-seo. Ed è proprio da qui che viene il nome Persei-di, utilizzato per definire lo sciame meteorico dellenostre estati.

Se alcuni di voi pensano che sia raro vedere unastella cadente, pensate che, durante il picco dellosciame (che è appunto sempre vicino alla notte disan Lorenzo), si può arrivare ad osservarne centoin un’ora: probabilmente abbastanza da esprimere idesideri. E se per questo 2020 siamo già a distanzadalla nube di frammenti, non vi resterà che pensarepiù attentamente a quale desiderio esprimere a par-tire dal prossimo 17 luglio, quando incroceremo dinuovo la nostra orbita con quella delle Perseidi.

di CARLO MARIA PO LVA N I

La polizia arresta due sospettidi un reato punibile con treanni di reclusione ma, aven-do prove sufficienti solo perun’infrazione minore che pre-

vede un anno di carcere, escogita il se-guente stratagemma. Mette gli accusatiin isolamento e a ognuno offre di de-nunciare il complice ottenendo in con-troparte un patteggiamento di pena didue anni che, nel caso in cui l’altro con-venuto si fosse rifiutato di collaborare,sarà mutato in libertà condizionale.Cos’è meglio per un accusato: tacere eprendere un anno di carcere, rischian-done tre nel caso in cui il complice lotradisse, oppure, accusare quest’ultimo,prendersi due anni di galera con la spe-ranza di uscire libero se il correo fosserimasto zitto? Questo celebre paradossoformalizzato a Princeton dal matemati-co Albert Tucker (1905-1995), sotto ilnome di “dilemma del prigioniero”, per-mise al suo alunno John Nash — inter-pretato da Russell Crow nel film A Be-autiful Mind, pellicola ricompensata agliOscar del 2001 — di vincere il PremioNobel per l’economia nel 1994, per averintrodotto nella “Game Theory” – de-scritta nel 1944, da Johnny von Neu-mann (1903-1957) e Oskar Morgenstern(1902-1977) — il principio dell’“Equili-brio di Nash”, che si verifica quando ungiocatore non ha un interesse a cambia-re la sua tattica, almeno di potersi coor-dinare con gli altri in una strategia col-lab orativa.

Uno degli aspetti più intriganti dellaTeoria dei Giochi è quello di aver for-malizzato i procedimenti logici inerentialla presa di decisioni. Nel best-sellerThe Decision Book. Fifty Models for Stra-tegic Thiking (Profile Books, 2017),Mikael Krogerus e Roman Tschäpplerdella Neue Zürcher Zeitung, sono riu-sciti a descrivere in un pratico manua-letto, corredato da ottimi diagrammichiarificatori, ben 50 tipi di processi de-cisionali, per lo più utilizzati a livelloaziendale. Ognuno di questi offre puntidi forza a seconda dell’attenzione checonsacra ad aspetti specifici del decisionmaking: la Eisenhower Matrix(dall’omonimo generale e presidente

Window (contrazione dei nomi dei suoiinventori, Joseph Luft e Harry Ingham,della U.C.L.A.) favorisce soluzioni so-cialmente funzionali a scapito di altredivisive, aumentando così la coesione diun gruppo.

Esiste tuttavia una causa più fonda-mentale che impedisce a qualsiasi mo-dello, per quanto elaborato esso sia, dicontemplare tutte le opzioni e questacausa è, in ultima istanza, riconducibileai meccanismi stessi insiti al funziona-mento della mente umana, come intuivacon arguzia Peter Drucker (1909-2005)— da molti ritenuto il padre della ge-

2019). Il giovane ricercatore francese siè prefisso l’obiettivo di armonizzare idati dalla neuroscienza e quelli dellapsicologia cognitiva per comprenderemeglio il funzionamento della menteumana nell’interpretare le informazioni,nel conservarle, nel rielaborarle enell’utilizzarle per risolvere problemi.Per il Chargé de Cours a Paris VIII Vi n -cennes-Saint-Denis, il nostro cervello,per assicurare la sopravvivenza della no-stra specie, si è evoluto non tanto nellaricerca rigorosa di verità astratte quantonell’estrapolazione e nell’a p p ro s s i m a z i o -ne di informazioni all’interno di schemicapaci di rispondere adeguatamente asfide pratiche.

Si consideri, prima di tutto, la perce-zione visiva. Il genio dei fratelli Lumière fu quello di utilizzare la pellicola fo-tografica sviluppata dal fondatore dellaKodak, George Eastman (1854-1932),per proiettare in sequenza immagini fis-se. Oggi sappiamo che l’occhio umanopuò vedere almeno 600 immagini al se-condo, ossia una frequenza di 600 fra-mes per secondo fps. Ma ancor primache Walt Disney animasse MickeyMouse, Otto Messner si rese conto chei movimenti del gatto Felix risultavanocredibili lavorando alla frequenza di so-le 12 immagine al secondo (12 fps), maripetendo una stessa immagine due vol-te per 1/24 di secondo. L’efficacia dellatecnica ancora in uso del take-on-twosnon dipende quindi dai limiti di im-pressione delle immagini sulla retina,ma dalla propensione del nostro cervel-lo ad armonizzare i dati a sua disposi-zione (in questo caso, facendo ricorsoall’illusione del movimento).

Questa propensione si estende ben aldi là della visione e coinvolge tutte lefunzioni cerebrali, fra cui la memoria eil linguaggio. È quanto osservarono, nel1974, i ricercatori Elisabeth Loftus e

John Palmer, facendo visionare dei fil-mini di incidenti automobilistici a deigiovani, con la scusa di un progetto sul-la sicurezza stradale. Dopo la proiezio-ne, notarono che degli elementi inesi-stenti nei filmini erano dati come certida quanti lo avevano visionato — alladomanda: «Ricordate il parabrezza rot-to?», i ragazzi rispondevano affermati-vamente, benché nessun parabrezza rot-to fosse stato proiettato — e che persinol’interpretazione dei fatti era dipendentedalla verbalizzazione — alla domanda:«A che velocità stimate che i veicoli sisiano toccati (contacted) / colpiti (hit) /urtati (bumped) / scontrati (collided) /distrutti (smashed)?», le rispettive rispo-ste furono: 50 / 55 / 60 / 65 / 70 chilo-metri orari all’i n c i rc a .

Oggi, grazie a studi e strumenti piùsofisticati, i neuroscienziati cercano discoprire le funzionalità elementari delnostro cervello sottogiacenti alla crea-zione di schemi interpretativi nella men-te umana. Alcuni postulano persino cheil modello matematico più vicino alfunzionamento basilare della nostramente adoperi principi matematici simi-li a quelli della inferenza bayesiana, dalnome del matematico e ministro presbi-teriano Thomas Bayes (1701-1762), vitti-ma della persecuzione riservata ai puri-tani non-conformists dalla Chiesa di In-ghilterra. La inferenza bayesiana è unaforma complessa di inferenza statistica,la quale permette di postulare delle pre-visioni oggettive tenendo conto dellasoggettività delle osservazioni. Si pensia un sacco contenente 100 palline, 80blu e 20 rosse e a un osservatore cheabbia come solo strumento di osserva-zione quello di estrarre una pallina allavolta per poi rimetterla nel sacco e rico-minciare con un’altra estrazione; l’infe-renza statistica è la procedura che calco-la il numero di estrazioni necessarie perscoprire la composizione del sacco, al didentro di intervalli di confidenza e dimargini di errore (per questo, la mag-gior parte dei sondaggi avvertono chele risposte — le risposte, non la realtàsi badi bene — sono, 19 volte su 20, at-tendibili con scarti di ±2 punti percen-tuali).

Ridurre il funzionamento del cervelloa una procedura probabilistica può ap-parire ingiusto; non di meno, apparenecessario chiedersi se, nella nostramente, la correlazione e la causalità sia-no congiunte al punto che quest’ultimanon sia che la probabilità di un eventoridotta a “0” (non può succedere) o sti-mata a “1” (succederà sicuramente)?D’altronde, un altro grande matematicocontemporaneo di Bayes, DanielBernouilli (1700-1782), mentre risiedevapresso la corte imperiale di Russia, for-mulò, sulla base del gioco testa-o-croce,un’altra nota antinomia, il “Pa r a d o s s odi San Pietroburgo”, che suggeriva che

statunitense) ha il vantaggio di distin-guere le problematiche urgenti da quel-le rilevanti, ottimizzando l’efficienza deiprocessi decisionali; il Swiss CheeseModel (elaborato da Dante Ornandellae James Reason all’Università di Man-chester, sulla metafora di fette di em-menthal che concentrino i loro buchinello stesso punto di un panino) per-mettere di minimizzare le coincidenzedelle vulnerabilità, riducendo la proba-bilità di errori concomitanti; la Johari

stione aziendale moderna — che si eraimposto la regola di scrivere, ogni voltache prendeva una decisione importante,le ragioni della medesima e le conse-guenze che preveda, per poi controllar-ne la fondatezza un anno dopo — sco-prendo, troppo spesso, che si era sba-gliato sia nelle sue premesse, sia nellesue previsioni.

In tale senso, è illuminate il recentesaggio di Albert Moukheiber, Votre cer-veau vous joue des tours (Allary Éditions,

Uno degli aspetti più intriganti della Teoria dei Giochidescritta da Johnny von Neumann e Oskar Morgensternè quello di aver formalizzato i procedimenti logiciinerenti all’assunzione di decisioniAlcuni studiosi sono riusciti a descrivereben 50 tipi di processi decisionaliper lo più utilizzati a livello aziendaleOgnuno di questi offre punti di forza a seconda dell’attenzioneche consacra ad aspetti specifici del decision making

la mente umana si sdoppiasse tra la fe-deltà a un dettato probabilistico e la so-luzione concreta da conferire a un pro-blema. Sicuramente, neppure questa du-plicità rende giustizia alle meravigliosefunzioni del nostro cervello evidenziatedal neurochirurgo Giulio Maria nel suoappassionato saggio cui titolo si ispiradal noto poema 632 di Emily Dickin-son, Il cervello è più grande del cielo (Mi-lano, Solferino, 2019) — «perché se limetti fianco a fianco, l’uno l’altro con-terrà, con facilità e con te in aggiunta»— ma rinforza però il messaggio del me-no conosciuto, ma forse più taglientepoema 937: I felt a cleaving in my mind,as if my brain had split. I tried to matchit seam by seam, but could not make it fit— («sentì una fessura nella mia mente,come se il mio cervello si fosse spezzatoin due; cercai di riconnetterlo cucituraper cucitura, ma non riuscii a farle com-b a c i a re ) .

John NashPremio Nobel per l’economia nel 1994

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 6 giovedì 3 settembre 2020

L’AV V E N T U R A DELLA FEDE

Il “vescovo santo” di CartagenaSacrificio e dedizione nella vita del missionario Eugenio Biffi

di GENEROSO D’AGNESE

Anno di grazia 1862. Nella cittàdi Cartagena, Colombia, unsacerdote consegna alcune

grandi caffettiere e giornalmenteconfezioni di caffè ai secondini delcarcere. Sono destinate ad alleviarele giornate dei reclusi, quasi tutti permotivi politici (macchiatisi della col-pa di opporsi a metodi non demo-cratici) e con una condanna a mortependente sul capo. Si tratta di ungesto umanitario e caritatevole.

All’apparenza. In realtà, le caffettierecelano nei manici e nel sottofondolime per segare le inferriate e cordeper calarsi dalle finestre nel mare.Poco prima dell’esecuzione capitale ireclusi vengono issati sulla barca cheli attende nell’acqua e fuggono inGiamaica. Tra essi vi è anche Maria-no Ospina, ex presidente della Re-pubblica, anche lui condannato amorte.

La notizia deflagra rumorosamen-te nella città e nel resto del paese. Siconosce il responsabile dell’astutaidea. Si tratta di Eugenio Biffi. Pa-dre Eugenio Biffi! Il missionario vie-ne espulso, non potendo essere in-carcerato, e si trasferisce in Belize.Cinque anni dopo viene richiamatoprima in Italia e poi trasferito inBirmania, dove per 14 anni conti-nuerà a unire fede e passione per lecause sociali, fino a tornare infine aCartagena come arcivescovo. Sul fi-nire di novembre del 2012 monsi-gnor Riseco ha dato nuovo impulsoalla causa di beatificazione promossanel 1996 per quello che ancora oggi ifedeli della diocesi chiamano “il no-stro vescovo santo”. E, questo alme-no è l’auspicio, ci sono molte proba-bilità che la proposta venga accolta.

La vita di Eugenio Biffi varrebbeda sola un libro o una sceneggiaturaper il cinema e casualmente troval’acme proprio tra le strade di unacittà, Cartagena, scelta per girare ilfilm Mission sull’avventura delle re -ducciones paraguayane. Biffi non eragesuita, apparteneva al PontificioIstituto Missioni Estere (Pime) mavisse sempre nel segno dell’avventu-ra, fin da ragazzo. Nato a Milano il22 dicembre 1829, Eugenio era figliodi Paolo e Giuditta Gavirati. Il no-me Biffi è un nome altisonante delcapoluogo lombardo. Il famoso caffèBiffi, dal quale sarebbero usciti i ri-nomati panettoni che si dice fosseroapprezzati anche da Papa Pio X, eradi proprietà dei genitori di Eugenio,che lo inaugurarono nel 1847. Nellostesso periodo il giovane era entratoin seminario per seguire la propriavocazione. Un anno dopo però, lostesso Eugenio diede il primo saggiodella sua natura sanguigna, scenden-do in strada per partecipare alleCinque giornate di Milano. Nel 1853

fu consacrato sacerdote per poi en-trare nel seminario delle missionie s t e re .

Chiese di essere inviato in Ameri-ca e fu accontentato. Nel 1855 partìalla volta della Colombia e per unanno, ospite a Bogotá del delegatoapostolico, monsignor Lorenzo Bari-li, imparò a conoscere i rudimentidella lingua locale. Nel 1856 arrivòinfine a destinazione, a Cartagenade Indias, nell’allora Repubblica dela Nueva Granada (l’attuale Colom-bia), insieme a padre CostantinoRobbioni che dopo cinque anni sa-

rebbe morto di febbre gialla. La cit-tà, fondata nel 1533, fu la prima dio-cesi del Sud America (aprile 1534) edè una delle più antiche e belledell’America latina, presentandosiancora oggi molto ben conservata,con le calles ombrose e lastricate disampietrini, le chiese e i santuari instile barocco, i palazzi civili e il

Museo de Oro intrisi di storia. Eu-genio Biffi però trovò una situazionereligiosa disastrosa. Il paese era at-traversato da movimenti anticlericalie protestanti e governato da una li-nea politica massonica. I religiosi ve-nivano continuamente espulsi, lechiese e i governi occupati dal go-verno. Le stesse comunità cristianeerano attraversate da scandali e lotteinterne. Biffi e Robbioni iniziaronopertanto una difficile opera di risa-namento dello spirito, sostenendobattaglie sempre più dirette con leistituzioni pubbliche del paese gran-de quattro volte l’Italia, con solequattro diocesi (oggi se ne contanoottanta).

La guerra civile, che portò al po-tere il generale Mosquera nel 1859,generò uno stato di tensione che sfo-ciò in aperta ostilità nei confrontidel clero. Il vescovo di Cartagena fu

costretto all’esilio all’Avana lascian-do il compito proprio a Eugenio Bif-fi. Un anno dopo il governo radicalecondannò anche il missionario mila-nese al confino per avere, come vica-rio generale, rappresentato e difeso ilsuo ordinario esule a Cuba dall’ac-cusa di non essersi sottomesso allanormativa antiecclesiale imposta dal

governo al termine della guerracivile.Fuggito dalla città e riparato inizial-mente nell’isola di San Andrés, Biffiarrivò in Giamaica dove collaboròcon i gesuiti di Kingston e poi sitrasferì nell’Honduras britannico(oggi Belize) per dedicarsi alle mis-sioni tra le popolazioni Maya. Ri-chiamato in Italia nel 1867, Biffi ab-bandonò a malincuore l’America, esi tuffò con rinnovato entusiasmonella nuova avventura che gli venneproposta: capo missione in Birmania(oggi Myanmar). Per 14 anni le fore-ste birmane videro Biffi e i sacerdotidel Seminario lombardo per le mis-sioni estere impegnati nell’evangeliz-zazione delle tribù cariane della Bir-mania orientale, un territorio ancoraindipendente e attraversato da guer-re intestine.

«I Cariani — scrisse Biffi in unasua missiva — si trovano in estremamiseria ed ignoranza; non coltivanoche il riso ed hanno lo stesso meto-do di coltivazione degli indianid’America. Cambiano abitazione colcambiare terreno da coltivare e sicco-me una casa di bambù è presto fatta,poco si curano di abbandonare lavecchia per costruirne una nuova.Ciò però costituisce una difficoltàper la missione. Fin che questa gen-te vive così nomade, non si potràmai fare un lavoro stabile. La reli-gione dei Cariani consiste nella ve-nerazione o piuttosto nel timore de-gli spiriti maligni e per placarli of-frono loro riso e bevande ed anchesacrifici di animali. I cariani sonosemplici come fanciulli...».

Nel 1882 Papa Leone XIII, acco-gliendo la petizione del popolo co-lombiano firmato anche dalle autori-tà civili e cittadine, decise di affidarenuovamente la diocesi di Cartagenaal coraggioso e infaticabile missiona-rio milanese. Si trattava di una “mis-sione disperata”. Nominato vescovodella città, Biffi vi arrivò accompa-gnato dal chierico Pietro Brioschi(che sarebbe diventato il suo succes-sore) trovando una diocesi in statomiserevole. Da cinque anni senza ve-scovo, nel territorio assegnatogli ini-ziò una colossale opera di ricostru-zione morale e fisica, iniziando pro-prio dai sacerdoti, in gran parte ina-deguati per quelle difficili missioni.Ricostruite le file con nuovi sacerdo-ti e suore, diede avvio al seminario ericominciò a visitare i villaggi viag-giando a cavallo, in barca e a piedi,

Ricordo di don Pietro Ganapini sacerdote «fidei donum» in Madagascar per quasi sessant’anni

Sempre accanto ai più poveri

Eugenio Biffi (sopra) ela torre dell’o ro l o g i o

a Cartagena (di lato)

portando la parola di Dio e il gran-de esempio della sua vita austera inun’area grande quanto tutto il nordItalia. Non abbandonò ovviamente ilsuo piglio concreto in favore dellagiustizia e dello sviluppo sociale.Nel 1884, mettendo a repentaglio lapropria vita, promosse la pace tra gliopposti schieramenti politici che siscontravano con le armi. Grazieall’amicizia stretta con il presidenteNúñez, nel 1886 riuscì a collaborareconcretamente alla nuova Costitu-zione (che sostituì la precedente vo-luta dal radicale Mosquera) e ad ar-rivare alla firma del Concordato traColombia e Santa Sede. I successiottenuti da Biffi non trovarono peròtutti d’accordo. Nel 1885 il vescovosfuggì alla morte salvandosi dalbombardamento della sua abitazioneda parte delle forze radicali.

“Il vescovo santo” non smise maigli abiti del missionario, spendendo-si fisicamente fino alla morte per es-sere vicino ai fedeli della sua diocesi.Debilitato fisicamente dagli anni tra-scorsi nella foresta birmana, Biffinon rinunciò mai alla vita scomodaper ritirarsi in una comoda vita dicittà.

«Le confessioni, le cresime e leprediche — scrisse padre AdamoBrioschi, successore di Biffi — o ccu-pano tutto il giorno e prendono pu-re parte della notte. Non vi è unmomento di riposo: ci manca persi-no il tempo di prendere cibo. Il ve-scovo però è instancabile e non dicemai basta».

E sarà proprio la fatica a stroncareil vescovo nel 1896. Eugenio Biffi, ilvescovo santo, aveva speso tutto perla sua gente.

di ROSARIO CAPOMASI

«D on Pietro Ganapini èuna delle figure più sin-golari, forse la più si-

gnificativa, dei missionari reggianiche hanno vissuto il loro ministeronella seconda metà del novecento ein questi primi anni del nuovo mil-lennio. Si può dire che tutta la suavita matura sia coincisa con la voca-zione missionaria. Dal 1961 è vissutoininterrottamente in Madagascardove lo ha mandato la volontà delvescovo Beniamino Socche. Nonesisteva ancora quel progetto mis-sionario che si sarebbe poi manife-stato e articolato negli anni del postconcilio». Così il vescovo di ReggioEmilia-Guastalla, Massimo Camisa-sca, ricorda la figura del missionariofidei donum spentosi lo scorso 30giugno nella sua adorata terra mal-gascia, alla quale ha dedicato quasisessant’anni della vita.

Pioniere e decano dei missionarireggiani, fin dal primo giorno delsuo arrivo nell'“isola rossa”, dove hamesso a frutto l’entusiasmo scaturitodalla pubblicazione dell’enciclica diPio XII Fidei donum aprendo la stra-da a tanti missionari — s a c e rd o t i ,suore e laici — si è subito posto alservizio dei più poveri, soprattuttodei bambini, da lui definiti affettuo-samente “i più poveri tra i poveri”,quelli che non avevano la possibilitàdi studiare. E così, grazie al suo im-menso impegno e dedizione, soste-nuto anche dallo sforzo delle popo-lazioni locali, ha contribuito in ma-

niera decisiva alla fondazione di 108istituti cattolici nell’arcidiocesi dellacapitale, tra cui una scuola media eun liceo, per combattere l’analfab e-tismo che nel paese raggiunge pun-te ancora alte. «Le scuole che hacreato e diretto — ha sottolineatoCamisasca nella lettera alla sua dio-cesi in cui annunciava la scomparsadel sacerdote — sono oggi un assefondamentale del debole sistemaeducativo del paese. Le più di centoresidenze scolastiche che, con l’aiutodell'associazione “Amici di don Pie-tro Ganapini”, ha innalzato in que-sti ultimi anni sono il segno di unainstancabile e lucida percezione delvalore dell’educazione per il presen-te e il futuro di una Chiesa e di unanazione. Don Pietro — prosegue ilpresule — ci ha dato la testimonian-za di una vita missionaria al serviziodei poveri, senza nessuna ombra diriduzione sociologica o ideologica.Era un prete sereno, costruttivo elegato all’essenziale. Egli era sempli-cemente cristiano». Con un cuoregiovane, molto giovane e con unsorriso mai scomparso dalle sue lab-bra, fino all’ultimo giorno della suavita. «Quando l’ho incontrato nelmio unico viaggio in Madagascar epoi qui in Italia — viene ricordatonella lettera — ho sempre avuto lapercezione di trovarmi di fronte aun bambino così come ne parla ilvangelo e come Gesù ha pensato lavita adulta. Non un uomo sprovve-duto, ingenuo, ma umile, positivo,interamente raccolto nel compitoche gli era stato assegnato».

Migliaia di ragazzi hanno potutoricevere così basi di istruzione e disviluppo «che non saranno facil-mente quantificabili in termini di ci-fre, ma che nella vita del Madaga-scar portano e porteranno frutti dimaturità umana e cristiana», avevaosservato il sacerdote, portatore diuna carità incondizionata versochiunque gli chiedesse aiuto: dallamamma con il suo bambino biso-gnoso di cure fino al suo vescovoche gli manifestava necessità pasto-

rali. Secondo la linea dettata dadon Pietro i maestri devono redige-re frequenti rapporti e consegnarlialla diocesi la quale verifica se iprogrammi sono condotti con effi-cienza. Al termine dell’anno scola-stico gli allievi sostengono l’esame ese la quota di promossi è inferioreal 70 per cento, alla riapertura dopola pausa estiva vengono eseguite ve-rifiche per capire quali situazioninon hanno funzionato. Questo per-ché, se anche solo una scuola catto-

lica non funziona, tutte ne risento-no.

Parroco a Ilanivato e poi ad Am-banidia (guidata da 1974 al 2006),quartieri tra i più poveri della capi-tale Antananarivo, don Pietro hatrovato in periferia, nella Casa dellacarità di Tongarivo, l’approdo defi-nitivo e un ulteriore arricchimentodella sua esistenza. «Il vivere nellaCasa della carità — ripeteva spesso— è per me scuola di purificazione edi preghiera perché io possa lasciarepiù spazio all’opera dello SpiritoSanto nella mia povera vita estrema-mente bisognosa della grazia diD io».

Lo spirito evangelico che animavail suo animo rigoglioso lo ispiravaanche nel comporre musiche chepoi venivano eseguite durante i ritiliturgici. Testimonianza, questa, dicome ritenesse importante valorizza-re la religiosità popolare, gestendole comunità a lui affidate nella for-ma di piccole chiese domestiche ediffondendo con il rosario la devo-zione a Maria. «Don Ganapini —ha tenuto a precisare don PietroAdani, direttore del centro missio-nario diocesano di Reggio Emilia —è stato un patriarca sia per noi cheper i malgasci, un uomo di fede cheha saputo introdurre chi lo ascolta-va nella conoscenza di questo popo-lo, grazie ad uno sguardo affettivo ecoinvolto. Ha saputo creare musicarispettando la cultura malgascia: intutta la città di Antananarivo, du-rante le celebrazioni eucaristiche, ri-suonano ancora i suoi canti».

La tomba del vescovo nella cattedrale di Cartagena

I templi della valle di Bagan, nell’attuale Myanmar, dove Biffi fu missionario per 14 anni

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L’OSSERVATORE ROMANOgiovedì 3 settembre 2020 pagina 7

Il vescovo Mura spiega il valore di un cortometraggio sulla difesa dell’ambiente realizzato dalle diocesi di Nuoro e di Lanusei

Quando il senso di comunitàci salva da un mondo di plastica

di GIORDANO CONTU

L’inquinamento da plastica èuno dei principali fattori diinquinamento ambientale.

Lo ricorda ogni anno la Giornatamondiale di preghiera per la curadel Creato istituita da Papa France-sco, che nell’enciclica Laudato si’parla di una necessaria alleanza traumanità e ambiente. Una sorta dicittadinanza ecologica che ci respon-sabilizza a evitare il più possibilel’utilizzo di materiale plastico e adifferenziare i rifiuti. Di questi temiha parlato con «L’Osservatore Ro-mano» monsignor Antonello Mura,vescovo delle diocesi di Nuoro e diLanusei che hanno contribuito allarealizzazione del cortometraggio Io,la plastica e il 2050. L’opera, realiz-zata dal videomaker Edoardo Mata-cena, è stata proiettata di recentedurante la sesta edizione della Pa-

storale del turismo, che si è tenutaad agosto in Sardegna.

Nelle immagini che scorrono sulloschermo il regista sardo comparementre gioca insieme al figlio picco-lo. Sono scene di vita quotidiana incui le considerazioni sulla responsa-bilità degli adulti per le generazionifuture accompagna la visione di og-getti di plastica come giocattoli, bi-beron e imballaggi alimentari. «Lariflessione dell’autore ci ha richiama-ti a un impegno: guardare al futurosecondo una prospettiva salvificache non dia valore a ciò che rischiadi sommergerci», sottolinea il presu-le. Non la plastica, non l’incuria,non l’abbandono o l’impossibilità digestire atteggiamenti non pensati co-munitariamente e universalmente. Cisalverà — continua — l’attenzioneall’ambiente e alla natura, un gesto

quotidiano. Nelle scelte politiche,sociali e finanziarie non si deve di-menticare che il futuro dell’uomo,del soggetto, della persona, non puòessere subordinato ad altre scelteeconomiche o industriali».

Una responsabilità che «credo siaancora una scelta affidata ai singoli,alle comunità più piccole, alle fami-glie». Secondo una recente stimadella Commissione Europea la pro-duzione mondiale di plastica neiprossimi 20 anni dovrebbe raddop-piare, mentre in Europa il potenzia-le di riciclaggio di tali rifiuti resta inlarga misura non sfruttato. «Tuttavia— sottolinea il presidente dell’episco-pato sardo — vedo una sensibilitàche cresce, anche nell’ambiente ec-clesiale. La Laudato si’ ci ha aiutatomolto in questo. Credo che rinnova-re, dopo 5 anni, una riflessione suquesta bella enciclica ci aiuterà a ri-cordare come si intersecano conti-

nuamente scelte individuali e collet-tive, presenti e future, capacità diguardare e di creare vita, con il ri-schio, purtroppo, di continuare acreare morte».

Con l’enciclica di Papa Francescola pastorale del turismo ha riconqui-stato il tema dell’educazione am-bientale che dovrebbe disporre l’es-sere umano a fare quel salto verso ilmistero, da cui un’etica ecologicatrae il suo senso più profondo. Tut-tavia il cuore umano non sempre èdisposto ad aprirsi a questa verità.«Accade — riflette monsignor Mura— perché se io vedo nella natura so-lo uno scenario da calpestare e dainquinare, non noto che dietro c’èun mistero, il Creatore. C’è qualcosache non si può prendere, usare esprecare. Se non scorgo questo, nonriesco a fare questo salto. Perciò use-

rò i beni della terra senza tener con-to di questo scenario molto piùgrande, universale direi, in cui siamotutti inseriti e che siamo chiamatipiù ad ammirare che a distruggere».

Territori a forte vocazione turisti-ca come la Sardegna mostrano conparticolare evidenza che l’inquina-mento ha forti ripercussioni sul pia-no economico. Chi mai passerebbele vacanze in una spiaggia sporca diplastica? Qui le ripercussioni, ancheintese come danno d’immagine, so-no direttamente misurabili. «Luoghicome questi meriterebbero unosguardo alla natura timbrato dal mi-stero», continua il vescovo di Nuoroe di Lanusei. «Purtroppo sia le scel-te individuali che quelle più ampielo dimenticano. Però, come raccontail filmato, occorre avere fiducia nellenuove generazioni, che hanno unasensibilità maggiore e possono esse-re educate e opportunamente forma-

te a questo sguardo. I giovani pos-sono essere le persone che domaniopereranno davvero la svolta chetanto auspichiamo e che talvoltaignoriamo».

La cura della casa comune puòrafforzare il senso di comunità che sirischia di smarrire a causa di unosguardo individualistico che impedi-sce agli occhi di vedere la ricchezzatutt’intorno. «Il senso di comunità èfondamentale — dice il presule — ainiziare dalle nostre comunità cri-stiane: serve per avere e per recupe-rare questo sguardo positivo, altri-

menti si affermeranno davvero egoi-smi individuali e collettivi». Occorrerimettere al centro la persona. Èquesto il messaggio che trasmette ilmotto scelto per questa sesta edizio-ne: “Tu vali molto più di quantopro duci”. «Lo abbiamo scelto primadella pandemia — racconta monsi-gnor Mura — perché altri meccani-smi e dinamiche mettono al centrola produttività e la finanza. Scopiche talvolta paiono più importantidella persona e ne subordinano l'esi-stenza».

Negli anni la pastorale del turi-smo è cresciuta nel solco degliorientamenti tracciati dalla Confe-renza episcopale italiana (Cei) e an-cora prima dal Pontificio Consigliodella pastorale per i migranti e itine-ranti. La Chiesa locale si è fatta por-tatrice di una parola di valore asso-luto. Lo ha fatto anche raccontandouna pluralità di identità cittadine,tradizioni, patrimoni artistici e cul-turali che arricchiscono di senso nonsolo vacanzieri e viaggiatori, ma an-che le comunità locali. «Sono temiche appartengono alla Chiesa —conclude il vescovo — che ha la re-sponsabilità di dire qualcosa. Ci in-

teressa la fraternità, l’incontro ami-chevole, che le persone vivano mo-menti distensivi senza dimenticare itemi più importanti. Anche in con-dizioni di particolare attenzione aldistanziamento sociale e all’utilizzodelle mascherine, credo che questaedizione ci abbia permesso di man-tenere questa finalità. Negli occhidelle persone presenti e nelle paroleche ci scambiavamo ho visto e uditoche hanno trovato le risposte e ledomande». Un segno di speranza edi fiducia che questi incontri hannoa c c re s c i u t o .

A sinistra, la spiaggia sardadella Pelosa invasa dalla plastica;in basso, il vescovo Antonello Mura

L’attualità dell’insegnamento di san Gregorio Magno

Alle vere sorgentidella pace e della speranzaIl 3 settembre la Chiesa celebra la me-moria liturgica di san Gregorio Ma-gno. Al grande Pontefice e dottore del-la Chiesa, Benedetto XVI ha dedicatodue catechesi durante le udienze gene-rali del 28 maggio e del 4 giugno2008. Di questi testi pubblichiamo diseguito alcuni passi.

Vorrei presentare la figura di unodei più grandi Padri nella storiadella Chiesa, uno dei quattro dotto-ri dell’Occidente, il Papa san Gre-gorio, che fu Vescovo di Roma trail 590 e il 604, e che meritò dallatradizione il titolo di Ma g n u s /Gran-de. Gregorio fu veramente un gran-de Papa e un grande Dottore dellaChiesa! Nacque a Roma, intorno al540, da una ricca famiglia patriziadella gens Anicia, che si distinguevanon solo per la nobiltà del sangue,ma anche per l’attaccamento alla fe-de cristiana e per i servizi resi allaSede Apostolica (...).

Gregorio entrò presto nella car-riera amministrativa, che aveva se-guito anche il padre, e nel 572 neraggiunse il culmine, divenendoprefetto della città. Questa mansio-ne, complicata dalla tristezza deitempi, gli consentì di applicarsi suvasto raggio ad ogni genere di pro-blemi amministrativi, traendone lu-mi per i futuri compiti (...). Questavita tuttavia non lo doveva soddi-sfare se, non molto dopo, decise dilasciare ogni carica civile, per riti-rarsi nella sua casa ed iniziare la vi-ta di monaco, trasformando la casadi famiglia nel monastero diSant’Andrea al Celio (...).

Ma il ritiro claustrale di Gregorionon durò a lungo. La preziosaesperienza maturata nell’ammini-strazione civile in un periodo caricodi gravi problemi, i rapporti avutiin questo ufficio con i bizantini,l’universale stima che si era acqui-stata, indussero Papa Pelagio a no-minarlo diacono e ad inviarlo a Co-stantinopoli quale suo “ap o crisa-rio”, oggi si direbbe “Nunzio Apo-stolico”, per favorire il superamentodegli ultimi strascichi della contro-versia monofisita e soprattutto perottenere l’appoggio dell’imp eratorenello sforzo di contenere la pressio-ne longobarda (...). Dopo alcunianni fu richiamato a Roma dal Pa-pa, che lo nominò suo segretario.Erano anni difficili: le continuepiogge, lo straripare dei fiumi, lacarestia affliggevano molte zoned’Italia e la stessa Roma. Alla finescoppiò anche la peste, che fece nu-merose vittime, tra le quali anche ilPapa Pelagio II. Il clero, il popolo eil senato furono unanimi nello sce-gliere quale suo successore sulla Se-de di Pietro proprio lui, Gregorio.Egli cercò di resistere, tentando an-che la fuga, ma non ci fu nulla dafare: alla fine dovette cedere. Eral’anno 590 (...).

Tra i problemi che affliggevanoin quel tempo l’Italia e Roma ven’era uno di particolare rilievo inambito sia civile che ecclesiale: laquestione longobarda. Ad essa ilPapa dedicò ogni energia possibilein vista di una soluzione veramentepacificatrice (...). Si preoccupò del-la conversione dei giovani popoli edel nuovo assetto civile dell’E u ro -pa: i Visigoti della Spagna, i Fran-chi, i Sassoni, gli immigrati in Bri-tannia ed i Longobardi, furono idestinatari privilegiati della suamissione evangelizzatrice (...).

Accanto all’azione meramentespirituale e pastorale, Papa Grego-rio si rese attivo protagonista anchedi una multiforme attività sociale.Con le rendite del cospicuo patri-monio che la Sede romana possede-va in Italia, specialmente in Sicilia,comprò e distribuì grano, soccorsechi era nel bisogno, aiutò sacerdoti,

monaci e monache che vivevanonell’indigenza, pagò riscatti di citta-dini caduti prigionieri dei Longo-bardi, comperò armistizi e tregue.Inoltre svolse sia a Roma che in al-tre parti d’Italia un’attenta opera diriordino amministrativo, imparten-do precise istruzioni affinché i benidella Chiesa, utili alla sua sussisten-za e alla sua opera evangelizzatricenel mondo, fossero gestiti con asso-luta rettitudine e secondo le regoledella giustizia e della misericordia(...).

Nonostante le condizioni diffici-lissime in cui si trovò ad operare,riuscì a conquistarsi, grazie alla san-tità della vita e alla ricca umanità,la fiducia dei fedeli, conseguendoper il suo tempo e per il futuro ri-sultati veramente grandiosi. Era unuomo immerso in Dio: il desideriodi Dio era sempre vivo nel fondodella sua anima e proprio per que-sto egli era sempre molto vicino alprossimo, ai bisogni della gente delsuo tempo. In un tempo disastroso,anzi disperato, seppe creare pace edare speranza. Quest’uomo di Dioci mostra dove sono le vere sorgentidella pace, da dove viene la verasperanza e diventa così una guidaanche per noi oggi (...).

Dobbiamo anzitutto notare che,nei suoi scritti, Gregorio non si mo-stra mai preoccupato di delineareuna “sua” dottrina, una sua origina-lità. Piuttosto, egli intende farsi ecodell’insegnamento tradizionale dellaChiesa, vuole semplicemente esserela bocca di Cristo e della sua Chie-sa sul cammino che si deve percor-rere per giungere a Dio. Esemplarisono a questo proposito i suoi com-menti esegetici. Egli fu un appas-sionato lettore della Bibbia, a cui siaccostò con intendimenti non sem-plicemente speculativi: dalla SacraScrittura, egli pensava, il cristianodeve trarre non tanto conoscenzeteoriche, quanto piuttosto il nutri-mento quotidiano per la sua anima,per la sua vita di uomo in questomondo. Nelle Omelie su Ezechiele,ad esempio, egli insiste fortementesu questa funzione del testo sacro:avvicinare la Scrittura semplicemen-te per soddisfare il proprio deside-rio di conoscenza significa cederealla tentazione dell’orgoglio edesporsi così al rischio di scivolarenell’eresia (...). L’umiltà intellettua-le è la regola primaria per chi cercadi penetrare le realtà soprannaturalipartendo dal Libro sacro (...).

Questo discorso Gregorio lo svi-luppa anche nel Commento morale aGiobbe (...). L’ideale morale, eglicommenta, consiste sempre nel rea-lizzare un’armoniosa integrazionetra parola e azione, pensiero e im-pegno, preghiera e dedizione ai do-veri del proprio stato: è questa lastrada per realizzare quella sintesigrazie a cui il divino discendenell’uomo e l’uomo si eleva finoalla immedesimazione con Dio. Ilgrande Papa traccia così per l’au-tentico credente un completo pro-getto di vita (...).

Significativa è pure l’altra opera,i Dialoghi, in cui all’amico e diaco-no Pietro, convinto che i costumifossero ormai così corrotti da nonconsentire il sorgere di santi comenei tempi passati, Gregorio dimo-stra il contrario: la santità è semprepossibile, anche in tempi difficili.Egli lo prova narrando la vita dipersone contemporanee o scompar-se da poco, che ben potevano esse-re qualificate sante, anche se noncanonizzate. La narrazione è ac-compagnata da riflessioni teologi-che e mistiche che fanno del libroun testo agiografico singolare, capa-ce di affascinare intere generazionidi lettori.

Online

UN SITO ALLA SETTIMANAa cura di FABIO BO L Z E T TA

Con Cuore di Madre

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«Testimoniare l’amore di Cristo misericordiosoverso l’uomo infermo». La missione delle Figliedi San Camillo, impegnate nei campi della salutecon ospedali, ambulatori, dispensari, strutture peranziani e minori con disabilità, lebbrosari e mis-sioni, trova rivoli anche nel mare del web dove,in un blog ufficiale la semplicità della forma este-riore si fonde con lo sforzo di una apprezzatapresenza quotidiana di testimonianza spiritualeaperta a tutti.

Il carisma della Congregazione, trasfusodall’Ordine di San Camillo, nelle opere di miseri-cordia spirituali e corporali verso gli infermiprende forma nelle notizie pubblicate da diversiangoli del mondo. Come i gesti di carità natisull’esempio di san Camillo de Lellis, fondatoredell’ordine dei Chierici regolari ministri degli in-fermi — conosciuti in tutto il mondo come Camil-liani — e patrono dei malati, degli operatori sani-tari e degli ospedali.

Il blog è nato in occasione della Giornatamondiale della gioventù di Madrid del 2012 epresenta inoltre il carisma e la spiritualità di Giu-seppina Vannini, fondatrice delle Figlie di SanCamillo, proclamata santa da Papa Francesco il13 ottobre 2019.

w w w. c o n c u o re d i m a d re . o rg

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L’OSSERVATORE ROMANOpagina 8 giovedì 3 settembre 2020

Nei saluti ai gruppi polacchi il ricordo del quarantesimo anniversario degli accordi che diedero inizio a Solidarność

Non c’è solidarietà senza amore che si fa servizio

Riprese le udienze generali con la presenza di fedeli

Solo insieme si esce dalle crisiIl Papa prosegue le catechesi sulla necessità di guarire il mondo in tempo di pandemia

La solidarietà e la virtù della fede: èquesto il tema della quinta catechesidedicata da Papa Francesco allanecessità di guarire il mondo in tempodi pandemia. Riprendendo le udienzegenerali del mercoledì con la presenzaeffettiva di fedeli, il Pontefice ha accoltonella mattina del 2 settembre centinaiadi persone nel cortile di San Damasodel Palazzo apostolico vaticano, dopomesi di incontri “a porte chiuse”tenutisi nella Biblioteca privata acausa delle indicazioni sanitarie delleautorità volte a contrastare il contagioda covid-19.

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!Dopo tanti mesi riprendiamo il no-stro incontro faccia a faccia e nonschermo a schermo. Faccia a faccia.Questo è bello! L’attuale pandemiaha evidenziato la nostra interdipen-denza: siamo tutti legati, gli uni aglialtri, sia nel male che nel bene. Per-ciò, per uscire migliori da questa cri-si, dobbiamo farlo insieme. Insieme,non da soli, insieme. Da soli no,perché non si può! O si fa insieme onon si fa. Dobbiamo farlo insieme,tutti quanti, nella solidarietà. Questaparola oggi vorrei sottolinearla: soli-darietà.

Come famiglia umana abbiamol’origine comune in Dio; abitiamo inuna casa comune, il pianeta-giardi-no, la terra in cui Dio ci ha posto; eabbiamo una destinazione comunein Cristo. Ma quando dimentichia-mo tutto questo, la nostra i n t e rd i p e n -denza diventa dipendenza di alcuni daaltri — perdiamo questa armoniadell’interdipendenza nella solidarietà—, aumentando la disuguaglianza el’emarginazione; si indebolisce il tes-suto sociale e si deteriora l’ambiente.È sempre lo stesso di agire.

Pertanto, il principio di solidarietàè oggi più che mai necessario, comeha insegnato San Giovanni Paolo II(cfr Enc. Sollicitudo rei socialis, 38-40). In un mondo interconnesso,sperimentiamo che cosa significa vi-vere nello stesso “villaggio globale”.È bella questa espressione: il grandemondo non è altra cosa che un vil-laggio globale, perché tutto è inter-connesso. Però non sempre trasfor-miamo questa i n t e rd i p e n d e n z a in soli-darietà. C’è un lungo cammino fral’interdipendenza e la solidarietà.Gli egoismi — individuali, nazionalie dei gruppi di potere — e le rigiditàideologiche alimentano al contrario«strutture di peccato» (ibid., 36).

«La parola “solidarietà” si è unp o’ logorata e a volte la si interpretamale, ma indica molto di più diqualche atto sporadico di generosità.È di più! Richiede di creare unanuova mentalità che pensi in terminidi comunità, di priorità della vita ditutti rispetto all’appropriazione dei

beni da parte di alcuni» (Esort. ap.Evangelii gaudium, 188). Questo si-gnifica solidarietà. Non è solo que-stione di aiutare gli altri — questo èbene farlo, ma è di più —: si tratta digiustizia (cfr Catechismo della ChiesaCattolica, 1938-1940). L’interdip en-denza, per essere solidale e portarefrutti, ha bisogno di forti radicinell’umano e nella natura creata daDio, ha bisogno di rispetto dei voltie della terra.

La Bibbia, fin dall’inizio, ci avver-te. Pensiamo al racconto della Torredi Babele (cfr Gen 11, 1-9) che descri-ve ciò che accade quando cerchiamodi arrivare al cielo — la nostra meta— ignorando il legame con l’umano,con il creato e con il Creatore. È unmodo di dire: questo accade ognivolta che uno vuole salire, salire,senza tenere conto degli altri. Io so-lo! Pensiamo alla torre. Costruiamotorri e grattacieli, ma distruggiamola comunità. Unifichiamo edifici elingue, ma mortifichiamo la ricchez-za culturale. Vogliamo essere padro-ni della Terra, ma roviniamo la bio-diversità e l’equilibrio ecologico. Viho raccontato in qualche altra udien-za di quei pescatori di San Benedet-to del Tronto che sono venuti que-st’anno e quest’anno e mi hannodetto: “Abbiamo tolto dal mare 24tonnellate di rifiuti, dei quali la metàera plastica”. Pensate! Questi hannolo spirito di prendere i pesci, sì, maanche i rifiuti e portarli fuori per

pulire il mare. Ma questo [inquina-mento] è rovinare la terra, non averesolidarietà con la terra che è un do-no e l’equilibrio ecologico.

Ricordo un racconto medievaleche descrive questa “sindrome di Ba-b ele”, che è quando non c’è solida-rietà. Questo racconto medievale di-ce che, durante la costruzione dellatorre, quando un uomo cadeva —erano schiavi — e moriva nessuno di-ceva nulla, al massimo: “P o v e re t t o ,ha sbagliato ed è caduto”. Invece, secadeva un mattone, tutti si lamenta-vano. E se qualcuno era il colpevole,era punito! Perché? Perché un mat-tone era costoso da fare, da prepara-re, da cuocere. C’era bisogno ditempo e di lavoro per fare un matto-ne. Un mattone valeva di più dellavita umana. Ognuno di noi pensicosa succede oggi. Purtroppo ancheoggi può succedere qualcosa del ge-nere. Cade qualche quota del merca-to finanziario — lo abbiamo visto suigiornali in questi giorni — e la noti-zia è in tutte le agenzie. Cadono mi-gliaia di persone a causa della fame,della miseria e nessuno ne parla.

Diametralmente opposta a Babeleè la Pentecoste, lo abbiamo sentitoall’inizio dell’udienza (cfr At 2, 1-3).Lo Spirito Santo, scendendo dall’al-to come vento e fuoco, investe la co-munità chiusa nel cenacolo, le infon-de la forza di Dio, la spinge a usci-re, ad annunciare a tutti Gesù Si-

gnore. Lo Spirito crea l’unità nelladiversità, crea l’armonia. Nel raccon-to della Torre di Babele non c’eral’armonia; c’era quell’andare avantiper guadagnare. Lì, l’uomo era unmero strumento, mera “forza-lavo-ro ”, ma qui, nella Pentecoste, ognu-no di noi è uno strumento, ma unostrumento comunitario che partecipacon tutto sé stesso all’edificazionedella comunità. San Francesco d’As-sisi lo sapeva bene, e animato dalloSpirito dava a tutte le persone, anzi,alle creature, il nome di fratello osorella (cfr LS, 11; cfr San Bonaven-tura, Legenda maior, VIII, 6: FF 1145).Anche il fratello lupo, ricordiamo.

Con la Pentecoste, Dio si fa pre-sente e ispira la fede della comunitàunita nella diversità e nella solidarietà.Diversità e solidarietà unite in armo-nia, questa è la strada. Una diversitàsolidale possiede gli “anticorpi” af-finché la singolarità di ciascuno —che è un dono, unico e irripetibile —non si ammali di individualismo, diegoismo. La diversità solidale possie-de anche gli anticorpi per guarirestrutture e processi sociali che sonodegenerati in sistemi di ingiustizia,in sistemi di oppressione (cfr Com-pendio della dottrina sociale dellaChiesa, 192). Quindi, la solidarietàoggi è la strada da percorrere versoun mondo post-pandemia, verso laguarigione delle nostre malattie in-terpersonali e sociali. Non ce n’èun’altra. O andiamo avanti con lastrada della solidarietà o le cose sa-ranno peggiori. Voglio ripeterlo: dauna crisi non si esce uguali a prima.La pandemia è una crisi. Da una cri-si si esce o migliori o peggiori. Dob-biamo scegliere noi. E la solidarietàè proprio una strada per uscire dallacrisi migliori, non con cambiamentisuperficiali, con una verniciata così etutto è apposto. No. Migliori!

Nel mezzo della crisi, una solida-rietà guidata dalla fede ci permette ditradurre l’amore di Dio nella nostracultura globalizzata, non costruendotorri o muri — e quanti muri si stan-no costruendo oggi — che dividono,ma poi crollano, ma tessendo comu-nità e sostenendo processi di crescitaveramente umana e solida. E perquesto aiuta la solidarietà. Facciouna domanda: io penso ai bisognidegli altri? Ognuno si risponda nelsuo cuore.

Nel mezzo di crisi e tempeste, ilSignore ci interpella e ci invita a ri-svegliare e attivare questa solidarietàcapace di dare solidità, sostegno eun senso a queste ore in cui tuttosembra naufragare. Possa la creativi-tà dello Spirito Santo incoraggiarci agenerare nuove forme di familiareospitalità, di feconda fraternità e diuniversale solidarietà. Grazie.

Il sacerdotee la bandiera

di GI A M PA O L O MAT T E I

Con la bandiera del suoLibano e un piccolocrocifisso tra le mani, padre

Georges Breidi, religioso maronitaoriginario di Faytroun, un villaggiovicino Beirut, è entrato “a colpos i c u ro ” nel cortile San Damaso delPalazzo apostolico, già alle 7.30 dimercoledì 2 settembre, due oreprima dell’udienza generale:finalmente, dal 26 febbraio, «facciaa faccia» e «non schermo aschermo» come ha dettoFr a n c e s c o .«So che il Papa ha a cuore ilpopolo libanese, così come tutticoloro che soffrono, per questostamani sono venuto qui perpregare insieme a lui, con labandiera che ci rappresenta ealcuni confratelli del mio Paese»confida. Ma «certo — aggiunge —non avrei mai immaginato che ilPapa, appena entrato nel cortile,prima benedicesse e baciasse la“mia” bandiera, e poi alla fine michiamasse addirittura accanto a sé,alla sua cattedra, per pregare elanciare insieme un appello per lapace e per la giustizia a favoredella mia gente».Padre Breire è rimasto «scosso» —«come sicuramente tutti i libanesi»— dall’annuncio della Giornatauniversale di preghiera e digiunoper il Libano indetta dal Ponteficeper venerdì 4 settembre, a un mesedall’esplosione che a Beirutprovocò numerose vittime.«La ringrazio, Santità» ha detto ilsacerdote al Papa, aggiungendo:«Abbiamo molto bisogno del suosostegno e del sostegno dellaChiesa universale per dire: “Nonpossiamo continuare a vivere cosìin Libano”. Fino a ora più ditrecentomila cristiani hannopresentato i loro documenti perl’emigrazione. Abbiamo bisognodella sua preghiera, del suosostegno e del suo amore fraterno.E la aspettiamo per benedire lanostra amata terra. Grazie Santità.Grazie mille».Un “p a r t i c o l a re ” ha profondamentecolpito padre Breidi: «Mentre gliero accanto, il Papa teneva strettocon la mano un lembo dellabandiera...». La pandemia prevededistanziamenti tra le persone, macon questo gesto umile e forte ilPontefice ha davvero stretto a sédonne e uomini, giovani e anzianidi diverse confessioni religiose chestanno insieme collaborando per larinascita del Libano.A Roma per perfezionare i suoistudi in teologia spirituale allaPontificia università Gregoriana,padre Breidi torneràdefinitivamente in Libano tra dueanni. «Sono pronto a mettermi aservizio del mio popolo — dice — el’attenzione del Papa, che oggi haposto, ancora una volta con ungesto benedetto, il Libano nelcuore della Chiesa universale, è unincoraggiamento straordinario disperanza per non rassegnarci allaviolenze e per impegnarci acostruire un domani di pace e diriconciliazione».I gesti del Papa — il bacio allabandiera e l’appello per il Libanolanciato con accanto il giovanesacerdote maronita — hannosegnato l’udienza generale nelsuggestivo scenario del cortile SanDamaso, certamente non nuovo adappuntamenti di questo spessore.Francesco vi è giunto in auto, alle9.20 circa. Ad attenderlo circa 750

persone — 500 sedute e 250 inpiedi — che hanno raggiunto SanDamaso attraverso il Portone diBronzo. Mascherine e precauzioninon hanno impedito che si creasseun clima di incontro e dip re g h i e r a .A piedi il Papa ha attraversato il“corridoio” centrale per prendereposto alla cattedra — con accanto ilCrocifisso — allestita sotto lapensilina della Scala nobile. Elungo il breve percorso Francescoha scambiato, per oltre dieciminuti, parole di saluto con ipellegrini. Lo stesso ha fatto ancheal termine dell’udienza prima dilasciare il cortile, salutando conparticolare affetto alcune coppie disposi novelli e diverse persone condisabilità: tra queste, in particolareuna bambina che gli hateneramente regalato duecaramelle.Nel rivolgersi alle persone dietroalle transenne, il Pontefice harisposto, con attenzione, alle paroledi saluto di ciascuno. E se unvivace gruppo di spagnoli ha fattosentire tutto l’affetto possibile ealcuni vietnamiti gli hanno regalatoun ventaglio, con un giovane hascambiato un sorridente saluto conil tocco tra i gomiti.Poi ha incoraggiato suorGeneviève Jeanningros, religiosadell piccole sorelle di padreFoucauld, nel suo servizio tra igiostrai e gli emarginati sul litoraledi Ostia. Particolarmentescherzoso, inoltre, il dialogo conalcuni pellegrini venuti daAltamura sulle bellezze della terrapugliese e soprattutto sul mare.Al termine dell’udienza, ilPontefice ha benedetto la “primapietra” per la nuova chiesaparrocchiale del Sacro Cuore adAndria, che sarà pronta tra unanno e mezzo. «La parrocchia staper compiere settant’anni ma ilquartiere periferico di cui èriferimento sta crescendo e oggil’edificio risulta troppo piccolo pergli ottomila fedeli» spiega ilvescovo monsignor Luigi Mansi.A portare al Papa la “prima pietra”— che sarà posta il prossimo 13settembre e sulla quale è scolpitaanche l’immagine della Madonnadella Fiducia — sono venuti inudienza anche il parroco, donAdriano Caricati, con alcunisacerdoti e laici impegnati nellavita parrocchiale: in particolarel’Azione cattolica, tiene a farnotare il sacerdote, «èrappresentata da un ragazzo e daun anziano per rilanciare un pattotra le generazioni».Con apprensione ma anche «confiducia» il vescovo ausiliare diLisbona, monsignor AméricoManuel Alves Aguiar, hapresentato al Papa il punto dellasituazione sulla prossima Giornatamondiale della gioventù, previstanel 2022. La pandemia, confida,rende tutto il cammino dipreparazione spirituale e anchelogistico complicato e incerto. Perla solennità di Cristo Re, il 22novembre, dovrebbe avvenire loscambio di passaggio della croce edell’icona mariana tra i giovani diPanamá e quelli di Lisbona. Ma, fapresente il vescovo portoghese, «èquesto il momento di confrontarsicon speranza — insieme anche conil Dicastero per i laici, la famiglia ela vita — per aiutare i giovani avivere questa esperienza ecclesialedi comunione in una circostanzacosì particolare».

Al termine dell’udienza generale, primadi recitare il Padre nostro con i fedelipresenti nel Cortile di San Damaso equanti lo seguivano attraverso i mediae impartire loro la benedizione, il Papaha salutato i vari gruppi linguistici.

Saluto di cuore i pellegrini di linguafrancese.

In questi tempi difficili che stia-mo attraversando, vi incoraggio a ri-spondere nella fede agli appelli chelo Spirito Santo ci rivolge, affinchédiamo prova di solidarietà verso lepersone che incontriamo e che con-tano sul nostro sostegno fraterno.

Dio vi benedica!

Saluto cordialmente i fedeli dilingua inglese. Il mio pensiero va inmodo particolare ai giovani che ri-prenderanno la scuola nelle prossi-me settimane. Su voi e sulle vostrefamiglie invoco la gioia e la pace diCristo. Dio vi benedica!

Saluto cordialmente i fedeli dilingua tedesca. Sono molto contentoche ora di nuovo è possibile un in-contro personale faccia a faccia nelleUdienze generali. Come esseri socia-li abbiamo bisogno di una tale im-mediatezza che fa bene all’anima.Preghiamo il Signore affinché la cri-si, per tutta l’umanità, non sia moti-vo di divisione, ma di unità e solida-rietà.

Saludo cordialmente a los fielesde lengua española. He visto variasbanderas españolas ahí, bienvenidos.Y también latinoamericanas de estaparte, así que no se enojan. Pido alSeñor que nos conceda la gracia deuna solidaridad guiada por la fe, pa-ra que el amor a Dios nos mueva agenerar nuevas formas de hospitali-dad familiar, de fraternidad fecunday de acogida a los hermanos másfrágiles, especialmente a los descar-tados por nuestras sociedades globa-lizadas. Que Dios los bendiga.

Rivolgo un cordiale saluto ai fe-deli di lingua portoghese, invitandoa non stancarvi mai di invocare loSpirito Santo, artefice dell’unità nel-la Chiesa e fra gli uomini, affinchéci aiuti a cercare sempre il dialogocon tutte le persone di buona volon-tà, per costruire un mondo di pace esolidarietà. Dio benedica voi equanti vi sono cari!

Saluto i fedeli di lingua araba.Nel mezzo di crisi e tempeste, il Si-gnore ci interpella e ci invita a risve-gliare e attivare questa solidarietàcapace di dare solidità, sostegno eun senso a queste ore in cui tuttosembra naufragare. Possa la creativi-tà dello Spirito Santo incoraggiarcia generare nuove forme di familiareospitalità, di feconda fraternità e diuniversale solidarietà. Il Signore vi

benedica tutti e vi protegga sempreda ogni male!

Saluto cordialmente i polacchi.Cari fratelli e sorelle, nei giorniscorsi in Polonia si è celebrato il 40°anniversario degli Accordi che — apartire dalla solidarietà degli oppres-si — diedero inizio al Sindacato “So-lidarność” e a storici cambiamentipolitici nel vostro Paese e nell’E u ro -pa Centrale. Oggi parliamo di soli-darietà nel contesto della pandemia.Ed è sempre attuale quanto ha dettoSan Giovanni Paolo II: «Non c’è so-lidarietà senza amore. Anzi, non c’èla felicità, non c’è il futuro dell’uo-mo e della nazione senza amore[...]; l’amore che è a servizio, che èdimentico di sé ed è disposto a do-nare con generosità» (cf. Sopot,5.06.1999). Cari fratelli e sorelle, sia-te fedeli a questo amore! Vi benedi-co di cuore.

Infine, dopo aver lanciato il lungoappello per il Libano, si è così rivoltoagli italiani.

Saluto cordialmente voi, pellegri-ni qui presenti, e quanti seguono at-traverso i media. Vi incoraggio a in-vocare spesso nelle vostre giornatelo Spirito Santo: la sua forza buonae creativa ci permette di uscire danoi stessi e di essere per gli altri unsegno di conforto e di speranza.

Rivolgo un pensiero speciale aglianziani, ai giovani, ai malati e aglisposi novelli. Il Signore conoscemeglio di noi stessi le attese e le ne-cessità che portiamo nel cuore. Affi-diamoci alla sua Provvidenza conpiena fiducia, ricercando sempre ilbene, anche quando costa.